Calcio 2000 n.207

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Mensile | MARZO 2015 | N. 207 | Italia | Euro 3,90

Calcio 2OOO il mensile diretto da FABRIZIO PONCIROLI

Esclusiva Giuseppe IACHINI I VALORI PRIMA DI TUTTO

Esclusiva Pietro Paolo VIRDIS IL SOMMELIER DEL CAMPO

Esclusiva Franco ZAVAGLIA L’UOMO CHE HA SCOPERTO TOTTI

ESCLUSIVA

Simone ZAZA

IL PREDESTINATO foto Federico De Luca

Speciale CALCIOMERCATO 2015 TUTTI I TRASFERIMENTI


EDITORIALE di Fabrizio PONCIROLI

www.calcio2000.it

direttore@calcio2000.it

ORA TOCCA AGLI ALTRI… CY CMY

K

oi italiani siamo davvero strani… Siamo capaci di passare dall’esaltazione massima, allo sconforto totale in un battito d’ali. È vero, non siamo più il campionato calcistico di riferimento per tutti, probabilmente non siamo neanche tra i primi cinque migliori tornei d’Europa e, dato di fatto, i campioni preferiscono altri lidi alle nostre città. E allora? Non siamo scomparsi dai radar, siamo solo meno luccicanti rispetto ai bei tempi andati. Ma siamo certi che sia tanto umiliante non essere più i numeri uno? Riflettiamo insieme. Quando la Serie A era al top, non mi sembra che la passione con cui seguivamo le vicende calcistiche fosse superiore a quella che si respira adesso nei bar. Le lamentele per un rigore dato o negato sono le stesse, i giudizi su quel giocatore o quel tecnico i medesimi. Insomma, il calcio è sempre lo stesso, sono cambiati solo gli interpreti e, ammettiamolo, c’è voglia di cambiamenti in questo delicato periodo storico/sociale. Forse, proprio per la mancanza di campionissimi, alcuni giovani giocatori, spesso frutto delle nostre giovanili, hanno avuto spazio e modo di mettersi in luce. Guardate Zaza, la nostra cover del mese. Ha avuto la possibilità di giocare e dimostrare che può essere uno dei nuovi testimonial del nostro bistrattato calcio. Ha colto l’occasione al volo!!! Non sono mai stato un amante dei cavalli di ritorno. Non sono stato convinto dell’affare Torres, così come di tanti altri che si sono consumati di recente (Shevchenko docet). Sempre meglio, a mio giudizio, puntare sul nuovo, possibilmente giovane e, magari, Made in Italy!!! Ragazzi, tocca agli altri… Non piangiamoci addosso e sfruttiamo questo periodaccio per offrire a giovani rampanti la possibilità di diventare i campioni del futuro. Certo, quando saranno grandi e famosi, andranno probabilmente a giocare all’estero ma, dopo di loro, altri ne verranno… Zaza è la dimostrazione vivente che, a volte, non riconosciamo il campione solo perché non lo vediamo giocare… Bicchiere mezzo pieno, amici miei!!! Aggiungo una postilla: il Sassuolo, una delle sorprese del campionato in corso, gioca con una squadra quasi interamente di italiani… Volevo evidenziarlo… Passiamo al resto. Numero ricco, cari amici. Ho voluto inserire la tabella, aggiornata, di tutti i movimenti di calciomercato, sezione invernale e ho dato visibilità ad un reportage da Durba, Sud Africa, davvero interessante (mi ha riportato ai tempi in cui il pallone era un gioco). Poi, riflettori su Zavaglia, il re del mercato del mese, e Lorenzo Amoruso, uno “scozzese” davvero doc… Per finire, grazie per le tante mail/lettere che mi state inviando. Sto lavorando per provare ad accontentare tutti e migliorare, insieme a voi, la nostra/vostra rivista. Bicchiere mezzo pieno, amici miei!!!

Mensile | MARZO 2015 | N. 207 | Italia | Euro 3,90

Calcio 2OOO il mensile diretto da FABRIZIO PONCIROLI

Esclusiva Giuseppe IACHINI I VALORI PRIMA DI TUTTO

Esclusiva Pietro Paolo VIRDIS IL SOMMELIER DEL CAMPO

Esclusiva Franco ZAVAGLIA L’UOMO CHE HA SCOPERTO TOTTI

ESCLUSIVA

Simone ZAZA

IL PREDESTINATO Speciale CALCIOMERCATO 2015 TUTTI I TRASFERIMENTI foto Federico De Luca

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N. 207 - MARZO 2015

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SIMONE ZAZA

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“Non piangiamoci addosso e sfruttiamo questo periodaccio per offrire a giovani rampanti la possibilità di diventare i campioni del futuro. Zaza è la dimostrazione vivente che, a volte, non riconosciamo il campione solo perché non lo vediamo giocare…” Fabrizio PONCIROLI

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sommario n.207

Anno 19 n. 3 MARZO 2015

6 La bocca del leone

Registrazione al Tribunale di Milano n.362 del 21/06/1997 - Iscritto al Registro Operatori di Comunicazione al n. 18246

di Fabrizio Ponciroli

8 INTERVISTA ESCLUSIVA

Simone Zaza

di Pierfrancesco Trocchi

20 INTERVISTA ESCLUSIVA

GIUSEPPE IACHINI

8

di Alessio Alaimo

30 SPECIALE CALCIOMERCATO

BOTTI D'INVERNO

di Fabrizio Ponciroli

I MAGHI DEL DRIBBLING

di Fabrizio Ponciroli

20

Marco Conterio, Luca Bargellini, Cristina Guerri, Gaetano Mocciaro, Chiara Biondini, Simone Bernabei, Lorenzo Marucci

di Salvatore Siviero

52 SERIE B - LIVORNO

di Sergio Stanco

54 LEGA PRO - JUVE STABIA

di Pasquale Romano

56 Serie D - PADOVA

Hanno collaborato

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di Simone Toninato

58 I Re del Mercato

FRANCO ZAVAGLIA

di Simone Bernabei

68 I Giganti del Calcio

LORENZO AMORUSO

di Stefano Borgi

38

TC&C S.r.l.

di Gabriele Porri

Statistiche

Redazione Calcio2000

82 DOVE SONO FINITI?

PIETRO PAOLO VIRDIS

Contatti per la pubblicità:

di Stefano Borgi

CAMPIONATI STRANIERI 86 SPAGNA di Sergio Stanco 88 INGHILTERRA di Luca Manes 90 GERMANIA di Flavio Sirna 92 FRANCIA di Renato Maisani

94 IL TIFO RACCONTA

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Calcio 2OOO

Pieroni S.r.l. via Carlo Cazzaniga, 19 20132 Milano Tel 02 25823176 Fax 02 25823324

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NUMERO CHIUSO IL 30 GENNAIO 2015

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Stampa

Distribuzione

98 SCOVATE da CARLETTO RTL

15 MARZO 2015

e-mail: media@calcio2000.it

Tiber S.p.A. Via della Volta, 179 - 25124 Brescia (Italy) Tel. 030 3543439 Fax. 030349805

di Thomas Saccani

IL PROSSIMO NUMERO sarà in edicola il

Image Photo Agency (imagephotoagency.it), Liverani, Federico De Luca, Photoviews.

Realizzazione Grafica

League 1973/74

Pierfrancesco Trocchi, Alessio Alaimo, Alessio Calfapietra, Salvatore Siviero, Sergio Stanco, Pasquale Romano, Simone Toninato, Gabriele Porri, Renato Maisani,Thomas Saccani, Carletto, Tania Esposito, Paolo Bardelli, Flavio Sirna, Stefano Borgi, Luca Manes

Fotografie

78 Storia Champions

Diretto da

Fabrizio Ponciroli

Redazione

IL CALCIO IN AFRICA

TC&C srl Strada Setteponti Levante 114 52028 Terranuova Bracciolini (AR) Tel +39 055 9172741 Fax +39 055 9170872 Michele Criscitiello

44 REPORTAGE

EDITORE

DIRETTORE RESPONSABILE

38 SPECIALE BOMBER

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PER SCRIVERCI: media@calcio2000.it

LA BOCCA DEL LEONE di Fabrizio Ponciroli - foto Image Sport NON LA FACEVO COSÌ GIOVANE… Buongiorno Direttore, l’ho appena vista in Tv, su SportItalia, e devo dire che non la facevo così giovane e preparato. Ho notato che, anche in Tv, continua a insistere sul fatto di puntare sugli italiani e questo mi trova d’accordo. Io sono un tifoso dell’Inter e mi spiace vedere quasi zero italiani in rosa. Pensa che qualcosa cambierà a breve o ci saranno sempre più stranieri? Francesco, mail firmata Caro Francesco, grazie per i complimenti. Sembro giovane ma, in realtà, non lo sono tanto… L’importante è esserlo dentro, non si dice così? Comunque, passiamo all’Inter. Rispetto al recente passato, la situazione mi pare leggermente migliorata. D’Ambrosio, Ranocchia, anche Andreolli, insomma qualche italiano lo si vede in campo anche in nerazzurro. Spero che il trend possa veramente cambiare. Il Sassuolo insegna: si può far bene anche con gli italiani, basta crederci e dargli fiducia. OSVALDO, CHE PASTICCIO Direttore,

FABRIZIO PONCIROLI

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quando l’Inter ha acquistato Osvaldo ero felicissimo. È un giocatore con delle qualità importanti, sa far gol e non è uno che si fa prendere in giro. Mi era piaciuto nella Roma ed ero convinto che potesse essere l’uomo in più per noi. E ora, per un litigio con Icardi che, tra l’altro, ha tutte le colpe perché quella palla doveva dargliela, lo abbiamo perso. Non tutti i giocatori sono uguali, Osvaldo andava difeso e protetto. Vorrei un suo parere e complimenti per la rivista. Giovanni, mail firmata Amico Giovanni, scusami ma non la penso come te. Osvaldo ha sbagliato e non è la prima volta. La reazione in campo, seppur da condannare, poteva anche starci, ma poi il bomber ha proseguito per una strada tortuosa e che, lo si sapeva, non avrebbe portato a nulla di buono. Sparire per due giorni ha fatto il resto. Non discuto le sue qualità in campo ma, se giochi a certi livelli, devi saperti controllare. I ribelli piacciono ai media, meno agli allenatori. Credo che chi ci abbia perso di più non sia l’Inter ma lo stesso Osvaldo. Un’altra occasione gettata al vento…

Pablo Daniel Osvaldo

PALLONE D’ORO, UNA FARSA Egregio Ponciroli, ancora una volta il Pallone d’Oro si è trasformato in una farsa. Cristiano Ronaldo? Ma dai, Neuer ha vinto tutto, ha vinto un Mondiale da protagonista e nessuno se ne è ricordato. Vince sempre chi è spinto dagli sponsor e Cristiano Ronaldo è sicuramente più famoso e conosciuto di Neuer. Tutto qua!!! Mi risponda, anche in privato. Grazie Marcello, mail firmata Allora, andiamo con ordine. Neuer è stato fantastico nel 2014. Il Mondiale lo ha vinto da protagonista, nessun dubbio, ma non mi pare che Cristiano Ronaldo abbia fatto una stagione tanto inferiore. Se il Real Madrid ha vinto la Decima Champions, il merito è stato soprattutto di CR7, no? Non credo che gli sponsor abbiano tutto il peso specifico che credi. Io, ad esempio, l’avrei dato al portoghese e non sono un suo sponsor (anzi, io adoro Messi)… MERCATO, QUALCHE PREVISIONE Direttore, siamo un gruppo di ragazzi e vorrem-

Cristiano Ronaldo

mo sapere da lei un suo giudizio sul mercato invernale. Mi dice i tre migliori colpi e quelli che non la convincono? La seguiamo spesso anche su TMW, con l’editoriale che apprezziamo sempre molto e ci piacerebbe avere una sua risposta. TS91, mail firmata Beh, grazie mille per il sostegno. Allora quando vi scrivo manca ancora qualche giorno alla fine del mercato ma ci provo comunque. I tre colpi che mi sono piaciuti maggiormente sono stati Gabbiadini al Napoli, Shaqiri all’Inter e, sorpresa, Maxi Lopez al Torino. Non mi convince, invece, l’operazione Eto’o. Spero di sbagliarmi, che abbia ancora voglia di essere il Samuel che abbiano ammirato all’Inter, ma gli anni passano e le motivazioni svaniscono, soprattutto quando hai vinto tutto quello che c’era da vincere… MA GLI AFRICANI STANNO MIGLIORANDO? Direttore Ponciroli, sono un lettore di Calcio2000 di vecchia data. So che lei è un esperto

