Lameziaenosolo dicembre 2019 incontra don Guido Mazzotta

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lameziaenonsolo incontra

di Nella Fragale

Don Guido Mazzotta

Dal suo paese di nascita alla sua vocazione, dagli angeli al tempo libero, questo incontro con Don Guido Mazzotta è una breve chiacchierata che vuole suscitare curiosità per chi non dovesse conoscerlo. Per sapere qualcosa di più basta, come si usa oggi, andare su google e digitare il suo nome e... e si rimane piacevolmente stupiti dalle sue molteplici attività, tutte importanti, tutte differenti, pur sempre legate alla chiesa, alla fede ... Per non parlare poi dei libri che ha scritto! Allora, prima leggete e poi “googlate”. Guido Mazzotta è nato a Curinga e lì è cresciuto, che infanzia ha avuto? Un’infanzia felice, non chiusa e diffidente ma aperta e di grandi amicizie. Il rimpianto oggi è che moltissimi compagni di scuola e di marachelle sono morti precocemente. E ogni ritorno a Curinga è un dialogo silenzioso con i compagni d’un tempo.

fatto di pura intelligenza. C’è qualcosa che possiamo fare per “sentire” il nostro angelo? Occorre cominciare a prendere atto che il mondo della nostra esperienza sensibile non è tutto. C’è dell’altro, e quest’altro è più vero di quanto conosciamo con i sensi. Bisogna allenarsi a una vista più profonda di quella degli occhi.

Ha sempre amato studiare, quanto in questo è stato influenzato dai suoi fratelli, Giuseppe che insegna tuttora nella prestigiosa università di Yale e Lorenzo che è stato docente di lettere al Liceo di Crotone? In realtà amavo giocare e anche leggere molto, di tutto. Sono stato influenzato, come i miei fratelli maggiori del resto, da mio Papà che ci ha iniziati all’amore per la lettura e per la storia patria.

Gli angeli sono comuni a tutte le religioni, non sono figure prettamente cristiane come il Crocefisso. Cosa ne pensa, a proposito del Crocefisso, di chi accetta di non metterlo in scuole o luoghi pubblici per non “urtare la sensibilità” di chi crede in altre religioni? Per intanto il Crocefisso ci mostra che non bisogna mai rassegnarsi e arrendersi al male ma occorre trasformarlo in bene: sulla Croce appunto Gesù subisce la più atroce violenza e la trasforma in offerta amorosa della sua vita per noi e a noi. E così l’odio diventa amore e la morte diventa vita. Anzi, e meglio: la sua morte diventa vita di tutti. Questa è la “Pasqua”, la sostanza del Cristianesimo che ha forgiato l’Occidente e la sua cultura. Occorre rispettare l’identità o sensibilità di tutti e dunque anche la nostra.

Quando ha capito che avrebbe intrapreso un percorso che la avrebbe portata a prendere i voti? Il percorso della formazione sacerdotale ha del misterioso, letteralmente, perché nasce dall’intreccio di due libertà, quella di Dio che chiama e quella dell’uomo che risponde. Quindi è difficile “capire”. Più semplicemente posso dire che ho avuto ben chiara e definitiva la mia scelta alla fine del liceo. E’ stata la fede che si è fatta strada dentro di lei oppure c’è stato un qualcosa che le è accaduto e che le ha fatto prendere questa decisione? La fede è un atto di amore, è un consegnare la propria vita a Dio: quando s’intuisce che solo Dio riempie di felicità la vita non si può fa-re a meno che decidersi per Lui. Come hanno reagito la sua famiglia e i suoi amici quando hanno saputo del-la sua scelta? Le reazioni famigliari sono state di pieno rispetto per la mia scelta. Del resto siamo stati educati a scegliere liberamente ma pure ad assumercene la responsabilità, La chiesa lo ha sempre detto, lei lo ha ribadito in una intervista, che ognuno di noi ha un angelo custode, questo essere

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Don Nicola Bux recentemente ha affermato: “Preti e vescovi ormai sono percepiti come sindacalisti o politici, non come pastori”, una affermazione piuttosto forte, lei cosa ne pensa? Il rischio di burocratizzare l’esperienza di fede, o di sottolineare esclusivamente gli aspetti sociali della fede cattolica, esiste per davvero. E invece l’umanità di oggi trarrebbe nuova linfa dalle verità evangeliche che hanno trasformato il mondo antico: la figliolanza divina e la resurrezione della carne. Il Cristianesimo è tutto qui. In giro, spesso, prevale invece il moralismo. In questo mondo, oggi afflitto da guerre, calamità, sofferenze, spesso la gente si chiede: “dove abita oggi Gesù? Dove possiamo trovarlo?” Lei cosa risponderebbe se dovessero farle questa domanda? “Dov’era Dio quando gli Ebrei venivano cremati nei forni di Birkenau, presso Auschwitz”. Alla domanda di Elie Wisel la fede

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cristiana risponde: Dio stava dalla parte delle vittime, anzi stava nelle vittime. Per poterlo riconoscere nel prossimo e nel prossimo sofferente occorre frequentarlo nell’Eucarestia. Ecco, questi sono i due posti dove abita Gesù e dove lo possiamo trovare: nell’Eucarestia e nel prossimo.

Dovremmo fare qui e ora un impossibile trattato di filosofia della cultura e insieme di pedagogia che non finirebbe mai. I cambiamenti culturali nella seconda metà del Novecento sono stati talmente radicali che hanno toccato tutto l’impianto dell’educazione sia famigliare sia scolastica. E tutti ne siamo come frastornati.

A volte ho la sensazione che la sofferenza pare spaventare oggi più di ieri. E nel dirlo penso a chi vuole ricorrere all’eutanasia per non soffrire più. Il suo parere? La sofferenza spaventa sempre, ha in sé la violenza invincibile che soltanto si subisce. Ma possiamo trasformarla e farla diventare un evento di libertà. Mi chiedeva una malata terminale di tumore che le procurava dolori fortissimi: come si fa? Le risposi: guarda il Crocifisso e offri i dolori per gli stessi motivi per i quali Gesù è morto in croce. Non si lamentò più.

Nel 1981 si è concesso un anno sabbatico nel monastero benedettino di S. Girolamo in Urbe, come mai ha sentito questo bisogno? Cosa le ha dato questa esperienza? La ha arricchita interiormente per affrontare ancora meglio il suo percorso di fede? Volevo “resettare”, come oggi usa dire, la mia vita. E confesso che di tanto in tanto m’assaliva il desiderio del chiostro. Così, ho voluto “andare e vedere”, come suggerisce il Vangelo di Giovanni. E m’ha fatto un gran bene. Tra l’altro m’ha spinto a elaborare un approccio innovativo alle Scritture che poi risultò importante nella mia vita e nel mio apostolato. Ancora oggi offro ai miei amici la lectio divina.

Gli incarichi che ha ricoperto sono numerosi e tutti di grande pregio, importanza. Fra tutti quale è stato il più impegnativo? Tutti gli incarichi ecclesiali sono letteralmente “impegnativi”, perché sono missioni che coinvolgono tutte le dimensioni della persona. E quello più gratificante? Certamente l’insegnamento e l’accompagnamento spirituale delle persone. Nulla al mondo gratifica di più che aiutare le persone ad aprirsi alla verità e alla libertà. Secondo Papa Francesco, e lo ha dimostrato ampiamente rinunciando al lusso, la Chiesa dovrebbe essere lontana dai beni materiali. E’ d’accordo? Fuori dubbio. Quand’è ricca e si mondanizza, la Chiesa s’impiglia nella decadenza spirituale. E’ una grazia questo pontificato che ce lo ricorda. Ha conosciuto diversi papi, addirittura per Paolo VI è stato il relatore per la sua causa di beatificazione. C’è qualcosa che ci può dire e che rende differenti i Papi che lei ha conosciuto? Quand’ero assistente nazionale della FUCI molte volte sono stato ricevuto in udienza privata da San Paolo VI e mi pare d’aver capito che la sua identità più profonda era quella non d’un politico ma d’un vero padre spirituale. Non svelo nulla se dico che le deposizioni più belle e profonde al suo processo di beatificazione appartengono ai suoi figli spirituali. E’ stato assistente della FUCI (Federazione universitaria cattolica italiana) dal 74 all’80, è stato, fra gli altri incarichi, anche Professore ordinario di filosofia teoretica nella Facoltà di Filosofia della Pontificia Università Urbaniana, 1987-2017, come è cambiato l’approccio allo studio dei quindi dei giovani universitari di allora e quelli di oggi? pag. 4

Lei ha viaggiato molto, ha visitato luoghi importanti ed ha incontrato personalità di spicco del mondo cattolico e non solo, quanto sono stati importanti per lei questi viaggi e, soprattutto questi incontri? Ho visitato le università pontificie in America latina, in Africa e in India. Ho capito come mai gli Autori cristiani dei primi secoli amavano chiamare la Chiesa cristiana “la Catholica”: educa a guardare le cose, ogni cosa, “secondo l’intero” (come suggerisce l’etimo greco di Catholica) e quindi a ricomporre armonicamente accenti e aspetti diversi nell’unità (che non è piatta uniformità) della stessa fede. Come si svolge una sua giornata tipo? Sono molto mattiniero. All’alba prego la Liturgia delle Ore, faccio la mia meditazione, e poi un’ora di camminata per le vie ancora deserte del centro di Roma. Torno a casa, mi metto in ordine e celebro la Messa. Poi si lavora: all’università o nello studio, a casa. Nel pomeriggio ricevo persone per la confessione o colloqui spirituali. Di solito vado a letto abbastanza presto, “come le galline” (si dice così a Curinga). Le sue pubblicazioni sono moltissime, qual è il motivo che la spinge a scrivere su di un argomento piuttosto che un altro? Scrivo in funzione dell’insegnamento e quindi, alla fine, gli argomenti sono scelti non da me ma dai giovani. Attraverso questi scritti lei vuole condividere, anche con chi la leggerà, i suoi stati d’animo, le sue emozioni, la bellezza delle sue esperienze? No, non stati d’animo, ma l’austero e affascinante tentativo di pensare criticamente.

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Che cosa è la Fede oggi? E’ facile credere oggi? E’ tanto facile oggi credere quanto è facile amare. O forse meglio: è tanto difficile credere quanto è difficile amare. Oppure: è tanto difficile credere quanto è difficile essere liberi. Oggi infatti non c’è molta ma troppo poca libertà. La libertà è difficile, come l’amore, come la fede. L’abbiamo detto prima: credere è consegnare la propria vita per amo-re, lasciar governare la propria vita da Colui che mi ha amato e mi ama come nessun altro mai. C’è uno dei suoi libri al quale è particolarmente legato? Mi stupisce che dopo tanti anni si legge ancora e sembra fruttuosamente Il sicomoro (Urbaniana University Press), ch’è una introduzione alla preghiera cristiana. E poi, Stupore della ragione, che narra della mappa di interessi culturali e di letture filosofiche d’un giova-ne prete che vive tra la gioventù studentesca secolarizzata del secondo Novecento. Chi ha tanto scritto, di certo, ha molto letto, c’è un libro che dovrebbero leggere tutti? Sì, Il Signore (Vita e pensiero editrice) di Romano Guardini. Italiano di nascita ma tedesco di cultura Guardini è un prete che insegnava all’università di Monaco di Baviera tra glia anni trenta e sessanta del Novecento: tra i suoi allievi i giovani della Rosa bianca, opposi-tori del nazismo. I suoi libri si ristampano ancora e si leggono con grande frutto. Le persone anziane che sentono il peso degli anni leggano di lui Le età della vita (stessa editrice), che canta la bellezza e il privilegio della vecchiaia. Cosa ne pensa di quello che sta accadendo oggi nella politica italiana? Che ne siamo tutti responsabili. E che non ci sono più luoghi educativi all’impegno politico.

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Nel suo tempo libero don Guido cosa fa? Legge molto, anzitutto la Bibbia, e riceve persone. E’ nato a Curinga, lo abbiamo detto, ha girato il mondo, si è soffermato per insegnare in diverse città, però so che torna sempre nel suo paese natio appena ne ha l’occasione. Come mai, Curinga nel cuore? Purtroppo ormai ci vado solo d’estate e per pochi giorni. Curinga custodisce i miei morti e ogni mattina vado a trovarli. Ho qualcosa da dire e soprattutto da udire. Ed eccoci alla fine di questa intervista. Che dire? Ho quasi timore a scrivere i miei pensieri e non perchè lui sia una persona che incute timore, anzi, il contrario! E’ gentilissimo, pronto alla battuta spiritosa, ti fa sentire a tuo agio anche se lo hai conosciuto da poco. Ascoltarlo è un piacere, nessuna banalità nelle sue parole. E’ una figura carismatica che riesce persino ad interessare i giovani parlando di fede, di metafisica, di filosofia e non di social o di altri argomenti simili che paiono essere il miele che oggi accomuna i giovani e, come ha detto nel corso dell’intervista, sono proprio loro a suggerirgli gli argomenti che poi diventeranno il soggetto dei prossimi libri. Che dire? Avremmo bisogno di più Guido Mazzotta, con le sue idee, con la sua voglia di condividere, di dare, di ascoltare. “Con gli occhi stupiti guardare il mondo” questo il titolo di un suo seminario... Per me rappresentano un piccolo e prezioso aforisma che è come un inno alla vita Don Guido è stato relatore della causa di beatificazione di Papa Paolo VI e quindi voglio concludere dedicandogli proprio una frase di Papa Montini: “Non saremmo cristiani fedeli, se non fossimo cristiani in continua fase di rinnovamento!” In questa frase, nella quale spero si riconosca, mi pare di ritrovare Don Guido, uomo di grande cultura, fede, spiritualità che ha saputo, pur nella complessità che questi concetti comportano, renderli “al passo” con i tempi, farne interessante tema per i suoi libri, per i suoi convegni, seminari e, di conseguenza per chi lo ascolta e lo legge.

