Senza Pannolino

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Laurie Boucke

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Editrice Aam Terra Nuova

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Direzione editoriale: Mimmo Tringale Autore: Laurie Boucke Titolo originale: Infant Potty Basics, copyright by White-Boucke Publishing, Inc. Usa Traduzione a cura di Angela Genova e Alessia Bellucci, realizzata da Cristina Spada e Simone Rugolotto Editing: Nicholas Bawtree e Cristina Michieli Impaginazione: Gianna Nencioli Copertina: illustrazione Cristina Conticelli, lay out Francesca Messinese impaginazione Stefania Lucarelli, foto Fabrizio Santori Si ringraziano per le foto: Craig Baas, Laurie Boucke, Friederike Bradfisch, Gunnar Dibbern, Epelboin/CNRS, Angela Genova, Tom Griggs, Matt Jasper, Khalsa, Vanessa Lorentzen, Ivy Makelin, Robert Martines, Pathak, Raghu Rai, Kevin Roberts, Fabrizio Santori, Brett Cornish Scott, Barbara Siliquini, Cristina Spada, Marten de Vries, Kevin White. 2006, Editrice Aam Terra Nuova, via Ponte di Mezzo 1 - 50127 Firenze tel 055 3215729 - fax 055 3215793 info@aamterranuova.it - www.aamterranuova.it II edizione dicembre 2006 ISBN 88-88819-06-1 Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte del libro può essere riprodotta o diffusa con un mezzo qualsiasi, fotocopie, microfilm o altro, senza il permesso dell’editore. Le informazioni contenute in questo libro hanno solo scopo informativo, pertanto l’editore non è responsabile dell’uso improprio e di eventuali danni morali o materiali che possano derivare dal loro utilizzo. Stampa: Lineagrafica srl - Città Di Castello (PG)


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INDICE

Presentazione dell’edizione italiana Prefazione Introduzione

pag. 11 pag. 13 pag. 17

L’esperienza di una neomamma

pag. 21 pag. 23 pag. 24 pag. 25 pag. 26 pag. 26 pag. 28 pag. 28 pag. 28 pag. 29 pag. 29 pag. 30 pag. 31

I primi successi Farla fuori casa D’inverno Viaggi Lavoro di squadra Se mamma lavora La ricerca delle mutandine Aspettative L’importanza del modello Vasino precoce e pannolini Parlarne con il pediatra Senza sforzo, ma con gioia

I. Alcune domande di base Chi può fare uso di questo metodo? Cosa occorre? Quanto tempo occorre? È sicuro? Come so quando ha bisogno di farla? Funziona veramente? Il piccolo dev’essere nudo? È possibile iniziare anche a 6 mesi o più? Si può applicare solo parzialmente e anche se va all’asilo nido? Funziona anche con un bambino ai primi passi e con i gemelli?

pag. 37 pag. 37 pag. 38 pag. 38 pag. 39 pag. 39 pag. 39 pag. 40 pag. 40 pag. 40 pag. 41

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La gente penserà che sono matta? Quali sono i principali benefici? Quando è la mamma ad essere educata Cosa può fare il papà Qual è l’esperienza dell’autrice con l’insegnamento dell’educazione al vasino? C’è una terminologia che può essere d’aiuto?

pag. 41 pag. 42 pag. 42 pag. 43

II. Filosofia e atteggiamento

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III. La fase in braccio

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La scelta del vostro segnale di base Scansione temporale e schemi di eliminazione Scegliere un luogo e/o un contenitore Le posizioni Segnali e suggerimenti - Segnali dell’adulto al neonato - Segnali e suggerimenti del neonato Comprensione e impegno - Aspettative - Schizzi e spruzzi - Incidenti - Cambiamenti del ritmo fisiologico - Togliere i pannolini - Vestiti per il successo

IV. La fase del vasino

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Neonati che non siedono in modo stabile Comodità sul vasino Sedere in modo stabile Scegliere il vasino Pause o scioperi del vasino Definizione di “addestrato al water” Quand’è che un neonato può fare a meno dei pannolini?

