Teatrop agosto sett

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Lamezia e non solo

Editore: Grafichè di A. Perri

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Lameziaenonsolo

teatrop

Margherita Gigliotti

Questa non è una delle interviste classiche ma è un omaggio ad un gruppo di “Sognatori” che da oltre 40 anni fa Teatro convolgendo la città, le scuole, la gente comune, scendendo per strada, deliziandoci con performance a volte classiche, a volte imprevedibili, ma sempre, sempre, assolutamente godibili con un grande pregio: fare cultura perchè il Teatro è Cultura!

<<Non è il teatro che è necessario, ma assolutamente qualcos’altro. Superare le frontiere tra me e te: arrivare ad incontrarti per non perderti più tra la folla, né tra le parole, né tra le dichiarazioni, né tra idee graziosamente precisate, rinunciare alla paura ed alla vergogna alle quali mi costringono i tuoi occhi appena gli sono accessibile “tutto intero”. Non nascondermi più, essere quello che sono. Almeno qualche minuto, dieci minuti, venti minuti, un’ora. Trovare un luogo dove tale essere in comune sia possibile...>> Jerzy Grotowsk

40x40 Quarant’anni di teatrop 1976_2016

come un mantra, ogni volta che teatrop mette in scena il teatro come educazione, performazione e ricerca. Le parole di Grotowski ricorrono Una anno fa abbiamo cercato di

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raccontare la storia di teatrop in una mostra, curata da Margherita Gigliotti e Stefano Regio. Proprio in occasione del quarantesimo anno di attività artistico-

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teatrale a Lamezia Terme, teatrop ha messo in mostra alcune foto. Quelle più rappresentative della sua storia teatrale e sociale, nel Museo della Memoria di Sambiase. 40x40 è un saggio di immagini che raccontano: spettacoli, luoghi della città, uomini e incontri che si sono avvicendati in quarant’anni. Quaranta tavole tematiche per mostrare il cammino performativo e conoscitivo di una compagnia emblematica in Calabria. Teatrop nasce nel 1976 come un’emergenza. Emergente era la necessità di proporre nuovi sentieri d’aggregazione sociale, insieme alla sottile volontà di frantumare le convezioni della società; e anche ricreare e trasmettere nuovi collanti emotivi e poetici. La compagnia, in un contesto piuttosto provinciale e rurale, ha creduto

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fortemente di colmare questa urgenza. Andando oltre le logiche dei determinismi sociali, che plasmano attori sociali, con mestieri e pensieri prestabiliti, prima che esseri umanamente liberi. Il bisogno era: fare teatro dove non era neppure immaginato, o addirittura dimenticato. Contaminando i luoghi e le vie di Lamezia, con l’arte, la musica e la cultura materiale e artigianale delle putighe-botteghe, come le forge. In un vitale processo di contaminazione dei valori indotti. In questo contesto a volte ottuso, i contaminatori di teatrop hanno portato avanti la consuetudine dello sgomento, che l’attore di teatro povero esplora nelle sue drammaturgie popolari. Hanno costruito una possibilità, un’alternativa. Un gioco bellissimo come il teatro, trasformato in ricerca, in

sperimentazione. In un pensiero percettivo che ha come nucleo una riflessione illuminante, in un concreto atto di protesta. In scenografie umili, in genere cumuli d’ oggetti e materiali, spesso destinati alle discariche, si narravano storie quotidiane. L’attore era scomodo in scena, come è scomodo decostruirsi, cioè eliminare - togliere le divise psicofisiologiche e quelle antropologico-culturali, per così finalmente allenarsi all’ascolto. Nella storia recente della compagnia, a proposito di decostruzione, l’attenzione si concentra sul teatro ragazzi, e ai bambini che ad esso partecipano. I quali sono, per fortuna, ancora sciolti dalle catene del sistema. Laboratori e spettacoli per bambini diventano il pretesto per lanciare nuove sfide.

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Una di queste sfide è l’educazione all’ascolto, del proprio corpo e delle proprie reali urgenze. Quelle che stupiscono, e fanno del teatro un luogo in cui trovi una risposta, a quella lancinante domanda che ci portiamo appresso dacché nasciamo: io, chi sono? Oggi teatrop ritorna con una nuova produzione, letteralmente visionaria. Infatti, con il nome di “Visionari: statue in parata”, ritorna a calcare le strade; un luogo dove è più diretto il coinvolgimento degli spettatori. Visionari è astrattismo; è idea, apparizione, proiezione, colori e ... sorpresa! Vi siete mai chiesti cosa succede quando nella mente di un artista si accende la creatività? Forme, colori, materiali si trasformano e mutano. L’iniziale staticità dell’estro si concretizza

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in una narrazione ottica, davvero spettacolare e intuitiva. Stazioni e Parate si susseguono a ritmo di una guida: un Ministro del Tempo. Un personaggio un po’ artista un po’ scienziato, che non parla bene, si esprime solo tramite le sue tre colorate opere itineranti e le loro reazioni. Egli sarà talmente caparbio da riuscire nella sua impresa: tramutare statue in esseri danzanti. In un concerto di suoni allegri, ipotesi geniali e prove estenuanti ecco che la FANTASIA si crea. Una triade della CREATIVITÀ, e del dopomoderno artistico, è pronto a invadere l’immaginario urbano insieme al loro creatore, per stuzzicare i sensi della vista e delle orecchie. Uno spettacolo d’atmosfera che sollecita le emozioni e i sorrisi. Pierpaolo Bonaccurso, direttore artistico di teatrop, ha dichiarato:

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“Come nello spettacolo, tutti noi della Compagnia teatrop, abbiamo insieme trasformato i materiali inermi e le nostre idee in quadri da visionare e interpretare. Siamo certi che ogni spettatore avrà una sua personale <<visione>> dello spettacolo, perché guidato dalla sua personalità, e dai suoi sentimenti. I costumi sono stati il prodotto di mesi di lavoro, con una particolare attenzione all’utilizzo di materiali semplici e di riciclo.” Vedremo questo spettacolo in occasione della XXVIII Edizione del festival di teatro di strada: TEATROLTRE, all’interno della programmazione di LAMEZIA SUMMERTIME 2017. Il festival TeatrOltre si svolgerà dal 13 al 17 Settembre 2017, nei luoghi storici della città, tra Nicastro e Sambiase.

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Religione

Migliaia di pellegrini a Conflenti nel giorno conclusivo della festa della Madonna della Quercia

Miglialia di pellegrini, dalla diocesi lametina e da tutta la Calabria, hanno raggiunto il santuario mariano di Conflenti, nel giorno conclusivo dei festeggiamenti in onore della Madonna della Quercia di Visora, festeggiata come ogni anno l’ultima domenica di agosto. “Questo Santuario della Vergine dalla storia lunga e feconda ci unisce tutti. Il santuario di Conflenti sorge come risposta grata e commossa al dono della sua presenza in mezzo a noi. Cosa vuol dire avere Maria vicina? In cosa consiste la sua vicinanza? Nella instancabile compagnia che Dio, essendo un Dio incarnato, continua ad assicurare alla famiglia umana, soprattutto attraverso Maria, Madre Sua e madre nostra”, ha detto il vescovo di Lamezia Terme Luigi Cantafora nel corso della solenne concelebrazione durante la quale l’amministrazione comunale di Conflenti, rappresentata dal Sindaco Serafino Paola, ha offerto alla vergine il tradizionale cero votivo. Il rapporto inscindibile tra Cristo e la Chiesa è stato messo in evidenza nell’omelia dal vescovo lametino, sottolineando come “non si può capire la Chiesa senza Cristo, ma anche non si può capire Gesù senza la Chiesa. Separare Gesù dalla Chiesa sarebbe voler introdurre una «dicotomia assurda», come scrisse il beato Paolo. La Chiesa è come una madre che custodisce Gesù con tenerezza e lo dona a tutti con gioia e generosità. Nessuna manifestazione di Cristo, neanche la più mistica, può mai essere staccata dalla carne e dal sangue della Chiesa. Senza la Chiesa, Gesù Cristo finisce per ridursi a un’idea, a una morale, a un sentimento. Senza la Chiesa, il nostro rapporto con Cristo sarebbe in balia della nostra immaginazione, delle nostre interpretazioni, dei nostri umori. Maria continua ad avere questa unica e grande missione: la maternità verso noi tutti. Maria cammina con la Chiesa fin dalle origini. Ella, Madre di Dio, è anche Madre della Chiesa e, per mezzo della Chiesa, è Madre di tutti gli uomini e di tutti i popoli. Che questa Madre dolce e premurosa ci ottenga la benedizione del Signore. Che questa Madre ci riporti a casa nostra. E la casa di ciascuno di noi è la Chiesa”. Il rettore del santuario di Conflenti e vicario generale della Diocesi, Don Adamo Castagnaro, ha espresso gioia per la

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grande affluenza di pellegrini che durante tutto l’anno giunge al santuario per affidare a Maria le proprie preghiere e le proprie speranze. Il rettore ha ricordato i lavori di restauro che nell’ultimo anno hanno riguardato il santuario, i pellegrinaggi durante tutto l’anno tra cui la tradizione ripresa del pellegrinaggio a piedi dalla Cattedrale che si farà anche quest’anno la seconda domenica di settembre, le visite alla Querciuola e al vicino monastero delle Clarisse “segno che Conflenti è sempre più “città di Maria”, un polmone spirituale per la nostra terra, un luogo che è cornice dell’incontro tra ognuno di noi e Gesù attraverso la Madonna”. Come da tradizione, nella notte che precede la festa a Conflenti si è vegliato in preghiera nel santuario per la diocesi di Lamezia, la Calabria e il mondo intero, nella notte che introduce alla festa della Madonna della Quercia di Visora che si sta celebrando in queste ore al santuario del comune del Reventino. Canti e preghiere mariane, le lampade accese dalle diverse comunità della diocesi lametina e poste ai piedi della Madonna, l’adorazione e la processione eucaristica attorno alla Chiesa sono stati tra i momenti più intensi di una veglia di preghiera, presieduta da Don Roberto Tomaino, che si è protratta fino alle prime luci dell’alba quando pellegrini da diverse parti della diocesi sono arrivati a piedi, percorrendo le strade di montagna che, passando dal luogo dell’apparizione “La Querciuola” arrivano fino al santuario. E’ grande la devozione alla Vergine di Visora da parte della diocesi lametina e da tante parti della Calabria, che ogni anno vengono a portare ai piedi di Maria i bisogni e le speranze di tante famiglie. “Maria ci ricorda una speranza certa, una garanzia: quella di avere una Madre. E il pensiero di una madre sono i suoi figli. Noi possiamo essere fiduciosi e sperare perché siamo il pensiero di Maria”, ha detto Don Roberto nel corso della notte durante la quale sono state lette le cronache dei miracoli e delle tante apparizioni, documentate e presenti anche agli archivi vaticani, che si sono svolte a Conflenti a partire dal 1578 quando la Madonna apparve per la prima volta al pastorello Lorenzo Folino.

