Guida Viaggia Vegan

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ITALIA - 2a edizione

GUIDA

MANGIA BUONO, BEVI BENE, DORMI MEGLIO VIVI FELICE

Un’intera sezione dedicata ai rifugi per animali


GUIDA VIAGGIA VEGAN Italia 2a edizione


NOTA DELL’AUTORE Questa guida è stata realizzata dall’associazione non profit Food Vibration. Mission dell’associazione è la promozione di una cultura gastronomica tanto superiore quanto più utilizza cibo Local, Organic, Veg ed Ecosostenibile: L.O.V.E. Local non è solo Km 0; è un sistema agricolo supportato da una comunità, in grado di essere di beneficio per la comunità stessa perché i consumatori entrano in contatto con gli agricoltori del posto e li sostengono, ottenendo in cambio cibo più fresco, un ambiente più pulito e informazioni fondamentali su tutta la filiera di produzione agricola. Organic sono quegli alimenti ottenuti senza additivi di sintesi e con le tecniche del tempo passato, prima dell’uso di quei prodotti della chimica moderna che è impossibile lavar via: pesticidi sintetici, funghicidi, disserbanti e fertilizzanti chimici. Veg è lo stile alimentare che genera meno violenza, perché rispetta gli altri animali, e che ha un impatto meno devastante sul Pianeta, al contrario degli allevamenti intensivi che sono tra i principali produttori di CO2. Ecosostenibile è quel comportamento degli individui teso ad un consumo controllato delle risorse, cosicché le generazioni successive possano contare sulla stessa quantità di risorse di quelle che le hanno precedute. Il progetto Viaggia Vegan aiuta le persone a conoscere le attività di turismo e ristorazione italiane vegan. Oltre alla presente guida è attivo un portale web www.viaggiavegan.it ed una APP omonima. I progetti dell’associazione sono possibili grazie a contributi volontari di persone, attività e aziende coerenti con l’etica vegan. All’interno della guida vengono segnalate oltre 500 strutture, oltre 150 delle quali vengono descritte e recensite dettagliatamente grazie alla loro preziosa collaborazione. Strutture che non hanno ritenuto opportuno dichiarare i loro dati L.O.V.E. con una scheda non sono state incluse. Se hai acquistato questa guida e pensi di aver scoperto un nuovo operatore, controlla sul portale, se è assente, contattaci inviando i dati necessari a web@ foodvibration.it; farai un favore a molte persone e la redazione ti omaggerà di una copia della guida!


COSA SIGNIFICA VEGAN? Il veganismo, a differenza del vegetarianesimo, ha una data di nascita ben stabilita, l’agosto del 1944 in Inghilterra, occasione durante la quale ne fu data una definizione precisa e ne furono illustrati i principi. Altre interpretazioni del veganesimo sono una forzatura oppure il tentativo di far combaciare un concetto, già bene espresso, a una propria idea. Ci riferiamo in particolare all’inconciliabilità di un comportamento violento da parte di coloro che desiderano definirsi vegan. Nessun fine, in questo caso, può giustificare dei mezzi che contraddicono il presupposto di benevolenza e altruismo che ha portato i creatori del veganesimo ad agire. In quell’agosto del 1944 Elsie Shirigley e Donald Watson formarono un gruppo di “vegetariani non consumatori di latticini”, da cui nacque la Vegan Society. (…) la parola veganismo denota una filosofia e un modo di vivere che cerca di escludere per quanto possibile e pratico tutte le forme di sfruttamento e la crudeltà nei confronti degli animali per il cibo, vestiti o qualsiasi altro scopo; e per estensione promuove lo sviluppo e l’utilizzo di alternative senza animali a beneficio di persone, animali e ambiente. In termini dietetici denota la pratica di escludere tutti i prodotti derivati interamente o in parte da animali. (…) Si desidera promuovere la conoscenza e l’interesse per la nutrizione sana, per aumentare il potenziale della terrà a vantaggio fisico, morale ed economico dell’umanità.