Xherdan Shaqiri

di calcio internazionale e quindi so che mi risponderà. Sto seguendo la Coppa d’Africa. Sono anni che sento dire che il calcio africano è il futuro, che tra poco saranno loro a dominare il calcio e tante altre storie. Io sto guardando tutte le partite, essendo pensionato, e non vedo tutto sto grande calcio. Mi sembra di vedere grandi atleti che però fanno fatica a dare del tu al pallone, come si dice dalle mie parti. Saranno anche forti fisicamente, ma il calcio non è solo fisico. Se non sai fare un cross preciso, a che cosa ti serve essere grosso e muscoloso? Io non ricordo tanti super campioni africani. Vista l’età ricordo Roger Milla, poi Samuel Eto’o ma non tanto altro. Non è che forse siamo sempre noi che vogliamo vedere quello che non c’è? Gianfranco, mail firmata Caro Gianfranco, la Coppa d’Africa la sto seguendo pure io e con sempre grande attenzione. La mia impressione: il calcio africano è migliorato tantissimo dal punto di vista tattico. Oggi si vedono meno errori a livello di meccanismi in campo ma, lavorando sugli aspetti tecnico/tattici, probabilmente

Samuel Eto'o

gli allenatori (spesso europei) hanno forse imbrigliato il talento dei calciatori africani. Non so se sia un bene o no, resta il fatto che c’è meno imprevedibilità nelle loro giocate, meno fantasia, ovvero la dote che rendeva gli africani unici. Qualche giocatore interessante, comunque, l’ho notato. Penso ad Heldon di Capo Verde, Bifouma del Congo o anche Oyongo del Camerun. Insomma, secondo me stanno migliorando come movimento calcistico, forse meno velocemente di quanto era lecito aspettarsi… DOMANDA AL VOLO Direttore Ponciroli, un suo veloce pensiero sul ritiro di Trezeguet, mio idolo assoluto. Speravo di vederlo a Modena ma niente da fare. Carlo, mail firmata A mio giudizio, in area di rigore, una sentenza. In pochi hanno avuto il fiuto del gol come Trezegol. Lo metto, tra gli attaccanti dell’area piccola, tra i migliori tre che abbia mai visto giocare. Anche io ho sperato che l’amico Caliendo lo portasse a Modena…

David Trezeguet

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COPERTINA SIMONE ZAZA

COPERTINA / SIMONE ZAZA

NEW ENTRY Zaza, l’uomo nuovo del calcio italiano

IL BALLO DI SIMONE

Intervista esclusiva ad uno dei giocatori più interessanti del panorama calcistico italiano, anche fuori dal campo...

di Pierfrancesco TROCCHI foto Federico DE LUCA

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COPERTINA / SIMONE ZAZA

“B

ad boy”, “L’antiBalotelli”, “Il ragazzo da sposare”. Di Simone Zaza si è scritto spesso e in maniera molto variegata, una sorta di “Uno, nessuno e centomila” in chiave moderna. Del resto, è sempre difficile dare tratti realistici di un calciatore, la cui figura deve emergere e definirsi da quello che si vede, chiaramente, sul campo e da ciò che, vagamente, si può intuire del suo vivere quotidiano. Dopo i recenti scalini guadagnati in fatto di fama, l’attaccante del Sassuolo è, per continuare il parallelo pirandelliano, un Mattia Pascal. Si è lasciato alle spalle le voci, sovente ingiustificate, dei primi passi, quelle che lo volevano come il ragazzo difficile da gestire ed obnubilato da una personalità imprevedibile, dimostrando di essere ciò che i giornali non volevano: un ragazzo normale, con doti eccellenti e il fuoco dell’ambizione negli occhi. Si è finalmente iniziato a parlare del metapontino per quello che è, mettendone in risalto la semplicità e genuinità di cuore, attraverso aneddoti inusuali per un giovane giocatore di suc-

COPERTINA / SIMONE ZAZA

cesso. Chi non ricorda la rasatura della barba su richiesta di mamma Caterina, che, evidentemente, giudicava l’aspetto del figlio un po’ troppo trasandato? Noi aggiungiamo un altro episodio. In attesa dell’intervista, a Simone – che, aggirati i voleri materni, ha di nuovo guance e mento di un intenso nero corvino – gli abbiamo chiesto di posare per qualche scatto, quelli che vedete in queste pagine. Dopo diverse fotografie, Zaza sembra a disagio, quasi irritato. Non sarà mica tornato il cattivo ragazzo? No, per nulla. Il 10 neroverde si spiega: “Scusate, è che mi vergogno!”. Sì, uno dei più promettenti talenti della Serie A prova un forte pudore davanti all’obiettivo di una macchina fotografica. Altroché Balotelli, viene subito da pensare. È proprio da qui che non abbiamo più dubbi interpretativi su Simone Zaza, che ci lascia affascinati e piacevolmente sorpresi per la sua sincera umanità. Il presupposto migliore per intraprendere un’intervista, dove Simone si racconta, si diverte e fa divertire anche noi. Partiamo dalle tue origini. È difficile vedere giocatori della tua terra, la Basilicata, arrivare ad alti livelli. Tu

come sei riuscito ad abbattere questa barriera ideale? “Ci è voluta tanta fortuna, di certo. Bisogna farsi trovare pronti al momento giusto e saper sfruttare le poche occasioni che ti vengono offerte. In Basilicata non capita a tutti, quindi, oltre a considerarmi un po’ bravo, mi sono sentito molto fortunato”.

L’ANTICALCIATORE

Ragazzo semplice Simone: piedi per terra e pochi grilli per la testa

Giovanissimo lasci la tua terra e la tua famiglia. Quanto ti ha formato questa esperienza? È lì che è nato Simone Zaza, tutta forza e determinazione? “Sono andato via di casa a 13 anni. Per i primi due anni mia madre mi ha seguito e pure mio padre, quando non era impegnato per lavoro, ci raggiungeva per stare un po’ con noi: i miei genitori mi hanno sostenuto in maniera decisiva. Certo, ho passato quattro anni della mia adolescenza a Bergamo, un luogo che non conoscevo e dove ho dovuto imparare ad ambientarmi. Tutto sommato, però, sono esperienze che farei di nuovo”. A proposito, sul braccio hai un tatuaggio che raffigura tua madre. Ha molto colpito in passato la promessa mantenuta che le facesti riguardo alla

OCCHIO AL LOOK L’abbigliamento è forse l’unico “vizio” del centravanti del Sassuolo

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COPERTINA / SIMONE ZAZA

Quando hai capito che avresti potuto raggiungere traguardi così alti? “Non ho mai avuto l’ossessione di arrivare. La mia forza è stata l’incoscienza, perché quando giocavo, come in Lega Pro col Viareggio, e pure quando non giocavo, come in Serie B ai tempi della Juve Stabia, dentro di me sentivo che ce l’avrei comunque fatta, mi sentivo già forte. In un certo senso, intimamente ho sempre saputo di potercela fare”. Forse la svolta è stata Ascoli. Stagione 2012/2013, la bellezza di 18 reti in 36 presenze… “Sì, perché ad Ascoli ho dato concre-

“”

Conte è molto diverso dal mister. Con Di Francesco ho un rapporto più intenso, oramai ci conosciamo da due anni… tezza alle mie qualità, guadagnando l’interesse di diverse squadre di Serie A, tra cui il Sassuolo, dove sono approdato l’anno successivo”. Sassuolo, appunto. Assomiglia per tranquillità alla tua Basilicata. Forse manca solo il mare. “Vero, anche se poi non è così lontano. È innegabile, qui a Sassuolo sto bene. Non ci sono tante pressioni, si può lavorare

in maniera efficace. Troviamo le motivazioni in noi stessi e non è difficile, perché credo che chiunque vorrebbe fare bene in Serie A. Questo è il posto giusto per me, per poter crescere sempre di più”. In merito alla tua maturazione, il tuo carattere fumantino degli inizi ti aveva procurato la fama di bad boy lucano. Quando ti sei detto: “Simone, stai più tranquillo”? “Io ero semplicemente un ragazzino vivace che giocava a calcio, ma non ho mai creato problemi, né all’interno dello spogliatoio né nello staff. Sono maturato molto rispetto a qualche tempo, ma debbo crescere ancora tanto”. In questo processo di crescita, il ruolo di Di Francesco è forte. Cosa ti lega a lui? “Sì, ho un bellissimo rapporto con il mister. La mia carriera è ancora agli inizi, dunque non ho lavorato con molti allenatori, ma posso dire che dal punto di vista umano Di Francesco è speciale, ha la capacità di far sentire importanti tutti.

Poi, nei periodi complicati sotto il punto di vista fisico, e soprattutto mentale, mi ha sempre dato forza, senza mai perdere fiducia in me stesso”. Parliamo di Nazionale. Esordio con goal contro la Norvegia, episodio che ti ha consolidato come icona della nuova Nazionale, quella che premia chi ha fame e non le copertine. Pensi che Conte possa dare l’identità mancante? Qual è il suo punto di forza? “Conte è molto diverso dal mister. Con Di Francesco ho un rapporto più intenso, oramai ci conosciamo da due anni, parliamo molto spesso. Al contrario, ho avuto poche occasioni per approfondire il dialogo con Conte. Si è concentrato a spiegarmi soprattutto questioni tattiche e calcistiche, ma mi ha dato una mano nel periodo in cui si parlava molto di me, aiutandomi sotto diversi aspetti. Lo devo ringraziare, perché questo atteggiamento indica che crede in me”. Oramai cult è l’intervista insieme ad

“”

Uno dei miei pochi vizi è la passione per i vestiti, quindi passo giornate Intere nei Negozi di Abbigliamento a provare un po’ di tutto e comprare Immobile durante il ritiro della Nazionale dell’ottobre scorso. Ti ritrovi nella descrizione che Immobile ha fatto della vostra intesa, definendovi come “coppia ignorante”, nel senso più benevolo del termine? “Io quando gioco sono sempre un po’

CARNEVALI, IL TUTTOCAMPISTA IN SCRIVANIA

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Ecco: cosa fa Simone Zaza quando ha una giornata libera? “Uno dei miei pochi vizi è la passione per i vestiti, quindi passo giornate intere nei negozi di abbigliamento a provare un po’ di tutto e comprare. Mi piace anche mangiare, vado spesso al ristorante. Ultimamente ho iniziato ad apprezzare il sushi, ma preferisco sempre il pesce che fa mia madre (ride, ndr). Inoltre, condividendo la casa con il mio migliore amico, sono spes-

Stagione Squadra 2008-2009 Atalanta 2009-2010 Atalanta 2010-2011 Sampdoria 2011-gen. 2012 Juve Stabia gen.-giu. 2012 Viareggio 2012-2013 Ascoli 2013-2014 Sassuolo 2014-2015 Sassuolo

Amministratore Delegato e Direttore Generale degli emiliani da questa stagione, Giovanni Carnevali è il trait d’union, tra l’anima sportiva e quella aziendale del Sassuolo. proprietà, “sempre molto presente e vicina a noi”, spiega. I progetti sono ambiziosi, come quelli legati all’acquisto dello stadio di Reggio Emilia, ora Mapei Stadium, “che ci dà grandi opportunità. Dobbiamo programmare i lavori per renderlo adatto alla Serie A e ancora più bello ed appetibile per i grandi eventi”. Ma non solo: “Ci impegneremo nel settore giovanile per migliorarlo; inoltre, implementeremo l’efficacia delle aree sportiva, gestionale e di quella deputata alla comunicazione”. Una visione globale, che comprende una priorità assoluta quale la valorizzazione dei giovani, “per diventare una piazza interessante ed intrigante per i ragazzi, con l’obiettivo di contare sempre meno “anziani” in squadra”. Dove il DG sassolese vede i neroverdi tra qualche anno? “Una cosa è certa: il nostro traguardo immediato è quello della salvezza, ma” – specifica – “sappiamo che, continuando a lavorare in questa maniera, in futuro potremo toglierci qualche soddisfazione in più”. Insomma, “poche idee, ma chiare”, chiosa Carnevali.

Serie Presenze GOL A 3 0 A 0 0 A 2 0 B 4 0 1D 18 11 B 36 18 A 35 9 A 15 8 TOTALE 113 46

* Dati aggiornati al 10/01/2015

foto Image Sport

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È tempo di curiosità. Abbatti il cliché del giocatore tutto belle macchine e lusso andando ad allenamento in monopattino. Confermi? “Sì, è vero, è capitato qualche volta. Sono, sotto certi aspetti, l’anti-calciatore. Molti miei colleghi hanno abitudini che non condivido, preferisco avere i miei passatempi”.

PRESENZE E GOL DI ZAZA

Di Pierfrancesco Trocchi

l suo arrivo, l’anno passato, dice di aver trovato “una grande famiglia, un ottimo ambiente, con persone capaci, che lavorano intensamente per poter migliorare e rafforzare le strutture necessarie per consolidarsi in un ambiente ostico come la Serie A”. La passione vivace di Squinzi ha particolarmente impressionato Carnevali: “Squinzi è un uomo di sport, tutta la sua famiglia è amante delle discipline sportive. Si è preso a cuore questa società, si dimostra molto interessato ad ogni aspetto del nostro lavoro”. La vera forza è quella di avere “una struttura ben definita, con responsabilità diverse per ognuno. Il programma di lavoro viene determinato dalla società, condiviso con tutti gli operatori e poi portato avanti con determinazione”. L’AD ha chiare le metodologie di gestione del Sassuolo e delle sue risorse: “Una società sportiva deve essere gestita come un’azienda, ovvero, prima di tutto, deve avere un bilancio positivo ed un profilo economico solido”; una mentalità corroborata dalla

ignorante. Ci metto foga, cattiveria, anche se a volte forse esagero. Però, sì, secondo me, ci vuole un po’ di ignoranza per fare bene (ride, ndr)”.

foto Image Sport

tua barba. Deve essere forte il legame con lei… “Ho un rapporto bellissimo con i miei genitori, con cui mi confido. Sono molto presenti, ma mi lasciano sempre libero di fare le scelte che ritengo più giuste. Mia madre e mio padre hanno rappresentato il pilastro per la mia crescita e il motivo per cui sono arrivato a giocare a questi livelli”.

