Lameziaenonsolo luglio 2018 Wanda Ferro

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Lamezia e non solo

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Lameziaenonsolo incontra

Wanda Ferro

Nella Fragale

Questo mese intervistiamo l’onorevole Wanda Ferro, non una lametina doc ma una catanzarese doc. Del resto la testata del nostro giornale è “lamezia e non solo” ed in quel “non solo” rientrano Calabresi importanti come, appunto, l’onorevole. Di lei si sa molto, le cronache catanzaresi, calabresi, italiane, sono ricche di suoi interventi, noi cercheremo di conoscere anche l’altra Wanda Ferro, quella meno conosciuta ai più ma ben nota alla cerchia ristretta dei suoi amici. Come al solito, e non potrebbe essere diversamente, lascio a me il compito di trarre le conclusioni a fine articolo ed a voi il piacere, spero, di leggere questa intervista che ha il sapore leggero e profumato di questa tanto desiderata estate.

Buongiorno Onorevole e grazie per avere accettato di farsi intervistare. Le nostre interviste, tranne che in rari casi, non sono mirate, nel senso che con i nostri intervistati parliamo un po’ di tutto, non solo del lavoro che fanno o, magari, dell’ultimo libro che hanno scritto, quindi le anticipo che le domande saranno, forse, diverse da quelle solite. Come era Wanda Ferro da bambina? Che ricordi ha della sua fanciullezza? Wanda Ferro era una bambina particolarmente vivace. Forse sarebbe il caso di dire che ero una vera tempesta, attratta dal motocross più che dalle bambole. Della mia fanciullezza ho un ricordo meraviglioso, caratterizzato soprattutto dall’intenso rapporto con mio padre, e da quello splendido con mia madre. Mi posso ritenere sicuramente una ragazza fortunata, perché sono stata circondata di affetto e non mi è stato fatto mai mancare nulla, in una età così importante perché è quella che forma per il futuro. Ma da bambina lei cosa sognava di fare? Il medico, come papà. Ma proprio lui non ha voluto, perché riteneva che quella vita non fosse adatta ad una donna che avrebbe dovuto mettere su famiglia. Alla fine ho scelto di laurearmi in lettere e filosofia.

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Ha trascorso la sua adolescenza a Catanzaro? Sì, e, ripeto, sono stati anni davvero meravigliosi, che hanno reso davvero forte il legame con la mia città e la sua gente. Come e perchè si è avvicinata alla politica? Mi sono avvicinata alla politica negli anni della scuola, con le prime assemblee, e poi ho continuato all’università. Ho preso parte ai movimenti studenteschi di destra e da lì si è sempre più rafforzata la mia passione verso la politica e l’idea di mettere il proprio impegno a disposizione degli altri. Da quando ha cominciato a fare politica lei ha, via via, ricoperto diversi ruoli, ci fa un bilancio della sua attività di donna votata alla politica? E’ un bilancio per me gratificante, dalla politica ho avuto davvero tante soddisfazioni. La cosa di cui vado più orgogliosa è quella di avere sempre ottenuto gli incarichi attraverso il consenso della gente. Anche quando all’interno del partito sono stata nominata ad incarichi di vertice, ho voluto subito dopo un congresso che legittimasse attraverso il voto della base il ruolo che mi era stato affidato. Così nelle istituzioni: ho fatto il consigliere comunale prima di essere nominata assessore, poi sono stata

eletta presidente della provincia, sono diventata consigliere regionale grazie al voto dei calabresi ed eletta alla Camera non attraverso un listino bloccato, ma vincendo la sfida nel collegio uninominale di Vibo Valentia, un territorio che tra l’altro non è quello per me ‘naturale’, e che oggi sento una forte responsabilità di dover rappresentare e tutelare. Qual è la parte più affascinante del suo lavoro? Senza dubbio il contatto con la gente. Conoscere tante persone, le loro storie, sentire la responsabilità di dover rappresentare i loro bisogni e anche difendere i loro diritti e i loro sogni. Per me il valore della politica è rappresentato anche da questo calore umano, che ti dà una continua motivazione anche nei momenti di difficoltà, che ti rende consapevole dell’importanza del tuo ruolo, perché chi fa politica nel senso più vero e non resta chiuso nei palazzi sente di essere responsabile, nelle scelte di ogni giorno, della qualità della vita dei cittadini e del loro futuro. E quella più difficile? Il senso di impotenza che spesso si prova quando non si ha la possibilità di dare risposte concrete a chi vive il dramma della mancanza del lavoro, a chi vive l’angoscia per il futuro dei propri figli, e che spera che il politico possa trovare

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una strada facile. Purtroppo per troppo tempo la cattiva politica ha prosperato sullo sfruttamento del bisogno, e questo è uno dei mali più grandi della nostra terra. Qualche evento che ricorda con particolare piacere? Sicuramente i grandi eventi culturali e gli spettacoli che ho avuto la possibilità di organizzare da assessore alla Cultura e da presidente della Provincia. Cito fra tutti il grande concerto di Vasco Rossi nella spianata di Germaneto, con 400 mila persone arrivate da tutta Italia per assistere a quella che viene definita la Woodstock italiana, ma anche Notre Dame de Paris, i concerti di Una città per Cantare e Settembre al Parco, le grandi mostre di arte contemporanea al Parco Scolacium e al Marca. Potrei elencarne tantissimi altri. Lei è stata la prima donna, e fino ad ora l’unica, ad essere stata eletta Presidente di una provincia calabrese, Catanzaro, cosa si prova? E’ stata l’elezione che ho vissuto con più grande emozione. E’ stato come se fossi riuscita a rompere un tabù culturale. E’ stata una grande soddisfazione poter guidare un ente così importante per il territorio con la fiducia di tanti cittadini. E’ stata Presidente della Provincia di Catanzaro dal 2008 al 2014, crede di avere contribuito ad apportare cambiamenti proprio perchè donna? Penso di sì, perché le donne che amministrano dimostrano sempre grande senso pratico e una particolare sensibilità rispetto ai bisogni della gente. Credo, ad esempio, che difficilmente un presidente uomo avrebbe pensato alla realizzazione di un asilo nido per i figli dei dipendenti. pag. 4

C’è solidarietà tra le donne in politica, a prescindere dalle posizioni politiche? C’è solidarietà tra le donne in politica, forse più raramente tra chi la predica. Io ho avuto il privilegio e l’onore di avere la stima e l’amicizia di una grande donna di sinistra come Anna Maria Longo, che ha saputo mostrare con l’esempio, e non con gli slogan, il valore della collaborazione tra le donne impegnate in politica per la difesa dei diritti dei cittadini. A proposito di donne mi vengono in mente le famose “quote rosa”, alcune donne hanno approvato questa legge, altre sono proprio contrarie vedendola quasi come un’offesa verso le donne, lei come la pensa? Io penso che sia importante favorire e valorizzare il contributo delle donne alla vita politica e istituzionale, a tutti i livelli. Non sono favorevole alle ‘quote rosa’ intese come riserva indiana, ma sostengo ad esempio la necessità di norme come la doppia preferenza di genere che danno alle donne una reale opportunità di confrontarsi in un ambito meritocratico. Mi dispiace che la proposta sia ancora ferma in Consiglio dal 2015, visto che la Calabria è maglia nera in Italia rispetto alla rappresentanza femminile nell’assemblea elettiva regionale. E poi ritengo che si debba garantire anche all’interno degli stessi partiti una migliore selezione dei candidati, uomini e donne, e quindi un generale miglioramento della qualità della rappresentanza Il numero delle donne in politica e nel parlamento, sta aumentando costantemente, mi pare che la presenza femminile sfiori il 30%, Onorevole Ferro, l’Italia secondo lei è matura per avere una donna Presidente? L’Italia è matura, e ci sono figure GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

femminili di grande capacità politica ed autorevolezza che possono assumere questo ruolo, prima fra tutte Giorgia Meloni, unica donna alla guida di un partito. Tornando al suo mondo, è a favore o contro l’abolizione dei privilegi dei parlamentari? Naturalmente sono contro l’abolizione dei privilegi, che sono odiosi e alimentano l’allontanamento dei cittadini della politica. Sono convinta però che, oltre ai privilegi della politica, si debbano contrastare gli sprechi più gravi, che sono quelli dei soldi spesi male, delle risorse buttate al vento per incapacità amministrativa, delle grandi incompiute lasciate sui territori e dello occasioni di sviluppo mancato. Senza contare la corruzione e il malaffare, ma questo è un altro capitolo. C’è corruzione in politica, purtroppo i fatti avvalorano questa tesi, secondo lei quale potrebbe essere una soluzione? Sono senza dubbio fondamentali gli strumenti normativi che favoriscano la trasparenza e agevolino i controlli, ma il problema resterà finché si punterà a migliorare la qualità della classe politica e dirigente più in generale. La politica ha un ruolo fondamentale: finché i partiti saranno liquidi, fatti di dirigenti e di eletti, ma senza valori di riferimento, senza una base militante a cui rendere conto, sarà difficile contrastare la mala pianta della corruzione, ma anche del clientelismo e del trasformismo. Quando i partiti sono deboli o inconsistenti il politico rischia di perdere il senso della rappresentanza degli interessi collettivi. I problemi che affliggono gli italiani, e non solo, sono tanti, per esempio il femminicidio. Perchè nonostante se ne parli molto i femminicidi aumentano? Lamezia e non solo


Oppure è proprio il parlarne troppo che fa scattare, nelle menti ovviamente non sane, il desiderio di emulazione? Io non credo che i casi di femminicidio siano dovuti all’emulazione, quanto al cambiamento di una società in cui i retaggi della prevaricazione dell’uomo sulla donna sono messi in discussione da un nuovo ruolo femminile sempre più indipendente. L’uomo che vede crollare la struttura patriarcale nella sfera pubblica, tenta violentemente di conservarla in quella privata. Finora il problema è stato sottostimato, forse perché l’ambiente sociale familiare è un ambito ancora considerato privato e inviolabile. L’idea che “i panni sporchi si lavano in casa” è troppo spesso condivisa anche dalla vittima. Occorre allora una svolta culturale. Bisogna informare, educare e sensibilizzare preventivamente la nostra realtà sociale, partendo dai più giovani, alla cultura della non violenza. La violenza sulle donne e il femminicidio non si possono combattere soltanto con le leggi, ma serve una radicale trasformazione culturale e sociale, con l’impegno di tutti: istituzioni, singoli cittadini, forze sociali. I migranti, quale è la sua posizione? Ne ho parlato qualche giorno fa in una trasmissione televisiva di La7,

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commentando le conclusioni del Consiglio Europeo sulle migrazioni. Come Fratelli d’Italia sosteniamo la necessità di un immediato blocco navale al largo delle coste libiche, perché bisogna fermare la partenza dei “barconi della morte” e colpire il business dell’immigrazione clandestina. Bisogna rifiutare l’ipocrisia di chi come Macron tenta di dare lezioni di civiltà e accoglienza all’Italia, e poi nel suo Paese sgombera gli immigrati con le ruspe, così come di chi lancia accuse di razzismo per poi fare i propri interessi sulla pelle della gente che ha bisogno di aiuto. Noi dobbiamo dare tutto l’aiuto possibile a chi scappa dalla guerra e dalle persecuzioni politiche, ma si tratta di una piccola percentuale di coloro che approdano sulle nostre coste. E’ giusto che l’intera Europa si faccia invece carico dell’accoglienza dei migranti economici, e soprattutto si deve pretendere che l’accoglienza sia rispettosa della dignità umana. Purtroppo molte inchieste hanno dimostrato che quello dell’accoglienza è diventato un ricco business che nulla ha a che fare con la solidarietà, e che spesso coinvolge faccendieri senza scrupoli e organizzazioni criminali, mentre i profughi vengono lasciati in condizioni igienico-sanitarie e di vita intollerabili, per poi finire nella morsa dello sfruttamento e del caporalato.

Non posso non chiederle cosa ne pensa della Politica e del sud, possibile che il sud debba sempre essere il carro di scorta? Di chi la colpa? Se il Sud è marginale nelle scelte del Paese è colpa anche di una cattiva qualità della rappresentanza. Purtroppo per troppi anni la politica meridionale ha alimentato e si è alimentata delle condizioni di bisogno della gente. Ci sono, però, la condizioni per una rinascita, che parta però da una nuova presa di coscienza e una assunzione di responsabilità da parte dei cittadini. Un politico calabrese che ammira ed uno che non ha la sua stima Un politico che stimo è senza dubbio Michele Traversa, uomo del fare, politico capace ed equilibrato, un amministratore che ha saputo immaginare il futuro del proprio territorio e ha lavorato con determinazione per realizzare le sue idee. E’ stato per me un esempio e una guida. Sono stata invece molto delusa da Mario Oliverio: mi sarei aspettato da un politico esperto come lui una maggiore capacità di ascolto ed una maggiore libertà. Da presidente della Regione ha mostrato solo un immobilismo insopportabile rispetto alla gravità e all’urgenza dei problemi della Calabria, riproponendo tutti gli aspetti deteriori della vecchia politica. Ci vuole davvero

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coraggio da parte sua a riproporsi alla guida della Regione dopo questa esperienza fallimentare, e sono certa che questo spianerà definitivamente la strada alla vittoria del centrodestra. Quali sono i suoi programmi attuali? Difendere a Roma gli interessi dei calabresi, ma non nascondo di attendere con ansia la fine della legislatura regionale per dare una nuova opportunità di cambiamento alla nostra terra. Si dice che si dovrebbero apportare cambiamenti, nel corso degli anni nella propria vita, per trovare nuovi stimoli, le lo scorso anno ha lasciato Forza Italia per Fratelli d’Italia, ritiene di avere fatto bene? Sì, credo di aver fatto bene, al di là dei risultati elettorali ottenuti. Per me è stato un ritorno a casa, che mi ha consentito di ritrovare la comunità in cui sono cresciuta fin dai miei primi passi in politica, recuperando la mia identità politica. Giorgia Meloni mi ha trasmesso grande fiducia ed entusiasmo nell’intraprendere questo percorso che segue i valori della libertà, della coerenza, dell’onestà, dell’impegno, della dedizione, dell’appartenenza e del merito, che fanno parte del dna della destra sociale. Se potesse cambiare lavoro quale sceglierebbe?

