La rivoluzione che stavamo aspettando

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Claudio Naranjo

La rivoluzione che stavamo aspettando Ecologia profonda, educazione etica e consapevolezza per vivere la crisi come rinascita


Claudio Naranjo

La rivoluzione che stavamo aspettando Ecologia profonda, educazione etica e consapevolezza per vivere la crisi come rinascita

Terra Nuova Edizioni


Direzione editoriale: Mimmo Tringale e Cristina Michieli Curatore editoriale: Enrica Capussotti Autore: Claudio Naranjo Titolo originale: La revolución que esperábamos Copyright © 2013 Claudio Naranjo e Ediciones La Llave Traduzione: Davide Miccione Editing: Marina Taffetani e Maria Grazia Cecchini Impaginazione: Daniela Annetta Progetto grafico e copertina: Andrea Calvetti © 2014, Editrice Aam Terra Nuova, via Ponte di Mezzo, 1 50127 Firenze tel 055 3215729 - fax 055 3215793 libri@aamterranuova.it - www.terranuovaedizioni.it I edizione: gennaio 2014 Collana: Ricerca interiore ISBN: 978 88 6681 032 2 Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte del libro può essere riprodotta o diffusa con un mezzo qualsiasi, fotocopie, microfilm o altro, senza il permesso dell’editore. Le informazioni contenute in questo libro hanno solo scopo informativo, pertanto l’editore non è responsabile dell’uso improprio e di eventuali danni morali o materiali che possano derivare dal loro utilizzo. Stampa: Lineagrafica, Città di Castello (Pg)


Prologo

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IAMO NEL bel mezzo di una rivoluzione, ma non la riconosciamo come tale, perché non è come ce la aspettavamo. Innanzitutto, avevamo già smesso di aspettarla e inoltre l’avevamo immaginata provocata da noi, mentre sembra stia accadendo per conto proprio. Ciononostante penso che, quando la trasformazione che sta per iniziare sarà compiuta, diremo che è quella che attendevamo da sempre, solo che non avevamo saputo immaginarla correttamente. Da una parte abbiamo conosciuto, finora, soltanto rivoluzioni politiche e ideologiche mentre ciò che sta avvenendo è una rivoluzione della coscienza; dall’altra mai avevamo disperato tanto nella nostra capacità di cambiare qualcosa nel mondo in cui viviamo, avendo perduto l’entusiasmo di un tempo in ogni forma di pensiero utopico. Tuttavia, le utopie ci servono per avanzare e la rinuncia al pensiero utopico è paralizzante.


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Il sociologo cileno Antonio Elizalde ha paragonato la sparizione del pensiero utopico al processo di ammaestramento delle pulci, ben conosciuto tra gli ammaestratori di pulci ma poco noto a chi non lo è: si mette la pulce in un flacone trasparente con un tappo anch’esso trasparente e si attende semplicemente che essa, dopo aver spiccato i salti più vigorosi e aver urtato immancabilmente contro le pareti invisibili del recipiente, impari a fare solo piccoli balzi per soffrire meno. La similitudine risulta particolarmente significativa se la accostiamo, come fa lo stesso Elizalde, a quella dell’addestramento degli elefanti. Il cucciolo di elefante, legato per una zampa a un albero, impara a rinunciare ai tentativi di liberarsi a causa della sofferenza procuratagli dai suoi sforzi dolorosi e infruttuosi. Questo insegnamento permane nei suoi comportamenti anche quando l’animale sia talmente cresciuto da poter facilmente strappare un albero dalle radici. La questione è che al giorno d’oggi non spicchiamo grandi salti neppure nel pensiero, perché quando si perde fiducia nelle grandi teorie, come se fossero servite solo ad ingannarci, non solo si diffonde l’impotenza ma persino le sue giustificazioni. Spero serva a mobilitarci la considerazione che la nostra situazione somiglia sempre più a quella di rane messe in una pentola posta a riscaldare a fuoco lento. Una cosa che purtroppo non le preoccupa affatto giacché la loro pelle possiede recettori che rilevano solo bruschi mutamenti di temperatura. Ho intitolato il primo capitolo “Per una politica della coscienza” perché credo che il problema principale del mondo, al di là dei suoi molteplici sintomi, sia proprio l’incoscienza e che solo destandoci dal nostro cieco sonnambulismo potremo evolverci. Poi, dopo alcune riflessioni intermedie, ho proceduto verso il tema dell’identificazione di una educazione possibile, perché se vogliamo una maggiore coscienza dobbiamo partire dall’educa4


