Aiga aprile cs6

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Lamezia e non solo

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Paradiso

Lamezia Terme – Tel. 0968.53096 www.paradisogroup.it Editore: Grafichè di A. Perri

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Diffamazione a mezzo stampa

Interessante incontro dell’Associazione Italiana Giovani Avvocati per discutere di un argomento, oggi più che mai, attualissimo: la diffamazione a mezzo stampa. L’incontro si è svolto presso la sede della Casa Editrice Grafichè. Sede più che mai azzeccata visto che l’editore stampa il mensile ”lamezia e non solo”. Ettore Randazzo: “Il processo mediatico che, nelle vicende più ghiotte, invariabilmente affianca quello giudiziario, è palesemente irriguardoso dei precetti costituzionali relativi al rispetto del contraddittorio e alla parità delle parti nella formazione della prova. Precetti che dovrebbero valere anche nei giornali, dato che essi, da un canto, producono effetti diretti facilmente intuibili, e dall’altro possono provocare un forte condizionamento sociale sui giudici investiti dall’onere del giudizio vero. E ciò per la diversa enfatizzazione della tesi di accusa rispetto a quella difensiva, con la conseguente conclusione in una inappellabile condanna mediatica, talora ben più severa di quella giudiziaria”. Il resto di diffamazione a mezzo stampa è stato al centro di numerosi dibattiti e la Suprema Corte di Cassazione si è occupata nel corso degli ultimi anni di tale tema soffermandosi, soprattutto, sul diritto di cronaca ed, in particolar modo, sulla scriminante del diritto di cronaca. La ricerca effettuata mira ad evidenziare le posizioni dottrinarie e giurisprudenziali in connessione con i doveri dei giornalisti definiti da Umberto Eco come “storici del presente o dell’istante”. I giornalisti, dovrebbero rispettare sempre la dignità dei protagonisti delle vicende inseguendo la necessaria correlazione tra quanto narrato e quanto accaduto nella realtà, risultando inammissibile il valore sostitutivo della verosimiglianza. Al fine di poter inquadrare correttamente il tema è necessario soffermarsi brevemente sul reato principale del reato di diffamazione previsto dall’art. 95 c.p.c. La diffamazione consiste in una manifestazione del pensiero che rileva, ai

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fini della consumazione del reato, nella misura in cui l’espressione offensiva venga a conoscenza di un’altra persona o comunque sia da altri percepita. L’offesa è rivolta nei confronti della reputazione della persona che può essere lesa o messa in pericolo da chiunque attribuisca al soggetto interessato qualità o fatti in qualche modo disonoranti. Tale offesa implica, in concreto, ma non necessariamente, che la persona si senta colpita nel proprio onore e che ne risenta la sua reputazione in termini di perdita di stima. Gli elementi costitutivi del reato di diffamazione sono due. Più precisamente secondo quanto previsto dall’art. 595 c.p. commette il reato di diffamazione chiunque in assenza della persona offesa offende l’altrui reputazione comunicando con più persone. Emerge, quindi, che il bene giuridico tutelato e la c.d reputazione, per tale intendendosi in generale, e secondo l’interpretazione giurisprudenziale, la stima, diffusa nell’ambiente sociale, l’opinione e la considerazione di cui ciascuno gode nel contesto sociale e dei rapporti personali o professionali. Più precisamente, e secondo l’interpretazione giurisprudenziale, essa va intesa come riflesso oggettivo dell’onore e del decoro rappresentando il senso della dignità personale nell’opinione degli altri. Il secondo elemento costitutivo del reato è costituito dalla comunicazione con più persone. La diffamazione, dunque, è un reato istantaneo che si consuma con la comunicazione con più persone lesiva della reputazione, anche se la comunicazione e la percezione da parte di costoro del messaggio non siano contemporanee alla trasmissione e contestuali tra di loro, ben potendo i

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destinatari trovarsi persino a grande distanza gli uni dagli altri, ovvero dall’agente. La pena prevista dal codice per la diffamazione, reato punibile a querela della persona offesa consiste nella multa da € 258,00 ad € 2.582,00 ovvero nella permanenza domiciliare da sei giorni a trenta giorni o nel lavoro di pubblica utilità per un periodo da dieci giorni a tre mesi. Per il reato di diffamazione, il codice penale all’art. 595 prevede due aggravanti e cioè l’attribuzione di un fatto determinato e l’utilizzo del mezzo della stampa. La disciplina dettata per questo reato si ritrova nel codice penale e nella c.d. Legge sulla Stampa (Legge 8 febbario 1948 n. 47). Più precisamente, se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, cioè si offende l’altrui reputazione facendo riferimento ad un episodio preciso e specifico, la pena è raddoppiata rispetto alla fattispecie base, prevedendosi la reclusione fino a due anni, ovvero la multa fino ad euro 2.065,00. Se l’offesa è recata con mezzo della stampa (giornali, televisione, altri mezzi di informazione) o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità (tipo la rete Internet), ovvero in atto pubblico, è prevista la pena della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore ad euro 516,00. Per la definizione dei termini di stampa e stampati a fini penalistici si fa comunemente riferimento a quella dettata, ad altri fini, dall’art. 1 della Legge sulla Stampa, mentre con l’espressione altro mezzo di pubblicità, secondo l’interpretazione dottrinaria comune, si intendono tutti gli altri mezzi divulgativi, diversi dalla stampa, quale la trasmissione radiofonica o televisiva, la rappresentazione cinematografica, la circolare diretta ad ampia cerchia di persone,

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le grida, canti, annunci o espressioni amplificate dall’altoparlante o megafono in pubbliche manifestazioni o spettacoli. Per atto pubblico, infine, dovrebbe intendersi non soltanto quello in senso formale, ma qualsiasi atto destinato alla pubblicità. Ebbene tale seconda forma di aggravante prevista dal codice penale, ci conduce all’argomento oggetto del presente lavoro, ovvero alla diffamazione a mezzo stampa. L’utilizzo della stampa per diffamare una persona rappresenta, dunque, un’aggravante del reato di diffamazione in considerazione della particolare attitudine diffusiva del mezzo adoperato e del potere di persuasione psicologica e di orientamento d’opinione che la stampa possiede e che rende più incisiva la diffamazione e determina, quindi, un maggior danno. E’ dunque, in un contesto in cui l’evolversi della coscienza sociale è continua e la diffusione di mezzi di comunicazione di massa è sempre maggiore, si pone il problema di individuare il ruolo e i limiti dell’informazione potenzialmente lesiva dell’altrui reputazione, al fine di contemperare i diritti del singolo con l’esigenza della diffusione di notizie di interesse pubblico. Il reato di diffamazione a mezzo stampa è punibile a querela della persona interessata dalla pubblicazione di notizie che ledono la sua reputazione. Ai sensi dell’art. 124 c.p., la querela fa effettuata entro il termine perentorio di 90 giorni decorrenti dal momento in cui il titolare del diritto leso ha acquisito una “conoscenza certa, sulla base di elementi seri del fatto-reato nella sua dimensione oggettiva e soggettiva”. Ne consegue che nel caso in cui siano stati svolti tempestivi accertamenti, indispensabili per l’individuazione del soggetto attivo, il termine decorre non dal momento in cui la persona offesa viene a conoscenza del fatto oggettivo del reato, né da quello in cui, sulla base di semplici sospetti, indirizza le indagini verso una determinata persona, ma dall’esito di tali indagini. In ogni caso qualora venga eccepita la tardività della querela, la prova del difetto di tempestività deve essere fornita da chi lo deduce e non può basarsi su semplici presunzioni o mere supposizioni. Passando all’esame del profilo materiale del reato di diffamazione a mezzo stampa, proviamo ad indagare sui soggetti attivi e passivi del reato. Soggetto attivo del reato di diffamazione a mezzo stampa può essere chiunque non essendo richiesti particolari requisiti. E’ chiaro che

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esso è, innanzitutto, l’autore dello scritto dal contenuto diffamatorio, tenendo presente che nel campo del diritto penale vigente vale il principio della responsabilità personale, Tuttavia, ai sensi dell’art. 57 c.p., nonché della normativa sulla stampa è responsabile anche il direttore del periodico: a titolo di concorso (quando pur consapevole della potenzialità offensiva delle espressioni utilizzate nell’articolo, ne abbia, ugualmente autorizzato la pubblicazione) ovvero per fatto proprio (se l’evento lesivo, pur non essendo voluto dal direttore, non si sarebbe verificato se avesse impiegato la dovuta diligenza nel controllare gli scritti destinati alla pubblicazione). La condotta omissiva del direttore responsabile del giornale, prevista e punita dall’art. 57 c.p., consiste nel non avere attivato i dovuti controlli per evitare che con il mezzo della stampa e sul giornale in questione si ledesse dolosamente la reputazione di terze persone. Non solo, ai sensi dell’art. 57 bis c.p., le disposizioni di cui all’art. 57 c.p., si applicano, nel caso di stampa non periodica all’editore, se l’autore della pubblicazione è ignoto o non imputabile, ovvero allo stampatore, se l’editore non è indicato o non è imputabile. Ciò in quanto si tratta di soggetti tenuti ad esercitare sul contenuto del periodico il controllo necessario ad impedire che con il mezzo della pubblicazione siano commessi reati. Inoltre, per i reati commessi con il mezzo della stampa sono civilmente responsabili, in solido con gli autori del reato, il proprietario della pubblicazione e l’editore. Quanto al soggetto passivo, cioè diffamato (presunto), possono assumere le vesti di soggetti passivi del delitto in questione oltre che le persone fisiche, le persone giuridiche e gli enti collettivi. Naturalmente, la diffamazione può riguardare soggetti non più in vita e, in tal caso, legittimato a difendere il diritto sarà l’erede od il congiunto della persona offesa. Per la sussistenza del delitto di diffamazione, l’individuazione dell’effettivo destinatario dell’offesa è condizione essenziale ed imprescindibile per attribuire a tale offesa rilevanza giuridicopenale, tuttavia ai fini della configurabilità del reato è irrilevante l’indicazione nominativa del diffamato, ben potendosi questa desumere da riferimenti inequivoci a fatti e circostanze di notoria conoscenza, attribuibili ad un determinato soggetto. Più precisamente, la persona cui è diretta l’offesa, seppur non necessariamente indicata nominativamente, deve essere individuabile agevolmente e con certezza. E’ doveroso precisare, infine, che la diffamazione a mezzo stampa