pag. 86 pag. 86 pag. 88 pag. 89 pag. 89 pag. 91 pag. 95 pag. 97

V. Di notte

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VI. Se il bambino ha più di 6 mesi Come iniziare quando si è in ritardo Atteggiamento dei genitori Fase 1: scegliete il vostro segnale di base Fase 2: cadenza e schemi di eliminazione Fase 3: scelta di un luogo e/o di un recipiente Fase 4: posizioni Fase 5: segnali e suggerimenti Fase 6: comprensione e impegno Indumenti Combinare tecniche neonatali e convenzionali - Tattiche - Fratellini... - Andatura - Atteggiamento Possibili ostacoli La scelta è vostra

VII. Considerazioni mediche e fisiologiche Evidenze dall’Africa orientale: tre studi clinici Pareri favorevoli provenienti dalla medicina occidentale Anatomia

VIII. Ambiente e pannolini Acqua Alberi Discariche Biodegradabilità? Diaper Services Che fare? Uso ridotto dei pannolini Pannolini usa e getta o di stoffa? - Argomenti a favore dei pannolini in stoffa e contro gli usa e getta - Argomenti a favore dei pannolini usa e getta e contro quelli di stoffa Irritazione da pannolino L’ingombro del pannolino

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pag. 105 pag. 105 pag. 106 pag. 106 pag. 106 pag. 106 pag. 107 pag. 107 pag. 107 pag. 108 pag. 109 pag. 109 pag. 111 pag. 111 pag. 112 pag. 113 pag. 113 pag. 114 pag. 114 pag. 119 pag. 128 pag. 132 pag. 133 pag. 133 pag. 133 pag. 134 pag. 135 pag. 135 pag. 136 pag. 137 pag. 138 pag. 139 pag. 139 pag. 140


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IX. I falsi miti Sono i genitori ad essere educati al vasino Si tratta solo di fortuna Reca troppo disturbo È per la comodità dei genitori... Il neonato non è pronto... È pericoloso... È impossibile... Ci si mette lo stesso tempo... Portare pannolini fa parte dell’essere neonati... È antigienico... Ossessione dei movimenti intestinali... Freud dice...

X. Testimonianze Un medico parla con franchezza Un approccio intuitivo - Il primo figlio... - Il secondo figlio... Un diplomato di 10 mesi - Di notte... Una mamma e due baby-sitter

XI. Studi transculturali

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Cina - Sun Mengjia e Li Minqian (Cina) - Sun Min (Italia) India Vietnam

pag. 170 pag. 171 pag. 172 pag. 174 pag. 177 pag. 180

XII. Informazioni

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Paesi dove viene praticata l’EVN (educazione al vasino per neonati) pag. 188 Sostegno per l’educazione al vasino pag. 189 Per approfondire pag. 192 Bibliografia

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Prefazione Educare il bambino ad usare il vasino sin dai primi mesi? Nella maggior parte dei paesi occidentali si ride dell’idea che un neonato possa essere capace di collaborare attivamente a questo riguardo con gli adulti. Eppure questo è quello che avviene normalmente, dove l’educazione precoce al vasino è una consuetudine molto diffusa e parte integrante della costruzione del legame figli-genitori. È il modo più naturale e istintuale di trattare i bisogni fisiologici e in molte società costituisce una componente accettata dello stile affettivo dei genitori. L’educazione precoce al vasino si basa su un approccio alle funzioni fisiologiche molto utilizzato in gran parte dell’Asia, dell’Africa rurale subsahariana e del Sudamerica. Il metodo presentato in questo libro è stato adattato allo stile di vita urbano di noi occidentali, suggerendo soluzioni adeguate compreso l’uso del lavandino, vasino, bagno o altri contenitori, variazioni delle posizioni per fare cacca o pipì, l’adozione “part-time” del metodo e, laddove desiderato, l’uso “part-time” dei pannolini. Questo libro costituisce il mio terzo lavoro sull’educazione precoce al vasino. Il primo è stato Trickle Treat: Diaperless Infant Toilet Training Method [Farla con piacere: metodo di addestramento ai bisogni fisiologici dei bambini piccoli senza l’uso del pannolino, n.d.t.], pubblicato nel 1991. In seguito ho scritto Infant Potty Training: a Gentle and Primeval Method Adapted to Modern Living [Educazione al vasino per neonati: un metodo dolce e primordiale adattato alla vita moderna, n.d.t.], pubblicato nel 2000 e aggiornato nel 2002, un volume di 500 pagine arricchito da lunghe testi-


