Scintilla giu 13

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PROLETARI DI TUTTI I PAESI, UNITEVI!

Scintilla Organo di espressione di Piattaforma Comunista teoriaeprassi@yahoo.it

www.piattaformacomunista.com

Giugno 2013 n. 41

1 euro

li avremo solo con un governo operaio Secondo un recente studio sui salari presentato dalla Fisac-Cgil, il 47% della ricchezza nazionale è nelle mani del 10% delle famiglie. Il resto (il 53%) è suddiviso tra il rimanente 90% dei nuclei familiari. Nel 2012 il rapporto fra il salario medio di un lavoratore dipendente e la retribuzione di un manager è stato di 1:64 nel settore del credito, e di 1: 163 nel resto del campo economico. Nel 1970 tale rapporto era di 1:20. L'impoverimento relativo ed assoluto dei proletari è sempre più evidente. La parte che spetta agli operai e agli altri lavoratori sfruttati nella società capitalistica è sempre più piccola, poiché in modo sempre più rapido si arricchiscono i capitalisti, i miliardari. Concentrazione ad un polo della società di ricchezze immense, del lusso, del parassitismo, degli sprechi, mentre all’altro polo si intensificano sempre più lo sfruttamento e l’oppressione, aumenta la miseria e la fame dei produttori di tutta la ricchezza. La forbice della disuguaglianza sociale negli ultimi anni si è allargata come conseguenza della profonda crisi capitalistica e della applicazione delle ricette volte ad abbassare i salari, a tagliare la spesa pubblica per salvare profitti, interessi e rendite. Lo Stato borghese invece di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana” (art. 3 della Costituzione) ne ha creati di nuovi e sempre più alti. Questa realtà conferma la teoria marxista della tendenza all'immiserimento degli sfruttati SEGUE A PAGINA 2

Conquistiamolo attuando il fronte unico di lotta proletaria


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Letta-Alfano: al servizio esclusivo dei monopoli Dopo le elezioni la priorità dell’oligarchia finanziaria è stata quella di assicurare a tutti i costi la prosecuzione della politica di austerità e salvare i privilegi dei gruppi dominanti. Il “nuovo” presidente della repubblica, che è sempre Napolitano, e il “nuovo” governo Letta-Alfano, che è la prosecuzione di quello di Monti, ora garantiscono ciò. Letta è uomo del gruppo Bilderberg e della Trilateral, ha un forte sostegno dagli USA. Alfano è lo scudo di Berlusconi, il quale ha manovrato per condizionare la nascita del governo e salvare le sue sorti. Vi è riuscito grazie al PD, che ha tradito le aspirazioni di vasti settori popolari, dopo aver assicurato per anni che non sarebbe mai andato al governo con la destra berlusconiana. Qual è il programma del governo reazionario Letta-Alfano, imposto dal capitale finanziario? Le premesse macroeconomiche sono quelle della Banca Centrale Europea. Rispetto impegni e regole UE in materia di finanza pubblica (Fiscal compact, austerity, etc.). Uscire dalla procedura di disavanzo eccessivo e per recuperare margini di manovra all’interno dei vincoli europei. Accelerare la riforma dell’unione economica e monetaria UE, vantaggiosa per i monopoli capitalistici. Riduzione spesa pubblica e riforma strutturale del welfare: la mascheratura è “un welfare più universalistico e meno corporativo”. Da dove si

prenderanno questi fondi? Sempre dai lavoratori. Ad esempio mandandoli in pensione con rendimenti ridotti. Estensione del precariato e dell’apprendistato (lavoro sottopagato) per sfruttare al massimo le giovani generazioni. Altre decine di milioni di euro ai padroni e alle banche, alle aziende capitaliste impegnate “nell’arena globale”, Favorire la concentrazione e la centralizzazione dei capitali, supportare i monopoli con fondi statali per la ricerca in alcuni settori chiave. Assecondare le strategie delle grandi imprese del settore energetico, creando un crocevia sud-europeo del gas e meccanismi di formazione dei prezzi scaricati sui consumatori. Rilancio dell’export e recupero “immagine” italiana nel mondo (Expo 2015). Proseguimento delle liberalizzazioni e delle privatizzazioni. Stimolare la partecipazione dei lavoratori all’azionariato delle imprese, cioè neocorporativismo. Controriforme politicoistituzionali: rafforzare il potere esecutivo; superare il bicameralismo paritario, per snellire il processo decisionale ed evitare ingorghi istituzionali come quello post-elettorale, affidando ad una sola Camera il compito di conferire o revocare la fiducia al Governo; cambiare la forma di governo, adottando il semipresidenzialismo; cambiare la legge elettorale per assicurare la formazione di maggioranze

dal capitale, e di conseguenza dell’accentuazione degli antagonismi di classe fra il proletariato e le masse popolari da un lato e la borghesia dall’altro. I fatti si sono incaricati di seppellire la tesi riformista e socialdemocratica della redistribuzione della ricchezza. Come spiegava Marx la necessaria lotta quotidiana che il proletariato conduce sul piano rivendicativo per la difesa delle sue fondamentali condizioni di vita e di lavoro applica soltanto dei palliativi, ma non cura la

malattia. Ecco perché gli sfruttati devono scrivere sulla loro bandiera la parola d’ordine rivoluzionaria "soppressione del sistema del lavoro salariato", cioè rivoluzione proletaria, espropriazione dei capitalisti, demolizione del loro apparato statale, costruzione del socialismo. Solo così si potrà mettere fine all’arricchimento dei parassiti borghesi ed all’impoverimento delle masse lavoratrici. Di qui la necessità vitale di costruire il Partito comunista del proletariato d’Italia.