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rappresenta non solo un‘ipotesi di reato a tutela dell’altrui reputazione (artt. 595 e ss. c.p.) ma anche un illecito civile, che impone al responsabile del fatto l’obbligo di risarcire il danno. In particolare, nel caso del reato di diffamazione l’art. 185 c.p. prevede il risarcimento del danno patrimoniale e danno non patrimoniale. Inoltre l’art. 12 della L. 8 febbraio 1948 n. 47 prevede, oltre, al risarcimento previsto dall’art. 185 c.p., un’ulteriore somma a titolo di riparazione che non costituisce una duplicazione delle voci di danno risarcibili, ma che integra un’ipotesi eccezionale di pena pecuniaria privata. In presenza di determinate condizioni, pur laddove si sia consumata la lesione all’altrui reputazione divulgando fatti e notizie, gli autori del reato non sono punibili. Si parla in tal caso delle cd cause di esclusione della punibilità che possono sinteticamente ricondursi a: 1) consenso dell’avente diritto; 2) esercizio di un diritto; 3)Provocazione; 4) ritorsione. IL CONSENSO DELL’AVENTE DIRITTO Quanto al consenso del titolare dell’avente diritto (nel caso de quo il diritto alla reputazione), cioè della persona offesa a cui i fatti diffamatori si riferiscono, occorre ripartire dall’art. 50 c.p., in base al quale “non è punibile chi lede o pone in pericolo un diritto, con il consenso della persona che può validamente disporne”. Se, dunque, per restare sulla diffamazione a mezzo stampa, la divulgazione di fatti o foto lesive della reputazione, avviene con l’assenso della persona interessata, l’autore dell’illecito non è punibile. E’ stato evidenziato al riguardo come tale esimente venga spesso invocata da fotografi che dopo aver ritratto un personaggio noto e venduto per la pubblicazione le fotografie offensive, si difendano eccependo la circostanza che, essendo nota la qualità di fotografo e, quindi, potendo immaginare il futuro uso delle foto, la persona avrebbe implicitamente acconsentito, ragione per cui il reato commesso non sarebbe punibile. A ben vedere la giurisprudenza ha precisato che perché possa essere invocato il consenso del titolare dell’avente diritto quale causa di non punibilità, deve essere stato prestato un consenso valido e definito quanto all’oggetto della condotta illecita, alle sue modalità di estrinsecazione, alla collocazione storico-temporale della lesione del diritto. Quanto alla diffamazione a mezzo stampa, il consenso alla

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divulgazione del fatti offensivi è, dunque, ammissibile solo in relazione ad un fatto specifico e concreto e ad un ambito di utilizzazione ben definito e non anche il relazione a fattispecie future. L’ESERCIZIO DEL DIRITTO. L’art. 51 c.p. stabilisce che: “l’esercizio di un diritto o l’adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica autorità esclude la punibilità”. La ratio di tale norma risiede nel principio di non contraddizione per cui se l’ordinamento riconosce al cittadino un certo diritto non sarebbe ragionevole, poi, che lo punisse nel momento in cui tale diritto va ad esercitare (purchè ciò avvenga nel rispetto dell’ordinamento giuridico, cioè correttamente). Ora, posto che nel diritto di libera manifestazione del pensiero ex art. 21 Cost., vi rientra anche il diritto di cronaca giornalistica, di critica e di satira, è da dire che tendenzialmente la pubblicazione di fatti e notizie di ogni tipo ben può essere ricondotta all’esercizio del diritto di cronaca quale specie, appunto, della libertà di manifestazione del pensiero e al contempo del diritto-dovere di informare da parte dei giornalisti. Vi è legittimo esercizio del diritto di cronaca, secondo la Cassazione, soltanto quando vengano rispettate le seguenti condizioni: - la verità delle notizie (oggettiva o anche soltanto putativa, purchè frutto di un serio e diligente lavoro di ricerca); - la continenza, la correttezza formale dell’esposizione, cioè il rispetto dei requisiti minimi di forma che devono caratterizzare la cronaca ed anche la critica, evitando termini esclusivamente insultanti. L’esposizione, cioè, deve essere corretta, in modo che siano evitate gratuite aggressioni all’altrui reputazione anche con riferimento alle modalità espressive ed al tenore sintattico. - La c.d. “pertinenza”, la sussistenza, cioè, di un interesse pubblico all’informazione, alla conoscenza del fatto, definita anche come utilità sociale. Solo alla presenza di questi elementi: - verità dei fatti, - interesse pubblico prevalente, - correttezza e continenza della forma espositiva, il diritto di cronaca può ritenersi correttamente esercitato ed il giornalista che offende l’altrui reputazione non è punibile.

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Associazionismo

Da donna a donna:

Anna Vinci racconta Tina Anselmi

“La democrazia è un bene delicato, fragile, deperibile, una pianta che attecchisce solo in certi terreni precedentemente concimati. È giustizia. È rispetto della dignità umana, è rispetto dei diritti delle donne.” È questa la citazione che apre il discorso di saluto della vice presidente dell’Uniter prof.ssa Costanza Falvo D’Urso ad Anna Vinci, giornalista, scrittrice, autrice televisiva, amica e biografa di Tina Anselmi, ospite a Lamezia Terme in occasione della Giornata Internazionale della Donna per presentare il suo libro “Tina Anselmi. Storia di una passione politica”. La citazione, tratta dal libro, vuole ricordare sia le conquiste sociali e politiche che le donne hanno realizzato nel tempo sia, purtroppo, le discriminazioni e le violenze che le donne hanno subito e che continuano a subire, impotenti, in ogni parte del mondo. L’evento organizzato dall’Uniter in collaborazione con la Fidapa e il Soroptimist Club e il patrocinio dell’Amministrazione comunale si è svolto l’8 marzo al Teatro Umberto di Lamezia Terme. Anna Vinci, grazie anche alla amicizia che la lega alla blogger lametina Ippolita Luzzo ha scelto di venire (per la prima volta) a Lamezia mentre in contemporanea, in tutta Italia, si svolgevano incontri per celebrare la figura di Tina Anselmi. A Lamezia, non in una sede istituzionale, ma in una città del Sud, tra la gente. Come sarebbe piaciuto a Tina. Anche le parole della presidente della Fidapa, Angela De Sensi Frontera, sono un ricordo e un elogio a Tina Anselmi, grande donna che ha dedicato tutta la sua vita alla politica. Una passione, certo, al servizio della democrazia che le condizioni storiche in cui è vissuta le hanno permesso di realizzare. Condizioni storiche in cui alla donna erano già stati riconosciuti i diritti politici fin dal 1946, conquista storica e sofferta di altre donne che l’avevano preceduta. Senza di esse una Tina Anselmi non sarebbe stata possibile. Mentre Lucia Greco, presidente del Soroptmist Club , a nome di tutte le socie, si dice onorata di celebrare la figura di Tina Anselmi

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che è stata il primo ministro donna della Repubblica Italiana e che ha contribuito al miglioramento della condizione femminile. Ma le conquiste ottenute devono essere sorvegliate sempre, ribadisce la Greco, perché, pur essendo dei diritti acquisiti, subiscono costantemente delle minacce. Sul palcoscenico, oltre agli stendardi delle tre associazioni, una bellissima opera di Adriana Adamo raffigurante un vaso traboccante di mimose e una sedia con una stola rossa e un cartello recante la scritta “Posto Occupato” per non dimenticare la violenza sulle donne. Inizia poi il racconto appassionante e appassionato di Anna Vinci che ripercorre non solo le tappe della vita pubblica della Anselmi ma disvela anche alcuni momenti di vita intima e privatissima. Italia Anni ’70. Anna Vinci incontra per la prima volta Tina Anselmi nominata, dall’allora Presidente del Consiglio Giulio Andreotti, Ministro del Lavoro. Primo ministro donna in Italia. Anna, giovane giornalista, la intervista e rimane subito colpita dalla sua “presenza” perché Tina era una donna presente e ironica. Poi nel 2002 la ritrova per un documentario su RAI SAT e rimangono in contatto. Anna vuole raccontarla in un libro e lei la sceglie “Sì, facciamolo questo libro. Tanto tu non hai alcun potere forte alle spalle” e poi con il suo accento veneto “Sì, così faremo invidia… faremo ingelosire tante giornaliste importanti.” Perché Tina era una donna ironica e dispettosa ma era il suo modo di affrontare la realtà, con gande naturalezza. Tina, solo il nome di battesimo, continua la Vinci, non per mancanza di rispetto ma perché dopo 14 anni di amore (perché ci si innamora dei punti di riferimento) è naturale chiamarla Tina. Tina, come la cagnetta che suo padre amava tanto. Nelle parole delle donne di Lamezia: Costanza, Angela, Lucia, Liliana, Concetta, Ippolita, Anna dice di ritrovare le parole di Tina e questo la fa pensare ad un unicum, all’appartenenza a un processo comune. Poi riprendendo la citazione introduttiva di Costanza “la democrazia è un bene delicato, fragile, deperibile, una pianta che attecchisce solo in certi

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terreni precedentemente concimati…” racconta che Tina diceva anche come avrebbero dovuto essere concimati “È attraverso l’assunzione di responsabilità di tutto un popolo e questo ci porta a riflettere sul fatto che la democrazia non è solo libere elezioni (quanto libere?). Non è soltanto progresso economico (quale progresso e per chi?) ma giustizia. È rispetto della dignità umana, dei diritti delle donne, è tranquillità per i vecchi e speranza per i figli. È pace.” Questa era Tina Anselmi nella totalità della sua persona. Un salto temporale e Anna rivive con emozione il giorno della morte di Tina, 1°novembre 2016, giorno di Tutti i Santi, lei che non porta il nome di un santo. Nella bara è bella come non mai, sembra una figura ieratica medievale di cui si percepisce l’essenza. Una persona che ha compiuto il suo percorso. Per lei, donna delle Istituzioni, i funerali si svolgono il 4 novembre. Dispettosa anche nel giorno della sua morte, dice con affetto la nipote. Poi, ricordando le parole della professoressa Liliana Piricò, conosciuta al mattino durante l’incontro con gli studenti dell’ITE De Fazio organizzato dalla professoressa Ippolita Luzzo, Anna parla di Tina come una donna tra le donne, una ragazza tra le ragazze. E, infatti, il documentario andato in onda su Rai Storia porta il titolo “La grazia della normalità” perché era questo lo stile di vita di Tina Anselmi. Lei aveva una naturalezza, una capacità di rapportarsi al mondo esterno tanto da fare della mediazione, che non è compromesso, il suo punto di forza unitamente alla sua identità e al senso di appartenenza. Nata a Castelfranco Veneto il 25 marzo del 1927 aveva avuto una vita normale, una vita anche di povertà. La sua era una famiglia colta di origine contadina. Una famiglia di donne con una nonna rimasta vedova molto presto, nonna Maria, che diventa il suo più importante punto di riferimento. La nonna apre un’osteria per campare tre figli tra cui la madre di Tina e porta la nipote con sé a scegliere i prodotti al mercato. Di queste uscite lei diceva “Ho imparato più dalla scelta dei prodotti della terra che da tante altre cose perché scegliere la qualità ti aiuta poi a capire le persone.” E ancora un’altra delle frasi di Tina “L’importante nella vita è esserci.” Ma cosa significa “esserci”? Per esserci bisogna avere un rapporto molto intenso con se stesse e Tina era una donna che aveva molta fiducia nelle sue possibilità. Lei era una grande sportiva, a 14 anni aveva partecipato a un concorso come lanciatrice di giavellotto (cosa che le viene rimproverata durante una campagna elettorale) e aveva fondato la scuola di pallacanestro a Castelfranco durante il fascismo. Ma era anche una donna di profonda fede, faceva parte dell’Azione Cattolica e presto si rende conto che il fascismo è in contrasto totale con la sua fede. Da lì comincia il suo percorso di elaborazione legato al cattolicesimo democratico con i libri vietati di Maritain, Bernanos, Paul Claudel, romanzieri, poeti e filosofi perché lei era una raffinata. Si era laureata con una tesi sul Giorgione che insieme a lei rappresenta Calstefranco Veneto. Questa sua struttura composita, legata alla terra, ad un mondo molto femminile, anche di povertà condivisa e non portatrice di invidia o di rabbia la porta nel 1944, a 17 anni, a decidere di far parte della Resistenza perché a Castel di Godego, un paese vicino a Castelfranco, i nazisti avevano appeso i corpi di giovani par-