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zione e perché nulla promette tanto, per una trasformazione della nostra civiltà in crisi di obsolescenza, quanto una trasformazione dell’educazione. Molto di ciò che ho scritto qui sulla mia visione di una educazione che sia più rilevante per lo sviluppo umano era stato formulato già prima che venissi sollecitato alla redazione di questo libro. L’occasione fu l’invito ad aprire la Settima Conferenza Mondiale sull’Educazione Superiore, nel 2010, con il titolo “Educare alla sostenibilità”. Ho voluto, ora come allora, includere questa breve prefazione ai capitoli in cui delineo i temi successivi a ciò che potrebbe essere una educazione alla libertà, all’amore, alla saggezza. Comprendere i limiti di un’ecologia meramente utilitaristica, che si è avvalsa di argomenti razionali e dati matematici e statistici nello spingere le persone ad atti come la gestione delle risorse non rinnovabili, ci ha condotto alla formulazione di una “ecologia profonda” che considera la dimensione emotiva ed etica delle cose. Allo stesso modo sarebbe assai limitata un’educazione che pretenda di affrontare l’urgente questione della sostenibilità per mezzo di un mero insegnamento razionale come quello oggi imperante nel mondo (e che si fa sentire anche negli incipienti tentativi di educazione emotiva) senza giungere a toccare davvero le emozioni o la nostra vita morale. Dopo alcuni capitoli che vertono sull’educazione — partendo dal tema dell’indispensabile ma sempre procrastinata educazione all’emancipazione, proseguendo con le questioni necessarie per lo sviluppo dell’amore e poi con il tema di un’educazione alla sapienza — estendo il tema in un capitolo sul potenziale della meditazione in ambito educativo e in un altro dedicato al mio apporto alla formazione degli educatori. Mi riferisco al mio Programma SAT, che descrivo come un curricolo per lo sviluppo dei tre amori e dei tre aspetti fondamentali dell’attenzione: l’esperienza del qui e ora, la conoscenza psicologica di sé e la conoscenza profonda o spirituale di sé. 5


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A seguire riservo un capitolo alla possibile trasformazione del mondo imprenditoriale, trampolino forse necessario per una trasformazione dell’economia, e concludo con l’idea del risveglio della coscienza globale come la questione decisiva nella rivoluzione che ci troviamo a vivere, data la stretta relazione della coscienza della comunità con il potere che legittima o delegittima i restanti poteri. Ho iniziato la stesura di questo volume su invito della rivista Terra Nuova, e nel momento in cui sto scrivendo queste righe non mi sono messo in contatto con l’editore per sapere se è ancora interessato a pubblicarmi. Vada come vada, averlo scritto mi rallegra giacché appare ai miei occhi come un testamento politico-sociale e tendo a pensare che avrà un impatto fecondo. Nelle pagine che seguono affermo molte cose che ho già detto in libri precedenti, pensando però a un pubblico diverso: quando ero giovane indirizzavo le mie parole di preferenza agli anziani e alle autorità, adesso che ho compiuto ottant’anni mi sembra più sensato rivolgermi prima di tutto ai giovani, a coloro cui toccherà fondare una società post-patriarcale, e tentare di parlare con la maggiore semplicità possibile, mettendo da parte i miei vecchi abiti accademici. Una volta un sufi statunitense, E. J. Gold, in risposta alla domanda se il lavoro di liberazione dell’io dovesse concepirsi sempre come una guerra, spiegò che la questione poteva essere compresa guardando alla storia di un uomo in cerca di un’alternativa all’amputazione consigliata da tutti i chirurghi come soluzione a un tumore maligno al pene. Avendo riposto le ultime speranze nell’arte di un medico cinese, che aveva compiuto apparenti miracoli senza ricorrere ad altro che all’agopuntura e alla fitoterapia, si recò nel luogo in cui costui esercitava e lì si sottopose a un esame accurato. Mentre il saggio medico tradizionale rilevava con calma le pulsazioni del paziente, si disegnava sulle sue labbra un sottile sorriso. Il paziente domandò, 6


