Lm natrella maggio

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Lamezia e non solo

Editore: Grafichè di A. Perri

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Lameziaenonsolo incontra

Giuseppe Natrella

Nella Fragale

Incontriamo, in questo mese di maggio, il Giornalista Giuseppe Natrella, e la G maiuscola non è una svista perchè lui è un autentico Giornalista, uno di quelli veri, vecchio stampo, che sono sempre là, dove c’è la notizia, con taccuino e penna in mano, a prendere appunti, o con un microfono teso a cogliere la risposta. Dopo un po’ quegli appunti, diventano “la notizia”, quella che si può leggere senza poi chiedersi: “ma sarà vero?”appunto perchè la firma è la sua.

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Hai deciso di diventare giornalista perché è sempre stata una tua passione oppure è stato un caso? L’uno e l’altro Ma il “giornalista”, chi è? E’ un onesto uomo di mestiere, che ha scelto un lavoro di fatica e anche umile, che è pagato (a volte male) per raccontare alla gente quello che è successo; è un artigiano che deve molto imparare dalla buona bottega dove opera, che deve molto studiare e molto leggere, che nel proprio lavoro deve mettere molta serietà e molto senso della misura e che ha l’obbligo di esercitare le sue funzioni nel rispetto di ben precise regole. E come è fare il giornalista in Calabria ed a Lamezia in particolare? La professione giornalistica è molto difficile e spesso non è compresa sia in Calabria, ma soprattutto a Lamezia. E’ una figura che a volte viene vista con sospetto e dalla quale si pretendono articoli compiacenti, anche se non attinenti alla

verità. Se parli bene ti apprezzano, se scrivi verità “scomode” ti criticano e ti creano problemi di varia natura. Hai ricevuto il premio “Lamezia premia se stessa” per la tua carriera, il Sindaco ti ha definito “la notizia”, affermando che tu ci sei “dentro”, che sei il primo a saperle e portarle a conoscenza del cittadino, è un bel complimento, come si fa ad essere sempre al corrente di tutto? Come la polizia, anche il giornalista deve avere “gli informatori”? “Lamezia premia se stessa”, quindi ha premiato un soggetto che è parte integrante della città che ha svolto e svolge la sua professione con riservatezza e nel rispetto di quelli che sono i principi fondamentali dell’esercizio della professione. Tutto ciò mi ha consentito di creare una rete di relazioni che mi permette di venire tempestivamente a conoscenza di alcuni avvenimenti. Collegandomi alla domanda che ti ho appena fatto, voglio chiederti ancora: il mondo del giornalismo non è mai

stato facile, oggi, con l’avvento di internet la “notizia” quasi non fa più notizia perchè sulla bocca di tutti quasi in contemporanea con l’accadimento, cosa suggerisci di fare ad un giovane giornalista oggi per mantenersi al passo con la tecnologia imperversante e divorante? Con l’avvento di internet la comunicazione nel sistema globale ha subito anch’essa una trasformazione. Con la fretta di immettere subito in rete la notizia si rischia di riportarla in maniera distorta dalla realtà. Tutto comunque dipende dalla linea editoriale dei siti web. Coloro i quali hanno intenzione di avvicinarsi a questo “particolare” mondo informatico devono seguire un principio fondamentale: verificare la notizia prima di pubblicarla. Ogni giornalista si specializza in un settore, tu sei un eclettico, tanto per citare alcune, diciamo pure poche, tue esperienze: Direttore Responsabile dell’Agenzia di Stampa Prs e di “CITTA’”, curatore di diverse

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www.allapentolaccia.it - e-mail: allapentolaccia@libero.it Editore: Grafichè di A. Perri

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Rimanendo sull’argomento, ti è mai capitato di avere pubblicato un articolo con una notizia che poi hai dovuto smentire? No, non mi è mai capitato.

sei stato definito “la notizia” quindi l’argomento non può che essere questo, il giornalista, quello affermato, è una figura di “potere”, che potrebbe quasi fare paura, tu avverti questa sensazione di potere in te? Non avverto questa sensazione, perché ho svolto e svolgo questa attività con indipendenza e nel rispetto della libertà di stampa, senza mai abusare di quello che viene definito il “quarto potere” e attenendomi sempre alla realtà dei fatti.

Ti è mai capitato che qualcuno ti abbia

Ti sei mai pentito di avere scelto di fare il giornalista oppure, tornando indietro, lo rifaresti? Non sono un “pentito”, non so, però, se tornando indietro lo rifarei.

Quali sono le caratteristiche peculiari che deve fare chi vuole intraprendere questa via? Il Giornalista come deve essere? Intraprendente? Timido? Invadente? Invisibile? o deve essere

chiesto un pezzo “su commissione”? Se sì, quale è stata la tua risposta? Se fai l’addetto stampa è naturale che elabori pezzi per “commissione”. Comunque se qualcuno ha provato a “condizionarmi” è rimasto deluso.

Il giornalista legge molto, deve leggere molto, fa parte del suo “mestiere”, c’è un articolo non tuo, che leggendolo ti ha fatto pensare: “avrei voluto scriverlo io”? No

C’è un pezzo che hai scritto e che senti più tuo di altri? Che magari ancora oggi ti emoziona leggere? Sono tutti gli articoli che ho scritto che mi emozionano, in particolare gli scritti su Arturo Perugini, Giannetto De Sensi,

Ma oggi, nell’era della fibra, una “notizia” per essere definita tale, come deve essere? Vera e non mediatica

Campagne Elettorali per Candidati e per Partiti, curatore dell’immagine di cittadine calabresi come Pizzo, collaboratore di trasmissioni televisive prodotte dalla Rai e di trasmissioni radiofoniche, ma se tu dovessi farlo ti definiresti un giornalista specializzato in “cronaca nera e giudiziaria”? La specializzazione è una particolarità che matura nel tempo sulla base dell’esperienza che ognuno di noi acquisisce nello svolgere questa delicata quanto interessante attività. Io ho iniziato a scrivere di sport, per poi occuparmi di altro fino a fondare delle testate come “Città”, mensile di informazione di cui sono direttore, dell’Agenzia Prs, di LameziaOggi, di politica, arrivando

informato non è uno che sta dietro una scrivania, se non per scrivere il pezzo, va là dove è la notizia, qualche ricordo particolare legato ad uno di questi momenti? Informato o non informato, chi ha intenzione di svolgere questa “professione”, quando deve elaborare un pezzo sulla base di una notizia di un certo interesse, in particolare di cronaca nera, deve sempre recarsi sul luogo per una ricognizione della scena del crimine e soprattutto per riportare i fatti con obiettività. Molti sono i ricordi legati a questi momenti, ma preferisco non ricordarli.

a specializzarmi in cronaca nera e giudiziaria . Visto gli argomenti delicati di cui ti sei interessato e ancora oggi ti interessi, ti sei mai sentito “in pericolo”? sei mai stato oggetto di “avvertimenti” particolari? Non mi sono mai sentito in pericolo. Né ho mai ricevuto particolari “consigli”. La parola pericolo mi porta a farti un’altra domanda, un giornalista

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Maurizio Maione, quelli scritti su Carletto Mauro e Francesco Pagliuso. E, per contro, c’è un pezzo che non avresti mai voluto scrivere? Credo di no.

Stiamo facendo l’intervista a te che

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camaleontico, cioè deve sapersi adattare al momento ed al luogo? Deve essere un soggetto normale. La fonte dell’informazione è il mondo, la realtà che ti circonda, la vita quotidiana nel suo incessante corso di accadimenti. E il giornalismo è proprio questo: l’individuazione, negli accadimenti, dell’evento di diventare notizia. Nella mediazione il giornalista esprime la propria professionalità e nel soddisfacimento del fruitore la sua

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responsabilità di operatore sociale. Dal punto di vista professionale qual è stata la tua soddisfazione più grande? Aver fondato delle testate giornalistiche C’è un giornalista che ammiri in modo particolare? Indro Montanelli. Si dice che le notizie oggi siano più “pilotate” di ieri, che la stessa notizia, riportata da diverse fonti, segua la propria corrente per cui, lo stesso argomento, quando non è copiaincollato, riporta notizie completamente differenti, per esempio, tizio afferma che il Comizio di Pinco ha avuto centomila

spettatori e Caio invece che ne ha avuto diecimila, la tua opinione in merito? Dipende sempre dalla formazione culturale di ognuno di noi. A proposito del copia-incolla, che ne pensi dei tuoi colleghi che utilizzano questa tecnica, limitandosi a battere pochi tasti per copiaincollare, senza nemmeno controllare eventuali refusi/ errori/inesattezze, invece che allenare la mente e scrivere un articolo degno di

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questo nome, corto o lungo che sia? La fretta provoca tutto ciò, ma è poco professionale. Per concludere su questo argomento, quale è lo stato del giornalismo in generale oggi in Italia? Non è il giornalista che fa il sistema; è il sistema che fa il giornalista; ma è la sua componete culturale che permette al giornalista di collocarsi nel sistema in modo diverso; e la professionalità va intesa come capacità culturale di controllare e padroneggiare il processo di produzione dell’informazione o, per lo meno, di limitare i condizionamenti. La cultura, ancora una volta, come garanzia di libertà.

Parecchi giornalisti poi scrivono libri, nel tuo lunghissimo curriculum non vedo nulla che sia legato alla pubblicazione di un libro, come mai? Non sei interessato o è un progetto che prima o poi realizzerai? Per scrivere libri occorre una particolare vocazione che io non ho, ma non mi dispiacerebbe se un giorno mi venisse l’estro per scriverne uno. La tua è una famiglia di giornalisti, sia

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finanza

Salotto Finanziario di Allianz con Banca Pictet a Lamezia Terme

tua moglie che i tuoi figli lavorano nel settore, inevitabile parlare di lavoro anche a casa, per non pensare sempre al lavoro, per svagarsi, Giuseppe Natrella cosa fa? Per svagarmi ... continuo a lavorare. Lamezia e l’amministrazione comunale, vuoi spendere qualche parola su questo argomento? Aspetti negativi e positivi di questa amministrazione? E’ ancora presto per esprimere giudizi. C’è un uomo della nostra città che

ammiri? Che sia del presente o del passato non ha importanza. Arturo Perugini, Giannetto De Sensi, l’avvocato Francesco Bevilacqua. Ed il tuo rapporto con la religione come è? Sono credente, ma non praticante. Lo sport che ami di più? Nessuno La musica che posto ha nella tua vita? Non è predominante, ma ammiro molto la

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Ed eccomi giunta alla fine di un’ennesima intervista. E’ stata una intervista difficile, non perchè lui non sia stato disponibile,

quando gli “verrà l’estro” e scriverà un libro ed io, subito, lo braccherò ... Che dire di Giuseppe Natrella? E’ un uomo, all’apparenza, burbero, che non si perde in chiacchiere inutili, è un vero “pragmatico” per usare un termine in voga, quel che pensa lo dice senza peli sulla lingua e, se non lo dice, lo fa capire. Ma ... i pragmatici, i burberi, sono anche romantici, si emozionano? A mio avviso sì, a leggere bene fra le righe, lo si intuisce quando dice che è orgoglioso di avere fondato delle testate giornalistiche e, fra le foto che ha scelto, c’è proprio l’uscita,

anzi, (anche se l’ho dovuto inseguire perchè, ovviamente, molto impegnato) ma perchè ero io a trovarmi a disagio a dovere intervistare un Giornalista come lui. Mille i dubbi che mi hanno assalita: “vanno bene queste domande”, “sono interessanti” “sto mettendo le virgole al punto giusto?”, “l’impaginazione andrà bene?” ... Poi, ad intervista conclusa, mi sono accorta che avrei potuto fargli altre mille domande, forse più accattivanti, più interessanti, sia per lui che per chi leggerà ... ma è andata così questa volta, magari si potrebbe pensare ad una futura intervista,

dai rulli delle macchine da stampa, del primo numero di Città, ed anche, sembrerà paradossale, affermare che per svagarsi, continua a parlare del suo lavoro mostra l’altra faccia delle medaglia, quella nascosta. Ama quello che fa e sono certa che, potendo tornare indietro nel tempo sceglierebbe di nuovo questo mestiere ed è per questo che ho deciso di concludere l’intervista con una frase di un giornalista, Milena Gabanelli: “Il giornalismo è un mestiere che amo, quindi anche i sacrifici mi sembrano tollerabili”.

lirica. Per concludere la domanda, alla Marzullo, che facciamo a tutti: C’è una domanda che avresti voluto ti facessi e non ti ho fatto? Fatti la domanda, dacci la risposta. Non ce n’è bisogno. Le domande, alle quali ho riposto con grande partecipazione, sono state interessanti ed esaustive.

