Spinelli marzo cs6

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Lamezia e non solo

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Paradiso dal 1971

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Lamezia e non solo


Lameziaenonsolo incontra

Luigia Spinelli

Nella Fragale

Questo mese le copertine sono dedicate a due donne, anche ma non solo, perchè Marzo è il mese della festa delle donne. E’ difficile dedicare copertine a donne e non perchè la nostra città non ne abbia di spessore ma perchè, spesso, sono troppo occupate a svolgere bene i loro molteplici ruoli e trovare il momento giusto per portare avanti un’intervista non è facile. Ma noi donne siamo perseveranti e, con buona volontà riusciamo a mettere in ordine i vari tasselli del puzzle che è la nostra vita e, magicamente, al momento giusto, riusciamo ad incontrarci. Ringraziamo il Sostituto Procuratore Luigia Spinelli per avere accettato di farsi intevistare. Si occupa di Eco-mafia, un eco-mostro che deturpa ed inquina tutto ciò che ci circonda, una donna coraggiosa, potevamo non chiederle di concederci una intervista?

Oggi lei è Sostituto Procuratore e consulente presso la Commissione Parlamentare d’inchiesta sulle ecomafie, un ruolo di prestigio ma, quando lei era bambina, quali erano i suoi sogni? le sue eroine? Devo dire che quando ero piccola i miei eroi erano i miei fratelli maggiori, Pino e Gianfranco, che sono ancora rimasti i miei modelli di riferimento. Io sono l’ultima di quattro figli (nati peraltro nell’arco di cinque anni) e la mia sensazione è stata sempre quella di essere “l’ultima”, perché tutte le aspettative familiari si concentravano (o almeno a me così pareva) sui miei fratelli. Li ho quindi molto idealizzati quando ero piccola e sono stati i miei eroi. Quanto ai miei sogni, mi sarebbe piaciuto fare l’attrice di teatro, anche perché mio padre mi portava spesso al teatro Grandinetti a seguire la stagione teatrale e quel mondo mi affascinava! E’ rimasto un sogno quello di intraprendere la carriera di attrice, ma è ancora attuale il mio amore per il teatro. La sua “carriera scolastica” è stata sempre al top. Si è diplomata con il massimo dei voti, si è laureata con la lode, ha vinto concorsi, ci vuole dire come e perchè ha deciso poi di intraprendere la via della magistratura? Appena laureata, nel 1993, mi sono iscritta al corso di Galli che ho frequentato per qualche mese a Roma. Nel marzo del 1994 ho partecipato, per la verità giovanissima perché avevo solo 23 anni, al concorso in magistratura che ho vinto classificandomi ventiquattresima; prima di apprendere i risultati degli esami scritti ne fu bandito un altro al quale partecipai, e mi fu comunicato di avere superato gli scritti anche del secondo concorso. Probabilmente ero destinata a questa professione! Credo che abbia contato molto, nel mio caso, la solida preparazione universitaria. Di sicuro posso essere annoverata tra i cosiddetti “secchioni” perché ho sempre studiato tanto e ho sacrificato anche la mia adolescenza per lo studio, ma penso di avere raccolto i frutti di tanti sacrifici e non ho rimpianti. Perché ho scelto questa professione? In primo luogo perché volevo essere autonoma, realizzare la mia indipendenza come donna e come professionista. E poi perché amministrare la giustizia è un compito che richiede grande preparazione, dedizione, serietà ed equilibrio, ed è una sfida che oggi come il primo giorno affronto nella consapevolezza che dietro ogni fascicolo ci sono persone, siano essi imputati o persone offese. La Giustizia è una cosa seria, come ha mirabilmente spiegato il dott. Nicola Gratteri in uno dei suoi libri. La figura “maschile” del giudice è nata, probabilmente, con la

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legge stessa. Invece le donne sono entrate in magistratura circa 50 anni fa ma, in poco tempo, ho letto, sono arrivate a rappresentarne quasi il 50% e, si suppone, presto oltrepasseranno questa soglia, come mai, secondo lei, questa impennata? Il primo concorso aperto alla partecipazione delle donne risale al maggio del 1963 e fra i vincitori ci furono otto donne. Oggi c’è stato un vero e proprio sorpasso delle donne sugli uomini in magistratura. Gli ultimi dati resi noti dal Vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura, Giovanni Legnini, nel corso di un convegno “Donne nelle istituzioni: i primi 70 anni” danno conto del fatto che oggi le donne in magistratura sono 4699, mentre gli uomini 4462, quindi il 51% contro il 49%. Tuttavia, è giusto precisarlo, gli incarichi direttivi e gli incarichi semidirettivi continuano ad essere affidati in misura nettamente maggiore ai colleghi uomini, quindi ancora non si è realizzata in pieno una parità di genere ai vertici degli uffici giudiziari italiani. Senza voler cadere in facili generalizzazioni, credo di potere affermare che in genere le donne sono molto studiose e determinate nel perseguire gli obiettivi. Quello che noto, anche dalla posizione privilegiata di insegnante alla Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali dell’università Sapienza, è che le donne dedicano mediamente molto tempo allo studio e questo sicuramente premia. Speriamo di non dovere aspettare altri 50 anni perchè le donne possano occupare ruoli di prestigio in questo settore! Cosa portano, a suo avviso, le figure femminili nella magistratura? Le donne portano in magistratura l’intero universo femminile che costituisce il bagaglio personale di ognuna. Sbagliano, a mio avviso, le donne che, esercitando un ruolo di “potere”, ritengono di doversi mascolinizzare per essere riconosciute ed accettate. Qualsiasi magistrato, a prescindere dall’appartenenza di genere, nel momento in cui indossa la toga (uguale per tutti) interpreta ed applica la legge con imparzialità e indipendenza. Come non essere d’accordo con lei? Quasi che un tacco alto possa rendere un magistrato meno credibile. All’inizio della sua carriera ha incontrato difficoltà in quanto donna? Non ho mai incontrato difficoltà in quanto donna. Anzi. La mia prima sede è stata il Tribunale di Vibo Valentia dove ho svolto le funzioni di giudice e il Presidente del Tribunale era Giuseppe Vitale. Sicuramente sono stata fortunata ad avere come capo dell’ufficio un magistrato di tale livello, che non avrebbe mai consentito a nessuno di far pesare la differenza di genere. E ciò lo ha fatto non a parole ma nei fatti,

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affidandomi motivazioni di sentenze complesse e, lo ricordo ancora, una misura di prevenzione patrimoniale, un sequestro di beni del valore, all’epoca, di 22 miliardi di lire. Peraltro riconosco di avere un carattere piuttosto forte e un modo di comunicare diretto per cui, quand’anche nel mio lavoro dovessi percepire un minimo atteggiamento ostile riconducibile al mio essere donna, chiarirei immediatamente la situazione e andrei avanti. Non perdo troppo tempo con gli ignoranti. Bene! E, per rimanere in argomento, come sente l’opinione pubblica nei confronti dei magistrati in generale e delle donne magistrato in particolare? La magistratura tutta ha perso negli anni credibilità, e questo temo sia un dato di fatto. Il sistema giustizia soffre di gravi carenze, mancano risorse e dovrebbero essere avviate riforme radicali per rendere più snello il processo e più veloce, conseguentemente, la risposta giudiziaria. Una giustizia lenta è la negazione stessa della giustizia. Parole sante! Da quanti anni occupa questo ruolo? Sono in magistratura da 21 anni. All’inizio ho svolto le funzioni di giudice e, dal 2001, le funzioni di pubblico ministero. La vita da magistrata è faticosa, fra sopralluoghi, udienze-fiume, indagini accurate, credo che lei fatichi a ritagliare del tempo per sè. E’ pentita di questa scelta? Assolutamente no. Sapevo di intraprendere una professione impegnativa e da sostituto procuratore, l’ho potuto constatare personalmente avendo svolto la funzione sia giudicante che requirente, è impossibile avere orari predeterminati di lavoro. Nei giorni in cui sono impegnata nel turno esterno può accadere di tutto e la reperibilità è ventiquattro ore su ventiquattro. Molto spesso capita di dovere uscire di notte, emettere provvedimenti di fermo, fare interrogatori, sopralluoghi. A prescindere dal turno esterno, la polizia giudiziaria ha il mio numero privato di telefono cellulare e sa che può chiamarmi in qualsiasi momento. E’ difficilissimo ritagliare tempo per me stessa, è vero. Ma io interpreto il mio lavoro come una missione, e la soddisfazione che traggo nel rendere un servizio che ritengo importante per la collettività mi ripaga di ogni cosa. L’ultima domanda me ne fa venire in mente un’altra, frivola se vuole, magistrato, magistrata, procuratore, procuratrice, lei ritiene che anche i ruoli debbano riferirsi al sesso? Una mia bravissima collega, Paola De Nicola, attualmente giudice penale presso il Tribunale di Roma ha pubblicato nel 2012 un libro che si intitola “La Giudice”, in cui affronta, ripercorrendo episodi della propria esperienza di magistrato, la questione della differenza di genere anche all’interno della magistratura. Nel titolo vuole affermare l’importanza di riconquistare, anche sotto il profilo linguistico della definizione, il genere femminile utilizzando l’espressione “La Giudice”. Trovo assolutamente legittimo questo approccio ma, francamente, per me non fa molta differenza l’utilizzo o meno della declinazione al femminile del termine giudice o magistrato. Quando si indossa la toga e si amministra la giustizia si deve mettere in campo la propria professionalità, la propria indipendenza e imparzialità. Il resto non conta. Come si svolge una “giornata tipo” del Sostituto Procuratore

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Luigia Spinelli? Molto semplicemente, come quello di molte altre donne/mamme impegnate sul lavoro. Accompagno i ragazzi a scuola e poi inizia la giornata di lavoro con i minuti contati per fare ogni cosa. Per coloro che non sono del settore vuole dire in quali problematiche giudiziarie si cimenta? Per tracciare una rapida sintesi, faccio parte dei pool investigativi che riguardano i reati finanziari, il riciclaggio e il reimpiego, i reati di usura ed estorsione, reati ambientali, reati in materia di infortuni sul lavoro e malattie professionali, misure di prevenzione personali e patrimoniali. Spesso però capita che le indagini avviate per determinate tipologie di reati portino a scoprire anche reati di altra natura, per esempio i reati in materia ambientale spesso sono connessi a reati contro la pubblica amministrazione, a condotte corruttive. In questi casi attraverso le codeleghe vengono trattate unitariamente vicende complesse riconducibili a diversi pool investigativi. I settori nei quali si muove sono “delicati”, l’ecomafia, tocca un tasto sensibile della società: un movimento di denari dalle cifre a troppi zeri da una parte e la salute della gente dall’altra, le capita di avere paura? di sentirsi minacciata? Magari di ricevere telefonate intimidatorie? Non ho mai avuto paura e mai ne avrò, ne sono certa. Nel caso mi sentissi minacciata proseguirei comunque e senza esitazioni nel mio lavoro, avvisando le persone che si occupano della tutela di chi lavora nel mio campo. Detto ciò, sono molti i settori criminali che vedono uno spaventoso giro di danaro, che poi dovrà essere riciclato e reimpiegato per essere reimmesso nel circuito legale. Quello dell’ecomafia è un settore estremamente delicato. Sin dagli anni 80, la camorra ha compreso quale business si celasse dietro al traffico dei rifiuti e da allora moltissimi danni sono stati fatti e continuano ad essere fatti sul nostro territorio, con effetti devastanti sulla salubrità dell’ambiente e la salute dei cittadini. Basti pensare alla cosiddetta “Terra dei fuochi” in Campania, ma esistono purtroppo tante altre terre dei fuochi. In questo settore le indagini della magistratura sono sempre particolarmente complesse. Il business dei rifiuti coinvolge inevitabilmente diverse figure: appartenenti alla pubblica amministrazione, imprenditori, soggetti deputati d effettuare attività di controllo e di monitoraggio, tecnici di laboratorio, trasportatori, uomini d’affari. Si tratta di un settore in cui devono gravitare diversi personaggi, tutti complici o conniventi, affinchè la filiera delle operazioni necessarie per l’illecito smaltimento dei rifiuti possa funzionare. Una delle maggiori difficoltà nelle indagini nasce proprio dal fatto che ai fini probatori, è necessario entrare in una zona apparentemente nebulosa in cui affari, mala politica e criminalità si intrecciano fra di loro. Per chiudere, o quasi, le domande sulla sua professione, donna o uomo che sia, ci sono peculiarità particolari che deve avere la figura del magistrato? Il magistrato deve essere indipendente ed imparziale, deve applicare la legge, non farsi condizionare da elementi esterni, deve esprimere il suo giudizio esclusivamente sulla base dei dati di fatti e di diritto emergenti dal processo, deve avere il coraggio di assumere decisioni anche se possono essere impopolari, deve essere equilibrato. Allo stesso modo, un magistrato non deve essere innamorato di se stesso e

