Atlante delle guerre e dei conflitti del mondo. X edizione

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ATLANTE

DELLE GUERRE E DEI CONFLITTI DEL MONDO

Decima edizione



ATLANTE DELLE GUERRE E DEI CONFLITTI DEL MONDO Decima edizione A Gino Strada. Grazie di tutto. A Patrick Zaky. Perdonaci di tutto.

Associazione 46° Parallelo


Segreteria Jessica Ognibeni Maddalena Recla Carlotta Zaccarelli

ATLANTE DELLE GUERRE E DEI CONFLITTI DEL MONDO DECIMA EDIZIONE Direttore Responsabile Raffaele Crocco In redazione Daniele Bellesi Lucia Frigo Elia Gerola Emanuele Giordana Alice Pistolesi Maurizio Sacchi Beatrice Taddei Saltini

Hanno collaborato Nikhil Acharya Paolo Affatato Giusy Baioni Laura Silvia Battaglia Giuliano Battiston Gianni Beretta Andrea Bernardi Daniele Biella Fabio Bucciarelli Maurizio Camin Paola Caridi Enrico Casale

Francesco Cavalli Edvard Cucek Davide Demichelis Andrea De Giorgio Maria Novella De Luca Alessandro De Pascale Teresa Di Mauro Marica Di Pierri Matteo Dominioni Danilo Elia Angelo Ferrari Marina Forti Federico Fossi Rosella Ideo Filippo Ivardi Paolo Lambruschi Martina Martelloni Marco Mezzera

Un ringraziamento speciale a: Lo staff del L'Osservatorio - ANVCG per la collaborazione e la disponibilità che dimostrano ogni volta

Riccardo Noury, Portavoce di Amnesty International

Redazione Associazione 46° Parallelo Via Salita dei Giardini, 2/4 38122 Trento info@atlanteguerre.it

Marica Di Pierri, Presidente Cdca

www.atlanteguerre.it

Giovanni Visone, Capo ufficio stampa Intersos

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Massimo Morello Riccardo Noury Enzo Nucci Andrea Pira Matteo Portigliatti Mario Raffaelli Alessandro Rocca Filippo Rossi Eric Salerno Diego Ibarra Sanchez Luciano Scalettari Nello Scavo Giovanni Scotto Cecilia Strada Giovanni Visone

Giovanni Scotto, Docente del corso di laurea Sviluppo economico, cooperazione internazionale, socio-sanitaria e gestione dei conflitti (SECI) e Laurea magistrale in scienze politiche (RISE) Il progetto, Tentativi di Pace, è stato realizzato con la collaborazione di studenti del SECI e del corso di laureain Scienze Politiche: Camilla Ballerini, Anna Bisignano, Rebecca Bonechi, Maria Lanteri, Francesca Romana Mollica, Sara Pieraccioni.

Progetto grafico ed impaginazione Daniele Bellesi Progetto grafico della copertina Daniele Bellesi

Testata registrata presso il Tribunale di Trento n° 1389RS del 10 luglio 2009 Tutti i diritti di copyright sono riservati ISSN: 2037-3279 ISBN-13: 978-8866816638 Finito di stampare nell'ottobre 2021 Grafiche Garattoni - Rimini

Foto di copertina Una barella sotto un affresco nel cortile dell'ospedale Pesenti Fenaroli di Alzano Lombardo il 16 marzo 2020. ©Fabio Bucciarelli www.fabiobucciarelli.com


Burkina Faso Camerun Ciad Etiopia Libia Mali Mozambico Niger Nigeria Repubblica Centrafricana Repubblica Democratica del Congo Sahara Occidentale Somalia Sudan Sudan del Sud

44 48 52 56 60 64 68 72 76 80 84 88 92 96 100

Afghanistan Filippine Iraq Kurdistan Myanmar Nagorno Karabakh Pakistan Pashtun Yemen/Arabia Saudita

124 128 132 136 140 144 148 152

Cipro Georgia Kosovo Ucraina

174 178 182 186

Israele/Palestina Libano Siria

200 204 208

40 41 42 43 104 41 110 111 112 113 114 120 121 122 123 156 170 171 172 173 190 196 197 198 199 212 213 215 217 221 225 229 233 237 239 241 242 243 244 245 246 247 248 253 254 255