sufficientemente ampie e coese, in grado di garantire governi stabili. In questo modo si prepara il passaggio alla Terza repubblica presidenzialista e reazionaria. E’ un programma antipopolare in piena continuità con il berlusconismo e il montismo, che gode dell’appoggio di UE, USA, Confindustria, Vaticano. Al suo interno non c’è nulla a difesa del lavoro, per lo sviluppo dell’occupazione, nessuna misura per far pagare la minoranza ricca. C’è invece l’“impegno per il consolidamento dell’ordine internazionale”, ovvero le missioni di guerra NATO e UE in Asia, Africa, Medioriente.... Il governo Letta-Alfano, diviso al suo internonato senza ampio consenso popolare (l’alto astensionismo anche alle comunali ne è la riprova), può essere spazzati via con la lotta generale e unitaria, dunque politica, di tutti gli sfruttati e gli oppressi che subiscono la crisi, con alla testa la classe operaia. Di fronte alla decomposizione economica e politica del sistema borghese è necessario avanzare un’alternativa di rottura con lo stato di cose esistente, lottando per un governo che sorga dalla lotta delle masse e prenda provvedimenti spietati contro il capitale finanziario. Ci vuole una soluzione politica rivoluzionaria. Perciò è indispensabile assicurare alle lotte operaie e popolari una guida forte e autorevole: quella di un vero Partito comunista che nasca dall’unione del marxismoleninismo con il movimento operaio.

All’Ilva è l’ora della verità La situazione all’ILVA di Taranto sta arrivando ad un punto cruciale. Dopo il sequestro di 8,1 miliardi il Cda si è dimesso. Riva e gli altri padroni continuano con la loro politica di ricatti per salvare i profitti. Le parole di allarme di governo, istituzioni e vertici sindacali collaborazionisti (che fino ad oggi hanno tutelato gli interessi dell’azienda) sono una burla, come le opere di bonifica mai eseguite dell’azienda. La chiusura definitiva è alle porte e 40.000 lavoratori rischiano concretamente il posto di lavoro. Solo la lotta operaia e popolare sempre più estesa e radicalizzata può impedire la chiusura dell’ILVA e un futuro di miseria e disoccupazione. Siamo con gli operai che rivendicano l’esproprio immediato, il risanamento ambientale con i soldi dei padroni, salario e lavoro garantiti per tutti. E’ ora di far compiere un balzo in avanti alla mobilitazione ed all’organizzazione di classe a tutti gli operai ILVA, costruendo e rafforzando organismi come i Consigli e i Comitati di lotta, restituendo potere decisionale alle assemblee ed utilizzando ogni forma di lotta necessaria, compresa l’occupazione degli impianti. Unifichiamo le lotte operaie e degli strati popolari vittime del capitalismo assassino!


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Sulla manifestazione del 18 maggio Centomila operai metalmeccanici sono scesi in piazza a Roma sabato 18 maggio con la Fiom. Una manifestazione che da un lato, quello operaio, ha continuato a mandare segnali di disponibilità alla lotta e di critica alla politica del “patto sociale” e della concertazione, esprimendosi direttamente contro il governo Letta-Alfano-Napolitano. Ma dall’altro lato, quello della burocrazia sindacale, ha mostrato tutti i limiti e gli errori della strategia e della tattica socialdemocratica e riformista. Non è un caso che in soli tre anni la Fiom sia passata da una manifestazione di mezzo milione di operai e lavoratori (quella del 16.10.2010) a una “passeggiata” (e a una passerella di politicanti della sinistra borghese) che ne contava circa un quinto. Non è stata la crisi e la cassa integrazione a fiaccare la piazza. Sono state le responsabilità dei dirigenti socialdemocratici e riformisti della Fiom, colpevoli di non essersi messi alla testa del movimento di lotta al momento della controriforma dell’art. 18, di aver scelto una linea politica a rimorchio della Camusso, di aver sostituito la via della lotta di classe con la fallimentare via giudiziale. Ciò ha prodotto arretramento, sfilacciamento, perdita della capacità di aggregare attorno a un settore fondamentale del

proletariato gli altri settori sociali e giovanili vittime dell’offensiva capitalista. Landini ha affermato che la manifestazione non era contro il governo. Dal palco ha aggiunto che "noi siamo qui perché non rinunciamo ad un'idea di fondo, quella di cambiare questo paese". Ma come si può cambiare la società senza individuare e denunciare i nemici degli operai e gli attori politici del saccheggio sociale? Come si può pensare che Letta e Alfano cambino strada e siano disposti a modificare l’essenza del loro programma antioperaio? O si vuole ancora spacciare l’illusione del “dialogo sociale” mentre si liquidano le componenti classiste? Gli operai e gli altri sfruttati non sono certo incoraggiati a partecipare a manifestazioni contro nessuno, come se non ci fossero responsabili della politica di austerità e di guerra, dello smantellamento dei diritti, dei contratti, del mantenimento dei privilegi di una minoranza di sfruttatori. E sono sempre più refrattari alle chiacchiere sul cambiamento delle politiche da parte di governi borghesi che vanno spazzati via con la lotta di classe. E che dire della “incomprensione” del segretario Fiom riguardo la mancata adesione del Pd alla manifestazione? In realtà Landini e il gruppo dirigente Fiom mentre si guardano

bene dal pubblicare le adesioni alla manifestazione dei comunisti (marxisti-leninisti), si lamentano dell’assenza del PD perché lo considerano ancora un referente politico credibile e insostituibile per gli operai. In questo modo rimuovono la sua funzione di appoggio al capitale e alle misure approvate dai governi come quello di Monti (vedi art. 18, pensioni, etc.) e infine la scelta di governare assieme al PdL di Berlusconi. La manifestazione ci ha mostrato che i capi socialdemocratici non possono offrire alcuna valida risposta all’offensiva del capitale. Da questo nodo deriva la debolezza politica del movimento operaio. La socialdemocrazia è una ideologia borghese. I capi socialdemocratici e riformisti, anche se provengono dalla casse operaia (più spesso dall’aristocrazia operaia), sono i rappresentanti politici della borghesia, i suoi

agenti nel movimento operaio, i suoi attivisti sociali. Gli operai comunisti devono sempre aver ben chiaro ciò e stabilire una precisa linea di demarcazione nei confronti dei partiti e dei capi socialdemocratici sulle questioni fondamentali della rivoluzione proletaria, per liquidare l’ideologia socialdemocratica e riformista nel movimento operaio. Allo stesso tempo, i comunisti e gli operai avanzati devono lavorare negli organismi di massa, come i sindacati, per conquistare gli operai che si trovano sotto l’influenza dei socialdemocratici e delle altre correnti borghesi, devono lottare assieme a tutti gli operai che vogliono opporsi ai disegni dei capitalisti, unirsi con loro in una azione comune nella lotta quotidiana per difendere gli interessi economici e politici della classe operaia. Il fronte unico di lotta dal basso è la via da seguire!