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Si è tenuto per la prima volta in Calabria, nella sala convegni del T-Hotel Lamezia, un “salotto finanziario” con la prestigiosa Banca Svizzera PICTET, partner di Allianz SPA e seconda Banca di affari privata al mondo. Un incontro unico nel suo genere in Calabria, primo di una serie di appuntamenti finanziari organizzati dalle agenzie Allianz “Augello e Morelli SRL” di Lamezia Terme e “Signoretta SRL” di Vibo Valentia. Presenti all’importante iniziativa gli agenti procuratori Raffaele Augello, Nicola Morelli e Saverio Signoretta, il Dott. Giacomo De Agostinis responsabile Vita e Finanza per l’area sud di Allianz SPA e come relatore della serata ed in rappresentanza di Banca Pictet il Sales Director Italia Dott. Christian Coletto il quale, in questo incontro formativo e conoscitivo sul futuro degli investimenti finanziari, ha spiegato ai presenti in sala l’operato della banca e le nuove realtà finanziarie che riguardano non solo l’Italia ma il mondo intero. In particolare, dopo una prima introduzione, il Dott. Coletto ha fatto un tuffo nel passato e ha illustrato la storia bicentenaria della banca Pictet. Fondata a Ginevra nel 1805 dalla famiglia Pictet, dalla quale ha ereditato il nome, la Pictet è diventata una delle più importanti banche di gestione dei patrimoni in Svizzera ed è uno dei principali Asset Management indipendenti in Europa, che attrae non solo i clienti privati più esigenti ma anche le principali istituzioni finanziarie di tutto il mondo. Presente in 26 piazze finanziarie nel mondo, il

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gruppo ha le sedi a Ginevra, Lussemburgo, Nassau, Hong Kong e Singapore, con 3.800 dipendenti, di cui 900 specializzati negli investimenti. Con una quota di capitale sociale ben al di sopra dei requisiti regolamentari in Svizzera, Pictet non offre servizi tipici di una normale banca ma ha la sua specializzazione nella gestione finanziaria di patrimoni. Dopo una carrellata sulla storia della banca, il dottor Coletto ha magistralmente spiegato il cambiamento del mercato finanziario, gli investimenti sbagliati di alcune aziende e le grandi vittorie di chi ha saputo guardare al futuro aprendosi alle innovazioni, come il caso della Apple che ha rivoluzionato negli ultimi anni la tecnologia, la vendita on-line del colosso Amazon, fino a giungere ai robot delle grandi catene di montaggio che, con il passare degli anni, stanno acquisendo sempre di più le sembianze umane. L’incontro a Lamezia, promosso dalle agenzie Allianz di Lamezia e Vibo, è stato senza ombra di dubbio un momento di crescita non solo per chi opera nel mercato finanziario, ma anche per chi si affida con fiducia a queste realtà finanziarie, che puntano al dialogo e alla conoscenza. Il convegno si è poi concluso con i ringraziamenti, da parte degli agenti promotori dell’evento, al Sales Director della banca Pictet, per essere venuto in Calabria a parlare delle prospettive future che rivoluzioneranno la società e il mondo intero.

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libri

le spigolature di tommaso

Quando la letteratura dialoga con l’arte Lamezia Terme, 26 aprile 2017. Inaugurazione della VI edizione del Maggio dei libri alla Biblioteca Comunale di Palazzo Nicotera alla presenza dell’Assessore alla Cultura della città di Lamezia Terme Graziella Astorino e del direttore del Sistema Bibliotecario lametino Giacinto Gaetano. Un cartellone di oltre 60 eventi che saranno ospitati anche in altre location. Per il secondo anno consecutivo, la manifestazione viene aperta dalla blogger lametina Ippolita Luzzo con il suo non-libro Lit Art con Litweb, la letteratura che dialoga con l’arte degnamente rappresentata dal maestro/artista Antonio Pujia Veneziano. Così Ippolita Luzzo, regina della Litweb, un regno che non c’è, un gioco letterario che, visivamente, lei accomuna alla foto di Alessandro Vinci Milan Futur Green City/Visioni futuristiche di Milano raffigurante dei palazzi sospesi in cielo come nuvole di cemento con un cuore arboreo, mostrando la copertina del suo non-libro dice” Questa è la copertina di un libro che non esiste, ovviamente è una provocazione, al Maggio dei libri il mio non è un libro, è una raccolta di pezzi che non vendo, lo uso in cartaceo solo per me e per qualcun altro e per avere in mano la carta che a me piace sempre e perché sia un libro-ponte per altri libri.” Accurato e calibrato, - da sensibile artista qual è – l’intervento di Antonio Pujia Veneziano che offre un’analisi nitida e puntuale dell’usus scribendi della regina della Litweb caratterizzato, oltre che dalla abilità di usare i nuovi media, dalla velocità e dalla capacità di sintesi a vantaggio del contenuto e del significato. Questa velocità è un continuo divenire, un attraversamento dei linguaggi con rimandi ad altro, un pulsare spazio-tempo che si traduce in scrittura con quella immediatezza e quella sensibilità di presentire quegli aspetti che tante volte sfuggono anche ad una osservazione più attenta. Una rapidità che riesce a cogliere l’hic et nunc della contemporaneità dando origine a quella che Pujia definisce una “sinestesia del linguaggio” ovvero la capacità di far assaporare i colori delle opere come si fa con i dolci: il giallo solare dei limoni di Amalfi, il trionfo dei mandarini di Sicilia, le arance, il leggerissimo verde delle foglie appena nate fino a far vivere le esperienze tattili attraverso l’evocazione dei tessuti di Missoni. Una descrizione che va dal poetico al letterario al filosofico. Questo metodo nel descrivere l’esperienza artistica consiste in questo flusso incessante di collegamenti. La regina del regno della Litweb, in questi suoi rapidi attraversamenti, crea sobbalzi emotivi evocando anche personaggi che sono molto affini all’arte come i Rolling Stones, la Pop Art e Alan Jones, il critico d’arte newyorkese incontrato al Marca di Catanzaro dove pronunciò una frase che Ippolita fu pronta a cogliere e a trascrivere “L’arte bisogna cercarla nelle osterie perché nei musei si fa ideologia”. Certo una frase provocatoria ma, probabilmente, il suo intento era quello di dire che l’arte si deve anche proiettare sul territorio e che in questo momento di crisi deve essere anche un’arte che interagisce, un’arte relazionale, un’arte pubblica e non un’arte di tipo esclusivamente istituzionale o una visione elitaria. Da tutto ciò traspare la contemporaneità dei post di Ippolita che sono il contrario della staticità e lontani dalla monumentalità. Non

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pretendono di occupare uno scaffale impolverato ma aspirano a percorrere gli spazi infiniti della Litweb comunicando emozioni reali ed esperienze vissute perché, comunque, il mondo virtuale viene quotidianamente occupato da momenti della nostra vita attraverso foto e pensieri. Ogni suo post è tanti luoghi, infinite sensazioni e innumerevoli incontri: il MAON di Rende, la Galleria Because, Studio Gallery, l’Associazione P-ART, il MARCA di Catanzaro, il MAM di Cosenza, il Castello Ducale di Corigliano… Il percorso visivo scelto da Ippolita e da Antonio copre un intero anno: dal Premio Internazionale Limen 2014 al Limen 2015, legando concettualmente questi appuntamenti che sono nati per caso e che sono stati vissuti con gioia ed entusiasmo. La gioia e l’entusiasmo di “esserci” e che Ippolita ha cercato di trasferire nei suoi post. Scorrono le immagini: il Limen 2014 e l’incontro con Philippe Daverio a Palazzo Gagliardi a Vibo Valentia che parla dell’arte come una vera commistioni di elementi, forse maggiore oggi in cui tutto sembra commisto e non lo è e di quanto siano, Italia e Calabria insieme, il paese dell’immaginazione. Daverio che viene seguito e ascoltato per stanze e dipinti fermandosi insieme a dire “bravo”, “interessante”, “molto carino” oppure niente. Ma bisogna imparare a leggere un quadro, a parlare con l’arte… Poi le opere di Pujia Veneziano Veritatis Splendor, foglia oro su tela, dedicata all’enciclica di Papa Giovanni Paolo II e Teoria delle catastrofi, in terracotta, ispirata dalla teoria di un economista che già negli anni ’80 aveva previsto il crollo dell’economia mondiale. E ancora la mostra “Tornare a Itaca” con l’opera di Pujia dedicata ad Alda Merini Non ho più parole e il post di Ippolita “Voglio tornare al tempo che tu mi hai regalato, è un viaggio che facciamo nella testa prima di prendere auto, valigia e andare. Passano in tanti lasciando orme sul terreno (come dice il poeta Mastroianni), tu non hai parole eppure le tue parole da un viaggio ad un altro compongono il tessuto civile di chi ha studiato, di chi osserva come il ribaltamento di coscienza approssimato e farraginoso sia ora preferito ad impegno e competenza. Liberare parole perché nessuno punisce non vuol dire che questa abbondanza liberi, soffoca invece, liberare parole uccide la libertà di espressione che ha bisogno di limiti e confini, riferimenti e studio, di serietà per esistere”. E ancora la mostra di Puja al Castello Ducale di Corigliano, una mostra imponente, colossale con opere che vanno dalla metà degli Anni ’80 al 2015. Da qui una riflessione sullo sciupio delle tanti luoghi del nostro territorio ferito da continui atti di barbarie. Una perdita che trova consolazione nella scrittura e che Ippolita lega, attraverso una associazione mentale, al vecchio slogan pubblicitario del Punt e Mes, un punto d’amaro e mezzo di dolce, un punto di storia e mezzo d’artista. I valori semantici dei segni nell’arte condensati nello spazio della rappresentazione. Poi l’ultimo incontro con il Limen 2015 e il libro di Gianfranco Labrosciano La Tusa dei desideri e la storia dell’imprenditore Antonio Presti con la fondazione Fiumara d’Arte in Sicilia. Tusa è un luogo avanzato d’arte. Antonio Presti è un

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Mi affascina il limite. Leggo un mia piccolezza nei confronti di fronte. Leggo un libro e mi dei tanti volumi che esistono in in fila in tutte le biblioteche del vengono pubblicati ogni giorno, Mondo e mi affascina il pensiero mai, non avrò modo e tempo affascina di non conoscerli e libro su un miliardo, “quel” libro mio libro. Amo pensare il limite, riconoscere i grandi personaggi dignità. Lo scienziato lavora per

libro e mi affascina la delle pagine che ho affascina il pensiero tutto il Mondo, li vedo globo, tutti i libri che in tutti i Paesi del che non li leggerò di poterli leggere, però ci sono, e mi mi piace, invece, l’idea di leggere un in quel momento è unico, “entro” nel mi fa intravedere la grandezza, mi fa della Storia, anche quelli attuali. Mi dà tutta la vita su una cellula. Grandioso.