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speranzoso e agitato: “Allora non si deve tagliare?”; “No” fu l’immediata risposta del saggio medico che, dopo una pausa, aggiunse: “cade da solo”. Molte volte, da quando ho ascoltato questa applicazione dell’umorismo alla ricerca spirituale, anche io l’ho ripetuta per trasmettere la convinzione che, quando la conoscenza di noi stessi sia sufficientemente profonda, i nostri tratti caratteriali problematici perdono potere e si trasformano in capacità al servizio dei nostri migliori propositi. Mai, fino a poco tempo fa, mi ero trovato ad applicare questa storiella come spiegazione del problema sociopolitico del nostro mondo in crisi. Il fatto è che solo da poco stiamo assistendo allo sgretolamento spontaneo di questo potere patriarcale a cui è praticamente attribuibile l’insieme dei mali del mondo civilizzato. Come certe specie biologiche sembrano essersi estinte per mancanza di adattamento, così la società consumista è giunta ai limiti della sostenibilità, di modo che assistiamo oggi non soltanto al collasso della nostra economia, ma anche all’inizio di una massiccia delegittimazione dei nostri governi e delle loro ideologie implicite. Tutto ciò, che il marxismo aveva già segnalato come nemico dell’umanità, ora comincia a inabissarsi al pari di una nave che imbarca acqua e che non può essere salvata né dalle parole degli ufficiali di bordo né da successive riparazioni. Sebbene l’affondamento di questa nave patriarcale in cui ci siamo trovati a navigare non cessi di essere una catastrofe, è però più importante che, attraversando la crisi con fiducia, si comprenda finalmente che i rantolii finali della nostra civiltà sono al contempo la nostra più grande speranza di rigenerazione. Durante gli ultimi dieci anni sono diventato un attivista nella speranza di “cambiare l’educazione per cambiare il mondo” — come recita il titolo di uno dei miei libri — e proprio in questo periodo mi sono sorpreso del contrasto tra le mie buone ragioni e lo scarso 7


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successo ottenuto nel portare il mio lavoro all’interno delle istituzioni educative. Di recente sono arrivato a pensare che il mio attivismo punti in una direzione sbagliata e che ci si possa aspettare di più dall’aiuto che si può ricevere fuori e non dentro il sistema, con le sue burocrazie fossilizzate e le sue direttive governative che finora hanno scommesso sempre per lo statu quo. Sono arrivato a chiedermi anche quale fosse la portata del lavoro in apparenza così riuscito che ho realizzato perché, nonostante abbia inciso profondamente e anno dopo anno nella vita di tante persone e in tanti paesi, difficilmente ciò causerà una trasformazione nelle nostre istituzioni agonizzanti. Mi consola però pensare che l’opera di assistenza alla maturazione psicospirituale della gente costituirà una eredità per coloro che, impegnati nell’operazione di salvataggio durante questo nostro gran naufragio, avranno l’opportunità di costruire un mondo nuovo. Ancora una volta nella storia della nostra specie ci troviamo di fronte a qualcosa di simile al mitico diluvio universale che i nostri antenati interpretarono come un’azione divina atta a castigare con l’annichilimento un mondo corrotto per preparare un nuovo inizio; solo che noi non pensiamo a Dio come un padre indignato ma come un organismo cosmico animato da leggi implacabili, più sagge di quelle che hanno animato la nostra poco saggia legislazione, la nostra economia predatrice e la nostra povera cultura (nella quale i valori della vita sono stati sottomessi a quelli della finanza nonché ai disvalori di un ego patriarcale egocentrico e narcisista). Da quando, cinquemila anni fa, i sumeri inventarono la scrittura, si sono trasmesse storie allegoriche intorno a una grande trasformazione che alcuni esseri umani attraverserebbero in una sorta di viaggio interiore; una trasformazione che passa per una morte della forma ordinaria e larvale di esistenza per giungere alla gestazione di una vita nuova, semidivina. Questa metamorfosi, possibile per l’essere umano e tema delle numerose leggende di eroi, è stata co8


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nosciuta per la prima volta nella nostra lunga storia soltanto da pochi, ma sembra che nel nostro tempo siano molti a sentirsi chiamati alla grande avventura della coscienza, come se dovessimo compiere un passaggio nella nostra evoluzione collettiva comparabile a quello raccontato dal libro dell’Esodo, in cui un intero popolo deve attraversare il Mar Rosso per lasciare la schiavitù e incamminarsi verso la Terra Promessa. Sembra inoltre che nel nostro tempo si delinei per la prima volta un processo in cui, durante il tramonto della civiltà occidentale dominatrice, si fanno sentire manifestazioni nascenti di un mondo nuovo, liberato dal millenario potere patriarcale: una morte/rinascita su scala collettiva, al di là delle estinzioni subite dalle civiltà del passato o della nascita di civiltà nuove. Che fare, allora, in questo tempo in cui l’inefficienza del sistema politico-economico che abbiamo creato si aggrava fino a raggiungere livelli catastrofici di povertà, fame, insalubrità e degrado ambientale, etico e culturale? A differenza di altri periodi, nei quali un comportamento rivoluzionario significava un’opposizione ai nemici del bene comune, oggi quando il male, come nel racconto cinese, “cade da solo”, sembra che la priorità sia per la comunità di farsi carico di ciò che le istituzioni tradizionali hanno tralasciato e di certo sempre più tralasceranno nell’ora del collasso finale; ciò avviene già da decenni per mezzo delle innumerevoli organizzazioni civili che l’ONU chiama non governative. I compiti necessari sono tanti. Edgar Morin ha esposto lucidamente molti di essi nel suo recente libro La via. Per l’avvenire dell’umanità. Sono molti anche coloro che, adesso senza lavoro, potranno prestare aiuto; è perfino immaginabile che con le eccedenze agricole ci si possa sfamare, se la comunità prevale sulla volontà commerciale di distruggerci per poter proteggere i valori del mercato. 9


