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Teresa Bevilacqua

Lameziaenonsolo incontra

Nella Fragale

Anche questo mese una donna, una Dirigente scolastica. Un ruolo importante quello di Teresa Bevilacqua, si può dire che la buona educazione, preparazione alla vita dei nostri figli dipenda anche da lei. Non solo, perchè, come si evincerà dall’intervista oramai è tutto burocratizzato e, se da una parte non si parla d’altro che di umanizzare, di migliorare i rapporti fra le persone, fra la gente, fra il passato ed il futuro, dall’altra c’è una barriera insormontabile, creata proprio da chi propone: la burocrazia, una serie di regole e regolette, di leggi e quant’altro che allontanano invece di avvicinare. Buongiorno, intanto grazie per avere accettato di farsi intervistare e la prima domanda che le faccio è questa: prima di diventare Dirigente Scolastico insegnava? Ho insegnato per nove anni nella scuola elementare come docente di sostegno, ma prima di vincere il concorso ho tenuto per due anni i corsi di alfabetizzazione per adulti. Quali sono gli istituti dei quali lei è dirigente? Oggi dirigo l’Istituto Comprensivo “PerriPitagora” costituito dalla scuola primaria “Magg. Raffaele Perri”, dalla scuola secondaria di primo grado “Pitagora” e da due plessi di scuola dell’infanzia: “Piccolo Principe” e “Tommaso Fusco”. Per due anni ho avuto la reggenza del Liceo Classico “F. Fiorentino” nel quale ho avviato il primo anno del Liceo Artistico. Gestire due scuole è stato veramente impegnativo e quest’anno ho preferito non presentare la domanda per le reggenze. Come darle torto? già deve essere difficile dirigerne uno! Ma quali sono le attività che un Dirigente Scolastico svolge quotidianamente? Quello del dirigente scolastico, oggi, è un ruolo estremamente complesso e carico di responsabilità. Farei prima a dire cosa non fa perché gli impegni richiesti sono veramente tanti ed aumentano sempre di più. Riguardano la gestione di istituzioni sempre più numerose e consistenti di cui si ha la legale rappresentanza, e comprendono la gestione delle risorse umane (docenti, personale amministrativo, tecnico e collaboratori scolastici), delle risorse strumentali (attrezzature, sussidi didattici, laboratori, materiali informatici e tecnologici, ecc..) e di quelle finanziarie (dal Programma Annuale di gestione finanziaria al Conto Consuntivo, passando dal Codice degli appalti, al Mercato Elettronico della Pubblica Amministrazione, tra CUP, CIG, reversali, ordini e revisori dei conti, ….). Ha il compito di coordinare e valorizzare il personale e di organizzare l’attività scolastica secondo criteri di efficienza e di efficacia. Predispone il Piano Annuale delle attività scolastiche, delle attività aggiuntive, il Piano della formazione del personale, cura, insieme ai

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docenti, il PTOF (Piano Triennale dell’offerta Formativa), il Curricolo, il RAV (Rapporto di AutoValutazione), il PdM (Piano di Miglioramento), ma anche il PTTI (programma Triennale per la trasparenza e l’integrità). Presiede il Collegio dei docenti, il Comitato per la valutazione del servizio degli insegnanti, i Consigli di classe, la Giunta esecutiva. Progetta, realizza e rendiconta i progetti europei PON e POR. Segue le attività didattiche sul Registro elettronico e quelle amministrative sulla Segreteria digitale (protocollo informatico compreso...). Si occupa dell’inclusione degli alunni con BES (Bisogni educativi Speciali) , dei rapporti con l’ASP, l’INPS e con le strutture sanitarie di riabilitazione, le associazioni di volontariato, ecc. È titolare delle relazioni sindacali a livello d’Istituto. È responsabile della sicurezza (viene considerato “datore di lavoro” del personale scolastico ma anche di tutti gli studenti), denuncia gli infortuni all’INAIL, predispone il Piano di Valutazione dei rischi ed i Piani di evacuazione degli edifici, adotta i provvedimenti di urgenza strettamente necessari e quelli richiesti per garantire la sicurezza della scuola. Regola e vigila i lavori dell’ufficio di segreteria e ne firma gli atti e certificati di sua competenza. Vigila sull’esatto adempimento dei propri doveri da parte di tutto il Personale, al fine di garantire la migliore qualità del servizio dovendo risponderne dei risultati. Tiene i contatti con gli Enti Locali e con il territorio, con il MIUR, l’USR, l’ATP stipula accordi di rete con scuole enti ed associazioni, cerca soluzioni ai mille problemi quotidiani (dalle infiltrazioni d’acqua, al riscaldamento, alle discussioni tra genitori su WhatsApp, ecc. ecc.). In una recente ricerca, la Fondazione Agnelli mostra una professione variegata, mal definita, che rende il dirigente scolastico un “equilibrista”, che deve improvvisarsi ingegnere per la sicurezza e persino avvocato davanti al giudice del lavoro. Quando ho iniziato a fare il “Direttore Didattico” non era così, c’era più tempo per la didattica, per seguire gli alunni, per confrontarsi con i docenti. Oggi, con l’autonomia delle istituzioni scolastiche e la dirigenza sembra quasi di aver cambiato lavoro.

Di certo un lavoro impegnativo ... E come è una sua giornata tipo? Come riesce a seguire gli istituti? Tutte le mattine arrivo in ufficio con un programma che resta puntualmente inatteso perché già dal portone iniziano a prospettarmi urgenze e necessità che richiedono il mio intervento. Per fortuna sono circondata da splendidi collaboratori che mi supportano nella parete amministrativa (la DSGA) e nel coordinamento organizzativo e didattico (il vice preside e le docenti collaboratrici di plesso). Il mio ufficio si trova nella scuola primaria “Magg. Perri” che è il plesso più grande ed include anche una scuola dell’infanzia; nella scuola media “Pitagora” è presente il vicepreside, il prof. Porcelli che si occupa anche della scuola dell’infanzia “T. Fusco” situata nello stesso edificio. Mi muovo tra i plessi secondo le necessità cercando di assicurare sempre la mia presenza quando e dove è necessaria. Nei due anni di reggenza del Liceo Classico mi capitava di spostarmi tra i tre edifici anche nella stessa giornata. Non è stato facile. Se lei dovesse definire il contesto socioculturale delle scuole lametine in generale come lo definirebbe? Il contesto socio-culturale delle scuole lametine, in generale, è vario. Si va da alunni provenienti da un ambiente socio-culturale medio-alto motivati alle attività scolastiche, con famiglie generalmente disposte a collaborare con la Scuola ad alunni provenienti da un ambiente non sempre preparato ad individuare e a soddisfare i bisogni educativi e di crescita culturale dell’infanzia e dell’adolescenza. Ci sono scuole con una elevata presenza di alunni stranieri o ROM. Quali problematiche nascono per queste presenze di alunni stranieri e ROM? Sempre che ne nascano! Le scuole lametine sono tutte impegnate nel processo di inclusione scolastica degli alunni di origine non italiana. Le problematiche nascono spesso dalla alta concentrazione nello stesso istituto di un elevato numero di alunni stranieri o ROM. Ciò rende difficile i processi di inclusione non solo scolastica, ma anche sociale. C’è una

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scuola nella quale da qualche anno la alta iscrizione di bambini ROM ha provocato la “fuga” della minoranza di bambini “italiani”. Fino a qualche anno fa i bambini ROM venivano accompagnati in diverse scuole del territorio a cura dell’associazione “La strada” che collaborava con le scuole per promuovere una vera integrazione col territorio. In effetti, in tutta Italia comunque, questa integrazione non sempre è facile, anzi! Sulla base della esperienza fatta da quando è Dirigente ci può dire quali sono i punti di forza che ha rilevato nei diversi istituti che dirige e se ha fatto qualcosa per migliorarli? Sono nella scuola che dirigo da ben 15 anni, anche se i primi 8 anni ero assegnata al Primo Circolo Didattico “Magg. Perri”. Con il Piano di dimensionamento del 2011 è nato l’Istituto Comprensivo Perri-Pitagora” che accorpava le due scuole insieme alle scuole dell’infanzia. I punti di forza li ritrovo nella continuità del dirigente scolastico e del personale docente, nella costruzione di un clima sereno, nella realizzazione di una vera continuità in tutto il percorso formativo che va dalla scuola dell’infanzia alla primaria, alla secondaria di primo grado, ovvero dai tre ai quattordici anni di vita dei nostri alunni. Positiva anche la generalizzazione delle competenze informatiche dei docenti e, soprattutto la loro professionalità ed umanità. Altro punto di forza è l’edificio scolastico della Pitagora, da pochi anni ristrutturato sul piano energetico. Le aule sono luminose, spaziose, una buona parte con riscaldamento a pavimento, tutte dotate di LIM. Ci sono molti laboratori attrezzati, l’atelier digitale, l’infermeria ed un grande auditorium che stiamo per rinnovare. Il mio impegno è rivolto alla valorizzazione dei punti di forza, ad un rinforzo sempre positivo degli aspetti relazionali, al sostegno delle progettazioni europee, delle innovazioni didattiche e metodologiche. Bene, ed i punti deboli invece? Ne ha individuati ed ha pensato a qualche soluzione? I punti di debolezza li individuo nella insufficienza degli spazi, nelle necessità di interventi strutturali e di manutenzione dell’edificio scolastico “Perri” che, sottoposto al vincolo delle belle arti, richiede interventi importanti e comunque rispettosi delle caratteristiche della struttura. Le sollecitazioni al Comune, ente proprietario dell’edificio,

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hanno portato a diversi progetti ed alla recente approvazione di un finanziamento POR. Scuola ostaggio dei genitori? Ho letto un titolo che recitava esattamente così “scuola ostaggio dei genitori” e, a giudicare da quel che sento è realmente così. L’ingerenza dei genitori è spesso esagerata, non accettano un voto basso, non accettano un rimprovero, non accettano un portatore di handicap, ecc ecc ecc, lei che ne pensa? Purtroppo può succedere. Viviamo una vera e propria emergenza educativa. La scuola ha perso l’autorevolezza del proprio ruolo. Una volta c’era più stima e rispetto verso i docenti e verso l’istituzione, oggi si eccede nel proteggere i propri figli senza capire che alcune situazioni aiutano a crescere. Credo che il compito educativo necessiti di condivisione, di complicità tra scuola e famiglia, i bambini ed i ragazzi devono vedere che le due istituzioni comunicano e procedono nella stessa direzione. La penso anche io così. I bambini oggi sono più intelligenti di quelli di ieri? Voti altissimi e una grande percentuale di promossi, lei come se lo spiega? I bambini di oggi hanno più stimoli di quelli di ieri, sono tecnologici, nativi digitali, non è facile stare al passo con le loro intuizioni, con le loro evoluzioni multimediali. La scuola dal canto suo è meno selettiva, è una scuola che guarda alle competenze più che alle conoscenze ed i bambini di oggi sono decisamente competenti. Questa domanda, sui voti altissimi, me ne fa venire in mente un’altra: le scuole lametine, in generale, come stanno? Come mai i calabresi sono, per antonomasia, fra gli studenti italiani “meno preparati”? Da un confronto con i colleghi, in generale penso che le scuole lametine stiano discretamente. Non credo che gli studenti calabresi siano tra i meno preparati. Per quel che riguarda le scuole che dirigo, dai dati INVALSI emerge che gli esiti degli studenti per italiano e matematica sono più alti rispetto alla media regionale e nazionale. Meglio così, probabilmente avrò letto una di quelle statistiche che parlano della preparazione in generale. Una domanda tira l’altra: La meritocrazia nella scuola e, se vogliamo, anche in generale, esiste ancora? Ci si prova sempre, ma credo sia qualcosa di difficile applicazione nel nostro Paese.

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La droga e la scuola, quando accade un episodio eclatante sembra che tutti cadano dalle nuvole ma è una realtà, difficile da accettare, ma cruda realtà, lei ne conviene? Non ho esperienza in merito, per fortuna nel primo ciclo non esiste questo problema e mi è andata bene anche al Liceo Classico. Certo è una piaga tra i giovani come il fumo e l’alcol. C’è da lavorare tanto a livello di prevenzione. Scuole paritarie, un bene o un male? Io sono per la scuola pubblica. Sento parlare spesso di didattica innovativa, di cosa si tratta? Si tratta dell’uso di nuove metodologie didattiche che mirano ad accrescere le competenze degli studenti attraverso esperienze di confronto e condivisione, di partecipazione e comunicazione. Per citarne qualcuna, si va dal “Learning by doing” (imparare facendo) al “Problem solving” che porta gli studenti a ragionare sulla molteplicità di soluzioni che scaturiscono da un problema. Dal “cooperative learning” (apprendimento cooperativo) in cui gli studenti, lavorando in piccoli gruppi, collaborano fra loro per migliorare reciprocamente il loro apprendimento, alla “flipped classroom” (classe capovolta) un modello pedagogico nel quale le classiche lezioni e l’assegnazione del lavoro da svolgere a casa, vengono capovolti. L’insegnante assegna per casa ai propri studenti alcuni video da seguire su un dato argomento, prima di trattarlo in classe. In questo modo, poiché gli studenti hanno già un’infarinatura generale dei contenuti da affrontare, si può dedicare il tempo a disposizione a scuola per dare chiarimenti, effettuare delle esercitazioni e qualsiasi altra attività funzionale ad una migliore comprensione. Ho anche sentito parlare della possibilità di ridurre di un anno il ciclo di scuola superiore permettendo in pratica di diplomarsi con un anno di anticipo. C’è qualcosa di vero in questo? Certamente. Fino ad oggi dodici scuole secondarie di secondo grado hanno sperimentato percorsi quadriennali. Per rendere maggiormente valutabile l’efficacia della sperimentazione il MIUR ha pubblicato un bando per individuare cento classi sperimentali in tutta Italia. Proprio in questi giorni è stato pubblicato l’elenco delle scuole ammesse

