Guida al quaderno operativo

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Giovanna Scalzo,Tiziana Bonfanti, Maria Angela Burcheri, Monica Battaglia

GUIDA ALL’USO DEL QUADERNO OPERATIVO PERCORSO PER L’APPRENDIMENTO DEI PREREQUISITI PER LA LETTO-SCRITTURA E IL CALCOLO NELLA SCUOLA DELL’INFANZIA


Prima Edizione Maggio 2013 - stampato presso: Fabbrica dei Segni Coop. Sociale Via Baranzate 72/74 • 20026 Novate Milanese (MI) Tel. 02 92.86.85.40 • Fax 02 89.95.95.14 www.fabbricadeisegni.it • info@fabbricadeisegni.it


PRESENTAZIONE

Questo quaderno operativo per la sezione “5 anni” della scuola dell’Infanzia nasce da un percorso di ricerca che intende collegare le Scienze Cognitive, che studiano il funzionamento cerebrale nelle attività cognitive, alle Scienze dell’Educazione. Esso è il prodotto di una lunga azione di ricerca scientifica portata avanti nell’ambito del percorso di ricerca denominato “Cervello, Cognizione & Educazione” che, attraverso un rigoroso modello scientifico, trasforma le indicazioni provenienti dalle scienze che studiano il cervello dal punto di vista anatomico e funzionale, in scelte di attività didattica e in specifiche scelte metodologiche, utilizzabili nel reale contesto di classe. Uno dei prodotti di questa ricerca è il metodo di letto scrittura e calcolo denominato Metodo “Libera... mente imparo“ per la classe prima della scuola Primaria. In linea con quel percorso di ricerca è stato creato questo testo per la scuola dell’Infanzia con lo scopo di dare delle indicazioni precise su quali sono i prerequisiti necessari perché l’acquisizione della letto scrittura e del calcolo siano facilitate e stabilmente mantenute nel livello scolastico successivo. Questo quaderno operativo è il risultato di un lavoro di ricerca in azione portato avanti da un gruppo di insegnanti di scuole dell’Infanzia, le autrici, che hanno utilizzato il materiale proposto nell’azione didattica, nelle loro sezioni “5 anni”, per due cicli scolastici. Compito della scuola dell’Infanzia è quello di fornire ai bambini la possibilità di acquisire i prerequisiti necessari per un apprendimento completo e sicuro delle abilità accademiche della lettura, della scrittura e del calcolo, abilità che sono l’obiettivo d’azione educativo didattica della scuola Primaria. Nella tradizione della scuola dell’Infanzia alcune sotto abilità sono molto stimolate, mentre altre sono trascurate o attivate in maniera non intenzionale e finalizzata, incompleta, e spesso attraverso azioni d’insegnamento improntate all’occasionalità. Una di queste abilità molto importanti è il raggiungimento della consapevolezza fonologica alla base dell’abilità di lettura e di scrittura. Questa è una delle indicazioni che proviene dagli studi scientifici che si interessano di collegare le conoscenze che provengono dagli studi psicolinguistici e neurocomputazionali sull’acquisizione del linguaggio e sulle abilità della lettura e della scrittura ad esso correlate. Il metodo utilizzato in questo quaderno pone in essere in maniera intenzionale, controllata, ordinata e organizzata delle scelte didattiche e delle metodologie che hanno come scopo il raggiungimento di tutte le abilità prerequisite necessarie ad un’acquisizione stabile e completa delle abilità accademiche. Lo scopo di questa opera è quello di creare un corpus specifico di interventi mirati e organizzati per il raggiungimento di tale abilità, per un’azione didattica da condurre con i bambini di cinque anni, in modo che ottengano le abilità necessarie per affrontare in maniera semplice e senza difficoltà, gli apprendimenti target dell’azione educativo didattica dei livelli scolastici successivi.

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Il materiale proposto in questa opera è stato creato in seguito alla sperimentazione e l’implementazione diretta nell’attività didattica, ne è il prodotto diretto e proprio per questo è perfettamente adatto alla reale situazione d’insegnamento in sezione. L’opera comprende questa guida per i docenti all’uso del quaderno operativo, nella quale si trova una sezione che presenta le basi teoriche che motivano le scelte operate. Nella guida, poi, saranno date indicazioni per l’uso del quaderno operativo e anche suggerimenti di attività possibili da svolgere per completare il percorso di apprendimento, che sono a corollario e completamento delle attività proposte nel quaderno operativo. La scuola dell’Infanzia diviene così luogo di apprendimento, fucina del sapere, in cui nessuna azione è casuale o improvvisata, dove nulla è tralasciato, dove ogni necessità di apprendimento viene sostenuta e ampliamente stabilizzata attraverso attività ludiche, pratiche, volutamente non anticipatorie, ma funzionali alle caratteristiche e ai vincoli del cervello, che deve essere pronto per gli apprendimenti successivi, quelli che permetteranno ai bambini di diventare giovani lettori che imparano a leggere e scrivere e poi esperti fruitori del sapere che lettura e scrittura mediano. Ciò implica un cambiamento di rotta che dovrebbe investire la politica istituzionale e dovrebbe portare a una revisione delle indicazioni che lo Stato, erogatore del servizio, consegna a questo livello scolastico. La revisione dovrebbe riguardare le indicazioni consegnate nei Campi d’esperienza che dovrebbero essere rivisti, ampliati e resi adeguati alle nuove conoscenze, anche specificati con maggiore cura per le informazioni scientifiche che provengono dalle Scienze della Cognizione. In verità bisogna rendere conto del fatto che un passo avanti in questa direzione è stato fatto con l’emanazione delle “Linee Guida per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con Disturbi Specifici dell’Apprendimento” (D.M. 12 luglio 2011) per l’applicazione della Legge 170 dell’8 ottobre 2010: “Nuove norme in materia di Disturbi Specifici dell’Apprendimento in ambito scolastico.” Nel punto 4.1 di queste Linee Guida alla scuola dell’Infanzia viene dato un compito di prevenzione dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento, riconoscendole il ruolo di istituzione che identifica precocemente i segnali di rischio di tali disturbi. Si danno, inoltre, indicazioni precise su quali siano le attività da osservare attentamente per cogliere le difficoltà nel raggiungere le abilità reputate necessarie per l’apprendimento delle abilità accademiche. Le abilità indicate come deficitarie nei bambini con D.S.A. non sono altro che le abilità prerequisite necessarie alla letto-scrittura e al calcolo che riguardano l’acquisizione di un adeguato gesto grafico all’atto di scrittura e una competente consapevolezza fonologica, che permetta una corretta corrispondenza tra grafema e fonema, alla base delle abilità di codifica e decodifica del testo scritto. Queste indicazioni sembrano riguardare solo i bambini con possibile sviluppo di D.S.A., ma in realtà tali abilità prerequisite devono essere raggiunte in maniera adeguata e competente da ogni bambino, se si desidera che egli sia pronto ad apprendere senza difficoltà le abilità di letto-scrittura e calcolo. Nel testo delle Linee Guida si legge più volte il termine “didattica inclusiva”, ma sembra acquisire in tale contesto il significato di accettazione e accoglienza di chi ha difficoltà e non una scelta d’insegnamento che includa tutti, perché indirizzata all’acquisizione dei meccanismi basilari degli apprendimenti, sui quali costruire le singole individualità. Non più una scelta individuale e personalizzata in un clima di didattica inclusiva, ma

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scelta di proposte didattiche e metodologiche favorenti le acquisizioni di base delle abilità, sulle quali fondare scelte indirizzate alla specificità individuale, che non può non essere attenzionata e curata, attraverso percorsi didattici specifici, e che sia a supporto delle singole difficoltà, quelle che sono definiti come ”bisogni educativi speciali”. Tale definizione dovrebbe perdere la connotazione limitante che la riferisce solo alle difficoltà, per acquisire una valenza positiva se per “bisogni speciali” si indicassero le specificità di ogni singolo bambino, le sue potenzialità e modalità cognitive. Garantendo un’azione mirata al raggiungimento dell’acquisizione dei meccanismi di “default” delle abilità necessarie all’apprendimento della letto scrittura e del calcolo, si permetterebbe a tutti di partire dallo stesso punto di partenza per poi, raggiungere gli obiettivi superiori, secondo le proprie caratteristiche, peculiarità, potenzialità, senza alcun limite o effetto a “cascata” negativo. Si indica quindi, come indispensabile un cambiamento nelle scelte non solo didattiche e della programmazione dei docenti, ma un cambiamento della “policy” delle istituzioni che si occupano di istruzione ed educazione, che sostituiscono un altro degli scopi del connubio tra Scienze Cognitive e Scienze dell’Educazione.

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DALLA TEORIA ALLA PRATICA.

PERCHÉ COLLEGARE LE SCIENZE COGNITIVE ALL’EDUCAZIONE di Lucia Maria Collerone (Cognitivista esperta in neurobiologia della letto-scrittura, ideatrice del Metodo “Libera...mente imparo”, Coordinatrice del progetto di ricerca “Cervello, Congizione & Educazione”)

Introduzione Le Scienze Cognitive sono un campo di ricerca che negli ultimi quindici anni si è interessato di riunire gli studi scientifici, oggetto di molte discipline, che hanno in comune lo scopo di studiare le funzioni cognitive, cioè i processi mentali che gestiscono le conoscenze e permettono una corretta interpretazione e integrazione delle informazioni, che provengono dal contatto con l’ambiente. Queste informazioni derivano da scienze che rientrano nell’ambito neuro-biologico, cioè studiano le strutture anatomico funzionali che sottostanno alle diverse abilità cognitive. Altre informazioni provengono dagli ambiti delle scienze che studiano il linguaggio come più alta funzione cognitiva, alla base di ogni altra abilità. Infine, altri contributi provengono dalle scienze che hanno un approccio allo studio della mente, vista in una prospettiva sociale e antropologica. Tutte queste informazioni su come funzionano il cervello e la mente mentre imparano, sono un punto di partenza importante per gli insegnanti, che sono i professionisti dell’apprendimento. Costruire percorsi metodologici, fondare scelte di didattica su tali saperi, non può che rendere l’azione educativa più funzionale al raggiungimento del successo dell’apprendimento e facilitare la stabilizzazione delle attività oggetto dell’insegnamento stesso. Questa prospettiva porta in sé forti contenuti di innovazione che possono giustificare alcune scelte compiute o anche dimostrare l’inefficacia o la palese contraddizione di alcune scelte “tradizionali” d’insegnamento, se riferite ai meccanismi con i quali il cervello apprende. Naturalmente i contenuti provenienti da queste scienze, che sono improntate al riduttivismo, prima di poter essere trasformati in azioni didattiche in situazione reale di classe, devono essere filtrati dalle Scienze dell’Educazione, in modo che possano dar conto del processo d’apprendimento come sistema complesso, che vede il bambino come insieme di cervello e mente e lo studia in relazione al contesto d’apprendimento, in cui l’azione educativa si verifica. I risultati in termini di conoscenze, che provengono dal collegamento tra le scienze della cognizione e l’educazione, possono dare, anche agli insegnanti della scuola dell’Infanzia, importanti informazioni su quali siano gli apprendimenti obiettivo dell’azione didattica a questo livello scolastico, in relazione all’età evolutiva dei bambini e al ruolo educativo stabilito dall’istituzione e delineato nei Campi d’esperienza. Le indicazioni che possono derivare danno indirizzi d’azione specifici, arricchiscono le indicazioni del curricolo con nuovi spunti e informazioni, affinché l’azione didattica educativa sia specifica, mirata e intenzionalmente diretta alla creazione dei prerequisiti di base necessari per l’apprendimento delle abilità accademiche. La scuola dell’Infanzia, così sarà in grado di svolgere appieno e funzionalmente il suo ruolo di ambiente d’apprendimento che fornisce ai bambini le abilità necessarie ai saperi futuri, senza inutili anticipazioni e senza creare vuoti di sapere, che possono trasformarsi in difficoltà o rendere severe le manifestazioni di particolari modalità neurobiologiche di apprendimento.