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Ma persino il più completo trattamento dei sintomi di una malattia fallirebbe se non si prestasse sufficiente attenzione alle sue cause. Spero che l’enfasi che do nella mia visione all’ego patriarcale, così come l’analoga enfasi che nella mia proposta di azione correttiva chiedo di dare alla formulazione di una proposta educativa per uscire dal patriarcato, giustifichino la pubblicazione di questo libro, il cui contenuto può costituire forse un’ispirazione per coloro a cui spetta la costruzione di un mondo futuro.

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INDICE

INDICE

Prologo

3

Per una politica della coscienza

12

Dalla povertà interiore a una spiritualità poliedrica

52

Al di là della crisi finanziaria, della diseguaglianza e della violenza: la trascuratezza dell’essenziale

59

Discorso d’apertura alla conferenza mondiale sull’educazione e la sostenibilità del 2010

62

La libertà, fondamento dell’amore

65

Educare all’amore per mezzo della conoscenza di sé

76

Il famoso enneagramma

86

Incamminarci verso la saggezza. Il recupero della mente intuitiva e la cultura umanistica

119

Il potenziale della meditazione come educazione dello spirito oltre le religioni

130

Il programma SAT come scuola di conoscenza di sé e dell’amore

152

Umanizzare l’impresa per riumanizzare la società e cambiare l’economia

175

La coscienza globale, la massa critica e il potere della delegittimazione

185

Bibliografia

204

Sull’autore

206 211


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Claudio Naranjo

La rivoluzione che stavamo aspettando Ecologia profonda, educazione etica e consapevolezza per vivere la crisi come rinascita

Claudio Naranjo è uno dei pensatori più originali e prolifici del XX secolo. Nato in Cile nel 1932, il suo lavoro ha incessantemente intrecciato psicoterapia, antropologia, spiritualità e pedagogia. Tra i padri della Gestalt Therapy, ha fondato il SAT, un programma di formazione olistica per lo sviluppo personale e professionale. Nel settembre 2007 gli è stata conferita la Laurea Honoris Causa in Scienze della Formazione presso l’Università degli Studi di Udine. Tra i numerosi libri pubblicati in Italia: Gli enneatipi nella psicoterapia; Cambiare l’educazione per cambiare il mondo; La civiltà, un male curabile; Per una Gestalt viva; L’ego patriarcale; Amore, coscienza e psicoterapia.

www.terranuovaedizioni.it

Questo libro è il testamento politico-sociale di Claudio Naranjo, un testo che non lascia indifferente chi lo legge. In pagine dense di sapere e rimandi ai più grandi pensatori mondiali, l’autore propone un percorso per raggiungere una maggiore consapevolezza e una massa critica tale da consentire un cambiamento nella coscienza globale. Naranjo dedica riflessioni illuminanti al significato della libertà e dell’educazione, riassume le caratteristiche salienti della sua psicologia degli enneatipi, ovvero della visione integrativa della personalità, e si sofferma sul contributo della meditazione al processo di scoperta del sé. I capitoli conclusivi sono dedicati al programma SAT, elaborato nell’omonimo Istituto da lui fondato nei primi anni ’70, e alle modalità atte a umanizzare le imprese per riumanizzare la società e cambiare l’economia. In chiusura il volume rilancia uno dei nodi centrali della riflessione contemporanea: la necessità di una nuova coscienza per cambiare il mondo. Un libro dedicato a chi guarda con inquietudine e volontà di cambiamento lo stato attuale del pianeta e dello sviluppo umano. ISBN 88-6681-032-2

€ 14,00


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