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Spettacolo

“FATTI DI MUSICA 2017”: premio ai migliori live a MASSIMO RANIERI E DANIELE SILVESTRI che hanno chiuso tra gli applausi la sezione “Ferragosto Live Festival” Dopo il successo di Notre Dame De Paris a Cosenza per la sezione “Grandi Opere” e della prima parte della sezione internazionale “Reggio chiama Rio”, chiusa dal trionfale concerto di Sergio Cammariere, con lo spettacolo di Massimo Ranieri e il concerto di Daniele Silvestri si è conclusa anche la sezione “Grandi Autori – Ferragosto Live Festival” della trentunesima edizione di “Fatti di Musica”, il Festival del Miglior Live d’Autore italiano e internazionale ideato e diretto da Ruggero Pegna. Nella straordinaria cornice del Teatro dei Ruderi di Diamante, Massimo Ranieri con il suo grandioso spettacolo “Sogno e sono desto, in viaggio” e Daniele Silvestri, con l’unica tappa calabrese del suo ”Overture Tour 2017”, hanno chiuso l’intera parte estiva di “Fatti di Musica” davanti ad un numerosissimo pubblico, tra applausi, cori, ovazioni ed anche sorrisi, strappati dalla bravura e dall’ironia dei due artisti. Entrambi i “live” sono stati premiati con il “Riccio d’Argento” del celebre orafo calabrese Gerardo Sacco, premio ai Migliori Live d’Autore di “Fatti di Musica”, l’oramai storico oscar dello spettacolo dal vivo che ogni anno propone i suoi eventi in splendide location della Calabria, come appunto il Teatro dei Ruderi di Diamante incastonato in cima alla suggestiva Area Archeologica di Cirella Antica, con una veduta mozzafiato sul Tirreno. “Due live molto diversi, due generazioni di musicisti e autori anche distanti, concezioni diverse della musica d’autore, ma due artisti bravissimi, unici e generosi – afferma Pegna - con una caratteristica in comune: il desiderio di dare al pubblico la loro arte con spettacoli dal vivo perfetti, davvero eccezionali, capaci di incantare i loro rispettivi estimatori! Ranieri – continua il promoter – è una pagina della storia della canzone e dello spettacolo italiano, artista totale, capace di spaziare dalla musica al teatro, di far sorridere e commuovere; dal canto suo, Silvestri è certamente uno dei musicisti e cantautori più bravi, divertenti e originali. Il Riccio di Fatti di Musica è un riconoscimento a due live coinvolgenti e ben congegnati anche dal punto di vista scenotecnico, premiati innanzitutto dal tripudio del pubblico!”. Massimo Ranieri, in questo spettacolo da lui ideato e scritto con Gualtiero Peirce, ha presentato le sue grandi canzoni, tra racconti particolari e colpi di teatro. Nel duplice ruolo di attore e cantante, Ranieri ha aperto la serata con un racconto divertente della sua infanzia, portando subito in scena il consolidato cocktail di teatro umoristico e celebri canzoni napoletane. Un Massimo Ranieri in gran forma, capace di saltare da una parte all’altra del palcoscenico e

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finanche sul pianoforte, ha confermato che la sua musica non ha età ed è davvero intramontabile. Bravissimi tutti i musicisti dell’Orchestra formata da Max Rosati, chitarra, Flavio Mazzocchi, pianoforte, Pierpaolo Ranieri, basso, Luca Trolli, batteria, Donato Sensini, fiati, Stefano Indino, fisarmonica. La sera successiva, in circa due ore e trenta di concerto, Daniele Silvestri ha travolto il suo pubblico, fino a trascinare tutti a ballare anche in piedi su poltroncine e gradinate. Una vera esplosione di idee, suoni ed energia. In questo tour estivo, una sorta di “vacanze preferite” tra Calabria, Puglia, Sicilia e Sardegna, entra in scena tra effetti e luci da megaconcerto con ben sette musicisti: Piero Monterisi, batteria, Gianluca Misiti, tastiere, Gabriele Lazzarotti, basso, Duilio Galioto, tastiere, Sebastiano De Gennaro, percussioni e vibrafono, Daniele Fiaschi, chitarre e il lametino Marco Santoro, fagotto, tromba e cori. Due live entusiasmanti, che hanno confermato la sempre lucida direzione artistica del Festival da parte del suo ideatore e organizzatore Ruggero Pegna, che in trentuno edizioni ha assicurato al pubblico, non solo calabrese, alcuni degli eventi nazionali e internazionali di maggior prestigio e spessore artistico, contribuendo alla promozione di alcuni dei beni culturali e paesaggistici più belli della Calabria e dell’intero Paese. Un lavoro costante e infaticabile che continua a produrre nuove idee e produzioni originali, arricchendo di nuove sezioni, record e opportunità un Festival come Fatti di Musica, divenuto uno dei maggiori eventi di Musica Popolare Contemporanea, risultato anche quest’anno tra i vincitori del bando di Regione Calabria e Comunità Europea nella fascia A, quella dei Grandi Festival Internazionali. Dopo una breve pausa, l’enorme calendario di “Fatti di Musica Radio Juke Box” riprenderà con un fuori-programma dedicato alla comicità d’autore: lo spettacolo “Performance” di Virginia Raffaele del 3 novembre al Teatro Rendano di Cosenza. Poi, eccezionale chiusura di “Reggio chiama Rio” con il concerto-evento unico in Italia di Gilberto Gil con il Cortejo Afro e il Nucleo de Opera da Bahia del 5 novembre e il concerto di Yamandù Costa del 28 novembre, entrambi al Teatro Cilea di Reggio Calabria. Sempre a novembre, esattamente nei giorni 24 e 25, sarà presentata al Palacalafiore di Reggio anche la prima assoluta del nuovo musical sulla vita di San Francesco di Paola, opera composta e scritta dal maestro Francesco Perri, con la regia di Marco Simeoli e uno strepitoso cast. Per ogni informazione sono disponibili il numero telefonico 0968441888, il sito www.ruggeropegna.it, oltre ai siti ufficiali dei singoli artisti e alla pagina facebook di “Fatti di Musica”.

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Associazionismo

Il Club del libro C’è chi legge e basta. C’è chi legge e pensa fra sé e sé. E, infine, c’è chi legge e sente l’esigenza di condividere la lettura appena terminata con qualcuno. «La lettura è un atto necessariamente individuale», diceva Italo Calvino. È vero. Ma è anche vero che il post-lettura può trasformarsi in un atto collettivo. Perché, si sa, è solo attraverso la condivisione che si può cogliere una sfumatura che era sfuggita, si fa in modo che quelle parole non scompaiano chiuso il libro, e si regalano agli altri interpretazioni e idee sorte mentre si sfogliavano le pagine. Per queste ragioni, con la voglia di condividere la passione per la lettura e di moltiplicarla coinvolgendo chiunque ne abbia voglia, è nato il Club del Libro di Lamezia Terme. A fondarlo, Francesca Severino, ad ospitarlo nei propri locali, il Qmè. Il Club del libro è organizzato e concepito secondo tradizione – ogni mese si discute un libro – ma la possibilità di continuare a discuterne sui social (https://www.facebook.com/lectorinfabulaclub/) rimane sempre aperta, quindi, molto spesso, la discussione continua o riprende anche molto tempo dopo. Il libro di settembre 2017 è un romanzo d’amore… molto sui generis. Sullo sfondo di un paese attraversato dalla seconda guerra mondiale, con le taglienti immagini di una storia minore - quella dei giapponesi deportati nei campi di concentramento - si snoda un amore fatto di tempi sbagliati, orgoglio malcelato e ferite da curare, ma al tempo stesso indistruttibile. A proporre i libri sono gli iscritti, ma possono partecipare alla scelta anche i semplici curiosi, sempre ben accolti dal gruppo, i cui partecipanti sono obbligati, per patto tacito volto a creare un ambiente sereno ed informale, a darsi del “tu”. Quello dei gruppi di lettura è un fenomeno difficile da quantificare, ma molto diffuso e probabilmente in crescita, a cui vanno aggiunti i gruppi organizzati e ospitati dalle librerie e quelli spontanei e semi privati che nascono nei posti di lavoro o a scuola, e che spesso sono destinati a sciogliersi dopo pochi incontri: piccoli gruppi simili a quelli descritti un secolo fa, nel 1916, da Edith Wharton in Xingu, presi in giro da Ira Levin nel romanzo “La fabbrica delle mogli” del 1972 o rimpianti con una certa nostalgia nel bestseller del 2007 “The Jane Austen Book Club” di Karen Joy Fowler. La differenza è che prima di Internet i club del libro dovevano mantenere una doppia natura: erano pubblici, ma dovevano essere

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anche esclusivi. Erano un fenomeno borghese, derivato dei salotti letterari dell’Ottocento, i cui partecipanti spesso si sentivano parte di un’élite, ma che si prestavano anche a declinazioni piccolo borghese e provinciale. Resiste, e anzi prospera, una pratica di discussione sui libri che sembrava destinata a svanire. Ma anche queste iniziative, probabilmente, sono un segno di una trasformazione più ampia dei libri e del nostro modo di leggerli, che da attività privata, quasi intima, ha sempre più spesso uno sviluppo pubblico. Da quando Internet ha permesso a chiunque di esprimere giudizi sui libri che legge, la centralità di critici e dei recensori di professione è svanita e la discussione sui libri è diventata un’attività di massa e l’idea del club del libro è esplosa e si è polverizzata, arrivando a definire ogni attività intorno ai libri ulteriore rispetto alla lettura. Per molte persone – così tante e così diverse tra loro da fare sospettare che sia in atto una tendenza storica – la lettura non è più un’occupazione privata e solitaria, che si conclude nel rapporto quasi intimo tra chi legge e chi ha scritto. È un’attività che oggi ha un lato pubblico più forte che in passato. La lettura silenziosa di un libro – che si diffuse con la nascita del romanzo, cioè con la modernità, e secondo alcuni fu decisiva nella formazione della soggettività borghese – oggi è l’inizio di un’attività culturale più ampia, che fa postare giudizi, compilare liste, partecipare a community di fan, frequentare festival e presentazioni, iscriversi a corsi o radunarsi, come una volta, in un club di lettura. I libri non sono più oggetti chiusi, ma tendono a essere visti come punti di partenza – forse anche da chi li scrive –, come oggetti aperti che non finiscono, ma anzi iniziano dall’ultima pagina. Per informazioni sulle date degli incontri e sulle letture proposte: infabulaclub@gmail.com.