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alla sperimentazione. Per la Calabria ci sono tre istituti di Cosenza. I percorsi partiranno dal prossimo anno scolastico e prevedono il raggiungimento di tutti gli obiettivi specifici di apprendimento del percorso di studi scelto. Sarà garantito l’insegnamento di tutte le discipline anche, eventualmente, potenziando l’orario. Nel corso del quadriennio un Comitato scientifico nazionale valuterà l’andamento dell’innovazione. Voglio sperare in un’attenta valutazione pedagogica e scientifica non basata solo sulla gestione degli organici con conseguenti riduzione del personale scolastico. E sempre per “sentito parlare”, cosa ne pensa del progetto dell’alternanza scuola-lavoro? Apparentemente ai ragazzi la proposta non piace, infatti hanno protestato affermando di vedere in questo una sorta di sfruttamento dello studente che si vede sottratte ore di studio in favore di un lavoro non retribuito. Io credo che sia un’attività interessante negli Istituti tecnici ed in quelli Professionali. Nei Licei si potrebbe configurare più come “orientamento”. E comunque le ore sono tante. Sia le 400 nel triennio per i tecnici e professionali che le 200 per i licei. Nei Licei potrebbero bastare 30 massimo 40 ore per ciascun anno. “La pratica rompe la grammatica”, dicevano i nostri nonni che, sicuramente, vedrebbero di buon occhio questo progetto! La scuola è cambiata nel tempo e così gli esami, Cosa ne pensa della riforma che è stata fatta sull’esame di Stato che dovrebbe entrare in vigore per l’esame di maturità del 2019? Sono favorevole all’abolizione della terza prova scritta (finalmente!) ed all’accertamento, nella prova orale, del conseguimento delle competenze raggiunte e della capacità argomentativa e critica degli studenti. Resto un po’ perplessa sulla rilevanza dell’esperienza di alternanza Scuola-Lavoro perché qui entra in gioco anche la capacità delle scuole di organizzare percorsi significativi ed interessanti per gli alunni. Cosa le dà la scuola, intendendo con questo termine tutto l’insieme, gli alunni, gli insegnanti, la burocrazia, lo studio, ecc ecc? La scuola mi dà tanto: La bellezza di essere sempre a contatto con i giovani e con la vita. La gioia del sorriso degli alunni, dai più piccoli ai più grandi. La possibilità di comprendere i

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bisogni di ciascuno, di sostenere i più deboli, di creare per tutti le migliori condizioni per l’apprendimento. L’occasione per conoscere tante “persone” (docenti, personale di segreteria, collaboratori scolastici, genitori, colleghi, artisti, associazioni, operatori sociali, ecc.). L’opportunità di una formazione continua e di un continuo rinnovamento professionale. Il peso delle responsabilità. La noia della burocrazia. Quali sono state le soddisfazioni più belle di questi anni di insegnamento? Non solo del suo ruolo di dirigente In oltre 35 anni di attività come docente prima e dirigente poi, devo dire di avere avuto tante soddisfazioni con gli alunni, i docenti, la comunità. Sono soddisfatta delle relazioni sempre cordiali con tutti, dei progetti realizzati, degli eventi. Una grande soddisfazione l’ho provata per la splendida manifestazione in occasione del progetto “REBIRTH - ARTE ED EDUCAZIONE – la scuola per il cambiamento” in collaborazione con Cittadellarte-Fondazione Pistoletto. Il progetto voleva promuovere la cultura del “cambiamento” e lo sviluppo delle competenze in materia di cittadinanza attiva e democratica, attraverso la valorizzazione dell’educazione interculturale e alla pace, il rispetto delle differenze, il dialogo tra le culture, il sostegno dell’assunzione di responsabilità, della solidarietà, della cura dei beni comuni e della consapevolezza dei diritti e dei doveri. Protagonisti 1.400 alunni delle scuole dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado, 70 docenti che, nel corso dell’anno avevano seguito percorsi formativi e laboratoriali sulla filosofia del Terzo paradiso di Michelangelo Pistoletto. Insieme a loro il sindaco della città e tanti, tantissimi genitori hanno partecipato alla manifestazione del 21 maggio 2016 alla presenza di Michelangelo Pistoletto, uno dei più importanti artisti italiani viventi, che ha voluto conoscere i tantissimi bambini dell’istituto. E per contro, quali sono i momenti “meno belli”? I momenti meno belli sono stati pochi e sono sicuramente quelli legati ad eventi tristi, alla scomparsa di giovani insegnanti, a situazioni di difficile gestione della scuola. Esiste l’alunno perfetto? Spero di si. Ma ovviamente la perfezione è

relativa… Con l’esperienza acquisita con le varie classi e, di conseguenza, alunni di tutte le età quasi, qual è la fascia di età più problematica? Ogni età ha le sue caratteristiche e le sue problematiche. Forse la fascia più difficile è quella della scuola media soprattutto nella seconda e terza classe che coincide con l’età dell’adolescenza. Non si è più bambini, ma non si e neanche adulti…. Oggi giorno si usa ancora mandare l’alunno monello dal Preside? La sua figura incute ancora timore? Direi di sì, anche se poi sono sempre comprensiva ed ai rimproveri segue sempre il rinforzo positivo. Cosa dovrebbe offrire la scuola ai giovani? E cosa invece offre? La scuola dovrebbe fornire gli “strumenti del sapere” Dovrebbe mettere gli studenti in grado di imparare ad imparare. Dovrebbe offrire un metodo di studio, capacità critiche. Dovrebbe offrire ascolto e fiducia. Il più delle volte è così. Talvolta, però, può succedere che ciò non avvenga e che si creino incomprensioni ed opposizioni che allontanano i ragazzi e li fanno “perdere”. Amara constatazione. E’ una domanda che avrei potuto farle come mamma ma preferisco fargliela come dirigente: cosa ne pensa della pedofilia e della violenza sui bambini? L’insegnante si accorge del disagio dell’alunno che ne è vittima? Le faccio la domanda perchè spesso, quando accadono episodi simili gli insegnanti vengono chiamati in causa. Assolutamente intollerabili. Due piaghe da affrontare e combattere con ogni mezzo. Un insegnante attento può accorgersi di un disagio e quando succede deve rivolgersi a persone esperte e competenti per affrontare al meglio la situazione. Comunque non è facile. Basta parlare di scuola, parliamo della donna ora, Teresa Bevilacqua da bambina cosa sognava di fare “da grande”? Forse mi sarebbe piaciuto avere un’agenzia di viaggi. Ma non ero molto convinta, per questo mi sono lasciata guidare da mio padre che di fronte alle mie incertezze, fu molto convincente. Sono felice di averlo seguito.

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Quindi avvicinarsi all’insegnamento è stata una conseguenza degli studi fatti ed una scelta personale, parzialmente “indotta”? La scelta inizialmente fu indotta, gli studi conseguenziali.

opinione? Ormai sono parte della nostra vita. Non riesco ad immaginarmi senza PC o senza cellulare. Bisogna saperli usare e non lasciare che siano loro a prendere il sopravvento.

Lei è moglie, madre, dirigente, come coniuga questi tre importanti ruoli? Ce n’è uno che fagocita gli altri? Sono sposata ed ho un figlio. La famiglia occupa il primo posto nella mia vita. Faccio di tutto per essere una moglie e mamma presente ma loro sanno che amo anche il mio lavoro e mi sostengono con la loro pazienza.

Femminicidio, stalker, donna oggetto, ma tutti questi corpi femminili nudi che dalla mattina alla sera ammiccano da computer, tv e cellulari, non contribuiscono a creare una “donna oggetto di desiderio”? E qui ritorniamo ai valori. Dobbiamo educare al rispetto delle donne che sono soggetti e non oggetti. Dobbiamo educare gli uomini a rispettare le donne sempre ed ovunque perché è una donna che li ha partoriti, perché hanno una madre, hanno sorelle. Ma dobbiamo educare anche le donne a farsi rispettare, a non farsi sottomettere, a non lasciarsi umiliare, offendere, molestare. Con il Soroptimist siamo molto impegnati nella valorizzazione delle donne e nella lotta ad ogni forma di violenza nei loro confronti.

Che rapporto ha con suo figlio? Lo bacchetta oppure è una mamma permissiva? Ho un bellissimo rapporto con mio figlio nonostante sia stata e sono una mamma abbastanza “rigida” io uso dire un po’ tedesca…..Siamo convinti che ci vogliono delle regole e che nell’educazione dei figli sono fondamentali l’amore e l’esempio. Non ritiene che oggi i bambini abbiano troppo in tutti i sensi? Troppa libertà, troppi agi, troppi vestiti, troppi giocattoli… È difficile trovare la giusta misura nella società di oggi. Forse dovremmo imparare ad accontentarci del poco. Qual è il cambiamento che lei desidererebbe per avere la tranquillità sul futuro delle nuove generazioni? Credo che le nuove generazioni potrebbero avere un futuro migliore se si tornasse a dare più valore alle persone, all’essere piuttosto che all’apparire. Mi piacerebbe che tutti riuscissimo a condividere i veri valori della vita: il rispetto, l’onestà, la libertà, la lealtà, l’impegno, la rettitudine la generosità, l’integrità, la responsabilità. Abbiamo la responsabilità del cambiamento della società per le nuove generazioni ed il dovere dell’impegno. Ognuno di noi deve fare la sua parte perché, come dico spesso ai nostri alunni, insieme si può! Tempo libero, oramai sembra che nessuno più ne abbia, lei come lo trascorre? Cosa ama fare? Viaggiare, ascoltare musica, andare a teatro, leggere. Sempre poco. Lavoro spesso anche a casa. E comunque cerco di ritagliarmi degli spazi “vitali”. Leggo soprattutto libri collegati al mio lavoro. Adoro viaggiare, mi piace ascoltare la musica di tutti i generi (classica, leggera, Jazz, pop, folk, ...), mi piacciono il cinema ed il teatro. Qual è il libro che tutti dovrebbero leggere? Il Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupery che anche se sembra un libro per bambini contiene delle lezioni di vita che si rivolgono proprio a noi adulti. Tecnologia intesa come telefonini, computer, tv che diventano sempre più invadenti, la sua

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Che ne pensa della situazione in cui versa la nostra città? Non è un bel momento. Stiamo attraversando un periodo di crisi e la crisi ha sempre due facce: il problema e l’opportunità. Io spero che esaminato il problema non si perda l’opportunità di riflettere su quanto sta accadendo nella nostra città e sulla necessità del nostro impegno per aiutarla a ripartire. Il suo rapporto con la religione ed un pensiero su Papa Francesco? Ho una grande fede, pur non essendo una praticante assidua. Papa Francesco mi è piaciuto da subito, dal suo primo “Buonasera”. Mi piace la sua semplicità ed il suo coraggio. Un grande pastore. E concludiamo con la solita domanda alla Marzullo: la domanda che non le ho fatto e avrebbe voluto le facessi: Si faccia la domanda ci dia la risposta Sta iniziando un nuovo anno, cosa augura ai giovani? Ho molta fiducia nei giovani e nutro molta speranza nelle nuove generazioni. Auguro a tutti una vita bella, fatta di valori veri, di sentimenti, di pace, di impegno civile e sociale, di rispetto, di onestà, di tempo. Si, proprio di tempo, del tempo che ritrovo nella bellissima poesia di Elli Michler e che mi piace dedicare a tutti come augurio per il 2018 e per tutti gli anni a venire. Ti auguro tempo Non ti auguro un dono qualsiasi, //ti auguro soltanto quello che i più non hanno. //Ti auguro tempo, per divertirti e per ridere; //se lo impiegherai bene potrai ricavarne qualcosa. // Ti auguro tempo, per il tuo fare e il tuo pensare, //non solo per te stesso, ma anche per donarlo agli altri. //Ti auguro tempo, non per affrettarti a correre, //ma tempo per essere contento. //Ti auguro tempo, non soltanto per trascorrerlo,

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//ti auguro tempo perché te ne resti: //tempo per stupirti e tempo per fidarti e non soltanto per guadarlo sull’orologio. //Ti auguro tempo per guardare le stelle //e tempo per crescere, per maturare. //Ti auguro tempo per sperare nuovamente e per amare. //Non ha più senso rimandare. //Ti auguro tempo per trovare te stesso, //per vivere ogni tuo giorno, ogni tua ora come un dono. //Ti auguro tempo anche per perdonare. //Ti auguro di avere tempo, tempo per la vita. E’ un mestiere difficile quello dell’insegnante e, ancor di più quello della Dirigente scolastica. Bisogna avere a che fare con gli alunni, con i genitori, con gli insegnanti, una marea di gente in continua evoluzione e cambiamento e bisogna “tentare” di trovare un linguaggio comune con loro. Spesso, pure se ci si dà un obiettivo, non lo si raggiunge perchè gli ostacoli arrivano proprio dalla difficoltà di riuscire a mettere tante teste d’accordo. Teresa sembra sapere quello che vuole, quali sono gli obiettivi da raggiungere e, sia pure in mezzo a difficoltà che non ha menzionato ma che nemmeno le sono state chieste, sta cercando di realizzarli. Il fatto che abbia abbandonato la reggenza la dice lunga. Ha preferito rinunciare non solo al prestigio che l’essere Dirigente di altri istituti le avrebbe dato ma anche all’aumento di stipendio che la Reggenza comportava e, credo di avere capito, che vi abbia rinunciato non solo per il lavoro stressante che il tutto comportava ma soprattutto perchè i troppi impegni le impedivano di portare a termine e bene quel che si era preposta per coloro che saranno i cittadini di domani, quindi un compito non certo facile, di certo gravoso ed impegnativo, sia pure, quando sai di averlo fatto bene, gratificante. Questo indubbiamente le fa onore, in un mondo che corre, corre senza mai fermarsi, un mondo dove solo l’apparire, più che l’essere, pare avere importanza, nel quale tutti sembrano protesi a conquistare un proprio posto nel mondo virtuale, lei ha scelto di essere una buona Dirigente, dimostrando sensibilità, rara dote oggigiorno. E, come la maggior parte delle donne che ho intervistato, accanto ad una certa pragmaticità, necessaria per il ruolo che svolge, si intuisce una sorta di timidezza. Le dedico una frase tratta da “Il Piccolo Principe” di Antoine de Saint-Exupéry, libro che lei, come ha detto nell’intervista, apprezza molto: “Essere un uomo significa essere responsabile. Significa provare vergogna alla vista di quella che sembra essere la miseria immeritata. Significa essere orgogliosi di una vittoria dei propri compagni. Significa sentire, quando si posa la propria pietra, che si sta contribuendo alla costruzione del mondo.” Chi lavora, come lei, con coloro che saranno i cittadini di domani e cioè i nostri figli, i nostri nipoti, ha una grande responsabilità e credo che lei, quando ottiene un successo, si senta un po’ come il “piccolo principe”, fiera del suo operato.

