Enrico Fermi

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Fisico nucleare

ROFIL

Enrico Fermi

Enrico Zardini


PROFILI «Non c’è nulla da inventare, ma solo da scoprire e poi saper applicare»

Dr.Enrico Zardini

ENRICO FERMI

Zardini dott. Enrico Via Maion n°75 - Cortina d’Ampezzo (BL) www.enricozardini.it e-mail: zarenrico@gmail.com Tel 0436.866703 - Cel 336.494629


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Enrico Fermi

Enrico Fermi (Roma, 29 settembre 1901 – Chicago, 28 novembre 1954) è stato un fisico italiano, tra i più noti al mondo, principalmente per i suoi studi e contributi teorici e sperimentali nell'ambito della meccanica quantistica e più in generale in quella sottobranca della fisica atomica che è la fisica nucleare. I suoi studi e le sperimentazioni sul nucleare lo portarono ad una morte prematura, per cancro allo stomaco, all'età di soli 53 anni. Celebri sono tuttavia la sua teoria del decadimento β, la statistica quantistica di Fermi-Dirac, i risultati concernenti le interazioni nucleari. In suo onore venne dato il nome ad un elemento della tavola periodica, il Fermio (simbolo Fm). Il sottomultiplo del metro pari a 10? 15m (femtometro), che ha simbolo fm, in fisica atomica e nucleare viene comunemente chiamato fermi. Enrico Fermi progettò e guidò la costruzione del primo reattore nucleare a fissione, che produsse la prima reazione nucleare a catena controllata. Fu uno dei direttori tecnici del Progetto Manhattan, che portò alla realizzazione della bomba atomica nei laboratori di Los Alamos. È stato inoltre il primo ad interessarsi alle potenzialità delle simulazioni numeriche in ambito scientifico, nonché l'iniziatore di una fecondissima scuola di fisici, sia in Italia, sia negli Stati Uniti d'America. L'attività di Fermi si è manifestata in molti campi della fisica, ed egli è universalmente riconosciuto come uno dei più grandi scienziati di tutti i tempi. Nel 1938 ricevette il Premio Nobel per la fisica, per la sua identificazione di nuovi elementi della radioattività e la scoperta delle reazioni nucleari mediante neutroni lenti. Zardini dott. Enrico Via Maion n°75 - Cortina d’Ampezzo (BL) www.enricozardini.it e-mail: zarenrico@gmail.com Tel 0436.866703 - Cel 336.494629


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La scoperta della statistica delle particelle Nel periodo precedente ed antecedente a questa nomina, Fermi continuò ad interessarsi alla meccanica quantistica, ma come riporta lui stesso in una lettera all'amico Persico del 1925, non era convinto della nuova meccanica quantistica o cosiddetta meccanica delle matrici, sviluppata da Bohr, Heisenberg e Jordan. Fermi piuttosto, come riporta Emilio Segrè, si lasciò colpire dal lavoro di Schrödinger sulla meccanica ondulatoria. In questo periodo partendo da un lavoro di Born, in cui il formalismo di Schrödinger veniva usato per comprendere urti e diffusione fra le particelle insieme ad una prima interpretazione probabilistica della funzione d'onda, Fermi pubblicò un lavoro dal titolo Sulla meccanica ondulatoria dei processi d'urto. Finalmente nel dicembre 1925, Fermi scrisse il suo celebre lavoro Sulla quantizzazione del gas perfetto monoatomico, che venne presentato da Corbino alla Accademia dei Lincei e pubblicato in versione ampliata e completa su Zeitschrift für Physik. In questo lavoro Fermi formula per la prima volta la sua celebre equazione della statistica di FermiDirac a cui obbediscono le particelle elementari a spin semintero (chiamate in suo onore fermioni), che è oggi nota come statistica antisimmetrica Fermi-Dirac, dal nome dello scienziato inglese Paul Dirac, che seppur in ritardo di circa sei mesi rispetto a Fermi, giunse alle stesse conclusioni. In una lettera inviata da Fermi a Dirac, si legge: Zardini dott. Enrico Via Maion n°75 - Cortina d’Ampezzo (BL) www.enricozardini.it e-mail: zarenrico@gmail.com Tel 0436.866703 - Cel 336.494629