Libera la ... Mente

Oggi non ci sono quasi più le botteghe dei generi alimentari di un tempo; la bottega sulla piazza. Oggi è qui presente dentro di me l’odore di quel luogo, un odore di “cose”, bellissimo alle mie narici, fragrante, un odore forte, rassicurante, giusto. Un odore inappellabile. E ricordo i sacchi, vicino l’entrata, di mangime, il “granone”: guardavo la salumiera misurare quel “granone” al cliente che lo richiedeva. Una scena da bambino vista tante volte, sempre uguale, sempre irripetibile ai miei occhi. Bellissima. L’odore, il granone, l’odore del granone, i sacchi, il rumore del granone mosso, io lì, ancora guardo con i miei occhi di allora quel rassicurante granone, quell’odore giusto di bottega: quello, unico, solo lì. Rassicurante, immobile. Nessuno potrebbe dire che quell’odore non dovesse essere lì, mai in un altro luogo. Il Granone, l’odore, la certezza.

impresario privato che negli Anni ‘80 prende l’iniziativa di invitare artisti internazionali per realizzare opere su luoghi demaniali. Iniziativa per la quale ha dovuto subire anche dei processi. Tutto l’entroterra che corre lungo la fiumara Tusa viene disseminato di opere, tra cui il Museo Domestico, la cui cura è affidata alle famiglie mafiose che vivono nella zona al fine di responsabilizzare gli abitanti e cercare di modificare alcuni meccanismi radicati nel territorio. Mentre a Motta d’Affermo, Castel di Tusa svetta una Piramide di 37 m. opera di Mauro Staccioli e qui, nel 2015, Pujia viene invitato a realizzare una installazione per il Rito della Luce. E ancora un’altra operazione artistica di elevata valenza sociale a Librino, quartiere degradato di Catania attraversato dall’autostrada e diviso da un muro di 500 m. che è diventato il Muro della Bellezza con l’applicazione di pannelli in terracotta ispirati al tema della “Grande Madre”. Il progetto viene realizzato coinvolgendo tutti gli abitanti e le scuole. Un modo per restituire, attraverso l’arte, il senso di orgoglio e di appartenenza ad una comunità e ad un luogo. Poi c’è il suo Atelier sul mare, un albergo-museo la cui prerogativa è quella di avere delle camere d’arte realizzate da artisti internazionali quali Ceroli, Icaro, Nagasawa, Canzoneri, Mochetti, Lai, Staccioli, Mainolfi, Ruiz, Plessi, Cuticcchio. Pujia abbraccia questa idea per dimostrare che l’arte si può rivolgere al sociale senza essere solo rappresentativa perché bisogna saper dialogare, ascoltare le esigenze del territorio e dare ciò che è utile alla comunità. Facendo suo quest’ultimo pensiero di Antonio e ribadendo la gioia di appartenere all’arte come elemento vitale, Ippolita conclude con la sua “teoria sulle associazioni” affermando che

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le sue associazioni preferite sono quelle mentali, tutte le altre sono discutibili, non hanno la piacevolezza di quelle mentali che permettono di fare questi voli e sfuggire da una realtà soffocante. Teoria pienamente condivisa dal critico d’arte Teodolinda Coltellaro la quale conclude la serata con una sua riflessione “Le associazioni mentali danno l’dea della dinamicità del pensiero che è contemporaneità e velocità al tempo stesso. Nello scorrere delle immagini ho ritrovato connessioni con il nostro territorio dove alcuni degli artisti che Antonio Pujia Veneziano ha menzionate hanno lasciato una traccia sostanziale in un momento di collaborazione fattiva attraverso l’imponente opera Un muro di storia allestito con 17 pannelli in ceramica ognuno dei quali raffigura un frammento di storia della Calabria. L’ opera purtroppo si sta frantumando anche a causa delle infiltrazioni d’acqua che stanno interessando la parete. Si rende urgente e necessario un intervento di risanamento per recuperarla e renderla fruibile anche se il limite è stato quello di realizzarla nel cortile di una scuola perché, all’epoca, si pensava potesse essere il luogo ideale. L’altra connessione è per sollecitare la realizzazione di uno spazio ne abbiamo tanti sottoutilizzati o utilizzati male - per poter mettere in scena l’evento dell’arte e abbiamo tanti artisti nel nostro territorio ma dobbiamo costruire un luogo di confronto e di scambio su quelli che sono i linguaggi dell’arte del nostro tempo. Bisogna creare un dialogo continuo con l’arte e mi auguro che ci siano modalità e tempi per poter discutere la possibilità di realizzare uno spazio in cui l’arte si presenti viva e offra materia vitale agli spiriti vivi.”

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del Golfo di Sant’Eufemia

LE LAGUNE (vive e morto) DEL SECOLO SCORSO ALL’ATTUALE SIC-IT9330087 è soggetto a variare notevolmente in seguito a forti mareggiate, che determinano lo spostamento del cordone litoraneo.” Sull’azione d’impaludamento della fascia costiera ad opera delle acque dei torrenti Zinnavo, Casale, Spilinga, Forcita e Zingaro, è da considerare quanto segnalato da Medici e Principe nel volume sulle bonifiche di Santa Eufemia e Rosarno. I due ingegneri evidenziano: “Prima dei lavori della bonifica, oltre al Maricello e le Vote, esistevano presso la stazione di Santa Eufemia Biforcazione – oggi Santa Eufemia Lamezia – vaste zone depresse ed estesi acquitrini, specialmente a monte dell’argine ferroviario, il quale, per insufficienza di aperture, ostacolava lo scolo delle acque e sbarrava durante l’inverno il deflusso delle acque di piena dei vari torrenti. Importanti erano il pantano Burrasca e lo stagno Floro, di 17,5 ettari, quest’ultimo originatisi in corrispondenza di una depressione artificiale dovuta all’esportazione di argilla impiegata per la fabbricazione di laterizi. Per il riempimento delle aree depresse e degli stagni a monte del tracciato ferroviario, durante i lavori di bonifica della Piana degli anni’30 del secolo scorso, furono utilizzati sia materiale argilloso (126.000 metri cubi) delle vicine colline sia terreni dei cordoni dunosi, per 67.000 metri cubi. E per favorire il deflusso delle acque meteoriche ai margini delle colmate furono realizzati due canali di scolo: il Gornale lungo

dal vento dominante è anche legata l’evoluzione degli stagni denominati Vote. La condizione dei luoghi negli anni ’30 del secolo scorso, risulta così descritta: “Vota vecchia, lunga un chilometro e mezzo, è separata dal mare per mezzo di un cordone sabbioso di circa 150 metri di larghezza, mentre la Vota nuova, che si trova alquanto più a S.E., lunga circa un chilometro, è in comunicazione diretta col mare mediante uno stretto passaggio aperto attraverso il cordone litoraneo. Attualmente un canale pone in comunicazione le due vote, per dare anche alle acque della Vota vecchia un certo grado di salsedine, ostacolando così lo sviluppo delle larve degli anofeli. Il perimetro di queste vote

395 metri ed il Maricello lungo 581 metri che sfociano nella Vota Vecchia. La grande varietà di habitat che caratterizza il Sito è testimoniata da molte associazioni vegetali tipiche degli ambienti salmastri e palustri. In particolare dalla linea della battigia procedendo verso linterno si alternano diverse comunità vegetali dalle più pioniere a Cakile maritima alle fitocenosi delle dune mobili con Ammophila arenaria. Le acque salmastre sono circondate da vegetazione di cinta a Phragmites australis e ospitano comunità di piante natanti e sommerse.

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resto della regione e inserite nella Lista Rossa Regionale con diverso status di minaccia (Cladium mariscus (VU), Calystegia soldanella (CR), Ruppia maritima (VU), Pancratium maritimum (EN), Medicago marina (LR), Euphorbia paralias (VU), Erianthus ravennae (LR). Altre specie vegetali segnalate sono particolarmente rare a livello regionale (Limonium virgatum (Willd.) Fourr., Centranthus calcitrapa (L.) DC., Policarpon alsinifolium (Biv.) DC.) Ipomoea sagittata Poiret segnalata per la prima volta in Calabria nel sito (Maiorca et al., 2002) è specie minacciata a livello nazionale e, nella regione, nota solo per questo sito. Riguardo l’<<Analisi dei principali fattori di minaccia e criticità per il sito>> si riporta quanto evidenziato nella pagina 168 del Piano di Gestione dei SITI NATURA 2000 – Quadro Conoscitivo Parte II. Nel paragrafo “Individuazione dei Fattori di Criticità e Minaccia nel SIC “LAGO LA VOTA” dello stesso Piano di Gestione si legge: ”Il sito complessivamente risulta pesantemente minacciato dai numerosi interventi di trasformazione del territorio ancora in atto, nonostante l’istituzione del SIC. Si possono individuare tre principali tipologie di impatto: le trasformazioni sull’assetto idrologico del sito a seguito delle opere di bonifica e dello sfruttamento dell’area a scopo agricolo che hanno compromesso la struttura e l’estensione degli habitat igrofili; la deforestazione completa del sito e l’impianto di rimboschimenti artificiali; ed infine lo sfruttamento della spiaggia per la fruizione balneare che ha determinato lo spianamento delle dune e la degradazione della vegetazione psammofila. Altri importanti fattori di minaccia sono rappresentati dal pascolo (bovini e ovini) che ha pesantemente degradato la vegetazione retrodunale; l’introduzione di specie esotiche; l’inquinamento.” La tutela e valorizzazione di questo tratto costiero, oltre che per l’importanza naturalistica e ambientale, s’impone per evitare il diffondersi del degrado idrogeologico e il ritorno della malaria. Disordine idraulico e malaria che all’inizio del secolo scorso caratterizzavano gli stessi tratti costieri. Geologo Mario Pileggi del Consiglio Nazionale Amici della Terra

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Tra le risorse naturali presenti nella fascia costiera del lametino e da tutelare e valorizzare c’è anche il tratto denominato Lago La Vota dove è stato delimitato il Sito di Interesse Comunitario (SIC - T9330087). L’importanza naturalistica dell’area e dei laghi, evidenziata nei decenni scorsi in particolare dal WWF Calabria, è stata riconosciuta ufficialmente e inserita nell’elenco dei SIC con D.M. 3 aprile 2000 “Elenco delle zone di protezione speciale designate ai sensi della direttiva 79/49/CEE e dei siti di importanza comunitaria proposti ai sensi della direttiva 92/43/CEE”. Il sito si estende si estende per circa 200 ettari lungo un tratto di costa compreso fra Capo Suvero e Gizzeria Lido. Si tratta di un complesso di aree umide retrodunali costituiti da tre invasi principali (Lago Prato, Lago La Vota e Lago Piratino) e dalla laguna di Gizzeria. Lo stesso tratto di costa costituisce un biotopo di elevato interesse naturalistico ed è caratterizzato dalla presenza dell’unico lago costiero del Tirreno Calabrese. Sulle trasformazioni antropiche nella zona è da ricordare che nei primi decenni del secolo scorso, prima delle opere di bonifiche, a circa un chilometro a sud di Capo Suvero nella zona “La Marinella” esistevano circa 16 ettari di aree pantanose. Alla formazione dei cordoni litorali ad opera della sabbia spinta dall’onda prodotta