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tigiani. Lì sceglie, non si può volgere lo sguardo dall’altra parte altrimenti ci si rivolta dalla parte del carnefice. Colui che chiede aiuto, la vittima, non può essere ignorato. Poi il suo grande amore, un compagno partigiano morto in un sanatorio. Lei chiude con l’amore ma porta la foto di lui sempre con sé, anche al Ministero e al Parlamento e quando muore, la sorella mette nella sua bara la foto, un fiore e un crocefisso. A chi le chiedeva se avesse dei rimpianti lei rispondeva “Rimpianti? È la vita che sceglie… Zitella non per obbligo ma per scelta… Sì forse avrei voluto essere madre.” E lei fu madre. Ebbe un grande maternage. Fu Madre della Patria e adorava le nipotine… la sua strada era segnata. Dopo la fine della guerra arriva il sindacato. L’incontro commovente con le operaie tessili dalle mani lessate e poi le sue grandi battaglie come quella per l’affermazione della repubblica quando lei ancora non poteva votare e quella per il diritto di voto alle donne. Una vita, la sua, che ha attraversato la storia. Nel 1958 si schiera con Lina Merlin per l’abolizione delle case chiuse “Per la prima volta il corpo delle prostitute usciva dal chiuso non solo delle case ma anche delle menti, delle fantasie maschili nelle quali era intrappolato.” Dei corpi delle donne allora non si parlava ed è chiaro che battendosi per la chiusura delle case chiuse si andavano a toccare i rapporti tra donne e uomini scardinando i profondi moralismi radicati nella nostra società. Tina amava la poesia, l’arte e la gente. E per quanto riguarda questa battaglia del 1958, la prima di tante in difesa della donna e della democrazia, lei amava riportare la frase di una suora-poetessa messicana del 1600, Suor Juana de la Cruz che si interroga a proposito della prostituzione “Chi pecca di più? Colui che pecca per la paga o colui che paga per peccare?” Nel 1968 entra in Parlamento. Lì si sente dalla parte giusta della Storia ma ad un certo punto, il 16 marzo 1978, Aldo Moro, suo mentore e padre politico viene rapito e vengono ammazzati gli uomini della scorta Raffaele Iozzino, Oreste Leonardi, Domenico Ricci, Giulio Rivera, Francesco Zizzi. Giovani che lasciano famiglie e futuro. 55 giorni di staffetta tra la famiglia Moro e il partito. Lei, Zaccagnini, Bodrato sono i più vicini a Moro ma , insieme a tanti altri morotei meno conosciuti, devono cedere. Non si tratta. Il 9 maggio Moro viene assassinato e lei dice “Il rapimento di Aldo Moro fu la più grande trageda politica che potesse abbattersi sul paese. Quell’assassinio avrebbe dovuto mettere subito in guardia, ma non fu così, i democratici cristiani e non solo noi.” Un omicidio politico perché ammazzando Moro si voleva ammazzare un progetto politico. Comincia la stagione dello stragismo. Nel ‘78 Moro, nel ‘79 Ambrosoli, il 2 agosto 1980 la strage alla stazione di Bologna ma l’8 marzo del 1980, solo per caso, 2 kg di tritolo non scoppiano nel giardino attiguo alla casa di Tina dove si trovano la sorella e le tre nipotine. Sarebbero state ammazzate 4 donne ma non se ne parla. Solo un trafiletto sul giornale. Nel 1981 Tina accetta da un’altra grande donna, prima presidente donna (e comunista) della Camera dei Deputati, Nilde Jotti, sua grande amica, mai nemiche, la presidenza della commissione inquirente sulla Loggia Massonica P2. La sua vita cambia e in quegli anni comincia ad ammalarsi. Lei, cattolica convinta e donna di fede, si trova

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al monastero di Narni per fare gli esercizi spirituali quando viene raggiunta da un commissario del Senato che la mette in guardia perché con le sue indagini sta per colpire Marcinkus, il cardinale dello IOR. Lei è gentile poi risponde con fermezza “Non ho fatto la Resistenza per difendere un cardinale qualsiasi”. Nel 1992 le viene tolto il collegio della DC e non viene più eletta. Lì capisce che è cambiato il Paese, non è più dalla parte vincente della Storia e decide di andare in giro per parlare ai giovani, alla gente. Il racconto di Anna si conclude con una bellissima frase di Tina sulla vecchiaia “Capita adesso, anche con le mie nipotine, di dire che ogni vittoria può diventare una sconfitta. La vecchiaia è qualcosa che ha a che fare con la leggerezza. Con la vecchiaia si diventa leggeri e non solo i nonni anche le vecchie zie, forse perché ci si avvicina all’ultimo approdo e ci si libera dei bagagli inutili, ingombranti e si conserva l’essenziale. La ventata di leggerezza che nella mia infanzia tante volte ha spazzato via la malinconia mi accompagnerà fino alla fine e avrà sempre per me l’odore di cocomero di nonna Maria e del panetto con l’uvetta di nonno Ferruccio.” L’intervento del Vescovo Emerito della Diocesi di Lamezia Terme, S.E. Vincenzo Rimedio, è ancora un ricordo di Tina Anselmi come modello compiuto, come persona che ha saputo realizzare se stessa a livello individuale, sociale e politico. Una donna di fede e di coraggio. Mentre il suo omaggio all’universo femminile arriva attraverso le parole di San Giovanni Paolo II che, in una lettera rivolta a tutte le donne, parla, per la prima volta, di genio femminile, sintesi che abbraccia la personalità della donna nella sua pienezza. E poi il desiderio di Papa Francesco di portare la donna al sacramento del diaconato. E ancora lo guardo di amore

e di tenerezza che Gesù rivolge a tutte le donne: la Samaritana, l’adultera, Maria Maddalena, Maria e Marta, sorelle di Lazzaro. Nella donna troviamo una molteplicità di vocazioni, dice ancora S.E. Mons Rimedio, la donna è familiare e materna, spirituale, culturale e sociale ma non bisogna dimenticare il rovescio della medaglia: il femminicidio, la tratta delle nuove schiave, la prostituzione. In conclusione un augurio per la città di Lamezia che ha molto amato e che continua ad amare affinché diventi una “città conciliata”, una città dell’uomo e di Dio perché l’uomo e Dio sono i veri protagonisti della storia. L’incontro si conclude con i saluti istituzionali dell’Assessore alla Cultura e alle Pari Opportunità Graziella Astorino la quale ribadisce la mancanza di punti di riferimento nella politica di oggi, l’attuale difficoltà del rapporto tra fede e politica e la necessità di recuperare la capacità e la semplicità di parlare alla gente come faceva Tina Anselmi. Mentre il Sindaco della città, Paolo Mascaro, parla del mondo attuale come un mondo dominato dalla barbarie e auspica il dominio dell’universo femminile come l’unico in grado di portare avanti una civiltà solidale in virtù della propria sensibilità contagiosa e della capacità di trasmettere cultura, principi e valori. Oggi la parità genere si rispetta per legge, sottolinea il Sindaco, ma solo un mondo in cui la donna possa essere parte fattiva, integrante e forte per naturalità e non per imposizione può generare un cambiamento reale. Un bassorilievo, opera della ceramista Graziella Cantafio, con riferimenti simbolici legati alla storia di Terina e al mito della Sirena Ligea viene offerto ad Anna Vinci a ricordo di questo incontro con la città di Lamezia Terme che lei ha sentitamente ringraziato. Ma è la città che deve dire: Grazie Anna!

Ripresi gli incontri del caffè Alzheimer Lunedi 6 marzo sono ripresi gli incontri del caffè Alzheimer organizzati per il 3° anno dall’Associazione per la Ricerca Neurogenetica onlus “ARN” che, in sinergia con il Centro Regionale di Neurogenetica diretto dalla Professoressa Amalia Cecilia Bruni, si impegna da anni nella nostra città attraverso azioni di sensibilizzazione, prevenzione ed assistenza nel campo delle demenze. I caffè Alzheimer hanno lo scopo di fare uscire le persone ammalate e i loro familiari dall’isolamento sociale che questa malattia comporta, attraverso degli incontri periodici fuori dalle strutture sanitarie e nel contempo, di creare una rete solidale di individui o associazioni che favoriscano il processo di empowerment di ogni famiglia di persone affette da demenza. Lo scopo è quello di creare una comunità solidale e prevenire le ricadute sociali che la gestione di questa malattia causa. L’equipe costituita dalla dott.ssa F. Frangipane neurologa, dalle dottoresse M. Mirabelli e V. Laganà psicologhe , dalla dott.ssa Teresa Dattilo assistente sociale e dai volontari del servizio civile, svolgerà attività di stimolazione cognitiva e di supporto ai

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caregiver fino al 13 dicembre 2017 . Quest’ anno il “Tener@mente cafè” è ospite degli amici dell’Associazione ALA presso i locali comunali del Centro Polifunzionale “Civico

Trame” di via degli Oleandri. Nutrito il programma che vedrà coinvolte alcune Associazioni amiche quali: l’AVO, l’Associazione Yoga della risata, L’Associazione Braccobaldo, l’Accademia FYETANGO, la parrocchia San Giovanni, l’Associazione Aleph Arte, che regaleranno ai partecipanti momenti di socializzazione e attività come: ginnastica dolce, yoga della risata, pet-terapy, tango, torneo di bocce, laboratorio di ceramica. L’esperienza passata ci insegna che l’integrazione tra varie figure professionali, enti pubblici e privati e soggetti del terzo settore, favorisce la condivisione delle problematiche attraverso la nascita di nuove relazioni amicali, la riduzione dello stigma di malattia, l’accettazione di altre forme assistenziali come la frequenza a centri diurni e la riduzione del ricorso all’istituzionalizzazione. Il Presidente dell’ARN Antonio Laganà ringrazia tutti coloro che hanno dato anche quest’anno la loro disponibilità alla realizzazione di questo progetto di grande valenza sociale.