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« Caro Signore! Nel suo interessante lavoro, On the theory of quantum mechanics, ha proposto una teoria del gas ideale basata sul principio di esclusione di Pauli. Ora una teoria sul gas ideale che è praticamente identica alla sua è stata pubblicata da me all'inizio del 1926 (Zs. f. Phys. 36, p. 902, Lincei Rend. Febbraio 1926). Poiché immagino lei non ha visto il mio articolo mi permetto di attrarre la sua attenzione su di esso. Sinceramente suo Enrico Fermi. »

Teoria del decadimento β Due mesi dopo il convegno Solvay, Fermi pubblicò il suo celebre lavoro sulla teoria del decadimento beta dal titolo: Tentativo di una teoria dei raggi β. Rasetti ne ricostruisce così la genesi:

« Nell'autunno del 1933 Fermi ci mostrò un articolo che aveva meditato e scritto nelle prime ore del mattino da parecchi giorni, già in forma completa di tutti gli sviluppi matematici, su una teoria dell'emissione dei raggi β fondata sull'ipotesi di Pauli del neutrino, dalla quale si deducevano risultati precisi sulle caratteristiche quantitative del fenomeno. Poche teorie della fisica moderna sono state così originali, così feconde di risultati [...] come la teoria di Fermi dei raggi β che ancor oggi domina non più soltanto l'ordinario processo β (che rappresenta la trasformazione di un neutrone in un protone, con creazione di elettrone e neutrino) ma anche numerose trasformazioni di particelle instabili. » Zardini dott. Enrico Via Maion n°75 - Cortina d’Ampezzo (BL) www.enricozardini.it e-mail: zarenrico@gmail.com Tel 0436.866703 - Cel 336.494629


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Nella teoria di Fermi, egli riprendeva l'ipotesi di Pauli del neutrino, ed assunse che neutrone e protone fossero due stati differenti dello stesso oggetto, aggiungendo anche l'ipotesi che assumeva che l'elettrone espulso durante il procedimento di decadimento β non preesisteva nel nucleo prima di essere espulso, ma che veniva creato, insieme al neutrino nel processo di decadimento contestualmente alla trasformazione di un neutrone in un protone, analogamente a quello che avviene nella formazione di un quanto di luce che accompagna un salto quantico di un atomo. Per costruire la teoria del processo di decadimento beta, processo in cui il numero di particelle leggere non si conserva, Fermi ricorse al formalismo elaborato da Dirac all'interno della sua teoria quantistica della radiazione relativa all'interazione dell'elettrone con il corpo elettromagnetico. All'interno della sua teoria, Dirac descrive gli operatori di costruzione e distruzione che definiscono il processo di annichilimento o creazione di una particella una volta che abbia interagito con il campo elettromagnetico. Fermi dimostrò che così come l'interazione elettromagnetica produce la conversione di un fotone in una coppia elettrone-positrone, così l'interazione di Fermi, oggi chiamata interazione debole, produce la trasformazione di un neutrone in un protone (o viceversa), accompagnato dalla creazione di un elettrone e di un neutrino. Al fine di calcolare la probabilità con cui il processo avviene, Fermi costruì la funzione hamiltoniana più semplice e compatibile con le leggi di conservazione e di simmetria. La costante di grandezza che compare nell'hamiltoniana fu determinata da un confronto con dati sperimentali. Tale costante per l'interazione debole ha un significato analogo a quella della gravitazione. Zardini dott. Enrico Via Maion n°75 - Cortina d’Ampezzo (BL) www.enricozardini.it e-mail: zarenrico@gmail.com Tel 0436.866703 - Cel 336.494629


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Nel suo lavoro, rifiutato da Nature, ed accettato in seguito prima su Nuovo Cimento, e poi su Zeitschrifft für Physik, Fermi calcolò la vita media del decadimento β, l'energia spettrale dell'elettrone emesso e le cosiddette regole di selezione del processo. A proposito di questo lavoro, Segré ricorda:

« Fermi ci espose la sua teoria ad alcuni di noi durante una vacanza nell'inverno del 1933, in Val Gardena, dopo una giornata di sci [...]. Era pienamente consapevole dell'importanza del suo lavoro e disse che pensava che quello sarebbe stato il suo capolavoro, ricordato dalla posterità, certo il meglio di quanto aveva fatto fino ad allora. » La teoria di Fermi aprì un nuovo campo della fisica delle particelle elementari: la fisica delle interazioni deboli.