Alcuni autori (Maioraca et al.) hanno rilevato e descritto nel sito 17 associazioni vegetali inquadrate in otto classi fitosociologiche che riguardano: - la vegetazione sommersa (Ruppietum maritimae), - la vegetazione natante (Potamogetonetum pectinati), - la vegetazione igrofila di cinta (Phragmitetum communis, Typhetum communis, Scirpetum compacto-littoralis), - la vegetazione aloigrofila (Juncetum acuti, Limonio virgati-Juncetum acuti). Per la serie di vegetazione delle dune, gli stessi autori segnalano le seguenti associazioni: Salsolo kali-Cakiletum maritimae, Glauco flavi-Matthioletum tricuspidatae, Echynophoro spinosaeAmmophiletum australis, Echynophoro spinosae-Elytrigietum junceae, Artemisio variabilis-Helichrysetum italici, Loto commutati-Artemisietum variabilis, Sileno nicaensis-Ononidetum variegatae, Sileno coloratae-Vulpietum membranaceae. Il sito ospita alcune popolazioni di specie vegetali rare nel resto della regione e inserite nella Lista Rossa Regionale con diverso status di minaccia (Cladium mariscus (VU), Calystegia soldanella (CR), Ruppia maritima (VU) , Pancratium maritimum( EN), Medicago marina (LR), Euphorbia paralias (VU), Erianthus ravennae (LR). Altre specie vegetali segnalate sono particolarmente rare a livello regionale (Limonium virgatum (Willd.) Fourr., Centranthus calcitrapa (L.) DC., Policarpon alsinifolium (Biv.) DC.). E, segnalata per la prima volta in nella regione, la Ipomoea sagittata Poiret, specie minacciata a livello nazionale e nota nella regione solo per questo sito. Le caratteristiche ambientali del sito e la sua posizione geografica, lo rendono potenzialmente molto attrattivo per tutte le specie di uccelli acquatiche e migratrici, come luogo di sosta temporanea o di svernamento. Inoltre, la vegetazione ripariale rappresenta un potenziale sito riproduttivo per diverse specie di uccelli acquatici, in particolare, rallidi e anatidi. La spiaggia prospiciente l’area umida salmastra rappresenta un potenziale sito riproduttivo per la tartaruga marina Caretta caretta. Il sito ospita alcune popolazioni di specie vegetali rare nel

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il nostro territorio SPECIFICITA’ DEL PATRIMONIO COSTIERO

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Associazionismo

Grazia Deledda “90 anni dal Nobel, 80 dalla morte”

Il libro, ”Grazia Deledda. I luoghi gli amori le opere”, contiene la più completa e ragionata biografia, finora mai pubblicata, sulla scrittrice sarda, grazie al ritrovamento di carteggi inediti presso biblioteche europee. Il volume, infatti, contiene 86 tra lettere e cartoline postali reperite nelle biblioteche di Weimar, Vienna e Zurigo che testimoniano la fitta rete di contatti epistolari tra Grazia Deledda e importanti corrispondenti stranieri. La scrittrice sarda aveva capito che per appartenere alla schiera dei letterati bisognava intrecciare legami, scrivere recensioni, spedire lettere su lettere, chiedere e dimostrare una volontà incrollabile. Queste lettere, oltre a confermare l’intenso rapporto intellettuale della Deledda con la cultura europea, permettono di conoscere in modo più dettagliato la donna e la scrittrice, il clima culturale della Roma dei primi decenni del Novecento, i luoghi e le case in cui ha abitato, i suoi amori, le sue amicizie, il paesaggio sardo e gli antichi riti tradizionali, le sponde del fiume Po, Cicognara, terra natale del marito, Viareggio e Cervia dove villeggiava, la sua ritrovata famiglia di origine e ancora, attraverso alcune letterine scritte dal suo primogenito Sardus, quando questi era ancora bambino, la sua vita familiare più intima e privata. L’autrice della biografia è Rossana Dedola, già ricercatrice alla Scuola Normale di Pisa e ora docente alla Scuola Internazionale di Psicologia Analitica a Zurigo, la quale ha il grande merito di fornisci nuovi e dettagliati aspetti sull’opera, sulla storia e sulla formazione della scrittrice nuorese, riportando così alla ribalta, dopo 90 anni dall’assegnazione del premio Nobel per la Letteratura e 80 anni dalla sua morte, una scrittrice colpevolmente dimenticata anzi vittima di un ostracismo ingiustificato. Scomparsa dalla maggior parte delle antologie scolastiche, era stata giudicata da tanti critici “come minore, sorda ai temi culturali della sua epoca, irrimediabilmente ottocentesca, scrittrice verista anzi regionale”; ”[…] invece era pienamente proiettata nel Novecento (Emilio Cecchi, Natalino Sapegno)”. “E’ stata accusata di scrivere

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troppo e male”. ”[…] Ha scritto grandi romanzi, anche quelli minori possiedono forza; sorprende quanto la sua lingua suoni moderna anche nelle sgrammaticature che risentono del substrato dialettale da cui non l’aveva ripulita. Probabilmente il fatto di non avere alle spalle un’istruzione scolastica regolare l’ha liberata dalle strettoie del bello stile in cui molti suoi contemporanei si erano arenati”. “[…] Perché in Italia i critici l’avevano accostata al Verga e non la consideravano proiettata verso il ‘900? Perché, scrive Rossana Dedola, come lo scrittore, poeta drammaturgo, filosofo bengalese Tagore, premio Nobel per la letteratura nel 1913, era rimasta attaccata alle sue radici, a una società tradizionale che in seguito sarebbe stata travolta dalla modernità e come Tagore aveva proposto al futuro il passato primitivo della sua Sardegna, la sua visione della natura come dimensione sacra, un mondo che affondava le sue origini nell’antica civiltà del mediterraneo”. Questa nuova biografia porta alla luce anche una Deledda carica di passione che

intreccia contemporaneamente corrispondenze epistolari, amori vicini e amori di lontano con diversi intellettuali del tempo. De Gubernatis (1840-1913), studioso di fama nazionale e internazionale, collaboratore e direttore di numerose riviste, rappresentava la persona ideale per raggiungere l’obiettivo che Grazia desiderava fortemente: “la possibilità di mostrare al mondo le sue potenzialità e le sue capacità”. “[…] parlando al mondo della Sardegna”. Grazia Deledda ha scritto 32 romanzi e circa 300 novelle, due drammi teatrali, alcuni versi, un libretto d’opera, una raccolta di tradizioni popolari sarde e la sceneggiatura per il film tratto dal suo romanzo Cenere interpretato sullo schermo da Eleonora Duse. I suoi romanzi più famosi, in ordine cronologico, sono : La via del male 1896, Elias Portolu 1903, Cenere 1904, Canne al vento 1913 La madre 1920. Nel 1927 ricevette il prestigioso premio Nobel per la Letteratura ed è la prima e attualmente unica donna italiana ad averlo ricevuto. Sulla data dell’assegnazione del premio, 1926 o 1927, è nato un “busillis”, come lo definirebbe la stessa Deledda, chiarito dal nipote Alessandro, figlio di Franz, che in maniera inequivocabile, attraverso documenti, ha affermato che nel 1926 il comitato per il Nobel alla Letteratura decise che, poiché nessuna nomination di quell’anno rispondeva ai criteri stabiliti dall’Accademia svedese, il premio sarebbe stato consegnato l’anno successivo, il 1927. Questa la motivazione: “ Per la sua potenza di scrittrice, sostenuta da un alto ideale che ritrae, in forme plastiche, la vita qual è nella sua appartata isola natale e che con profondità e con calore tratta problemi di generale interesse umano”. Nel mese di dicembre 2016, definito anno dedicato agli studi deleddiani, a Nuoro, si è svolto un importante convegno per riaffermare il valore delle sue opere ed è stato deciso che le Edizioni nazionali, promosse e controllate dal Ministero dei Beni Culturali e riservate agli autori classici, pubblicheranno nei prossimi anni tutta la sua opera in edizione critica in 34 o 35 volumi, colmando così questa grave mancanza della nostra Storia

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letteraria. Tutti i volumi cartacei saranno realizzati anche in edizione digitale che permette di essere continuamente aggiornata. Sempre a dicembre del 2016 anche la città di Roma le ha dedicato uno spazio permanente, con il titolo Sotto il cedro del Libano presso la Biblioteca Nazionale Centrale, avendo ricevuto da parte degli eredi Morelli, figli della sorella Giuseppina, una importante donazione composta da libri, fotografie, dattiloscritti e vari oggetti di famiglia. Grazia Maria Cosima Damiana Deledda nasce a Nuoro nel 1871 in una famiglia benestante ed è la quinta di sette figli, intrappolata in una società che teneva relegata la donna, segue pochi studi regolari fino alla quarta elementare. Poi, prosegue con un insegnante privato per volontà del padre, Giovanni Antonio. L’adolescenza di Grazia fu segnata da gravi problemi familiari: il fratello maggiore alcolizzato, il minore arrestato per piccoli furti e, nel 1892, una grave crisi economica che sconvolse la sua famiglia. Fu forse in seguito a queste difficoltà che in lei si accentuò il carattere sognante che la fece rifugiare nella lettura attraverso la quale ebbe modo di conosce altri mondi e altre culture. Leggeva la Bibbia, il Libretto di devozioni del gesuita Michele Ghisleri, i grandi narratori russi, Dostoevskij, Tolstoj, i francesi, Zola, Flaubert, Maupassant, e gli italiani Fogazzaro (Malombra), Carducci e D’annunzio, considerato da lei un vero modello culturale. Giovanissima iniziò a sperimentare la sua vocazione alla scrittura, pubblicando novelle e poesie su diverse riviste letterarie e anche di moda e ottenendo una recensione favorevole da parte di Luigi Capuana e anche qualche stroncatura da parte di altri letterati ma la cosa che le procurò più dispiacere fu il risentimento dei suoi conterranei che l’accusavano di aver screditato la Sardegna, per averne descritto gli usi primitivi e quasi selvaggi. Nel tempo questo risentimento andò stemperandosi perché i corregionali capirono quale valore fosse per la Sardegna l’opera della Deledda. La madre, Francesca Cambuso, non aveva mai condiviso la scelta della figlia di dedicarsi alla scrittura per il comune pregiudizio che una donna scrittrice non può essere onesta. Per questo e altri contrasti, Grazia cominciò ad avvertire in maniera sempre più urgente il bisogno di abbandonare la Sardegna e di evadere dal suo ambiente chiuso e opprimente. Nel 1899 incontrò a Cagliari Palmiro Madesani, funzionario statale, che sposò l’anno dopo e con lui si trasferì a Roma. Qui, finalmente, Grazia poté entrare in contatto con una schiera numerosissima d’intellettuali e si dedicò a un’intensa produzione letteraria mentre la sua vita familiare scorreva tranquilla con il marito e i due figli, Sardus e Franz. Non teneva conferenze, non partecipava quasi mai a ricevimenti o feste e se doveva apparire in pubblico, manteneva sempre un atteggiamento riservato e dimesso. Dopo una lunga malattia, affrontata con coraggio, si spense il 15 agosto 1936, fu sepolta prima nel cimitero del Verano a Roma e poi nel 1959 la salma fu traslata, per volere di