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monianze e un’ampia scelta di foto. Ed infine Senza pannolino, un libro che mette insieme le caratteristiche dei due lavori precedenti con l’aggiunta di nuove ricerche. Perché tre libri sull’educazione precoce al vasino? Innanzitutto, perché l’atteggiamento della medicina occidentale sta cominciando a cambiare. Oggi c’è disaccordo riguardo all’educazione al vasino e quindi anche all’età in cui i neonati raggiungono un certo grado di controllo sfinterico. Allo stesso tempo, l’interesse verso l’educazione precoce al vasino è andato costantemente aumentando e sono sempre più numerosi i genitori che richiedono informazioni dettagliate. In realtà, una variante dell’educazione precoce al vasino è stata usata nei paesi occidentali per circa cinquant’anni, fino al 1950. Dal 1914 al 1945, il metodo è stato approvato ufficialmente dal governo Usa e indicato in numerose edizioni della pubblicazione Infant Care. Sfortunatamente, alcune delle pratiche suggerite in tale metodo sono state applicate in modo piuttosto rigido, tanto da portare alla conclusione della scarsa validità di ogni forma di educazione precoce al vasino. Per esempio, invece di tener conto dei tempi del neonato, si fissava una cadenza temporale a priori secondo l’esigenza della mamma o della baby-sitter. Si poneva poco accento sui segnali del neonato. Talvolta si usavano addirittura dei bastoncini di sapone per stimolare la fuoriuscita delle feci, si faceva ricorso a coercizione e punizioni, tutte cose assolutamente sconsigliate nel metodo da noi proposto. Negli anni che seguirono, si affermò la permissività del dottor Spock, l’addestramento ritardato o attesa che il bambino si addestri da solo, del dottor Brazelton, teorie sulla maturazione del bambino molto in linea con l’industria milionaria dei pannolini usa e getta. Tutto ciò ha favorito la completa rimozione dell’educazione precoce al vasino, che oggi viene vista come qualcosa del tutto nuova e considerata con timore o senso del ridicolo. Nel 1975, Il concetto del continuum1 di Jean Liedloff, libro dove venivano paragonati i metodi educativi moderni praticati nei paesi industrializzati d’Occidente con quelli degli indiani Yequana che vivono nelle foreste pluviali del Venezuela, iniziò a far muovere il pendolo in direzione di metodi educativi più naturali e istintivi. Il concetto del continuum mette l’accento sull’importanza della fase “in braccio”, dove la mamma, o chiunque altro si prenda cura del bambino, è


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in contatto fisico con il neonato ventiquattro ore al giorno (grazie a un supporto, o meglio ancora a una fascia), dalla nascita fino a quando quest’ultimo inizia a camminare a carponi; di solito intorno ai sei mesi. Età alla quale il piccolo può allontanarsi, per poi ritornare verso la mamma ogni qualvolta lo desideri. La Liedloff afferma che a noi occidentali viene insegnato a non tener conto dei sentimenti istintivi, molto utili nella fase “in braccio” e che ci suggerirebbero di dormire insieme al neonato, nutrirlo al seno, essere più sensibili ai suoi pianti. Da una parte nutriamo un naturale desiderio di stare vicino ai nostri piccoli, dall’altra ci è stato insegnato a ignorare molti dei nostri istinti genitoriali. Siamo portati a credere che i bambini possono diventare indipendenti e non essere viziati solo se li lasciamo piangere. Nei primi scorsi anni Ottanta, il pediatra William Sears coniò un nuovo termine per il concetto di continuum e diffuse a beneficio di un ampio uditorio il suo stile genitoriale intuitivo, sensibile e basato su un buon contatto a livello fisico. Lo chiamò “genitorialità dell’affezione” e lo definì con le seguenti parole: legame, allattamento al seno, condivisione del letto, tenere il neonato sempre in contatto con sé, sensibilità al pianto. È interessante notare come nei paesi dove tale approccio è stato praticato per secoli, l’educazione precoce al vasino è stata la norma. In questo senso, considero la consapevolezza e la comunicazione sui bisogni fisiologici una componente della genitorialità dell’affezione e spero tanto che un giorno sarà riconosciuta come sua parte integrale. I lettori debbono tenere in mente che ogni neonato è unico e cresce secondo un proprio ritmo. Ogni genitore o persona che abbia in cura un neonato sano in un ambiente domestico stabile, potrà applicare questo metodo con successo purché lo metta in pratica in modo corretto ed eserciti pazienza, impegno e diligenza.