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amici della terra

Alla nuova giunta mascaro si riprone la necessità di una seria politicadi difesa dai rischi idrogeomorfologici e sismici e per la valorizzazione del grande patrimonio di risorse naturali di Mario Pileggi

I gravi danni e disagi provocati dalle prime piogge di novembre, in particolare in coincidenza del recente voto per l’elezione del Sindaco di Lamezia Terme, non possono non riportare alla memoria i dati sulle risorse naturali e sui rischi idrogeologici e sismici del Territorio riportati nel numero Luglio-Agosto 2015 del periodico “LAMEZIAenonsolo” e posti all’attenzione della prima Giunta dello stesso Sindaco Avv. Mascaro. Dati che oggi, ancor più del passato, richiedeno interventi e attività per la tutela e valorizzazione del prezioso patrimonio di risorse naturali disponibili e per la prevenzione dai rischi idrogogeologi e sismici ai quali sono esposti popolazioni e vaste aree del Territorio. Si ripropone quindi alla nuova Giunta Mascaro la necessità di affontare e avviare a soluzione i problemi sia della prevenzione dei rischi legati ai naturali fenomeni di piovosità e sismicità del territorio sia della tutela e valorizzazione del patrimonio di risorse naturali disponibili nei 162 chilometri quadrati del territorio comunale. Riguardo le risorse naturali disponibili e di alto pregio si ricordano ad esempio: le cento sorgenti e le ricche falde idriche con acque fredde e calde e di ottima qualità sia per uso potabile che per cure termali; suoli fertilissimi in vaste aree pianeggianti, collinari e montane in un contesto con ampia disponibilità di “oro blu”, microclima favorevole per coltivazioni pregiate e intensive; diffusa rete idrografica con tredici corsi d’acqua, e circa 9 chilometri di costa bassa e ampi litorali non rifatti a differenza di gran parte della costa tirrenica del Bel Paese; giacimenti litoidi e rocce di tutte le ere geologiche con preziose fonti energetiche ecc. In particolare, riguardo l’ampia disponibilità delle risorse idriche va ribadito che entro i confini comunali sono state censite ben 104 sorgenti con portata maggiore di sei litri al minuto. Nel settore occidentale, nel territorio dell’ex comune di Sambiase sono state censite 68 sorgenti comprese quelle termali solfuree. Tra le 36 sorgenti censite, nell’ex comune di Nicastro ve ne sono alcune con portate di centinaia di litri al secondo: si tratta delle 4 sorgenti denominate Candiano, Sabuco, Cappellano e Risi, che complessivamente risultano in grado di fornire circa 20 miliardi di litri d’acqua all’anno. Sulla rilevanza di questo dato, è da considerare che per fornire ad ogni abitante di pag. 6

Lamezia 270 litri d’acqua al giorno necessitano circa 7 miliardi di litri all’anno. Una quantità che, secondo i più recenti dati Istat, corrisponde al consumo medio di 115.000 abitanti nel resto d’Italia, dove il consumo medio di acqua potabile, nel 2011, è stato pari a 175,4 litri per abitante al giorno. In pratica, con un consumo di 175,4 litri al giorno pari a quello medio nazionale, la quantità d’acqua disponibile dalle 4 sorgenti può soddisfare il fabbisogno di 313 mila persone, poco meno dell’intera popolazione della Provincia di Catanzaro, oggi di 363.979 abitanti. Un patrimonio da valorizzare e che impone la necessità di adottare gli adempimenti richiesti dalle norme vigenti per la protezione e la gestione dell’acqua. Adempimenti finalizzati a: - identificare e analizzare le acque, - classificare le stesse per bacino e per distretto idrografico di appartenenza, - adottare piani di gestione e programmi di misure specifiche per ciascun corpo idrico. Adempimenti richiesti e necessari sia per salvaguardare il prezioso patrimonio di risorse idriche disponibili sia per evitare le multe della U.E. come già accaduto per la mancata depurazione delle acque. D’altra parte va ribadita l’assenza di memoria storica ed il mancato riferimento alla specificità del Territorio da parte dei responsabili del governo e gestione dello stesso territorio comunale. Dalla nascita di Lamezia Terme, le classi dirigenti hanno impedito la piena e razionale valorizzazione delle risorse naturali senza assicurare la regolare e continua disponibilità d’acqua a tutti i cittadini. E, quindi, senza garntire la sicurezza delle popolazioni dei vari quartieri dai rischi idrogeologici e dalle cosiddette “calamità naturali” cui è esposto il territorio. Si è trascurato e si continua a trascurare che GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

gli attuali assetti idrogeomorfologici del territorio, sono il risultato di lunghi e complessi processi geologici ancora in atto. Assetti che, nel mentre favoriscono la formazione delle risorse naturali acqua e suoli, tra l’altro, documentano come lo stesso territorio è esposto a eventi naturali di particolare intensità riguardo la sismicità e piovosità. In pratica, i processi di evoluzione degli stessi assetti idro-geomorfologici ignorati dalla classe dirigente, documentano anche il tipo di fenomeni naturali e, quindi, i cosiddetti “rischi geologici”, come terremoti, frane, inondazioni, ecc. a cui il territorio è stato e continuerà ad essere esposto. Per porre fine al depauperamento e irrazionale utilizzo del prezioso patrimonio di risorse disponibili, oltre alla valorizzazione e al razionale utilizzo è necessario avviare a soluzione i problemi per la bonifica dei terreni e delle acque inquinate e,o a rischio inquinamento. Necessità sottolineata anche nel Rapporto Ambientale relativo al PSC nel quale sono riportati sia gli obiettivi specifici del PAI sia alcuni obiettivi di sostenibilità ambientale. Tra gli “Obiettivi specifici del Piano stralcio di Assetto Idrogeologico” (PAI) riportati: - Proteggere le popolazioni, gli insediamenti, le infrastrutture e il suolo. - Garantire al territorio adeguati livelli di sicurezza rispetto all’assetto geomorfologico, relativo alla dinamica dei versanti e al pericolo di frana. - Garantire al territorio adeguati livelli di sicurezza rispetto all’assetto idraulico, relativo alla dinamica dei corsi d’acqua al pericolo d’inondazione. - Garantire al territorio adeguati livelli di sicurezza rispetto e all’assetto della costa, relativo alla dinamica della linea di riva e al pericolo di erosione costiera. Obiettivi motivati anche nella documentazione VAS per il Piano Strutturale dove si sottolinea che: “il territorio di Lamezia Terme presenta rilevanti criticità. In tal senso due momenti sembrano emergere in particolare con una sicura evidenza: a) una evidente fragilità sotto il profilo della sicurezza ambientale, con riferimento a fattori di grande incidenza, quali la sismicità dell’intera area geografica, la ricorrente precarietà idrogeologica e geomorfologica, la difficile stabilità Lamezia e non solo


– Proteggere le coste dai fenomeni erosivi e le aree costiere dai fenomeni di subsidenza naturale ed antropica Riguardo le “Aree naturali protette natura e biodiversità” c’è la necessità di: -Migliorare la gestione ed evitare il sovrasfruttamento delle risorse naturali rinnovabili (biodiversità) - Arrestare la perdita di biodiversità e contribuire a ridurre il tasso di perdita di biodiversità – SSS – Garantire la continuità ambientale (corridoi ecologi) Riguardo il “Suolo e rischi naturali e antropogenetici” , c’è la necessità di: - Migliorare la gestione ed evitare il sovrasfruttamento delle risorse naturali rinnovabili (suolo) - Assicurare la tutela e il risanamento del dei versanti; b) le debolezze endemiche via via emergenti in un territorio investito da vistosi ed estesi fenomeni di abusivismo edilizio, capaci di vanificare in larga misura i pur ricorrenti tentativi di procedere nel senso di un effettivo governo del territorio.” Tra gli Obiettivi generali e specifici di sostenibilità ambientale per il PSC non sono da trascurare, ad esempio, quelli indicati per le risorse idriche e l’ambiente marino costiero. Nel Rapporto prodotto per conto dello stesso comune di Lamezia Terme si evidenzia che per le “RISORSE IDRICHE necessita “Migliorare la gestione ed evitare il sovrasfruttamento delle risorse naturali rinnovabili (acqua)”. E, quindi: - Perseguire usi sostenibili e durevoli delle risorse idriche, con priorità per quelle potabili (risparmio idrico, eliminazione degli sprechi, riduzione dei consumi , incremento di riciclo e riutilizzo) – Dlgs 152/2006 – Prevenire e ridurre l’inquinamento e attuare il risanamento dei corpi idrici inquinati – Dir 2000/60/CE, Dlgs 152/2006 – Conseguire il miglioramento dello stato delle acque ed adeguate protezioni per quelle destinate a particolari usi – Dlgs 152/2006 – Proteggere, migliorare e ripristinare tutti i corpi idrici sotterranei e prevenire o limitare le immissioni di inquinanti negli stessi. Riguardo l’AMBIENTE MARINO E COSTIERO necessita “Migliorare la gestione ed evitare il sovrasfruttamento delle risorse naturali rinnovabili (acqua)”E, quindi: - Proteggere le acque territoriali e marine e realizzare gli obiettivi degli accordi internazionali in materia, compresi quelli miranti a impedire e d eliminare l’inquinamento dell’ambiente marino allo scopo di arrestare o eliminare gradualmente gli scarichi, le emissioni e le perdite di sostanze pericolose prioritarie al fine ultimo di pervenire a concentrazioni nell’ambiente marino vicino ai valori del fondo naturale per le sostanze presenti in natura e vicine allo zero per le sostanze sintetiche antropogeniche – Dlgs 152/2006; Lamezia e non solo

suolo e sottosuolo, il risanamento idrogeologico del territorio tramite la prevenzione dei fenomeni di dissesto, la messa in sicurezza delle situazioni a rischio e la lotta alla desertificazione – Dlgs 152/2006 Ridurre la contaminazione del suolo e i rischi che questa provoca – COM(2006)231 - Migliorare la gestione ed evitare il sovrasfruttamento delle risorse naturali rinnovabili (suolo) Utilizzo razionale del suolo per limitare l’occupazione e impermeabilizzazione del suolo - COM(2006)231 Riguardo i “Rifiuti e Bonifiche siti contaminati “ c’è la necessità di: - Recuperare e smaltire i rifiuti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente – Dir. 2006/12/ CE, SSS, SNAA, COM(2005)666 . Sulle attività di prevenzione dai rischi sismici va ribadito che tutti i cittadini devono essere adeguatamente informati su contenuti e aggiornamenti del Piano di Protezione Civile e coinvolti nelle necessarie e continue attività di esercitazione da realizzare. È sempre più evidente dopo ogni terremoto che sapere cosa fare prima durante e dopo le scosse può salvare molte vite umane. E’ vero che non è possibile prevedere dove e quando avverrà il prossimo terremoto ma è da irresponsabili pensare che non ci saranno più scosse come le tante che nei secoli scorsi hanno già colpito il nostro territorio.

D’altra parte, non mancano i libri con dati e testimonianze che documentano le distruzioni e i morti provocati da terremoti come quelli del 1638, del 1783, del 1905 e del 1908. Come non mancano le disponibilità per accedere ai dati dei più recenti studi e pubblicazioni scientifiche sull’assetto geodinamico e sui vari processi di evoluzione geologica in atto nel territorio calabrese. Dati utili per il recupero della memoria storica, la comprensione dei rischi ai quali si è esposti e l’agire per prevenire. La storia e specificità dell’attività sismica, l’accertata vulnerabilità di gran parte del patrimonio edilizio pubblico e il diffuso e grave degrado idrogeologico del territorio rendono necessario e urgente un programma organico per la messa in sicurezza con interventi di consolidamento e attività continue di informazione ed esercitazione in ogni contesto, dalle scuole ai luoghi di lavoro, dai singoli quartieri agli interi tre excomuni per attrezzare i singoli cittadini e le comunità ad affrontare in sicurezza l’emergenza terremoto. Per non farsi cogliere impreparati e per ridurre al minimo gli effetti d’inevitabili eventi sismici, c’è l’evidente necessità di concreti interventi e attività di prevenzione da attuare prima degli eventi. Dei temi e delle necessità sopra accennati si dovrà occupare la nuova Giunta guidata dall’Avv. Mascaro per dare una concreta svolta alla dissennata politica di spreco e depauperamento del prezioso patrimonio di risorse naturali disponibili. E, per favorire lo sviluppo sostenibile necessario per migliorare la qualità della vita dei lametini e garantire un futuro alle prossime generazioni. (*)geologo . membro del Consiglio Nazionale dell’Associazione “Amici della Terra”

Mario Pileggi Geologo

Membro del Consiglio Nazionale dell’Associazione “Amici della Terra”

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Un anno dopo sul libro di Ippolita Torchia

Il racconto di una lunga esperienza associativa conquistata sul campo di Antonio Perri

A distanza di un anno eccoci a riparlare di un libro che è stato pubblicato dalla nostra casa editrice esattamente un anno fa. Si tratta del libro di Ippolita Lo Russo Torchia, “Il racconto di una lunga esperienza associativa conquistata sul campo”. Un libro che l’autrice ha voluto scrivere per condividere con chi, con lei, ha vissuto questo percorso ma non solo ... anche per lasciare testimonianza di cosa significa la parola “associazionismo”, non mera appartenenza ad un gruppo ma molto di più! Il libro ha avuto un successo notevole ed ancora oggi le richieste del volume sono numerosissime. Numerose anche le testimonianze ed i complimenti che l’autrice ha ricevuto, ne vogliamo pubblicare solo alcune. Per chiudere questa brevissima prefazione, voglio sottolineare che gli incassi, consistenti, del libro sono stati INTERAMENTE devoluti a varie associazioni e parrocchie del lametino, questo a voler sottolineare la grandezza e la nobiltà d’animo di una Donna per la quale la parola donare non ha come equivalente “do ut des”. pressione, quella di chi potrebbe vedervi una rassegna, come dire, geografica, quasi un atlante che riporta fotografie delle locations via via prescelte come sedi d’incontri e di convegni della FIDAPA. Anche qui occorre correggere e precisare che si tratta d’una geografia dell’anima, dove i luoghi e i volti degli

Don Guido Mazzotta per la presentazione del libro presso la Fidapa Sezione di Rende e Cosenza Sono felice di tenere anch’io a battesimo il libro della carissima Ippolita LO RUSSO che integrerò con qualche prospettiva più generale e comprensiva in modo che sia chiaro come il libro di Ippolita non rifletta e descriva soltanto la sua storia personale e le sue attività sociali ma pure, ed è il suo interesse maggiore nella mia prospettiva sacerdotale, sollecita la coscienza di tutti e di ciascuno. Procediamo col metodo della diagnosi per esclusione. E subito c’è da escludere il fraintendimento, tipico d’un lettore superficiale, che scorge nel libro di Ippolita solo la trascrizione puntuale e fedele di un archivio che raccoglie e custodisce le carte e così documenta la gran mole di lavoro e l’impegno pluridecennale svolto dalla nostra Ippolita in molte associazioni di servizio e in particolare nella FIDAPA. E in parte questo libro lo è, un archivio. Ma un archivio del tutto peculiare poiché, a leggere con attenzione, appare quello che è, un archivio del cuore e delle passioni che il cuore accende e alimenta. Occorre escludere un’altra ingannevole impag. 8

incontri disegnano sì una geografia ma quella geografia tipica dell’anima che offre terreno o humus e quindi radici e dunque possibilità a quella tessitura di relazioni nella quale si dispiega la vita spirituale delle persone. Che cosa è allora questo libro di Ippolita? Prestiamo ascolto all’Autrice la quale, con sovrana naturalezza ma anche con sicuro intuito, dissemina indizi che svelano e al tempo stesso velano il sentiero e suggerisce i varchi d’accesso. Il primo indizio si fa luce nelle ultime righe dell’ultima pagina, là dove Ippolita si volge indietro a rimirare l’ordito del libro e, quasi a tener basso il profilo con ammirevole umiltà, GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

dice d’aver voluto semplicemente lasciare una traccia. Questa metafora della “traccia” pare invitarci, a mo’ di congedo, a scoprire indizi, individuare percorsi, evocare altre possibili tracce, e soprattutto a non chiudere le parole e i pensieri ma proiettarli oltre il già vissuto quotidiano per incrementarne la vitalità e per aprirne gli orizzonti. Quale discrezione e quale finezza nella metafora della “traccia”. Il secondo più importante indizio ci era semplicemente sfuggito, abituati come siamo a consumare le pagine e le parole. In realtà questo indizio si rinviene proprio in apertura e illumina non solo la prima pagina ma tutto il libro. Vi compare infatti, scritta di mano di Ippolita, una parola che definirei magica per le sue infinite risonanze evangeliche: testimonianza. Potremmo fermarci qui perché bastano questi due indizi a custodire e, vorrei dire, a confessare la intentio Auctoris consentendo a noi lettori di accedere nel suo mondo interiore con tutto il necessario pudore. Ma poi, quasi a spazzar via ogni possibile fraintendimento o incomprensione, gli indizi si moltiplicano e tutti chiariscono il senso della testimonianza. Prendete pagina 280 che riporta una fotografia di Ippolita in cucina, col camice bianco, a preparar la mensa della Caritas. Si tratta d’un dettaglio, certo, e d’un frammento che però custodisce, come spesso accade, il tutto: basta un albero in Giotto per dare il senso d’una intera foresta. Di più. A sfogliare queste dense pagine, vien fuori non solo la Caritas, ma pure la Maria Cristina, e poi il Volontariato vincenziano, e infine e soprattutto la scuola (oh sì, la carità intellettuale è la prima forma di carità, diceva Caterina da Siena), tutte cose che dilatano e al tempo stesso danno senso alla lunga militanza di Ippolita nella FIDAPA. Ecco il senso della testimonianza, la bellezza della testimonianza, come ho voluto intitolare queste righe. Perché la bellezza? Lamezia e non solo


Si sa che la bellezza entra in filosofia nel quinto secolo avanti Cristo con il Simposio, il celebre dialogo nel quale Platone istruisce sulle “cose d’amore”, che è “amore delle cose belle”. Socrate vi racconta di come Diotima, la profetessa di Mantinea, lo abbia iniziato a contemplare “il vasto mare della bellezza”. Attraverso Socrate, Platone fissa così i tratti decisivi d’una fenomenologia della bellezza, quasi una storia di figure successive che insieme compongono la scala d’amore.

