Lo Hobbit - Per la Contea!

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Rumori nella Notte

Era passato velocemente un anno da quando Bilbo e la Compagnia ritornarono a casa; un anno per uno hobbit non dura molto, soprattutto se è uno hobbit della Contea. La Contea era un po' cambiata da quando Bilbo era partito in viaggio. Quando era tornato comprò una cassa dove mise Pungolo e altri oggetti trovati durante il suo viaggio. Quella notte sognò, vagamente, il giorno in cui, i Nani, erano arrivati davanti alla porta rotonda del suo bucohobbit. Sognò anche le Aquile e il vecchio "pellicciaio" Beorn. Bilbo anche se sapeva che non doveva chiamarlo "pellicciaio" continuava a nominarlo così. Si ricordò le parole di Gandalf, «Non chiamarlo "pellicciaio" se non stai a un miglio di distanza da casa sua». Sognò le Montagne Nebbiose, e rabbrividì nel letto quando vide gli occhi gialli di Gollum. Alla fine vide l'anello magico che aveva sognato che gli cadeva sul dito... e poi vide Lui... il Negromante! Si svegliò di colpo. Era notte. La luce della luna


penetrava dalla finestrella in camera di Bilbo. Sentì dei rumori provenire da fuori di casa. Come un bastone che si posa sulla ghiaia. Aveva paura. Si alzò lentamente senza far minimo rumore. Passò per il corridoio buio e arrivò davanti alla rotonda porta verde. Accolse nella sua mano il pomello di color oro e aprì pian piano. Balzò indietro quando sentì il verso di un gufo. Si riavvicinò alla porta e nell'inteso buio della notte scorse dei cavalieri risalire la collina. Bilbo richiuse di scatto la porta, ma con delicatezza; senza far rumore. Oh mio Dio! Chi sono quelli? Saranno i Nani? Ma no, che sciocco! I Nani sanno cavalcare solo pony, pensò mangiandosi le unghie. Aspettò. Sentì un tonfo sordo. Aspettò ancora. Qualcuno bussò alla porta. Bilbo corse in cantina percorrendo il buio della casa. Inciampò nello stipite della porta che porta alla cantina. Proprio in quel momento si sentì un altro tonfo sordo. Ma questa volta era più vicino a Bilbo. Udì anche qualcuno posare i piedi sul legno del buco-hobbit. Bilbo si mise in piede velocemente, chiuse la porta dietro di sé. Ma questa volta meno delicatamente. Una voce roca proveniva dal corridoio: «Di qui!». Bilbo era spacciato. Si misse sotto un mobile dove teneva le bottiglie di vino. Aspettava fissando i barili di legno che contevano il vino. Udì una risata maligna. La porta della cantina cadde a terra. Degli uomini apparvero davanti alla vista di Bilbo. Non riusciva a vedergli il viso, avevano in testa una specie di turbante e sembrava non avessero gli occhi; si vedeva solo un pallino verde come la pupilla di un felino. Poi ci fu un flash. E i cavalieri scomparvero. Bilbo aprì la bocca. «Bilbo! In fretta, seguimi!» urlò una voce familiare. Bilbo esitò ma poi si convinse e uscì da sotto il mobile. Seguì l'uomo nel buio, uscirono dalla casa. E corsero nel buio della collina. Alla luce della Luna i lineamenti dell'uomo cominciarono a vedersi un po'. Un cavallo bianco li aspettava alla fine dalla strada. Quando l'uomo si girò per prendere lo hobbit e metterlo sul cavallo Bilbo si accorse chi era. La sua barba grigia scintillava alla luce lunare, così come i capelli che uscivano fuori dal cappello blu; portava