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Prerequisiti e sotto-abilità correlate, obiettivo di insegnamento della scuola dell’Infanzia Percezione visiva - coordinamento occhio-mano; - percorsi; - posizione nello spazio; - copia-riproduzione; - riproduzione figura-sfondo; - completamento di figure; - velocità visuo-motoria; - orientamento destra sinistra in attività grafiche; - costanza della forma; - trovare le differenze; - seguire con la matita colorata il modello senza uscire dalla linea; - gesto grafico; - abilità di copia da modello [segni grafici: - ; + ; X; cerchio; spirale con verso a dx (come la chiocciola della lumaca), spirale con verso a sx; la doppia spirale; il segno di infinito (8 in orizzontale] Percezione uditiva - riconoscimento della sillaba iniziale su immagine; - riconoscimento della sillaba e del singolo fonema confluenza verbale; - riconoscimento del fonema iniziale con memoria verbale; - cambio d’iniziale; - aggiunta d’iniziale; - delezione della sillaba finale e iniziale; - corrispondenza fonema-grafema; - parole lunghe - parole corte; - creazione di rime. Abilità motorie - orientamento destra-sinistra in campo grosso motorio; - coordinazione dinamica generale; - equilibrio emisferico. Area logico matematica - organizzazione spaziale; - sequenze temporali in relazione ad azioni; - sequenze temporali in relazione a immagini; - sequenze temporali relative alla produzione verbale; - seriare; - corrispondenza secondo la quantità; - corrispondenza secondo una caratteristica; - concetti topologici di sopra-sotto, dentro-fuori; prima-dopo. Integrazione spazio temporale - riproduzione ritmica di strutture temporali; - simbolizzazione di strutture spaziali; - simbolizzazioni di strutture temporali; - trascrizione di strutture temporali. Memoria generale - memoria uditiva; - memoria di cifre in sequenza diretta; - memoria di cifre in sequenza inversa;

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- memoria di gruppi vocalici; - memoria di parole. Memoria e attenzione visiva - memoria di facce; - ricordo selettivo visivo; - memoria visiva dell’oggetto mancante; - memoria visiva sequenziale. Componenti motorie della scrittura - stabilità prossimale: posizione della spalla; - presa di precisione; - prensione con la punta delle dita; - uso isolato delle dita; - stabilità del pollice e forza; - capacità di graduare la forza; - pianificazione motoria; - controllo della sequenza motoria; Componenti visuo-motorie della scrittura VISIVA - discriminazione visiva = abilità di discriminare una configurazione visiva da un’altra; - completamento visivo = abilità di percepire una configurazione intera quando ce ne viene mostrata solo una parte. VISUO-MOTORIA - il bambino deve sapere dove e come disporre i segni grafici all’interno della pagina; - la dimensione e le proporzioni dei segni; - la posizione che questi occupano rispetto alla linea di scrittura; - la distanza a cui devono essere posti i segni; - gli spazi che possono essere occupati o meno dalla scrittura all’interno della pagina; Componente propriocettiva-cinestesica-tattile della scrittura - automatizzazione dei movimenti d’iscrizione e di progressione; - schemi motori per … - movimento rotatorio antiorario (per la traccia di occhielli, asole ascendenti e tratti curvilinei); - movimento rotatorio orario (per la traccia di tratti curvilinei con convessità verso il basso ed asole discendenti); - movimenti che procedono dall’alto verso il basso (aste ascendenti e discendenti); - tratti orizzontali e di collegamento. Molti di questi prerequisiti sono oggetto della programmazione e delle attività della scuola dell’Infanzia, che svolge un lavoro preciso e attento per la loro acquisizione, mentre alcuni di essi sono trascurati o affrontati in attività occasionali. Invece, come dimostrato da innumerevoli studi in ambito neurocognitivo e psicocognitivo, tutte le abilità e sottoabilità indicate sono basi assolutamente fondamentali per sostenere l’apprendimento della letto-scrittura e del calcolo. Vengono qui di seguito riportate le principali indicazioni provenienti da tali studi sulle abilità che spesso la scuola dell’Infanzia trascura o non sviluppa in modo sistematico. Saranno poi fornite informazioni teoriche sull’acquisizione del linguaggio in età prescolare e sull’importanza dell’input linguistico in questo periodo dell’età evolutiva, sia nell’ambiente famiglia che nell’ambiente scolastico.

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La consapevolezza fonologica È stato scientificamente provato che esiste una correlazione diretta tra consapevolezza fonologica e apprendimento funzionale della letto-scrittura. L’apprendimento della lingua orale avviene in modo diretto, cioè è sufficiente un’esposizione ad una lingua, entro i limiti temporali che vincolano la struttura cerebrale, perché questa sia appresa per imitazione. Invece, l’apprendimento della lingua scritta necessita un insegnamento specifico, intenzionale ed è una abilità appresa per via culturale, che diventa solo in seguito una abilità di tipo automatico. Una carenza nell’acquisizione delle abilità rilevanti per la letto scrittura può compromettere l’apprendimento della lingua, anche in assenza di deficit intellettivi o anatomico-funzionali. L’effetto di una carenza, in una delle numerose abilità alla base della letto-scrittura sulle abilità cognitive superiori che su di esse si poggiano, è definito “effetto a cascata”, nel senso che rende difficile o addirittura ostacola l’acquisizione delle competenze superiori. Le abilità linguistiche alla base di quelle di codifica e decodifica del testo scritto sono abilità molto importanti che devono essere acquisite senza carenze, in ogni sotto-componente, perché l’acquisizione della letto-scrittura avvenga in modo facile e stabile. Nella scuola dell’Infanzia l’approccio alle conoscenze linguistiche riguarda la lingua orale, mentre la codifica decodifica scritta sono il compito specifico della scuola Primaria. La lingua orale ha una struttura fonologica, cioè è composta da suoni (i fonemi) che devono essere discriminati, identificati singolarmente e all’interno delle parole, nelle varie posizioni in cui occorrono nella composizione delle stesse. Tali suoni devono anche essere ricordati, perché sia possibile ripetere sia parole che frasi udite, questa abilità si chiama memoria fonologica di lavoro (phonological loop). I bambini che frequentano il terzo anno della scuola dell’Infanzia dovrebbero essere capaci di identificare le componenti fonologiche della lingua e dovrebbero essere in grado di manipolarle, raggiungendo quella che è la consapevolezza fonemica, cioè la capacità di riconoscere i singoli fonemi, che compongono il linguaggio parlato e manipolarli. L’esperienza dei bambini in relazione al linguaggio è che esso è una corrente acustica continua che esprime dei significati, bisogna invece rendere esplicita la sua struttura costituente, il fatto che essa sia formata da singoli suoni, che uniti formano sillabe e parole che veicolano significati. Non è una competenza che si acquisisce in automatico, ma deve essere percepita, compresa e appresa grazie ad un esplicito intervento d’insegnamento. Non può essere dato per scontato che il bambino elabori in maniera autonoma questa consapevolezza e inoltre, non bisogna dimenticare che alcune modalità neurobiologiche funzionali cerebrali o alcune esperienze linguistiche (bilinguismo) possono ostacolare, rendere più difficile o inibire il raggiungimento di tale consapevolezza. Inserire nella programmazione dell’attività didattica della scuola dell’Infanzia e soprattutto nell’ultimo anno, attività per l’acquisizione della consapevolezza fonologica mediante l’acquisizione di tutte le sottocomponenti di questo prerequisito, garantisce a tutti i bambini di essere cerebralmente pronti all’acquisizione delle abilità cognitive superiori che saranno l’obiettivo del grado scolastico successivo. Un’altra abilità metalinguistica basilare che deve essere raggiunta alla fine del percorso d’insegnamento della scuola dell’Infanzia, è la capacità di operare trasformazioni all’interno delle parole, manipolando i suoni per formare parole diverse, quindi, aver raggiunto quella che viene definita la consapevolezza fonologica globale che permette di distinguere a livello percettivo globalmente (blending-fusione) i fonemi che compongono le parole e la consapevolezza fonologica analitica, cioè la capacità di comprendere che il suono globale della parola può essere suddiviso nei suoni che

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la formano (spelling-compitazione). Queste abilità sono tutte cruciali per l’acquisizione del sistema alfabetico che si basa sulla corrispondenza biunivoca tra fonema e grafema corrispondente, abilità alla base della capacità di codificare e decodificare i testi scritti. Prima abilità basilare per il raggiungimento della consapevolezza fonologica è, quindi, la capacità di percepire e distinguere uditivamente i fonemi in ogni posizione, per vicinanza con un altro fonema che potrebbe influenzare la percezione del fonema stesso. Il bambino deve saper distinguere suoni che hanno un’impostazione fonatoria simile per esempio f/v o t/d e che possono essere meno facilmente distinguibili. Le sillabe sono alla base dell’atto di parole ed è importante che il bambino comprenda che le parole nascono dalla combinazione di tali sillabe. Distinguere le sillabe che compongono le parole, manipolarle per costruire le parole o partire dalle sillabe stesse per ottenere le parole, sono abilità basilari per una consapevolezza della struttura della lingua che sia sicura, stabile e coerente alle abilità necessarie per una capacità di letto-scrittura competente, in grado di sostenere l’apprendimento futuro delle abilità cognitive superiori ad essa correlate. Nella scuola dell’Infanzia la consapevolezza fonologica è il risultato finale di un processo di apprendimento guidato, specificatamente indirizzato, che parte dalla divisione della frase nelle parole costituenti, porta alla delineazione della capacità di dividere le parole in sillabe e quindi in fonemi. Un percorso graduale che cura ogni sotto componente del prerequisito metalinguistico che è la consapevolezza fonologica. Un ulteriore campo di azione didattica mirata è l’acquisizione della memoria di lavoro fonologica, meccanismo cognitivo di base necessario per sostenere il raggiungimento della consapevolezza fonologica. La capacità di usare funzionalmente questo tipo di memoria non può essere una capacità implicita o che si raggiunge in maniera immediata o tramite l’imitazione, ma si ottiene solo attraverso attività di insegnamento organizzato e specifico che la attivino e la sviluppino. Per favorire l’esercizio della memoria fonologica è sufficiente fare esercizi per almeno 10 minuti più volte la settimana nel corso dell’attività didattica giornaliera. Esercizi che possono servire ad esempio e che possono dare il via alla creazione di nuove attività per stimolare la memoria di lavoro fonologica possono essere: - ripetizione di parole: pronunciare un elenco di parole che poi il bambino dovrà ripetere esattamente; - memoria di cifre e sequenze di cifre; - ricordo di non parole; - ricordo di frasi sia dotate di significato che prive di significato. Gli insegnanti della scuola dell’Infanzia non possono pensare che basti un’azione occasionale, saltuaria e improvvisata per l’instaurarsi di questo prerequisito, ma che è necessaria una programmazione cosciente, specifica e organizzata che ne veicoli e faciliti l’acquisizione per ogni bambino, rendendolo adatto e pronto agli apprendimenti successivi.

Il gesto grafico L’abilità di tracciare gesti grafici in modo coerente e funzionale alla scrittura si raggiunge mediante un percorso di attività ed esercizi che permettano di passare da azioni coscienti (atto grafico) ad attività automatiche, che costituiscono il vero e proprio gesto grafico. Per scrivere il bambino deve avere raggiunto una maturazione neuro motoria idonea della motricità fine e prassica, tale da essere adatto all’attività complessa dello scrivere che richiede il raggiungimento di molte sottoabilità come:

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la programmazione mentale; la rappresentazione simbolica; la capacità motoria; il controllo e adattamento del corpo alla scrittura controllata in piccoli spazi; l’uso preferenziale di una mano; il coordinamento occhio-mano; capacità d’organizzazione e di selezione dei movimenti; il controllo del gesto; la motivazione ad agire.

Altri prerequisiti dell’abilità di scrittura riguardano un adeguato sviluppo: -

della percezione visiva; dell’organizzazione spaziale e temporale e spazio-temporale insieme; dell’abilità di distinguere destra e sinistra; della conoscenza e rappresentazione dello schema corporeo; della coordinazione motoria, che comprende anche la coordinazione intra e inter emisferica; - della stabilizzazione della dominanza laterale; - delle abilità mnemoniche visive e di attenzione; - di un buon senso del ritmo. Infine, devono reputarsi necessari una buona impugnatura dello strumento di scrittura e una postura adeguata, che permettono di controllare il gesto grafico in maniera coerente. Scrivere è, dunque, un’abilità complessa, che si raggiunge in modo adeguato solo se si sviluppano tutte le sottoabilità e le sottocomponenti che la sostengono. Cosa avviene nel cervello quando dobbiamo trasformare il suono sentito (fonema) in un tratto grafico? Sono moltissime le aree e i network cerebrali che sono coinvolti in questo atto, il cui effetto finale è l’impulso dato ai motoneuroni del midollo spinale che viene trasferito ai muscoli della mano affinché si contraggano e traccino il gesto desiderato. Prima però molte aree si attivano per decidere per confronto, quale sia il gesto che dovrà essere tracciato. I processi mentali attivati sono molti e riguardano l’attivazione di complessi network cerebrali che collegano molte aree che svolgono compiti diversi: - la corteccia parietale per la rappresentazione spaziale; - la corteccia frontale per la finalità del movimento; - la corteccia parietale per il controllo e la preparazione dei movimenti; - l’area libica per la motivazione e l’interesse; - la corteccia motoria da cui derivano i movimenti fini, i movimenti distali, i movimenti veloci o lenti e poco ampi (controllati da specifici neuroni); - la corteccia pre-motoria che controlla e dà origine al gesto grafico, attraverso il segnale che trasferisce a svariati nervi per permettere il movimento verso destra (nervo mediano), i movimenti verso il basso (nervo ulnare), la fissazione del movimento (nervo radiale) e anche ai muscoli prossimali della mano, che adattano il movimento al foglio; - l’area motoria supplementare che inizia e organizza il programma motorio, la sua durata, l’attivazione dei muscoli flessori ed estensori delle dita e del pugno; - l’ippocampo: per la collocazione spaziale e per superare l’ambiguità nel riconoscimento di caratteri speculari come b/d; - il talamo che regola il verso del gesto di scrittura verso destra e ascendente; - il cervelletto che programma i movimenti e controlla il decorso grafico; - l’ipofisi che garantisce la modulazione dei tratti. Compito della scuola dell’Infanzia è di programmare attività didattiche mirate e specifiche all’adeguamento del sistema visivo, motorio e cognitivo all’abilità di traccia del gesto grafico.

