Lm pagliuso

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Lamezia e non solo

Editore: Grafichè di A. Perri

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Lameziaenonsolo ricorda

Francesco Pagliuso

Questa non è un’intervista ma il ricordo di una persona che non c’è più, un uomo caro ed amato non solo dalla famiglia ma da chiunque lo conoscesse. In tanti hanno scritto di lui, sul web, su altre testate, sui social, quando abbiamo deciso di dedicargli uno speciale, in accordo con la sorella, hanno scritto anche a noi, ma vorremmo che ad introdurre questo “omaggio” a Francesco sia proprio lei, Antonella. E’ difficile farle domande senza rischiare di sembrare fuori luogo, di toccare tasti che non debbono nemmeno essere sfiorati e, soprattutto, senza rischiare di ferire lei, di svegliare sensazioni e ricordi dolorosi ma, credo, sia giusto ricordare Francesco, quello che era e, per coloro che lo amano, quello che è e sarà. Non ci sarà una chiusura all’articolo, a scriverne, dopo la sorella, gli amici più cari. Le immagini, le parole, diranno quello che Francesco era, personalmente non lo conoscevo molto ma una frase di William Shakespeare, tratta dall’Amleto, dopo avere sentito e letto su di lui, mi è sembrata quella giusta per questo avvocato, questo uomo, questo ragazzo, che ci ha lasciati troppo presto: “Buonanotte principe gentile, e voli d’angeli t’accompagnino cantando al tuo riposo”. Avvocato intanto la ringrazio per avere accettato di rispondere a qualche domanda e le chiedo scusa

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se potrò, in qualche caso, apparire inopportuna. Banale chiederglielo, i suoi genitori come stanno oggi? Non le chiedo se si sono rassegnati perchè penso che non ci si rassegni mai per la perdita di un figlio, ma hanno superato quella soglia di dolore che prende ed attanaglia quando muore una persona amata? Il desiderio di sapere la verità è un sprone per loro? Rispondere a questa domanda non è possibile, la risposta non riuscirebbero a darla neanche tutti i papà e le mamme del mondo, se non chi di loro ha vissuto l’anomalia della natura di perdere un figlio e continuare a respirare. Non importa ad un padre e ad una madre sapere, chi e perché, ha voluto strappare alla vita quella che era e rimarrà sempre la migliore parte di sé. Quello che rimane e rimarrà per un padre ed una madre è la consapevolezza che il proprio figlio non c’è più e l’obbligo di continuare a respirare. E lei, a distanza di pochi mesi riesce a guadare, a pensare a quanto accaduto con un poco di serenità o, forse, con meno rabbia? Le rispondo con un’altra domanda. Come si può guardare o pensare a quanto accaduto con serenità o con meno rabbia? Non credo che sulla faccia della terra esista chi, come me, ha perso la parte migliore di sé che possa risponderle che esiste serenità o che potrà esistere nel futuro.

Nella Fragale

Non posso, purtroppo, che darle ragione. Come è cambiata la sua vita ora che Francesco non c’è più? So che il legame fra di voi era molto forte e muoversi in un ambiente dove era abituata a vedere sempre lui non deve essere facile. La mia vita non è cambiata Semplicemente perché dovrei avere la consapevolezza che Francesco non c’è più ed io, questa consapevolezza, non voglio coltivarla. Francesco c’era nella mia vita, e ancora di più, se questo fosse possibile -e non lo è- Francesco è presente, Francesco esiste, Francesco respira e cammina con me dal 9 di agosto ancora di più. Niente e nessuno potrà allontanarmi da Lui facendolo diventare un ricordo. Francesco è Antonella. Lo è stato e lo sarà. In un certo senso ha già risposto alla domanda che sto per farle, dicono che spesso, quando la morte separa le persone in modo inaspettato, improvviso, capiti spesso di avvertirne la presenza in modo tangibile, come se loro ci fossero ancora accanto, e quindi di voltarsi a cercarle, certe di trovarle accanto, è così anche per lei? A questa domanda potrei risponderle semplicemente con un “sì”. Se non fosse che, per come le ho risposto prima, nessuno mi ha mai separato e nessuno mai mi separerà da Francesco che rimarrà sempre presente nella mia vita, personale e professionale.