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Scuola QUANDO LA SOLIDARIETA’ DIVENTA VALORE FORMATIVO

Natale con i bimbi alla Casa di riposo Comunale Come promesso nella loro visita a fine ottobre, gli alunni della classe Terza A dell’Istituto Comprensivo di S. Eufemia Lamezia, in occasione delle festività natalizie, accompagnati dalle loro insegnanti, sono ritornati alla Casa di riposo comunale “Bosco S. Antonio” per portare in dono la loro presenza gioiosa e condividere insieme agli anziani ospiti un momento di festa. La visita si inserisce in un percorso progettuale più ampio finalizzato a promuovere i valori fondamentali della solidarietà, del rispetto verso l’altro, soprattutto se più debole e bisognoso, dell’aiuto e della condivisione, considerati indispensabili per contribuire alla costruzione di una società più giusta, inclusiva e solidale incentrata sulla difesa della dignità umana e sul valore proprio di tutte le persone. L’ulteriore momento di incontro tra i bambini e gli ospiti della struttura si è svolto in un clima di accoglienza e familiarità, in cui i piccoli lasciavano trasparire l’attesa trepida e festante. Introdotti nella sala da Federica e Jessica con estremo garbo e gentilezza, hanno salutato e abbracciato i nonnini presenti constatando, non senza un briciolo di rammarico, che la memoria un po’ li tradiva e che, per quanto felici del loro arrivo che allietava la giornata, fosse necessario ravvivarne i ricordi ripetendo i propri nomi. Così, in modo brioso e spensierato, i bambini hanno annunciato quanto era stato preparato appositamente per loro e parati davanti a quell’eterogeneo e speciale pubblico hanno letto e animato le poesie sul Natale di Gianni Rodari e cantato, accompagnandole con allegre

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coreografie, canzoni in tema natalizio. L’insolito spettacolino è stato sottolineato da frequenti applausi e nonna Triestina, che di recente ha festeggiato i 101 anni, ha chiesto addirittura il bis delle canzoni, subito concesso. Una bambina ha poi consegnato ai nonnini un libricino in cui aveva illustrato ogni strofa delle poesie lette, ed è stato bello vedere con quanta partecipazione e cura se lo scambiavano a turno per leggerlo o semplicemente sfogliarlo, felici del prezioso e inaspettato dono. Poi tutti a consumare una fetta di pandoro come simbolo dello stare insieme, del condividere, oltre agli auguri, quei valori di pace, armonia e di amore propri del Natale; valori che sottendono anche una più consapevole attenzione a chi è solo e a chi soffre. In questa direzione valoriale, una bambina molto attenta a quanto accadeva intorno, nella sua infantile genuinità, ha espresso il proprio pensiero: “Non so perché questi vecchietti sono qui; però, anche se sono tanti, è come se fossero soli. Secondo me sentono la mancanza della propria famiglia”. E leggendo nella verità delle sue parole, ancor di più ci si è stretti intorno a loro. Tutti coinvolti in un ideale abbraccio, in un semplice e spontaneo prendersi per mano che ha trasmesso calore e contentezza agli animi, rendendo l’atmosfera ancor più lieta e festosa, un momento in cui, come suggerito dalle parole di Rodari “ (…) se ci diamo la mano i miracoli si fanno e il giorno di Natale durerà tutto l’anno”.

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Spettacolo

Sorellanza o della difficile convivenza Lamezia Terme, 15 dicembre 2017, Teatro Comunale Grandinetti. Quarto appuntamento della rassegna teatrale “Vacantiandu 2017” con la direzione artistica di Diego Ruiz e Nico Morelli e la direzione amministrativa di Walter Vasta. In scena Sugo finto scritto da Gianni Clementi, diretto da Ennio Coltorti e interpretato da Paola Tiziana Cruciani e Alessandra Costanzo. Lo spettacolo, scritto da Clementi espressamente per le due attrici protagoniste e già vincitore della rassegna Attori in cerca d’autore di Ennio Coltorti, è una storia divertente e commovente sulla poetica della tranche de vie. Una stanza scarsamente illuminata, l’ordine gelido della mobilia ad evocare una tetra periferia romana e suppellettili che tanto ricordano quelle “buone cose di pessimo gusto” del salotto di nonna Speranza di gozzaniana memoria. Non una finestra o un balcone che metta in comunicazione con il mondo esterno, che faccia intravvedere uno spicchio di cielo. La vita di fuori (o meglio la sua rappresentazione) irrompe attraverso un vecchio televisore (unica concessione alla modernità) sintonizzato su “Uomini e donne” di Maria de Filippi o viene sollecitata dalle telefonate notturne al sedicente mago Celsius che legge i tarocchi in un programma di chiaroveggenza su una TV locale. In questo spazio vivono due sorelle zitelle, le “signorine” Addolorata e Rosaria, proprietarie di una piccola merceria, che si dilaniano senza requie tra ondate ricorrenti di amore-odio in un rapporto manifesto e mascherato di reciproca dipendenza, consuetudini e affinità negate. Diverse eppure non dissimili anche in quella simmetrica zoppia che le accomuna. Tirchia, impaurita e affezionata Rosaria quanto vorrebbe essere spendacciona, libera e cinica Addolorata. Addolorata la sognatrice, la “pupa”, come la chiama ancora la sorella con una punta di invidia che affonda le radici nell’infanzia. La superba interpretazione di Paola Tiziana Cruciani delinea un ritratto di donna caratterizzata da un tenero “astio famelico”, cosciente di essere costretta dalla sorella tirchia a vivere da povera. Lei che ha fame di carne, di comodità, di vestiti nuovi (vagheggia un delizioso tailleur beige da indossare per il matrimonio del cugino Augustarello). Donna incompiuta che ha fame di vita. Eppure quella vita tanto desiderata e assaporata fugacemente: un incontro, il televisore nuovo, il forno a microonde, il pollo arrosto con le patate, le riserva una sorpresa ancor più amara gravandola di una responsabilità che in quei gesti infantili riservati alla sorella,

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ridotta ormai ad un destino di silenzio, si colora di amorevole rassegnazione. Rosaria l’avara, avara di denaro ma non di sentimenti. Una vibrante Alessandra Costanzo ci regala una donna tutta casa e lavoro, lavoro e casa, sorella-padrona, unica a vegliare su un ordine di valori domestici che non deve essere compromesso e che solo lei pensa di sapere difendere fino in fondo. Misura e sobrietà sono i suo imperativi mentre la sua tirchieria è forse identificabile con un’ansia “d’accumulo” dettata dalla paura della solitudine e dall’urgenza di garantirsi un futuro dignitoso. Ma è anche ragione di scontro quotidiano con la sorella, tra antichi livori e ruvide attenzioni. Eh sì, perché Rosaria non è cattiva. Inflessibile, concreta e permalosa, il suo è un affetto pragmatico ma profondissimo che si manifesta per gesti minimi scevri da qualsivoglia sentimentalismo. Poi il bouleversement in cui Alessandra/Rosaria, colta da ictus ma condannata alla lucidità, con mirabile metamorfosi fisica rimane muta e immota di fronte alla soddisfatta rivalsa di Paola/Addolorata: il conto in banca che inesorabilmente si prosciuga, l’ordine impeccabile della casa con i suoi immacolati centrini che si anima di uno scalpiccio esibito, di una confusione non prevista… Il disfacimento fisico accompagna quello domestico mentre Addolorata si illude di poter finalmente vivere la vita. Si illude, appunto. Perché “due sorelle sono due rami dello stesso albero. Possono divergere quanto vogliono con gli anni, ma il tronco resta quello”. Così il gioco delle coppie, che la malattia aveva momentaneamente bloccato, riprende e i ruoli si invertono in un finale dolceamaro che lascia il pubblico con una lacrima e un sorriso. La felice scrittura drammaturgica di Gianni Clementi si dipana in modo da creare cortocircuiti di sensi, reiterazioni, frecciatine, espressioni icastiche sì da far intravvedere la complessità dei sentimenti oltre la logica dell’apparenza. La regia di Ennio Coltorti, condotta con geometrico rigore, è costruita sul rapporto delle due sorelle, sulle parole che dicono, sui gesti che fanno. Ed è un continuo trascolorare dallo scontro violento alla leggerezza di un dialogo, dalla risata al sorriso, dall’urlo al silenzio. Le protagoniste sanno infondere personalissime sfumature di ironia e humour che, unitamente al romanesco, alleggeriscono la tensione e la ferocia di alcune battute che pur disvelando le loro grandi debolezze, il loro egoismo e la loro piccineria portano alla luce anche il loro “bisogno di restare umane” perché di quel sugo finto - che del ragù ha solo la parvenza - esse sono la carne, l’anima, il sapore. Chapeau.

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Spettacolo

La Serva Padrona, gioco d’amore in musica Lamezia Terme, 12 dicembre 2017. In scena al Teatro Umberto La Serva Padrona, Intermezzo buffo con musica di Giovan Battista Pergolesi, libretto di Gennaro Antonio Federico e con l’Ensemble La Grecia diretto da Mauro Trombetta: Alina Komissarova (violino), Sara Molinari (violino),Andrea Repetto (viola), Roberto Trainini, (violoncello), Antonio Petitto, (contrabasso). Un evento d’eccezione presentato dall’Associazione culturale AMA Calabria, per la Stagione concertistica 2017, in coproduzione internazionale con CIDIM e Istituto Italiano di Cultura a Istanbul. Un décor mutimediale che abbandona i vecchi pannelli dipinti per lasciare spazio alle immagini proiettate e parlanti di Rameau e Rousseau impegnati a disquisire sulla querelle des bouffons. Querelle che nel 1752 in Francia, dopo la rappresentazione dell’opera buffa di Pergolesi, divise i parigini in due fazioni inconciliabili: i difensori dell’intellettualismo capeggiati da Rameau e dai suoi accoliti e i partigiani della semplicità, della trasparenza, della calda espressività italiana con in testa Rousseau e gli Enciclopedisti. Armonia versus Melodia. Poi le immagini mutano e ci introducono nei sontuosi ambienti della Roma del XVII secolo. Suggestiva l’invenzione di Vespina (l’anima di Vespone) che si aggira inquieta come un fantasma e la trovata dei fili delle marionette che incatenano i personaggi al proprio status social fino alla liberazione e alla presa di coscienza finali. Eppure l’opera di Pergolesi possiede una capacità di suggestione senza tempo, merito anche del poeta napoletano Gennaro Antonio Federico, autore di un libretto dal quale emerge un vigoroso realismo comico attraverso la parodia del talento eroico e pomposo dell’opera cosiddetta seria. Le peripezie attraversate dal vecchio bisbetico Uberto e dalla maliziosa servetta Serpina che trama un piano machiavellico per poter sposare il suo ingenuo padrone rigurgitano di picaresca vivacità. Così l’artifizio del travestimento di Vespone, servo devoto, sottomesso e muto, nei panni dell’imperioso e temibile Capitan Tem-

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pesta, immaginario pretendente di Serpina che con le sue comiche minacce farà capitolare il vecchio burbero colto da un accesso di collera fugace. Il linguaggio diretto, incisivo e infiorato di costrutti di origine popolare contribuisce largamente alla grazia e alla causticità delle azioni. Mentre la comicità utilizza strumenti dalla efficacia riconosciuta: l’esagerazione dei caratteri, il doppio senso della maschera, che in questo allestimento è incarnato dalla figura di Arlecchino/Vespone, le incongruenze e le debolezze umane. Senza dimenticare le incursioni, sempre delicate, nel ridicolo. Un sentimento di sana allegria suscitato dall’azione e da una musica che pare incitare ad una partecipazione quasi familiare. Come rimanere insensibili davanti al potere di suggestione immediato che suscita la satira sui vizi e sui difetti umani? Come sottrarsi alla fioritura melodica, naturale e concisa, all’incisione ritmica, all’accompagnamento leggero dell’orchestra, alla ri-

dente spontaneità della partitura? Felice compenetrazione tra musica e testo laddove l’idiosincrasia e il clima creato dalle parole e dalle azioni sono descritti con mirabile precisione. Nel primo intermezzo l’ouverture è gioiosa. Uberto si veste per uscire, lamentandosi di aver dovuto attendere tre ore per il suo cioccolate. Nel recitativo che segue i suoi rimproveri sono indirizzati a Serpina. La freschezza dell’aria di Uberto “Sempre in contrasti con te si sta” è tipica della partitura ed è eseguita con grande agilità vocale dal basso Davide Ruberti. Nell’aria allegretto “Stizzoso, mio stizzoso” Serpina rintuzza ancora una volta Uberto il quale, esasperato, chiede a Vespone di uscire e di andare a cercargli una moglie. Serpina, sfacciata, si propone come sposa. Le proteste di Uberto e le profferte di Serpina “…non son io bella? / Graziosa e spiritosa?..” nel duetto che chiude l’intermezzo primo, sembrano annunciare - per veridicità psicologica - alcuni personaggi mozartiani, con un anticipo di mezzo secolo. Nel secondo intermezzo Serpina, con l’aiu-

to di Vespone travestito da Capitan Tempesta, trama uno stratagemma per obbligare Uberto a prenderla in moglie. Ella descrive a Uberto il cattivo carattere del suo futuro sposo e poi, in una vivace simulazione sentimentale, aggiunge con aria patetica “A Serpina penserete” mentre i bruschi cambiamenti del tempo musicale sottolineano fedelmente il passaggio dall’ipocrisia alla sicurezza di sé. Sembra un’altra donna ma non appena intravvede un leggero mutamento sul viso del padrone “Ei mi par che pian piano / S’incomincia a intenerir” cambia anche il tempo musicale annunciando la Serpina di sempre. La morbosa sbadataggine di Uberto “Son imbrogliato io già” e i suoi dubbi senili “Io sto fra il sì e il no” sono presentanti con intenzione semi-seria e tono semi-buffonesco e raggiungono l’acme nella frase “Uberto, pensa a te”. Riappare Serpina scortata da Vespone/Capitan Tempesta che sembra pronto ad esplodere di collera alla minima provocazione ma rimane

perfettamente in silenzio, come sempre. Uberto è inorridito da quel comportamento inquietante. Ma è davvero questo il marito adatto a Serpina? Ella dice che il Capitano reclama una buona dote, in caso contrario si rifiuterà di sposarla e dovrà essere rimpiazzato da Uberto. Poi lo svelamento “Ah ribaldo! tu sei?”, le vane proteste di Uberto “È ver, fatta me l’hai…” e il delizioso duetto che sancisce l’Happy End finale “Caro. Gioia. Oh Dio!” Lieve, pungente, disincantata e incline a un moderno sarcasmo, La Serva Padrona offre una melodia fresca e zampillante, un ritmo sostenuto e una lucidità musicale sostenuta dall’ottima l’esecuzione dell’Ensemble La Grecìa sotto la vivace guida del direttore Mauro Trombetta. Calibratissima la dolcezza e la malizia della Serpina di Ilaria Del Prete con una vocalità ricca di colori e duttilità di fraseggio, mirabile la tecnica di Davide Ruberti nel ruolo di Uberto, pieno di forza comica (pur non profferendo verbo) il Vespone di Gianni Dal Bello che firma pure la regia.

