Tesi di Architettura - Politecnico di Bari

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TIRANA Nuove forme dell’abitare

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TIRANA N u ove fo r m e d e l l’a b i t a re

Caratteri identitari e modelli innovativi

Politecnico di Bari DICAR - FacoltĂ di Architettura a.a. 2017-2018 Relatrice prof. arch. Anna Bruna Menghini

Laureandi Andrea Bogotto Stefania Cappa Riccardo Catamo Francesca Diaferia Donatella Lanzilotti Antonella Losito

Collegio dei docenti prof. arch. Francesca Calace prof. arch. Michele Montemurro prof. arch. Sokol Dervishi prof. arch. Matteo Ieva prof. arch. Vitangelo Ardito Tutor arch. Joni Baboci arch. Frida Pashako 3


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Sommario Prefazione

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1. Il territorio albanese 1.1 Orografia e collegamenti 1.2 Eredità culturali 1.3 Area vasta Durana

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2. Città pianificata e città spontanea 2.1 Contesto storico 2.2 Modelli urbani 2.3 Le parti della città e i tessuti stratificati della città attuale

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3. Il piano TR030 3.1 Le strategie del piano 3.2 Analisi parallele dell’esistente con il piano TR030 3.3 L’uso del suolo 3.4 Il sistema delle coordinate polari

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4. Introduzione all’area di progetto 4.1 Presentazione dell’area 4.2 Analisi dello stato di fatto dell’area 4.3 Gli indici del piano e le unità strutturali 4.4 Potenzialità e criticità dell’area di progetto 4.5 Lo schema direttore

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5. Il progetto urbano 5.1 I modelli insediativi 5.2 Vuoti come connettivo del progetto

6. Strumenti di intervento urbano 6.1 Strategie e strumenti generalizzabili 6.2 Cronoprogramma

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Appendice

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Ringraziamenti

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Prefazione Il Laboratorio “Nuove forme dell’abitare” si colloca in un filone di ricerca teorica e applicata in atto presso il Dipartimento DICAR del Politecnico di Bari, incentrato sui temi dell’housing contemporaneo e dello sviluppo di modelli insediativi innovativi integrati nei contesti territoriali e culturali di appartenenza. In continuità con gli studi che da più di un decennio si svolgono nel Corso di Laurea in Architettura di Bari sull’area balcanica, si è assunto come caso studio Tirana, un esempio ritenuto particolarmente significativo poiché si tratta di una città complessa e problematica, che ha avuto la maggiore crescita in epoca moderna e che è tuttora soggetta ad un grande sviluppo edilizio. La capitale albanese, benché frutto di trasformazioni incoerenti, contraddittorie e conflittuali, rappresenta oggi un laboratorio molto attivo nella ricerca della forma urbana, nell’applicazione dei principi della pianificazione e nella sperimentazione dei meccanismi di attuazione del progetto contemporaneo. Già dagli inizi del Duemila, il piano di Architecture Studio, le esperienze dello Studio Dogma e del Berlage Institute, il progetto di Grimshaw, il recente piano di Boeri, testimoniano la volontà della Municipalità di Tirana di far partecipare a pieno titolo questa realtà urbana al dibattito internazionale sullo sviluppo delle città occidentali. Il Laboratorio si pone in continuità con una precedente esperienza, condotta attraverso il Laboratorio “Green Belt Tirana”, che si è misurato sul tema della “cintura verde” e sulla definizione del margine tra periferia urbana, paesag-

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gio naturale e rurale nella capitale albanese. Il Laboratorio “Nuove forme dell’abitare” ha affrontato lo studio delle forme insediative e abitative sviluppatesi nel corso del tempo a Tirana, corrispondenti a diverse idee di città pianificata o a crescite spontanee, che si sono sovrapposte, innestate o affiancate e che attualmente in buona parte convivono disordinatamente in quartieri centrali e periferici: dall’insediamento ottomano, alla città italiana a quella socialista, allo sviluppo informale. Il Laboratorio, come è ormai prassi consolidata, ha integrato la ricerca teorico-metodologica con la sperimentazione progettuale. Si sono analizzati il rapporto tra orografia, morfologia urbana e tipi edilizi e si sono studiati i processi di trasformazione della città nel suo complesso, cercando di coglierne gli aspetti qualificanti e le invarianti. Si sono quindi individuate le parti omogenee che caratterizzano la città contemporanea, facendo una campionatura dell’esistente, ma anche studiando i modelli di riferimento. Si sono verificate in termini metodologici le densità edilizie presenti nel Piano vigente elaborato dall’architetto Boeri e si è indagato come possano dare luogo a strutture aggregative e a spazi dell’abitare innovativi e rispondenti al nuovo contesto sociale, economico e culturale, ma al contempo congruenti ai caratteri identitari della città. L’obiettivo operativo è stato quello di sviluppare dei progetti pilota, proponendo forme aggregative e tipi edilizi rispondenti ai rinnovati modi di abitare (co-living per studenti, anziani, co-working per aziende e gruppi d’impresa, living-working per lavoratori free-lance, artisti, artigiani), concentrando l’atten-


zione su un ambito particolarmente significativo della Tirana contemporanea: l’area periferica ad ovest occupata dalla grande fabbrica tessile Kombinat, oggi in abbandono, e le zone prospicienti, caratterizzate dallo sviluppo di edilizia informale. Quest’area di margine, a vocazione produttiva e residenziale, è in rapporto diretto con il paesaggio rurale ed è contenuta in una sacca all’interno del tracciato del “metrobosco” previsto dal Piano Boeri. L’area ha una forte caratterizzazione, per la presenza della ex fabbrica e del quartiere operaio costruito a suo servizio, ma risponde anche a delle condizioni tipiche del contesto periferico di Tirana e contiene degli aspetti modellizzabili. La zona è separata in due macro-aree da un asse, una delle arterie principali che si diramano da piazza Skanderbeg: la parte a valle consistente nella fabbrica e nel tessuto informale retrostante, disposto seguendo parzialmente l’originaria suddivisione agraria, e la parte adagiata sulle pendici della collina, occupata da un ulteriore tessuto informale disposto secondo l’orografia, e dal cimitero. L’obiettivo è stato quello di realizzare un nuovo polo alla scala urbana e territoriale, che costituisca la porta ovest della città, integrando nel sistema le grandi infrastrutture previste dal piano. Mantenendo, e anzi rafforzando il differente carattere dell’area a valle rispetto a quella frontistante, posta sulle pendici della collina, il progetto ha sperimentato nuove forme dell’abitare e rinnovate interpretazioni per l‘alta e la bassa densità edilizia, declinando le diverse possibilità che offrono gli indici fondiari stabiliti dal piano. Si sono studiati nuovi tipi per i modi dell’abitare contemporaneo, che reinterpretino la tradizione locale dello spazio urbano, introducendo nuo-

vi rapporti tra spazi aperti/chiusi, pieni/ vuoti, pubblico/privato, città/natura. Alla scala architettonica si è affrontato il tema dell’aggiornamento dei caratteri e delle tecniche costruttive che identificano lo spazio domestico tradizionale albanese. Riconoscendo a Tirana il valore di “città per parti” determinate dalle condizioni fisiche, storiche, funzionali e sociali, il progetto ha individuato i diversi ambiti urbani e ne ha definito i margini, separandoli attraverso degli spazi interstiziali di natura. In queste “isole urbane”, identificate formalmente e funzionalmente, si sono reinterpretati i modelli della città ottomana nel quartierino in altura, della città moderna (da quella italiana compatta fatta di strade e piazze “scavate” a quella socialista fatta di grandi corti) nel quartiere intensivo alle spalle del Kombinat, della città industriale nella ex-fabbrica tessile. Queste “isole” sono attraversate da un sistema verde che funge da connessione, articolandosi in un parco agrario lineare con percorso attrezzato, corrispondente alla lingua pianeggiante che arriva fino a Kashar, nel parco urbano-foro all’interno del Kombinat, nel parco terrazzato alle pendici della collina-promontorio, fino al bosco sulla collina con il belvedere e il percorso snodato a monte che collega i diversi promontori fino al lago artificiale situato nel terminale sud dell’asse monumentale. La tesi ha sperimentato diversi modelli insediativi, che possono essere così sintetizzati: - città-natura (vuoti di natura e forme urbane) - città densa (tessuti urbani tra densità e discontinuità) - l’edificio-città (la “grande architettura” come metafora della città).

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A. Den-City. Il quartiere intensivo a valle Alle spalle del Kombinat si è prevista la demolizione del tessuto informale e la creazione di un nuovo quartiere. Un basamento organizzato come un tessuto compatto con tagli e spazi aperti, si pone in una relazione compositiva da una parte con la maglia a campate iterate del Kombinat e dall’altra in continuità fisica con il tracciato dei campi e dei canali. Il basamento ricorda gli spazi dei bazaar (il cui paradigma è quello di Istanbul) articolati come tante cellule seriali, con grandi aule incastonate, e contiene botteghe, un mercato coperto e spazi destinati al settore agroalimentare, in continuità con il retrostante parco dell’agrifood e il paesaggio agricolo periurbano, punteggiato da aziende sperimentali e fattorie didattiche. Su questo “suolo” artificiale si sovrappongono delle corti regolari che generano una griglia cartesiana, interpretando la città socialista composta di grandi cortili abitati con i servizi al centro. Il piano di appoggio delle corti è uno spazio trasparente e permeabile, contenente gli spazi del lavoro e del coworking legati principalmente alle funzioni dell’agri-food e del tessile. Ai piani superiori si collocano le residenze, la cui presenza è motivata dalla volontà di creare un quartiere con funzioni integrate (housing, spazi pubblici, lavoro, produzione, commercio, cultura, loisir), che possa vivere in tutte le ore del giorno. Questo principio insediativo dà luogo a una città stratificata, con spazi aperti e chiusi che dalla funzione pubblica basamentale pensata alla scala territoriale, passano progressivamente alla scala urbana definita dagli spazi semipubblici del lavoro e della resi-

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denza collettiva, fino ai luoghi sempre più intimi e privati dell’abitare individuale. B. Building-City. Il complesso del Kombinat L’ex complesso industriale viene rifunzionalizzato, con destinazioni legate al tessile, tra Arte, Artigianato, Industria, Costume, Economia, Formazione, Cultura. Si prevede la valorizzazione di piazza Garibaldi, l’unico spazio pubblico presente attualmente nell’area, caratterizzato dall’accesso monumentale al Kombinat, e degli edifici della fornace, collocati nella parte opposta del complesso, che mostrano l’originaria identità della fabbrica. Nelle strutture esistenti e negli ampliamenti perimetrali si prevedono attività legate alla Produzione (Officine, Atelier, Laboratori), Formazione (scuola, centro congressi), Educazione (giardino-serra didattico sui tessuti naturali - spazio didattico sui tessuti di sintesi nella fornace), Documentazione e memoria (Museo del Lavoro e del Tessile), Esposizione (Museo della Fiber Art), Commercializzazione (fiera-mercato), Ricerca e innovazione sui materiali e sui processi di produzione (laboratori, officine), Uso e Riciclo del tessile. La fascia vuota retrostante, compresa tra la ex fabbrica e il nuovo quartiere, si caratterizza come un foro-parco destinato ad attività ricreative e a spazi per eventi e spettacoli. Il bypass previsto dal piano separa il Kombinat dal basamento del quartiere, ma un ampio collegamento centrale scavalca la grande infrastruttura viaria che scorre parzialmente in trincea, riconquistando l’unità delle parti.


C. City-Nature. Il quartiere estensivo sulla collina Nel quartiere posto alle pendici della collina, costituito da un tessuto abitativo seriale e discretizzato che si adagia sul suolo adeguandosi all’orografia, si è lavorato sul rapporto tra morfologie della terra e forma insediativa. In un contesto attualmente privo di una forma definita, di gerarchie e di spazi pubblici, si sono individuati dei sotto-insiemi e delle centralità; si sono stabilite le connessioni con la città e con il contesto naturale, le gradazioni interne dei percorsi e degli spazi. I servizi di quartiere e urbani, disposti ai piedi dell’insediamento, ai bordi del quartiere operaio socialista, lungo il parco terrazzato centrale e nella parte sommitale, fungono da sistemi ordinatori ed emergono dal tessuto di base con forme derivate dalla modellazione del suolo (podi, basamenti, bastioni, belvederi) o attraverso tipi architettonici riconoscibili (edifici a corte aperte o chiuse, torri, recinti). Nel tessuto esistente si è agito in modo puntiforme, attraverso le operazioni del diradare, densificare, concentrare, sostituire l’edificato attuale. Si è anche studiato un quartiere modello suddiviso in comparti, prevedendo la possibilità di grandi investimenti e interventi unitari. Queste strategie sono pensate come replicabili in contesti simili, con le opportune variazioni.

e dell’arch. Frida Pashako, Director in Department of Territorial Development Control. Gli studenti hanno effettuato una ricerca documentaria sui diversi piani di Tirana, sulle attuali normative e hanno individuato le aree e i casi studio su cui svolgere l’esercizio progettuale, confrontandosi con le disposizioni del piano vigente. L’esperienza è stata arricchita dal co-tutoraggio, del prof. Sokol Dervishi, esperto in Building and Urban Physics presso Epoka University di Tirana. Anna Bruna Menghini

Allo svolgimento del lavoro di tesi hanno concorso le discipline della Progettazione architettonica, Pianificazione urbanistica e Caratteri degli edifici. Il tirocinio è stato svolto presso la Municipalità di Tirana, sotto la guida dell’arch. Joni Baboci, General Director of Planning and Urban Development

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1. Il territorio albanese 1.1 Orografia e collegamenti 1.2 EreditÀ culturali 1.3 Area vasta Durana 1.3.1 Sistema della mobilità 1.3.2 Sistema agricolo 1.3.3 Percorsi turistico-naturali 1.3.4 Percorsi turistico-culturali

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1.1 Orografia e collegamenti L’Albania è uno stato che confina con il Montenegro, con il Kosovo, con la Macedonia e a sud con la Grecia. Le sue coste sono bagnate dal Mar Adriatico mentre le pianure occidentali si affacciano sul mare, in particolare sul Canale d’Otranto, che separa l’Albania dalla Puglia, e sullo Ionio. Il territorio è costituito da una piccola porzione di terreno pianeggiante e agricolo, mentre la gran parte del territorio è collinare, montuoso e molto impervio. La vetta più alta è il Monte Korab che confina con la Macedonia. I fiumi maggiori sono il Drin, la Voiussa, il Seman, e lo Shkumbin; essi hanno valli profonde con pareti scoscese e terreni coltivabili in fondovalle. Generalmente non navigabili, i fiumi ostacolano piuttosto che favorire gli spostamenti all’interno della regione alpina. I laghi maggiori dell’Albania sono tre: il lago di Scutari, il lago (di) Ocrida e il lago (di) Prespa: Il lago di Scutari costituisce confine con il Montenegro, quello di Ocrida costituisce il confine con la Macedonia, mentre il lago di Prespa con la Macedonia e con la Grecia. La zona delle pianure alluvionali, che riceve precipitazioni stagionali, non è drenata in maniera idonea, ragion per cui è alternativamente arida o allagata. Gran parte del terreno della pianura è non coltivabile. La pianura alluvionale è spesso inospitale quanto le montagne. Suoli di buona qualità con precipitazioni affidabili, invece, si trovano nei bacini dei fiumi intermontani, nella regione dei laghi lungo il confine orientale ed in una stretta fascia di terre di media altitudine fra le pianure

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litoranee e le montagne interne. Una bassa fascia costiera si estende dal confine settentrionale verso sud fino alla zona di Vlorë. In media, si estende per meno di sedici chilometri verso l’interno, ma si allarga fino a circa cinquanta chilometri nella zona di Elbasan nell’Albania centrale. Ci sono grandi zone paludose ed altre zone spoglie e soggette a erosione. Ad altitudini leggermente più elevate invece, dove le precipitazioni sono regolari, ai piedi delle regioni montuose centrali, per esempio, gran parte dei terreni sono coltivabili. Anche se il terreno è accidentato e punti di elevata altitudine contraddistinguono le regioni montuose centrali, la prima catena montuosa importante dell’interno, partendo dall’Adriatico, è una zona dalle rocce principalmente serpentine, che si estende per quasi tutta la lunghezza del paese, dalle alpi albanesi settentrionali fino al confine greco a sud di Korçë. Dal punto di vista ambientale l’attuale condizione albanese è ben lontana dagli standard europei. Importanti sforzi, negli ultimi dieci anni, hanno portato alla realizzazione di ben 9 parchi Nazionali. L‘esigenza di preservare ettari di territorio nasce anche dai recenti trascorsi: in passato l’Albania è stata notevolmente deforestata ma fortunatamente negli anni Novanta questo processo è rallentato fino quasi ad arrestarsi. Il 36,2% del paese è attualmente coperto di boschi ed il terreno coltivabile costituisce il 25,5% della superficie totale del paese, gran parte dei terreni coltivabili è anche adibita a pascolo. L’intensa deforestazione, il pascolo


non controllato e le frequenti inondazioni hanno incrementato notevolmente il processo di erosione del suolo. L’orografia abbastanza inospitale dell’Albania causa difficoltà nella realizzazione di infrastrutture di collegamento; ciononostante tutte le principali città albanesi sono collegate fra loro con strade statali. La più importante autostrada collega la città di Durazzo a Tirana, e un’altra, ancora in fase di costruzione, unisce Durazzo a Valona. Dal 2007 l’Albania ha intrapreso un’intensa opera di infittimento della rete urbana il cui principale successo da allora può essere considerato l’inaugurazione dell’”Autostrada della Patria” che collega Pristina con Durazzo. Nel 2009 è stato inaugurato il tratto Durazzo - Kukes dell’autostrada, Importante anche il tratto Tirana-Elbasan, che grazie ad un tunnel ha diminuito notevolmente la distanza tra le due città, ed in generale tra la capitale e il Sud del paese. La seconda priorità invece è la costruzione del Corridoio Europeo 8, che collegherà l’Albania alla Macedonia e alla Grecia. Amministrativamente l’Albania è suddivisa in 61 comuni raggruppati in 36 distretti privi però di poteri di tipo amministrativo. La capitale del paese, Tirana, ha uno statuto speciale. L’economia dell’Albania è equiparabile a quella di altri Paesi in via di sviluppo, secondo la metodologia del Fondo Monetario Internazionale (FMI) e delle Nazioni Unite (ONU). L’Albania non è un paese ricco per gli standard europei e sta attualmente compiendo la difficile transizione verso un’economia di mercato. La caduta del regime comunista del 1990 è infatti avvenuta più tardi e in modo più caotico rispetto agli altri paesi dell’Europa dell’Est, ed

è stata caratterizzata da un massiccio esodo di rifugiati politici e emigranti economici verso l’Italia e la Grecia nel 1991 e nel 1992. La caduta del regime comunista e la conseguente transizione democratica hanno consentito l’avvio di un costante processo di sviluppo economico e sociale e di un forte cambiamento culturale. Dagli anni 90’ la popolazione si è attivata concretamente per contribuire alla ricostruzione dell’Albania portandola, oggi, ad essere un paese in crescita con un’economia ben avviata. Nonostante questo vero e proprio boom economico, i cui effetti sono visibili anche nella capitale Tirana, i problemi non mancano; infatti, come di solito accade nelle economie in espansione, sono presenti fenomeni diffusi di corruzione, di criminalità organizzata, ed un alto tasso di disoccupazione. Molti di questi problemi sono legati alla mancanza di adeguate infrastrutture, e, soprattutto, all’insufficiente stato di applicazione e rispetto dei diritti umani attinenti alla diversità di genere, di orientamento sessuale, etnica e religiosa. Gli ambiti in cui un maggiore impegno politico e sociale è urgente e necessario sono il diritto all’istruzione, che solo di recente è tornato tra le priorità politiche nazionali; la lotta al lavoro minorile; la libertà di espressione; il traffico di bambini, costretti dalla malavita organizzata al lavoro minorile o alla prostituzione; le violenze domestiche, sempre più frequenti e sempre meno denunciate; il pessimo stato delle carceri minorili: obsolete, sovraffollate e dove i minori sono costretti a vivere in condizioni igieniche e mediche precarie, spesso condividendo lo spazio con detenuti adulti.

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L’ attuale governo è ben deciso a fare della valorizzazione del patrimonio storico, artistico, culturale e ambientale una carta vincente del modello di sviluppo albanese, in questo scenario si inserisce il PNL, Il Piano nazionale generale “Shqipëria 2030”, che è lo strumento fondamentale della pianificazione territoriale in Albania, e affronta le questioni di pianificazione in modo integrato, considerando il territorio albanese nel complesso. I principali obiettivi prevedono in primis l’integrazione nel contesto europeo, di pari passo si prevede di creare un’economia forte e competitiva e di valorizzare il patrimonio storico, culturale e naturale, di modo da migliorare la qualità di vita di ogni singolo cittadino. Lo strumento per l’evoluzione economica che si è ritenuto più idoneo è la regionalizzazione. La regionalizzazione prevede la creazione di città e regioni come spazi e attori importanti nell’economia e la politica globale e nazionale; regione, come forma di organizzazione territoriale che abilita la connessione tra il territorio, l’economia e la politica, e un sistema flessibile che aiuta il decentramento, assicura l’economia di scala e facilita le relazioni tra le istituzioni. Tuttavia, la regionalizzazione può avvenire solo se alcune componenti strategiche all’interno di queste macroaree, come le città e le zone rurali circostanti, cooperano per aumentare i benefici reciproci. L’ obiettivo infatti è quello di presentare uno schema funzionale di cooperazione che aumenti le opportunità e uno sviluppo rapido e a lungo termine. La regionalizzazione è basata su standard chiari e appropriati che al-

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cune località e città strategiche hanno messo in atto per lo sviluppo di settori specifici (es. Industria, commercio e servizi commerciali), grazie alla loro posizione geografica, risorse naturali, tradizione e cultura, con un orientamento equilibrato verso il raggiungimento dello sviluppo. L’ Area Vasta viene definita come un territorio non delimitato amministrativamente. Area in cui è possibile governare una serie di effetti causati da azioni sia antropiche che non antropiche. La pianificazione dell’Area vasta si può fare per distretti, comprensori, altre unità territoriali che non coincidono con un confine amministrativo ben definito. - Il Piano Generale Nazionale supporta: Lo sviluppo di un territorio policentrico, completo e densificato; - La creazione e il rafforzamento di città dinamiche, attraenti e competitive nelle regioni urbanizzate; - L’organizzazione gerarchica dei centri urbani al fine di consentire un orientamento intelligente degli investimenti pubblici; - Il consolidamento delle principali città nella regione periferica e centrale del territorio nazionale per assicurare uno sviluppo spaziale equilibrato. Queste città dovrebbero servire come punti di riferimento chiave che rafforzeranno il collegamento con le aree rurali circostanti; - Lo sviluppo della struttura territoriale supportata dallo sviluppo della rete nazionale di trasporto che rafforza inoltre l’accesso e la permeabilità in tutto il paese. Questa rete dovrebbe garantire la connessione internazionale del paese attraverso le città gateway con i paesi confinanti nella re-


gione balcanica e oltre il Mediterraneo e l’Europa; - Il consolidamento di poli di sviluppo regionale come Shkodra-Lezha, Kukes, Korca-Pogadrec, Tirana-Durazzo, Elbasan, Valona-Fier- Berat, Argirocastro-Saranda è essenziale non solo per sostenere lo sviluppo territoriale policentrico, ma anche per i ruoli di sostegno che queste cittĂ forniranno per un equilibrio sviluppo economico del paese; - La valorizzazione di aree di sviluppo specifico come Malesi e Madhe-Tropoja, Fushe Arrez-Puka-Mirdita, Dibra-Mat-Klos-Bulqiza, Skrapar-Kelcyre-Permet; queste aree sono caratterizzate da caratteristiche specifiche, che si riferiscono alla loro posizione geografica,a risorse naturali o a valori del patrimonio storico e culturale, ecc.