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Lamezia e non solo


La stima, l’affetto, di quanti lo conoscevano deve esserle stato di aiuto, quasi terapeutico, lei immaginava fosse tanto amato? Più che di affetto o di stima io dopo quattro mesi posso parlare di amore vero nei confronti di Francesco. Quell’amore che quanti lo conoscevano hanno trasmesso a me anche solo con un sorriso. Nessuna terapia, ma consapevolezza della condivisione di un dolore. Certamente, ognuno il suo, ma sempre un dolore. Io non ho bisogno e non ho avuto bisogno di imparare quanto fosse amato Francesco perché ho sempre saputo quanto mio fratello fosse amato e quanto meritava di esserlo. Un avvocato penalista di successo e non solo, era un uomo vulcanico, dalle mille idee, sempre in movimento ma nonostante tutto non trascurava gli affetti, le amicizie, ed era sempre pronto a tendere una mano, è anche per questo che ha lasciato questo vuoto? Non è possibile pensare a Francesco e pensare ad un vuoto. E’ possibile solo pensare a Francesco e paragonarlo all’infinito e questo sia negli affetti, nell’amicizia e non ho bisogno di dire, anche nella professione. Perché che Francesco fosse l’Avvocato e non un avvocato è storia, è realtà, e vi assicuro che sarà futuro. Quando e perchè, sempre che lo sappia, ha deciso di fare l’avvocato? C’è stato un motivo preciso o è stata una scelta presa quasi “con incoscienza”, come a volte si fa quando si lascia il Liceo per l’Università? Le rispondo con le parole di mio fratello, Francesco era un Avvocato, non faceva l’avvocato. Credo che la risposta sia più che sufficiente. Ora a lei parlare di Francesco, lo faccia, magari iniziando da quando era un bambino, ci racconti qualche aneddoto, era un bambino tranquillo o era irrequieto? Erano le 20.40 del 12 luglio del 1973, quando io, nella frenetica attesa del mio

piccolo grande uomo ero seduta sul muretto di un camino e la TV proiettava le immagini del Film del noto romanzo “I promessi sposi”. Don Rodrigo piangeva nella consapevolezza di essere affetto dalla peste. Ricordo ogni attimo di quei momenti così come ricordo ogni attimo della vita di Francesco perché è da quel momento, e forse anche da prima, che Francesco è entrato in modo prepotente nella mia vita e nella vita di ognuno dei componenti della nostra famiglia , in specialmodo della sua cara e amata nonnina Assunta che da allora non lo ha lasciato solo nemmeno un minuto. Francesco è stato un bambino speciale, un grande uomo. Un uomo geniale che però non ha mai dimenticato e non ha mai trascurato ed ha saputo confrontarsi con la mediocrità della vita. Francesco è stato sempre il primo della classe, non un secchione, ma il primo della classe in maniera indiscutibile. Ha proseguito i suoi studi, così, come è cresciuto nella vita, continuando ad essere il “primo della classe”. E’ stato premiato come uno dei migliori laureati di Italia. E’ stato Ufficiale della Guardia di Finanza; è noto a tutti chi è Francesco e di quale Avvocato stiamo parlando. Francesco è sempre stato consapevole delle sue capacità e non si è mai risparmiato nel sacrificare ogni suo momento di vita e di crescita per le cose in cui ha creduto e che ha portato avanti fino in fondo. E’ forse stata questa consapevolezza, anzi ne sono sicura, che ha portato qualcuno a pensare che l’unico modo per frenare questo fiume in piena fosse eliminarlo fisicamente. Ma Francesco, e quello che Francesco era ed è non si ferma sol perché qualcuno materialmente lo ha sottratto alla visione dei più. Troppo sciocchi. Francesco non si è fermato e non si fermerà. Citando una frase di Giovanni Falcone “Gli uomini passano, le idee restano. Restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini”. Posso garantire con assoluta lucidità e certezza, soprattutto a chi ha voluto la morte di mio fratello, che quelle gambe sono solide e sono sostenute dalla volontà e dalla determinazione, quella di cui Francesco Pagliuso non ha mai fatto a meno.