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Associazionismo Associazione Italiana Donne Medico e Soroptimist Club di Lamezia Terme

insieme contro la violenza

ricordano che in ospedale è attivo il “Percorso Rosa Bianca” Dopo aver festeggiato la giornata dedicata alla figura femminile, celebrata l’8 marzo in tutto il mondo, l’Associazione Italiana Donne Medico (Aidm) e il Soroptimist club di Lamezia Terme, insieme, hanno voluto ricordare a tutte le persone che in questo momento vivono, a causa della violenza, in solitudine una condizione di grave disagio fisico e psicologico, che esiste nel Pronto soccorso dell’ospedale civile “Giovanni Paolo II” di Lamezia Terme il “Percorso Rosa Bianca”. Questo percorso, attivato istituzionalmente dal febbraio 2016, garantisce a tutte le persone che vi si rivolgono, perchè hanno subito violenza, la possibilità di essere accolte, ascoltate, curate e supportate, in assoluta privacy e nel rispetto delle scelte compiute. Il Pronto soccorso di Lamezia Terme è stato il primo della Calabria ad aver attivato il Percorso Rosa Bianca che si avvale di una vera e propria task-force istituzionale pronta a prendere in carico la vittima di violenza. La task-force vede in

stretta connessione e sinergia l’Ospedale, le Forze dell’ordine, il Centro Antiviolenza Demetra del Comune di Lamezia Terme e tutte le associazioni territoriali antiviolenza presenti in città e nel comprensorio. In particolare, l’Associazione italiana donne medico si è occupata e si occupa tuttora, in collaborazione con l’Azienda sanitaria provinciale di Catanzaro, della formazione degli operatoti ospedalieri ed extraospedalieri che, a vario titolo, sono impegnati nel contrasto alla violenza di

genere. Le presidenti, dott.ssa Renata Tropea della sezione lametina dell’Aidm e la dott.ssa Lucia Greco del Soroptimist club di Lamezia Terme intendono proseguire il percorso di collaborazione che, avviato da tempo, porterà a alla realizzazione di iniziative tese a contrastare il fenomeno della violenza. Il Codice Rosa nasce come progetto pilota nel 2010 nell’Azienda Sanitaria 9 di Grosseto su iniziativa della dott. ssa Vittoria Doretti, e del dott. Giuseppe Coniglio, Sostituto Procuratore della Repubblica di Grosseto, che promuovono la sottoscrizione di un protocollo d’intesa finalizzato alla creazione di una task-force interistituzionale per la prevenzione e il contrasto della violenza nei confronti delle fasce deboli. L’11 novembre 2015, alla Prefettura di Catanzaro, Associazioni, Enti e Istituzioni si sono ritrovate per sottoscrivere il Protocollo d’intesa per la prevenzione ed il contrasto della violenza, con l’attivazione del Percorso Rosa Bianca in Provincia di Catanzaro. E il pronto soccorso dell’ospedale “Giovanni Paolo II” di Lamezia Terme è stato il primo in Calabria ad attivare questo importante servizio per la cittadinanza.

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Cultura Lo sguardo si sofferma, in esplorazione analitica, sulle superfici delle singole opere; nelle sue variazioni di rotta, fluttuante nel suo-muoversi-curioso-da un punto all’altro, si offre al libero gioco-delle suggestioni immaginative, delle-associazioniconcettuali e-simboliche,-dando così-inizio al viaggio interpretativo nell’universo creativo di Sebastiano Dammone Sessa.

spazi del pensiero, rimescolando segni e-concetti e ricostruendo la sua, temporanea e precaria, centralità, nella consapevolezza che-nessun luogo è lontano e nessun confine è limite.

Mobili Equilibri

Nel coinvolgente-itinerario di lettura, l’occhio si incaglia talvolta tra le-pieghe criptiche-dell’opera, tra-le sue incognite digressioni sintattiche: nascondimenti fecondi-cui attingere elementi sostanziali-inediti,-attraverso i quali attribuire senso compiuto-e-valore-alla-sua ricerca artistica. Nell’elaborazione- strutturale-e formale dei suoi lavori,-Dammone Sessa-utilizza, in modo-quasi esclusivo, il legno e la carta. Il legno-è supporto-accogliente su cui la carta, in un addensarsi di strati,-aderisce-saldamente fino a formare un unico corpo, in una-perfetta compenetrazione di materie che-hanno la stessa matrice generativa. Entrambi sono per lui-materiali-familiari: fanno parte del suo-vissuto esperienziale; rimandano a meccaniche combinatorie anche ludiche, a partiture fantastiche.

La carta, in particolare, lo affascina con le sue possibilità-di stratificazione, di sovrapposizione, di metafora. E’ un materiale ricco di spunti operativi-con cui ordire un-discorso composto-da singoli-segni, da-incisioni, da solchi,-da impronte, da-tracce: tutti frammenti elettivi in grado di intessere un muto-quanto essenziale dialogo-sistemico.Il processo costruttivo-obbedisce-sempre-ad una sottesa-dinamica, ad un movimento-che-regola e giustifica-ogni singolo-atto creativo e che, da punto a punto, anima l’estensione compositiva, il corpo-stesso dell’opera.-

Così l’artista-soppesa, valuta-carte, ne indaga la loro preziosa-diversità, ne sfiora la grana, la struttura-materica, che di per sé è già elemento segnico distintivo, e-su ciascuna-di esse ordina, sovrappone, unisce, fonde e confonde in un’unica pelle, altre carte. Carta su carta a formare-strati, tenui spessori disseminati di nuovi segni, in un-continuo di accumuli e sedimentazioni che preludono, nel magico rituale del gesto, al disseppellimento-successivo, alla-stupita scoperta che, come in una straordinaria drammaturgia teatrale, mette in scena l’evento,-la scrittura dell’opera. Così affiorano-segni dispersi, significati nascosti, storie,simbolici passaggi-sociali( ogni livello, ogni strato, è assimilabile ad uno-stato sociale),-inesplorati-paesaggi dell’anima.-Di ogni segno-Dammone Sessa declina non solo il destino formale, ma l’intrinseca-capacità di racconto. Attraverso una fertile successione di-passaggi evolutivi, ne sperimenta la disposizione, l’accostamento, l’articolazione; ne scopre le relazioni, le interazioni reciproche, la biologia memoriale e ne costruisce-la sintassi e la trama narrante.Il “fuori”, l’aspetto-esteriore dell’opera, è-il risultato-di questo alchemico processo formativo, di cui-gli-strati succedutisi uno sull’altro, uno dietro l’altro hanno-determinato, nella loro fragile presenza materica,-la-destinazione finale, così da permettere all’occhio e alla mente-di avventurarsi, di smarrirsi tra colore e colore, tra segno e segno, inabissandosi-fin nel-suo nucleo più profondo, in cui scorgere ancora il cammino-antico delle costellazioni e quel loro erratico chiarore che-svela i concetti dietro le cose. Sebastiano Dammone Sessa, a seconda dell’esigenza espressiva, attinge all’immenso serbatoio di geometrie e forme reali o fantastiche. Predilige quelle regolari, ma non-elude le irregolarità, gli spigoli e gli sconfinamenti formali, ricercando le correlazioni possibili tra forma e forma, modulando i piani, inseguendo, con caparbietà e sapienza tecnica,-quell’equilibrio-imprescindibile tra le componenti strutturali dell’opera.-E, nella ricerca di un equilibrio che sposta all’infinito il proprio centro divenendo mobile punto d’approdo per elementi-compositividiscreti e silenti, l’artista insegue, opera dopo opera, la conquista di un-punto per abbracciare l’universo-e ,conquistatolo,-lo-rimette in gioco oltre il confine della singola opera, in continuo movimento verso-altri-spazi immaginativi, altri

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Nei suoi-percorsi installativi-dispone-le forme regolari (per lo più quadrate)-in sequenze modulari, a scandire sulla parete-ritmi lineari, monodici o, viceversa, sovrapposte in colonne verticali, dal basso verso l’alto, da terra a sfiorare il cielo sospeso dello sguardo. O ancora,-sempre nelle installazioni a parete,-associa-singole opere, di dimensioni-e forme diverse che, interagendo tra di esse, ridefiniscono-un equilibrio formale più dilatato in cui ogni opera, in sé compiuta, isolabile e identificabile nella propria anatomia formale, contribuisce al funzionamento armonico dell’insieme,-in questo simile ad una sinfonia-in cuil’accordo-tra suoni differenti permette di percepire l’identità-di ognuno di essi e insieme la loro-piena-consonanza. In ognuna di queste-installazioni i singoli pezzi sono per l’artista altrettanti “appunti”, chiari, definiti nella propria struttura linguistica, leggibili-sia nella propria singolarità-che nell’insieme unitario del testo più ampio. Tutto coincide in modo-armonico: ad ogni singola configurazione formale, ne corrisponde un’altra differente-e complementare; ed-è proprio nella differenziazione che si costruisce quell’equilibrio che ne-garantisce-la pregnanza testuale, per cui ognuna di esse-ha un proprio-peso e valore-specifico e riceve valore dall’altra, in una circolarità di associazioni e di sensi possibili. L’artista, smontando l’installazione, si riappropria dei valori di disposizione sintattica dell’insieme e, padrone-del gioco associativo delle parti,-muovendo e spostando-gli elementi-costitutivi-originari, compone una nuova-opera,-e così all’infinito. E’ il cammino, non privo di asperità, della ricerca, della sperimentazione continua.

Un cammino che, nell’inquieto aggirarsi tra scorie e nuove eventualità, propone-problemi, scardina certezze, insemina dubbi.-Ma, nella-fenomenologiadella ricerca, basta-spostare l’orizzonte dello sguardo, l’angolo di visione, e ciò che-pareva irrisolvibile si anima di tensione immaginativa,-proiettandosinell’oggettività di un destino-che, su piani spostati, scopre altre logiche e altre vie risolutive.-Così accade che, nella costruzione dei suoi moduli compositivi, l’artista-rigeneri in nuove opportunità espressive ciò che all’origine-si-è presentato come un problema; accade che un cromatismo invasivo, un alone imprevisto, creato dall’ossidazione dei chiodi usati per fissare-il supporto, diventi-“provvido”-incidente attraverso cui rimodulare forme e procedimenti operativi. E’ ancora un rimescolamento di segni in un continuo oscillare tra levità e peso, tra materie rapprese e morbide trasparenze-in cui-luci e ombre,-a fasi alterne,-si scambiano le parti.-

Nelle recenti opere di Dammone Sessa, le tavole, sapientemente ricoperte, intessute di carte,-vengono trapuntate da chiodi distribuiti sulle superfici secondo riferimenti-figurali rigorosi; chiodi che ne attraversano lo spessore-materiale, la densità segnica, per riproporsi dal lato opposto, in quella che è la parte-strutturale nascosta alla visione, come-trama sostanziale-del tracciato creativo. Su-di esse l’artista sovrappone emulsioni viniliche, a giocare con l’imprevedibilità delle reazioni ossidanti, e velature cromatiche a creare tenui dissolvenze e volatili visioni. Egli, nella ritualità-di gesti-creativi che traducono-la poesia del suo fare, instaura-un rapporto di intensa-fisicità con l’opera. Col ritmico respiro del cuore segna il tempo, col corpo, quasi danzando, accompagna l’evoluzione lieve, dilatata, delle materie, che si “riconoscono” senza confondere la propria identità figurale. La chimica delle dosi-controlla e determina la variabilità e l’intensità cromatica delle tracce. Essa-crea impronte, macchie che-si espandono sulla superficie del supporto,-che occupano-ciascuna un-proprio spazio,-che-si sfiorano-quasi a verificare la loro reciproca presenza, ma si-fermano l’una sul bordo dell’altra in un-prezioso equilibrio di forme-e increspature di luce sull’orlo essenziale della propria esistenza. Ogni opera è una straordinaria geografia di segni, è un’estensione-pervasa da-sottili-dinamismi compositivi, è un-fertiledeposito di-significati. I chiodi definiscono le-coordinate spazio-temporali-su cui incamminarsi e,-in un rincorrersi di-richiami-evocativi,-essi, di volta in volta, diventano forme mobili, geometrie rarefatte, aggregazioni simboliche: sonoflussi di persone che si spostano, memorie di esodi, laceranti rimandi sociali, racconti di-umane peregrinazioni; sono tracce indelebili, aloni di colore, restivisibili di cose sottratte alla deriva del tempo; sono singole entità al margine dei sogni, sono fragili riverberi, essenze luminose che si disperdono nelle distesenotturne-del pensiero. E, in questo, le singole opere rispondono-non- solo ad un equilibrio esteriore, ma ad- un equilibrio-più profondo,-instaurato dal di dentro.