COPERTINA / SIMONE ZAZA

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so insieme a lui. Ora ho anche un cane da accudire, perciò conduco una vita molto tranquilla, ma comunque molto divertente”. Queste tue abitudini confermano un’immagine pubblica “pulita”, tanto che Giuliano Ferrara ha detto questo: “Se Zaza desse un’intervista in cui dichiara che gli piace Giamburrasca e il libro Cuore e non ha tempo di vedere Sex and the City, preferisce una passeggiata in monopattino, una proposta di matrimonio gay gliela farei senza indugio”. “Io non mi impegno ad essere così, sono tranquillo per natura e mi faccio i fatti miei, senza sforzi. È anche vero che, da poco tempo, la mia immagine è cambiata molto, perché qualche mese fa in pochi sapevano chi fosse Simone Zaza. Adesso, giocando nel Sassuolo, e soprattutto dopo l’esordio in Nazionale, la gente mi conosce meglio. Certo fa piacere, ma io voglio che si parli di me soltanto sotto il profilo sportivo e non per quello che riguarda la mia vita privata. Cerco di evitare qualsiasi genere di gossip, non mi piace per nulla”. Insomma, come quando scrissero che, prima di giocare nel Valdera, nel 2002 l’Empoli ti scartò perché ritenuto grasso. “Ho sentito an-

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che io questa storiella, ma non è così. Mi scartarono perché probabilmente non mi

ritenevano all’altezza, ma sono sempre stato molto magro. È il semplice effetto dei pettegolezzi, appunto”. La tua è una scelta controcorrente rispetto a quella di molti calciatori famosi. Come riesci a mantenere attentamente separate la tua fama e la tua vita privata? “Io ho assolutamente bisogno di dividere le due cose. Appena finisco di allenarmi, devo dimenticare il calcio, stare con i miei amici e non pensare a nulla, sennò impazzirei. Del resto, se uno inizia ad essere sulla bocca di tutti, è facile che i giornali sfruttino l’occasione ed e n fa t i z z i n o alcuni episodi.

“” Scambio maglia? Senza dubbio, la scambierei con Ibrahimovic, è uno dei miei miti, tanto che ho già una sua maglietta del PSG indossata

CHE BARBA, CHE NOIA La mamma lo vorrebbe sbarbato ma Zaza non cede…

A maggior ragione, bisogna stare attenti e, al posto di fare qualche “cavolata”, evitare di ritrovarsi in situazioni che potrebbero creare problemi”. Inizia il quiz. C’è un goal a cui sei più affezionato? “Il prossimo! (ride, ndr)”. E la rete contro la Norvegia? Dove la mettiamo? “A parte gli scherzi, direi proprio quella, non ci credevo nemmeno io. È stata un’enorme soddisfazione e nemmeno mi sarei aspettato che la mia vita potesse cambiare da una settimana all’altra. Oltre a quel goal, a livello di sensazioni direi anche la doppietta con la Roma del dicembre scorso, perché stavo passando un momento particolare, con prestazioni globalmente deludenti. Ricordo che i miei amici e i miei compagni di squadra mi aiutarono tantissimo per affrontare quella partita nel miglior modo possibile, non posso che ringraziarli”. Tra 5 anni ti alzi una mattina: cosa vorresti trovare nella tua vita sportiva? “Sicuramente voglio già aver vinto qualcosa, possedere qualche trofeo in bacheca. In più, avere sempre segnato tanto nelle stagioni precedenti e giocare in una grande squadra”. Hai chiamato tu stesso questa domanda: qual è la big in cui ti vedresti meglio in questo momento e

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COPERTINA / SIMONE ZAZA

COPERTINA / SIMONE ZAZA

IL DIRETTORE MASCHERATO

LA PASTA DEL CAPITANO

Non si vede spesso, ma c’è, eccome. Stiamo parlando di Nereo Bonato, Direttore dell’area tecnico-sportiva del Sassuolo dalla stagione 2004/2005. Non è un caso se, da quel momento, i neroverdi non si sono più fermati. ei ha vissuto per intero la crescita del Sassuolo. “Il fattore fondamentale è stato quello di avere una proprietà seria, intenzionata a costruire qualcosa di duraturo. Dalla C2, passo a passo, si è cercato di mirare all’obiettivo possibile. Abbiamo cercato di dare una connotazione tattica ben definita, ovvero il 4-3-3, quindi sul mercato abbiamo individuato giocatori che potessero inserirsi al meglio in questo assetto e allenatori che avessero nel proprio DNA tale modulo”.

Dici Francesco Magnanelli, dici Sassuolo. Il capitano dei neroverdi, vero perno della squadra, ha vissuto per intero, dal 2005 ad oggi, la meravigliosa cavalcata della società emiliana.

Di Pierfrancesco Trocchi

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Poche operazioni di mercato, ma mirate. “Negli anni, la capacità della società è stata quella di adattarsi alle necessità ed effettuare le scelte sugli uomini, sui professionisti, con molto criterio. Abbiamo fatto soltanto un paio di rifondazioni: oltre a quella iniziale, una dopo l’annata difficile in Serie B e una l’anno scorso nel salto dalla B alla A”. Avete preso decisioni importanti anche in termini economici. Qual è il vostro obiettivo? “Il nostro obiettivo è quello di confermarci nella categoria. Per quanto riguarda gli investimenti, è vero che sono stati sostanziosi, ma siamo convinti che siano, appunto, investimenti e non costi, perché sono stati effettuati su giocatori molto giovani cui offriamo una possibilità prima del salto in un top club. L’obiettivo è quello di affermarci come realtà che si consolidi nel panorama della Serie A e monitorare i giovani, salvaguardando il risultato sportivo”.

Di Pierfrancesco Trocchi

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ei emiliano di adozione. Cosa ti lega così tanto a Sassuolo? “La cosa più importante è che siamo riusciti a crescere assieme, lottando sempre per vincere: questo è ciò che ci accomuna tutti. Dalla C2 siamo partiti con entusiasmo, con momenti straordinari ed altri più difficili. Sono rimasto perché mi hanno sempre fatto sentire importantissimo”. Avevi mai pensato di poter diventare capitano di una squadra di Serie A? “A dire la verità, no, ma, quando mi sono confrontato con la B , ho apprezzato il potenziale di questa società ed ho pensato che mancasse solo l’ultimo gradino, come poi è stato. Bellissimo, perché sono arrivato in Serie A con le mie gambe e questo mi riempie di orgoglio”. Quando avete capito di poter diventare il Sassuolo di ora? “In una crescita così lunga è difficile individuare un solo momento. Credo che la positività e la tranquillità trasmesse a tutti noi dal dottor Squinzi e dalla Mapei siano state fondamentali, perché ha sempre detto di volere vincere e l’ha dimostrato con i fatti”. Tra il Magnanelli della C2 a quello della A cosa è cambiato? “Sotto certi punti di vista è cambiato tantissimo, c’è stata una maturazione completa. Ora, finalmente, mi sento un giocatore importante per questa società. Quello che è rimasto uguale è lo spirito, so da dove sono venuto e so dove appigliarmi in determinate situazioni”.

Su una rosa di 28 giocatori, 25 sono italiani. Scelta cercata? Quali sono i vantaggi? “Assolutamente. È un grande vantaggio in una realtà come Sassuolo, dove non c’è grande pressione ed è necessario avere un gruppo coeso. Lavorare con ragazzi che conoscano questa realtà e il campionato italiano è importante, perché bisogna essere consci della realtà in cui si va a calarsi”.

Quali allenatori ti hanno segnato maggiormente? “Credo che Allegri, sotto il punto di vista della gestione e della mentalità, sia stato il migliore che abbia mai incontrato. Pioli è un uomo vero, oltre ad essere un allenatore completo. Mandorlini ha un grande carisma, sa trasmettere determinati valori. Di Francesco, infine, è stato il più importante, perché ha stravolto allenamenti e modo di pensare: ci ha permesso di diventare grandi”.

In definitiva, possiamo dire che c’è tanto di Bonato in questo Sassuolo. “Con umiltà e lavoro, sono sempre stato il punto di riferimento tecnico e mi fa piacere veder confermata la bontà delle scelte fatte”.

Il futuro ti vede ancora qui? “Sassuolo è una tappa fondamentale della mia vita e qui, dove è anche nata mia figlia, mi vedo ancora per tanto tempo. Vogliamo scalare posizioni di anno in anno e chissà come andrà a finire. Cresciamo insieme!”.

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COPERTINA / SIMONE ZAZA

COPERTINA / SIMONE ZAZA

V COME VITTORIA

Simone punta a grandi obiettivi: Mondiale e Champions League...

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Il vero sogno è quello di vincere un Mondiale o la Champions League con il mio club, ma mi sa che debba fare ancora tanta strada dove un giorno speri di giocare? “Adesso il top è sicuramente il Real Madrid, anche se sarei indeciso, perché ci sono squadre come il Barcellona… Forse meglio il Real, perché il Barça ha delle punte molto diverse da me, basse di statura e molto tecniche. Il Real, invece, ha Benzema, che mi somiglia di più per caratteristiche, anche se non c’entro niente con lui, eh (ride, ndr). Sì, sceglierei Real Madrid”. Il prototipo di calciatore perfetto per Simone Zaza: testa di? Cuore di? Piedi di? “Testa… Beh, direi la mia, perché penso di avere l’approccio corretto. Non sono un professionista disinteressato, per nulla, ma non sono nemmeno come i giocatori che curano il proprio mestiere in maniera maniacale. Poi, userei il cuore di Gattuso e Magnanelli: il capitano ha una grinta unica, che riesce a trasmettere a tutti noi. Infine, i piedi e la tecnica di Ibrahimovic. E anche di Van Basten, dai (ride, ndr)”. Van Basten è uno dei tuoi idoli, appunto. Una sera sei libero a casa e ti invitano a cena sia Van Basten sia Rihanna: sei obbligato a scegliere soltanto uno dei due. Con chi vai? Vediamo se sei davvero un bravo ragazzo. “Scelgo Van Basten, lascio Rihanna a casa. Anzi, facciamo così: cena con Van Basten e dopocena con Rihanna (ride, ndr)”. Risposta impeccabile. Dal Cigno di Utrecht passiamo nuovamente all’attualità: qual è il giocatore con cui ad oggi scambieresti la maglia? “L’ho già scambiata con Balotelli ancor prima di conoscerlo, con Chiellini, Tevez, Pirlo e Osvaldo. Senza dubbio, la scam-

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bierei con Ibrahimovic, è uno dei miei miti, tanto che ho già una sua maglietta del PSG indossata. Poi, naturalmente, il desiderio più forte è quello di avere la maglia di Cristiano Ronaldo, a chi non piacerebbe? Significherebbe che gioco in Champions League, no? (ride, ndr)”. Coppa dalle grandi orecchie, campioni di classe mondiale… Zaza dove si mette? Dove potrà arrivare? “Non mi pongo limiti. Magari dirò cose scontate, lo so, ma il vero sogno è quello di vincere un Mondiale o la Champions League con il mio club, ma mi sa che debba fare ancora tanta strada (ride, ndr)”.

per il suo enorme talento, gestito, come ha già dimostrato, con criterio proficuo e lungimiranza. Non possiamo che augurargli un futuro ricco di traguardi raggiunti, di vivi stimoli e sorrisi, non soltanto professionali. Ci auspichiamo, allo stesso modo, che una società coraggiosa, dai saldi principi sportivi e umani come il Sassuolo possa rendere il proprio futuro ancor più confortante di quanto non lo sembri già ora. Ci accodiamo al motto neroverde: Forza Sasòl!

L’ultima domanda è un “Giù dalla torre”: Champions da protagonista o Mondiali? “Mondiali con l’Italia. Anzi, li vinco tutti e due (ride, ndr)”. La risposta finale è il perfetto compendio di Simone, dove convivono ambizione, intelligenza ed ironia, oltre ad acclarate qualità di calciatore. I suoi 23 anni non possono che essere linfa

Intervista di Pierfrancesco Trocchi

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INTERVISTA GIUSEPPE IACHINI

INTERVISTa / GIUSEPPE IACHINI

UN VERO SERGENTE

Iachini è della scuola di Novellino, con lui non si scherza...