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Associazionismo

Vincenzo Scarcella

è il nuovo Presidente del Rotary Club di Lamezia Terme Lamezia Terme, 8 Luglio 2017 - Passaggio delle consegne al Rotary Club di Lamezia Terme. Nella splendida cornice del Casino Lenza prestigiosa struttura di caccia della metà dell’Ottocento, è stata celebrata la cerimonia del passaggio delle consegne tra il Presidente uscente, Avv. Giuseppe SENESE e il Presidente incoming Dott. Vincenzo SCARCELLA. Una serata suggestiva e magica, nel corso della quale il Presidente Senese ha illustrato le attività svolte nell’arco della sua presidenza appena conclusa, che ha visto impegnato il Rotary Club di Lamezia Terme in numerose e interessanti iniziative di carattere culturale, scientifico e soprattutto solidale. Tante sono state, infatti, le attività a scopo benefico e di sostegno alle persone più bisognose, in linea con lo spirito rotariano che punta al servizio degli altri, mettendo a disposizione della comunità, in modo totalmente gratuito, le proprie competenze. Alla cerimonia rotariana, con la presenza di numerosi soci, hanno preso parte i Governatori emeriti Francesco SOCIEVOLE e Natale NASO, il Governatore eletto 2017/2018 Salvatore IOVIENO, l’Assistente del Governatore uscente Vittorio VENTURA e il nuovo

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Assistente del Governatore 2017/2018 Michelangelo MICELI. Presenti anche numerosi Presidenti di altri Club Service di tutta la Calabria. La cerimonia, come tradizione, si è aperta con gli Inni nazionale, Europeo e Rotariano. Il Presidente uscente Giuseppe SENESE ha ripercorso, attraverso immagini-video, l’attività del proprio anno di mandato, svolto in modo sinergico, attivo ed efficiente da tutto il Club di Lamezia. Durante la serata sono stati inoltre consegnati quattro riconoscimenti “Paul Harris Fellow”, la massima onorificenza rotariana, il cui nome è in onore di Paul Harris, fondatore del Rotary e che viene conferita ogni anno a chi si è distinto per particolari meriti. Nello specifico, sono stati conferiti i riconoscimenti alla Città di Lamezia Terme: il premio, in questo caso, è stato consegnato al Sindaco Avv. Paolo Mascaro, alla memoria del Magistrato Michele Amatruda, al Tenente Colonnello della Guardia di Finanza Dott. Giuseppe Furciniti e al Prof. Dott. Antonio Gambardella. L’avvocato Senese ha, poi, passato il collare, che indossa ogni presidente incarica e che raccoglie i nomi dei suoi predecessori, al dottore Vincenzo Scarcella

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che sarà, appunto, il nuovo Presidente per l’Anno Sociale 2017/18. Vincenzo Scarcella ha iniziato il suo mandato con il giuramento e, nel suo discorso introduttivo, ha parlato dell’importanza di un approccio autonomo al pensiero del fondatore del Rotary Paul Harris e della sua interpretazione, favorendo e condividendo valori come la moderazione, il confronto, la collaborazione e l’amicizia. Gli obiettivi che il Rotary Club si prefissa ogni anno, soprattutto per quanto riguarda il servizio al prossimo, possono essere raggiunti e portati avanti con maggiore forza soltanto con l’unione e l’armonia di tutti i soci, vivendo e operando nello spirito rotariano in cui tutti i soci credono. Del Nuovo Direttivo, oltre al Presidente Scarcella, fanno parte il Past President Giuseppe Senese, il Presidente Eletto 2018/2019 Lucio Canzoniere, il VicePresidente Natalia Majello, il Segretario Massimo Sdanganelli, il Prefetto Carmela Dromì, il Tesoriere Pasqualino Famularo, il Segretario Esecutivo Franco Gigliotti ed i Consiglieri Gianfranco Barbieri, Raffaella Gigliotti e Domenico Miceli.

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Le nostre tradizioni

Tanti auguri a ...

La cova delle uova

Una volta per il fabbisogno familiare di uova fresche e per avere disponibilità di polli da mangiare e da regalare nelle feste comandate, si attendeva la primavera inoltrata, quando la buona massaia prestava attenzione se qualche gallina si atteggiava a comportamenti di chioccia “jocculiara”. Accertato questo, si preparava il nido con le uova sempre in numero dispari e con l’accortezza di essere stati selezionati guardandoli “o trasparenta da lucia a ogliu” e se contenessero “u genitru” poichè provenienti da pollai sani dove c’era il gallo. Inoltre era necessario che le uova venissero tenute per una notte in dell’acqua fredda in modo che tutti avessero la stessa temperatura e la scova avvenisse contemporaneamente. Bisognava guardare la luna altrimenti i pulcini sarebbero potuti nascere ubriachi e incerti nell’andatura (mbriachi). Era pure importante che l’inizio della cova non cadesse di venerdì per-

chè altrimenti si contrastava con il proverbio “De vennari e dde marti ne ssi mbia e nnè ssi parta nè ssì dà iniziu all’arta”. La cova durava ben 21 giorni al termine della quale, i pulcini erano perfettamente in grado di uscire dall’uovo e di camminare. Non sempre la gallina che manifestava segni di voler covare accettava il nido, allora si correva ai ripari, “ncuverchjandola” coprendola con un coperchio e costringendola a rimanere nel nido per la cova delle uova. L’ultimo rito consisteva in un augurio di buon auspicio salutando in anteprima i futuri pulcini nati pronunciando la seguente frase: “all’aguriu de Santu Sarbatura tutti pullastri è nnù ssulu cantatura!) (all’augurio di San Salvatore tutte pollastre e un solo gallo)

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Auguri Dottoressa Il 26 luglio 2017 presso l’Università Magna Grecia di Catanzaro la giovanissima Marianna Mastroianni ha conseguito la laurea in “Ingegneria Informatica e Biomedica” discutendo la tesi dal titolo “ Effetto di diversi tipi di dieta sulla viscosità in soggetti affetti da diabete mellito”conseguendo il punteggio di 105/110. Relatore è stato il chiarissimo prof Agostino Gnasso. Alla neo dottoressa Marianna, al papà Giuseppe funzionario amministrativo del Comune di Gizzeria ,alla mamma Giovanna Mastroianni insegnante e vice coordinatrice del plesso Istituto Comprensivo di Gizzeria , ai fratelli Giovanni e Giovambattista studenti universitari , ai nonni , zii e parenti tutti , giungano le nostre più vive felicitazioni e gli auguri più cari per il traguardo raggiunto, foriero di una proficua e luminosa carriera professionale.

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Sì viaggiare

Gli Schiavi del Terzo Millenium Lamezia Terme una straordinaria Comunità, talvolta al centro dell’attenzione Europea per eventi sportivi positivi, altre volte volutamente provinciale, pigra e tradizionalista, ripiegata su se stessa con la paura di crescere e diventare grande, nonostante lo sia già. Quindi per capire e scoprire il nostro futuro nella palla di cristallo, non ci resta che partire, andare via, magari una Crociera nei nostri mari. Una sola settimana dedicata a noi ed il nostro futuro, senza Internet, senza messaggi, senza telefono e senza televisione. Via le vecchie abitudini, via la solita cucina e basta parlare italiano … anzi basta pensare in italiano, su … via … si parte. L’attesa per l’imbarco nel grande Porto di Bari è lunga, viene alleviata dal beveraggio fresco fornito dagli assistenti della società armatrice … non ricordo il nome, comunque quella che ti promette un viaggio da favola indimenticabile, tra tramonti dipinti nel cielo e fiumi di Spumante … Sarà vero? Ma in realtà la partenza mi ha ricordato l’imbarco del bestiame in argentina. Lì le bestie sono divise per gruppi ed identificati con delle lettere stampate sulla parte alta della groppa e la Carta di Identità (Una etichetta) fissata sulle orecchie. In ordine alfabetico si entra in una strettoia tra spintoni e sgomitate spinti nella competizione da un condizionamento forzato, quasi si trattasse di una gara. Tutti sudati ed agitati raggiungono l’agognata meta: la scaletta della Nave dove si bloccano, presi forse dal panico, nel misurarsi con l’immensa grandezza della Nave vista dal vivo per la prima volta. Superato il panico, grazie al severo ed autoritario richiamo dell’omino bianco con il buffo cappello da Marinaio, si entra nella pancia della Grande Nave e si scopre il Paradiso. Tutti ti sorridono, tutti ti assistono, tutti ti accompagnano al Buffet attraverso ambienti freschi di aria condizionata, profumati e lindi. Gli specchi sono presenti ovunque, nelle sale, nei bar, nelle scale e nell’ascensore, sul ponte e in palestra, anche in bagno la mia immagine rimbalza e si moltiplica sulle pareti al punto da farmi sentire osservato, così l’infinito Ego del Crocerista è accontentato. I Croceristi raggiunta la sala de-

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dicata al Buffet si scatenano ed azzannano qualsiasi cosa ritengano commestibile. Persone che nella vita civile sono considerate delle Amebe di fronte a tanta bontà perdono ogni timore e si trasformano in Avvoltoi, depredando i vassoi che sono in esaurimento convinti che sia l’ultima mestolata … ma sempre smentiti dall’arrivo di un nuovo vassoio carico della stessa pietanza. Gli amministratori della Crociera misurano il gradimento della cucina internazionale in base alle richieste di assistenza che riceve per indigestioni nell’Infermeria al 5° piano, assolutamente a pagamento; tutto compreso tranne l’assistenza sanitaria, così la società rientra subito dalle perdite provocate dagli “Abbuffini” con salate parcelle. Anche nelle navi che trasportano il bestiame si provvede a dar loro subito da mangiare affinchè stiano tranquilli e non pensino troppo alle malsane condizioni del viaggio. La massa di Croceristi ben nutriti passa dalle proprie camere, indossa il costume e si precipita sul ponte con l’asciugamano per conquistare l’agognato lettino prendisole. Ma un posto al sole non è per tutti e qualcuno rimane con il cerino in mano in attesa che se ne liberi uno, l’attesa generalmente termina al tramonto quando un Omone di colore scuro provvede a chiuderle e stiparli un su l’altro, perché sul ponte, regni ordine e disciplina almeno nella notte. Sigmund Freud in una settimana di crociera avrebbe prodotto gli studi di una vita, perché tutto accade velocemente ed in uno spazio ristretto, un po’ come il “Tubetto di sugo Superconcentrato”! Freud si sarebbe domandato cosa spinge il Crocerista ad ogni alba a depositare ben steso il proprio telo sul lettino se poi tra la colazione prima, la escursione poi, il pranzo, la esercitazione obbligatoria, la palestra, il thè delle 17, lo spuntino delle ore diciotto, si arriva appena in tempo per ritirare il telo prima che venga chiuso il lettino per la notte, senza averne fatto uso. La domanda è … perché! La risposta è che siamo un popolo di imbecilli, che dedichiamo la maggiore parte delle nostre energie al possedere e non al godere dei beni disponibili! La redazione mi ha chiesto d’essere conciso, quindi non vi scriverò dei bambini

