I fili della linea elettrica che corre parallela alla strada ferrata grondano ancora del suo sangue. Brandelli di viscere sparsi in un raggio di dieci metri. Hanno fatto presto a riparare il binario della Palermo-Trapani tranciato per non più di cinquanta centimetri. Evidentemente, l’esplosione che ha ucciso Giuseppe Impastato non doveva provocare un grosso danno, bastava appunto che uccidesse un uomo e creasse un po’ d’allarme.
Da una nota del comandante Tito Baldo Honorati indirizzata al Comando del gruppo di Palermo (20 Giugno 1984): Le indagini hanno condotto al convincimento che l’Impastato Giuseppe abbia trovato la morte nell’atto di predisporre un attentato di natura terroristica. L’ipotesi di omicidio attribuito all’organizzazione mafiosa facente capo a Gaetano Badalamenti è stata avanzata e strumentalizzata da movimenti di sinistra ma non ha trovato alcun riscontro ancorché sposata dal Consigliere Istruttore del tribunale di Palermo, dr. Rocco Chinnici a sua volta, è opinione di chi scrive, solo per certe sue aspirazioni elettorali.
Inizialmente gli investigatori sostennero che quella bomba fosse stata messa proprio da lui non si sa se per fare un attentato o per suicidarsi ‹‹in modo clamoroso››. C’è però il generico sospetto che un militante della sinistra poteva di quei tempi trasformarsi, con un colpo di bacchetta e all’insaputa di tutti, in un terrorista.
Ad avallare la tesi del suicidio balordo, una lettera ritrovata in casa della zia. In questo messaggio - di cui però non è stato possibile vedere una copia - ‹‹Peppino›› traccerebbe un fallimentare bilancio della sua vita, affermando il proposito di farla finita. Non potremmo eliminare, soltanto con un gesto di buona volontà, il forte sospetto che il povero Peppino Impastato sia rimasto vittima di una diabolica montatura dai chiari connotati politico-mafiosi. Gli elementi per prendere in seria considerazione questa ipotesi ci sono tutti: l’estrema incertezza della ‹‹dinamica›› dell’attentato; la forte campagna di denuncia della presenza mafiosa nella zona; gli avvertimenti, le minacce fatte recapitare al telefono della radio. Anche i giovani compagni di Peppino si dicono convinti che si sia trattato di omicidio di mafia.
Nei pressi del luogo dell’esplosione venne ritrovata una 850 Fiat. Dal cofano fuoriesce un filo elettrico che si interrompe dopo appena un metro. Nell’auto, arrotolati, alcuni metri di cavo telefonico. Si potrebbe anche credere che la bomba dovesse funzionare con un innesco elettrico e che il comando venisse dato dall’auto, tramite la batteria. Ma se è così, che ci faceva l’‹‹attentatore›› sui binari? Il suo posto era vicino alla macchina e vicino alla batteria, non sui binari.
Impastato stando ad alcune testimonianze aveva trascorso il pomeriggio in radio. Poi intorno alle 20.15 aveva salutato i compagni per andare a cenare. L’appuntamento era per le 21, sempre in radio. Alle 21, Peppino non era con i compagni. Questi ultimi ebbero come un presentimento, si divisero in quattro gruppi e su altrettante automobili lo cercarono. Niente, fino alla mattina quando poi si saprà della sua fine.
La cosa inspiegabile è che Peppino al contrario di quanto aveva detto non è andato a cenare a casa della madre. Perché? Ammesso che avesse deciso di prepararsi per l’attentato, perché dare appuntamento agli amici? Farsi aspettare? Farsi cercare? E poi, dove è stato tra le 20.15 e l’una, ora dell’esplosione?
Di certo a darsi alla morte non ci pensava. Anzi si può dire che Peppino Impastato cominciava a realizzarsi come politico. La gente andava a sentirlo anche se non condivideva le sue proposte. CosÏ, per ascoltare una voce diversa, spregiudicata e innocente.