I pensatori cristiani, anche quelli che s’ispirano a Platone, correggono l’intellettualismo greco e cambiano di posto la bellezza delle scienze con la bellezza morale. Agostino rovescia la gerarchia fissata da Platone e mette in cima la bellezza morale, la bellezza della testimonianza, ossia dei gesti eroici o della carità testimoniata, insomma il primato del cuore. La bellezza prende così figura concretissima e piena, non mai manipolabile, nei gesti degli eroi e dei santi, d’un Salvo

D’Acquisto o d’un Padre Kolbe o d’una Madre Teresa di Calcutta, in quelle persone che liberamente si decidono al dono di sé e appunto la bellezza della loro testimonianza brilla di splendore vivissimo. Per il cristiano infatti, come scriverà Agostino, “la stessa carità è la bellezza dell’anima”. Il libro di Ippolita LO RUSSO mi suscita questi pensieri e sono gratissimo all’Autrice.

Carissima Ippolita Dopo essermi immersa nella lettura della tua pubblicazione, eccomi a Te per fermare sulla carta il mio pensiero, pensiero che ti avevo già immediatamente e verbalmente trasmesso. Sosteneva un anonimo architetto che “ nulla si è realizzato se prima non si è sognato”. Ti chiederai perché, dopo la doverosa ed attenta lettura della tua lunga ed appassionata esperienza associativa, di volontariato e di meritorio quarantennale lavoro di educatrice, quell’affermazione mi ha riportato a te; ho immediatamente intuito che il tuo modo di essere, sin dalla giovane età, ha fatto di te una donna proiettata nel futuro, un futuro verso il quale, forse inconsapevolmente sentivi di appartenere . Il tuo lavoro, rigoroso, documentato, sequenzialmente strutturato, è tipico dello storico che ama raccontare la realtà senza finzione o sovrapposizione. Le belle immagini sono la

fedele testimonianza del tuo vissuto associativo , di cui anch’io sono stata tante volte testimone; proprio quelle comuni iniziative ci hanno permesso di conoscerci reciprocamente e sempre reciprocamente abbiamo maturato l’opportunità per un vicendevole percorso culturale, durante il quale Il confronto tra diversità di opinioni, la condivisione di comuni obiettivi, l’affrontare insieme le immancabili difficoltà ci hanno consentito di rinsaldare il nostro legame , vivificato dall’essenza della Federazione: il rapporto amicale, rapporto amicale che ci ha visto unite anche quando entrambe, fuori dagli schemi associativi, abbiamo sentito il bisogno di reciproco sostegno. Il tuo fantastico (non come frutto della fantasia -voc. zingarelli- quanto come meraviglioso) viaggio nel mondo dell’associazionismo e del volontariato è stato rappresentato lungo un arco di tempo che si snoda in tanti anni, secondo una rigorosa cronologia che tanta parte ha nel comprendere il crescente impegno di” Ippolita” unitamente a quanti si sono sperimentati in ambito umano dove i rapporti tra persone vanno ben oltre il proprio tornaconto. Il racconto della tua lunga esperienza associativa conquistata sul “CAMPO” è la preziosa e fedele testimonianza di una vita spesa in favore dell’altro, valore assoluto del tuo “credo”. L’eloquenza delle immagini, i volti amici incontrati lungo questo magnifico cammino mi hanno emozionato profondamente, ho percorso con te l’efficacia di tale comune scelta di vita, confermandone la forte valenza umana e culturale: quei visi parlano della

nostra solidarietà ne esprimono l’impegno convinto, testimoniano il rispetto delle regole scritte e non scritte, garanti per ogni armonioso consesso di civile convivenza Ti sono grata, cara Ippolita, per aver dedicato a me una pagina della pubblicazione. La tua passione di essere tra la gente è la testimonianza di chi ha scelto di vivere la propria vita non nel calduccio della propria casa, senza vedere cosa c’è oltre la siepe. Senza alcuna pretesa di competenza editoriale, mi permetto di esprimere i complimenti alla tipografia Perri per l’ottimo lavoro, “elegante e curato”, per cui….onore al merito Non posso concludere senza rivolgere un pensiero pieno di riconoscenza ai tuoi cari (il sempre disponibile ed amato coniuge Pino ed i tuoi eccezionali Figli)che amabilmente, con costante sostegno, hanno condiviso la tua scelta. Grazie Ippolita, per il forte contributo offerto alla causa della nostra grande Federazione, soprattutto durante gli anni della tua Presidenza, quale feconda guida del Distretto Sud Ovest (Calabria e Campania), e poi, nei due bienni successivi per il tuo apporto al funzionamento di due collegi, rispettivamente in qualità di revisore dei conti e di garante; e la tua storia... continua senza soluzione di continuità. Per finire, in bellezza, la ciliegina sulla torta: l’’omaggio della pubblicazione ai tuoi estimatori ed amici, seguito da libera offerta finalizzata, ad opere di beneficenza! Con profondo affetto e costante stima Margherita Gulisano Procopio Past Presidente Nazionale

Il volume di Ippolita Lo Russo che rappresenta la sua opera di servizio nei riguardi della nostra comunità è un armonico condensato della sua, diciamo, missione civica, svoltasi attraverso un lungo arco di tempo durante il quale ha dimostrato passione, spirito di servizio, attenzione ai problemi. Ippolita ci propone moltissime testimonianze che ci offrono una compiuta conoscenza delle sue poliedriche, multiformi attività in campo sociale, a vari livelli. Si può già notare come sulla facciata della copertina del volume siano rappresentati i

simboli delle associazioni di cui Ippolita, per decenni, ha fatto parte, rivestendo ruoli importanti è distinguendosi in essi sempre per impegno totale disponibilità ed abnegazione. Per questo ha ricevuto copiosi attestati di gratitudine, espressi in varie forme, che lei ha volto e saputo conservare come un sacro reliquiario di ricordi e di memorie. Di questa sua esperienza sul campo Ippolita ha voluto farci dono, volendo rappresentare che ognuno con le proprie capacità può dare un contributo valido alla società. Si parlava dei simboli dell’associazioni in cui

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Guido Mazzotta

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Ippolita ha operato: Ministero della Pubblica Istruzione, Fidapa, M.Cristina di Savoia, Lions Club, Volontariato Vincenziano, Charitas, sono stati ben evidenziate sulla copertina del volume, cosi preziosamente illustrato ad opera della nostra casa editrice “ Grafiche Perri”, associazioni in cui Ippolita ha ricoperto ruoli importanti e prestigiosi che ha saputo fondere ed intersecare tra di loro. In breve e opportuno dare informazione sulla sua esperienza sulla Fidapa. In questa associazione Ippolita ha compiuto un vero excursus honorem: dopo aver ricoperto varie cariche nella sezione di Lamezia del Giugno del 1988 viene eletta presidente della stessa sezione all’unanimità, e nel ringrazia re tutte le socie dice:”Ho fatto come l’ape, ho colto da ogni fiore il nettare, con la speranza di trasformarlo in miele” e…….la sera dell’inaugurazione dell’ano sociale aggiunge:” voglio solo il mio braccio sopra un altro braccio amico per spartire con gli altri quello che guardano i miei occhi” e conclude “Sono convinta che l’associazionismo autentico imponga la stima reciproca un incondizionata collaborazione , la condivisione di ciò che si è e di ciò che si ha: tempo, lavoro, entusiasmo, in una parola tutto!” E ciò che è stato un proponimento, anzi un impegno Ippolita lo ha perseguito con continuità e passione , non lasciando nulla alla improvvisazione, ma tutto è stato meticolosamente studiato e preparato. Scorrendo le varie immagini riportate nel testo, colpisce l’attaccamento di Ippolita, da più di cinquant’anni trapiantata a Lamezia, nei riguardi del suo paese natale, Curinga (mon amour)al quale ha voluto donare, con un gesto di autentico amore filiale un’antica macina in pietra del frantoio di famiglia. E continuando……innumerevoli sono state le iniziative che Ippolita ci documenta, catalogate con una cura, di lei certosina, riportando testimonianze, filmati, fotografie, che ormai possono considerarsi d’epoca e che hanno suscitato grande interesse. Mi riferisco ai numerosissimi incontri,

meravigliosa indimenticabile esperienza di educatrice, aggiungendo quando, le è stata consegnata la pergamena alla fine del suo insegnamento: “ho creduto nella scuola ho amato i miei alunni e le famiglie, ho amato più voi che Dio, per dirla con una celebre frase di Don Milani, rivolta ai ragazzi di Barbiana”. Nel contempo, non quindi susseguente, ma intrecciandosi con la sua attività in ambito scolastico, non dimentichiamo la quarantennale esperienza nella M. Cristina Di Savoia e ancora nella Charitas. E’ nella Charitas che Ippolita riconosce l’apertura al diverso, al diseredato, a colui che lontano dalla famiglia e dalla sua terra soffre e cerca aiuto. “E a proposito di Charitas cosi scrive nel suo libro “ Quanti sguardi! Quanti occhi tristi e smarriti, a volte spaventati, ho visto in tutti questi anni nelle persone che ho servito! Ho pensato, che più del pranzo avessero bisogno di un sorriso, di un gesto affettuoso. Gliel’ho dato. E’ ancora oggi glielo do. Cosi ance il Lions Club la vuole tra i suoi soci un altro segmento della sua vita e della sua poliedrica personalità. Si conclude in Ippolita il concetto di sussidiarietà nelle varie associazioni, concetto altamente nobile e altruisticamente elaborato su vari temi: concomitanza, assistenza, conoscenza, disponibilità con enti pubblici e sociali. Si sollecita una rete attiva e trasparente come filtro per il raggiungimento di scopi umani e sociali. E’ in questa sua attività associativa, Ippolita ancora oggi e sorprendentemente (perché a pure un età) può e vuole continuare a dare, ad offrirsi agli altri con la sua esperienza e mantenendo il suo proposito: “quando credi in te stesso, quando hai fiducia nel tuo lavoro, quando combatti per il meglio, quando ci metti tutti i tuoi sforzi, quando sei piena di entusiasmo, e quando sei motivata a raggiungere i tuoi obiettivi, sicuramente raggiungerai ciò che ti sei prefisso” e con questa puntuale riflessione Ippolita ci ha consegnato la sua meravigliosa pubblicazione.

conferenze su tematiche d’interesse sociale , scientifico, storico, geografico e i dibattiti su argomenti decisamenti attuali, trattati da illustri relatori di grande spessore intellettuale e dotati di specifiche competenze. Eccome non ricordare le gite, le escursioni sempre con un significativo intento culturale!. Ecco, io penso che la novità di questo volume consiste appunto nell’avere voluto assemblare le memorie di una vita associativa che non appartengono solo ad Ippolita, ma che sono della collettività, espressione di un impegno appassionato, coerente, costruttivo, volto a difendere i valori di una società, di una comunità che e ancorata al passato, ma che si proietta nel futuro, facendo esperienze di ciò che è stato. Cosi, scorrendo pagina dopo pagina, percependo una visione più chiara delle attività svolta da Ippolita, di quanto riesca io a darvene una panoramica esposizione, la cosa più importante è capire quale sia il vero significato della capacità e potenzialità associativa. Come già detto precedentemente non è stata solo la Fidapa, la M.Cristina, il Volontariato Vincenziano ad interessare e rapire la nostra Ippolita. Anche, soprattutto, la Scuola, nella quale ha insegnato per quarant’anni. E’ lei in questo volume ha voluto sottolineare la sua

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Buon Natale e Felice Anno nuovo da tutto lo staff di Lamezia e non solo pag. 10

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AIGA

Il valore dei dati nell’era dei Big Tech: cittadinanza, mercato, democrazia di Andrea Parisi Il motore dell’economia del 1900 Ogni epoca storica ha avuto un prodotto, una componente di mercato, un fattore della produzione che ha trainato l’economia ed ha assicurato crescita e dinamismo delle nazioni. Lo scorso secolo, al di là della sua connotazione tristemente famosa come secolo delle guerre mondiali e dell’olocausto, è stato un secolo che ha cambiato il mondo. Per lungo tempo e sino all’800 andare dalla Calabria a Roma richiedeva 30 giorni di viaggio in carrozza e 20-25 a cavallo. Poi arrivarono le prime ferrovie, l’auto, l’aereo. Fu scardinato il vincolo dello spazio e del tempo, due categorie che si cominciò a percepire in modo differente. La tecnologia aveva trasferito definitivamente ogni sforzo industriale dal muscolo all’apparato tecnologico. Ecco perché il Novecento è stato il secolo dell’energia come motore dell’economia. Tutto, perché funzionasse, andava alimentato con il petrolio. E non è un caso se nello scorso secolo la lettura del potere indicava la proprietà del mondo nelle mani delle 7 sorelle del petrolio (nel 1962 ai tempi di Mattei erano: Exxon o Esso, Shell, BP, Mobil, Texaco, Chevron, Gulf). Nel 1994, alla fine del secolo scorso, il posizionamento delle prime 10 società per capitalizzazione vedeva la seguente classifica, con l’apertura verso altri settori: Royal Dutch Shell (petrolio) General Motors (automobili) Exxon (petrolio) General Electric (industria) Altria (beni di largo consumo) HSBC (finanza) IBM (produzione hardware e servizi informatici) Merk (sanità) Novartis (sanità) JP-Morgan Chase (finanza) Una classifica differenziata e assortita tra diversi settori e con una territorializzazione divisa tra USA ed Europa, con la sola eccezione di HSBC, poi diventata cinese. Il motore dell’economia del 21° secolo Oggi il petrolio non è più il motore del mondo. Il motore del mondo ovvero il settore di traino dell’economia, il segmento capace di generare valore più di qualunque altro è quello dei dati. Se guardiamo ai valori di capitalizzazione di Borsa delle prime 10 società al mondo nel 2018, troviamo la seguente classifica: Apple Alphabet (casa madre di Google) Microsoft Amazon Tencent Holdings Berkshire Hathaway

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possa essere trasformata il linguaggio binario. Naturalmente i dati, come il petrolio, sono potere e chi controlla i dati (Amazon, Google, Facebook, Microsoft, Apple, Oracle e altri) si configurano come padroni dell’universo (il capo di Amazon Jeff Bezos vuole organizzare la conquista di Marte, Elon Musk il proprietario di Tesla vuole attivare i servizi permanenti di turismo spaziale).