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1.2 EreditÀ culturali La presenza di una grande quantità di abitazioni rurali nel patrimonio culturale albanese, alcune delle quali datate dal XVIII secolo alla metà del XX secolo ha permesso di ripercorrere e studiare il processo evolutivo della casa tradizionale. Inizialmente, si trattavano di modeste dimore a impianto quadrangolare, ed era predominante la tipologia a piano o a mezzo piano, formata da un piano principale, destinato ad abitazione, e un piano terra più piccolo, adibito a deposito, fienile o a luogo di lavoro, che presentava gli interni poco illuminati, con pareti spoglie, spesso senza rivestimento ed articolate in nicchie. Dopo il XVIII secolo, l’evoluzione dell’abitazione rurale è stata fortemente influenzata da fattori storici ed economici. Al differente ritmo di sviluppo dell’Albania settentrionale, più lenta rispetto a quella dell’Albania meridionale, corrisponde una diversificazione delle tipologie abitative nelle varie regioni, in termini di forme e soluzioni architettoniche impiegate. Nella regione settentrionale, la casa si evolve in altezza, sviluppando abitazioni che raggiungono anche i tre piani, con un solo ambiente per piano, collegati tra loro da una scala interna o esterna. La presenza di balconate o di gallerie lignee chiuse (teliz) che percorrono due o tre facciate del piano superiore indicano un allargamento della superficie abitabile in corrispondenza degli ambienti di soggiorno e della creazione di chioschi. A scopo difensivo, le case di montagna sono più protette e chiuse rispetto a quelle a valle, per cui gli elementi esterni in legno sono progressivamente eli-

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minati, e la quantità e le dimensioni delle bucature si riducono. L’abitazione, costruita interamente in pietra, diventa fortificata, creando la tipologia a kulla. In alcune abitazioni di Tirana, il nucleo è rappresentato dalla casa del fuoco, con gli altri ambienti che si sviluppano attorno ad essa. La casa del fuoco è la stanza principale della casa, destinata alle attività giornaliere della famiglia, e consiste in un ambiente molto spazioso, munito di ballatoio interno, ed è raggiungibile attraverso i vani circostanti. Nei villaggi di questa zona, le abitazioni possono assumere anche una articolazione più complessa, per la presenza di grandi famiglie patriarcali, che necessitano di spazi ad uso collettivo. La tipologia più diffusa è la casa con çardak, che consiste in un portico posto al piano superiore, avente sia funzione distributiva sia di sosta, soprattutto nei mesi estivi. L’evoluzione di questa tipologia parte dal çardak presente su tutto il fronte principale dell’abitazione, che si evolve con il çardak al lato, creando una pianta ad L, o inglobato tra due ali simmetriche, o, infine, completamente chiuso, per aumentare la disponibilità di vani abitabili tutto l’anno. La kulla urbana è la tipologia predominante di Argirocastro. Presenta tratti difensivi ben accentuati, ma non si deve confondere con l’abitazione fortificata rurale. Si trova generalmente su un terreno accidentato, che ne condiziona il suo orientamento, e risulta essere più ricca di altre tipologie abitative. Dal punto di vista costruttivo, le case tradizionali albanesi presentano elementi ricorrenti e riconoscibili.


Le murature sono costituite da blocchi di pietra squadrata sovrapposti a una serie di binari lignei. Questi ultimi servono a tenere compatte le pareti verticali e a collegare tra loro più pareti verticali nei punti di intersezione. Hanno la funzione dei diatoni presenti nelle maggior parte delle costruzioni in murature della zona. La presenza della doppia struttura costituita da pietra e legno permette alle murature di resistere maggiormente sia alle sollecitazioni verticali che a quelle orizzontali assumendo così buone capacità di resistenza alle sollecitazioni sismiche. Nei casi in cui siano presenti dei collegamenti trasversali della muratura, essi sono ottenuti con binari lignei e conci di pietra di lunghezza superiore alla metà della larghezza del muro. Nelle murature molto spesse si è notato che ogni 2 filari di pietra e dopo il posizionamento di 2 conci, a partire dall’angolo si pongono in opera 3 conci più lunghi (diatoni) necessari per il collegamento trasversale assieme ai binari lignei. I binari lignei longitudinali che corrono lungo tutta la lunghezza dei muri sono realizzati con legno di quercia. I binari trasversali, disposti ogni 40-50 cm., sono di legno di ginepro o gelso. Nell’angolo delle murature i binari si sovrappongono e sono tra loro collegati da un ulteriore elemento obliquo che determina una struttura lignea triangolare. L’elemento obliquo dei binari esterni rimane occultato entro lo spessore della muratura. Quello obliquo dei binari interni rimane invece visibile all’angolo interno del vano delimitato dalle due murature angolari. Per quanto riguarda i solai, sono prevalentemente in legno e composti da un sistema formato da travi maestre, travicelli e tavolato. L’interasse tra i tra-

vicelli è tra 40 e 50 cm e la loro sezione, oscillante tra 10x15 cm e 15x20 cm, varia con la luce dei vani da coprire e la dimensione dell’interasse. Nella copertura dei vani di modeste dimensioni la struttura della copertura è costituita dai soli travicelli orditi parallelamente ai lati corti e incastrati come sopra detto nelle murature contrapposte dei lati più lunghi. Il tavolato è formato da tavole spesse 2,5-3,5 cm poggiate l’una accanto all’altra perpendicolarmente sui travicelli, così da ottenere un piano uniforme di supporto alla pavimentazione. Il legno utilizzato per le travi maestre e per quelle secondarie è generalmente di quercia o di castagno, mentre per il tavolato è utilizzato il pino o l’abete.

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Piante, prospetto e sezione della casa di Tirana

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Piante, prospetto e sezione della kulla

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Piante, prospetto e sezione della casa con teliz

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1.3 Area vasta Durana 1.3.1 Sistema della mobilità La città di Tirana, in quanto capitale, è considerata il polo amministrativo, finanziario e culturale della nazione, pertanto è fin dall’inizio il centro dello sviluppo economico della regione e un polo attrattivo per gli investimenti dei privati. Durazzo, grazie alla presenza del posto, è il più importante polo commerciale albanese: il corridoio stradale che connette questi due centri urbani è diventato il principale centro economico del paese, evidenziato dal traffico e dalla presenza di numerose imprese e servizi. Per questo motivo, è diventato necessario creare una piattaforma territoriale su cui basare la futura crescita della regione: infatti, il Piano Interdisciplinare Integrato per la regione Tirana-Durazzo ha l’obiettivo di regolamentare lo sviluppo spontaneo e incontrollato dell’area. L’implementazione delle politiche riguardanti la mobilità a scala regionale e gli investimenti sulle infrastrutture sono aspetti essenziali per la crescita della regione, in termini di efficace circolazione di beni e persone. Ai fini dello sviluppo di una mobilità sostenibile, il Piano Integrato combina politiche riguardanti la gestione del territorio delle aree urbane e rurali con la pianificazione del trasporto. Attualmente, uno dei problemi principali nell’ambito della mobilità è la mancanza di percorsi diretti a scala nazionale, costringendo il traffico ad alta percorrenza ad attraversare i centri abitati. Per questo motivo, è prevista una nuova rete stradale di bypass regionali per connettere efficacemente i centri urbani e i poli economici.

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Nel caso specifico di Tirana, inoltre, è essenziale la creazione di corridoi strategici per la connessione del nuovo sistema dei nodi multimodali, quali il porto di Durazzo, l’aeroporto “Madre Teresa” e il nuovo quartiere industriale di Vaqarr.


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1.3.2 Sistema agricolo Le zone collinari limitrofe a Tirana presentano un’alternanza tra le coltivazioni a terra e le piantate di ulivi e alberi da frutto, oltre a terreni più ad alta quota, adibiti al pascolo. Per quanto riguarda lo sviluppo del settore della agro-industria, attualmente non esiste una normativa per incentivare la diffusione di un’agricoltura biologica e di un network di slow food. Tuttavia, la vicinanza tra le aree coltivate e le periferie della capitale, che stanno diventando sempre più dei nuovi poli urbani, potrebbe garantire la circolazione sul mercato di prodotti coltivati a km 0. A causa dell’orografia prevalentemente montuosa, il sistema agricolo albanese è sviluppato soprattutto nelle limitate aree pianeggianti a valle e, dove possibile, lungo i crinali terrazzati delle colline. Questa particolare configurazione offre alle aree rurali un alto valore a livello paesaggistico, in quanto spesso i campi coltivati creano un suggestivo effetto cannocchiale nelle vallate. Grazie al potenziale della regione, l’agro-turismo rappresenta una concreta possibilità di crescita per il territorio.

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1.3.3 Percorsi turistico-naturali L’area di Durana presenta un potenziale non indifferente nel settore turistico. L’ obiettivo del piano punta a migliorare l’ecosistema naturale della regione, basandosi sulla creazione e la naturale interconnessione di parchi e aree naturali con un alto potenziale turistico paesaggistico; in altre parole collegando, attraverso dei corridoi verdi, le aree naturali protette a livello urbano, regionale e nazionale alle nuove aree proposte. Inoltre, è possibile individuare diverse tipologie di turismo attuabili: oltre allo sviluppo di un sistema basato sui paesaggi rurali, sono presenti anche svariate riserve naturali protette, che occupano il territorio sia costiero che montuoso, garantendo una diversità di paesaggi e di attività praticabili. A queste, si aggiungono i parchi urbani, sia naturali che progettati, e le aree balneabili ad alto valore paesaggistico disposte lungo la costa settentrionale e meridionale di Durazzo. Per un proficuo sviluppo del turismo, è necessario prevedere un’efficace rete infrastrutturale, formata da itinerari di tipo rurale, montuoso e costiero, che migliorano la qualità dell’ambiente naturale e aggiungono valore al paesaggio della regione metropolitana Tirana-Durazzo, attualmente quasi mancante e se presente perlopiù isolata. Essi sono predisposti prevalentemente per essere percorsi tramite una mobilità dolce e sono inseriti in un contesto infrastrutturale più ampio.

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1.3.4 Percorsi turistico-culturali Un’altra categoria di turismo potenziale è quello di tipo culturale. Il territorio intorno a Tirana, infatti, presenta una serie di poli con un alto valore storico culturale che, se correttamente promossi, potrebbero diventare il cardine di un nuovo sistema economico basato sul turismo sia nazionale che internazionale. La fornitura di infrastrutture turistiche di qualità è un prerequisito necessario per attrarre investimenti e turisti nella regione, promuovere l’area e permettere uno sviluppo sempre più fiorente della capitale e del’ area vasta. Le componenti principali delle infrastrutture turistiche includono il miglioramento e la realizzazione di strade e ferrovie, l’accesso agevole e diretto all’aeroporto e strutture ricettive di facile raggiungimento. All’interno della Durana coesistono beni architettonici di diversa natura e afferenti a periodi storici diversi, importanti per la ricostruzione identitaria del luogo. Il piano prevede la rivalorizzazione di beni di ogni genere, a partire dai luoghi più antichi, appartenenti ai primi insediamenti dell’area, quali grotte, fino alle opere ingegneristiche come ponti e mura fortificate. Inoltre sono diffuse le architetture fortificate di epoca ottomana, come bastioni e castelli con altissimo valore culturale ed identitario. Si prevede una riqualificazione e l’inserimento nei percorsi turistici anche dei grandi edifici monumentali di epoca fascista presenti in aree urbane e natali. In ultimo negli itinerari si prevede l’introduzione delle zone industriali

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dismesse di epoca socialista, pilastri portanti della storia degli ultimi decenni. Queste ultime, se opportunamente riqualificate, possono diventare dei veri e propri poli culturali per le zone periferiche della capitale. I percorsi turistici finalizzati al collegamento degli attrattori culturali, hanno la doppia valenza di promuovere lo sviluppo del settore, e, allo stesso tempo, creare percorsi alternativi rispetto principali strade veicolari della regione. Questi itinerari riuscirebbero a coinvolgere una utenza abbastanza varia, sia per i molteplici ambiti di interesse dei poli attrattori, sia per l’intrigante condizione morfologica del territorio, che rende il percorso entusiasmante da più punti di vista, sia culturale che paesaggistico.


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2. CittÀ pianificata e cittÀ spontanea 2.1 Contesto storico 2.2 Modelli urbani 2.2.1 Dalla città ottomana alla città comunista 2.2.2 La città contemporanea 2.3 Le parti della cittÀ e i tessuti stratificati della cittÀ attuale

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2.1 Contesto storico La collocazione della città di Tirana, posta in corrispondenza di importanti vie commerciali per l’intera Albania, certamente ne ha influenzato lo sviluppo urbano e parallelamente l’importanza, attirando nel corso dei secoli l’attenzione di diversi popoli. Il primo nucleo urbano riconoscibile si poneva attorno ad edifici di culto islamico, con lo scopo di convertire la popolazione dopo la conquista del territorio albanese da parte dell’impero ottomano nel XIV secolo. La conquista fu relativamente lenta, a causa della natura ostile del territorio e della resistenza da parte degli abitanti condotti da Skanderbeg, eroe albanese che riuscì fino alla sua morte a contrastare la conquista ottomana. In questo primo nucleo, l’edificio più simbolico era la moschea del Pascià Solimano, intorno alla quale erano poste le residenze dei signori feudali oltre a un bagno, un forno ed una locanda, che hanno portato alla crescita del bazar. Il secondo nucleo si attesta all’inizio del XVIII secolo attorno alla moschea del Fuoco, posta a circa 600 m dalla precedente in direzione nord-ovest; a questo sussegue un terzo nucleo a nord-est attorno alla moschea di Zajmi, poi demolita, ed un quarto nucleo attorno alla moschea di Haxhi Ethem; successivamente, in zone poste attorno al primo nucleo, venivano a crearsi altri aggregati urbani attorno a moschee, edifici cardine di questi centri che, seppur nati separatamente, con la loro espansione si fusero creando un unico agglomerato urbano. La disposizione del vecchio impianto urbano ci perviene solo grazie ad una

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cartografia risalente al 1917 redatta dagli austriaci durante l’occupazione nel primo conflitto mondiale. In questa cartografia la città presentava uno sviluppo radiale-anulare intorno ad un centro costituito dal bazar, e distingue, rispetto all’edificato privato, gli edifici culturali e quelli civili a carattere pubblico. Dopo la sconfitta degli austriaci, l’Albania fu occupata militarmente dagli italiani, pur dichiarandone l’indipendenza, finché nel 1920 una delegazione di albanesi approvò uno statuto nel quale si appura la volontà dell’indipendenza albanese e la formazione di uno stato avente come capitale Tirana, perché centrale nel territorio, e del quale Sulejman Bej Delvina ne fu primo ministro. Nello stesso anno venne siglato un accordo tra il nuovo stato e l’Italia, la quale si impegnava a tutelare l’indipendenza albanese e a ritirare le proprie truppe dal territorio. Dopo le elezioni politiche del 1921 nacquero vari raggruppamenti politici, che portarono nel 1922 Ahmet Bey Zogu, rappresentante dei ricchi proprietari terrieri del nord, a diventare primo ministro. Zogu adottò un modello di governo antidemocratico, avente come obbiettivi la difesa del potere interno e la ricerca di aiuti economici esterni al paese, per fare ciò si avvalse dell’aiuto finanziario del regime fascista che lo aiutò a consolidare il suo potere nel paese. Solo dopo questi aiuti economici, e dopo un consolidamento del potere interno, si proclamò la nascita della Repubblica d’Albania avvenuta nel 1925, e la successiva nascita della Banca Nazionale d’Albania e della SVEA, Società per lo Sviluppo Economico dell’Albania, attraverso la quale si ottenne-


ro finanziamenti per la realizzazione di infrastrutture e opere pubbliche. Il governo fascista approfittò delle aperture di Zog per impostare una linea di interventi economici e militari in vista di una maggiore influenza italiana sull’Albania. L’aumento repentino di potere da parte di Zog, tale da proclamarsi re d’Albania nel 1928, portarono l’Italia ad intervenire militarmente, così che, approfittando della scusante di liberare il territorio dall’assolutismo di Zog, occupò l’Albania. Con l’annessione dell’Albania al Regno d’Italia si procedette a darle un’identità fascista, privandola della sua identità nazionale, investendo capitali in vari campi dell’economia e nella realizzazione di infrastrutture ed edifici pubblici, specialmente a Tirana. E’ proprio durante l’occupazione fascista che vengono fatti vari piani urbani per la città di Tirana, riguardanti la risistemazione di piazza Scanderbeg e la realizzazione del grande viale monumentale. Lo scoppio del secondo conflitto mondiale incentivò interventi da parte della resistenza anti-fascista di Tirana a liberare il paese, spinti dal desiderio di creare un regime democratico progressista albanese. Le operazioni militari tedesche contro le forze partigiane albanesi fallirono, e il Comitato Nazionale Anti-fascista (LANC), sotto la presidenza di Enver Hoxha, combattè una delle battaglie più eroiche per la liberazione di Tirana, durante la quale, in uno scontro avvenuto nel centro storico, venne distrutta la moschea del Pasha Solimano Bargjini. Tirana fu liberata il 17 novembre 1944 e il nuovo governo, con a capo Enver Hoxha, si stabilì a Tirana il 28 novembre 1944. Sul finire del 1945 si tennero delle nuove elezioni democratiche che videro

vincitore il gruppo del Fronte Democratico. Hoxha, come primo segretario generale del Partito Comunista d’Albania, successivamente chiamato Partito del Lavoro, rese il suo partito l’unico legale, eliminò i suoi rivali, e confiscò tutti i beni di proprietà facendoli diventare pubblici. Vennero intensificati i rapporti con l’URRS finché, dopo l’intenzione di andare verso una società marxista, si allontanò dall’influenza sovietica, la quale aderì alla revisione fatta da Kruscev; inoltre, uscì dal patto di Varsavia nel ’68 ed in fine, dopo aver interrotto anche i rapporti con la Cina, il regime rimase isolato per molto tempo. Dopo la morte di Hoxha avvenuta nel 1985, il potere passò a Ramiz Alia, fedelissimo di Hoxha, il quale, pressato dalle proteste popolari, in un clima dove il comunismo era oramai in grave crisi, concesse le prime elezioni libere nel 1991 che portarono alla fine del regime comunista e alla rinascita della democrazia. Le prime riforme del nuovo governo democratico riguardarono la nuova Costituzione, il nuovo sistema politico ed economico liberale, con il conseguente ripristino della proprietà privata. In seguito venne perseguito un atteggiamento di apertura e adeguamento verso i programmi europei.

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2.2 Modelli urbani 2.2.1 Dalla città ottomana alla città comunista La città conobbe le fasi iniziali del suo sviluppo urbanistico durante il periodo di dominazione ottomana, ossia cinque secoli che vanno dal XIV al XIX. I fattori che influenzarono la nascita della città furono al contempo nuclei e limiti di espansione urbana: le moschee, il bazar, la fortezza e la situazione topografica. Secondo alcune fonti la città di Tirana sarebbe stata fondata all’inizio del XVII secolo, precisamente nel 1614, dal generale Suleiman Pascià, che trasformò il villaggio presente nell’area in una città, costruendo una moschea, un forno ed una sauna turca. Per convertire la popolazione dal cristianesimo all’islam, furono costruite nel tempo più moschee all’interno della città, intorno alle quali si svilupparono isole urbane, che col tempo si fondarono dando vita alla città di Tirana. In successione temporale, i nuclei urbani che nacquero sono: Il primo, nato dalla costruzione della moschea da parte di Suleiman Pascià, attorno al quale si sviluppò a sua volta un concentrato urbano più intensivo disposto in maniera radiale attorno al primo; Il secondo, all’incrocio delle principali arterie di collegamento fino ad arrivare alla sponda destra del fiume Lana; Il terzo sorse a nord est del primo, avendo come fulcro la moschea di Zajmi costruita nel 1775; Il quarto risale all’epoca della moschea di Haxhi Ethem; La posizione di Tirana era e rimane strategica perché si trova su un incrocio importante di collegamento fra

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varie città del Paese: Durazzo, Scutari, Elbasan, Kavajes. Per questo motivo esisteva un grosso bazar, cuore dell’antica città, grande quasi 3 ettari, di forma triangolare, inquadrato da due strade e da piazza Skanderbeg. “Si tratta di un intrico di vie e viuzze, fiancheggiate da casupole ridotte alla minima espressione, per lo più col solo pianterreno, col negozio aperto sulla strada e col retrobottega, quando necessario, per deposito e laboratori. Bottegucce l’una accanto all’altra, su due file per ogni via” (B. Castiglioni, 1941). L’antico bazar fu poi distrutto nel 1905 e ricostruito nello stesso posto con soluzioni più razionali, caratterizzate da lunghi porticati, tettoie ed apposite banchine. Fu poi completamente distrutto nel 1960 ed al suo posto fu costruito il Palazzo della Cultura. Secondo la teoria di Castiglioni, anche la presenza della fortezza avrebbe influito sui primi sviluppi urbani della città. Questa si posizionava a sud delle tre moschee e del bazar, che costituivano il quartiere più antico della città, separata da una zona alberata. Da quest’ultima si sviluppavano quartieri abitativi a est e nord-est, mentre a sud l’espansione era ostacolata dalla presenza stessa della fortezza. Studiando la situazione topografica della città si evince quali sono i limiti naturali di espansione urbana. A est si innalza l’imponente monte Dajti, che dà alla pianura nella quale sorge Tirana una leggera pendenza che declina da est verso ovest. A causa di questa pendenza, il territorio presenta numerosi terrazzamenti, risultato degli scavi causati dai torrenti che in periodo di piena scavavano in questa direzione. Di fondamentale importanza

Edificazione di epoca ottomana


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è la presenza del fiume Lana, rispetto al quale l’abitato si posiziona quasi esclusivamente sulla sponda nord, in particolar modo nella zona nord-est, scelta dovuta anche al fatto che a sud del fiume vi era il limite dell’orlo di un terrazzo naturale. Anche a nord l’espansione è bloccata dalla presenza di una scarpata lunga ben 3 km. Questi due terrazzi si incastrano alla confluenza del fiume Tirana, in prossimità del quale è possibile vedere anche un terzo terrazzo. Primo piano regolatore generale austriaco, 1923 Ing. Skender Frasheri, Col. Stolf Il piano è opera dell’ingegnere Skender Frasheri, e si tratta di un compromesso tra la costruzione di un sistema ortogonale di strade e il miglioramento di quelle esistenti di tipo radiale. Venne creata una maglia rettangolare di strade a sud e a ovest del Bazaar, che a nord e a est segue la direzione di quelle principali; vennero inoltre ampliate le vie principali della città. Il piano cercava di unificare e razionalizzare l’originario insediamento ottomano composto di più nuclei spontanei, creando così una rete ortogonale di strade con orientamento nord-sud sviluppata a nord-ovest del Bazaar e a nord-est invece confermando l’originario sviluppo radiale determinato dagli assi territoriali. Per quanto riguarda la città storica, invece, venne prevista la costruzione di strade rettilinee che tenessero conto delle chiese e delle strutture pubbliche, invece l’edificato esterno al Bazaar fu oggetto di opere di sventramento. L’espansione della città fu

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progettata essenzialmente a sud e a ovest del Bazaar, quasi libera; mentre l’incontro tra la rigida maglia stradale e gli argini del fiume Lana non venne risolto. Per quanto riguarda i tracciati extraterritoriali, questi vennero rettificati e ampliati demolendo parte del tessuto edilizio. Piano particolareggiato, 1924-27 Arch. Armando Brasini L’Architetto italiano Armando Brasini elabora tre proposte per il centro direzionale di Tirana. La prima soluzione del 1924-25 prevede la costruzione di una grande piazza circolare a ridosso del Bazaar a cui si innesta un boulevard monumentale in direzione nord-sud, che termina con la piazza del palazzo presidenziale; l’architetto si propone di dare unità e comprensibilità ad un insieme di funzioni distinte, e il suo atteggiamento è di completo distacco sia dall’edificato preesistente che dalla morfologia del terreno. L’edificato consolidato è escluso dal progetto tramite un sistema di mura che sancisce il recinto di fondazione di una nuova “città direzionale” nella città esistente, le emergenze architettoniche non sono oggetto di considerazione mediante una loro integrazione nel progetto e questo sarà uno dei motivi della non realizzazione del piano. La seconda soluzione è quella del 1926, in cui rimangono alcune proposte del primo progetto come la piazza circolare delimitata dai portici dei palazzi che la cingono. Anche in questo progetto Brasini non dialoga col contesto esistente, le strade radiali che dipartono dalla piazza principa-

Primo piano regolatore generale austriaco


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le strutturano il nuovo insediamento; anche questa proposta non venne eseguita. Nel 1927 l’architetto propone un’ipotesi con la piazza centrale a forma di conchiglia che per la prima volta dialoga col tessuto storico con una corona di spazi pubblici di grandezza inferiore, questa piazza diventa inoltre il principio di espansione a sud. L’asse perde i suoi connotati monumentali e diventa un viale urbano delimitato da edifici con funzione pubblica con direzione nord-sud, che separa nettamente la nuova espansione dall’insediamento precedente. Secondo piano regolatore generale austriaco, 1926 Ing. Eshref Frasheri, Castallani, Weiss Il secondo piano regolatore non fu solo la revisione di quello precedente, ma materializzò l’idea di Brasini dell’asse nord-sud che avrebbe intersecato perpendicolarmente il Lana. Altri tre autori che contribuirono al progetto furono l’ingegnere Eschref Frasheri, l’ingegnere italiano Castellani e l’austriaco Weiss. Il centro amministrativo doveva essere eretto a sud-ovest del Bazaar, venne abbozzata piazza Skanderberg elaborando i disegni della piazza circolare di Brasini, che però qui assume una forma più longitudinale, da cui dipartono gli assi radiali. Resta ferma l’idea di sovrapporre alla città esistente una maglia reticolare stradale, operando degli sventramenti del tessuto indifferenti alla stratificazione storica. L’espansione dell’edificato era prevista a sud-ovest del Bazaar e riprendeva le idee della

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prima proposta di Brasini, una piazza circondata da edifici di forte spessore posta come cerniera fra la città storica e quella nuova e attraversata dall’asse nord-sud. Per la prima volta il piano si occupa anche della canalizzazione del fiume Lana che però non venne realizzata. Primo piano regolatore generale zoghiano, 1928 Arch. Kohler Il piano, opera dell’architetto Kohler, rafforzò ulteriormente l’idea di un’arteria di collegamento tra il nucleo esistente ed il nuovo centro politico, e prevedeva una vasta espansione residenziale a sviluppo estensivo, con edifici costruiti in lotti rettangolari, attorno ad essa secondo i principi della città giardino. I limiti di questa forma di urbanizzazione sono l’elevato consumo di suolo, la necessità di risorse finanziarie ingenti e la frantumazione del tessuto sociale della città frantumato dalle grandi distanze. Questo piano regolatore ha provveduto all’assetto del Lana, che diventa il contro-asse della città, e alla parcellizzazione della Tirana nuova. La città storica è ancora opera di sventramenti che mirano a stabilire un ordine geometrico stradale.

