E
WE SIMPLY WANT TO CHALLENGE OURSELVES CREATIVELY
Andrea Buran w w w.andreaburan.com Mario Ciaramitaro
INDEX
4 · PRELUDE 6 · BACK TO THE FUTURE 10 · A MAGAZINE THAT IGNORES BOUNDARIES 16 · DIY DO IT YOURSELF 23 · WHAT YOU READ IS WHAT YOU GET 33 · NO END 35 · BIBLIOGRAPHY
PRELUDE
"All along, starting with my design education, I was taught to believe that design was like a science. (...) The great thing about Swiss design, of course, is that is straight forward to teach and learn, because it is based on a set of rules. But it also led me to believe that design is very exact. It was about perfect lengths and perfect word spacing and perfect typefaces. After graduating, we were ready to clean up the world." Rudy VanderLans 路 Emigre Graphic Design into the Digital Realm 路 pag 9.
"When, in 1984, we started Emigre magazine, it quickly became the testing ground for these experiments. But the experimentation was never meant as an end in itself. We were convinced that a magazine was the perfect medium for conveying ideas and opinions to a large audience. Also, there was only a handful of other magazines that we really liked ourselves and we wanted to publish our own work. So what better reasons for starting our own magazine? We invested the fifteen hundred dollars from our savings in printing 500 copies of the first issue." Rudy VanderLans 路 Emigre Graphic Design into the Digital Realm 路 pag 12.
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PRELUDE
Emigre 19 路 1991 路 copertina.
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BACK TO THE FUTURE
A differenza delle riviste Underground degli anni sessanta, i periodici New Wave nati verso la fine degli anni settanta e l’inizio degli anni ottanta non sono più impegnati politicamente e socialmente (in questi anni ormai le tematiche portate avanti dalla protesta politica e sociale degli anni sessanta sono state definitivamente assorbite dal mainstream, diventando di massa e di tendenza), ma si pongono come obiettivo quello di opporsi strenuamente agli ideali razionalisti, minimalisti e modernisti dello Swiss International Style e del corporate style, ideali ormai talmente affermati nel panorama del graphic design soprattutto commerciale da risultare stagnanti e oppressivi. Lo scopo quindi delle riviste alternative di questo periodo diventa quello di rompere con ogni regola e convenzione del passato, nel tentativo di rivoluzionare il graphic design dal punto di vista formale. Riviste come l’olandese Hard Werken e la newyorkese Fetish iniziano, prima ancora dello scoppio della rivoluzione digitale, a fare esperimenti sulla leggibilità, anticipando la tipografia decostruttiva. Hard Werken, rivista che combina gli stili Punk e New Wave, nasce nel 1978 ed è portata avanti fino al 1982 in dieci numeri da un gruppo di giovani designer di Rotterdam (tra cui Gerard Hadders, Rick Vermeulen e Hank Elenga). Fetish nasce nel 1980 ad opera di Jane Kosstrin e David Sterling, in precedenza studenti alla Cranbrook Academy 8 | EMIGRE
BACK TO THE FUTURE
Hard Werken 路 1979 路 copertina del primo numero della rivista. No More Rules: Graphic Design and Postmodernism 路 pag 42.