una bastone, come sempre. «G... Gandalf?!» gridò Bilbo. «Zitto! Mentre galoppiamo ti spiegherò tutto!» rispose Gandalf. Salirono e lo stregone ordinò a Bilbo di tenersi stretto a lui. Gandalf con sé portava una bisaccia marrone. Calciò il cavallo e partirono al galoppo. Lo hobbit si teneva stretto a Gandalf come fosse una parete rocciosa che da su un precipizio che cade nel buio vuoto della Terra. Il silenzio della notte invadeva le loro teste mentre galoppavano sulle contrade Hobbiville verso una nuova meta, sconosciuta a Bilbo. Lo hobbit, al contrario dello stregone che vedeva solo la strada davanti a sé, vedeva sfrecciare gli alberi della verde Contea. Percorsero il centro di Hobbiville sfrecciando nell'oscurità. D'un tratto Gandalf ruppe il profondo silenzio. «Vecchio amico mio... la Contea è in pericolo...» annunciò. «C-Cosa?!» balbettò Bilbo, incosciente dell'avventura che avrebbe percorso per le contrade di Rohan. Ma visto che questa cosa avverrà alla fine della nostra storia, per adesso non posso dirvi altro. «Quegli uomini che hai visto sono dei Sakrenek. Uomini giunti dalle grotte dell'Estfalda. Una tempo re di Rohan, in tempi remoti più lontani dalla creazione di questa terra» rispose Gandalf serio. Percorsero Via Saccoforino e alla fine arrivarono al Drago Verde. Il cavallo si fermò. L'insegna della locanda era mossa dal vento e ciolava, su di essa era raffigurato un Drago. Gandalf ordinò al cavallo di rimanere fermo. Entrarono nella locanda. Dall'inizio del viottolo in ghiaia e in pietra arrivavano grida di persone che erano intente a banchettare bevendo boccali di birra. Si sentivano rumori di sedie mosse e rumore di piedi che si muovevano. Quando Bilbo e Gandalf aprirono la porta nessuno si accorse di loro. Al bancone c'era la Signora Cotton che era intenta a pulire i bicchieri con un canavaccio. Fu l'unica a salutarli. Gandalf salutò con un mezzo inchino mentre Bilbo con un semplice "Buona Sera, Signora Cotton!". Si sedettero in un angolo buio dietro a una colonna in legno. Da una finestrella piombava giù la luce della pallida Luna. Rimasero un po' in silenzio. Lo stregone estrasse una mappa


piegata della Terra di Mezzo, l'aprì solo nei punti essenziali, sennò sarebbe stata il triplo del tavolino a cui erano seduti. Gandalf indicò a Bilbo la Contea. «Bilbo, dobbiamo partire. Abbiamo già dei compagni pronti a rischiare la vita per salvare la Terra di Mezzo» disse abbassando la voce. Poi spostò il dito sulla scritta di Brea. «Dobbiamo arrivare a Brea, poi saremo ospitati da Cactaceo al Puledro Impennato. Partiremo subito il giorno dopo e in massimo due giorni arriveremo a Gran Burrone da Elrond. Ti ricordi di lui?» chiese Gandalf. Bilbo annuì con la testa, non ce la faceva a parlare, era troppo stanco. «Poi lì decidermo il da farsi. Intanto ho già un'idea: passeremo vicino alle rive delle cascate del Rauros. Ci dirigeremo al corso dell'Entalluvio, a Rohan, e arriveremo a Edoras». Bilbo comprese subito che non sarebbe stato un viaggio poco movimentato; ma fu subito turbato da un domanda. Ci fu un silenzio. In quella pausa i due udirono il chiasso che proveniva dall'altra parte della sala. Bilbo alla fine si fece coraggio e chiese una risposta alla sua domanda, che lo turbava tanto: «Qual è la "Compagnia" di cui parlavi prima?», Gandalf rise. «Oh, oh, mio caro hobbit!...».


Una Sorpresa lungo la Via

Lo hobbit non ci credeva! Rivedere Balin, Dori, Oin, Gloin e tutti gli altri! Sì, li avrebbe rivisti proprio il giorno dopo! Per la Via che porta per i campi di Maggot e al Traghetto sul Brandivino! Bilbo non credeva alle parole di Gandalf: «... Saranno coloro che ti accompagnaro nel viaggio che finì circa un anno fa!». Lo hobbit era rimasto sorpreso. Gandalf si alzò. «Dovremmo essere già in cammino per la Via. Su Bilbo andiamo!». Salutarono la proprietaria e uscirono. Gandalf era davanti a lo hobbit e lo guidava nell'oscurità della notte. Si avvicinarono alla cespuglio dove il cavallo era stato legato. Non c'era più! «Ahimé! Ci toccherà andare a piedi, bé abbiamo e acqua a sufficienza fino a casa dei Maggot» disse lo stregone indicando la


sua bisaccia; conluse dicendo: «Ho fatto bene a non mettere la bisaccia sul cavallo». Si misero in cammino sulle strade di Hobbiville e camminarono finché non arrivarono in una boscaglia dove la strada della città si fermava e lasciava il posto a una strada di ghiaia. Gli alberi erano piccoli ma le alte chiome erano possenti. La notte, al piccolo hobbit, faceva sembrare le ombre degli alberi i Sakrenek. Bilbo si nascondeva dietro lo stregone. Dopo il viaggio a Erebor era diventato un po' più coraggioso ma adesso era diventato il vecchio hobbit di una volta.


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