Note bibliografiche Per rendere più agevole la lettura, le fonti bibliografiche riportate in fondo ai singoli capitoli sono trascritte per esteso alle pp. 194-195. 1. Liedloff Jean, Il concetto del continuum, Edizioni La Meridiana, Molfetta, 2000.


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Sole a 3 mesi, mentre fa la pipĂŹ sorretto dal papĂ (foto: Angela Genova).


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L’esperienza di una neomamma Angela Genova1 Avevamo a casa il libro in inglese di Laurie Boucke, acquistato tramite Internet su suggerimento di un amico caro. Avevo dato un’occhiata al libro e alle foto esplicative, ma ero troppo presa dalla gravidanza e dalla preparazione al parto per il nostro primo bimbo per pensare a cosa sarebbe successo con il suo arrivo. Yoga, rilassamento, esercizi, massaggi, posizioni, alimentazione… In queste pagine mio marito ed io raccontiamo l’esperienza vissuta con il nostro bimbo dopo aver deciso di utilizzare il vasino fin dai primi giorni di vita. Parleremo dei nostri entusiasmi, titubanze, curiosità, sorprese consapevoli, che questa storia è per forza di cose diversa da quella che potrà essere l’esperienza di un nostro eventuale secondo figlio, così come diversa sarà o è stata la storia di ciascuno di voi che leggerà queste pagine. Sole è nato un paio di settimane prima del previsto. Ho lavorato fino al venerdì e Sole è nato il lunedì dopo. Immaginando di avere ancora un paio di settimane prima della nascita, avevo trascurato di leggere molto del materiale e libri raccolti relativi alla fase successiva al parto. Fortunatamente mio marito, invece, aveva letto con attenzione il libro sull’educazione al vasino, così è stato soprattutto lui a volerlo mettere in pratica. L’allattamento e le cure del bimbo richiedevano tante energie, ma aggiungere una vaschetta di plastica sotto il suo sederino, sulle mie gambe, mentre lo tenevo al seno, seduta sul dondolo, non rappresentava una grande complicazione. Abbiamo accolto la sua prima cacca nel vasetto con entusiasmo. Mentre


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ripetevamo: «cacca, ca, ca, cacca». Così dopo poche settimane, puntualmente tutte le mattine Sole faceva la cacca nel vasino appena sveglio. Lui ci faceva capire che era ora e a noi non restava che togliergli il ciripà e pronunciare: «ca, ca, cacca» che la cacca arrivava. Ma iniziamo con ordine... Il parto è andato benissimo. Abbiamo deciso di partorire in ospedale perché nella mia famiglia c’è una storia molto triste che riguarda il parto di una cugina. Abbiamo però scelto l’ospedale più in sintonia con le nostre aspettative e che, garantendo l’eventuale necessaria assistenza medica, potesse permetterci un parto naturale. Ho trascorso una buona parte del travaglio in vasca, guidata dalle indicazioni di ostetriche molto attente e protetta dalla vicinanza di mio marito. È stato lui a tenere Sole in braccio per i primi momenti e a fargli il primo bagnetto. Sia io che il bimbo eravamo in piena forma, così dopo ventiquattr’ore dal parto abbiamo deciso di tornare a casa. Non dimenticherò mai la profonda disapprovazione del pediatra e ringrazio ancora mio marito e mia madre per avermi aiutato a fronteggiare i suoi rimproveri e le sue minacce. Dopo litri di tisana di finocchio è arrivata la montata lattea e la meraviglia di vedere il latte sgorgare al solo pianto del piccolo. Avevamo già deciso di utilizzare i ciripà, consapevoli dell’impatto ambientale dei pannolini usa e getta. Del loro lavaggio si sono occupati mio marito e mia madre. Un lavoro non da poco e credo che proprio l’impegno necessario per lavare i ciripà abbia rappresentato un incentivo importante per sperimentare l’educazione precoce al vasino. Abbiamo cominciato ad utilizzare il vasino sin dai primi giorni di vita di Sole, ma dopo tre settimane una brutta mastite ci ha costretto a interrompere la sperimentazione. Nonostante i giorni d’interruzione, superato il disturbo, Sole ha ripreso a fare la cacca nel vasino dopo tutte le poppate. La notte, invece, non la faceva, ma la mattina, quando era ora, ce lo faceva capire. Che entusiasmo per me e mio marito! Avevamo in camera, sul fasciatoio, un paio di vaschette di plastica con i coperchi come quelle che in genere si utilizzano per conservare il cibo in frigo. Toglievo il ciripà e tenevo Sole appoggiato su un braccio, mentre con la mano opposta gli tenevo le gambine in alto così da avere il sederino sopra la vaschetta. Più tardi, quando ha cominciato a stare sedu-


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to, abbiamo cominciato ad utilizzare un vero vasino. Noi sempre vicino a giocare con lui e a ripetere: «ca, ca, cacca» e a fare «psss».