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BACK TO THE FUTURE
of Art e fondatori di Doublespace. Nonostante la magazine adotti ancora alcune soluzioni formali convenzionali, è ben visibile l’intento di creare una comunicazione complessa e ambigua, strutturata su più livelli. Il tentativo di rivoluzionare il mainstream graphic design viene ulteriormente incentivato dall’arrivo del primo Macintosh computer: la rivoluzione digitale apre definitivamente le porte del graphic design anche ai non addetti ai lavori, favorendo ulteriormente la contaminazione e cambiando il rapporto di interazione del graphic designer con il contenuto: il graphic designer ha ora la possibilità di dar forma al proprio contenuto. VanderLans è influenzato sia da riviste quali Hard Werken, soprattutto dal punto di vista visivo, sia da magazine come 4 Taxis e Furore (creato da Piet Schereuders), che lo spronano a pubblicare una propria rivista. Entrambe le riviste erano pubblicate da un nucleo ristretto di due o tre persone e sembravano non avere come obbiettivo principale quello di vendere pubblicità. Altra fonte di ispirazione sono i libri fatti da artisti, con cui entra in contatto quando partecipa al Visual Studies Workshop a Rochester, New York, in particolare dal libro French Fries di Warren Lehrer del 1984 e dall’uso che quest’ultimo fa della tipografia per comunicare il contenuto del testo. Ciò da cui VanderLans resta affascinato è il fatto che il contenuto di tali libri non è appositamente strutturato per comunicare direttamente un messaggio e ricondurre ad un significato univoco, bensì è aperto e chiede al lettore di costruire da solo la propria interpretazione personale. È questo il contesto in cui nasce Emigre nel 1984. 10 | EMIGRE
BACK TO THE FUTURE
Fetish 路 1980 路 copertina del secondo numero della rivista. No More Rules. Graphic Design and Postmodernism 路 pag 28.
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A MAGAZINE THAT IGNORES BOUNDARIES
The focus of Emigre is on the unique perspective of contemporary poets, writers, journalists, graphic designers, photographers, architects, and artist who live or have lived outside their native countries. Their influence on culture is diverse and significant: they import and export it; they offer new interpretations, comparisons, ideas, and certain universal wisdom acquired through juggling conflicting values and lifestyles. Their perspective is born of the émigré spirit that all of us share but exercise to various degrees. The true émigrés seek adventuresome, romantic, and human experiences; their lives convey the feelings shared by the artist in us all, the feeling of boundaries ignored and the pursuit of dreams. Emigre Graphic Design into the Digital Realm · pag 16.
HOW: Why did you decide to start publishing this magazine? What’s the inspiration behind the name Emigre? RvdL: Together with a few artist friends we figured, naively, that publishing a magazine was an easy way to showcase our own work and the work of people we admired. We knew nothing about the pitfalls of magazine publishing and distribution. So we went full-steam ahead. We called the magazine Emigre because the people involved in the magazine were all literally emigres (emigrants). And the idea for the magazine was to feature the work of artists, designers, writers, etc. who had 12 | EMIGRE
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the experience of living and working in different countries. We believed this exposure to other cultures infused their work with a unique flavor. HOW Magazine · intervista di Jenny Wohlfarth pubblicata nel febbrario 2003.
Nel 1984 Emigre si definisce come la rivista che ignora i confini. È infatti volontà dei suoi creatori utilizzarla come spazio per pubblicare il lavoro di artisti, scrittori, grafici che vivono fuori dai confini dei loro paesi natali. Ma in realtà seguiranno molte evoluzioni nella rivista, diversi formati e diversi temi. Come afferma Jeffery Keedy nel suo celebre testo “Graphic designers won't read this , but...” Emigre è una magazine da osservare e non solo da leggere. La forma spesso lasciata volontariamente aperta richiede al lettore un’attenzione superiore e di essere attivo nella costruzione del senso. VanderLans ammette di essere stato influenzato in questo dall'incontro con i libri d'artista che utilizzano sequenze di immagini e testi lasciando al lettore la ricostruzione del legame che le unisce. Emigre è quindi essenzialmente differente dalle altre design magazine: Emigre is written for, by, and about graphic designers, like a mirror that presents designers in their own words, "warts and all." Unlike most design magazines with slick production values that frame designers in glamorous and uncritical fashion, Emigre has never had the luxury of beautifully printed, full-color reproductions and professional journalists and editors. What the magazine lacks in refinement, it makes 13 | EMIGRE