No al patto sociale! Questo è l’accordo dei padroni! Riceviamo e pubblichiamo ampi stralci Sotto l'egida del governo di larghe intese, Cgil Cisl Uil e padronato si avviano a concludere un nuovo patto sociale su rappresentanza e democrazia. Cgil Cisl e Uil si sono presentate al tavolo con Confindustria - senza alcun mandato dei lavoratori - con un documento unitario (quello del 30 aprile) che è il prodotto di un accordo esclusivamente tra vertici, raggiunto senza alcuna trasparenza, discussione né tanto meno partecipazione all'interno della nostra organizzazione. Quel documento si richiama in tutto al precedente accordo unitario del 28 giugno 2011, allora fortemente criticato da tutta la Fiom - è bene ricordarlo! - perchè legittimava, tra le altre cose, le deroghe ai contratti nazionali e la

limitazione del diritto di sciopero per le Rsu. Sul documento del 30 aprile c'è ad oggi un giudizio positivo anche della Fiom, perchè introdurrebbe la "consultazione certificata dei lavoratori" nella definizione di un contratto nazionale sottoscritto dalla maggioranza dei sindacati. Noi temiamo però che la "consultazione certificata" (non a caso non si usa la parola "referendum") non sia affatto indicata come obbligatoria ma soltanto auspicata, come dire che i lavoratori possono esprimere il loro giudizio finale ma non impedire nuovi accordi separati. ...... In cambio di questo impianto in cui il voto dei lavoratori rischia di essere soltanto una vana promessa - la Confindustria chiede esplicitamente l'esigibilità dei contratti, cioè meccanismi che

vincolino il potere delle Rsu di contrastare un accordo peggiorativo delle condizioni di lavoro, persino limitandone il diritto di sciopero. Come Rsu Fiom della Piaggio di Pontedera e della Same di Treviglio esprimiamo un giudizio fortemente critico nei confronti di questa ipotesi, in primo luogo per la totale mancanza di trasparenza con la quale la Cgil si è seduta al tavolo, prima con Cisl e Uil, poi con Confindustria. .... Questo patto lo vogliono i padroni! Vogliono definire regole - come quelle che ha già ottenuto Marchionne con la complicità di Fim e Uilm - per imporre le loro continue richieste di peggioramento dei contratti e delle condizioni salariali e di lavoro. Vogliono ottenere l'obbedienza e la resa anche delle organizzazioni e

delle Rsu che ancora non vogliono piegare la testa. Noi non ci stiamo. Pensiamo che la Fiom debba dire no a questo patto, anche perchè, già oggi, esso recepisce totalmente l'accordo del 28 giugno 2011, con tutto ciò che questo comporta, in particolare sulle deroghe. Per noi è ancora attuale la scelta fatta tre anni fa a Pomigliano e Mirafiori di non cedere al ricatto di Marchionne e questa linea non si pratica con i patti tra sindacati e padroni. Invitiamo anche le altre Rsu a opporsi e i lavoratori e le lavoratrici alla massima mobilitazione. Dichiariamo sin da subito che non ci sentiremo vincolati a rispettare un accordo con questi contenuti e che saremo impegnati a contrastarne l'approvazione e l'applicazione. Rsu Fiom Piaggio (Pontedera) Rsu Fiom Same (Treviglio)


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Scrollarsi di dosso la subalternità ai partiti borghesi e riformisti «Lo Stato rappresentativo moderno è lo strumento per lo sfruttamento del lavoro salariato da parte del capitale. […] La più alta forma di Stato, la repubblica democratica, che nelle condizioni della nostra società moderna, diventa sempre più una necessità inevitabile, è la forma di Stato in cui soltanto può essere combattuta l'ultima lotta decisiva tra borghesia e proletariato. In essa la ricchezza esercita il suo potere indirettamente, ma in maniera tanto più sicura. Da una parte nella forma della corruzione diretta dei funzionari, della quale l'America è il modello classico, dall'altra nella forma dell'alleanza tra governo e Borsa, alleanza che tanto più facilmente si compie quanto maggiormente salgono i debiti pubblici, e quanto più le società per azioni concentrano nelle loro mani non solo i trasporti, ma anche la stessa produzione e trovano a loro volta il loro centro nella Borsa. […] Infine, la classe possidente domina direttamente per mezzo del suffragio universale. Finché

la classe oppressa, il proletariato, non sarà matura per la propria emancipazione, sino ad allora, nella sua maggioranza, essa riconoscerà l'ordinamento sociale esistente come il solo possibile e, dal punto di vista politico, sarà la coda della classe capitalistica, la sua estrema ala sinistra. Ma, nella misura in cui essa matura verso la propria emancipazione, nella stessa misura essa si costituisce in partito particolare ed elegge i propri rappresentanti e non quelli dei capitalisti. Il suffragio universale è dunque la misura della maturità della classe operaia. Di più non può né potrà mai essere nello Stato odierno, ma ciò è sufficiente. Il giorno in cui il termometro del suffragio universale segnerà per gli operai il punto di ebollizione, essi sapranno, e lo sapranno anche i capitalisti, quel che dovranno fare » (F. ENGELS, L'origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato, 1891). Questa pagina, benché scritta più di centoventi anni or sono, è ancora ricca di insegnamenti per il proletariato italiano di