UN TECNICO NORMALE

foto Federico De Luca

Alla scoperta di Iachini, allenatore tranquillo, nonostante sia alla guida di un club, il Palermo, decisamente caldo…

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di Alessio ALAIMO Calcio 2OOO

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INTERVISTa / GIUSEPPE IACHINI

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hi è Beppe Iachini? "Una persona tranquilla, che pensa alla famiglia e al lavoro", parola del tecnico marchigiano, che parla in esclusiva a Calcio2000, ripercorrendo le tappe della carriera. Prima da calciatore e poi da allenatore. E la conferma di quanto sia legato alla famiglia, basta cercarla negli annali. Siamo nel 1991, Iachini gioca nella Fiorentina, va a Milano per delle visite mediche, si ferma a fare serata (e già questa, visto il personaggio, è una notizia) ma se ne pente dopo poche ore. E la mattina presto si rimette in macchina, alla volta di Ascoli. "Se la famiglia non è con me, io torno da loro. Nella crescita di un atleta la famiglia è una componente importante", ammette Iachini. Casa, famiglia e lavoro. In queste tre parole c'è Iachini? "Il lavoro di allenatore non finisce dopo l'allenamento. Per il resto, conduco una vita normale. Ho iniziato a giocare a calcio all'Ascoli, con Mazzone l'esordio. Poi la consacrazione con Boskov. E cambio aria, anche perché di giovani usciti dal settore giovanile all'Ascoli, a quei tempi non ce n'erano molti. Quindi, se la società poteva monetizzare...".

INTERVISTa / GIUSEPPE IACHINI

“” Novellino? Walter è quello che ha segnato di più il mio percorso, lo ritengo il mio modello: con lui sono stato più anni cermi ad andare via dalla Fiorentina. È stato molto importante per farmi andare al Palermo". Al punto che si presentò al ritiro del Palermo con la divisa della Fiorentina e quando disse di voler vincere, qualche giocatore rosanero la guardò male. "Avevo finito da poco il ritiro con la Fiorentina (sorride, ndr). La società non aveva grandi possibilità, c'era però la volontà di fare le cose per bene". Poi una nuova esperienza, al Vene-

zia, dove organizzava i finti litigi con Novellino... "Ogni tanto, per cercare di scaldare la settimana. Per arrivare alla partita con la carica giusta. Con il mister abbiamo avuto un grande rapporto, era sempre prodigo di consigli. Si era creato un grande feeling. E oltre, me, a dare una mano al mister era bravissimo anche Gianluca Luppi. Festeggiare la promozione in Laguna è stato qualcosa di bellissimo".

ECCELLENTE GIOCATORE

20 anni sul campo per Iachini, qui in maglia Ascoli

Il suo modello da allenatore? "Ho avuto la fortuna di incontrare nel mio percorso tanti allenatori bravi. Penso a Mazzone, Spalletti, Boskov, Ranieri, Novellino... Walter è quello che ha segnato di più il mio percorso, lo ritengo il mio modello: con lui sono stato più anni. Ma tutti gli allenatori che ho avuto, li ricordo con grande piacere". E da allenatore, qualche volta, ha organizzato dei finti litigi con qualche giocatore? "Curo tutti gli aspetti. Durante la settimana non si fa niente per caso. Tutto è molto importante. E se magari durante la preparazione della partita vedo un calo di attenzione, è chiaro che sta all'allena-

Dopo Firenze, il Palermo. E prima di chiudere la trattativa, rimase cinque ore nella sede viola con il ds dei rosanero all'epoca, Giorgio Perinetti. "Giorgio fece una pressione importantissima su di me e sulla società per convin-

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foto Agenzia Liverani

Poi la Fiorentina. Ha sofferto un po' la personalità di Dunga? "No, ho ottimi ricordi della Fiorentina. E anche di Carlos. Sono stati anni belli. E l'ambiente ancora oggi lo ricordo con affetto".

foto Giorgio Sanseverino

E va al Verona, rifiutando la Sampdoria. "No, sarei andato volentieri perché c'era Boskov. Ma tra il mio agente Caliendo e il Verona ci fu un accordo precedente. Non sono pentito, dirlo non sarebbe rispettoso nei confronti di una piazza dove sono stato bene. Magari dispiaciuto si, perché essere allenato ancora da Boskov mi sarebbe piaciuto. Ma va bene così, ho fatto il mio percorso e raccolto tante soddisfazioni".

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INTERVISTa / GIUSEPPE IACHINI

L'UOMO DELLE PROMOZIONI

Un mister abituato a fare benissimo in cadetteria...

INTERVISTa / GIUSEPPE IACHINI

IL MAGO DELLE PROMOZIONI

MOMENTI INDIMENTICABILI Il Palermo torna in A grazie alla guida di Iachini

Di Thomas Saccani

In otto stagioni in cadetteria, Iachini ha conquistato ben quattro promozioni in Serie A…

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a carriera, da allenatore, di Iachini è, per certi versi, ancora piuttosto giovane. Il suo primo approccio con la panchina risale, infatti, alla stagione 2001/02. L’allora 38enne Iachini si siede, alla 18esima giornata, sulla panchina lagunare, al posto di un certo Prandelli. In realtà, essendo sprovvisto di patentino, Iachini, ufficialmente, ricopre il ruolo di team manager, anche se è lui a dirigere la squadra (si beccherà anche una squalifica in tal senso). Ironia della sorte, al comando di quel Venezia c’è Zamparini, il suo attuale presidente. L’esperimento, seppur intrigante, dura pochi mesi. Il Venezia retrocede e Iachini va a Cesena per imparare l’arte del duro mestiere dell’allenatore. Dopo un anno in C1 con i bianconeri, chiuso con un più che onorevole quarto posto, inizia il suo lungo peregrinare nella serie cadetta. A parte qualche sporadica apparizioni in Serie A, la cadetteria diventa il suo terreno di conquista. Diventa il mago delle promozioni. La prima arriva nel 2007/08, alla guida del Chievo con ben 85 punti conquistati. Si ripete nella stagione 2009/10, questa volta da allenatore del Brescia. Subentrato a Cavasin, rende le Rondinelle una super squadra. Nei playoff arriva il meglio, con l’incredibile vittoria, in finale, contro il Torino. Il vero capolavoro arriva alla Sampdoria. Anche qui subentrato (prende il posto di Atzori), porta i doriani ai play-off con la sesta testa di serie. Sembra impossibile ma, eliminando compagini come Sassuolo e Varese, si fregia di una nuova promozione in A. L’ultima impresa è recente e vede protagonista il Palermo. Zamparini lo chiama per prendere in mano i rosanero, dopo l’esonero di Gattuso. Iachini fa quello che sa fare meglio: crea un grande gruppo. Il club siciliano cambia marcia, tanto da vincere il campionato con cinque giornate di anticipo (sul campo del Novara arriva la matematica certezza del titolo). Chiude a 85 punti, pareggiando il record conseguito con il Chievo. Quarta promozione per un tecnico che non teme nessuna missione, anche la più proibitiva…

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INTERVISTa / GIUSEPPE IACHINI

INTERVISTa / GIUSEPPE IACHINI

IL RICORDO DI GIUNTI

IACHINI IN VIOLA

Insieme hanno fatto benissimo con la casacca del Chievo...

Dal 1989 al 1994, ha indossato la casacca della Fiorentina

“ALLENATORE VERO, SCUOLA NOVELLINO” Di Thomas Saccani

Giunti ha avuto Iachini come allenatore nella splendida cavalcata del Chievo della stagione 2007/08…

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foto Agenzia Liverani

tagione 2007/08. Il Chievo, appena retrocesso in Serie B, ha l’obbligo di tornare immediatamente nella massima serie. La missione viene affidata a Iachini, che non tradisce. I clivensi chiudono il campionato al primo posto, con ben 85 punti. Nella rosa 2007/08 dei gialloblu figurava anche Federico Giunti. Campione d’Italia con il Milan e di Turchia con il Besiktas, l’ex centrocampista ci ha parlato del suo rapporto con Iachini…

Di lei dicono, perfetto per la Serie B e inadatto per la A. Quanto le pesa? "Un allenatore deve essere visto come tale. Ma se in Serie B vinci deve essere visto come qualcosa di positivo. E se ti ripeti per quattro volte, qualcosa vorrà dire. Sono orgoglioso della mia gavetta. E vado avanti per la mia strada". Scaramanzie particolari? "Piccole stupidaggini si. Ma in famiglia siamo molto religiosi, credo nella fede. E mi piace il Papa, per i concetti e per l'umiltà: i valori devono essere messi davanti a tutto". Ha organizzato il ritiro estivo a Storo per scaramanzia, perché c'era già stato con il Brescia e le era andata bene... "Si, vero. Anche per questo. L'ambiente però ci accoglie sempre bene". Ha anche un centro sportivo ad Ascoli. "Se ne occupa la mia famiglia. È un

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TRA vent’anni mi vedo probabilmente in pensione, con qualche nipotino che mi crescerà accanto... modo anche per tenere impegnati i giovani meno fortunati. A volte i ragazzi rinunciano allo sport per piantarsi davanti ai videogiochi. Lo sport invece è un modo di socializzazione e cerchiamo, con il Centro Sportivo, di far stare bene insieme i ragazzi". La squadra dei sogni per il futuro? "L'auspicio, è chiaro, è sempre quello di crescere. Ogni giorno mi alzo pensando di dover migliorare e di conquistare qualcosa in più. Vado dritto per quelle

che sono le mie convinzioni, pensando che la vittoria di domani è più importante di quella di ieri".

Alla guida di quel Chievo c’era Iachini, che ricordo hai dell’allenatore? “Guarda, nonostante abbia giocato pochissimo in quell’anno, anche perché ero a fine carriera, non posso che parlare bene di Iachini. Non ho dubbi nel dire che il vero artefice di quella promozione sia stato lui. Ha preso in mano una squadra demoralizzata da una retrocessione che nessuno ci aspettava e l’ha portata a vincere il campionato”.

Dove si vede Iachini tra vent'anni? "Probabilmente in pensione, con qualche nipotino che mi crescerà accanto". Le faccio qualche nome, promette di non arrabbiarsi? "Ok..."

Ma che tipo era Iachini? “Beh, tosto. Lui fa parte della scuola di Novellino. È uno che sa metterti pressione quando serve, ma anche portare tranquillità nei momenti in cui tutto va per il verso giusto. L’ho sempre considerato un grande allenatore, molto bravo nel preparare le partite. Un grande conoscitore di calcio…”.

Oreste Cinquini. "Un direttore sportivo bravo, preparato, con cui ho vissuto anni belli alla Fiorentina. Lo ricordo con affetto". De Vitis. "Lui iniziava la sua avventura da direttore sportivo, muoveva i primi passi. Insieme, a Piacenza, abbiamo vissuto una bella esperienza, anche perché la società viveva un periodo di ridimensionamento". Giorgio Perinetti. "Parla la storia. È stato il mio direttore da giocatore e poi da allenatore. È un

foto Agenzia Liverani

tore alzare i toni quando serve".

Buongiorno Giunti… Torniamo alla stagione 2007/08, quella della promozione in A con il Chievo… “Annata fantastica, non era facile ma è andato tutto benissimo. Abbiamo conquistato il primo posto abbastanza facilmente, giocando anche un buon calcio”.

Non c’è da stupirsi, quindi, che stia facendo bene al Palermo… “Direi proprio di no. I risultati conseguiti in questi anni parlano da soli. Si merita una piazza importante come Palermo e, soprattutto, la Serie A. Come detto, lo considero un grande allenatore…”.

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INTERVISTa / GIUSEPPE IACHINI

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VOGLIA DI PRIMEGGIARE Iachini vuole arrivare in alto, ovviamente con il suo Palermo...

Vado dritto per quelle che sono le mie convinzioni, pensando che la vittoria di domani è più importante di quella di ieri che sul piano professionale, sono rimasto male dal punto di vista umano. Se oggi lo rivedessi lo saluterei, magari ci scapperebbe anche un sorriso. Purtroppo è andata così. Ma il destino ha voluto che facessi un altro percorso".