Facebook Alibaba Johnson & Jhonson 10) JP Morgan Chase Notiamo subito che in termini di territorializzazione8 sono americane, 2 cinesi. Di esse 7 si occupano di dati, 2 (Berkshire Hathawayt e JP Morgan Chase) si occupano si servizi finanziari ed 1 (Johnson & Johnson) si occupa di prodotti farmaceutici e di cure della persona. Equivoco n°1: Dati e petrolio La sostituzione del ruolo guida nell’economia dei dati a posto del petrolio, ha dato luogo ad una espressione di senso comune quale: “I dati sono il petrolio del 21° secolo”. Ma non è cosi, a parte il ruolo di guida trainante dell’economia. Il petrolio appartiene al mondo delle risorse finite. Può essere una sola volta e, quando usato per una volta, si è già trasformato in altro, senza alcuna possibilità di riuso. Avete mai visto qualcuno usare un litro di benzina per andare da una parte ad un’altra e poi una volta arrivato usare lo stesso carburante? No, impossibile. Il petrolio necessita di grandi investimenti per il trasporto (che richiede altro petrolio), apposite navi che vanno da un continente all’altro per le consegne. I dati si muovono da un capo all’altro del mondo alla velocità della luce e con un costo del tutto irrisorio. Il petrolio, come dicevamo, può essere usato una sola volta o può essere convertito, irreversibilmente, in altro come nel caso della plastica. I dati al contrario, più sono usati e più diventano utili, rivelando nuovi valori. Infine man mano che le risorse fossili diminuiscono, le estrazioni di petrolio diventano più costose e difficili. Al contrario, con i dati la disponibilità aumenta e il costo diventa sempre più irrisorio grazie alla velocità di crescita tecnologica dei computer e dei software. Il petrolio può avere una sola forma, mentre i dati possono presentarsi, conservarsi e coordinarsi in forma di testo, video, foto, figure e tabelle, idee, fatti, misure, statistiche e qualunque forma che

Equivoco n°2: distinguere “Privacy” “Protezione dei dati” Un altro luogo comune è il sostanziale uso indifferenziato dei termini “privacy” e “protezione dei dati”. Qualcuno si è anche affrettato a dire che la seconda espressione porti automaticamente alle condizioni di protezione e quindi alle soluzioni di cybersicurezza. Ma non è così. La privacy è un concetto forte e antico, di secoli, un contenuto previsto dalla carta costituzionale, ma è anche un termine che oggi non possiamo che ricondurre al principio di riservatezza della persona, al diritto di ciascuno di mantenere vivo un confine di separazione tra la sfera personale propria e della propria famiglia e gli occhi indiscreti dell’opinione pubblica. Un concetto che può cambiare in base alla cultura di appartenenza. In Europa privacy è tradizionalmente un termine che richiama la dignità della persona, mentre in America la prima cosa che fa venire in mente è la capacità di tenere un segreto. La protezione dei dati presuppone l’esercizio di proprietà di qualcosa, in questo caso i propri dati personali. Riconosce un ruolo preciso al soggetto cui fanno capo i dati. Ma dice anche che quei dati sono parte di un mercato di domanda e di offerta di informazioni e che viene riconosciuto al proprietario di quei dati ogni diritto di protezione di ciò che gli appartiene. Lo scandalo Facebook da scandalo della privacy e via via diventato lo scandalo della protezione dei dati. L’informativa privacy, la cosiddetta Privacy Policy si sta via via trasformando in Data Policy. La stessa denominazione del Garante è cambiata da Garante della Privacy a Garante della Protezione dei Dati Personali e con essa è cambiata anche la denominazione del sito, da www.garanteprivacy.it a www.gpdp.it, ambedue attivi. Si tratta di un cambiamento non formale, ma di una terminologia che è forma e sostanza e che è stata sancita con chiarezza sin dalle origini delle riflessioni che hanno portato nel corso degli anni alla definizione del GDPR nel 2016, rafforzate dalla sua entrata definitiva in vigore del maggio 2018. La immensa quantità di dati prodotta, registrata, custodita, elaborata

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Segue al prossimo numero

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Spettacolo

Stagione teatrale AMA Calabria Amanda Sandrelli, “locandiera” elegante e cinica

di Giovanna Villella

Lamezia Terme, 22 novembre 2019. Inaugurata la nuova Stagione Teatrale organizzata da AMA Calabria al Teatro Comunale Grandinetti con un capolavoro di Goldoni, La locandiera, con Amanda Sandrelli per la regia di Paolo Valerio e Francesco Niccolini che firma anche l’adattamento e la drammaturgia. Una scena scarnificata e geometrica, firmata da Antonio Panzuto, sì da risultare efficace per il movimento degli attori, incornicia i personaggi di questa pièce goldoniana, la prima di quella Riforma teatrale che l’autore attuò con il passaggio dalla Commedia dell’Arte caratterizzata dall’uso delle maschere alla commedia di carattere con personaggi reali, psicologicamente definiti, derivati dalla diretta osservazione del mondo e della società. Lo spettacolo, condensato nella brevità dell’atto unico, è vivacemente scandito nei ritmi e giocato con grande abilità di entrate e uscite. Al centro del gioco scenico sta la locandiera, interpretata da una splendida Amanda Sandrelli. Abbandonati fronzoli e lazzi, l’interpretazione della Sandrelli punta sui temi dell’emancipazione femminile e dell’amore a cui, tuttavia, rinuncia in nome di una libertà senza felicità. La sua Mirandolina è una donna di espressiva intelligenza e di misurata eleganza che conserva nei gesti una certa aria adolescenziale. Si muove sulla scena con svagata leggerezza come una “animula” fragile e allegra dispensando sorrisi di svaporata malizia. Gli uomini che l’adorano in quanto donna libera, si accaniscono a possederla senza nulla stringere di lei. E lei vive nel desiderio che riesce a suscitare, felice di accettare regali per una sorta di vendetta inconscia da nata povera. Donna di passione e di finzione, consapevole del suo potere, usa la seduzione con freddo calcolo. Dura e cinica, oltre il suo garbato civettare, ella tratta i quattro uomini che le gravitano attorno con feroce ironia, disseminando con generosità i segni di una femminilità trionfante. Un ritratto lucido e lieve dell’universo femminile, centro e motore della commedia, condensato in una donna che pag. 12

nel ruolo del Conte d’Albafiorita che contrappone la sua nobiltà di toga alla nobiltà di spada del Marchese di Forlinpopoli. Un personaggio potente e prepotente caratterizzato da un erotismo rituale e da tracotanti atteggiamenti pseudoaristocratici dove il denaro è soltanto riscatto materiale per ataviche umiliazioni e storici pregiudizi. Algido il Cavaliere di Ripafratta dell’ottimo Alex Cendron, un misogino narcisisticamente compiaciuto di se stesso il cui scetticismo programmato è presto corretto da improvvisi squarci di tenerezza espressiva. Umbratile e percorso da una rabbia compressa il Fabrizio di Massimo Salvianti. Vivaci e piene di verve Lucia Socci e Giuliana Colzi nei ruoli delle due attrici comiche Ortensia e Dejanira che si presentano alla locanda come finte dame ma non riescono a mantenere celata per lungo tempo la loro volgarità plebea. L’adattamento drammaturgico di Francesco Niccolini ci restituisce un magnifico esempio di un testo classico “nuovo” con caratteri a tutto tondo ricchi di tonalità linguistiche e sceniche e Marco Messeri distilla ombre e luci sopra il fruscio di sete dei bellissimi costumi creati da Giuliana Colzi. Uno spettacolo in bilico tra raffinatezze astratte e memoria popolaresca di stupefatta essenzialità. vuole essere padrona di se stessa, dei propri sentimenti e delle proprie scelte di vita e che, di contro, fa risaltare le debolezze e le fragilità sentimentali del “pianeta” maschile. Andrea Costagli offre una grande interpretazione del Marchese di Forlinpopoli in cui mescola sapientemente il sentimento sensuale per Mirandolina con il sentimento del denaro. Beffato nel suo amore senile, egli riflette in sé la potenza dell’ottusità e una legnosa coerenza che sono la forza drammatica del personaggio il quale, alla fine, saprà mostrare un côté quasi paterno restituendo a Mirandolina la boccetta d’oro che le aveva sottratto. Insinuante e quasi felino Dimitri Frosali GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

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musica

L’Accademia Bruzia diventa “ Gruppo Mediterraneo” di Albino Cusa

Investimmo quei soldi innanzitutto nell’acquisto di strumenti personali ed un impianto amplifonico minimo per le prove di sala, quindi nella produzione di “Soli“ un nuovo 45 giri in vinile ed infine nell’iscrizione, ben tre milioni, alla Sei giorni di Vibo, Cantagiro calabrese a tappe che già da anni imperversava nei teatri della regione con grande successo di pubblico e mediatico, prodotto dall’imprenditore Saverio Mancini, ideato e condotto da Daniele Piombi: sarebbe stata per noi un’importante rampa di lancio. Registrammo il brano negli studi romani del complesso “ La Bottega dell’arte” e il giorno dopo io ed Eugenio andammo a Milano per proporre a Daniele Piombi il brano e la nostra partecipazione al Cantagiro, ottava edizione, 15 marzo del 1984 e noi... c’eravamo.

Vi chiederete: ”Ma quante formazioni ha avuto l’Accademia?” Dal 1977, anno della prima formazione, al 1985 ben 5 diverse essendo sempre nel gruppo fin dall’inverno del 1978 Albino Cuda frontman, Franco Paone chitarrista, Toni Quattrocchi(1979), bassista e voce. Nel 1984 Francesco Vescio detto Ciccio lascia le tastiere a Massimo Naccarato, allora diciassettenne, e al batterista Sandro Benincasa subentra prima Luigi D’Agostino detto Ciondolino e poi Gino Paone: un’altra rivoluzione non tanto per l’avvicendamento di due componenti, ma soprattutto per l’assunzione di un nuovo nome: Gruppo Mediterraneo. Si ricomincia da zero, ci separiamo dalla produzione di Smeraldo Palmieri, di cui mai dimenticheremo la generosità e l’affetto, e sempre sotto la direzione artistica di Eugenio Renda già batterista dei Bruzi, ci buttiamo in una nuova avventura. Decidiamo di autoprodurci ed investire ben 8 milioni delle vecchie lire nella promozione della nuova band: fu Ermanno Guzzi, mio cognato ed ex bruzio a farci il prestito: grazie Ermanno, non ti dimenticheremo mai.

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Vincemmo due tappe su sei, Lamezia e Soverato, e ci piazzammo tra i primi posti nelle rimanenti quattro; la classifica finale vide il Gruppo Mediterraneo terzo assoluto e primo dei gruppi musicali, valse l’apprezzamento della stampa e uno speciale di mezz’ora su Rai Tre, ma fu maestra per noi la presenza di Claudio Villa, che arrivava solo in città, in moto, indossando un corto giubbotto di pelle, berretto ed occhiali neri, umilmente prima dello spettacolo si mescolava insieme a tutti i concorrenti dietro le quinte, elegante e concentrato, grande sulla scena: esempio straordinario di umanità e professionalità. E poi ragazzi... Pamela Prati nel fiore della sua... prorompente... bontà. Furono due anni di piazze numerose in Calabria, in Sicilia e Campania, i cui primi proventi ci permisero in primis di saldare il debito, due anni di riconoscimenti e presenze in eventi di spessore come la finale regionale di Miss Italia e Vibo Star... ma chi fermò la musica: famiglia, figli, lavoro. Èd oggi la “Nostra storia di musica e di amicizia” è diventato il nostro concerto per voi: l’Accademia è tornata.

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Rubrica di Antonio Saffioti totosaff@gmail.com

IL LAMEZIA INTERNATIONAL FILM FEST 6 Uno squarcio di luce sulla città

di Antonio Saffioti

La città, dal 12 al 16 novembre, tra le 2 “sbornie elettorali” (primo turno e ballottaggio delle comunali) è stata illuminata dal: LAMEZIA INTERNATIONAL FILM FEST 6 - che rientra nel progetto Vacantiandu, finanziato dalla Regione Calabria per il triennio 2017-2019 nell’ambito degli interventi tesi a valorizzare i luoghi di interesse storico e archeologico e promosso dall’Associazione teatrale I Vacantusi. Il Direttore del Lamezia International Film Fest, GianLorenzo Franzì, resosi conto che noi tutti ci siamo persi il cinema, ha voluto rispondere ad una domanda, attualissima: COS’È IL CINEMA? Si è dato e ci ha questa risposta: «..Le piattaforme streaming, il web, i Festival, la sala, e mettiamo dentro anche la tv, hanno prima lentamente, poi sempre più vorticosamente, trasformato la concezione di cinema, tanto che ADESSO È UN PERICOLO DIRE “CINEMA” E FORSE SI DOVREBBE PARLARE DI “AUDIOVISIVO”..» MA DOV’È IL “VERO CINEMA”? «..C’è da essere confusi, da una parte e dall’altra: e SI CONTINUA A DIRE CHE IL CINEMA È MORTO ANCHE SE IL CADAVERE NON RIUSCIAMO PROPRIO A VEDERLO, MANCANDO ANCHE UN COLPEVOLE. Eppure forse c’è un movente: non saper accettare che il Cinema come tutte le altre cose cambia e si evolve, come tutti noi che cambiando non riusciamo a piacere a tutti in tutto. COMPLICE ANCHE LA MANCANZA DI VOLER ESSERE STUPITI, RICONOSCENDO CHE L’ARTE È SOPRATTUTTO EMOZIONE, E CHE NON IMPORTA SE CI EMOZIONIAMO IN SALA, DAVANTI AL PC, CON LA TV, osservando un manipolo di superesseri che combattono un titano folle e/o una pecora che soccombe all’aria condizionata. Il LAMEZIA INTERNATIONAL FILM FEST allora CERCA UMILMENTE DI ABBRACCIARE TUTTE LE FORME DELL’AUDIOVISIVO INSEGUENDO IL CINEMA MA RAGGIUNGENDO (SI SPERA) SOLO LE EMOZIONI CHE CI FANNO VIBRARE: che siano d’autore -con la classe di Maestri assoluti come Annaud o Martone- o a metà strada tra piccolo e grande schermo -con l’intensità di Bruschetta e Ferrari-, o ancora provenienti dal mare magnum del web come Le Coliche o i The Pills, poco importa. PRIMA DI VOLER CATALOGARE IL VERO CINEMA, TORNIAMO AD ESSERE PIÙ VERI NOI. SENZA PAURA DI EMOZIONARCI.». Il Festival ha impreziosito il suo programma, istituendo il Premio Carl Theodore Dreyer: Il Premio vuole essere un omaggio a uno dei più grandi maestri della storia del cinema, che con film come La passione di Giovanna d’Arco (1928) ha cambiato profondamente il modo di fare narrativa. Tema centrale della poetica e della ricerca artistica del regista danese è stato il mistero e le sue continue interferenze con la realtà. Dreyer è stato quindi a lungo giustamente inserito tra gli esponenti di un cinema “spirituale”

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conosce molto bene la cultura di destra, per questo ne parlo. Infatti, non amo definirmi di sinistra, io sono comunista!”. Conclusa la digressione politica e sociale, Ninni Bruschetta ci ha tenuto a ricordare il regista Mattia Torre (autore di “Boris” e regista de “La linea verticale”), sottolineando come la sua scomparsa sia stata un’enorme perdita per il cinema italiano, e non solo. Il festival ha poi assegnato all’attore, regista teatrale e sceneggiatore, il Premio Ligeia nella sezione “Esordi d’autore”, per il film “La gentilezza del tocco” (regia di Francesco Calogero-1987).

