MF 02.07.2010
Debutto amaro per Tesmec in borsa LA PRIMA MATRICOLA DEL 2010 HA ARCHIVIATO LA PRIMA SEDUTA DI CONTRATTAZIONI CON UN -20% Le azioni del gruppo attivo nella tesatura di linee elettriche, collocate a 0,7 euro, hanno chiuso a 0,56. L'ad rassicura i soci Decisamente non è stato premiato l'ottimismo di Tesmec. Ieri l'unica matricola approdata a Piazza Affari da inizio anno, dopo aver ritardato l'apertura di dieci minuti a causa di un calo teorico superiore al 10% (10,7%), e aver aperto a 0,68, ha archiviato la seduta con uno scivolone del 20% a 0,56 euro. «Non siamo preoccupati, il business va bene, la società è solida e non saremo ossessionati degli andamenti di Borsa», ha commentato a caldo il presidente e amministratore delegato Ambrogio Caccia Dominioni. Ma rimane il fatto che il titolo, piazzato in sede di ipo a 0,75 euro, il valore più basso di una forchetta che arrivava fino a 1 euro, ha perso ben più di un mercato che ha sì chiuso in rosso, ma solo dell'1,91%. A parte le peculiarità del gruppo e il valore del collocamento, il primo debutto del 2010 non è stato certo incoraggiante per le altre aspiranti matricole (Kos, Moby, Fideuram, GreenPower), che per ora hanno sospeso il cammino verso la Borsa in attesa di tempi migliori, ma che vogliono ancora quotarsi entro il 2010. Non è valsa a salvare il primo giorno di contrattazioni di Tesmec neanche la promessa, confermata ieri dal management, di un payout del 35-40% già da quest'anno. Né il fatto che il secondo trimestre dell'anno, come ha spiegato Caccia Dominioni, abbia registrato una buona crescita, in linea con quella dei primi tre mesi. Tra gennaio e marzo la società, attiva nella tesatura di linee elettriche e dei trencher cingolati, aveva accresciuto i ricavi del 37%, a 29 milioni e del 50% l'ebitda a 5,5 milioni. Per il futuro ieri il presidente e ad ha confermato gli accordi stretti con le ferrovie cinesi, che dovrebbero essere finalizzati a breve, anche se in Cina «oggi è diventato più difficile operare a causa di un maggiore protezionismo» da parte del governo di Pechino. Le cose vanno meglio in Russia dove, ripresa la corsa alla tecnologia «si cerca di concludere accordi industriali».
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