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Gianluca Nani. "L'ho incontrato a Brescia. Una persona che sa vedere i giocatori, competente. Qualche discussione c'è stata, ma ogni tanto ci sentiamo. Il rapporto rimane buono".

lavoratore che sa fare bene il suo lavoro. Sono contento di aver riportato, con lui, il Palermo in Serie A. Il suo addio mi è dispiaciuto, perché quando condividi

Intervista di Alessio Alaimo

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qualcosa con una persona con cui ti sei trovato bene e poi il rapporto si interrompe, dispiace. Ma anche Zamparini ha stima e affetto nei confronti di Perinetti, ne sono sicuro". E adesso la faccio arrabbiare: Pasquale Sensibile. "No, non mi arrabbio. Sono rimasto dispiaciuto per come sia finita dopo aver raggiunto una promozione con la Sampdoria, dove abbiamo ricostruito da capo il gruppo valorizzando diversi giovani. Alla fine, il fatto di non essere rimasto, mi è dispiaciuto. Pensavo di essere in una società seria che potesse dare continuità al lavoro. Peccato, ma poi ti passa perché devi pensare ad altre battaglie. Conosco bene il papà di Pasquale. Più

Franco Ceravolo. Tra lei e il suo ex direttore il rapporto non era dei migliori. "Quando lavori con delle persone ci sono delle cose che non possono essere viste alla stessa maniera. In quei pochi mesi che siamo stati insieme, io ho pensato a fare il mio lavoro. Ma se Ceravolo è andato via, non è certo per colpa mia. Probabilmente il Presidente ha fatto altre valutazioni". Chiudiamo con Dario Baccin… "Un ragazzo bravo, preparato. Già aveva espresso un buon valore nella precedente esperienza da responsabile del settore giovanile. Poi viene da una scuola, quella di Perinetti, che tutti conosciamo. Gli auguro le migliori fortune per il futuro". Un futuro in cui Beppe Iachini vuole essere grande protagonista. Alla guida del suo Palermo, il tecnico nativo di Ascoli Piceno sta dimostrando a tutti il suo grande valore. Con grande accortezza e professionalità sta facendo rendere al meglio la rosa, valorizzando giocatori, su tutti Dybala, che sono già nel mirino di grandi squadre. Buona fortuna Mister…


SPECIALE CALCIOMERCATO 2015

SPECIALE / CALCIOMERCATO 2015

BOTTI D’INVERNO

Calciomercato invernale spumeggiante, a conferma che i grandi colpi, o presunti tali, sono ancora di casa

Mattia Destro

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Samuel Eto'o

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di Fabrizio PONCIROLI

Manolo Gabbiadini

Xherdan Shaqiri Calcio 2OOO

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Manolo Gabbiadini

la volontà del giocatore di andarsene. Citazione d’obbligo anche per Gabbiadini. In un Napoli molto esterofilo, l’aver portato in rosa un italiano, tra l’altro tra i migliori in circolazione, è un colpo notevole. Come se non bastasse, l’ex Samp è uno di quei giocatori che può far fare l’ultimo salto di qualità alla banda di Benitez. Chiudiamo con Doumbia. Con l’amico di nazionale Gervinho al fianco, l’ex CSKA potrebbe essere l’uomo in più per Garcia per provare ad impensierire la Juventus capolista. L’ivoriano ha un feeling con il gol pazzesco. I numeri parlano chiaro: 83 reti in 130 presenze con il club russo, 17 dei quali (in 22 partite) in Europa. A 27 anni è pronto per fare la differenza anche in Italia e, in giallorosso, avrà modo di mostrare le sue qualità… C’È ANCHE CHI PARTE… Ovviamente, c’è anche chi ha sfruttato questi giorni di mercato per salutare il calcio italiano. Ogni sezione, rischiamo sempre di perdere prezzi pregiati ma, almeno in questa occasione, ce la siamo cavata piuttosto bene. Dispiace dover salutare Giovinco. Nel pieno della sua maturità calcistica (28 anni), la Formica Atomica ha deciso di abbandonare la Juventus per tuffarsi nella MLS. C’è chi pensa che sia un azzardo, certo che un contratto garantito da circa 40 milioni di euro da godere nei prossimi quattro anni, è una tentazione davvero difficile da reprimere. Ci mancherà, sicuramente molto di più rispetto a Torres. Lo spagnolo, lo scorso 2 settembre, si presentava al popolo rossonero in pompa magna: “Al Milan per vincere, Inzaghi tirerà fuori il meglio da me”. Dopo poco più di quattro mesi, lo stesso Niño è tornato a casa, a Madrid, sponda Atletico. Di lui restano, come traccia, 10 presenze e un gol (contro l’Empoli). Nient’altro. Stesso numero di presenze ma neanche la soddisfazione di una rete per Hugo Almeida. A Cesena già faticano a ricordarsi il suo volto. Tanta la curiosità nel vedere se al Krasnodar, club russo, lascerà il segno. Ci si augura, invece, di non rimpiangere Jedvaj. Classe 1995, era arrivato alla Roma, nel luglio 2013, per ben cinque milioni di euro, a dimostrazione della considerazione, importante, nei suoi confronti. Solo due presenze, la scorsa stagione, per il giovane talento croato che, alla fine, ha deciso

COMPLIMENTI AL MILAN Di Thomas Saccani

Il Campione del Mondo 1982 giudica il mercato delle grandi… l mercato invernale si è concluso. C’è chi si è rinforzato, chi no. Collovati, Campione del Mondo 1982, ha voluto commentare “le azioni” delle grandi… Buongiorno Collovati, che idea si è fatto di questo mercato invernale? “E’ stato un mercato movimentato, ci sono state tante sorprese. In particolare, anche se non è una novità, tante punte hanno cambiato squadra”.

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Quale società si è mossa meglio a suo giudizio? “Devo dire che il Milan mi ha sorpreso. Destro è un attaccante importante, Cerci ha qualità, Antonelli può dare una mano, Paletta, là dietro, sarà utile. Direi che hanno fatto bene. Anche l’Inter non è stata a guardare. Era tuttavia prevedibile, le milanesi stavano troppo male per non muoversi sul mercato”. Il miglior colpo del mercato, a livello di giocatori? “Gabbiadini mi piace molto. Credo che il Napoli abbia preso un giocatore davvero importante e con ampi margini di miglioramento. E’ uno dei migliori talenti italiani in circolazione e Benitez saprò sfruttarlo al meglio”. C’è qualche squadra che esce indebolita dal mercato? “La Fiorentina. Ha preso giocatori veri, pronti, come Diamanti e Gilardino, ma Cuadrado è uno di quei giocatori che fatichi a rimpiazzare. Non per altro è stato pagato tantissimi milioni di euro”.

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Xherdan Shaqiri

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I CINQUE COLPI DA RICORDARE Destro, Eto’o, Shaqiri, Gabbiadini e Doumbia. Sono questi i cinque colpi da ricordare per quanto concerne l’ultima sezione di calciomercato. Cinque operazioni diverse tra loro, ognuna con motivazioni e retroscena tanto divertenti quanto curiose. Si pensi a Destro. Il Milan si è presentato al via del calciomercato con Torres e Pazzini. Il primo, abulico, è finito a Madrid, sponda Atletico, per Cerci. Sembrava tutto a posto ma poi, complice i risultati ad inizio anno da incubo del Diavolo, ecco la necessità di avere una punta vera, uno come Destro appunto. Classe 1991, per l’ex attaccante della Roma vestire la casacca rossonera è una sfida particolare. Destro è cresciuto nell’Inter ma questa è un’altra storia… Passiamo ad Eto’o. Sinceramente garantire al camerunense, 33enne e con un alto chilome-

traggio, un contratto fino al 2018 pare esagerato ma, alla fine, con questa operazione, Ferrero è diventato, ancor di più, l’idolo del mondo blucerchiato. Ecco, per Mihajlovic, tecnico di grande valore, non sarà semplice far collimare le esigenze del tre volte campione in Champions League con le sue direttive, imperniate su corsa ed umiltà (l’inizio non è stato edificante da questo punto di vista). Non avrà problemi, soprattutto a livello di corsa, Mancini. Shaqiri, a dispetto delle sue dimensioni ridotte (168 cm), è uno che corre parecchio e che dà anche del tu alla palla. Strappare un giocatore al Bayern Monaco è già una bella Samuel Eto'osoddisfazione, nonostante

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gni anno, la magia del calciomercato si diffonde in ogni luogo in cui il pallone è di casa. Rispetto alla sezione estiva, la finestra invernale è, solitamente, più “fredda”. Non è facile mettere a segno grandi colpi di mercato in pochi giorni e, soprattutto, le squadre non si privano, a cuor leggero, dei propri assi a stagione in corso. Il calciomercato invernale 2013-14, ad esempio, ci aveva regalato pochi titoli da prima pagina: Hernanes all’Inter, Nainggolan alla Roma ed Osvaldo alla Juventus. Ancora meno scoppiettante il precedente (2012-13), ravvivato solo dall’acquisto di Balotelli da parte del Milan. Era, quindi, lecito aspettarsi poco movimento in questo rigido inverno italiano ed, invece, è successo davvero di tutto. Nonostante la crisi che continua ad attanagliare il nostro calcio, i presidenti dei nostri club hanno esagerato, regalandoci colpi sensazionali. Alcuni sono sembrati figli della voglia di esaltare le folle, altri hanno il sapore dell’investimento per il futuro, altri ancora un disperato tentativo di risolvere crisi tecniche e di risultati ma, alla fine, quello che conta, è che ci sia stato tanto, tanto di cui parlare e scrivere. Di seguito abbiamo voluto analizzare questa folle sezione di mercato, tra sorrisi e delusioni…

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IL PENSIERO DI COLLOVATI

Complimenti al Milan, bel colpo Gabbiadini...

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IL NEO ROMANO Doumbia, insieme a Gervinho, per un attacco africano...

L’ERA DEI PRESTITI

Gilardino ricomincia da Firenze

Di Thomas Saccani

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L’agente Fifa Calandra ci spiega la moda del momento…

Alberto GIlardino

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n mercato con tanti nomi in gioco. Tutti i club di serie A, di fatto, hanno fatto operazioni in entrata e in uscita ma, in realtà, di soldi ne sono stati mossi davvero pochissimi (di fatto solo il Napoli ha speso tanto, con l’acquisto di Gabbiadini dalla Sampdoria). Per il 90% dei casi, sono state tutte operazioni in prestito. Due le formule adottate: prestito con diritto di riscatto e prestito con obbligo di riscatto. L’agente Fifa Calandra ci spiega il perché di questa moda tipicamente italiana: “Una volta si puntava molto sulle comproprietà, formula che, oggi, non è più possibile nel calcio italiano. Il prestito, di fatto, è la risposta alla scomparsa delle compartecipazioni. In pratica, grazie al prestito, non si corrono rischi finanziari o, almeno, sono rischi calcolati. Nel caso del prestito con diritto di riscatto, non ci sono obblighi, al termine del prestito secco, di riscattare il giocatore. Nel caso dell’obbligo di riscatto, si spalma la spesa su più tempo e, di conseguenza, non si hanno esborsi immediati e pesanti per le società”. Sistemi che, all’estero, non hanno grande seguito: “No, all’estero, solitamente, il prestito, in qualsiasi forma lo si voglia inquadrare, non è una soluzione molto amata. I club, solitamente, puntano a prendere e vendere i giocatori in maniera definitiva. In Italia è diverso, il prestito fa parte del nostro modo di fare calcio, quindi credo che sarà sempre più utilizzato come mezzo per realizzare accordi tra le varie società. Almeno fino a quando non ci saranno più soldi in circolazione…”. Una battuta anche sulla regina dell’ultimo mercato: “Beh, il Napoli ha fatto due colpi importanti e in tempi brevi. Credo che sia la società che si sia mossa con più intelligenza e andando a coprire le lacune che veramente voleva colmare. E poi, alla fine, è il club che ha speso dei soldi veri, quindi puntando a giocatori per il presente ma, soprattutto, per il futuro, come Gabbiadini”.

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IL RICHIAMO DI CASA In un modo o nell’altro, è stato anche un calciomercato nostalgico. Tantissimi i giocatori che, al richiamo di casa, non hanno saputo dire di no. Partiamo da Matri. Dopo aver cercato fortuna a Milano, sponda rossonera, a Firenze e, infine, a Genova, sponda rossoblù, il bomber è tornato a Torino, convinto da Allegri, l’allenatore che lo ha sempre amato, anche nel periodaccio al Diavolo. Per Matri un dolce ritorno a casa, visto che in bianconero ci è già stato per due stagioni e mezza, con 29 gol in 83 presenze. Stesso viaggio di ritorno anche per Borriello. Stanco di fare la panchina alla Roma, ha deciso di rivestire la casacca del Grifone. A Genova ci va per la terza volta, in un luogo dove ha dato il meglio del suo repertorio (31 gol in 65 gare, 19 in una sola stagione). Anche Santon, nonostante le dichiarazioni della fidanzata via social network, ha accettato di buon grado di rientrare nei piani dell’Inter, il club che lo ha reso famoso ma che, nel 2011, lo aveva spedito in Premier League. Pure per Gilardino e Diamanti, Firenze è un luogo ben noto. Il Gila ci ha segnato 59 gol, il fantasista c’era nel lontano 2003, agli albori della Fiorentina di oggi. Tornare a casa è, a volte, la soluzione migliore…

IL RITORNO DEL GIL

Alessandro Matri

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foto Liverani

CURIOSITA’ E LAST MINUTE Il mercato, per fortuna, regala anche momenti decisamente grotteschi. In particolare, in questa ultima sessione, ci siamo divertiti parecchio. E’ accaduto, ad esempio, che l’aereo della Roma, volato in Guinea Equatoriale, sede della Coppa d’Africa, per far fare le visite mediche al neo acquisto giallorosso Doumbia, si sia sentito dire un secco no circa la possibilità di atterrare… Clamoroso anche il “caso Diakitè”. Visite mediche per la Sampdoria, tutto a posto? No, perché Mihajlovic, il tecnico, alla fine decide che non fa per lui… Abbiamo poi assistito ai 1000 euro di Pozzi. Mai visto un diritto di riscatto, in serie A, di soli 1000 euro. Tantissimi, poi, gli affari saltati all’ultimo momento. Ederson si impunta, non risponde al telefono e, di fatto, fa saltare l’approdo di Bergessio alla Lazio. Il Parma, dopo aver smantellato metà squadra, decide di tenersi Mendes, ormai ad un passo dalla firma del Cagliari. Scoramento anche per Iniguez. Accordo raggiunto con il Verona ma il presidente dell’Argentinos Juniors non dà il suo benestare nei minuti finali e l’affare salta. Incredibile? Vero ma non quanto accaduto a Firenze con l’egiziano Salah, l’erede di Cuadrado, che, prima di firmare, chiede (ed ottiene) il contratto in lingua araba per essere certo di aver capito tutto… Alla fine, come ogni volta, si è arrivati alla conclusione con

Acqua, dall’Hoffenheim alla Sampdoria, come vero, ultimo colpo di mercato.