Editoriale Raffaele Crocco Saluti Amministratori Introduzione Riccardo Noury Introduzione Marica Di Pierri Introduzione Giuseppe Castronovo Istruzioni per l’uso La Redazione La situazione Raffaele Crocco Emergenza Afghanistan Emanuele Giordana Guerra e finanza Fondazione Finanza Etica SPECIALE COVID19 Pandemia, vaccini, geopolitica e conflitti La Redazione La Pace difficile Anvcg Africa Una guerra per bande che uccide il diritto Amnesty International Religione e costruzione della Pace nel Sub Sahara Giovanni Scotto Locuste e sovranità alimentare in Africa orientale Cdca Covid-19 in Africa. Il disastro è socio-economico La Redazione SCHEDE AFRICA Situazioni di crisi Algeria - Burundi - Costa d'Avorio - Egitto Tunisia - Uganda - Zimbabwe America Arresti e negazionismo la cura per il Covid-19 Amnesty International Brezze di cambiamento ma restano le proteste Giovanni Scotto Amazzonia in fiamme: il caso del Brasile Cdca Il virus ha mostrato la fragilità dei sistemi La Redazione Situazioni di crisi Colombia - Haiti - Venezuela Macro Area Centro America Asia Il virus ha rafforzato i Governi autoritari Amnesty International Subcontinente indiano: un appello alla cooperazione Giovanni Scotto Cina: lo smog dichiara guerra alla popolazione Cdca Pechino usa il Covid-19 per creare consenso La Redazione SCHEDE ASIA Situazioni di crisi Macro Area Asia orientale: Cina e India Corea Nord/Corea Sud - Iran - Thailandia - Macro Area Asia centrale Europa Peggiorata la situazione di rifugiati e migranti Amnesty International L’Europa e le mine anti-uomo Giovanni Scotto L’eccezionale vulnerabilità climatica dell’Europa Cdca L’Europa compatta si affida ai vaccini La Redazione SCHEDE EUROPA Situazioni di crisi Bosnia - Irlanda del Nord - Macro Area post-sovietica Vicino Oriente Lo stato di emergenza tiene lontano il diritto Amnesty International Oltre la frammentazione per i diritti umani Giovanni Scotto Scarsità idrica in Medio Oriente Cdca Covid-19: crisi economica e diritti in picchiata La Redazione SCHEDE VICINO ORIENTE Le missioni Onu Nazioni Unite - I Caschi Blu Raffaele Crocco Vittime di guerra Federico Fossi Dossier Intersos Intersos Dossier Eserciti Raffaele Crocco Dossier Traffico Armi Alessandro De Pascale Dossier Nucleare Elia Gerola Dossier Migranti Cecilia Strada - Nello Scavo Presentazione Forum Città Elia Gerola PREMIO FOTOGRAFICO WARS SECONDA EDIZIONE Infografica - Atlante delle migrazioni Infografica - Atlante Missioni Onu Infografica - Atlante nucleare militare Infografica - Atlante violenza esplosiva Infografica - Atlante diritti umani e cambiamenti climatici Infografica - Atlante libertà di stampa Infografica - Atlante diritti e Covid-19 Gruppo di lavoro Glossario Fonti Ringraziamenti e altri saluti

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Indice

5 8 9 10 11 14 15 17 21 25 26 33


© Paolo Siccardi

In collaborazione con Idea e progetto Associazione 46° Parallelo Via Salita dei Giardini, 2/4 - 38122 Trento

Editrice AAM Terra Nuova S.r.l. Via Ponte di Mezzo, 1 - 50127 Firenze Tel. +39 055 3215729 info@aamterranuova.it www.aamterranuova.it

Edizione

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Associazione 46° Parallelo Via Salita dei Giardini, 2/4 - 38122 Trento info@atlanteguerre.it - www.atlanteguerre.it

Con il supporto di Con la collaborazione di Con il contributo di

Con il patrocinio del

Comune di Rovereto

Partecipano


Editoriale

Non è arrivato un Mondo migliore Il Covid-19 ha fatto crescere le ingiustizie

© Paolo Siccardi

Il Direttore Raffaele Crocco

La foto a pagina seguente è di © Laurence Geai Il 5 luglio 2017, i civili fuggono nella città vecchia di Mosul. I soldati delle forze speciali irachene (Icts) stanno cercando di verificare che nessuno indossi una cintura esplosiva. Gli uomini sono tutti nudi. Alcuni saranno sospettati di appartenere allo Stato Islamico e massacrati senza processo.