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Come ho detto prima, il medico, il lavoro di mio padre, che sognavo di fare da bambina. L’Associazionismo, a mio avviso, è fondamentale nella società moderna, lei cosa ne pensa? Sono d’accordo, è un ruolo fondamentale quello dell’associazionismo, così come quello del volontariato e in generale dell’impegno pubblico dei cittadini. Spesso l’associazionismo si sostituisce alle amministrazioni che non hanno la possibilità di intervenire in maniera attenta e puntuale in determinati settori, soprattutto nel sociale. Posso citare una realtà a cui sono molto legata, quella del Centro calabrese di solidarietà, che ha un ruolo preziosissimo nel contrasto alle devianze e alle dipendenze, ma anche nel sostegno alle donne vittime di violenza. Da parte delle istituzioni deve esserci una maggiore attenzione e un sostegno economico a chi offre servizi così importanti ai cittadini bisognosi, svolgendo una funzione pubblica di valore inestimabile. Qual è il suo rapporto con la religione? E’ una cattolica praticante? Sì, sono cattolica praticante, e ho un rapporto molto intimo con la Fede. Le piace Papa Francesco? A chi non piace un Papa come Bergoglio, attento alle trasformazioni della società,

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capace di avvicinare la Chiesa alla gente e di risvegliare l’attenzione verso gli ultimi e i bisognosi. Ho anche un legame molto forte con la figura di Benedetto XVI, che ha affermato la centralità di Dio nella vita dell’uomo, ed ha dimostrato grande coraggio e responsabilità sia nella vicenda degli scandali legati alla pedofilia nella Chiesa, sia nella decisione di abdicare al pontificato. Preferisce il cinema o la tv? Senza dubbio la tv, non mi resta molto tempo per apprezzare il cinema. Il teatro o i concerti? I concerti, senza dubbio, ma amo molto anche il teatro, e la mia esperienza nel consiglio di amministrazione del Politeama è stata tra le più entusiasmanti. Ama gli animali? Amo tantissimo gli animali e in particolare i cani. Fin da bambini abbiamo avuto la possibilità di tenere cani in casa. Il mio Oscar è per me come un figlio, e in famiglia abbiamo altri cinque cani presi per strada. Penso si debba incentivare la cultura dell’adozione dei cani, e poi vorrei che in Calabria si realizzassero strutture come i cimiteri per gli animali, i canili, le oasi, strutture in cui gli animali possano essere realmente curati e accuditi. Ha una linea invidiabile, merito di una

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dieta rigida, di un buon metabolismo o del troppo lavoro? Mi aiuta il metabolismo, sono una buona forchetta. Che rapporto ha con il cibo? Di cosa è ghiotta? Amo la cucina calabrese, quella sostanziosa, piccante e ricca di sapori. E’ sempre elegante, c’è uno stilista che predilige? Tra gli stilisti calabresi non nascondo la mia preferenza per un grande artista come Anton Giulio Grande. Naturalmente non mi capita di indossare spesso i suoi abiti, e nel quotidiano non ho preferenze che non siano quelle della sobrietà e della semplicità. Cos’è la felicità per lei? Sembrerà banale, ma sono felice quando le persone godono di buona salute. E’ la cosa più importante, ed è triste che in Calabria questo sia spesso una conquista. Prima di salutarla, mi piacerebbe chiederle che libro sta leggendo. Sto rileggendo i “Ricordi” di Marco Aurelio, una serie di riflessioni maturate

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dall’imperatore-filosofo durante la sua vita trascorsa a guidare un grande impero, a combattere, e a frequentare uomini di tante culture diverse. Un testo classico che non dovrebbe mancare nella libreria di un politico, perché trasmette il senso del dovere e il coraggio in ogni momento della vita, la capacità di assolvere i propri compiti a qualsiasi costo, l’autocontrollo, l’equilibrio, l’assenza di ipocrisia e di superbia. Ecco, voglio “iniziare le mie conclusioni”, perdonatemi l’ossimoro, proprio con le parole dell’onorevole che chiudono l’intervista: “l’assenza di ipocrisia e di superbia” perchè è così che la vedo io. Una donna sempre elegante, eleganza fatta non solo di abiti, anzi, di outfit sapientemente scelti, mai fuori misura, ma eleganza fatta anche dal modo di muoversi, di porsi, una donna dal carattere forte, ma anche dalla forte empatia, che si contraddistingue da molte altre perchè sorride, spesso, ed il suo sorriso è coinvolgente perchè non è ipocrita, è sincero, non si ferma alle labbra ma le illumina il viso, sale fino agli occhi e ti coinvolge. Si può dire che sia nata con la politica nel

sangue, ha cominciato ad occuparsene giovanissima ed oggi occupa un posto di prestigio ma non per questo si è posta su un piedistallo, anzi, continua ad essere una donna dolce e disponibile che pur essendo fattivamente impegnata per il ruolo che occupa riesce a trovare il tempo per la famiglia, per gli amici cari ai quali non lesina le telefonate solo per chiedere “come stai?”. Forse è questo il segreto del suo successo, la capacità di unire l’indubbia preparazione ad una grande umanità, come se le due cose fossero l’una la conseguenza dell’altra per cui stare insieme a lei è come stare con una persona amica che sa capirti e sa farsi capire. La frase per lei mi è venuta in mente fin dalle prime battute, è una frase che amo, aspettavo la persona giusta cui dedicarla, è di Joe Vitale, tratta da “Istruzioni Mancanti sulla Vita”. “In qualunque angolo di mondo, qualunque sia la lingua e la cultura del luogo, tutti capiscono il sorriso e rispondono con un altro sorriso. Il sorriso è un linguaggio universale. Usatelo spesso senza paura. Gli altri si sentiranno attratti da voi”.

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L’eccellente qualità delle acque di balneazione e le preziose specificità del patrimonio costiero l’eccellente qualità delle acque di balneazione certificata dall’Agenzia regionale per la Tutela dell’Ambiente per tutte le 27 aree di balneazione, circa 30 chilometri, dei cinque comuni costieri del lametino non deve far immaginare che ovunque è possibile fare il bagno in sicurezza. Per prevenire l’esposizione dei bagnanti a rischi per la salute sono da considerare le cinque aree con divieto di balneazione esistenti sul Tirreno lametino. Come c’è da considerare che a due mesi dall’inizio della stagione balneare non sono ancora disponibili per i bagnanti tutte le informazioni sui profili dei litorali e sulle acque marine specificate nelle norme nazionali ed europee vigenti. Norme che prevedono l’obbligo di esporre bene in evidenza appositi cartelli contenenti tutti i dati sulla qualità e classificazione delle acque di balneazione e sulle specificità di ogni tratto di costa adibito e non adibito alla balneazione per prevenire i rischi per la salute e stimolare il coinvolgimento dei cittadini alla gestione dei beni comuni per il miglioramento dell’ambiente. Carenze informative anche sul portale web del Ministero della Salute dove nell’apposito spazio dedicato alle “Ordinanze sindacali di divieto alla balneazione” per i comuni di Lamezia Terme e Nocera Tirinese, dopo due mesi dall’inizio della stagione balneare non è riportata alcuna ordinanza relativa alle quatto aree inibite alla balneazione per inquinamento in prossimità delle foci dei Fiumi Turrina, Savuto, Amato e Bagni. L’unica Ordinanza di divieto di balneazione riportata è la n°40 del 2015 della Capitaneria di Porto di Vibo Valentia e riguarda l’area prossima al “Collettore aereoportuale”. E nello stesso Portale come area interdetta alla balneazione è indicata quella “100 metri a Nord e 100 metri a Sud del Collettore aeroportuale” mentre la lunghezza della stessa area

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interdetta, riportata sulla mappa dello stesso Ministero della Salute, appare più del doppio. Sempre sul portale del Ministero della Salute permane l’errore riguardante l’area di balneazione della lunghezza di 1.167 metri denominata “Lido Marinella” riportata nella mappa del Comune di Gizzeria ma non compresa nell’elenco delle aree di balneazione dello stesso comune. Errore che riguarda anche il comune di Lamezia Terme dove sono elencate nove aree di balneazione, una in più, invece delle otto realmente presenti e riportate nella mappa dello stesso Portale del Ministero della Salute. In pratica, sul Tirreno lametino, anche nel pieno dell’attuale stagione balneare non è facile individuare dove inizia e termina ogni singola area costiera adibita e non adibita alla balneazione. In particolare, non è facile individuare dove iniziano e terminano i divieti permanenti di balneazione per inquinamento come, ad esempio, quello che dalla zona del Pontile ex area Sir si allunga fino all’area SIC “Dune Angitola” ricadente in parte nel Comune di Lamezia Terme. Aree con divieto d’inquinamento che complessivamente, nel solo comune di Lamezia T., superano di molto il chilometro. Tra le novità più significative dell’attuale stagione balneare c’è il fatto che è stata certificata la qualità eccellente anche in quelle aree marine di Lamezia Terme dove la rilevanza dei divieti di balneazione per inquinamento nei primi quindici anni del duemila ha avuto eco sulle prime pagine dei quotidiani ed è stata oggetto anche di due interrogazioni parlamentari. Questa novità certificata dall’Arpacal è dettagliatamente documentata nei risultati delle analisi microbiologiche sui parametri indicatori di contaminazione fecale: Escherichia coli e enterococchi intestinali eseguite dall’Arpacal nelle stesse aree. Sulla rilevanza del fatto basta osservare il grafico che riporta l’andamento della

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l u n g h e z z a dei divieti di balneazione rispetto a quella dell’intero litorale di Lamezia Terme dal 1999 al 2012. E’ difficile prevedere se l’eccellente qualità delle acque marine documentata in tutte le analisi effettuate nel corso delle due ultime stagioni balneari e nei mesi scorsi sarà confermata anche nei prossimi mesi più caldi dell’estate. Se continuerà la tendenza già rilevata dall’Arpacal in ogni comune costiero del lametino si potrà legittimamente aspirare alla bandiera verde per le spiagge “a misura di bambino” promosse dai pediatri europei e accrescere il primato delle 18 bandiere attribuite per questa stagione balneare alla Calabria. Sulle potenzialità offerte dal ricco patrimonio costiero, anche in considerazione delle recenti dichiarazioni degli operatori turistici locali, non si può continuare ad ignorare che i 34 chilometri di spiagge del lametino con 68 del vibonese che formano il golfo di S. Eufemia corrispondono alla lunghezza complessiva delle spiagge dell’intera regione Emilia Romagna dove ogni anno arrivano più di 50 milioni di turisti balneari. Come non si può continuare ad ignorare le specificità delle stesse spiagge del Golfo di S. Eufemia che oltre essere naturali e non rifatte, presentano varietà geologiche e Biodiversità inesistenti nel resto della Penisola del BelPaese. Specificità come gli assetti idrogeomorfologici che favoriscono la presenza e lo sviluppo della più grande varietà di habitat e forme di vita in ambiente acquatico e terrestre. La ricca biodiversità terrestre e marina caratterizzata anche da nuove specie megabentoniche come Topsentia calabrisellae e Halicona fimbriata e varie oasi di Coralli finora non rilevate in nessun altra area dell’intero Mediterraneo.

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Maida e i resti databili tra l’ VIII ed il V secolo a.C. dei centri abitati della Magna Grecia come: Hipponion, Temesa e Terina che sorgeva sul margine interno dell’ampia laguna interrata dalle alluvioni del Torrente Bagni dei secoli passati e ridotta attualmente dalla sola ’area Sic “Lago La Vota”.