La scoperta dei neutroni lenti e della fissione nucleare Il gruppo di Fermi cominciò a lavorare sulla radioattività artificiale in seguito alla scoperta della stessa da parte di Irene Curie e suo marito Frederic Joliot nel gennaio del 1934. Nell'autunno del 1932 Fermi e Rasetti cominciarono con la costruzione degli strumenti necessari al fine di studiare la radioattività basata sull'esperienza fatta qualche mese prima da Rasetti al Kaiser Wilhelm Institut für Chemie a Berlino. Insieme costruirono una grande camera a nebbia ed uno spettrometro a cristalli per raggi γ e vari contatori Geiger-Müller.

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Al contrario di quanto fatto da Curie e Joliot, Fermi decise di bombardare i nuclei bersagli con neutroni (cariche neutre) anziché con particelle α (cariche positive). Utilizzando come sorgenti di neutroni radon e berillio, Fermi cominciò a bombardare gli elementi del sistema periodico in maniera sistematica, ma solo quando arrivò al fluoro ed all'alluminio, il suo contatore GeigerMüller segnò finalmente i primi conteggi. I primi risultati positivi vennero inviati alla rivista scientifica del CNR Ricerca Scientifica il 25 marzo del 1934, spiegati da Fermi come un nucleo che una volta soggetto a bersaglio assorbe un neutrone ed emette una particella α, dando luogo a un nuovo elemento radioattivo con numero atomico minore di 2 unità rispetto a quello di partenza. Fermi scrisse dieci articoli su questo tema, tutti con il titolo Radioattività provocata da bombardamento di neutroni N, con N da 1 a 10. Il gruppo di Fermi lavorò intensamente sulle nuove ricerche, e data la necessità di profonde conoscenze in chimica, decise di assumere Oscar d'Agostino, un chimico che si trovava a Parigi per approfondire le tecniche di radio chimica. Il lavoro procedeva speditamente e i risultati venivano, come detto, pubblicati immediatamente su "Ricerca Scientifica". In poco tempo vennero irradiati con neutroni circa 60 elementi ed almeno in 40 vennero identificati nuovi elementi radioattivi. Durante la fase di classificazione delle reazioni, il gruppo si accorse che i neutroni davano luogo alla formazione di nuovi nuclei radioattivi praticamente in tutti gli elementi irradiati, indipendentemente dal numero atomico.

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Scoprirono inoltre che nel caso di atomi leggeri, i radionuclidi prodotti avevano un numero atomico inferiore di una o due unità rispetto al nucleo iniziale mentre nel caso di elementi più pesanti i nuovi elementi erano isotopi del nucleo bombardato. I risultati vennero interpretati in termini di reazioni nucleari (n, p) o (n,α), ovvero in termini di altezza del potenziale elettrostatico che le particelle cariche (protoni o particelle α) emesse dai nuclei bersaglio devono attraversare, essendo il potenziale elettrostatico minore per atomi leggeri rispetto agli atomi pesanti. I risultati del gruppo di Fermi fecero presto il giro del mondo, e il loro successo può essere riassunto per esempio con le parole di Lord Ernest Rutherford, eminenza dell'epoca nel campo della fisica nucleare: « I suoi risultati sono di grande interesse e non dubito che in futuro saremo in grado di ottenere maggiori informazioni sul reale meccanismo di queste trasformazioni. Non è affatto certo che il processo sia così semplice come appare nelle osservazioni dei Joliot. Mi congratulo con lei per il successo della sua fuga dalla sfera della fisica teorica. Mi sembra proprio che lei abbia trovato un buon filone di ricerca per cominciare. Le può interessare sapere che anche il professor Dirac ha iniziato a fare alcuni esperimenti. Ciò sembra un buon augurio per il futuro della fisica teorica! Congratulazioni e i migliori auguri. [...] Continui ad inviarmi le sue pubblicazioni su questi argomenti. » Fermi e il suo gruppo proseguirono nella loro attività di bombardamento di tutti gli elementi della tavola periodica. Arrivati al numero 90 (torio) e al numero 92 (uranio), osservarono numerosi radionuclidi che erroneamente interpretarono come nuovi elementi. Zardini dott. Enrico Via Maion n°75 - Cortina d’Ampezzo (BL) www.enricozardini.it e-mail: zarenrico@gmail.com Tel 0436.866703 - Cel 336.494629