oggi, oppresso e sfruttato dai vari governi del capitale in alleanza con la Borsa e con i grandi potentati della finanza internazionale. «L'ultima lotta decisiva» di cui parla Engels è quella che si conclude col «rovesciamento violento della borghesia» da parte del proletariato (Manifesto del Partito comunista). E, quando giungerà quel momento, gli operai sapranno «quel che dovranno fare». Da tempo stanno maturando le condizioni oggettive per una conquista rivoluzionaria del potere politico da parte delle masse proletarie. Ma manca tuttora quell'elemento soggettivo che solo può assicurare la loro vittoria sulla borghesia. Sul piano economico e rivendicativo i proletari italiani lottano con crescente decisione per la difesa delle loro fondamentali esigenze di vita, per il lavoro, contro i licenziamenti e la disoccupazione, contro la miseria e l'oppressione sociale, e si mobilitano in ampie manifestazioni di protesta. Ma, «dal punto di vista politico»,

molti sono ancora i proletari che non sanno scrollarsi di dosso la loro subalternità al sistema dei vari partiti della borghesia. Solo delle piccole minoranze rivoluzionarie, in seno al proletariato, si sono veramente liberate dai miti del «moderno Stato rappresentativo» borghese, con la sua falsa democrazia, la sua burocrazia corrotta, il suo anacronistico parlamentarismo soggetto al dominio del denaro. Che fare, dunque, per superare questa situazione e aprire la strada a futuri sbocchi rivoluzionari? C'è un primo passo, decisivo, da compiere con estrema urgenza: gli elementi più avanzati e coscienti del proletariato debbono unirsi ai marxistileninisti per costruire insieme quel «partito particolare» della classe operaia di cui parlava Engels: il Partito comunista, che, lottando contro i vari partiti borghesi, liberali, socialdemocratici, populisti, fascisti, guidi gli operai e tutti gli sfruttati alla vittoria della rivoluzione proletaria, per l'edificazione di un nuovo tipo di Stato, lo Stato operaio.

Opponiamoci alla criminalizzazione del dissenso e della protesta sociale Dal varo del governo reazionario Letta-AlfanoNapolitano i segnali di una svolta autoritaria e repressiva sono numerosi e inquietanti: • Cariche agli operai, agli studenti, ai militanti sindacali e politici per impedire l’espressione del dissenso in occasione di manifestazioni pubbliche. • Accuse di terrorismo per chi manifesta contro la TAV. • Accuse di tentato omicidio per l’incendio di un compressore (sic!). • Tentativo istituzionale di censurare e silenziare le critiche politiche. • Uso dei reati del Codice fascista Rocco per impedire le critiche al Capo dello Stato. • Continui attacchi mediatici e politici per creare allarmismo sociale.

• Intimidazioni dei giornalisti democratici. • Proposte di legge per rendere più pesanti le pene per chi occupa case o terreni. • Condanne per imbrattamento a chi affigge manifesti di denuncia politica. • Sgomberi violenti di centri sociali. • Razzismo e xenofobia a tutto campo per indirizzare la rabbia e il il malcontento popolare contro i migranti. • Arresti e perquisizioni contro presunti attivisti di Anonymous in coincidenza con gli allarmi contro l' "eccessiva libertà in Rete” e le richieste di "controllo" e "leggi che colpiscano i reati". • Rilancio della campagna anticomunista, in sintonia con quanto avviene negli altri paesi dell’UE.

Questo clima repressivo è forse un sintomo di forza del governo Letta-Alfano.Napolitano e della classe che lo sostiene? No, è il sintomo della debolezza di un governo senza vasti consensi popolari, diviso a suo interno, sorretto da partiti corrotti che vogliono rimaneree al potere nel nome della “coesione e della pacificazione nazionale”, per proseguire nella politica di austerità, di guerra e di difesa ad oltranza dei privilegi di ricchi e padroni. E’ la gravità della crisi economica ed il tentativo di salvare ad ogni costo gli interessi delle classi proprietarie che obbliga la borghesia a entrare in conflitto diretto con il movimento operaio e popolare, a restringere le libertà e i diritti della classe operaia (ad es. il diritto di sciopero), ad impedire

la libertà di espressione popolare su questioni fondamentali (ad es. l’appartenenza all’UE e alla NATO, il Fiscal compact, etc.), ad andare avanti con le controriforme istituzionali verso una “Terza repubblica” che veda rafforzato il dominio del capitale finanziario. Di fronte a questa politica reazionaria, non bisogna lasciarci intimidire, ma difendere con le unghie e con i denti le libertà democratiche conquistate dalla classe operaia, praticare la solidarietà proletaria e sviluppare le lotte di massa per far cadere nelle piazze e nelle fabbriche questo governo reazionario. E’ dentro queste battaglie che va costruita l’organizzazione politica indipendente e rivoluzionaria del proletariato!


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Una proposta di lavoro per l’unità dei comunisti (marxisti-leninisti) Il convegno realizzato in occasione del 60° anniversario della morte del compagno Stalin è stato un piccolo, ma significativo esempio di come si può agire in controtendenza alla frammentazione e alla dispersione del movimento comunista, collaborando sulla base di giusti principi. Ciò ci spinge ad andare avanti su questa strada. La proposta che ora avanziamo per l’unità di azione dei comunisti muove da alcune premesse. In primo luogo, riteniamo che la crisi economica di lunga durata del capitalismo, la decomposizione del sistema politico e istituzionale, le gravi difficoltà politiche e organizzative del riformismo e della socialdemocrazia, aprono possibilità e spazi di lavoro importanti per i comunisti. In secondo luogo, vi sono pressanti ragioni storiche e sociali, profonde cause, fra cui la stessa offensiva capitalista, che creano le basi dell’unità dei comunisti, facendone una necessità tattica e strategica, più che un’opzione fra le tante. Mentre le condizioni obiettive sono favorevoli allo sviluppo del nostro lavoro, nel nostro paese il fattore soggettivo rimane molto debole, non permettendo così di accrescere significativamente i legami con il movimento operaio, accumulare forze ed esperienze rivoluzionarie. Le ragioni sono numerose, fra di esse: la pesante eredità del revisionismo, il permanere di concezioni e pratiche erronee, la frammentazione, il localismo, il settarismo, etc. Bisogna dunque compiere dei passi per ridurre la forbice fra condizioni oggettive e fattore soggettivo, avanzando verso l’unità organica dei comunisti, verso un unico partito comunista del proletariato. Chiaramente un partito di tipo leninista non si inventa, non sorge in una notte. Si forgia all’interno di un processo determinato dagli sviluppi della lotta di classe sul piano nazionale e internazionale, man mano che si pongono all’ordine del giorno le