Biodiversità favorita pure da un microclima ideale per la più lunga durata della stagione balneare e per favorire in alcuni tratti di costa una ventilazione idonea per varie attività sportive anche d’interesse internazionali come quella del Kitesurf che si svolgerà nel lametino anche nel prossimo mese di Luglio. Sulla grande varietà di spiagge naturali che caratterizzano il Golfo di S. Eufemia va ribadito che le stesse sono formate da frammenti di rocce di tutte le ere geologiche che documentano la nascita ed evoluzione sia del paesaggio terrestre e degli insediamenti umani dell’intero Belpaese. Rocce e scogliere rare nelle coste della Penisola come quelle granitiche di Capo Vaticano generate dallo stesso magma che ha generato le più note coste granitiche della Sardegna dalle quali sono stati separati a seguito d’imponenti movimenti della crosta terrestre iniziati milioni di anni fa e ancora in atto nel Tirreno. Va ribadito che, oltre ad una grande varietà di preziosi aspetti naturalistici, paesaggistici ed ambientali, nei cento chilometri della fascia costiera del Golfo di S. Eufemia esiste un rilevante e unico patrimonio archeologico che, tra l’altro, comprende i manufatti in pietra risalenti al Paleolitico Inferiore di Casella di Comune di Curinga: - TORRE DI MEZZA PRAIA, lungo 1.731 metri di qualità Eccellente - 1 KM NORD TORRENTE DI MEZZA PRAIA, lungo 1.022 metri di qualità Eccellente - 500 MT NORD TORRENTE S. EUFRASIA, lungo 1.604 metri di qualità Eccellente Comune di Gizzeria: - LIDO CAPO SUVERO, lungo 830 metri di qualità Eccellente - LIDO S. ANTONIO, lungo 580 metri di qualità Eccellente - DIREZIONE ALLEVAMENTO ANGUILLE, lungo 668 metri di qualità Eccellente - 200 MT NORD FIUME CASALE, lungo 1.828 metri di qualità Eccellente - RISTORANTE PESCE FRESCO, lungo 639 metri di qualità Eccellente Comune di Falerna: - EUROLIDO, lungo 1415 metri di qualità Eccellente - 850 MT. SX PUNTO 145, lungo 952 metri di Lamezia e non solo

Continuare ad ignorare o sottovalutare le specificità degli assetti idro-geomorfologici dei litorali non favorisce le attività turistiche e accresce i danni al territorio e alle sue risorse naturali per l’accentuarsi dei fenomeni di erosione, alluvioni e crolli provocati da prevedibili eventi naturali come la pioggia e il moto ondoso. Il prezioso patrimonio costiero disponibile, con le ricche specificità alle quali si è fatto cenno, può e deve essere tutelato e valorizzato attraverso interventi e atti concreti dall’insieme delle classi dirigenti per garantire un futuro ai giovani che desiderano continuare a vivere nel territorio più favorito dalla natura e che ha dato il nome all’intero BelPaese.

del Collettore aeroportuale all’interno dell’area di balneazione denominata “500 metri a Sud Torrente Bagni” classificata di qualità eccellente nel comune di Lamezia Terme. Sulla base dei dati riportati sul Portale del Ministero della Salute alla fine di giugno 2018 nei cinque comuni del lametino i tratti di costa adibiti alla balneazione e sottoposti ad analisi e monitoraggio sono 27 con una lunghezza complessiva di circa 30 chilometri. La qaulità delle acque marine in corrispondenza di ogni singola area monitorata dei 5 comuni risulta:

Geologo Mario Pileggi

del Consiglio Nazionale Amici della Terra

Geologo Mario Pileggi

del Consiglio Nazionale Amici della Terra Qualità delle acque marine e Divieti di Balneazione nei Comuni costieri del lametino - Giugno 2018 Nei comuni costieri del lametino i divieti di balneazione per inquinamento riguardano 4 aree non adibite alla balneazione e non monitorate in prossimità delle foci dei fiumi Turrina, Amato, Savuto e Bagni. Un altro divieto di balneazione per motivi diversi è posto in prossimità della foce qualità Eccellente - BAR VITTORIA, lungo 2104 metri di qualità Eccellente - HOTEL TORINO 2, lungo 1.390 metri di qualità Eccellente - HOTEL OLD AMERICA, lungo 1.645 metri di qualità Eccellente Comune di Nocera Tirinese - 200 MT SUD CAMPING “LA MACCHIA”, lungo 1076 metri di qualità Eccellente - 200 MT A SUD FIUME SAVUTO, lungo 626 metri di qualità Eccellente - 200 MT. NORD FIUME SAVUTO, lungo 1.215 metri di qualità Eccellente - RISTORANTE MARIS, lungo 757 metri di qualità Eccellente - 800 MT. SX PUNTO 143, lungo 979 metri di qualità Eccellente Comune di Lamezia Terme LIDO MARINELLA, lungo 1.167 metri di qualità Eccellente (localizzata nel comune di Gizzeria)

200 MT A NORD T. BAGNI, lungo 1.078 metri di qualità Eccellente 500 MT. SUD TORRENTE BAGNI, lungo 791 metri di qualità Eccellente (*) 200 MT A SUD T. BAGNI, lungo 344 metri di qualità Eccellente 1000 MT SUD TORRENTE BAGNI, lungo 1.303 metri di qualità Eccellente LA CONCHIGLIA, lungo 1.436 metri di qualità Eccellente 200 MT A NORD F. AMATO, lungo 854 metri di qualità Eccellente DIREZIONE STAZ. FF.SS. S.PIETRO A MAIDA, lungo 1.211 metri di qualità Eccellente 200 MT A SUD F. AMATO, lungo 847 metri di qualità Eccellente. (*) Nell’ambito dell’area adibita alla balneazione denominata “500 metri a Sud Torrente Bagni” è presente un divieto di balneazione, 100 metri a Nord e Sud della foce del Collettore aeroportuale, a seguito dell’Ordinanza di divieto di balneazione emanata il 21 agosto 2015 dalla Capitaneria di Porto di Vibo Valentia.

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Il nostro territorio

Tesi di laurea e Convegno su Lamezia Terme nel programma del “Comitato 4 gennaio”

Alcune settimane fa, nella seconda decade dello scorso maggio, ho letto che il “Comitato 4 gennaio” ha indetto un concorso, con annesso premio in danaro, rivolto agli studenti universitari di Lamezia e dei paesi del Lametino, <<che abbiano svolto la tesi di laurea su Lamezia Terme con l’intento di stimolare la ricerca in ambito universitario sulla città ed il suo comprensorio.>> Non ci si limita solo a questa iniziativa. Il succitato comitato intende anche organizzare un <<convegno per la realizzazione di un progetto che ha l’ambizione di creare una ricaduta importante sul turismo a Lamezia Terme…>> Nessuno più di me può essere felice per entrambe le iniziative perchè sono stato il primo, e credo anche l’unico, che ne abbia scritto in relazione alle attività programmate e svolte dal citato Comitato in occasione delle “celebrazioni” per il cinquantesimo anniversario della creazione di Lamezia Terme. Basta infatti andare a leggere il mio articolo, pubblicato su LAMEZIA-E-NONSOLO n. 40 del mese di gennaio del corrente anno, per rinfrescarsi le idee ed apprendere che in quella sede lamentavo come mai, per la citata ricorrenza, non si fosse pensato di organizzare un convegno, appunto, sulla città ed il suo territorio attraverso cui si potesse riflettere sul mancato sviluppo, dell’una e dell’altro, nonostante le potenzialità di cui entrambi dispongono, sia in capitale materiale che umano. Nella mia immaginazione, il convegno sarebbe dovuto essere organizzato ad un livello alto facendo ricorso a veri esperti in varie discipline: storiche, urbanistiche, antropologiche, sociali... Lamentavo, inoltre, come mai non si fosse pensato d’ incentivare la ricerca per conoscere la Storia del Lametino, di Lamezia Terme e delle innumerevoli personalità che vi hanno vissuto ed operato nei vari campi del sapere e delle attività umane tramite, appunto, l’istituzione di borse di studio per quegli studenti che intendessero elaborare la tesi di laurea. Una iniziativa di tal genere è molto importante “perchè – aggiungevo – solo di ciò su cui si riflette e si scrive rimane traccia”. Complimenti dunque a chi ha avuto l’idea delle due iniziative. In questa occasione risulta appropriato il motto, conosciuto da tutti, “meglio tardi che mai”!

Sennonchè, alcune critiche, nel senso di valutazioni tese a vedere più chiaro nelle due iniziative, mi sembrano opportune. Cominciamo con la tesi di laurea alla migliore delle quali verrà attribuita una borsa di studio “finanziata” da un operatore privato lametino. La prima domanda da porsi è: tale borsa di studio è “una tantum” oppure, nelle intenzione del Comitato 4 gennaio, ci si propone di renderla istituzionale e permanente? A mio avviso, per dare serietà ed importanza all’iniziativa sarebbe opportuno che essa facesse capo al Comune di Lamezia Terme, con una deliberazione con cui si stabilisse che, tramite il Comitato 4 gennaio, la borsa di studio, quantificata in una cifra certa, venisse assegnata, previa selezione in caso di più concorrenti, allo studente che si sia cimentato nella ricerca della storia di Lamezia e del Lametino. E’ bene infatti che l’ambito di ricerca abbracci oltre che la città anche il suo territorio perchè del Lametino se ne possa sempre meglio studiare e conoscere la “sostanziale unità geografica, culturale e, spesso, anche amministrativa nel corso degli ultimi tre millenni”. E si possa bene evidenziare inoltre che Lamezia Terme, intesa come città nata 50 anni fa, nel 1968, non è un obiettivo finale e conclusivo, ma solo un punto di approdo, provvisorio, della storia di un territorio che è già stata molto lunga e che lo sarà ancora, chissà per quanto. Un aspetto ulteriore del concorso tesi di laurea riguarda la presentazione e la premiazione della migliore, che sia stata elaborata da giovani laureati nel periodo tra il 1° settembre 2016 ed il 30 ottobre 2018. Ho difficoltà a immaginare che entro i due anni, indicati dal bando, siano state scritte tesi di laurea su Lamezia Terme. Per cui non mi stupirei se alla scadenza fissata non ne venisse presentata nessuna. Sarò felice, naturalmente, se il mio presentimento sarà smentito. Penso che, per non ridurre l’iniziativa a qualcosa di banale, fatta tanto per fare, sia necessaria un’opera di divulgazione, nell’ambito della gioventù studentesca lametina, dei contenuti dell’iniziativa in modo che venga conosciuta e molti i giovani, che frequentano le varie università italiane, siano indotti, più che dal premio in danaro, dalla validità storico/scientifica che la loro opera potrà rappresentare per la crescita culturale, sociale e storica, appunto, della loro città e del territorio di cui, a livello di popolo, si conosce poco o niente. Un risvolto importante è: chi valuterà le tesi di laurea e ne deciderà quale sia la migliore? Una persona? Un comitato? Formato da chi? Mi auguro che siano evitati due pericoli, immanenti nelle “gare” che si svolgono soprattutto nelle città meridionali in occasione di “concorsi” di vario genere. Primo, favorire il figlio dell’amico o il figlio del compare al di là del merito. Si premi il merito; si assegni la borsa di studio a chi veramente ne è meritevole. Si facciano le cose in totale trasparenza, si dia una svolta etica a questa città e si dimostri che non tutto è intrallazzo e favoritismo e non per tutte le iniziative i premi vengono assegnati per amicizia o utilitarismo personale e non per la loro effettiva validità . Secondo. Chi avrà il compito di selezionare la tesi migliore, quel-

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la che, dal punto di vista storico/scientiifico, è la più valida? Per quanto riguarda l’adempimento di tale incombenza, per carità di Città, non se ne affidi il compito ad una persona o gruppetto di persone inadeguate, che con tesi di laurea non abbiano alcuna dimestichezza e che con esse non hanno nulla a che fare e non ne abbiano mai vista una se non quella che essi hanno compilato in occasione della loro laurea. Se si vuole, veramente, dare un’impostazione credibile e non cadere nel ridicolo, il Comitato individui una persona, o un gruppo di persone, che per professione assegna le tesi, le legge, le corregge, le valuta ed infine laurea i compilatori.

conviene soffermarcisi per trascorrere delle giornate di svago e godimento; una via di transito per altri luoghi più accoglienti.

Un’ultima questione è: che fine farà la tesi prescelta e premiata? E tutte le altre non premiate? Ho letto sui giornali che ne hanno dato notizia che: <<la premiazione avverrà il 4 gennaio e, in quella occasione, il vincitore decretato dal Comitato avrà l’opportunità di esporre sinteticamente obiettivi, metodo e conclusioni del proprio lavoro.>> Quest’impostazione è condivisibile; ma aggiungo qualcosa che ritengo ancora più importante. E, cioè, che non solo della tesi scelta e premiata, ma di tutte quelle presentate, se ne curi la stampa e la pubblicazione a cura del Comune e se ne faccia dono a tutte le biblioteche comunali e delle scuole del Lametino. Affinchè esse possano costituire documenti preziosi e consultabili per ulteriori sempre più approfondite ed aggiornate ricerche che potrebbero essere convertite in più approfondite pubblicazioni non solo da studenti, ma anche da ricercatori universitari, nel corso dei decenni avvenire. In merito invece alla seconda iniziativa, relativa allo svolgimento di un convegno, mi chiedo innanzitutto se essa non sia stata prevista fuori tempo massimo, a tempo ormai scaduto perché avrebbe svolgimento in estate ormai avanzata. Ritengo, inoltre, poco comprensibile, aldilà dell’evidente risvolto pubblicitario, che la si programmi avendo come obiettivo <<un progetto che ha l’ambizione di creare una ricaduta importante sul turismo a Lamezia Terme, considerata porta d’ingresso della Calabria>>. Parole, queste ultime, che per me sono prive di senso. Il Convegno risulterà centrato su obiettivi validi, primo, se vedrà intorno ad un tavolo persone competenti e non alcuni semplici operatori turistici; secondo, se avrà come oggetto di approfondimento ed analisi, il problema dello sviluppo complessivo di Lamezia Terme, di cui il Turismo è, certamente, un settore molto importante. E’ necessario avere la visione di una città le cui potenzialità, trasformate finalmente in attività ed obiettivi realizzati, o in via di realizzazione, possa essere via via costruita, per quanto più sia possibile, a misura d’uomo. Nella quale i vari settori di cui è costituita una efficiente offerta turistica siano, se non di eccellenza, di sicuro affidamento e provata efficienza. Altrimenti l’aeroporto internazionale, di cui è dotata Lamezia e di cui molti si riempiono la bocca quale infrastruttura di eccellenza, sarà solo una via di transito. Un punto di approdo provvisorio, nella cui città non Lamezia e non solo