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La loro scoperta venne confermata dai maggiori fisici dell'epoca. I due nuovi elementi vennero denominati esperio e ausonio in onore di due antiche civiltà italiche. La scoperta, che nei piani di Fermi doveva rimanere segreta, venne invece subito resa pubblica da Corbino durante un discorso, dal titolo "Risultati e prospettive della fisica moderna, tenuto di fronte all'Accademia dei Lincei alla presenza del re Vittorio Emanuele III. Fermi era contrario a dichiarazioni sensazionalistiche ed era convinto che le spiegazioni da loro date fossero errate. Infatti ciò che il gruppo aveva scoperto non erano due nuovi elementi, ma si trattava della fissione dell'uranio, come fu suggerito dalla chimica tedesca Ida Noddack. Nella seconda metà del 1934, il gruppo decise di passare da uno studio qualitativo delle attività radioattive dei materiali ad uno quantitativo. Lo studio fu assegnato da Fermi ad Amaldi e a Bruno Pontecorvo che si era da poco unito al gruppo. Il primo obiettivo era quello di ottenere risultati ben riproducibili, ma i due si imbatterono in difficoltà enormi, dato che le proprietà dei vari metalli sembravano dipendere fortemente dai materiali su cui la sorgente di neutroni ed il campione irradiato venivano disposti. Per la mattina del 20 ottobre 1934 tutto era pronto per un esperimento sistematico per capire l'origine di questi strani fenomeni. Amaldi costruì il castelletto con pareti di piombo e ripeté le misure, collocando la sorgente e il campione d'argento da irradiare secondo varie disposizioni geometriche. L'esperimento consisteva nel bombardare con neutroni un bersaglio costituito da un campione di argento interponendo tra la fonte ed il bersaglio un cuneo di piombo allo scopo di distinguere i neutroni "assorbiti" da quelli "diffusi". In fisica, non sono rari i casi in cui scoperte e invenzioni sono il frutto del "caso fortuito", sotto il quale si cela l'intuizione, la creatività e l'ispirazione dell'autore. Zardini dott. Enrico Via Maion n°75 - Cortina d’Ampezzo (BL) www.enricozardini.it e-mail: zarenrico@gmail.com Tel 0436.866703 - Cel 336.494629


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Tra i tanti episodi di cui è costellata la storia della scienza uno dei meno noti, ma anche dei più eclatanti, avvenne proprio quella mattina del 20 ottobre 1934 e coinvolse Enrico Fermi durante le sue ricerche sulla radioattività artificiale indotta da neutroni. Fermi si trovava da solo nel laboratorio mentre i suoi collaboratori ed allievi erano impegnati in lezioni e sessioni d'esame. Impaziente ed irrequieto com'era, decise di avviare subito le procedure previste ma un istante prima di iniziare ebbe un'intuizione e sostituì il cuneo di piombo con un pezzo di paraffina. I risultati, e cioè l'induzione di radioattività artificiale, furono straordinari, ben oltre ogni più rosea previsione, del tutto inaspettati e, al momento, incomprensibili. Fu chiaro in seguito che il successo dell'esperimento si doveva proprio alla paraffina, sostanza ricca di idrogeno, cioè di protoni, che rallentavano i neutroni incidenti amplificando la loro efficacia nel determinare la radioattività artificiale. L'esperimento fu ripetuto, per conferma, sostituendo la paraffina con acqua, anch'essa ricca di protoni, ottenendo gli stessi risultati clamorosi. Emilio Segré ricorda

« In principio io credetti che un contatore si fosse semplicemente guastato e desse indicazioni arbitrarie come ogni tanto accadeva, ma non ci volle molto per convincere ciascuno di noi che la radioattività straordinariamente forte di cui eravamo testimoni era reale e risultava dal filtraggio delle radiazione primaria da parte della paraffina. [...] Andammo a casa a colazione e per la solita siesta ancora sorpresi e confusi dalle osservazioni della mattinata. Quando tornammo Fermi aveva già formulato un'ipotesi per spiegare l'azione della paraffina. » Zardini dott. Enrico Via Maion n°75 - Cortina d’Ampezzo (BL) www.enricozardini.it e-mail: zarenrico@gmail.com Tel 0436.866703 - Cel 336.494629