Primo piano regolatore generale zohiano


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Secondo piano regolatore generale zoghiano, 1929-35

Piano particolareggiato area residenziale, 1930-37

Si delineò l’intero asse nord-sud, a partire dallo stadio fino al palazzo reale. Si stabilirono nuovi confini per la città, a causa dell’impetuoso sviluppo economico. L’ampliamento dei confini prevedeva eventualmente una crescita della zona abitativa e dello spazio verde a est lo sviluppo industriale invece ad ovest, anche se questa variante dei confini non è mai stata realizzata. I confini sono stati definiti nel 1931 secondo una via non rettilinea che a sua volta passava per otto punti poligonali che erano gli incroci con le strade radiali principali e gli estremi del fiume Lana; al centro non c’era piazza Skanderbeg ma piazza Sulejman Pasha, oggi Avni Rushemi. Il piano delineava l’asse nord-sud dove a sud era posizionato il palazzo del palazzo residenziale e fiancheggiato da giardini disposti a semicerchio con alle spalle la nuova Tirana edificata sui principi della città giardino. A nord il viale terminava con lo stadio previsto sull’area dell’attuale stazione.

Il piano regolatore considera nel dettaglio solo la parte di Tirana Nuova, rifacendosi tutto al piano del 1929. Lo sviluppo progressivo del centro abitato vede affacciarsi nuove classi sociali: gli impiegati e gli operai insieme alle classi dirigenti, ai nuovi borghesi e agli esponenti delle casate storiche albanesi; ognuna con differenti esigenze abitative dettate anche dal differente potere economico. Vennero progettati interi quartieri residenziali ad hoc per impiegati e operai; per quanto riguarda invece le classi più agiate, i pianificatori predisposero la lottizzazione delle aree edificabili della Tirana Nuova, definendo le unità del nuovo quartiere secondo il nome dei proprietari.

Piano particolareggiato boulevard nord, 1929 Si tratta della realizzazione del boulevard Zog I a nord di piazza Skanderbeg. La sezione stradale si compone di due larghi marciapiedi non alberati a ridosso degli edifici; due corsie per senso di marcia separate da un’area alberata al centro che si interrompe in corrispondenza di emergenze architettoniche o agli incroci con le strade extraurbane.

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Piano particolareggiato cavea di piazza Skanderbeg, 1935 Arch. Giulio Bertè, Impresa Staccioli L’ architetto Giulio Bertè realizza la sistemazione dei giardini di piazza Skanderbeg. Egli scava il suolo, disegnando una forma rettangolare orientata nord-sud come la piazza, con il lato nord allineato con la moschea di Eschem Beut e l’altro lato corto semicircolare a sud. Crea uno spazio intimo, racchiuso, all’interno di uno spazio aperto e restituisce dignità architettonica agli edifici.


Piano particolareggiato di piazza Skanderbeg, 1931-36 Arch. Florestano Di Fausto Nel 1931 l’architetto romano Florestano di Fausto elaborò una variante al piano regolatore dando una forma conclusa a piazza Skanderbeg, che costituiva una forma di cerniera tra il vecchio e il nuovo tessuto nel punto di intersezione dell’asse con i principali percorsi. Questa soluzione si adatta al piano regolatore di Kohler; la piazza doveva avere una forma esagonale allungata in direzione est-ovest dov’era prevista la realizzazione di un contro-asse. L’architetto progettò una sistemazione a giardino tripartita, dove al centro era posizionata la statua di Skanderbeg affiancata da un giardino formante due spazi circolari ad est e a ovest del monumento. I quattro lati corti dovevano essere occupati dai ministeri, i due lati lunghi invece dovevano essere occupati da un edificio pubblico con doppia fronte e da una chiesa cristiana. La seconda soluzione, del 1929, prevede la costruzione di un grande boulevard nord-sud che attraversa piazza Skanderbeg, posta ad ovest rispetto alla soluzione precedente in modo da rispettare il Bazaar. Si tratta di un’ellisse geometrizzata dalle fronti degli edifici specialistici racchiusi tra un complesso sistema stradale. La parte sud verrà realizzata mentre il municipio a nord venne realizzato e in seguito demolito. La proposta del 1931 invece modifica solo lo spazio centrale creando un rettangolo a gradoni con i lati corti semicircolari. Nel 1936 di Fausto propone un nuovo progetto che riguarda l’area nord della piazza, restano solo due dei quattro edifici previsti nel ’29.

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Piano regolatore generale italiano, 1939 Arch. Gherardo Bosio, Giuseppe Paladini, Ferdinando Poggi Nel 1939, con l’occupazione militare dell’Albania fu fondato l’Ufficio Centrale per l’Edilizia Urbanistica; l’obiettivo era quello di attuare gli interventi per migliorare le condizioni della città da un punto di vista igienico, urbanistico ed estetico. Le funzioni dell’ufficio erano di controllo sull’attività costruttiva pubblica e privata, sullo sviluppo economico, urbano e paesaggistico e sulla progettazione edilizia e urbanistica estesa su tutto il territorio albanese. Gherardo Bosio fu chiamato a dirigere l’ufficio, che nel dicembre del 1939 portò a termine il progetto di massima del Piano regolatore di Tirana, che prevedeva numerosi ambiti di intervento che andavano dalla scala urbana a quella architettonica, con la sistemazione di piazza Skanderbeg, il progetto di Via dell’Impero, il Palazzo Littorio, e altri edifici collocati sull’asse principale. Al Piano regolatore furono allegati regolamenti urbanistici, si fissarono delle regole di costruzione da applicare su Via dell’Impero e sugli isolati compresi tra questo e le due strade parallele che prevedeva: la destinazione d’uso (uffici, locali di riunione ai piani terra, abitazioni soli ai piani superiori, cantine o ripostigli al piano interrato, divieto di attività produttive), allineamento e unitarietà dei fronti stradali, uso del verde (giardini per isolare gli edifici dal traffico, bordature alberate ad alto fusto per maggiore decoro delle facciate e per ombreggiatura al traffico pedonale estivo), altezza de-

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gli edifici (massimo 3 piani fuori terra), delle cornici e dei piani, rivestimenti in marmo o pietra per garantire uniformità di stile e dignità architettonica. Via dell’Impero era l’asse conformatore del nucleo urbano, si estendeva dall’attuale stazione ferroviaria, congiungendo piazza Skanderbeg e piazza Littoria, al grande parco sulla collina, instaurando una relazione col paesaggio. Su di esso erano collocati i vari edifici specialistici. Lo schema della città consolidata era a carattere monocentrico e ad espansione concentrica, in cui la rete stradale era insufficiente a smaltire il traffico collegamenti trasversali; inoltre la città era lambita ad essere la più intensa corrente di traffici automobilistici. Le soluzioni previste furono: - La costruzione di una circonvallazione esterna al nucleo urbano di 8,11 km, ampi nodi stradali di incrocio con le direttrici esterne per favorire il flusso; - Creazione di un anello interno al nucleo urbano; - Scissione del traffico di Piazza Skanderbeg in due direttrici che collegassero la città con Durres e Kavajes; - Prolungamento della strada quasi parallela a via dell’Impero; - Creazione di due importanti assi di smistamento del traffico con andamento est-ovest, a nord e a sud del Lana, con potenziamento dei viali lungo il fiume. Per risolvere i problemi di traffico di piazza Skanderbeg furono una sistemazione del giardino incassato, progettato da Bertè, a sede stradale mentre di fronte ai Ministeri furono previsti ampi giardini alberati; fu prevista la demolizione della Baskia collocata a nord della piazza e la costru-

Piano regolatore generale italiano


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zione del nuovo Municipio. Il piano cercava di stabilire attraverso indagini democratiche l’incremento della popolazione, fenomeno dovuto all’immigrazione che si era accentuata da quando Tirana era diventata capitale. Si prevedeva una zona extraurbana che si sviluppava attorno alla città comprendente un quartiere satellite alla città giardino a nord del fiume Tirana, e quartieri residenziali estensivi a sud e ad est della città. Venne prevista una zonizzazione che distingueva aree intensive, semintensive, estensive, militari, industriali e di verde pubblico, precisamente vi erano: - Area industriale a ovest, lungo le strade per Durazzo e Scutari, con manifatture e abitazioni operaie raccolte in quartieri di carattere estensivo; - Area estensiva ad est, con ville signorili e ville modeste; - Villaggio degli zingari a sud-ovest - La città giardino sulle sponde del torrente con la zona balneare; - Aree cimiteriali, ospedaliere, mercati, fiera del bestiame e zona espositiva a sud-est; - Centro sportivo, parco e villa luogotenenziale a sud. Un ruolo importante era quello del verde, che si poneva da una parte come antidoto alle condizioni igieniche del tessuto esistente, e dall’altro come espressione di una nuova estetica urbana. Il collegamento con la tradizione era legato alla ripresa dal verde, che rappresentava una caratteristica fondamentale della Tirana storica di orti e giardini. Nonostante questo nella fase di attuazione il piano mutò il suo atteggiamento verso le preesistenze, con trasformazioni che incidevano notevolmente il tessuto storico con l’apertura di due vie

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succursali parallele a via dell’Impero e l’abbattimento del Bazaar per questioni igieniche. Piano particolareggiato per la regolarizzazione degli argini del fiume Lana, 1939 Arch. Gherardo Bosio, Impresa Marinucci Nel piano viene affrontato il problema di geometrizzazione degli argini e della definizione dei punti di attraversamento. Il primo segmento dei lavori interessa l’area di intersezione fra il corso d’acqua e l’asse nord-sud. Il progetto previde la realizzazione di una sezione trapezoidale in cemento armato per generare un contro-asse al boulevard. Il viale non si interrompe col boulevard ma lo supera tramite un ponte di pari sezione stabilendo una continuità diretta tra le due sponde. Regolamenti edilizi dei viali: Viale Vittorio Emanuele, Viale Mussolini, Via Principe Umberto, Viale dell’Impero, 1940 Arch. Gherardo Bosio Il regolamento edilizio redatto da Gherardo Bosio distinse diverse azioni progettuali sulla base della destinazione d’uso delle arterie stradali. Il viale Vittorio Veneto era il tratto nord che da piazza Skanderbeg raggiungeva l’area militare, oggi sede della ferrovia; sul viale dovevano prospettare edifici destinati ad abitazioni nei piani superiori e per negozi, esercizi pubblici, uffici o locali di riunione ai piani terra. Questi edifici dovevano presentare 3 piani fuori terra, era con-


sentita una sopraelevazione purché arretrata e anche l’arretramento della facciata per la costruzione di un giardino antistante, ma con edifici più piccoli. Per viale Mussolini e via Principe Umberto invece venne proposto un regolamento notevolmente elastico per quanto riguarda la dimensione dei fabbricati, perché la situazione preesistente presentava episodi architettonici non omogenei. Per quanto riguarda viale Mussolini, questo sarebbe stato racchiuso fra edifici destinati a negozi, esercizi pubblici, uffici e abitazioni. Per il viale Principe Umberto era stato proposto l’obbligo che tutti gli edifici fossero arretrati, creando dei giardini antistanti, gli edifici erano destinati ad abitazioni uffici o locali di riunione. Il viale dell’Impero era quello che doveva collegare piazza Skanderbeg con la nascente piazza del Littorio, con edifici destinati prevalentemente ad uso pubblico o uffici. La sezione stradale era stata progettata con cinque carreggiate, con ampi marciapiedi ai bordi per l’isolamento degli edifici dal traffico centrale, questi erano stati alberati con alberi ad alto fusto per fornire decoro agli edifici e ombreggiamento estivo. Gli edifici dovevano presentare un modulo di 4m in facciata, dovevano avere un piano terra alto 6m e tre piani di sopraelevazione; era imposto l’uso del marmo per tutte le facciate per fornire dignità architettonica agli edifici.

Piano particolareggiato di piazza Skanderbeg e adiacenze, 1940 Arch. Gherardo Bosio Bosio abbandona l’idea della piazza come spazio chiuso, con una forma geometrica compiuta, e anzi propone la demolizione della vecchia Baskia. L’architetto intendeva ricostruire il municipio inserendolo nelle logiche del regolamento urbanistico di viale Mussolini. Dei portici ai piani terra degli edifici, con archi a tutto sesto, esplicano la destinazione a negozio; il portico è sormontato da una finestra quadrangolare, da una loggia e dal tetto a falde. Secondo Piano Regolatore Generale Italiano, 1942-43 Arch. Ivo Lambertini, Ferdinando Poggi L’architetto Ivo Lamberti subentra a Bosio come direttore dell’Ufficio Centrale dell’Edilizia e dell’Urbanistica dell’Albania. Egli non apporta sostanziali modifiche rispetto al piano precedente, salvo alcune rettifiche sul tracciato stradale. Piano particolareggiato piazza Skanderbeg, 1942 Arch. Ivo Lambertini, Ferdinando Poggi L’architetto Lambertini si pone in continuità con l’operato di Bosio, c’è solo una diversa sistemazione dell’area del Bazaar mediante un nuovo sistema di portici e di collegamenti.

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Piano regolatore comunista, 1957 Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, la popolazione albanese iniziò ad essere attratta dall’ideologia marxista-leninista. Nel 1941 venne fondato il partito comunista albanese, con a capo Enver Hoxha, il cui programma principale fu la liberazione del paese dagli occupanti. Fino al 1990, anno in cui iniziò il processo di democratizzazione, in Albania fu imposto il modello sovietico: la collettivizzazione delle terre e del bestiame determinò un depauperamento delle risorse agricole del paese. La proprietà privata fu totalmente eliminata attraverso espropriazioni fondate e senza indennità; i programmi di aiuti e prestiti dell’Unione Sovietica non furono sufficienti e il paese divenne povero e isolato. Il piano promosso affrontò i problemi della crescita della città, non contraddicendo il modello urbano proposto dal piano italiano precedente. I punti principali furono: - sistema stradale: un tracciato anulare esterno che univa le due estremità dell’asse; creazione di due parallele al Lana; miglioramento e allargamento della rete stradale. - sistema insediativo: crescita della densità della popolazione con conseguente costruzione di edifici a 3-4 piani nel primo anello, e di 1-3 piani nel secondo; creazione di aree periferiche a forma di città satelliti, lungo le vie di trasporto principali e verso la periferia, con qualità architettonica ed esecutiva bassa, con blocchi prefabbricati monotoni e ripetitivi. - sistema del verde: raggiungimento dello standard 8 m2 / ab. e la realizzazione di una zona verde attorno al lago a sud della città.

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- sistema industriale: sviluppo ad est e ad ovest della città, dove si trovavano la fabbrica tessile Stalin e un quartiere operaio per 4000 famiglie. La sistemazione di piazza Skanderbeg avvenne nel 1965 col piano particolareggiato, e venne chiuso il fronte nord col Palazzo della Cultura e poi col Museo Storico Nazionale. Vennero abbattute parti di città, coerentemente con l’ideologia comunista: il bazaar, il municipio, la cattedrale ortodossa, un vecchio complesso di negozi, alberghi, bar e un gruppo di case tradizionali considerate degradate e senza valore. Al loro posto furono costruiti edifici monumentali, in International Style, fuori scala rispetto alle opere precedenti; si ricostruirono intere parti di città di scarsa qualità, e aumentò il fenomeno degli edifici isolati. Gli unici edifici posti sotto protezione furono la moschea di Ethem’Beu e la Torre dell’Orologio, il complesso dei ministeri e alcuni edifici tipici di Tirana.

Primo piano regolatore comunista


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Secondo piano regolatore comunista, 1989 Nel 1985 l’Istituto Nazionale di Urbanistica e Architettura promosse il disegno di un nuovo piano regolatore, adottato nel 1989, che affrontò le problematiche legate all’adeguamento dell’edilizia abitativa all’aumento demografico della città, confermando l’emergenza del boulevard e rafforzandone il ruolo di asse a scala territoriale. Le zone residenziali si erano espanse, prive di attrezzature e servizi pubblici, e le aree industriali si erano espanse invadendo quelle residenziali. Gli obiettivi del piano erano: - Soddisfare la necessità abitativa entro il 2005; - Definizione di nuovi spazi industriali e risolvere il problema dell’inquinamento; - Riqualificazione dell’area residenziale per introdurre i servizi necessari, anche operando delle demolizioni dov’è necessario; - Controllo dell’immigrazione; I punti necessari furono: - Sistema stradale: creazione di un anello esterno per il traffico pesante; allungamento delle radiali fino all’intersezione col nuovo anello e delle strade parallele al Lana verso est e ovest; creazione di due nuove radiali; allungamento dell’asse principale verso nord; - Sistema residenziale: espansione della città di 32 km2, divisi in area residenziale (1902 ettari), area industriale (524 ettari), servizi (293 ettari), aree verdi (439 ettari), aree agricole (80 ettari).

Secondo piano regolatore comunista

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2.2.2 La città contemporanea La cittÀ spontanea: l’edificazione informale Più di 50 milioni di persone in diversi paesi europei vivono in abitazioni cosiddette “informali”, prive, cioè, di diritti di proprietà, di regolamenti pianificatori e di norme edilizie. Questo fenomeno si è diffuso alla fine del Novecento, soprattutto nei paesi oggetto di cambiamenti politici ed economici radicali come l’Albania, che negli ultimi decenni ha conosciuto una serie di fenomeni migratori senza precedenti; dalle aree rurali la popolazione si è trasferita nelle grandi città, a causa della privatizzazione di fattorie e della conseguente frammentazione dei terreni agricoli. Oramai circa un terzo della popolazione albanese vive in alloggi spontanei. Gli insediamenti informali occupano 40.000 ettari di territorio, circa il 40% dell’area edificata, e contengono fino a un quarto della popolazione. In questo paese il fenomeno delle abitazioni informali e delle costruzioni abusive è fortemente diffuso, sia a Tirana che in altre città minori, specialmente lungo la costa e le strade principali, nelle aree di proprietà statale o in quelle suburbane, oramai segnate dalla presenza di volumi differenti disposti in maniera disordinata e indifferente al contesto. Il fenomeno di sprawl urbano non è gestito da leggi stabilite e condivise dalla comunità, ma segue la logica speculativa e le esigenze pratiche dei proprietari, che scelgono i limiti da mantenere, la dimensione, l’altezza e l’orientamento delle proprie abita-

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zioni. A tratti gli abitanti si conformano alle logiche che hanno regolato gli insediamenti spontanei del passato, come la conformazione del territorio, che viene rispettata sommariamente in contesti montuosi mentre del tutto ignorata in contesti pianeggianti, la presenza di bacini o corsi d’acqua, ecc.; anche se la necessità di un’abitazione ha fatto sì che ci si posizionasse in modo neutrale al contesto, senza alcun rispetto per il territorio, in luoghi anche rischiosi per l’incolumità delle famiglie che vi abitano. Si tratta di interi quartieri costituiti da case isolate in lotti irregolari posti ai margini del tessuto urbano, tra città e campagna, in zone prive di infrastrutture e servizi, spesso soggette al rischio idrogeologico, a fenomeni di erosione, frane, allagamenti; inoltre tali insediamenti producono inquinamento ambientale a causa della mancanza dei sistemi di smaltimento dei rifiuti. Per quanto riguarda la qualità di questi edifici, questi riprendono la tipologia della casa rurale, costruita maggiormente con l’utilizzo di materiali scadenti; si tratta di strutture in legno, lamiera e muratura precaria o intelaiate in calcestruzzo. Queste cellule in certi casi prendono spunto dalla casa tradizionale ottomana, anche se timidamente, mentre in altri casi troviamo l’influenza della cultura europea, con case di ispirazione palladiana e di ville hollywoodiane. Elementi fondamentali sono la scala esterna, di connessione tra le abitazioni quando queste sono su più piani, e la loggia, che riprendono i luoghi tradizionali della casa albanese come il Çardak, l’Hajat e il Divan. Forte è la relazione con il luogo di lavoro ed il collegamento con le aree

Edificazione informale


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produttive, che rappresentano la motivazione per cui tanti abitanti hanno deciso di spostarsi nei centri urbani più importanti; ciò si tramuta nella necessità di creare delle case-lavoro, che hanno fatto sì che alla cellula iniziale si andassero ad aggiungere una serie di servizi, come ad esempio garage, laboratori, botteghe ecc. Queste abitazioni possono essere interpretate anche come un ibrido della Maison Domino di Le Corbusier, in quanto presentano una struttura intelaiata in cemento armato, che quindi può essere liberamente articolata planimetricamente, ovvero un prototipo standard replicabile e aggregabile. L’elemento in comune tra tutte le strutture non è solo la tipologia o il materiale, ma anche l’idea del “non-finito”: le abitazioni sono spesso lasciate incompiute, soprattutto nella parte alta dell’edificio, in quanto è fortemente sentita la necessità di espandere la casa, con la crescita del nucleo familiare, che quindi oltre che in larghezza cresce anche in altezza. Il recupero delle aree informali porta con sé il problema della legalizzazione degli edifici, che in Albania sono generalmente costruiti con relativa cura. Il processo di regolarizzazione è iniziato con la Legge n. 9482/2006 e la creazione dell’Agency for Legalization, Urbanization and Integration of Informal Areas / Constructions (ALUIZNI), l’organo competente per la legittimazione delle costruzioni e l’urbanizzazione degli insediamenti abusivi.

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Piano Strategico di Sviluppo per l’area della Grande Tirana, 2003-2005 Architecture Studio La proposta si compone di 12 progetti che agiscono a scale differenti in luoghi differenti. Il principio che le tiene insieme in una visione coerente è l’intento di dislocarle come possibili centralità fuori dal centro di Tirana e allo stesso tempo il loro ruolo come centri che sono complementari allo stesso centro della città. Questa condizione trova il suo principio nell’idea della città come arcipelago. Il piano prevede le principali infrastrutture, in particolare il sistema stradale, la zonizzazione funzionale o le principali modalità d’uso del suolo. Il centro cittadino sarà allargato tanto da includere lo spazio entro il secondo anello della città, prevede la conservazione del terzo e quarto anello stradale fuori dal quale è prevista una green belt. È previsto il completamento del terzo anello di circonvallazione e un quarto anello con centro in piazza Skanderbeg. Per quanto riguarda il trasporto pubblico oltre alle linee autobus è prevista la costruzione di due linee per il tram. Il progetto vincitore ridefinisce il ruolo dell’asse nord-sud inserendo a sud una fascia caratterizzata da una forte presenza di verde con un’area residenziale che si estende dalla sede del Politecnico fino a piazza Skanderbeg; nel suo percorso l’asse incontra una serie di paesaggi che vuole valorizzare: dopo la collina boscosa a sud, la città giardino con il rafforzamento del sistema del verde, Piazza Skanderbeg oggetto di un progetto di riqualificazione, gli edifici a nord

Piano Strategico di Sviluppo per l’area della Grande Tirana


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della piazza da riqualificare, la nuova stazione ferroviaria che con la piazza rappresenterà una porta della città e infine un grande parco urbano che sarà messo in relazione con la prima circonvallazione; una serie di torri ridefiniranno verticalmente lo skyline di Tirana. Al di là della stazione è previsto un parco urbano che congiungendo le colline con la parte nord della città si prefigge di salvaguardare una parte di campagna e di rafforzare l’idea di un asse centrale inteso anche come elemento ambientale. L’asse nordsud troverà nel fiume Lana il suo contro-asse dove sono previsti inoltre lavori di bonifica e risanamento.