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persi e poi recuperati dalla Direzione e custoditi alla Reception in attesa dei distratti genitori. Non vi scriverò delle vasche idromassaggio monopolizzate da famiglie venute dal Nord Europa perennemente immersi nelle calde acque incuranti del regolamento che limita l’uso a rotazione per soli 20 minuti. Non vi scriverò delle cene di Gala dove il popolo delle infradito e dei culi flaccidi si esibisce in entrate trionfali nella sala, con tanto di Papillon e giacca inpeccabili, le donne con vestiti da sera in odore di naftalina su tacchi traballanti, ingioiellate di veri Zirconi, tutti con l’aria di chi ha vissuto ed è “Arrivato nella Vita” oltre ogni aspettativa. Non vi scriverò dei miei commensali che parlavano da soli cosi compiaciuti dell’essere arrivati alla pensione, della propria casetta di proprietà sotto la cascata delle Marmore e del loro nipotino sempre più intelligente, sempre più bravo, sempre più bello, insomma meglio di lui nessuno. Non vi scriverò delle piccole ma costanti mediocrità che costellano la vita del Crocerista … Vi parlerò invece dell’inferno che esiste sotto coperta. Si, se ai piani alti della Crociera si vive come in Paradiso, è perché nei piani bassi cioè all’Inferno c’è chi si “Danna” per renderci la Crociera Unica e Indimenticabile. Si tratta di Anime Dannate invisibili a tutti i Croceristi, ma non a me che al mattino alle prime luci dell’alba sorseggiando un lungo caffè americano mi sono intrattenuto domandando e leggendo nei loro occhi la stanchezza, la sofferenza e lo sfinimento di un lavoro che non ha mai fine. Provengono dal Centro e Sud America, dal Continente Asiatico e quello Africano, molti non parlano l’inglese altri sono innamorati della nostra lingua. Sono loro che mi raccontano della vita da schiavi che si conduce sotto coperta, con turni doppi e riposi saltati, costretti a subire le peggio angherie dai superiori e a dire sempre “Si Signore” al cospetto del Crocerista di turno. Molti non vedono mai la luce del sole perché i motori non si fermano mai e quando ciò accade la manutenzione diviene ancor più frenetica ed il ciclo sonno, lavoro, pranzo, lavoro, cena, sonno il tutto nei piani più bassi della nave, praticamente sotto il livello del Mare. Frequenti sono gli incidenti, ma nulla trapela ai piani alti dove la felicità ha un prezzo stabilito … il costo di una Crociera nel Mediterraneo. Rientrato in Città, dopo aver visitato Grecia, Albania e Croazia sono arrivato alla conclusione che, Lamezia vista da fuori è molto meglio di quanto si possa pensare, nonostante tutto e tutti. Occorre saper leggere tra le righe, ma purtroppo i Lettori sono sempre meno e i criticoni in crescita. Io sto con la maggioranza silenziosa, quella che Ama la sua Terra senza ma e senza se!

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Rubrica di Antonio Saffioti totosaff@gmail.com

La leggenda della Sirena Ligea Ligea è una figura della mitologia dell’antica Grecia e di Roma. Nell’arte greca, fin dal periodo arcaico, fu raffigurata con busto di donna dalle braccia nude e con corpo di uccello con coda e ampie ali. Compare in statue isolate e in rilievi ad ornamento di tombe, generalmente in atto di suonare la cetra, oppure in vasi dipinti, mosaici, pitture, sarcofagi romani. Considerate originariamente geni della morte, le sirene, capaci di ammaliare gli uomini, hanno avuto larga parte nell’Odissea di Omero quali tentatrici, con il loro canto, del re Ulisse. La loro sede fu variamente localizzata nell’Italia meridionale, mentre il loro numero varia da due a quattro. Erano considerate figlie di Forci e di Ceto. La leggenda dice che erano, compagne di giochi di Persefone, per non aver salvato dal rapimento da parte di Plutone la figlia di Demetra, furono da questa trasformate in sirene.

Con le sorelle Partenope e Leucosia, Ligea costituiva una triade di sirene venerata soprattutto nella Magna Grecia. Le creature tentarono di fermare Ulisse con il loro canto ammaliante, ma non vi riuscirono poiché Ulisse aveva chiesto ai suoi uomini di legarlo all’albero maestro della propria nave. Le incantatrici, in preda allo sconforto e all’umiliazione si gettarono nel mare in tempesta e vennero così scagliate in tre direzioni diverse: il corpo di Partenope venne gettato sulla costa napoletana, quello di Leucosia si arrestò alla foce del fiume Sele nel golfo di Salerno, mentre quello di Ligea, la più piccola delle sirene, decisa anch’essa a morire ma ancora viva, si fermò nel maestoso Golfo di Sant’Eufemia. Quando il mare si calmò, le onde, prima minacciose, lasciarono allo scoperto lo scoglio su cui giaceva Ligea, avvolta in reti da pesca, i pescatori tornarono alla ricerca delle reti scampate all’ira del mare e trovarono la sirena ormai stremata.

Il pescatore più anziano pensò che quella creatura così bella dovesse essere salvata: così, avvolta con delicatezza nelle reti, Ligea venne trasportata poco lontano, su una collina circondata da acque salmastre. Adagiata su un letto di foglie ormai in punto di morte, fissò i volti di coloro che si erano amorevolmente presi cura di lei ed esalò l’ultimo respiro.

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I pescatori la seppellirono in cima alla collina. sulla riva del fiume Okinaros, su una piccola isola formata da materiale ghiaioso trasportato durante le alluvioni e li fu eretto un gran monumento a suo ricordo. Si ipotizza che l’Okinaros (Ocinaro) altro non fosse che il fiume Bagni, la cui foce a quell’epoca molto frastagliata era circondata da una vegetazione molto fitta. « Quanto a Ligea,

naufragherà presso Terina

Sputando acqua di mare; i naviganti La seppelliranno sulla riva ghiaiosa

Vicino ai vortici dell’Okinaros, che come Un altro Ares dalle corna di toro, con le sue acque

Bagnerà il monumento della fanciulla alata »

cit. da Licofrone, Alexandra, vv. 726-731

Da quel giorno quando erano in mare i pescatori spesso rivolgevano il loro sguardo verso l’altura che si scorgeva in lontananza e molti affermavano di riuscire a vedere Ligea che con grandi ali sorvolava l’area e nelle notti di tempesta trarre in salvo i pescatori in difficoltà.

Tempo dopo su quella collina sorse la città di Terina, una splendida colonia magno greca nota per la finezza dell’oreficeria e l’abilità dei propri artigiani, divenuti dei grandi maestri nell’arte del conio. Le monete di Terina recano impressa un’immagine della ninfa alata, in alcune è seduta su un cippo mentre gioca con una palla lanciata con la mano destra, in altre riempie un’anfora con l’acqua che esce dalla bocca di un leone. Nel 1998 su Piazzetta S. Domenico, a Lamezia Terme (Cz), è stata posta una statua, opera dell’artista napoletano Dalisi, dedicata alla sirena Ligea.

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le spigolature di tommaso

I Tramonti

Durante questa estate ho fatto un “pieno” di tramonti. In un tempo storico così difficile e inquieto sono rimasto stupefatto di quanto il calar del sole possa ancora affascinare tante persone di ogni età. Ed ecco che le moderne tecnologie si fondono a questo affascinante spettacolo della natura! Signore, Signori, Giovani intenti a riprendere con foto o video l’ennesimo e mai uguale spettacolo del tramonto. Si, perché ho riflettuto e constatato come i tramonti si presentino sempre diversi nei colori e nelle sfumature; tutte le sere emozioni diverse, pensieri interiori si sfumano allo stesso modo dei colori e non puoi non sentirti fortunato di esserci lì in quel momento. Il tramonto ti fa riflettere sul senso della vita, metafora realistica, non negativa, segno di fine ed inizio, di speranza, del sempre-domani. I colori del tramonto sono “i colori di Leonardo” che il Grande ha studiato, approfondito e magicamente riprodotto.

Il Mare

Insieme al tramonto, un’altra emozione di cui mai ti stanchi, almeno per me, è la visione della distesa del mare davanti a te. Pace e infinito diventano un solo e solido concetto; il mare è poesia insita, è forza, è gioia mista ad elegiaca malinconia. Il mare porta in sé tanta Storia e non ha stagione: altrettanto affascinante è il mare in inverno. La pittura inglese di primo ottocento ci ha regalato immortali rappresentazioni di questo tipo. Cesare Pavese nel romanzo “La spiaggia” ha rappresentato il mare in senso esistenzialista attraverso indimenticabili simboli. “Il mare d’inverno” bellissima e toccante canzone-poesia di Enrico Ruggeri. Il mare è un antico idioma che non riesco a decifrare ( Jorge Luis Borges ).

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Spettacolo

Lamezia Summertime 2017-Lamezia Summertime 2017-Lamezia Summertime 2017-Lamezia S

Tango, Historias de amor Lamezia Summertime 2017, Una stagione Estiva che ha tardato a decollare per i soliti motivi burocratici ma, quando lo ha fatto è stato alla grande! Il 17 agosto con lo spettacolo “TANGO, Historias de amor”, uno spettacolo appassionato ed appassionante non solo per gli amanti del tango argentino. Coppie di ballerini che muovendosi in modo sensuale ed all’unisono ci hanno fatto sognare in un turbinio di colori, di sete, chiffon e paillettes che si muovevano insieme a loro, nella leggera brezza estiva, accompagnandoli, quasi seguendo la musica, spettacolo nello spettacolo. Ogni pezzo era una storia, ogni storia era amore, amore per la donna, amore per la musica, per il tango, per la vita. “Il tango, ha detto Jorge Luis Borges, è un pensiero

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triste messo in musica” e, pur vera questa affermazione, è una contraddizione, un ossimoro, perchè sì, hanno una vena di tristezza le note del tango argentino, ma non è un inno alla tristezza ma alla vita! Perfetto accordo fra le coppie di ballerini con le mani dell’uomo che sapientemente sfioravano la donna non per diletto ma per impartire “ordini”, per chiederle un boleo, una barrida, una caricia, una enrosque che non tardavano ad arrivare, fluidi, perfetti, pronti per il successivo movimento, magari suggerito da un cabeceo piuttosto che da uno sfioramento. Il tempo è volato mentre ammiravamo le coppie volteggiare sotto il cielo stellato regalandoci emozioni. Bravi tutti, ballerini e musicisti. Applausi scroscianti e meritati!