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Associazionismo

Il Club del libro Il club del libro è un’occasione che permette a chi vi partecipa di esprimere senza filtri e condizionamenti la propria opinione sul testo scelto per la discussione. Ne è dimostrazione il fatto che anche quello che è (quasi) universalmente riconosciuto come un bel libro, opera di uno scrittore di grande avvenire, possa essere stroncato senza rimorsi da chi, con naturale franchezza, dichiara di non essere riuscita ad imparare la struttura del libro stesso. Nel club del libro non è reato dichiararsi prevenuta nei confronti del racconto, considerato come genere. E’ il caso di “Tutto quello che è un uomo” di David Szalay, titolo che rivela subito una grande ambizione e una ardita impertinenza, articolato in nove capitoli, nove novelle in serrata successione, nove pezzi di un collage a comporre il romanzo di una vita, pur se riferiti a nove diversi protagonisti. Un numero così elevato di racconti, pur legati da un unico filo conduttore, per qualcuno hanno significato grande disorientamento, come quando entri in casa di una amico e sei costretto ad andar via non appena ti sei ambientato. E’ forse un’allegoria dell’uomo moderno, del suo percorso comunque non tranquillizzante, poiché i personaggi sono diversi ma probabilmente riferibili ad un solo personaggio, il cui racconto di vita si snoda dai 17 anni di Simon ai 73 di Tony. Ma può anche darsi che l’autore abbia articolato il racconto in nove diverse “stanze” proprio perché non esiste, né può esistere, un uomo che rappresenti l’idea di “uomo”. Il romanzo può avere una valenza civile, ma la letteratura deve anche essere puro divertissement, non rappresentando null’altro che sé stessa. Ed il romanzo trattato riguarda il nostro tempo, il tempo

dell’esistenza in continuo divenire anche se fissata dall’immortalità immutabile della stampa. I nove uomini di cui Szalay tratteggia la travagliata esistenza si muovono in cerca di sé in un continente, l’Europa dei nostri giorni, che appare bello, stimolante e tuttavia al contempo decadente ed in bilico tra l’anelito della rinascita e la consapevolezza dell’effimero: in una parola, vero e reale. I nove protagonisti, infatti, fanno quasi tutte le cose che i maschi sono soliti fare: inseguono donne, le abbandonano, tentano un affare improbabile, cercano un luogo dove vivere un esilio decente, chiacchierano, sognano un’altra vita. L’autore è nato in Canada ma cresciuto in Inghilterra, dove attualmente vive e lavora, ed è stato inserito ai primi posti nella lista dei migliori scrittori britannici under 40. Il libro non è piaciuto a tutti, ma ha stimolato il book club a proseguire ed approfondire la tematica dell’uomo moderno, così da scegliere, per essere trattato e discusso al prossimo incontro, il libro di Elisabetta Bucciarelli (già informata direttamente della scelta della sua opera come oggetto di discussione) “La resistenza del maschio”. Ovviamente, l’appuntamento sarà sempre al Qmè ed è stato stabilito per il 21 gennaio. Come spesso accade, il libro in discussione ha acceso dibattiti su tematiche generali, per cui anche chi non avrà letto il libro proposto sarà il benvenuto a partecipare. Il libro “facoltativo” sarà “Lo specchio nello specchio” di Michael Ende. Nell’attesa, il book club cresce e aderisce all’iniziativa #GruppoDiLetturaDay, con l’intento di avvicinare nuovi e curiosi lettori alle proprie attività.

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Associazionismo

Le amiche. Etica Nicomachea- Liberi di scrivere Le amiche del cactus (II parte) Così Vittorio Sereni e Franco Fortini erano due destini, uno giudica l’altro, ma chi sarà a condannare o assolvere entrambi?

Si chiama Etica Nicomachea, perché Nicomaco è il figlio di Aristotele Ah Nicomaco come passato, passato sei! Un figlio che raccoglie e divulga ciò che il padre ha detto. Una bella stranezza in questo nostro tempo di figli viziati e onnipotenti – chiamati amore – tesoro e incitati allo scherno del giusto mezzo. E’ improprio parlare di amore e di amicizia nei rapporti che includono un dovere e una responsabilità, una severità e una disciplina. Scambiamo ora i nostri figli per amici – amori – tesori – e loro giustamente ci rispondono per le rime. Il nostro linguaggio come tutti i linguaggi è un virus. Il meme che abbiamo trasmesso ha creato una stortura. Come il gene per la genetica, il meme, unità di base è una informazione culturale replicabile nel pensiero di uno, di tanti. La memetica è l’eredità culturale. Una idea, una lingua, una melodia, una abilità che si trasmette commutazione, da un pensiero ad un altro. Aristotele mi fa compagnia da più tempo ora, si è adagiato come un meme nel mio pensiero che libero può ritornare a studi passati con sguardo recente. Mi dice Fausto Torre: gli uomini sono asociali. Tutto ciò che costruiscono insieme ha senso utilitaristico. Mia cara Ippolita, tutto quello che facciamo è a nostra immagine e somiglianza. Oppure saremmo semplicemente diversi. Etica Nicomachea due- Segnali di fumo La parcellizzazione dell’amicizia

Cellulare – messaggi – internet – facebook – messenger – posta elettronica i nostri segnali di fumo oggi. Con i richiami ed i rinvii si crea l’abitudine, l’abitudine ad attendere. L’attesa che nasce in tutti noi è inevitabile e impalpabile. Lo spiega bene Saint- Exupery, forse glielo avrà detto Consuelo, sua moglie e sua musa ispiratrice, probabile vittima amorosa. Questo atteggiamento si chiama addomesticamento, lasciare che un altro attenda quello che tu hai già dimenticato. Nonostante questo nasce, sempre, negli animi deboli o in quelli forti, insopprimibile il bisogno di un affetto, di un amico. Non si può vivere solo con cose. Si tenta però, sostituiamo persone con altre persone, con cani, con gatti, gioielli, automobili, computer, amicizie virtuali e perciò non comprendibili l’alterità. C’è ora una alienazione degli affetti – dell’amore – dell’amicizia – della dedizione – del sacrificio – del

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rimorso – della nostalgia . Una rimozione. Ora si parcellizza tutto. La parcellizzazione dell’amica.

Con una parli solo di acquisti, con un’altra solo di film, e via via amica che viene, argomento che vai. Si gira intorno ad una conversazione diventata asfittica, limitativa, un parlare a pezzi, a bocconi. Un boccone di famiglia, muuh! Buono, un po’ salato, un boccone di politica, di sport, di malattia. Un po’ di mistero. Nessuna notizia personale, potrebbe essere maneggiata, travisata, riportata, meglio non dire, o dire – Ho un impegno – Ci vediamo - Non ci vediamo – chissà! Telefona tu – telefona quando vuoi, lo sai che mi fa piacere. Io no, è vero, non telefono, ma lo sai ho tanto da fare e poi non vorrei essere invadente. –

La benevolenza sociale ti lascia il dubbio di essere tu la sbagliata. Cosa farai? Telefonerai e sarai invadente, non avrai nulla da fare! Oppure non telefonerai ed imparerai la buona educazione? Ma dopo aver aspettato tanto e alla fine capitolato e telefonato ecco: – Ti sei persa, stavo proprio pensando a te, ti avrei chiamato sicuramente io oggi – e tu resti indecisa se urlare, imprecare, ucciderla o molto più prosaicamente stare in silenzio. La benevolenza ti lascia così, con cortesia, con un sorriso, nel dubbio se quella persona voglia o no mai condividere un po’ quel che tu vuoi. Condivisione umana che ci fa diversi dagli animali - così dice Aristotele nell’Etica Nicomachea: “In questo senso si predica il vivere assieme per gli uomini e non come per le bestie il consumare il pasto nel medesimo luogo. Bisogna percepire assieme all’amico anche che egli è, esiste e questo avrà luogo nel vivere assieme e nell’avere comunanza di discorso e di pensiero.”

Gli animali mangiano in gruppo ma non progettano un vivere sociale, spiega Aristotele. Io, guardando gli occhi buoni di Argo, il labrador di mia sorella, penso che il filosofo non fosse a conoscenza di quanto affetto possano dare cani e gatti, come ci rimproverano, come ci attendono, come ci ascoltano.

Manca sicuramente il momento della lite, delle recriminazioni, della parità, essi dipendono da noi, dalla nostra ciotola, proprio per questo non possono essere nostri amici.

persone.

In questa parcellizzazione odierna scompaiono i bocconi buoni, lasciando solo sapori artefatti di una cucina emulsionata e addensata, una cucina priva di amicizia. La parcellizzazione dell’amicizia ha lo stesso effetto alienante e spaesante del parcellizzare ogni settore della vita umana. Le conversazioni fra amici, amiche, conoscenti, colleghi ripetono ritornelli sempre uguali. Ma tutto questo è perfettamente normale con i conoscenti, con un’amica no, non dovrebbe essere così. Perché un’amica ti cambia, con una sei in un modo, con un’altra sei diversa, cambia il sorriso, la postura, le frasi, gli argomenti, anche il lessico, a volte. Stupefacente, ma vero, è l’alchimia che ci testa. Bella, finché dura l’intesa, poi tutto finisce e iniziano le lamentazioni. – Lei non mi capisce, è invidiosa, non telefona- e via da una parte e dall’altra. Non c’è il tempo per una vera amicizia tutto scorre epidermicamente, in superficie, senza poter fermarsi a guardare.

Un’amica mi ha detto che la cucina preferita ora è quella pronta, già precotta, cibi da mettere velocemente in forno e portare in tavola, così senza spreco di tempo, di pensiero. Così è. – Addirittura! – L’esclamazione di una donna ad un’amica che le confessava di pensarla come riferimento importante nei suoi affetti, forse l’unico, in quel dato momento della sua vita. Forse non era un rimprovero però, ma un modo per ridimensionare, per non enfatizzare, un modo per relativizzare rapporti umani tendenti fatalmente ed erroneamente all’assoluto.

L’altra pensò a quell’addirittura in vari modi, sempre via via diversi e il positivo si dispiegava lentamente e decisamente cancellando l’amarezza di non aver avuto come risposta il più banale – anch’io – rimandante un’alterità utopica e perciò non realmente esistita.

Ciò che Aristotele, Sant’Agostino hanno argomentato sull’amicizia, sull’affetto, sul sentimento, rimane nella sfera dell’opinabile, del desiderabile, della tensione ma difficilmente e raramente in quella della realtà, del concreto. Dal cactus che non siamo.

Non hanno la libertà di sceglierci. Siamo noi a sceglierli. Vorremmo fare così anche con le

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Ippolita Luzzo

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50 ANNI LAMEZIA TERME

I 50 anni di Lamezia Terme

La città risponde con partecipazione e senso civico. La presenza delle Autorità Celebrazioni in tutta la città e con la partecipazione di tutti. Concerto di chiusura alla presenza del Commissario Prefettizio, del Vescovo e dei rappresentanti politici. Vergognoso servizio del TG Calabria, che criminalizza la città e ignora la partecipazione popolare di riscossa, come se l’infiltrazione fosse un fenomeno del solo comune di Lamezia Terme

Il giorno successivo alle manifestazioni introduttive del Cinquantenario della nostra Città, soddisfatto per la grande partecipazione del Popolo Lametino, ho ripercorso, tra me e me, quello che avevo vissuto per l’intera giornata del 4 gennaio e con serenità e chiarezza ne ho identificato il filo conduttore. Tantissime emozioni forti e diffuse che, con una partecipazione imponente ed attenta di Popolo, ed alla presenza di tantissime Autorità Istituzionali, Religiose, Civili e Militari (i tre Componenti la Commissione Prefettizia e cioè il Prefetto Dott. Francesco Alecci, la Dott.ssa Colosimo e la Dott.ssa D’Ovidio, il Prefetto di Catanzaro Dott.ssa Latella, il Vescovo Ecc. Mons. Luigi Antonio Cantafora, Parlamentari, consiglieri regionali, i comandanti di Corpi militari), abbiamo vissuto direttamente con spirito solidale e

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graniticamente unitario noi tutti che amiamo Lamezia. Il Teatro Grandinetti è stato stracolmo di gente entusiasta e partecipativa in entrambe le fasi programmate. In quella pomeridiana con prevalenza di alunni, studenti, insegnanti e genitori ed in quella serale di tanta gente comune, in rappresentanza di tutta la società civile cittadina. In più tutte le manifestazioni sono state diffuse in diretta-streaming su internet e ciò ha consentito a centinaia e centinaia di lametini sparsi per l’Italia di seguire passo dopo passo le celebrazioni della giornata, inviando peraltro numerosissimi messaggi di plauso e partecipazione. Dicevo delle emozioni, che sono state la caratteristica costante della giornata, a cominciare da quelle suscitate dalle ragazze dell’Istituto Manzoni-Augruso, che hanno preceduto, con leggiadria ed allegria,

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la Banda Musicale “Tommaso Colloca” per le vie della Città, accompagnata con affetto e partecipazione dalla gente che si affacciava salutando dalle finestre e dai balconi affacciati sul percorso. Nel pomeriggio abbiamo assistito prima al commovente momento di ricordo di un grande lametino, il dottore Franco Zofrea, un medico tanto amato dalla popolazione per competenza ed umanità, e subito dopo alla gioiosa partecipazione di tanti bambini ed adolescenti che con entusiasmo hanno offerto agli occhi della cittadinanza il frutto del loro impegno di ricordo e di festa per la loro amata Città. Apprezzato “L’inno per Lamezia Terme”, composto ed eseguito dagli Amici dell’Accademia Bruzia, che ha fatto scendere sul viso di tanti lacrime di sincera emozione. La sera si è aperta con l’accorata commozione di un Amico di 95 anni, Vincenzo

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Fazzari, che impossibilitato a salire sul palco, mi ha affidato un breve scritto di ricordi della sua vicinanza ad Arturo Perugini e della sua partecipazione a quegli eventi che diedero vita a Lamezia; con le emozioni confessate dai lametini benemeriti Gabriele Cerminara, Vincenzo De Sensi, Marco Barberio e Raffaele Barberio e da quelle che ci hanno pervaso nell’ascoltare “Il Canto degli Italiani” e la “Marcia per Lamezia” composta dall’indimenticato Maestro Tommaso Colloca, e le meravigliose melodie che ci hanno regalato i ragazzi dell’Orchestra Sinfonica Giovanile Calabrese, mirabilmente diretti da un grande artista lametino, il Maestro Ferruccio Messinese; E tutte queste emozioni costituiscono la dimostrazione della sensibilità e della grandezza della gente lametina che anela il riscatto della Città. Un patrimonio morale immenso che concretizzerà la realizzazione degli auspici che ho avuto modo di esprimere e sollecitare con il mio intervento. Ma anche un patrimonio inesauribile di speranza, che darà a tutti noi la forza necessaria per far risorgere e per realizzare

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finalmente quella Lamezia che fu sognata da Arturo Perugini. Questa è stata la vera cronaca del 4 gennaio e non quella denigratoria e vergognosa che, con la solita cattiva superficialità, il TG della Calabria ha ritenuto di propinare alla pubblica opinione regionale. Non abbiamo visto per l’intera giornata alcuna troupe del TG-3 Calabria per le strade di Lamezia, né abbiamo avuta traccia della presenza di un cronista della redazione cosentina della Rai. Ciò che abbiamo visto è stato invece un pessimo servizio di cronaca nera che additava una città come in preda alla criminalità organizzata e ignorava la partecipazione composta e gioiosa di migliaia di lametini di ogni età e delle autorità locali che li rappresentano a eventi di rinascita civica. Un servizio scodellato in tutte e tre le edizioni del TG Calabria senza una lettura al di sopra della cronaca nera, senza uno sforzo di interpretazione e nascondendo il susseguirsi di eventi della giornata in calendario che hanno generato una vera partecipazione di popolo. Una vergogna! Possiamo comprendere come anche ai

professionisti dell’informazione regionale pubblica faccia più comodo cucire servizi standard realizzati sulle loro scrivanie e ripescando i luoghi comuni più triti, piuttosto che andare fuori e registrare la realtà e porsi qualche domandina in più da offrire al pubblico corredata di chiavi di lettura. Un pessimo esempio di professionalità giornalistica, un pessimo servizio alla comunità degli utenti cui i servizi si rivolgono e che pagano un canone aspettandosi chiavi di lettura diverse dalla povera cronaca fatta di luoghi comuni. Anche questo ci spinge alla ricerca, da parte nostra, di una chiave di lettura di tale comportamento censurabile, orientato alla promozione della infiltrazione mafiosa e all’oblio della reazione civica di un’intera popolazione che reagisce proprio nella stessa giornata in cui il TG Calabria recita il requiem di una grande città della regione.