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Verso i tre anni di età il bambino è in grado di produrre tratti circolari sempre con lo stesso verso, grazie al doppio controllo di spalla e mano. Tra i tre e i quattro anni riesce a invertire volontariamente l’inversione del tratto ed è quindi, in grado di tracciare i primi tratti grafici ( | \ / _ U O). Durante i cinque anni il sistema è maturo per un facile adattamento delle strutture allo svolgimento delle abilità necessarie per la scrittura, è pronto dal punto neurofisiologico ad apprendere tutte le sotto-abilità necessarie per divenire un bravo scrittore. Pronto all’apprendimento significa che esso deve essere attivato da un’azione che lo spinga a raggiungere le abilità, le eserciti, le adegui alle richieste sensoriali, cognitive e motorie che l’atto della scrittura richiede. I segni grafici che già il bambino di quattro anni sa tracciare in modo naturale e automatico, cioè senza esposizione alla cultura, devono passare da un atto spontaneo ad un atto controllato e specifico perché possano divenire la trascrizione scritta di una lingua, attraverso i segni che convenzionalmente corrispondono ai suoni della lingua orale. Questi segni sono stati definiti dal neuroscienziato Stanislas Dehaene (2009) con il termine di “protosegni”. Essi sono riconosciuti in maniera automatica dal sistema visivo primario, perché presenti in molte scene visive quindi, necessari per il riconoscimento di oggetti. Tali segni sarebbero riconosciuti in via diretta già dal sistema visivo delle scimmie antropomorfe, come gli studi di Kenji Tanaka hanno dimostrato (1993). Sarebbero questi i segni, che in via automatica, il cervello da primate riconosce e discrimina, i primi, quindi, che traccia. Dal loro assemblamento si originerebbero le “protolettere” (I L Y X O...) che permetterebbero al cervello di riconoscere elementi caratteristici del mondo reale. La scrittura di qualsiasi cultura da 5000 anni fa a oggi sarebbe stata costruita in relazione a tale capacità di riconoscimento del sistema visivo, attraverso tali segni. Da ciò ne deriva che compito della scuola dell’Infanzia è quello di rinforzare i meccanismi di “default” del cervello, di facilitare non solo il riconoscimento visivo, ma anche la loro traccia perchè sia coerente all’uso specifico della scrittura nello spazio bidimensionale del foglio e alle proporzioni spaziali ridottissime del rigo. Gli esercizi sui pregrafismi riguarderanno, allora, questi segni e il loro assemblaggio e non sarà necessario anticipare alcuna corrispondenza tra segno e gli eventuali fonemi corrispondenti, perché questo sarà un compito della scuola Primaria. Un altro sistema cognitivo molto importante per l’abilità dello scrivere è la memoria visiva che permette di evitare la confusione tra lettere e che controlla l’effetto della specularità, retaggio antico del nostro cervello da primate, che deve essere necessariamente spezzato per poter leggere correttamente le lettere visivamente speculari, ma con valore fonetico differente. Determinante è la memoria procedurale alla base del ricordo della forma dei tratti grafici, della dimensione dei tratti, della direzione, sequenza e disposizione spaziale dei tratti grafici. La scuola dell’Infanzia è il luogo specifico per attivare azioni didattiche e d’apprendimento che allenino la memoria visiva, la rafforzino e la rendano pronta. La capacità di distinguere lettere simili per forma, ma diverse per la disposizione spaziale (e/a s/z h/d) risiede nella corteccia occipito-temporale dell’emisfero sinistro, che integra l’esperienza visiva e l’organizzazione spaziale. Tali sistemi cerebrali della corteccia maturano più tardi degli altri, perciò l’analisi spaziale nel bambino ha bisogno di particolare sostegno e aiuto perché si sviluppi. Quando l’insegnamento della scrittura comincia su basi cerebralmente immature, perché non sviluppate a sufficienza in questa componente, possono sorgere errori di scrittura speculare o di gesto grafico con orientamento errato di singoli elementi. Un’altra importante funzionalità per la traccia dei gesti grafici coerenti, è la possibilità di una veloce relazione tra i due emisferi cerebrali e dei network cerebrali dello stesso emisfero. Ciascun emisfero interviene nelle differenti funzioni cooperando con l’altro, creando i collegamenti necessari tra i diversi network specializzati, sia all’interno di un emisfe-

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ro, sia tra le strutture cerebrali nei due emisferi, perché la funzione cognitiva richiesta si realizzi. Un network cerebrale può attivarsi per funzioni diverse, pur mantenendo la sua specializzazione per una specifica funzione. Il linguaggio è una delle capacità che usa network cerebrali sparsi in moltissime aree del cervello, non solo a livello corticale, ma anche in zone cerebrali di più antica origine. Alcuni percorsi cerebrali sono già pronti, geneticamente determinati, altri devono essere creati nel cervello, attraverso l’esperienza, forzando il cervello a utilizzare le sue strutture in modo differente. Spesso la funzione primaria non viene sostituita dalla nuova funzione, ma continua ad esistere, perché importante per la sopravvivenza. Le abilità della lettura e della scrittura sono abilità dovute ad un riuso di aree cerebrali: il riconoscimento delle lettere avviene “riciclando” le aree primarie della visione per il riconoscimento degli oggetti e scrivere richiede un uso di moltissime aree cerebrali che devono essere collegate. Un bambino di cinque o sei anni deve poter utilizzare i circuiti motori dei due emisferi e soprattutto dell’emisfero sinistro, che deve, però, avere raggiunto le necessaria specializzazione, attraverso l’esercizio di ognuno dei singoli network che necessitano alla funzione e dell’intero percorso cerebrale che deve essere utilizzato. Per tracciare i tratti grafici è necessaria la completa funzionalità dei settori anteriori della corteccia cerebrale, l’area pre-motoria, l’area motrice supplementare, che consentono di trasformare i movimenti in attività motoria organizzata e sequenziale. La corteccia premotoria controlla l’attività muscolare prossimale (spalla), la coordina con quella distale (braccio-dita) e garantisce l’orientamento e l’adattamento del movimento di scrittura alle dimensioni imposte dal foglio e dal rigo. La corteccia motoria primaria si attiva per il controllo dei movimenti fini delle dita per il controllo dei movimenti di scrittura definendo la rapidità o la lentezza del gesto di scrittura. L’area motrice supplementare inizia e organizza il programma motorio, la durata e determina il momento d’inizio del gesto di scrittura. L’attività d’insegnamento dovrà stimolare la creazione dei collegamenti tra gli emisferi per creare vie cerebrali e network motori che facilitino il passaggio delle informazioni. Ciò significa che bisogna attivare collegamenti senso motori precisi, che permettano il coordinamento della visione e del movimento, sia a livello fine che grosso motorio ed esercitare il cervello ad adattare le risposte motorie allo spazio di scrittura. Alcuni studi (Vanderwolf, 2007) hanno dimostrato che il controllo visivo è strettamente legato ai movimenti fini motori, mentre udito e olfatto sono direttamente correlabili a movimenti grosso-motori. L’attività fisica, inoltre, ha un forte impatto sull’abilità di memoria a lungo termine (Smith et al., 2010) e sulle funzioni cognitive superiori che permettono ad esempio, di programmare ed eseguire un compito (Chaddock, 2012). Diventa chiaro quindi, quale importanza rivesta una programmazione attenta e specifica di attività mirate allo sviluppo di tutte queste componenti, prima di giungere sul banco di scuola Primaria, dove al cervello del bambino viene richiesto di essere già pronto, adeguato, esercitato in tutte queste sotto abilità per accedere al livello superiore di competenza, che rende la scrittura mezzo di comunicazione. Nessuna di queste sotto-abilità può essere trascurata, ma deve essere curata con intenzionalità, con pazienza, attraverso un esercizio mirato e specifico. Questo è un obiettivo dell’azione didattica e d’insegnamento della scuola dell’Infanzia, un percorso di adeguamento da iniziare a tre anni e portare a compimento alla fine del terzo anno del percorso scolastico. Non bastano i primi dieci, quindici giorni di scuola Primaria per rendere funzionale il cervello agli scopi della scrittura, e la scuola dell’Infanzia è il grado d’insegnamento in cui si ha il tempo sufficiente per raggiungere l’adeguamento cerebrale necessario, in un periodo evolutivo della vita del bambino dove la struttura cerebrale è pronta e al massimo delle sue potenzialità di apprendimento.

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Il subitizing Il subitizing è la capacità immediata di apprezzare la numerosità di un gruppo di oggetti, cioè la capacità di dire, in modo istintivo, quanti sono gli oggetti in un gruppo, senza contarli. Esistono due tipi di subitizing: il subitizing percettivo, che è la capacità di riconoscere un numero, senza usare altri processi matematici; questo tipo di subitizing può coinvolgere meccanismi simili a quelli usati degli animali, che sono anch’essi in grado di collegare un numero percepito visivamente con un target uditivo (Gelman & Gallistel,1988). Anche i bambini di due anni mostrano tale abilità. Il subitizing percettivo ha un ruolo basilare che è quello di creare unità quando si conta. Ad esempio, quando il bambino conta sulla punta delle dita della mano, connette ognuna di queste unità con una sola parola-numero. L’altro tipo di subitizing è il subitizing concettuale, che ha un ruolo avanzato nell’organizzazione numerica. La persona che già “sa il numero”, dando un colpo d’occhio alla pedina del domino o alla faccia di un cubo, può farlo perché riconosce il numero modello come composto da parti e anche come numero intero; ad esempio, vedono un otto e due gruppi di quattro, cioè come unità di unità (Steffe & Cobb, 1988). I modelli numerici spaziali, come quelli del domino, sono una delle tipologie possibili per il subitizing concettuale, ma esistono anche i modelli temporali, cinestetici (come le dita), ritmici e spazio-uditivi. Creare e usare questi modelli attraverso l’uso del subitizing concettuale aiuta i bambini a sviluppare strategie per l’uso dei numeri astratti e le abilità matematiche. Modelli temporali si hanno quando si conta e si accompagna ritmicamente la conta con un battito, quando si usano le dita per fare le addizioni. I bambini che non possiedono la capacità del subitizing concettuale hanno difficoltà nei processi aritmetici superiori. I bambini usano il subitizing percettivo per creare unità per contare e per costruire la loro iniziale idea di cardinalità. L’abilità del subitizing concettuale invece, supporta lo sviluppo del concetto di numero e delle abilità matematiche e il subitizing per piccoli numeri è anche la base per costruire procedure più sofisticate con i numeri grandi. Quali fattori rendono difficile il raggiungimento dell’abilità del subitizing concettuale? L’ordine spaziale dei gruppi è una delle caratteristiche dei gruppi di oggetti che rende più o meno difficile il subitizing; di solito l’ordine rettangolare facilita rispetto a quello lineare, a quello circolare o all’ordine sparso. Quando si fanno esercitare bambini per il raggiungimento di questa abilità, bisogna evitare scelte grafiche che potrebbero inibire l’abilità stessa, ad esempio, usando immagini complesse che riproducono oggetti, mentre è preferibile utilizzare immagini geometriche dai contorni semplici e netti. La mancanza di simmetria nella presentazione degli oggetti o l’organizzazione irregolare rendono anch’esse difficile il subitizing concettuale, aumentando la possibilità di compiere errori e incoraggiando il conteggio uno a uno. Molte attività possono promuovere il subitizing concettuale tra queste quella che possiamo definire con il termine di “immagine veloce”. Questa attività consiste nel mostrare una ad una una serie di carte che hanno dei punti disegnati su di esse, come se fossero le faccee di un dado. La carta viene mostrata velocemente e si chiede ai bambini di dire quanti punti vi erano disegnati. L’esposizione visiva deve essere molto veloce, giusto un colpo d’occhio. Non mancherà alla fantasia e alla creatività delle insegnanti inventare numerose attività come questa, che aiutino a mettere in atto il subitizing concettuale. Un’altra delle ragioni per cui queste attività sono valide è quella di essere funzionali allo sviluppo dell’immaginazione, infatti il subitizing concettuale è una componente della visualizzazione in tutte le sue forme. Queste attività possono aumentare la conoscenza degli studenti sia nella geometria,

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sia nello studio dei numeri combinando gli esercizi, per esempio mostrando delle carte con una figura geometrica e i bambini devono dire quanti sono i lati della figura. Il gioco delle immagini veloci coinvolge l’acquisizione anche del concetto di stima; mostrare del materiale che contiene un numero troppo grande di oggetti perché possa essere effettuato un conteggio e chiedere ai bambini di fare ua stima veloce sulla quantità, utililizzando il subitizing, esercita l’uso di strategie numeriche. Il modello per il subitizing può, come abbiamo visto, anche essere temporale, cinestetico, ritmico e spaziale uditivo. Un esempio di attività che collega modelli visivi a ritmici è quella di alzare un cartoncino con un certo numero di pallini disegnati e chiedere ai bambini di riprodurre il ritmo con un battito delle mani per ogni pallino. Utilizzare giochi che richiedano l’uso di dadi o di tessere del domino può essere un’attività molto divertente e funzionale per sviluppare il subitizing concettuale. È molto importante non pensare che questa competenza numerica di base sia scontata nei bambini, ma essa va appresa e utilizzata in maniera competente attraverso l’esercizio e l’esperienza mirata. Il subitizing inoltre, deve essere ritenuto come la base precoce per la capacità di compiere operazioni di addizione e di sottrazione, essa è un’abilità fondamentale per comprendere il numero e scoprirne le sue proprietà essenziali, come il principio di conservazione.