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le spigolature di tommaso

Virginia Bourbon del Monte Una donna dai tratti psicologici molto interessanti è Virginia Bourbon del Monte, moglie di Edoardo Agnelli, madre dei sette fratelli Agnelli, tra i quali Gianni e Susanna. Rimasta vedova a trentacinque anni, fece molto discutere la sua storia d’amore e passione con Curzio Malaparte, storia che le causò una dura battaglia legale contro il suocero, il capostipite Giovanni Agnelli, sull’affidamento dei figli; alla fine Virginia la vinse dimostrando coraggio e carattere non comuni. È stata una donna libera e anticonformista per i suoi tempi, forte e fragile, aveva quel senso esistenzialista della vita decadentista che la portò sempre a doversi misurare con una inquietudine interiore e una ricerca di equilibri non facili da gestire visto il suo ruolo sociale. Chi la conosceva rimaneva colpito dal suo fascino: un misto di nevrosi e classica compostezza, mamma e avventuriera, avida di libertà e prigioniera della sua inevitabile solitudine, misteriosa suo malgrado. Abile ambasciatrice politica, in un momento storico difficilissimo, salvò Roma grazie al suo intervento nel far incontrare il Papa e il rappresentante delle SS affinché i danni nazisti sulla città fossero ridotti al minimo possibile, specie quando i tedeschi saranno in procinto di lasciare la città. Virginia Bourbon del Monte morì a soli 46 anni in un incidente stradale. L’Avvocato non volle mai parlare pubblicamente della madre, la portò sempre nel suo cuore attraverso una fotografia che teneva con sé in qualunque posto si trovasse. Io la vedo perfettamente nel fisico e nel carattere in questa poesia: Di troppo amore Si può morire Si può sopravvivere Si può impazzire. Due braccia Strette sul petto, Di fronte Una roccia In mezzo alla baia, Luce grigia

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Dell’Atlantico, Il mare del colore Del cielo, Il vento tra i capelli Rosso rame, Umidi di salsedine, Addosso Una tunica neoclassica, Un urlo verso il mare, Le lacrime sono vento

Di mare, Amore dove sei! Eri tanto, troppo Eri Amore strappato Al mio cuore! Le braccia si spezzano Nella baia del Nord Di amore del Nord, antico Romantico mistificato. Amore ti cullo

Nella mia follia lucida Da lupa affamata Senza più direzione. Aspettami baia, Sarai la mia ultima casa. Roccia nel petto Ad eternare il mio Amore. Melodramma egoista Diffamato meschino Amore per sempre.

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La testa dai capelli ramati Dondola sonnambula Nella notte del Nord Tra pianti e gemiti, Pesano i secoli della STORIA. Si può morire Di troppo amore In una notte del Nord.

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Spettacolo

Biagio Izzo

protagonista indiscusso della kermesse dedicata

al piccolo Antonio Federico

Tutto secondo copione: applausi scroscianti e risate a non finire. Non ha deluso le aspettative Biagio Izzo, il comico napoletano che in un Teatro Grandinetti gremito fino all’inverosimile, ha messo in scena la divertentissima commedia “Bello di papà”, in occasione della terza edizione della manifestazione “Al teatro… in ricordo di Antonio Federico”. La kermesse, organizzata dall’associazione “Vacantusi” nell’ambito della rassegna “Vacantiandu 2017” e pienamente condivisa dalla famiglia Federico, ha l’obiettivo di mantenere sempre vivo il ricordo del piccolo Antonio, prematuramente scomparso e grande appassionato di teatro. Un obiettivo che si sta portando avanti anche grazie al progetto del laboratorio teatrale nelle scuole cittadine, sfociato nella costituzione della “Piccola compagnia”, che sta consentendo a tanti giovani di avvicinarsi al mondo del teatro e soprattutto mantenere vivo il ricordo di Antonio. Protagonista indiscusso dell’esilarante commedia, scritta da Vincenzo Salemme, narra di una coppia, in cui il protagonista maschile è Biagio Izzo, nei panni di un dentista di mezza età (Antonio Mecca), che non vuole assumersi responsabilità e soprattutto non vuole avere figli. Cosa che invece desidera la sua compagna. Un giorno, la loro tranquilla vita viene completamente trasformata dalla necessità di accogliere in casa il miglior amico del protagonista, che crede di essere un bambino di sette anni e che progressivamente, nel giro di un mese, cresce fino a diventare maggiorenne. Si tratta di un inganno della compagna del protagonista, attraverso il quale si è proposta di dimostrare la bellezza dell’avere un bambino. Antonio Mecca ha paura di ogni novità, è un vero conservatore, non solo di denaro, ma soprattutto conservatore di affetti. Profondamente sarebbe un buono, ma costantemente ha paura di essere fregato, è forse per questo che non si è mai sposato e sta con una bellissima ragazza ucraina,

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che gli piace tantissimo ma che allo stesso tempo teme come un ingombrante invasore: invasore della casa e soprattutto del conto corrente, perché Marina, l’ucraina, vorrebbe costruire una famiglia con Antonio, e soprattutto vorrebbe dei figli. Bravissimi tutti gli attori che hanno recitato, in modo impeccabile e con grande professionalità, accanto a Biagio Izzo, a cominciare da Mario Porfito fino a Domenico Aria, Adele Pandolfi, Yuliya Mayarchuck, Rosa Miranda, Arduino Speranza e Luana Pantaleo. A conclusione della serata, Giuseppe Federico, papà di Antonio, ha consegnato a Biago Izzo il simbolo della manifestazione dedicata al figlio, “L’Infinito”, mentre i direttori artistici della rassegna, Nicola Morelli e Walter Vasta, hanno donato al comico napoletano la maschera gialla simbolo della sesta edizione di “Vacantiandu”.

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Spettacolo

A Diego Koi il Premio Federico II

Lamezia Terme, 21 marzo 2017 – Un mix di cultura e divertimento. È quanto avvenuto al teatro Politeama “Costabile” in occasione della terza edizione del “Riconoscimento Federico II” organizzato dal Lions Club di Lamezia Host, presieduto da Silvio Serrao del Compasso, e dall’associazione teatrale “I Vacantusi”, guidata da Nicola Morelli. La kermesse, che ha registrato il tutto esaurito, ha visto sul palco il bravissimo artista lametino Diego Fazio, in arte Diego Koi, che ha ottenuto l’onorificenza che ogni anno il Lions club assegna a personalità lametine che si sono distinte in tutto il mondo. A dialogare con l’artista è stata la giornalista Ketty Riolo, che ha fatto conoscere molti aspetti e caratteri della vita del talentuoso Diego Koi. Dopo la consegna del premio, il pubblico è stato allietato dal divertentissimo Francesco Scimeni, che si è esibito nell’esilarante spettacolo “Magicomico”, coinvolgendo il pubblico presente in sala. Il sindaco di Lamezia Terme Paolo Mascaro, presente all’evento, ha evidenziato la bontà dell’iniziativa, affermando: “Nella nostra terra è sempre molto difficile emergere, ma ogni talento merita di ottenere il giusto riconoscimento perchè così diventa una grande risorsa per la nostra Calabria”. In particolare, il giovane artista è diventato famoso in tutto al mondo grazie alla particolarità dei suoi disegni, che sembrano uscire fuori dal foglio. Molti hanno definito le sue opere “iperrealistiche”, perché a prima

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vista sembrano delle foto, e questo perchè riesce a riprodurre fedelmente ogni piccolo particolare e sfumatura del soggetto che ritrae. Per realizzare i suoi lavori utilizza le matite solo per i tratti fondamentali, ma poi è tutto un lavoro di gomme e sfumini, con i quali riesce a creare quell’effetto naturale e realistico che lo contraddistingue. Il giovane talentuoso ha parlato di quando ha cominciato la sua opera: dopo il diploma di perito elettronico, si è iscritto all’Università della Calabria, dove ha iniziato a frequentare il corso in ingegneria informatica. Ma capisce subito che quella non è la sua strada e torna a casa, dove aiuta il padre nell’azienda di famiglia.

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Disegna per diletto e, dopo i primi ritratti, “scopre” di avere un vero e proprio talento naturale, così decide di seguire questa passione. Siamo nel 2009: tanto entusiasmo ma anche alcune delusione. Fino ad arrivare al 2011, quando riceve il premio della provincia di Cosenza “Nonfermarti2011” nella sezione pittura. Un premio che dà il via alla sua folgorante carriera: nel 2012 vince la selezione del Premio Internazionale Arte Laguna di Venezia, tra 7000 partecipanti, con l’opera “Sentenza”. Il successo però arriva con la pubblicazione, sulla sua pagina facebook, di un’opera “Sensazioni”, in cui solo con i tratti della matita, riesce a riprodurre l’immagine della modella sotto un getto d’acqua. Un altro riconoscimento l’ottiene con l’opera “Raptus”, che gli permette di vincere il premio Cairo di Milano. Il 2013 vince il primo premio come artista emergante al contest internazionale Limen e poi inaugura la sua prima mostra internazionale a Singapore nella prestigiosa galleria internazionale Raffian ART. Nel 2013 partecipa al “Wonder Works” ad Hong Kong curato da “The cat street gallery” nello spazio The Space in Hollywood Road. Nel 2014 infine una mostra collettiva a New York presso la rinomata galleria “Jonathan Levine Gallery”. La serata al teatro “Costabile” si è conclusa con tantissime risate, grazie allo scoppiettante Francesco Scimeni che ha intrattenuto e divertito il pubblico presente.