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up for in being relevant. This is due to Rudy VanderLans's genuine passion for new and interesting developments in design. Jeffery Keedy · Graphic Designers Won't Read This , But... · Emigre Graphic Design into the Digital Realm · pag 7
Lo stile dei primi due numeri di Emigre è frutto dell’approccio fai da te e del compromesso tra tecnologia convenzionale e risorse finanziarie a disposizione: le immagini e i testi (scritti con la macchina da scrivere) vengono fotocopiati su fotocopiatrice Xerox per essere impaginati. Dal terzo numero in poi Emigre sfrutta le crescenti possibilità di personalizzazione e espressione offerte dal Macintosh, iniziando a creare quella che poi si affermerà come una nuova estetica digitale: lo stile di Emigre è ampiamente influenzato dalla presenza del computer, tanto che in un primo momento diventa esso stesso il fine di un graphic design volto a prendere quanta più confidenza possibile con il nuovo mezzo a disposizione. VanderLans e Licko si definiscono primitivi di una nuova era e concentrano le proprie energie nella ricerca di un nuovo standard, creato a partire dal computer, senza tentare di forzare il computer a riproporre standard passati. Forte delle nuove conoscenze acquisite, la sperimentazione formale di Emigre prosegue abbracciando i principi alla base della tipografia decostruttiva, dell’illeggibilità e dell’espressionismo tipografico, sfidando regole e convenzioni. Il lettore non deve essere chiamato ad una lettura passiva, al contrario deve essere coinvolto e spronato a decifrare il significato del contenuto. VanderLans non crede nei buoni propositi dello Swiss International Style, nella 14 | EMIGRE
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Emigre 1 路 1984 路 copertina e doppia pagina. Emigre Graphic Design into the Digital Realm 路 pag 13.
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validità di un unico linguaggio universalmente comprensibile e più adatto a raggiungere il maggior numero di persone, né di migliorare e ripulire il mondo grazie al graphic design. Per VanderLans il graphic designer può esprimersi nel proprio lavoro senza comprometterlo irrimediabilmente come invece andavano sostenendo i detrattori del design postmoderno. Nonostante i feroci attacchi lo stile di Emigre viene accettato, affermandosi come il più adatto per comunicare al mondo giovanile, e in seguito portato al successo commerciale dal lavoro di David Carson, art director nel 1990 di Beach Culture e nel 1993 di Ray Gun. L’appropriazione dello stile di Emigre da parte del mainstream graphic design mette in evidenza all’interno del sistema una contraddizione impossibile da risolvere: tale appropriazione è inevitabile, poiché la sopravvivenza stessa di Emigre dipende in larga parte dai proventi ottenuti dalle vendite dei suoi caratteri digitali: se venisse meno tale appropriazione, a Emigre non resterebbe altro che soccombere economicamente. L’accettazione dello stile Emigre ha come conseguenza quella di frenare ogni ulteriore sviluppo sperimentale ed espressivo, nel 1995 infatti VanderLans decide di abbandonare la sperimentazione formale dei primi anni in favore di uno stile più convenzionale, più adatto al taglio più critico che intende dare ai contenuti di Emigre. La rivista diventa un luogo di discussione e di confronto sulla teoria e la critica del design. Nonostante ciò Emigre non si preoccupa di creare un ambiente che giustifichi la grafica nella rivoluzione digitale o di creare una nuova linea teorica di regole ma 16 | EMIGRE
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cerca di guardare, ampliando l'orizzonte, al contesto sociale e culturale nel quale la grafica digitale si inserisce. Appaiono così sempre più spesso interviste e brevi saggi critici che continuano però a interagire con impaginazioni e con elementi grafici che sentono l'eredità delle importanti sperimentazioni che VanderLans e Licko avevano portato avanti nell'edizione precedente.