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50 ANNI LAMEZIA TERME

50 anni

LAMEZIA TERME COMPIE Il 4 gennaio sono stati celebrati i 50 anni della nostra amata città. Ho pensato perciò di dedicare un articolo straordinario di più pagine a LAMEZIA TERME. La città sta attraversando un periodo negativo, ma nulla può cancellare la positività di un unione di cittadini che dura da 50 anni. Ho l’onore e l’onere, di far parte del Comitato 4 gennaio (comitato del cinquantenario) - Insieme ai miei compagni di viaggio teniamo ad adoperare questa rubrica per celebrare la città – con l’obbiettivo di far conoscere le potenzialità della città purtroppo inespresse in questi primi 50 anni di storia, col motto “VIS UNITA FORTIOR”.(Nell’unità la virtù assume maggiore forza).

LAMEZIA TERME o più comunemente Lamezia, è un comune italiano di 70.452 abitanti (dati Istat 2013) della provincia di Catanzaro in Calabria. È il terzo comune della regione per popolazione, dopo Reggio Calabria e Catanzaro, e con i suoi 162,43 km² di estensione, è al settimo

posto per superficie. La sua area urbana conta circa 120 000 abitanti ed è fra i primi 100 comuni italiani per popolazione. Lamezia è una delle più giovani città italiane, fu costituita il 4 gennaio 1968 dall’unione amministrativa dei comuni di Nicastro, Sambiase e Sant’Eufemia Lamezia. La città della piana ha una notevole importanza dal punto di vista agricolo, commerciale, industriale e infrastrutturale per la sua posizione centrale nella regione e il suo territorio pianeggiante. Infatti, è sede del principale aeroporto della Calabria e uno dei primi del Mezzogiorno per traffico passeggeri, di una stazione ferroviaria tra le più importanti della ferrovia Tirrenica Meridionale e di uno svincolo autostradale dell’A3. Vanta una vivace e rinomata coltivazione dell’olivo da cui si produce l’olio Lametia DOP e della vite da cui si ricavano i vini Lamezia DOC. La città prende il nome dal fiume Amato, un tempo chiamato Lametos, che l’attraversa nella sua parte più periferica. Questo nome fu originariamente dato solo all’ex comune di Sant’Eufemia Lamezia. Con l’unione amministrativa del 1968, si è scelto il nome di Lamezia per l’intera città, a cui è stato aggiunto Terme, per via delle terme di Caronte che si trovano nell’opag. 14

monima frazione nei pressi dell’ex comune di Sambiase. Per effetto ed a seguito del DPR 21 luglio 1972, il Comune di LAMEZIA TERME ha diritto, nei suoi atti ufficiali, di fregiarsi del titolo di Città. Il territorio comunale di LAMEZIA TERME, comprende: 8 km della Costa dei Feaci (Definita così per la collocazione in questo territorio del popolo omerico dei Feaci) sul golfo di Sant’Eufemia (situato al centro della costa tirrenica calabrese, si estende dalla foce del fiume Savuto nei pressi di Nocera Terinese fino a capo Cozzo di Zambrone); una parte della piana lametina (pianura alluvionale, che con i suoi circa 120 km² di estensione, rappresenta la terza della regione) e alcune zone collinari e montuose che si estendono fino al monte Mancuso (appartenente al massiccio montuoso del Reventino). La città della piana si trova indicativamente a metà strada fra la costa tirrenica e l’Appennino calabro ed è posizionata

all’estremità occidentale dell’istmo di Marcellinara (la striscia di terra più stretta della penisola italiana, dove il Tirreno dista in linea d’aria circa 30 km dallo Ionio). Fra i principali corsi d’acqua del territorio troviamo il fiume Amato, che nei millenni ha formato la piana di Sant’Eufemia, e alcuni dei suoi affluenti, i torrenti Cantagalli, Piazza e Canne. Inoltre troviamo il torrente Bagni, famoso per le acque sulfuree delle terme di Caronte e nella cui piana alluvionale giacciono le rovine dell’antica città greca di Terina (nelle cui vicinanze, leggenda vuole che sia naufragata e sepolta la sirena Ligea), e il torrente Zinnavo che segna il confine naturale con il comune di Gizzeria. La storia di LAMEZIA TERME comprende, quelle dei tre ex comuni, i cui territori erano abitati anche molti secoli prima che questi centri sorgessero. Esistono reperti archeologici che testimoniano la presenza nel suo territorio di comunità del periodo italico e del periodo MagnoGreco. Nel Medioevo nacquero due dei tre insediamenti che compongono l’attuale LAMEZIA TERME, abbastanza diversi tra loro ma di fatto complementari. Nicastro a vocazione prevalenteGrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

mente commerciale e Sambiase a vocazione agricola, mentre l’attuale insediamento di Sant’Eufemia Lamezia ha origine più recente, essendo sorto nel 1935. Durante il periodo ellenico nel sud Italia e nell’attuale territorio di LAMEZIA TERME (quartiere Sambiase) si insediarono la cittadella di Melea e parte della città di Terina. Di questa civiltà sono rimaste poche tracce, solo un mosaico di una villa greca nella Chiesa B. V. del Carmine, delle monete terinesi a Caronte e il tesoretto di Acquafredda (entrambe frazioni di LAMEZIA TERME), conservate nel museo archeologico lametino. In epoca romana con il nome di Due Torri, Sambiase era conosciuta come meta turistica, per le terme, chiamate allora Aquae Angae di origini magnogreche. STORIA DI LAMEZIA TERME LAMEZIA TERME è formalmente un agglomerato abbastanza recente, il comune è stato costituito il 4 gennaio 1968 dall’unione amministrativa di tre centri abitati, che, prima di tale data, costituivano comuni a sé stanti, e che oggi sono considerati dei veri e propri quartieri. La fusione proposta dal Sen. Arturo Perugini, nacque dall’esigenza di creare un agglomerato urbano forte e capace di sfruttare al meglio le risorse messe a disposizione dal territorio comunale. La proposta di legge Perugini di unire i comuni non costituiva di certo una novità, circa quarant’anni prima, infatti, era già stata pensata da un altro parlamentare nicastrese il Sen. Salvatore Renda. Questi era spinto dall’onda delle politiche di popolamento delle campagne operate durante il regime dittatoriale fascista. Dello stesso periodo (1927) è la costituzione della Grande Reggio che univa 14 piccoli comuni soprattutto delle aree collinari. L’idea era addirittura di fare di Nicastro una provincia. La legge riguardava l’unione dei comuni di Nicastro e di Sambiase, non essendo ancora stato istituito il comune di Sant’Eufemia Lamezia. Quest’ultimo comune, infatti, sarà fondato per volontà del regime fascista attorno al preesistente nucleo ferroviario denominato “Sant’Eufemia Biforcazione”, con la legge 8 aprile 1935 n. 639. Ma le pretese e le ambizioni mosse nel 1927 dal Sen. Renda non furono accolte dagli amministratori del comune di Sambiase che non vollero rinunciare alla propria autonomia e soprattutto ricadere sotto la denominazione di nicastresi. I discorsi fatti da Perugini saranno sempre richiamati nel corso degli anni successivi fino ai giorni nostri. Lamezia è stata raccontata e sarà raccontata come Perugini l’aveva pensata, un grande centro di servizi e la città cerniera della Calabria, in una dimensione di straordinaria attualità. Perugini ha inseguito per tutta la vita la realizzazione del sogno di una grande città, la “Grande Lamezia”, Lamezia e non solo


la “Brasilia della Calabria”, che non solo doveva contribuire a sviluppare il territorio lametino, ma grandezza del sogno, la regione intera. Anche Giovanni Renda come ultimo sindaco di Sambiase, guidò con forte convinzione il comune verso l’unità municipale con Nicastro e Sant’Eufemia Lamezia per la fondazione della nuova città di LAMEZIA TERME. Nella seduta del 18 ottobre 1967, la I commissione permanente (Affari della Presidenza del Consiglio e dell’Interno) del Senato della Repubblica, approva la “Costituzione del Comune di LAMEZIA TERME, in provincia di Catanzaro”, grazie alla proposta di legge dell’On. Salvatore Foderaro, congiunta a quella di iniziativa del Sen. Arturo Perugini. Mercoledì 20 dicembre 1967 la Camera dei deputati approva la legge così come era stata concepita da Perugini e diventa Legge 4 gennaio 1968 n°6 di cui all’art. 1 dice testualmente: “I comuni di Nicastro, Sambiase e Sant’Eufemia Lamezia in provincia di Catanzaro sono riuniti in un unico Comune con la denominazione di LAMEZIA TERME”. Il decreto di attuazione della legge istitutiva del nuovo comune previde la nomina di un commissario prefettizio e il 15 novembre 1968 i sindaci dei tre comuni operarono le consegne al rappresentante dello Stato alla guida della Città. Il primo sindaco di LAMEZIA TERME fu Arturo Perugini che si insediò il 28 settembre 1970. Nel 1991, 2002 e 2017 il consiglio comunale di LAMEZIA TERME è stato sciolto per infiltrazioni mafiose con decreto del presidente della Repubblica, le indagini effettuate dalle commissioni d’accesso agli atti presso il comune riscontrarono l’inquinamento della pubblica amministrazione da parte della ‘Ndrangheta grazie ai collegamenti con alcuni amministratori locali.

dopo. È a tre navate, ha nove altari ed ha una cupola con pregevoli lavori in stucco. Vi si conservano numerosi affreschi e opere attribuite al Pallone e a Mattia Preti, opere trafugate negli anni da ladri. Nel coro si possono ammirare quattro affreschi del Pallone, che sono, il Profeta Davide, il Cenacolo, San Pancrazio e la Madonna col bambino; Chiesa San Francesco di Paola: la chiesa di San Francesco, che non era l’attuale, fu sostituita alla chiesa della Madonna dei malati verso la metà del Quattrocento. Venne donata dal suo fondatore, Giovanni De Sinatoris, ai Padri Minimi di San Francesco di Paola. Il terremoto del 1638 la distrusse completamente e fu poi ricostruita con le offerte dei cittadini. I Minimi vi rimasero fino al 1866, anno in cui dovettero abbandonarlo a causa delle continue soppressioni, per poi ritornarvi occasionalmente fino al 1955, anno in cui la chiesa di San Francesco è diventata parrocchia con i Minimi; Chiesa della Veterana: è la chiesa della Madonna delle Grazie e risale al 1601. Fu costruita perché la Madonna apparve in sogno alla figlia di Federico II dicendole che aveva il desiderio di vedere edificata una chiesa sul colle. È chiamata veterana perché dopo la distruzione della cattedrale è la chiesa più antica del quartiere Nicastro. Da rilevare al suo interno una tela raffigurante la Madonna con ai suoi piedi la principessa della leggenda. Vi

Il 15 gennaio 2009, per la prima volta, un capo dello Stato è ospite nella città della piana, fa visita in città il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in occasione del quarantennale della fondazione di LAMEZIA TERME. Il 9 ottobre 2011 la città accoglie papa Benedetto XVI in occasione della sua visita pastorale a LAMEZIA TERME e a Serra San Bruno. Nell’area industriale lametina il Papa celebra la santa messa, al termine della quale si reca nel centro della città e viene ospitato nella curia vescovile dal vescovo Luigi Antonio Cantafora. LE PERLE LAMETINE Cattedrale dei SS. Pietro e Paolo: fu fondata dalla Contessa Eremburga intorno al 1100, in stile normanno, più volte danneggiata dai terremoti, andò completamente distrutta col terremoto del 1638, fu ricostruita ancora più grande, in stile barocco, dal vescovo Giovan Tommaso Perrone, con ampliamento dell’edificio, portato a termine nel 1642. All’interno si possono ammirare una pala d’altare nella Cappella del SS. Sacramento rappresentante la cena del Signore ed eseguita dal pittore Francesco Colelli nel 1762 oltre ad una croce processionale del XVIII secolo e a dei busti dorati dei SS. Pietro e Paolo; Chiesa di San Pancrazio (matrice): fu distrutta dal terremoto del 1638, ma fu riedificata poco

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era inoltre un’opera di grande valore eseguita da Francesco Colelli, solo che è stata trafugata e il pittore Giorgio Pinna l’ha riprodotta e collocata al posto dell’originale; Chiesa San Teodoro: fu eretta nel XIV secolo, presenta un orologio, collocato sul campanile, del 1840. Sembra sia l’unico di questo tipo ancora funzionante. Al suo interno si può apprezzare un organo del 1600 e l’altare maggiore costruito in stile barocco e datato 1861; Chiesa San Domenico: conserva numerosi affreschi ed il quadro di San Domenico, che ha una cornice barocca ad intaglio dorata del 1647. Vi è inoltre un ostensorio in argento fuso e sbalzato, databile alla prima metà dell’Ottocento. Di notevole pregio è l’organo del Settecento, in legno con decorazione dorata. Di pregevole fattura, tra la prima e la seconda arcata, si può ammirare la Grotta della Madonna di Lourdes mentre di fronte vi è un altarino dedicato al SS. Ecce Homo. Da ricordare anche l’attiguo e incantevole Chiostro.