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Spettacolo

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La Sciantosa Il secondo appuntamento di Lamezia Summertime 2017 è stato con Serena Autieri e la sua “Sciantosa”. Su questo spettacolo e sulla sua protagonista è stato già detto tutto tanto che mi sembra

amori, della “Lina Cavalieri”, sua rivale nel mondo dello spettacolo, oppure cantava, oppure danzava! Simpatico l’intermezzo che ha visto il pubblico, anzi i coraggiosi fra il pubblico, protagonisti sul palcoscenico. Infatti la bella attrice è scesa fra il pubblico ed ha invitato gli spettatori a salire sul palco per fare insieme a lei, a suon di tamburo, la famosa “mossa”. Bravissimi i musicisti che la hanno accompagnata, e che di tanto in tanto, per fare riposare l’attrice ci hanno regalato degli assoli fantastici. Incantevole serata in un luogo delizioso quale è l’Abbazia Benedettina e, come sempre, quando lo spettacolo è piaciuto, a luci spente ci siamo allontanati pensando: “peccato sia finito!”.

impossibile potere trovare le parole giuste per descriverlo senza rischiare di ripetere parole e frasi già scritte. La bella, brava, versatile Serena Autieri, napoletana verace dalle fattezze nordiche, ha incantato tutti e gli applausi che ha ricevuto erano tutti più che dovuti da parte dell’attento pubblico. Serena ci ha voluto parlare di Napoli, della sua Napoli, portando sul palco la prima sciantosa napoletana, Elvira Donnarumma, detta “’a capinera napulitana”, donna forte e fragile nel contempo, donna che ha avuto ai suoi piedi uomini e donne potenti come Gabriele d’Annunzio, Matilde Serao ed Eleonora Duse, donna “self made” come si direbbe oggi, che pur non essendo bella, pur non avendo studiato canto o recitazione e senza avere frequentato la scuola, è riuscita a riscattarsi conquistando fama e notorietà che travalicava i confini nazionali, solo grazie alla sua volontà. Ed è stata brava Serena Autieri che, attraversando la vita della sciantosa ha portato sul palco la storia di Napoli, la storia di donne sfruttate ed infelici, di donne forti, di donne che vivono, soffrono e combattono per la patria, per la famiglia, per l’amore. Sofferenza e felicità, il chiaro e lo scuro della vita attraverso la sua voce che faceva parlare Elvira di quanto le accadeva, dei suoi

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Sport

La Royal pronta per il 3° torneo di serie A

Mazzocca: “Lottiamo per la vetta”, Ragiona: “Folgorato dalla passione”, Il Sindaco Mascaro: “E’ l’anno giusto: il mister ha sguardo forte e vincente E’ ripartita la Royal Team Lamezia dei presidenti Nicola Mazzocca e Claudia Vetromilo. Con l’ingresso dell’imprenditore Giovanni Chirico, a livello organizzativo, e dell’avvocato Armando Chirumbolo nonché consigliere comunale, la società lametina ha posto le basi per la sua terza stagione in Serie A. Quattro i nuovi innesti: il portiere Giusi Ceravolo, il laterale Stefania Corrao, il pivot Concy Primavera e la giovanissima neanche 16enne Federica De Sarro. Nove le riconfermate: il capitano Alessandra Marrazzo, il vice Anna Leone, le laterali Giusi Mirafiore, Francesca Ierardi e Sophie Bagnato, il portiere Francesca Fucile e i pivot Sharon Losurdo, Tiziana Pota ed Erika Linza.

Tutte entusiaste le nuove, ad iniziare da Ceravolo: “Ho accettato con piacere l’invito del Royal Team Lamezia perchè non ho mai provato l’emozione di salire di categoria insieme ad una squadra. E’ questa la sfida che mi sono proposta accettando questo ingaggio e sarebbe un vero orgoglio date le mie origini calabresi”. Carica anche Corrao, 25 anni da Messina, reduce dalla A ad Ancona: “La Royal Team Lamezia è una delle mie società preferite in Italia, la seguo già da due anni e quando ci ho giocato contro, col Vittoria, mi é sempre piaciuto l’amore per la squadra del presidente Nicola Mazzocca e di sua moglie Claudia Vetromilo. Che dire poi dei tifosi, tantissimi ogni domenica è uno spettacolo essere supportati da loro”. Contenta anche Primavera, 130 gol in Serie A: “Anch’io ho seguito il Lamezia e ho visto che anno dopo anno si è sempre migliorato, disputando ottimi tornei. Proprio per questo mi sarebbe piaciuto giocare alla Royal ed ora eccomi qua, pronta e carica per iniziare questa nuova avventura e mettermi a disposizione del mister e delle mie compagne. E poi qui c’è un pubblico favoloso! Che ti carica solo a vederlo. Ho 30 anni ma la voglia di impa-

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rare cose nuove e migliorarmi non si ferma mai”. In gruppo anche la promettente De Sarro, 16 anni ancora da compiere e tanta voglia di imparare. La squadra è stata presentata all’inizio della preparazione, a fine agosto, presso il Comune di Lamezia alla presenza del sindaco Mascaro e dell’assessore allo sport Astorino. “Le new entry di Chirico e Chirumbolo mi hanno spinto a continuare in questa bella avventura della Royal Team. Siamo ormai abituati a tornei d’alta classifica ed anche stavolta ci giocheremo la vittoria finale”, così Nicola Mazzocca presidente della Royal Team e su mister Ragona ha detto: “Ci è arrivata la soffiata giusta ed abbiamo scelto un tecnico di gran livello: e poi io amo le scommesse, ‘Ragona come Sacchi’, anche lui all’inizio non era molto conosciuto”. Sempre vicina l’assessore Astorino che ha detto: “Mi sento un po’ la madrina della Royal, ricordo ancora le belle giornate dello scorso marzo quando alle Final Eight la Royal, accanita e determinata ci ha emozionato tutti lottando con coraggio e coesione. Ho sempre apprezzato l’organizzazione della Royal, che si è esplicata in tutto il torneo con una struttura societaria di alto livello. Auguro alla squadra un percorso bellissimo”. a tutte voi”. Parola quindi ad Armando Chirumbolo, particolarmente entusiasta dell’ingresso nella compagine societaria: “La Royal, vice campione d’Italia quale finalista di Coppa Italia, coi suoi successi e le sue ambizioni rappresenta una promozione per il territorio non solo di Lamezia ma di tutta la provincia di Catanzaro, essendo l’unica società a rappresentarle in ambito nazionale. Sono lieto che dalla Sala Napolitano, che simbolicamente testimonia la vicinanza delle Istituzioni al mondo sportivo, parta la nuova stagione della Royal Team”. Entusiasta intervento di mister Raffaele Ragona: “Sono rimasto folgorato nel vedere la passione dei tifosi e una dirigenza ben organizzata con un certa

familiarità: solitamente da questo binomio nascono le vittorie, ed è per questo che ho accettato l’offerta della Royal. Poi si vince in campo: disponiamo di una buona rosa ma dovremo formare un buon gruppo che sia soprattutto affamato e abbia voglia di sopraffare l’avversario, dal più debole al più forte”. Aggiunge il dg Luciano Vasta: “In pochi anni la Royal si è proiettata nell’olimpo del futsal, ebbene questa squadra rappresenta Lamezia e ciò deve riempire d’orgoglio l’intera città. E dalla città, tifosi, forze imprenditoriali, deve essere sostenuta. Vorremmo che la città si identificasse con la nostra Royal simbolo di passione ed organizzazione”. Chiusura per il sindaco Mascaro: “Il percorso di serietà e crescita della Royal si arricchisce di nuovi soci quali Chirico e Chirumbolo, ciò per aiutare lo sviluppo di questo territorio. Essendo uomo di calcio – rivolto al mister – ho subito intravisto nel tecnico Ragona lo sguardo forte e vincente. Partiamo proprio dalle emozioni delle citate Final Eight per raggiungere vette più alte, credo che sia l’anno giusto”. Fanno parte dello staff il neo preparatore atletico Alessandro De Sensi; quello dei portieri Pasquale Iannelli; i factotum Totò Gigliotti e Francesca Sirianni; i collaboratori Tonino Mercuri, Tonino Scalise e Giacomo Costantino. In campionato esordio il 24 settembre al PalaSparti contro il Policoro, quindi trasferta a Cosenza e di nuovo in casa contro Somma Vesuviana prima della sosta.

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Sport

Arvalia Nuoto Lamezia: Massimo Borracci è il nuovo allenatore Sarà Massimo Borracci il nuovo allenatore dell’Arvalia Nuoto Lamezia per la prossima stagione. Pluri campione italiano assoluto e primatista nazionale con la Rari Nantes Florentia dal 1961 al 1971 vanta 43 presenze in nazionale A ed 11 record con la staffetta azzurra. Difficile raccontare in poche parole la straordinaria carriera di atleta, allenatore e direttore tecnico. Allenatore federale dal 1978 di Nuoto e Pallanuoto ha già condotto una importante carriera scrivendo pagine rilevanti della storia di questo sport con club prestigiosi . Terminato il corso di atleta è diventato allenatore in seconda di pallanuoto della squadra maschile della Rari Nantes Florentia e successivamente della compagine femminile della Fiorentina Waterpolo, con la quale, nella stagione 2006-07, ha ottenuto la vittoria nel Campionato italiano, nella Coppa dei campioni e nella Supercoppa europea. Nel nuoto agonistico è stato prima capo allenatore con la Rari Nantes Florentia fino al 1994, raggiungendo sotto la sua guida 28 medaglie d’oro ai Campionati Nazionali Assoluti con 22 presenze di atleti che hanno indossato la maglia azzurra. Successivamente è stato allenatore della Fiorentina Nuoto Calpeda conseguendo, dal 1995 al 2000, 35 medaglie d’oro ai Campionati Naziona-

li Giovanili Invernali ed Estivi e portando in nazionale juniores 15 atleti. Il tecnico fiorentino ha sposato il nuovo progetto sportivo basato sulla valorizzazione dei giovani. “Ho scelto l’Arvalia Nuoto Lamezia nonostante avessi altre offerte, perché – dice Borracci – ho apprezzato un progetto che punta sulla crescita delle giovani. La società è ben strutturata ed è coadiuvata da dirigenti appassionati che mi hanno fatto subito un’ottima impressione. Sono sicuro che, con il lavoro, la pazienza e lo spirito di sacrificio i risultati arriveranno. Lavoreremo in vasca a cominciare da settembre, quando prenderà il via la preparazione in vista del prossimo campionato“. Nei prossimi giorni è previsto comunque un primo incontro tra lo staff tecnico e gli atleti per programmare gli allenamenti. Nel contempo la società Arvalia intende ringraziare Katia Moscinska per la professionalità e la dedizione dimostrata nell’ultima stagione ed augura al mister le migliori fortune umane e professionali per il proseguo della sua carriera.

dal

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Grafologia

Grafologia

la dimmi come scrivi e ti dirò chi sei Gentile lettrice, lei è dotata di ottime capacità organizzative, precisa ed ordinata, questo fa di lei una persona affidabile. La sua intelligenza è vivace, il suo pensiero è logico per la consequenzialità nel rapportare cause ed effetti. Intollerante alle improvvisazioni, alle inesattezze, poiché lei è abitudinaria e si adegua a malincuore ai cambiamenti. Ha una grande forza di volontà, ambiziosa, fedele a norme e direttive, dotata di intuito, ottime capacità di memorizzazione, di analisi e di sintesi ed è anche molto sicura delle sue potenzialità. Questo, però, la porta ad essere diffidente e sospettosa , non si fida delle proposte e certezze degli altri perché nutre troppa fiducia nelle sue. Ha la capacità di valutare le cose o le questioni in modo ampio e non settoriale. Il suo comportamento è controllato, le emozioni trattenute, a volte è scontrosa e diffidente, questo probabilmente è dovuto ad un aumento delle difese dell’Io provocato da esperienze non proprio positive. Inoltre uno stato di ansia permanente comporta la riduzione della lucidità di pensiero ed azione. Se volete analizzare la vostra scrittura scrivete a:

Maria Gabriella Sanvito - Grafologa Consulente tecnico grafologico giudiziario - perizia su scrittura via G. Gentile snc 87046 - Montalto Uffugo (Cs) tel. 342 1816361 m.gabriellasanvito@pec.it

Le lettere dovranno essere di almeno 10 righe, scritte con una penna a biro, su un foglio bianco non rigato. Le indicazioni che le lettere dovranno contenere sono: sesso, età, studi, professione, stato civile e firma del soggetto di cui bisogna analizzare la scrittura.