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non deve lasciarsi irretire dal demone del protagonismo. Che consiglio darebbe ad una giovane donna che vuole fare il magistrato? Le consiglierei di studiare sempre e di aggiornarsi, anche dopo la vittoria del concorso in magistratura, da ritenere un punto di partenza e non di arrivo. Ogni vicenda, ogni caso giudiziario lo dovrà affrontare con cura, dopo attento studio delle carte processuali e applicando sempre il buon senso, regola fondamentale che riguarda tutti gli aspetti della vita. Le direi che i magistrati sono esseri umani come tutti gli altri, possono anche sbagliare ma gli atti di un magistrato incidono profondamente sulla vita delle persone, possono avere effetti dirompenti e devastanti; per questo dovrà agire con grande senso di responsabilità vagliando in anticipo tutte le possibili conseguenze delle sue scelte. Nel suo curriculum ho letto che lei ha anche insegna, cosa si prova ad insegnare? Attualmente insegno alla Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali dell’Università “Sapienza” di Roma e lo farò almeno per i prossimi tre anni. Dal 2009, poi, insegno all’Istituto Superiore di Tecniche Investigative dei Carabinieri su argomenti di diritto penale e di diritto processuale penale. A me piace moltissimo insegnare e credo di avere nel DNA il gene dell’insegnamento, se così si può dire, ereditato particolarmente da mia madre, Luciana Parlati, e da mia zia, Luigina Parlati. Insegnare è gratificante e stimolante, non solo perché sono chiamata ad un continuo aggiornamento sugli argomenti oggetto delle lezioni, ma anche perché trovo che sia importantissimo il confronto con l’uditorio, sia esso costituito da studenti o da appartenenti alle forze di polizia. Non nascondo che il più delle volte, alla fine della lezione, sento di avere appreso qualcosa di nuovo anche io, di avere colto, nel confronto e dal confronto, sfumature ulteriori sull’argomento trattato. Insomma, una lezione non è mai uguale ad un’altra, così come nessuna classe è uguale ad un’altra classe. Quello che voglio dire è che insegnare, per me, è entrare in sintonia con gli alunni e creare un feeling che consente una comunicazione effettiva. Se non avesse fatto il magistrato? Se non avessi fatto il magistrato avrei fatto l’insegnante. Trovo che il lavoro dell’insegnante sia di altissimo rilievo perché gli insegnanti formano le nuove generazioni e hanno la responsabilità di istruire i ragazzi, di stimolarli, di incuriosirli, di spingerli alla lettura e alla riflessione. Insegnare per me significa non soltanto trasmettere nozioni ma fornire gli strumenti per la comprensione della realtà, per sviluppare lo spirito critico, per divenire uomini e donne consapevoli nel corso della vita. Mi dispiace molto constatare oggi quanti problemi affliggano il mondo della scuola e in quale considerazione siano tenuti gli insegnanti, mal retribuiti e spesso precari. Uno Stato che non investe sulla scuola è uno Stato che vuole che i cittadini siano dei sudditi, che non dà a tutti la possibilità di emergere, che nega il concetto stesso di democrazia. Se ne avesse il potere, per lei quali dovrebbero essere gli interventi immediati da attuare, le riforme da adottare, per contrastare la criminalità? Ho fatto parte della “Commissione per l’elaborazione di proposte

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normative in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità organizzata” istituita con D.P.C.M del 30 maggio 2014, presieduta dal dott. Nicola Gratteri, attualmente Procuratore della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro. La Commissione era stata incaricata di elaborare proposte normative in tema di contrasto alla criminalità organizzata, sul fronte della repressione sia personale sia patrimoniale, con gli specifici compiti di individuare strumenti normativi che assicurassero una maggiore efficienza e congrua durata del procedimento. Abbiamo formulato proposte di modifica di natura processuale con l’obiettivo di contrarre i tempi del processo, garantendone la ragionevole durata. Il tutto nella prospettiva di assicurare una risposta certa ed efficace dello Stato rispetto a gravi fenomeni criminali, senza alcun sacrificio delle necessarie garanzie difensive per gli imputati. Quanto al diritto penale, gli interventi reputati necessari hanno riguardato più versanti. Ad esempio, il trattamento sanzionatorio da prevedersi per alcuni gravi delitti di tipo mafioso, l’introduzione di una fattispecie incriminatrice delle condotte di illecita divulgazione dei dati relativi alle intercettazioni disposte dall’autorità giudiziaria, l’introduzione del reato di autoriciclaggio, la previsione di una modifica dell’aggravante della transnazionalità, l’introduzione di modifiche normative in tema di reati ambientali (sia mediante interventi sulle norme di diritto sostanziale che processuale). Di sicuro, almeno per quanto riguarda il settore penale, bisogna intervenire rapidamente sulla disciplina della prescrizione del reato. L’istituto della prescrizione, lo spiego rapidamente, prevede che dopo un certo lasso di tempo (variabile a seconda della gravità del reato) senza che si sia giunti ad una sentenza definitiva (quindi all’esito dei tre gradi di giudizio) il reato si estingue per maturata prescrizione. Si tratta di una scelta del legislatore che ritiene che lo Stato perda interesse alla repressione del reato se decorre troppo tempo rispetto alla data della consumazione. In realtà la stessa opinione pubblica manifesta il proprio dissenso di fronte a dichiarazioni di prescrizione che riguardano fatti qualificati e sentiti come “socialmente allarmanti”. Di recente ha fatto clamore la notizia del proscioglimento pronunciato dalla Corte d’Appello di Torino nei confronti di un soggetto imputato di avere violentato una bambina di sette anni, già condannato in primo grado a 12 anni di reclusione, poi prosciolto perché è maturato il termine massimo di prescrizione con conseguente estinzione del reato. Non è accettabile che accadano fatti del genere e occorre trovare dei correttivi ad un sistema che, così com’è, non può funzionare. Si sentono lamentele continue sulla Giustizia Italiana, sembra un cancro inguaribile il male che la affligge, è davvero così? La giustizia non funziona come dovrebbe. Se la paragonassimo ad un’impresa privata sarebbe sull’orlo del fallimento. Eppure, a mio avviso, basterebbero poche ed incisive riforme per snellire il processo senza alcun arretramento delle garanzie dell’indagato. Si badi bene che una giustizia che funziona si traduce in crescita reale per il Paese. E’ chiaro che nessuno mai investirà seriamente in Italia se per ottenere una sentenza in sede civile occorrono diversi anni e se la maggior parte dei processi penali si chiude con una sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato. Confido che si acquisisca con maggiore forza questa consapevolezza e che il legislatore intervenga per restituire dignità al sistema giustizia, ai cittadini e allo Stato, consentendo così una crescita economica che non può più aspettare e che è necessaria per dare sbocco lavorativo

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ai troppi giovani (e anche meno giovani) che oggi non possono programmare il loro futuro. Non possiamo che sperarlo anche noi che stiamo dall’altra parte della barricata. Marzia Sabella, sua collega, ha detto “mai mi sono sentita inutile nel mio lavoro”, una bella frase, la sente anche sua? Non del tutto. qualche volta mi sono sentita inutile. Quando ho vissuto la frustrazione di non essere riuscita a riaffermare la giustizia, quando ho guardato negli occhi una vittima che non ha voluto mettere a verbale ciò che sapeva perché si sentiva gravata da una responsabilità troppo pesante senza sentire il giusto appoggio da parte dello Stato. Mi sento inutile quando vedo che troppi reati si prescrivono vanificando tutto il lavoro fatto. Passiamo a Luigia Spinelli donna, moglie, abbiamo detto che la sua è una professione impegnativa, che oltretutto la porta a vivere fuori da Lamezia per 5 giorni alla settimana, riesce a conciliare lavoro e famiglia o sente che la lontananza dagli affetti è il prezzo che lei sta pagando per la sua scelta? Ogni scelta ha un prezzo. Sicuramente ha un prezzo anche la mia scelta di impostare in un certo modo la professione di magistrato che, almeno per quanto riguarda l’ufficio di Procura, è un impegno pressochè totalizzante. Fare il pubblico ministero significa essere sempre presente in ufficio, confrontarsi quotidianamente con la polizia giudiziaria per seguire le indagini e concordare le strategie investigative, significa non avere orari ed essere pronti a ritornare in ufficio, se è necessario, quando magari si è appena varcata la soglia di casa dopo una giornata di lavoro. Ciò che mi dispiace è che si tratta di una scelta il cui prezzo è pagato anche da mio marito Paolo che però, da uomo intelligente e sensibile qual è, sa sostenermi e non mi fa mai pesare nulla. Ritiene che la perdita di alcuni valori, come il rispetto per la famiglia, siano deleteri per la società? Assolutamente si. Mi sembra impossibile che una società cresca se si sfalda quello che ne costituisce il nucleo essenziale. Ovviamente non mi riferisco solo alla famiglia basata sul matrimonio, ma faccio un discorso più ampio di legami familiari che devono essere coltivati. Io ho avuto un precedente matrimonio da cui sono nati due figli, Emilia e Fernando, che è finito. Ma posso dire con orgoglio che ho un rapporto meraviglioso con il padre dei miei figli, molto presente nella loro crescita e molto amorevole e attento. La fine di un matrimonio non necessariamente significa la fine di una famiglia. I valori dell’amore, del rispetto, della solidarietà possono e debbono essere sempre coltivati. Oggi sono la signora Mascaro e ho uno splendido rapporto anche con i figli di Paolo, Salvatore e Andrea. Non nascondo che qualche amico ci prende benevolmente in giro perché nei giorni di festa ci riuniamo tutti insieme in grandi tavolate e sembriamo “I Cesaroni” (così ci dicono). Io sorrido perché un po’ è davvero così, ma è molto bello respirare un’atmosfera calda e familiare, ricca di gioia, una gioia che nasce dall’armonia. Quello che voglio dire è che la famiglia è un valore imprescindibile, è una fonte inesauribile di amore e di forza, è il cuore pulsante della società. E della tecnologia imperversante, che spesso sostituisce il rapporto

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personale, si passano più ore di fronte ad uno schermo che con la gente, che ne pensa? Trovo che sia un processo inarrestabile quello dell’evoluzione tecnologica e del rapido susseguirsi di nuove forme e mezzi di comunicazione. E’ un processo che porta con sé elementi positivi e negativi al tempo stesso. Da un lato, indubbiamente, i social network hanno dato la possibilità a tutti di esprimere la propria opinione, di avere notizie in tempo quasi reale, di rimanere in contatto nonostante la distanza fisica. In diversi casi è accaduto che sono stati segnalati, proprio grazie ai social network episodi di violenza e di prevaricazione. E tuttavia è innegabile che vi siano elementi negativi. La spersonalizzazione dei rapporti conduce al rilascio dei freni inibitori e, dietro la apparente protezione dello schermo, le persone si lasciano andare a commenti offensivi e violenti che probabilmente mai avrebbero fatto se si fossero trovate di fronte alla persona destinataria dei commenti medesimi. Sono i cosiddetti “leoni da tastiera”, spesso poi destinatari di avvisi di garanzia proprio a causa dei loro interventi fuori controllo (la diffamazione è un reato). In ogni caso è indubbio che nulla può e potrà mai sostituire il rapporto umano, le relazioni vere, quelle forme di comunicazione non verbale (che si percepiscono da uno sguardo o dai movimenti del corpo) che qualificano in maniera unica il mondo reale e che sfuggono totalmente al mondo virtuale. Concordo, come per tutto il male è l’abuso, non l’uso. Tempo libero, quel poco che riesce a ritagliarsi, come lo passa? Quali sono i suoi hobbies? Letteralmente “incollata” a mio marito Paolo. Quando sono libera mi precipito a Lamezia e sto accanto a lui, gli sto vicina quanto più tempo possibile. Posso dire che per hobbie faccio la moglie o viene male interpretato? Quando però non riesco a raggiungerlo amo molto andare al cinema. Adoro i film di Tornatore da “Nuovo cinema Paradiso” a “La migliore offerta” e, per ultimo, “La corrispondenza”. Direi che il suo hobbie è bellissimo! Che rapporto ha con la religione? Ho avuto dalla mia famiglia un’educazione cattolica e ricordo che ogni domenica andavo a messa con mio padre e i miei fratelli. Sono cattolica e praticante, nel senso che la domenica quando posso assisto alla Santa Messa. Più passano gli anni (e ormai comincio ad avere una certa età) più sento forte l’esigenza di pregare, di rivolgermi a Dio, di affidarmi a Lui. Quando sento le parole di Papa Francesco mi si apre il cuore, perché riesce a raggiungere veramente l’anima delle persone e a trasmettere messaggi di speranza. Mi ha colpito molto una sua frase “Non cediamo al pessimismo. Non passiamo a quella amarezza che il diavolo ci porge ogni giorno”. Il pessimismo e l’amarezza sono tentazioni del diavolo. Bellissima frase. Musica, libri, che ruolo occupano nella sua vita? Mi piace molto ascoltare la musica e leggere. Quando lavoro a casa sono abituata a mettere in sottofondo musica classica e mi sembra di riuscire a lavorare meglio (lo facevo anche quando ero studentessa). Da sempre amo leggere. Ultimamente sto rileggendo i classici nei quali riscopro sempre qualcosa di nuovo e mi sorprendo ogni volta della loro modernità. Penso a “I Promessi Sposi” che ho riletto di recente e alla struggente immagine della madre di Cecilia, bambina