MARCO BORRIELLO

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di mettersi in gioco al Bayer Leverkusen, club in grado di garantirgli spazio. Che peccato. Infine, la vera tristezza proviene da Firenze. Cuadrado ha salutato l’Italia, chiamato dal Chelsea di Mourinho. Il colombiano, una delle stelle del nostro torneo, ha fatto le valigie. Impossibile resistere ai 31 milioni, più bonus, dei Blues. Amarezza a Firenze, resteranno nel cuore i 26 gol (e le tante giocate di classe) in 106 presenze totali…

DAVIDE SANTON

Calcio 2OOO

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SPECIALE / CALCIOMERCATO 2015 - campagna trasferimenti

SPECIALE / CALCIOMERCATO 2015 - campagna trasferimenti

serie A

serie A

SQUADRA

ACQUISTI

CESSIONI

ATALANTA

Mauricio Pinilla (A) (Genoa) PRE, Urby Emanuelson (D) (Roma) DEF, Davide Zappacosta (D) (Avellino) DEF, Franck Kessie (D) (Stella Club) PRE, Anton Kresic (D) (NK Zagabria) DEF

Faisal Bangal (A) (San Marino) PRE, Valerio Nava (D) (Spal) PRE, Gianluca Barba (C) (Pro Piacenza) PRE, Nicolò Tonon (C) (Savona) PRE, Alberto Almici (D) (Avellino) PRE, Antonio Palma (C) (Feralpisalò) PRE, Matteo Ardemagni (A) (Perugia) PRE, Salvatore Molina (C) (Carpi) PRE, Mario Pugliese (C) (Carpi) PRE, Nadir Minotti (C) (Foggia) PRE

Zeljko Brkic (P) (Udinese) PRE, Alejandro Gonzalez (D) (Hellas Verona) PRE, Marco Capuano (D) (Pescara) DEF, Paul-Jose M'Poku (C) (Standard Liegi) PRE, Josef Husbauer (C) (Sparta Praga) PRE, Duje Cop (A) (Dinamo Zagabria) PRE

Sebastian Eriksson (C) (IFK Goteborg) PRE, Nicholas Muzzi (A) (Sampdoria) DEF, Alessandro Capello (A) (Varese) PRE, Daniele Giorico (C) (Venezia) PRE, Simone Benedetti (D) (Bari) PRE, Victor Ibarbo (A) (Roma) PRE, Antonio Loi (A) (Carpi) PRE

CESENA

Alhassane Soumah (A) (Juventus) PRE

Luca Garritano (C) (Modena) PRE, Manuel Coppola (C) (Catania) DEF, Marco Djuric (C) (L'Aquila) PRE, Hugo Almeida (A) (Krasnodar) SVI, Antonio Mazzotta (D) (Catania) PRE, Luigi Palumbo (D) (Nova Gorica) PRE, Davide Adorni (D) (Santarcangelo) PRE, Felice Di Cecco (C) (Nova Gorica) PRE

CHIEVO VERONA

Ioannis Fetfatzidis (C) (Genoa) PRE, Nicola Pozzi (A) (Parma) PRE, Myles Anderson (D) (Monza) DEF, Anders Christiansen (C) (Nordsjelland) DEF, Armando Vajushi (A) (Litex Lovech) DEF

Victor Da Silva (A) (Brescia) PRE, Alì Sowe (A) (Latina) PRE, Nicola Sambo (P) (Spezia) DEF, Edimar (D) (Cordoba) PRE, N'Diaye Djiby (C) (Benevento) PRE, Paul Papp (D) (Steaua Bucarest) DEF, Tomasz Kupisz (C) (Cittadella) PRE, Valerio Anastasi (A) (Pistoiese) PRE, Sergio Viotti (P) (Pro Vercelli) PRE, Matteo Messetti (C) (Reggiana) PRE, Maxi Lopez (A) (Torino) PRE, Nicola Bellomo (C) (Bari) PRE, Adrian Stoian (C) (Crotone) PRE, Dejan Lazarevic (C) (Sassuolo) PRE, Alessandro Gatto (A) (Pordenone) PRE, Idriz Toskic (C) (Monza) PRE, Thomas Mangani (D) (Angers) PRE, Alessandro Sbaffo (C) (Avellino) PRE, Kevin Magri (D) (Reggina) PRE, Amedeo Benedetti (D) (Reggina) PRE

EMPOLI

Joshua Brillante (C) (Fiorentina) PRE, Francesco Mestre (D) (Juventus) DEF, Luca Santomauro (D) (Juventus) DEF, Daniele Rugani (D) (Juventus) PRE, Riccardo Saponara (C) (Milan) PRE, Michele Somma (D) (Roma) PRE

Irakli Shekiladze (A) (Latina) DEF, Emanuele Rovini (A) (Spal) PRE, Davide Moro (C) (Salernitana) DEF, Matteo Ricci (P) (Pistoiese) PRE, Diego Frugoli (A) (Savona) PRE, Alessandro Marani (C) (Carpi) PRE, Matteo Bachini (D) (Tuttocuoio) PRE, Francesco Cassata (A) (Juventus) DEF, Alessio Agrifogli (D) (Tuttocuoio) PRE, Daniele Rugani (D) (Juventus) DEF

FIORENTINA

Aleandro Rosi (D) (Genoa) PRE, Antonio Rosati (P) (Napoli) SVI, Mohammed Salah (C) (Chelsea) PRE, Alessandro Diamanti (C) (Guangzhou) PRE, Alberto Gilardino (A) (Guangzhou) PRE

Joshua Brillante (C) (Empoli) PRE, Rafal Wolski (C) (Mechelen) PRE, Ryder Matos (A) (Palmeiras) PRE, Juan Guillermo Cuadrado (C) (Chelsea ) DEF, Steve Beleck (A) (Mantova) PRE, Oleksandr Iakovenko (A) (Ado den Haag) PRE, Ahmed Hegazy (D) (Perugia ) PRE, Alan Empereur (D) (Livorno) DEF

Diego Laxalt (C) (Inter) PRE, M'Baye Niang (A) (Milan) PRE, Marco Borriello (A) (Roma) DEF, Lorenzo Ariaudo (D) (Sassuolo) PRE, Leonardo Pavoletti (A) (Sassuolo) PRE, Tino Costa (C) (Spartak Mosca) PRE, Zakarya Bergdich (D) (Valladolid) PRE, Alassane Tambè (D) (KV Kortrijk) DEF

Ioannis Fetfatzidis (C) (Chievo Verona) PRE, Mauricio Pinilla (A) (Atalanta) PRE, Leandro Greco (C) (Hellas Verona) PRE, Felipe Seymour (C) (Cruzeiro) PRE, Giacomo Lucarini (D) (Monza) PRE, Lukas Zima (P) (Mantova) PRE, William Lacerda (A) (Paganese) PRE, Rodney Strasser (C) (Livorno) PRE, Mario Alberto Santana (C) (Frosinone) PRE, Luca Antonelli (D) (Milan) DEF, Francesco Acerbi (D) (Sassuolo) DEF, Aleandro Rosi (D) (Fiorentina) PRE, Giovanni Velocci (C) (Barletta) DEF

Leandro Greco (C) (Genoa) PRE, Eros Pisano (D) (Palermo) PRE, Fernandinho (A) (Gremio) PRE

Alejandro Gonzalez (D) (Cagliari) PRE, Matteo Bianchetti (D) (Spezia) PRE, Nené (A) (Spezia) PRE, Pasquale De Vita (C) (Monza) PRE, Michael Rabusic (A) (Crotone) PRE, Riccardo Ravasi (A) (Pordenone) PRE, Marko Bulat (D) (Varese) PRE

Federico Bonazzoli (A) (Sampdoria) PRE, Boris Rapaic (A) (Hajduk Spalato) PRE, Lukas Podolski (A) (Arsenal) PRE, Xherdan Shaqiri (C) (Bayern Monaco) PRE, Davide Santon (D) (Newcastle) PRE, Josè Correia (A) (Sporting Lisbona) SVI, Italo (D) (Vasco da Gama) DEF, Marcelo Brozovic (C) (Dinamo Zagabria) PRE

Francesco Forte (A) (Lucchese) PRE, Ibrahima Mbaye (D) (Bologna) PRE, Renè Krhin (C) (Cordoba) PRE, Patrick Olsen (C) (svincolato) DEF, Alvaro Pereira (D) (Estudiantes) PRE, Diego Laxalt (C) (Genoa) PRE, Tidjane Baldè (A) (Cardiff) PRE, Federico Bonazzoli (A) (Sampdoria) DEF, Matteo Colombi (A) (Torres) PRE, Andrea Pinton (D) (Torino) PRE, Fabio Eguelfi (D) (Savona) PRE

Alessandro Matri (A) (Milan) PRE, Andrea Favilli (A) (Livorno) PRE, Francesco Cassata (A) (Empoli) DEF, Daniele Rugani (D) (Empoli) DEF, Claudio Zappa (C) (Sassuolo) PRE, Cristian Bunino (A) (Pro Vercelli) DEF, Alberto Brignoli (P) (Ternana) DEF, Pol Lirola (D) (Espanyol) PRE, Filipe Bernardes (D) (Gremio) DEF, Andrija Filipovic (A) (HNK Rijeka) DEF, Andres Tello (D) (Envigado) PRE

Manolo Gabbiadini (A) (Napoli) DEF, Christian Tavanti (D) (Mantova) PRE, Mbaye Diagne (A) (Westerlo) PRE, Francesco Anacoura (P) (Pontedera) PRE, Sebastian Giovinco (A) (Toronto FC) SVI, Francesco Margiotta (A) (Real Vicenza) PRE, Matteo Gerbaudo (C) (Spal) PRE, Lorenzo Granatiero (D) (Catania) PRE, Gabriel Appelt Pires (C) (Livorno) PRE, Andrea Giannarelli (C) (Barletta) PRE, Leonardo Spinazzola (C) (Vicenza) PRE, Luca Barlocco (D) (Como) PRE, Elio De Silvestro (A) (Lanciano) DEF, Laurentiu Branescu (P) (Haladas) PRE, Anastasios Donis (A) (Sassuolo) PRE, Federico Mattiello (D) (Chievo ) PRE, Francesco Mestre (D) (Empoli) DEF, Luigi Rizzo (D) (Vicenza) DEF, Alberto Masi (D) (Ternana) DEF, Luca Santomauro (D) (Empoli, Pro Vercelli) PRE, Stefano Antezza (C) (Spezia) DEF, Alberto Brignoli (P) (Ternana) PRE, Daniele Rugani (D) (Empoli) PRE, Alhassane Soumah (A) (Cesena) PRE, Stefano Pellizzari (D) (Virtus Entella) PRE, Simone Russini (A) (Paganese) PRE, Luca Castiglia (C) (Pro Vercelli) DEF, Giuseppe Ruggiero (C) (Pro Vercelli) DEF, Cristian Bunino (A) (Pro Vercelli) PRE, Atila Varga (D) (Sampdoria) DEF, Jacub Hromada (C) (Sampdoria) DEF, Marco Motta (D) (svincolato) DEF

CAGLIARI

GENOA

HELLAS VERONA INTER

JUVENTUS

(A): Attaccante

(C): Centrocampista

(D): Difensore

(P): Portiere

(PRE): Prestito

(COM): Comproprietà

A cura di Alessio Calfapietra

(DEF): Definitivo

(SVI): Svincolato

* non figurano i rientri per fine prestito dei calciatori - dati aggiornati il 03/02/2015

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SQUADRA

ACQUISTI

CESSIONI

LAZIO

Wesley Hoedt (D) (Az Alkmaar) SVI, Ravel Morrison (C) (West Ham) SVI, Mauricio (D) (Sporting Lisbona) PRE

Riccardo Serpieri (D) (Cosenza) DEF, Alessandro Berardi (P) (Messina) PRE, Antonio Rozzi (A) (Virtus Entella) PRE, Alvaro Gonzalez (C) (Torino) PRE

MILAN

Luca Antonelli (D) (Genoa) DEF, Mattia Destro (A) (Roma) PRE, Gabriel Paletta (D) (Parma) DEF, Suso (C) (Liverpool) DEF, Alessio Cerci (A) (Atlético Madrid) PRE, Salvatore Bocchetti (D) (Spartak Mosca) PRE

Fernando Torres (A) (Atlético Madrid) PRE, Antonio Nocerino (C) (Parma) PRE, Andrea Petagna (A) (Vicenza) PRE, Gianmarco Zigoni (A) (Spal) PRE, Johad Ferretti (D) (Matera) PRE, Riccardo Saponara (C) (Empoli) PRE, Kingsley Boateng (A) (Bari) DEF, Alessandro Matri (A) (Juventus) PRE, M'Baye Niang (A) (Genoa) PRE, Oduamadi (C) (Latina) PRE, Favour Aniekan (C) (Krka) PRE