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COGNIZIONE E LINGUAGGIO SVILUPPPO COGNITIVO E INPUT LINGUISTICO NELLA PRIMA FASE DI SCOLARIZZAZIONE di Giuseppe Città (Cognitivista esperto in psicoliguistica neurocomputazionale, filosofo del linguaggio, membro del gruppo di ricerca “Cervello, Cognizione & Educazione) L’elemento critico dello sviluppo del linguaggio risiede nel fatto che questo è alla base della maggior parte dei compiti cognitivi, sociali ed emozionali connessi al successo scolastico. (Goldstein & Naglieri 2011)

Cognizione e sviluppo cognitivo Nell’ambito delle Scienze Cognitive fino a circa trent’anni fa, secondo la prospettiva teorica dominante in quel periodo (Chomsky, 1975; Fodor, 1975), la vita mentale umana veniva suddivisa in tre ambiti autonomi ed esclusivi: percezione, pensiero e azione. Secondo questa prospettiva la cognizione veniva ancorata strettamente al pensiero e veniva marcata come profondamente differente dalla percezione e dall’azione. In opposizione a questa visione le ricerche più recenti nel campo delle neuroscienze, delle neuroscienze cognitive, della psicologia e della robotica suggeriscono che la cognizione è profondamente radicata e inseparabile dai processi di percezione e azione (Smith et al. 2010, 1 ). A dire il vero, nonostante l’idea della netta cesura tra pensiero/cognizione, percezione e azione fosse dominante nell’ambito delle Scienze Cognitive di quel tempo, numerose erano le voci che la contrastavano e la più famosa tra queste era rappresentata dalla prospettiva di Jean Piaget. Secondo lo psicologo svizzero infatti la conoscenza/cognizione era piuttosto un processo di costruzione continua che ha origine da processi non strettamente cognitivi (Piaget 1952). Seguendo le linee guida di questa impostazione, dunque, la cognizione di ogni essere umano si potrebbe descrivere come un fenomeno articolato che viene fuori da un complesso gruppo di processi profondamente interrelati e in connessione col mondo (Smith 2005). Sarebbe più fecondo pensarla come un fenomeno, cioè, che emerge dalla correlazione tra pensiero, percezione e azione. Concepire la cognizione umana e il suo sviluppo in questi termini equivale a radicarla a delle peculiarità caratterizzanti. Equivale a connetterla strettamente: 1. alla capacità di costruire rappresentazioni e comportamenti utili al raggiungimento di obiettivi e scopi di svariato genere; 2. alla flessibilità, e nello stesso tempo alla solidità, dei processi di apprendimento che a loro volta sono inseriti in contesti sociali svariati ed eterogenei. Quando si parla di cognizione, quindi, se ne ha una visione riduttiva se si fa riferimento esclusivamente ad un insieme di contenuti mentali statici legati alla realtà. In altri termini, sarebbe oltremodo riduttivo se venisse identificata con strutture cognitive rigide e astratte. Avere, dunque, un quadro completo dello sviluppo cognitivo di ogni essere umano implica il connettere la cognizione - forme e contenuti tramite i quali siamo in relazione con il mondo - alla comprensione e all’indagine dei contributi provenienti da quelli che in passato sono stati erroneamente classificati come sistemi non cognitivi. In altri termini, è necessario non perdere di vista la stretta relazione e la coordinazio-

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ne che esiste tra pensiero, percezione, azione e il rapporto che intercorre tra queste tre componenti e le altre abilità cognitive superiori quali ad esempio il linguaggio, la memoria, le emozioni e l’attenzione. È opportuno pensare la cognizione, dunque, come un processo che nasce in virtù della relazione tra elementi eterogenei che forniscono ciascuno il proprio apporto contribuendo a strutturare la manifestazione reale e maggiormente compiuta del processo cognitivo per eccellenza: l’intelligenza. Solo all’interno di questa prospettiva si può, con buona ragione, definire l’intelligenza umana come una flessibilità adattiva che ci permette di affrontare problematiche nuove integrando la stabilità dell’esperienza passata con i tratti specifici dei vari e numerosi contesti comunicativi in cui ci si imbatte quotidianamente (Colunga et al., 2008). Chiarita la natura multi-forme che caratterizza la cognizione umana, si focalizzerà nello specifico il rapporto che intercorre tra essa e una funzione cognitiva in particolare. Si focalizzerà lo sguardo sui contributi che l’acquisizione del linguaggio e lo sviluppo linguistico forniscono alla crescita cognitiva di ciascuno. Nello specifico si proverà a rispondere a tre interrogativi: • Che tipo di apporto fornisce al generale sviluppo cognitivo di un bambino l’acquisizione del linguaggio? • Come si articola, durante il primo periodo di scolarizzazione, lo sviluppo linguistico di un bambino? • Qual è il ruolo che ha l’input linguistico proveniente dalla figura dell’insegnante che, nel contesto comunicativo scolastico, assume a livello relazionale e a livello comunicativo un ruolo simile a quello che fino ad età prescolare viene svolto unicamente dai genitori? Gli effetti dell’apprendimento della lingua sullo sviluppo cognitivo Chiaramente l’uso del linguaggio è una tra le abilità cognitive di maggior rilievo sviluppate da un bambino. La conoscenza delle tappe fondamentali dell’acquisizione del linguaggio può essere di grande aiuto sia ad un livello di contesto familiare sia ad un livello di contesto educativo. Il linguaggio è un sistema complesso che implica e coinvolge diversi aspetti d’analisi legati tra loro ma, nello stesso tempo, ciascuno provvisto di tratti peculiari. I principali sono: l’aspetto fonologico, l’aspetto semantico, l’aspetto sintattico e l’aspetto pragmatico. In media i bambini acquisiscono la quasi totalità delle abilità legate a questi quattro macro-campi linguistici alla fine del loro nono anno di età. (1) L’aspetto della fonologia comprende i suoni della lingua. Generalmente i bambini sono in completo possesso dei suoni della propria lingua madre a partire dal loro ottavo-nono anno di vita. (2) L’aspetto semantico sostanzialmente riguarda l’area del significato delle parole. In riferimento a ciò i bambini già dal secondo anno di vita producono una media di circa 250 parole e dal sesto anno di vita essi hanno un vocabolario produttivo di circa 10.000 parole, anche se bisogna precisare che coloro che crescono in ambienti linguisticamente ricchi hanno un vocabolario produttivo più ampio rispetto a quei bambini che crescono in contesti linguistici molto più poveri. (3) Il terzo aspetto è relativo alla sintassi, alla struttura delle proposizioni. Man mano che i bambini procedono nel loro sviluppo linguistico essi iniziano ad usare proposizioni sempre più complesse: espressioni monoparola (dai 12 ai 18 mesi circa), espressioni composte mediamente da due-tre parole (18-30 mesi). Al termine del loro terzo anno di vita i bambini sono capaci di usare proposizioni complesse sia nella struttura sintattica che nell’articolazione semantica. In genere dal quinto anno di vita essi sono in pieno possesso delle regole della sintassi adulta, dove con l’espressione “regole della sintassi adulta” si intende la capacità di costruire proposizioni e insiemi di proposizioni di una certa complessità. (4) La quarta componente fondamentale, infine, è rappresentata dall’aspetto pragmatico che si occupa di capire, invece, come il linguaggio viene usato per comunicare con gli altri.

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Lo sviluppo linguistico nella fase prescolare Sin dalla nascita il linguaggio umano sembra essere il fulcro dal quale si dispiega lo sviluppo cognitivo. Esso appare, a pensarci bene, non come una funzione tra le altre ma come una funzione che pervade l’intero individuo e lo trasforma in un organismo verbale (Sacks, 1990). Esso è quel fenomeno che trasforma l’esperienza e consente di instaurare un rapporto con il mondo esercitando un’influenza diretta e in tempo reale sulla formazione delle categorie mentali del bambino (Yoshida e Smith 2001; Colunga 2006). Per comprendere l’effettiva portata dell’azione dell’acquisizione del linguaggio nell’evoluzione cognitiva di un bambino bisogna affrontare un esame del percorso di acquisizione del linguaggio relativo alla fase precedente al terzo anno di vita – fase prescolastica – che consegnerà al lettore un quadro dello status cognitivo-linguistico del bambino alle soglie del suo incontro con la scuola. La fase linguistica in questione oscilla in senso largo dai dodici ai trentasei mesi d’età. Questo stadio lo si può ulteriormente suddividere in almeno due fasi cruciali di cui la prima si innesta totalmente in età prescolare e in letteratura si indica con l’espressione «naming explosion». In genere ha luogo tra i dodici e i ventiquattro mesi d’età e interessa la crescita esponenziale dei nomi nel vocabolario produttivo del bambino. L’ultimo trimestre di questa tappa (21-24 mesi) è segnato dall’intensificarsi del fenomeno di crescita del vocabolario in quanto il bambino passa dal padroneggiare meno di 50 parole prima dei diciotto mesi al padroneggiare una media di 400 parole tra i venti e i ventuno mesi. Queste parole, inoltre, per circa il sessantacinque per cento sono semanticamente legate alla percezione sensoriale e pragmaticamente connesse alla sfera sociale ed affettiva più intima (Camaioni et al., 2002). È questo il periodo in cui avviene il maggior numero di ‘nascite di nuove parole’. Il periodo tardo di questa prima tappa coincide con la fase matura dell’esplosione del vocabolario e generalmente ci si riferisce ad esso con l’espressione “seconda esplosione”. Questo periodo (in senso ampio estendibile fino ai trentasei mesi) interessa l’apprendimento dei verbi e delle prime costruzioni di espressioni formate da più di una parola (due-tre parole in media). Pur tenendo conto della variabilità del ritmo di apprendimento e del modo in cui esso avviene, accade che a livello globale si registri l’innesco di quella che sarà la competenza morfosintattica e che in questo frangente si esplica appunto in prime combinazioni di parole, usate dal bambino in maniera conservativa in contesti simili a quelli in cui le ha apprese, all’interno delle quali, nonostante esse siano povere e brevi a livello produttivo, si comincia a delineare come centrale la relazione che intercorre tra il lessico e la nascente competenza grammaticale; si comincia a delineare, cioè, un processo graduale di grammaticalizzazione che ha come risultato finale, in età più matura, la costruzione di categorie linguistiche astratte. In questo periodo si registra una regolarizzazione nell’organizzazione della categoria lessicale dei nomi che dipende direttamente dall’azione congiunta di meccanismi percettivi e concettuali che contribuiscono a costruire una prima versione della rappresentazione linguistica degli oggetti del mondo e a comporre, inoltre, la rappresentazione che il bambino ha del proprio linguaggio.

Lo sviluppo linguistico nella prima fase di scolarizzazione Il processo di acquisizione del linguaggio tra i quattro e i sei anni si mostra come un fenomeno caratterizzato dalla multi-fattorialità sopra descritta e si contraddistingue per alcuni suoi tratti tipici di cui la grammaticalizzazione è la conseguenza diretta. In questa sezione, a differenza di quanto esposto nella precedente, si proverà ad evidenziare in particolare un tratto di influenza primaria dell’evoluzione linguistica del bambino. Si proverà a problematizzare la nozione di input linguistico e si mostrerà,

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dopo averne dato una definizione operativa, come esso diriga profondamente lo sviluppo cognitivo-linguistico di questa fase cruciale. Durante l’analisi di tale nozione, inoltre, emergerà ancor più chiaramente come solo un’azione congiunta tra le diverse componenti cognitive sopra menzionate (percezione, memoria, linguaggio, azione, attenzione, memoria) sotto i vari aspetti linguistici (fonologico, semantico, sintattico, pragmatico) riesce a render conto di una spiegazione esaustiva dello progresso cognitivo di ogni bambino. Nello specifico concentreremo l’attenzione (a) sulla natura dell’input linguistico rivolto al bambino dai genitori nel contesto familiare, e (b) sulla natura dell’input linguistico dell’insegnante che nel contesto comunicativo scolastico riveste una funzione similare a quella che in fase prescolare viene ricoperta esclusivamente dai componenti del nucleo familiare.