Mentre il mondo continua con il suo procedere....io sono rimasta ferma ad aspettarti.... Ancora non mi sembra vero, come quando si fa un incubo e non si vede l’ora di essere svegliati, io sto ancora aspettando che torni a svegliami e aspetto di aprire gli occhi e trovare te.... i tuoi occhi brillare e il tuo sorriso risuonare di felicità... Non si può fare a meno di te...una persona che non passa inosservato e che con la sua forza, ma allo stesso tempo in punta di piedi ti entra dentro, e ti fa scoprire con la sua delicatezza e attenzione un mondo che non pensavi nemmeno potesse esistere... Non sono mai stata brava con le parole e in questo momento è ancora più difficile perché non ce ne sono... Sandra Lamezia e non solo

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Il ricordo di Francesco è memoria di un tempo che fu, addolcito dal trascorrere del tempo, ora che, a causa della professione che entrambi abbiamo abbracciato, ci vedevamo solo nei palazzi di giustizia. Di poco più grande di me, la memoria oggi va innanzitutto al suo impegno politico al tempo delle elezioni per i rappresentanti d’istituto del Liceo: con i concorrenti appariva disponibile al dialogo ed al confronto (senza d’altro canto disdegnare lo scontro), ma dimostrava sin da giovanissimo quella caparbietà e forza d’animo che lo avrebbero accompagnato nel corso della vita. Il fatto di essersi trasferito da Soveria Mannelli a Lamezia per frequentare le scuole lo aveva fatto maturare in fretta, tanto che poi, negli anni dell’università trascorsi insieme a Pisa, per me e molti altri studenti fuori sede era quasi un fratello maggiore, più saggio, pur avendo più o meno la nostra stessa età. Era un giovane-adulto negli anni universitari, studioso per passione, ma non serioso: animava le compagnie con le quali entrambi frequentavamo vari locali a Pisa e nel circondario: amando la musica, non era raro perderlo di vista e ritrovarlo un attimo dopo con un microfono in mano ad esibirsi al piano-bar. Gli piaceva lo sport, ambito in cui gli sarebbe piaciuto eccellere, pur non avendone le capacità (e di questo ne era consapevole senza ammetterlo con gli altri). Profondeva negli allenamenti una grande grinta, perché credo fosse davvero convinto che il classico adagio latino “mens sana in corpore sano” dovesse caratterizzare il suo modo di essere ed apparire di fronte agli altri. Questo fu un insegnamento che appresi da lui: la cura del proprio fisico non è vuota apparenza, bensì un modo per volersi bene, senza efficienza fisica è difficile conservare l’efficienza mentale… Si laureò, ovviamente in modo così brillante che gli fu chiesto di restare a collaborare con l’Università, anche a tempo pieno, ma non era a questo che ambiva… Pur essendo un grande appassionato del diritto “teorico”, Francesco dava il meglio di sé quando al diritto doveva trovare applicazione pratica, vestire la vita ed i problemi quotidiani delle persone con un’abito giuridico. Ed infatti, va da sé che io e gli altri coinquilini delegavamo lui sia per andare a trattare i problemi con i padroni di casa che per stemperare le lamentele dei vicini circa le nostre abitudini di vita leggermente… chiassose.