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Viaggio nella criminologia

Il Suicidio In questo numero spiegherò cos’è il delicato argomento del suicidio, come si verifica e perché. Il suicidio è chiamata sindrome di Back ed è un autopsia psicologica cioè morte violenta e dubbia. Nell’ambito della criminalistica per ricostruire la scena del crimine il suicidio viene utilizzato per depistare le indagini, il cosiddetto staging. Per capire il motivo dei suicidi bisogna fare un po un passo indietro e invece di concentrarsi come suggerisce la cronaca sul singolo caso, bisogna ragionare in termini un po più scientifici perché il suicidio è un ambito che crea molti scontri anche tra gli addetti ai lavori perché spesso si pensa che il suicidio possa accadere d’emblée, possa accadere come un raptus. Si pensa a persone che fino ad ieri, sono state benissimo che non hanno mai dato nessun segnale, nessun problema e per tantissimi motivi, può essere la crisi, può essere una storia finita male, può essere un momento no della vita rivolgono un’arma contro se stessi mettendo fine alla propria vita. A riguardo bisogna distogliersi da questa dinamica perché scientificamente non è cosi’. Nel suicidio c’è sempre un motivo, un perché da cui partire per individuare i segnali precedenti al gesto estremo. Chi si suicida il più delle volte non lo dice ma commette il gesto e precedentemente scrive un biglietto in cui spiega le motivazioni che l’hanno portato a togliersi la vita. Il suicida è una personalità che ha avuto sempre delle dimensioni relative al disturbo, al disagio e in altri casi anche delle sofferenze enormi che possiamo riscontrare nel grande ambito delle patologie. Non sono venute fuori in un contesto, in un giorno. Inoltre sceglie non a caso il luogo e la modalità di suicidio. Per esempio il suicidio in sgabuzzino rappresenta il buio interiore della propria anima, oppure suicidarsi lanciandosi dal balcone vuol dire raggiungere la libertà perché non si è riusciti a superare i problemi. Andare specificatamente ad individuare delle sintomatologie in cui noi possiamo tassativamente descrivere per centrare la personalità di chi si suicida, non è semplice perché il criminologo più che degli indicatori può avere dei segnali di allarme. Nella triade famosa che descrive l’ambito del suicidio, Back parla di 3 segnali fondamentali: -Sfiducia per se stessi, -Sfiducia per gli altri, -Sfiducia per l’ambiente circostante. Significa che l’individuo che mette fine alla propria vita, vive un periodo che può durare mesi se no anni di profonda sofferenza, angoscia in cui questa soluzione estrema diventa quasi una cura. Diventa un modo per dire: “Io non ce la faccio più a sopportare le difficoltà che sto vivendo e quello che faccio è la soluzione finale”, ma hanno sempre dato dei segnali. Addirittura la letteratura scientifica più recente si vedono dei casi in cui molti suicidi sono passati dal parasuicidio. Il parasuicidio sono gesti e fenomeni lesivi, come il tagliarsi, farsi del male oppure ci sono dei gesti autolesivi che possono essere indiretti come ad esempio i famosi sensation seeker, quelle persone che per sentirsi bene devono Lamezia e non solo

provare delle emozioni forti che corrono con la macchina, che vogliono sfidare in ogni momento la vita verso la morte, anche questi sono dei segnali da tenere in considerazione perché sono dei segnali di disagio. A riguardo devono farci capire cosa scatta nella mente di una persona che arriva al parasuicidio e poi al suicidio. E’ necessario soprattutto ribadire il concetto che nessuno si suicida da un giorno all’altro. Il suicidio nel raptus non esiste. Per prevenire il suicidio bisogna conoscere l’attività di prevenzione. Non dobbiamo dimenticare che prima di un delitto, del reato la grande importanza della prevenzione perché si può prevenire tutto. La prevenzione è una branca della medicina però bisogna investirla. Si può prevenire come ad esempio il femminicidio, lo stalking, prevenire anche le patologie organiche e il grande ambito del suicidio, semplicemente lavorando sull’emozioni, sulla capacità di ascolto e soprattutto facendo capire anche nelle scuole con un semplice setting, colloquio pedagogico, a minori che non devono tenere assolutamente tutto dentro e qualche piccolo problema che può capitare nel corso della vita lo devono dire ai genitori, agli insegnanti o chi gli può

dare un consiglio. A volte le continue pressioni psicologiche come nel caso del bullismo a scuola, del cyberbullismo, di cyberstalking e violenza psicologica possono costituire la matrice per portare qualcuno al gesto estremo del suicidio perchè la sofferenza causata diventa danno, il danno diventa disturbo e il disturbo crea forti scompensi. Poi ci sono soggetti che sono più strutturati all’interno del nucleo familiare che riescono a reggere la forza del trauma, ci sono soggetti che purtroppo hanno delle situazioni di meno disagio a livello di protezione familiare, affettiva ed emozionale, sono meno ascoltati e protetti e non riescono a reggere determinati traumi e il suicidio è dietro l’angolo perché viviamo in una società in cui gli individui sono sempre più soli.

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Accade a Lamezia

Oltre i fumi dell’accampamento di contrada Scordovillo. Società lametina e Zingari: una difficile convivenza? Una mattina dello scorso mese di luglio, il sindaco di Lamezia ha incontrato una delegazione di rom o zingari che dir si voglia, che si sono recati in Comune per esporgli alcuni problemi che riguardano la loro comunità. Da quanto si è saputo il sindaco ha dialogato a lungo con loro. Il mio giudizio è che abbia fatto bene. Perché questo metodo di procedere costituisce una condizione indispensabile, insieme ad altre, che possono portare alla risoluzione della ‘vexata questio’ concernente lo sgombero dell’insediamento dei rom di contrada Scordovillo. Il primo cittadino si è anche impegnato a re-incontrarne la delegazione, ed anche questa decisione va nella direzione giusta. C’è chi ha espresso critiche e riserve ma, sempre secondo il mio giudizio, l’incontro con i rom andava non solo fatto, ma semmai realizzato all’inizio della consiliatura e per iniziativa che partisse dal sindaco medesimo non da parte dei rom. Ma, come si è soliti dire con una citazione nota benchè logora per l’uso continuo che se ne fa, “non è mai troppo tardi”... Perchè: “sbagliare e non correggersi... questo è sbagliare...”. Nel 2010, commentando un ‘report’ del padre Giacomo Costa S.J. su Aggiornamenti sociali relativo allo sgombero degli accampamenti dei rom in altre città d’Italia, correlato ad una loro decente sistemazione in altri siti, ho scritto sul mio blog “Cronache lametine” come fossero imprescindibili tre condizioni affinchè anche a Lamezia si pervenisse ad una soluzione: la determinata volontà degli amministratori comunali pro-tempore; il dialogo con i Rom di Scordovillo o con le associazioni che li rappresentano (come ho accennato sopra); il dialogo con la società lametina o almeno con la parte più democratica e capace d’inclusione di essa. In questi ultimi mesi, visto il vento che tira per le proteste giustamente esasperate dei cittadini a fronte dei roghi sempre più frequenti e le conseguenti colonne di fumo nonché per le proposte a sfondo razzistico provenienti soprattutto da persone elette nei vari consigli comunale e provinciale, da aspiranti tali o da altre persone ricoprenti cariche partitiche, ritengo che ciò che scrivevo nel 2010 sia tutt’oggi più che mai valido perché quelle condizioni costituiscono la base su cui costruire un PROGETTO fina-

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lizzato alla risoluzione del problema della sistemazione dei rom altrove che a Scordovillo e la conseguente eliminazione di quel “ghetto”. Il problema vero, infatti, non sono i roghi ed i fumi (dannosi alla salute collettiva quanto si vuole…) che a cadenze sempre più frequenti si alzano da quella località ed ammorbano l’aria della città. Roghi e fumi sono, semmai, la conseguenza del fatto che non si sia stati capaci, dal 1983 (anno in cui l’accampamento dio contrada Scordovillo fu inaugurato) ad oggi, per ben 34 anni, dunque, di dotarsi di un PROGETTO che prevedesse, in un ragionevole lasso di tempo, la SOLUZIONE INTEGRALE del problema rom. Soluzione integrale, ribadisco. In caso contrario, potrei essere tacciato di faziosità se non dicessi che le amministrazioni Lo Moro prima, e Speranza in seguito, non abbiano fatto i loro tentativi e risolto, quanto meno parzialmente, il problema di alcune decine di famiglie. Mentre, va anche detto, che l’amministrazione Scaramuzzino, per il breve periodo di tempo ch’è rimasta in carica, non ha avuto la possibilità di mettere in cantiere alcunchè. Adesso, la “grana” della sistemazione definitiva degli zingari nonchè l’interdipendente eliminazione dell’accampamento continua a perdurare. Dall’aprile del 2015, è subentrata l’amministrazione a guida Mascaro ed è venuto il suo turno. Il pallino è nelle sue mani. Tutto rimarrà, alla fine, come è stato per i precedenti 34 anni? Ai posteri, come avrebbe poetato il nostro Manzoni, l’ardua sentenza! Viene, però, da chiedersi: “Su quali basi, ragionando su quali dati effettuati, il sindaco di Lamezia Terme ebbe a promettere che: “il campo rom sarà sgomberato entro

dodici mesi?”. Pura e semplice propaganda demagogica a fini politici utilizzando una materia così delicata ed incandescente in relazione alla quale il commissario prefettizio Manganaro, che ha governato il Comune fino alle elezioni amministrative del febbraio 1982, ebbe a dire, agli inizi degli anni ’80, appunto, che a Lamezia gli zingari vicini alle proprie case ed ai propri terreni non li vuole nessuno e pertanto la convivenza tra la società lametina, o parte di essa, e gli zingari è difficile? Oggi il sindaco è costretto a fare marcia indietro ed ammettere: “Il comune da solo non ce la può fare... (vedi dichiarazione su “Il Lametino” dell’8 luglio scorso). La scoperta dell’acqua calda! Mi sembra fuorviante oltre che inutile, indignarsi ogni qualvolta da Scordovillo si alzano colonne di fumo e, generalizzando, additare indiscriminatamente gli zingari come gentaglia responsabile di ogni crimine. Soprattutto in una città dove la ‘ndrangheta la fa spesso da padrona. I rom sono cittadini italiani. E’ bene metterselo definitivamente in testa. Di una etnia particolare come ce ne sono diverse altre in diverse altre parti d’Italia; portatori di una cultura propria e con modi di vivere peculiari i cui diritti sono costituzionalmente garantiti e tutelati al pari di quelli di ciascun cittadino. E’ ovvio, banale persino, aggiungere che le loro eventuali attività criminali e delinquenziali debbano essere perseguite e sanzionate secondo la legislazione vigente come succede per qualsivoglia altro cittadino, italiano, comunitario od extra-comunitario, che si trovi a vivere in Italia. E’ necessario pensare ad un PROGETTO, lo ripeto fino alla noia, realistico e di congrua durata. In caso