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I

numeri scorrono implacabili davanti agli occhi. Sono i quasi 4,5milioni di morti ufficiali a giugno 2021. Sono il miliardo di esseri umani che muoiono di fame. Sono i 270milioni di persone costrette a emigrare per cercare un senso alla loro vita. Sono i 2mila miliardi di dollari spesi per comperare armi. Sono i numeri di un Mondo che non vuole guarire e che nella grande pandemia da Covid-19 ha trovato nuove ingiustizie, nuove ragioni di conflitto e guerra. Avevamo qualche speranza. Pensavamo si potesse uscire migliori da questo lungo incubo. Poteva essere l’occasione per ridisegnare le nostre vite, le regole condivise, per imparare a non sfruttare l’ambiente, a non distruggerlo. Invece, siamo qui a fare i conti con una ricchezza distribuita peggio di prima, con i diritti e le democrazie schiacciate dalla “necessità di governare la crisi”. Il Mondo del 2021 continua a girare attorno a guerre e ingiustizie. Sono 34 quelle che abbiamo individuato. Troppe. L'Afghanistan proprio alla vigilia dell'uscita di questo volume è tornato a spaventare il Mondo. Il ritorno dei Talebani a Kabul è la prova di una tragica circolarità temporale delle guerre. Per tentare di esorcizzarle, di renderle inutili, quello che possiamo e dobbiamo continuare a fare è conoscerle, imparare a raccontarle, spiegare le ragioni che portano alla loro esistenza. In poche parole: dobbiamo fare informazione. La buona informazione, la giusta informazione è la base essenziale di ogni forma di cambiamento e di ogni democrazia. Non c’è democrazia senza informazione diffusa, libera, corretta, condivisa. È uno dei mattoni essenziali – gli altri sono il rispetto dei diritti umani individuali e collettivi, la distribuzione equa della ricchezza e l’uso corretto e sostenibile delle risorse – per la costruzione di un sistema di convivenza democratico. Questo poi, come in un gioco di costruzioni, diventa il cardine su cui realizzare la Pace, perché senza democrazia non ci può essere Pace. Perché, ormai ne siamo certi, la Pace non è semplicemente la fine di una guerra. È un sistema di vita e di relazioni. È l’essenza e il fine della storia dell’uomo. È – dovrebbe essere – la quotidianità nella quale cresciamo, prosperiamo, viviamo tutti, ovunque, sempre. Questa decima edizione dell’Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo è questo che fa: informa. Come ha sempre fatto in questi lunghi anni. Tesse la trama per rifondare, assieme ad altri, l’idea di Pace. Meglio: per creare una percezione reale di cosa deve essere la Pace. Senza incertezze, con chiarezza, restando di parte. Restando partigiani: sempre e comunque dalla parte della Pace e dei diritti umani.


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Saluti

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I

l 2020 è stato un anno segnato dalla pandemia da Covid-19 e per sempre assoceremo questo anno difficile alla malattia, così come resterà nella memoria di tutti la continua serie di dati relativi ai contagi, ai guariti, ai ricoverati, ai decessi… Tutto questo però rischia di ridurre questa tragedia, che si va ad aggiungere alle sofferenze che già affliggono molte nazioni del Mondo, a una lunga e sterile serie di numeri. La sofferenza però non è una variabile numerica: è una condizione in cui vivono quotidianamente milioni di donne e uomini in tutti e cinque i Continenti. Per questo mi fa davvero piacere che il Comune di Empoli possa offrire il suo contributo per la pubblicazione della decima edizione dell’Atlante delle guerre, per dare modo a tutti di approfondire e conoscere i conflitti, le loro cause e tutti i fenomeni che causano impoverimento e morte. Sono sicura che questi mesi complicati segneranno in tutti noi la consapevolezza che le nazioni e i popoli del Pianeta sono uniti dallo stesso destino, una malattia sviluppata in un Continente nel giro di qualche settimana è diventata un problema globale. Si comprende quindi perchè un’opera che ci illustra, che va oltre la semplice narrazione, le guerre, i conflitti, le migrazioni e le conseguenze dei cambiamenti climatici è più che mai attuale in questo nostro tempo dove tutti noi ci siamo scoperti deboli da soli, nella speranza che la vicinanza a chi soffre o ha sofferto in questi mesi, si traduca nell’apprezzare maggiormente chi quotidianamente si impegna a contrastare le diseguaglianze e le violenze verso i più deboli. Brenda Barnini Sindaco di Empoli