I primi successi L’entusiasmo e l’euforia dei primi tempi si sono trasformati in vera e propria fiducia e convinzione nel sistema1. A tre mesi Sole faceva la cacca nel vasino regolarmente. Tutte le mattine, appena sveglio, dopo aver ciucciato ancora un po’ si lamentava e sgambettava, questo era il segnale: era il momento della cacca. Gli toglievo il ciripà dicendogli: «cacca?, cacca, amore?». Lo prendevo fra le braccia e gli posizionavo sotto la vaschetta. Il tutto avveniva, verso le 5 o le 6 di mattina, ancora sul lettone. Io seduta a gambe incrociate, con un ginocchio un po’ alto. Appoggiavo la sua schiena sulla mia coscia, così stavamo tutti e due più comodi. Mani sotto le sue ginocchia, la sua testa sul mio petto. Con una mano cercavo di parare l’immediata pipì. Una volta in posizione lui faceva subito anche la cacca! Io continuavo a dirgli, tutta contenta: «cacca, cacca, bravo, bravo!». E lui dopo essersi sforzato un po’, finiva di fare la cacca, mi guardava e mi rideva di cuore. Che emozione! Così anche mio marito si svegliava al richiamo della cacca e lanciava compiaciuto un’occhiata al contenuto della vaschetta. Il bimbo è cresciuto con il mio seno sempre disponibile. Quando stavo a casa, me lo mettevo nel marsupio in posizione verticale, così poteva prendere il latte e quando voleva poteva dormire. Appena si svegliava gli toglievo il ciripà e lo piazzavo sulla vaschetta: pipì e cacca nella maggior parte dei casi. Se era solo un falso allarme (solo pipì, no cacca, ma un po’ d’aria) me lo faceva capire benissimo con un lamentino e tirando su le gambe facendo perno sulle mie mani sotto le sue ginocchia; e così, sempre accompagnato da bravo e da sorrisi, lo rivestivo. Quando ero impegnata con il lavoro (sono una libera professionista e svolgo la maggior parte del mio lavoro da casa) Sole stava con il padre. Io ero sempre a portata di mano e nel caso di situazioni insostenibili intervenivo. Lunghe passeggiate sul petto del babbo gli facevano, comunque, dimenticare il seno per tre o quattro ore, dandomi così la possibilità di lavorare un po’. Nei primi mesi di vita, la nostra giornata era scandita dai seguenti momenti: seno, sonno, cacca, gioco. Dopo la cacca era il momento ideale


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per giocare. Sole sembrava proprio godersi l’essere senza panno, sgambettava, rideva e borbottava. Certo avviare il bimbo all’utilizzo del vasino fin dai primi giorni di vita richiede molto tempo, ma in ogni caso i bimbi hanno bisogno di così tanto del nostro tempo che provare l’educazione precoce al vasino rappresenta solo un altro modo per prendersi cura di loro.