PREFAZIONE Simone Salvini, chef vegetariano vegano

Ho appreso studiando il pensiero di psicologi e storici della psicologia che l’intelligenza è per definizione quella facoltà per la quale ci adattiamo a seconda del luogo, del tempo e della circostanza. Il viaggio è un vero banco di prova per questa capacità umana, visto che ci porta lontano dalle nostre abitudini, in posti a noi estranei e in contatto con culture diverse dalla nostra: fuori dalla nostra zona di conforto, immersi in tesori da scoprire. Mi piace viaggiare, mi ha permesso di crescere come persona e come professionista. Tra le cose che non dimentico di mettere in valigia prima di partire (e vi consiglio di fare altrettanto!) ci sono flessibilità e apertura mentale, doti necessarie per sperimentare e apprezzare quello che ci viene offerto nei luoghi dove andiamo. È stato proprio grazie a questo bagaglio che in India, dove ho vissuto e lavorato, mi sono divertito nel provare ogni piatto che i cuochi locali mi proponevano, mettendo da parte le mie conoscenze, godendo appieno del momento e scoprendo novità. L’India è un paese affascinante, dove è nata la medicina ayurvedica nella quale mi sono specializzato, osservandone soprattutto i dettami alimentari, volti a promuovere la cucina vegetale. Tra le norme che essa prescrive, infatti, c’è anche quella di essere il più vicini possibile al mondo vegetariano: ottimi i cereali semintegrali, le verdure crude o cotte e i legumi, magari accompagnati con salse chutney agrodolci a base di frutta, verdure e spezie, in grado di aiutare la digestione, e preparazioni dolci per rasserenare i nervi. Latte vaccino e miele, ammessi in bassa percentuale, un tempo erano prodotti con metodi realmente rispettosi del benessere animale e lontano dagli inquinanti di oggi. Mai nessun alimento proveniente dall’uccisione di animali. Non è così per ogni parte del mondo, e allora ben venga una guida che ci indirizzi e ci aiuti a scovare i sempre più numerosi posti nei quali ci può essere qualcosa per noi. Sì, ho scritto “sempre più numerosi”. Non avete fatto caso anche voi che sempre di più le persone sono incuriosite e si informano sul vegan, magari senza aderire al movimento, ma comunque guardandolo con occhi benevoli e facendosi delle domande? Il tema è dibattuto in giornali, libri, televisione e radio; alcuni vedono in questa scelta una grande opportunità e altri una chiusura. E intanto il censimento alza la percentuale di chi sceglie il cruelty free. È un momento importante, di cambiamento, sta a noi il mostrare con


gentilezza la bellezza insita nella nostra scelta per far sì che, caduti i pregiudizi, vengano apprezzati i numerosi lati positivi di un’alimentazione 100% vegetale: nessuna privazione, ma tantissime possibilità! Mettendo da parte i soliti piatti oggi diffusi, possiamo divertirci in cucina abbinando alimenti provenienti dalla nostra o da altre aree del pianeta, (ri)valutare i legumi e i cereali meno noti come il miglio o il sorgo - e (ri)scoprire gusti e proprietà di ingredienti messi in secondo piano dal sistema commerciale perché meno convenienti, più difficoltosi da coltivare, da lavorare o da inscatolare. Nessun limite quindi, ma tanti stimoli e libertà. Più armonia con chi ci sta attorno, più leggerezza. Sarebbe importante che la cucina 100% vegetale, quella della Pace (che non perpetua violenza sugli animali, che non porta i popoli a farsi guerre per accaparrarsi maggior terreni e risorse, necessari per l’allevamento non ecosostenibile), si diffonda sempre più, magari anche grazie a un miglioramento dell’offerta, più presente e più appetibile. Ben venga il volume che state tenendo tra le mani, che riporta in questa seconda edizione esercenti virtuosi. Preferiteli e supportateli. Nella prossima edizione potrebbero essere il quadruplo o il quintuplo. Buona lettura e buon viaggio!