Introduzione

Il diritto alla salute è morto nel 2020

Il Covid-19 ha colpito chi era vulnerabile

Elisa Loncón

Riccardo Noury Portavoce Amnesty International

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I

l 2020 – l’anno cui fanno riferimento le introduzioni alle panoramiche regionali, la cui fonte è il Rapporto annuale di Amnesty International – ha visto una strage continua del diritto alla salute in ogni parte del Mondo. La pandemia ha colpito duramente e in modo sproporzionato gruppi vulnerabili anche a causa di politiche economiche e sociali che, già nello scorso decennio, avevano creato emarginazione e povertà e favorito, in nome dell’austerità, lo smantellamento di servizi fondamentali come quello della sanità pubblica. Leadership già dimostratesi inadeguate – come quelle di Trump negli Usa, di Bolsonaro in Brasile e di Modi in India – hanno dato il peggio di sé proprio durante l’emergenza sanitaria globale, mentre molti altri Governi hanno approfittato della pandemia per approvare leggi liberticide, liberarsi di oppositori e colpire giornalisti e operatori sanitari che denunciavano l’inadeguatezza delle politiche di contrasto alla diffusione del Covid-19. A una crisi globale sarebbe stato necessario rispondere con una solidarietà e una cooperazione a loro volta globali. L’accaparramento delle scorte di vaccini, l’egoismo delle aziende farmaceutiche che non hanno voluto cedere temporaneamente i brevetti, la debolezza delle iniziative internazionali – poco più che elemosina – stanno lasciando indietro buona parte del Mondo, la cui popolazione a questo ritmo sarà vaccinata entro la fine del 2024. Nei primi sei mesi del 2021, sono proseguite vecchie crisi dei diritti umani e ne sono sorte di nuove. Le politiche europee di contrasto all’immigrazione hanno causato un numero record di annegamenti nel Mediterraneo. Dopo un anno di applicazione della Legge sulla sicurezza nazionale, Hong Kong è diventata un deserto dei diritti umani, sempre più somigliante alla Cina continentale. Sono emerse prove sempre più terrificanti dell’impatto del conflitto del Tigrai sulla popolazione civile. L’elezione alla presidenza dell’Iran di Ebrahim Raisi, un uomo che dovrebbe rispondere alla giustizia internazionale di crimini contro l’umanità, non promette niente di buono. La “quarta guerra di Gaza” ha seguito lo stesso schema delle precedenti: provocazione da parte di Israele, lancio di razzi da Gaza, rappresaglia israeliana, cessate il fuoco promosso dall’Egitto, ricostruzione pagata dal Qatar. L’elemento nuovo, se possibile ancora più preoccupante, è stata e rimane la violenza intercomunitaria, all’interno di Israele, tra cittadini ebrei israeliani e cittadini palestinesi israeliani. Anche in Asia c’è stato un fatto purtroppo ricorrente: il colpo di Stato del primo febbraio in Myanmar, che ha provocato centinaia di morti e migliaia di arresti e torture. Mentre proseguivano, dimenticati, i vari “conflitti etnici”, nelle principali città birmane l’esercito golpista ha sparato contro i suoi cittadini, soprattutto i giovani – utilizzando peraltro anche proiettili made in Italy, finiti in suo possesso attraverso oscure triangolazioni. L’attivismo, soprattutto dei giovani, sembra tornato a essere quello del 2019, così come purtroppo anche la repressione che subisce. La militarizzazione della risposta alle proteste in Colombia ha provocato decine di morti e numerosissimi casi di tortura, anche di violenza sessuale nei confronti delle giovani manifestanti. Lo stesso sta accadendo in Africa, a Eswatini, l’ultima monarchia assoluta del Continente. È proprio il ritorno delle piazze a far sperare in un cambiamento, come nel 2019. Chiudo con una notizia dell’ultim’ora: all’inizio di luglio la mapuche Elisa Loncón è stata eletta presidente della Convenzione che dovrà riscrivere la Costituzione del Cile.