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DIY • DO IT YOURSELF
Emigre nasce nel 1984, in un periodo in cui la grafica è sempre più permeata dall’approccio fai da te sviluppatosi verso la fine degli anni settanta e l’inizio degli anni ottanta. È questo il clima in cui vengono prodotti facendo ricorso a tecniche convenzionali i primi due numeri della rivista, ma è solo con l’avvento del primo Macintosh che l’approccio fai da te trova piene potenzialità di espressione. È infatti grazie al computer e alla sua progressiva evoluzione che è stato possibile per VanderLans e Licko raggiungere la completa indipendenza da qualsiasi figura intermediaria esterna a Emigre, fino ad arrivare nel 1998 al numero 45, numero in cui il processo di prestampa è ormai interamente digitale. Il lancio del Macintosh è stato provvidenziale per la sopravvivenza di Emigre: è solo grazie al risparmio sia di tempo che di denaro in seguito all’uso del computer che è stato possibile continuare a pubblicare la rivista. Una delle principali critiche mosse a VanderLans e Licko dai loro detrattori è stata definire il graphic design di Emigre indulgente con se stesso: è facile fare del graphic design creando e formando i propri contenuti senza doversi relazionare con le richieste e le aspettative di un cliente, come facile è trovare una soluzione visiva a problemi che si è generati e definiti da sé. In questi termini viene messa in questione la validità 18 | EMIGRE
DIY • DO IT YOURSELF
stessa di Emigre come progetto di graphic design, data l’assenza sia di un committente esterno, sia dell’usuale percorso progettuale di problem solving tipico del design. Se però si prendono in considerazione i pro e i contro comportati dall’assenza di una committenza, ci si rende subito conto che è assai affrettato definire come “troppo facile” il graphic design svolto in tale condizione. Perché se è vero che la mancanza di un cliente esterno può comportare vantaggi enormi quali un maggiore potere decisionale circa la gestione del proprio lavoro e una maggiore indipendenza rispetto alla situazione inversa, è anche vero che il graphic designer è tenuto ad essere doppiamente responsabile di ciò che fa: ogni scelta comporta un costo finanziario che deve essere sostenuto direttamente e personalmente e i margini d’errore sono direttamente proporzionali alla propria disponibilità economica, cosa che rende le decisioni da prendere tutt’altro che semplicistiche. In risposta alle accuse di auto indulgenza VanderLans e Licko si sono definiti in più occasioni come clienti di se stessi nonché designer imprenditori dove, citando VanderLans, “Entrepreneurialism should not be mistaken for having some cool ideas and going out on a limb.” Come scritto da VanderLans nell’Outro di Emigre 69 è stato grazie soprattutto all’acume per gli affari di Licko che è stato possibile trasformare le idee alla base di Emigre in qualcosa di concreto e fruttifero. VanderLans e Licko si sono trovati ad affrontare numerosi problemi non legati al design scaturiti dal loro approccio imprenditoriale, come ad esempio: occuparsi delle azioni legali intraprese per tutelare le proprietà intellettuali di Emigre Inc, preoccuparsi delle varie assicurazioni mediche 19 | EMIGRE
DIY • DO IT YOURSELF
e sugli immobili, gestire le licenze commerciali dei propri prodotti, nonché avere a che fare con diversi ruoli professionali, dai programmatori che si occupavano della sezione commerciale del website di Emigre ai contabili e commercialisti. Tutte problematiche affrontate senza avere alcuna preparazione in merito, quindi tutt’altro che facili da risolvere. Un'altra questione da non tralasciare per VanderLans e Licko è stata quella di ottenere e mantenere un’indipendenza finanziaria, attraverso una serie di strategie commerciali più o meno efficaci. Il fatto che prima del numero 42 Emigre non presentasse al suo interno altra pubblicità se non quella dei proprio prodotti non è dovuto tanta un’eroica scelta interna, quanto al fatto che la rivista, essendo rivolta ad un target né definito né numeroso, non suscitava alcun interesse commerciale nei confronti degli acquirenti di spazio pubblicitario e perciò tutti i tentativi iniziali di vendita in tal senso compiuti da VanderLans e Licko non sono andati a buon fine. Numerose sono state anche le richieste di finanziamento ad enti esterni come la NEA, ma anche in questo caso l’esito non è stato positivo. Esemplare è il rifiuto da parte del governo olandese di finanziare Emigre 10, numero dedicato allo scambio culturale e progettuale in corso tra la Cranbrook Academy of Art e i graphic designer olandesi. Significativo è anche il fatto che Emigre sia nata in seguito al non finanziamento della rivista Dutch Punch, proposta che non vide mai la luce. Nei primi cinque anni di vita una parte cospicua dei 20 | EMIGRE
DIY • DO IT YOURSELF
Emigre 18 · 1991 · pubblicità di Emigre Fonts.