INTRODUZIONE Maurizio Pallante, scrittore e fondatore del Movimento Decrescita Felice

Negli anni Cinquanta del secolo scorso la possibilità di mettere a tavola regolarmente la carne era considerata dalle famiglie del popolo, come quella in cui sono nato, una conquista sociale, un miglioramento delle condizioni di vita e un riscatto rispetto alle ristrettezze in cui erano state costrette a vivere le generazioni precedenti. Pochissime erano le famiglie vegetariane. Non è facile staccarsi dalle abitudini alimentari del contesto familiare e sociale in cui si nasce, perché niente più del cibo contribuisce a connotare i legami di una popolazione col territorio da cui lo ricava, e i modi di cucinarlo in alcune scadenze dell’anno hanno un valore simbolico con una forte connotazione identitaria. Eppure nel corso degli ultimi decenni il numero delle persone che, rompendo le tradizioni del contesto sociale in cui sono vissute, hanno adottato una dieta vegetariana o vegana, è cresciuto e sta crescendo costantemente. Le vie per compiere questa scelta sono più d’una e ognuno comincia a percorrere quella che gli è più congeniale, ma strada facendo s’accorge dell’importanza delle altre e dei legami profondi che le interconnettono. C’è chi la fa per ragioni etiche, per un rispetto profondo di tutte le forme di vita. C’è chi la fa per ragioni salutistiche, a volte dopo aver sperimentato che un’alimentazione priva di proteine animali e a base di proteine vegetali è stata determinante per attenuare progressivamente fino alla guarigione una malattia cronica. C’è chi la fa per ragioni filosofiche basate sul rifiuto dell’antropocentrismo, non solo per la sua insostenibilità logica e scientifica, ma anche per la prevaricazione e la violenza che lo connotano e si riflettono anche nei rapporti con gli altri esseri umani. C’è chi la fa per ragioni sociali, perché la morte per denutrizione di una percentuale rilevante della popolazione mondiale è causata dal fatto che la metà dei terreni agricoli non vengono coltivati per alimentare gli esseri umani, ma per alimentare e allevare un numero sempre maggiore di animali di cui si alimenta una parte limitata della popolazione mondiale. Una intollerabile ingiustizia che si fonda su uno spreco altrettanto intollerabile, dal momento che l’efficienza con cui gli animali erbivori trasformano le proteine vegetali in proteine animali è molto bassa. Ai bovini, che sono i meno efficienti, ne occorrono sedici per formarne una. Infine c’è chi passa a una dieta vegetariana o vegana per ragioni ecologiche: perché la maggior parte delle emissioni “climalteranti” provengono dagli allevamenti industriali, dove, inoltre, per ottenere un chilo di proteine animali occorrono 15 mila litri di acqua e si consumano grandis-


sime quantità di fonti fossili, e perché per ampliare le superfici dei pascoli si abbattono le foreste, riducendo la fotosintesi clorofilliana e distruggendo la biodiversità. Se gli animali non vengono allevati per essere macellati, ma per ricavare il latte necessario a produrre formaggio, l’impatto ambientale degli allevamenti industriali non cambia e gli effetti negativi sulla salute non diminuiscono, ma cambiano soltanto parzialmente di segno. E non cambia nemmeno la violenza nei confronti degli animali. Le femmine vengono selezionate per diventare macchine da latte sempre più produttive e vengono fecondate in continuazione. Se nascono femmine sono destinate a fare la vita delle madri e ad essere abbattute quando la loro produttività diminuisce. Se nascono maschi e la loro carne rientra nelle abitudini alimentali, vengono allevati per essere macellati. Altrimenti, come succede ai bufalini, vengono uccisi o si lasciano morire di fame. Per cui la scelta vegana è più coerente di quella vegetariana, qualunque sia la motivazione per cui si fa. In ogni caso, entrambe le scelte non sono motivate soltanto da ragioni etiche o salutistiche, ma si fondano su una profonda consapevolezza ecologica e rispondono a un sistema di valori alternativo rispetto a quello delle società che hanno finalizzato l’economia alla crescita della produzione di merci. Chi rifiuta di mangiare animali o prodotti di origine animale rifiuta innanzitutto la concezione antropocentrica che considera tutti gli altri viventi a servizio della specie umana. Di conseguenza, rispetta la vita in tutte le forme in cui si manifesta e sa che tutte sono connesse tra loro e con i luoghi in cui vivono da legami di reciprocità, per cui il male fatto a ognuna di esse si ripercuote su tutte le altre, ritorcendosi nei confronti di chi lo commette. La crisi ecologica che stiamo vivendo e ha iniziato a minare la stessa possibilità di sopravvivenza della specie umana, lo dimostra. Inoltre, chi rifiuta di nutrirsi con animali e con prodotti di origine animale con la consapevolezza della loro nocività per la salute, come si potrebbe non prendere in considerazione i danni provocati alla salute e agli ambienti dai veleni di sintesi chimica utilizzati nell’agricoltura industriale? Come potrebbe non scegliere frutta e verdura, cereali e legumi coltivati biologicamente, rispettando la loro stagionalità, evitando di scegliere quelli che per arrivare dal campo in cui sono stati coltivati alla sua tavola devono percorrere grandi distanze, consumando fonti fossili che inquinano l’atmosfera e incrementano le emissioni di anidride carbonica? Come potrebbe non preferire le varietà ambientate da secoli nei luoghi in cui vengono coltivate e non gli ibridi selezionati per ragioni di rese commerciali? Non avrebbe senso essere vegetariani e vegani senza essere ecologisti. Gli ecologisti che non sono vegetariani o vegani sono ecologisti a metà. Meglio di niente, si dirà, ma