Farla fuori casa Dopo ogni poppata, in genere veniva la cacca. Eravamo quasi sempre in casa e quindi non c’erano problemi. Avevamo sempre un paio di vaschette vicino al dondolo sul quale lo allattavo, pronte all’uso. Quando Sole aveva quattro mesi, cominciai ad assentarmi spesso da casa per lavoro. All’inizio mi organizzavo in modo da evitare di trovarmi con Sole fuori casa nei momenti della cacca. Quando avevo bisogno di stare fuori casa per più tempo, mio marito mi accompagnava in ufficio, portando il nostro bimbo nel marsupio in giro per Urbino. Ogni tre ore circa, c’incontravamo per la poppata. Devo confessare che utilizzare la vaschetta fuori casa, anche se i segnali di Sole erano molto chiari, ci metteva molta preoccupazione e agitazione. Per non parlare dei bagni pubblici, spesso sporchi e per nulla adatti ai piccoli. All’inizio è stato davvero difficile fare a meno del pannolino. Con il tempo, abbiamo piano piano preso dimestichezza anche con le poppate fuori casa. Poi a mio marito è venuta l’idea di togliere il pannolino al piccolo quando doveva fare la cacca e metterlo appena sotto il sederino, in modo da raccogliere la cacca, ma senza che lui si sporcasse. Un’idea geniale. Poi trattandosi di un maschietto, soprattutto all’inizio, è stato veramente difficile trovare una posizione che permettesse di contenere lo spruzzo della sua pipì. Non era facile capire, infatti, in che direzione la pipì sarebbe uscita, né la lunghezza del getto. Dopo diversi tentativi, abbiamo imparato a mettere il palmo della nostra mano a pochi centimetri dal pisellino così da arginare lo schizzo e dirigerlo verso il contenitore. Quando uscivamo portavamo sempre con noi un contenitore per la pipì. Ottimi sono risultati i contenitori in metallo dell’orzo solubile, sono resistenti e hanno un coperchio ermetico. Fin dall’estate del primo anno, questo tipo di contenitore era sempre in macchina o nel nostro zaino. Un aspetto molto problematico è stato l’utilizzo dei bagni pubblici: bar,


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ristoranti, negozi, cinema hanno raramente bagni adatti ai bambini. Solo in Finlandia abbiamo trovato nei bagni pubblici vasetti per i piccoli. Il problema principale per Sole era rappresentato dal trovarsi in posti sconosciuti, spesso caratterizzati da rumori inquietanti. Per mesi Sole è stato terrorizzato dall’improvviso rumore degli sciacquoni e ancora più dai sistemi di aerazione dei bagni dei locali pubblici. Rumori che hanno reso difficile l’uso di bagni pubblici fino ai 23 mesi. Dopo è andato decisamente meglio. L’utilizzo di un contenitore che portavamo sempre con noi ha rappresentato la soluzione migliore nella maggior parte dei casi, specialmente durante i viaggi in macchina o in treno. Anche mia suocera è stata bravissima nel perfezionare il modo di far fare pipì all’aperto al nostro bimbo. Fare la pipì mirando al gatto che si allontana o ai fiori ha sempre rappresentato un grande stimolo per Sole.

D’inverno Sole è nato a giugno, così il problema del freddo si è fatto evidente dopo i primi mesi. Utilizzavamo calzettoni di lana e calzamaglia di sopra, così quando era il momento del vasino, potevamo togliere la calzamaglia, ma lasciare i calzettoni fin sopra le ginocchia. Abitavamo in una casa grande in campagna, difficile da riscaldare e solo occasionalmente abbiamo tenuto Sole con il culetto nudo durante il suo primo inverno. Tenevamo il vasino vicino alla stufa a legna che riscaldava la stanza o lo mettevamo vicino al phon acceso per riscaldarlo un po’ prima dell’uso, come suggerisce la Boucke. Effettivamente questo è un aspetto importante da non trascurare. Per i primi mesi di vita, Sole è stato a stretto contatto con me o con il padre ventiquattr’ore su ventiquattro. Sole ha sempre dormito nel lettone con noi, fin dal suo primo giorno di vita e non ha mai sopportato la carrozzina. Ha trascorso i primi mesi di vita sul letto, al mio fianco o fra le mie braccia, quelle di Fabrizio e occasionalmente quelle delle nonne, o dentro una fascia sempre a contatto con noi. Ci siamo trovati benissimo con la “fascia ad amaca” per i primissimi mesi. Poi siamo passati al telo porta-bebè: eccezionale. Ho affrontato viaggi in aereo da sola con il piccolo per andare a trovare la mia famiglia in Sicilia fin dai primi mesi di vita. In effetti si tratta di strumenti brevettati da secoli che hanno permesso alle donne di tutto il mondo di conciliare la cura dei bimbi con il lavoro.