Può suonare strano, ma Francesco sapeva mediare con le persone, cercando con tranquillità un intesa tra parti in conflitto, anche se nel conflitto, quando (spesso) voleva, ci si trovava a meraviglia! I fermenti studenteschi a giurisprudenza lo vedevano polemizzare, in pubblico, in prima linea, con grande convinzione, e ricordo discorsi infiniti che continuavano di sera a casa, pensandola io, sui temi già affrontati in facoltà, in maniera diametralmente opposta alla sua. Polemico lo era, ed ancor di più lo appariva a chi non lo conosceva bene, ma era una persona ospitale come poche altre e nessuno poteva continuare a serbargli alcun rancore dopo esser stato invitato a cena da lui (cucinava molto bene!), che offriva ai suoi commensali (di solito molti e di buon appetito…) delle ottime pietanze, esaltate dai sapori dati dagli ingredienti soveritani. Finirono gli anni universitari, cominciammo a vederci molto di rado, pur se non ci siamo mai persi del tutto, fino a che, entrambi giovani professionisti, ci siamo ritrovati nelle aule di giustizia dei più disparati Tribunali italiani. Mi sembra ancora strano pensare a quante volte colleghi di tutta Italia, una volta saputo che appartenevo al Foro di Lamezia Terme, mi hanno chiesto se conoscessi Francesco Pagliuso! Era un professionista molto conosciuto, anche per il suo impegno nell’ambito della formazione professionale: già prima della costituzione della Camera Penale di Lamezia Terme, lo ricordo impegnate in svariate altre iniziative di studio, che lo vedevano impegnato in qualità di docente. Ma non divenne mai, pur con tutta sua scienza giuridica, una persona distante o distaccata da chi gli chiedeva un consiglio o un parere, soprattutto se si trattava di colleghi, per non parlare degli amici; ogni qual volta volevo confrontarmi con lui su di una questione professionale, gli telefonavo (o bastava che gli inviassi un messaggio per via telematica) e non vi era volta che non mi invitasse a passare in studio, per parlarne di persona. Sono tanti i ricordi che ho di Francesco, e so per certo che l’affetto era reciproco, pur partendo da modi di pensare molto diversi, e mettere su carta questi pensieri me ne ha portati alla mente tantissimi che, però, voglio tenere per me e per gli altri amici con cui li ho condivisi. Spero solo, con queste righe, di aver descritto uno dei lati meno appariscenti di Francesco, e cioè il suo essere una persona buona. Andrea Parisi

So che quando ti cercherò ti troverò sulla stella più luminosa che c’è

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Fabio

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Eccomi qua. Sono passati quattro mesi e per quattro mesi tante e tante persone mi hanno chiesto di parlare di te, di scrivere di te, ma io non posso e non mi spiego la forza che ci sto mettendo quest’oggi. Si scrive di un ricordo, di una cosa passata, di una persona che non c’è più. E allora Pagliù, come faccio a scrivere di te? Tu sei qui, sei nella stanza accanto e aspetto che mi chiami, che mi dici che ho fatto bene, che mi dici che ho fatto male. Ma mi chiami, continui a chiamarmi, continui a cercarmi. Pupì, purpè… Mù! Come faccio a parlare di te? Sono entrata nel tuo regno ed ho incontrato un Avvocato, ho iniziato a conoscerti ed ho incontrato un grande uomo. Il grande senso di giustizia, l’amore per la professione, la tua genialità spiazzante, la tua bontà sconvolgente, la tua determinatezza unica. Francesco non conosceva sfumature, per lui il mondo era bianco o nero, non c’erano indecisioni né in fatto né in diritto. Eh si, perché quando gli ponevo una questione, aveva la risposta giusta, fosse una norma piuttosto che un’altra, fosse una scelta di vita. Inutile stare qui a cercare di parlare di te…quello che sei si racchiude nei tuoi occhi, nella tua semplicità che era e rimane la tua grande bellezza. Un uomo in grado di essere il più grande tra i grandi, ma che diventava piccolo piccolo di fronte a chi avrebbe potuto sentirsi in soggezione davanti a lui. Una mente, in grado di fare tutto nella vita… Come mi hanno detto i miei cuginetti “Pagliuso era una persona unica … lui era in grado di vincere cause importantissime al mattino e giocare con noi bambini a biliardino la sera…di solito uno o è secchione o si diverte e basta, lui era in grado di essere tutto”. La voce dell’innocenza. Avrei voluto che tutti ti conoscessero veramente, io questa fortuna l’ho avuta. Io questa fortuna ce l’ho. Sei nella mia vita, oggi come sempre, forse anche di più. Mi hanno detto di scriverti una lettera per salutarti, ma io, caro il mio dominus, non ho nessuna voglia di salutarti, non ho nessuna voglia di fare