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contrario saranno fallimenti a ripetizione e conseguenti frustrazioni sempre meno accettabili dalla comunità cittadina. Con la conseguenza che il clima sociale potrebbe diventare progressivamente avvelenato e carico di tensione per la propaganda, priva di scrupoli, dei nuovi populismi che soffiano sul fuoco del disagio collettivo. Voglio concludere quest’articolo ponendo delle semplici domande. Chi conosce la storia di Scordovillo a Lamezia? Quando è nato quell’accampamento? Perché è nato? Come è nato? Mi richiamo alla sua storia ed alla necessità di averne consapevolezza perché non è un caso se gli schiamazzi più stravaganti, petulanti ed inconcludenti sull’accampamento e sui mezzi e metodi proposti, anche violenti a volte, per eliminarlo vengano soprattutto da tutti coloro che della natura di questi interrogativi non conoscono nulla! Il nodo vero del problema è che i cittadini lametini e i rom, rispetto alla situazione dell’accampamento, sono vittime, ed anche a questo proposito mi ripeto, di una incapacità tutta politica che si trascina da 34 anni. In tutto questo tempo si è susseguita una serie di amministrazioni comunali, ordinarie e commissariali, i cui sindaci sono stati sia uomini che donne, ma sulla soluzione dell’accampamento Scordovillo si è continuata ad infrangere la capacità (o, meglio, l’incapacità) del ceto politico/amministrativo che ha governato Lamezia in questo terzo di secolo. Saltando ora da palo in frasca, ma non tanto a ben vedere, mi chiedo che fine abbia fatto il proposito dell’ex presidente del consiglio comunale per costituire un ‘comitato di volontari’ finalizzato ai festeggiamenti per il cinquantesimo anniversario dalla creazione di Lamezia Terme. Credo sia stato rottamato perchè apprendo che, per il medesimo scopo, si voglia invece costituire

un “comitato d’onore”. Comitato d’onore! Avete capito bene! Ma che lo costituissero un comitato, d’onore o in qualunque altra maniera intendessero denominarlo, affinchè, più opportunamente, si occupi di come risolvere il problema di Scordovillo, appunto; quello dell’approvazione definitiva del piano regolatore generale (PSC); quello dei tributi comunali, che una larga fetta, maggioritaria, di lametini non paga e che il comune non riscuote; quello del consorzio per l’industrializzazione della piana, che stancamente trascina da oltre mezzo secolo la sua grama, inutile esistenza; quello della sistemazione di Corso Numistrano e di Piazza (sic!) della Repubblica... quello della decente sistemazione di tante aree periferiche e delle frazioni; quello della pulizia e del decoro dell’intera città che diventa sempre più sporca; quello di dotarla di un efficiente sistema di servizi pubblici... e potrei continuare all’infinito con questa impietosa analisi. Questo modo di retro di fare politica ed amministrare, tendente alla risoluzione degli annosi, gravi problemi della città, che la possano rendere bella, decorosa, vivibile, sarebbe il contributo migliore che gli amministratori possano mettere in atto per festeggiare i 50 anni di vita di Lamezia. In quanto sono quelle sopra elencate, insieme a tante altre, le piaghe dei problemi irrisolti, diventate ormai croniche e purulente, che infettano il territorio e fanno di Lamezia una città senza reali prospettive di sviluppo. Compressa oramai tra l’ “Area direzionale di Germaneto” - che va sempre più sviluppandosi ed estendendosi verso la fronte jonica di Catanzaro Lido, da una parte, e la Piana di Lamezia, dall’altra - e la fronte tirrenica del Golfo lametino, il cui mare diventa sempre meno balneabile. Vorrei poter parlare, infine, in modo positivo, con soddisfazione e gratitudine, delle

politiche concernenti la cultura, i beni e le attività culturali, cioè della “madre di tutte le politiche” che il ceto politico/amministrativo di ogni città si propone di predisporre e realizzare per sviluppare il proprio territorio e il conseguente turismo. Questa materia è un capitolo rispetto al quale, a Lamezia, purtroppo, come probabilmente avrebbe chiosato il compianto Troisi, “non ci resta che piangere” per la totale assenza di un insieme coerente di politiche culturali che siano inserite in un Progetto complessivo di conservazione e valorizzazione di tutti i beni, messi in rete e adeguatamente gestiti, (si leggano le riflessioni che, a tale proposito, ha rilasciate l’archeologa Stefania Mancuso alla Gazzetta del Sud del 18 agosto scorso), di cui Lamezia è abbastanza fornita. Un Progetto di tale spessore consentirebbe alla città di mostrare il suo volto migliore e di farne comprendere la Storia di cui quei beni costituiscono la testimonianza stratificata che nei secoli si è prodotta nel suo territorio; ed agli amministratori di poterla additare, con orgoglio, ai suoi cittadini ed ai visitatori occasionali, nel modo in cui l’ebbe a denominare l’assessore alla “Cultura, ai beni ed alle attività culturali” in carica nel primo triennio della prima amministrazione Speranza: “LAMEZIA TERME CITTA’ DELLA CULTURA”. Durante quel triennio, indimenticabile per numero di opere realizzare ed eventi prodotti, tutti di altissimo profilo, la nostra città fu per davvero uno dei territori più prestigiosi della cultura per l’intera Calabria. Altro che lo scatolone vuoto del ‘comitato d’onore’ per festeggiare i cinquant’anni di Lamezia, che a prescindere dalle persone che ne faranno parte, finirà per diventare lo strumento di una sagra paesana per effimere ed inutili, ancorchè amene, passerelle di autocelebrazioni.

Satirellando

Di metafore è pieno il cammino di ognuno di noi. Spesso incentrate sul confronto fra il mondo e l’arte culinaria: ci fanno ingoiare meno pietanze indigeste, che, spesso, si rivelano già da lontano, mentre ci appropinquiamo al nostro desco giornaliero… Ogni donna equilibrata, mangi “pasta all’arrabbiata”. Unico modo per dirsi “autogestita” e non dover barricare la sua vita, nel “sano” bon ton del buonismo, ben compunto e condito al vittimismo, come un tempo volea vetusto clero e oggi il volgo “due punto zero”, che ti “consiglia” di non adirarti, per, poi, opportunamente, sedarti:

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PASTA ALL’ARRABBIATA

ma io non ci credo, per piagnistei e “muri del pianto”! non ci ho mai creduto, col rilassarci tutti in quella quiete e continuo a vivere come sempre ho Infatti, quando vuoi lottare, che tanto somiglia al fiume Lete, saputo! ti proibiscono di poterti arrabbiare, inalando il “vivi e lascia vivere” Per me la vita perché, se stai relegato, perché tutto sia posto… sul ridere È una pasta saporita, nel recinto che ti viene assegnato, e l’esistenza abbia, persino, mai scondita, ogni epilogo in “tarallucci e vino”! non risalta l’inutilità mai troppo esagerata: di chi, per moda, regole dà: L’italiano ama lamentarsi: un’autentica oggi è il solo modo di confrontarsi, cercando, invero, solo di creare “pasta all’arrabbiata”! nuovi “disvalori” e “disvirtù” da credendo che ti facciano santo, proclamare:

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Carissimi lettori, bando alle ciance sulle solite, banali domande di fine estate (“dove sei stato”, “cos’hai fatto”: non hanno più senso con tutti gli smartphone in circolazione da cui scattiamo foto in ogni dove…) e passiamo a quella più importante e ricca di risvolti: “Cos’avete letto?”… In attesa che ognuno compia il proprio esame di coscienza, vi metto a parte delle mie letture e dei miei risvolti. Appena è andata in onda la fiction televisiva L’ALLIEVA (Rai1), tratta dai romanzi di Alessia Gazzola, dopo aver letto il primo romanzo della serie, che ha lo stesso titolo, e averlo recensito per voi, alcuni mesi fa, mi sono precipitata in libreria e ho ordinato tutti gli altri volumi. E così, essendo l’estate fatta apposta, per letture amene e non pedanti, e poiché Alessia Gazzola scrive in un italiano perfetto e con piacevolissima sintassi ben congegnata (primo requisito perché, a parte l’intreccio, un libro mi appassioni, personalmente), ho trascorso un bellissimo periodo in sua graditissima compagnia. Dopo L’ALLIEVA, con SINDROME DA CUORE IN SOSPESO, UN SEGRETO NON E’ PER SEMPRE, LE OSSA DELLA PRINCIPESSA, UNA LUNGA ESTATE CRUDELE e UN PO’ DI FOLLIA IN PRIMAVERA, la narrativa di Alessia Gazzola non ha più segreti, per me e, addirittura, mi accingo a leggere il suo settimo libro, staccato dalla serie, ma il cui titolo risulta altrettanto accattivante: NON E’ LA FINE DEL MONDO… Come ben sapete, la serie de L’ALLIEVA narra le vicende simpaticamente ingarbugliate di una specializzanda in Medicina Legale e le sue peripezie professionali e personali. Alice Allevi (magistralmente interpretata, nella fiction, dalla bellissima Alessandra Mastronardi) è un personaggio molto articolato, pur rappresentando una giovane donna moderna. Attraversa la narrazione degli attuali sei volumi, con garbo e determinazione, mai scoraggiata dalla sua proverbiale sfortuna spicciola, ma rivitalizzata dalla fiducia nel suo acume, a cavallo fra la medicina legale, la naturale propensione per