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un gruppo di intellettuali, nella chiesetta della Madonna della Solitudine, ai piedi del monte Ortobene di Nuoro. La sua casa, nel centro storico di Nuoro, è adibita a Museo. Rossana Dedola nel suo libro ci fornisce tanti spunti di riflessioni sul contesto storico dell’epoca, sull’ambiente e sulle abitudini della borghesia romana, sugli intellettuali amici di Grazia, sui suoi nemici e su altri interessanti particolari, per questo v’invito a leggere il libro “Grazia Deledda. I luoghi gli amori le opere” facendo mie le parole di Michela Murgia : ”se vi spaventa l’opera della Deledda avvicinatevi alla sua vita”. Rossana Dedola inizia la biografia con accostare la nostra scrittrice a Marie Corelli, pseudonimo di Mary Mackay, scrittrice e poetessa inglese dimenticata anch’essa. Tre sono i punti in comune tra le due donne: il successo di vendite, il fatto di non dichiarare la propria età e l’invidia suscitata in grandi scrittori. La Corelli era invidiata per il suo successo dallo scrittore Joseph Conrad, la Deledda da Pirandello e da Svevo. Fu la fortuna letteraria di Grazia a spingere Pirandello prima a sbeffeggiare in pubblico Palmiro Madesani, marito di Grazia, chiamandolo “Grazio Deleddo” e poi a farne un ritratto impietoso nel libro intitolato “Suo marito”. Pirandello non tollerava il rapporto di complicità che si era creato tra i due coniugi, un rapporto di alleanza-amicizia, una vita di coppia serena, all’insegna della disinvoltura e della modernità. Secondo Rossana Dedola, Pirandello era caduto in una sorta di immedesimazione al contrario con Grazia in quanto lui viveva un rapporto di reciproca e paranoica gelosia con la moglie. Diversamente da Luigi Pirandello, Grazia non si era accostata al fascismo. Il duce però non poteva non congratularsi con lei per il mondiale riconoscimento e, anche se la scrittrice, durante la cerimonia di consegna, non aveva fatto alcun accenno al capo del Governo, omaggiando unicamente il re di Svezia e il re d’Italia, l’invita per una speciale udienza nel salone del Mappamondo a Palazzo Venezia. Qui avviene uno scambio di foto, quella di Mussolini in cornice d’argento con dedica quella della scrittrice solo la foto senza cornice accompagnata dall’esclamazione: “una cornice d’argento! Tanto paghiamo noi”. Dopo il breve incontro, un fiduciario del duce perentoriamente le chiese di scrivere qualcosa per il regime. La Deledda reagì immediatamente e con grave rischio disse: ”Senta, l’arte non ha politica”. Da qui l’ostracismo per le opere della scrittrice che non si era allineata. In seguito, Mussolini, che in fondo riconosceva il talento e le capacità della Deledda e ne ammirava i romanzi, nel 1929 le diede il compito di preparare un testo scolastico per la terza elementare (in verità il testo non fu scritto da Grazia che si era rifiutata, ma fu il figlio Franz a curarne l’edizione, per evitare gravi conseguenze alla famiglia) e il 14 marzo 1945 scrisse alla sua amante Claretta Petacci: “Ti mando un bellissimo libro della Deledda”.

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Io, due gambe e quattro ruote - totosaff@gmail.com

Religione

La Festa del Lavoro La Festa del lavoro o Festa dei lavoratori viene celebrata il 1º maggio di ogni anno in molti Paesi del mondo per ricordare l’impegno del movimento sindacale e i traguardi raggiunti dai lavoratori in campo economico e sociale. La festa ricorda le battaglie operaie, volte alla conquista di un diritto ben preciso: l’orario di lavoro quotidiano fissato in otto ore (in Italia con il r.d.l. n. 692/1923). “Otto ore di lavoro, otto di svago, otto per dormire”. Fu questo lo slogan usato nelle varie manifestazioni. Tali battaglie portarono alla promulgazione di una legge che fu approvata nel 1867 nell’Illinois (USA). La Prima Internazionale richiese poi che legislazioni simili fossero introdotte anche in Europa. La sua origine risale a una manifestazione organizzata a New York il 5 settembre 1882 dai Knights of Labor, un’associazione fondata nel 1869. Due anni dopo, nel 1884, in un’analoga manifestazione i Knights of Labor approvarono una risoluzione affinché l’evento avesse una cadenza annuale. Altre organizzazioni sindacali affiliate all’Internazionale dei lavoratori - vicine ai movimenti socialisti ed anarchici - suggerirono come data della festività il primo maggio.

Ma a far cadere definitivamente la scelta su questa data furono i gravi incidenti accaduti nei primi giorni di maggio del 1886 a Chicago (USA) e conosciuti come rivolta di Haymarket. Il 3 maggio i lavoratori in sciopero di Chicago si ritrovarono all’ingresso della fabbrica di macchine agricole McCormick. In Europa la festività del primo maggio fu ufficializzata dai delegati socialisti della Seconda Internazionale riuniti a Parigi nel 1889 e ratificata in Italia due anni dopo. La rivista La Rivendicazione, pubblicata a Forlì, cominciava così l’articolo del primo Maggio, uscito il 26 aprile 1890: “Il primo maggio è come parola magica che corre di bocca in bocca, che rallegra gli animi di tutti i lavoratori del mondo, è parola d’ordine che si scambia fra quanti si interessano al proprio miglioramento”. Il 1º maggio 1955 papa Pio XII istituì la festa di San Giuseppe lavoratore, perché tale data potesse essere condivisa a pieno titolo anche dai lavoratori cattolici. LA FESTA DEI LAVORATORI IN ITALIA

Appena si diffuse la notizia dell’assassinio degli esponenti anarchici di Chicago, nel 1886, il popolo livornese si rivoltò prima contro le navi statunitensi ancorate nel porto, e poi contro la Questura, dove si diceva che si fosse rifugiato il console USA. Nel 1890 il governo di Francesco Crispi usa la mano pesante, attuando drastiche misure di prevenzione e vietando qualsiasi manifestazione pubblica sia per la giornata del 1 maggio che per la domenica successiva, 4 maggio. In diverse località, per incoraggiare la partecipazione del maggior numero di lavoratori, si decise di far slittare la manifestazione alla giornata festiva. La riuscita del 1 maggio 1890 costituisce, un salto di qualità del movimento dei lavoratori,che per la prima volta dà vita ad una mobilitazione su scala nazionale, per di più collegata ad un’iniziativa di carattere internazionale. In numerosi centri, grandi e piccoli, si svolgono manifestazioni, che fanno registrare quasi ovunque una vasta partecipazione di lavoratori. Un episodio pag. 14

Veglia Pasquale

In Cattedrale battezzato un giovane del Bangladesh

significativo accade a Voghera, dove gli operai, costretti a recarsi al lavoro, ci vanno vestiti a festa. Inizia così la tradizione del 1 maggio, un appuntamento al quale il movimento dei lavoratori si prepara con sempre minore improvvisazione e maggiore consapevolezza. L’obiettivo originario delle otto ore viene messo da parte e lascia il posto ad altre rivendicazioni politiche e sociali considerate più impellenti. La protesta per le condizioni di miseria delle masse lavoratrici anima le manifestazioni di fine Ottocento. Nei primi anni del Novecento il 1 maggio si caratterizza anche per la rivendicazione del suffragio universale e poi per la protesta contro l’impresa libica e contro la partecipazione dell’Italia alla guerra mondiale. Si discute intanto sul significato di questa ricorrenza: giorno di festa, di svago e di divertimento oppure di mobilitazione e di lotta ? Un binomio, questo di festa e lotta, che accompagna la celebrazione del 1 maggio nella sua evoluzione più che secolare, dividendo i fautori dell’una e dell’altra caratterizzazione. Qualcuno ha inteso conciliare gli opposti, definendola una “festa ribelle”, ma nei fatti il 1 maggio è l’una e l’altra cosa insieme, a seconda delle circostanze più lotta o più festa. Il 1 maggio 1919 i metallurgici e altre categorie di lavoratori possono festeggiare il conseguimento dell’obiettivo originario della ricorrenza: le otto ore. Nel volgere di due anni però la situazione muta radicalmente: Mussolini arriva al potere e proibisce la celebrazione del 1 maggio. Durante il fascismo la festa del lavoro viene spostata al 21 aprile, giorno del cosiddetto Natale di Roma; così snaturata, essa non dice più niente ai lavoratori, mentre il 1 maggio assume una connotazione quanto mai “sovversiva”, divenendo occasione per esprimere in forme diverse - dal garofano rosso all’occhiello alle scritte sui muri, dalla diffusione di volantini alle bevute in osteria - l’opposizione al regime.

Nel 1945, con la Liberazione, il Primo Maggio è tornato a coincidere con la festa del lavoro. Delle celebrazioni in epoca repubblicana resta memorabile per la sua tragicità quella del 1947 a Portella delle Ginestre, nelle campagne del palermitano, quando la banda di Salvatore Giuliano sparò su un corteo di circa duemila lavoratori in festa, uccidendone undici e ferendone una cinquantina. Nel 1948

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Un giovane di venticinque anni, proveniente dal Bangladesh, ha ricevuto il Battesimo e la Cresima in Cattedrale nel corso della celebrazione della Veglia pasquale, dalle mani del Vescovo di Lamezia Terme Luigi Cantafora. Patwary, questo il suo nome originario, ha scelto come nome di Battesimo “Giovanni”, il nome del Precursore di Gesù. Arrivato in Italia cinque anni fa, Giovanni ha iniziato a frequentare la missione Belem nella comunità presente nella diocesi lametina, condividendone l’ideale di vita evangelica caratterizzato dalla preghiera, dalla vita comunitaria, dal servizio ai più poveri. Nel cuore della notte che celebra la Resurrezione di Gesù, il passaggio del Figlio di Dio dalla morte alla vita, la Chiesa lametina ha accolto un nuovo figlio che abbraccia la fede cristiana, chiamato ad essere protagonista della vita della Chiesa e testimone coerente della fede in Gesù.

Nel corso della celebrazione in Cattedrale, animata dal coro della Cattedrale “Rorate coeli desuper” diretta dal maestro Attilio Lorenti, sono stati rinnovati i riti caratteristici della veglia pasquale: la benedizione del fuoco nuovo, il canto dell’Exsultet che annuncia la Pasqua, la benedizione dell’acqua del battistero, il rinnovo delle promesse battesimali da parte dei fedeli. “In questa notte, parola del Risorto al Padre è diventata anche una parola che il Signore rivolge a noi: “Sono risorto e ora sono sempre con te”, dice a ciascuno di noi. La mia mano ti sorregge. Ovunque tu possa cadere, cadrai nelle mie mani. Sono presente perfino alla porta della morte. Dove nessuno può più accompagnarti e dove tu non puoi portare niente, là ti aspetto io e trasformo per te le tenebre in luce”, così il Vescovo Luigi Cantafora che, rivolgendosi al giovane battezando, gli ha

le piazze diventano lo scenario della profonda spaccatura che, di lì a poco, porterà alla scissione sindacale. Bisognerà attendere il 1970 per vedere di nuovo i lavoratori di ogni tendenza politica celebrare uniti la loro festa. Le trasformazioni sociali, il mutamento delle abitudini ed anche il fatto che al movimento dei lavoratori si offrono altre occasioni per far sentire la propria presenza, hanno portato al progressivo abbandono delle tradizionali forme di celebrazione del 1 maggio. Dal 1990 i sindacati confederali CGIL, CISL e UIL, in collaborazione con il comune di Roma, organizzano un grande Lamezia e non solo

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ricordato che “da questo momento la tua vita appartiene a Cristo, non più a te stesso. E proprio perché apparteniamo a Cristo non siamo soli neppure nella morte perché la attraversiamo con Lui, con Colui che vive e che ci dà vita vera e immensa per sempre. In vita e in morte, siamo sempre accompagnati da Lui. Siamo accolti da Lui nel suo amore e siamo liberi dalla paura”. La preghiera del Vescovo di Lamezia a Gesù Risorto perché “dimostri anche oggi che l’amore è più forte dell’odio. Che è più forte della morte. Discendi anche nelle notti e negli inferi di questo nostro tempo e prendi per mano coloro che aspettano. Aiutaci a vivere come Risorti, capaci di portare la tua luce! Aiutaci a vivere la Pasqua, il passaggio sempre aperto dalla notte alla luce, dal peccato alla grazia, dalla morte alla vita, dal non senso al senso pieno della vita e alla felicità”.

concerto per celebrare il primo maggio, rivolto soprattutto ai giovani: si tiene in piazza San Giovanni, dal pomeriggio a notte, con la partecipazione di molti gruppi musicali e cantanti, ed è seguito da centinaia di migliaia di persone, oltre a essere trasmesso in diretta televisiva dalla Rai. Oggi, dopo oltre un secolo, la festa del Primo Maggio si presenta come un’occasione per ribadire la centralità del lavoro nella vita della democrazia, per estendere i diritti degli uomini e delle donne e fare avanzare ovunque le prospettive di progresso sociale.