Piano particolareggiato per il fiume Tirana, 2015 Grimshaw Architects Nel 2012 è stato bandito un concorso dal comune di Tirana per il progetto del prolungamento del viale centrale della città in zona nord, nonché per la riqualificazione del fiume di Tirana, per una superficie totale di circa 1400 ettari. Lo studio di architettura di Grimshaw ha proposto il progetto che, secondo il comune di Tirana, era maggiormente adatto a risolvere le irregolarità urbanistiche della capitale. Comprendendo un quinto della città di Tirana, questo piano generale sviluppa un nuovo fulcro attorno a cui far ruotare l’intera città. Attingendo allo storico asse nord-sud centrato sulla piazza Skanderbeg, cuore identitario dell’intera città, il progetto estende questo viale esistente per altri 3 km permettendo di collega-

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re così i due grandi laghi, quello artificiale e quello di Paskuqan, garantendo inoltre il collegamento della città storica con quella nuova più a nord. L’asse est-ovest lungo il corso del fiume è inoltre riqualificato con la creazione di un parco lineare, ringiovanendo così il fiume Tirana e fungendo da cerniera per le restanti aree interessate a sviluppo urbano della città. Sia il parco fluviale che il viale sono strutturati attorno a una sequenza di spazi verdi aperti, salotti urbani che riflettono la cultura outdoor di Tirana e offrono ai cittadini luoghi in cui interagire e partecipare a programmi d’arte e attività pubbliche. Questo sistema naturale aperto e accessibile favorirà una percezione positiva della città, alleggerendo così la struttura complessiva della capitale. Il piano prevede inoltre la riqualificazione e la creazione di gerarchie nel sistema dei trasporti, la creazione di un tram e di un terminal multimodale.

Piano particolareggiato di Grimshaw


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2.3 Le parti della cittÀ e i tessuti stratificati della cittÀ attuale La città di Tirana è stata oggetto di numerose trasformazioni dovute alle varie occupazioni che si sono susseguite a partire dal periodo ottomano fino al periodo post-sovietico. Studiando lo sviluppo della città si può notare come la morfologia urbana abbia caratterizzato i diversi periodi. Il nostro intento è quello di capire come sono avvenuti i primi insediamenti residenziali e successivamente come si è evoluto il tessuto urbano. Significativa è anche la sua posizione geografica poiché Tirana è situata al centro dell’Albania, ad Est di Durazzo e a Nord-Ovest di Elbasan, in una valle circondata da alte montagne e colline, affiancata da diversi laghi e attraversata dal fiume Lana. È presente inoltre un altro fiume, che prende il nome della città stessa, a Nord, diventando un limite naturale. Proprio a partire dall’orografia della città possiamo capire come i primi insediamenti siano avvenuti nel cuore della vallata, circondandosi di attività come il bazar ed edifici di culto. La moschea infatti diventa il centro della città, attorno alla quale si instaurano insediamenti abitativi, vuoti che equivalgono a piazze rimandando ad un primo insediamento urbano. Qui si incontravano tutte le strade principali che creavano delle grandi arterie disposte in maniera radiale, dove il centro era appunto il bazar e la moschea vicina. Ciò che si viene a creare sono degli spazi residuali che hanno come spazi di distribuzione delle strade disposte in maniera pressoché radiale dalla quale si diramano altre stradine. Per ridefinire l’idea di città occorre

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riconoscere le molteplici idee di città che si sono avvicendate nel corso dei secoli e che inevitabilmente hanno dato luogo a differenti morfologie urbane anche complesse poiché si possono ritrovare numerose operazioni di trasformazione ma anche di sovrapposizione. Come emerge dallo studio dei piani regolatori di Tirana e dallo studio fatto per parti, è emerso che la città è frutto di diversi modelli di sviluppo, restituendo l’idea di una città stratificata seguendo le trasformazioni della sua evoluzione, una città fatta per parti, che cresce per aggiunte e per sottrazioni. In alcuni casi si tratta di soluzioni spazialmente autonome, che non colloquiano con il tessuto preesistente, ma che con prepotenza si inserisce sradicando e demolendo anche parti del tessuto storico. Il tessuto di Tirana, città che ha subito diverse occupazioni, può essere districato rendendo leggibile le componenti della citta compatta ottomana, la città giardino e la città monumentale moderna, la città arcipelago comunista, la città verticale, lineare, diffusa e informale contemporanea. Nella città contemporanea permangono frammenti dell’insediamento ottomano nella parte Nord-Est, questo tessuto è caratterizzato da edifici bassi e continui, che si raccolgono attorno alle moschee, e sono contraddistinti dai tetti rossi. Altra particolarità è la presenza di case recinto e di abitazioni composte da stanze che in parte aggettano su basamenti massivi e si aggregano lungo le strade strette delimitate da muri continui con giardini inclusi. La città monumentale e la città giardino che viene identificata come la


Tirana italiana è costituita da un asse monumentale, costruito durante l’arco degli anni 30 e si configura come un potente complesso rappresentativo alla grande scala e si è strutturato come un impianto lineare aperto in cui si inseriscono grandi piazze. All’inizio l’asse monumentale era inteso come un sistema organico che aveva come connettiv\o tra le piazze, spazi verdi e architetture. Adiacente al sistema assiale si inserisce, sia accostandosi, sia sovrapponendosi al vecchio nucleo urbano, la città giardino, riconfermando un principio insediativo già proposto nella precedente pianificazione austriaca che però oggi non è più leggibile nella sua unità. La città arcipelago è un modello di città che si è affermata durante il periodo comunista ed è tuttora leggibile anche se piuttosto degradato in molte delle sue parti. La particolarità la si ritrova nella presenza di nuclei-satelliti autosufficienti, insediamenti industriali e quartieri di case collettive costruite principalmente per i lavoratori delle industrie, racchiusi in grandi isolati a blocco aperto con spazi verdi centrali comuni e servizi interni. Questi quartieri si distinguono anche per il colore che predomina cioè il rosso dei mattoni con il quale edifici industriali ed edifici residenziali vengono costruiti. Dopo la caduta del regime la città si sviluppa in maniera incontrollata, infatti si percepisce chiaramente quella crescita frenetica, non dettata dal rispetto di regole. Ciò che si evince è la crescita in verticale che modifica lo skyline della città, l’estensione smisurata dei tessuti spontanei e ancor più impattante l’espansione lineare lungo le infrastrutture stradali. Le sequenze dei progetti che si sono

succeduti mostra come l’idea dell’asse sia maturata nel tempo, prendendo origine dal nodo di piazza Skanderbeg e trovando progressivamente una sua misura e identità. Anche se quello dell’asse è un progetto incompiuto, è proprio nella sua non finitezza che ha assunto un nuovo senso cioè il passaggio dall’idea delle corti chiuse alla realizzazione degli edifici isolati, introducendo il tema del vuoto. La realizzazione dava forma ad un boulevard senza città, un sistema di strade e piazze senza il continuum edilizio; con la pianificazione italiana il vuoto della città ottomana si trasformava in luogo costruito, strade e piazze architettoniche, richiamando i principi della prospettiva rinascimentale.

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Campioni del tessuto della cittĂ pianificata

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Campioni del tessuto della cittĂ spontanea

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Tessuto radiale irregolare

Tessuto radiale regolare

Tessuto reticolare cardo e decumanico

Tessuto irregolare lungo le isoipse

Tessuto lineare irregolare

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3. Il piano TR030 3.1 Le strategie del piano 3.2 Analisi parallele dell’esistente con il piano TR030 3.2.1 Il sistema del verde 3.2.2 Il Bosco Orbitale 3.2.3 Il sistema della mobilità 3.3 L’uso del suolo 3.4 Il sistema delle coordinate polari

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3.1 Le strategie del piano Stefano Boeri definisce il piano per Tirana, un piano avente come obiettivo una riconquista del valore paesaggistico, ponendo una sfida per il futuro della capitale albanese, da oggi fino al 2030 (TR030). La strategia principale propone un contenimento dello sfruttamento del suolo, della discontinuità nel tessuto urbano e della frammentazione dell’edificato. A ciò si aggiunge l’eventuale sfruttamento della verticalità per liberare ulteriori porzioni di terreno. Tirana è una città con altezze medie non elevate, ma una densità tra le maggiori d’Europa, come se fosse stata compressa sacrificando tutti gli spazi aperti. Far leva sul vuoto per generare spazio pubblico, dunque, è stata la prima priorità del progetto, così come intervenire sulla natura e sull’agricoltura allo scopo di assorbire le diversità e le complessità interne ai nuovi confini urbani. Il rapporto con la natura è un tema che prevede diverse strategie: - Un sistema boschivo orbitale continuo intorno alla metropoli, inclusivo di parchi e oasi naturalistiche protette che preservino e alimentino la biodiversità esistente; - Nuovi corridoi ecologici lungo i fiumi Lana, Tirana ed Erzeni; - Il nuovo quarto ring, un anello verde di circonvallazione baricentrico rispetto alla grande Tirana, come spazio pubblico lineare e di mobilità di raccordo; - Il rilancio dei centri minori come network diffuso di poli turistici, agricoli e produttivi in comunicazione tra loro e con l’area urbana

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Oggigiorno, la città di Tirana ha un’identità complessa e in continua evoluzione. La visione del TR030 definirà il suo ruolo nel mondo, la sua forma contemporanea e il suo sviluppo nel futuro. A seguito della riforma amministrativa attuata nel 2014, il territorio di Tirana è aumentato di 25 volte includendo identità e realtà potenziali diverse tra loro. TR030 è connesso a una visione di rafforzamento della sinergia di tutto il sistema correlato. Il punto di partenza è infatti il networking e lo sviluppo di tutte le risorse più importanti del territorio, da quelle economiche, creative, sociali, culturali come quelle relative alla natura e alle aree agricole. Entrando nello specifico delle azioni adottate dal Piano TR030, possiamo organizzare il processo sintattico in tre “contenitori”: - un Affresco metropolitano, che cerca di creare un’immagine complessiva di come sarà Tirana nel 2030. fondato su dieci grandi temi: biodiversità, policentrismo, sapere diffuso, mobilità, acqua, geopolitica, turismo, accessibilità, agricoltura, energia; - un Atlante, un piano strategico composto da tredici progetti strategici da attuare a breve, medio e lungo termine, nell’arco massimo dei 15 anni posti come obiettivo: 1. Una nuova Bosco Orbitale, un ring vegetale formato da 2 milioni di alberi, in un’area di 15.000 ettari che corre tutto attorno alla Metropoli, connettendo parchi periurbani, aree agricole e foreste produttive, al fine di creare un confine fisico che sia un limite naturale contro i fenomeni di espansione urbana incontrollata. 2. Un’oasi naturale, che crei un modello di città non antropocentri-


ca, nella zona est di Tirana, vicino lago Farka; l’obiettivo è quello di permettere la ricolonizzazione di specie animali ormai scomparse in quell’area, che possano circolare liberamente all’interno della città. 3. Il nuovo quarto anello, di 3,5 km di diametro, replica del Big Ring già progettato, parzialmente realizzato in passato, ma successivamente eliminato. Questo sarà totalmente dedicato ai trasporti pubblici e alla mobilità ciclo-pedonale, connesso inoltre alla stazione, al nuovo world park e al piazzale Madre Teresa. Un corridoio di 12 km che unisce gli spazi verdi esistenti e i nuovi cinque epicentri immediatamente fuori dal confine del ring. 4. Il nuovo World Park, asse di 4 km nato come estensione dell’asse che collega Piazza Skanderbeg al nuovo parco; comprende le sedi delle ambasciate e un grande parco che connette il Boulevard Dëshmorët e Kombit col nuovo quarto ring. 5. Tre corridoi verdi e blu, che comprendono i fiumi Erzen, Tirane e Ishem, dei quali si rafforzano gli ecosistemi mediante filari di alberi che ne consolidano gli argini producendo biomassa, con relativa bonifica dei siti contaminati da metalli o composti organici. 6. 15 nuovi epicentri dinamici, i quali includono le 10 aree di trasformazione già descritte nel piano precedente, oltre a nuove 5 aree potenziali. Queste di posizionano in un raggio di circa 5 km dal centro della città, così da superare la dicotomia centro-periferia, sviluppando delle città-satelliti. 7. Una rete di scuole aperte e nuove; prevede un progetto che dia attenzione agli edifici educativi, sia quelli già esistenti che si trovano in condizio-

ni povere e sottodimensionate, che di nuova costruzione, in aree suburbane ben studiate dove vi è il bisogno ulteriore di creare servizi pubblici e spazi comuni. 8. Conservazione del patrimonio architettonico del XX secolo, in cui di considerano due diversi tipi di paesaggio da preservare, quello urbano e quello rurale. Il primo presenta una differenziazione molto vasta avvenuta nel corso delle varie influenze e dei vari periodi storici: la città ottomana, italiana, comunista, la nuova città moderna, le ville e i giardini con forte identità locale, gli edifici di culto e quelli culturali. Il paesaggio naturale comprende aree archeologiche e monumenti naturali molto importanti per la conservazione storica e culturale del Paese. 9. Un nuovo sistema agricolo e una rete di mercato di contadini diffusa; sono stati individuati quattro corridoi agricoli, scelti in base alla posizione geografica ed alla disponibilità di bacini idrici: Valle di Peza, Baldusk valley, Area Ndroqq e Valle di Berzite. Collegando queste quattro aree all’infrastruttura, si rafforza il mercato agricolo a favore di grandi e piccoli agricoltori. 10. Transito di alta qualità, indispensabile in una Metropoli così policentrica. La rete di trasporto presente è molto intensa, ma l’infrastruttura limitata. L’obiettivo è quello di migliorare il network urbano introducendo un sistema di Bus Rapid Transit o Light Rail, ma soprattutto quello extraurbano, creando collegamenti fruibili più a larga scala, su strada o su rotaia, mediante la ristrutturazione del sistema ferroviario presente 11. Rete ciclistica e mobilità diffusa, contemporaneamente al trasporto pesante, la città vuole investire su

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una mobilità leggera e sostenibile, tema ormai attuale delle Metropoli europee. 12. Tirana per tutti, si pone l’obiettivo di rendere la città accessibile e utile alla totalità delle persone, eliminando ogni tipo di barriera architettonica, offrendo a tutti, allo stesso modo, la possibilità di cogliere le opportunità della città. Grazie a questo si realizza un aumento della qualità della vita di ognuno, una riduzione dei costi sociali e sanitari, oltre ad un richiamo turistico e commerciale 13. Un nuovo corridoio energetico. - una Carta di regole, elaborata intorno a cinque sistemi metabolici (natura, infrastruttura, città, agricoltura, acqua) che descriva 23 politiche generali da adottare: 1. Ridurre la presa di terra 2. Promuovere la rigenerazione e la densificazione 3. Competizioni e restrizioni sulle quote volumetriche 4. Sicurezza territoriale 5. Nuove economie urbane 6. Requisiti minimi del progetto 7. Incentivi 8. Educazione civica e partecipazione 9. Crea uno spazio pubblico attraverso TDFR 10. Proliferazione delle aree verdi 11. Spot e connettori di biodiversità 12. Spot e connettori di biodiversità 13. Aumentando l’infiltrazione 14. Riduzione dell’inquinamento 15. Fornire acqua potabile sufficiente per soddisfare la domanda d’acqua di Tirana 16. Fornire acqua pulita, fresca e potabile ai cittadini di Tirana 17. Proteggi i cittadini, l’ambiente edi-

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ficato dalle inondazioni 18. Coinvolgere i cittadini nel processo del sistema idrico e igienico-sanitario 19. Protezione del 4 ° anello 20. Rete di piste ciclabili 21. Trasporto pubblico più efficiente e condivisione degli incentivi alla mobilità 22. Partnership Pubblico-Privato 23. Laghi di Tirana


1. Il Bosco Orbitale

2. Un’oasi naturale

3. Il nuovo quarto Ring

4. Il nuovo World Park

5. 3 corridoi verdi e blu

6. 15 nuovi epicentri dinamici

7. Una rete di scuole aperte e nuove

8. Conservazione del patrimonio architettonico del XX secolo

9. Un nuovo sistema agricolo e una rete di mercato di contadini diffusa

10. Transito di alta qualità

11. Rete ciclabile e mobilità diffusa

12. Tirana per tutti

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3.2 Analisi parallele dell’esistente con il piano TR030 3.2.1 Il sistema del verde L’Albania palesa una forte vocazione naturalistica del territorio, caratterizzato da un grande numero di parchi e riserve naturali, principalmente concentrati nelle aree settentrionali e mostra una notevole ricchezza floristica con circa 3250 specie tracheofite native e circa 2400 specie non tracheofite. Gli elementi mediterranei e balcanici predominano nella flora di questo genere. La vegetazione del paese è composta principalmente da arbusti mediterranei, boschi di querce, faggete e boschi di abete mediterraneo o pino. Quattro tipi di vegetazione si distinguono lungo la costa mediterranea: la vegetazione vascolare marina, lungo le dune sabbiose, la vegetazione forestale igrofila e la vegetazione arbustiva appartenente alla classe quercetea. Si può notare la presenza di ampie zone destinate a pascolo che si dividono in diversi sottogruppi tra cui i pascoli alpini. L’Albania presenta un alto grado di biodiversità per le sue caratteristiche geomorfologiche, pedologiche, topografiche, idrologiche e climatiche. Il paese è contraddistinto da una ampia gamma di habitat e tipi di vegetazione con ecosistemi alpini e subalpini, macchia mediterranea, pascoli e terreni paludosi (naturali, seminaturali e migliorati). In Albania sono presenti quattro tipi di vegetazione: la macchia mediterranea, boschi di querce, foreste di faggio, foreste di pino mugo o abete mediterraneo o pascoli alpini. La macchia mediterranea è localizzata nella regione montuosa meridio-

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nale ed è costituita da specie sempre verdi, arbusti decidui ed alberi mediterranei. Le quercete si espandono al di sopra della macchia ad un’altitudine tra i 400 e 1250 m e si presentano come formazioni pure o miste con quercia, carpino, pino nero, castagno, acero, faggio e tiglio. Le foreste di quercia in prossimità dei paesi sono danneggiate dallo sfruttamento, dal pascolo e dai tagli del legname (Dalipi et al., 1997). Un’altra tra le più importanti specie presenti è Il faggio. Le foreste di faggio sono presenti tra 800 e 1600 m di altitudine, in Albania settentrionale, tra 1000 e 1800 m nella parte centrale. Esse costituiscono un importante habitat per numerosi animali in via di estinzione. Oltre a numerose aree forestali, Tirana è fortemente caratterizzata dalla presenza di parchi, luoghi in cui il comune ripone massima attenzione e dedizione. Uno dei parchi più importanti è il Grande Parco del Lago artificiale, situato a sud della capitale; costruito intorno agli anni 50. Qui è presente una diga alta circa 14.5. L’intera zona verde copre una superficie di 1 milione e mezzo di m2. Le specie arboree presenti sono alberi di conifere, cespugli e arbusti ornamentali. Il Parco di Kashar, detto anche Riserva di Purez-Kus, è considerato una delle zone più panoramiche e biologicamente pulite della periferia di Tirana. Ad aree boschive con alberi di altezza medio-bassa si combinano i terreni agricoli nelle parti piane, dove la fanno da padrone gli alberi da frutto. Fittamente presenti sono gli alberi di ulivo secolari. Il Parco comprende un lago micro-


biologicamente puro, le cui acque sono ricche di pesci e anfibi. Dal centro di Tirana il parco dista 14 km, mentre dalla strada principale, che è quella Tirana –Durazzo, dista circa 4 km. Parco di Vaqarr: Il parco si trova tra i villaggi di Vaqarr, Lalm e Ember e ha una posizione geografica decisamente favorevole e accessibile, dato che dista poco meno di un km dalla strada statale e poco meno di 8 km dal centro di Tirana. Questa zona è conosciuta per la suggestiva combinazione di foreste di pino nero e boschi di quercia, bagnati dalle acque del lago di Vaqarr. Nella parte più alta della collina che circonda la zona si trova il Castello di Bixhit, costruito nel I secolo d.C. Da qui si può godere di un magnifico panorama che contempla la foresta, il lago e la capitale. Parco di Farka è considerato una importante area ricreativa ma soprattutto un importate polmone verde. Parco Nazionale del Monte Dajti occupa una superficie di 29.000 ettari. Vi si trovano alberi di faggio vecchi di 200 anni, la vera ricchezza di questo grande monumento naturale dell’Albania. E’ situato a est della capitale Tirana (bisogna allontanarsi dall’area metropolitana per circa 30 km). Parco ‘Rinia’, tradotto in italiano, parco della Gioventù, è il principale parco urbano di Tirana. E’ delimitato a est dal Viale “Dëshmorët e Kombit” (“Martiri della Nazione”), ad ovest dalla via “Ibrahim Rugova”, a nord della via “Myslym Shyri” e a sud dal fiume Lana. Il Parco Rinia è stato costruito nel 1950 come parte di un programma di sviluppo urbano dopo la seconda guerra mondiale. Piantumato con alberi di eucalipto, pioppo e acacia, questo parco, durante i primi quarant’anni, era visto

come uno spazio relativamente libero per i giovani, nonché area verde per famiglie e bambini. Orto botanico inaugurato nel 1971, si trova sulle colline di Selita Piccola, nella parte sud-occidentale di Tirana, vicino al Parco Zoologico e al Grande Parco del Lago Artificiale. Il Giardino botanico Tirana risale al 1971 e si estende su una superficie di circa 15 ettari. L’Unità di studio del Parco botanico si occupa costantemente della flora e della fauna dell’Albania, di tecnologie di coltivazione di alcune piante ornamentali, del miglioramento dei prati e dei pascoli naturali in Albania, di agrotecnica e piante medicinali. Parku i Paskuqanit è un parco naturale a Paskuqan, un comune situato nella parte nord di Tirana. Ci sono alcuni progetti paesaggistici pianificati attorno al lago artificiale di Paskuqan, come risultato degli sforzi del comune locale per trasformare Paskuqan in una destinazione con tutti gli standard di una città europea. Attualmente, l’area è ancora selvaggia e inalterata. I piani paesaggistici includono piantare querce, limoni, aranci, ciliegie e altri alberi per creare un ambiente diversificato per famiglie e visitatori locali. Il nuovo piano previsto per essere realizzato entro il 2030 vede agganciare tutti i sistemi naturali esistenti quali parchi periurbani, aree agricole, foreste, zone verdi attorno ai laghi, in un unico anello che definirà un unico bosco, denominato anche quarto ring della città. Lì dove non presenti sistemi naturali, verranno piantati alberi di specie diverse e si andranno a rinforzare quei sistemi che sono già presenti; non è un intervento volto solo alle proprietà pubbliche, ma interessa anche le proprietà private.

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3.2.2 Il Bosco Orbitale Il piano locale generale TR030 descrive il Bosco Orbitale come uno strumento che limita il consumo di terra, cercando di controllare e ridurre fenomeni di sprawl sia urbano che agricolo, segnando i limiti della città con una cintura verde che raggiunge un’area totale di circa 2600 ettari. La foresta orbitale è progettata per diffondersi su risorse naturali, agricole, idriche, infrastrutturali e sistemi territoriali urbani. Il progetto prevede l’impianto di circa 2 milioni di alberi, che arricchiranno ambientalmente ed ecologicamente i sobborghi della capitale. Il valore di questo progetto strategico che dovrebbe richiedere 15 anni per completare l’implementazione, è stimato in circa 80 milioni di euro. Le politiche adottate dal Comune di Tirana includono programmi economici per lo sfruttamento agricolo di questo progetto strategico, che potrebbe stimolare interesse economico per proprietari terrieri. Sono state inoltre studiate delle politiche di attuazione per i processi di implementazione del Bosco Orbitale e del sistema urbano, come per esempio un PPP (partnerariato pubblico-privato) basato sull’utilizzo di strumenti di massa atti a sviluppare diritti e regole, ma anche investimenti pubblici e privati che garantiranno una crescita dell’economia agricola. Il Bosco Orbitale include nel suo passaggio cinque importanti aree di grande potenziale naturalistico per la città di Tirana, e le differenzia in base alla loro valenza. Parco nazionale del Dajti Il Parco Nazionale del Dajti è una zona protetta costituita da foreste con ba-

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cini idrici destinati all’agricoltura di base e alla produzione. I parchi sono la destinazione perfetta per le attività collegate al turismo sostenibile come l’escursionismo in montagna e l’arrampicata. Parco Farka, oasi naturale e parco ricreativo L’area che circonda il Lago Farka è la parte della città dove il bosco orbitale è più a contatto con il territorio urbano, collegato con il quarto anello di Tirana. Essendo di carattere naturalistico, grazie anche alla vicinanza al parco nazionale del Dajti, all’assenza di inquinamento e di problemi di alta densità, quest’area può essere vista come una riserva naturale, un’area protetta per lo sviluppo di fauna e flora selvatiche e attività ricreative. Foreste di frutta L’area che si estende tra le aree di Vaqari e Farka, costituisce il principale collegamento naturale tra Erzeni River Park, Tirana Lake Park e la città di Tirana. Quest’area è costituita da colline che sono state utilizzate in passato per le attività agricole, ma è in gran parte influenzata negativamente dalla presenza della discarica di Sharra. Terreni agricoli Questa zona, delimitata dall’asse di collegamento Tirana-Durazzo, fa parte di un territorio agricolo più ampio che include anche i territori del comune di Kavaja. Un altro importante elemento da prendere in considerazione è la riabilitazione del lago Farka e delle strutture per il trattamento dell’acqua. Per quanto riguarda il progetto di cui sopra e la riabilitazione del fiume Lana, è essenziale eseguire una corretta pianificazione dei progetti di naturalizzazione e di mitigazione ambientale.