Chiesa B. V. del Carmine: da un Bollario Carmelitano risulta che Mons. Antonio Facchinetti, poi Papa Innocenzo IX, fondò nel 1566 il Convento del Carmine in un luogo ove ricadevano i ruderi di una piccola chiesa dedicata a S. Giovanni, appartenuta ai Benedettini di S. Eufemia, e presso il sito bizantino di S. Blasio. La chiesa venne rimaneggiata alla fine del Settecento con la costituzione della volta e del parato a stucchi che all’interno comprende i dipinti murari e all’esterno contorna le finestre della parete destra. Nel 1887 lo Stato consegnò il complesso edilizio all’amministrazione comunale che utilizzò parte del convento adibendolo a carcere mentre la chiesa fu riaperta al culto; Chiesa dell’Annunziata: in questa chiesa c’era già, nel 1601, una congregazione religiosa sotto il titolo di S. Giovanni, al quale Santo era intitolata prima la chiesa stessa. Poi la congregazione edificò una propria cappella nella chiesa matrice e la chiesa passò al nome dell’Annunziata; Chiesa dell’Immacolata: di stile barocco con un’unica navata, fu fondata da una congregazione religiosa, ma non si sa precisamente in quale anno; Santuario Sant’Antonio di Padova: la chiesa di Sant’Antonio, officiata dai minori cappuccini, ha annesso il convento, costruito dopo il terremoto del 1638. La chiesa, inizialmente ad una sola navata, conserva all’interno, sopra l’altare maggiore una grande tela con la Madonna degli Angeli, San Francesco d’Assisi e Innocenza III. La chiesa è denominata Santa Maria degli Angeli, in seguito vi fu costruita una navata progettata come cappella, dedicata a Sant’Antonio. Di notevole valore è il quadro di Sant’Antonio datato 1664, opera del pittore Giacomo Stefanone. Nella navata dedicata a Sant’Antonio vi è un dipinto di Andrea Cefaly raffigurante l’Immacolata; Bastione di Malta: la costruzione della torre risale intorno al 1550, quando per fronteggiare le continue scorrerie dei saraceni riorganizzate sotto bandiera ottomana, che minacciavano la sicurezza e i commerci delle città rivierasche, il viceré di Napoli Don Pedro di Toledo, per ordine della corona spagnola, impose alle comunità il rafforzamento a loro spese del sistema di difesa costiera già esistente. Il Bastione di Malta compare nello stemma della Città di LAMEZIA TERME, in una forma stilizzata; Ruderi del castello Normanno-Svevo: fu fatto costruire verso la metà dell’XI secolo dai Normanni per difendere la piana di Sant’Eufemia dagli eventuali incursori. Successivamente fu fatto ampliare da Federico II, all’interno vi furono costruite anche delle caserme che poi vennero adibite a carcere. Fu fortemente danneggiato dal terremoto del 1638; Ruderi della città greca di Terina: la città fu fondata nel VI secolo a.C. dai Crotoniati, che intendevano estendere così il loro dominio sul mar Tirreno e garantirsi il completo controllo dell’istmo di Marcellinara, assicurato già, sulla costa ionica, dalla città di Skylletion. Fra il V e il IV secolo a.C. cadde, come molte città greche della Calabria, sotto il dominio dei Siracusani finché, nel III se-

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colo a.C. venne conquistata dai Bruzi. Nel 272 a.C., con la fine della guerra contro Taranto, cadde sotto l’autorità di Roma. Venne infine distrutta da Annibale nel 203 a.C. perché non aveva voluto schierarsi al fianco dei cartaginesi; Ruderi dell’abbazia benedettina di Santa Maria: l’abbazia fu fondata da Roberto il Guiscardo nell’XI secolo nell’area di un precedente monastero bizantino, a Sant’Eufemia, ed è espressione, insieme al vicino castello Normanno-Svevo, di alcuni tra i più importanti aspetti della conquista normanna. Del complesso rimangono ruderi che permettono una lettura di massima della sua articolazione interna, caratterizzata dai resti della chiesa e dell’area del chiostro. Biblioteca Comunale: Ubicata nel centro storico dell’ex Comune di Nicastro, nel Palazzo Nicotera, ex Tribunale, in piazza Tommaso Campanella, fu fondata nel 1897 inglobando i fondi librari dei conventi dei Domenicani e dei Cappuccini che aggiunti a titoli moderni e ad una sezione interamente dedicata alla Calabria e alla stessa città, raggiunge attualmente i 25.000 volumi; fa parte della biblioteca la Casa del Libro Antico che conserva e valorizza oltre 2.500 libri stampati dall’inizio del XVI secolo nei vari centri italiani (Venezia, Roma, Napoli) ed europei (Lione, Anversa, Parigi) ove fiorì l’arte tipografica, alcune opere manoscritte dello stesso periodo e frammenti di codici manoscritti greci (probabile datazione XI sec.) e latini (databili XIV-XV sec.) recuperati quali maculature, insieme a una serie di testimonianze archivistiche. Importante è poi la presenza di alcuni testi più antichi sui quali si trovano annotazioni a margine apposte di proprio pugno di Tommaso Campanella. Museo archeologico lametino: il museo accoglie numerosi reperti rinvenuti in diversi siti della piana lametina attraverso i quali è possibile seguire le dinamiche storiche del territorio dal paleolitico fino all’età tardo-medioevale, suddivise in tre sezioni che rappresentano la preistoria, l’età classica e il medioevo. Museo diocesano: il museo diocesano con i suoi reperti contribuisce a documentare le vicende della diocesi di LAMEZIA TERME. Teatro Grandinetti: Costruito a partire dal 1935 dall’imprenditore Francesco Grandinetti, il teatro venne inaugurato il 6 gennaio 1946. Il Teatro è stato ristrutturato nel 2010 ed acquisito dal Comune di LAMEZIA TERME. Con il film Romeo and Juliet girato dal regista lametino Carlo Carlei conosciuto anche a livello Nazionale viene inaugurato il cinema nella città di LAMEZIA TERME nel 2015. Teatro Costabile: Già Teatro Politeama, situato nel quartiere Sambiase. Edificato negli anni 60 e ristrutturato di recente, nel 2014 a seguito di una raccolta firme è stato intitolato al Poeta Franco Antonio Costabile nato a Sambiase il 27 agosto 1924. Teatro Umberto: si trova nell’incantevole Piazzetta San Domenico. Dispone di 122 posti in plapag. 16

tea. Il Teatro Umberto I è stato anche un cinema, con la colonna sonora dei film eseguita dall’orchestrina del maestro Bernardino Benincasa, che suonava il violino. Ora, in più, c’è la zona dei palchetti, che all’epoca, agli inizi del Novecento, mancava mentre c’erano posti in gradinata su un soppalco collocato in fondo alla stessa sala. Il cinema teatro, una volta ristrutturato e ampliato, venne usato anche per rappresentazioni teatrali.

Village, il parco si trasforma in un immenso villaggio sportivo dove è possibile approcciarsi e avvicinarsi alle diverse pratiche sportive;

Ecomuseo “Luogo della Memoria”: ll luogo della memoria si sostanzia in un interno di casa lametina con oggetti delle arti e dei mestieri che tanto ci dice della vita dei calabresi di un tempo. Quasi mille oggetti propri dell’arredo familiare sono riuniti per gruppi tematici in sette stanze (stanza da letto, cucina, lavori agricoli, artigianato) e una piccola biblioteca;

Parco “Tramonte e Cristiano”: si trova nel rione Miraglia, a ridosso del centro storico del quartiere Sambiase;

Parco Letterario “Franco Costabile”: luogo di incontro e di aggregazione nel nome di interessi culturali, assolvendo alla funzione sociale di maturazione e crescita umana e civile dell’ambiente lametino e calabrese, e si propone inoltre di ampliare la conoscenza della poesia, della cultura letteraria e artistica, del rapporto tra società e cultura attraverso attività quali concorsi letterari ed artistici, convegni, conferenze, proiezioni etc. nonché attività editoriali.

Parco “25 Aprile della Liberazione”: si trova lungo le rive del torrente Piazza su Via G. Murat; Parco urbano “Madonna del Soccorso”: in via Caterina Molinaro, nel quartiere collinare Magolà;

Statua di Federico II di Svevia: realizzata dall’artista scultore lametino Maurizio Carnevali, è stata donata alla Città il 29 novembre 2009; Stazione Ferroviaria di LAMEZIA TERME Centrale: è il principale scalo merci ed uno dei più importanti scali passeggeri della regione. La città dispone di tre stazioni secondarie: LAMEZIA TERME Nicastro, LAMEZIA TERME Sambiase e LAMEZIA TERME San Pietro Lametino. Aeroporto Internazionale di LAMEZIA TERME: è il principale aeroporto calabrese, costruito nel giugno del 1976. Attualmente lo scalo lametino, gestito da un’impresa mista pubblico/privata (S.A.CAL. S.p.A.), funziona con collegamenti di linea sia per voli nazionali che per voli internazionali e con collegamenti charter organizzati dai tour operator per voli intercontinentali. Accanto all’aeroporto sono ubicate le strutture del 2º Reggimento “Sirio” dell’AVES. FESTE IN ONORE DEI SANTI, FIERE ED EVENTI 1, 2, 3 febbraio: festa in onore di San Biagio, nel quartiere Sambiase; Fiera di San Biagio; Fieragricola di LAMEZIA TERME;

Parco e Giardino Botanico “Comuni”: il giardino botanico, realizzato a partire dal 1972, comprende una varietà di piante che supera le mille specie.

31 maggio, 1, 2 giugno: festa in onore di San Francesco di Paola, nel quartiere Sambiase; Fiera di San Francesco di Paola;

Parco “Mitoio”: a nord dell’abitato delle terme di Caronte, in un’oasi naturalistica di 250 ettari, è stato recuperato un anfiteatro con 2.500 posti consentendo così a tutti i cittadini di godere di una splendida macchia mediterranea; Ad agosto all’interno dell’Anfiteatro del Parco si svolge “Color Fest” festival di musica indipendente.

12, 13, 14 giugno: festa in onore di Sant’Antonio di Padova, nel quartiere Nicastro; Fiera di Sant’Antonio di Padova;

Parco urbano “San Pietro Lametino”: il parco urbano è un grande polmone verde di circa 15.000 m² realizzato dall’amministrazione comunale nel 2006 nel cuore della frazione di San Pietro Lametino.

Seconda settimana di luglio: nel quartiere Sant’Eufemia Lamezia, si celebra la festa patronale di San Francesco di Paola.

Parco fluviale “Felice Mastroianni”: intitolato al poeta di Platania scomparso nel 1982, si trova lungo le rive del torrente Piazza su Via Ferlaino; Parco “Peppino Impastato”: intitolato all’attivista e giornalista ucciso dalla mafia, si trova nel quartiere Scinà in Via Roberto il Guiscardo. Nel mese di luglio vi si svolge Il Lamezia Estate Sport GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

27, 28, 29 giugno: festa in onore dei Santi Pietro e Paolo, patroni di LAMEZIA TERME; Fiera dei Santi Pietro e Paolo;

Giugno Lametino Nel periodo delle festività del mese di giugno, durante il quale si esibiscono moltissimi volti noti del panorama musicale italiano; Trame, Festival dei Libri sulle Mafie: (giugno): festival letterario che si occupa della discussione e presentazione di libri dedicati alle mafie. Color Fest: Festival di musica indipendente, si svolge i primi di Agosto e dura 2 giorni. Lamezia e non solo


Sanità

E’ stata avviata sul territorio provinciale la campagna stagionale di vaccinazione contro l’influenza

Si è svolta a Lamezia Terme l’iniziativa pubblica per sensibilizzare i cittadini alle vaccinazioni e in particolare alla vaccinazione antinfluenzale. Considerata l’importanza della somministrazione del vaccino antinfluenzale, all’evento, per dare il buon esempio, sono stati invitati dall’ASP di Catanzaro i Sindaci della provincia di Catanzaro quali promotori di salute presso i propri concittadini. Lo slogan dell’iniziativa è stato infatti “I Sindaci della Calabria in prima linea nella campagna di prevenzione dell’influenza stagionale”. Presenti all’evento, organizzato nella sala “Ferrante” dell’ospedale “San Giovanni Paolo II” di Lamezia dal Dipartimento di Prevenzione diretto dal dott. Giuseppe De Vito dell’Asp di Catanzaro, in collaborazione con HappyAgeing (Alleanza Italiana per l’invecchiamento attivo) guidato dal direttore generale dott. Marco Magheri presente all’iniziativa e l’ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani) con il Presidente Anci Calabria Gianluca Callipo e i sindaci dei Comuni di Chiaravalle Centrale, San Pietro a Maida, Guardavalle, Sersale e Maida che, per l’occasione, insieme al direttore generale dott. Giuseppe Perri, hanno effettuato pubblicamente la vaccinazione antinfluenzale. Passa quindi da alcuni sindaci del comprensorio l’avvio della campagna antinfluenzale lanciata dall’ASP di Catanzaro, che come primo target richiesto dal Ministero, ha quello della fascia di popolazione sopra i 65 anni (circa 75.000 persone all’interno del territorio dell’azienda sanitaria), anche se in Calabria la gratuità del vaccino è stata estesa a partire dai 60 anni. La finalità della vaccinazione, fondamentale per proteggersi dall’influenza e per ridurre il rischio di complicanze, è duplice perché è rivolta alla protezione individuale e alla protezione della collettività. Come per gli anni precedenti, saranno i medici di Medicina generale a somministrare gratuitamente i vaccini agli ultrasessantenni e ai soggetti con patologie,

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mentre il resto degli aventi diritto potrà rivolgersi ai poli sanitari dell’Asp dislocati su tutto il territorio provinciale, nei quali potrà effettuare la vaccinazione. Prosegue, dunque, la proficua collaborazione dei medici di medicina generale, che affiancano l’attività dei Servizi vaccinali dell’Asp nella somministrazione gratuita dei vaccini, agevolando le classi a rischio. Nella campagna di vaccinazione saranno impegnati, il personale del Servizio vaccinazioni, i medici responsabili dei poli sanitari, gli ex medici condotti che lavorano ancora per l’Asp e personale messo a disposizione dai responsabili

dei distretti. “Coinvolgere i sindaci significa rafforzare il messaggio che le cose dette oggi non rimangano parole vuote – ha affermato il dg Perri – e anche se ci sono state poche adesioni da parte dei sindaci sono sicuro che tramite l’Anci il messaggio passerà forte e chiaro”. Il direttore sanitario Amalia Maria Carmela De Luca ha poi spiegato nel dettaglio l’importanza del vaccinarsi, quali sono le categorie che possono farlo e i luoghi predisposti nella provincia di Catanzaro. “La vaccinazione rappresenta un mezzo efficace e sicuro per prevenire la malattia e le sue complicanze – ha evidenziato – il raggiungimento del 75%

di vaccinati tra gli over 60 permette il blocco della diffusione dei virus influenzali nella popolazione e quindi facilita il contenimento della malattia anche nei soggetti non vaccinati. In Calabria siamo al 58%, la soglia ottimale è del 75%. L’impegno futuro dovrà essere quello di estendere le Uccp su tutto il territorio provinciale, ma c’è con questa iniziativa un invito all’attenzione anche da parte delle amministrazioni tramite l’Anci”. Nel suo intervento il direttore medico dei presidi ospedalieri Antonio Gallucci ha sottolineato come “la vaccinazione è un momento di etica individuale nei confronti degli altri, in poche parole un segno di altruismo”. Il direttore del Dipartimento di Prevenzione Giuseppe De Vito ha evidenziato come negli anni Sessanta “vaccinarsi era una conquista sociale per debellare malattie”, mentre il direttore del Distretto di Catanzaro Maurizio Rocca ha poi evidenziato l’importanza della rete e della collaborazione tra le Istituzioni. Il responsabile del servizio vaccinazioni Rosario Raffa ha spiegato cosa sta succedendo in Italia per altre malattie quali il morbillo per il quale si stanno segnalando diffuse epidemie tra i non vaccinati. Il direttore generale di HappyAgeing Marco Magheri ha sottolineato che “bisogna tornare a convincere gli italiani alla vaccinazione. Stiamo arrivando ai 13 milioni di persone oltre 65enni con un aumento degli ultra centenari, per loro dobbiamo fare qualcosa; la mancata vaccinazione nella popolazione attiva vale in termini di impatto fiscale ben un miliardo di euro l’anno. Il punto sul quale le istituzioni devono impegnarsi è aumentare la qualità della vita di queste persone, assottigliare sempre di più la fetta di quelle non autosufficienti”. Infine il presidente ANCI Gianluca Callipo ha affermato che “i Sindaci utilizzeranno le loro capacità per sensibilizzare i cittadini, soprattutto in considerazione che la vaccinazione protegge la salute della collettività e in considerazione che l’impatto economico che può essere ridotto con un poco di impegno e attenzione”.