Le indagini e le condanne del processo
"UltrĂ di sinistra dilaniato dalla sua bomba sul binario" (Corriere della Sera) "Attentatore dilaniato da una bomba" (L'Avanti) "Probabilmente stava preparando un attentato" (Il Popolo)
PerchĂŠ venne considerato un terrorista? L'indirizzo politico dei giornali potrebbe aver influito sulla cronaca dell'accaduto?
L'Italia di quel periodo vedeva nella sinistra una fonte di terrorismo... ...nello stesso 9 Maggio 1978 veniva ritrovato il cadavere di Aldo Moro, vittima delle Brigate Rosse
Ma qui non si tratta di pregiudizi politici
La cronaca è stata influenzata dalle indagini dei carabinieri
Un articolo di giornale ci conferma questa ipotesi <<Anche gli ultimi accertamenti non hanno modificato la nostra prima ricostruzione, secondo cui Impastato si è tolto la vita>>. Lo ha dichiarato uno degli ufficiali dei carabinieri che partecipano alle indagini per far luce al caso di Cinisi. I carabinieri sono convinti che l’unica pista <<seria e conducente>> sia quella del suicidio…In Procura è già stato consegnato un rapporto che proverebbe la tesi. Gli investigatori dell’arma hanno tenuto anche a sottolineare come poco conducente sia un’altra pista, quella delle macchie di sangue trovate in una stalla poco distante dal luogo in cui avvenne l’esplosione. (Giornale di Sicilia) 15 Maggio 1978
Queste macchie di sangue trovate nel casolare furono notate per la prima volta dagli amici di Peppino che erano accorsi nel luogo dellâ&#x20AC;&#x2122;accaduto nella prima mattinata. A questi giovani ragazzi fu inizialmente impedito di avvicinarsi troppo ma, ritornati successivamente, notarono gocce e tracce di sangue sul pavimento del casolare accanto alla strada ferrata. I ragazzi informarono immediatamente il maresciallo dei carabinieri che si rifiutò di andare a controllare e solo a distanza di alcuni giorni, sotto continue sollecitazioni, accettò di accedere sul posto.
Le tracce di sangue costituivano una decisiva prova che eliminava definitivamente ogni sospetto sulla dinamica dell’accaduto, sicuramente non di natura terroristica o suicida. Il dato fu però svilito dai carabinieri che sostennero la relativa o nulla rilevanza dei nuovi indizi e poiché la casa dei ritrovamenti era abbandonata quel sangue poteva non appartenere a Giuseppe Impastato. L’importanza dei risultati venne totalmente ignorata dal magistrato inquirente che si limitò a mettere a disposizione dei periti il materiale organico. Nel giugno del 1986 alcuni amici e familiari di Peppino chiedono formalmente la riapertura del procedimento che era stato chiuso da più di un anno. La richiesta si basa sui risultati della sentenza del Consigliere istruttore Antonino Caponnetto, secondo cui la morte di Impastato era stata decisa da quegli stessi gruppi mafiosi contro cui aveva lottato. Inizia così una nuova e importante fase di indagini che si concluderà nel 1992. Il pubblico ministero, nella richiesta di archiviazione del 26 febbraio 1992, affaccia il sospetto che ad uccidere Giuseppe Impastato fosse stata la frangia mafiosa dei corleonesi. Nel novembre 1999, dopo un lungo, estenuante, e logicamente inspiegabile alternarsi di vicende giudiziarie, il caso Peppino Impastato sembra finalmente essere stato chiarito, forse solo grazie alle numerose dichiarazioni rese da alcuni collaboratori di giustizia. Per il delitto di omicidio in danno di Giuseppe Impastato i due indagati, Gaetano Badalamenti e Palazzolo Vito, sono sottoposti a misure restrittive della libertà personale.
Alla fine del processo i due imputati riceveranno le seguenti condanne:
Dimenticare Peppino sarebbe come ucciderlo due volte.
Fine