Parco urbano del fiume Tirana Spostandoci sul lato settentrionale del confine amministrativo di Tirana, scorre il fiume Tirana. Questa area verde dovrebbe essere seriamente presa in considerazione nei progetti futuri, concentrandosi sulla sua naturalizzazione e sulla costruzione di infrastrutture di sicurezza per il fiume Tirana. Successivamente l’intera area di progetto è stata analizzata per capire con quali tipo di aree il Metrobosco sarebbe entrato in relazione. Nell’immagine infatti sono evidenziate tutte le tipologie di aree coinvolte: agricole, infrastrutturali, naturali, urbane, acquatiche. Questo passaggio è stato fondamentale per capire quali fossero gli interventi necessari per trasformarle secondo l’obiettivo che si è posto. In base a questo si è scelto di suddividere l’intero territorio in microaree, classificando tre tipi di interventi: riqualificazione, conservazione o ristrutturazione. Il primo, la riqualificazione, opera attraverso strumenti di sviluppo che mirano al raggiungimento di un equilibrio tra spazio urbano e naturale agricolo, sviluppato secondo le specifiche tecniche dettate da una linea guida, e verrà applicata a quelle unità strutturali che comprendono i sistemi residenziale, residenziale sociale, ricreativo, dei servizi e delle infrastrutture. Gli interventi di conservazione adottano delle misure per fermare il degrado delle aree naturali o agricole attraverso interventi di sostegno e rigenerazione di queste terre. La conservazione sarà applicata su quelle unità strutturali che comprendono agricoltura sociale e attività ricreativa come principale uso del suolo. La ristrutturazione vuole essere un intervento territoriale per la realizzazione del confine del metrobosco,

visto come unione città-campagna riassumendo e rinnovando la struttura esistente delle aree naturali. Il perimetro del Metrobosco è poi stato suddiviso in 9 macroaree amministrative: Farke, Kodrat dhe liqeni i kasharit, Parku i fushe-kasharit, Parku i liqenit te vaqarrit, Parku i kodrave te vaqarrit dhe sharres, Kodrat e selites(lapidari), Parku tujan linze i surrel, Parku i fushe-domjes, Parku i lumit te tiranes. Queste nove comprendono aree naturalistiche, spesso in prossimità di laghi, fiumi o canali. La zona del Parco del fiume-Kashar (Parku i fushe-kasharit), comprende l’area addossata al quartiere Kombinat, sul lato settentrionale, attualmente caratterizzata da verde di tipo agricolo, con presenza di orti privati. L’area compresa nel confine del Bosco Orbitale include le seguenti particelle: KA/215, KA/218, KA/217, KA/219, KA/222, KA/220, KA/221, VA/23, VA/1, VA/2, VA/3, e infine la TR/209, quella che delinea perfettamente il tratto di unione tra “città e campagna”, all’interno del quartiere Kombinat, unica della macroarea ad essere entità soggetta a piano locale dettagliato. Boeri, studiando in maniera dettagliata la disposizione del verde appartenente al bosco orbitale, descrive alcuni vincoli naturalistici adottati, come per esempio quello di impiantare i vari tipi di vegetazione in base alla natura dell’area circostante. In particolare nell’area di Kashar-Kombinat, potranno essere piantati alberi di prugna, sesamo, giglio, ciliegia, castagno, melograno, rosa, nocciola, e così via.

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3.2.3 Il sistema della mobilità Per conoscere la città e ciò che il Piano TR30 comporta, è stato necessario compiere uno studio della mobilità esistente, grazie a cui è stato possibile individuare le carenze e le potenzialità del piano. Prima di tutto è emerso l’impianto radiocentrico delle strade poste a nord del centro; al centro della città è posta piazza Skanderbeg da cui si dipartono le strade dirette nelle città confinanti; attorno a questa si sviluppa il primo Ring, quello più antico, tagliato dall’asse monumentale della città, voluto dagli italiani, che collega l’anello più interno con quello più esterno alla città, mai completato. Queste strade occupano una sezione stradale molto ampia. Le ulteriori strade urbane principali presenti sono quelle che attraversano per intero Tirana e che allontanandosi dal centro cittadino si trasformano in strade extraurbane di collegamento con le città limitrofe, e quelle che costeggiano il fiume Lana. È presente un ulteriore Ring, già previsto durante l’espansione comunista, mai realizzato, che il piano di Boeri prevede di completare e collegare, come nuovo anello più esterno della città. Questo anello avrà il compito di gestire il traffico pesante, evitando di congestionare la mobilità nel ring interno; questo Ring sarà fondamentale nella capacità di strutturazione e sostenibilità della crescita urbana di Tirana. Darà la possibilità ai veicoli pesanti di raggiungere le strade per le più grandi città industriali senza dover attraversa il centro di Tirana. Ciò comporterà anche l’abbassamento delle emissioni di gas e quindi l’inquinamento nel centro cittadino, prerogativa importante per

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raggiungere gli standard prefissi per l’entrata nell’Unione Europea. Le strade urbane secondarie invece sono quelle che definiscono il tessuto della città, quello radiale a nord e quello reticolare a sud, strade che in alcuni casi sono ben manutenute, mentre in altri casi versano in stato di degrado; mentre sono diffuse in tutta la città una serie di strade locali, con una sezione stradale limitata, tanto da limitare il passaggio solo di un veicolo per volta, spesso non presentano il tappetino stradale, molto irregolari, che spesso finiscono direttamente nelle aree private delle residenze, soprattutto nelle zone periferiche, che si adattano al tessuto presente, invece di definirlo, soprattutto nel caso di quello spontaneo; infatti, parallelamente ad un aumento demografico è corrisposto un mancato investimento sulla manutenzione infrastrutturale che ha portato ad un calo della qualità dei servizi offerti alla comunità. Il collegamento con le città limitrofe avviene tramite strade extraurbane statali, e in alcuni casi da autostrade per le quali non è previsto un pedaggio, come la Tirana-Durazzo, la Tirana-Elbasan e la Tirana-Valona. È presente una rete ferroviaria, gestita attualmente da Hekurudhat Shqipitare (HSH) che collega le città principali dell’Albania, ma che riversa in uno stato di degrado con molti tratti di linea in uso danneggiati e non soggetti a manutenzione ordinaria. Il primo tratto fu inaugurato da Enver Hoxha nel 1947, che collegava la città di Durazzo a Peqin. Precedentemente l’Albania disponeva solo di impianti ferroviari per le utenze industriali e militari. Dopo la morte di Enver Hoxha l’intera rete ferroviaria subì un declino dovuto a gesti


di saccheggio e all’incendio di treni e stazioni. Per il trasporto urbano, interurbano, suburbano e turistico, la popolazione predilige il trasporto su gomma, per mezzo di autobus, minibus e taxi. Il trasporto pubblico urbano è costituito da 10 linee autobus convergenti in piazza Skanderbeg; anche se il sistema è migliore di quello su rotaie, risulta comunque mancante di una stazione autobus e di una corsia dedicata, causando così ritardi e disagi. Confrontando la situazione esistente con il Piano Regolatore, emerge la volontà di completare l’impianto stradale esistente, soprattutto all’interno della città, procedendo con il completamento dei due Ring e il prolungamento delle strade principali che costeggiano il fiume Lana; inoltre è prevista a nord, la ricostruzione degli argini del fiume Tirana, con annesse strade. Un intervento consistente è rappresentato dalla costruzione di un by-pass, ad ovest della città, che dovrebbe permettere un decongestionamento del traffico di mezzi pesanti, collegando l’area industriale di Vaqarr con la strada per Durazzo. L’unico aeroporto presente in tutta l’Albania, è collocato a 25 Km dalla capitale, più precisamente presso la città di Rinas, infatti prende il nome di Aeroporto Internazionale di Tirana-Nenë o più semplicemente Aeroporto Internazionale di Rinas. La sua collocazione rende difficile il suo raggiungimento dagli altri paesi situati sia nell’entroterra sia a Sud del paese. Più semplice è il collegamento verso i porti, seppur essendo sempre problematica il collegamento con le altre città, specialmente quelle situate al confine con gli altri paesi.

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3.3 L’uso del suolo Dall’analisi dell’uso del suolo, risalta la volontà di far decadere l’uso prevalentemente industriale dell’area (uso a cui ancora oggi è in parte adibita), per dar posto a servizi di pubblico utilizzo e a nuove aree residenziali nella zona occupata dalle ex-fabbriche, nel dettaglio: servizi, residenza, istituzioni, attività sociali e ricreative, sanità, educazione ed infrastrutture. Poco più a nord, il piano prevede solo zone residenziali oltre le quali, a nord e ad ovest, aree attualmente ad uso agricolo mantengono la loro funzione originaria. L’area del quartiere socialista, posta a sudest dalle fabbriche, resta invariata, mantenendo l’uso residenziale che ha sempre avuto, con, in aggiunta, varie strutture destinate all’istruzione. Si può notare anche un’ampia area destinata ad uso specialistico, posta a sud-ovest del quartiere, destinata a uso cimiteriale. Tra il cimitero e il quartiere socialista trova posto un’ampia area residenziale a bassa densità, dove si sviluppano case per la maggior parte unifamiliari; il piano urbanistico ne mantiene il carattere unicamente residenziale ad eccezione di qualche area destinata alle istituzioni, situate a ridosso di Rruga Llazi Miho. Nella zona più a sud del quartiere, si trovano in parte zone agricole e in parte aree incolte in cui predomina l’elemento boschivo e naturalistico, che si estende ancora più a sud fuori dall’area di intervento. L’area ad uso industriale non viene però eliminata, ma delocalizzata a Vaquar, una zona a sud-ovest del Kombinat: Vaguar, poco distante e ben collegata al Kombinat accoglierà il nuovo apparato industriale della città.

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3.4 Il sistema delle coordinate polari il rinnovo dell’intero tessuto urbano previsto dal piano TR030 fa perno intorno ad alcune aree a sviluppo prioritario; tali aree intendono superare la dicotomia centro-periferia e la distribuzione fortemente gerarchica dei valori di mercato favorendo una nuova struttura policentrica della città. Nel 2030, oltre al “centro di Tirana” che consiste nel boulevard e in piazza Skanderbeg, nel Blloku e nell’area delle ambasciate, altri cinque nuovi poli sono situati a una distanza di circa 5 km dal centro, che costituiranno una città all’interno della città. Le azioni programmate devono sempre essere integrate: accanto ad una funzione principale, determinata dalle esigenze dell’area, e dalla posizione dal punto di vista sociale, geografica, storica ed economica, la pianificazione deve garantire un’ampia varietà di funzioni, in modo da non creare dei centri vivi solo in determinati momenti della giornata. Inoltre, accanto alle funzioni prevalenti, qualsiasi ambito di trasformazione deve far fronte a una serie di servizi primari: scuole, piazze, parchi, centri comunitari, aree commerciali, ecc. È consigliabile prevedere una quota di alloggi sociali con i relativi servizi, adeguati in termini di quantità e qualità, in modo da rendere l’ambiente piacevolmente vivibile. La creazione di aree a sviluppo prioritario offre alla città l’opportunità di creare una nuova rete di centralità. Dal lavoro di progettazione deriva, infatti, un sistema di attività propulsive che favoriranno lo sviluppo economico dell’area urbana in cui si trovano.

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4. Introduzione all’area di progetto 4.1 Introduzione all’area 4.2 Analisi dello stato di fatto dell’area 4.2.1 I sistemi naturali 4.2.2 Il sistema della mobilità 4.2.3 Idrogeomorfologia 4.2.4 Edificazione spontanea e successione storica dell’informale 4.3 Gli indici da piano e le unitÀ strutturali 4.4 PotenzialitÀ e criticitÀ dell’area di progetto 4.5 Lo schema direttore

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4.1 Presentazione dell’area L’ area del Kombinat è una della aree a sviluppo prioritario previste dal piano TR030; esse rappresentano dei punti fermi per il rinnovo dell’intero tessuto urbano, in quanto nodi della nuova struttura policentrica della città, che intende superare la loro condizione di aree periferiche nettamente distanti dal centro della città. L’ area studio si presenta con una forte condizione di soglia con lo spazio rurale, naturale e le grandi dimensioni del complesso industriale all’ interno del contesto Tiranese che spesso, attorno all’ area individuata dal bosco orbitale del piano TR30, presenta condizioni analoghe. Sono varie le caratteristiche peculiari dell’area su cui è importante puntare l’attenzione. Il complesso industriale del Kombinat, un tempo simbolo emblematico della produzione tessile albanese, sorge in una piana caratterizzata da orti coltivati e abbracciata da altipiani boschivi che incorniciano il complesso industriale. Con l’espansione incontrollata dell’edilizia spontanea, l’area, seppur in maniera diversa in base alla condizione morfologica del terreno, è stata deturpata e resa sempre più un quartiere marginale e di poco interesse urbano ed extraurbano. Attualmente l’ area è circondata da abitazioni informali con quasi nessun pregio architettonico e la quasi totale assenza di urbanizzazioni primarie; questa condizione è una delle più presenti e problematiche della periferia tiranese e non solo. Poiché l’ area presentava vari tipi di informale è stata considerata come una vera e propria opportunità e sfida progettua-

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le atta a determinare un ventaglio di soluzioni adeguate alle diverse condizioni urbane. Grazie anche alla presenza delle normative regolamentate dal nuovo piano, da poco approvato, si è tentato di dare delle risposte efficienti e il più possibile congruenti alle esigenze dei diversi attori partecipanti costruzione della città. Inoltre sembra importante evidenziare la condizione naturale che il piano ci propone. Tutta l’ area viene richiusa dalla sacca del bosco orbitale, ultimo anello di chiusura e di limitazione all’ espansione informale.

Lumturi Blloshmi, Në kompleksi industrial, 1974, Tirana, Galleria Nazionale delle Arti


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4.2 Analisi dello stato di fatto dell’area 4.2.1 I sistemi naturali L’area di progetto si inserisce in una zona periferica della città dove la natura è a stretto contatto con le abitazioni. In quanto l’area scelta è molto vasta, possiamo vedere variegati tipi di vegetazione. Analizzando la parte nord possiamo osservare una vallata chiamata vallata di Kashar, per la vicina presenza con il lago omonimo, occupata da campi agricoli, per la maggior parte coltivati, altri invece sono lasciati ricoltivati. Si predispongono a partire dalle pendici di due basse montagne, seguendo poi l’andamento delle curve di livello. Questi terreni agricoli hanno delle dimensioni pressoché standard di circa 600 m per 200 m. La loro suddivisione spesso è dettata dal passare dei canali, principali e secondari che ne definiscono i confini. Le basse montagne che definiscono la vallata presentano dei caratteristici orti terrazzati, occupati da piantagioni basse; poco spesso notiamo in questa area piantagioni di alberi su terrazzamenti, paesaggio noto e diffuso in molte aree dell’Albania, qualche esempio di questo genere lo ritroviamo nell’area più sud, dove le montagne raggiungono una quota più adatta a questo tipo di coltivazione. Ad est vi sono le montagne dell’area di Lalm, che raggiungono una notevole altezza. Questo paesaggio non è un luogo in cui l’uomo ha modificato il paesaggio infatti mantiene i suoi connotati naturalistici con la presenza, nelle parti più alte, di boschi fitti, e nelle parti più basse vede la presenza di zone arbustive somiglianti alla macchia mediterranea.

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Il sistema agricolo prosegue fino ad integrare l’intera area di Vaqarr, zona che seppur coperta da un intero sistema di orti e attraversata da un corso d’acqua, è una nuova area industriale di Tirana, il che significa che presto anche questo paesaggio sarà compresso nonostante venga attraversato dal sistema del bosco orbitale. Arrivati alla zona a sud dell’area, possiamo notare come il paesaggio cambi con la presenza di due alture, una accostata all’altra. A valle o comunque nella parte più bassa, vediamo la presenza di case che si sono insediate parallelamente alla morfologia del terreno. Man mano che le abitazioni si disgregano e si fanno meno fitte, notiamo l’inserirsi di parti boschive in porzioni di territorio di dimensioni molto ridotte. È in questi casi che possiamo osservare la presenza di alberi maestosi, per la maggior parte querce che si fanno spazio tra un’abitazione e l’altra. In questa parte di città vediamo come da un lato sia predominante un paesaggio boschivo o composto da arbusti, dall’altra, invece, osserviamo molte zone disboscate. Il rapporto degli abitanti con la natura in questi luoghi è molto stretto, in special modo in zone periferiche come queste. Ogni abitazione possiede una porzione di terreno che utilizza come piccolo orto o giardino; gli alberi presenti per la maggior parte sono alberi da frutto quali alberi di prugne o vigneti. Per quanto riguarda il verde urbano, l’area, essendo attraversata da una delle vie principali, Rruga e Kavajës e che poi prende il nome nell’area di progetto di Rruga Llazi Miho, avendo una sezione stradale molto ampia, comprende la presenza di viali pun-


teggiati da alberi a chioma larga per permettere l’ombreggiamento nelle parti pedonali. Oggi questa via sta vivendo un momento di riprogettazione e riammodernamento, con l’allargamento della sezione stradale, l’inserimento della doppia pista ciclabile e conseguentemente l’aggiunta di altri viali alberati. Nella parte nord dell’area che è interessata dal nostro intervento, è presente un depuratore che occupa un’area molto vasta, e si trova a diretto contatto con il sistema naturale degli orti; dal depuratore si estende un importante canale che prosegue il suo percorso fino ad entrare nel cuore dell’area di progetto, diramandosi in altri canali e terminando in vasche d’acqua. Avendo il depuratore un forte impatto su tutto il paesaggio, il progetto ha compreso il rimboschimento delle aree limitrofe a questo, per racchiuderlo in una sorta di cintura verde per riequilibrare il sistema naturale e allo stesso tempo nascondere un forte intervento da parte dell’uomo. Oltre a pensare ad una green belt, l’intervento è volto anche a rinaturalizzare le aree limitrofe ai canali, restituendo loro le originali caratteristiche vegetative di cui fanno parte. Questo intero sistema si inserisce, penetrando all’interno dell’area più urbanizzata, attraverso viali alberati o alberi sparsi, trovando spazio tra i frammenti residui del basamento, e proseguendo, attraversando il bypass e unendosi al parco lineare pensato all’interno dell’area libera dell’area industriale. Attraverso una lingua di verde, sempre alberata, il sistema si aggancia all’area sud, risalendo la montagna, creando una sorta di cannocchiale verde. In questa porzione di territorio il sistema cambia natura, in quanto si passa da

un verde più urbano ad uno più spontaneo, composto da aree boschive e arbustive, ricollegandosi al sistema naturale già appartenente alla montagna. Anche attorno all’area del cimitero e attorno all’area delle residenze basse, è stato progettato un sistema boschivo in grado di restituire nel primo caso una zona di rispetto verso la parte abitata, e nell’altro caso invece di creare un ambiente residenziale a stretto contatto con la natura. Possiamo dedurre come, a questo punto, la natura diventa il contesto stesso della costruzione urbana, è il “vuoto” naturale a connotare l’idea stessa di città. Abbiamo tentato, secondo il nostro intervento di creare delle relazioni tra gli spazi connotati da una grande densità spaziale e altri spazi dilatati e vuoti che cercano di trovare una occasione per la realizzazione di “luoghi silenziosi e di ampia estensione”, luoghi che “esprimano la sublimità del meditare e dell’appartarsi” e che ci permettano di “passeggiare con noi stessi”.

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4.2.2 Il sistema della mobilità Dallo studio effettuato sul quartiere di nostro interesse, il Kombinat, è emerso che l’area considerata, collocata ad ovest della città, risulta divisa in due parti: la strada prima urbana, poi extraurbana che collega la città con Vaqarr, Rruga Kavaja, che rappresenta uno dei tracciati storici di Tirana, oggi è interessata da lavori di ampliamento che comprendono l’allargamento delle corsie e l’inserimento della doppia pista ciclabile. Da queste strade principali dipartono perpendicolarmente le strade secondarie che sono anche quelle di attraversamento del quartiere, che proseguono nella parte del quartiere occupato dalle abitazioni costruite nel periodo socialista e destinate agli operai della fabbrica prospicente. Dall’analisi emerge la grande diffusione di strade locali, strade che per la maggior parte dei casi si tratta di strade di collegamento, che riversano però in un pessimo stato ed inoltre queste sono perlopiù incompiute ed interrotte, a causa dell’edificazione spontanea e dalla mancanza di lavori di gestione ma soprattutto sono strade che sono nate spontaneamente ogni volta che si è insediata una nuova abitazione. Queste nella zona a nord dell’industria seguono un impianto reticolare, anche se molto irregolare, e sono in pessimo stato, prive di manto stradale e soggette ad allagamenti, si tratta di strade rurali che a causa dell’edificazione del tessuto informale nella parte nord, hanno assunto il compito di collegare le abitazioni con le strade secondarie. La loro sezione stradale è di circa 5 metri, non presentano marciapiedi e

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nei casi più estremi si possono osservare le radici degli alberi uscire dallo spessore stradale, rendendo anche pericoloso la circolazione dei veicoli. Nella parte sud invece, i percorsi locali sono collocati lungo le curve di livello, essendo l’area una zona collinare, seguendo per quanto possibile l’andamento naturale del terreno; questi si configurano come dei tornanti, spesso interrotti dalla costruzione di abitazioni che ne hanno ostruito il passaggio, ma che rispetto a quelli della parte nord, sono in uno stato migliore e in parte interessati da lavori di manutenzione. In questa area, lungo le strade, in alcuni casi ci si imbatte della rete idrico- fognaria a cielo aperto; questo è dovuto alla mancanza di investimenti nella manutenzione e quindi soggetto a frequenti guasti e rotture. La viabilità viene delimitata, sempre nella zona collinare, dall’area cimiteriale che vede la presenza degli stessi percorsi che attraversano la zona residenziale della collina. In questa area, che non vede neanche la presenza di un filtro verde che ne circoscriva la zona di pertinenza o che ne definisca il perimetro. In questa parte i percorsi diventano non asfaltati, disposti secondo una maglia reticolare, e servono l’intera area cimiteriale. Una serie di percorsi rurali attraversano le aree agricole, questi presentano una sezione minima, non presentano tappetino stradale, in particolare la vallata di Kashar a nord con dei percorsi rettilinei che poi proseguono verso le alture, anche con pendenza rilevanti; a sud i percorsi rurali sono perlopiù tortuosi e attraversano le aree boschive in collina, in alcuni casi non sono usufruibile dai veicoli di grandi dimensioni.


Il piano regolatore approvato dal comune di Tirana, prevede una serie di interventi per quest’area, che interessano l’area a nord del Kombinat, di cui quello più importante consiste nella costruzione del by-pass: una strada urbana di una sezione di 35 metri, che collega Rruga Kavaja con la strada per Durazzo, un’opera infrastrutturale invasiva che prevede una divisione tra il quartiere residenziale di tipo informale con l’industria sottostante; lo scopo di questa infrastruttura è quella di “alleggerire” la città dal traffico di mezzi pesanti, che tutt’ora, per raggiungere la strada diretta a Durazzo, sono costretti ad attraversare il centro storico della città con conseguenze importanti sul traffico e sull’inquinamento. La costruzione di questa strada ha però delle conseguenze devastanti per l’area nord, che così diviene completamente isolata dal resto del quartiere e che taglia senza alcun controllo alcuni luoghi ad alto valore paesaggistico. Altri interventi previsti nella zona a nord del quartiere consistono nella costruzione di strade secondarie di attraversamento del quartiere, che si dispongono parallelamente al by-pass, e di strade rurali, sempre nella vallata di Kashar. Nella zona a sud invece non sono previsti dal piano degli interventi di miglioramento dell’assetto stradale, tranne la manutenzione dei percorsi di distribuzione del quartiere socialista.