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Sport

Sport

Storia del calcio

9° Trofeo Judo Città di Lamezia Terme

Grand Prix Giovanissimi

Un Palazzetto dello Sport traboccante di pubblico ed atleti, ha salutato il 9° Trofeo di Judo Città di Lamezia Terme”, accogliendo nella Città della Piana moltissime Società provenienti da Calabria e Sicilia. Alla manifestazione che è stata suddivisa in due parti, quella promozionale, destinata ai piccoli atleti a partire dai 5 anni e l’agonistica, riservata ai giovani fino ai 17 anni, hanno aderito circa 500 atleti che hanno dato vita a

incontri e dimostrazioni emozionanti e di elevato livello tecnico. Il via all’evento è stato dato dai piccolissimi, impegnati nel Randori Day, una prova ludica in cui i giovani judoka hanno dimostrato quanto appreso nelle rispettive palestre. Il Presidente del Comitato Regionale Calabria FIJLKAM (Federazione Italiana Judo Lotta Karate Arti Marziali), Maestro Gerardo Gemelli, ha portato il saluto del Presidente Onorario Prof Giuseppe Pellicone e il suo personale.

Nel corso del suo intervento, ha voluto far dono di una targa al Maestro Enzo Failla, Presidente del Judo Calabria e organizzatore della manifestazione. Il bel riconoscimento gli è stato offerto anche per ringraziarlo del suo lavoro incessante nel mondo sportivo e per augurargli buon lavoro nell’ambito del suo nuovo prestigioso incarico di Presidente della Commissione Tecnica Nazionale del Metodo Globale Autodifesa, da poco

incitato piccoli e grandi atleti a proseguire sulla strada dell’apprendimento e della pratica sportiva, vero strumento di crescita e aggregazione. Alle 11, il via ai combattimenti, che sono stati caratterizzati da vero spirito agonistico con dimostrazioni di lealtà e correttezza nel corso di tutta la gara. La Società

conferitogli dalla Federazione. Alla cerimonia d’apertura è intervenuto il Sindaco di Lamezia Terme, Avv. Paolo Mascaro, che ha lodato l’iniziativa e ha

organizzatrice, l’Accademia Arti Marziali Lamezia Terme 1974, diretta dal Maestro Failla e allenata dall’Istruttore Enzo Torcasio, ha portato a casa un sostanzioso bottino con ben 8 medaglie d’oro, 1 d’argento, due di bronzo su 14 atleti in gara e un 6° posto in classifica generale su 21 Società presenti. Il Trofeo è stato assegnato alla Società Sportiva Kodokan Mangiarano Cosenza, prima classificata con 270 punti. Ottima regia di gara, impeccabilmente diretta dal Commissario Ufficiali di Gara Gianfranco Pizzimenti, in una atmosfera di vera amicizia e di festa dello Sport.

Quasi un obbligo nei confronti dello sport più popolare e più bello del mondo: uno sport che attira negli stadi di tutti i continenti milioni di persone. Dai “corsi e ricorsi” della storia dell’uomo sembrano riemergere oggi le masse ululanti degli spettatori circensi, spiate e crudeli nei confronti di 22 uomini, piccoli visti dall’alto, che su un grande rettangolo fanno a gara tra loro in abilità, in coraggio fisico, in intelligenza tattica, in furore agonistico, in solidarietà e compattezza morale. 22 uomini divisi in due squadre di 11 che, per superarsi, si preparano con metodologie sempre più moderne e scientifiche, condotti da responsabili che si affidano alla strategia, alla tattica, alla tecnica, termini di autentica matrice marziale. Considero questa storia del calcio un omaggio mscrivere questi 22 uomini, alle generazioni di calciatori, al calciatore, al “clown”, all’uomo oggetto sul quale si riversano fiumi di sentimenti contrastanti, di assordanti approvazioni e di riprovevoli linciaggi morali. Spesso si dimentica che

sotto la maschera gaia di questo clown ci sono tutte le ansie e i drammi dell’uomo che vive e soffre la vita di tutti gli esseri umani. Ogni calciatore un uomo, una storia. Ogni storia una minuscola o robusta radiale, un minuscolo o robusto ramo di questo gigantesco albero che lo sport calcistico rappresenta. Per viverla, senza cullare mai l’ambizione di entrare, nel novero dei protagonisti. Anni vissuti dentro, sono oggi orgoglioso di essere stato una delle tante piccole radici e felice di essere ancora uno dei tanti piccoli rami. Il calcio non è soltanto il gioco, con tutti gli interessi che comporta. Però non è quella faccenda filosofica o geometrica come dicono. E come accadimento politico, è così immane che stringerlo in formulette è presunzione.

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Il parere di Antonio Mallamo: Psicologo, Antropologo Esistenziale se aderisce all’immagine che i genitori vogliono costruire per lui. E’ legittima una certa aspettativa sui figli, ma se essa diviene diviene pressante e patologica, si lascia poca liberta di autodeterminazione nella scelta tra l’essere amati, che è un bisogno essenziale, ed il trasgredire ai desiderata genitoriali, in un clima di recriminazioni reciproche.

Prime frasi del percorso esistenziale: la ricerca della Identità

Dell’opera di Sigmund Freud, pioniere della psicologia del profondo, tutto si può discutere, ma è indubbio che anche i suoi detrattori e le diverse scuole di pensiero che si sono succedute nel campo della psicologia hanno confermato un punto fermo postulato dal padre della psicoanalisi, ovvero che …. ….la personalità adulta ha i suoi fondamenti vissuto infantile del bambino.

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Quanto succede nella primissima età, se non già nella vita prenatale, si ripercuoterà inevitabilmente nel prosieguo dello sviluppo, influenzando in modo determinante le caratteristiche sia positive che negative dell’adulto. E’ stata adottata la parola Imprinting per indicare questo meccanismo che può divenire un vero condizionamento nel corso dello sviluppo, caratterizzando e, nel peggiore dei casi, “fissando” l’adulto alle esperienze ed emozioni primordiali della vita. Ciò è spiegato dal fatto che il bambino, non avendo un Io sufficientemente formato, inizia questo percorso di strutturazione, percependo e assorbendo come una spugna quanto sente, vede, o immagina si verifichi intorno a lui, privo com’è del senso critico di una età più adulta e, quindi, amplificando oltre misura le sensazioni vissute. Queste sensazioni possono essere in accordo con i bisogni naturali, oppure, viceversa, in disarmonia con quei bisogni necessari a realizzare il progetto di vita che la visione esistenzialista ritiene insito nel Sé profondo del nascituro. Non è ipotizzabile ci possa essere la perfezione nelle interazioni tra bisogni e l’ambiente, ma non è raro il caso di gravi disarmonie che possano creare un imprinting estremamente complicato e disfunzionale per il futuro l’equilibrio psichico. Quali sono questi bisogni essenziali, che possiamo chiamare “ontologici” ovvero che confermano, se soddisfatti, il senso di Esistenza? Essi hanno una scala gerarchico-evolutiva, nel senso che il corretto soddisfacimento del primo apre la strada a quelli successivi. Tralasciando il primissimo, quello della simbiosi con la madre che soddisfa i bisogni primari fisiologici di nutrimento, accudimento e sicurezza di base, i successivi, in ordine sono essenzialmente : Identificazione col genitore del proprio sesso (appartenenza) à Esplorazione del mondo à Acquisizione di Identità

(autorealizzazione) Alla simbiosi in cui è solo la madre la figura percepita, non tanto come persona, quanto come una fonte di nutrimento e di attaccamento, segue già a partire del primo anno di vita l’inizio del processo di Identificazione col genitore del proprio sesso o bisogno di appartenenza. Il processo di identificazione è, sicuramente, il più delicato in quanto non solo porta a riconoscere la propria appartenenza al sesso maschile o femminile, ma determina anche la “qualità” e le “caratteristiche” di questa appartenenza. Consiste nella identificazione del maschietto col papà e della femminuccia con la madre. E’ un bisogno psicologico che si accoppia con le caratteristiche fisiche, incontrovertibili, date dagli organi sessuali del proprio genere. Per poterlo fare nel migliore dei modi i bambini hanno bisogno di identificare nelle rispettive figure genitoriali modelli positivi, da ammirare e poi da imitare. In una famiglia sufficientemente funzionale questo processo non presenta particolari intoppi, il bambino e la bambina, forti e orgogliosi della propria appartenenza che si rispecchia nelle figure genitoriali corrispondenti buone, possono completarlo e intraprendere i passi successivi.

Ho descritto sopra un percorso ideale e auspicabile. Ma….. sappiamo che non sempre è così, che non sempre tutto funziona bene, l’ambiente familiare che accoglie il neonato può non essere così attento, sereno e armonico come, nei bisogni più profondi che accompagnano la vita e il divenire, il bambino si aspettava. Da sfatare anche il luogo comune che sia soprattutto la madre a creare l’imprinting del bambino nei primordi di vita. Ricordo che la psiche del bambino, non filtrata da un Io formato, ha una sensibilità così amplificata che può percepire anche il carattere del padre attraverso le emozioni trasmesse dalla madre. Si ipotizza che già nell’utero materno le emozioni trasmesse dalla madre al nascituro portino la “voce” del padre. Essa può essere di sostegno, di amore e in armonia con la gestazione della compagna, sostenuta e amata, ma anche, nei casi negativi, di abbandono emotivo o disprezzo. La madre, dai suoi vissuti, ma anche dalle interazioni col partner darà un taglio più o meno gioioso alla sua maternità. Le disattenzioni e le disfunzioni che, a volte, accompagnano, la costituzione e la gestione del rapporto di coppia nella famiglia divengono ostacoli per uno sviluppo armonico dei figli: con quale compiutezza e gioia si può identificare una bambina con una madre disattenta, ansiosa, problematica, possessiva o, nei casi più gravi, disconosciuta se non maltrattata? Come può farlo un maschietto con un padre assente, se non violento, e a sua volta disprezzato dalla madre? E’ molto complicato identificarsi con un genitore che viene svalorizzato dal partner. Un altro meccanismo che ostacola la formazione dell’identità è il cosiddetto “ricatto affettivo”, in cui il figlio si sente amato solo

Il passo successivo è l’esplorazione del mondo interno ed esterno che approderà alla costituzione di un proprio abbozzo di identità entro i quattro anni di vita. Quello interno fa scoprire alla bambina che la mamma ha un papà che la ama e che i due genitori vivono in relazione amorosa e creativa, come nel maschietto si fa strada il fatto che il proprio papà così ammirato è in relazione amorosa, in quanto maschio, con una donna, la madre. Si scopre quindi l’esistenza della coppia e inizia a prendere corpo il bisogno di realizzare la propria coppia da adulti, dopo aver esplorato il mondo esterno e acquisito una identità unica e irripetibile che, pur facendo base sull’identificazione, sviluppa spazi personali di originalità e libertà dai condizionamenti, mutuati anche dall’ambiente esterno, già in fase preadolescenziale.