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Sport

LAMEZIA: ANDIAMO A COMANDARE (forse)!

Non c’è pace per Lamezia; neanche nel mondo dello Sport che, come un fulmine a ciel sereno subito dopo il Natale, si è visto buttare in mezzo alla strada alla stessa stregua di come si faceva un tempo, quando allo scoccare del nuovo anno si buttavano dalle finestre tutte le cose vecchie (ricordate il povero Fantozzi che si vede la Bianchina distrutta da una lavatrice defenestrata?) per chiudere con il passato ed aprirsi ad un futuro migliore. Certo, non ci sarebbe nulla da ridire se si chiudono tutti gli impianti sportivi, che da anni soffrono di varie carenze strutturali e logistiche a tal punto da non avere i certificati che ne attestino la fruibilità nella massima sicurezza, per rimetterli a norma, seguendo le indicazioni a suo tempo messe nero su bianco da chi di competenza. Ma, perché farlo nel bel mezzo della stagione sportiva dopo che si sono fatti notevoli investimenti da parte delle società sportive? La decisione assunta dalla terna commissariale, che guida la città dopo lo scioglimento del consiglio comunale, di chiudere gli impianti non ha fatto altro che mettere in serissima difficoltà le società sportive e negare la pratica dello sport a tutti i livelli a migliaia di atleti non affrontando il problema ma, recidendo di netto, una delle poche, se non l’unica, cosa che a Lamezia funziona. La problematica non si può risolvere con una chiusura drastica e generalizzata, che seppur fondata su una legittima decisione giuridica, non tiene conto di quella che è la realtà cittadina e della portata del danno causato a chi ha deciso di investire nello sport.

svanire il frutto di anni di sacrifici ed impegni. Se il 2018 trova una Città scettica sul suo 50° compleanno, non si può dire altrettanto del mondo dello sport che, al contrario, si presenta con tante squadre e società ben organizzate ed ai vertici delle varie classifiche di competenza. Risultati ottenuti non certo dalla sera alla mattina ma frutto di una seria programmazione sotto tutti i punti di vista nel corso degli anni. Certamente il problema è a monte, perché la terna commissariale ha fatto solo ed esclusivamente il suo lavoro, dando seguito ad una decisione non sua (diffida del Prefetto Latella a marzo ed altro campanello d’allarme ad ottobre), precedentemente ignorata da chi ha il compito di fare ma non ha fatto. Tutti sapevano e tutti sanno delle carenze e della precarietà con cui si utilizzano gli impianti sportivi cittadini, ma nessuno degli uffici preposti ha mai alzato un dito, mai nessuno che si sia posto il problema per cercare di risolverlo. Il Re era nudo ma nessuno voleva far capire che non vedeva niente, perché altrimenti avrebbe dimostrato di essere stupido o di non essere all’altezza del suo incarico, finché la voce dell’innocenza non pronunciò le fatidiche parole: «Ma non ha niente addosso!». Nella fiaba di Hans Christian Andersen il Re, pur sapendo di avere torto, tenne il gioco fino alla fine. Succederà lo stesso a Lamezia?

La pratica dello sport ha una valenza sociale non indifferente ed ogni associazione sportiva che svolge attività in questa città ha un forte radicamento nel tessuto sociale, cosicché una decisione del genere non potrà non avere riscontri negativi sulle associazione e sulle migliaia di cittadini che praticano sport direttamente o indirettamente in quanto vedranno pag. 18

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Sport

SORPRESA 2018 PER LA ROYAL: COPPA ITALIA A VIBO VALENTIA Ciò per la chiusura al pubblico del PalaSparti per inagibilità. Due arrivi a gennaio …‘C’è una grossa novità…’ cantava Lucio Dalla in ‘L’anno che verrà’. E per lo sport lametino la grossa (brutta) novità è stata rappresentata dalla chiusura del PalaSparti. Decisione obiettivamente prevedibile, che già lo scorso marzo fu vicina dal verificarsi per la diffida del Prefetto vista l’inagibilità dell’ormai vetusta struttura di Via Marconi. Sarebbe troppo lungo ripercorrere la genesi dell’unica struttura che serve decine di squadre sportive lametine, soltanto una naturale considerazione. Se si è giunti a questo drastico epilogo è per la noncuranza, la superficialità e la sottovalutazione di chi doveva ed avrebbe dovuto intervenire – mettendo in campo finanziamenti e quant’altro – e non l’ha fatto! Troppo comodo fregiarsi di titoli e ruoli e non svolgerli per come dignità prima che legge impongano! Passiamo alla Royal Team Lamezia che, suo malgrado, a cavallo tra dicembre e inizio gennaio s’è dovuta attivare per reperire un campo e non perdere così le partite a tavolino. E se chi come il Basketball ha dovuto perfino rinviare la propria gara, i presidenti Mazzocca e Vetromilo hanno bussato alla porta del collega Liotti del Calcio a 5 Vibo femminile ricevendo la consueta disponibilità ad utilizzare il PalaPace di Vibo. Ciò anche per una sorta di circostanza favorevole come fu la storica promozione in A nel maggio del 2015 proprio al PalaPace di Vibo. E così il 7 gennaio si giocherà la semifinale di Coppa Italia col Rionero a Vibo. In caso di vittoria bis 6 giorni dopo contro la vincente tra Martina-Napoli. Per il campionato dopo la sosta natalizia, la Royal sempre splendida capolista tornerà in

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campo il 28 gennaio ‘in casa’ contro il Cosenza. E comunque lunedì 8 gennaio vertice straordinario in Prefettura a Catanzaro con tutte le società sportive ed il Coni per risolvere la ‘drammatica’ situazione venutasi a creare al PalaSparti, che potrebbe causare – se prolungata - anche interruzioni delle attività sportive. Di cui vi reso conteremo nel prossimo Lameziaenosolo. Ma per la Royal inizio gennaio ha significato anche l’arrivo di due valenti calcettiste per

rimpinguare l’asfittica rosa, ma anche per darle se possibile maggiore qualità. Quella assicurata sicuramente dall’italo-brasiliana Olivia Manitta e dalla soveratese Denise Sgrò. Il patron Nicola Mazzocca seguiva da tempo Olivia Manitta, mentre per Denise Sgrò ha monitorato la spiacevole e triste situazione del Locri, che ha dovuto chiudere l’attività, assicurandosi un prospetto alquanto promettente. Ciò a dimostrazione della competenza e del fiuto del patron Mazzocca per il futsal di grande livello. ARRIVI. Olivia Mendes Goncalves Manitta, nata a San Paolo del Brasile, il prossimo 3

febbraio compirà 27 anni. Cittadinanza anche italiana, residente a Chieti, per la forte Manitta, avendo degli avi siciliani. Carriera svoltasi soprattutto in Brasile per la ragazza paulista, dove ha disputato sia la Serie A e sia la Serie C, quest’ultima soprattutto quando ha completato gli studi all’Università per laurearsi in Scienze Motorie. Due invece le esperienze in Italia: col Salinis di Margherita di Savoia in Serie A, ma giocando poche partite a causa di un infortunio che l’ha fermata, e con l’AZ Gold di Guardiagrele in Serie C dove ha realizzato una trentina di gol in 13 partite.“Sono contenta della richiesta da parte della Royal Team Lamezia – dice Olivia -, ho seguito la squadra attraverso i social e ho potuto apprezzare la forza della squadra di mister Ragona. Soprattutto quando in svantaggio è ammirabile la sua capacità di ribaltare il risultato, specie ultimamente contro Salerno e Napoli. Segno che la squadra non molla mai e corre molto. Responsabilità? Gioco a futsal da tanti anni e cercherò anche qui di dare il mio massimo contributo per il bene della Royal in modo da raggiungere tutti insieme gli obiettivi prefissati”. Il presidente Mazzocca ha inteso ringraziare la LTA Agency di Stefano Facchini per la collaborazione nel buon esito della trattativa con Manitta. Alla corte di mister Ragona è arrivata Denise Sgrò, nata a Soverato e che il prossimo 10 aprile compirà 22 anni. Cresciuta calcisticamente nello Sporting Locri: dall’under 18, passando per la cantera e infine in serie A. “Questa è stata per me una scelta pesata e non facile – spiega Sgrò - ma l’attaccamento, la competitività e la voglia di raggiungere traguardi importanti che si respira entrando nel palazzetto di Lamezia non mi ha lasciato scampo e ha facilitato tutto. Mi metterò fin da subito a completa disposizione del mister Ragona e delle mie compagne per dare il contributo che la squadra merita – continua Sgrò -, la voglia di rimettermi subito in gioco è tanta, pertanto ringrazio la società della Royal nelle persone dei presidenti Nicola Mazzocca e Claudia Vetromilo per l’opportunità e la cura che hanno dimostrato fin dall’inizio. Sarà per me un piacere indossare e lottare per questi nuovi colori”.

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Carissimi lettori, è iniziato il 2018, anno col botto. Sarà questo il nostro motto... Dopo lo scoppiettante PAESE DEI PAZZI, di Pino Vitaliano (che, spero, abbiate letto tutti, con simpatia e un pizzico di ilarità) sono ritornata alla lettura di Alessia Gazzola. Mi piace molto questa autrice. È simpatica ed effervescente. Il nuovo romanzo, che fa sempre parte della serie : “L’allieva”, ha titolo ARABESQUE ed è ambientato nel lieve, ma intenso, mondo del balletto. Ritroviamo Alice e tutti i suoi compagni d’avventure. Ora lei è diventata un medico legale, a tutti gli effetti. È bellissimo ritrovare le emozioni degli altri volumi, le sensazioni e la voglia di tuffarsi in quel mondo un po’ confuso, di amori e di volteggi, che è il panorama interiore di questa ragazza che, leggendo leggendo, cresce con noi... Non credo sia un caso, in effetti, il suo nome. Alice, come la protagonista del Paese delle Meraviglie... E non vi sembra un Cappellaio tutto matto, quel Claudio Conforti,

“croce e delizia” del suo amore? E la Wally non vi sembra una reale Regina di Cuori, con Stregatto (Arthur), che depone piccoli rimpianti e il Bianconiglio-Ispettore (Ormai VQA)? È un magico mondo, in effetti, quello che descrive Alessia Gazzola: Alice Allevi

come un’antica Alice e una moderna Amélie, che non volano mai via dal loro mondo fantastico... La scrittura è scorrevole, piacevole, mai superficiale, pur se scivola via leggera, lasciando il segno di una carezza ad ogni pagina... Sembra una fata, la Gazzola, quando ci apre le porte di mondi nuovi, con indagini e percorsi al limite col giallo. Alessia Gazzola non ricerca l’introspezione pura dei grandi giallisti: è una rilassata Simenon, che sembra un po’ in pantofole e, invece, poi, regala un acume sorprendente. La bellezza dei suoi romanzi si rivela nel “contrasto”: fra la trama semplice del narrato e le complicanze, sempre più aggrovigliate dei casi, quasi come se, la neodottoressa si inerpicasse per i sentieri impervi dell’esistenza. Questa volta la seguirete nelle sale in cui volteggiano pizzi e ballerine e, fra essi, cade, come un birillo, una protagonista del mondo della danza. Dirvi oltre, significherebbe rompere l’incanto... L’incanto è tutto vostro: a voi il libro. Buona lettura.

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Scuola

Le note del Cuore CONCERTO DI NATALE Si è svolto il 21 dicembre alle 18,30 nell’Istituto Comprensivo Scuola Media di Sant’ Eufemia Lamezia in occasione del Santo Natale, il concerto che ha visto protagonisti i ragazzi della scuola media di I° grado, organizzato e diretto dall’ insegnante di Religione, prof.ssa Antonella Cristaudo e di Musica prof.ssa Franca Sanfrancesco, grazie alla Dirigente Fiorella Careri e a tutti coloro che hanno collaborato a tale progetto. Ad esibirsi è stato il cuore degli allievi che, mettendo in scena una serie di meditazioni animate, canti e danze, sono stati in grado di arrivare fino al cuore dei presenti: Genitori, parenti e amici. Il concerto, diviso in due parti ha dato modo ai ragazzi di rappresentare nella prima parte, ( guidati dalla prof.ssa A. Cristaudo) alcune maschere raffiguranti le persone che vivono nell’ombra, senza Dio: Dolore, Disperazione, Sofferenza, Povertà, Solitudi-

ne. Il Signore può divenire per loro: Ristoro, Conforto, Pace dell Anima, Speranza: Il loro pianto si è trasformato allora in canto e la sofferenza in una Danza di Lode Nella seconda parte( guidati dalla prof.ssa F. Sanfrancesco) i ragazzi han presentato una serie di canti natalizi, dando così voce al loro cuore al loro talento. I Canti, provati ovviamente durante le ore curriculari di lezione, per circa due mesi, sono stati numerosi e cantati divinamente dai ragazzi che hanno dato voce al loro talento, riscuotendo un grosso successo: “ E’ la Notte di Natale”, “ All I want for Christmas is You”, Jingle Bell Rock”, “Natale è festa” “We are the world” e con “ Aleluia” hanno mandato in visibilio i presenti. La Dirigente Fiorella Careri è sempre presente e pronta a motivare gli alunni in tali occasioni, affinché gli alunni possano esprimere al meglio le proprie qualità ed attitudini.