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DIY • DO IT YOURSELF
proventi che hanno fatto sopravvivere Emigre sono arrivati unicamente dalle vendite della rivista, grazie anche ad un’accorta strategia di distribuzione che dopo un inizio delegato a terzi è stata presa in mano e gestita direttamente da Emigre stessa. Una mossa impegnativa dal punto di vista amministrativo e di immagazzinamento, ma efficace finanziariamente, grazie ad una politica di non ritorno che eliminava il problema dei costi di rientro delle copie invendute associata ad uno sconto sul prezzo d’acquisto da parte dei negozi che si facevano carico di rivenderla. Una mossa intelligente per raggiungere la completa indipendenza finanziaria è stata utilizzare e pubblicizzare i font creati da Licko in Emigre 3 nel 1985. La risposta del pubblico agli annunci pubblicitari è stata subito positiva, portando alla creazione della fonderia commerciale Emigre Fonts. Senza il successo commerciale dei font di Licko, Emigre non avrebbe superato i primi cinque anni di pubblicazione. Prima però di sfondare definitivamente con i propri font e raggiungere la notorietà nella corrente principale del graphic design nel 1989 e dedicarsi visti gli enormi proventi unicamente alla creazione di font e della rivista, VanderLans e Licko hanno creato Emigre Graphics (successivamente incorporata in Emigre Inc.) offrendo illustrazione free lance e design per far fronte alle spese. Ad eccezione di una serie di illustrazioni digitali fatte per Apple Computer, il resto dei progetti seguiti da Emigre Graphics erano progetti a basso costo per organizzazioni no-profit, quindi poco remunerativi. Nel tentativo di mantenersi economicamente, 22 | EMIGRE
DIY • DO IT YOURSELF
Emigre 63 · 2002 · doppia pagina di pubblicità di Adobe.
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VanderLans e Licko tentano di lanciare anche altre riviste: una più commerciale, Glashaus magazine, proposta agli organizzatori dell’evento-party omonimo, dopo aver visto con quanta facilità venivano venduti gli spazi pubblicitari legati all’evento, ma che viene abbandonata subito dopo la pubblicazione del primo numero perché troppo impegnativa per ambo le parti, e una commissionata dall’Artspace Gallery di San Francisco, Shift magazine, un progetto low budget. Nel 1995, in seguito ad alcuni problemi finanziari, ha inizio il lento declino di Emigre magazine: in quell’anno la rivista cambia formato, da tabloid passa a un formato più convenzionale, per ammortizzare i costi di produzione e distribuzione. Nel 1997 Emigre adotta una politica promozionale più forte, aumentando la tiratura della rivista fino a 40000 copie e spedendo gratis i propri numeri agli abbonati. In seguito all’aumento del numero del pubblico ormai più che definito, scaturisce un nuovo interesse per lo spazio commerciale messo a disposizione sulle pagine di Emigre. La comparsa della pubblicità non è ben accetta però dal pubblico, che ritiene che la magazine si sia svenduta. Come più volte hanno puntualizzato VanderLans e Licko, uno dei più grandi ostacoli a cui far fronte nel caso di si voglia pubblicare una propria rivista è lo scoglio economico, ed è proprio per ragioni economiche (come l’impossibilità di competere con l’economicità di un medium come il blog) che Emigre magazine, nonostante la produzione e la distribuzione vengano affidate ad un editore esterno, si esaurisce nel 2005 con il numero 69.
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WHAT YOU READ IS WHAT YOU GET
Emigre non si poneva come obbiettivo di risultare una magazine che tutti apprezzavano. Non cercava di soddisfare il pubblico. Era un progetto molto legato a chi lo realizzava. "The next day, I browse the newsstand and can't find any copies [of Emigre]. My heart pounds. (...) I reach to pick up a copy [Andy Warhol's Interview magazine] and notice that right behind it, looking sad and abandoned, sit my three copies of Emigre. I rescue them and place them in front of Interview." Emigre Magazine 69 · pag 15.