e “genericamente religioso”. Se il Premio Paolo Villaggio vuole rendere omaggio all’impegno sociale al cinema nella commedia, il Premio Carl Theodore Dryer, creato con il sostegno della Diocesi di Lamezia Terme, vuole affermare alcuni tra i valori più importanti e fondanti dell’essere umano, legati al mondo della spiritualità. Al centro della manifestazione ci sarà il Premio Ligeia nella sezione “Esordi d’autore”, dedicata ai migliori esordi del cinema. E il focus sui nuovi fenomeni del web il Premio Ligeia Web. Imprescindibile, come sempre, la sezione Colpo D’occhio, il concorso internazionale di cortometraggi che ha come obiettivo quello di porre al centro dell’attenzione opere di giovani cineasti provenienti da tutto il mondo, offrendo un quadro più complesso e variegato dello stato dell’arte cinematografica. MA ANDIAMO A RIVIVERE LE 5 GIORNATE DEL LIFF6 (anche se vi racconterò, soltanto le serate, sebbene fin dal mattino, il Festival abbia offerto, tanta arte audiovisiva): PRIMA SERATA: “L’industria cinematografica in Italia non esiste!”. Ha esordito così l’attore, regista teatrale e sceneggiatore, Ninni Bruschetta, nell’incontro con il pubblico insieme al Direttore artistico Franzì. “Il mercato cinematografico è anche peggio di quello televisivo. Purtroppo gli attori non possono scegliere proprio per questa ragione. E io sono fortunato perché in oltre 100 titoli ho fatto anche delle cose meravigliose, come Boris e La linea verticale. Si confondono la libertà e l’eguaglianza con la facoltà di poter dire qualsiasi cosa. Atteggiamento, che porta a uccidere la qualità e più in generale la cultura. Quando un autore porta una sceneggiatura a un produttore, questo nemmeno la legge. E se lo fa gli risponde che così non va bene perché il film deve far ridere, questo continuo mettere da parte l’idea, ci ha portato a non scoprire più gli autori. Ma, d’altronde, in Italia è stato messo in atto un progetto per distruggere la cultura italiana che non è certo iniziato con Berlusconi ma con Giolitti. Così, ci siamo ritrovati a considerare Salvini e la Meloni di destra… E io sono uno che

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SECONDA SERATA: Si è aperta con il regista danese Lars Von Trier, in intervista Skype da Copenaghen (registrata, così a voluto il provocatore, controcorrente, disturbante: ma assolutamente geniale, regista) che ha vinto, il Premio Ligeia nella sezione “Esordi d’autore”, con la sua opera prima “L’elemento del crimine” (1984). Si è conclusa con l’incontro con il produttore cinematografico Rean Mazzone e la produttrice e scrittrice Anna Vinci, che hanno presentato l’ultimo film di Franco Maresco “La mafia non è più quella di una volta” (2019), e ricevuto il Premio Ligeia. Rean Mazzone ha dichiarato: “Questo film ha avuto una gestazione particolare che è iniziata con la fine di Belluscone – Una storia siciliana (Franco Maresco, 2014), dall’esigenza di completare quel percorso. L’opera, infatti, è un ritratto della Sicilia di oggi e sulla ‘contradditoria’ memoria di Falcone e Borsellino. Purtroppo la stessa antimafia ha avuto una degenerazione come accade per tutte le associazioni. Non c’è nessun atto di eroismo nel trattare certe tematiche. Semplicemente, c’è chi in una realtà asettica e spesso troppo morbida, avverte questa necessità”. Anna Vinci, scrittrice, biografa e amica intima di Tina Anselmi ha esordito con un provocatorio: “Io non sono impegnata politicamente e socialmente, io sono militante! E la militanza è una di quelle cose per cui vale la pena vivere. La vera tragedia di questo paese è la mancanza di coraggio e di passione, unite all’autoreferenzialità e al moralismo. L’arte non ha bisogno di moralismo, ma di sporcarsi le mani. Per questo un film come quello di Maresco è così importante”. TERZA SERATA: ha visto, l’incontro con Luca Vecchi (dei “The Pills”) e con i registi Giuseppe Stasi e Giancarlo Fontana. Luca Vecchi - si fa conoscere con la webserie “Thepill Serie”, nel 2016 esce il primo film diretto dal gruppo, The Pills “Sempre meglio che lavorare” (2016) - per il quale ha ricevuto il Premio Ligeia nella sezione “Esordi d’autore”. Giuseppe Stasi e Giancarlo Fontana che hanno ricevuto il premio Paolo Villaggio, per il film da loro diretto “Bentornato Presidente” (2019), interpretato da uno straordinario Claudio Bisio. Stasi e Fontana hanno affermato: “Quest’estate abbiamo assistito ad una cosa fantastica. Salvini che ha fatto cadere il governo dando la colpa

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agli altri. Il nostro è un film tragicomico che si ispira alla realtà dei fatti e che ha avuto più successo dopo la sua uscita. Ci è stata data carta bianca su tutto e ci tenevamo a fare qualcosa di completamente diverso rispetto a Benvenuto Presidente. Molti elementi li abbiamo inseriti nella sceneggiatura giorno per giorno, prendendo spunto dalla realtà. Dopo il Festival di Sanremo, ad esempio, c’è stata quasi una gara a chi era il più populista tra Salvini e Di Maio su Twitter, e ci siamo ispirati molto a questo. Il cinema è nelle mani delle major, se dobbiamo parlare degli incassi, possiamo basarci solo sui film evento. Ma pensiamo al film di Martin Scorsese. Lui ha capito che senza Netflix non avrebbe mai fatto quel film, l’ha detto lui stesso”. Per la premiazione di Giuseppe Stasi e Giancarlo Fontana è intervenuta anche Elisabetta Villaggio in collegamento telefonico: “Sono davvero felice per questo meritatissimo premio, il vostro film ha un’ironia davvero pungente”. QUARTA SERATA: incontro con Sabrina Paravicini e Nino Monteleone che hanno presentato il film da loro diretto dal titolo “Be Kind – viaggio all’interno della diversità” (2019). Sabrina Paravicini ha affermato: “Be Kind è un film che abbiamo voluto raccontare attraverso lo sguardo di Nino che all’epoca aveva 12 anni, mi piaceva l’idea di rappresentare la gentilezza intorno alla diversità perché nel nostro percorso abbiamo avuto la fortuna di incontrare tante persone gentili. Il film è nato come un’esperienza familiare perché volevo che Nino facesse una bella esperienza in piena autonomia. Giorno dopo giorno, però, diventava un film a tutti gli effetti. Da qui è nato anche il Be Kind World, un premio rivolto a tutte le professioni in cui le persone si sono distinte per gentilezza. Nino mi ha insegnato ad essere molto più gentile di quanto lo fossi prima. Abbiamo trasformato l’autismo in un viaggio spirituale pieno di bellezza. La distanza con la diversità va assolutamente accorciata, questo è l’insegnamento del film. Siamo tutti diversi, tutti unici. Dobbiamo vedere la diversità come una risorsa, non come un problema. Un giorno ho assistito ad una conversazione tra Nino e Roberto Saviano mentre eravamo a casa nostra. Era bello vedere mio figlio spiegare a Saviano come essere felici”. Per Nino Monteleone, invece, è stata una bella avventura. “Ci abbiamo messo sei mesi per realizzare questo progetto, lavorare con mia madre è un’esperienza unica”. Madre e figlio hanno ricevuto il Premio Ligeia nella sezione “Esordi d’Autore”. QUINTA (E ULTIMA) SERATA: Con la presenza di molti ospiti tra cui: il regista francese Jean Jacques Annaud, il regista Mario Martone, la sceneggiatrice Ippolita Di Majo, il trio Le Coliche e dulcis in fundo l’attrice Isabella Ferrari. Jean Jacques Annaud, autore di innumerevoli produzioni cinematografiche da “Sette anni in Tibet” a “Il nome della rosa” ecc., ha ricevuto il Premio Carl Theodore Dreyer per il film “L’Ultimo Lupo” (2015), basato sul romanzo autobiografico Il totem del lupo di Jiang Rong, bestseller del 2004. Il grande regista e sceneggiatore francese, ha spiegato: “L’ultimo lupo ha avuto un enorme successo in Cina, abbiamo ricevuto tutti i premi possibili ed immaginabili. Quando chiesi di girare questo film ebbi la più totale libertà a livello artistico, cosa che non ho mai avuto in altri Paesi. La Cina e l’estremo oriente mi hanno sempre colpito, ho iniziato ad affezionarmi seriamente mentre giravo “L’Amante”. Per questo film ho passato più di un anno in Vietnam ed è stata una magnifica esperienza”.

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A consegnare il Premio al regista è stato il Vescovo della città che si è mostrato particolarmente entusiasta per l’iniziativa: “Dobbiamo fare in modo di promuovere a tutti i livelli la cultura e quando si fa cultura abbiamo l’obbligo di trasmettere alle nuove generazioni qualcosa di alto, di nobile. La bellezza salverà il mondo, abbiamo bisogno di bellezza, e le opere di Jean Jacques Annaud sono un grande esempio di bellezza”. Salvatore Bullotta, Responsabile amministrativo dell’Assessorato alla Cultura della Regione Calabria, che nel ribadire l’impegno della Regione nel sostegno del LIFF (vincitore di fondi PAC all’interno del triennio 2017-2020 inserito nel progetto “Vacantiandu”), ha dichiarato: “Sono molto sorpreso, penso che siamo tra alcuni pochi fortunatissimi calabresi che hanno la possibilità di accostarsi a dei veri e propri maestri del cinema. Fate a Lamezia qualcosa di straordinario che è destinato a crescere. Non solo da funzionario pubblico ma da calabrese voglio dirvi grazie perché qualificate incredibilmente la proposta culturale della nostra regione”. Mario Martone e la sceneggiatrice Ippolita di Majo, coppia di grandi successi come “Il Giovane Favoloso” e il più recente “Capri-Revolution”, hanno ricevuto il Premio Ligeia nella sezione “Esordi d’Autore”, per “Morte Di Un Matematico Napoletano” (1992). Martone ha raccontato: “Per fare questo mestiere ci vuole tanto coraggio a me fortunatamente non è mai mancato, ho sempre fatto delle scelte libere da criteri commerciali, sia al cinema che a teatro. Dopo aver letto il romanzo di Elena Ferrante L’amore Molesto, (da cui ha realizzato l’omonimo film nel 1995), sono rimasto molto colpito da questo libro, nel senso più fisico. Mi tuffai così nella realizzazione del film, girando per Napoli con il libro in mano come se fosse una mappa. E’ stata un’esperienza molto forte. Il pubblico vuole determinate cose e bisogna accontentarli. Non dargli fiducia è sbagliato perché un film può scatenare reazioni importanti. Dove c’è confronto, c’è vita e questo avviene anche nell’arte”. Anche Ippolita Di Majo ha spiegato come sia necessario: “guardare il pubblico come cittadini, come essere umani e non come consumatori o compratori”. Erano presenti inoltre, il trio di autori “Le Coliche”, fenomeno social italiano, formato dai fratelli Fabrizio e Claudio Colica e Giacomo Spaconi. Hanno ricevuto, il Premio Ligeia Web per “i corti de LE COLICHE” (2019). “I nostri progetti nascono su Whatsapp, abbiamo un nostro gruppo e quando ci viene un’idea la buttiamo lì sia per proporla agli altri componenti del gruppo, sia per registrarla. Nasce tutto vivendo a distanza. Ci fa piacere essere riconosciuti per strada perché è il feedback più sincero che uno può avere, avere la stima di chi ti incontra è soddisfacente. Una volta abbiamo fatto un pesce d’aprile in cui abbiamo realizzato un trailer. Da parte nostra c’è tutta la volontà di fare un nostro film. Però forse non è ancora il momento giusto perché non sappiamo quanti italiani andrebbero a vederlo. Un conto è vedere un nostro video mentre sei in bagno, un conto è uscire di casa con il freddo, prendere la macchina, stare in mezzo al traffico e pagare il biglietto del cinema per vedersi due ore di Coliche. E’ un passo importante che deve essere ponderato con estrema attenzione”. Nella categoria “Esordi d’autore”, la sezione storica del festival che premia i grandi film e i grandi autori, ha ritirato il premio Ligeia Isabella Ferrari, che nell’occasione ha ricordato con dolce

nostalgia i suoi esordi cinematografici e i fortunati incontri della sua carriera. Alla Ferrari, è stata inoltre dedicata la retrospettiva MONOSCOPIO che l’ha vista protagonista di numerosi film di successo da lei interpretati tra cui Amatemi, La vita oscena, Romanzo di un giovane povero, Arrivederci amore ciao. “Questo mestiere è iniziato per volontà di mia madre – ha affermato l’attrice – vivevamo vicino Piacenza, in campagna e lei era una grande appassionata di cinema. Ha da sempre puntato molto su di me facendomi fare, a sedici anni, dei concorsi di bellezza. Dopo la vittoria di alcuni concorsi ho inciso un disco pur non sapendo cantare, ma mi ha dato la fortuna di incontrare Carlo Vanzina, un grande gentiluomo. Mi fece una breve intervista e nel giro di un mese mi sono ritrovata sul set di Sapore di Mare, insieme con Virna Lisi, una donna meravigliosa e attrice gigantesca. Mai avrei immaginato che quel film mi avrebbe portato un successo così grande. Non potevo più girare per Roma, tutti mi chiamavano ‘Selvaggia’. Scola venne a teatro a vedere il primo spettacolo che feci a Milano e subito mi ha offerto il ruolo di protagonista nel film Romanzo di un giovane povero. L’inizio delle riprese, però, continuava a subire dei ritardi e nel frattempo rimasi incinta della mia prima figlia. A quel punto pensai che non avrei più fatto quel film a cui tenevo molto. Le riprese iniziarono e, nonostante fossi incinta di 5 mesi, Scola mi prese ugualmente. Mai avrei pensato di poter vincere la Coppa Volpi a Venezia, eppure successe”. Attualmente la Ferrari è sul set della terza serie di Baby. “Nella prima serie ero una madre molto superficiale che non capisce nulla della vita della figlia, nella seconda si rende conto che sua figlia si prostituisce e non riesce a fare nulla per lei. Nella terza serie non mancheranno le sorprese. Il bello di questo mestiere è che diventano tutte delle meravigliose sfide. E’ sempre un salto nel vuoto”. La Ferrari, icona di bellezza e sacrificio del cinema italiano, è stata destinataria del premio “Patata d’oro, Patata della Sila IGP”, premio fortemente voluto dal Consorzio produttori della “Patata della Sila IGP” e consegnato da Pietro Tarasi, Presidente del Consorzio di tutela della Patata della Sila IGP. NELL’AMBITO DEL LAMEZIA INTERNATIONAL FILM FEST 6, SONO STATI PREMIATI, ANCHE I VINCITORI DEL CONCORSO INTERNAZIONALE DI CORTOMETRAGGI “COLPO D’OCCHIO”: Miglior film COUNTING di Rahil Bustani, Primo premio più partecipazione gratuita prossima edizione Pentedattilo Film Fest Partner del festival. Miglior regia VENTILATORE di Luca Sorgato. Miglior attore GIORGIO COLANGELI per CONDOMINIUM di Giovanni Battista Origo. Ex equo miglior attore PIER GIORGIO BELLOCCHIO per NON È UNA Bufala di Niccolò Gentili e Ignacio Paurici. Miglior attrice LIDIA VITALI per SOUBRETTE di Marco Migolla. Miglior doc U SONU di Daniel Contaldo. Premio UNA giuria popolare LA FLAME di Orazio Guarino, Premio realizzato dall’artista Graziella Cantafio (Steso sul letto, in posizione fetale, un uomo aspetta una chiamata. Una rinascita o la fine?). Spero che il racconto del LAMEZIA INTERNATIONAL FILM FEST 6-2019 vi sia piaciuto, vi do appuntamento al LAMEZIA INTERNATIONAL FILM FEST 7 del 2020. AUGURO: BUON NATALE, BUON ANNO E BUONA EPIFANIA A TUTTI I LETTORI.