Il ruolo dell’input linguistico Con l’espressione “input linguistico” ci si riferisce in generale alla lingua a cui chi apprende è esposto e a partire dalla quale egli struttura la propria competenza. Volendo caratterizzare più specificamente questa definizione si può affermare che l’insieme dei singoli input linguistici, che in letteratura vengono indicati anche con l’espressione Child Directed Speech1 (CDS), rappresenta l’ambiente linguistico nel quale è immerso il bambino e da cui, sia livello di produzione sia livello di comprensione, ha origine la sua conoscenza linguistica. Esso è un elemento fondamentale e influenza in modo diretto - relativamente al primo periodo scolastico - la formazione delle categorie di linguaggio astratte (Huttenlocher 1998, Roy B. et al. 2009, Roy D. 2009). La scuola, infatti, rappresenta il primo contesto sociale dotato di stabilità e di organizzazione in cui il bambino, fuori dal proprio contesto familiare, si trova inserito. Grazie alla scuola, per la prima volta, il bambino si trova nelle condizioni di dover gestire relazioni linguistiche in due contesti sociali e comunicativi differenti, cosa che, sul piano della pragmatica del linguaggio implica importanti fattori. Allo scopo, quindi, di render chiaro tale sdoppiamento del contesto comunicativo, che il bambino vive nei suoi primi anni di scuola, scelta come età di riferimento il periodo compreso tra i quattro e i sei anni di età, procederemo con un’analisi differenziata dell’azione e dei tratti primari dell’input linguistico parentale da un lato e, dall’altro, con un esame dell’azione che esercita l’input linguistico dell’insegnante in parallelo a quello parentale.

Input linguistico parentale Durante il corso di queste disamine si mostrerà come determinate capacità di linguaggio, determinati aspetti di una lingua, si possono acquisire solo se il bambino viene in contatto con un input più complesso e articolato. Inoltre, a seconda della fase del processo di ontogenesi che si affronta e a seconda degli attori sociali in gioco si potranno trarre dall’input in questione peculiarità differenti. Accade difatti che differenti tratti della sintassi del linguaggio del bambino potrebbero mostrare una sensibilità a forme diverse di input linguistico in differenti fasi dello sviluppo. Nella fase che qui si sta prendendo in esame (quattro-sei anni), ad esempio, la produzione linguistica del bambino subisce un’inlfuenza diretta e massiccia da parte della maggiore o minore complessità delle espressioni che sente. Nello specifico, dopo i quattro anni la produzione linguistica del bambino subisce un’influenza diretta

1 Discorso rivolto al bambino.

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dal modo in cui i periodi e le proposizioni sono organizzati nell’input2. Ad esempio, più le espressioni rivolte al bambino saranno costituite da periodi logicamente stratificati più il bambino svilupperà la capacità di padroneggiare espressioni articolate. Dai quattro anni in su, nel flusso delle espressioni rivolte al bambino la complessità discorsiva - il modo in cui nel discorso sono legate tra loro le diverse proposizioni – risulta fattore di influenza primario e ha come risultato più evidente la capacità che il bambino acquisisce di connettere le frasi tra loro in modo più o meno stratificato. Ad esempio, se il bambino verrà esposto ad un input linguistico in cui il numero delle proposizioni subordinate è maggiore del numero delle proposizioni coordinate e relative si avrà che la composizione logica delle espressioni complesse la si ritroverà anche nel discorso del bambino (Huttenlocher et al., 2002). Dall’età di quattro anni, dunque, la comprensione delle espressioni complesse, come d’altra parte la produzione delle stesse, è collegata in maniera proporzionale alla complessità delle proposizioni con le quali i genitori si rivolgono ai bambini. I risultati di numerosi esperimenti (Huttenlocher et al., 2002) mostrano una relazione ben precisa tra il linguaggio dei genitori e il linguaggio dei bambini in merito ad alcuni aspetti sintattici specifici: c’è un rapporto proporzionale tra il numero di sintagmi nominali utilizzati dal bambino nella costruzione delle proprie espressioni complesse e il numero di sintagmi nominali presenti nell’input linguistico3. Riepilogando, dall’input linguistico genitoriale il bambino deriva principalmente: • un lessico di base articolato; • una morfosintassi in costante sviluppo; • delle categorie linguistiche astratte in prima fase di costruzione.

Input linguistico scolastico Per completare il quadro è, però, necessario esaminare il modo in cui la scuola influisce tramite l’input linguistico dell’insegnante sullo sviluppo delle competenze cognitive-linguistiche del bambino. Il tratto peculiare che distingue nettamente l’input linguistico dell’insegnante dall’input parentale è da rintracciare nel fatto che l’abilità sintattica del bambino all’inizio del suo percorso scolastico non ha alcun rapporto con la sintassi del linguaggio dell’insegnante4. Questa reciproca mancanza di relazione iniziale permette di analizzare l’organizzazione dell’input dell’insegnante non come un fattore in connessione proporzionale con lo sviluppo linguistico del bambino ma come una cruciale e potente risorsa di sviluppo. Da studi specifici (Huttenlocher et al. 2002, p. 367), infatti, è emerso che le espressioni dell’insegnante sono un fattore critico per il grado di sviluppo della comprensione linguistica del bambino. Esse, oltre a rappresentare un linguaggio maggiormante standard costituiscono, un tipo di comunicazione pragmaticamente nuova per il bambino, costituiscono, cioè, 2 Durante la fase prescolare, in particolare durante l’esplosione del vocabolario, un carattere determinante dell’input linguistico sembra essere la frequenza con la quale elementi come i verbi ricorrono nel discorso dei genitori: il bambino tende ad usare maggiormente i verbi che ricorrono più frequentemente nel discorso che la madre gli rivolge (Naigles-Hoff, 2006). In sostanza, fino ai tre anni nel flusso dell’input rivolto al bambino la frequenza d’uso delle parole in determinati contesti risulta fattore di influenza primaria e ha come risultati maggiormente evidenti (a) l’incremento della quantità delle parole facenti parte del vocabolario produttivo del bambino; (b) l’acquisizione di elementari e telegrafiche composizioni di parole, usate dal bambino in contesti d’uso ristretti e affini a quelli di apprendimento, aventi in posizione saliente il verbo. 3 Con ‘sintagma nominale’ si indica una composizione di due o più elementi – a volte semplicemente un elemento linguistico – che costituisce un’unità sintattica avente una determinata funzione all’interno di una proposizione e la cui posizione di rilievo [la testa] è occupata da un nome (es. nella frase ‘Il gatto di Angela ha miagolato tutta la notte’, ‘Il gatto di Angela’ è il sintagma nominale della proposizione). 4 A differenza di quanto accade per la relazione linguistica madre-figlio, genitori-figli, in cui si può registrare e misurare quantitativamente l’accoppiamento strutturale tra espressioni della madre e del bambino che all’inizio della propria carriera linguistica ripete semplicemente gli schemi proposizionali presenti nell’input parentale.

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un tipo di comunicazione in cui le proporzioni tra gli attori in gioco mutano rispetto a quelle del contesto familiare. Per la prima volta il rapporto è uno/insegnante-molti/ bambini e non più il contrario come generalmente accade in famiglia. Proprio questo tipo di relazione detta la natura maggiormente standard dell’input linguistico che il bambino riceve da parte dell’interlocutore di riferimento. Il bambino si trova a dover affrontare uno sforzo cognitivo non indifferente che, coinvolgendolo in un determinato tipo di relazione, modifica anche la sua produzione linguistica. C’è una relazione di influenza diretta esercitata dall’organizzazione della struttura delle espressioni linguistiche dell’insegnante sull’evoluzione delle abilità sintattiche che il bambino mostra già dal suo primo anno di scuola. Abilità che sono legate alla comprensione e poi anche alla produzione di frasi legate tra loro secondo relazioni logico-sintattiche differenti: sintagmi, coordinazione, subordinazione, proposizioni relative. Ulteriore conferma di questa azione esercitata dall’input linguistico dell’insegnante sullo sviluppo cognitivo e linguistico del bambino ha origine dal fatto che quest’ultimo è profondamente sensibile alle variazioni interne allo stesso input. Diversi dati sperimentali (Bowers-Vasilyeva, 2011; Huttenlocher et al. 2002) mostrano che variazioni nella struttura e nell’organizzazione dell’input linguistico dirigono in maniera diversa lo sviluppo linguistico del bambino. Ciò risulta più chiaro soprattutto in riferimento all’incremento del vocabolario durante i primi anni scolastici. Intorno ai quattro-cinque anni, in relazione all’acquisizione di parole specifiche - termini di uso non comune e connessi a contesti d’uso particolari e non frequentementi - sono maggiormente avvantaggiati quei bambini la cui insegnante si rivolge loro per mezzo di espressioni logicamente articolate e lessicalmente ricche. Anche il numero globale di parole dell’insegnante, e non solo l’organizzazione logico-sintattica all’interno della quale tali termini ricorrono, raprresenta un tratto di influenza primaria della crescita lessicale del bambino in questa delicata fase del processo di sviluppo (Bowers-Vasilyeva, 2011). Inoltre, anche relativamente all’aspetto pragmatico, i guadagni cognitivi dovuti all’azione scolastica sono di grande rilievo. L’input linguistico a scuola lo si potrebbe definire, alla luce di quanto fin qui discusso, come un elemento cognitivo nuovo in un contesto relazionale nuovo. Dove il contesto relazionale è la palestra di ogni sviluppo cognitivo di cui lo sviluppo linguistico è parte. Quest’ultimo, inoltre, in quanto in co-azione con tutti gli altri sistemi cognitivi provvede a modificarli e ne viene modificato. Nei contesti relazionali entrano in gioco, infatti, processi attentivi, motori, emotivi oltre che linguistici e tutti insieme contribuiscono alla crescita cognitiva dell’individuo.

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Huttenlocher, J., Vasilyeva, M., Cymer-

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UN’ ESPERIENZA SPECIALE: “Il racconto di quattro comuni maestre”

Siamo quattro docenti di scuola dell’infanzia del II Circolo Didattico di San Cataldo e lavoriamo nel plesso “ Giovanni Paolo II”, dove abbiamo sperimentato e implementato, attraverso una costante attività di ricerca-azione, il metodo d’insegnamento “Libera…mente imparo”, che è il metodo che ormai adottiamo con la convinzione della sua adeguatezza e della sua consistenza scientifico-pedagogica. Tutto è cominciato quando, qualche anno fa siamo state invitate dalla nostra Dirigente a partecipare ad un corso di formazione sull’innovazione didattica tenuto dalla Dott. ssa Lucia Collerone. L’entusiasmo, il “cuore” con cui ci ha trasmesso la sua esperienza e le informazioni che ci ha fornito riguardo l’apprendimento, ci hanno invogliato a metterci in gioco per avviare la sperimentazione e dare ai bambini la possibilità di svolgere attività che pur rimanendo ludiche, arrivassero a stimolare tutte le loro abilità cognitive, rendendoli pronti all’apprendimento delle abilità accademiche, senza anticipazioni, ma mettendo particolare cura nello sviluppo dei prerequisiti necessari all’ apprendimento della letto-scrittura. Sperimentare la nuova metodologia propostaci dalla Dott.ssa Lucia Collerone ci ha fatte crescere umanamente e professionalmente: quanto abbiamo imparato! La nostra attività di sperimentazione: - ci ha garantito un metodo di lavoro sistematico e di ricerca continua; - ci ha reso capaci di individuare precocemente le difficoltà degli alunni e di attivare percorsi per superarle; - ci ha permesso di ampliare la nostra “Programmazione”, arricchendola con ulteriori obiettivi e nuove attività; - ci ha portato ad adeguare alla nostra esperienza anche il sistema di valutazione adottato dalla nostra scuola, arricchendolo di traguardi di sviluppo e obiettivi formativi relativi all’acquisizione della consapevolezza fonologica. Il periodo della sperimentazione ha avuto anche qualche punto di debolezza: sicuramente la mancanza di confronto con altre realtà scolastiche; l’impossibilità di condividere i nostri dubbi e le nostre insicurezze con altri colleghi; infine la disinformazione e la preoccupazione dei genitori riguardo all’applicazione del nuovo metodo. Il successo ottenuto con la nostra attività di “Ricerca- azione” ha subito dimostrato la validità del metodo “Libera…mente imparo”, che permette a tutti i bambini di raggiungere ottime competenze, tanto che, successivamente, anche altre colleghe del nostro plesso hanno iniziato ad applicarlo nelle proprie sezioni. Ringraziamo la nostra Dirigente Dott.ssa Calogera Duminuco, da sempre aperta a tutte le iniziative che migliorano le competenze degli insegnanti e arricchiscono la didattica, non solo perchè ha appoggiato con entusiasmo la nostra scelta di insegnamento, ma anche perché si è impegnata ad organizzare per i genitori incontri formativi, al fine di informarli sulla validità della nuova metodologia e dissipare così ogni dubbio. Soddisfatte del nostro lavoro, ci auguriamo che la nostra guida didattica possa essere un valido aiuto per tutti gli insegnanti che vogliono intraprendere insieme ai bambini una nuova avventura. Giovanna, Tiziana, Maria Angela, Monica

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UN’ ESPERIENZA SPECIALE: “Il pensiero del Dirigente Scolastico”

Ormai da molti anni mi occupo di DSA. A vario titolo. Prima che come Dirigente Scolastico, come pedagogista e come docente; so troppo bene cosa dicono gli occhi persi e impauriti di un bambino che non “sa leggere” e che deve anche sopportare i rimproveri di chi lo accusa di “impegnarsi poco”: finisce per convincersi che è vero, che hanno ragione loro, che vale poco, che i suoi compagni sono certamente migliori di lui e che quindi tanto vale rassegnarsi, perché, comunque, non ce la farà mai! Con quest’esperienza si è sposata la convinzione che tra le funzioni fondamentali di un Dirigente Scolastico c’è la guida dell’ambiente di formazione, inteso come luogo cui ineriscono valori e significati tali da conferire senso alla attività dei docenti e di tutti gli operatori scolastici. L’ambiente di formazione è il vero motore della progettualità scolastica anche perché esso comprende la ricerca didattica come momento fondante della progettazione dei curricoli e comprende anche lo sviluppo della scuola come obiettivo per la realizzazione di un sempre più vasto servizio di comunità locale. La formazione è la leva strategica del cambiamento: essa sola può trasformare la scuola in “ordinario contesto di Ricerca” e proiettare l’educazione nella dimensione della personalizzazione autentica, che consente di offrire a tutti le stesse opportunità, perché dà a ciascuno ciò di cui ha bisogno. “Quest’esperienza speciale” nasce appunto così, da questi presupposti e dall’impegno, dalla disponibilità, dalla dedizione di quattro “maestre”, forse un po’ matte (“Ma chi ve lo fa fare? Non lavoriamo già abbastanza?....”), ma sicuramente speciali, perché innamorate dell’infanzia e capaci di farsi travolgere, ancora, dopo tanti anni, dall’entusiasmo e dalla voglia di mettersi in gioco. Non è facile rinunciare alle proprie certezze professionali, ma conosco molto bene Giovanna, Tiziana, Maria Angela e Monica: so che la loro onestà intellettuale e il loro impegno saranno utili a tanti bambini ed a tanti colleghi. Di questo voglio ringraziarle, come Dirigente e come nonna.