Questo episodio ci presenta lo stretto legame che VanderLans sentiva con il suo lavoro e allo stesso tempo ci rivela la volontà di essere notati e scelti implicita nella produzione di Emigre. È un legame diverso da quello che un designer di corporate identity potrebbe avere nei riguardi del suo lavoro: il designer combatte per il suo lavoro. Allo stesso tempo però Emigre è per i suoi autori un momento di sfida e di verifica delle proprie idee e del proprio processo creativo. Tutto ciò che possiamo trovare all'interno di un numero di Emigre è in un certo senso ricerca. Ricerca grafica, ricerca di contenuti. L'approccio di Emigre è stato spesso criticato e definito spazzatura. Di fatto con la rivoluzione digitale tutti i limiti fisici che esistevano nella composizione di testi e nella creazione 25 | EMIGRE
WHAT YOU READ IS WHAT YOU GET
di grafica sono in gran parte superati: l'elaborazione digitale permette un processo più fluido e libero. VanderLans e Licko non sono per niente spaventati dalla sperimentazione e ignorano di proposito cosa e come una rivista di grafica deve essere. Cercano anzi di aprire nuove strade, utilizzando la tecnologia digitale non per imitare uno stile già esistente ma per scoprire le nuove inesplorate possibilità che offre. Nel 1991 Massimo Vignelli attacca in un manifesto il proliferare incontrollato di caratteri tipografici digitali e il conseguente inquinamento visivo che ne deriva, arrivando più tardi a bollare Emigre come spazzatura. Per tutta risposta VanderLans chiede a Vignelli di pubblicare il suo manifesto in copertina di Emigre 18. Il risultato è alquanto ironico ma sottolinea come in realtà Emigre cerchi di alimentare il dibattito invece che ignorarlo. Nel 1993 Steven Heller scrive un articolo pubblicato su Eye Magazine e intitolato “Cult of the Ugly” dove addita lo stile spregiudicato e troppo personale di Emigre come dannoso per il mainstream graphic design, perché a causa del suo successo rischia di venir copiato e utilizzato impropriamente, senza consapevolezza. Ancora una volta la risposta di Emigre è, invece che ignorare la discussione, di dare spazio ad essa: nel 1994 il numero 30 è dedicato a questo tema. All'interno Rick Poynor scrive un articolo intitolato “Ugliness is in the Eye of the Beholder”, dove si domanda quale contesto e quale catalisi culturale ha permesso l'Ugly Design e quale sia il significato di ciò. È interessante che VanderLans pubblichi questo articolo dove implicitamente si afferma che Emigre fa parte dell' Ugly Design. Nel 1995 Robin Kinross critica l'approccio al graphic design di Emigre. Sostiene che è essenzialmente espressione 26 | EMIGRE
WHAT YOU READ IS WHAT YOU GET
Emigre 18 路 1991 路 copertina.
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personale e pertanto non può essere oggetto di discussione. Forse creare i contenuti per sé stessi è troppo facile per i designers. VanderLans si pone in prima persona la domanda più volte: "I've always wondered what this magazine was truly about. Mostly it was about everything that people can easily do without. (...) I always thought it was enterely self-indulgent, without any redeeming qualities whatsever, yet we were able to print 10.000 copies each time, which were completely devoured by its readers." Rudy VanderLans · Emigre Graphic Design into the Digital Realm · pag 48.
"Our self-initiated , self-published work is often viewed with suspiscion by fellow graphic designers. Design for design's sake, they call it, which is not eant as a compliment. The comon perception eithin design is that creating your own products is easy. Take the client out of the equation and life's a walk in the park. (...) If it's so easy, why don't all designers forget about clients?" Emigre Magazine 69 · pag 59.
Secondo Vander Lans il graphic design non può essere semplicemente ridotto a una professione a servizio delle idee del cliente. Il graphic designer può essere produttore di idee, di messaggi e di prodotti. Allo stesso tempo non si deve pensare all’autoproduzione come una pratica spensierata. Il designer diventa doppiamente responsabile per quello che fa. Diventa responsabile non solo di come usa le pagine 28 | EMIGRE
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Emigre 18 路 1991 路 passo dell'Amleto di Shakespeare, Atto 3, Scena 3.