Introduzione

I cambiamenti climatici violano più diritti delle guerre Troppi i pericoli nel futuro dell'umanità

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C

he i cambiamenti climatici violino più diritti delle guerre è un dato consolidato e ormai noto ai più. La dimensione umana dell'emergenza climatica va assumento infatti una forma più chiara agli occhi di decisori politici, media e società civile a mano a mano che le cronache di eventi estremi e calamità si fanno più frequenti e gli allarmi della comunità scientifica più pressanti. Ignorarli è divenuto impossibile. Considerati e definiti “moltiplicatori di minacce”, i cambiamenti climatici sono sempre più spesso declinati in termini di violazioni dei diritti fondamentali. Le organizzazioni internazionali e gli organismi per i diritti umani, a partire dal Consiglio delle Nazioni Unite, hanno lavorato intensamente negli ultimi anni per riconoscere e specificare i molteplici nessi tra climate change e diritti. Avendo un impatto devastante sulla disponibilità di risorse naturali come acqua potabile e alimenti, gli stravolgimenti del clima si traducono in pericoli attuali e futuri che pendono sulla vita di persone, comunità, Stati e intere Regioni del Mondo. Questa minaccia, pur riguardando l'intero Pianeta, esplica i suoi effetti più drammatici in zone già fragili e su popolazioni vulnerabili dal punto di vista socio-economico. A livello globale, e in particolare nelle aree rurali del Sud del Mondo, la sussistenza di ben 1,6miliardi di persone dipende ancora, in tutto o in parte, dai beni e servizi ambientali forestali, ovvero dall'agricoltura familiare, dalla pesca, dalla raccolta di acqua per l'uso domestico. Tutte attività, queste, messe a dura prova dal processo di riscaldamento globale. Nel 2019, il Relatore Speciale delle Nazioni Unite su Povertà e Diritti umani Philip Alston ha parlato per la prima volta di “apartheid climatico”, prevedendo un avvenire distopico in cui le disuguaglianze peggioreranno ancora e gli impatti climatici si tradurranno in inesorabili e reiterate violazioni dei diritti fondamentali ai danni soprattutto dei meno abbienti. Il riscaldamento globale rischia dunque di vanificare mezzo secolo di progressi nella salute pubblica, nella sicurezza alimentare, nello sviluppo economico e nella riduzione della povertà. Queste evidenze rendono chiaro che oggi, per garantire il pieno godimento dei diritti umani fondamentali, occorre agire con radicalità e urgenza. Sembrerebbe un punto tacito e incontrovertibile, ma c'è un ma. Enorme: le misure in campo non sono adeguate. Gli impegni presi dai singoli Paesi nell'ambito dell'Accordo di Parigi, l'accordo globale sul contrasto al climate change, proiettano il Pianeta verso un aumento delle temperature medie a fine secolo superiore ai 3°C, il doppio della soglia di +1,5°C indicata dalla comunità scientifica come limite di sicurezza. È la ragione per cui la battaglia, da più parti agìta, per la giustizia climatica non può essere considerata un campo di rivendicazione puramente ecologista. Al contrario, è una lotta – contro il tempo – che parla il linguaggio dell'equità e dei diritti e dal cui successo dipende la sopravvivenza di tutti e tutte. Marica Di Pierri Direttrice Cdca Centro Documentazione Conflitti Ambientali