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Dott.ssa Calogera Duminuco


CONSAPEVOLEZZA FONOLOGICA

OBIETTIVO FINALE: Essere capace di concepire la lingua come una struttura composta da parole, sillabe e fonemi e riuscire a manipolarli. MATERIALI: bottoni, bollini, carta crespa, cerchi, tamburello, piume, carta velina, bolle di sapone, palloncini, girandole, immagini, pasta, quadratini, tappi, sassolini, costruzioni, pallottoliere, birilli, palline da tennis, tamburo, triangolo.

1. Giochi di respirazione ATTIVITA’ 1 Far sperimentare ai bambini la respirazione completa utilizzando carta velina (inspirazione) e bolle di sapone (espirazione).

ATTIVITA’ 2 Far sperimentare ai bambini il “soffio” utilizzando materiali diversi (girandole, pesciolini di carta velina, foglie secche, palloncini…).

ATTIVITA’ 3 In sezione, creare l’ambiente della fattoria con i giochi e simulare gli animali riproducendone i versi (zanzara: Z Z Z Z, cavallo: I I I I, farfalla: F F F F, mucca: M M M M, ventola V V V V …).

ATTIVITA’ 4 Dopo aver scoperto i suoni della natura, l’insegnante invita i bambini a riprodurli con la voce. In seguito scopriranno e riprodurranno con la voce i suoni e i rumori artificiali.

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ATTIVITA’ 5 Durante un’attività di drammatizzazione far scoprire ai bambini come alcune espressioni sonore cambiano di significato a seconda dell’intonazione: • Oh, Oh, Oh (noia), Oh, Oh, Oh (sorpresa); • Vieni? (invito), vieni! ( comando).

2. Giochi fonologici

ATTIVITA’ 1 Mostrare ai bambini delle immagini e dire loro di pronunciare la parola e poi creare con questa una o più frasi (frase minima).

ATTIVITA’ 2 L’insegnante mostra ai bambini prima due e poi più immagini, li invita ad inventare frasi gradualmente sempre più complesse, rappresentando le parole con bollini, pasta, bottoni, quadratini, tappi, …

ATTIVITA’ 3 Per stimolare i bambini ad inventare frasi si può utilizzare anche attività di mimica e drammatizzazione. L’insegnante mima un’azione, in seguito i bambini, a turno, inventano frasi e fanno, per ogni parola, un salto dentro ad un cerchio, realizzando così la segmentazione della frase in parole.

ATTIVITA’ 6 L’insegnante mette a disposizione dei bambini delle immagini di parole piane (parole formate da consonante-vocale); ciascun bambino prende un’immagine, la legge, la segmenta in sillabe, prima con il battito delle mani, poi saltando dentro ai cerchi.

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Infine conta il numero delle sillabe corrispondenti ai salti effettuati. Successivamente incolla l’immagine su un cartellone e rappresenta le sillabe incollando l’esatto numero di bollini.

ATTIVITA’ 7 Oltre ad effettuare la segmentazione sillabica con il battito delle mani e con i saltelli, si può dividere in sillabe la parola utilizzando oggetti vari: costruzioni, bottoni, sassolini, pasta,… L’attività supportata da questo tipo di materiale, non solo favorisce la discriminazione uditiva delle sillabe, ma permette anche al bambino di contarle.

ATTIVITA’ 8 L’insegnante predispone il gruppo sezione in circle time, pone al centro dell’aula una fila di cerchi e mostra ai bambini un cartellone con delle immagini di parole bisillabe e trisillabe. Invita un bambino a leggere un’immagine, a segmentare la parola in sillabe attraverso i salti dentro ai cerchi e ad individuare il numero esatto delle sillabe che compongono la parola. Infine il bambino incolla accanto all’immagine scelta il numero di bollini corrispondenti alle sillabe. Successivamente altri bambini eseguiranno allo stesso modo la segmentazione sillabica di altre parole. Quando il cartellone sarà completo i bambini conteranno i bollini relativi a ciascuna immagine e individueranno le parole lunghe (trisillabe) e le parole corte (bisillabe).

ATTIVITA’ 9 Dopo aver fatto esercitare i bambini nella segmentazione sillabica delle parole, l’insegnante li invita ad individuare la sillaba iniziale e la sillaba finale delle parole. Quando i bambini hanno acquisito sicurezza nel distinguerle, si può proporre il gioco del domino di sillabe. Successivamente l’insegnante propone loro di individuare anche la sillaba centrale. N.B. Per distinguere le sillabe iniziali, finali e centrali èopportuno attribuire ad esse uno stesso carattere connotativo, che può dipendere dalla forma, dal colore, dal materiale e può essere stabilito assieme ai bambini. Per esempio, per la sillaba centrale utilizzare sempre un quadratino al posto dei bottoni.

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Giocando con le parole l’insegnante offre ai bambini la possibilità di scoprire che esse possono cambiare aggiungendo un prefisso (dis-, pre,…) o un suffisso ( accrescitivo, diminutivo, vezzeggiativo, dispregiativo: Pallina, pallone); a tale scopo sono utili i cartelloni con immagini e la mimica. N.B. Queste attività sono funzionali alla creazione di RIME: (La bambina gioca con la pallina, il pallone cade nello scatolone…)

ATTIVITA’ 10 Per avviare i bambini alla discriminazione uditiva dei fonemi si propongono delle immagini di parole che iniziano con la stessa vocale (si inizia con le vocali e poi con le consonanti seguendo l’ordine stabilito dal libro operativo) e si invitano i bambini a leggerle, discriminandone il suono iniziale. Queste immagini vengono poi incollate su un cartellone per favorire la lettura spontanea. Nella discriminazione uditiva dei fonemi si possono invitare i bambini ad individuare non solo il suono iniziale delle parole, ma anche quello finale. Inoltre si propone ai bambini di scoprire la presenza del fonema individuato anche all’interno della parola. E’ opportuno associare attività creative, canti, poesie, scioglilingua, filastrocche per memorizzare i suoni di vocali e consonanti.

Un recinto di colore diverso per ogni vocale.

Drammatizziamo la fusione consonantevocale

Un burattino di colore diverso per ogni vocale.

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ATTIVITA’ 11 L’insegnante gioca con i bambini a segmentare le parole in fonemi, iniziando dalle parole piane bisillabe, per arrivare a quelle più complesse. In posizione di circle time, l’insegnante sceglie un’immagine, la fa leggere ai bambini e fa scoprire loro, attraverso domande-stimolo e input verbali, i suoni che la compongono. L’attività prosegue anche a livello motorio (per ogni fonema un salto, un passo, un battito di mani o di piedi…), con oggetti (costruzioni, pallottoliere, birilli, palline da tennis…) o strumenti musicali (per ogni fonema un colpo di tamburo, di triangolo…).

ATTIVITA’ 12 Per giungere alla fusione fonemica, l’insegnante mette a disposizione dei bambini alcune immagini, scandisce i fonemi di una parola e li invita a prendere l’immagine corrispondente. Successivamente l’insegnante propone la stessa attività senza l’ausilio delle immagini. Infine, si propone il gioco “Indovina la parola”: un bambino pronuncia i fonemi di una parola e invita i compagni ad indovinarla (F-A-T-A, FATA). N.B. Si possono associare alle consonanti e alle vocali oggetti e colori diversi.

ATTIVITA’ 13 Proporre attività di manipolazione dei fonemi, giocando a creare parole utilizzando il fonema finale di una parola (MELA - APE). Successivamente il bambino, dopo aver scelto un fonema contenuto in una parola lo utilizza per verbalizzarne un’altra (TOPO – PANE).

ATTIVITA’ 14 A livello operativo, per distinguere i suoni doppi all’interno di una parola, il bambino utilizza due oggetti uguali che si differenziano dagli altri. L’insegnante fa notare ai bambini come cambiano le parole togliendo uno dei fonemi doppi (NOTTE NOTE) o raddoppiandone uno (PALA-PALLA).

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ATTIVITA’ 15 L’insegnante, per i gruppi consonantici GN, SC, GL, fa notare ai bambini che il loro suono è composto da più fonemi pronunciati insieme; a tale scopo propone filastrocche, scioglilingua e canti che permettono ai bambini di esercitarsi nella pronuncia di questi suoni.

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PREGRAFISMI

OBIETTIVO FINALE: Controllare il gesto grafico SOTTOABILITA’: 1- PERCEZIONE E MEMORIA VISIVA 2- PREGRAFISMI MATERIALI: nastri colorati, lana, corde, bastoni, materiale amorfo, rulli, pennelli, colori, carta da pacco, pasta, automobiline, animaletti, frutta di stagione, immagini, carte.

PERCEZIONE E MEMORIA VISIVA

ATTIVITA’ 1 I bambini leggono su grandi cartelli le immagini di una storia. N.B. L’attività si effettua via via su spazi sempre più piccoli.

ATTIVITA’ 2 Invitare i bambini a leggere immagini seguendo la direzione da sinistra verso destra. N.B. Le immagini proposte saranno sempre più piccole fino ad arrivare alla dimensione del quadretto di un centimetro.

ATTIVITA’ 3 In palestra sperimentare percorsi realizzati con attrezzi diversi: • strisciare all’interno di un binario di circa 60 cm creato con le corde, senza toccarlo; • camminare all’interno di una strada di circa 30 cm, creata con bastoni senza toccarli; • gattonare su linee rette, curve, spezzate, realizzate sul pavimento

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con nastro adesivo colorato, aumentando gradualmente la difficoltà; • fare linee con le dita su sabbia, terra, farina, con la pasta

ATTIVITA’ 4 Creare un percorso stradale con incroci e deviazioni, dove è segnato il punto di partenza e il punto di arrivo. L’insegnante invita i bambini a turno a far percorrere la strada giusta a macchinine, animaletti, ecc…

ATTIVITA’ 5 L’insegnante dispone oggetti vari sulla cattedra secondo un ordine stabilito. Il bambino “copia” la stessa disposizione degli oggetti sul proprio tavolo di lavoro.

ATTIVITA’ 6 L’insegnante dispone su un piano, prima i bambini e poi degli oggetti. A turno i bambini “copiano” graficamente la stessa disposizione degli oggetti.

ATTIVITA’ 7 L’insegnante realizza due grandi tabelle su un grande foglio di carta da pacco; dispone nei riquadri della tabella superiore alcune immagini o piccoli oggetti. I bambini, a turno, collocano nelle caselle corrispondenti della tabella inferiore, le stesse immagini.

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ATTIVITA’ 8 In palestra l’insegnante invita un bambino a posizionarsi dentro un cerchio di fronte al grupposezione. I bambini vengono invitati ad assumere la stessa direzione del bambino-“modello”.

ATTIVITA’ 9 In sezione l’insegnante organizza giochi di direzione: • dispone delle automobiline (o animaletti) una dopo l’altra inserendone qualcuna nella direzione opposta. Ai bambini viene chiesto di individuare quale oggetto non segue la direzione. • Dispone un oggetto (modello) nella direzione scelta. L’insegnante invita i bambini a disporre altri oggetti nella stessa direzione. Subito dopo i bambini riproducono graficamente l’esperienza.

ATTIVITA’ 10 L’insegnante utilizza frutta di stagione: mela, pera, arancia, ananas, etc… tagliata in due parti e disposta dentro un cesto. I bambini devono trovare la parte simmetrica di ciascuna metà.