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I Meridiani: Voci calabresi in serie e parallelo

Congratulazioni di laurea (in versi): l’hinterland lametino apre un filone in tutta la nostra Poesia di Francesco Polopoli Castello di Spezzano Albanese Scalo Uno degli autori più rappresentativi del Primo Novecento lametino, senza veruna incertezza, è Tomaso Perri (Serrastretta 1885- Spezzano Albanese 1962), autore di un testo versificato dal titolo “Laude Universale e Versi di Marsio Prato” (è un suo pseudonimo, questo, che non è l’unico, tra le altre cose, visto che ad esso possiamo affiancare quello di Tomaso Perri Mayda di Epiro), editato nel 1914 con dedica ad Antonio Anile. Colpisce nel prosieguo di questa sua modestissima operetta, che sottopongo alla benevola attenzione dei nostri lettori, una lirica encomiastica per Giorgio Pinna, noto pittore nicastrese della prima metà del secolo scorso e professore di disegno alla Scuola Media ed al Ginnasio Francesco Fiorentino. Chi è questo autore, per chi non dovesse conoscerlo, provo a raccontarlo, seppur brevemente: almeno ci provo! Avvocato con attitudini poetiche, in primis! Ad onor del vero uno studio legale era ubicato proprio nel cuore di Lamezia Terme, chiuso soltanto nella parentesi del primo conflitto mondiale, per via della personale scelta, la sua, di arruolarsi con il grado di ufficiale di Marina, prima di allontanarsi, per l’appunto! Cognato, per parte della prima moglie, Maria, di Antonino Anile, che fu sottosegretario alla Pubblica Istruzione nel primo governo di Ivanoe Bonomi (4 luglio 1921 - 26 febbraio 1922) e Ministro alla Pubblica istruzione nei due governi Facta (27 febbraio-11 agosto; 12 agosto-30 ottobre 1922): una parentela, questa, che fu riverbero di tanta sapienza, sia pure indirettamente! Pretore nella zona pre-silana e docente di Diritto presso il Regio Istituto Tecnico di Cosenza; per non farsi mancare nulla, fu pure corrispondente de Il lupo, da buon nipote di Michele Piane; insomma, tutte notizie che fanno trapelare quanto sia stato alquanto versatile questo nostro personaggio, senza dilungarci ancora, sul piano del suo curriculum vitae. Un autoritratto lirico, che non è insolito nelle letterature, ce lo fornisce Lui stesso pag. 16

in un bel sonetto di gusto arcadico: Io nacqui in Marzo quando si convelle / sopra i miei monti il verno, o pure il sole / nuovo riluce su le cascatelle / più leste ai salti adorni di viole. / Pargolo mi ebbi un Prato ne le belle / pianure apriche aperte tra le gole / de’ gorghi su cui alzano le isnelle / roveri al vento la oscurante mole. / Onde è che ognora il nome a me sortito / di Marsio Prato mi richiama accanto / il sereno mio tempo: inavvertito / di canti e di dolore, il lieto ammanto / della verde campagna inumidito / ebbe già spesso il ciglio mio di pianto. Beh, come dice il professore Italo Leone, «il mese di marzo con il suo clima variabile, da cui il poeta trae lo pseudonimo poetico, diventa lo spunto per inverare un destino, il suo, in cui la serenità si affianca ai momenti di tristezza»; come a dire, nomen omen,

ovvero un nome, un destino, secondo un noto adagio della cultura latina. Un ritratto caratteriale a sua memoria, invece, lo compone F. De Rose: Salve Tomaso, in groppa alla Chimera / travalcando le ombre del Mistero / sei giunto calmo alla tua casta sera / clemente agli altrui errori, a te severo! / Io non posso seguirti nella sfera / dell’Immortale Essena, perché il vero / di un’avvivatrice Primavera / ritengo speso nel suo giro intero. / Tomaso, salutando la tua Fede, / compartecipe a me, che so la vita / fatta di Amore e di Arte, in questa sede / anche io – almen da te si crede - / GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

lascerò, a chiusura di partita / ricordanza degna di mercede. Detto ciò, arriviamo a noi, al titolo scenario, cioè, del presente contributo, bypassando componimenti, che probabilmente avrebbero meritato un’organica sistematizzazione, ma che in questa sede si decide di soprassedere, se non altro per ragioni economiche di scelta e di spazio. Un testo meritorio d’attenzione, per quel che mi concerne, è quello indirizzato ad un neo-dottore, per la precisione suo fratello, in occasione della sua laurea: Fratello, noi il futuro trova forti: / se presto ne convenne il volo dare / nutriti di speranza e in mente accorti / è brama in alto con virtù bramare. / Bene sento, fratello, sopra i torti / sentieri il largo soffio aquilonario: / indomito, veloce, avanti porti / pe’ cieli oltre de’ monti sopra i mari. / Saggezza, volontà, fierezza, amore / ciascuno nome sia nostra corazza, / e la vittoria alata di valore / da lungi segni ove si scalzi l’azza; / il travincente tramito del core / la turba ostile di menzogna spazza. Il sonetto con struttura ABAB ABAB CDC DCD, malgrado l’imprecisione dell’ultima sillaba nella seconda quartina, che rima se non per una forzatura fonetica, è il primo testo lirico del panorama letterario italiano, che tratta il titolo di studio acquisito come coronamento di tante buone qualità, qui liricizzate in un’enumerazione, che ha tutto il sapore di un climax ascendente. La penna lirica tocca la Verità nel più profondo (per le rime o tra le rime): a quanti sostengono che un diploma universitario sia semplicemente «della carta da parete», nella migliore delle ipotesi, o addirittura «carta straccia», in quella peggiore, rispondono questi pregevoli versi ad issare la bandiera del suo valore. La cultura paga, non c’è niente da fare; anzi, non c’è nulla da aggiungere, per chiuderla nell’intelligenza di un’asserzione legittimata da un nostro buon Antenato! Bibliografia: Italo Leone, Cultura e letteratura nel Lametino, Vol. I, pp. 312324. Lamezia e non solo


la musica dentro

Tu chiamale se vuoi emozioni… Omaggio a Mogol e Battisti

di Giovanni Mazzei

In un vasto e articolato palinsesto artistico, il Festival d’Autunno, diretto da Antonietta Santacroce, ha saputo offrire una vasta gamma di eventi raffinati e di indubbio interesse. La sezione che ovviamente ha maggiormente calamitato l’attenzione del grande pubblico è stata quella concertistica, la quale ha fatto transitare dal Teatro Politeama di Catanzaro molti grandi nomi della musica italiana.

genesi e l’esegesi dei suoi stessi testi, facendo correre indietro la memoria fino ad alcuni amori adolescenziali che hanno commosso e divertito l’intero Politeama.

Con un occhio di riguardo alla musica cantautorale, come palesato dal titolo “L’irriducibile forza delle parole”, sulle assi del teatro del capoluogo di regione si sono succeduti artisti come Luca Carboni

Mettiamo, inoltre, il talento di Gianmarco Carroccia, cantante dalla voce molto simile a quella del cantautore di Poggio Bustone, che da anni si dedica allo studio di questo repertorio dandone una interpretazione perfetta, che con la grazia di un trapezista ha saputo balzare, con funamboliche acrobazie vocali, da un brano all’altro di quella immensa costellazione musicale che è Lucio Battisti. E come le tante stelle del firmamento, una moltitudine

con la sua carica e la sua capacità di reinventarsi, la cantantessa Carmen Consoli e il suo sound da femmina mediterranea, Ron con un delicato omaggio a Lucio Dalla, Cristiano De André, il quale ha reinterpretato i maggiori successi paterni.

di flash si accende in platea – miriade di lucciole, intente in un’ordinata pazza danza – luci alla perenne ricerca di una risposta a una domanda che, come un mantra, instilla nelle nostre vite forza e speranza: “come può uno scoglio arginare il mare?”.

Un caleidoscopio di note e sensazioni, una girandola di percezioni che ha raggiunto il suo culmine nella data finale del 9 novembre, quando sul palcoscenico catanzarese ha preso vita lo spettacolo: “Emozioni. Viaggio tra le canzoni di Mogol e Battisti”. Omaggio al più famoso connubio del panorama musicale italiano, con un titolo che richiama alla mente dell’ascoltare uno dei versi più celebri di sempre: “Tu chiamale se vuoi emozioni...”.

Non si argina il mare, e neanche la magia dei pezzi di Battisti, dai più celebri come “10 ragazze”, “Il mio canto libero”, “La canzone del sole”, ai meno noti “Il patto” e “Il profumo del mare”, composti da Mogol insieme a Gianni Bella, il quale vien definito dallo stesso autore milanese “un genio!”.

Non possono non nascere emozioni quando sul palco viene ricordato un artista e un interprete del calibro di Lucio Battisti, che ha saputo trasformare – cristallizzandole per sempre – le sue canzoni in devozionali icone di fede, alle quali sempre rivolgersi nei momenti più angusti della nostra vita. Se su quello stesso palco, poi, vi è anche il Dante Alighieri della musica leggera italiana, un autore talmente noto da essere celebre quanto lo stesso interprete dei suoi brani, è facile dedurre che lo strabìlio alchemico è stato sommamente raggiunto. Mogol, noto nei documenti ufficiali come Giulio Rapetti, sollecitato dal giornalista Marcello Barillà, ha proposto al pubblico calabrese una serie di aneddoti, spiegazioni e racconti, circa la Lamezia e non solo

“La collina dei ciliegi”, “I giardini di Marzo”, e poi ancora “Anima Latina”, la quale ha messo maggiormente in evidenza il talento dei sedici orchestrali che hanno per tutta la serata, superbamente intarsiato le proprie note con la voce di Carroccia. Un oceano in perpetuo movimento, questo sembrava il pubblico del teatro catanzarese, un perpetuo moto di adrenalina ed emozione, un perpetuo coro che ha accompagnato ogni parola di ogni singola canzone, un inno sacro quasi, che veniva innalzato “sopra boschi di braccia tese”, che veniva elevato per giungere sino alle orecchie del mai dimenticato e sempre rimpianto Lucio Battisti, arrivando con forza lassù dove l’aria è più pura, ove vi sono “brezze che dilagano su terre senza limiti e confini”, laddove, noi “figli dell’immensità”, “ci allontaniamo e poi ci ritroviamo più vicini”.

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sud

Gennaro Matarazzo,

un nostro concittadino da raccontare, nell’anno centenario dalla nascita! Agricoltore, che si presta alla politica, “per servire gli ultimi”

di Francesco De Pino

Gennaro, figlio di emigranti in Usa, l’emigrazione della nostra gente di fine 1800, dal profondo Sud al Nord di Zaia, il Veneto, al Piemonte, quando, tra i suoi figli che varcavano l’oceano, troviamo, anche, il papà di Papa Bergoglio, con il suo piccino, ora sulla soglia di Pietro. Vai a dirlo, al tempo, Matteo Salvini! Non ritieni debba meditare sui tuoi modelli comportamentali, lontani dal volto umano! Quanto rispetto meritano i bambini, i papà e le mamme che “migrano”, lasciando il territorio natio, cui si sono costruite le fortune di alcuni Stati della nostra vecchia Europa, usurpandone le risorse, sin dal colonialismo, poi la vendita delle armi ai dittatori di comodo, scelti e fatti insediare. Ora, la loro cacciata dai vasti terreni irrigui e relegati in quelli desertificati, da forestieri, in patria! Non era diverso da noi, quando, il latifondismo abbondava, retaggio di pochi, che nel Sud asservivano. Erano “i…. Nobili”, con l’Italia che emigrava nelle Americhe, (Usa, Argentina). Così, in Calabria, e da Nicastro, tra i moltissimi audaci, partiva, anche, Gennaro Matarazzo, nonno del nostro Gennaro, che raccontiamo, nato a Braddolock, Pennsylvania, vicino a Pittsburgh (USA), il 3 maggio 1919 da papà, Antonio e mamma, Laura Romano. All’età di quattro anni e mezzo, ritorna in Calabria, Nicastro con i suoi genitori e le sorelline più grandi di lui, stabilendosi a Capizzaglie, già, località natia di papà, Antonio. E qui, che cresce, giovinetto, Gennaro, nell’azienda agricola di famiglia, che i risparmi di emigrante favorivano con un “facere” proficuo, potendo contare su un capitale proprio d’investimento. Papà Antonio avrebbe voluto che Gennaro studiasse, però, al giovinetto piace l’agricoltura, il mondo bucolico. Pratica il ciclismo, che una bicicletta da corsa, rara al tempo, regalo del papà per la sua dedizione al lavoro, favorisce. Si piazza, sempre, ai primissimi posti nelle gare dilettantistiche, ma, sia la mancanza di strutture organizzate nel meridione, atavica, sia l’inizio della seconda guerra mondiale, poneva fine a quella domanda promettente di sport agonistico. Gennaro, è chiamato al servizio militare, il 20 dicembre 1939 e destinato al reggimento di “Savoia Cavalleria “e avviato sul fronte russo, dove partecipa, il 24 agosto 1942, alla storica carica di Isbuschenky, vicino a Stalingrado, con il Reggimento che è elogiato, unanime, per eroismo e spirito indomito! Il generale, “Inverno”, però, ebbe il sopravvento! Così, come lo fu per Napoleone, la Campagna di Russia nel 1812. Una disastrosa sconfitta, con la perdita di gran parte delle truppe francesi segnando i destini del Bonaparte e delle guerre napoleoniche con Waterloo il colpo da k.o., nel 1815. Così, per il nostro esercito e quello nazista. Peraltro, noi italiani eravamo male equipaggiati e male armato: quei nostri giovani mandati allo sbaraglio dal regime fascista! Rientrato a casa, dopo tante immani disavventure, patimenti indicibili nel trovare la via di ritorno, peggiori dei combattimenti, ma che la sua tenacia

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non comune, la prestanza fisica e le doti di gente di lavoro, seppero superare! Il 2 settembre 1945 torna, finalmente, a casa e si sposa, subito dopo, con Teresa Vescio, da cui nascono sei figli. Nel 1955, alla morte del padre, Gennaro assume la piena direzione dell’azienda agricola, ma l’impegno profuso nella stessa attività, non gli impedisce di dedicarsi al bene comune, negli ideali di Don Sturzo e De Gasperi.