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Fermi giustificò immediatamente il tutto nel seguente modo: alla base di tutto stava la definizione di neutroni lenti. Infatti i neutroni venivano rallentati in una serie di urti elastici con i protoni della paraffina aumentando così la loro efficacia nel provocare la radioattività artificiale. Fermi dimostrò come la probabilità di cattura dei neutroni e di produzione delle reazioni nucleari aumentasse con la diminuzione della velocità dei neutroni, cosa inaspettata per l'epoca, visto che si credeva il contrario. Enrico Fermi vinse in seguito a questa scoperta il premio Nobel per la fisica nel 1938. Ma perché allora utilizzò proprio paraffina e perché ebbe questa intuizione apparentemente bizzarra, non è ancora oggi chiaro. Neppure il grande scienziato seppe trovare una risposta e certamente la persona più sorpresa di quella modifica fu proprio lui. Così Subrahmanyan Chandrasekhar, il famoso fisico teorico di origine indiana, ricorda la conversazione che ebbe con Fermi a questo proposito:

« Le racconterò come arrivai a fare la scoperta che credo sia la più importante della mia carriera. Stavamo lavorando molto intensamente sulla radioattività indotta dai neutroni e i risultati che stavamo ottenendo erano incomprensibili. Un giorno, appena arrivato in laboratorio, mi venne in testa che avrei dovuto esaminare l'effetto prodotto da un pezzo di piombo piazzato davanti ai neutroni incidenti. E, contrariamente alle mie abitudini, misi un grande impegno a preparare un pezzo di piombo lavorato con grande precisione. Ero chiaramente insoddisfatto di qualcosa: cercai ogni scusa per tentare di rinviare la disposizione di quel pezzo di piombo al suo posto. Quando finalmente con grande riluttanza stavo per collocarlo, mi dissi: «No! Non voglio questo pezzo di piombo, ciò che voglio è un pezzo di paraffina!». Zardini dott. Enrico Via Maion n°75 - Cortina d’Ampezzo (BL) www.enricozardini.it e-mail: zarenrico@gmail.com Tel 0436.866703 - Cel 336.494629


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Andò proprio così, senza nessuna premonizione e nessun precedente ragionamento conscio. Presi immediatamente un pezzo di paraffina che trovai sul momento a portata di mano e lo collocai dove avrebbe dovuto essere disposto il pezzo di piombo. » La sera stessa Fermi ed i suoi colleghi scrissero un breve articolo circa la scoperta per la rivista Ricerca scientifica. L'articolo venne intitolato Azione di sostanze idrogenate sulla radioattività provocata da neutroni I, in cui gli autori avanzarono come possibile spiegazione: « I neutroni per urti multipli contro nuclei di idrogeno, perdono rapidamente la propria energia. È plausibile che la sezione d'urto neutrone-protone cresca al calare dell'energia e può quindi pensarsi che dopo alcuni urti i neutroni vengano a muoversi in modo analogo alle molecole diffondentesi in un gas, eventualmente riducendosi fino ad avere solo l'energia cinetica competente all'agitazione termica. Si formerebbe così intorno alla sorgente qualcosa di simile a una soluzione di neutroni nell'acqua o nella paraffina. »

In seguito a tale scoperta, il gruppo riorganizzò le sue attività di ricerca decidendo di concentrarsi maggiormente sull'effetto dei neutroni lenti piuttosto che sullo studio dei radionuclidi prodotti. La prima ricerca fu di determinare quantitativamente il cosiddetto coefficiente di acquacità che determina di quanto, l'immersione in acqua di una sorgente e dei campioni sotto esame, aumentasse la radioattività artificiale. Gli esperimenti mostrarono che alcuni elementi avevano una cattura neutronica maggiore di un ordine di grandezza fra 3 e 4 volte maggiore della cosiddetta sezione d'urto geometrica dei nuclei irradiati. Zardini dott. Enrico Via Maion n°75 - Cortina d’Ampezzo (BL) www.enricozardini.it e-mail: zarenrico@gmail.com Tel 0436.866703 - Cel 336.494629


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Utilizzando la meccanica quantistica, Fermi riuscì a spiegare questo fenomeno, trovando una spiegazione per queste sezioni d'urto anomale e ricavando la legge generale della dipendenza dalla sezione d'urto di cattura dalla velocità dei neutroni incidenti, scoprendo così che, per velocità molto basse, la probabilità di cattura è inversamente proporzionale alla velocità.