solo i vegetariani e i vegani possono essere considerati ecologisti coerenti. Anche il mercato si è accorto che il numero dei vegetariani e dei vegani sta crescendo e l’industria agro-alimentare si sta gettando su questo nuovo settore merceologico, come si era gettata sull’agricoltura biologica. Ma, ammesso e non concesso che lo faccia cercando di conciliare con purezza d’intenti il profitto con la qualità di prodotti che rispondono alle richieste di questo specifico settore della domanda, sono l’antropocentrismo e le finalità della crescita economica a essere incompatibili con la concezione del mondo espressa dai vegetariani e, soprattutto, dai vegani. Un’economia finalizzata alla crescita non può trascurare la domanda espressa dagli onnivori e l’industria dell’allevamento non può non incentivare la crescita del loro numero, come accade nei paesi che vengono definiti “in via di sviluppo”. Per questo è fondamentale che la domanda espressa dai vegetariani e dai vegani trovi un’offerta gestita da vegetariani e vegani. La guida che avete nelle mani e che consulterete per scegliere dove fermarvi a comprare, a mangiare, a soggiornare nei vostri viaggi, svolge questa funzione. Far incontrare la domanda dei vegani con l’offerta di vegani. Far incontrare le persone che inseriscono le loro scelte alimentari, come fornitori e come acquirenti, in una concezione dell’agricoltura come attività rispettosa dei cicli naturali, dell’alimentazione come atto agricolo, per usare un concetto molto bello di Wandel Berry, della vita come rete di relazioni tra i viventi e i luoghi in cui vivono. Perché ogni atto, per semplice che sia, ogni pur minima scelta, risponde a un sistema di valori. Non è neutra. E in questo tornante della storia in cui la specie umana sta distruggendo le condizioni che hanno consentito il suo sviluppo, c’è bisogno di un capovolgimento totale dell’atteggiamento predatorio e delle relazioni basate sulla sopraffazione che caratterizzano il modo di produzione industriale. C’è bisogno di un nuovo inizio, che si può costruire soltanto se le persone che vogliono contribuire a realizzarlo si mettono in relazione tra loro e, insieme, realizzano tante piccole anticipazioni del mondo che vorrebbero veder realizzato. “Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo”, ha scritto Gandhi. Questa guida va alla ricerca di questa coerenza. La sua funzione è diversa da quella delle altre guide, apparentemente analoghe, che fanno conoscere le caratteristiche dei ristoranti e degli alberghi, il tipo di cucina, le ambientazioni e i prezzi praticati, per aiutare i viandanti a compiere scelte informate. Questa è una mappa dei luoghi in cui si sta costruendo un rapporto diverso tra gli esseri umani e gli altri esseri viventi. In cui l’altro mondo possibile che molti auspicano, va prendendo forma. Lentamente, ma con passo costante.