Aderisce alla Democrazia Cristiana nel 1948, è subito eletto segretario della Sezione DC di Capizzaglie. Un lembo di territorio nicastrese, altamente, disagiato e con alto tasso di analfabetismo. Gennaro fa sue quelle domande della sua gente, e le traduce in crescita civile, diventando un riferimento certo, dando soluzioni alle tantissime domande, ahimè, di sopravvivenza, che la guerra aveva acuito, tant’è che si chiamava “Il Sindaco”! Fu eletto consigliere nel 1965 e tanto gli dette l’opportunità di risolvere molti dei problemi di povertà, ivi compresi, quelli della strada, allora, una “di campagna”, in terra battuta e segnata dalle ruote delle “ carrette” che portava alle vaste tenute dei baroni del tempo. Subito, fece dotare Capizzaglie di un asilo infantile, (nella foto, la sua inaugurazione del 1965, alla presenza del Sacerdote per eccellenza al tempo in Nicastro, don Azio Davoli, Parroco “Ad interim”, con la sua Parrocchia della Pietà, costruita con i cantieri Scuola, cui davo la mia collaborazione di professionista). Eletto consigliere comunale, il 28 novembre 1965 nell’ex Nicastro, portava il Mr. 19 della lista, s’impegno alacremente per spostare l’Ospedale dal Colle Sant’Antonio al sito attuale di Lamezia Terme ora, Giovanni Paolo II favorendone il trasferimento dal Colle S. Antonio. Una zona centrale, e maggiormente raggiungibile in regione. Lui, fu capofila, che trascinava, lottò, insieme, il Dr. Bruno Carnovale, Vincenzo Costanzo, l’avv. Enzo Notarianni, (poi Sindaco), il Dr. Nino Orlando. Coronò, uno dei suoi sogni, risistemando e, facendo, poi, asfaltare la strada che porta a Capizzaglie, come anzidetto, dissestato, una cava per carri e asini da

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soma, finalmente, da chiamare strada. Fu rieletto nel Carroccio nel maggio 1970 e vi rimase fino allo 07 luglio 1974, per continuare l’impegno nel Partito e nel servire gli ultimi, la sua gente, che amava ed era riamato, il loro “ Sindaco”, cui si ricorreva in tutto e per tutto, soprattutto, in consigli, oltre, che nei bisogni! Oggi, in termine istituzionale, un “Garante” del popolo! Fu Assessore all’Annona dal: 10/10/1970 al 28/12/70 (Sindaco, Avv.Arturo Perugini); dal 29/12/70 al 27/03/74 (Sindaco, Dott. V. Esposito; dal 28/03/74 al 07/07/74 ( Sindaco, Dr. Giuseppe Petronio). Ricordare, Gennaro, un uomo vero, è un dovere per quanti l’hanno conosciuto e apprezzato, ora, maggiormente, nel centenario dall’anno della nascita,1819-1919, tramandandolo alle giovani generazioni per il Suo spirito indomito: un “Agricoltore, che si presta alla politica, “per servire gli ultimi”! Così, lo salutai il 24 febbraio 2005, mentre tornavo da Cosenza, incrociandolo, nel far ritorno alla Casa del Signore, terminando il suo percorso terremo “Un uomo che torna alla Casa del Signore, è il corpo che ci lascia, ma restano le sue opere, le sue testimonianze, quelle sue tensioni ideali che l’hanno sorretto in questa vita terrena. Gennaro un uomo vero, pieno d’idealità. Seppe farsi carico dei problemi della sua gente, di quella gente semplice piena di umanità come la sua. Saggio, fu guida e maestro nel Consiglio Comunale di Nicastro prima, di Lamezia Terme al suo albore, sognando lo sviluppo della sua Città e con essa quella della Regione Calabra. Voleva, infatti, in quel 1970, con il compianto Arturo Perugini, una Lamezia al servizio della Regione. Lo testimonia quella Bandiera Tricolore, ammainata, perché mesta, ne ricorda tanto trascorso, grata verso un uomo che seppe interpretarne i suoi simboli e gli ideali repubblicani. Ammoniva, il cattolico Dossetti” non può essere guida e maestro chi non è d’esempio”. E Tu eri guida e maestro, caro Gennaro, perché sapevi, essere coerente e con il tuo operare onesto e generoso, essere d’esempio. Così, eri riferimento costante per professionisti, laureati. Mio cognato, Bruno, parla di Te con reverenza e rispetto). Tu, semplice contadino, parlavi il linguaggio dei semplici, quello della gente di lavoro che fatica e apprende a contatto della natura. Quei semplici e umili che nel Vangelo trovano conforto, aiuto nella mano tesa del Cristo. Questo ci conforta, perché, certamente, quella mano tesa sta per accoglierti alle soglie del Paradiso. Alla tua sposa, ai tuoi figli, ai familiari tutti che hanno avuto la fortuna di conoscerti, maggiormente, siano queste parole di conforto e possano lenire il dolore del distacco dalla vita terrena, asciugandone il pianto. Sappiamo che, anche, Cristo pianse sulla tomba del suo amico Lazzaro. Al giovane Gennaro, tuo nipote, che sappia raccogliere l’eredità di tanto trascorso umano ed essere orgoglioso di portare un nome che tutti ricordiamo con gratitudine. Il tuo, Gennaro Matarazzo!

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auguri

Compie 100 anni nonna Caterina Mazzei

di Giovanni Mazzei

Un secolo di storia, è questo che può ora ufficialmente dichiarare di aver vissuto la nonna Caterina Mazzei.

bellezza dei suoi occhi verdi: così teneri e delicati da rendere dolci anche i rimproveri. Occhi che hanno conosciuto lacrime di dolore ma che ancora sanno commuoversi per i traguardi di figli e nipoti. Occhi che brillano come stelle quando la mente ritorna ai ricordi lontani.

Nata il 3/12/1919 nel centro storico di Sambiase, nel quartiere Miraglia; continuò poi l’infanzia nelle campagne fra Sambiase e Gizzeria, laddove sorgeva una pigna che portava per l’appunto il nome della famiglia, divenendo crocevia naturale e tappa di sosta fondamentale per chiunque transitasse da quelle contrade.

Una vita, quella di Caterina Mazzei, contraddistinta da un’incondizionata bontà, che le consente tuttora di pronunciare esclusivamente parole d’amore a chiunque la incontri.

Coniugata con Giovanni Mazzei, storico esponente del PRI lametino (scomparso nel ‘98), insieme vissero una vita di semplicità, umiltà e amore, conoscendo sia i drammi della Seconda Guerra Mondiale e del conseguente sfollamento, che gli anni pacifici e operosi del dopoguerra. Cento come gli anni, le candeline da soffiare. Cento anni vissuti da moglie esemplare ed innamorata, da madre premurosa e sensibile, sempre pronta a coprire le marachelle di figli e nipoti e a consolarli durante i momenti più bui. Anni di lavoro e abnegazione verso la famiglia, anni difficili di un tempo lontano, nel quale il pane si faceva in casa e i panni si lavavano al fiume. Anni in cui molti furono i sacrifici

L’amore è una costante nella vita di nonna Caterina, prova ne sono gli otto figli e i loro coniugi, i 21 nipoti e i rispettivi compagni, i 21 bisnipoti, i due trisnipoti, che l’hanno calorosamente abbracciata per questo importante augurio.

ma tante le gioie. Un secolo di storia che non ha intaccato la

Un augurio che l’intera comunità lametina riserva alla ‘zza Catarnuzza, vera memoria storica di un tempo che ormai non c’è più, testimone vivente delle antiche tradizioni. Un secolo di storia di Sambiase, di Lamezia, racchiuso nella figura di una donna ancora capace di insegnare con la genuinità di un sorriso l’importanza del ricordo e dell’amore.

Le perle di Ciccio Scalise

Quandu

Mi ricuardu quandu guagliuni, ccù lli cazunialli curti e alla squazuni, quantu voti, jiucandu, chilli strati strati, i piadi, ntrà chilli petri, n’amu sbrullati. Nissunu pirò, sì ndì prioccupava, sempre curriandu, sì jiucava, e lla sira, quandu ni ricugliamu, nà bbella cutuliata, di mammi, riciviamu. Nù paru i scarpuzzi, si ancunu avia, sulu a duminica o alli fhesti si mintia, Lamezia e non solo

si stipavanu ppì ccerti uccasioni, Oji, scauzu un cc’è cchjiù o si s’avia ddì jiri, alli casi d’aggenti bboni. nnissunu, mancu a pprajia i mari, sì Quandu, e spessu capitava, ccì minti ancunu, chi ccù nnù vritu, u pedi si tagliava, anzi, ccì ndì sunu ciarti, veri scunnati, jiamu a nnà fhuntana, nà lavata, chi ntrà l’acqua, ccù Ili scarpi, sì sù jjittati. e ddoppu dua minuti era ppassata. Nà vota era llù bisuagnu, chi scauzi ni fhacia U pedi, ormai nù callu era ddivintatu, ccaminari. dù tantu jiuacu, du tantu caminatu, Oji, ppì apprizzari chillu c’avimu, ogni ttane ssì nà spina o nà scarda ciampava, tu, l’averamu i fhari. mancu cchjiù ntrà carni s’azziccava. GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

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LA PAROLA AI BISOGNI DELLE PERSONE

CAT E R I N A BA R TO LOT TA “SONO AMMALATA E NON POSSO CURARMI” di Fernando Conidi

Questa è un’intervista a una donna di Catanzaro, Caterina Bartolotta, conosciuta da molti per la sua storia personale: da quando aveva poco meno di dieci anni parla con la Madonna. Sono passati quarantasei anni dall’inizio delle apparizioni, e la sua storia continua ancora oggi, tra visioni, messaggi e grandi sofferenze fisiche e morali. C’è un luogo comune che deve essere sfatato ed è quello in cui in tanti si ritrovano a pensare che una persona mistica – per i propri problemi personali – debba essere aiutata da Dio, prima che dal prossimo. Molti, infatti, per Caterina, dicono: “La Madonna l’aiuterà; la Madonna deve provvedere, non può lasciarla così!”. In questo modo si scrollano di dosso ogni sorta di responsabilità morale nei suoi confronti. E Caterina continua a non ricevere alcun aiuto, rimanendo abbandonata da parenti, amici e istituzioni. Succede, a volte, che Dio venga relegato a servo degli uomini e del loro modo di pensare. Difatti, vedendo un povero in mezzo alla strada, molti pensano che Dio veda e provveda, e, così facendo, non tolgono dalla loro tasca neanche cinquanta centesimi di euro per aiutarlo. Ogni persona ha un dovere morale nei confronti del prossimo. Sui principi della fratellanza e del reciproco aiuto dovrebbe fondarsi ogni società civile. Con questa breve intervista si vuole dare a Caterina Bartolotta la possibilità di esprimere pubblicamente il suo pensiero, in un momento particolarmente delicato della sua salute.

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L’I NTE RVI STA Caterina, lei è una donna conosciuta come mistica, ma ha molti problemi di salute, quindi un privilegio importante, ma anche tanta sofferenza. Sì. Servire il Signore e la Madonna è un grande privilegio, una grande grazia, ma chi serve Dio, il più delle volte, ha una croce più pesante da portare. Inoltre, i miei problemi non sono solo di salute, magari avessi solo quelli, ho anche molti e gravi problemi economici. Se avessi solo le malattie e non mi mancassero i mezzi per curarmi, sarei sicuramente più serena. Invece sono ammalata e non posso curarmi. Ho patologie gravi e mi mancano i soldi anche per comprare i farmaci. So che, tra le sue tante patologie, lei ha anche l’allergia ad alcuni farmaci. Questa è un’ulteriore e grave difficoltà per le sue cure.

É la più grave, perché m’impedisce di curarmi. Sono costretta ad andare fuori Calabria per potermi curare, perché qui, a causa di questa grave allergia, i medici hanno difficoltà a trattare le mie patologie. Temono che possa morire e non se la sentono di assumersi la responsabilità di iniziare una terapia o di fare un intervento. Così, loro stessi mi consigliano di andare fuori. Da quando ero ragazza, vado in Toscana per curarmi. Lì, ho subito alcuni interventi: sono stata operata per un carcinoma tiroideo, all’età di ventisette anni. Da allora, mi faccio seguire dai medici toscani ed è un continuo andirivieni. Sono stanca e abbattuta: non ce la faccio più a sostenere tutto. A volte, mi demoralizzo perché le difficoltà sono troppe. Io, pur vedendo la Madonna, ho le mie personali debolezze. Sono umana come tutti, non sono diversa. A guardarmi non si direbbe che sono molto malata, perché nel cuore ho Gesù e la Madonna e ho il viso sereno, ma le mie malattie sono tante. Come affronta tutte queste difficoltà, senza i mezzi necessari? Con dei prestiti personali dai privati. Una volta, quando c’erano meno difficoltà e i miei figli lavoravano, mi facevo prestare i soldi dalle agenzie finanziarie. Poi, tra mille difficoltà, non sono riuscita più a pagare le rate di rimborso. Adesso che le possibilità economiche della mia famiglia sono quasi inesistenti, non riesco più a far fronte a nessun pagamento. I miei figli non lavorano più da molti

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LA PAROLA AI BISOGNI DELLE PERSONE anni, è capitato solo qualche lavoretto sporadico. Ho quattro figli, tre di loro sono ancora a casa e vivono con me e mio marito. La più piccola si è sposata da poco, ma non ha alcuna possibilità di aiutarmi. Mio marito è pensionato e ha una pensione bassissima. In famiglia siamo tutti veramente in gravi difficoltà, in particolare io che soffro di tante malattie. Ha provato a chiedere aiuto a qualche associazione o alla stessa Chiesa locale, visto che il suo gruppo di preghiera è seguito da un sacerdote incaricato dal vescovo di Catanzaro? Ho chiesto aiuto, ma dicono di non poter fare nulla per me. Mi sono rivolta a più di un’associazione, ma potrebbero solo farmi un prestito che io non saprei come restituire. É come se tutte le porte fossero chiuse davanti alla mia sofferenza e a quella della mia famiglia. Neanche la Chiesa locale ha fatto nulla per me. Io non pretendo nulla da nessuno. Dico solamente che chi ama Cristo dovrebbe aiutare il prossimo, come può. Invece io sono stata abbandonata da tutti. Se almeno qualcuno riuscisse a trovare un posto di lavoro per i miei figli, sarei veramente felice, perché almeno loro, che sono grandi, riuscirebbero a mantenersi da soli, senza pesare più su noi genitori. Anche loro soffrono molto per questa situazione, e vorrei soffrire io al posto loro, perché sono giovani e hanno diritto di poter pensare a un futuro, a formarsi una famiglia, ma in questa situazione è impossibile. Ma i parenti, gli amici, coloro che frequentano il suo gruppo di preghiera non possono aiutarla? I miei problemi personali li conoscono in tanti, ma nessuno fa nulla. Ognuno pensa per sé. Io non chiedo aiuto a nessuno, specialmente a coloro che

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vengono a pregare ogni lunedì. Soprattutto non pretendo nulla! Non faccio collette e soffro in silenzio, non vorrei che qualcuno pensasse che sfrutto la mia missione per i miei scopi personali. Preferirei morire all’istante e offrire a Gesù anche questo mio ultimo sacrificio. Io vivo nella verità. Vedo la Madonna da quando avevo dieci anni. Ho avuto miglia di persone a casa mia, in tutti questi anni. Se fossi stata disonesta, se tutto fosse stato falso, sarei ricca, ma io vedo veramente la Madonna e vivo nella verità e nella povertà. Ecco perché soffro da sola con la mia famiglia, e lo faccio in silenzio. In passato, mossa dalla disperazione, ho fatto qualche appello per chiedere aiuto, perché è difficile accettare che senza le risorse economiche non possa curarti e non ti resti altro che morire. Mi sono sentita sola e abbandonata. Nessuno ha fatto nulla per me. Questo forse è il mio destino: vivere nella sofferenza fino alla morte. Vorrebbe fare un appello personale attraverso questa intervista? Vorrei dire che ho centinaia di documenti che certificano le mie gravi patologie e la mia situazione economica. Molti li ho consegnati alla Chiesa locale, perché avesse le prove che dico la verità, e per la verità accetterei anche la morte. Sono disposta a consegnare a qualsiasi associazione o a chiunque possa aiutarmi ogni documento che serva. Non direi nulla se non fossi veramente disperata e senza forze. Se non riesco a far fronte alle mie patologie, sarò costretta a trasferirmi in Toscana, così potrei almeno evitare i viaggi e avere meno spese, ma non sarebbe una soluzione definitiva, perché anche lì io e la mia famiglia dovremmo sopravvivere e servirebbe soprattutto un lavoro per i miei figli. Sono ragazzi giovani, hanno voglia di lavorare e di sacrificarsi.