E qui voglio entrare un po’ nel merito di un’eventuale offerta turistica lametina. Quale comitiva di turisti stranieri, perché di questo qui si parla, volete che faccia tappa a Lamezia, nelle cui strade poter tranquillamente passeggiare, quando persino la parte di Centro storico più prezioso, il Corso Numistrano, è stato trasformato in un indecente luogo di parcheggio per automobili in duplice o triplice fila, o di transito delle medesime automobili per 24 h al giorno? Di recente, per fare un recente esempio, c’è stata una notte – mi riferisco a quella bianca del 23 giugno scorso - in cui il Corso Numistrano è stato trasformato, dal transito e dal parcheggio veicolare, in uno stato peggiore di una cloaca. Con rispetto parlando della cloaca, naturalmente. Cosa ci debbono fare ipotetiche comitive di turisti, stranieri o dell’Alta Italia, se non siamo stati capaci, come amministrazioni comunali che si sono succedute nel tempo, dal 1993 ai giorni nostri, sotto lo sguardo indifferente, distratto e passivo della comunità sociale, di rendere isola pedonale, chiusa al traffico, il Corso Numistrano imitando piccoli centri calabresi quali, per esempio, Pizzo Calabro, Tropea, Amantea, Soverato ecc.., dove i Centri storici, le piazze e/o i corsi sono stati trasformati in isole pedonali, interdetti ad ogni tipo di veicolo, utilizzati per il completo svago e godimento delle persone, cittadini e turisti che li affollano in maniera inverosimile? Anche le attività commerciali ne hanno tratto giovamento e si sono sviluppate dal punto di vista economico. Cosa volete che vengano a fare i turisti, delle regioni settentrionali o stranieri, nel mare di Lamezia Terme, quando poi capita loro d’imbattersi spesso in una diffusa sporcizia, sia delle acque che dei luoghi adiacenti? Tutt’al più, Lamezia può accontentarsi solo del turismo giornaliero, dei residenti che affollano le spiagge; del turismo di prossimità oppure di quello dei lametini che risiedono nelle regioni del nord Italia o all’estero e che, per 15/20 all’anno, ritornano in sede per trascorrervi alla bell’e meglio le loro vacanze. Ma non è questo, penso, l’obiettivo turistico di cui una città come Lamezia, tra le maggiori della Calabria e posizionata nel suo centro, si possa e si debba accontentare. Un “grande” convegno quindi, organizzato e realizzato con criteri di ampia visione prospettica che si ponga come obiettivi prioritari lo sviluppo culturale, sociale, economico e la crescita complessiva della città nei quali anche il turismo, lo ripeto, possa trovare la sua razionale posizione. Un convegno, invece, che abbia come oggetto esclusivo il turismo, sganciato da tutte le altre variabili che fanno appetibile, anche dal punto di vista turistico, una località non servirà a nulla. E che, dopo averlo svolto, lascerà tutte le cose come le ha trovate. Se si farà, sarà una inutile passerella….. alla fin fine.

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Spettacolo

Trame Festival8. Ballata per la strage dimenticata Sono stati Moni Ovadia e Mario Incudine ad arricchire l’edizione numero otto di Trame. Festival di libri sulle mafie che si è svolta a Lamezia Terme dal 20 al 24 giugno sotto la sapiente direzione artistica di Gaetano Savatteri. Mario Incudine, cantante, attore teatrale, polistrumentista, esponente della musica popolare siciliana. Moni Ovadia, bulgaro di nascita, di religione ebraica, milanese d’elezione, autore, regista, attore, scrittore, straordinario intrattenitore, oratore e umorista. M&M, Moni e Mario, un sodalizio artistico che dura già da molti anni, costellato di successi e riconoscimenti. Teatro classico con incursioni contemporanee, teatro d’autore, teatro canzone, teatro sociale… Due artisti, una weltanschauung, una visione del mondo che sogna e parla ancora di libertà, uguaglianza, fratellanza e giustizia. A terra è di cu la travagghjia. Pensieri e parole dei sindacalisti uccisi dalla mafia, questo il titolo della performance, frutto di un laboratorio, portata in scena da M&M riprendendo un verso scritto da Ignazio Buttitta nella poesia U lamentu pi la morti di Turiddu Carnivali. Ma il verso era già contenuto nel refrain di una canzone scritta nel 1873 da Francesco Bertelli Dimmi bel giovane “La casa è di chi l’abita / e un vile è chi lo ignora, / il tempo è dei filosofi, / la terra di chi la lavora.” Un racconto a due voci e la musica che funge da coro con melodie che spaziano dall’acutissimo al grave esibendo sonorità ricche di tutte le stratificazioni culturali che da sempre hanno intriso la storia della Sicilia tutta. Un teatro antiretorico, costruito su una fitta trama di fatti realmente accaduti. Fatti di sangue strappati all’oblio e restituiti alla memoria collettiva. La lingua siciliana, nelle canzoni/poesie di Mario Incudine, è portata alla sua essenzialità, senza ridondanze, ruvida e asciutta come pietra, levigata e carezzevole come antiche ninne nanne in una potente interpretazione “di voce e di cuore”, perfetto controcanto al talento e alla misura del maestro Moni Ovadia che giocando lucidamente con il meccanismo della chiarezza e della ragione – una ragione contemporanea, non illuministica – mette in luce, con un linguaggio immediatamente credibile,

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le caratteristiche della tragedia, il suo significato inquietante e sotterraneo e la volontà di indicare come nell’uomo dei nostri giorni permanga il desiderio di giustizia e l’utopia del bene. Simile alla litania dei santi, due voci femminili – quelle di Maria Pia Bonacci e di Piera Dastoli - scandiscono i nomi dei tanti, troppi, sindacalisti siciliani uccisi dalla mafia dal 1911 al 1982, da Lorenzo Panepinto a Pio La Torre, passando per Bernardino Verro, Giovanni Zagara, Giuseppe Rumore, Andrea Raia, Pino Camilleri, Girolamo Scaccia e Giovanni Castiglione, Epifanio Li Puma, Placido Rizzotto, Calogero Cangelosi, Donato Leuzzi, Filippo Intili, Salvatore Carnevale, Peppino Impastato… Uomini che hanno lottato, pagando con la vita, per l’emancipazione dei lavoratori della terra e delle loro famiglie. Ad opporsi con ogni mezzo alla Legge Gullo sulla riforma agraria era il patronato agrario che negava i diritti sociali e la mafia che negava i diritti individuali. E la voce possente di Mario Incudine intona la cantata dello zappatore che si spezza la schiena tutti i giorni, seguita dal ricordo della strage di Portella della Ginestra il 1° maggio 1947 con le parole strazianti di Ignazio Buttitta “[…] vinti morti, puvireddi, chi vulìanu un munnu umanu.. / E ‘nta l’erba li ciancèru matri e patri agginucchiati, / cu li lacrimi li facci ci lavàvunu a vasàti.” Il popolo, i contadini, la miseria, la forza delle idee rivivono nel breve e lucido dialogo tra Ovadia e Incudine su Epifanio Li Puma ucciso a sangue freddo il 2 marzo 1948 mentre arava con i muli un appezzamento di terra di proprietà del cognato. Un delitto politico, per ammissione delle stesse autorità. La pratica fu archiviata e ancora oggi l’omicidio rimane senza colpevoli. E poi la lacerante ninna nanna Terra ca nun senti un grido d’amore e di dolore verso la propria terra più matrigna che madre “Terra ca nun senti ca nun voi capiri / ca nun dici nenti vidennumi muriri / terra ca nun teni cu voli partiri / e nenti cci duni pi falli turnari / e chianci, chianci, ninna oh” omaggio di Incudine alla grande Rosa Balistreri. E ancora la voce incisiva e penetrante di Ovadia per il ricordo di Placido Rizzotto ucciso a 34 anni per il suo impegno a favore del movimento contadino. Ucciso con una iniezione letale anche il

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pastorello tredicenne testimone dell’omicidio. Le indagini furono condotte dal generale Carlo Alberto Dalla Chiesa ammazzato poi a Palermo insieme alla moglie Emanuela Setti Carraro e all’agente di scorta Domenico Russo nel settembre del 1982 e a cui Incudine dedica una delicata ballata Ginirali “Ginirali, assai sunnu li morti / pı vuliri canciari ı cosı stortı! / Via Carini, settembri ottantadui… /cu ddi morti cripàmmu puru nui!”, testo e musica del cantastorie Fortunato Sindoni. Le parole del grande Ignazio Buttitta sono declamate con vigore e con rigore da Incudine per ricordare Turiddu Carnivali ucciso il 16 maggio del 1955, nelle campagne di Sciara. Anche lui coraggioso sindacalista che lottava a fianco dei contadini contro i latifondisti “Ancilu era e nun avia ali / nun era santu e miraculi facìa,/ ‘n cielu acchianava senza cordi e scali / e senza appidamenti nni scinnia;/ era l’amuri lu so’ capitali / e ‘sta ricchizza a tutti la spartìa: / Turiddu Carnivali nnuminatu / ca comu Cristu nni muriu ammazzatu.[…]” E ancora Ovadia per Santo Milisenna, caduto per la liberazione della Sicilia dal feudalesimo e dalla barbarie, per aver ribadito con forza che la terra apparteneva ai contadini, per un’Italia libera “[…] Uno sparo lo raggiunse al collo e si accasciò al suolo. Erano le 18.30 del 27 maggio 1944…” Di nuovo musica con il celeberrimo componimento popolare Malarazza “Tu ti lamenti ma che ti lamenti. Pigghia nu bastune e tira fora li denti...” E ancora il testo e la musica di Fortunato Sindoni per Pio La Torre, ucciso a Palermo il 30 aprile 1982, nel doppio registro, recitato e cantato da Ovadia/Incudine “Abbiamo sentito tutti quanti parlare di pace / Gridare forte ai quattro venti: “No alle guerre!” / […] Ed eravamo in 100.000 quel giorno a Palermo!, / Centomila pugni chiusi levati al cielo! / Centomila voci intorno alle bare: / Noi non abbiam paura dovranno pagare! / Due di maggio di lutto e di lotta.../ Noi raccogliam la sfida la sinistra non si tocca! / Sui muri di Palermo chiaro si legge: / siam stufi dei mafiosi e di chi li protegge!” Non solo cantante eccezionale ma magnifica presenza attoriale Incudine che si cimenta nel monologo dedicato a Peppino Impastato e tratto dal film “I cento passi” di Marco Tullio Giordana E vibrante l’interpretazione di Maria Pia Bonacci della poesia scritta da Felicia Impastato, madre di Peppino in ricordo di suo figlio Chistu unn’è me figghiu “Chistu unn’è me figghiu / Chisti un su li so manu / chista unn’è la so facci./ Sti quattro pizzudda di carni un li fici iu.[…]. Chistu unn’è me figghiu. / Stu tabbutu chinu / di pizzudda di carni / unn’è di Pippinu. / Cca dintra ci sunnu / tutti li figghi / chi un puottiru nasciri / di n’autra Sicilia.”

Sacko, “Ci ammazzano come animali, ci trattano come animali. Quanto guadagniamo? Se va bene due euro all’ora. Quanto dura la giornata? Dieci , a volte dodici ore. Da novembre a marzo ci sono le arance da raccogliere, il resto dell’anno ci si arrangia. Tutto dipende dai caporali. Dopo l’alba fanno il giro tra il Calvario e la curva larghi sulla provinciale. Loro se ne fregano delle nuove leggi sul caporalato e dei diritti umani. Per loro siamo solo bestie, ma noi dobbiamo… dobbiamo guadagnare qualcosa per vivere qui e per sostenere le famiglie in Africa.” San Ferdinando di Reggio Calabria 2018, l’inferno dei nuovi schiavi è qui. Qui nella vecchia tendopoli Soumayla Sacko aveva la sua baracca, aveva 29 anni, era un attivista sindacale contro lo sfruttamento dei migranti nelle campagne. Veniva dal Mali. Lo scorso 2 giugno, insieme a due compagni, si era introdotto in una vecchia fabbrica abbandonata vicino a San Calogero in cerca di lamiere per costruire altri ripari di fortuna nella tendopoli. Un luogo dismesso e dimenticato. Sottoposto a sequestro perché, come rivela un’inchiesta della procura di Vibo Valentia, vi sarebbero stipati 127 mila tonnellate di rifiuti altamente nocivi. Qui Soumayla Sacko ha trovato la morte […]. In sottofinale il ritmo percorso da sonorità orientaleggianti della bella canzone di Incudine Italia talìa “[…] Italia talìa / A sti figghi toi / Ca sulu ammazati / Addiventanu eroi” e un toccante scritto di Piera Dastoli sulla perdita della dignità personale e professionale e per concludere la hit di Biagio Antonaccci Mio fratello magistralmente interpretata da Incudine. Fluida e smagliante la capacità di narrare le storie dal di dentro sondando il cuore nero della tragedia mafiosa. Uno spettacolo che indaga la memoria e parla ad alta voce alle donne e agli uomini di ogni latitudine laddove il doppio codice linguistico dell’italiano e dell’arcaico siciliano viene irradiato e amplificato nel senso e nel movimento da un suggestivo universo sonoro creato dai bravissimi musicisti Antonio Vasta alla fisarmonica, Antonio Putzu ai fiati, Manfredi Tumminello alle corde, Pino Ricosta al basso e Francesco Argento alla batteria. Uno spettacolo necessario. Un invito alla presa di coscienza, al cammino verso uno Sato di diritto e di legalità. Un altro passo verso quel processo di democratizzazione reale e imprescindibile per rendere gli uomini liberi e mai più schiavi. In ricordo di Soumayla Sacko.