spazio all’accettazione di un dolore così grande che mai potrà lenirsi. Ogni giorno è dolore, domani lo sarà ancora di più…ma io ti sento fra le pareti del tuo studio dove tutto parla di te, nei post it che conservo gelosamente, nelle parole e nei gesti che ognuno di noi compie ogni giorno, nei racconti di te che continuiamo a fare a casa, negli aneddoti che quotidianamente ci confidiamo in studio, nelle persone che ti amano come neanche io immaginavo, nella forza di Antonella. In ogni momento qualcuno di noi si chiede cosa avresti fatto tu, ad ogni nostro passo ci guardiamo e ci chiediamo se sei felice di quello che stiamo facendo. E so che lo sei, perché qui, le persone che hai amato continuano a vivere di ciò che ci hai insegnato. Mi hai insegnato quello che vorrei essere e quello che non dovrò essere mai. Continui ad insegnarmelo ogni giorno. Oggi più che mai, da quando ti hanno strappato da noi ancora di più, so chi eri, chi sei, so chi non sei mai stato ed ancor di più so come vorrò essere e come non vorrò diventare mai. Grazie Pagliù, questo non è un saluto, ci si saluta quando non ci si vede più. E noi, domani mattina siamo tutti in studio che si lavora! Maria Grazia

Natale, grande amico di Francesco, appena appresa la notizia ha detto: “Ma ora perché Francesco non c’è più? Non è giusto, era un mio amico”… e poi guardato in cielo e indicata una stella col dito ha detto “Lo vedi, ora Francesco è la stella che brilla di più”

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Non senza difficoltà mi accingo a descrivere quello che è stato il mio rapporto con Francesco Pagliuso, certamente non perché vi siano stati elementi negativi, tutt’altro... anzi proprio per i motivi contrari, per non sembrare troppo adulante o assuefatto alla logica del doverne parlar bene a tutti i costi, in onore alla sua memoria... Per quanto mi riguarda Francesco Pagliuso non ha mai avuto bisogno di essere esaltato, tantomeno lui ha mai cercato o si è mai ritagliato momenti di gloria personale. Lui era e resterà per sempre un uomo dal animo nobile, straordinariamente intelligente e dall’umanità plasmata a misura e forma di chi a lui si rivolgeva come professionista ancor prima che come amico. Un signore vero, con i piedi per terra, determinato, forse a tratti anche testardo, ma con la grande capacità di arricchire intellettualmente chi ha avuto la fortuna di conoscerlo e di condividere con lui esperienze umane e professionali. Si dice che tutto viene per passare ma è altrettanto vero che a nessuno, proprio a nessuno, e per nessuna ragione al mon-

do, è dato il diritto di alienare una vita con tanta crudeltà e feroce indifferenza. Personalmente ho perso un amico, un icona di riferimento della mia vita e parte della mia sicurezza personale e professionale. Non riesco ancora a metabolizzare la sua grave perdita che diventa sconforto assoluto se sovrappongo la sua mancanza alla cruda realtà della sua immodificabile assenza. Da quel maledetto giorno i miei ritmi, le abitudini ed i miei confini esistenziali hanno perso l’orientamento e la meta. Certo, nulla può essere paragonato all’acerbo dolore che ha inabissato all’inferno i suoi genitori e le sorelle; dolore che mai niente e nessuno potrà lenire ma io voglio, forse con prepotenza, da estraneo, arrogarmi il diritto di sentirmi piagato per lui e voglio continuare a piangere per averlo perduto. La mente criminale che ce lo ha portato via gli ha rubato tutto. Tutto tranne il rispetto e la stima che rimarranno per sempre legati al suo nome ed al ricordo di un ragazzo assolutamente speciale. E noi? Forse non meritiamo nemmeno di parlarne, forse dovremmo solo tace-