Caterina, durante questi anni di apparizioni, la Madonna ha aiutato tanta gente, ci sono state anche delle guarigioni prodigiose, perché a lei queste vengono negate? La Madonna mi ha detto che le mie sofferenze sono legate alla missione. Io soffro per la salvezza delle anime. Come potrei dirle: “Guariscimi subito perché mi sono stancata di soffrire”; non sarei capace di fare questo. Gesù e la Madonna permettono la mia sofferenza, e, come giudicano gli altri, giudicano anche me. Ho avuto davanti a me persone che, con un po’ di carità, avrebbero potuto aiutare me e i miei figli, ma non hanno mosso un dito, eppure avevano la possibilità di farlo. Io aiuto tutti, l’ho sempre fatto, perché Gesù e la Madonna mi hanno insegnato ad avere nel cuore amore e carità. Ecco, vorrei che ci fosse più carità nei cuori di ognuno, invece vedo molto egoismo. Senza la carità non c’è salvezza, e io offro la mia sofferenza anche per questo, affinché la mancanza di carità venga perdonata dal Signore. Quale messaggio vorrebbe dare a chi leggerà questa intervista? Prima di ogni cosa di pregare, di credere, perché il Signore e la Madonna esistono e sono in mezzo a noi. Poi vorrei chiedere a chi potesse farlo di aiutare la mia famiglia e me, perché se non faccio gli interventi che mi sono stati richiesti dai medici rischio di morire. Ho cinquantasei anni, una famiglia e soprattutto una missione che la Madonna mi ha affidato quando ero bambina e vorrei continuare a vivere per portarla a termine. Offro la mia vita al Signore, per la sua volontà. Io prego che Gesù e la Madonna tocchino il cuore di un’anima buona che mi aiuti a vivere ancora. Siano lodati i Santissimi Nomi di Gesù e di Maria.

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CONSULENZA - Pedagogia

A Domande Risponde di Raffaele Crescenzo

Genitore età. 42 - libera professionista – “mia figlia ha 16 anni ed è in quella fase della vita in cui pensa solo alle amiche e al ragazzo, questo mi sta anche bene. solo che con le amiche e il ragazzo non fa che programmare scioperi, occupazione della scuola e roba del genere. è tutto nella norma o ho una figlia votata alla politica? soprattutto sono preoccupata per i risvolti che questo comportamento ha sul suo andamento scolastico non proprio brillante, anche perchè i professori la vedono come la promotrice di sommosse studentesche. cosa devo fare? Gent/ma Signora, innanzitutto il tutto mi sembra piuttosto normale.

Come confrontarsi con tutto ciò?

Sua figlia inizia a fuggire dal concreto ed inizia ad elaborare e concentrarsi su delle ipotesi, congetture, pensieri, idealità che l’aiutano a trovare se stessa. In gergo inizia la fase dell’intellettualizzazione, una sorta di difesa psicologica per iniziare a capire, a mettere in gioco se stessa ed iniziare a confrontarsi con le regole e la realtà degli adulti, non certamente sue. Altro aspetto, questo lo trovo positivo ed interessante, vivere il sociale attraverso “attivismo politico” a dispetto di coloro che vedono lontani i giovani dal confronto sociale e resi passivi dal disincanto della politica. In sua figlia c’è il bisogno di confrontarsi con gli adulti (genitori, docenti ecc.), il suo idealismo le permette di scoprirsi e di soddisfare anche il suo egocentrismo e a mettere alla prova la sua intelligenza. Ulteriore aspetto, non meno importante, può essere quello di sfuggire ad una sempre più diffusa sensazione di solitudine, dalla percezione di inutilità, noia e disorientamento e cercare di soddisfare il desiderio di un maggiore senso di appartenenza alla comunità e riempire un “vuoto” mediante il confronto, la solidarietà e perché no? Il leaderismo.

In primo luogo iniziare ad esplorare il suo mondo interiore per comprendere il suo percepire la realtà. Per fare ciò è importante iniziare un dialogo attraverso il suo linguaggio, le sue emozioni, i suoi sentimenti, mettersi dal suo punto di vista, farsi coinvolgere nelle sue analisi, nella sue idee, nel suo fantasticare, fargli vivere questo momento con atteggiamento di apertura a questa sua esperienza. Fargli capire che si è lì per ascoltarla, per condividere con lei la scoperta di valori morali e per indirizzarla verso anche un’analisi delle regole che vanno rispettate. Accettarla così com’è, intendendo con ciò il rispetto per lei, non una condanna attraverso il suo comportamento ma, un’apertura autentica verso lei come persona capace di assumersi delle responsabilità. Coinvolgere i suoi amici ed il ragazzo in una discussione “salottiera”, riproporsi come genitori aperti al dialogo per comprendere anche il perché della “flessione” del rendimento scolastico, tra l’altro tale flessione è presente nella vita scolastica di ogni adolescente (I° e 3° superiore) coincidente con diversi fattori intrapsichici caratterizzanti la prima e seconda parte dell’adolescenza.

Associazionismo

Lamezia, somministrati circa 200 vaccini antinfluenzali con il “Camper della Salute” del Rotary Nel mese di novembre grazie alla campagna vaccinale gratuita promossa dal Rotary Club di Lamezia Terme insieme al Dipartimento di Prevenzione dell’Asp di Catanzaro, sono stati somministrati sull’isola pedonale di Lamezia Terme in corso Giovanni Nicotera, circa 200 vaccini antinfluenzali.

l’Asp, l’attività prevede l’utilizzo di un camper messo a disposizione del Rotary con la funzione di ambulatorio mobile per la somministrazione del vaccino antinfluenzale. Il contributo dei soci rotariani presenti e grazie soprattutto alla collaborazione dei dirigenti medici Rosamaria Cristiano e Sisto Vecchio, di Giuseppe Furgiuele e dell’infermiera Simona Tramontana della sede di Lamezia dell’Unità operativa vaccinazioni, e con il contributo L’iniziativa è stata possibile grazie al protocollo d’intesa firmato lo scorso della dottoressa Annalisa Spinelli che ha incoraggiato i cittadini che anno tra il Rotary e l’Asp di Catanzaro, in particolare grazie al direttore del passeggiavano sull’isola pedonale, è stato possibile perseguire l’obiettivo Dipartimento di Prevenzione Dr Giuseppe De Vito che ha autorizzato la di implementare e facilitare le vaccinazioni, oltre che sensibilizzare la cittadinanza partecipazione di personale all’importanza dei vaccini. medici e infermieristico, Segnaliamo che, per cause che sono saliti a bordo non dovuto al Rotary, del “Camper della Salute” l’appuntamento previsto del Rotary Club Lamezia, per sabato 30 novembre presieduto dalla Prof. 2019 nei comuni di ssa Natalia Majello, dove Jacurso e di Maida è stato i cittadini hanno potuto rinviato a data da destinarsi effettuare la vaccinazione.Il per l’indisponibilità progetto, giunto al secondo temporanea dell’Asp di anno, è stato messo a punto Catanzaro. grazie alla sinergia tra istituzioni come il Rotary e pag. 22

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Sport

CENTRO SPORTIVO ITALIANO SPORT IN ORATORIO, TESORO DA SCOPRIRE di Vincenzo De Sensi Non c'è cosa peggiore che possedere un grande tesoro e non rendersene conto. Nel nostro Paese, ad esempio, c'è un meraviglioso «tesoro nascosto». Di che cosa parliamo? Delle piccole società sportive d'oratorio, di quartiere e di periferia, che sono disseminate in ogni angolo e in ogni città. Ma non sono semplici società sportive, luoghi dove semplicemente si fanno giocare e divertire i ragazzi. Sono vere e proprie «agenzie educative». LI si insegna (correndo dietro ad un pallone) la vita vera. Lì i veri valori dell'uomo vengono tatuati nel cuore dei ragazzi. Lì ci si prende cura delle persone, brave o non brave che siano a giocare. Lì si sprigiona una energia positiva che cambia il territorio e la comunità di riferimento. Lì ogni settimana allenatori e dirigenti dedicano «tempo e cuore» ai ragazzi tra allenamenti, partite, pizzate, telefonate per saper come vanno a scuola e via dicendo. Lì ogni situazione è un'occasione per generare il bene di ogni ragazzo e dell'intera comunità. Dentro l'universo dello sport di base, lo sport in oratorio sorprende un po' come fece all'epoca il Verona di Bagnoli. Quantità e qualità dell'attività sportiva ed educativa realizzata lo collocano ai vertici della classifica II Csi Milano per esempio (che opera nella Diocesi più grande del mondo) proverà a dimostrarlo -con dati inconfutabili - una conferenza stampa «anomala». Un tesoro nascosto da vedere e valorizzare, appunto. Eppure istituzioni e dintorni continuano a non comprenderne sino in fondo le -potenzialità. Una società come quella di oggi che fa fatica a educare i giovani e che ha bisogno come il pane di laboratori di umanità sul territorio dovrebbe sostenerle e valorizzarle in ogni modo, considerandole uno dei più grandi acceleratori educativi

e di socialità del nostro tempo. Invece no. E questo volto bello dello sport si trova costretto a tirare avanti tra mille fatiche burocratiche e duemila problemi quotidiani. Di questi piccoli gruppi sportivi tutti si ricordano per regalare grandi pacche sulle spalle («Meno male che ci siete voi, come siete bravi...») salvo poi dimenticarsene regolarmente ogni volta che si tratta di attivare politiche di sostegno reale e concreto-o di aprire il salvadanaio per tirare fuori qualche soldo. Ma non importa: la passione per lo sport e per il bene dei ragazzi è talmente grande che permette a queste piccole società sportive di tirare avanti e di navigare in mare aperto nonostante rutto. E chi le ha incontrate, direttamente 0 attraverso i propri figli, sa di cosa stiamo parlando.

Sport

Trent’anni e non sentirli

La ASD fisiodinamic compie 30 anni. Ottimi i risultati che l'Associazione sta ottenendo a livello nazionale grazie agli atleti Turco Alessandro, Simone Dara, Umberto Mastroianni e Salvatore Cicione guidati dal maestro Antonio Ciliberto che ha saputo costituire un bel gruppo portando i suoi componenti allo studio della tecnica di lotta e di arti marziali miste con l'ausilio del campione di MMA Daniele Miceli al Fight Club. Quest'ultimo ha impartito ai giovani atleti le tecniche di combattimento e la ASD Fisiodinamic, guidata dai maestri e insegnanti Luigi Nicotera e Lina Ferraro, manifesta la propria gratitudine al Maestro Miceli. Inoltre si segnala la vittoria di Alessandro Turco al Palaflorio di Bari assistito dal suo maestro e mentore Antonio Ciliberto, dal maestro di Kung Fu Nicola Cosentino dall'insegnante Luigi Nicotera. Grandi palcoscenici a livello internazionale attendono i giovani atleti guidati dai maestri Ciliberto, Cosentino, Nicotera e Ferraro. Inoltre si sottolinea l'unione con

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diverse palestre anche fuori regione in particolare a Napoli dove ha militato per vari anni il coach Antonio Ciliberto. Gli atleti Turco Alessandro, Simone Dara, Umberto Mastroianni e Salvatore Cicione avranno modo in futuro di misurarsi in competizioni sportive molto importanti grazie ai legami con queste palestre. Inoltre Alessandro Turco sta ottenendo un successo ormai conosciuto nel mondo delle arti marziali, ma si stanno battendo bene anche Umberto Mastroianni, Simone Dara, Salvatore Cicione e Adelina Miltiade tutto questo merito del buon lavoro svolto in palestra. Inoltre la ASD Fisiodinamic rappresenta l'ambiente ideale per la crescita di questi nuovi atleti: infatti è stata rinnovata nel mese di agosto e offre una struttura efficace e molto accogliente. Vi aspettiamo numerosi per un buon allenamento. Inoltre la ASD Fisiodinamic ospita numerose scuole che vi svolgono numerosi stage.

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i racconti di marco

Cosa resta di una mattina di Natale di Marco Cavaliere Ricordo che un anno di molti anni fa, la mattina di Natale, ci svegliammo e nevicava. Nevicava come dentro ai film, una Calabria travestita da Hollywood. Guardare quei puntini bianchi precipitare dolcemente verso il nostro giardino era qualcosa di prodigioso, lo giuro, era una roba da non crederci. Sarà stata la seconda o terza volta in vita mia, non di più. Eppure non c’era tempo da perdere, restammo alla finestra giusto lo spazio di uno sbadiglio. Perché la mattina di Natale, in casa nostra, la priorità è sempre stata una e una soltanto. Io e mia sorella scendemmo di corsa in direzione dell’albero addobbato, che ci aspettava con le luci lampeggianti e i rami larghi, come a volerci abbracciare. Ognuno di noi affondò le mani sui propri regali, come ci fosse il pericolo di vederli scappare via. A mia sorella toccò una macchina per le sue Barbie, era rosa shocking e qualche paillettes sui fianchi. Si potevano aprire gli sportelli e nel baule c’era una piccola valigia. Dopo meno di un minuto e una corsa nella camera dei giochi, c’erano già due bambole a bordo pronte a sfrecciare tra le gambe del tavolo. A me toccò invece un carrellino degli attrezzi, di quelli plasticosi e super colorati. C’era proprio tutto: martello, cacciative, bulloni, chiavi inglesi, tutto colorato e plasticoso. Aveva le rotelle e si poteva regolare l’altezza delle mensole, aveva anche dei ganci morbidi a cui appendere attrezzi o giochi supplementari. Era magnifico, ero sicuro sarebbe diventato un’estensione delle mie braccia, non lo avrei lasciato andare per nessuna ragione al mondo.

Ma il tempo, si sa, è una marea. Spiana in silenzio, cancella le orme. Quel carrellino non lo vedo più da chissà quanti anni, non ricordo neanche per quanto tempo ci giocai. Non ricordo che fine abbia fatto, se lo regalammo a qualche cuginetto, se riuscii a romperlo o soltanto a dimenticarlo. Quel che non dimentico è però la sensazione di scartarlo, gli occhi spalancati, il brivido lungo la schiena, di quando ancora la mia schiena non era lunga come la Salerno - Reggio Calabria. La schiena di un bambino stupito, la soddisfazione di mio padre, Le sue istruzioni su come montarlo. Ricordo l’orgoglio nel farlo vedere agli amichetti, i pomeriggi a ridere insieme. Ricordo l’impegno di qualche finta riparazione straordinaria, fatta di corsa agli elettrodomestici di casa, ricordo mia madre che mi ringraziava divertita. Tutti quei regali sono ormai scomparsi, sono scomparsi i bulloni, i cacciavite, le paillettes e i finti bagagli. Sono scomparsi i soldi spesi, le scatole vuote, i pranzi e le cene, i piatti sporchi e le bottiglie di spumante, di quei giorni di Natale sembra essere scomparso quasi tutto. Ma l’amore no, l’amore dietro quei momenti resta. Non c’è marea che tenga. Certe orme non le cancelli. Restano e resteranno sempre, perché è questo che facciamo ogni Natale: regalarci il calore che manca i termosifoni, lo sfarzo che manca nei conti in banca, i sorrisi che mancano nei mesi di lavoro. Non facciamo altro che scaraventarci addosso tutti i sentimenti che non sappiamo trattenere. Nascosti dietro mille forme e colori, nascosti dietro oggetti e cianfrusaglie, fatti a mano o comprati, belli o brutti, ma immutabili nell’essenza. Del Natale mi piace proprio questo. Mi piace che tutto ad un certo punto si ferma, come una brusca frenata dopo una corsa veloce. E rimane nient’altro che l’abbraccio di chi ha speso una vita a volerci bene.

Testata Giornalistica Di tutto un po’ - lamezia e non solo anno 27°- n. 59 - dicembre 2019 Iscrizione al Tribunale di Lamezia Terme dal 1993 n. 609/09 Rug. - 4/09 Reg. Stampa Direttore Responsabile: Antonio Perri Edito da: GRAFICHÈditore Perri Lamezia Terme - Via del Progresso, 200 Tel. 0968.21844 - e.mail. perri16@gmail.com Stampa: Michele Domenicano Allestimento: Peppino Serratore Redazione: Giuseppe Perri - Nella Fragale - Antonio Perri Progetto grafico&impaginazione: Grafiché Perri-0968.21844

Le iscrizioni, per i privati sono gratuite; così come sono gratuite le pubblicazioni di novelle, lettere, poesie, foto e quanto altro ci verrà inviato. Lamezia e non solo presso: Grafiché Perri - Via del Progresso, 200 -

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