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l’indagine e il fiuto da detective… Supportata validamente dal personaggio che le ruota intorno, onnipresente, or come sogno proibito, or come concreta possibilità, il Dottor Conforti (il dottorino, come lo chiama affettuosamente Nonna Amalia…), splendidamente interpretato sul piccolo schermo, dall’affascinante Lino Guanciale. A dire il vero, mai come in questa serie TV , tratta da una serie di libri, il regista (Luca Ribuoli) si è impegnato così tanto nella scelta degli interpreti. I due attori, amatissimi dal pubblico e molto versatili, sembrano fondere le loro personalità, con i personaggi stessi. Inutile dire che ammiro moltissimo Alessandra Mastronardi e Lino Guanciale, non solo per il fatto che entrino nella parte loro assegnata, ma perché amano il personaggio, direi esattamente per come lo ama il lettore. Così, contrariamente a quanto avviene di solito, la finzione televisiva risulta lontana dalle distanze che, ogni lettore geloso, mette fra i personaggi che ha immaginato e quelli creati sulla pellicola… In genere, i protagonisti di un romanzo, risultano, al lettore, freschi e genuini, ma perdono

naturale modestia, l’assoluta mancanza di alterigia e la vocazione lavorativa e la dedizione al lavoro. Ho avuto modo di ammirare dal vivo tali doti, parlando con lui e parlando della mia passione per la lettura e anche per i personaggi di Alessia Gazzola. Ed egli, infatti, mi ha omaggiato del suo autografo, non trascurando un simpatico accenno al dr. Conforti… Confesso di amare di più il personaggio della Gazzola, avendo conosciuto proprio Lino Guanciale, un attore che sa impersonare con grande professionalità, ma anche grande verve le figure complesse di una storia, le loro innumerevoli sfaccettature, lette come la realtà vista attraverso un caleidoscopio… Leggere, infatti, diventa, talvolta, persino più appassionante, se abbiamo la fortuna di assistere a rappresentazioni di alto valore, tanto da avvicinarci a qualcosa di glorioso, che non dipende dallo scorrere del tempo, ma ha valore proprio, come succede con ciò che ci ha tramandato Marcello Mastroianni (e se non fosse un caso, che anche il cognome della Mastronardi, abbia la stessa radice linguistica, e che fosse, essa stessa, un’altra magnifica promessa?) ... Buona lettura, come sempre, ma anche buona visione, con i prossimi nuovi episodi tratti dalle belle narrazioni di Alessia Gazzola, che presto andranno in onda su Rai1.

qualche punto, trasferiti in video… Ciò non è avvento con i racconti de L’ALLIEVA, in cui Ribuoli e la Gazzola, si prodigano, perché nulla vada perduto della freschezza, appunto, dei due protagonisti. La simpatia e l’attento lavoro contribuiscono, dunque, alla gioia dei fruitori dell’opera, che beneficiano del fatto di vedere rappresentati i loro eroi, senza filtri scenici o macchinose trasformazioni, a vantaggio di uno share colmo di soddisfazioni per tutti. Leggere e fruire dello spettacolo, diventa, così, un tutt’uno. Nelle due ultime edizioni del Magna Graecia Film Festival, ideato e diretto dal grande Gianvito Casadonte, ho avuto modo di conoscere e apprezzare meglio LINO GUANCIALE: la sua affabile simpatia, la disponibilità affettuosa verso i fans, la naturalezza espressiva, il rimanere se stesso in qualunque frangente, la capacità nello stupirsi di ricevere i meritatissimi premi (Miglior Attore Protagonista, alla XIV Edizione Magna Graecia Film Festival), la gioia di comunicare. Qualità che hanno fatto dire al grande Michele Placido, senza remora alcuna, che Lino Guanciale sia il nuovo Marcello Mastroianni, soprattutto per la gentilezza, la

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CalabrianFoods, dal Reventino un nuovo portale dedicato all’enogastronomia calabrese CalabrianFoods (www.CalabrianFoods.com) è un nuovo portale internet che mira a raccogliere i principali produttori calabresi di prodotti tipici d’eccellenza. Dalle introvabili tipicità, ai migliori artefatti di tutte le tipologie e materiali, garantendo il made in Calabria al 100% e attenzione per l’ambiente, sia nelle fasi di lavorazione sia nella scelta stessa dei prodotti. Nato da un intreccio tra la passione per la cucina regionale, l’informatica e la valorizzazione del territorio, il sito offre la possibilità di scoprire, catalogare e acquistare prodotti di grande qualità, dai più tipici delle nostre tradizioni ai più contemporanei. Obiettivo è promuovere il “made in Calabria 100%” e le tante ricchezze del nostro territorio nel mondo, attraverso i contatti con i produttori locali. Offrire un servizio web completo per produttori calabresi, dalla grande visibilità, raccontando tramite il web, le abitudini, la storia, la cultura, il lavoro, le tradizioni e le tecniche, di cui gli artigiani si tramandano da secoli i segreti. Dare la possibilità, a chi non vive in Italia, di capire realmente la nostra cultura, scoprire i posti bellissimi del nostro territorio e avere dei canali commerciali facili e diretti con produttori e artigiani italiani d’eccellenza. Il sito si rivolge a tutti quelli che vogliono sapere qualcosa in più sulle ricchezze della Calabria, a chi vuole acquistare prodotti regionali o più semplicemente venire in Calabria e toccarla con mano. "D’altra parte" dichiara Mauro Notarianni, "ci rivolgiamo a chi, produttore, vuole promuovere e vendere prodotti tipici di tutte le tipologie in tutto il mondo".

Tropea Un segreto nascosto fra le cime argentee degli ulivi. uno spicchio di luna in un cielo trapunto di stelle sussurra parole d’amore a te tropea perla mediterranea.

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I vantaggi per gli acquirenti? Comodità di acquisto, servizio attivo 24 ore su 24, 7 giorni su 7 e possibilità di acquistare un prodotto che altrimenti non troverebbero in alcun punto vendita nelle loro vicinanze. ”Anche per i produttori” spiega ancora Notarianni, “i vantaggi non mancano”: la vendita dei prodotti avviene direttamente (senza intermediari), la gestione del catalogo dei prodotti e autonoma e la burocrazia molto più snella, godono di una vetrina professionale creata da professionisti del settore, possono acquisire nuovi clienti sfruttando le potenzialità offerte da internet, possono monitorare molti dati utili alle attività di marketing Tra gli obiettivi di CalabrianFoods offrire l’opportunità di avere uno “spazio” virtuale in cui pubblicizzare le aziende locali (parlando delle loro storie, dell’esperienza maturata negli anni, della tradizione culinaria di cui si fa interprete) e vendere online specialità enogastronomiche locali. “Le persone che acquistano online non si comportano come se stessero in un punto vendita” spiega ancora Notarianni, “I parametri di scelta sono diversi e, per orientare i consumatori, è necessario fornire informazioni chiare e semplici su: prodotti, condizioni di vendita, costi di reso, garanzie di acquisto, tempi di spedizione, contatti con il produttore”. Il sito si rivolge ad aziende e professionisti con partita IVA che realizzano prodotti completamente realizzati in Calabria. I produttori sono soggetti a una selezione da parte di CalabrianFoods. L’acquisto è permesso a utenti di tutto il mondo purché maggiorenni.

in questo silenzio notturno in cui la notte s’ abbandona ombre divine s’allungano sui tetti. una polvere d’oro copre la terra. il mare muto partecipe di tanto incanto.

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C

Caro Pietro

aro Pietro, ora che sei andato via almeno da qui, pensandoti, a tanti spunteranno insieme una lacrima e un sorriso. Tanti ricordi, pieni di gioia e nostalgia, stanno riportando molti agli anni irripetibili del tuo Blu, alle notti insonni sognando le cose più belle, davanti al tuo mare, sui tuoi scogli, con il futuro davanti accarezzato dal vento. Sei stata una delle persone più belle che abbia conosciuto, un poeta. Sì, perché la poesia si può scrivere con gli sguardi, con la tenerezza di un saluto e di un sorriso, con il movimento delle mani, con le utopie sviscerate fino all’alba e la speranza che qualcosa di straordinario possa accadere anche in terre difficili, dove chi fa è mal visto e costruire sogni è da matti! Tu ne hai costruito tanti e li hai regalati a ragazzi e ragazze che non potranno mai dimenticare le emozioni del tuo ineguagliabile angolo di mare, i desideri chiusi in uno sguardo seguendo le tue stelle. Sentirti parlare di quei luoghi, di tanta bellezza, mi incantava e fermava il tempo. Eri innamorato del tuo Blu, della vita e della sua magia. Ed hai fatto innamorare in tanti di tutto ciò che è bello, dolce e pieno di poesia. Prima che iniziassi ad organizzare concerti, facevo radio e ricordo le notti trascorse attendendo le interviste agli artisti che venivano a trovarti, seduto su uno scoglio. Guardavo le onde infrangersi lente e sognavo anch’io; appuntavo brevi pag. 24

versi nella mente. Nacquero lì le mie prime poesie. Ho conosciuto allora Gino Paoli ed ogni volta che poi l’ho incontrato, mi ha chiesto sempre di te. “Come sta Pietro?”, me lo chiedeva sorridendo sotto i baffi, con lo sguardo pieno dei vostri segreti e un po’ di nostalgia. Ricordo la notte degli Spandau Ballet, il mio primo concerto. Con la tua generosità offristi la cena a tutti. E poi, i concerti che organizzammo al Blu insieme, nel ’95. “Mi piacerebbe portare Peppino”, mi dicesti. Seguivo un’altra musica e ci impiegai qualche secondo

prima di capire. “Di Capri?”. “Si, Peppino!”. Fu una serata magica, ma ti addormentasti nel tuo stanzino prima che finisse. Ero venuto per fare quattro conti, ma ti lasciai dormire col sorriso disegnato sul tuo volto, felice e stanco. Ricordo il tuo Premio Calabria Natura con Bob Geldoff e Grace Jones, di cui andavi orgoglioso da vero precursore di idee e progetti per la valorizzazione di quei luoghi e dell’intera regione. Hai continuato a parlarmene per anni, ad ogni casuale incontro, come se parlassi di una tua creatura.

Ascoltavo la tua delusione per i mancati aiuti a quel progetto, per le tante difficoltà. Chiudevamo sempre con una smorfia di rammarico per quello che la Calabria potrebbe essere e non è. E poi, quel dispiacere per la chiusura del tuo angolo di cielo che, però, non trasformavi mai in cattiveria o rabbia. Non sapevi odiare, fiducioso che tutto potesse cambiare. Salutandoci stringevamo le labbra, alzavamo le spalle e ci davamo un bacio. “Salutami Ninfa!”, mia madre e tua cugina. Quando hai saputo della mia leucemia mi hai fatto chiamare da Paoli, per farmi convincere a curarmi a Genova. Sempre affettuoso, persona d’altri tempi, di altre dimensioni di pensiero e sentimenti. Caro Pietro, ricorderò la tua serenità, la tua ironia, la capacità di dare alla vita il senso giusto, quello in cui l’amicizia è un valore, la poesia e il sorriso le migliori terapie per vivere, magari accompagnati da quel pizzico di malinconia che, alle persone speciali, fa sempre compagnia. Ora che sei nel blu dipinto di blu, sono certo che sarai felice di stare lassù e, magari, starai pure canticchiando questo ritornello. Ciao Pietro, il premio lo organizzeremo lì. Scegli un nuovo angolo di Paradiso da riempire di allegria, gioia e di un pizzico di follia. Sono certo che, con i tuoi modi, convincerai anche gli angeli a ballare il twist e poi ti addormenterai su una nuvola, stanco e felice, come quella notte.

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