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Grafologia

Dalla scrittura ... ... alla grafologia Con la nascita della scrittura la trasmissione della cultura cambia modalità, la tradizione orale, ormai scritta, diventa permanente, la scrittura è ora espressione e strumento di una nuova concezione del mondo. Il diffondersi della scrittura richiedeva un insegnamento in quanto si tratta di una tecnica di codificazione del linguaggio, per cui nacquero le prime forme di istruzione istituzionalizzata e trasmessa da personale qualificato. Ma inizialmente la scrittura era privilegio di pochi, era legata al potere, infatti coloro i quali erano in grado di leggere e scrivere si trovava in una posizione di grande privilegio. Pensiamo agli scriba, i quali erano i soli detentori delle tecniche della scrittura, tecniche custodite gelosamente, e che mettevano la propria conoscenza al servizio del potere laico e religioso. Con la nascita della scuola l’istruzione diventa un’attività intenzionale e organizzata, l’istruzione diviene “il processo di trasmissione di un complesso di conoscenze selezionate e strutturate in programmi e come l’insieme delle tecniche e dei mezzi per attuare tale processo. Lo scopo è l’acquisizione da parte degli individui di determinate conoscenze e tecniche per assicurare ad un gruppo sociale la sua continuità e identità nel tempo”.1 Quindi si comprende bene quale importanza abbia avuto la nascita e lo sviluppo della scrittura nella evoluzione dell’istruzione, costituendo la pietra miliare della cultura. Diffondendosi sempre più, l’istruzione divenne pubblica, l’antica Roma ebbe un effetto di notevole espansione della cultura nel mondo occidentale. Fu l’imperatore Adriano il primo a pagare i maestri con denaro pubblico, ed a creare la prima Università, l’Atheneum Romano. La seconda Università fu voluta da Costantino nel 425 a Costantinopoli. In Oriente era prevista la formazione universitaria per gli insegnanti. Quando l’Impero Romano d’Occidente cadde, nel 476, fu invaso dai barbari, anche l’istruzione cadde in declino, infatti scomparvero le scuole pubbliche, rimasero quelle private sotto il controllo esclusivo della Chiesa. Da un lato la Chiesa riuscì a evitare la scomparsa della cultura, dall’altro represse lo sviluppo delle scienze subordinandole alla Bibbia e quindi alla teologia. I monaci erano grandi scrivani che si dedicavano, oltre alla preghiera, alla riproduzione di testi sacri e di testi di cultura generale, un lavoro che richiedeva precisione, pazienza e una grande passione che divenne in seguito l’arte dello scrivere. Non si trattava più di ricercare il segno grafico e la sua corrispondenza fonetica, ma esclusivamente una ricerca calligrafica. Nei secoli successivi, con la diffusione delle Università, aumenta il commercio laico dei libri, una volta superate le crisi dei secoli XII e XIV, i Concili Lateranensi stabilirono delle disposizioni per lo sviluppo dell’istruzione attraverso le istituzioni 1 G. Ingrosso, La grafologia come metodo interpretativo. Dalle origini della scrittura alle attuali applicazioni in ambito educativo, p. 12

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scolastiche. Come la scrittura anche l’istruzione si evolve con varie tappe nel corso della storia dell’umanità. Altra tappa fondamentale, nel corso della storia dell’umanità dalla nascita della scrittura in poi, fu la nascita della stampa a caratteri mobili ad opera di Gutenberg, nel 1437. Questa scoperta fece sì che la diffusione della conoscenza fosse garantita su larga scala, in quanto ora vi erano due modalità di esecuzione, quella manuale e quella meccanica. Il libro assunse una funzione diversa, da semplice oggetto di lusso divenne strumento di studio, anche se fu mantenuto largamente l’uso della scrittura a mano. Con la nascita dell’istruzione e dunque della scolarizzazione della scrittura, nasce in maniera spontanea la grafologia intesa come interpretazione del rapporto grafia-personalità. Infatti furono molti gli studiosi, tra cui filosofi, religiosi, medici, che studiarono la grafia in modo sistematico tenendo nella dovuta considerazione tutti gli aspetti del comportamento grafico e cercando di stabilire delle costanti. È così che inizia il cammino della grafologia come scienza. I primi ad interessarsi di questa scienza furono tre professori universitari, Alderisio di Napoli che scrisse, nel 1611, il saggio “Ideographicus nuntius”, il “Messaggero ideografico”; Camillo Baldi, professore all’università di Bologna scrisse, nel 1622 “Trattato come da una lettera missiva si conoscano la natura e la qualità di uno scrittore”; Marco Aurelio Severino di Napoli che scrisse, nel 1656 “Vaticinator, sive tractatus de divinatione litterali”, “L’indovino, ov-

vero trattato sull’interpretazione delle lettere”. Di maggior rilievo le opere di autori successivi come lo svizzero J.K. Lavater, il francese J. Moreau de la Sarthe, il tedesco J.A.Grohmann. Un ulteriore sviluppo della grafologia in direzione sperimentale si ha con Edouard Hocquart, soprattutto in Francia, dove nel 1830 una società di grafologia, ad opera di un gruppo di ecclesiastici, tra cui spicca il nome dell’abate Flandrin, maestro di Michon, padre della grafologia scientifica. In questa società era compresa una scuola di interpretazione psicologica della scrittura e “… parallelamente allo sviluppo sociale, scientifico e medico che favorirà il

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progresso moderno, questa disciplina conquista il suo nome, la sua identità, il suo statuto”2. E’ proprio l’abate francese Jean Hyppolite Michon (1806 – 1881) a coniare il termine scientifico “grafologia” e ad elaborare il primo metodo di studio sistematico della grafologia, un sistema organico di studio psicologico della scrittura. Il suo maggior merito è quello di aver stabilito dei principi e delle leggi che rendono la grafologia una “scienza ragionata”. Inoltre egli fondò “La Graphologie”, il periodico ancora oggi più qualificato del mondo e quello più conosciuto e diffuso nel mondo. Altri furono gli studiosi che si occuparono di gra fologia: in Francia Jules Crépieux-Jamin, allievo di Michon, nonostante si basi anch’egli, come il Michon, sulla psicologia del movimento, rimane comunque all’interno della psicologia analitica; la grafologia tedesca fu rappresentata dal filosofo e psicologo Ludwig Klages per il quale la scrittura rappresenta “il segno permanente e oggettivo del movimento personale dello scrivente”3; questo segno fisso è tanto personale che in tutti i popoli del mondo la firma è riconosciuta come segno infallibile dell’autenticità della persona, ed è proprio questo che fa della scrittura il mezzo principale nello studio del carattere. Max Pulver (1889 – 1952), grafologo svizzero, elabora un metodo che consiste nel considerare il valore simbolico dello spazio grafico in cui si muove la scrittura considerata come simbolo della manifestazione dell’Io verso il Tu ed anche espressione della vita interiore. Max Pulver tiene conto, oltre che del carattere soggettivo e personale che si può cogliere in ogni gesto espressivo dell’uomo, anche delle energie ereditate, dell’influenza dell’educazione e dell’ambiente. Infine, in Italia, Padre Girolamo Moretti pubblicò la sua opera più importante nel 1948 “Trattato di grafologia” in cui esordisce con queste parole “Fin da bambino tutto quello che si riferisce all’uomo fu per me argomento di osservazione (…) la mia vocazione intellettiva era la psicologia nella più ampia concezione (…) non è il semplice segno grafologico che mi indirizza, ma la combinazione di tutti i segni grafici di una scrittura che mi determina alla comprensione di una personalità psichica e somatica. E la combinazione grafologica non è altro che combinazione psicologica”.

Maria Gabriella Sanvito Grafologa Consulente tecnico grafologico giudiziario perizia su scrittura - tel. 342 1816361 gabriellasanvito74@gmail.com 2 N. Boille , Il gesto grafico, gesto creativo, p. 27. 3 Cfr. L. Csonka , La caratterologia di Ludwig Klages, pp. 124-130

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La parola alla Farmacista esperta in cosmetologia

La dermocosmesi per i più piccoli. antiinfiammatoria. Come attivi idratanti trovano invece utilizzo nelle formulazioni cosmetiche: · Mucillagini (malva, altea, calendula): polisaccaridi ad elevato peso molecolare con azione idratante, emolliente, decongestionante della cute infiammata e protettiva delle mucose; · Trimetilglicina (betaina): un efficace ingrediente idratante e riparativo per la sua azione idrocoordinante e il potere stabilizzante delle membrane mucose;

La dermocosmesi per i più piccoli.. I bambini non sono adulti in miniatura, mantenere la loro pelle in buona salute significa proteggerla dalle aggressioni dell’ambiente esterno (UV, vento, freddo, smog) e curarla con prodotti cosmetici specifici. La pelle del bambino è significativamente diversa da quella dell’adulto, molto delicata, sensibile e facilmente irritabile. Essa mostra alcune diversità morfofunzionali (pH cutaneo neutro o debolmente acido, capacità tampone scarsa, minore spessore epidermico, maggiore permeabilità, film idrolipidico poco sviluppato), che indicano nel complesso una situazione di immaturità. A tale proposito il regolamento cosmetico (CE) n. 1223/2009 (Allegato I) conferma l’esigenza di un’attenzione speciale in relazione ai prodotti destinati ai bambini di età inferiore ai tre anni, richiedendo per tali cosmetici una specifica valutazione della sicurezza. I prodotti per l’igiene e la cura della cute infantile appartengono a un settore specialistico della cosmesi, definito “Paidocosmesi”, termine che deriva dal greco “paidos” che significa bambino. Essi rientrano essenzialmente in tre categorie cosmetiche: 1. DETERGENTI: amido di riso, sapone, bagnoschiuma, shampoo. La detersione della pelle infantile è rilevante per rimuovere potenziali irritanti come la saliva, le secrezioni nasali, lo sporco e batteri patogeni. L’esposizione per lungo tempo a questi fattori, può portare ad arrossamenti, infezioni e alterazioni della funzione barriera. La detersione deve essere quindi efficace, ma delicata per non impattare negativamente sull’idratazione e sulle proprietà visco-elastiche della pelle, bisogna preferire detergenti a pH neutro e non eccedere nelle quantità impiegate. 2. EMOLLIENTI/IDRATANTI: le funzionalità principali richieste ad un cosmetico per bambini sono l’idratazione e la protezione quindi si formula con ingredienti che promuovono la funzione barriera e i naturali meccanismi di idratazione cutanea. Come attivo emolliente nei trattamenti baby si utilizza principalmente il Burro di karitè, un ingrediente ad elevato profilo di innocuità, che oltre all’elevato potere emolliente mostra azione Lamezia e non solo

3. PAIDOCOSMESI PROTETTIVI PER LA ZONA PANNOLINO: il contatto diretto tra cute e urina-feci e il microambiente caldo-umido creato dal pannolino rappresenta il fattore di rischio nel determinare fenomeni d’irritazione sui quali si interviene con l’impiego di paste. Si tratta di preparazioni ad alto tenore in polveri che vengono classificate in paste magre e paste grasse, essendo le prime senza olio a differenza delle seconde. Ingrediente fondamentale è l’ossido di zinco con proprietà lenitive, cicatrizzanti, astrigenti e antisettiche. Ad affiancare le paste, con una protezione media, vengono utilizzate le creme, lenitive e riparative. Nelle formulazioni, gli attivi lenitivi più diffusi sono: · α-bisabololo: principale ingrediente dell’olio essenziale di camomilla, offre efficacia lenitiva contro irritazioni e arrossamenti; · Acido 18-β glicirretico: ottenuto dalle radici della liquirizia, svolge azione antinfiammatoria e lenitiva. Come attivi riparativi invece quelli più adoperati sono: · Allantoina: presente in alcuni estratti vegetali, ha azione lenitiva e riepitelizzante, stimola il rinnovamento dei tessuti, promuove la cicatrizzazione e attenua rossore e irritazione; · Pantenolo: è l’alcol corrispondente della vitamina B5, molto noto per le sue proprietà idratanti, stimolanti della proliferazione cellulare, riparative e lenitive sia sulla cute che sulle mucose. Importante nella formulazione dei cosmetici per bambini è l’utilizzo di un sistema conservante adeguato e l’assenza o percentuale minima di profumo. Curare la pelle di un bambino è un gesto d’amore, che coinvolge la sfera delle emozioni, come un abbraccio o una carezza. Bisogna essere dalla parte dei bambini…. Sempre. Essi sono il nostro futuro ed un bene per la collettività.

Ludovica Liparota, Dottoressa in Farmacia Presta servizio presso Farmacia Mallamo Ha frequentato il prestigioso Master II livello (teorico e pratico) in “Scienze Cosmetologiche “ presso Università di Pavia

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La parola alla Psicologa

Love addiction: dall’amore alla dipendenza

“Qualunque cosa distrugga la libertà non è amore. Deve trattarsi di altro perché amore e libertà sono due ali dello stesso gabbiano” (Osho). Nella fase iniziale di una storia d’amore si instaura un certo grado di dipendenza dall’altra persona, che consente ai due individui di formare un insieme che va oltre la somma delle parti. Un certo grado di dipendenza dal partner può essere considerato normale, soprattutto nelle fasi dell’innamoramento. In questa fase infatti, i due partner riadattano il proprio ambiente di vita, riorganizzano le proprie priorità facendo spazio all’altro, imparano a viversi e percepirsi come coppia pur rimanendo individui separati. Sono comuni sensazioni di euforia, possessività e desiderio di attaccamento all’altra persona, che trovano una giusta collocazione e prendono una forma corretta man mano che la relazione diventa più stabile. Non sempre però questo processo di unione percorre una strada lineare, può succedere di imbattersi in un partner per cui questi comportamenti di sana dipendenza diventano necessità assolute, tramutandosi in una vera e propria patologia. Questo particolare tipo di dipendenza prende il nome di Love Addiction. La dipendenza affettiva rientra tra le nuove dipendenze, non legate all’uso di sostanze, ma a comportamenti e relazioni disfunzionali e problematiche nei confronti di persone, oggetti e stili di vita. Una dipendenza patologica impedisce un distacco dal partner, il quale si vede negato la propria libertà, legato esclusivamente al vincolo di coppia. Le persone dipendenti sono convinte che la propria felicità dipenda esclusivamente dalla vicinanza ad un partner, tanto che per ottenere questo stato sono disposte a sottomettersi al controllo e al potere altrui; sono schive e indifese, vivono nel terrore costante di essere abbandonate. La paura dell’abbandono induce al tentativo estremo di controllare l’altro attraverso la messa in scena di comportamenti compiacenti volti a rendere stabile la relazione. Il tratto distintivo di questa particolare dipendenza

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infatti, è senza dubbio la mancanza di reciprocità nella vita affettiva e nelle sue manifestazioni all’interno della coppia. Il desiderio incessante dell’altro si traduce in una ricerca ininterrotta della sua vicinanza e attenzione, tramutandosi quindi in cupidigia. La persona dipendente dal partner ha difficoltà a riconoscere i propri bisogni e la tendenza a subordinarli a quelli dell’altro. Vi è proprio una difficoltà concreta nell’identificare in modo consapevole i propri desideri e obiettivi, che diventano quindi quelli dell’altro. Questi soggetti arrivano infatti a cambiare i propri gusti musicali e culinari, le abitudini e persino i valori fino a quando la relazione interpersonale non si interrompe, per poi acquisire quelle del partner successivo. Il rapporto amoroso diventa l’unica fonte di benessere, condizione indispensabile per vivere. I sintomi quindi di una persona che soffre di dipendenza affettiva possono essere così sintetizzati: Incapacità nel tollerare la solitudine; - Gelosia morbosa e terrore di essere lasciato dal partner; - Ricerca di una relazione di totale fusione; - Devozione estrema verso l’altro; - Mancanza di interesse per la propria vita, rinunciando ai propri interessi per soddisfare quelli dell’altro; - Ansia e panico di fronte al minimo segnale che possa essere interpretato come un’incrinatura della relazione. Il primo passo per innescare il cambiamento è riconoscere di essere parte di una relazione dipendente, distinguendo l’amore dalla dipendenza e ristabilendo il confine tra richiesta d’affetto e possesso.

Dr.ssa Valeria Saladino Psicologa Per contatti: saladino.valeria@gmail.com

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