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4.2.3 Idrogeomorfologia L’area presenta una particolare condizione morfologica; l’edificio del Kombinat si posiziona su una piana circondata da altopiani, che fanno da cornice all’ edificio industriale e alle zone pianeggianti limitrofe. La piana è caratterizzata dalla presenza di orti che enfatizzano la condizione morfologica, disponendosi a terrazzamenti lungo le isoipse, lottizzati e delimitati da un’intensa rete di canali stagionali che tagliano il territorio e facilitano la coltivazione degli orti. Essi si dispongono ortogonalmente alle partizioni degli orti con funzione di drenaggio. La loro sezione non è costante, può variare tra 2- 6m con una profondità di 1-2 m e la piantumazione di alberi sugli argini. Con la caduta del regime e lo sviluppo dell’edilizia informale, questo tipo di progettazione non è più stato rispettato e questi si sono così prosciugati e, a causa di un accumulo di sedimenti e di una crescita incontrollata della vegetazione spontanea, scomparsi. L’ area è arricchita dalla presenza di alcuni bacini idrici minori che si posizionano a fondo valle, circondati da aree boschive perlopiù abbandonate, ma con un altissimo valore paesaggistico. L’ area è delimitata dal fiume Erzen che, lungo il suo percorso, crea bellissime forme intorno alle valli tra le montagne. Il suo corso ha origine dal monte Dajti e si conclude nel mare di Durazzo. Il fiume ha valli profonde con pareti scoscese e terreni coltivabili in fondovalle. L’ Erzen chiude l’area creando un vero e proprio limes naturale.

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4.2.4 Edificazione spontanea e successione storica dell’informale Il processo informale in Albania si è diffuso a partire dagli anni Novanta, con la caduta del regime socialista di Enver Hoxha; dalle aree rurali la popolazione si è insediata nelle grandi città come Tirana e nelle città minori, andando a posizionarsi nelle aree urbane e suburbane in cerca di fortuna. Questo fenomeno risulta essere molto articolato, in quanto gli abitanti si sono insediati progressivamente in aree differenti delle città dando vita a diversi pattern che sono classificabili non solo per la loro tipologia ma anche per il periodo storico e per la posizione che hanno assunto. La prima tipologia è costituita da un’estensione dell’edilizia esistente, necessaria per incrementare l’area vivibile all’interno dell’abitazione, e questa coincide con la prima forma di edilizia spontanea iniziata nel 1991. Si tratta di un’aggregazione ordinata incrementata, che consiste in una modifica del lotto stesso che avviene materialmente mediante la chiusura di logge e balconi, andando così a modificare la geometria delle facciate. Progressivamente è cambiata anche la destinazione dei piani terra, da residenziale a commerciale, e parallelamente ci si è cominciati ad insediare anche all’interno dei lotti, prima con degli edifici bassi e in seguito anche con torri residenziali. Ciò è visibile nella nostra area all’interno del quartiere operaio Kombinat; qui infatti è presente un tessuto di margine regolare che però è stato in seguito modificato da questo tipo di insediamento variabile. La seconda tipologia, risalente al pe-

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riodo dal 1992 al 1997, è caratterizzata da un’aggregazione episodica di edifici di bassa qualità, soprattutto in cemento armato, che sono andati ad insediarsi lungo i fiumi Lana e Tirana, a Parku Rinia e all’interno di aree industriali e terre agricole più prossime ai centri abitati, realizzate da persone alla ricerca di condizioni di vita migliori di quelle presenti nelle aree rurali. Questo fenomeno è presente all’interno della nostra area di progetto nella parte a nord dell’industria, sia all’interno dell’area dei capannoni che nei campi agricoli limitrofi, dove sono presenti abitazioni isolate e recintate che si sono aggregate in maniera episodica, senza creare una rete infrastrutturale riconoscibile, ma semplicemente collegandosi all’abitazione precedente. La terza tipologia è quella sistematica, risalente al periodo che va dal 1998 al 2004; si tratta di abitazioni isolate associate sistematicamente, concentrate soprattutto lungo le vie principali. La loro posizione è dovuta alla necessità di generare reddito in quanto qui la tipologia abitativa è quella della casa-bottega dove ai piani terra sono localizzate le attività produttive. Spesso questi insediamenti si posizionano parallelamente alla strada con le strade di collegamento che si dispongono perpendicolarmente ad una strada principale; questo è presente all’interno della nostra area nelle parti più prossime al cimitero esistente e lungo tutta Rruga Kavaja. L’ultima tipologia, che si è diffusa soprattutto nel periodo che va dal 2005 ai giorni nostri, è l’aggregazione episodica in serie chiusa. Questo tipo di insediamento è localizzato all’interno


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delle aree collinari, in quanto le zone urbane e suburbane sono ormai sature di abitazioni. Questi edifici sono perlopiù case isolate, posizionate al centro del lotto recintato, e si sviluppano su più piani. A causa del terreno su cui si collocano in questo caso queste si dispongono lungo le isoipse, con delle strade principali verticali, di risalita del declivio, mentre quelle di collegamento seguono l’andamento delle curve di livello. Queste abitazioni sono quelle che più si conformano sia al terreno, per un limite fisico, sia alle abitazioni ottomane storiche, come quelle di Berat o Argirocastro, in quanto ne riprendono degli elementi fondamentali come l’Hajat, il Çardak e la scala esterna, anche se timidamente. Quest’ultima casistica è presente nel nostro contesto all’interno dell’area a sud del Kombinat, in quanto l’area era già attrezzata dal punto di vista infrastrutturale, essendo già predisposta per un uso residenziale, e presentava alcune abitazioni unifamiliari del periodo socialista, presenti ancora in minima parte, a cui si sono affiancate quelle spontanee. Tutt’ora il fenomeno dello sprawl urbano è concluso, e si possono vedere gli effetti che questo ha prodotto su tutta Tirana, creando una sorta di corona attorno alla città. Essendo impensabile un abbattimento totale, ad ora è corso un processo di prevenzione, attraverso delle leggi che regolamentino l’uso del suolo e che proteggano il territorio così come avviene in Europa, mentre sulle abitazioni già costruite si sta pensando ad un processo che migliori la qualità di questi edifici che consiste nella riqualificazione urbana e nel riuso di edifici.

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Aggregazione ordinata incrementata Tessuto di margine regolare con intasamento a geometria variabile interna al lotto.

Aggregazione episodica Tessuto ad unità seriali isolate associate episodicamente.

Aggregazione sistematica Tessuto ad unità seriali isolate associate sistematicamente

Aggregazione episodica in serie chiusa Tessuto ad unità seriali isolate su terreno acclive associate episodicamente.


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4.3 Gli indici del piano e le unitÀ strutturali L’area di intervento, data la sua vastità, presenta caratteristiche ambientali e antropiche differenti, tale macro area, pertanto, è urbanisticamente raggruppabile in più aree denominate unità strutturali. Queste unità sono tra loro diverse non solo per forma ed estensione, ma soprattutto in termini urbanistici, come mostrato dai diversi indici relativi ad ogni area che permettono ad ognuna di esprimere una propria capacità edificatoria più o meno delle altre, per intensità edilizia, superficie, copertura massima, numero di piani ed altezza realizzabile. Le unità strutturali interessate sono la KA/276, piccola area di soli 46.200m2 posta a nord del Kombinat che, nonostante disponga di una SUL (superficie utile lorda) pari alla metà della sua estensione, verrà interamente destinata ad uso agricolo, in modo più coerente con il contesto prevalentemente naturalistico che la circonda. A sud della KA/276 è presente la TR/209, quest’ultima, con estensione pari a 296.200m2, quindi molto più grande della precedente, permette di realizzare una SUL pari alla sua intera estensione, avendo infatti un indice di intensità edificatoria pari a 1, consentendo però una superficie coperta del 45% sulla totale ed un’altezza massima di 14m. In quest’area si concentra la parte più intensiva del progetto dove si realizzerà il nuovo polo urbano con annessi servizi e residenze, pertanto è stata sfruttata quasi interamente la sua capacità edificatoria. Sebbene il piano consenta la realizzazione di massimo quattro piani, prevede anche la realizzazione

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di un piano in più per ogni 6% in meno di superficie occupata e, dato che in tale area il progetto occupa molto meno del 45% concesso, sono stati previsti sei piani anziché quattro. Scendendo poco più a sud troviamo la TR/221, area dell’ex complesso industriale risalente al periodo socialista di superficie pari a 279.300m2, nella quale è prevista, dal recente piano particolareggiato, un’intensità edilizia di 2, tale dato ci consente di realizzare una SUL pari al doppio della superficie totale, ma che da progetto non verrà totalmente sfruttata. Andando ancora più a sud, oltre Rruga Llazi Miho, una delle vie principali di Tirana che la collega con Kavaje, abbiamo una grande area per la maggior parte collinare, suddivisa in cinque unità strutturali, delle quali tre più piccole e disposte ad est facenti parte dell’ex quartiere residenziale socialista dove alloggiavano gli operai dell’industria, e due più grandi che si estendono a sud e ad ovest. Le prime tre, rispettivamente TR/214, TR/217 e TR/219, non prevedono l’aggiunta di nuove volumetrie, ma solo la manutenzione di quelle preesistenti; le altre due aree, la TR/218 e la TR/220, invece, più grandi delle precedenti, saranno oggetto di grandi interventi che prevedono sostanziali demolizioni, aggiunte volumetriche agli edifici preesistenti e realizzazione di nuovi edifici che avranno carattere sia privato che specialistico, e si svilupperanno dalle pendici fin quasi alla sommità della collina. L’intera operazione sarà di carattere più estensivo se paragonato alle operazioni, più intensive, dell’area poco più a nord già descritta in precedenza. Data l’attenta analisi è doveroso sof-


fermarci sugli indici di queste ultime due aree: pur avendo lo stesso indice di edificabilità, le due aree divergono (poco) per estensione; la TR/218 infatti presenta un’area di 400.000m2, mentre la TR/220 copre una superficie di 438.000m2. A parte la differenza di superficie, in entrambe le aree la SUL è pari alla metà della loro estensione (intensità edilizia di 0,5), una copertura massima del 30% dell’area e la realizzazione di massimo 3 piani fuori terra, per un’altezza massima di 11m. Considerati questi dati, non si è potuto far altro che mantenere il carattere estensivo dell’area basato su residenze prevalentemente unifamiliari che, ognuna con un suo piccolo orto e con attorno del verde di carattere boschivo, si presenta come quartiere di villette sparse in un contesto più o meno naturalistico. L’unica divergenza del progetto rispetto a questi vincoli sta nella realizzazione di strutture specialistiche che superano l’altezza massima consentita.

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4.4 PotenzialitÀ e criticitÀ dell’area di progetto Prima di procedere ad un approccio tecnico e progettuale, l’ultima analisi è stata fatta sulle caratteristiche intrinseche all’area stessa in cui il progetto si sarebbe inserito e dei suoi immediati dintorni. Il perimetro che ingloba l’area del Kombinat è principalmente di natura paesaggistica, articolato in diverse tipologie. Accanto ad un’area ad alto valore paesaggistico, formata da zone boschive sugli altopiani, che determinano lo scenario di sfondo, infatti, trovano posto, più a valle, zone dal paesaggio agrario coltivato, caratterizzato da orti privati, e zone, invece, contraddistinte da aree incolte in cui vegetazione arbustiva cresce non controllata. L’area del Kombinat è ben collegata al centro della città tramite una delle arterie principali, Rruga Kavajie, che taglia il Kombinat in due parti uguali ed è servita dal autobus urbani. Accanto al servizio pubblico, tuttavia, prospera una mobilità locale spontanea e non idonea agli standard minimi necessari. L’area del Kombinat ospita l’ex area industriale, motivo della nascita del quartiere stesso, nonché zona di grande importanza storica e culturale per la città. La sua riconversione, quindi, è essenziale per la nascita di un nuovo polo attrattivo. Attorno ad esso il quartiere è già in parte autosufficiente e funzionante, presenta infatti luoghi di interesse pubblico (un ospedale, alcune scuole, un centro sportivo etc.) e beni di valore culturale (cinema, municipio, chiese, moschee etc.). Nonostante questi punti di forza,

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l’assetto urbano residenziale disorganizzato e incontrollato, ha generato fenomeni di sprawl urbano con case sparse concentrate in prossimità dei capannoni industriali, e che si estendono fino ad oltre i confini stradali, sfociando in maniera puntuale e casuale nell’area rurale. Alcune di queste case, inoltre, si trovano addossate alla vasta area cimiteriale, che non presenta alcun tipo di filtro o di distanza rispetto all’abitato.


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4.5 Lo schema direttore L’iter progettuale parte dalla riqualificazione dell’ex area industriale di epoca socialista e dalla delocalizzazione dei capannoni industriali attualmente in uso. L’operazione ha permesso la creazione di una nuova polarità principale, attorno a cui è stato possibile operare anche sulla componente residenziale. Gli interventi principali, infatti, posso essere riassunti in tre categorie: la ridefinizione dei margini del tessuto urbano, la riqualificazione dell’area residenziale esistente in collina, e la realizzazione di nuove aree residenziali. La prima interessa l’originario quartiere operaio i cui fronti sono liberati dalle superfetazioni e dall’edificato informale che aveva saturato i vuoti urbani; la zona in collina, che presenta un edificato informale di tipo unifamiliare, è oggetto di un intervento puntuale di riqualificazione energetica ed estetica. Le nuove aree residenziali, invece, si concentrano nell’area tra il quartiere industriale e la zona rurale, e sul versante orientale della collina. Le varie parti sono tenute assieme da un sistema di verde progettato, che funge da filtro urbano e da asse di collegamento tra l’area rurale nella vallata e la zona boschiva sulla collina. A questi due sistemi di verde a larga scala, inoltre, si contrappone il parco lineare trasversale, che crea un corridoio naturalistico continuo e divide la zona residenziale dal nuovo polo. In fase di progettazione, si è tenuto conto del progetto del Bosco Orbitale previsto dal piano TR030, che individua funzioni diverse a seconda delle differenti vocazioni dei luoghi e del rapporto tra la città e il verde circostante.

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A questi interventi se ne aggiungono altri, quali la riqualificazione dell’area cimiteriale e la creazione di un percorso ciclopedonale di tipo turistico-ricettivo, che collega l’intero quartiere al Gran Park di Tirana.


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5. il progetto urbano 5.1 I modelli insediativi 5.1.1 La cittĂ sovrapposta 5.1.2 La cittĂ orizzontale 5.1.3 Densificazione del tessuto esistente e rigenerazione architettonica 5.2 Vuoti come connettivo del progetto 5.2.1 Porta urbis e risalita 5.2.2 La restituzione identitaria del polo industriale 5.2.3 La Domus Ultima

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5.1 I modelli insediativi Il progetto si costituisce come una città nella città, come un nuovo modello per lo sviluppo delle metropoli. Partendo dall’esempio del progetto per l’Ospedale di Venezia di Le Corbusier del 1964, fino al progetto per la Sommerakademie di Berlino del 1977 si possono riconoscere dei tentativi che anticipano la volontà di creare una continuità tra diverse esperienze architettoniche e urbanistiche. Il progetto si identifica in una serie di vuoti che hanno reso la città frammentata e differenziata tale da definirla città arcipelago, al cui interno si identificano una serie di isole urbane riconoscibili. Il mezzo unificante delle isole urbane è il grande vuoto urbano, che attraverso rampe che si fanno spazio tra il verde, collegano i vari pezzi di tessuto. Si tratta di spazi simili nel modo in cui le parti si uniscono, dove il costruito crea un’Interconnettività porosa, dove gli spazi di transizione sono importanti quanto i nodi architettonici che li connettono. Si è provato a dare una risposta a questioni di linguaggio architettonico e urbano. La costruzione di questo tipo di tessuto è la risposta di uno studio che si approccia ad un piano urbanistico basato sull’organizzazione sistematica delle parti. Architettura e vuoti urbani formano una trama continua di spazi internamente differenziati. Il progetto è stato anticipato da uno studio sulle diverse condizioni di città, cioè la città ottomana, con la presenza del bazar; la città italiana con la creazione dei grandi vuoti urbani e la realizzazione delle grandi piazze; la città socialista, con la costruzione delle residenze per gli operai e successivamente lo studio dello sviluppo della città spontanea.

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Queste condizioni sono state in parte reinterpretate, progettando un quartiere che riesce a comprendere e risolvere le situazioni presenti nell’area scelta ma che sono facilmente riconoscibili in più aree situate lungo tutto l’anello periferico della capitale. Lo studio delle diverse parti di città ha portato alla progettazione sperimentale di tre tipi diversi di città: den-city equivalente al quartiere intensivo a valle; building-city ricondotto al complesso del Kombinat; city-nature cioè il quartiere estensivo in collina; queste sono le macro aree approfondite e che hanno visto la progettazione attenta per rispondere alle esigenze che una città contemporanea è soggetta e in particolar modo la città di Tirana che vede un’importante volontà nella sperimentazione e nel confronto con le altre capitali d’Europa. La risposta a queste esigenze dettate da cambiamenti socio-culturali vede il quartiere dotato un polo attrattivo che rievoca le originarie funzioni dell’industria, un altro polo nel quartiere rivolto alla den-city che propone un grande spazio fieristico dedicato all’agrifood, che utilizza le risorse agricole del parco agricolo situato a nord della fiera e che ricorda gli spazi dei bazar, in special modo il bazar di Istanbul. Nell’area residenziale in collina, si è studiato il rapporto tra le abitazioni e la natura e il loro modo di adattarsi e relazionarsi alla condizione morfologica del terreno, cercando di non impattare in maniera irreversibile il paesaggio. Ciò che si è tentato di fare è stato realizzare un progetto pilota, un progetto che è ripetibile nelle parti della città in cui si ripresentano le stesse condizioni e le stesse problematiche dell’area presa in esame.

A destra: Masterplan


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5.1.1 La città sovrapposta Nel tentativo di leggere le ricchezze e le potenzialità di un territorio apparentemente privo di gerarchie e ordine, si è ritenuto necessario riconoscere le diversità tra gli ambienti che lo compongono attraverso una prima, semplice suddivisione tra gli spazi urbanizzati e gli spazi apparentemente liberi, ma occupati da un sistema agrario fortemente caratterizzante. Questi grandi insiemi presentano al loro interno ulteriori differenziazioni, che definiscono un sistema urbano complesso e discontinuo, in cui è presente l’accostamento di ambienti diversi tra loro. Il progetto tenta di eliminare, o comunque di ridurre al minimo questa separazione che ricorda quasi una frattura tra le parti e consente di leggere il territorio non più secondo una logica dicotomica che contrappone il costruito al non costruito. Gli spazi aperti, elementi strutturanti del paesaggio urbano contemporaneo, accostati a quelli costruiti, definiscono un grande mosaico dove i diversi tasselli che lo compongono, seppur di intensità diverse tra loro, collaborano tutti alla rappresentazione di un’immagine unitaria. La suddivisione in macro frammenti, mette in evidenza la discontinuità che tali ambienti hanno tra loro e l’importanza strategica che assumono i loro punti di contatto. Il progetto si insedia nella parte Nord del quartiere Kombinat, area in cui oggi sono presenti abitazioni abusive e di scarso, se non nullo, pregio architettonico. Area periferica ma di grande importanza per via della prossimità con le grandi arterie stradali che la attraversano e che collegano

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non solo il Kombinat ma anche Tirana con i grandi centri di tutta l’Albania. L’area di intervento viene identificata tra due basse montagne che delimitano, quasi come a racchiudersi in un abbraccio, una vallata caratterizzata da orti agricoli da una parte mentre dall’altra parte lo spazio è delimitato dallo storico complesso industriale tessile del Kombinat. Al margine tra i due differenti scenari viene inserito il nuovo quartiere costituito da manufatti legati tra loro da una trama, come a voler ricordare la trama di un tessuto, che li rende necessari l’uno con l’altro per affinità costruttive e assonanze tematiche. La natura di questo intervento risulta essere un incrocio tra una dimensione urbana ma con una restituzione dell’immagine diversa dal quartiere contemporaneo poiché più compatto e spazialmente definito. Il riferimento che ne deriva è la zolla urbana, studiata da Franco Purini che può essere anche ricondotta ad altri esempi antecedenti dell’idea di zolla come alcuni progetti urbani di Ludwig Mies Van der Rohe per il Campus dell’Illinois Institute of Technology. La zolla viene considerata come una unità di misura a metà tra architettura e città. Nel caso studio viene rievocata l’idea di città stratificata, la città fatta per parti, costituisce un esempio di città dall’identità eterogenea, dove coesistono temporalmente e spazialmente differenti modelli in quanto è presente nella prima parte una quota basamentale che racchiude al suo interno un’altra piccola città, una sorta di grande piazza destinata la pubblico. La zolla può essere immaginata come un rilievo, un’aggiunta del suolo, un’essenza che stabilisce del-


le forze tra i volumi e nella sua forma rievoca l’immagine classica del recinto e del podio. La zolla configura anche una forte relazione con il suolo, il basamento che con il suo spessore contiene parcheggi, impianti, servizi, ricorda un hardware, una scheda elettronica, in cui ogni componente ha una sua funzione specifica e permette il funzionamento del sistema. Si può osservare infatti come ogni macro-zolla al suo interno presenta una configurazione differente, destinata a funzioni differenti. Questo piano orizzontale costituisce la superficie nella quale gli edifici che racchiudono le abitazioni sono appoggiati. Nelle sue componenti fatti di pieni, il basamento-zolla è costituito anche dai vuoti che identificano dei frammenti, riconducibili a dei frammenti urbani cioè vale a dire che attraverso una serie di valenze libere e di aperture semantiche, lascia a chi la percorre e chi la abita margini con una maggiore definizione. I confini tra un frammento e l’altro talvolta sono così netti da ridursi a vere e proprie linee, più spesso sono ampie aree di indeterminazione che non possiedono alcuna forma o funzione prevalente. Tali spazi li denominiamo margini. I margini non sono solo i luoghi d’incontro tra il pieno e il vuoto ma sono anche i punti di contatto tra superfici edificate di natura differente o diverse tipologie di spazio libero. Concentrare un progetto lungo le aree di margine può significare sovrapporre ai frammenti della città esistente un sistema di spazi urbani continui in grado di assorbire la spinta delle espansioni degli insediamenti a loro contigui e di dar forma ed espressione al valore aggiun-

to che tali spazi generano se connessi tra loro. I margini sono dunque degli spazi potenziali, luoghi di centralità di una città latente. L’area considerata, poiché si trova nel punto d’incontro tra due grandi sistemi urbani diversi tra loro, è essa stessa luogo di margine e di plusvalore; una centralità potenziale che seppur oggi presenti grandi problemi strutturali e organizzativi, contiene al suo interno forti presenze storiche e grandi spinte innovative. Questa grande area, attualmente frangia esterna della città moderna e incredibilmente più congestionata e densa di quella frammentaria ha caratteristiche proprie, ma non possiede una sua identità. In questa geografia particolare si accostano i materiali principali dei due sistemi urbani adiacenti: gli spazi aperti e i tessuti edilizi ad alta densità, i primi, elementi strutturanti e connettivi della città contemporanea acquistano un valore particolare se racchiusi all’interno di brani di città storica e moderna. I luoghi di margine posseggono, qui più che altrove, un valore strutturante, poiché consentono di elaborare un progetto generale per l’intera area, senza intervenire in ogni suo punto. La scelta di elaborare una forma definita, stabile, è coerente alle necessità attuali di tracciare segni permanenti su un territorio che appare oggi svilupparsi senza alcun progetto complessivo. In altre parole il nostro progetto può essere ricondotto alla tessitura di un tessuto composto da fili dove diversi elementi programmatici possono evolversi. Ciascuna delle parti che compone il progetto è un elemento strutturante del tessuto urbano. Le prime strutture sono i percorsi principali che partendo da una macro-zolla, sfalsa il

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suo andamento lineare per riprendere e proseguire il suo percorso nella macro-zolla vicina, quella di dimensioni maggiori. Rispetto a questi due percorsi principale, paralleli, vi sono altri percorsi che tagliano longitudinalmente la zolla, essi si trovano in corrispondenza dei canali, anzi sono proprio questi a determinare, con la loro forza, i tagli apparentemente incontrollati, del sistema urbano. Alcuni di questi canali hanno una importanza centrale nel progetto poiché terminano in corrispondenza di spazi quali piazze o sale ipostile che donano al luogo un senso di solennità. Dalle arterie principali, percorsi sia carrabili sia pedonali, per poter permettere l’entrata e la fruizione di camion per il carico e lo scarico delle merci, si diramano altri percorsi secondari che terminano o in vuoti, non di importanza inferiore rispetto ai pieni, e pieni che costituiscono edifici speciali. L’immagine che viene restituita è una sorta di spina centrale che talvolta si dilata generando spazi liberi e alla quale si agganciano come fossero pendoli altre centralità del sistema. Ciò che si vuole definire è uno spazio in cui vi è una figura continua determinata da spazi pubblici interni ed esterni. Il progetto ha lo scopo di trasformare questo pezzo di città profondamente interconnessa con strade interne, piazze, cortili e passerelle multiple su modello di una Medina araba. L’articolazione di diversi elementi spaziali e costruttivi, sempre composti in modo diverso attraverso lo sviluppo di uno schema fatto di ritmi alternati che ha fornito un’incredibile varietà di ambienti all’interno del quale agisce un sistema modulare di base controllato e controllabile. Il ritmo viene