A cui fa da contraltare, per la voce di Incudine, Quannu moru, universalmente considerato il testamento artistico e spirituale di Rosa Balistreri “Quannu iu moru nun mi diciti missa / Ma ricurdati di la vostra amica. / Quannu iu moru purtatimillu un ciuri, / un ciuri granni e russu comu lu sangu sparsu […]” Poi il ricordo di Moni Ovadia per Soumayla Lamezia e non solo

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Associazionismo

Il Club del libro Aver preso parte alla terza edizione del #GruppoDiLetturaDay, trattando del libro di Yari Selvetella “Le stanze dell’addio”, ha posto i lettori del club del libro dinanzi ad un’opera intensa e difficile, che descrive chi di noi vive l’esperienza di una perdita incolmabile. L’esperienza vissuta grazie alla partecipazione al progetto, allegra, divertente e dissacrante, non rifletteva il contenuto dell’opera: dalle pagine dell’autore, infatti, affiora il volto vivissimo di una giovane donna, madre di tre figli e di molti libri, editor di professione, che si ammala e muore, mentre il suo ancora innamorato compagno la cerca, con la speranza irragionevole degli innamorati, attraverso le stanze dell’ospedale, della casa, dei ricordi - fino a perdersi. Solo un ragazzo non si sottrae alla fratellanza profonda cui ogni dolore ci chiama e come un Caronte buono gli tende una mano verso la vita che continua a scorrere, che ci chiama in avanti, pronta a rinascere sul ciglio dell’assenza. Yari Selvetella dà voce a un addio che sembra continuamente sfuggire al tentativo di essere pronunciato, come Moby Dick nel fondo del mare, e scrive un kaddish laicissimo eppure pervaso del mistero che ci unisce a coloro che abbiamo amato. Attraverso il labirinto al neon degli ospedali, le stanze chiuse del lutto, il filo tracciato da una penna sul foglio bianco è ancora di salvezza, celebrazione commossa della forza vitale delle parole (cit.). Rende l’idea, uno dei brani più particolari dell’opera: ‘’Io ho ricominciato a lavorare. In altri luoghi scrivo, succhio gamberi, respiro foglie balsamiche, faccio l’amore, ma una parte di me è qui, sempre qui, impigliata a un fil di ferro o a una paura mai vinta, inchiodata per sempre: il puzzo di brodaglia del carrello del vitto, quello pungente dei disinfettanti, il bip del segnalatore del fine-flebo, la porta che si chiude alle mie spalle quando termina l’ora della visita…’’. Il libro si presenta curatissimo nella scrittura, delicato e potente nello stesso tempo, caratteristiche che hanno sicuramente giocato a favore del suo inserimento nella dozzina del Premio Strega 2018, fornendo ai lettori una storia in cui letteratura e vita si mischiano egregiamente narrando un lutto e l’elaborazione dello stesso, senza mai trascurare la potenza della vita, quando davanti ai fatti più cruciali e agli accadimenti più dolorosi ci permette – o ci impone – di tornare a sperare nella vita stessa. Il grande risultato di Yari Selvetella è proprio questo, aver raccontato

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il lutto attraverso la vita, l’amore e il ritorno di esso (cit.). Ad ogni modo, le opinioni dei partecipanti al book club sono libere, tanto da stroncare sostanzialmente l’opera con le videorecensioni caricate on-line nell’ambito del progetto #GruppoDiLetturaDay, giornata nazionale dedicata ai Gruppi di Lettura, patrocinato dalle Biblioteche di Roma e nato con l’obiettivo di promuovere la lettura condivisa, di dare visibilità alle attività dei gruppi di lettura, di fare rete tra gli stessi e infine di avvicinare nuovi e curiosi lettori. Il progetto ha visto la partecipazione di numerosi Gruppi di Lettura che, da nord a sud Italia, hanno aderito a questa iniziativa postando i propri video sulla rete, a disposizione di curiosi ed appassionati di lettura. Il #GruppoDiLetturaDay si è rivelata un’operazione di indiscusso successo, facendo leva sulla circostanza per cui un libro viene contemporaneamente letto da più gruppi di lettura, che poi si confronteranno tra loro nello stesso giorno, scambiandosi e condividendo le opinioni e le emozioni vissute attraverso la lettura. I partecipanti all’incontro tenutosi a Lamezia Terme hanno autoprodotto contenuti video e scattato fotografie, che sono prontamente stati divulgati su Twitter, Facebook e Instagram con l’obiettivo di fare rete e condividere parte del lavoro svolto durante il #GruppoDiLetturaday. Per il prossimo appuntamento, il club del Libro ha scelto l’opera “Amori regalati” di Olimpio Talarico, fissando l’appuntamento – apertissimo anche a semplici curiosi che neanche abbiano letto il libro – sempre presso il Qmè per il prossimo 15 luglio. Seguirà, il giorno 29 luglio, l’incontro con l’autore presso la bellissima abbazia di Corazzo a Carlopoli: sarà l’occasione di vivere la cultura nei luoghi della cultura, attraverso la riscoperta e la valorizzazione delle bellezze storiche locali, portate a nuova vita contaminandole con l’esperienza della letteratura contemporanea. L’opera trattata, infatti, sarà di sicuro interesse per molti, oltre che di spunto autobiografico, poiché si apre con la descrizione di una telefonata da oltreoceano, che induce l’ormai anziano protagonista a partire per l’Argentina, avendo appreso della scomparsa dell’amico di un tempo… il suo esecutore testamentario lo convoca con la promessa di sciogliere finalmente i nodi che hanno portato alla fine di un rapporto intenso ed importante, su di uno scenario storico che va dalla Berlino del 1945, passando dalla Calabria fascista ed approdando all’Argentina di oggi…

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Librando

Frate Alfonso Longobardi detto Tartufone, Gesù mangiava a scrocco. Le cose migliori Le ha fatte stando a tavola, San Paolo Ed., Cinisello Balsamo (Mi) 2018, pp. 208.

Con questo nuovo libro dal titolo: “Gesù mangiava a scrocco. Le cose migliori Le ha fatte stando a tavola” della San Paolo, Alfonso Longobardi, frate minimo di san Francesco di Paola, prosegue su quella linea originale e sottile di trattare il messaggio evangelico con allegria e profondità di contenuti. E la medesima via usata brillantemente dal comico e regista Roberta Benigni nel suo film “La vita è bella”, premiato con l’Oscar il 1999, come miglior attore, miglior film straniero e migliore colonna sonora, quella di Nicola Piovani. Giovanni Paolo II ha apprezzato moltissimo il film giacché riusciva a impastare stupendamente la genuina comicità con una forte drammaticità. Scherzando, il libro potrebbe sembrare subdolamente un’autogiustificazione di tanti religiosi col voto di povertà, ed ecclesiastici con tanto di pancia, anche tra coloro che hanno fatto il voto di “strettissimo magro”, di astinenza dalla carne e suoi derivati. Mangiano però come piatto preferenziale il pesce ed il resto prelibato. Un libro molto ironico ed a tratti e in filigrana amaro, vestito da arguzia tipicamente napoletana. Evangelizza allegramente con un linguaggio comunissimo, rasentando una scurrilità ingenua e bonaria. Ogni capitolo si conclude con il testo biblico come una spada che taglia il vero dall’approssimativo a cui è esposta la scrittura e l’arte satirica gettata come inchiostro sul foglio bianco. L’autore prima offre la spiegazione, spicciola, lanciata, immediata, ma nel contempo incisiva, pungente, eticamente piccante, e poi chiude senza ambiguità o rischi di incomprensione, con il testo ufficiale della parola di Dio nella versione della Conferenza Episcopale Italiana. La persona umana di Gesù è centrale e riverbera spunti precisi sull’attualità antropologica e sociale. Gli apostoli sono tracciati con traboccante realismo quotidiano. Il linguaggio è semplice, immediato, perfino affilato. Dodici apostoli, “dodici visioni del mondo”, dodici mondi diversi. Questa pluralità quasi vuol intendere che il cristianesimo è plurale, ovvero che il Lamezia e non solo

Vangelo è uno ma l’inculturazione è infinita. Sembra di leggere il Concilio Vaticano Ecumenico II dove rende presente il rispetto delle culture, delle identità territoriali come ricchezza dei segni dei tempi e dello spirito che è multicolore, la chiesa universale come un arcobaleno di sensibilità, di talenti, sguardi. Il libro sembra aderisca al carisma di san Paolo di Tarso e dei Paolini ed il loro prezioso servizio culturale ed editoriale. E’ il progetto evangelizzante di san Paolo, la sua stessa persona è sintesi di differenti identità linguistiche e culturali ricomprese nel vivo Vangelo. La scelta degli episodi ha il criterio di una necessità postmoderna: l’urgenza antropologica di rivisitare sotto l’indagine di un realismo feriale, la vita contemporanea travolta dall’ebetismo digitale e bisognosa di una luce superiore. La narrazione di questo volume è un intreccio di riflessioni di chi sa sedersi, come scrive lo stesso autore, “all’uscio delle anime”, dove mettersi a chiacchierare del più e del meno per divenire meno e più. Meno egocentrici e più fraterni, meno scioccamente bramosi e più intelligentemente assetati di verità, bontà e bellezza secondo lo spirito autenticamente umano e cristiano. Il “vangelo secondo me” richiama, con le dovute differenze, i “Vangeli scomodi” di Alessandro Pronzato, sacerdote che presenta le parole di Dio come provocazione verso lo status quo e con uno stile “sfruculiante”, detto in napoletano, ed in certi casi “cazzillusu”, detto in calabrese, secondo il carattere di san Francesco di Paola, fondatore dell’ordine dei minimi a cui appartiene frate Alfonso. Gli itinerari letterari di questo libro accendono una frizzante empatia e fanno spuntare il dolce sorriso di chi entra in sintonia con una persona capace di stuzzicare l’appetito spirituale. L’utilizzo della lingua napoletana, ormai proclamata dall’UNESCO patrimonio dell’umanità, avvolge di simpatia e giovialità. Non inganni quel respiro di leggerezza del raccontare, giacché non è superficialità dei contenuti, ma modalità comunicativa accattivante, uno stile adatto ad attirare

l’attenzione di ascolto dei giovani e degli adolescenti, che l’autore ritiene i più lontani dalla proposta cristiana. Un linguaggio scoppiettante e comico, abito di un messaggio profondo, a volte drammatico, che intende scardinare un cattolicesimo borghese, fenomeno rilevato con acume profetico da Jacques Maritain. Poi, quando è il turno del “vangelo secondo me”, le parole del “Tartufone” si sbizzarriscono in una afflato partenopeo scatenato e sembra di entrare in una dimensione d’infantilità evangelica capace di mettere allo scoperto i contenuti autentici della narrazione messianica. E lo fa sulla scorta dei comici della scuola vesuviana: Totò, Massimo Troisi, Peppino De Filippo, Tony Tammaro, e perfino del padre di tutti: Pulcinella, che “scherzando dice la verità”, senza dimenticare l’ironia penetrante di Eduardo De Filippo. L’autore apre varchi con parole scioccate come uno spadaccino che mira alle parti più scoperte e critiche del lettore. La figura di Gesù ha i tratti della massima socievolezza proprio perché, come dice l’autore, chi è di “buona forchetta” è persona piacevole, semplice, disponibile, e capace di stare con tutti. Mi piace come conclude il libro il frate “cabarettista”, ossia con le parole di un suo confratello veterano: “Sto male ma sto bene – gli rispose il frate centenario. – Sto male perché ho gli acciacchi, ho cento anni, non mi reggo in piedi, sono mal ridotto; ma sto bene perché ho la pace dentro. Sono in pace con Dio, con gli altri, con me stesso ed è questo che mi fa stare bene. La pace è l’essenziale che ti fa stare bene”. Fra Alfonso Longobardi, detto Tartufone, ha trovato un solco letterario singolare per porgere alle generazioni emergenti la mangiatoia del cibo del Cielo e per questo gli sono perdonate le non poche tracimazioni esegetiche e linguistiche. Anzi, forse si sono rivelate strategiche nelle specifiche dinamiche comunicative della pastorale giovanile.

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riflessioni bibliche

NICODEMO

I L D I L E M M A D I U N A S C E LTA

di Fernando Conidi

C’è una certa similitudine tra l’uomo moderno e la figura evangelica di Nicodemo. Egli era un uomo umile, un fariseo che cercava Dio, e credeva di averlo trovato finché non incontrò sulla sua strada Gesù di Nazareth. La sua è una figura di spicco tra le altre del Vangelo, perché rappresenta la contraddizione umana e, nello stesso tempo, la necessità per l’uomo di conoscere la verità, affrontando l’ambiente, le circostanze e soprattutto se stesso, i propri timori e le proprie paure. Questa figura emblematica racchiude in se stessa il carisma che porta alla ricerca della verità. Nicodemo non si rassegna davanti a un’evidenza fin troppo scontata dei fatti, giudicando le circostanze come non sempre pienamente esaudienti della verità, di una risposta certa, che molte volte va al di là di ciò che è immediatamente visibile. E’ questo il suggerimento interiore che Nicodemo vive nel silenzio di se stesso. PRECETTI UMANI Egli cercava la libertà racchiusa nella verità, ma la sua ricerca si scontrava contro le interpretazioni della legge giudaica, la Torah, che scribi e farisei adattavano a proprio piacimento facendola sfociare in precetti umani (Mt 15, 9; Isaia 29, 13). La giornata di Nicodemo era scandita, come quella di tutti gli ebrei del tempo, dalla piena osservanza delle regole della legge, che molte volte venivano utilizzate dalla casta sacerdotale per gestire il potere politico, temporale e religioso. Lo zelo farisaico, talvolta, era il prodotto della fede mista al potere umano, che mieteva molte vittime usando la legge giudaica a proprio uso e consumo. Non era per nulla facile manifestare il proprio dissenso in situazioni simili, in cui si rischiava di essere tacciati di eresia ed essere cacciati dal Sinedrio e addirittura anche dalla sinagoga. In queste situazioni i problemi andavano risolti senza rischiare di apparire come contrari alle prescrizioni della legge giudaica. Gesù era un “predicatore” difficile da affrontare, “scomodo politicamente”, che metteva in pericolo il potere delle caste più forti della società giudaica. Egli veniva tenuto d’occhio. Vi

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era un tentativo iniziale di trovare un compromesso, tentando controllarlo invece che di combatterlo, poiché Gesù era amato da tutto il popolo e mettersi contro il popolo non era saggio per chi voleva mantenere il potere. Quel tentativo si era rivelato fallimentare; era impossibile combattere contro Colui che non aveva alcun timore di affrontare scribi, farisei e sacerdoti, battendoli sul loro stesso terreno, la legge di Dio. IPOCRISIA FARISAICA Egli palesava la carica ipocrita delle loro parole e dei loro comportamenti, finalizzati solo ad innalzare se stessi. Nicodemo non riusciva a rassegnarsi alla ferrea opposizione del Sinedrio nei confronti di Gesù di Nazareth, tacciato di essere un falso profeta. Egli desiderava capire veramente da che parte era la verità. Il suo dilemma interiore era oramai divenuto insopportabile.