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della rivista e lo spazio al loro interno, ma anche per quali contenuti sceglie, per chi invita a collaborare. Ne consegue che Emigre non discute del design grafico solo all'interno delle sue pagine ma l'intera rivista, dai font alla carta, dalla stampa alla distribuzione, in breve l'intero processo produttivo, è una discussione su che cosa è il design e quali sono le possibilità del designer in quanto autore. La risposta alla critica di Kinross da parte di VanderLans è chiara: "Individualism and self expression was exactly what made this projects so appealing." Emigre Magazine 69 · pag 55.
"We simply want to challenge ourselves creatively and intellectually and in the process hope to engage our readers. It’s taken on a variety of forms and expressions, including formal experiments, critical writing about graphic design, interviews with designers, social commentary, and the inclusion of music CDs. I would describe the magazine’s personality as benignly schizophrenic." HOW Magazine · intervista di Jenny Wohlfarth pubblicata nel febbraio 2003.
La creazione di contenuti in Emigre è strettamente legata al rapporto entusiastico che VanderLans instaurava con gli autori dei contributi. Allo stesso tempo il punto di vista di Emigre è di cercare di orchestrare diversi designer e di pubblicare anche articoli potenzialmente negativi. Questo valse a VanderLans l'etichetta di Editor/Art director: 30 | EMIGRE
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"Many others are more qualified than I am to publish a magazine like Emigre, but for whatever reason, they are not doing it." Emigre Magazine 69 · pag 62 .
Anche se si vede una differenza formale tra le varie fasi della rivista, la capacità di coinvolgimento e l'apertura a contenuti nuovi rimangono invariati. VanderLans è pronto a rinunciare all'equilibrio editoriale per dedicare parte o tutto un numero di Emigre a studenti di design appena laureati, se considera il loro lavoro valido. cfr. Rick Poynor An Ending. Riesce a instaurare un buon rapporto di fiducia con chi contribuisce alla magazine e i numeri della rivista rispecchiano in gran parte il suo istinto. "Once we invite a certain person or a group of people to contribute, they will have free rein. Except for the natural restrictions of the magazine (...) they can do what they want and we will publish what they submit, without any interference, editings, or by-commitee voting." Rudy VanderLans · Emigre Graphic Design into the Digital Realm · pag 70.
Lasciando completa libertà a chi contribuisce alla magazine, Emigre fa si che i materiali degli autori non siano compromessi e che il risultato editoriale e visivo rimanga assai imprevedibile. VanderLans ammette però che con questo metodo son state a volte pubblicati progetti un po’ troppo azzardati. "When I'm on the road , I'm like a travelling editorial office. I 31 | EMIGRE
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conduct the interview, run the tape recorder, shoot the photos, and collect the sample of work. I have no qualifications to do any of this, but it dosen't seem to bother the subjects. I mention I'm from Emigre, and they greet me with open arms." Emigre Magazine 69 · pag 45.
L'intervista è uno degli strumenti più importanti in mano a VanderLans. Emigre non cerca l'assoluta spontaneità nelle interviste che pubblica, tanto è vero che VanderLans dà spesso la possibilità di correggere e ampliare i testi delle conversazioni ai loro autori. L'intervista diventa così un piccolo saggio sotto forma di domande. Dà la possibilità ai designers intervistati di difendere o chiarire il loro processo creativo, la loro produzione e le loro strategie, alimentando così il dibattito sulla natura della comunicazione e sul ruolo che il designer occupa in essa. I designer contemporanei ad Emigre spesso non si domandavano in quale contesto sociale in cui si inseriva il loro lavoro. Emigre cerca di coinvolgere i designer e il loro lavoro in una discussione che alimentasse il dibattito sulla grafica contemporanea e sul senso di responsabilità del designer. "Unlike profiles of graphic designers found in other design publications, the purpose of the interview for Emigre is much closer to revealing the complexities and contradictions of graphic design. While the designer profile is typically understood in the most obvious ways as the promotion of said designer and his or her "genius" or vision (..), the Emigre interview can be counted on for at least trying to get behind the facade of designer genius; of wanting to know how certain designs came into being and the rationale behind such 32 | EMIGRE
WHAT YOU READ IS WHAT YOU GET
Emigre 14 路 1990 路 intervista con Wolfgang Weingart.