re difronte a tanta miseria umana, forse dovremmo sentirci in colpa per non averlo protetto... ma come avremmo potuto? Rabbia e sgomento lasciano spazio alla sola ragione cruda che Francesco non é più con noi e tale certezza diventa sempre più sconvolgente e disarmante, la sua assenza risulta sempre più insopportabile ad ogni giorno che passa e trafigge il cuore di tutti coloro che gli hanno voluto sinceramente bene. Caro Francesco sono sicuro che ci stai guardando e vorrei che tu sapessi una cosa importante: io ti ho voluto bene, ti ho rispettato, sono stato e sono fiero ed orgoglioso di te e vorrei soltanto che tutto ciò svanisse al risveglio da un brutto sogno, lo vorrei davvero, per te, per tuo figlio, per tua mamma, per le tue sorelle... Ora ci divide il passaggio tra la vita e la morte che prima o poi riguarderà anche me. Ti chiedo solo di aspettarmi e, quando giungerà il mio momento, accoglimi con lo stesso garbo e lo stesso affetto che mi hai dedicato in vita; il mio cuore è già li con te. Ti voglio bene. Giuseppe Talarico

Tutto ciò che so è che ci manchi. Dalla mattina del 10 agosto si alternano in noi dolore, rabbia, tristezza, smarrimento e poi vuoto, che ciclicamente ritornano a manifestarsi. Le lacrime non si fermano, appena un ricordo fa capolino nella mente, e il tempo non affievolisce la sofferenza.Ma non potevamo continuare, sia io che Giu, a ricordarti nel pianto, tu che sei sempre stato motore di gioia ed entusiasmo.Abbiamo così iniziato a ripercorrere tutto il trascorso insieme: le lunghe chiacchierate conviviali, i compleanni e le feste, il torrone di Natale, le partenze, le avventure in taxi, la vita di ogni giorno tra un parcheggio azzardato e una corsa in tribunale, senza che mai mancasse un abbraccio e uno sguardo d’intesa.Ed è cosi che abbiamo deciso di averti nella testa e nel cuore, come ti abbiamo sempre conosciuto e vissuto. Un amico vero. Leale, affettuoso, vicino, premuroso, diretto e sorridente. E così sarai sempre con noi, Francesco. Mara e Giuseppe

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Oggi, che è il giorno di un dolore nuovo, pare non essere ancora giunto il tempo della accettazione. È ancora la rabbia a prendere il sopravvento, insieme al senso di impotenza, di inutilità, di sgomento e di altra rabbia. Le lacrime non ancora versate sono troppe, come troppo grande è il vuoto che hai lasciato. È vero, in qualche modo tu continui ad essere qui, con noi. In queste stanze, nelle nostre carte, in ogni nostra parola, azione, pensiero. In ognuna delle persone che ti hanno conosciuto e amato, una piccola parte di te continua a vivere. Posso percepire la tua presenza nei luoghi che hai amato, nelle persone di cui ti eri circondato, in tutto ciò che hai creato. Ma questo, oggi, ancora non è abbastanza. Rimane un grande vuoto Pagliù. Un vuoto che nessuno potrà mai colmare perché non ci sarà mai, per nessuna delle persone che ti hanno conosciuto e amato, un altro Francesco Pagliuso. Rimane un dolore difficile da spiegare, impossibile da superare. Rimane la difficoltà di parlare di te al passato, come di chi non c’è più, perché ciò richiede una consapevolezza che io, oggi, so di non volere. Non sono pronta ad accettare che non entrerai più da quella porta, che non ci saranno altre telefonate, altri appuntamenti, altri confronti. Non voglio e non posso rassegnarmi al fatto che non ci sia più nulla da fare, che la tua morte sia qual-