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uccisa dalla peste, quando i monatti vanno a prelevarla per portarla via “come il fiore già rigoglioso sullo stelo cade insieme col fiorellino ancora in boccio, al passar della falce che pareggia tutte l’erbe del prato”. I libri da sempre mi accompagnano. Sta diventando una domanda rituale questa, specie quando so di trovarmi di fronte a chi, come me, li ama. Cosa pensa del randagismo che purtroppo dilaga? Ha ragione, amo gli animali e amo molto i cani. Quando avevo cinque anni mio padre tornò a casa un giorno con un cucciolo di pastore tedesco, lo chiamammo Duk e visse con noi credo 14 anni. Poi si ammalò e morì. Inutile sottolineare che vivemmo in casa un vero e proprio lutto (chi ha vissuto la stessa esperienza può capire di cosa parlo). Ora ho Jeckie, un Jack Russel femmina, bellissima e dolce, che vive in casa con me da quattro anni e che è una risorsa affettiva importante per tutta la famiglia. Purtroppo il randagismo è un problema che deve essere affrontato in modo serio e complessivo perché credo che riguardi moltissime città italiane. Per evitare i soliti scaricabarile che normalmente avvengono tra i vari soggetti chiamati a dare risposte sul punto, occorrerebbe una normativa stringente per incentivare l’adozione e la cura dei cosiddetti amici a quattro zampe, per aiutare le associazioni di volontariato che si occupano del problema, per rendere efficace e generalizzato un sistema di sterilizzazione dei cani che non appartengono a nessuno. Le cose che potrebbero essere fatte sono tante ma bisogna avere la determinazione di perseguire l’obiettivo e raggiungerlo. Speriamo allora, per i nostri amici. In dirittura d’arrivo non posso non farlgliela questa domanda! La sua opinione sull’attuale Sindaco di Lamezia, Paolo Mascaro? Ritiene che si stia muovendo bene? Ho molta stima di mio marito e molta fiducia in lui. Non sono in grado di dire se si stia muovendo bene, non sono forse la persona giusta alla quale porre questa domanda. Ciò che posso affermare senza timore di essere smentita da nessuno è che si tratta di un uomo retto e capace, che si spende senza risparmiarsi per la sua città e per i suoi cittadini, che fa rispettare le regole sempre e comunque, che crede nella legalità avendone da sempre fatto uno stile di vita, prima ancora che un

principio da attuare nell’amministrazione. E’ difficile essere la moglie del Sindaco della propria città? Non mi sento la moglie del Sindaco. Mi sento la moglie di Paolo e, come ogni moglie, trovo che non sia semplicissimo avere a che fare con il proprio marito. In effetti è così con i mariti! Ha contribuito, con suoi scritti, alla pubblicazione di alcuni libri, sogna di scriverne uno suo? Si mi piacerebbe scrivere un manuale teorico-pratico indirizzato soprattutto alla polizia giudiziaria sulle tecniche investigative in materia di reati ambientali. E’ un argomento molto delicato, oggetto di recentissime riforme normative, e ritengo che potrebbe essere di ausilio per la formazione della polizia giudiziaria su temi comunque molto tecnici. E’ un sogno non troppo lontano. Concludiamo, come per tutti, con la domanda alla Marzullo, “la domanda che non le ho fatto e che avrebbe voluto le facessi”, si faccia la domanda, ci dia la risposta. “Le manca la sua terra? Si. Mi manca moltissimo! Quando atterro in aereoporto e vedo dall’alto il Golfo di Sant’Eufemia e la piana di Lamezia mi si stringe il cuore; quando torno in treno e guardo il mare mi sembra quasi di sentire lo scrosciare delle onde, il profumo della salsedine e dei canneti. E’ una terra sofferente che deve essere restituita alla sua naturale bellezza. Una bellezza che non è solo dei luoghi ma anche delle persone, persone laboriose e serie, persone oneste e capaci. L’illegalità e la criminalità sono mali endemici ma possono e debbono essere contrastati e abbattuti. Io sono fiduciosa. “ La guardi e pensi che potrebbe essere una modella: è bella, alta, magra, elegante sempre, in modo del tutto naturale, che indossi un jeans o un trench o un abito firmato. poi leggi quello che fa, le figure con le quali si raffronta, ascolti quello che dice e ti rendi conto che dietro quella figura apparentemente eterea c’è una donna forte, capace di prendere decisioni difficili, decisioni che fanno paura, ti rendi condo che, in effetti, ogni giorno potrebbe rappresentare un rischio per lei, proprio per quello che fa, per causalità e non per casualità. Eppure, quando smette gli abiti da Sostituto Procuratore è una donna semplice, che ama la sua famiglia, la sua terra, gli animali e pensi che quando si hanno valori veri come ideali, come principi, si riesce ad emergere dalla massa. Non possiamo che essere orgogliosi di questa lametina, di questa donna, che ama la sua città e che mostra al resto dell’Italia quello che siamo: gente decisa ad andare avanti combattendo i pregiudizi e la criminalità. La frase per lei è di una figura che ammira molto e che ha citato nell’intervista, Papa Francesco, è tratta dalla “Lettera alle donne” del Pontefice: “Grazie a te, donna, per il fatto stesso che sei donna! Con la percezione che è propria della tua femminilità tu arricchisci la comprensione del mondo e contribuisci alla piena verità dei rapporti umani”

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Associazionismo

Notte delle Candele Lamezia Terme 26 Febbraio 2017 - FIDAPA LAMEZIA TERME - Notte delle Candele – Il 26 Febbraio 2017 alle 18,30 presso l’Hotel Savant di Lamezia Terme la FIDAPA, sez. di Lamezia Terme, presidente Angela De Sensi Frontera, e la FIDAPA, sez. di Curinga-Acconia, presidente Adalgisa Parisi, hanno celebrato la “CANDLES NIGHT”, la cerimonia più importante dell’anno, il magico momento delle accensioni delle candele, che collega tutte le fidapine del mondo tra di loro, lontane, perché residenti in Paesi con tradizioni diverse, ma vicine e unite nel perseguire finalità comuni, prima fra tutte la “parità di genere”. Ospiti d’onore: la segretaria nazionale, Cettina Oliveri, in rappresentanza di Pia Petrucci, presidente nazionale; Giusy Porchia, vicepresidente distrettuale, in rappresentanza di Vincenzina Nappi, presidente distrettuale. Le presidenti o pastpresidenti delle sezioni limitrofe: Teresa Pullano, Soveria, Anna Magnone, Amantea, Enza Piraina, Maida; Il presidente del Lions,

anni negli Stati Uniti d’America e poi estesa in Europa. A Ginevra 16 Paesi nel 1930 formarono la Federazione Internazionale. Di seguito hanno preso la parola Giusy Porchia, che ha esaltato il ruolo storico della donna di oggi, sempre più sicura di sé e intraprendente; Cettina Oliveri, che ha espresso la sua gioia di trovarsi nella nostra Calabria, nella nostra Lamezia, di cui ha potuto apprezzare l’ospitalità e accoglienza. Ha incoraggiato le donne, in particolare le giovani, a non arrendersi, ma facendo leva sulle proprie risorse e su quelle del territorio, a procedere insieme, mosse dalla speranza che è possibile costruire un futuro migliore. Il Sindaco nel suo intervento ha riconosciuto l’importanza del ruolo storico svolto dalla FIDAPA a vari livelli nel promuovere la donna e con essa la società tutta. Si è complimentato per il lavoro svolto e ha concluso augurando buon proseguimento delle attività culturali in programma. Momento saliente della serata è certamente quello dedicato alla nomina delle socie onorarie.

E’ stato presentato, poi, un altro evento importante “ La premiazione delle socie artiste”. Ecco come si è espressa su questa manifestazione la presidente della sezione di Lamezia Terme. “La “Night candles”, come momento di festa e d’impegno sociale, è stata anche scelta dal Comitato della Fidapa di Lamezia come tempo e spazio ideali per premiare le socie che negli anni hanno dimostrato di possedere creatività e arte. Il nostro statuto nell’art.3 così recita in merito agli scopi: “valorizzare le competenze e la preparazione delle Socie… e il Tema nazionale del Biennio persegue queste specifiche finalità: “I talenti delle donne: una risorsa sociale, economica e politica per il nostro paese”. La nostra sezione dal 12 maggio al 15 maggio ha organizzato una Mostra¬-Esposizione al Palazzo Nicotera, inserendo la Manifestazione nel Maggio dei libri, organizzato dall’Amministrazione Comunale, una mostra che, includendo la “lettura per immagini”, è stata in grado di offrire l’opportunità alle socie, ricche di talento, di rendere visibili

Silvio Serrao del Compasso, e la presidente del Soroptimist, Lucia Greco. Come autorità politiche: Il Sindaco di Lamezia Terme, avv. Paolo Mascaro, e l’assessore alla cultura, avv. Graziella Astorino. A dare solennità alla serata internazionale, in apertura sono stati suonati: l’inno nazionale italiano, l’inno internazionale e l’inno della Fidapa. I presenti, all’in piedi, compunti, hanno partecipato cantando ad alta voce e prendendosi per mano durante la musica dell’inno della Fidapa. E’ stata la presidente di Lamezia, Angela De Sensi Frontera, dopo i saluti, ad illustrare il significato storico e simbolico della cerimonia nella sua relazione introduttiva. La BPW, la Federation of Business and Professional women, che unisce donne di tutto il Mondo, è stata fondata più di 80

La presidente di Lamezia, dopo aver letto gli eccellenti “curricula”, ha invitato la segretaria nazionale a consegnare le pergamene alle nuove socie onorarie. Su proposta del Comitato di presidenza e dell’Assemblea di sezione, Il Consiglio direttivo nazionale, presieduto da Pia Petrucci, il 12 Febbraio 2012 ha deliberato di nominare socie onorarie per Lamezia Rosarina Agapito e Ines Pugliese. “Nella Notte delle candele” la cerimonia della consegna: non poteva esserci momento migliore! Rosarina e Ines, contente ed emozionate, hanno preso la parola per ringraziare. Ines lo ha fatto recitando una sua poesia “Solo la Luna”di cui ha consegnato una copia a tutti i presenti. Un lungo applauso ha concluso questo momento indimenticabile.

le loro opere”. Mentre sullo sfondo sono proiettate diapositive con le immagini della Mostra di Maggio, le autorità fidapine presenti, Cettina Oliveri, Giusy Porchia, Enza Galati, hanno consegnato le pergamene alle socie artiste: Graziella Cantafio, Assunta Ionà, Luciana Parlati, Rosetta Vecchi, Rosa Silipo Monea, Aurora Agostini, Nella Scaramuzzino, Ines Pugliese, Adriana Adamo, Rina Minardi, Angela De Sensi Frontera. Complimenti e congratulazioni da parte del pubblico intervenuto in una atmosfera gioiosa e ricca di pathos. “Ora un altro magico momento”, prosegue la presidente di Lamezia, “ la nostra associazione si arricchisce di nuove socie, giovani socie, una giovanissima, che con il loro entusiasmo e con le loro novità