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Religione

Vescovo Cantafora ha ordinato sacerdote il giovane lametino

Marco Mastroianni

Nel giorno del tredicesimo anniversario di ordinazione episcopale, il Vescovo di Lamezia Terme Luigi Cantafora ha ordinato un nuovo sacerdote, nel corso di una solenne concelebrazione eucaristica celebrata ieri sera in Cattedrale, alla quale hanno partecipato numerosi sacerdoti della Diocesi. Si tratta di Marco Mastroianni, giovane lametino di 27 anni, della Parrocchia di Santa Maria Maggiore, che in questi anni ha studiato al Seminario San Pio X di Catanzaro ed è stato ospite nell’ultimo periodo di formazione del Seminario Minore Pontificio di Roma. La chiamata, la promessa di obbedienza nelle mani del Vescovo, l’imposizione delle mani, l’unzione delle mani prima dal Vescovo e poi dagli altri presbiteri, la vestizione, l’unzione crismale, la consegna del pane del vino, l’abbraccio di pace con gli altri sacerdoti: con i riti caratteristici della liturgia di ordinazione, la chiesa lametina ha accolto un nuovo giovane sacerdote che ha scelto di donare la propria vita a Dio e ai fratelli e che ora sarà a servizio della Chiesa di Lamezia. “Non dimenticare mai di essere discepolo del Signore. La tua vita avrà consistenza solo se continuerai ad essere discepolo di Cristo”, ha detto il Vescovo Cantafora al nuovo sacerdote nel corso dell’omelia ricordando che “l’uomo delle relazioni: la prima relazione è con Dio, al quale doni, prima di tutto e di tutti, il tuo cuore nella preghiera e nella celebrazione dei santi misteri. Nonostante la tua giovane età, sii pastore premuroso, non autoreferenziale, disinteressato, magnanimo e generoso. Ti raccomando: non lesinare il tuo tempo e le tue energie per i poveri, i lontani: tanti santi sacerdoti si sono accorti di aver servito l’umanità di Cristo in loro. Il Signore Gesù ti ha costituito presbitero per vivere con Lui. La celebrazione dell’Eucarestia, sia il luogo privilegiato per manifestare questa riconoscenza e crescere nella passione per Cristo e per

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i fratelli. Essere un prete dal cuore appassionato è il vero dono che Dio può farti. Solo così puoi diventare padre. Sii forte e disponibile ad annunciare l’evangelo della gioia, vero miracolo per il nostro tempo, spesso malato di tristezza. Sappi che in noi e nei nostri successori troverai sempre un sostegno, un’ancora anche in momenti difficili. Di tutto e sempre ringrazia Dio e sii contento e gioioso come Maria per le meraviglie che ha compiuto in te!” Il presule si è soffermato sulla missione dei sacerdoti oggi in cui “è urgente più che mai che i preti sappiano “gettare e allacciare ponti” tra Dio e il mondo. Occorrono anche preti “sentinelle”, desti, che sappiano con maturità non solo generare il popolo ma guidarlo verso Cristo, Via, Verità e Vita. Per questo non si può essere veri pastori se ci risparmiamo, se non doniamo noi stessi, tempo, energie, ascolto, parola, pur con le nostre fragilità”. Nella vigilia della solennità dell’Annunciazione del Signore, Cantafora ha invitato il nuovo sacerdote lametino a guardare a Maria “ad acconsentire, a vivere una resa a Dio che vuole il tuo bene e la tua felicità: ti fidi, rispondi con amore e con docilità. E ti affidi a coloro che testimoniano la volontà del Signore nella tua vita: i fratelli nella fede, i superiori, la stessa storia”. Al termine della concelebrazione eucaristica, alla quale ha preso parte anche il Vescovo emerito Monsignor Vincenzo Rimedio, il Vescovo Cantafora ha firmato il decreto di erezione canonica del Monastero intitolato a Santa Maria delle Grazie e della Misericordia a Conflenti, che sarà inaugrato oggi pomeriggio con l’ingresso di 8 sorelle Povere di Santa Chiara in clausura. E proprio il giorno precedente l’inizio della clausura, le sorelle clarisse hanno preso parte alla celebrazione eucaristica di ordinazione per pregare insieme alla Chiesa lametina per il nuovo sacerdote Marco Mastroianni.

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Religione Inizia la clausura per le Clarisse venute dal Brasile a Conflenti.

Cantafora: “voi ci ricordate che la vita è essere prima di fare”

“Voi sorelle povere siete arrivate qui, a Conflenti, dal Brasile, dall’altra parte del mondo, povere tra i poveri. Nessuna di voi avrebbe mai pensato di giungere in Europa, in Italia e in Calabria, quando siete entrate in monastero; eppure il Signore ha voluto che proprio delle monache contemplative diventassero anche missionarie. Questo monastero ci ricorda che la vita non è fatta solo di progetti, di industria, ma è fatta anzitutto di interiorità, che c’è un essere prima del fare, c’è la consapevolezza che non siamo soli ma c’è Qualcuno che ci ama. Con la clausura voi scegliete di separarvi da tutto ciò che è mondano per dedicarvi a Dio solo ma, allo stesso tempo, voi non vi estraniate dalla storia, anzi la assumete nel vostro cuore. Di questo tutti noi abbiamo bisogno.”. Così il Vescovo di Lamezia Terme Luigi Cantafora che ieri pomeriggio, a conclusione di una solenne concelebrazione eucaristica, ha inaugurato il Monastero di Santa Maria delle Grazie e della Misericordia a Conflenti con l’ingresso in clausura di un gruppo di Sorelle Povere di Santa Chiara provenienti dal Brasile. Hanno fatto il loro ingresso in clausura ieri pomeriggio Suor Cristina, Suor Claudia, Suor Neusa, Suor Clara, Suor Eucarestia, guidate dalla Madre Badessa Suor Gesuina. Altre verranno nei prossimi mesi. Una vita di preghiera, silenzio, lavoro, comunione nel luogo dove la Madonna apparve al pastorello Lorenzo Folino nel 1578. Da questa sera, le clarisse del monastero conflentese si dedicheranno completamente alla preghiera e alla vita fraterna, staccandosi solo fisicamente dal mondo ma accompagnando con la loro preghiera tutta l’umanità. Un cammino di tredici anni, quello del monastero di Conflenti, che tra varie peripezie è giunto a compimento a febbraio quando Papa Francesco ha concesso al Vescovo di Lamezia la facoltà di erigere canonicamente il monastero. Dal Vescovo lametino, un grazie ai tantissimi fedeli, anche da fuori Regione, che hanno contribuito alla realizzazione del monastero, progetto voluto dal presule sin dal suo insediamento alla guida della Diocesi di Lamezia, per dare alla Calabria un “polmone spirituale”, “un segnale – ha detto Cantafora nell’omelia – che ricorda a tutti noi che Dio è all’opera, è presente e si rende presente nelle sue

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creature. È una luce sul monte, un segnale lungo il cammino della vita. Il segnale ha il compito di indicarti la strada, di orientare il tuo cammino e ti dice la direzione che devi prendere, se vuoi raggiungere il traguardo cui sei chiamato. Il nostro traguardo, la nostra meta non è quaggiù, ma è l’incontro col Signore. Voi con la vostra esistenza ce lo ricordate. Le monache con la loro vita, intercedono, pregano per noi, perché il progetto di Dio si realizzi in pienezza e per tutte le creature da Lui create ed amate”. “Le Sorelle Povere sono venute dall’altra parte del mondo e, con il loro sì a Dio, ci testimoniano la fedeltà del Signore per ogni lembo di umanità e quindi anche per la nostra terra – ha proseguito Cantafora - La continua ricerca di Dio nella solitudine e nel silenzio giustifica ancora oggi l’erezione di un monastero di clausura. Il Signore vi ha attirato a sé e voi lo avete incontrato nel deserto, nella solitudine che è il luogo dove Dio parla al cuore. Come il Signore ha guardato l’umiltà della Vergine Maria, sua serva, così guarda ora la vostra umiltà, il vostro sì, la vostra risposta d’amore a Lui”. Al termine della concelebrazione eucaristica, animata dalla corale diocesana Benedetto XVI, dopo la lettura del decreto di erezione del monastero da parte di Don Domenico Cicione, si è compiuto il rito di chiusura del monastero che ha segnato l’inizio della clausura. Da oggi i fedeli che vorranno parlare con le sorelle, potranno farlo attraverso i parlatori, bussando prima alla porta del monastero. Tutte le mattine di domenica alle 9.30 tutti i fedeli potranno partecipare alla celebrazione eucaristica insieme alle claustranti, che staranno dietro la grata. Di “giornata storica” per Conflenti e la Calabria ha parlato il Sindaco di Conflenti Serafino Paola che ha ringraziato il Vescovo Cantafora “per aver fatto di Conflenti la cittadella di Maria”. Tra le istituzioni, presenti il consigliere regionale Salvatore Scalzo e l’assessore del Comune di Lamezia Terme Graziella Astorino.

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Sport

ROYAL SUL PROSCENIO: GRANDE SUCCESO NELLE FINAL EIGHT! Un plauso al sindaco Mascaro decisivo nel non far scendere il sipario. Ed ora riflettori sui play off! Le giornate del 10, 11 e 12 marzo rimarranno scolpite nella memoria sportiva di Lamezia Terme per il figurone fatto in diretta nazionale grazie alla Royal Team. Le tre giornate delle Final Eight nella nostra città rappresentano uno dei momenti da incorniciare nella storia sportiva non solo lametina. Intanto per il risultato prettamente tecnico con la Royal dei presidenti Vetromilo e Mazzocca giunta in finale, persa al cospetto del più forte Real Sandos. E poi per l’impeccabile organizzazione messa su in poco più di due settimane. Tanto lavoro da parte di tutto lo staff della Royal ed il meritato plauso da parte del gotha della Divisione Calcio a 5, in primis il presidente Montemurro ed il Delegato Ferrini. SINDACO SUPER! Nicola Mazzocca ed Eugenio Mercuri possono dirsi sicuramente soddisfatti per la qualità del lavoro fatto, una sorta di miracolo organizzativo a dimostrazione che, facendo fronte comune, si superano tante problematiche. Alcune delle quali, occorre però sottolinearlo, non si sarebbero risolte se non fosse intervenuto in prima persona il sindaco Paolo Mascaro. E’ accaduto poco prima della gara dei quarti della Royal di venerdì, con la paventata chiusura del PalaSparti per carenze strutturali. Le strenue lotte per la sua datata apertura sono apparse un niente di fronte all’anzidetta evenienza, che si sarebbe rivelata un’autentica sciagura in un evento di tal portata nazionale! Ed infatti con grande senso di responsabilità, il sindaco ha scongiurato questa infausta ipotesi. Con lui un grazie anche agli assessori Astorino e Cardamone, al vice pres. del consiglio comunale Paladino, a tutta la Commissione Sport. Un plauso ovviamente a chi (Royal in primis in tutte le sue componenti) ha lavorato senza vetrine ma con tanto impegno e sacrificio. FINAL EIGHT. Compiaciuto “dell’equilibrio delle gare” anche il Ct della Nazionale di Futsal, Roberto Menichelli presente con diversi giovani colleghi per un corso di aggiornamento. Eccezion fatta per l’imbattibile Sandos. Commovente la Royal Team: intanto nel sofferto 2-1 alla Coppa D’Oro (con gol di Losurdo, 5 totali e Mezzatesta, 4); quindi la palpitante semifinale con la Rambla Padova. Un turbinio di emozioni per i gol (2) di Losurdo e Mirafiore in rimonta da 0-2. Ed invece ecco i due pari: prima di Benetti e poi di Vanfretti, addirittura

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a 4 secondi dalla fine, quando Mezzatesta (4-3 a 28 secondi dalla fine) sembrava aver chiuso i conti. Tutto rinviato ai rigori: fenomenale, ma non è ormai una novità, il portiere Liuzzo che para il primo a Benetti, poi realizzano tutte e tre per la Royal, Malato, Losurdo e Fragola che scoppia in lacrime ed è il ritratto da mandare ai posteri. Poi la finale domenica, grande attesa e toccante l’inizio a favore di Sissy e la famiglia presente. PalaSparti stracolmo, ma il Sandos rovina la festa: troppo forte, come nelle precedenti 2 gare (con ben 17 gol realizzati). La Royal ci ha provato non è bastato. A fine gara mister Carnuccio elogia le vincitrici ma sottolinea ‘che le nostre due gare sono state più impegnative rispetto alle loro, arrivando di fatto troppo stanche’. E’ la verità, come altrettanto pacifico è che il Sandos ha una rosa più completa e competitiva. Da ricordare poi, alla presenza di Mascaro e Cardamone, la promessa di Montemurro domenica mattina in visita al costruendo Palasport: “Porterò qui Italia-Argentina per inaugurare questa bella struttura”. Chiosando: “Una grande società la Royal che sta crescendo fortemente, noi gli siamo vicini perché crediamo tanto nel Lamezia”. E un’altra significativa pagina è stata l’adozione da parte della Royal della Polisportiva Norcia. Le sfortunate ragazze umbre che giocano in Serie C sono state ospiti della Royal per due giorni, testimoniando il proprio dramma del terremoto estivo nelle scuole lametine. Risposta entusiasta ancorchè commossa di centinaia di studenti, che non hanno trattenuto le lacrime alla proiezione di un apposito video. Chapeau! Ma non finisce qui. La Divisione ha inteso premiare la Royal invitandola ad un quadrangolare benefico (il 13 aprile) a Terni in favore proprio del Norcia, con Ternana, Lazio (due colossi scudettati della A Elite) e l’All Stars (le straniere in Italia con il Norcia), con organizzazione anche stavolta di Eugenio Mercuri in collaborazione con la Ternana. PLAY OFF. E siccome gli esami non finiscono mai, è intanto ripreso anche il campionato: la Royal (al momento di andare in stampa) è terza e sicura dei play off grazie alla vittoria (11-4) contro il San Cataldo a fine marzo. L’eventuale secondo posto dipenderà dallo scontro diretto a Fasano il 2 aprile, e dal successivo Martina-Fasano all’ultima giornata quando invece la Royal riposerà. Griglia dunque ancora de decidere, potrebbe essere Ciampino o Grisignano Vicenza l’avversario nella semifinale play off della Royal.