In tutti i casi che ho citato, il bambino, suo malgrado, deve affrontare difficoltà di identificazione, ed è costretto a procrastinarla nella speranza di raggiungerla prima o poi, ma una volta che si arrende all’impossibilità ha due scelte essenziali: accettare comunque questa identificazione o rigettarla più o meno totalmente. Ricordando che tutti questi processi sono inconsci, nel primo caso la identificazione, chiamiamola “forzata”, porterà con se alcune caratteristiche negative e odiose del genitore del proprio sesso, e anche l’esplorazione della coppia e del mondo esterno, sarà condizionata dall’uniformarsi all’ottica del genitore omologo. Rimarrà, unica speranza, il “conflitto” tra quello che si voleva essere e quello che si è, tra la voce del Sé profondo e quella di un Io disagiato, tra “anima” e psiche. Ansia, depressione, o anche attacchi di panico potranno segnalare il conflitto che nasce dal vivere in modo inautentico il proprio “essere nel mondo”. Nel secondo caso, pur non essendo possibile una netta distinzione, quando si rinuncia a una qualsiasi possibile identificazione col genitore del proprio sesso, il mondo interiore del bambino subisce un vero e proprio stravolgimento, e rende molto complicato il passo successivo, che comporta il riconoscimento emozionale della coppia maschile-femminile e la sua armonica diversità. Lo sviluppo sarà influenzato da un disprezzo di fondo verso i genitori, condito da una identità che chiameremo “fallica”, non aderente alle caratteristiche del maschile, né del femminile. Con essa si cerca una identificazione alternativa che possa sopperire a quella mancata, dando luogo a vari atteggiamenti estremamente passivi o al contrario provocatori se non sublimati in appartenenze ideologiche assolutistiche. Ci sarebbe tanto da discutere se anche l’ideologia gender, d’attualità negli ultimi anni, risenta dei problemi di identificazione e di riconoscimento della coppia. Come conclusione di questa disamina, pur molto schematica e, necessariamente, incompleta, c’è l’auspicio che si comprenda di come i meccanismi psicopedagogici influenzino la costituzione di una identità e di una personalità, ed a tenerne conto, in particolar modo, dovrebbero essere i genitori attuali e futuri, a cui è affidata la responsabilità di assicurare uno sviluppo sereno e gioioso ai propri figli, che si riverbererà su loro stessi.

dal

Pertanto, da una buona identificazione si passa pian piano ad acquisire una buona identità individuale. pag. 18

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suggerimenti di bellezza

La parola alla Nutrizionista

La Cellulite

I consigli del nutrizionista per affrontare al meglio la prova costume Parte 1 combattiamo la cellulite Arriva la primavera e riparte la guerra agli inestetismi! La prova costume è sempre più vicina e gli argomenti più in voga in tv, alla radio sono pubblicità di snellenti , riducenti , creme e diete miracolose. Ovviamente non esiste nessun prodotto miracoloso in grado di far ‘’sparire’’ la cellulite, possiamo però utilizzare delle accortezze per ridurla o evitare che peggiori. Ma che cos’è la cellulite? La Cellulite o Panniculopatia Edematosa-FibroSclerotica (PEFS) è una degenerazione del tessuto connettivo sottocutaneo, dovuta ad una cattiva circolazione venosa e linfatica. E’ detta Panniculopatia in quanto è una patologia del pannicolo adiposo; edematosa perché si presenta con edemi e ritenzione idrica. La prima fase cioè quando la cellulite ancora non si vede viene appunto chiamata ritenzione idrica e spesso è associata a gonfiore e dolore agli arti inferiori. L’ultima fase nella sua forma più grave provoca un addensamento e imprigionamento delle cellule di grasso, con la pelle “a materasso” cioè ad avvallamenti. La cellulite sclerata provoca un’infiammazione talmente alta da provocare a volte dolore. Un’alterazione della circolazione periferica e della permeabilità dei vasi venosi e linfatici che comporta una diminuzione degli scambi tra sangue e tessuti è una delle cause principali. Il tipico aspetto a buccia d’arancia è dovuto al fatto che , poichè in quella zona del corpo non arriva abbastanza ossigeno, le cellule non funzionano come dovrebbero e le fibre collagene prodotte da tali cellule si dispongono in modo anomalo formando i buchetti che danno l’aspetto a buccia d’arancia. Tra le cause esistono dei fattori predisponenti non modificabili 1) FATTORI RAZZIALI: razza bianca, 2) FAMILIARITA’ 3) FATTORI ORMONALI E dei fattori modificabili: 1) FATTORI ALIMENTARI 2) ALTERAZIONI ANATOMICHE E FUNZIONALI: Anomalie posturali provocano un insufficiente svuotamento venoso a carico della pianta del piede 3) CATTIVE ABITUDINI a) Gambe vicino a fonti di calore; b) Gambe flesse per diverse ore; c) Calzature e di abbigliamento non idonei; pag. 20

d) Bagni in vasca con acqua a più di 30°,

4) FUMO 5) SEDENTARIETA’ Come evitare quindi che questi ‘’buchetti’’ peggiorino? Regola numero uno adottare un corretto stile di vita Regola numero due attività fisica adeguata Regola numero tre trattamenti estetici Per prima cosa se sei sovrappeso è necessario che tu ti metta a dieta in quanto il grasso in eccesso provoca un peggioramento della cellulite. Grasso non vuol dire cellulite , in quanto essa è presente anche in donne magre però l’aumento del grasso corporeo comprime i vasi sanguigni peggiorando la situazione. In genere le persone sovrappeso hanno degli stili di vita scorretti che li portano a consumare molti cibi industriali , salati o zuccherati provocando infiammazione e un peggioramento dei tanti odiati buchetti. L’utilizzo eccessivo di sale può favorire infatti la ritenzione idrica mentre il consumo eccessivo di zucchero più

contribuire all’aumento di peso. Un’alimentazione adatta deve avere queste tre caratteristiche per ottenere dei miglioramenti sugli inestetismi: Antinfiammatoria, capillaro protettrice e diuretica. Per ridurre l’infiammazione è necessario consumare alimenti ricchi di omega-3 , presenti nel pesce azzurro o nella frutta secca ed evitare alimenti ricchi in omega-6 presenti nell’ olio di palma di girasole e di colza. Capillaro- protettrice utilizzando riso nero venere frutti di bosco: ribes, more, mirtilli

Micro chirurgia estetica e lamponi che contengono antocianidine e polifenoli antiossidanti che danno tono ai capillari. Uva nera ricca di resveratrolo che ha attività vaso-rilassante aumentando l’elasticità dei capillari . Diuretica per garantire lo smaltimento dei liquidi in eccesso . Bere tanta acqua e assumere estratti, decotti, infusi e tisane non solo favorisce la diuresi ma anche la disinfiammazione. Ad esempio il tè di Giava o orthosiphon, contenente sali di potassio che stimolano la diuresi e saponine che contrastano l’infiammazione. Oppure l’ estratto di betulla, contenente betullina, per drenare e disinfiammare , usa come spuntino un decotto associato a dei frutti di bosco ed avrai così ottenuto un integratore naturale anticellulite! Tra le cause modificabili viene inserito il fumo. Tutti sanno come esso è la prima causa di malattie cardiovascolari in quanto ostacola la circolazione del sangue nei vasi aumentando il rischio di infarti e ictus. Non si sa però che anche le piccole arterie che nutrono le gambe vengono chiuse impedendo l’assorbimento di vitamine e sali minerali ad azione anticellulite . Non ha molto senso quindi consumare in abbondanza frutta e verdura se durante l’arco della giornata fumiamo. Non esiste un cambiamento dello stile di vita se non si riduce la sedentarietà. Anche l’ipotonia muscolare con accumulo di tessuto adiposo può contribuire al peggioramento della cellulite. In realtà anche un allenamento scorretto potrebbe invece che migliorare peggiorare la situazione, per questo motivo è bene affidarci sempre ad esperti del settore. L’allenamento più adatto è a corpo libero con specifici attrezzi e l’obbiettivo è tonificare gambe cosce e glutei. I trattamenti estetici possono aiutarti il linfodrenaggio ad esempio serve a riattivare la circolazione linfatica responsabile dello smaltimento delle tossine dell’organismo oppure la pressoterapia drena i liquidi stagnanti e riattiva la circolazione . Deve evitare la pressoterapia chi è affetto da ü insufficienza arteriosa o cardiaca ü Vene varicose ü Trombosi ü Donne incinte Non esistono rimedi ‘’miracolosi’’ ma tre semplici regole corretta alimentazione, attività fisica adeguata e trattamenti estetici mirati da seguire!

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orecchioocchiaiebraccia

Ecco alcuni consigli• Lifting del Sopracciglio
Un sopracciglio abbassato o mal posizionato dà come risultato un viso stanco, a volte triste. Per ridare espressività e armonia allo sguardo si ricorre a un intervento in anestesia locale con una piccola sottile incisione al confine delle sopracciglia, in modo da innalzarle, a seconda dell’esigenza, nella posizione più gradevole. Nessuna degenza e 2 cerottini per 8 giorni. • Riparazione del lobo dell’orecchio
L’uso continuativo di orecchini pesanti, un trauma da strappamento, la moda dei piercing

che dilatano i lobi possono provocare un allungamento del foro per l’orecchino fino allo strappo completo. Addirittura in qualche caso si verifica un aumento delle dimensioni dei lobi. È possibile con un micro intervento in anestesia locale riparare queste inestetiche lesioni o anche correggere forma e dimensioni dei lobi auricolari con risultati permanenti. • Le occhiaie
Le occhiaie con il loro aspetto incavato e comunemente più scuro rispetto alla pelle che le circonda spesso appesantiscono l’aspetto di tutto il volto. La causa principale è la

trasparenza della pelle in un’area dove la congestione della microcircolazione e l’impoverimento dei tessuti sottocutanei causano un colorito scuro e “poco sano”. Non sempre i correttori sono in grado di mascherare il problema. Il trattamento di prima scelta in questi casi è senza dubbio il lipofilling: una minima quantità di grasso viene prelevata (ad esempio da una coscia) con le moderne micro-canule e reiniettata direttamente nell’occhiaia senza incisioni. Il risultato è immediato e permane anche oltre i 2 anni. • La bellezza delle braccia 
L’avanzare dell’età, un rapido dimagrimento

o un accumulo di grasso in questa zona spesso si traducono in un vero e proprio disagio nell’indossare abiti che scoprono le spalle. Il lifting delle braccia è l’intervento che elimina il tessuto adiposo molle e l’eccesso di cute responsabili dell’antiestetico effetto pelle cadente. Esistono 2 versioni dell’intervento: una ridotta, che si effettua su cedimenti di modeste entità e la cicatrice sarà minima e nascosta nel cavo dell’ascella. Nei casi invece più importanti si esegue il lifting delle braccia ma con la nuova tecnica miniinvasiva che si esegue normalmente in anestesia locale senza alcun disagio.