PENSIERI Thomas Torelli, regista e produttore cinematografico

Siamo tutti interconnessi, e chiaramente anche gli animali. Ti dirò di più: le piante, i fiori, gli alberi, tutto è interconnesso in un unico UNO. Tendiamo ad essere parte del Tutto che ci ha generato, anche dopo la vita. Siamo energia in eterno movimento. Questo è il tema del mio film Un altro mondo, e nelle conferenze ci tengo a sottolineare l’importanza di questo anche attraverso il saluto Maya in lak’ech (io sono un altro te stesso). La maggioranza non è favorevole al vegan e credo che la disinformazione nasca dall’atteggiamento di molte persone: troppe volte ho visto gente discutere, dal vivo o sui social, in maniera violenta; questo allontana molte persone e crea pregiudizi. C’è un sacco di disinformazione al riguardo, tante persone sono abituate a un certo stile di vita che magari gli è stato tramandato dai genitori, dai nonni ecc... Non è facile scalfire certe posizioni radicate nel pensiero; a volte i cibi sono legati a ricordi, ai parenti, magari scomparsi. Per essere pronti al cambiamento bisogna fare un percorso, soprattutto mentale: bisogna capire ciò che ci circonda. E accettare anche chi è diverso da noi. Questo vale per tutti i tipi di pensiero. La verità è soggettiva. La scelta vegan è vista come una scelta di privazioni; è innegabile che se cresci mangiando carne, uova, pesce, latte, e a un certo punto ti si dice di non mangiarli più, si tratta di una privazione. Per far sì che non lo sia bisogna che la persona sia conscia di volere uno stile di vita vegan e capisca perché lo vuole; questo sapere giustifica allora le privazioni che non appariranno più tali. È inoltre necessario avere uno stile di comunicazione per favorire la causa vegan. Io ritengo importante comunicare tutti gli aspetti (riguardo l’ambiente, la salute e gli animali…), perché ognuno di questi può far cominciare un percorso allo spettatore. Questo ci permette di riflettere su alcuni aspetti, in primis l’amore per gli animali, e se sei disposto a uccidere un animale per mangiarlo, se sei disposto a rendere la terra un ambiente ancora più malato di quanto non lo sia, se sei disposto a subire, nel corso del tempo, le conseguenze di un’alimentazione che magari non è corretta per il tuo corpo. A volte sento dire che ci sono animali predatori che ucciderebbero l’uomo per nutrirsi, come se questo dovesse giustificare il nostro mangiare altri animali; è vero che siamo tutti animali, ma noi abbiamo qualcosa in più: la coscienza. Da un punto di vista più ampio sul mondo Vegan possiamo dire che essa è una causa nobile e dettata dallo spirito e dalla comunione con la natura e l’Uno. Non


deve però diventare un estremismo; non mi sono mai piaciuti gli estremismi, da qualunque ambito provengano. È giusto informare, diffondere il pensiero, ma non costringere le persone a cambiare: così il cambiamento non funziona. Deve arrivare da una presa di coscienza, dal cuore di ognuno. L’importante è che si faccia un percorso di consapevolezza, senza giudizio, per sé e per gli altri. Bisognerebbe arrivare a mangiare sano senza etichettare alcun tipo di scelta alimentare, le etichette separano e la separazione rallenta il percorso. Una conquista della cucina vegan dovrebbe essere quella di diventare alla portata di tutti in modo semplice; tornare ad essere la normalità e non l’eccezione. Se ci pensiamo i nostri nonni erano tutti quasi Vegan: ai loro tempi si mangiavano molti più legumi, cereali, verdure. La carne c’era una volta a settimana, ed era un giorno di festa. Tornare con semplicità a quella visione sarebbe già una grande conquista. Io credo che ognuno potrebbe provare una settimana a mangiare totalmente vegan e a farsi la sua idea su quelli che sono i miti o i benefici. Potrebbe essere un esperimento interessante, anche per sfatare il mito del “sei vegano, non mangi nulla!” L’obbiettivo del nostro film è quello di portare le persone a iniziare un percorso, cominciando magari una volta a settimana, poi magari due, e così via. La cosa importante è il percorso stesso, non necessariamente il traguardo.


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