Introduzione

Sono i civili le vittime della guerra

La violenza colpisce chi non ha armi

©Maria Novella De Luca

Cav. di Gran Croce Giuseppe Castronovo Presidente Nazionale Anvcg

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S

econdo l’ultimo rapporto del Segretario Generale dell'Onu sulla Protezione dei civili, sono migliaia i civili che continuano a soffrire in modo sproporzionato le conseguenze dei conflitti armati, quali la morte, il ferimento, il trauma psicologico, la violenza sessuale e la distruzione delle infrastrutture critiche. A distanza di oltre vent’anni dalla Risoluzione 1265 (1999) del Consiglio di Sicurezza Onu che ha fissato i pilastri del tema della Protezione dei civili (PoC) nei conflitti armati, la popolazione civile continua quindi a essere la principale vittima della guerra. Purtroppo, il binomio guerra-pandemia ha aggravato il danno umanitario derivante dai conflitti armati ed esacerbato le vulnerabilità dei civili nei Paesi in conflitto, dove i sistemi sanitari sono vicini al collasso a causa dei continui attacchi alle strutture e al personale medico. In particolare, sono i bombardamenti nelle aree popolate a causare gravi sofferenze, che vanno ben oltre gli effetti diretti e immediati delle armi esplosive. La violenza esplosiva è, infatti, la principale causa dello sfollamento di migliaia di civili, oltre che del danneggiamento e della distruzione degli ospedali, delle reti idriche ed elettriche e delle infrastrutture di accesso. Solo nel 2020, oltre 50milioni di civili hanno vissuto il trauma della guerra nelle aree urbane, dove il rischio di subire effetti indiscriminati è altissimo. L’Associazione Nazionale delle Vittime Civili di Guerra (Anvcg), che mi onoro di presiedere per aver perso la vista all’età di nove anni a causa di un ordigno bellico, è nata nel 1943 per fornire assistenza alle tante vittime che la Seconda guerra mondiale ha causato sul territorio italiano. Ma oggi l’Anvcg, l’Ente morale che in Italia è preposto per legge alla rappresentanza e tutela delle vittime civili di guerra italiane, è attiva anche nella cooperazione internazionale per l’assistenza alle vittime di guerra e nell’advocacy per la tutela dei loro diritti nei conflitti armati. Così, allo scopo di ampliare la portata del suo impegno, l’Anvcg ha istituito al suo interno l’Osservatorio, un centro di ricerca sulle conseguenze dei conflitti armati sui civili, che documenta quotidianamente le violazioni dei diritti umani di massa, contribuendo a promuovere i principi del Diritto internazionale umanitario. È sempre con questo spirito che l’Anvcg è entrata a far parte dell’International Network on Explosive Weapons (Inew), coordinandone le iniziative in Italia e sostenendo l’adozione di una dichiarazione politica internazionale contro le armi esplosive nelle aree popolate. Quest’anno abbiamo rinnovato la nostra collaborazione con l’Associazione 46° Parallelo per curare la decima edizione de L’Atlante delle Guerre e dei conflitti nel Mondo in lingua italiana e in lingua inglese, al fine di ampliare i nostri orizzonti di ricerca e raccontare a un pubblico vasto il dramma delle vittime che oggi vivono le stesse sofferenze che noi abbiamo vissuto molti anni fa.


Algeria

Burundi

Costa d’Avorio

Egitto

Tunisia

6

7

8

9

10

11

12

13

14

15

Coree

12

Zimbabwe

Iran

Colombia

Thailandia

Haiti

Bosnia

10

libia

1 8

1

3 nigeria

8

9

Venezuela

Irlanda del Nord

MACRO AREE America

Asia Centrale

Europa Post Sovietica

MISSIONI ONU 1 2 3 4 UNTSO

UNMOGIP

UNFICYP

UNDOF

6

7

8

9

11

12

13

MINURSO

UNMISS

UNMIK

MINUSMA

UNAMID*

MINUSCA

MONUSCO

5

GUERRE 1 2 Burkina Faso

Camerun

3

10

13

14

15

25

26

27

UNIFIL

UNISFA

*UNAMID Chiusa il 1 dicembre 2020 ed è in fase di prelievo.