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Associazionismo

Serata di beneficenza organizzata dai club Lions, Rotary e Soroptimist

Nell’elegante ed accogliente cornice del Salone, che ospita l’Associazione Lametina del Burraco, guidata di Giovannella Famularo, si è svolta, in data 23 Febbraio u.s., una serata all’insegna della solidarietà e della beneficenza. La serata “Notte di Carnevale” è stata promossa dai Club Service Lions, Rotary e Soroptimist con il fine precipuo di raccogliere fondi per l’Associazione Volontariato Vincenziano di Lamezia Terme, la più antica associazione laica della storia del volontariato, che svolge attività assistenziali e caritative, soprattutto nei territori parrocchiali ed interparrocchiali, per promuovere, nella comunità, la carità in spirito di servizio ai poveri ed agli emarginati. I Presidenti dei tre Club Service, rispettivamente, Silvio Serrao del Compasso, Giuseppe Senese a Lucia Greco, hanno introdotto la serata, evidenziando necessità non che l’opportunità del lavoro di squadra e della condivisione di progetti

porteranno nuova linfa all’associazione, e contribuiranno a costruire il dialogo intergenerazionale, che in questo momento è in crisi, consapevoli che conoscenza, esperienza e saggezza possono coniugarsi con intraprendenza, energia, e novità tecnologiche.” “Ecco le nuove socie: Adriana Palermo, funzionario amministrativo, laureata in economia e commercio presso l’Università di Messina, coniugata, è madre di due ragazzidi 15 e 10 anni. Ama lo sport. la cucina, viaggiare. Madrine: Gabriella Baudille – Maria Letizia La Scala Irene Carnovale, Laurea in Giurisprudenza, Roma tre, avvocata presso lo studio Carnevale, ama la danza, che ha curato fin da bambina, con riconoscimenti nazionali e internazionali. Madrine: Nella Fragale e Serena Perri. Angela Sara De Sensi, di anni 22, si è laureata all’Università di Cosenza Lamezia e non solo

finalizzati al bene comune ed alla cooperazione ma, soprattutto, alla crescita sociale e culturale della città di Lamezia. I Presidenti banno, poi, sottolineato, comunque, l’importanza, per i singoli Club, di mantenere, ciascuno, la propria individualità e peculiarità, cercando di utilizzare adeguatamente le professionalità presenti all’interno, al fine di favorire la condivisione di valori come la moderazione, l’amicizia e la collaborazione, fondamentali per un corretto svolgimento delle attività associative. Alla serata ha partecipato, con entusiasmo, anche, il Sindaco Paolo Mascaro, il quale ha contrassegnato l’evento come “Evento Storico”, in quanto per la prima volta, nella città, tre apprezzabili club, agiscono e si muovono insieme, “remando dalla stessa parte”, tralasciando, quindi, sentimenti di rivalità e dissenso, per reali progetto fondamentale, veramente speciale, contro la povertà.

in Scienze dell’educazione, sta seguendo un master in criminologia, vuole proseguire in questo ambito e affrontare con competenza la questione femminile, specialmente il problema della violenza di genere. A lei l’onore dell’accensione della candela verde, quella della speranza. Madrine: Angela De Sensi Frontera - Anna Maria Agapito”. A chiusura della serata,

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alternandosi nella conduzione della cerimonia le due presidenti di Lamezia e di Curinga, hanno chiamato ad accendere le candele autorità, ospiti d’onore, socie, infine “la preghiera-impegno” e lo scambio di doni.

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Spazio aperto in un percorso “contemporaneo” Open Space è un percorso iniziato da un’esperienza di servizio civile prestato da quattro ragazzi nei locali del Sistema Bibliotecario Lametino nell’anno 2015/2016 e che è continuata con la costituzione di un’Associazione Culturale. Maria Chiara Caruso, Antonio Esposito, Lucia Pagano, Claudio Petronetti, accompagnati in questa avventura da un elemento un po’ ‘vintage’ ma entusiasta nel ravvedere passione supportata da competenze acquisite in percorsi universitari conclusi da questi quattro giovani. Piccolo esempio di come alcuni giovani decidano di creare un laboratorio culturale per continuare una esperienza di arricchimento, ma soprattutto per applicare il criterio della condivisione attraverso l’applicazione di linguaggi, prassi, metodologie e innovazioni nella divulgazione culturale soprattutto contemporanea. Il metodo di coinvolgimento nelle varie iniziative già realizzate è piaciuto. Il pubblico partecipa attivamente, in formula spontanea, a tutte le fasi salienti previste nei singoli incontri, con letture, dibattiti, momenti di musica e teatro: così facendo sono emersi attitudini artistiche talvolta inespresse . E’iniziata così una rassegna, nata a marzo 2016 in seno al Sistema Bibliotecario Lametino e giunta alla seconda edizione. Proprio a partire dalla seconda edizione la rassegna si sdoppia, creando due diversi generi “’900” e “musica&parole”. Ogni incontro di Contemporanea è caratterizzato dalla proiezione di video e immagini inedite, dall’allestimento di piccole mostre bibliografiche e dalla fornitura al pubblico di canzonieri con testi e accordi riguardanti i brani dei cantautori trattati. Sono stati trattati nel cor-

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so delle varie edizioni autori letterari: “Pier Paolo Pasolini in poesia”, “Elsa Morante lo scrittore al femminile”, “Luigi Pirandello l’uomo e la maschera”. Tra i cantautori: “Reading a microfono aperto sui testi degli Afterhours”, “Lucio Dalla – Il cantore di Piazza Grande”, “Fabrizio De André – Intellettuali d’oggi idioti di domani”, “Lucio Battisti quando musica e miseria diventan cosa sola”. In collaborazione con altre associazioni, Open Space ha partecipato alla manifestazione contro la violenza sulle donne patrocinata dal Comune di Lamezia Terme, curando la scelta dei testi interpretati e letti dai ragazzi intervenuti e supportando la direzione artistica. Ha organizzato e realizzato visite guidate presso i ruderi dell’Abbazia Benedettina di Santa Maria di Lamezia Terme, location del Color Fest 4. Collabora con la webradiolametina Radio Città Stereo nell’ambito della trasmissione letteraria-culturale “Il Tè delle Cinque”.

Ha organizzato e condotto una conferenza dedicata alla stampa con Clara Sànchez, scrittrice di best seller internazionali di genere thriller psicologico, tra i quali si ricorda “Il profumo delle foglie di limone” che ha venduto solo in Italia oltre un milione di copie. A marzo l’associazione festeggerà il suo primo anno di intensa attività con l’evento “Bukowski Tales”, che consisterà in reading, dibattiti, incontri, visioni che si terranno il 9 e 10 marzo a Lamezia Terme. L’evento permetterà a chi volesse, di partecipare alla mostra collettiva attraverso scatti fotografici, dipinti, creazioni, semplicemente contattando l’associazione: sarà una nuova opportunità, anche questa, per essere protagonisti! Lo spirito dell’associazione è, e resta molto semplice, come semplice è l’impulso di quattro giovani che non a caso scelgono “Open–Aperto” e “SpaceSpazio” come denominazione dell’associazione con diversi intendimenti: in un contesto di casi isolati di realtà associative, collaborare con le altre realtà che apportano all’organizzazione degli eventi il proprio contributo e la propria particolarità identificativa e soprattutto dare la possibilità, attraverso l’approfondimento di argomenti letterari e musicali a giovani e non, di essere attivamente partecipi. Lo spazio è aperto ma soprattutto libero “la libertà non è uno spazio libero, libertà è partecipazione”… grazie Gaber!!! e… magari scomodiamo anche Socrate “Il sapere rende liberi, è l’ignoranza che rende prigionieri.”

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Carnevale in arte a Samarcanda: Conclusa la manifestazione

Si è conclusa nella giornata di ieri la rassegna “Carnevale in arte”, promossa dall’associazione culturale Samarcanda, che ha coinvolto quasi 20 artisti lametini e calabresi in un percors che ha unito il tema del Carnevale alla ricerca artistica sui quattro elementi primordiali secondo la tradizione ellenica: acqua, terra, aria e fuoco. Tanti i visitatori nei tre giorni della manifestazione che si è svolta nella sede dell’associazione, all’insegna della sinergia tra espressioni artistiche diverse e contaminazione tra artisti provenienti da percorsi differenti. Una manifestazione che ha allargato i confini, geografici e artistici, vista la presenza tra gli altri della ceramista

siciliana Lucia Giglio, della pittrice italoamericana Valentina Vidett Davoli e di esperienze innovative come la street art di Giulia Cosco e la ceramica racu di Maria Luisa Gagliardi. Tra i partecipanti, gli artisti Bruno Bagalà, Graziella Cantafio, Maurizio Carnevali, Graciela Cruz, Maurizio Gullà, Miriam Guzzi, Livia Leoncini, Grace Lento, Melina Palaia, Dora Rocca, Maria Luisa Scaldaferri, Pino Scalise, Franco Serratore. Dopo la performance di Mario Maruca, che ha aperto la prima serata della manifestazione con un monologo incentrato sui quattro elementi primordiali e la loro concretizzazione nella vita quotidiana, a concludere la rassegna è stata la docente Michele Cimmino con un

excursus storico sul Carrnevale e i punti di contatto tra la tradizione filosofica greca e quella medievale e cristiana in cui affonda le radici l’annuale festa di tre giorni che precede la Quaresima. A conclusione della manifestazione, Manuelita Iacopetta ha ringraziato gli artisti “per essersi messi in gioco in un progetto comune e aver regalato alla città un Carnevale all’insegna dell’arte e del bellezza in un luogo come Samarcanda che sempre più sta diventando un punto di incontro e un laboratorio di idee e progetti per tutti coloro che coltivano passioni, idee, talenti e vogliono condividerle con gli altri”.

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Io, Adriana e la mia arte arte e creatività

Adriana Adamo è un’artista raffinata che dipinge con il cuore l’armonia e la bellezza del creato regalandoci messaggi preziosi. Tele e pennelli sono compagni silenziosi della sua anima e con lei convivono la quotidianità della vita, il tran tran di tutti i giorni alla ricerca di tranquillità. Costanza Falvo D’Urso Rondini in volo La mia pittura è da molti definita luminosa e solare, un classicismo Quando ho dipinto questo quadro non ho pensato a poeti o moderno. Io sono una persona riservata, timida, cantanti che avevano fatto riferimento a voli di rondini, era sicura però nello svelare il processo solo una mia esigenza di volare, una mia voglia di uscire dagli schemi e di sentirmi libera. generativo della mia arte. Mi chiamo Adriana Adamo E sono stata Cielo azzurro, qualche nuvoletta, spazio piccolo ma al un’insegnante di educazione artistica, profumo di lavanda con tocchi di papaveri rossi ed io … ora in pensione, presso la scuola Media che riuscivo a volare. Pitagora a Lamezia. Ai miei alunni “Più in là” sono gli ultimi versi del maestrale di Eugenio ho trasfuso l’amore per l’arte e li ho Montale ed io ho sempre guardato avanti. Certo lo apprezzerebbe di più quel “mi stimolati alla creatività perché so che c’è Ho superato le tante avversità della vita ed ancora voglia piace - non mi piace”. Anche nella di volare, di sostituire al dolore l’azzurro del mare. Ad una della potenzialità in ognuno e soprattutto Primavera del Botticelli c’è addirittura una scena patetica preferisco le fragoline di bosco ho le mie perché rende felice e crea autostima. doppia lettura. nature morte che componendole mi danno stabilità e, alle Io da sempre ho dipinto e ho creato, ho Ma la mia non è una lezione di storia negatività raffronto l’armonia dei fiori. avuto un papà creativo ed una mamma dell’arte ma la presentazione dei miei È che quando si guarda un quadro ci si ferma al “mi piace” fantasiosa sognatrice, una scrittrice, quadri che aldilà di individuare il titolo o “non mi piace” ma sarebbe bello tra il mio dire e il vostro ma c’è tanta differenza tra dipingere ed hanno anch’essi dei significati simbolici e esporre i quadri perché dipingere è una leggere ci unisse la voglia di volare, di mandare via con le psicologici come per tutti. rondini i cattivi pensieri perché a volte la vita fa paura ma cosa personale che appartiene solo a se Mi piacciono i fiori, ma perché c’è cosa un cielo azzurro è la vita. stessi mentre esporre ciò che hai dipinto più bella dei fiori? L’artista è Dio, io sono Giancarlo Bigazzi in una canzone dice che la vita è appartiene agli altri. solo l’interprete. “un’apertura d’ali, lo stormo di pensieri che volano da te”. E gli altri spesso del quadro fanno la Io colgo il bello della natura e nei fiori ho Ascoltatela e leggete i miei quadri con gioia perché non è lettura del “mi piace” - “non mi piace”. trovato l’amore. (a me parlano d’amore). solo a vent’anni che si hanno le ali. Alle mostre senti dire: che bello, che Per me un ricciolo è un capriccio, Una Ci è consentito di aprirle ogni volta che si vuol uscire dal brutto, sembra vero, non si capisce cosa mimosa è vita, specialmente se esce dal dispiacere, dal dolore, ogni volta che ci si vuole sentire vuol dire, o addirittura sono più brava io. suo quadro, È un’esplosione di gioia per liberi. È bello invece approfondire la lettura di il suo colore caldo e sfumato. un quadro. Osservarlo e sognare. Solare qualcuno definisce la mia pittura ed Io vengo da un liceo artistico, una scuola che insegna a sperimentare e ad amare l’arte, l’ho frequentato per passione, per cui mi è venuto spontaneo provare a dipingere a scolpire. Conoscevo le tecniche pittoriche e plastiche, ma cosa dire, che soggetti scegliere? È bastato guardare dentro il mio cuore! Mettermi in mostra è stato difficile ma devo ringraziare la mia amica psicologa Alda Cianflone Mazzei che mi ha spronato ad esporli, apprezzandomi mi ha dato sicurezza. E ricordo che alla mia prima mostra su cinque quadri ne ho venduti quattro e solo di uno ho recuperato la foto ultimamente grazie a Cristina Michienzi, tecnico della fotografia e a Letizia Cardamone mia prima piccola e cara cliente. Una mimosa calda, bellissima. Non li fotografavo, ma ero felice di venderli, nome per i soldi, ma quel “mi piace” della gente mi caricava. Vendere un quadro è come sposare una figlia, affidarla a chi la ama veramente. Dipingere è simile a scrivere, a fare poesia, la poesia la leggi o la ascolti però devi visualizzarla, Ci devi mettere le tue emozioni e devi fare immagini perché la poesia è cieca, parla al cuore, ma per entrare nel sogno del poeta devi creare l’atmosfera. E siamo abituati a farlo. Il quadro lo vedi ma è muto e sei tu lettore che devi dargli le parole perché anche l’artista, pittore, scultore, architetto che sia, è poeta o comunque un sognatore. Il linguaggio visivo è fondato sull’immagine ma parla al cuore come la poesia e la musica. Di fronte a “Guernica” di Picasso, all’occhio poco esperto dell’osservatore io condivido. E se i fiori stanno sul tavolo, nel cesto o in un prato? verrebbe lo sconforto se non conoscesse il significato o il codice di lettura Traduco: osservate il bicchiere blu. E’ stracolmo di gioia, via amore, di con il quale il pittore ha voluto raccontare un evento.