NAPOLI

Manolo Gabbiadini (A) (Sampdoria) DEF, Ivan Strinic (D) (Dnipro Dnipropetrovsk) SVI, Francis Obeng (C) (Santarcangelo) DEF

Frank Liivak (A) (svincolato) DEF, Soma Novothny (A) (Sudtirol) PRE, Salvatore De Iorio (A) (Pro Vercelli) PRE, Antonio Rosati (P) (Fiorentina) SVI, Emanuele Allegra (D) (Sudtirol) PRE, Gennaro Tutino (A) (Gubbio) PRE, Josip Radosevic (C) (HNK Rijeka) PRE

PALERMO

Andrea Rispoli (D) (Parma) PRE, Julián Velázquez (D) (Independiente) DEF, Danilo Ortiz (D) (Cerro Porteno) PRE, Mato Jajalo (C) (HNK Rijeka) SVI

Salvatore Aronica (D) (svincolato) DEF, Cephas Malele (A) (Trapani) PRE, Ezequiel Munoz (D) (Sampdoria) PRE, Davide Petermann (C) (Torres) PRE, Granddi Ngoyi (C) (Leeds United) PRE, Ignacio Lores (C) (Varese) PRE, Souleymane Bamba (D) (Leeds United) PRE, Stefano Cerniglia (C) (Torres) SVI, Julián Velázquez (D) (Gaz Metan) PRE, Eros Pisano (D) (Hellas Verona) PRE, Carlos Embalo (A) (Lecce) PRE

PARMA

Antonio Nocerino (C) (Milan) PRE, Silvestre Varela (A) (Porto) PRE, Cristian Rodriguez (C) (Atlético Madrid) PRE, Andi Lila (C) (PAS Giannina) PRE

Daniele Bernasconi (A) (Monza) PRE, Gianluca Musacci (C) (Pro Vercelli) PRE, Giuseppe Caccavallo (A) (Casertana) PRE, Pietro Tripoli (A) (Ascoli) DEF, Matteo Legittimo (D) (Grosseto) PRE, Andrea Rossini (P) (Savona) PRE, Alex Cordaz (P) (Crotone) PRE, Ronaldo Vanin (D) (Arezzo) PRE, Stefan Ristovski (D) (Latina) PRE, Mirko Pigliacelli (P) (Frosinone) DEF, Yves Bationo (C) (San Marino) PRE, Mattia Sprocati (A) (Pro Vercelli) PRE, Manuel Giandonato (C) (Catanzaro) PRE, Andrea Rossi (D) (Pescara) PRE, Gianluca Turchetta (C) (Barletta) PRE, Badara Sarr (C) (Catanzaro) PRE, Andrea Scicchitano (C) (Tuttocuoio) PRE, Carmine De Sena (A) (svincolato) DEF, Antonio Cassano (A) (svincolato) DEF, Soufiane Bidaoui (C) (Latina) PRE, Andrea Rispoli (D) (Palermo) PRE, Vito Falconieri (A) (Santarcangelo) PRE, Andrea Casarini (C) (Bassano Virtus) PRE, Luca Berardocco (C) (Como) PRE, Alessandro Luparini (A) (Melfi) PRE, Felipe (D) (svincolato) DEF, Gabriel Paletta (D) (Milan) DEF, Lucas Souza (C) (Moreirense) PRE, Marco Modolo (D) (Carpi) PRE, Nicola Pozzi (A) (Chievo Verona) PRE

ROMA

Victor Ibarbo (A) (Cagliari) PRE, Nicolas Spolli (D) (Catania) PRE, Ezequiel Ponce (A) (Newell's Old Boys) DEF, Pepin (C) (Malaga) DEF, Mapou Yanga-Mbiwa (D) (Newcastle) DEF, Kevin Mendez (A) (Penarol) DEF, Seydou Doumbia (A) (CSKA Mosca) DEF

Amato Ciciretti (C) (Messina) PRE, Tin Jedvaj (D) (Bayer Leverkusen) DEF, Urby Emanuelson (D) (Atalanta) DEF, Kevin Mendez (A) (Perugia) PRE, Mattia Destro (A) (Milan) PRE, Marco Borriello (A) (Genoa) DEF, Matteo Ricci (C) (Pistoiese) PRE, Valerio Trani (A) (Latina) PRE, Tommaso Taviani (A) (Catania) DEF, Michele Somma (D) (Empoli) PRE, Stefano Pettinari (C) (Pescara) PRE

SAMPDORIA

Nicholas Muzzi (A) (Cagliari) DEF, Alberto Frison (P) (Catania) PRE, Federico Bonazzoli (A) (Inter) DEF, Atila Varga (D) (Juventus) DEF, Jacub Hromada (C) (Juventus) DEF, Ezequiel Munoz (D) (Palermo) PRE, Luis Muriel (A) (Udinese) PRE, Andrea Coda (D) (Udinese) PRE, Joaquin Correa (A) (Estudiantes) DEF, Afriyie Acquah (C) (Hoffenheim) PRE, Samuel Eto'o (A) (Everton) SVI

Manolo Gabbiadini (A) (Napoli) DEF, Francesco Fedato (A) (Modena) PRE, Gianluca Sansone (A) (Bologna) PRE, Nenad Krsticic (C) (Bologna) PRE, Mattia Lombardo (C) (Pontedera) PRE, Daniele Gastaldello (D) (Bologna) DEF, Michele Fornasier (D) (Pescara) PRE, Junior Da Costa (P) (Bologna) DEF, Matteo Caracciolo (D) (Monza) PRE, Jacub Hromada (C) (Pro Vercelli) PRE, Federico Bonazzoli (A) (Inter) PRE, Simone Dejori (D) (Lucchese ) PRE

SASSUOLO

Dejan Lazarevic (C) (Chievo Verona) PRE, Francesco Acerbi (D) (Genoa) DEF, Anastasios Donis (A) (Juventus) PRE, Alessio Vita (C) (Monza) SVI

Lorenzo Ariaudo (D) (Genoa) PRE, Thomas Manfredini (D) (Vicenza) PRE, Leonardo Pavoletti (A) (Genoa) PRE, Claudio Zappa (C) (Juventus) PRE, Alberto Gomes (A) (Real Vicenza) PRE, Alessio Vita (C) (Vicenza) PRE, Raffaele D'Orsi (D) (Catanzaro) PRE, Ettore Gliozzi (A) (Forlì) PRE

TORINO

Maxi Lopez (A) (Chievo Verona) PRE, Andrea Pinton (D) (Inter) PRE, Alvaro Gonzalez (C) (Lazio) PRE, Francesco Serafino (A) (Boca Juniors) PRE, Luca Menini (D) (Mantova) PRE, Dejan Danza (C) (Pro Vercelli) PRE, Salvador Ichazo (P) (Danubio) PRE

Abou Diop (A) (Matera) PRE, Alessandro Comentale (C) (Monza) PRE, Francesco Silipo (A) (Reggiana) DEF, Marcelo Larrondo (A) (Club Atletico Tigre) PRE, Alen Stevanovic (C) (Spezia) PRE, Simone Monni (A) (Pescara) PRE, Nicholas Lentini (P) (Bari) PRE, Francesco Tahiraj (C) (Carpi) PRE, Jean-François Gillet (P) (Catania) DEF, Emmanuel Gyasi (A) (Mantova) PRE, Federico Caronte (D) (Udinese) PRE

UDINESE

Federico Caronte (D) (Torino) PRE, Stipe Perica (A) (Chelsea) PRE, Carl Stewart (C) (Watford) DEF, Michal Pechaceck (C) (Teplice) PRE

Albert Riera (C) (svincolato) DEF, Wojciech Pawłowski (P) (Drutex-Bytovia) PRE, Masahudu Alhassan (C) (Latina) PRE, Zeljko Brkic (P) (Cagliari) PRE, Marco Davide Faraoni (D) (Perugia) PRE, Nicola Belmonte (D) (Catania) DEF, Dia Pape (A) (San Marino) DEF, Luis Muriel (A) (Sampdoria) PRE, Andrea Coda (D) (Sampdoria) PRE, Agostino Camigliano (D) (Cittadella) PRE, Nabil Jaadi (C) (Latina) PRE, Alexandre Coeff (D) (Royal Mouscron) PRE

(A): Attaccante

(C): Centrocampista

(D): Difensore

(P): Portiere

(PRE): Prestito

(COM): Comproprietà

A cura di Alessio Calfapietra

(DEF): Definitivo

(SVI): Svincolato

* non figurano i rientri per fine prestito dei calciatori - dati aggiornati il 03/02/2015

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SPECIALE

SPECIALE/ I MAGHI DEL dRIBBLING

I MAGHI DEL DRIBBLING

NATI PER DRIBBLARE

TALENTO PURISSIMO

L'UOMO IN PIù DELLA JUVE

In pochi, al giorno d'oggi, saltano l'uomo come Gervinho...

Tevez è il valore aggiunto della Vecchia Signora

Da Garrincha a Gervinho, quando saltare l’uomo è una finissima arte… di Fabrizio PONCIROLI

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GERVINHO

e controfinte, era tanto ammirevole quanto, spesso, inutile, eppure in pochi hanno saputo esaltare le folle come l’ex, tra le altre, di San Paolo e Betis. Sempre in terra brasiliana, sono finiti sotto i riflettori altri “dribblomani”. Come non citare Ronaldinho. Il Dentuco, visto anche al Milan, non ha mai avuto problemi a saltare l’uomo, soprattutto quando, in perfetta forma fisica, eludeva ogni trappola con la casacca blaugrana. Il famoso “elastico” non l’ha inventato lui, ma nessuno lo faceva come lui. Sempre in tempi recenti, merita una citazione anche Robinho. Al Milan non abbiamo visto il miglior repertorio di Bixio ma, non ci sono dubbi, l’ex rossonero ha sempre fatto vedere di saperci fare con il dribbling. Lasciato per ultimo, per scelta, probabilmente il più esplosivo e devastante “dribblomane” brasiliano: Ronaldo. Noto anche

foto Image Sport

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RONALDINHO

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foto Daniele Buffa/Image Sport

C’

è chi vive per il gol, chi prova gioia nel fornire l’assist decisivo e chi, invece, adora saltare il proprio avversario e, poi, pure il successivo… Il dribbling, ammettiamolo, è una di quelle componenti che rendono il gioco del calcio tanto affascinante. Palla tra i piedi, un tosto difensore davanti, decisione da prendere in fretta: dribbling e via verso la libertà. Ancora oggi, in un calcio diventato sempre più tecnico e tattico dove, almeno all’apparenza, c’è meno spazio per la fantasia, avere in rosa giocatori in grado di saltare l’uomo e, come si suol dire, creare superiorità numerica, è una condizione sine qua non per puntare all’eccellenza. Chiedere, per conferma, ai vari Messi, Robben, Cristiano Ronaldo (per parlare del gotha) o, più vicini a casa nostra, a gente come Tevez, Cuadrado o Gervinho. Ecco, l’ivoriano, nello specifico, rappresenta il “dribblomane” del futuro. Scatto fulmineo, forza fisica esplosiva e quella pazzesca capacità di anticipare ogni scelta difensiva, sempre con quel pallone attaccato ai piedi, quasi ci fosse una forza magnetica ad impedirgli di scappar via. Tuttavia, i Gervinho di oggi sono il risultato di una scuola florida che, nel corso degli vari decenni, ha regalato al mondo fuoriclasse assoluti nella delicata (e rischiosa) arte del dribbling sempre e comunque. Un’arte che affonda le proprie radici nel Brasile. Paese in cui i giocolieri sono sempre stati apprezzati a dismisura (a volte troppo), il Brasile è sempre stata la patria dei maestri del dribbling. Il primo nome, e non solo per questioni anagrafiche, che sovviene alla mente è quello di Manoel Francisco dos Santos, noto in tutto il globo con il nomignolo di Garrincha. Stella brasiliana degli anni ’50 e ’60 (leggenda del Botafogo, due titoli Mondiali con i verdeoro), Garrincha non rappresentava certo l’ideale fisico del calciatore. Spina dorsale leggermente deformata e una differenza di quasi sette centimetri, in termini di lunghezza, tra le due gambe (da qui il soprannome Angelo dalle gambe storte), eppure, per tantissimi, nessuno ha interpretato il ruolo del “dribblomane” come il brasiliano. La sua classe era nota in tutto il Brasile. Leggendaria una partita in cui Garrincha, allora al Botafogo, fu intimato dall’arbitro di smettere di irridere gli avversari (in particolare il terzino che lo aveva in marcatura). Stava esagerando con i dribbling sulla sua fascia che, per lui, era terra di conquista. Dopo Garrincha, ne sono venuti tanti altri. Altro giocoliere assoluto brasiliano è stato Denilson. Il suo “doppio passo”, tra finte