San Nicodemo

Molti anni di tradizioni e osservanza della legge giudaica sembravano vacillare al solo cospetto della figura di Gesù; un “uomo” che sedeva accanto a pubblicani e prostitute, che non faceva parte del Sinedrio, né delle caste importanti, eppure veniva seguito da tutto il popolo. Qual era dunque la verità? Qual era la scelta giusta? Da dove poteva arrivare quella risposta, se non da

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Gesù stesso? Nicodemo considerava Gesù un uomo di Dio, uno dei tanti profeti che il Signore aveva tratto dal popolo ebraico. Perché allora veniva combattuto proprio da coloro che dicevano di mettere Dio al primo posto? LA RICERCA DELLA VERITÀ Perché nessuno indagava veramente, cercando la verità in un uomo che parlava solo d’amore e compiva miracoli? Dov’era, dunque, il nesso con quell’opposizione ostinata della classe sacerdotale, dei rabbi d’Israele? Solo una vera presa di coscienza poteva risolvere l’interrogativo di Nicodemo. Solo Gesù poteva gettare dell’acqua su quel fuoco interiore che divorava giorno e notte la mente e l’anima di Nicodemo, mettendo in bilico la consistenza farisaica di quelle costruzioni mentali, posate pietra su pietra, costruite su anni di studio della legge e sulla rigida osservanza dei suoi precetti. Nicodemo era deciso a ripercorrere i tratti più importanti della sua formazione religiosa, per trovare quella risposta. Doveva pur esserci una risposta sensata. “Nessun uomo può fare dei miracoli, se Dio non è con lui”. Questo era il pensiero di Nicodemo; questa era la forza che lo spingeva verso la ricerca della verità. Quel terreno verso il quale si sentiva sospinto appariva come uno strapiombo, perché incerto. La paura di essere cacciato dal Sinedrio, di essere messo ai margini, di perdere tutto ciò che aveva costruito sulla sua fede di figlio d’Israele era troppo forte. Ma Nicodemo, anch’egli un capo dei giudei, era un uomo riflessivo e dentro di sé capiva che quel Gesù non era un uomo qualunque, nessuno aveva mai parlato come Lui, neanche le cariche sacerdotali più alte erano capaci di tali predicazioni. Tutto ciò aveva bisogno di una risposta certa! Ma per averla doveva abbattere le mura della mente, le sue paure, dimenticare persino di avere una famiglia per non avere condizionamenti; questo era l’unico modo, riuscire a mettersi in discussione e camminare verso quel terreno difficile in cerca di una risposta vera, semplice e definitiva. Una scelta di fede che spetta ad ogni uomo.

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Rubricando di… psicologia

Il cibo degli dei Non è forse vero che tutti tendiamo, ad un certo punto della vita, a ricercare quella perduta o sconosciuta felicità, quella sensazione di irrinunciabile benessere fisico e psichico che ci possano far sentire di vivere al meglio, in armonia con il mondo e i suoi abitanti? A motivarmi nell’approfondimento della tematica del cibo è la ricerca di quel sentimento positivo che ogni uomo dovrebbe avere nei confronti della natura, della cultura e di tutte quelle tradizioni caratteristiche di ogni popolo, tradizioni millenarie ma ancora oggi cosi attuali. Il cibo diviene storia e cultura quando lo si crea, quando si cucina, si impiatta, quando si consuma. Quel cibo che noi scegliamo è il risultato non solo della sempre maggiore conoscenza dei suoi valori nutrizionali, bensì diviene simbolo della nostra storia personale, familiare, etnica, sociale e morale. Sono perciò partita dalla mia esperienza, dalla mia ricerca del piacere legata al gusto e alla eudaimonìa di stare seduta intorno ad una tavola. Quella tavola per me rappresenta la mia famiglia, mi rimanda a quelle tappe fondamentali che mi hanno accompagnata nella crescita, a quelle rivelazioni fatte ai miei genitori proprio li, dove la mera condivisione materiale mi spingeva e indirizzava verso un costruttivo scambio emotivo, relazionale, di vita. Un altro aspetto che senza dubbio ha contribuito a questa scelta è senz’altro la mia “calabresità”; essere figlia di terra calabra, con le sue radici magno-greche, ha fornito alla mia già incalzante curiositas sull’argomento un più forte emozionante sentimento di relazione con l’ ordine simbolico della terra-madre, genitrice primordiale e particolarmente feconda in un luogo baciato dal sole, dal mare, dai monti, da una mediterraneità cara agli dei e, in particolare, alle attenzioni di Persefone, dea delle messi e del risveglio della terra. Il cibo come consolazione, nelle sue tante aree funzionali, ha per la mente la funzione primaria di guida alla ricerca del tempo perduto (dalle francesi madeleines di M. Proust ai “pipi e patati” di casa mia). In una dimensione di ri-costruzione del sé , di ricerca di acquietamento, il cibo è “nostalgia salvifica”. Per dirla con Vito Teti è “terapeutico”, come è “Il peperoncino, un americano nel Mediterraneo” Infatti , continua Teti “il ritorno alla cucina del territorio non è soltanto un fatto di conservatorismo culturale e culinario, un generico piacere alimentare: è una questione di riconoscimento di gusto, ma anche di appaesamento; ha a che fare con i modi di percepirsi, di rappresentarsi, di sentirsi sia quando si resta che quando si esce fuori dal proprio paese” Aspetti simbolici e antropologici: la storia del cibo, il cibo della storia Guardando a ritroso nella storia del mondo, possiamo osservare come, l’atto del mangiare sia fondamento della nascita della civiltà. Basti pensare alla Bibbia, a quel gesto di nutrirsi simbolico e primordiale che racchiudeva in sé la fonte di nutrimento della psiche, l’origine della conoscenza, del bene e del male. Dio

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diede all’uomo la possibilità di scegliere tra tutti gli alberi del giardino a quale attingere per soddisfare la propria necessità di alimentarsi, ma ne escluse uno, l’albero del sapere. Da quel peccato ancestrale, Adamo ed Eva, divennero cosi consapevoli di se stessi e delle cose. Fin dalle origini, perciò, mangiare è un’azione più che biologica; è una spinta alla ricerca di affettività e relazione, è la ricerca di conoscenza; è crescita del corpo e evoluzione della psiche. Lo stesso Kant diede un’interpretazione diversa al racconto biblico sopra citato, in quanto lo interpretò come un primo passo verso l’incivilimento, un primo emergere della ragione e del desiderio di ricerca e conoscenza, e non come un puro e istintuale atto animale . Mangiare è rifornirsi di principi vitali non solo fisici, ma anche psichici ed esistenziali. D’altronde l’etimologia della parola “alimentare” ci rimanda non solo al vero e proprio atto di crescita derivante da una buona alimentazione, bensì ad una concreta nobilitazione, rimanda all’innalzarsi,

Il cibo, la tavola come incontro con l’altro, racconta la storia e la racconta forse meglio di ogni altro segmento della condizione umana dandone uno spaccato antropologico, sociologico e relazionale, seppur in modo semplice e comunque con uno sguardo che risponde a 360 gradi alla stratificazione delle distinte classi sociali , in ogni livello di appartenenza. Il filosofo Feuerbach, importante esponente della sinistra hegeliana, vuole recuperare l’uomo nella sua natura sensibile, come uomo in carne e ossa, come essere reale, per cui, provocatoriamente, afferma che la teoria degli alimenti è di grande importanza etica e politica, che gli alimenti rinvigoriscono il sangue e il cervello; da ciò la sua rivoluzione culturale nel suggerire ai governanti “[…] se volete far migliorare il popolo, in luogo di declamazioni contro il peccato, dategli un’alimentazione migliore[…] l’uomo è ciò che mangia” . Infatti la fame e la sete deprimono non solo il fisico ma anche lo spirito. Una condizione veramente degna dell’uomo non può tollerare la miseria e l’indigenza. Per il buon Feuerbach, che morì indigente, l’alimentazione costituisce quella base indispensabile perché gli uomini possano vivere insieme in modo fraterno e solidale, aprendosi all’amore, collaborando alla creazione della cultura e della civiltà. E non dimentichiamo la nascita di Eros, raccontata in modo sublime da Platone nel Simposio. E’ il frutto di un lauto banchetto la nascita di Amore, è il dono di una relazione amorosa, di un amplesso divino tra Poros e Penia.

all’elevarsi. In questo caso, il mangiare, non è solo la fame di un corpo che si rifornisce di energie; è un’espressione della psiche bramosa di vita, di crescita, una vigorosa affermazione di sè. Degna di nota è anche l’immagine mitologica della manna che cade dal cielo (Bibbia, esodo 16), attribuisce anch’essa un valore simbolico al cibo,divenendo cosi un’energia derivante da una dimensione sovra personale, trascendentale. Mangiare è un momento di trasmutazione, ma non si esaurisce nella capacità di assorbire e nella passività del ricevere, è un atto partecipativo e costella archetipicamente l’esigenza di contribuire in prima persona alle dinamiche della vita e dell’evoluzione dell’individuo. Molto significativa, altresì, la leggenda che narra la formazione di Roma (Tito Livio, 27 a.C.) dove, il singolare allattamento di Romolo e Remo fa del loro mangiare la vicenda fondante di un’intera civiltà. Si narra infatti che Rea Silvia ebbe due gemelli dal dio Marte e che successivamente, Amulio, per evitare che da adulti i due fratelli potessero rivendicare il trono che egli usurpava, pensò di farli annegare nel Tevere. Romolo e Remo vennero cosi allattati da una leggendaria lupa e fondarono più tardi la città di Roma.

“Il giorno in cui nacque Afrodite, gli dèi si radunarono per una festa in suo onore. Tra loro c’era Poros. Dopo il banchetto, Penìa era venuta a mendicare, com’è naturale in un giorno di allegra abbondanza, e stava vicino alla porta. Poros aveva bevuto molta ambrosia e, un po’ ubriaco, se ne andò nel giardino e si addormentò. Penìa, meditando nella sua povertà di avere un figlio da Poros, si sdraiò al suo fianco e concepì Eros […]. Per questo, Eros non è mai nè povero nè ricco. Eros è filosofo, poiché sta in mezzo tra sapienza e ignoranza. Nessun dio, infatti, ama il sapere e nessuno desidera diventare sapiente, perché gli dei lo sono già. Chiunque possegga davvero il sapere, infatti, non fa filosofia. Ma anche chi è del tutto ignorante non si occupa di filosofia e non desidera affatto il sapere, poiché quando si è ignoranti non si è né belli, né buoni, né intelligenti, ma si crede di esserlo. E così non si desidera qualcosa se non se ne sente la mancanza. Voi vi chiederete, allora, chi sono i filosofi, visto che non sono né i sapienti né gli ignoranti?Ma è chiaro chi sono! Sono quelli che vivono a metà tra la sapienza e l’ignoranza, ed Eros è uno di loro. La conoscenza, infatti, è tra le cose più belle, e infatti Eros ama la bellezza. Per questo Eros è filosofo, perché è nato da un padre sapiente e pieno di risorse e da una madre povera di beni e conoscenza”. E, io aggiungo, Eros è messaggero di piacere, gioia, bellezza, saggezza, Amore e Amicizia per gli uomini; di relazione come entelekia di un rinnovato umanesimo per il percorso esistenziale di tutti e di ognuno, tra cibo e nettare divino…

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(continua)