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Ho lavorato per il Museo Diocesano e per tutte le chiese di Lamezia e del circondario. Nella chiesa di San Domenico la FIDAPA ha finanziato il restauro del primo quadro entrando sulla parte destra, il Martirio di San Pietro da Verona, un quadro bellissimo che va sicuramente letto e non solo visto. Allora era presidente FIDAPA Anna Maria Jannazzo. Io adoro i lavori di Francesco Colelli tutti restaurati da me e dal professore Bagalà e penso proprio di avere realizzato un sogno al massimo come artista e come donna. (Ho vissuto d’arte non d’amore). Ho lavorato molto anche per privati proprietari di belle opere d’arte, sempre nel campo del restauro e sul territorio. Nel percorso della mia vita non mi ha accompagnato nè la salute né la fortuna ma vi prego, nei miei quadri, di leggere la gioia anche quando traspare la malinconia o la solitudine grazie Adriana

vita, Non ci sono soli fiori! Ho dipinto campi di girasoli ma ho voluto che fiori entrassero in casa, E nei campi di papaveri, in alcune tele i fiori escono dalla cornice. Nei paesaggi con ginestre esplosive, o con lavande profumate uno stormo di rondini vola via dal quadro. Poi si è dolcissime. Amo le mie tende caravaggesche (modestamente) e amo le mie nature morte che sono vive per me. Io gusto l’uva che dipingo, l’anguria appena spaccata che mi innaffia mi dà la freschezza della vita e poi è rossa, è viva come tutte le cose belle del creato. Io nelle nature morte ho trovato la stabilità. Amo la foglie girata, una melograno spaccata, la profondità di un paesaggio dal cielo azzurro con solo qualche piccola nuvola bianca che mi fa sognare il bello dell’esistenza e mi piacerebbe che l’osservatore entrasse felice in quello spazio tutto suo. Io ho trovato la voglia di volare. Mi capita spesso di uscire, con il pennello dalla tela per dare di più, per entrare nelle emozioni di chi guarda. “Più in là” diceva Eugenio Montale, nell’ultimo verso della sua poesia “il Maestrale”. Amo rispettare le regole della grammatica del linguaggio visivo per cui curo le linee, le forme, simmetriche e asimmetriche, equilibrio compositivo, gli effetti prospettici e a seconda dello stato d’animo cambiano i soggetti, i colori, le luci, le ombre, i volumi e gli spazi ma il lavoro è importante dal punto di vista emotivo. Ho dipinto angeli in volo che portano testi copiosi di fiori e frutti che offrono agli uomini sulla terra segni di pace di abbondanza. Raramente espongo le mie maternità che trovo dolcissime ma sono solo e tutte mie. Aspetto sempre di esporle a Natale ma ogni volta salta la mostra. Alda Cianflone e Angela Frontera una spintarella dovrebbero proprio darmela perché io sono alta, larga ma soprattutto profonda. Devo ancora scavare dentro di me per provare altre emozioni E trasferirle sulle mie tele. Per il mio carattere non dipingerò mai guerre, tristezze e malinconia. Ho lavorato in case private, ho fatto affreschi e decorazioni, tutti lavori bellissimi che mi faranno vivere a lungo. Ho vinto molti premi partecipando a vari concorsi e ho fatto tante mostre, ma la mia esperienza nel campo del restauro è stata la realizzazione di un sogno. Ringrazio l’amico architetto Natale Proto che non dimenticherò mai e che voi tutti certo ricorderete e ringrazio il mio amico collega Bruno Bagalà che mi hanno coinvolto in questo meraviglioso lavoro, poco retribuito, ma dalla grande soddisfazione.

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Spettacolo

Quando la Fortuna bussa alla porta Vacantiandu 2017 - Comicittà, VI Rassegna di Teatro Citta di Lamezia Terme, direzione artistica di Nico Morelli, Walter Vasta e Sasà Palumbo. In scena, l’11 e il 12 febbraio, al Teatro Costabile di Lamezia Terme, debutto assoluto dello spettacolo La fortuna con la C maiuscola, Gruppo Teatro Giovanni Vercillo di Lamezia Terme, regia Raffaele Paonessa. Lunga la frequentazione di questa compagnia amatoriale lametina con testi eduardiani, riveduti, corretti e realizzati sempre con grande successo. Perché la forza di questa gruppo teatrale sta nella coesione che sa mostrare sulla scena, nella bravura dei suoi attori ma anche nella capacità del suo capocomico/regista di saper dirigere tutti come un’orchestra ben affiatata alla quale non deve difettare alcuno strumento mentre la sua originalità risiede nella (rara) capacità “attraversare” il teatro eduardiano senza volerne fare una fedele trasposizione ma trasformandolo e facendolo proprio pur mantenendone inalterato lo spirito. Così per La fortuna con la C maiuscola che, già a partire dal titolo, con la sostituzione della “F” con la “C” mostra l’adattamento della scrittura scenica alla realtà locale con l’inserimento di qualche trovata (la scena del finto funerale), la riduzione dei personaggi e il déplacement della storia col-

Intemperante, brusco, perennemente affamato (tanto da diventare ladro di uova) è il personaggio di ‘Ntoni Ruoppolo magistralmente interpretato da Raffaele Paonessa bravo a tratteggiarne le spigolosità caratteriali, l’intolleranza nei confronti del figliastro Pasqualino, la sua insofferenza verso la moglie Maria. I suoi toni e suoi atteggiamenti non virano mai verso l’indulgenza. È sempre attento a non lasciarsi sfuggire una carezza o una parola buona. Ma in realtà e un burbero dal cuore tenero. Uomo semplice non avvezzo alla tenerezza che non sa come esternare i propri sentimenti, però dimostra amore e rispetto per la moglie non lasciandosi irretire dalle avance di Donna Amalia mentre il suo affetto paterno si disvela pienamente nella scena di “rieducazione alla parola” in cui cerca di impartire a Pasqualino (divenuto muto a causa di un “tramma”) i primi rudimenti del linguaggio mostrando una duttilità espressiva e tempi comici da attore di mestiere. E Pasqualino, nella vibrante interpretazione di Giovanni Paolo d’Ippolito, è il suo perfetto contraltare. Goffo, dispettoso, infantile, affetto da “ritardo nello sviluppo cognitivo e motorio” che, tuttavia, non gli impedisce di fare il ruffiano di Donna Amalia recapitando i biglietti di quest’ultima ai suoi amanti. Un lavoretto redditizio che gli permette

locata negli Anni ’60 (l’originale è del 1942) forse per meglio rimarcare il gap sociale con il fenomeno del boom economico che stava interessando l’Italia. Ma anche, e soprattutto, la capacità di declinare, con sublime leggerezza, uno dei capolavori del teatro partenopeo in quel dialetto lametino aspro e dolce insieme, sapientemente intessuto di vocaboli ormai in disuso che tanto bene fanno alla memoria. Inalterato, invece, l’intreccio narrativo e il nucleo della storia con i temi della miseria, della fame, della emarginazione in attesa che la fortuna bussi alla porta di quella povera e gelida stanza al pianterreno dove vive la famiglia Ruoppolo: marito, moglie e figliastro. In contrasto con la “bella vita” che sembra svolgersi ai piani alti dove abitano Donna Amalia e suo marito Don Ciccio anche se i “bisogni alimentari”, non soddisfatti, dei Ruoppolo creano una curiosa simmetria con i “bisogni carnali”, soddisfatti, di Donna Amalia. In una mistura di lamenti e riso si consumano e interagiscono le vite di queste due coppie in cui l’incursione di altri personaggi servirà a far nascere equivoci e imbrogli fino a sfiorare la tragedia.

di comprare sorbe e “sbumbette” usate come arma di difesa quando viene contraddetto. Un ruolo difficile ma preparato e studiato con somma cura per simulare sequenze gestuali e verbali disarticolate, tic, movimenti svogliati e battute smorzate/biascicate/reiterate in controtempo. Verace e sanguigna l’interpretazione di Pino Persico nei panni di Don Ciccio, geloso Otello di periferia ferito nell’onore. Pacioso, quasi indolente ma con una grande carica di umanità e di giustizia il notaio Sarachiallu di Biagio Colacino. Lento e misurato nei gesti, snob, elegantissimo e schifiltoso quanto basta il nobilotto Alfonsino marchese di Piano Luppino di Gennaro Palmieri. L’universo femminile è invece demandato a tre figure femminili rappresentanti tre diverse categorie sociali ed etiche. Maria Ruppolo, moglie di ‘Ntoni, donna morigerata e dedita alla famiglia. Lidia Macrì ne offre un ritratto tenero e di grande dignità, condito da sprazzi di umorismo dolceamaro. Avvolta in una mantellina color arancio con bordino celeste battesimo, le mani strette sul petto o gesticolanti a tracciare

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segni invisibili nell’aria o impegnate a sferruzzare (vista la sua impossibilità a cucinare per “eccesso” di miseria), si dimostra padrona assoluta dello spazio scenico. Da autentica donna del popolo, il suo senso di protezione nei confronti di Pasqualino è sincero e senza mezze misure e con modi decisi sa sottrarre il proprio uomo dalle grinfie di Donna Amalia. Donna Amalia, appunto, femme fatale di provincia, bella e vogliosa della quale Luisa Vaccaro, con grande freschezza e ironia, evidenzia la sfrontatezza, la voglia di evasione, il bisogno di libertà, l’insoddisfazione della sua vita coniugale con quel rozzo Otello di Don Ciccio. Perché Donna Amalia è donna elegante ed “evoluta” (parla solo in italiano), abituata a un tenore di vita “alto e altro” e così incede con movenze sensuali, giocando “distrattamente” con il suo boa rosso e facendo la civettuola con ogni uomo che incrocia sul suo cammino ma le sue proposte sembrano molto più innocenti

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che indecenti, tanto da strappare il sorriso. Ogni sua uscita in scena è una leggera ventata di allegria. A chiudere la triade dei personaggi femminili, la figura dell’avvocato Manzillo, nella convincente interpretazione di Francesca Scarpino. Professionale, in tailleur, come si conviene a una donna in carriera, infonde al personaggio quella giusta dose di cinismo necessaria per far leva sui sogni e bisogni di un povero diavolo come ‘Ntoni Ruoppolo. Evocativa e ben curata nei dettagli la scenografia firmata da Pino Persico con la riproduzione realistica di quella stanza povera e gelida che funge da cucina (sempre spenta), da tinello e da camera da letto con quel lettuccio di fortuna e quel pitale esibito come un vaso da fiori. Bravissimi tutti, soprattutto per la disinvoltura e la naturalezza con cui hanno saputo interpretare l’artificio. Tante risate e applausi fragorosi.