PREGRAFISMI

ATTIVITA’ 1 L’insegnante incolla sul pavimento delle linee e rette parallele con il nastro colorato. Invita i bambini a percorrere le linee, strisciando, camminando, gattonando, ecc... e infine a ripassarle con la mano e l’indice. Successivamente, in palestra, l’insegnante fa usare materiali vari per creare linee: nastri colorati, lana, corde, bastoni, ecc... In laboratorio creativo, l’insegnante invita i bambini a creare linee utilizzando materiale amorfo: pasta sale, plastilina, das, ecc… In un altro momento, con l’utilizzo di rulli, pennelli e colori, i bambini dipingono linee seguendo una direzione stabilita dall’insegnante (dall’alto verso il basso, da sinistra verso destra).

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ATTIVITA’ 2 Creare sul pavimento con nastro adesivo di due colori un reticolo fatto di linee orizzontali e verticali. L’insegnante invita due bambini a percorrere nelle due direzione due linee del reticolo, fino a quando si incontrano in un incrocio, sul quale incollano un bollino. A turno i bambini trovano tutti gli incroci.

ATTIVITA’ 3 Invitare i bambini a portare a scuola dei nastri di stoffa colorati. In attività di gruppo, a turno, tutti i bambini dispongono le strisce su un foglio di carta da pacco, in modo da realizzare un reticolo. La stessa attività si può proporre ai bambini facendo dipingere strisce orizzontali e verticali.

ATTIVITA’ 4 Dividere i bambini in due gruppi; far dipingere ad un gruppo strisce di cartoncino (oppure spaghetti, bastoncini, ecc, …) di colore verde e, all’altro, altre strisce di colore giallo. Successivamente ogni bambino incolla su foglio A4 le strisce colorate, in modo da realizzare un reticolo che abbia le strisce orizzontali gialle e quelle verticali verdi. Alla fine l’insegnante invita i bambini a trovare gli incroci e indicarli con una pallina di plastilina rossa (ovviamente i colori possono variare a piacere, importante che le rette perpendicolari e il punto di incrocio siano di colori contrastanti).

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PREREQUISITI LOGICO-MATEMATICI

OBIETTIVO FINALE: Esplorare la realtà, materiali e simboli; orientarsi nello spazio e nel tempo;compiere processi di associazione, astrazione, rappresentazione. SOTTOABILITÀ: 1. Forme geometriche. 2. Concetti topologici. 3. Successione temporale. 4. Classificazione - seriazione - corrispondenze. 5. Logica: relazioni, ipotesi, causa – effetto. 6. Insiemistica. 7. Registrazioni. 8. Counting. 9. Subitizing. 10. Concetti matematici. MATERIALI: Pallone, cerchio, corda, carta da pacco, tempera colorata, carta di giornale, materiale amorfo, fogli A3, bastoni, nastro adesivo colorato, grosse costruzioni, lacci, strisce, spaghetti, rocchetti, animaletti, perline, chiodini, piccola scopa, blocchi logici, forme di cartone, forme di legno, carte didattiche o da poker, frutti giocattolo, palloncini gonfiabili, regoli, mattoncini di legno, animali, matite colorate, flash-card, sassi, tappi, bicchieri di plastica, bottiglie, bottoni, lattine, cattedra, banco, sedia.

1. Forme geometriche

ATTIVITA’ 1 In palestra fare sperimentare ai bambini a turno la rotondità, facendoli aderire con il corpo alla superficie di un grosso pallone.

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ATTIVITA’ 2 In palestra i bambini creano con i loro corpi sdraiati sul pavimento la forma rotonda. L’insegnante successivamente segna con una corda una circonferenza intorno a loro. Infine i bambini, quando si alzano, scoprono di avere creato il cerchio.

ATTIVITA’ 3 In sezione far percorrere prima con la mano e poi con l’indice la circonferenza di un cerchio a tutti i bambini. In laboratorio creativo, poggiare un foglio di carta da pacco sul pavimento e ritagliare al centro un foro, dentro al quale si posiziona il bambino. L’insegnante lo invita a spalmare con piccola scopa la tempera colorata sul foglio, girando su se stesso.

ATTIVITA’ 4 In laboratorio creativo, usando carta di giornale, plastilina, das, ecc... far creare ai bambini palle di varie dimensioni.

ATTIVITA’ 5 In sezione, fare esercitare ad ogni bambino il movimento rotatorio del braccio e della mano, facendogli spalmare la tempera in senso antiorario, prima su cartellone e poi su foglio A3, per creare immagini rotonde: pomodoro, sole, guscio di lumaca, … N.B. Le attività sopra elencate vanno svolte seguendo un ordine graduale.

ATTIVITA’ 6 In palestra far sdraiare quattro bambini sul pavimento facendo creare loro la forma quadrata. Gli altri bambini osservano in cerchio. L’insegnante li chiama a turno per realizzare il perimetro della forma quadrata posizionando dei bastoni lungo i corpi dei compagni sdraiati. Alla fine l’insegnante fa verbalizzare ai bambini l’esperienza focalizzando l’attenzione sugli spigoli che si sono formati.

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ATTIVITA’ 7 In palestra creare sul pavimento un grande quadrato; i bambini sperimentano la forma quadrata prima con il corpo (strisciando, gattonando, camminando…) e poi posizionando oggetti lungo i lati (grosse costruzioni corde, bastoni…). N.B. Con le stesse attività si possono fare sperimentare ai bambini le altre forme: triangolo, rettangolo.

ATTIVITA’ 8 Creare con materiale di recupero (strisce, spaghetti, lacci, colori…) le forme geometriche su carta da pacco, fogli di carta A3…

ATTIVITA’ 9 Utilizzare il gioco dei chiodini, blocchi logici e altri giochi strutturati per dare l’opportunità di creare forme geometriche.

2. Concetti topologici

ATTIVITA’ 1 a. In palestra organizzare dei giochi per far acquisire ai bambini il concetto sopra-sotto: fare strisciare i bambini sotto una corda tesa all’altezza di 50 cm da terra. Successivamente fare scavalcare loro la stessa corda senza toccarla. b. In sezione, invece, l’insegnante suggerisce ai bambini di collocare se stessi o oggetti, messi a disposizione, sopra o sotto il tavolo, il banco, la sedia…

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ATTIVITA’ 2 In palestra predisporre tre cerchi in riga, a turno chiedere ai bambini di posizionarsi in mezzo o ai lati. Successivamente eseguire altre attività utilizzando, invece, oggetti da posizionare secondo le indicazioni suggerite dall’insegnante.

ATTIVITA’ 3 Far sperimentare ai bambini il concetto dentrofuori, facendoli passare dall’interno all’esterno della propria classe, di una grande scatola, di una forma tracciata sul pavimento… In palestra l’insegnante invita un gruppo di bambini a darsi la mano e formare un cerchio, gli altri bambini a turno giocheranno a stare dentro e fuori dal cerchio. Si può animare il gioco cantando una filastrocca adeguata. Si possono organizzare altri giochi con gli oggetti, invitando i bambini a posizionarli dentro-fuori un cerchio, una scatola, un contenitore, un armadio…

ATTIVITA’ 4 L’insegnante invita i bambini a disporsi uno dietro l’altro (trenino), a turno ciascuno si collocherà davanti o dietro il compagno indicato dall’insegnante. Si possono eseguire altre attività utilizzando come punto di riferimento gli arredi della sezione (davanti o dietro la cattedra, il banco, la sedia…).

ATTIVITA’ 5 Per l’acquisizione del concetto vicino-lontano l’insegnante organizza dei giochi in cortile invitando i bambini ad eseguire le indicazioni verbali o con supporto di oggetti (vicino allo scivolo, lontano dalla maestra….) Successivamente invitare i bambini a posizionare giochini oppure oggetti vicino o lontano da…

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3. Successione temporale

ATTIVITA’ 1 Sperimentiamo la successione temporale osservando con i bambini la trasformazione del ghiaccio in acqua, del seme in pianta... poi invitiamoli a verbalizzare l’esperienza ponendo l’attenzione sui diversi momenti vissuti.

ATTIVITA’ 2 All’interno del progetto di Ed. alimentare organizzare delle attività che danno l’opportunità ai bambini di sperimentare la successione temporale degli eventi, ad esempio: dall’uva al vino, dall’oliva all’olio, dall’arancia alla spremuta, dal latte al formaggio…

ATTIVITA’ 3 Creare in sezione dei cartelli circolari per scandire i momenti della giornata scolastica, della settimana, dei mesi, delle stagioni.

ATTIVITA’ 4 Invitare i bambini ad immaginare di essere tanti cavallini che, a secondo del ritmo del tamburello, devono andare al passo, al trotto, al galoppo. Una volta che i bambini hanno imparato a conoscere bene le differenze ritmiche si può proporre un percorso a terra da eseguire con il movimento. Per ogni ritmo un colore: rosso per il passo, blu per il trotto, giallo per il galoppo.

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ATTIVITA’ 5 Far acquisire ai bambini il concetto di successione ritmica organizzando dei giochi in cui i bambini si dispongono secondo il ritmo maschio-femmina, oppure far disporre loro in sequenza ritmica oggetti secondo la forma, il colore, la dimensione…

ATTIVITA’ 6 Utilizzare giochi (chiodini, costruzioni, rocchetti, animaletti, perline…) e materiale facilmente reperibile (pasta, cannucce, tappi di bottiglie, semi…) per inventare ritmi binari o ternari in relazione a forma o colore. Con i braccialetti realizzati a “ritmo di pasta” i bambini adornano l’ALBERO DEL RITMO.

4. Classificazione- seriazionecorrispondenze ATTIVITA’ 1 Creare l’occasione per far sperimentare ai bambini la classificazione durante il momento del riordino. Predisporre le ceste per la raccolta dei giochi sui tavoli, contrassegnandole con il gioco che devono contenere. I bambini riordinano i giochi mettendoli nella cesta corrispondente. Inoltre: - sperimentare la classificazione mettendo a disposizione dei bambini il materiale didattico (forbicine, matite, colori a matita, colori a cera, gomme…); - effettuare con i bambini classificazioni utilizzando criteri vari (colore, dimensione, tipologia…); - usare le forme geometriche (blocchi logici, forme di cartone, forme di legno…) per giocare a classificare.

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ATTIVITA’ 2 Sperimentare la seriazione (dal più piccolo al più grande, dal più basso al più alto, dal più corto al più lungo) utilizzando materiale da riciclo: sassi, tappi, bicchieri di plastica, bottiglie, bottoni, lattine. Successivamente i bambini sperimentano, a piccoli gruppi, la seriazione su loro stessi (dal più basso al più alto).

ATTIVITA’ 3 a. In palestra i bambini sono divisi in due gruppi, quelli del primo gruppo indossano il simbolo del fiore, gli altri il simbolo della farfalla. Al via dell’insegnante ogni bambino farfalla raggiungerà il bambino fiore sperimentando così la corrispondenza. Lo stesso gioco si può svolgere utilizzando altri simboli: tane-animali, colori-frutti. b. Si possono proporre attività di corrispondenza utilizzando oggetti di uso comune ( piattocucchiaio, foglio-matita, zaino-bambino…). Si può inoltre utilizzare materiale strutturato ( carte didattiche o da poker, dado numerico…) per creare corrispondenze tra quantità : c. In cerchio un bambino mette un numero stabilito di oggetti in un contenitore, un altro prende dal tavolo, dove sono state disposte le carte da gioco o che riproducono le facce di un dado, quella che indica la quantità corrispondente.

5. Logica: relazioni, ipotesi, causa – effetto

ATTIVITA’ 1 a. L’insegnante distribuisce ai bambini, seduti in cerchio, una flash-card ciascuno, poi ne mostra una presa dal suo contenitore; il bambino che ha la carta con la relazione logica corrispondente forma la coppia e verbalizza la sua scelta. b. L’insegnante mette a disposizione dei bambini delle carte con diverse immagini che abbiano possibili relazioni, invita i bambini ad abbinare due carte.

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c. L’insegnante invita i bambini a ritagliare da libri, riviste, giornali…, immagini legate da relazioni logiche; ogni bambino, dopo aver motivato la sua scelta, incollerà le sue immagini su un cartellone predisposto.

ATTIVITA’ 2 a. L’insegnante, durante il momento della conversazione collettiva, stimola i bambini a formulare ipotesi possibili su: previsioni del tempo, comportamenti, fenomeni naturali e scientifici (Se il cielo è nuvoloso…; se corro in sezione…; se attraverso la strada senza guardare…; se metto un semino sotto la terra…; se sento il suono della sirena…). b. L’insegnante crea la situazione-stimolo, organizzando la drammatizzazione di una storia con un piccolo gruppo di bambini. Ad un certo punto la drammatizzazione viene sospesa e l’insegnante invita i bambini spettatori a formulare ipotesi possibili sul proseguimento della storia. c. L’insegnante può dare l’opportunità ai bambini di formulare ipotesi mostrando delle immagini che rappresentano situazioni specifiche (macchina rotta…, fiore appassito…, ambulanza…, mela bucata…).

ATTIVITA’ 3 L’insegnante, approfitta di una situazione di vita quotidiana (giornata piovosa, bambini ammalati, pupazzo di neve sciolto…) per far scoprire, attraverso la conversazione, le cause o gli effetti di eventi. N.B. Per far acquisire il concetto di causaeffetto si possono organizzare altre attività: drammatizzazione, elaborazione di cartelloni in attività di gruppo, giochi strutturati.