questioni fondamentali. Prende forma nel dibattito e nel lavoro in comune fra i marxistileninisti e i migliori elementi del proletariato, attraverso una battaglia sul terreno teorico, politico e organizzativo, in cui si determinano spostamenti e aggregazioni, si affermano concezioni e pratiche rispondenti ai compiti strategici e tattici che il proletariato deve affrontare nella situazione concreta. Secondo la nostra opinione, per procedere su questa strada è oggi possibile e necessario dar vita a un “Comitato di Unità Marxista-Leninista” composto dai rappresentanti dei partiti, organizzazioni, gruppi, associazioni, redazioni, etc. che ne vorranno far parte.

Atti del Convegno “Con Stalin per il Socialismo! Sul nostro sito sono disponibili gli “Atti del Convegno” con tutte le relazioni, gli interventi e i saluti. Scaricateli e studiateli! Invitiamo i nostri lettori a richiederci un cd che oltre agli “Atti” contiene discorsi e opere di Stalin, poster, foto, cori e inni dell’Unione Sovietica, etc. (prezzo 5 euro più spese di spedizione).

Esso dovrà basarsi su alcuni principi fondamentali, che abbiamo definito nell’appello e nell’introduzione comune del Convegno, a cui rimandiamo. Stabiliti questi punti di partenza, a cosa dovrebbe servire l’organismo di lavoro politico che proponiamo? A nostro avviso, in una prima fase: a) a creare un quadro stabile di consultazione, scambio di esperienze e di informazioni; b) a realizzare l’unità di azione dei comunisti nella classe operaia e nelle masse popolari, dando vita a iniziative e interventi unitari all’interno delle lotte politiche, sindacali e sociali, nelle ricorrenze del movimento comunista ed operaio, a livello nazionale e locale, sulla base di analisi e proposte condivise. I compiti dell’organismo che

proponiamo si basano sulle condizioni oggettive oggi esistenti e rispondono a una necessità: l’unificazione e la riorganizzazione dei comunisti si concretizzano nel vivo dello scontro di classe, nella mobilitazione della classe operaia e delle masse popolari, legando i nostri scopi strategici alle lotte quotidiane. Allo stesso tempo questo organismo di lavoro avrà il compito di esprimere coscientemente la necessità dell’unità e dell’organizzazione nella lotta del proletariato per la conquista del potere politico e la costruzione del socialismo. Ciò significa che la nostra unità viene a costituirsi su una precisa base di classe. Il Comitato che prospettiamo dovrà esplicitamente misurarsi con la necessità dell’unione dei comunisti in un unico e forte Partito comunista su salde basi marxiste-leniniste. Perciò nello sviluppo della sua attività andranno chiarite e precisate le premesse ideologiche, organizzative e programmatiche del futuro partito, spingendo alla rottura ideologica, politica e organizzativa con i partiti e i gruppi revisionisti e opportunisti, favorendo l’aggregazione delle realtà comuniste e degli elementi

avanzati della classe operaia per costruirlo. La nostra proposta è aperta al dibattito e all’aggregazione di più forze, allo sviluppo di un vero e proprio movimento marxista-leninista organizzato, a condizione che le realtà che vogliono aderire non abbiano nel loro programma posizioni contrarie o divergenti dalla base ideologica che ci siamo dati e non pratichino una politica in contrasto con i nostri principi. In che modo si potranno assumere decisioni? Con la collegialità, la discussione rispettosa delle diverse posizioni, cercando di raggiungere l’unanimità e solo in ultima analisi applicando il principio guida della maggioranza e della minoranza. In questa fase riteniamo che chi non si troverà d’accordo su talune decisioni avrà il diritto di non applicarle, poiché il Comitato non è un’organizzazione politica unica. In altre parole, i partiti e i gruppi aderenti sino al raggiungimento dell’unità organica continueranno a mantenere la propria indipendenza e autonomia, vincolandosi unicamente alle iniziative e alle azioni unitarie assunte. Chiamiamo le realtà marxisteleniniste ad esprimersi!

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Il piano inclinato del capitalismo italiano La crisi di sovraccumulazione del capitalismo non è risolta. Se l’area dell’euro è attualmente l’area imperialista con il minor tasso di crescita economica, l’Italia è il paese imperialista dell’eurozona con la crisi più grave e acuta. Sei anni di crisi hanno messo a nudo le tare strutturali e la debolezza economica e finanziaria dei gruppi monopolisti italiani e delle piccole imprese. Prosegue perciò senza soste il declino italiano, che vede peggiorare le sue difficoltà e perde posizioni rispetto tutti i concorrenti. Infatti, nella classifica per produzione manifatturiera l'Italia con una quota che scende dal 4,5 al 3,3% dal 2007 al 2011, passa dalla quinta all'ottava posizione (in soli tre anni), superata da India, Brasile e Corea del Sud. Mentre procede la perdita di posizioni del capitalismo italiano, procede lo shopping straniero in settori strategici (trasporti, telecomunicazioni, energia, acciaio e metallurgia di punta), e in particolari fasce di mercato (grande distribuzione, distribuzione gas e petrolio, turistico-alberghiero, acquisizione marchi), anche grazie alla debolezza finanziaria dei padroni italiani. Dallo scoppio della crisi ad oggi il PIL italiano è calato circa dell’8,5%. Il secondo trimestre 2013 è l’ottavo trimestre consecutivo (due anni) nel quale il Pil italiano è in calo. Una contrazione così prolungata nel tempo non si era mai verificata prima. Due recessioni a distanza di due – tre anni sono un fenomeno abbastanza raro. Nel dopoguerra in Italia non si era mai registrato. Da osservare che al 1996 ad oggi il PIL ha superato il 2% solo in due anni (nel 2000 e nel 2006). Tra il 2001 e il 2013 il tasso di sviluppo è stato otto volte inferiore all’1% e non ha mai superato il 2%. La produzione industriale rimane bassa e in discesa (circa