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Sport

Ricordando Mons. Azio Davoli Riconoscimenti ad educatori sportivi con la targa

“Monsignor Azio Davoli”

È stata una cerimonia di premiazione sentita, ma al tempo stesso coinvolgente, quello organizzata nella sala convegni della parrocchia Beata Vergine Maria della Pietà di Lamezia Terme. Il premio, patrocinato dalla Presidenza del Consiglio Regionale della Calabria E dall’associazione a AGL (Associazione Giovani Legali) è stato dedicato all’indimenticato Monsignor Azio Davoli ed alle Suore Missionarie Francescane del Verbo Incarnato. In una sala gremita la tanta gente, palpabile è stata l’emozione e molto particolare il momento in cui i bambini ehi ragazzi della parrocchia sono stati premiati

per essersi resi protagonisti nei tornei di basket, calcio e pallavolo. I riconoscimenti sono stati consegnati anche a quelle persone che in tutti questi anni hanno silenziosamente

dedicato la loro vita la crescita fisica morale dei giovani. Michele Amatruda, Ezio Arcuri, Ernesto Colloca, Vincenzo De Sensi, Enzo Failla, Rino Mascaro, Arturo Pisani, Armando Ruffo, Sergio Servidone e Albertino Scarpino, don Pasquale Luzzo, educatori e professionisti ti hanno saputo regalare emozioni alle tante generazioni avvicinatesi al mondo sportivo. Tra i presenti: monsignor Luigi Antonio Cantafora, Francesco Talarico, Presidente Consiglio Regionale della Calabria, Giancarlo Nicotera, Presidente Nazionale dei Giovani Legali, Pino Zofrea, Presidente della Camera Penale di Lamezia Terme, Giancarlo Leone parroco della Parrocchia della Pietà. Presente in sala anche il Vescovo Emerito della città Monsignor Vincenzo Rimedio

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La parola alla Nutrizionista

Le piante, nostre alleate Avete questa pianta in giardino? Sapete che è commestibile?? La borragine è una pianta annuale che cresce su terreni aridi, in collina e in montagna. Diffusa ovunque, è facilissimo osservare in primavera questa bella pianta dai fiori di un intenso azzurro e dal fitto rivestimento tomentoso argenteo. Le sue foglie sono grandi, ovali e pubescenti (pelose) dall’ odore e sapore simile al cetriolo. La tradizione popolare la definisce la ’’ pianta del buonumore’’ o del coraggio, infatti veniva utilizzata dai Celti per acquistare coraggio prima di una competizione. Le moderne ricerche ci spiegano infatti che la borragine favorisce la produzione di adrenalina, noto ormone che dona carica allentando lo stress. Come veniva utilizzata la borragine?

Storicamente la borragine è stata utilizzata come erba medicinale e nelle preparazioni culinarie . Le sue foglie e fiori sono stati usati per fare tè, zuppe, per aromatizzare il vino e per insaporire le insalate. Oggi viene poco o per niente utilizzata come ingrediente nelle ricette, ma il suo olio è usato come integratore alimentare. E’ disponibile in bottiglia o in capsule gel ed è spesso venduto in preparazioni combinate con olio di lino, olio di pesce o di minerali e vitamine per ottenere dei benefici aggiuntivi . Una volta acquistato deve essere refrigerato e conservato all’interno di una bottiglia opaca in modo da prevenire l’ossidazione degli acidi grassi polinsaturi. Studi scientifici hanno suggerito che la supplementazione con olio di borragine può essere efficace nel trattamento o nella prevenire di condizioni associate ad un anormale metabolismo degli acidi grassi essenziali. Cosa sono gli acidi grassi?

Gli acidi grassi sono classificati come saturi, monoinsaturi o polinsaturi a seconda del numero di doppi legami carbonio nella loro catena. Ci sono due categorie di acidi grassi polinsaturi : omega-6 che troviamo nelle uova, o noci e omega-3 che troviamo nei pesci grassi, sgombro, sardina, tonno, aringa ecc. Gli acidi grassi trans sono degli acidi grassi saturi definiti ‘’acidi grassi cattivi’’ in quanto non dovrebbero essere consumati in eccesso essi si trovano in biscotti, dolci, margarine creme da dessert ecc. Gli acidi grassi polinsaturi e monoinsaturi sono invece definiti ‘’ acidi grassi buoni’’ se consumati nelle dosi raccomandate. In una dieta bilanciata il 30 % delle calorie deve essere acquisito da acidi grassi di cui meno del 10 % da acidi grassi saturi, 10-15% da grassi monoinsaturi e 8-10% da acidi grassi polinsaturi. Inoltre si consiglia che il rapporto omega-6 omega-3 debba essere circa 4:1 per avere dei benefici sulla salute.

ma-linolenico (GLA) presente in proporzione di 23 g per 100 g di olio. Il GLA è un Acido Grasso Omega 6 precursore di un altro acido grasso polinsaturo, l’ Acido Diomo-Gamma Linolenico (DGLA) e di antinfiammatori (Prostaglandine PGE1, Leucotrieni LTB3 e Trombossani TXA1). Per questo motivo si attribuisce alla borragine una potente attività antinfiammatoria. Altri costituenti dell’olio di borragine sono sali minerali, mucillagini, vitamina B, tannino, nitrato di potassio, una saponina, alcune resine e fra gli oli essenziali l’alcatoina. Gli usi della borraggine sono numerosi . Ha soprattutto proprietà sudorifere per cui è preziosa in tutte quelle situazioni in cui è necessario l’abbassamento della temperatura corporea come ad esempio nelle forme influenzali da raffreddamento e nelle patologie bronchiali. Grazie alla presenza degli olii essenziali aiuta a lenire i disturbi mestruali e indotti dalla menopausa. Ha un’azione depurativa simile al tarassaco e al crescione, utile in caso di ritenzione idrica. La borraggine in cucina oggi

Grazie al sapore aromatico, con le tenerissime foglie è possibile realizzare delle gustose insalate crude, conservando il potere terapeutico della borragine. Le foglie cotte possono essere usate nell’impasto per il ripieno dei ravioli, o fritte in pastella .

Infine per chi ha voglia di raccogliere e fare una ricetta sana ecco a voi la ricetta delle ‘’Fettuccine alla borragine’’

Lessare la borragine in acqua senza sale, tritarla e impastala con acqua farina e uovo. Stendere la sfoglia, lasciarla riposare 15 minuti, tagliare le fettuccine che si potranno condire con un sugo semplice di pomodoro e parmigiano.

Alma Battaglia Biologa Nutrizionista

Vicepresidente Sips delegazione Calabria

Per consigli e curiosità che riguardano il mondo dell’alimentazione seguitemi su f alla pagina Centro nutrizione sport salute

L’ Olio di borragine è quindi una fonte di acidi grassi buoni?

Si! Il costituente principale dell’olio di borraggine è l’acido gampag. 18

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Io, due gambe e quattro ruote - totosaff@gmail.com

il valore della diversità

La società attuale, con i suoi schemi incapsula ciascuno di noi in un ruolo, in una condizione, come se fossimo tante pedine bianche o nere da muovere a seconda delle circostanze, seguendo regole all’interno di ciò che chiamiamo “normalità”. Ma che cosa succede quando a muoversi su questa scacchiera non è una pedina bianca né una nera? Quali sono allora le manovre di una pedina diversa? Arbitrariamente, possiamo rispondere a queste due domande, sostenendo che queste mosse, sono le mosse giuste, che saltano gli schemi, che rompono gli argini della cosiddetta “normalità” e creano, nuovi spazi vincendo la partita più importante “vivere senza confini” oltrepassando ogni limite fisico e mentale. Oltre al bianco e al nero delle pedine “normali” c’è il rosso, il verde, il giallo delle pedine “speciali”, che con la loro presenza ci ricordano la loro importanza, la loro voglia di giocare e di mettersi in gioco, ogni giorno. Su questa immensa scacchiera che rappresenta la vita a giocare sono tutti i colori. Ogni colore rappresenta una persona con i suoi pregi e i suoi difetti, con le sue forze e le sue debolezze, perché nel gran gioco della vita ogni pedina è importante qualunque sia il suo colore.

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Spesso però la diversità appare come un pericolo, una minaccia, una barriera che si oppone tra i simili e “gli altri”. Il “diverso” può essere lo straniero, differente per la lingua, cultura, religione e sensibilità su determinate tematiche, come può essere una persona anziana o con disabilità verso la quale le persone cosiddette “normali” tengono spesso atteggiamenti contrastanti, dalla solidarietà al rifiuto. Il diverso è l’omosessuale in quanto contravviene secondo molti ad un ordine naturale. Si cerca di annullare la “diversità” si tende a lavorare più sul collettivo che sull’individuo, a creare universi omologati. Si deve, al contrario, considerare il diverso non come un “pericolo” per la propria sicurezza, ma come “risorsa” per la crescita. Gestire la diversità richiede impegno, coraggio, pazienza, ma regala la gioia della scoperta, il rischio del confronto e l’audacia del mettersi in discussione. Per questo il primo passo da fare è quello di cominciare a considerare la diversità non come un elemento da tollerare, ma come un bene da tutelare, perché, la diversità è uno dei valori fondamentali del nostro tempo.