Somalia

Georgia

Sudan

Kosovo

14

5

niger

algeria

6

12

costa d’avorio

venezuela colombia

SITUAZIONI DI CRISI 5 1 2 3 4 Uganda

12 mali

GUERRE, MISSIONI ONU E SITUAZIONI DI CRISI

9

6

burkina faso

haiti

SITUAZIONE A GIUGNO 2021

sahara occidentale

tunisia

bosnia

irlanda del nord

15

Ciad

Sudan del Sud

Ucraina

5


uganda

2

13

corea nord/sud myanmar

20 13

filippine

cina/india/pacifico

afghanistan

nagorno karabakh

siria libano

23

11

2

thailandia

15

4

yemen/arabia

10/11

etiopia

sudan del sud

14

16

12 22

somalia

iran

18

29

21

pakistan/pashtun

israele/palestina

georgia iraq

egitto

sudan

10

17

6 2 7

13

mozambico

11

burundi

9

zimbawe

ciad

5

8

13

30

25

24 4

3

r.d. congo

rep. centrafricana

19

28

3

5

camerun

ucraina

26

kurdistan

7

cipro

kosovo

4

27

4

1

7

4

5

6

7

8

9

10

11

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16

17

18

19

20

21

22

23

24

28

29

30

Etiopia

Afghanistan

Israele Palestina

Libia

Filippine

Libano

Mali

Iraq

Siria

Mozambico

Kurdistan

Cina/India Pacifico

Niger

Myanmar

Nigeria

Nagorno Karabakh

Repubblica Centrafricana

Pakistan Pashtun

R.D. del Congo

Yemen Arabia Saud.

Sahara Occidentale

Cipro


Istruzioni per l'uso

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Piccola guida alla lettura della decima edizione Per la decima volta ci siamo: eccoci a premettere questa piccola “guida all’uso”, questo “libretto d’istruzioni” all’Atlante. Lo sapete, se ci seguite, sin dalla prima edizione. Spiegarvi le ragioni di alcune scelte, come si leggono parole e parti di questo volume ci è sempre sembrato giusto e utile. Ogni anno aggiungiamo qualcosa. Questo è un volume in perenne mutamento. In più, come ogni libro che parla di guerra e di Pace, è terribilmente politico. Così, le parole possono avere più significati. Possono essere interpretate, piegate, rielaborate per giustificare, spiegare, convincere. Questo vale anche per le scelte grafiche, le immagini, il tipo di carte geografiche. È un rischio reale, quello di essere fraintesi o mal interpretati. Giusto, quindi, entrarci dentro, raccontare le ragioni di alcune scelte, per fare in modo che chi legge sappia cosa si trova dinnanzi. Non a caso, in fondo al volume, a pagina 253, trovate uno spazio dedicato all’uso delle parole. Le abbiamo codificate, in modo da avvisare chi ci legge che noi le usiamo in quel modo e solo con quel significato. Ci pare da sempre un passaggio fondamentale per evitare ambiguità e interpretazioni sui fatti, che restano l’elemento base su cui lavoriamo. La scelta, se volete, non è scientifica e certamente qualcuno non sarà d’accordo su come usiamo le parole, ma tant’è: almeno stabiliamo un codice comune e lo condividiamo con voi. Per la parte più tecnica, partiamo dalle schede delle guerre. Sono appunto “schede di guerra” e raccontano Territori che, spesso, non sono esattamente Stati ma aree che stravolgono i confini. Per questa ragione, le carte geografiche e le diciture possono non rappresentare esattamente un Paese. In alcuni casi, poi, lo vedrete, abbiamo scelto di accorpare più zone: il caso più clamoroso, novità assoluta di quest’anno, è la scheda Cina-India che racchiude tutti gli scontri e i conflitti in atto nei due grandi Paesi asiatici. Al netto di queste eccezioni, riteniamo la forma grafica essenziale. Abbiamo scelto di dare a ogni guerra esattamente lo stesso spazio delle altre, il medesimo numero di pagine. Questo per evitare di creare una sorta di “classifica” d’importanza. È una visione “politica”: mettiamo tutte le guerre allo stesso livello. Per la stessa ragione abbiamo scelto di metterle in ordine alfabetico, per continente. Anche questo è un modo per renderle uguali. A premessa delle schede, là dove introduciamo i Continenti, restano gli approfondimenti di Amnesty e i tentativi di Pace curati dallo staff universitario del professor Scotto, a Firenze. Dalla precedente edizione, lo ricordiamo, la sezione dedicata alle aree di crisi non si chiama più "Inoltre", ma appunto "Situazioni di crisi". Questo per rendere più immediata la lettura. A dare una mano sono, come sempre, anche i vari dossier. Ancora: abbiamo scelto di usare la carta di Peters. Anche questa è una scelta politica, per chiarire la nostra visione del Mondo. Le foto che vedrete sono frutto di varie collaborazioni con agenzie e singoli fotografi, che hanno messo a disposizione i loro materiali. Infine, troverete o ritroverete i “Tentativi di Pace”, per raccontare ciò che di positivo si muove. Ci sono anche, di nuovo in fondo al volume, le infografiche generali, pensate per raccontarvi le molte cause che portano alle troppe guerre nel Mondo. Ci pare sia tutto. Come sempre, buona lettura.