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Viaggi Il lavoro e gli studi mi portano spesso a viaggiare e quindi ho dovuto portare con me anche Sole quando era piccolino. A soli quattro mesi siamo stati a Venezia e ricordo che in quel periodo la comunicazione fra noi riguardo ai suoi bisogni era veramente buona. Sul treno, ai suoi segnali levavamo il pannolino e raccoglievamo la sua cacca nel panno stesso. Io lo tenevo in braccio nella solita posizione con la sua schiena appoggiata sulla mia pancia, tenendo le gambine sollevate. Fabrizio teneva il panno a una distanza tale da poter raccogliere tutta la sua cacca, ma senza sporcargli il sederino. Ricordo ancora il nostro entusiasmo per la prima cacca di Sole in treno. L’estate dopo la sua nascita, ad 1 anno, siamo stati in Finlandia, ad Helsinki, per due mesi. Nonostante il clima non fosse ideale per tenere Sole nudo, facevamo il possibile per tenerlo senza panno e pantaloni, così alla fine dell’estate Sole era completamente senza panno durante il giorno. Certo abbiamo raccolto un bel po’ di pipì dal pavimento del monolocale nel quale abitavamo, ma forse proprio il fatto che l’ambiente fosse così raccolto ha aiutato noi e lui a capire meglio cosa succedeva senza panno.

Lavoro di squadra È stato veramente un lavoro di squadra fra noi genitori e lui. Un altro aspetto che ha facilitato la sperimentazione, rendendola ancora più serena, è stata la frase di mia madre non appena le abbiamo accennato del nostro intento. «Anche tu facevi la cacca in una vaschetta la prima estate che sei nata, per i primi 3 mesi della tua vita in cui mi sono presa cura di te a tempo pieno». Tutte le mattine facevo la cacca in una vaschetta anch’io! Poi mia madre ha ricominciato a lavorare e le mie nonne non hanno continuato questa abitudine. Quando ero piccola i pannolini usa e getta non erano ancora diffusi, si utilizzavano i ciripà e proprio in quel periodo cominciavano a diffondersi degli inserti assorbenti monouso che venivano inseriti dentro una mutandina in plastica. Non credo che fossero proprio molto comodi per i bimbi. Anche mia suocera non ha manifestato opposizione, anzi è rimasta sorpresa, come tutti noi, di quanto fosse bravo Sole. Ma ancor di


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più ha elogiato e continua ad elogiare la nostra attenzione per il piccolo, in tutti gli aspetti della sua vita, compreso questo. Sì, è vero, l’educazione al vasino richiede dei genitori o persone che si prendano cura del bimbo in modo particolare, ispirandosi al modello educativo definito dell’attaccamento. Così anche le nonne hanno utilizzato il vasino nei momenti in cui Sole era affidato loro. Quando Sole aveva 17 mesi, è subentrata anche la figura di una baby-sitter. Era inverno e il nostro piccolo bagno era troppo freddo e lontano dalla camera dei giochi di Sole che in quel periodo faceva i suoi bisogni dentro il secchio della cenere o in secchi di plastica. Avevamo secchi in tutte le stanze, avendo capito l’importanza di rispondere tempestivamente ai segnali di nostro figlio. Appena Sole sillabava: «piscia», dovevamo essere pronti, per evitare incidenti lungo le scale, ma anche e soprattutto per non disturbarlo troppo. In genere, Sole era così preso dai suoi giochi che ci segnalava il suo bisogno proprio quando non riusciva più a tenerla. Prenderlo in braccio per portarlo nel bagno freddo e distante, lo irritava. La soluzione dei secchi è stata l’ideale. Era sufficiente abbassare i pantaloncini e Sole osservava incuriosito la sua pipì che veniva assorbita dalla cenere o che si raccoglieva nel fondo del secchio. Da pochi mesi ci siamo trasferiti in una casa più comoda, con un bel bagno, grande e comodo, sviluppata su un unico piano. Ora quando deve fare i suoi bisogni, Sole mi guarda e dice: «piscia», «cacca» o «bagno» e parte da solo sgambettando verso il water. Ormai il tempo del vasino è superato. La posizione ideale al momento è quella sul water. Prendo Sole in braccio, mi siedo sul water, un po’ indietro, e tengo Sole fra le mie gambe, con la sua schiena appoggiata sulla mia pancia. Ci godiamo questo momento di contatto fisico. E quando finisce mi dice: «mamma finito». Lo poggio a terra sul tappetino, lui appoggia la sua manina sulla vasca per non perdere l’equilibrio mentre io tiro su i pantaloncini. E via si riparte a giocare. Capita anche che quando gioca con l’orsetto o i suoi pupazzetti, porti anche loro al bagno per fare la pipì o la cacca, così come spesso li avvicina al mio seno per farli ciucciare un po’. La posizione sul water risulta comoda anche per la baby-sitter, che da subito ha seguito le nostre indicazioni a riguardo.



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