Due anni fa entravo nel tuo studio come praticante, conoscevo solo francesco e non sapevo in realtà chi fosse l’Avvocato Francesco Pagliuso. Una persona completamente diversa, di una precisione e devozione alla professione che ti lascia di stucco, ritmi di lavoro che credevo impensabili ma da lì a pochi giorni sono entrata a far parte di questa “famiglia” un po’ strana e mi hai trasmesso tutto l’amore che si può avere per questa professione, consolidando il mio sogno di fare l’avvocato. Due anni fa scrivevo ancora la tesi di laurea e pensavo alla dedica da fare a te e ad Antonella e due mesi fa invece pensavo a cosa scrivere sul bigliettino di auguri per il tuo compleanno; non avrei mai potuto immaginare

cosa di irreversibile. Preferisco continuare a cercarti in quel silenzio che tu tanto apprezzavi, in cui mi sembra di percepire ancora la tua presenza. Rimane la speranza di rincontrarti un giorno, e la certezza che con il tuo grande amore continuerai ad accompagnare i passi di tutti coloro che ti hanno amato e che continuano ad amarti, senza lasciarli mai soli, guidandoli e facendo loro sentire la tua presenza. Non c’è oggi, e non ci sarà mai, la rassegnazione. Questo dolore che oggi ci accompagna e a cui, infondo, non vogliamo rinunciare perché rappresenta il segno tangibile della tua sconfinata presenza nella vita di ciascuno di noi, forse un giorno si trasformerà, maturerà, cambierà aspetto, ma non ci darà pace, mai. Non ci sarà niente in grado di controbilanciare quello che ha rappresentato la tua perdita. Niente di tutto quello che accadrà su questa Terra potrà annullare gli effetti dell’averti conosciuto e, poi, perso. Non ci sarà giustizia che potrà mai lenire quello che ha significato il vederti per l’ultima volta e l’ essere costretta a dirti addio. Questo dolore di oggi, così diverso dal dolore che finora avevo conosciuto, sarà per sempre parte di me, come te, nella stessa misura in cui sei stato e rimani parte di ognuno di noi. Miranda

che oggi avrei dovuto scriverti un pensiero per ricordarti. Che terribile significato ha oggi questa parola, il ricordo, ma di cosa, di chi sei o di chi eri, di cosa mi hai dato, quello che rappresenti per noi, o cosa? Non so come ricordarti perché non te ne sei mai andato, sento ancora la tua voce che mi chiama urlando, sento ancora

le tue cazziate e sento ancora la paura con cui entro nella tua stanza per correggere gli atti, sento ancora quell’aria di allegria quando durante le riunioni inizi a scherzare e a raccontare aneddoti, vedo ancora la tua faccia allegra durante i momenti di festa e soprattutto vedo ancora Francesco seduto in bar, io piccolina, che racconta a mio padre vicende della professione con un amore incredibile. Non voglio scrivere chi sei, lo sanno tutti, nè voglio ricordarti. Tu sei ancora qui e sarai con me quando diventerò un Avvocato indossando la tua toga dopo il giuramento, come c’eri qualche mese fa, sperando, un giorno, di rendere fiero il mio dominus. Giuseppina

“Francesco era un uomo di grande delicatezza e di grande eleganza. Nella sua immensa cultura e nelle sue incommensurabili maniere da uomo di altri tempi era in grado di fare sentire a suo agio anche l’interlocutore più semplice, quello che non aveva avuto mai la possibilità di studiare e che di certo (come nessuno) non possedeva le grandi doti intellettive di Francesco. Anche in questo stava la sua grandezza … sapere di essere grande cercando di non fare sentire piccolo chi aveva davanti … la sua semplicità era la forma della sua infinita grandezza”

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