La Redazione


La situazione Raffaele Crocco

Foto in alto © Luciano Scalettari

Una certezza si aggira sul Pianeta: dopo la pandemia da Coronavirus – questo il dato – tutto è ricominciato come prima. Se avevamo qualche speranza, bene, lasciamola cadere. Abbiamo ripreso a consumare risorse naturali, a distribuire male la ricchezza, ad assicurare poco i diritti esattamente come prima dell’arrivo del virus. Basta fare un viaggio tra i dati per capirlo. Cominciamo da un classico, da quell'Earth Overshoot Day che ci spiega quanto debito abbiamo nei confronti della Terra per l’uso che ne facciamo. Nel 2020, a lock-down generale in moto, avevamo per la prima volta ritardato di qualche settimana il giorno, arrivando al 22 agosto. Per la prima volta, tre settimane dopo il momento fissato l’anno precedente. Quest'anno, il giorno in cui la Terra ha esaurito le risorse naturali previste per tutto il 2021 è stato il 29 luglio. Prestissimo. Perché questo dato è importante, oltre che preoccupante? Perché l'Overshoot Day si calcola considerando l'impronta ecologica degli abitanti della Terra, cioè la quantità di superficie terrestre e acquatica biologicamente produttiva che serve a un individuo per produrre tutte le risorse che consuma e assorbire i rifiuti o le emissioni che produce. Si tratta in pratica delle “spese” che ognuno di noi ha ogni anno. Questo dato viene confrontato con la biocapacità globale, cioè la capacità del Pianeta di rigenerare risorse naturali per ogni suo abitante. Queste sono, come dire, "le entrate". La differenza fra le “spese” e le “entrate” genera, come in ogni famiglia o nelle aziende, un bilancio che può avere utili o perdite. Il nostro è sempre in perdita. Vero, non è facile, ma è importante capire il meccanismo: abbiamo nei confronti del Pianeta un debito permanente, che ci porta dritti al fallimento. Perché, anche in questo indebitamento generale, ritroviamo i fili dell’ingiustizia che genera conflitti e guerre. A generare il maggior debito ecologico, infatti, sono i Paesi più ricchi, che hanno però una minoranza della popolazione mondiale. Così, il 14% della popolazione benestante del Pianeta usa il 52% delle risorse rinnovabili disponibili. L’Overshoot Day diventa il segno di due problemi: quello ambientale e quello dell’ingiustizia planetaria. Ingiustizia che la pandemia da Covid-19 ha accentuato, accelerato. La gestione dell’epidemia ha comportato un impoverimento complessivo della popolazione mondiale. Il blocco delle frontiere (con il conseguente fermo delle rimesse degli emigrati), la chiusura temporanea o definitiva delle fabbriche per la produzione conto terzi, lo stop ai mercati informali hanno gettato nella miseria assoluta milioni di individui. Se non ci saranno interventi coerenti, la Banca Mondiale prevede che entro il 2030 oltre mezzo miliardo di persone in più vivranno in povertà, cioè con un reddito inferiore a 5,50 dollari al giorno.

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Troppe ingiustizie per sperare nella Pace


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ISBN-13: 978-8866816638 978-8866815242

99

788866 788866

815242 816638

€ 25,00 20,00


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