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Spettacolo

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Taxi a due piazze

Tante risate, bugie a non finire e numerosi colpi di scena. Tutto questo è “Taxi a due piazze“, la commedia di Ray Cooney messa in scena dalla compagnia “Il Volo delle Comete“ di Amantea, nell’ambito della rassegna teatrale “Vacantiandu 2016-17 “Città di Lamezia Terme“, promossa dall’associazione teatrale “I Vacantusi“, sotto la direzione artistica di Nicola Morelli, Walter Vasta e Sasà Palumbo. Una commedia che ha divertito il pubblico del Teatro Politeama Costabile di Lamezia Terme, ben interpretata dagli attori di Amantea, che nel 2016 si sono aggiudicati il “Miglior spettacolo 2016“ nell’ambito del premio Fita “Bronzi di Riace“.

Protagonista della storia è Mario Rossi, tassista bigamo sposato sia con Carla Rossi, con la quale vive in Piazza Irnerio, e anche con Barbara Rossi, con cui vive in piazza Risorgimento. Una storia che va avanti per due anni, solo grazie a una precisa pianificazione di orari e turni di lavoro predisposta da Mario. Tutto si complica però quando il tassista, per salvare unianziana signora da uno

Testata Giornalistica - anno 25°- n.32 - maggio 2017 Iscrizione al Tribunale di Lamezia Terme n. 609/09 Rug. - 4/09 Reg. Stampa del Direttore Responsabile: Antonio Perri Edito da: Grafichè Perri Lamezia Terme - Via del Progresso, 200 Tel. 0968.21844 - e.mail. perri16@gmail.com Stampa: Michele Domenicano Allestimento: Peppino Serratore Redazione: Nella Fragale - Perri Antonio Progetto grafico&impaginazione: Grafiché Perri-0968.21844

Le iscrizioni, per i privati sono gratuite; così come sono gratuite le pubblicazioni di novelle, lettere, poesie, foto e quanto altro ci verrà inviato. Lamezia e non solo presso: Grafiché Perri - Via del Progresso, 200 - 88046 Lamezia Terme (Cz) oppure telefonare al numero 0968/21844.

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IL MOVIMENTO APOSTOLICO IN SCENA AL TEATRO GRANDINETTI DI LAMEZIA TERME CON IL MUSICAL

Meditando la Passione

scippo, riceve una brutta botta in testa che lo costringe, privo di sensi, al ricovero in ospedale. Al risveglio Mario darà a un infermiere l’indirizzo della prima moglie, e a un impiegato quello della seconda. La denuncia arriverà quindi sia al commissariato di polizia che alla stazione dei carabinieri, che a loro volta si attiveranno mandando a indagare due diversi investigatori. A complicare la situazione è anche una giornalista che, piombata a casa di Mario insieme a un fotografo, pubblicherà sulla prima pagina del suo giornale la foto del tassista insieme a una moglie. Da lì in poi è un crescendo di equivoci, coincidenze e bugie che, col loro ritmo infernale, intricheranno a tal punto la trama da condurre a un finale inaspettato. Tutti bravi gli attori sul palco: Anna Guido Rizzo, Giacomo Aversa, Enzo Alfano, Luca Alfano, Roberta Del Rosario, Tonino Sesti, Anna Buffone, Giuseppe Miraglia, Vanda Iorno e Massimo Boiocchi. La scenografia è di Enzo Alfano e Armando Osso, mentre luci e fonica sono di Gianfranco Suriano e Oreste Aversa.

Per qualsiasi richiesta di pubblicazione, anche per telefono, è obbligatorio fornire i propri dati alla redazione, e verranno pubblicati a discrezione del richiedente il servizio. Le novelle o le poesie vanno presentate in cartelle dattiloscritte, non eccessivamente lunghe. Gli operatori commerciali o coloro che desiderano la pubblicità sulle pagine di questo giornale possono telefonare allo 0968.21844 per informazioni dettagliate. La direzione si riserva, a proprio insindacabile giudizio, il diritto di rifiutare di pubblicare le inserzioni o di modificarle, senza alterarne il messaggio, qualora dovessero ritenerle lesive per la società. La direzione si dichiara non responsabile delle conseguenze derivanti dalle inserzioni pubblicate e dichiara invece responsabili gli inserzionisti stessi che dovranno rifondere i danni eventualmente causati per violazione di diritti, dichiarazioni malevoli o altro. Il materiale inviato non verrà restituito.

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Tutto esaurito venerdì 28 aprile ore 21:00 al teatro Grandinetti per lo spettacolo della sacra rappresentazione “Meditando la passione” scritta e musicata da Cettina Marraffa, autrice del testo (e di numerose altre opere sacre.) Alla presenza del sindaco Paolo

Mascaro, e del vescovo emerito Mons. Vincenzo Rimedio, ha avuto luogo la serata tanto attesa e sapientemente realizzata con la partecipazione di oltre cento interpreti giovani e adulti che vivono la spiritualità del Movimento Apostolico, nato nel 1979 a Catanzaro tramite l’ispiratrice e fondatrice

Maria Marino, con il carisma di “ricordare la Parola del Signore al mondo che l’ha dimenticata”. Otto le scene: La croce, Gerusalemme in festa, l’ultima cena, Getsemani, la flagellazione, la Via crucis e, infine, la Risurrezione, ognuna

accompagnata da meditare e intervallate dal gruppo danzante. Le meditazioni tratte dagli scritti poetico-sapienziali dell’ Ispiratrice e fondatrice del Movimento Apostolico, Maria Marino, avevano un linguaggio atto a comunicare, grazie a timbri, sonorità e ritmi, l’evento narrato. Le scene recitate, cantate e danzate da bravissimi interpreti, tutti giovani non professionisti, che hanno conosciuto l’amore vero per Gesù e la Madonnina. La finalità del musical è il desiderio di suscitare la fede nel mistero di Cristo morto e risorto. L’umanità che s’innalza e si eleva sul legno della Croce, offrendo la propria miseria, la sofferenza, il dolore, le fatiche di un’esistenza avvolta dalla speranza. “Meditando la Passione” intende contemplare la via dolorosa: un cammino arduo e sofferto in cui si compiono patimenti per andare verso la morte. L’uomo ne è partecipe, portando dentro di sé luci e ombre, ma solo per l’ultima volta. In questo andare la coscienza comincia a venir fuori, riflette, diviene meditativa

e scuote; parla nel più profondo dell’essere e spoglia l’uomo da ogni forma d’ipocrisia, di falsità e di errore. Ai piedi della Croce tutto si trasforma: Una Croce di Risurrezione che l’uomo abbraccia per donare e amare, per rinnegare se stesso e camminare per andare... salvare... convertire, senza chiedere nulla. Grazie a quest’opera si è potuta vivere intensamente la Passione di Cristo. Sia le scene recitate, la musicalità dei brani, sia i testi, i meditare son stati in grado di suscitare forti emozioni e l’entusiasmo e l’impegno degli interpreti hanno carpito l’attenzione del pubblico rimasto rapito e realmente commosso da ciascuna scena e da ciascun dialogo: Tutti hanno regalato momenti di gioia e vivacità con le loro danze, le recitazioni e i loro sorrisi. Particolarmente intensa l’interpretazione di Gesù da parte di Giancarlo Davoli, composta quella della Madonnina interpretata da Maria Luisa Tavernese, commovente l’interpretazione della “veronica” - Saverina De Fazio. Il pubblico ha accolto con ripetuti applausi ogni scena fino al finale. Nei volti di ciascuno si è potuto leggere l’amore per la

missione; la fede donata e vissuta in una chiamata ascoltata: “ricordare al mondo la Parola di Gesù, che l’ha dimenticata”. “ La fede custodita nel nostro cuore deve illuminare la nostra vita e, tramite la nostra luce, irradiare il cuore degli uomini. “ Alla fine dello spettacolo i ringraziamenti sono stati per Mons. Costantino Di Bruno, guida del Movimento Apostolico, e vero sostenitore di fede. Un pensiero e ringraziamento rivolto anche all’autrice del testo, Cettina Marraffa, e all’Ispiratrice e fondatrice del Movimento Apostolico, Maria Marino. Tutti gli interpreti sono stati in grado di comunicare con grande bravura la Passione di Cristo, questo grande mistero d’amore: Un uomo che, nato 2000 anni fa poverissimo, pur di salvarci preferì soffrire per amore, morendo su una croce. Povero ma così grande da essere amato dall’umanità, differentemente da chi, nel tredicesimo secolo, ritenendosi grande perché detentore di potere, sgancia qualche bomba, massacrando i più deboli.

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mostre in città

Mostra degli Antichi Attrezzi Si è conclusa a tarda serata la mostra organizzata “dall’Associazione ANNI D’ARGENTO” con il patrocinio del comune di Lamezia Terme. La mostra è stata allestita presso la sala polivalente di palazzo Nicotera nei giorni 30 aprile e 1° maggio. Due giorni intensi in cui si è avuta la possibilità di tornare indietro nel tempo, rivivendo così i vecchi mestieri: dal barbiere al calzolaio, dal contadino al falegname, dal fornaio al fabbro, dal maniscalco alla ricamatrice, ed infine allo stampatore. In questa mostra per gentile concessione è stato esposto un violino “Amati” risalente all’anno 1874 del maestro di musica Antonio Trovato, ed un telefono risalente agli inizi della II guerra mondiale di proprietà del sig. Lorenzo. La mostra è alla sua prima edizione, il progetto è stato ideato e realizzato dai responsabili dell’Associazione Luisa De Fazio e Francesco Simonetti, in collaborazione con il Consiglio di amministrazione composto da: Aiello Pasquale Presidente, Costanzo Pietro, Stocco Maria,

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Raiteri Maria Francesca, Guzzo Domenico, Sorrenti Gemma, Antonio Scarpino, Vincenzo De Sarro. La mostra è andata al di là di ogni aspettativa.Vi sono stati un cospicuo numero di visitatori, ma la cosa che ci ha fatto felici tutti noi è stata la partecipazione della nuova generazione, giovani che sono rimasti incantati dagli attrezzi che venivano usati dai loro nonni, e a tale proposito formulavano domande di vario genere, come ad esempio a cosa servivano. Lo scopo era quello di avvicinare loro come nuova generazione e siamo riusciti nell’intento. Vi sono state coinvolte tre generazioni, tra i tanti visitatori anche il proprietario del negozio Singer Sig. Costantino Alberto. Gli utensili erano di epoca remota, vi era la Cicculatera dove riscaldato il caffè, la rusillara dove venivano fatte le caldarroste, l’atturaturi dove veniva tostato sia l’orzo che il caffè, i mortari dove veniva pestato il sale per renderlo fine, un utensile usato dal falegname <un compasso in legno> del 1700, la spiritera una sorta di fornellino odierno dove veniva caricato con dell’alcol per riscaldare le vivande. Vi erano esposti dei quadri fatti a mezzo punto, degli arazzi fatti all’uncinetto, delle tovaglie fatte al telaio e ricamate a mano, vi erano diversi attrezzi che venivano utilizzati al telaio per la tessitura, e una macchina da cucire marca SINGER completa di mobile in ferro che non si è riusciti a saperne la datazione, per gentile concessione delle tipografia Perri si sono avuti i caratteri in piombo che servivano a comporre la stampa. L’associazione ringrazia ancora una una volta il Consigliere Armando Chirumbolo perchè ha creduto in noi e fin da subito ha sposato la nostra iniziativa, il sindaco Paolo Mascaro, gli assessori Graziella Astorino ed Elisa Gullo per la loro presenza e tutta l’Amministrazione comunale per avere reso possibile l’evento, ed un plauso anche ai custodi che si sono resi molto disponibili.

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