a metà del ciclo L’I de talia discendente del 2009, bo le è u 70 punti sotto il e np in ra aese livello precrisi); a pid o imp marzo 2013 è scesa de e r cli ial del 5,2 % rispetto il no ist a marzo 2012. Gli Dallo scoppio della crisi ad oggi il PIL italiano investimenti è calato circa dell’8,5%. C’è una diminuiscono E non si vede nessun segno di ripresa a sola via di rapidamente. breve termine. uscita: il Di fatto l’economia socialismo! italiana è ferma da più di quindici anni e Non si vede alcun 2,6 punti dal 2008. aggiungiamo la riduzione della segnale di ripresa a breve Dal 2008 al 2012 ben 1,3 spesa pubblica (il Fiscal termine. milioni di disoccupati in più. compact pesa!) è evidente che La produttività è bassa e Il tasso di disoccupazione nella non vi può essere ripresa stagnante, sempre più lontana fascia di età 15-24 anni è circa economica in queste condizioni. dagli altri paesi imperialisti più al 40%, il livello più alto E’ possibile che entro l’anno il forti, perché i capitalisti da registrato dal 1992. governo avrà difficoltà per decenni non investono sul Attualmente vi sono circa pagare stipendi, pensioni, cassa capitale fisso, su ricerca e seicentomila lavoratori in cassa integrazione. Senza ripresa il sviluppo (la spesa in R&S delle integrazione a zero ore. Hanno debito crescerà ancora e il imprese italiane è, in rapporto al perso in media 2.600 euro a rischio di bancarotta diverrà PIL, più bassa del 50% rispetto testa. Molti, circa un terzo, non reale, nonostante le alla media europea), non rientreranno più in fabbrica. dichiarazioni tranquillizzanti innovano l’apparto industriale e 9 milioni di proletari sono in Su queste basi procede la tecnologico (ma evadono difficoltà, fra disoccupati, decomposizione delle massicciamente fisco e cassaintegrati, precari etc. Il istituzioni e dei partiti borghesi, contributi), perché il sistema 70% in più rispetto il livello in crisi di egemonia e di scolastico e universitario pre-crisi consenso. All’instabilità pubblico è al La bassa occupazione italiana, i economica si accompagna disastro. bassi salari, le misure di quella politica, avanza la crisi Emergono enormi difficoltà di austerità, hanno fatto sì che con della democrazia borghese, che finanziamento per le imprese la recessione e l’aumento della viene gradualmente liquidata. piccole e medie. disoccupazione la miseria L’Italia non può crescere, dare La borghesia si rende conto che cresce rapidamente. occupazione, sviluppo non può più raggiungere Le statistiche dicono che rimanendo nel capitalismo. Francia e Germania, che le l’11,1% delle famiglie è La classe dominante, distanze non possono essere relativamente povero (8,1 parassitaria e disomogenea, che nemmeno ridotte e sceglie di milioni di persone) e il 5,2% lo è la responsabile del declino, concorrere con le potenze è in termini assoluti (3,4 del degrado e del marasma emergenti che la stanno milioni). Al sud una famiglia su italiano, può solo peggiorare la superando. Vuole rendere quattro è povera. Per costoro c’è situazione. Per uscire dal tunnel l’Italia un paese dove altri solo la prospettiva della miseria. c’è una sola soluzione: la imperialismi possono Nove milioni di persone sono rivoluzione socialista. delocalizzare a basso costo e costretti a rinunciare ai servizi senza rischi (vedi dichiarazioni sanitari. Il 40% delle famiglie Monti in Asia). Punta a un non ce la fa ad arrivare alla fine organo di Piattaforma Comunista Mensile. Editrice Scintilla Onlus modello basato sull’export, del mese. Dir. resp. E. Massimino senza sviluppo della domanda Dalla metà del 2011 i consumi Iscrizione ROC n. 21964 del 1.3.2012 interna. L’adesione all’euro hanno segnato Redaz: Via di Casal Bruciato 15, Roma blocca la svalutazione complessivamente un calo di Chiuso il 26.5.2013 - stampinprop. Per contatti e contributi: competitiva, quindi: ribassi oltre il 5 per cento, quasi il teoriaeprassi@yahoo.it salariali e liquidazione di diritti. doppio di quanto registrato nel Vediamo i dati occupazionali. corso della recessione del Su una popolazione di circa biennio 2008-09. ABBONATEVI ALLA 60,5 milioni di residenti, sono Nel solo primo trimestre 2013 STAMPA COMUNISTA occupati 22,9 milioni di sono calati del 4,2% su base con 15 euro annui lavoratori. annua. Sono tornati ai livelli di Versamenti su c.c.p. Tasso di occupazione: su 100 13 anni fa. 001004989958 persone fra i 15 e 64 anni hanno Se alla debolezza della un’occupazione solo 56. Persi domanda delle famiglie intestato a Scintilla Onlus