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Accade a Lamezia

Gli Angeli Gladiatori Le Guardie Ecozoofile espletano la loro attività nell’interesse di tutti i Cittadini, sono una risorsa che sovente opera in supporto alle forze dell’ordine, li troviamo in servizio allo Stadio per la nostra sicurezza, al Circo e negli allevamenti per controllare lo stato di salute degli animali, nei Parchi e nei Boschi per la prevenzione incendi, sulle spiagge per recuperare Tartarughe Marine spiaggiate e ferite, nei campi alla ricerca di cacciatori di frodo, nelle Pinete per reprimere il taglio e furto di piante da legna, tra la gente e nelle scuole a spiegar loro che la differenziata conviene sempre. Le Guardie ti aiutano sempre, senza mai nulla chiederti in cambio. Perché gli “Angeli” aiutano per vocazione, mentre i “Gladiatori” reprimono gli illeciti con professionalità...sempre. Le Guardie Ecozoofile … “Angeli” quando soccorrono, aiutano e salvano qualcosa o qualcuno. “Gladiatori” quando reprimono i reati fermando, sequestrando ed arrestando gli autori dei crimini Ambientali. Uomini che per scelta e formazione, operano nella Provincia di Catanzaro con sede logistica in Lamezia Terme, operativi H24, sempre disponibili. In una epoca in cui prevale l’egoismo e l’avidità diffusa, diviene difficile comprendere come, così tanti Cittadini dedichino gratuitamente le proprie energie ed il proprio tempo al solo scopo di contribuire al bene comune. Le Guardie sono figure professionali stabili nel mondo del lavoro, occupano trasversalmente tutte le categorie lavorative e le relative competenze sono costantemente riversate all’interno del Gruppo. La formazione è costante sulla sicurezza, il soccorso e la prevenzione, periodiche anche le esercitazioni di Protezione Civile. Alla direzione delle Guardie il Responsabile Provinciale Paolo Ottocalli, uomo di grande esperienza, capace di superare negli anni innumerevoli difficoltà e formare numerosissimi Volontari. Il suo esempio, la determinazione e il coraggio hanno contribuito alla crescita esponenziale del Corpo istituendo così anche i distaccamenti. Sempre presente e sempre in prima linea, testimone, al termine di ogni anno di corso dove le aspiranti Guardie Giurano Fedeltà alle Istituzioni, alla Patria, alla Bandiera Italiana. Un Dirigente capace, Padre di Famiglia ed Imprenditore dal carattere mite ma inflessibile nel perseguire i Bracconieri armati e violenti. Tutte le attività sono relazionate, non vi è spazio pe l’improvvisazione o l’iniziativa personale perché le convenzioni stipulate con gli enti locali prevedono precisi servizi di prevenzione e repressione sul territorio. Troppo spesso la contestazione di contravvenzioni per contrastare l’abbandono di rifiuti urbani, suscita irritazione da parte del cittadino che invece dovrebbe comprendere l’importanza della nostra attività volta a ricordare a tutti che esistono delle regole da rispettare nel territorio comunale, orario di conferimento che cambia in relazione del rifiuto da smaltire, contenitori differenziati per tipologia carta, plastica ecc. oltre ai confini Comunali da rispettare: non è possibile, infatti, depositare il proprio rifiuto in comune diverso da quello di appartenenza. pag. 18

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l’angolo di tommaso

Nel mondo di Titti e Silvestro Il mondo dell’incredibile, delle parole a cascate, fiumi in piena, non lamentiamoci, non sappiamo quanto durerà, gustiamo tutto fino in fondo come frutti esotici appena arrivati dalle Indie, come pomodori giunti dal Continente scoperto dal nostro inconsapevole Colombo. L’Unione Europea, mai stata unione, sempre più disunita e inquietante appare come uno squalo fiacco, un povero gatto Silvestro più ottuso e sfigato come non si poteva immaginare di vedere, sotto i colpi di scopa della vecchina. Ma come si permettono gli italiani ad alzare la testa? Si chiedono malconci tedeschi/francesi/ olandesi e compagnia bella... Questi nuovi pezzenti vincenti eletti da italiani di seconda categoria... meglio prima, quando vi erano i non eletti governanti tutti con il mal di schiena a furia di prostrarsi davanti alla Signora tedesca... E quando non si ha niente

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da dire e si ha la coscienza un po’ sporca, i falliti squaletti italiani con il mal di schiena si riempiono la “colta” boccuccia di frasi stucchevoli su un ventennio morto e sepolto. Eh si, è proprio un momento unico e indimenticabile, cadono le pirandelliane maschere europee, si riempiono gli studi di valenti esperti di psicologia di ex governanti italiani i quali sotto ipnosi cercano di recuperare il “partito che non c’è più” della serie l’isola che non c’è etc etc... E tanti, milioni di italiani stentano a prendere sonno... Appena abbassano le colpevoli palpebre, una voce colpevole li fa sussultare: cattivi cattivi cattivi... ah questi italiani di serie B... ignoranti, che non hanno votato gli “esseri eletti” per eccellenza... Però... “Mi è semblato di vedere un gatto” ci dice il famoso canarino del mio cartone preferito...

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Sport

L’internazionale futura umanità Il linguaggio figurato e la grammatica del giuoco sono una specie di linguaggio esoterico sommamente evoluto che comprende parecchie arti, massime la matematica e la musica ciò che le successive epoche di studi eruditi hanno ridotto a cocetti e a possesso intellettuale, tutto questo enorme patrimonio è trattato dal giocatore di perle come un organo dall’organista; e quest’organo è di una perfezione a malapena immaginabile. Hermann Hesse (iniziali H. H.: quando si dice predestinazione) non ha fatto a tempo ad accorgersene, ma il giuoco delle perle di vetro si è inverato nel calcio. Vabbè, quello pertineva allo spirito e questo al corpo; ma più di un secolo di materialismo scientifico ci permetteranno bene di ritrovare la necessaria unità tra due categorie fuorvianti e sorpassate! Come negare che, tra tutti i sistemi ludici, sia proprio il calcio ad avere raggiunto. come complesso di regole e ordinamenti e come potenziale espressivo, «una perfezione a malapena immaginabile»? Contrariamente alla normalità non-ludica, sul rettangolo verde il sistema nobilita l’individuo e ne esalta le capacità, inserendole in un insieme armonioso e onnicomprensivo: perchè nel calcio ogni atto, scellerato o nobile, grandioso o meschino, felice o infelice, è comunque destinato a essere singola componente del risultato, della classifica, della storia. Così i tunnel di Sivori e gli autogoal di Niccolai, nel calcio non esiste emarginazione, prodezze ed errori, godono di uguale rilievo, genii e ciofeche occupano ciascuno la sua legittima nicchia. Che mirabile esattezza, che infallibile armonia: «massime la matematica e la musica». Infine, risolsi l’apparente contraddizione tra le miei idee politiche e l’evidente connotato “classista” della mia squadra stabilendo che è meglio avere un presidente “grande borghese” piuttosto che una dirigenza di ladri di polli, scialacquatori di fortune paterne e massari inurbati, diceva Togliatti che anche sulla criniera di un nobile destriero… Aver tirato in ballo il migliore, a questo punto, mi fa venire in mente quanto sia tollerabile e ammessa ogni incongruenza tra fede politica e fede calcistica: ai suoi tempi era o non era valletta il capoccia della fiat? E Palmiro era o non era, con l’avvocato, il primus inter pares della

tifoseria bianconera? Ecco, bianco e nero: si torna al colore delle maglie. si invidia alla juventus l’impeccabile classicità’ della sua casacca. Bando ai cromatismi, devono aver pensato i padri della patria bianconera, proprio come i registi oggi più in palla, che ritornano gloriosamente alla contraddizione elementare del bianco e nero, alla dicotomia primigenia ed essenziale… A scanso di equivoci, e per rafforzarmi nelle mie certezze, dirò subito quello che si odia nella juventus è l’eccesso di perfezionismo, di eleganza, di stile, quel troppo che stroppia, quell’aria da gestione del potere razionalizzata e agnellizzata, teloquio manageriale dei suoi giocatori. L’aspetto sussiegoso e medioborghese dei suoi leader. Il calcio è un sistema perfetto perchè riesce a conciliare i meccanismi oggettivi, immutabili e infinitamente variabili del giuoco con la faziosità, imprecisione, le velleità e la spocchia del giocatoretifoso. La fantasia collettiva, una volta tanto, è madre e garante delle multiformi fantasie individuali, socialità e individualismo a braccetto: ma una volta non si chiamava utopia? Ovvio che di fronte a questa macchina perfetta (anzi, dentro di essa) noi tifosi, incapaci di abbracciarne con il cuore e il comprendonio l’intero meccanismo, scegliamo di identificarci solo in una parte: e non nel tutto. E anche in questo apparente limite dei suoi seguaci, il calcio riafferma la sua grandezza, riservando solo a se stesso, come ad ogni centro di gravità che si rispetti, la funzione di grande equilibratore dei diversi campi di forza, e assegnando con equanime arbitrio a giocatori e giocatori-tifosi il compito di tendere, da bande contrapposte, verso il nocciolo della questione, garantendo così il perpetuo equilibrio del sistema. Un equilibrio che si manifesta in ogni particolare, in ogni minuto dettaglio. La juventus è la squadra più amata? dunque deve essere anche la più odiata.

ERRATA CORRIGE, PER SATIRELLANDO DI GIUGNO: CORREZIONE DEL TITOLO “UN TRACOTANTE”, CON LA CORREZIONE ESATTA CHE E’: “LIBERA NOS, DOMINE!

Satirellando

Satirellando, dalla scuola, con furore. Il mese di giugno segna, ogni anno, la fine dell’anno scolastico, detto volgarmente la fine della scuola… Per gli alunni, ovviamente. E, in contemplazione del fatto che, dalla buona scuola alla buona sòla, come cantava Anna Oxa: “È tutto un attimo!”, lasciamo, dunque, ai soli alunni, ancora per poco, la gioia di una libera estate in libero Stato…

LA BUONA SÒLA Da quando uso il registro elettronico, ho sul volto un sorriso sardonico: lo stesso successe mentre andavo imparando, l’aulica L.I.M. …“a quando a quando”! Mode informatiche: comunque andrà, non copron l’ignoranza di chi non sa! Un tempo un prof veniva giudicato pag. 20

dalla cultura che avea tramandato: oggi ti chiamano persino “sòla”, se non inneggi alla “buona scuola”, se non compari in piattaforma, che parla, ti spiega e su tutto t’informa e se non fai costante man bassa di quel poco che resta in cassa! Il mon do si sfalda, il cielo crolla,

in un immenso “copia ed incolla”. Se ti ribelli, sei un disfattista: lo decretò un noto ballista, un MR. BEAN tutto nostrano, che offende ogni toscano! Ma, zitto! È un miracolo che, di recente, non ti chiamino più… nullafacente!

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Sport

Nuoto, Arvalia Lamezia al

“XVI Meeting Città di Cosenza” partecipa con gli atleti paralimpici Si è svolto il “XVI Meeting Città di Cosenza” di nuoto sugli spalti della piscina Campagnano (CS) che erano gremiti di gente, più di 1000 atleti provenienti da tutto lo stivale, un record mai registrato finora. Protagonisti indiscussi della giornata un gruppo di atleti paralimpici, determinati, appassionati, emozionati ed emozionanti. Durante la giornata hanno gareggiato, al pari degli atleti normodotati, nelle discipline dei 50 stile, 50 dorso, 50 rana e 50 farfalla in vasca a 10 corsie, 50 m di lunghezza per 25 di larghezza. Gli atleti, in questione, erano quasi tutti appartenenti a società calabresi: Polisportiva Team 14 (RC) che ha conquistato sei ori, ARVALIA Lamezia Terme (CZ) che vince quattro ori, NEMO Cosenza (CS) che vince tre ori, LACINIA NUOTO (KR) che conquista due ori; tutte società calabresi eccetto una delegazione di atleti paralimpici provenienti dalla Basilicata, l’Old Friends Nuoto, vincitori di quattro ori e due argenti. Al meeting erano presenti Alfredo Porcaro Presidente della Fin Calabria che si affretta a complimentarsi, fin da subito, con gli organizzatori dell’evento: “sono riusciti a migliorare una manifestazione che negli anni passati era già di grande livello. Siamo diventati un punto di riferimento per atleti in arrivo da tutta Italia e lo facciamo solo per i nostri giovani”;

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e Maurizio Marrara delegato regionale della FINP, che dopo l’annuncio della Cosenza Nuoto ufficialmente affiliata alla Federazione Italiana Nuoto Paralimpico, afferma: “questo è un orgoglio. Cosenza con questo evento conferma di avere il nostro stesso intento e l’affiliazione della società è segno di attenzione e voglia di pensare a tutti”. Una giornata carica di emozioni e puro agonismo. Percepita da tutti i presenti la passione e l’amore, degli atleti, per questo sport. Per l’Acli Arvalia di Lamezia Terme, non è stato un “normale” evento sportivo, anzi tutt’altro, è stato l’esordio. Perché per la prima volta tre atleti paralimpici, della società lametina: Gian Vittorio Longo, Pasquale Torcaso, Simone Sacco, hanno partecipano alla gara. Confrontarsi con altri atleti, voler superare i propri limiti e dimostrare i risultati raggiunti in un mix di adrenalina e paure, i tre lametini, come dice Pietro Ammendola, il loro allenatore: “sono stati al di sopra di ogni aspettativa, sono stati fortissimi. E’ stata la loro prima uscita – dice Ammendola – ma tutti, hanno superato e migliorato il proprio tempo personale. Vi dirò di più – continua l’allenatore – solitamente Longo, Torcaso e Sacco si allenano in una vasca da 25 metri, domenica a Cosenza hanno

gareggiato in una piscina 50 metri di lunghezza e hanno comunque vinto quattro medaglie d’oro superando se stessi. Prima della gara erano preoccupati e nervosi, perché l’agonismo con gli atleti si sentiva e non nego che lo ero anch’io, perché anche per me è stata la prima uscita da allenatore e non da nuotatore, ma appena sono entrati in acqua tutta la tensione è sparita. E’ impossibile raccontare l’emozione e la soddisfazione che ho letto negli occhi dei tre atleti mentre sentivano i loro nomi urlati dagli spalti, dagli amici, dai parenti che li hanno accompagnati durante la gara e soprattutto durante la premiazione. A prescindere dai quattro ori vinti, i ragazzi erano orgogliosi e felici di loro stessi, delle sensazioni e della bellezza che questo sport riesce a regalare. Spero che nei prossimi anni insieme a Gian Vittorio, Pasquale e Simone ci siano altri ragazzi con cui vivere giornate speciali come questa. Come loro allenatore – conclude Pietro Ammendola – sono fiero di loro e ringrazio l’Acli Arvalia nuoto Lamezia per il costante supporto e per il lavoro di promozione, che fa ogni giorno, per rendere il nuoto uno sport alla portata di tutti.”