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Scuola

Della necessità della memoria

Lamezia Terme, 6 febbraio 2017, ITE “De Fazio”. Una sala gremita, ospite il giornalista/ scrittore/ critico cinematografico Paride Leporace, autore del libro Toghe rosso sangue. La vita e la morte dei magistrati italiani assassinati nel nome della giustizia. Al tavolo dei relatori Gianlorenzo Franzì, critico cinematografico, Simona Blandino, dirigente scolastico, la professoressa Liliana Piricò e la professoressa e blogger Ippolita Luzzo che, da tempo, ha instaurato con questa istituzione scolastica lametina un rapporto di stretta collaborazione nell’organizzazione di incontri con esponenti del mondo della cultura di levatura nazionale. Introduce la professoressa Piricò che sottolinea il “lavoro simbiotico” svolto dalla scuola nel proporre incontri di grande valenza culturale e umana. Poi il saluto istituzionale della dirigente Blandino che ribadisce l’importanza e la necessità della scuola di essere poliedrica cercando di offrire ai propri studenti stimoli diversificati al di là delle attitudini personali. Da qui la menzione delle otto competenze chiave europee con particolare riferimento alla competenza n.1 “comunicazione nella madrelingua”, riaffermando l’importanza di questi incontri culturali come stimolo necessario per la crescita di ciascuno. Non più scuola come hortus conclusus, dunque, ma sistema aperto al territorio e al mondo in grado di fare rete ottimizzando e mutuando esperienze positive e buone pratiche. Si entra così nel vivo dell’incontro con la presentazione dell’ospite da parte di Gianlorenzo Franzì, critico cinematografico e direttore artistico del Lamezia Film Fest da poco conclusosi e che ha visto, tra i tanti ospiti prestigiosi, anche Paride Leporace. Paride il “non etichettabile” (untaggable, direbbero gli inglesi, anche per i suoi outfit audaci e colorati). Fondatore di Calabria Ora, critico cinematografico, giornalista di frontiera in grado di intraprendere ogni attività con spirito anarchico e selvaggio, passione e sensibilità. Paride direttore artistico di Lucania Film Commission e ora anche di LuCa Film Commission. Quel Paride che ha saputo infondere vitalità e visibilità alla Lucania proiettandola sulla ribalta internazionale (nella speranza che possa compiere lo stesso “miracolo” per la Calabria!). E ancora il Paride critico cinematografico che svolge il suo mestiere come un “rilevatore storico” perché se il cinema è lo specchio della società in cui viviamo, fare della buona critica significa saper leggere la realtà. Poi c’è il Paride scrittore che viene tratteggiato da Ippolita Luzzo “alla sua maniera”. Un libro, Toghe rosso sangue, che racconta un pezzo di Italia, dal 1969 al 1994. Una scrittura civile e sofferta. La nebbia che avvolge i Palazzi di Giustizia. E poi il tema della fiducia che lo attraversa e che costituisce il collante civile in grado di avvicinare i cittadini alle istituzioni. Non è forse una storia di fiducia quella che lega Rita Atria, la testimone di giustizia morta suicida (forse), al giudice Paolo Borsellino? E ancora storia di sangue e di veleni. Ma nonostante la tristezza, la voce dei giudici ci chiede la ricerca della verità. Ricerca della verità, argomento che è carne viva, replica Paride. E in una sorta di flashback , riprendendo a volo d’angelo le riflessioni dei presenti, rivive la sua esperienza di docente di

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lettere nella periferia di Milano, il suo lavoro con gli studenti, i film di Truffaut… E ancora il suo lavoro di cronista, anche a Lamezia, di cui rammenta i due scioglimenti comunali per infiltrazioni mafiose. Il ricordo dell’uccisione del giudice Ferlaino il 3 luglio 1975 a cui è intitolato il Palazzo di Giustizia di Catanzaro. E Lamezia che continua a vivere nell’oblio… Poi i tragici anni ’90 con l’uccisione di Falcone e Borsellino che rappresentano un momento fondativo per la storia d’Italia. Paride, da giornalista, decide di occuparsene scegliendo il “fronte” da cui combattere. Diventa così un “indagatore della memoria”, per poterla trasmettere, ma si rende conto che è necessario, prima di tutto, ricomporla perché la lista dei magistrati uccisi e celebrati risulta incompleta. Comincia allora la sua ricerca nel “deserto di Mnemosine” e riesce a fare un elenco completo delle vittime: 27. Sono 27 i magistrati uccisi in Italia, un numero che non ha paragoni in alcun paese europeo. Uomini colpevoli di servire lo Stato, uomini che non avevano scelto di fare gli eroi, uomini soli uccisi dal terrorismo, dalla mia mafia e dalla ‘ndrangheta perché facevano il proprio dovere o fatti sparire come nel caso del giudice Paolo Adinolfi di cui non si hanno notizie dal 2 luglio 1994. Ricerca della memoria che coincide con la sua crescita umana “Sono cresciuto alla fine degli anni ’70, quando non si capiva che dietro la morte di un avversario politico c’è comunque una storia, una vita. Ho dovuto fare un percorso d rielaborazione del dolore. L’età mi ha smussato ma non piegato perché io sogno ancora un Paese normale…” Il suo libro, Toghe rosso sangue, nasce sul campo, parlando con i familiari delle vittime e, in alcuni casi, anche con i mandanti materiali. Pubblicato nel 2009, viene rieditato nel 2012 in una versione ampliata dalla casa editrice Città del Sole. Un libro che diventa pièce teatrale, un atto unico vibrante e condensato con inserti in dialetto calabrese messo in scena dalla Compagnia Les enfants terribles e rappresentato in tanti teatri italiani. La durata ridotta consente di creare una sorta di “tempo supplementare” con l’intervento di magistrati o testimonianze di familiari. Un libro nato per dare voce alla storia minore perché ricordare significa resistere. L’incontro termina con gli interventi di alcuni studenti dell’Istituto e con il saluto di Antonello Bevilacqua, Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Lamezia Terme. In attesa di assistere allo spettacolo Toghe rosso sangue a Lamezia Terme

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Otto Adolescenti da tutto il mondo ospiti del Liceo Classico “Fiorentino” di Lamezia Terme grazie all’Associazione Intercultura Lamezia Terme, 1 marzo – Otto studenti provenienti da tutto il mondo sono arrivati a Lamezia Terme e ci rimarranno fino a sabato 4 marzo, nell’ambito di un progetto di scambio promosso dall’Associazione Intercultura. Xiaoqian (Cina), Marin (Giappone), Clarissa (Messico), Candy (Hong Kong), Pan, Aum, Awika e Baitong (Tailandia) vivono dallo scorso settembre rispettivamente a Torino, Rivoli, Cremona, Bergamo, Reggio Emilia, Brescia, Sondrio e Lecco e ci rimarranno per un intero anno scolastico, mentre a Lamezia Terme rimarranno per una settimana, dove hanno incontrato i tre ragazzi che stanno svolgendo l’esperienza di studio annuale, e cioè Figo (Hong Kong), Vera (Argentina) e Klaudia (Ungheria). Il programma della settimana, ideato e organizzato dai volontari di Intercultura ha come titolo “Calabria: Antichità e contemporaneità tra due mari”, ed è ricco di attività e visite alle attrazioni locali, ma coinvolge anche le classi IA, IIA, IB, IC e IA (indirizzo artistico) del Liceo Classico e Artistico “Francesco Fiorentino” di Lamezia Terme, che i ragazzi stranieri stanno frequentando la mattina. “Un’esperienza interessante ed altamente formativa, non solo per ragazzi, quella della settimana di scambio nel nostro Istituto che ha da sempre accolto con entusiasmo il progetto educativo portato avanti dai volontari locali dell’associazione Intercultura, sostenendo alcuni allievi a effettuare soggiorni studio individuali all’estero, di media e lunga durata”, ha affermato la Dirigente Scolastica del Liceo Fiorentino, Teresa Bevilacqua, coinvolta in prima persona in quanto sta ospitando a casa propria uno dei ragazzi stranieri. Negli anni hanno vissuto un’esperienza annuale all’estero diversi alunni del Liceo classico lametino: Isabella Gigliotti della classe 5C che ha studiato per un anno in Serbia; Sara Lucà e Lorenzo Pileggi della classe 5D, rispettivamente un anno negli USA e un bimestre in Danimarca e tanti altri. Questi ragazzi, insieme agli alunni delle classi coinvolte, faranno da Ciceroni durante

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la settimana, all’insegna della scoperta, del divertimento e della comprensione reciproca. Uno “scambio nello scambio” che ha come obiettivo non solo far scoprire ai ragazzi ospitati una nuova località e le sue bellezze, ma anche quello di far conoscere Intercultura sul territorio. Xiaoqian, Marin, Clarissa, Candy, Pan, Aum, Awika e Baitong sono solo 8 dei circa 800 studenti che arrivano ogni anno per trascorrere un anno scolastico in Italia, nello spirito della crescita personale e dell’educazione alla mondialità, temi che

Intercultura promuove dal 1955 attraverso scambi scolastici sia all’estero che in Italia, cercando di ribaltare gli stereotipi culturali anche del nostro stesso Paese. L’associazione Intercultura é presente in maniera capillare sull’intero territorio nazionale, grazie all’attività di oltre quattromila volontari. Il Centro locale Catanzaro è uno dei 155 Centri di Intercultura che promuovono localmente i programmi di studio all’estero verso 60 Paesi esteri e di ospitalità, da 65 nazioni diverse. La sfida è rivolta anche alle famiglie lametine che hanno deciso di ospitare i ragazzi per la durata della settimana, per far entrare un frammento di mondo in casa propria, ma anche per guardare al proprio contesto geoculturale d’abitudine con gli occhi di chi ne

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è totalmente estraneo. “Certamente è un’occasione di arricchimento culturale reciproco che di rado si ha la fortuna di avere. Intercultura ci è stata di grande sostegno, per cui siamo già pronti per l’arrivo di Clarissa. “ io personalmente preparerò dei dolci locali!” – ci spiega una mamma ospitante a nome della sua famiglia, che, insieme ad altre 7, ha deciso di mettersi in gioco per quest’esperienza. Per avere più informazioni su Intercultura o sulle attività del Centro Locale in occasione di questa settimana di scambio potete consultare il sito www.intercultura.it oppure contattare la Prof.ssa Cinzia Emanuela De Luca (cinzia.emanueladeluca@istruzione. it) L’Associazione Intercultura (fondata nel 1955) è un ente morale riconosciuto con DPR n. 578/85, posto sotto la tutela del Ministero degli Affari Esteri. Ha status di ONLUS, Organizzazione non lucrativa di utilità sociale, ed è iscritta al registro delle associazioni di volontariato del Lazio: è infatti gestita e amministrata da migliaia di volontari, che hanno scelto di operare nel settore educativo e scolastico, per sensibilizzarlo alla dimensione internazionale. E’ presente in 155 città italiane ed in 65 Paesi di tutti i continenti, attraverso la sua affiliazione all’AFS Intercultural Programs e all’EFIL. Ha statuto consultivo all’UNESCO e al Consiglio d’Europa e collabora ad alcuni progetti dell’Unione Europea. Ha rapporti con i nostri Ministeri degli Affari Esteri dell’ dell’Istruzione, Università e Ricerca. A Intercultura sono stati assegnati il Premio della Cultura della Presidenza del Consiglio e il Premio della Solidarietà della Fondazione Italiana per il Volontariato per l’attività in favore della pace e della conoscenza fra i popoli. L’Associazione promuove, organizza e finanzia esperienze interculturali attraverso scambi scolastici internazionali rivolti ad adolescenti, famiglie e scuole di 65 Paesi di tutto il mondo: ogni anno più di 2.000 studenti delle scuole superiori italiane trascorrono un periodo di studio all’estero e vengono accolti nel nostro Paese quasi 1.000 ragazzi da tutto il mondo che scelgono di arricchirsi culturalmente trascorrendo un periodo di vita nelle nostre famiglie e nelle nostre scuole. Inoltre Intercultura organizza seminari, conferenze, corsi di formazione e di aggiornamento per Presidi, insegnanti, volontari della propria e di altre associazioni, sugli scambi culturali. Tutto questo per favorire l’incontro e il dialogo tra persone di tradizioni culturali diverse ed aiutarle a comprendersi e a collaborare in modo costruttivo.