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dettato principalmente dalla sequenza dei setti portanti che scandiscono il sistema delle abitazioni residenziali innalzate al di sopra della zolla; la sequenza è data dall’alternanza di un modulo di otto metri con quello di quattro metri, ma che in particolari situazioni diventa più incalzante creando uno sfalsamento del ritmo quasi a voler interrompere una sorta di monotonia. Le stanze e gli spazi che vengono creati vogliono rendere l’idea di una macchina in continua evoluzione, volta a massimizzare la flessibilità spaziale in quanto tutte le stanze e gli spazi all’interno di un sistema di base, le cosiddette celle, che costituiscono l’unità di misura, sono progettate per essere facilmente riorganizzate, combinate, unite, ma anche disgregate, separate. Questi spazi vengono attraversati talvolta da stradine coperte dove la luce entra solo dall’estremità iniziali e finali; in altri casi vi è la presenza di percorsi scoperti che evidenziano gerarchie differenti di tali attraversamenti. All’interno del sistema seriale fatto di unità-cella, che per la maggior parte dei casi, assume una direzionalità verticale, estendendosi da nord a sud, riprendendo il ritmo dettato dai pilastri che scandiscono lo spazio delle aule delle vicine industrie, suddividendole in settori rettangolari, vi sono delle disgregazioni, delle alterazioni, che determinano il formarsi di luoghi utili alla collettività, servizi per gli abitanti del quartiere, ma anche a trattori per i non abitanti di questi luoghi, come può essere l’auditorium, elemento centrale sia per il nuovo sistema, ma anche per le nuove funzioni di cui i complesso industriale sarà protago-

Ideogrammi compositivi


nista. Esso ha un’estensione a doppia altezza; in questi casi il basamento assume l’idea di suolo, che si alza e si abbassa come a voler ricordare la morfologia del territorio. Il passato industriale è la vera e propria gloria di questa città. Inoltre con l’instaurazione del regime comunista, vennero adottate numerose riforme, tra cui la riforma agraria che ha portato a importanti opere di bonifica e la necessità di creare nuove attrezzature per i terreni agricoli. Da tali necessità nasce l’esigenza di costruire canali di irrigazione e drenaggio dell’acqua. Il sistema dei canali viene progettato secondo una griglia ortogonale che contiene al suo interno una gerarchia, scandendo così i lotti dei terreni agricoli. I canali vengono realizzati anche in relazione ai sistemi idrici e alla vicinanza con le industrie sorte anche queste durante il regime comunista. La presenza dell’acqua, insieme alla molteplicità delle specie vegetali, conferisce allo spazio una connotazione molto particolare trasformando gli spazi pubblici delle piazze, delle strade, degli slarghi o dei vuoti urbani, in luoghi di forte identità e riconoscibilità, contribuendo alla bellezza del sistema e creando nuovi paesaggi. La presenza dell’acqua deve essere interpretata come un nuovo segno per provocare e suscitare nuove relazioni e nuove attribuzioni di senso ai luoghi e agli spazi; deve essere intesa come occasione per evocare espressivi impianti scenici in grado di comunicare e trasmettere agli abitanti la vitalità della natura, la sapienza dell’arte, lo stupore della scoperta. Indipendentemente dal suo essere materia naturale o artificiale, elemento preesistente o nuovo segno, l’ac-

qua è una presenza sempre più assidua e partecipe nel disegno della città contemporanea. “L’acqua ha accompagnato il paesaggio urbano in tutta la sua storia cadenzandone i cambiamenti e l’evoluzione ed assecondando tutte le esigenze pratiche, estetiche e simboliche che la struttura urbana richiedeva”. Nella storia l’acqua è all’interno del paesaggio urbano e determina il rapporto e la tensione tra l’uomo e l’acqua. Il fiume o i canali sono gli elementi determinanti della forma urbana; condizionano la città e ne suggeriscono linee di sviluppo, diventano regola formativa del tessuto urbano che attorno all’acqua si sviluppa e si dilata.

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Ideogramma

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Pianta piano terra

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Pianta primo piano

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Pianta delle coperture

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Come abbiamo già detto, la parte al piano terra è una sorta di basamento che idealmente sorregge tutta la parte residenziale che si sviluppa ai piani superiori, ma prima di raggiungere quegli spazi dedicati alla vita privata, si passa in uno spazio intermedio, quello dedicato al co-working. Se il piano terra, quello del basamento, era uno spazio assolutamente pubblica, una sorta di mercato coperto o piccolo centro commerciale, il suo tetto assume l’identità di piazza. Ogni frammento che si viene a creare dai tagli determina un luogo con una sua particolarità: alcune sono accessibili da rampe che si evolvono da basamento; altre volte questi spazi sono accessibili sono dai vani scala racchiusi all’interno delle unità-cella; altre volte invece è il basamento che si piega, riconnettendosi al suolo attraverso delle gradinate e quindi è possibile raggiungere la quota direttamente dall’esterno, dalla parte dei campi coltivati. Ci sono anche casi estremi lì dove i frammenti sono luoghi residuali e quindi rimanendo luoghi non usufruibili. Queste piazze possono definirsi continuum degli spazi del co-working anche se delimitati da lastre di vetro. È un piano caratterizzato dalla possibilità di avere spazi il più possibile flessibili, infatti la struttura è ridotta alle sole strutture portanti dell’edificio, lo spazio rimane libero e aprendo le grandi vetrate diventa un tutt’uno con la piazza antistante. L’idea di questi spazi flessibili nasce dall’esigenza di creare luoghi condivisi, luoghi di interscambio di idee, collaborazioni, incubatori di start up innovative. Al piano superiore si sviluppano le abitazioni del co-living, mini appar-

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tamenti, destinati a studenti o giovani coppie o anziani. Si tratta di appartamenti composti da una sola stanza di 3,5 metri per una estensione di 8,5 metri che racchiude in sé sia la zona giorno sia la zona notte, separate da un muro trasversale che viene utilizzato come armadio a muro, elemento che riporta alla tradizione albanese ricordando il mafil presente nelle case tipica albanese. Questo avviene nella situazione classica. Alcuni spazi vengono liberati dalle abitazioni e lasciano il passo a spazi collettivi che possono essere mense con annesse cucine o anche biblioteche o asili, o ancora spazi per il ritrovo. Ancora una volta il tutto viene ricondotto ad una piazza pubblica seppur chiusa. Ognuna di queste abitazioni può essere facilmente raggiunta da un ballatoio che funge da strada pubblica sopraelevata, che attraversa anche i luoghi pubblici rendendoli facilmente raggiungibili. Il piano terzo è il piano destinato al living-working. Il luogo, anche qui, è connotato per la flessibilità degli spazi che possono mutare a seconda dell’esigenza di chi abita questi ambienti. Si immaginava la possibilità di rendere il tutto come un grande percorso, sempre con la presenza del ballatoio che funge da spazio di distribuzione per eccellenza, alcune volte questo percorso incontra spazi in cui il residente ha ricavato la sua abitazione, altre volte invece possono essere presenti degli studi, dei grandi laboratori aperti al pubblico; interessante può essere inoltre l’approccio degli spazi che rimangono liberi in quanto possono essere destinati a grandi gallerie espositive, mostre espositive in cui chi abita questo piano magari


è colui che lavora nel suo laboratorio e allo stesso tempo ha la possibilità di usufruire di uno spazio libero per esporre l’opera realizzata. Il piano quarto e il piano quinto sono invece occupati dalle abitazioni più tradizionali, spazi in cui vengono distribuite le abitazioni per famiglie medie e numerose. Su questi due piani il ballatoio scompare, e ogni due appartamenti vengono serviti da un vano scala. L’articolazione di questi spazi è data dal vano servizi che, per permettere l’attraversamento verso la stanza da letto, si spezza creando quindi una zona giorno illuminate sulle due facciate e una zona notte che invece si affaccia all’esterno della corte. Questa disposizione riguarda l’appartamento per una famiglia poco numerosa. L’appartamento con un nucleo familiare più numeroso invece è composto sempre da una zona giorno che prende luce da parte a parte e viene divisa dalla zona notte dal vano servizi; anche in questo caso viene spezzato dando logo a un corridoio di distribuzione delle tre camere da letto, due delle quali affacciano nel lato interno delle corti. Esternamente l’edificio corto è pensato per mantenere quella leggerezza che lo contraddistingue internamente quindi le facciate sono chiuse da pannelli di legno. Le facciate esterne mantengono una maggiore chiusura, i pannelli di legno lasciano spazio solo a poco finestre che mantengono l’intera altezza dell’interpiano. Dalla parte interna delle corti, quella che si affaccia nelle piazze, le facciate tendono ad essere più leggere, infatti i pannelli di legno presenti non sono totalmente chiusi ma assumono la forma di brise soleil scorrevoli, permettendo di avere una facciata flessibile e mutevole.

Il sistema dei brise soleil non è solo presente nei piani in cui vi è il ballatoio ma viene riportato anche nei piani più privati. La dinamicità del prospetto viene inoltre interrotta da porzioni di basamento che salgono e scendono, portando anche un cambio di materiale: si passa bruscamente da soluzioni lignee a spazi pietrosi, quasi impenetrabili. Gli spazi presi in oggetto sono quelli destinati per eccellenza alla collettività, e alla condivisione che mantengono una certa introspezione, aprendosi solo attraverso diverse bucature piuttosto sottili di altezza pari al piano a cui corrisponde. Questo luogo non è stato pensato per essere solo un quartiere per rispondere alla crescita che la città di Tirana sta vivendo, ma è una occasione per sperimentare, per poter affermare che si sta vivendo una nuovo modo di intendere la città contemporanea e l’abitare; la casa diventa una forma di condivisione per eccellenza, di iniziative, di rimedi, di azioni temporanee o strutturate, che si ricompone nella speranza di un riscatto che implica pratiche collettive, da qui l’incessante ricerca di spazio per lo scambio di idee, luoghi fatti di collaborazioni, senza barriere temporali e spaziali.

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Coliving Living Living Living Living Working Coworking Servizi comuni Vano scala

Sopra: ideogramma A destra: schema distributivo delle residenze Pagine successive: piante

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Piano 2 - Living-working

Piano 1 - Coworking

Piano 3 - Coliving

Piano 1 - Coworking

Piano 3 - Coliving

Piano 2 - Living-working

Piano 4 - Living

139 Piano 2 - Living-working

Piano 4 - Living


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Prospetto

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Sezione

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5.1.2 La città orizzontale Una parte del progetto riguarda alcuni interventi nell’area sud del Kombinat, zona a bassa densità composta da abitazioni prevalentemente unifamiliari, disposte attorno un’ampia area più o meno scoscesa. Gli interventi riguardano la riprogettazione del sistema viario, caratterizzato principalmente da un sistema di tornanti interrotti da una grande rampa pedonale che taglia il quartiere, la realizzazione di nuovi edifici specialistici a pubblico utilizzo, interventi sulle abitazioni esistenti, nonché la realizzazione di abitazioni ex novo, quest’ultime derivanti dall’intenzione di riprogettare le forme dell’abitare, riprendendo quelle delle architetture tradizionali albanesi. Il progetto vuole ridare un carattere chiaro e unitario all’area, dove tutte le architetture possano apparire omogenee nell’insieme e dare un carattere proprio, derivante dalla tradizione del luogo. Per individuare gli elementi cardine del progetto, le prime operazioni hanno riguardato una mappatura fotografica dell’area, effettuata durante i vari sopralluoghi, nonché un’accurata analisi sulle architetture storiche che hanno caratterizzato le abitazioni albanesi negli ultimi secoli, partendo dal periodo ottomano, al periodo di occupazione fascista, alla dittatura comunista fino ad oggi. Partendo dallo studio attento di alcune case storiche, scelte perché aventi connotati più esaustivi e rappresentativi delle forme e degli elementi del periodo storico di cui facevano parte, i cui elementi hanno maggiormente influenzato l’architettura del periodo,

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abbiamo estrapolato e riprodotto in chiave moderna tali elementi, volti ad essere chiave nella progettazione delle nuove abitazioni, nonché nella riprogettazione ed adeguamento delle preesistenze, creando così delle nuove forme dell’abitare. In dettaglio, nel caso in cui si volessero realizzare nuove abitazioni, sono state pensate due tipologie residenziali, simili tra loro per carattere ed elementi, ma divergenti per larghezza e altezza. Entrambe, disposte all’apparenza in modo sparso ma ordinate nel loro insieme, si dispongono in quattro zolle, ognuna delle quali avente un edificio specialistico ed una piazza posti in un angolo. Gli edifici specialistici assieme alle piazze, realizzate su dei podi, fanno da cardine ad ogni singola zolla così che, anche se posti angolarmente in ognuna, creano una centralità all’intero complesso. Gli edifici specialistici sono di due tipologie, quelli a “C”, posti in due zolle tra loro opposte, e ruotati in modo tale che le piazze da essi racchiuse si traguardino; e gli edifici ad “L”, che si differenziano dai precedenti non solo per forma, ma anche per disposizione, tali da non aprirsi verso il centro come i primi, ma rivolgendosi verso le abitazioni. Le quattro zolle, tra loro di diversa misura, sono disposte lungo un crinale della collina, e ognuna di esse ruotata differentemente, in modo tale da seguire più o meno accuratamente l’andamento orizzontale delle isoipse. E’ proprio l’andamento delle curve di livello, e quindi la morfologia del posto, che ha influenzato considerevolmente le scelte progettuali, partendo dalla disposizione delle zolle e fino al posizionamento delle


singole abitazioni, cosicché, sfruttando la forte pendenza, si è pensato di disporle per fasce a tre metri di dislivello l’una da l’altra. Queste fasce di case sono tra loro collegate da strade carrabili, sia passanti dal prospetto anteriore che da quello posteriore, ma poste appunto a tre metri di dislivello, motivi per cui le nuove abitazioni prevedono un ingresso anteriore ed uno posteriore. Da quello anteriore si accede, in alcune tipologie all’orto privato e da esso alla vera e propria residenza, in altre tipologie direttamente all’abitazione, e dalla strada posteriore, posta quindi a tre metri più in alto, si accede direttamente al primo piano della residenza. Sono state progettate abitazioni con e senza orto, le prime poste nelle due zolle a quota più bassa, le seconde in quelle a quota maggiore; questo perché nella parte più bassa, e quindi alle pendici della collina, essendo il dislivello minore, si è dovuta allungare la pertinenza delle abitazioni così da raggiungere i tre metri di dislivello tra una strada e l’altra, per garantire sempre l’accesso posteriore direttamente al primo piano delle abitazioni. Ogni zolla è per tutti e quattro i lati immersa nel verde, così che nell’insieme tutte e quattro appaiono come piccole isole residenziali circondate dal bosco, ma comunque ognuna collegata al sistema viario principale attraverso una strada carrabile, che ne consente la fruizione alle singole abitazioni, nonché l’accesso al basamento che costituisce ogni piazza, derivante dall’orizzontamento della stessa. Le quattro piazze sono state pensate come uno spazio aperto pubblico, come luogo di ritrovo racchiuso da edifici specialistici che, data la loro dif-

ferente disposizione, ne influenzano il carattere. Questi spazi pubblici aperti, tra loro di diversa misura e giacitura, si vengono a creare attraverso dei terrazzamenti, questi derivanti dalla forte pendenza del posto; due, racchiusi dagli edifici a “C”, si aprono per un lato verso il verde centrale alle quattro zolle, mentre le altre, racchiuse dagli edifici ad “L”, sono più introverse e per due lati si aprono verso le residenze. All’interno di questi terrazzamenti, considerati come grandi podi, sono stati previsti dei parcheggi per i residenti del complesso. La volontà di posizionare le zolle nel verde e quindi di creare un rapporto tra queste ultime e il bosco, paragonabile al rapporto che si genera tra i pieni e i vuoti, principio della composizione architettonica, vuole valorizzare tanto i vuoti quanto i pieni, così come in musica è importante il rapporto tra il silenzio e il suono, l’alternarsi delle note e delle pause, tanto è importante l’alternarsi, secondo vari rapporti, del costruito e del vuoto, quest’ultimo inteso non come incompiutezza, ma come elemento progettato voluto dall’architetto. Nel complesso ogni abitazione è collocata in modo tale da godere di una vista panoramica, grazie alla disposizione alternata di ogni abitazione rispetto a quelle poste anteriormente e posteriormente, nell’insieme paragonabili a conci in pietra disposti per filari sfalsati. La reiterazione seriale delle case, essendo di due tipologie divergenti per dimensione, ed essendo disposte sfalsate planimetricamente ed altimetricamente, genera dinamicità all’interno del complesso, accentuata dalla diversa giacitura delle zolle e dalla presenza di edifici specialistici

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a torre che, assieme alle piazze, alle strade e al verde, ne fanno da limite. Entrambi i prototipi abitativi presentano una struttura bipartita costituita da una parte pesante (il basamento) ed una parte leggera che poggia su esso. Il principio compositivo si basa proprio sul rapporto tra il pesante e il leggero, il primo composto da tre spessi muri paralleli, uno che funge da solo recinto alto tre metri, e gli altri due che formano i vani servizio della casa, ovvero il vano scala e i bagni; e la parte leggera, nella quale si sviluppano gli altri ambienti della casa. Questa, realizzata con una struttura lignea, poggia sui tre muri precedentemente detti, anteriormente aggettando rispetto al recinto, e posteriormente incastrata al vano servizi che ne fa da testata, e che costituisce il fronte massivo della strada posteriore, assieme al recinto della successiva casa retrostante, di cui ne mantiene i connotati, così da garantire a tutte le strade fronti uguali su entrambi i lati. La parte leggera, che in un prototipo si sviluppa per due piani e nell’altro per uno solo, presenta lateralmente due paramenti murari lignei principali a sostegno della struttura, poggianti ortogonalmente sui muri massivi sottostanti; pannellature scorrevoli nel prospetto anteriore fanno entrare luce ed aria agli ambienti, mentre altre pannellature interne, sempre scorrevoli, consentono la divisione degli ambienti o la loro unione in uno spazio più grande; gli orizzontamenti sono costituiti sempre da elementi leggeri lignei, e quindi i solai e la copertura, la quale è composta da una sola falda inclinata. L’idea della sovrapposizione di una

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parte massiva ed una lignea leggera sta nell’analisi delle abitazioni di origine ottomana che, ad eccezione della tipologia a Kulla, per buona parte dei casi presentano un piano terra in pietra, spesso voltato, che fa da basamento alla struttura ed accoglie ambienti adibiti a stalle e depositi, contrapposto alla parte superiore lignea, dove erano presenti gli altri ambienti della casa. Un elemento da noi riproposto è il çardak, una sorta di loggiato ligneo posto al primo piano di buona parte delle residenze tradizionali, elemento dal quale abbiamo preso spunto per la progettazione del prospetto anteriore dei prototipi, nei quali costituisce un ambiente comune per i residenti della casa, un luogo dello stare dove, grazie alle grandi pannellature lignee scorrevoli, si può godere di luce, aria e di una vista panoramica. Questo elemento è parte integrante della struttura lignea, è costituisce l’unica parte aggettante della residenza. Dallo studio delle residenze ottomane, si è visto inoltre come queste avessero spesso un proprio appezzamento di terra racchiuso da alte mura, del quale, la parte antistante l’abitazione usato come giardino, e quindi ben curato perché primo elemento che gli ospiti osservavano all’ingresso, e una parte coltivata a orto nell’area retrostante la casa. Abbiamo quindi voluto riproporre questi elementi inserendo un piccolo giardino posto all’ingresso delle abitazioni, un piccolo punto di verde privato della famiglia, mentre nelle residenze delle zolle inferiori, come detto prima, sono stati previsti degli orti privati disposti su terrazzamenti, ol-

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tre i quali, dopo aver superato il muro portante anteriore alla casa, si accede al piccolo giardino privato che fa da ingresso alla residenza. L’dea di riprendere questi elementi è stata rafforzata dall’aver notato, nella maggior parte delle residenze locali, giardini e orti spesso terrazzati, che ci hanno indirizzati verso tale scelta progettuale.

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Prototipo casa-bottega Esploso dell’involucro

Assonometria

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Esploso assonometrico


Prototipo residenza Esploso dell’involucro

Esploso assonometrico

Assonometria

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Pianta piano terra

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Pianta primo piano

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5.1.3 Densificazione del tessuto esistente e rigenerazione architettonica La questione dell’insediamento informale in Albania si presenta come un problema difficile da risolvere in quanto la demolizione appare come una scelta non praticabile, se non fatta in modo mirato, soprattutto nei casi in cui la qualità degli edifici non è particolarmente scadente e degradata. Diviene allora necessario trovare una soluzione per riuscire a sopperire a questa mancanza, evitando che continui a propagarsi comprendendone le logiche di modo da innescare processi di recupero urbano, edilizio e di riqualificazione ambientale. Il problema dello sviluppo informale va affrontato mettendo a punto una strategia che comprenda da una parte le politiche di buon governo e di gestione del territorio e dall’altra la pianificazione urbana e i piani per l’edilizia abitativa, sviluppando un approccio integrato e interdisciplinare che coinvolga varie scale di intervento, da quella territoriale a quella architettonica. Il progetto a scala urbana e a scala architettonica può essere una soluzione per risolvere anche problemi di altra natura, come quelli sociali, culturali, economici, ambientali ecc. Le strategie che si possono mettere a punto vanno dalla legalizzazione e regolarizzazione delle abitazioni, processo attualmente già in corso, fino alla demolizione mirata, parziale o integrata, di alcuni edifici, utile a ricostruire un tessuto leggibile ma anche a fornire ai quartieri infrastrutture e servizi utili a migliorare la qualità della vita. In questo senso il nostro progetto di rigenerazione urbana vuole essere

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un progetto pilota, che si occupa di affrontare con carattere di generalità le problematiche presenti all’interno della nostra area di progetto, in particolare nell’area collinare collocata a sud-ovest del quartiere operaio del Kombinat. Si è partiti dall’individuazione delle forme naturali e urbane presenti, dall’analisi della gerarchia dei tracciati presenti, spesso incompiuti e in pessime condizioni; successivamente si è analizzata la tipologia di abitazioni esistenti nell’area, perlopiù strutture in cemento armato che si sviluppano su due o tre piani, di tipo unifamiliare o plurifamiliare, circondate da un alto recinto. Dalle analisi fatte è emerso un tipo di intervento che costituito da più fasi: la prima consiste nel miglioramento delle infrastrutture, in particolare dell’assetto viario, attraverso il completamento delle strade esistenti e l’aggiunta di nuovi tracciati, con lo scopo di rafforzare le connessioni con il contesto paesaggistico e con le altre parti che definiscono il nostro progetto; per fare ciò è stata necessaria una prima demolizione, operata in maniera puntuale, di alcuni edifici e di alcune parti di essi. La seconda operazione consiste nella ricostituzione di un fronte urbano, senza per questo snaturare la natura degli edifici presenti; dal punto di vista del modello insediativo la parte di città interessata è stata interpretata in analogia ai tessuti delle case ottomane reinterpretando la tradizione abitativa locale dal punto di vista tipologico e costruttivo. Attraverso l’aggiunta di volumetria e la demolizione parziale degli edifici è stato possibile inserire elementi tradizionali delle abitazioni


albanesi, reinterpretati in chiave moderna. Il piano terra è stato destinato in parte all’attività produttiva, posta sul fronte strada, utilizzando anche i recinti che delimitano i giardini delle abitazioni come muri abitati, e in parte alla zona giorno, spazio più introverso, che si affaccia invece verso l’interno del recinto. Al piano superiore è stata collocata la zona notte mentre tutti i servizi sono situati nelle aggiunte volumetriche operate sull’edificio. Alle abitazioni è stato restituito il tetto a falde, tipico delle abitazioni ottomane e più coerente anche con la tipologia abitativa. Il progetto finora descritto va ad inserirsi all’interno di un contesto inadeguato dal punto di vista impiantistico, con servizi pubblici inefficienti e insufficienti, caratterizzati da impianti fognari e reti elettriche spesso assenti. Alla luce di questi fattori, il progetto punta a rendere indipendente il quartiere, andando ad integrare e talvolta a sostituire, le infrastrutture urbane pubbliche carenti e inesistenti. Inoltre attraverso l’impiego di materiali adatti al clima, come il legno e la pietra, si persegue una finalità non puramente estetica, ma anche energetica, in quanto l’obiettivo è quello di migliorare le condizioni termiche dell’abitazione. Infine l’inserimento dei pannelli solari, risulta essere una strategia volta a rendere indipendenti le abitazioni, finora carenti di energia elettrica.