Corbino convinse Fermi e i suoi ragazzi a brevettare il processo di produzione di sostanze radioattive artificiali mediante bombardamento di neutroni e l'aumento dell'efficienza del processo stesso dovuto all'uso dei neutroni lenti. Tale brevetto porta la data del 26.10.1935 e fu determinante per il successivo sviluppo dell'energia atomica. La attività del gruppo proseguì con la ricerca della comprensione del gran numero di attività indotte nel torio e nell'uranio. L'ipotesi su cui si basava la ricerca era che oltre al decadimento β ci fosse un secondo decadimento denominato α, con un'emissione di nuclei di elio. Amaldi venne incaricato da Fermi di procedere con gli esperimenti alla ricerca degli emettitori α, ricerca che fallì, a parte per il caso dell'uranio. Nell'estate del 1935, il gruppo cominciò a disperdersi. Rasetti si recò alla Columbia University. Segré fu anch'esso negli USA e, quando tornò in Italia, vinse la cattedra di fisica sperimentale a Palermo. D'Agostino lasciò il gruppo per andare al neo-costituito Istituto di Chimica del CNR. Pontecorvo partì per Parigi per lavorare con i Joliot-Curie. Majorana infine sparì. Con le parole di Amaldi « responsabilità di ciò era la situazione politica generale dell'Italia, dato che il paese si stava preparando alla guerra con l'Etiopia. » Zardini dott. Enrico Via Maion n°75 - Cortina d’Ampezzo (BL) www.enricozardini.it e-mail: zarenrico@gmail.com Tel 0436.866703 - Cel 336.494629


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Come reazione al pesante clima politico, i ritmi di lavoro divennero forsennati. Amaldi ricorda:

« Iniziavamo alle otto di mattina ed effettuavamo misure praticamente senza interruzione fino alle sei o sette di sera, e spesso anche più tardi. Eseguivamo le misure secondo una tabella di marcia cronometrica, dato che avevamo studiato il tempo minimo necessario per compiere tutte le operazioni. Le ripetevamo ogni tre o quattro minuti per ore e ore, e per tutti i giorni necessari per giungere a una conclusione su ogni punto particolare. Una volta risolto un dato problema, ne attaccavamo subito un altro senza alcuna interruzione o incertezza. La fisica come "soma" era l'espressione che utilizzavamo per parlare del nostro lavoro mentre la situazione generale in Italia si faceva sempre più cupa. »

Verso la fine del 1936 la situazione politica in Italia deteriorò ulteriormente in seguito al Patto d'Acciaio fra l'Italia fascista di Mussolini e la Germania nazista di Hitler. Il colpo del KO al gruppo arrivò il 23 gennaio del 1937, quando Corbino morì improvvisamente di polmonite. Fermi ne era il naturale successore alla guida dell'istituto di via Panisperna ma, attraverso manovre politiche, il professor Lo Surdo riuscì a prendere il posto del defunto Corbino. Il blocco di paraffina utilizzato da Fermi per il suo esperimento del 20 ottobre 1934, recante la sigla "Regio Istituto di Fisica" (RIF), è ancora oggi conservato nel museo del Dipartimento di Fisica dell'Università La Sapienza di Roma.

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Il prof. Edoardo Amaldi ebbe a dire durante la commemorazione tenuta a classi riunite il 12 marzo 1955 dall'Accademia dei Lincei:

« La sua opera scientifica è così poderosa e geniale, le conseguenze pratiche di alcuni dei suoi lavori sono così importanti e gravi che facilmente chi non abbia avuto la fortuna di conoscerlo è portato a farsi di lui un'immagine molto diversa dal vero. Solo i parenti e gli amici, solo coloro che l'hanno conosciuto sanno che, se da un lato era difficile separare in Enrico Fermi i vari aspetti di scienziato, di ricercatore, di maestro e di uomo, poiché intimamente fusi tra loro, d'altro canto la sua semplicità di gusti e di maniera di vivere, la sua calma serena di fronte ai problemi dalla vita, la sua mancanza di qualsiasi posa o stranezza di carattere furono qualità umane ancora più notevoli per il contrasto con le sue eccezionali qualità di scienziato. »

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