Scintilla


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Via i marines e le basi USA dal nostro paese! Fuori dalla NATO! Il governo Obama ha deciso il trasferimento di altri 500 marines nella base USA di Sigonella in Sicilia. L'imperialismo nordamericano, per la difesa dei suoi interessi economici e strategici in Africa e nel Medio Oriente, vuol tenere

sotto controllo, anche dal punto di vista militare, la sponda sud del Mediterraneo, e si serve per questo delle basi che ha sul nostro territorio. Si preparano nuovi interventi in Libia, in Siria e altrove per “completare il lavoro iniziato”. Allo stesso tempo avanza la militarizzazione del territorio in Sicilia, isola sempre più utilizzata come una gigantesca portaerei, base radar, etc. nonostante le forti proteste della popolazione. La decisione del trasferimento dei 500 marines dalla base spagnola di Moron a quella siciliana ha dimostrato, ancora una volta, la totale subalternità

dell'imperialismo italiano rispetto a quello statunitense, ma anche la scarsa o nulla considerazione in cui è tenuto il governo Letta-AlfanoNapolitano da parte dei suoi "alleati" americani (sarebbe meglio chiamarli “padroni”). Infatti, il trasferimento dei militari era stato comunicato all'Italia a livello tecnico, ma il Ministro della Difesa Mario Mauro e il Ministro degli Esteri Emma Bonino non sapevano che il portavoce del Pentagono avrebbe reso pubblica la notizia senza neanche consultarli. Naturalmente, anche il parlamento italiano è stato tenuto, fino ad oggi, all'oscuro di

UE antioperaia e anticomunista E’ in aumento all’interno della UE la repressione contro i movimenti sociali e politici che si oppongono alle misure della Troika, contro le organizzazioni comuniste e di sinistra, contro le organizzazioni che guidano i processi di autodeterminazione dei popoli e delle nazionalità. La gravità della crisi economica obbliga la borghesia imperialista a entrare in conflitto diretto con il movimento operaio, sindacale e popolare. Si restringono le libertà e i diritti della classe operaia, si attacca il diritto di sciopero e di manifestazione, i parlamenti vengono esautorati delle loro prerogative, le Costituzioni borghesi apertamente violate. Si impedisce la libertà di espressione popolare su questioni fondamentali, come l’appartenenza all’UE e gli eurotrattati. Parallelamente prosegue la campagna anticomunista. Due anni fa i ministri degli esteri della Bulgaria, Lettonia, Lituania, Ungheria, Romania e Repubblica Ceca hanno chiesto all'Unione europea di istigare alla persecuzione legale coloro che all'interno dell'Unione europea non riconoscono i presunti crimini del comunismo. Poi la presidenza polacca dell’UE ha organizzato a

Varsavia la prima conferenza per la “celebrazione” del 23 agosto che l’UE ha proclamato come “giorno per il ricordo delle vittime dei regimi totalitari” equiparando il fascismo al comunismo. In Polonia dal 2009, in Ungheria, in Moldavia dal 2012 sono vietati i simboli comunisti. Nella Repubblica Ceca vi sono tentativi di mettere fuorilegge organizzazioni comuniste. Nell’Ungheria ultrareazionaria sono vietate denominazioni legate al socialismo e al comunismo. Il P.C.L.U. è stato costretto a cambiare nome e sono stati arrestati compagni che portavano la spilla con la stella rossa il 1° maggio. Proseguono dappertutto le mistificazioni e le denigrazioni, il tentativo di equiparare socialismo e nazismo. L’UE sta creando i presupposti e le condizioni politiche perché i governi borghesi scatenino divieti, persecuzioni e misure repressive per colpire l’ideologia comunista, i partiti che conservano il loro carattere rivoluzionario, il movimento operaio e popolare organizzato, come già accade in alcuni stati membri dell’UE. La messa al bando dei simboli comunisti in alcuni paesi UE mostra che governi e apparati

statali temono una nuova offensiva da parte del movimento comunista e operaio. L'anti-comunismo va di pari passo con gli attacchi ai lavoratori chiamati a pagare le conseguenze della crisi del capitalismo, che stanno sperimentando sulla loro pelle l'abolizione dei loro diritti lavorativi e politici, l'aumento della disoccupazione e dei senza casa, la privatizzazione delle imprese di proprietà dello Stato, del sistema educativo e sanitario, ecc. Gli imperialisti cercano di cancellare le conquiste del socialismo dalla coscienza dei popoli europei in generale, mentre proteggono e finanziano le organizzazioni fasciste. La socialdemocrazia in questo senso svolge una funzione essenziale di supporto sociale del capitalismo e delle sue politiche aggressive e di guerra. La UE è un’arma dei monopoli e degli stati borghesi per sfruttare i lavoratori e i popoli europei, per l’espansione economica e politica, per ampliare le loro sfere di influenza, e competere con i loro rivali. Allo stesso tempo l’UE, assieme alla NATO, è un’arma per prevenire e reprimere la rivoluzione in Europa. Bisogna uscirne subito!

Basi USA e NATO

tutta la faccenda. Che vergogna! Chiusura di tutte le basi USA e NATO in Italia! Fuori l'Italia dalla NATO, braccio armato dell’imperialismo, e da ogni altra alleanza bellicista.