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WHAT YOU READ IS WHAT YOU GET
decisions rather than present the designs as somehow given and therefore unexplainable, inexplicable." Andrew Blauvelt · Digressions and Transgressions: Emigre (The Texts) · w w w.emigre.com
Allo stesso tempo Emigre cerca di dare forma alle digressioni che in forma naturale si creano durante una conversazione. Ad esempio in Emigre 19 VanderLans riporta assieme all'intervista con Kathy McCoy, Ed Fella, Scott Makela e Laurie Haycock, il suono di cani che abbaiano e di bambini che piangono, sottolineando l'ambiente in cui l'intervista è stata fatta e di come tutto ciò ha interagito con gli intervistati. In tutto in montaggio editoriale di Emigre è chiaro un concetto: VanderLans considera i lettori di Emigre come parte del sistema di produzione del significato. I testi critici, le immagini, i racconti pongono il lettore davanti a un artefatto complesso dove il filo conduttore non è necessariamente percepibile a prima vista, ma anzi è incompleto fino a quando non è attivato dall'incontro con il lettore. Anche quando Emigre smette di sperimentare assiduamente sul suo aspetto visivo, si può ritrovare nei testi critici la volontà di coinvolgere il lettore e non di presentargli una soluzione univoca.
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How does one judge a magazine? By the number of circulated copies? By the richness of the content? By readers’ reactions? By the quality of the writing? By the professional discussion that it stimulates? Emigre has had it all: not all at the same time. Peter Bilak · Emigre Magazine 69 · pag 133.
Aprendo le pagine di Emigre si percepisce con quanta dedizione e cura Rudy VanderLans e Zuzana Licko si siano impegnati in questo progetto. La loro passione per il loro lavoro ha reso possibile che Emigre continuasse ad evolversi e a ignorare i confini per oltre vent’anni. VanderLans e Licko con i loro esperimenti e con le loro critiche nei riguardi dell'international style hanno intrapreso un progetto che rispecchiava perfettamente il cambiamento di ottica che stava avvenendo e che mirava alla produzione di cultura e di dibattito costruttivo. Hanno fornito un luogo dove i designer e autori potessero proporre e confrontare il proprio lavoro; hanno sperimentato i mezzi, i limiti e le libertà rese disponibili dalla rivoluzione digitale; hanno creato il terreno per una discussione riguardo il design grafico. Oggi è assai più frequente incontrare designer indipendenti e imprenditori che fondano i loro progetti sulla ricerca personale. Daniel Eatock è un esempio della generazione esattamente successiva a Emigre. Nella sua ricerca troviamo 35 | EMIGRE
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come gran parte dei progetti vadano oltre il semplice design grafico, per applicare la progettualità a un orizzonte più allargato di processi. Rimane solo una domanda: cosa accadrà domani? Il design riuscirà a resistere con la creazione e la ricerca personale?
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BIBLIOGRAPHY
w w w.emigre.com A Selection of Essays from Emigre Magazine Essays on Type and Typography Essays on Emigre Other Essays Emigre Magazine issues 14 / 18 / 19 / 22 / 28 / 30 / 45 / 63 / 69 Rudy VanderLans and Zuzana Licko with Mary E. Gray; essay by Mr. Keedy Emigre. Graphic Design into the Digital Realm New York, Van Nostrand Reinhold, 1993 Steven Heller Merz to Emigre and Beyond: Avant-Garde Magazine Design of the Twentieth Century London, Phaidon, 2003 Rick Poynor No More Rules. Graphic Design and Postmodernism London, Laurence King Publishing, 2003 Robin Kinross Tipografia Moderna Viterbo, Nuovi Equilibri, 2005 w w w.designobserver.com Rick Poynor An Ending
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