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A destra: - Piante, prospetti, sezione e vista assonometrica della residenza tipo esistente - Piante, prospetti, sezione e vista assonometrica di tre tipologie di intervento

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5.2 Vuoti come connettivo del progetto 5.2.1 Porta urbis e risalita Il progetto della porta urbana e della risalita sulla collina si colloca a sud rispetto all’area scelta, in una parte interessata dalla presenza di poche abitazioni, in quanto il terreno è molto scosceso. La scelta progettuale fatta infatti non mira ad una densificazione delle abitazioni ma ad un rispetto della natura fisica del luogo, interpretando i caratteri naturali del suolo, insieme a quelli determinati dalle trasformazioni antropologiche dovute all’edificazione spontanea. Il vuoto è assunto come “intervallo” necessario e non come “riserva” dello spazio da occupare, e il suo limite è caratterizzato da un’unità elementare della città-natura che consiste nell’ isola architettonica, la cui disposizione all’interno del vuoto naturale rappresenta un altro passaggio fondativo del progetto. Affinché lo spazio vuoto non risulti uno spazio residuale tra le parti ma assuma valore di luogo, le isole sono state disposte stabilendo tensioni tra loro, secondo un sistema di relazioni interpretative dei caratteri della forma naturale dei luoghi stabilite attraverso un proporzionamento planimetrico e volumetrico delle masse collocate nella natura. Queste forme si presentano come dei frammenti della città portati ad unità nell’isola, collocata nella natura che si affacciano verso il vuoto, che non è uno spazio circoscritto ma assume una forma in sé, dotato di caratteri, che diventa il luogo di aggregazione delle architetture.

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Queste isole si configurano come dei basamenti, dei podi, sui quali sono collocati degli edifici lineari che hanno una funzione specialistica. I basamenti al loro interno sono attrezzati come delle aree parcheggio di servizio al quartiere, mentre i loro tetti diventano delle piazze giardino, delle aree dalle quali è possibile godere del panorama verso la campagna e verso il polo industriale. Fanno eccezione i primi due elementi che non presentano il podio, in quanto hanno una funzione di ingresso alla città, essendo la strada che attraversa il quartiere, uno dei collegamenti principali di Tirana, nonché un percorso matrice della città; si tratta di due edifici a torre, con anch’essi avente una funzione specialistica. Questi podi, a loro volta, sono collegati tra di loro tramite un percorso di risalita nella collina, immerso nel verde, che permette inoltre di attraversare l’area naturale, senza per questo segnarla fortemente; attraverso queste rampe è possibile raggiungere entrambe le parti che compongono il quartiere, e raggiungere il percorso ciclo-pedonale posto in sommità della collina.


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5.2.2 La restituzione identitaria del polo industriale L’economia albanese fu rivoluzionata durante il periodo dittatoriale di Enver Hoxha, che trasformò radicalmente il paese da semi-feudale ad industrializzato, seguendo imperativamente il modello industriale sovietico-stalinista. I Kombinat integrati sono i fiori all’occhiello dell’industria albanese. In queste aree si trovavano le principali industrie del regime. Nel caso del Kombinat di Tirana, vero e proprio quartiere nato tra la fine degli anni Quaranta e gli inizi degli anni Cinquanta, vi era un complesso industriale tessile ed una centrale elettrica. La manodopera impiegata nelle fabbriche era composta da giovani provenienti da varie parti dell’Albania, in particolare dalle zone rurali, e fra essi prevalenti erano le donne. Nei quarant’anni del periodo socialista sono stati realizzati opifici ed il quartiere operaio si è ingrandito: sono arrivati nuovi abitanti, quasi tutti occupati nelle diverse fabbriche, si sono costruiti nuovi palazzi, scuole, negozi ed altri servizi. Questo quartiere, che ha ospitato storie di vita quotidiana rappresentative dell’industrializzazione dagli anni cinquanta fino alla caduta del regime, è un quartiere che appare ora uno spaccato a causa della storia albanese degli ultimi decenni. Si può ritenere che oggi il quartiere di Kombinat, nato come quartiere operaio modello, stia assumendo sempre di più l’aspetto (e la funzione) di area marginale di Tirana. L’ analisi accurata dell’area è finalizzata a un progetto di riqualificazione del quartiere e alla restituzione dell’identità storico culturale di un simbolo ancora oggi emblematico della città.

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Si spera diventi rapidamente un luogo alternativo di aggregazione a Tirana sia per la popolazione locale che per i viaggiatori. Qui sono invitati a creare e condividere, collaborare, imparare, socializzare. Kombinat si trova in un quartiere storico che è stato una parte centrale ma meno popolare della città. Il punto di partenza è stato quello di analizzare il contesto urbano in cui il progetto poteva portare molteplici benefici per l’area: aumentare la sua pubblicità e influenzare la vita economica e sociale del quartiere. Creazione di un nuovo hotspot e, quindi, migliorare l’attrattiva dell’area era uno degli obiettivi principali. L’edificio esistente della fabbrica dell’era sovietica aveva il suo spirito distinto. Questo è il motivo per cui si è scelto di preservare e aumentare la forza intrinseca dello spazio. La sfida consiste nell’implementare un programma spaziale funzionale e una circolazione razionale all’interno dell’esistente. L’ idea compositiva del progetto parte dall’idea di voler enfatizzare l’importanza costruttiva di questi edifici, infatti si è pensato di realizzare edifici più bassi che gli inglobassero, dotandoli così di servizi e ricreando una unità urbana. Importante è il ruolo del verde all’ interno del progetto, che sembra irrompere quasi forzatamente all’ interno di questa massa edificata. Il progetto è mirato a ridefinire le zone abbandonate, reinventando una trama spaziale che tiene conto della scala, del contesto e dei materiali. La proposta prevede funzioni e attività che emergeranno come continuità moderna delle attività che hanno avuto luogo nell’ impianto industriale prima degli anni Novanta.


Di per sé l’area è stata dotata di tre funzioni, tessile, museale e agroalimentare, ma comunque si presenta come uno spazio flessibile per tutte le ore del giorno e per tutto l’anno. Sfruttando l’importanza storica del luogo, enfatizzata dalla presenza del grande portale di accesso alla fabbrica, si è pensato di predisporre un’area museale, di tipo etnografico, ma che presenti la storia del lavoro nelle fabbriche, l’importanza di esso e magari che esponga anche i mezzi del lavoro. La funzione del tessile viene presentata in chiave molto rivisitata in quanto si è pensato di dare particolare importanza all’interesse mostrato dalla città di Tirana a questo tema. Infatti si è pensato di destinare alcuni spazi alla facoltà del tessile del politecnico di Tirana, dove sia possibile effettuare lezioni, conferenze e mostre degli elaborati degli studenti, ma anche organizzare mostre temporanee di fiberart. Si è pensato anche di realizzare all’ interno di uno dei capannoni, senza copertura, un orto botanico dove coltivare le colture utili alla produzione tessile. In ultimo si è pensato di valorizzare l’importanza dei terreni agricoli che ricoprivano l’area prima della realizzazione del complesso industriale e che comunque circondano ancora l’area edificata. Si è pensato di realizzare un hub di autoproduzione agroalimentare, ristoranti slow e a chilometro zero, aree ristoro e spazi fieristici.

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5.2.3 La Domus Ultima L’area cimiteriale di Tirana presente nella nostra area di progetto, una delle due presenti nella città, è collocata nell’area sudorientale rispetto al Kombinat. Questa, sita in una zona collinare, risulta essere completamente sopraffatta dall’intero quartiere, non essendoci norme che regolano posizione, distanze dal centro abitato, ecc.; il cimitero, ormai saturo di sepolture, non presenta pareti che lo isolino dal contesto circostante: tutte le tombe, posizionate a terra, sono visibili dall’esterno, non creando così un luogo intimo e raccolto per i visitatori. Emerge non soltanto la mancanza di cura, ma quella della nostra umanità a cui viene negata la presenza nel tempo. Il progetto ideato per quest’area vuole restituire solennità al cimitero, in modo da rinnovare negli abitanti quel sentimento di rispetto che appartiene all’atto della custodia; gli elementi che costruiscono il luogo dei morti e ne rappresentano il senso sono il recinto, il bosco, la porta, il tumulo e la lapide. Tutto è posato sul suolo che assume, più che in qualsiasi altro caso, il forte significato simbolico di luogo riservato ai defunti, di luogo evocativo del tempo. Il primo tema individuabile è il recinto, elemento costitutivo e ricorrente che appartiene storicamente al tema. È elemento di individuazione e allo stesso tempo di protezione del luogo, che delimita l’area cimiteriale senza però isolarla dal contesto. Questo non è una struttura continua ma si presenta invece come una struttura che si spezza in più punti, permettendo così di incanalare la vista e creando degli squarci nel verde.

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Il secondo elemento è il bosco, l’area infatti, confinante precedentemente con le abitazioni, viene circondata dal verde, elemento caratterizzante del progetto in quanto limite non definito, che in alcuni casi attraversa anche la domus ultima. Un altro elemento importante è la porta d’accesso, un intento del progetto è infatti la restituzione di un accesso monumentale di cui l’area è priva. Questa si presenta come una piastra che copre due elementi massivi, ed incanala la vista verso il percorso principale, alberato, che attraversa longitudinalmente tutto il progetto e termina con il lago bonificato esistente nella parte meridionale dell’area di progetto. Da questo percorso è possibile accedere all’interno dei vari recinti in cui sono collocati i tumuli, altro tema fondamentale, di forma quadrangolare, che si presentano come delle strutture terrazzate sulle quali sono collocate le lapidi. I percorsi di distribuzione di questi luoghi vengono fuori al negativo, come scavo tra questi tumuli, quasi come se fossero dei percorsi in trincea. Queste fessure sagomate ripercorrono le strade del vecchio, congelandone non solo la forma ma anche la memoria.


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6. Strumenti di intervento urbano 6.1 Strategie generalizzabili

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5.2 Cronoprogramma

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6.1 Strategie generalizzabili

e

strumenti

L’ area del Kombinat, oggetto di studio presenta una strategica condizione di soglia con lo spazio rurale, naturale e le grandi dimensioni del complesso industriale, fornendo un importante caso pilota all’ interno del contesto tiranese che, in più punti attorno all’ area individuata dal bosco orbitale del piano TR30, presenta condizioni analoghe; Inoltre, analizzando l’area nel dettaglio è riconoscibile questa condizione, anche se declinata in modi sempre vari, in aree strettamente limitrofe all’ area studio, come ad esempio nell’ aree del Kombinat 2. Esso potrebbe presentarsi come un mezzo per definire un modus operandi all’ interno del vastissimo tema dello sviluppo sostenibile e quindi della valorizzazione della ruralità e della naturalizzazione. L’obiettivo dell’intervento non è quindi quello di creare un limite, di bloccare l’espansione, ma di saper adottare i vuoti e le aree verdi come strumento di riammagliamento, una sorta di connettivo tra le parti. Si è pensato a una mediazione con il paesaggio che supporta e permette la valorizzazione dell’identità caratteristica dei luoghi in esame. In sintesi il verde, i vari sistemi analizzati e i vari ambiti classificati creano un dialogo tra Tirana e l’isola urbana del Kombinat, priva, ad ora, di identità e carattere e molto lontana dal cento urbano. L’ area, in primo luogo, dovrà dotarsi di un’identità a larga scala che attualmente ha perso, attraverso strategie applicabili in tutte le aree

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periferiche di Tirana, e non solo, che presentano tutte o alcune di queste caratteristiche. Si è pensato di raggiungere questo obiettivo puntando su 3 macro categorie: il patrimonio, gli spazi pubblici e il paesaggio. Come già ampiamente descritta, l’area presenta varie caratteristiche peculiari su cui è importante puntare l’attenzione. Il complesso industriale del Kombinat, un tempo il fiore all’ occhiello della produzione tessile albanese, sorge in una vallata circondata da orti coltivati e delimitata dalla presenza di molti altipiani boschivi che incorniciano il complesso edilizio. Attualmente l’area è circondata da abitazioni informali con quasi nessun pregio architettonico e la quasi totale assenza di urbanizzazioni primarie; nella parte opposta, sulla collina a sud, si presenta una situazione leggermente diversa, l’edificazione è comunque avvenuta in maniera spontanea, ma essendo un area definita da piano e di espansione del quartiere operaio, costruito assieme all’ industria, e con non poche limitazioni naturali, è evidente come, sia la tipologia edilizia che la disposizione urbana, continua a rispettare la pianificazione prevista, lungo le isoipse del terreno. In questo contesto si è pensato di agire in maniera diversa rispetto al tipo di informale presente nell’ area. Il primo tipo di informale che è stato classificato è quello che prevede le superfetazioni e l’occupazione dei vuoti urbani; questi sono presenti prevalentemente sui muri perimetrali dei capannoni industriali e all’ interno degli isolati del quartiere socialista, in-


tasano ogni tipo di spazio inizialmente rimasto libero. Si è pensato di intervenire eliminando completamente questo tipo di costruzione, restituendo così gli spazi ai propri cittadini. Il secondo tipo di informale è quello presente attorno al complesso industriale; questa espansione è stata pressoché incontrollata e, per questo motivo, si è pensato di ridefinire i margini di questa espansione, naturalizzando il verde di contorno, mettendo a coltura i territori limitrofi, anche grazie alla realizzazione di un parco tematico, abbattere questo tipo di edilizia e costruire un quartiere intensivo, con un aumento della cubatura, che prevede la realizzazione di case in linea su un basamento/bottega passante. Queste grandi forme sono state pensate come mitigazione tra le grandi dimensioni dell’Industria e il verde antropizzato. In ultimo si è analizzato l’informale in collina e considerando, anche se minimo, la qualità dell’abitare, si è pensato di operare in due modi diversi in base alla volontà degli eventuali investitori. In primis si è pensato ad una riqualificazione dell’esistente con un aumento di cubatura, in modo da incentivare il proprietario ad investire in questa opera, così sarebbe possibile restituire un pregio architettonico e un immagine unitaria al quartiere che faccia da filtro con l’area boschiva retrostante. Nel caso l’area dovesse essere appetibile ad un investitore privato, si è pensato di poter realizzare un quartiere estensivo sulla collina, che riprenda le caratteristiche costruttive e progettuali tipiche delle residenze storiche, ma che possa anche essere una casa flessibile alle varie e nuove esigenze abitative in crescita. Il progetto prevede la realizzazione, di una casa appog-

giata, dove la parte inferiore può rimanere libera, o essere chiusa così da creare botteghe, mentre la parte che si appoggia su questi binari, una struttura leggera, è la vera e propria area dell’abitare. Gli spazi pubblici invece sono stati pensati come dei grandi vuoti che ridefiniscono la forma del quartiere, elementi di ricucitura, una sorta di cintura a cui sono agganciati tutti i sistemi urbani; quindi molto importante è restituire anche questi spazi ormai saturi ai residenti, pensare a questi spazi come aree di aggregazione, o aree attrattive per tutta Tirana. Un’importanza particolare è data al polo industriale che si ricarica di una forza identitaria tale da creare un vero e proprio centro del quartiere, ma anche un centro per tutta la città e l’area vasta. Per il polo industriale si è pensato di agire sulla sua originaria identità, ridefinendo l’uso tessile e agroalimentare in una lettura più culturale che produttiva. Inoltre si è pensato di predisporre delle aree destinate al politecnico di Tirana e nello specifico alla facoltà di Agraria e del Tessile. Un’altra importante operazione che si è pensato di predisporre è la piantumazione di orti preventivi che dovrebbero intervenire come limite all’ espansione edilizia, essi circondano l’area ed entrano a far parte di un progetto più ampio, la realizzazione di un parco tematico, incentrato sulla produzione a chilometro zero. In ultimo si è pensato di agire non solo sulla riqualificazione edilizia ma anche sulla riqualificazione energetica con la realizzazione di tetti giardino, giardini produttivi pubblici e privati e con l’inserimento di pannelli solari al fine di incentivare l’utilizzo di energie alterna-

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tive. Questo porterebbe ad un radicale cambiamento dell’area, sia da un punto di vista energetico produttivo, sia da un punto di vista di immagine comunitaria. L’area acquisirebbe un valore aggiunto e diventerebbe un esperimento interessante e stimolante per molte altre aree della città. Per quanto riguarda l’importanza del paesaggio è importante prestare attenzione alla natura di queste aree. Si è cercato di effettuare una sovrappo¬sizione delle norme previste dal piano in vigore TR030 e tutto ciò che probabilmente non possiede ancora una vera e propria normativa o alcuna modalità di intervento. L’ area si trova nella sacca di chiusura del bosco orbitale, motivo per cui ci è sembrato di particolare interes¬se cercare di capire come si interviene sulle aree che circondano questa linea di confine, ma non vi appartengono. Tutto ciò che avviene all’ interno del¬le aree appartenenti al bosco orbitale è regolamentato da piano, sia per quanto riguarda le funzioni di oasi, aree produttive e ambito fluviale e montuoso, sia per quanto riguarda le azioni di intervento atte a rigenerare le aree verdi deturpate. Dopo uno studio accurato di queste azioni, abbiamo provato a sviluppare una ipotesi sulle altre aree verdi. Si è pensato che all’ interno di aree agricole incolte si potrebbe pensare alla messa a coltura di queste terre, all’ utilizzo di un agricoltura integrata e biologica, e all’ incentivazione dell’utilizzo di questi campi abbandonati. Nel caso delle aree boschive deturpate, importante sarebbe un rimboschimento e la realizzazione di percorsi turistici naturalistici collegati a larga

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scala e l’introduzione di radure e verde attrezzato. In entrambi i casi, se queste aree presentano edifici informali al loro interno, si è pensato ad un duplice modo di intervenire; si potrebbe pensare ad una azione di condono da parte del privato, o all’ acquisizione di questo immobile da parte del pubblico, in questo caso la struttura verrebbe riutilizzata a fruizione di queste aree verdi; quindi nelle aree agricole si potrebbero realizzare frantoi, risto¬botteghe , agriturismi ecc. nelle aree boschive aree ristoro, aree attrezzate, infopoint , radure ecc. Analizzando il piano TR030 nel dettaglio sono emerse alcune tematiche non molto chiare su cui si è deciso di soffermarsi con particolare attenzione. Una di queste è la realizzazione di grandi assi stradali ad altissimo scorrimento che tagliano il territorio, non curandosi dell’intorno e dell’impor¬tanza dei luoghi così deturpati. Sembrerebbero dei segni traumatici che appunto modificano e scombinano aree urbanizzate, come anche bellissimi paesaggi naturali. L’area di progetto, infatti, viene tranciata da questo percorso che la divide perfettamente in 2 parti, non solo da un punto di vista di collegamen¬to reale ma anche dal punto di vista sociale. Nel nostro caso specifico si è cercato di capire quale fosse l’importanza del collegamento e se fosse possibile modificare il suo tracciato. L’ importanza del percorso è certa in quanto esso permette il collegamento diretto dell’area industriale di Vaqarr con Durazzo, senza dover necessariamente attraversare, con il traffico pesante, il centro di Tirana.


Per quanto riguarda la modificabilità del tracciato, questo è alquanto difficile da gestire sia a causa della condizione morfologica del territorio sia a causa di un elevato costo di realizzazione, se si pensasse di farle attraversare gli altipiani. Si sono dunque proposte 3 soluzioni di entità economica e urbanistica diversa; La soluzione che si ritiene migliore, ma è anche la più svantaggiosa economicamente, sarebbe quella di portare in trincea tutte le parti di strada che attraversano centri urbanizzati o comunque con un potenziale urbanistico o naturalistico importante. La soluzione adottata invece è quella di progettare il quartiere in maniera separata, ma concettualmente e progettamene unitario, collegato da un corridoio verde al di sotto del quale, solo per pochi metri, portare in trincea il bypass, assicurando così un transito pesante sicuro in ogni senso, ma permettendo altresì il collegamento diretto e in quota delle aree urbane. In ultimo, se le due ipotesi precedenti dovessero presentarsi come troppo onerose, si potrebbe pensare a un bypass ribassato di 1 metro rispetto al livello stradale, con la realizzazione opportuna di filtri di mitigazione e complanari, e pensare le due parti di quartiere come separate, ma collegate da ponti di attraversamento.

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6.2 Cronoprogramma Gli interventi di riqualificazione e riprogettazione dell’area si avviano con la delocalizzazione delle industrie nel quartiere limitrofo di Vaqarr, nuovo quartiere industriale di Tirana, e abbattimento delle strutture degradate e in disuso. Questo processo è finalizzato alla riqualificazione e ripolarizzazione, con annessa restituzione identitaria, dell’area attraverso la realizzazione di un museo storico e del tessile e la disposizione di spazi destinati al Politecnico di Tirana. In concomitanza a questo processo è strettamene necessario predisporre il riassetto della viabilità esistente e la realizzazione di nuovi percorsi, come previsto da piano, e la realizzazione di strutture ricettive destinate agli abitanti delle casette informali da abbattere, si è prevista la realizzazione di un albergo che ottempererà alla suddetta funzione solo dopo la fine dei lavori. L’ abbattimento dell’area è previsto in direzione ovest-est, ragionando a scomparti e per macrolotti. Si è prevista dunque la realizzazione di un basamento abitato, con funzione agroalimentare e la realizzazione di 10 edifici su 4 piani di residenze con 64 abitazioni circa per unità, appoggiate sul basamento attraverso un piano pubblico di coworking, vetrato. In questa fase si provvede all’ inserimento di nuovi servizi all’ interno del quartiere e del polo. Contemporaneamente si definiscono nuovi spazi per i parcheggi che servono queste aree. Le are agricole e boschive limitrofe, attualmente incolte o abbandonate, vengono riqualificate e rinaturalizzate. Con la polarizzazione dell’area Kom-

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binat si prevede un miglioramento generale dell’area e un aumento dell’utenza. Dunque si sono previsti vari interventi nelle aree limitrofe. Il primo luogo indispensabile è la rinaturalizzazione dell’area boschiva sulle colline che abbracciano l’area e la realizzazione di una rampa di risalita collegata a un percorso ciclabile che si inserisce in un sistema turistico più ampio; la risistemazione della viabilità lungo le isoispe con la realizzazione di percorsi continui e agevoli. Si è pensato a un riammagliamento del tessuto edilizio con la riqualificazione delle case esistenti, dotandole anche di un aumento delle volumetrie e di un miglioramento energetico. Per incentivare l’interesse imprenditoriale si è predisposta un’area destinata alla realizzazione di un nuovo impianto urbano, dotato di sistemi e di collegamenti con l’esistente ex quartiere operaio. In ultimo per ridonare un aspetto estetico unitario all’ area si è predisposta una manutenzione ordinaria sugli edifici esistenti di valore storico-culturale, il riassetto dell’area cimiteriale con annesso rispetto igienico sanitario e delle dovute distanze di pertinenza e la riqualificazione e rinaturalizzazione di tutti i verdi e le acque limitrofe.


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Appendice

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Ringraziamenti Rivolgiamo un ringraziamento particolare a tutti coloro che ci hanno seguito nel nostro percorso con pazienza e dedizione. Ringraziamo la professoressa Anna Bruna Menghini, per averci indirizzato nell’attività progettuale in maniera costante, offrendoci spunti di riflessione sempre nuovi e stimolanti; la professoressa Francesca Calace, per il sincero interesse mostrato nel nostro lavoro e le sue proposte attente e concrete; il professor Michele Montemurro, per il suo supporto progettuale ed i validi suggerimenti; i professori Matteo Ieva e Vitangelo Ardito, per gli approfondimenti tematici, indispensabili ai fini del progetto di tesi. Ringraziamo, inoltre, gli enti che ci hanno ospitato durante il nostro periodo a Tirana: l’Epoka University, in particolare i professori Sokol Dervishi e Edmond Manahasa, che si sono dimostrati sempre disponibili e accoglienti nei nostri confronti; la Municipalità di Tirana, in particolare gli architetti Joni Baboci e Frida Pashako, per l’interesse mostrato nel nostro lavoro, e Edian Mece, per la pazienza e il costante supporto pratico. Un ringraziamento particolare va a Francesco Protomastro e Marson Korbi, per il loro interesse, i consigli e l’aiuto nel periodo in cui ne avevamo più bisogno.

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Ed infine, vorremmo ringraziare tutti coloro che ci hanno accolto e assistito durante la nostra esperienza in Albania: in primis gli abitanti del Kombinat, che ci hanno accolto nelle loro case; Gabriele Ajò, compagno di avventure e disavventure; le nostre padrone di casa Era e Vilma, con il piccolo Anton; Elton, il nostro autista personale; le colleghe Klaudia e Manjolia; Metin della biblioteca; Gary, il nostro kapiteni; Gezim, con i suoi discorsi profondi, e il suo trilece. Faleminderit! Andrea, Stefania, Riccardo, Francesca, Donatella, Antonella


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