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PALLAVOLO FEMMINILE

Sport

Ilenia Buonfiglio

(Capitano Cofer Lamezia):

“Tutta la mia vita gira intorno alla pallavolo”

Bella, Solare, Simpatica e Carismatica, in poche parole; Ilenia Buonfiglio, Una vita da pallavolista. Il suo percorso sportivo inizia nelle giovanili della società lametina per poi proseguire in giro per il sud Italia con tappe a Matera, Spezzano Albanese, Agrigento e Messina per poi ritornare a Lamezia e ritrovare le “vecchie” amiche. Cos’è la pallavolo per Ilenia? Ti rispondo subito che la pallavolo per me è Vita. Non esiste un giorno (se non quello di riposo) lontano da un pallone. Non esiste un week and senza Pallavolo. Non esiste una vita senza una squadra con la quale vivi ogni giorno e condividi te stessa, soprattutto, quando in una squadra trovi persone con le quali condividi tutto anche fuori dalla palestra. Non esiste argomento che non sia pallavolo. Non esiste niente che possa darti emozioni come la Pallavolo. È, da anni, la cosa per la quale sono sempre stata disposta a sacrificare tutto senza farmi mancare nulla. Se ho la pallavolo ho tutto. Mi fa sentire viva. Mi riempie l’anima, il cuore, il corpo e la mente. Sono rientrata a Lamezia dopo qualche delusione... ed a dire il vero ho avuto il coraggio di dire: basta, non gioco più. Ora non so. Sono tornata dove tutto è nato e francamente non ho neanche il coraggio di pensarlo più. Anzi ho voglia di dare di più a casa mia. Tutta la mia vita gira intorno alla pallavolo, ed è qualcosa che è sempre partito da dento. Non sono mai stati né i soldi né gli accordi a farmi restare in un posto piuttosto che in un altro ma l’amore e la passione per questo sport. Mi ha fatta crescere, mi ha formata, mi ha insegnato a vivere, mi ha insegnato e pensare da squadra e non essere mai egoista. Le esperienze negative sono sempre state educative e formative. Oggi se sono quella che sono è solo grazie ad una famiglia che mi sempre sostenuta e ad uno sport chiamato Pallavolo. Da quest’anno hai la fascia di Capitano. Una bella responsabilità È la prima esperienza dopo quella da vice a Capitan Cirifalco. È soprattutto una bella esperienza, molto formativa; ti insegna a vivere

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lo spogliatoio in modo diverso, modifica automaticamente l’atteggiamento in campo, presti attenzione anche al rapporto mister/società/squadra. In un modo o nell’ altro sei il tramite e non è facile rappresentare la parola di una squadra difronte alla tua dirigenza soprattutto quando poi ognuno ha le proprie considerazioni e propri pensieri, ma in generale si ragiona sempre da squadra e la cosa facilita il compito. Avete iniziato la stagione sicuramente meglio di quella passata, ma questo non è stato sufficiente per essere tranquille in chiave salvezza. Quali i motivi? La prima nonché importantissima motivazione è che siamo una squadra molto giovane, qualitativamente molto dotata ma mancante di esperienza. Mi spiego meglio; in campo siamo per metà veterane e per metà giovanissime, ma la rosa è molto giovane. L’inizio di questo campionato ha fatto di sicuro parlare di noi, ma francamente siamo sempre rimaste con i piedi per terra. Conosco molto bene questo campionato ed immaginavo fin dall’inizio che l’esperienza avrebbe fatto la differenza ad ogni partita. Ciò non toglie che credo ciecamente in questa squadra ed in questo gruppo di giovanissime promettenti. Alla fine del girone di andata la Società ha pensato di cambiare allenatore per dare una scossa. A quanto pare sembra che l’effetto ci sia stato, visti i risultati delle prime gara in cui siete andate sempre a punti. Era normalissimo che col cambio allenatore la “scossa” manifestasse i suoi effetti e non per demerito a Miste Celi, ma perché, sappiamo benissimo, che il fattore psicologico è determinante, soprattutto in una squadra femminile dove a fare da prima arma non sono le doti fisiche ma soprattutto quelle mentali. Appena arrivato mister Meneghetti eravamo tese e concentrate al punto giusto, sia per la partita sia per la dura scelta che la società prese. Ci sentivamo anche noi responsabili di questa scelta, alla fine noi siamo in campo e per quanto Il mister possa mettere il suo impegno, se la ruota non gira si iniziano a prendere provvedimenti. La società ha iniziato con Mister Celi ed ha concluso con l’acquisto di una giocatrice. Quindi la scossa era rivolta un po’ a tutti. Con Enzo Celi si era instaurato un rapporto forse fin troppo “familiare”? Non penso che la confidenza tra Mister e squadra possa influenzare negativamente nei risultati, anzi più che confidenza tra noi ed Enzo Celi (e mi riferisco soprattutto a chi lo ha conosciuto già dallo scorso anno) si era istaurato un rapporto di massima fiducia. Non dimentichiamo che per noi Enzo è stato “il salvatore”. Decise senza alcun timore di portare a termine un campionato per noi ormai andato allo sbaraglio, dove la forza mentale ci aveva ormai abbandonate. Eravamo rimaste in poche ed allo sbaraglio... sole con noi stesse ed una società “bleffata” da false promesse!!! È stato il gruppo, quello

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vero, dove l’amicizia, la passione e la fiducia l’una con l’altra si è semplicemente ricomposta con l’arrivo di Enzo il quale ha portato entusiasmo e voglia di fare. Enzo è arrivato in punta di piedi ma ha avuto la capacità di insegnarci subito che nella vita, anche in situazioni che sembrano ormai perse, non si deve mollare mai. Di conseguenza dico che non era confidenza quella tra noi e Mister Celi, ma semplicemente Enzo era uno di noi, ma come ben sai ogni anno sportivo ha una storia a se... ed ogni anno ha un inizio ed una fine. Il nuovo coach Meneghetti vi ha trasmesso qualcosa di diverso dandovi più stimoli? Diciamo che Mister Meneghetti ha un approccio completamente diverso. Naturalmente da quando è qui, tutte siamo state sotto esame, tanto quanto lui da parte nostra. Gli stimoli vengono da se. Noto la sua preparazione ed il fatto che faccia questo per professione. Lavora molto bene con le ragazze più giovani che sono state subito catturate dal suo voler curare i dettagli, sia nell’atteggiamento che tecnicamente. E’ uno di quelli che sta molto addosso alle ragazze con meno esperienza, per cercare di trasmettere loro quanto più possibile nel minor tempo, visto che il loro contributo è fondamentale per questa squadra. Oltre a Meneghetti è arrivata una vecchia conoscenza della pallavolo lametina come Alessandra Piccione. Un valore aggiunto? Si, L’arrivo di Alessandra Piccione lo vedo un valore aggiunto e prezioso direi per la nostra squadra. Ha un bel bagaglio d’esperienza utile alla nostra squadra. Forte tecnicamente e poi una gran bella persona. Sai benissimo quanto conta per me lo spogliatoio e quanto tengo a questa squadra/società. La sento un pò mia... come dire... io la definisco “casa mia” e per salvaguardarla ci metto il massimo impegno dentro e fuori la palestra. Questo lo dico perché, vado fiera di questo gruppo, che definisco sano e genuino ed Alessandra Piccione ha saputo amalgamarsi subito con noi. Conosceva già molto bene l’ambiente nonostante i diversi cambiamenti. Rodrigo o Tiffany, da che parte stai? Bella domanda. Non so. Ti rispondo non avendo mai vissuto una situazione del genere ma provando solo ad immaginare. Non l’ho vista ancora giocare ma di sicuro ne ho già sentito parlare abbastanza, l’ho seguita sui social e devo dire che fisicamente è molto dotata e la differenza viene automaticamente. Non mi va di rispondere sportivamente ma umanamente e ti dico che sono con Lei. Certe scelte nella vita, soprattutto quando è questa

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ad importele, non sono facili. Si vive in un mondo difficile pur essendo nel nuovo millennio...e non penso che la sua decisione sia stato un colpo di testa, ma una decisione dettata dalla sofferenza, spinta dal non stare più bene con se stessa e semplicemente poi, o da maschio o da donna ha continuato a portare avanti la sua passione. Sicuramente sarà più agevolata a giocare in un campionato femminile e con doti fisiche maschili... Ma chi sono io per poterla giudicare? Gli enti competenti l’hanno ritenuta idonea alla partecipazione dei campionati femminili e così sia. Non vedo perché fuori dalla palestra chiunque la chiamerebbe Tiffany e dentro al campo invece Rodrigo. Che sia Tiffany dentro e fuori. In ogni caso non vedo l’ora di vederla giocare. Siamo alla vigilia della Festa delle Donne. Qual è il tuo pensiero su questa festa Col passare del tempo è ormai diventata una festa che sta perdendo un po’ il suo reale significato diventando, ormai, un’occasione come tante altre per fare una cena tra donne. Per me è uno di quei giorni in cui mi viene da pensare al passato; quante donne hanno lottato per noi per darci la possibilità di una vita migliore per permetterci di fare ciò che possiamo fare oggi; penso a quanto coraggio che dovevano avere le donne del passato per lottare contro il mondo intero per provare ad esprimere un solo pensiero. Grazie a loro, oggi invece... donne in carriera. Mi dispiace francamente che in molti paesi del mondo questo ancora non accada... un pò per cultura un pò per diversità di pensiero ma ancora l’uomo fa prevalere la sua forza in forma spesso violenta nei confronti delle donne. Guardando la mia vita oggi e provando a proiettarmi nei meravigliosi ma tristi racconti della mia amata nonna spesso le domando: “dove trovavi questa forza? Cos’era che ti dava il coraggio di non mollare mai anche in tempi di guerra ed in situazione drammatiche?” E la sua risposta: “la forza te la dà la famiglia, i figli e la voglia di vivere perché vivere in libertà è un nostro diritto!” Riflettendo su queste poche, ma profonde parole dico: per me la festa della donna è un ringraziamento a tutte quelle donne che, come mia nonna e chi più di lei, hanno lottato per i diritti della vita che oggi godiamo! Mi reputo una donna fortunata pensando a quelle realtà in cui ancora la donna è vittima di abusi, sottomissioni, violenze e discriminazioni! Chi non vorrebbe un mondo migliore? Oggi donna significa: libertà, famiglia, lavoro, realizzazione personale e la donna di oggi è determinata, consapevole, organizzata, indipendente; sa fare la mamma, lavora, gestisce la famiglia. Infine, non posso non pensare alla mia “musa ispiratrice” mia Mamma... che ogni giorno mi insegna ad essere una donna migliore.

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La nostra storia e le nostre tradizioni

Il Movimento cattolico in Calabria e a Nicastro

ed i nomi di alcuni sacerdoti che lo fondarono e lo animarono Riferisce lo storico Pietro Borzomati nel suo “Aspetti religiosi e storia del movimento cattolico in Calabria” che avendo ricevuto in udienza il vescovo di Nicastro, mons. Domenico Valenzise, papa Leone XIII gli abbia manifestato il proprio rincrescimento perché in Calabria non fosse sorto ancora – e siamo già oltre i tempi della Rerum novarum - nessun comitato diocesano né parrocchiale dell’ “Opera dei Congressi e dei Comitati Cattolici”. Il papa espresse, comunque, l’auspicio che anche nelle diocesi della Calabria potessero presto sorgere e sviluppare gli organismi del Movimento cattolico organizzato, che nelle regioni del centro-nord d’Italia erano cresciuti tanto da aver assunto proporzioni inimmaginabili. Leone XIII diede incarico al vescovo Valenzise di prendere contatti con l’arcivescovo metropolita di Reggio Calabria, mons. Gennaro Portanova e gli trasmettesse a suo nome il messaggio contenente la sollecitazione affinché l’episcopato calabrese colmasse il vuoto organizzativo esistente in Calabria. Ed infatti dal 13 al 16 ottobre 1897, proprio sotto la presidenza onoraria di mons. Portanova, fu inaugurata l’apertura del “I congresso cattolico della regione calabra” la cui presidenza effettiva fu assunta dal barone Luigi De Matteis, vice presidente nazionale dell’Opera dei Congressi. Ora, se si pensa che si era ormai alla fine del secolo XIX e l’Opera dei Congressi e dei Comitati Cattolici era stata fondata più di 25 anni prima, nel I congresso di Firenze del 1875, si comprende bene il disappunto, frammisto ad ansia, espresso dal papa. D’altro canto, la situazione delle regioni del Mezzogiorno – esclusa la Sicilia dove giganteggiava la figura di don Luigi Sturzo – era nel medesimo stato in quanto i vescovi ed clero meridionali erano soggiogati dalla paura di ritorsioni nei loro confronti da parte del ceto dirigente liberale, che allora governava le amministrazioni pubbliche, e dalle sette anticlericali e massoniche che, a causa della Questione romana, combattevano una guerra spietata pag. 20

contro la Chiesa e le sue istituzioni. E’ prova di questa pervasiva paura esistente nel clero della regione la “circostanza che il padre Gottardo Scotton, inviato nel Mezzogiorno d’Italia dal Presidente nazionale dell’Opera dei Congressi aveva riferito che “alcuni componenti del comitato diocesano di

di parecchi comitati diocesani e parrocchiali nelle rispettive diocesi e la creazione di molteplici opere ed attività economiche e sociali o formative. Nel corso dei decenni si distinsero per impegno sociale don Carlo De Cardona e don Luigi Nicoletti a Cosenza; don Francesco Caporale a Catanzaro, don Luigino Costanzo, don Francesco Maiolo e don Saverio Gatti a Lamezia. All’opera ed alle attività di alcuni di loro fece riferimento Giovanni Paolo II, citandoli per nome, allorché visitò la Calabria nel 1984, durante un discorso che tenne a Paola, nella basilica di San Francesco il 6 ottobre. Disse in quell’occasione il papa: “Non mancano nella storia recente della Calabria figure di sacerdoti che hanno capito profondamente il senso di questo impegno e che hanno vissuto la loro vita sacerdotale dando quotidiana e coerente testimonianza di una forte tensione per l’elevazione morale e religiosa e per il riscatto sociale della propria gente. Ricordo i sacerdoti Carlo De Cardona e Luigi Nicoletti di Cosenza, don Francesco Caporale di Catanzaro, don Francesco Maiolo di Nicastro….”