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6. Insiemistica

ATTIVITA’ 1 In palestra, l’insegnante propone giochi per sperimentare il concetto di insieme: prima invita i bambini a muoversi liberamente nello spazio, poi ordina loro di formare il gruppo dei bambini e il gruppo delle bambine. L’insegnante con una corda racchiude in un cerchio ogni gruppo facendo notare che i due gruppi formati sono due insiemi.

ATTIVITA’ 2 L’insegnante, chiama alcuni bambini per nome (quattro maschi e una femmina) e li invita ad entrare in un cerchio realizzato con nastro colorato. Poi, si rivolge ai bambini stimolandoli a trovare l’elemento intruso. In seguito si possono utilizzare altre caratteristiche dei bambini (colore o lunghezza dei capelli, altezza, colore degli occhi, …) per esercitare la loro capacità di individuare l’elemento diverso.

ATTIVITA’ 3 In sezione, in posizione di circle time, l’insegnante organizza attività per rafforzare il concetto di insieme. Utilizzando cerchi colorati, invita i bambini a formare insiemi con oggetti della sezione secondo criteri stabiliti ( colore, forma, categoria, dimensione...). A tale scopo può essere utile l’attività di riordino dei giochi contrassegnando ogni contenitore con il simbolo del gioco che deve contenere.

ATTIVITA’ 4 L’insegnante offre materiale vario per creare insiemi da far confrontare secondo la quantità (VUOTO-MAGGIORE-MINORE-UGUALEEQUIPOTENTE )

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ATTIVITA’ 5 Per far apprendere il concetto di sottoinsieme ai bambini, l’insegnante dispone dentro un grande cerchio palline di vario colore e invita un bambino a racchiudere in un cerchio più piccolo solo le palline rosse. Si possono utilizzare altri elementi per creare insiemi e sottoinsiemi (tra gli animali le mucche, tra le matite colorate quelle gialle, tra i giochi della cucina le pentole…).

7. Registrazioni

ATTIVITA’ 1 Durante l’attività di routine i bambini individuano e contano i compagni assenti, registrandoli quotidianamente in una tabella o alla lavagna.

ATTIVITA’ 2 In sezione, dopo aver creato insiemi di oggetti, l’insegnante propone ai bambini di registrare la quantità degli elementi, ponendo sotto l’insieme un mattoncino per ogni elemento dell’insieme. Infine i bambini contano sia il numero dei mattoncini sia quello degli elementi.

ATTIVITA’ 3 L’insegnante usa dadi e carte da poker per giocare a contare e a registrare. I bambini sono disposti in cerchio, a turno uno di loro lancia il dado e prende la carta corrispondente e la incolla su un cartellone, dove effettuerà la registrazione della quantità, con un simbolo concordato (quadratino, bollino, triangoli…).

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8. Counting

ATTIVITA’ 1 In sezione, l’insegnante fa conoscere ai bambini i regoli e organizza con essi delle attività per avviarli a contare. Fa scegliere ad ogni bambino un regolo colorato e pone su un tavolo tutti quelli bianchi. A turno, ciascun bambino prende tanti regoli bianchi, quanti ne occorrono per ricoprire quello colorato. Infine, conta il numero dei regoli bianchi e attribuisce il valore numerico al regolo colorato. Si ripropone l’esperienza invitando i bambini a tracciare, sul foglio quadrettato, la sagoma dei regoli colorati e contare i quadretti al suo interno.

ATTIVITA’ 2 L’insegnante realizza con i bambini due gruppi di carte, in uno le quantità (da uno a dieci) sono rappresentate con bollini rossi, nell’altro con immagini varie (lune, stelle, pesci…) ma uguali nella stessa carta. Per iniziare l’attività si dispongono i bambini in cerchio, l’insegnante tiene in mano il gruppo di carte con i bollini, mentre le altre sono sparse su un tavolo. A turno i bambini pescano una carta tra quelle che ha in mano la maestra, conta i bollini rossi e cercano tra le carte con le immagini, quella con la quantità di elementi corrispondenti, formando la coppia.

ATTIVITA’ 3 L’insegnante organizza per i bambini il “gioco del fazzoletto”. Dispone i bambini in due file e consegna a ciascuno una collana con il cartellino su cui sono incollati i bollini rossi, disposti come nelle carte da gioco. L’insegnante si pone al centro delle due file e tiene in mano un fazzoletto colorato. Chiama un numero, i bambini che indossano la collana il cui cartello rappresenta il numero nominato dall’insegnante, corrono a prendere il fazzoletto che la maestra tiene alzato. Vince il bambino che riconosce per primo il numero “chiamato” dall’insegnante e afferra il fazzoletto.

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9. Subitizing

ATTIVITA’ 1 L’insegnante fa esercitare i bambini ad essere veloci nell’individuare le quantità. A tale scopo può indicare il numero con le dita o utilizzare il dado, le carte, gli oggetti permettendo così ai bambini, di acquisire la capacità di contare a colpo d’occhio.

10. Concetti matematici

ATTIVITA’ 1 L’insegnante organizza in sezione il gioco “il mercatino della frutta”. Un bambino svolge il ruolo del venditore e si dispone dietro il banco della frutta, gli altri bambini a turno, muniti di cestino, chiedono al venditore la frutta che desiderano, specificando la quantità e la tipologia (es. due mele + tre pere). Poi svuota il cestino, spiega ai compagni quale frutta ha acquistato e quanta di ogni tipo. Il gioco si conclude con la conta di tutti i frutti (somma).

ATTIVITA’ 2 L’insegnante sceglie quattro bambini, dà a ciascuno un palloncino gonfio e chiede al gruppo di contarli. Poi invita due di loro a scoppiare con i piedi il proprio palloncino. Infine domanda al gruppo quanti palloncini sono rimasti gonfi (differenza).

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SEZIONE CORPO OBIETTIVO FINALE: Aver consapevolezza del proprio corpo e della sua collocazione nello spazio. SOTTOABILITÀ: 1. Percezione globale e segmentaria. 2. Lateralità. 3. Controllo e coordinamento degli emisferi cerebrali. MATERIALI: Telo grande, teli piccoli, palla gigante, mattarello, piume, batuffoli di ovatta, pennello da trucco, fazzolettini, foulard, carta da pacco, pennelli, tempere, tappeto di erba sintetica, cuscini, foglie secche, specchio, scatole di cartone, materiale amorfo, costruzioni, bottoni, mattoncini, cartoncino, stoffa, lana, feltro, foto, tavoli, clavette, bicchieri di plastica, corde, travi, carta crespa, riviste, card, cerchi…

1. Percezione globale e segmentaria

ATTIVITA’ 1 Per la percezione globale del corpo, in palestra, far distendere i bambini uno accanto all’altro in posizione supina. L’insegnante copre tutti i bambini con un telo molto grande e fa rotolare sui loro corpi una grossa palla. Alla fine dell’esperienza i bambini, in circle time, a turno raccontano le sensazioni provate. L’esperienza precedente si ripete individualmente con un telo più piccolo.L’insegnante fa rotolare una palla sul corpo di ogni bambino e si ferma sulle varie parti. Il bambino viene invitato a dire su quale parte del corpo viene percepita la palla (si possono adoperare materiali differenti: mattarello, clavette, …); infine su richiesta dell’insegnante il bambino scopre gradualmente la testa, le braccia, le gambe ecc...).

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ATTIVITA’ 2 In palestra creare un’atmosfera rilassante con musica di sottofondo. I bambini si distendono sui tappeti in posizione supina e l’insegnante li invita a chiudere gli occhi; poi fa percepire loro materiali soffici (piume, batuffoli di ovatta, pennelli da trucco, fazzolettino, veli, foulard…) sulle varie parti del corpo e li invita ad esprimere le loro sensazioni.

ATTIVITA’ 3 In palestra l’insegnante invita i bambini ad uno ad uno a distendersi in posizione supina su un foglio di carta da pacco e ne traccia la sagoma del corpo. Successivamente nel laboratorio creativo i bambini colorano con pennelli e tempere le loro sagome, fissate precedentemente alle pareti.

ATTIVITA’ 4 Si inizia il gioco con una filastrocca o con una canzoncina sulle mani. Poi, l’insegnante invita i bambini a dire a cosa servono le mani e a mimare delle azioni. Infine l’insegnante (bambino) spalma tempera colorata sui palmi delle mani dei bambini e propone di stampare le loro impronte.

ATTIVITA’ 5 L’insegnante spalma la tempera colorata sui piedi nudi dei bambini e li invita a camminare su un grande foglio di carta da pacco dove rimarranno impresse le loro orme. N.B. Per la percezione dei piedi si possono fare sperimentare ai bambini, a piedi nudi superfici diverse (tappeto di erba sintetica o di foglie secche, cuscini, pavimento…)

ATTIVITA’ 6 Per la percezione della testa e della schiena usare una scatola di cartone vuota da fare trasportare ai bambini sulle spalle come il guscio di una lumaca o da spingere in avanti con la testa strisciando a terra.

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ATTIVITA’ 7 L’insegnante invita i bambini a turno a guardarsi allo specchio e a tracciare con pennello e colore il viso e le sue parti.

ATTIVITA’ 8 I bambini uno di fronte all’altro seguono le indicazioni dell’insegnante che li invita a toccare ad uno ad uno le parti del viso sul compagno.

ATTIVITA’ 9 L’insegnante invita i bambini a costruire il corpo con materiale amorfo e non (plastilina, das, costruzioni, bottoni, mattoncini, pezzetti di cartoncino…)

ATTIVITA’ 10 L’insegnante fa colorare e poi ritagliare le parti del corpo precedentemente disegnate su cartoncino bianco. Infine invita i bambini ad assemblare le varie parti per ricostruire il corpo.

ATTIVITA’ 11 Preparare con della stoffa piegata in due sagome di corpo, impunturate con una apertura che permette il riempimento. L’insegnante invita i bambini a riempire la sagoma con bambagia o altro materiale morbido, dando loro l’opportunità di nominare via via le parti del corpo su cui operano. Infine l’insegnante propone ai bambini di completare le bambole con materiali vari (lana, feltro, bottoni…).

ATTIVITA’ 12 I bambini sono invitati a portare a scuola una foto che li ritrae per intero (dimensioni suggerite 30x20). L’insegnante ritaglia le foto del corpo secondo le tessere di un puzzle e consegna ad ogni bambino i pezzi della propria foto, invitandolo a ricomporla. Successivamente ogni bambino ricomporrà la foto di un compagno. In alternativa alla foto si possono usare immagini o disegni.

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ATTIVITA’ 13 In palestra l’insegnante mostra ai bambini progressivamente dei cartelli che rappresentano i movimenti del corpo: camminare, correre, saltare, gattonare, ruotare,... I bambini imitano i movimenti osservati.

ATTIVITA’ 14 L’insegnante prepara dei percorsi motori utilizzando tavoli, clavette, mattoncini… e invita i bambini a turno a passare sotto il tavolo, sopra i mattoncini e a fare lo slalom tra le clavette tenendo in mano un bicchiere di plastica pieno d’acqua. Per esercitare l’equilibrio fare camminare i bambini su mattoncini, travi, corde…)

2. Lateralita’

ATTIVITA’ 1 In palestra, per terra o davanti allo specchio, l’insegnante copre ad ogni bambino metà corpo a partire dalla testa, con un telo o con un rotolo di carta crespa. Successivamente invita i bambini ad osservare e a nominare la parte scoperta. ATTIVITA’ 2 Dopo aver nominato tutti gli elementi della sezione a destra e a sinistra del corpo, eseguire dei giochi su indicazione dell’insegnante: “Con la mano destra tocca l’occhio destro” ; “alza il braccio e la gamba sinistra”… L’insegnante può contrassegnare la mano destra con un bollino o un nastrino legato al polso. Marciare, fare “il passo dell’oca” alternando braccia e gambe, camminare abbassandosi e toccando la punta dei piedi con la mano opposta e tanti altri esercizi in cui gli arti si incrociano, per favorire il coordinamento degli emisferi; invece esercizi omolaterali (cioè gamba e braccio dello stesso lato del corpo lavorano contemporaneamente) per potenziare i singoli emisferi.

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ATTIVITA’ 3 Proporre ai bambini altre attività: calciare, lanciare, afferrare, colpire, utilizzando alternativamente entrambi gli arti. Successivamente giocare con gli oggetti disponendoli a destra o a sinistra di un oggetto dato.

3. Controllo e coordinamento degli emisferi cerebrali

ATTIVITA’ 1 Sulla base di una filastrocca, i bambini posti uno di fronte all’altro, battono alternativamente le mani incrociando quelle del compagno.

ATTIVITA’ 2 In palestra, con attrezzi diversi, creare incroci tra gli arti. Per esempio: mano dx – spalla sx e viceversa; mano dx – ginocchio sx e viceversa; mano dx – occhio/orecchio sx e viceversa; gomito dx – ginocchio sx e viceversa. Proporre ai bambini di mimare azioni per creare incroci: suonare il violino (mano dx – braccio sx e viceversa); segnare goal (piede dx – porta sx e viceversa).

ATTIVITA’ 3 Per lo sviluppo della coordinazione oculomanuale sono utili i giochi come il lancio della palla o il gioco del bowling.

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