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Spettacolo “FATTI DI MUSICA 2018”: SUCCESSO E PREMIO PER

GIO’ DI TONNO Con il seguitissimo concerto di Giò Di Tonno in Piazza del Santuario di Maria SS. delle Grazie di Tresilico di Oppido Mamertina, primo del suo tour estivo “A volte Giò, a volte no”, si sono conclusi i tradizionali Festeggiamenti predisposti dall’Associazione Culturale “I Ponti” e dal Comitato Feste, legati all’apparizione della Madonna che ebbe la mistica Rosa Vorluni, nella prima metà dell’800, nell’antico e suggestivo centro aspromontano in provincia di Reggio Calabria. I tre appuntamenti, tra musica e cultura, hanno registrato un grande interesse e una folta partecipazione popolare, culminata con il concerto dell’artista abruzzese e della sua band. Dopo il successo di Notre Dame De Paris, in cui sin dalla prima edizione italiana di David Zard del 2002, su scelta dello stesso Riccardo Cocciante, ha interpretato in modo impareggiabile il personaggio di Quasimodo, Giò Di Tonno è partito col tour che lo porterà in lungo e largo per l’Italia. Durante due ore di concerto, ha sfoderato tutta la sua bravura di artista completo e di cantante dalla voce unica e possente, eseguendo i suoi successi più noti, i celebri brani delle Opere musicali di cui è stato protagonista, apprezzatissimi omaggi a nomi storici della canzone d’autore e, finanche, dei piccoli sipari con l’imitazione di big della canzone, da Guccini a Califano. Confermate ecletticità e straordinaria bravura, che gli hanno consentito di vincere un Festival di Sanremo, un’edizione di “Tale e quale Show” di Carlo Conti e di imporsi come autentico protagonista della stagione televisiva appena conclusa, nel programma “I fatti vostri” di Michele Guardì. Numerosissimi i suoi fan arrivati a

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Tresilico anche dai centri vicini. Con lui, nel mezzo di un elegante allestimento ricco di effetti e immagini, la sua band composta da Pasquale Angelini, Marcello Ingrosso, Egidio Marchitelli, Mauro Vaccarelli e dalla corista Cynzia Cirone che, prima dell’inizio del concerto, ha accompagnato l’arrivo della Statua della Madonna nel Santuario, eseguendo una emozionante “Ave Maria” di Schubert. L’evento era inserito nel ricco programma della trentaduesima “Fatti di Musica Radio Juke Box”, il festival del live d’autore ideato e diretto da Ruggero Pegna. Ospite della serata è stato l’orafo crotonese Gerardo Sacco, che ha realizzato il Riccio d’Argento, prestigioso premio del festival, e un quadro della Vergine in oro e argento consegnato al Rettore del Santuario con l’impegno, anticipato da alcune bozze, di realizzare per il prossimo anno una creazione per la venerata Statua della Madonna delle Grazie. A fine concerto, il promoter ha chiamato sul palcoscenico il sindaco di Oppido, dottor Domenico Giannetta, che ha consegnato a Giò Di Tonno il riconoscimento del Festival. Per Tresilico, come ha sottolineato il sindaco, una serata indimenticabile e da incorniciare, come le altre che l’hanno preceduta. Molto seguito era stato, infatti, anche l’incontro letterario d’apertura dedicato all’attualissimo tema “Migranti e Diritto al futuro”, con il romanzo “Il cacciatore di meduse” dello stesso promoter-scrittore. A discutere di integrazione, accoglienza, razzismo e di ogni aspetto connesso, partendo dalla storia di Tajil, il piccolo migrante somalo sbarcato a Lampedusa con la madre, sono stati la professoressa

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Antonietta Bonarrigo, don Letterio Festa, don Benedetto Rustico, Rettore del Santuario, l’autore e l’editore Michele Falco, in un Santuario stracolmo e attento. Infine, unanimi consensi e apprezzamenti ha ricevuto il giovane cantautore calabrese Francesco Sicari, che sabato sera ha tenuto il suo concerto accompagnato da Massimo Cusato, batteria e percussioni, e Attilio Costa, chitarre. Autore dell’originale e bellissimo album “Spartenza”, che ha messo in luce le sue qualità di musicista, autore e compositore, Sicari è certamente tra i cantautori più ispirati e promettenti nel panorama degli emergenti italiani. Il suo concerto si è realizzato anche grazie alla collaborazione dell’Assessorato Regionale al Turismo nell’ambito del progetto “La Calabria è talento”, ideato dallo stesso Pegna per mettere in luce e valorizzare i veri talenti della regione. “Oppido, con la sua Tresilico, che ne è una frazione connotata da un forte sentimento di appartenenza” ha detto il promoter al termine dei vari appuntamenti - è certamente uno dei luoghi calabresi dal Patrimonio culturale e paesaggistico inestimabile, a cominciare dalla maestosa Cattedrale, sede della Diocesi, che domina una delle più belle piazze della regione. Non c’ero mai stato e ne sono rimasto molto colpito. Credo che il Santuario e la gigantesca Cattedrale, che conservano intatti secoli di storia, meritino di essere visitati, come i vari borghi che rappresentano una Calabria a molti sconosciuta, ricca di suggestioni e umanità, davvero da scoprire. Ringrazio tutti per il calore e l’affetto ricevuti.”.

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Spettacolo

“ESTATE IN MUSICA” 4ª EDIZIONE Ha già avuto inizio domenica 17 giugno alle 18,00, il consueto, imperdibile, appuntamento estivo presso il Lissania Garden che fiancheggia il locale Trani a Go Go , in Via Lissania, a Lamezia Terme che anche quest’ anno sarà ricco di musica e … non solo. Esso ha infatti in programma le musiche di due grandi: Fabrizio De Andrè e Pierangelo Bertoli, eseguite, come di consueto da professionisti. Il 17 alle ore 18,00 si è potuto assistere al primo incontro: All’ Anteprima dell’evento grazie a uno spettacolo di burattini dedicato a tutti ed ai bambini in particolare: “ Zampalesta u cane tempesta “ , spettacolo di burattini tradizionali calabresi diretto da Angelo Gallo del Teatro della Maruca di Crotone, vincitore nel 2014 del premio Otello Sarzi, nell’ambito della XXV edizione del “ Festival internazionale del Teatro” . A seguire alcuni concerti: Il 30 giugno alle 21,15: Il “Faber Quartet “ gruppo di musicisti di Reggio Calabria per rendere omaggio a Fabrizio De Andrè ;

bravura eccezionale, un virtuosismo personalissimo, tale da divenire uno fra i più prestigiosi chitarristi della tradizione calabrese. Egli ha tenuto concerti anche all’estero e ha scritto musiche per alcuni programmi della Rai. La manifestazione “Estate in Musica “ si concluderà il 27 Luglio con “ Fimmini du Sud “ ‘donne del Sud’ di Francesca Prestia, che narra la storia dei vinti. Come cantastorie calabrese, ella narra, suonando e cantando per protestare e denunciare. La cantante è definita la cantastorie delle donne proprio per questo suo cantare e narrare in giro per il Paese, le storie di alcune donne, che in Italia o in Calabria hanno subìto angherie e/o ingiustizie. Semplicemente con la sua voce e la sua chitarra riesce ad attirare l’attenzione e a trasmettere emozioni, valorizzando e trasmettendo attraverso il canto e le parole, tradizioni, cultura e storia Calabrese.

il 10 Luglio sempre alle 21,15 : Protagonista Alberto Bertoli, figlio di Pierangelo, ad eseguire alcune canzoni di Pierangelo Bertoli che son diventate ormai parte del suo repertorio musicale; 16 luglio alla stessa ora viene messa in scena una rappresentazione a cura dell’ attrice Patrizia La Fonte “Povere Sante”: Donne raccontate di 100 anni fa; il 21 Luglio alle 21,15 è programmato il concerto dello squintettto di Cataldo Perri, della sua chitarra battente e delle sonorità di tradizione calabrese. C. Perri suona la chitarra battente con Testata Giornalistica Di tutto un po’ - lamezia e non solo anno 26°- n. 45 - luglio 2018 Iscrizione al Tribunale di Lamezia Terme dal 1993 n. 609/09 Rug. - 4/09 Reg. Stampa Direttore Responsabile: Antonio Perri Edito da: GRAFICHÈditore Perri Lamezia Terme - Via del Progresso, 200 Tel. 0968.21844 - e.mail. perri16@gmail.com Stampa: Michele Domenicano Allestimento: Peppino Serratore Redazione: Giuseppe Perri - Nella Fragale - Antonio Perri Progetto grafico&impaginazione: Grafiché Perri-0968.21844

Le iscrizioni, per i privati sono gratuite; così come sono gratuite le pubblicazioni di novelle, lettere, poesie, foto e quanto altro ci verrà inviato. Lamezia e non solo presso: Grafiché Perri - Via del Progresso, 200 -

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La parola alla Psicologa

Fobia sociale (ansia sociale)… sintomi e cura La fobia sociale è un disturbo molto diffuso nella popolazione, secondo alcuni studi ne soffre circa il 13%. La fobia sociale è un disturbo d’ansia caratterizzato da una paura marcata e persistente relativa ad una o più situazioni sociali o prestazionali. Le situazioni che la persona teme sono quelle in cui è richiesta una prestazione che possa implicare una valutazione o una critica da parte altrui, un esame ad esempio, parlare in pubblico, ma anche cantare, mangiare o parlare di fronte a un gruppo di persone, intervenire durante una riunione di lavoro, partecipare a una festa, parlare con uno sconosciuto, chiedere informazioni e chiarimenti, camminare di fronte ad altre persone, sostenere una conversazione con un gruppo o con una singola persona, insomma qualsiasi attività che può’ attirare l’attenzione degli altri. La persona teme infatti di agire e comportarsi in modo inadeguato in presenza di persone non familiari, di mostrare manifestazioni d’ansia, di provare imbarazzo, vergogna, umiliazione, di essere criticata e giudicata negativamente. Questa paura può portare chi ne soffre ad evitare la maggior parte delle situazioni sociali, per la paura di comportarsi in modo “sbagliato” e di venir mal giudicati. Nelle situazioni temute le persone possono presentare forti reazioni a carico del sistema nervoso autonomo: malessere gastrointestinale, diarrea, balbuzie, tachicardia, manifestazioni violente di rossore e sudorazione. Oltre all’ansia nel corso dell’esposizione alla situazione temuta, può manifestarsi marcata ansia anticipatoria, per esempio cominciare a preoccuparsi varie ore al giorno fin da varie settimane prima di un evento sociale difficilmente evitabile. Si instaura così un circolo vizioso: l’ansia anticipatoria determina un atteggiamento di apprensione e sintomi d’ansia, i quali a loro volta determinano una prestazione realmente scadente ed imbarazzante, che a sua volta determina, in seguito, maggiore ansia anticipatoria. Accade spesso che chi sperimenta ansia sociale, quando non si trova in una situazione temuta, pag. 24

riconosca come irragionevole la propria paura e tenda, conseguentemente, ad auto accusarsi e rimproverarsi per non riuscire a fare cose che tutti fanno. Solitamente si distinguono due tipi di Fobia Sociale: - semplice, quando la persona sperimenta ansia sociale solo in una o poche tipologie di situazioni (per esempio è incapace di parlare in pubblico, ma non ha problemi in altre situazioni sociali come partecipare ad

una festa o parlare con uno sconosciuto); - generalizzata, quando invece la persona teme pressoché tutte le situazioni sociali. A livello cognitivo il fobico sociale è caratterizzato dall’essere molto critico verso se stesso e si autopercepisce come debole, incompetente e ridicolo, mentre l’altro è visto come abile, superiore e competente. Sul piano comportamentale, la persona con fobia sociale, per sottrarsi all’esposizione di esperienze dolorose, adotta la condotta dell’evitamento e del rinvio, della rinuncia e del ritiro. A livello emotivo, invece, vive posseduto da un senso GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

generale di agitazione e di preoccupazione che aumenta con l’avvicinarsi di una situazione temuta, ansia, vergogna e sensazione di umiliazione nel momento in cui si trova nella situazione fobica. Secondo diversi studi, la psicoterapia di tipo cognitivo-comportamentale è uno dei trattamenti più efficaci per la cura della fobia sociale (o disturbo d’ansia sociale), finalizzata a ridurre la sintomatologia ansiosa, ridurre l’isolamento sociale e promuovere un migliore funzionamento sociale e lavorativo della persona. La psicoterapia cognitivo comportamentale punta da un lato a modificare i pensieri disfunzionali, dall’altro a offrire alla persona migliori capacità ed abilità nel affrontare le situazioni temute. Le convinzioni disfunzionali o irrazionali sono pensieri che le persone fanno circa gli eventi, nei quali si trovano coinvolte e che derivano, a loro volta, da schemi cognitivi rigidi e poco adattivi, come ad esempio la convinzione che mostrare ansia sia un segno di debolezza oppure la convinzione di essere sempre attentamente osservati da parte degli altri. Tali pensieri entrano, per così dire, in funzione solo quando una persona deve affrontare una situazione sociale, cioè deve esporsi ad un possibile giudizio degli altri, facendo così scattare l’ansia e la conseguente sensazione di perdere il controllo. Il lavoro dello psicoterapeuta si concentra sul ridurre la sintomatologia ansiosa, il timore del giudizio degli altri e il bisogno di riconoscimento; controllare il rimuginio anticipatorio sulle proprie prestazioni (ovvero la concatenazione di pensieri e immagini relativamente incontrollabili); ridurre il timore di mostrare ansia; ridurre i comportamenti di controllo dell’ansia e gli evitamenti delle situazioni sociali ansiogene.

Dr.ssa Valeria Saladino Psicologa

Referente per la Provincia di Catanzaro della Società Italiana di Promozione della Salute (S.I.P.S.) Lamezia e non solo


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