Cosenza, per paura della massoneria imperante, avevano rifiutato di firmare la petizione contro la legge sul divorzio”. Tuttavia, dopo il primo congresso cattolico del 1897, qualcosa cominciò a muoversi anche nella nostra regione soprattutto per iniziativa di alcuni coraggiosi sacerdoti, sensibili alle direttive pastorali che Leone XIII aveva impartito al clero italiano con la pubblicazione, nel 1891 della lettera enciclica di carattere sociale “Rerum novarum”. Ed anche se il Movimento Cattolico in Calabria non raggiunse mai l’estensione e la profondità delle regioni centro settentrionali e della Sicilia, la loro opera ne consentì il decollo attraverso la creazione Editore: Grafichè di A. Perri

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La nostra storia e le nostre tradizioni

“U

Kunbutellu”:

antiche usanze di Gizzeria, piccolo paese della Calabria Il “ kumbitellu” ovvero il piccolo e particolare invito, lo si faceva ogni anno il 19 Marzo giorno di San Giuseppe e consisteva nell’invitare a pranzo tre persone povere del paese,di cui un uomo, una donna ed un ragazzino che simboleggiavano la sacra famiglia. All’epoca erano tanti i poveri che spinti dalla necessità andavano a bussare alle porte di quelle persone più benestanti di loro, alcuni ritornavano dove avevano mangiato l’anno prima, altri cercavano grazia altrove sperando in succulenti ed abbondanti piatti. L’avv. Domenico Statti, memoria storica del paese, ci raccontava negli ultimi anni della sua longeva esistenza (101 anni), circa il “kumbitellu” che anche sua madre al tempo donna Tommasina Agapito praticava questo tradizionale invito fin dal 1926, tralasciatogli dai genitori . Al suo palazzo andavano a mangiare sempre le stesse persone, poiché le stesse non perdevano tempo a riprenotarsi per l’anno successivo. Lo stesso avv. Statti si ricordava di un vecchietto che il giorno di San Giuseppe pranzava a casa sua, il quale veniva chiamato col soprannome di “Santu Tabaccu”.

U kumbitellu ,consisteva nell’offrire un abbondante piatto di pasta e ceci e per secondo due piatti di baccalà di cui uno fritto e uno stufato con le olive nere. In ultimo prima di congedarsi con gli ospiti gli si doveva offrire anche un dolce tipico chiamato “nakàtuli” fatto da un impasto di farina e uova e poi fritti in padella .La festa di San Giuseppe, affiancata da questo cristiano gesto di solidarietà umana, riempiva di tanta misticità e religiosità i cuori di tutti. Era come voler far sentire la gente povera per un giorno ricca e benestante. La festa di San Giuseppe avveniva nella chiesa dell’Annunziata e alla Santa messa in suo onore seguiva la processione del Santo portata a spalla dalle persone che avevano vinto l’incanto. Seguiva la banda musicale,il parroco don Gennaro Statti,e alla fine chiudevano la serata i “mascàri” con lo sparo dei mortaretti. Dopo il 1926, questa festa andò sempre via, via sciamando per l’immatura morte del parroco che tanto l’aveva voluta e sostenuta. Oggi il rito del kumbitellu si è perso perché, per fortuna, di poveri da sfamare non ce ne sono più.

Ciao Aldo! Una carissima amica e collega, Luciana Pellegrino, mi chiede di condividere un suo pensiero scritto, molto umano e profondo su un personaggio poetico da poco tempo non più tra noi. Si chiamava Aldo, occupava sempre una panchina, divano a lui caro che gli permetteva di partecipare alla vita della città e delle persone alle quali chiedeva spesso una sigaretta. Lamezia e non solo

La sua signorilità e discrezione, la sua gioia di esserci, mi dice Luciana, non lo accomunano a nessun balordo che staziona incurante per strada ma le sue doti insegnano a tutti che ogni vita è importante e degna e che nessuno va via senza lasciare un segno del suo passaggio. Ci viene in mente, a tal proposito, una poesia, anzi, qualche verso: Meraviglioso,

meravigliosamente umile e fidente... sospinto, portato, condotto, mescolato... Nella felicità di fluire e di perdersi... La sua voglia di esserci. Al Ciao Aldo di Luciana mi associo anche io, di vero cuore.

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Carissimi lettori, in questi giorni in cui la polemica sull’importanza di una legge che regoli la “libertà” di utilizzare cure o rinunciarvi, non posso far a meno di ricordare un libro letto alcuni anni fa, da cui fu tratto un bellissimo film che vinse il Premio Miglior Regia, al 60° Festival di Cannes. LO SCAFANDRO E LA FARFALLA (il film è omonimo), scritto, o meglio “dettato” dal letto di sofferenza d’u Jean-Dominique Bauby, il giornalista francese, redattore di ELLE, che, colpito da ictus, rimase completamente intrappolato nel suo corpo paralizzato nel suo corpo, mentre la sua mente rimase libera. Lo scafandro è il corpo ingombrante che non risponde più ad alcuno stimolo, la farfalla è la mente, lucida, vivace, libera. Bauby, dapprima ingombro della sua orrenda trappola, si percepisce come inutile, fino a desiderare di non proseguire nel suo cammino, ma, pian piano, dando spazio alla mente, si percepisce per quello che è, vivo. Il libro, dettato, col solo uso della palpebra sinistra, l’unica finestra sul mondo che gli rimane, è non il consiglio umano che incita alla vita, ma la storia di un percorso che non si ferma. Che non si interrompe con il dolore, ma era a una strada. Bauby non consiglia la vita, si “limita”, se così si può dire, a vivere. Il libro, molto più del film, risulta persino ironico, pieno di speranza e meraviglia verso la vita. In un momento in cui parlare di “rispetto” si concentra sulla morte, Bauby capovolge la prospettiva, non invitando alla vita, ma soltanto raccontando la sua esperienza DI vita. La “farfalla”, pian piano, si fa strada, uscendo dallo “scafandro” in maniera del tutto naturale, dopo aver imparato, non soltanto a comunicare tecnicamente col mondo esterno, attraverso la sua palpebra, ma anche e, soprattutto, con se stesso, scoprendosi e sorprendendosi. L’incredibile sen-

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sazione che il libro comunica, è il graduale ricorso alla speranza che rinasce naturalmente, non come “ritorno alla vita”, ma come “continuum” della vita stessa. In sostanza, Bauby non rinasce, ma continua a vivere. Oggi, in una cultura della “morte” in cui chiunque è lasciato in balla della sofferenza, possiamo constatare, attraverso l’esperienza comunicata da Jean-Dominique Bauby col suo libro, quanto la vita chiami vita e quanto sia stato importante che egli abbia potuto scegliere di non morire volontariamente, non percependo mai come un uomo dall’esistenza non “dignitosa”. Oggi che Bauby non c’è più, ma ha lasciato questa terra per cause naturali e non per sua volontà, col suo libro che resta a memoria del suo incredibile percorso, non possiamo esimerci, prima che lo Stato intervenga, dal comprendere noi stessi cosa sia la vita. In un mondo in cui conta solo l’ efficienza, la riflessione che egli ci comunica con tutta la sua profondità è, non un esempio, ma una strada contro l’appiattimento del pensiero verso ciò che sembra più ovvio, per almeno poter guardare e tener conto di un punto di vista diverso. Forte della sua volontà e percependo, non solo il lato oscuro della sua vicenda, ma la luce che gli viene dall’anima, Bauby ci fa fermare. Per riflettere, prima di decidere, prima di rinunciare. Perché, pur se la farfalla, a cui si paragona, nella realtà, ha, pur nel suo splendore, la più breve esperienza di vita, risulta la più carica di luce e colore. Di conseguenza, anche se dallo scafandro non si può uscire materialmente, al di là di esso, esiste comunque libertà. Pur con un libro pieno di pathos, ma anche di fortissima ironia, auguro a tutti di percepire quella “farfalla” che alberga in ognuno di noi... BUONA LETTURA.

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La violenza sulle donne

Era inverno,il cielo plumbeo creava un’ atmosfera pesante. Dietro i vetri di una finestra che dava in un cortile silenzioso e buio, una donna, come in attesa,osservava un gatto che sonnecchiava su d’una panchina sgangherata. Un cane spelacchiato girava in cerca di cibo.

Dovunque regnava silenzio, non un rumore non uno spiraglio di luce.Da tempo le finestre della casa di fronte restavano chiuse. Nessuno alzava lo sguardo per scrutare dentro,quasi per paura di rivedere la sciagura di quella famosa notte...

Fu un attimo, la donna fece un giro su se stessa e cadde a terra. Solo allora l’ uomo si rese conto di ciò che era successo, come impazzito la chiamava gridando.Avrebbe voluto svegliarla da quel sonno mortale ma lei non rispondeva più .Allora senza pensarci due volte, andò nella camera da letto, aprì il cassetto del comò, prese la pistola, si sdraiò accanto alla moglie e..portò la pistola alla tempia.Con un solo colpo passò ad altra vita.

Da quel giorno la casa di fronte rimane sbarrata, nessuno osa sollevare lo sguardo in alto verso le finestre, nessuno osa pronunciare il nome di Maria. Le amiche più intime ricordano i suoi capelli castani che tuttti le invidiavano per il caldo colore di bosco che le incorniciava il pallido viso, lo sguardo sognante mentre ascoltava una canzone, il suo sorriso, la sua voglia di vivere.

Maria non si era mai ritirata così tardi,usciva raramente. Ma , quella notte, forse lo splendore della luna,forse il caldo afoso,forse un incontro da tanto desiderato, le aveva fatto perdere la cognizione del tempo dimenticando che il marito, pur non avendo voluto accompagnarla, le avrebbe fatto,sicuramente, una scenata di gelosia.L’uomo infatti passeggiava nervosamente per la casa, ogni tanto sbatteva uno sportello, tirava calci alle sedie,apriva e chiudeva le Così ogni sera, in silenzio, si radunano nel cortile, si siedono imposte, bestemmiava. Sembrava una bestia in gabbia. sui gradini della scala che portava alla sua casa e aspettano un’ombra che lieve scivola fra di loro lasciando nell’aria un lieve fruscio e un dolce profumo. I passi della donna,come un triste presagio, rimbombavano nel silenzio della notte .Dietro i vetri,l’uomo Catena Perchè Dubbio attendeva. Forse fu quel modo sicuro Ti amo ancora sai Vorrei cercare Si sveglia il ramo di camminare, quella voluttosa sinuosità, quel viso felice, quel Ti amo e muoio. negli abissi marini e ritorna a fiorire. sorriso disarmante che fece perdere il senso della vita: completamente la testa all’uomo che Domani gli angeli E’ primavera all’ improvviso, appena la moglie fu ruberanno Capire perchè o illusione? sulla porta, l’afferrò dai capelli e con le mie lacrime i ciclamini Ines fare violento la sbattè contro la parete per farne una catena. appassiscono. di fronte. Mensile di informazioni - anno 25°- n.30 - marzo 2017 Iscrizione al Tribunale di Lamezia Terme n. 609/09 Rug. - 4/09 Reg. Stampa Direttore Responsabile: Antonio Perri Edito da: Grafichè Perri Lamezia Terme - Via del Progresso, 200 Tel. 0968.21844 - e.mail. perri16@gmail.com Stampa: Michele Domenicano Allestimento: Peppino Serratore Redazione: Nella Fragale - Perri Antonio Progetto grafico&impaginazione: Grafiché Perri-0968.21844

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