Onore e gloria al compagno Chbari Il Comitato di Coordinamento della Conferenza Internazionale di Partiti e Organizzazioni Marxisti-Leninisti trasmette a Annahj Addimocrati (Via Democratica) del Marocco sentite condoglianze per la scomparsa del compagno Chbari Abdelmoumem. Il compagno Chbari è stato un militante comunista esemplare fina dalla sua gioventù, sempre in prima fila nella lotta per la democrazia e la giustizia sociale in Marocco. In quanto responsabile delle relazioni internazionali di Annahj Addimocrati, ha lavorato sempre per l'internazionalismo e l'amicizia tra i popoli e le organizzazioni rivoluzionarie dell'Africa e del mondo. Conserveremo sempre un ricordo fraterno e di lotta con lui. Onore e gloria al compagno Chbari! Avanti nell’internazionalismo proletario e nella solidarietà tra i popoli e le loro organizzazioni rivoluzionarie! Comitato di Coordinamento della CIPOML 24 maggio 2013


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Spagna: “Appello per l’unità di fronte alla crisi” Noi, le organizzazioni che hanno convocato questo incontro, consideriamo che la situazione richiede l'unità della sinistra di fronte al blocco di potere. Ed abbiamo scelto il motto "di fronte alla crisi, unità di classe", perché ci rendiamo conto che le organizzazioni di sinistra, i suoi dirigenti e militanti hanno il dovere di assumere davanti alla classe la responsabilità di avanzare in un'uscita alla crisi che può ottenersi solo se ci poniamo come obiettivo il superamento di un quadro politico ristretto e controllato da un'infima minoranza di banchieri, grandi impresari e speculatori. Negli ultimi mesi un fiume di mobilitazioni ha inondato di ragioni democratiche le nostre strade e le nostre piazze. Il Governo dei tagli si è screditato davanti ai cittadini che cercano un'uscita alla situazione angosciosa che vivono milioni di famiglie; un'uscita che solo può venire dalla rottura con un ordine di cose che non può, e

non deve, prolungarsi ancora. Non è possibile nessun accordo, nessun consenso con chi c'impone la sofferenza, con chi si rifiuta di placare gli effetti delle sue politiche, con chi si rifiuta di ascoltare una maggioranza sociale che è il frutto della storia. Non possiamo sostenere nessun accordo che non sia quello della nostra classe, quello dei nostri interessi, quello del nostro futuro. Siamo anche consapevoli che non possiamo ripetere alla stesso modo esperienze storiche, per positive che siano state, perché le circostanze cambiano; abbiamo davanti la sfida di accumulare forze, di aggregare tutti i settori che soffrono la crisi, tutti coloro che si mobilitano contro le politiche di austerità, tutti coloro che vogliono superare questo sistema oppressore. Perciò, esempi come quello di “Alternativa Galega di Sinistra”, che ha saputo unire le volontà della sinistra spagnola

Ecuador: Solidarietà con Mery Zamora

In Ecuador la prof. Mery Zamora, già presidentessa della “Unión Nacional de Educadores” e attuale vicepresidente del “Movimiento Popular Democratico” (MPD), è stata dichiarata colpevole del delitto di “sabotaggio e terrorismo”. La sentenza contro Mery Zamora è il culmine di una campagna sistematica di vessazioni e persecuzioni orchestrata dal governo del socialdemocratico Correa contro la sinistra rivoluzionaria. Questo processo era stato

archiviato per mancanza di prove, ma a seguito di una richiesta presidenziale è stato riaperto ed ora, sempre senza prove, è stata condannata la compagna Mery Zamora. La sentenza è espressione dell’odio politico contro i dirigenti popolari, e riflette la discriminazione contro le coraggiose donne che levano la loro voce contro gli abusi del regime correista, autoritario e prepotente, che non si piegano agli interessi dominanti e lottano per un futuro diverso e migliore. Come nel caso di Marcelo Rivera e dei 10 di Luluncoto, manifestiamo la nostra totale solidarietà e il nostro appoggio a Mery Zamora e a tutti i militanti popolari e indigeni, ai rivoluzionari, ai comunisti prigionieri in Ecuador. Esigiamo perciò il loro proscioglimento e la loro libertà immediata. Gridiamolo ancora una volta: “Non sono terroristi ma lottatori popolari!”.

con quella nazionalista, c'incoraggiano a proseguire nel compito. Si tenta di compiere un passo avanti nel cammino. Anche nell'ambito internazionale a noi più vicino sorgono iniziative promettenti: in Francia il Front di Gauche, in Grecia Syriza ed in Tunisia il Fronte Popolare, sono altrettanti esempi di come è possibile che la sinistra s’intenda e condivida gli obiettivi fondamentali di lotta di fronte al neoliberismo rampante, all'imperialismo, alla destra reazionaria ed al fascismo. Questo evento non è un punto di arrivo; al contrario, è l'inizio di una strada che dobbiamo percorrere assieme alle forze e alle persone che sono disposte al compito di piegare il sistema. Conquistare l'unità presuppone che tutte le organizzazioni pronte ad affrontare la sfida facciano concessioni secondarie per condividere l'obiettivo fondamentale di costruire un'alternativa che possa organizzare la risposta delle classi lavoratrici di fronte all'ondata di attacchi di una minoranza che minaccia il nostro futuro e quello dei nostri figli, che elimina le conquiste costate tanti sacrifici alle generazioni che ci hanno preceduto. Siamo la maggioranza, siamo quelli che scendono in piazza per rifiutare i piani di questo governo illegittimo; siamo

quelli che nei sindacati, nei posti di lavoro, nelle università e nelle scuole, nelle maree cittadine, carichi di speranza, gridano: insieme possiamo! Il programma, le misure concrete che possono tirarci fuori dal fosso di una crisi che non abbiamo provocato noi, sono condivisi. Non rimane che raggrupparci, confluire organizzativamente in un'alternativa unitaria, in un blocco politico, sociale e popolare che serva ad avanzare verso il futuro. Adesso viene il difficile: aggregare e continuare ad aggregare, confluire, convergere in blocco alternativo, organizzare la risposta per sconfiggere il sistema. Faremo altre dimostrazioni e incontri per affrontare i prossimi passi e vi invitiamo a partecipare in questa impresa emozionante. Insieme possiamo!!! Per l'unità, per la Repubblica!!! Avanti nella lotta del Popolo Lavoratore!!! Partito Comunista di Spagna, Republicanos, Giunta Statale Repubblicana (JER), Partito Comunista di Spagna (marxistaleninista) Madrid, 18 maggio 2013

Messico: Libertà per Manuel Ramirez Jiménez arrestato nella marcia del 1° Maggio a Oaxaca


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