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Viaggio nella criminologia

Il Crimimal Profiling All’interno della branca della psicologia criminale, si sviluppa la criminal profiling, per cui si elabora un profilo psicologico e comportamentale di un criminale ancora sconosciuto. Il profiling si occupa del comportamento che riflette la personalità di un individuo e da questa presa di posizione ne deriva che le azioni di un criminale, durante l’esecuzione di un reato, rispecchiano le sue caratteristiche individuali. L’obiettivo principale è fornire agli investigatori delle informazioni che possano essere utili all’identificazione e alla cattura di un criminale; il profiling si propone quindi di ridurre gradualmente il cerchio dei sospettati a pochi individui, contraddistinti da particolari caratteristiche e comportamenti. Quelle che seguono, sono le domande base che ogni profiler si deve sempre porre prima di qualunque supposizione: · Cosa è successo durante l’esecuzione del reato? · Che tipo di individuo potrebbe commettere un simile crimine? · Quali caratteristiche solitamente possono essere associate a un tale soggetto? Il profilo psicologico può essere considerato «l’analisi delle principali caratteristiche comportamentali e di personalità di un individuo, ottenibili dall’analisi dei crimini che il soggetto stesso ha commesso»; non ci si limita ad ipotizzare i tratti della personalità quindi, ma il profilo deve includere anche informazioni socio-demografiche come età, sesso, razza, occupazione, istruzione ed altre caratteristiche simili. La costruzione di un profilo si basa su una corretta interpretazione della scena del crimine che può indicare il tipo di personalità del soggetto che ha commesso il delitto. Dalla scena del delitto si possono ricavare un gran numero di indizi riguardo la personalità del reo,in modo particolare possiamo valutare tre aspetti: -Il Modus Operandi cioè la modalità attraverso la quale il criminale mette in atto il comportamento illecito,

-La Firma costituisce il biglietto da visita del criminale. A differenza del modus operandi che tende a restare uguale ma può anche cambiare,la firma rimane identica in tutta la serie e rappresenta l’elemento simbolico e originale più importante. -Lo Staging è alterazione della scena del crimine dopo aver compiuto l’atto criminoso. Serve essenzialmente per depistare le indagini. Esiste anche lo staging indiretto che riguarda la formulazione di false ipotesi e la costruzione non veritiera dei fatti. La costruzione del profilo psicologico è di natura probabilistica e non identifica il criminale con una certezza assoluta, ma individua quelle che potrebbero essere le sue caratteristiche di personalità. Viene utilizzato quando le tecniche investigative tradizionali non sono applicabili. Il Crime Classification Manual (1992) distingue sei reati in cui il profiling la sua applicazione: -Single Murder è l’omicidio singolo. Si presenta nel caso in cui non è presente un movente e sia di particolare efferatezza. -Serial Murder è l’assassino seriale. Riguarda tre o più eventi omicidari commessi in tre luoghi differenti,separati da un intervallo di raffreddamento emozionale del killer. -Mass Murder è l’omicidio di massa. Si ha l’uccisione di quattro o più vittime nello stesso luogo e nel corso di un unico evento. -Spree Killing è l’omicidio compulsivo. Riguarda un unico evento che si realizza in due o più luoghi e che porta alla morte di più persone senza un periodo di raffreddamento emozionale del killer, -Sex Offender è la violenza sessuale, -Arson è l’incendio doloso, -Bombing è l’attentato esplosivo pianificato.

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MOLTI STUDENTI ITALIANI NON CONOSCONO LA PROPRIA LINGUA “Gli studenti non sanno l’italiano” La denuncia di 600 professori universitari

L’Italiano, questo sconosciuto Appello dei docenti che chiedono un intervento urgente al governo e al Parlamento. “Nelle tesi di laurea, errori da terza elementare. Bisogna ripartire dagli elementi fondamentali: grammatica, ortografia, comprensione del testo” A quanto pare, purtroppo, nella patria di Dante, Petrarca, Moravia, Montale, Ungaretti, D. Maraini, E. Morante, S. C. Modigliani, Eco, De Crescenzo, accade purtroppo di ritrovarsi a correggere delle tesi di laurea usando la matita rossa e blu come nella scuola elementare. Basta leggere alcune testimonianze drammatiche dei 600 professori universitari che in pochi giorni hanno sottoscritto un accorato appello al governo e al Parlamento per mettere in campo un piano di emergenza per rilanciare lo studio della lingua italiana nelle scuole elementari e medie. Ripartendo dagli elementi fondamentali: “dettato ortografico, riassunto, comprensione del testo, conoscenza del lessico, analisi grammaticale e scrittura corsiva a mano”. Ciò potrebbe sembrare un ritorno indietro ma, in base alle statistiche in base a ciò che si verifica in alcune scuole medie superiori e di 1° grado. E’ evidente ormai da molti anni che alla fine del percorso scolastico troppi ragazzi scrivono male in italiano, leggono poco e faticano a esprimersi oralmente Da tempo i docenti universitari denunciano le carenze linguistiche degli studenti (grammatica, sintassi, lessico),Nel tentativo di porvi rimedio, alcune facoltà hanno persino attivato corsi di recupero di lingua italiana.. Anche dall’ultimo rapporto Ocse-Pisa che misura le competenze dei quindicenni di mezzo mondo i ragazzi italiani stanno al livello minimo. Tra i firmatari della lettera si contano (al momento) 8 accademici della Crusca, quattro rettori, un pedagogista, storici, filosofi, sociologi una scrittrice e insegnante da sempre in prima linea per una scuola severa e giusta (giusta anche perché severa), matematici e docenti di diritto, storici dell’arte e neuropsichiatri. Tutti uniti nel denunciare la condizione di semi-analfabetismo di una parte degli studenti universitari.”. Gli studenti non sanno scrivere in italiano E’ urgente porvi rimedio Troppo internet durante le lezioni abbassa i voti – - Molti studenti scrivono male in italiano, non c’è più tempo da perdere, bisogna intervenire: sono oltre seicento i docenti universitari, tra loro accademici, storici, filosofi, sociologi ed economisti che lanciano l’allarme a governo e parlamento. «È chiaro ormai da molti anni che alla fine del percorso scolastico troppi ragazzi scrivono male in italiano, leggono poco e faticano a esprimersi oralmente»: comincia così la lettera indirizzata a presidente del Consiglio, ministra dell’Istru-

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zione e Parlamento, fatta girare tra i docenti per raccogliere le firme. L’iniziativa è del Gruppo di Firenze per la scuola del merito e della responsabilità. “Da tempo -si legge nella lettera- i docenti universitari denunciano le carenze linguistiche degli studenti (grammatica, sintassi, lessico), con errori appena tollerabili in terza elementare. Nel tentativo di rimediare, alcune facoltà hanno persino attivato corsi di recupero di lingua italiana”. Secondo i docenti, il sistema scolastico non reagisce in modo appropriato, “anche perché il tema della correttezza ortografica e grammaticale è stato a lungo svalutato sul piano didattico”. “Ci sono alcune importanti iniziative rivolte all’aggiornamento degli insegnanti, ma - si fa notare - non si vede una volontà politica adeguata alla gravità del problema. Abbiamo invece bisogno di una scuola davvero esigente nel controllo degli apprendimenti, oltre che più efficace nella didattica, altrimenti né l’impegno degli insegnanti, né l’acquisizione di nuove metodologie saranno sufficienti”. Nella lettera si indicano quindi una serie di dettagliate linee d’intervento per arrivare, “al termine del primo ciclo” di studi, ad un “sufficiente possesso degli strumenti linguistici di base da parte della grande maggioranza degli studenti”. Le adesioni sono arrivate in gran numero: da parte di filosofi, storici costituzionalisti, accademici e diversi rettori IL COLMO: ANCHE Amori grammaticalmente scorretti: Come riportano i giornali, si può leggere in giro per le diverse città d’ Italia, su alcuni ‘murales’ dei messaggi amorosi grammaticalmente scorretti, come ad esempio: 1: “Mara tu rimanerai sempre nel mio cuore.” (anziché rimarrai, futuro di rimanere) 2: “Mi dispiace per il cielo ma la stella più bella cell’ho io “(anziché ce l’ho) 3: “xché mi ai detto di no. (anziché perché mi hai: verbo avere) 4: “Pultroppo ai sbagliato” (anziché purtroppo, e ai nuovamente senza la h) Ci auguriamo che si possano prendere le misure opportune per colmare tali lacune, ma soprattutto che si sappiano motivare i giovani allo studio della lingua italiana e ad una sana, e accurata lettura in alternativa all’uso smisurato e inopportuno degli smartphone e dei tablets a causa dei quali si è perso il buon uso della nostra lingua, l’utilizzo di un lessico appropriato, di un’ortografia adeguata e di una grammatica corretta.

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Psicologia

PSICOLOGIA DELLE EMOZIONI

Ognuno di noi sa cosa è una emozione, ma non sempre è facile riuscire a definirla. L’emozione è una risposta di fronte ad uno stimolo esterno o interno. Le reazioni possono essere diverse: fisiologiche, cognitive e comportamentali (respirazione, pressione arteriosa, espressioni facciali, tono della voce, processo mentale per capire come comportarsi). Le emozioni hanno funzioni diverse e importanti: per esempio, rendere più efficace la reazione dell’individuo ai fini della sopravvivenza, ma anche favorire la comunicazione sociale, farci comprendere i nostri cambiamenti psicofisici, renderci consapevoli dei nostri bisogni e dei nostri obiettivi, vivere esperienze da eventi e situazioni, e altro ancora. Le emozioni si dividono in: · Primarie manifestandosi sin dal primo periodo di vita: gioia, tristezza, paura, rabbia, disgusto e sorpresa. · Secondarie in base all’esperienza: senso di colpa, vergogna, invidia, orgoglio, perdono, offesa, gelosia, delusione, rimorso. Le emozioni primarie, inoltre, sono comuni all’uomo e agli animali superiori: 1. Paura, determinata dalla presenza di un pericolo o da una minaccia; 2. Disgusto, reazione nei confronti di sostanze o oggetti potenzial-

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mente nocivi e con lo sviluppo anche in relazione a pensieri o immagini particolari; 3. Gioia, determinata dal raggiungimento di uno scopo; 4. Tristezza, determinata da una perdita o da uno scopo non raggiunto; 5. Rabbia, generata dalla frustrazione e si manifesta attraverso l’aggressività. 6. Sorpresa, determinata da un evento inaspettato e seguito da paura o gioia. Secondo alcuni studi, le espressioni emotive sono universali sia sul piano della produzione che del riconoscimento. Tale ipotesi si articola in tre proposizioni: a) universalità dei movimenti facciali (tutti gli esseri umani presentano le medesime configurazioni di movimenti facciali). b) espressività dei movimenti facciali (specifiche configurazioni facciali sono la manifestazione delle stesse emozioni in tutti gli esseri umani). c) universalità del processo di attribuzione (ovunque osservatori appartenenti a diverse culture

attribuiscono il medesimo valore emotivo a date configurazioni facciali). Le emozioni oltre a svolgere una funzione che potremmo definire più “personale” attinente l’interiorità e il provare del singolo individuo, sono anche un importante mezzo di comunicazione. Le emozioni non restano solamente dentro di noi ma vengono condivise, tramite espressioni, gesti e parole con chi ci sta accanto. Queste forme espressive vengono generalmente considerate come intrinsecamente connesse alle espressioni che le hanno generate e facilmente decifrabili da qualunque persona. La tecnologia odierna ci consente di comunicare molto attraverso i social network, strumenti molto importanti che accorciano i tempi e le distanze, ma spesso non ci permettono di esprimere le nostre emozioni più profonde. Le emotions (faccine virtuali) vengono utilizzati molto per rappresentare gli stati d’animo, ma non sempre sono in grado di esprimere agli altri in maniera empatica ciò che si prova dentro. Ad ogni emozione primaria seguono quelle secondarie, che aiutano a rappresentare meglio gli stati emotivi e personali in ognuno di noi. Dott.ssa Maria Mirabelli

Psicologa clinica e forense Contatti: 339.5919310

mariamirabelli@libero.it

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