TEVEZ

per altre doti, Ronie era, letteralmente, un iradiddio nella specialità. Quando il suo fisico era al top, non c’era difensore in grado di limitarlo. Basta un’epigrafe per evidenziare il suo talento nel dribbling: 12 ottobre 1996, il Barcellona di un giovanissimo Ronaldo è di scena sul campo del Compostela. Chi è presente allo stadio Multiusos de San Lázar non sa che sarà testimone di un gol storico, entrato, di diritto, nella Top10 delle reti di sempre del gioco del pallone. Il Fenomeno tocca 14 volte il pallone, sufficienti per farsi tutto il campo, saltando ogni avversario che prova a fermarlo (con le buone e con le cattive), e depositare alle spalle del portiere Fernando. Nicolau Casaus, allora vice presidente del Barcellona, definirà quel gol “il più bello di sempre”. L’emblema del dribbling non fine a se stesso…

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SPECIALE/ I MAGHI DEL dRIBBLING

SPECIALE/ I MAGHI DEL dRIBBLING

I MIGLIORI

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GIOCATORE SQUADRA MESSI NEYMAR A.SANCHEZ DI MARIA EMENIKE ROBBEN HAZARD MIN-SON OSCAR ORIGI

ARGENTINA BRASILE CILE ARGENTINA NIGERIA OLANDA BELGIO SUD COREA BRASILE BELGIO

GIANLUIGI LENTINI

foto Agenzia Liverani

* Fonte ufficiale Fifa.com

BRUNO CONTI

foto Agenzia Liverani

foto Agenzia Liverani

L’

ROBERTO DONADONI

LE NAZIONALI

"dribblomani" Mondiale 2014

LIONEL MESSI

"dribblomani" Mondiale 2014

DRIBBLING

SQUADRA

DRIBBLING

41 36 35 34 29 25 24 22 21 20

BRASILE BELGIO ARGENTINA NIGERIA USA GRECIA ALGERIA COLOMBIA COSTA D'AVORIO INGHILTERRA

128 116 103 97 95 91 78 77 75 72

* Fonte ufficiale Fifa.com

foto Image Sport

Chi l’ha detto che noi non sappiamo saltare l’uomo? Italia, calcisticamente parlando, è sempre stata nota soprattutto per la sua grande abilità nel produrre difensori. Popolo di catenacciari, non siamo mai stati visti come grandi artisti nel dribbling. Sbagliato. Il nostro calcio ha confezionato grandi “dribblomani”. Bastano tre nomi per farsi un’idea della caratura: Donadoni, Conti e Lentini. Partiamo dal primo. Segreto, mal nascosto, del Milan di Sacchi, aveva una facilità nel dribblare l’avversario (e crossare con raffinatezza) davvero unica. Sulla fascia, era il re incontrastato. Ferrario, ex difensore del Napoli dei tempi di Maradona, lo dipinge così: “Ogni volta che te lo trovavi davanti, sapevi che poteva accadere qualcosa. Fermarlo era impossibile, al più potevi sperare di limitarlo…”. Fantastico, come lo era Conti. Italiano ma di animo brasiliano, è ancora un incubo per tutto il popolo brasiliano con almeno 40 anni di età. Se lo ricordano imperversare sulla fascia ai Mondiali di Spagna 1982. Emblematico il commento di Collovati, suo compagno nell’Italia di Zoff: “Rossi è stato il finalizzatore ma il vero artista era Conti”. Non fosse stato condizionato dal noto incidente d’auto nel fior fiore dei suoi anni, Lentini sarebbe stato ancor più grande. Nei suoi primi anni al Torino e nella sua prima esperienza al Diavolo, la sua abilità nel saltare l’uomo era nota a tutti. E che non si dica che non abbiamo mai avuto grandi “dribblomani”…

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ARTISTI FATTI IN CASA

NEYMAR

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SPECIALE/ I MAGHI DEL dRIBBLING

L’INCUBO DI MALDINI

CUADRADO, IL RE DEL 2014

Chris Waddle, l’uomo che seppe mettere in difficoltà il miglior terzino al mondo… l giocatore che mi ha messo più in difficoltà? Waddle”. Parole e musica di Paolo Maldini, per gli annali uno dei più meravigliosi difensori della storia del calcio. Waddle? Sì, esatto. Ala destra con capelli da rock star degli anni ’80, l’inglese è stato l’incubo di Maldini (e non solo). A Marsiglia non c’è tifoso che non ricordi le sue magie sull’amata fascia. Soprannominato, a dovere, Magic Chris, si portava dietro un genio che non conosceva limiti. Se in giornata, sapeva ubriacare ogni avversario, anche quello più attento e determinato a rubargli il pallone. L’apoteosi Waddle la raggiunge, ironia della sorte, contro una squadra italiana, ovvero il Paese, calcisticamente parlando, che lo avrebbe esaltato ancor di più. Nel ritorno dei quarti di finale della Coppa Campioni 1990/91, il Marsiglia, al Velodrome, affronta il Milan (andata 1-1). La partita incorona Waddle, autore del gol che gela i rossoneri. Quella partita verrà ricordata per l’assurda decisione della dirigenza rossonera di ritirare la squadra per un malfunzionamento delle luci dello stadio ma, in verità, andrebbe ricordata per quello che fece l’inglese in campo. Un genio, poco noto ma comunque un genio e non solo perché lo ha detto Maldini…

Nessuno ha fatto meglio del colombiano della Fiorentina, ora al chelsea… ell’anno solare 2014, il re del dribbling è stato, per quanto riguarda la Serie A, Cuadrado. Il fuoriclasse della Fiorentina, ora al Chelsea, è stato colui che ha realizzato il maggior numero di dribbling, ben 101. Non un caso, visto che il colombiano è noto per la sua predisposizione a saltare l’uomo (motivo per cui è il sogno di tante big europee). Nella classifica dei primi cinque, non stupisce affatto il nome di Kovacic. Secondo, con 91 dribbling riusciti, il giovane nerazzurro è già un’artista in tal senso. Terzo, e non poteva mancare, Gervinho (in velocità un proiettile inarrestabile). A seguire Ibarbo e Pogba, tutta gente dal dribbling facile. Cuadrado è in buona compagnia, se paragonato ai re del dribbling degli altri Paesi. In Spagna, nonostante non abbia brillato come ai bei tempi, Messi si è riconfermato il migliore della specialità (162 dribbling). In Inghilterra onore ad Hazard (100 dribbling riusciti nella stagione 2013/14, su 163 tentati). In Germania, sorpresa, non ha primeggiato Robben, asso del Bayern Monaco. Lo scettro è andato a Firmino, fantasista dell’Hoffenheim… Comunque sia, stiamo parlando sempre di stelle con il dribbling nel sangue…

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Con la palla tra i piedi, Zidane era poesia in movimento

MISTER ELEGANZA Non il più efficace ma, senza ombra di dubbio, il più sontuoso: Zizou l dribbling più bello da vedere? Quello di Zidane…”. L’incoronazione arriva da Stoichkov, uno che di artisti del pallone se ne intende… E, in effetti, in pochi hanno saputo esprimere tanta bellezza nel gesto tecnico del dribbling come Zizou. Lo sanno bene a Torino dove se lo sono goduti per anni. La sua “veronica” era venerata come fosse una divinità, il suo ancheggiare, accarezzando, con dolcezza, la palla lo rendeva simile ad una sirena più che ad un giocatore di calcio. “A Zidane la palla non gliela porti via, al massimo è lui che te la consegna”, l’ironico, fino ad un certo punto, commento di Fontolan. E dire che Zidane, ad inizio carriera, non sembrava tanto portato per l’arte del dribbling. Le doti eccezionali erano altre ma, si sa, i campioni imparano in fretta… A Madrid, gol ed assist a parte, hanno potuto gustarsi forse il meglio di Zizou. Elegantissimo, come si confà ad un maestro francese…

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foto Image Sport

foto Agenzia Liverani

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UN VERO ARTISTA

foto Agenzia Liverani

SPECIALE/ I MAGHI DEL dRIBBLING

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REPORTAGE IL CALCIO IN AFRICA

REPORTAGE / IL CALCIO IN AFRICA

Viaggio a Durban, in Africa, dove l’essenza del pallone è ancora quella di un tempo antico… di Salvatore SIVIERO foto Image SPORT e Agenzia LIVERANI

DOVE IL CALCIO È UN GIOCO…

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LA CULLA DEL CALCIO

In Africa il pallone è ancora visto come puro divertimento

foto Siviero

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uando gioco a calcio sono felice”. Le parole e il sorriso di Ronaldinho, che nell’occasione stava per ricevere il Golden Foot Award da Sua Altezza Serenissima il Principe Alberto di Monaco, sono il nostro punto di partenza alla scoperta del luogo dove, forse più di ogni altro, giocare a calcio è gioia di vivere. Arriviamo in Africa, a Durban, nel cuore della terra Zulu, origine e vanto di Nelson Mandela. Il salto dal Principato forse più chic del pianeta è di quelli da brividi, tali e tante sono le differenze, ma forse è proprio questo che crea le condizioni ideali per vivere questa esperienza. È così che Calcio2000 viaggia alla scoperta di una passione genuina che qui diventa irrinunciabile. Una gioia spontanea e naturale, che si diffonde anche e soprattutto dove tanti cosiddetti privilegi della vita moderna non sembrano esistere. Ci fermiamo a guardare un gruppetto di bambini. Poche decine di metri dalla strada che porta in centro. Siamo nel pieno della regione Kwazulu Natal. In que-

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REPORTAGE / IL CALCIO IN AFRICA

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TUTTI PROTAGONISTI

NESSUNA PRESSIONE

foto Siviero

Calciare un pallone e provare a fare gol, non c'è altro a cui pensare...

foto Siviero

Una partita di calcio a Durban, una festa alla quale tutti partecipano...

ste zone l’erba è folta, morbida e verde per centinaia di metri perfino dove il traffico cittadino è più congestionato. Non ci sono linee che delimitano il campo, ma le porte non mancano. Le reti non ci sono, ma nessuno ci fa caso. Notiamo subito tanta corsa e una marea di dribbling. A tutti piace giochicchiare con la palla tra i piedi. Entrambe le squadre si divertono a passarsi il pallone fino quasi ad arrivare in porta. Tiri da lontano se ne vedono pochissimi. Sembra quasi che più che a segnare, si pensi a provare qualche bel colpo o qualche bel palleggio. Passa quasi un’ora e nessuno in campo chiede il risultato. Uno dei ragazzini prende un colpo fortuito e si avvicina a noi che cerchiamo comunque di rispettare una ideale demarcazione laterale del campo. Ha il volto sofferente, ma non stacca mai lo sguardo dal gioco. Ha preso una botta alla tibia, ma in fondo non sembra grave. Attiriamo la sua attenzione e gli chiediamo chi stia vincendo. Lui ci guarda stranito, poi si rimette in piedi e fa per correre verso i suoi compagni. Ci lascia allargando le braccia, e con un sorriso enorme, come per dire “…ma a chi vuoi che importi chi sta vincendo?”. Ci guardiamo negli occhi e forse facciamo entrambi

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lo stesso pensiero, che ci riporta a quando il calcio lo giocavamo per strada, inventandoci partite di Coppa dei Campioni fino a quando la luce del sole lasciava il posto al buio. Allora c’era solo la voglia di divertirsi con il nostro amico pallone. Chissà forse qui in Africa l’inquinamento tecnologico di questi tempi non ha privato questi giovani calciatori del loro spirito giocoso. Si divertono a rincorrere un pallone, passando e dribblando come i loro idoli della TV. Basta questo per dimenticarsi che a loro non è consentito poi molto altro da queste parti. Siamo partiti da Montecarlo non per caso, e non per caso siamo arrivati in Sud Africa. Qui, nel 2010, è arrivata anche la Coppa del Mondo FIFA, e nessuno dimentica i suoni, i colori e la festa di quei giorni. Ci è voluto più di un secolo per far vedere al mondo intero la grande passione degli africani per il calcio. Tutto è cominciato alla fine del 1800, grazie ai soldati inglesi, che nel tempo libero calciavano rudimentali palloni di cuoio con tanti bambini, neri per la stragrande maggioranza, a fare da spettatori divertiti ai margini di campi improvvisati. Il movimento calcistico da allora è cresciuto e si è svi-

luppato facendo proseliti soprattutto tra la gente più povera. Per i ricchi c’era il cricket e c’era il rugby, anche se tutti, prima o poi si divertivano a dare un calcio al pallone rotondo. Oggi, dopo aver visto il periodo grigio dell’Apartheid e la conseguente squalifica internazionale, ma anche la vittoria in Coppa d’Africa del 1996, e il Mondiale per la prima volta nel continente, i sudafricani si confermano super appassionati di calcio, primo sport in assoluto per praticanti. Ben altra storia però sono le possibilità economiche di una carriera da calciatore. Rugby e Cricket attirano interesse e sponsor, generando grandi possibilità di guadagni lontani dal calcio. Una massima locale riassume la situazione: “tutti seguono e amano il calcio, ma vogliono diventare giocatori di rugby o cricket”. A CACCIA DI UN SOGNO Sono le 7.30 del mattino, il sole è già alto su Durban. Siamo nella zona nord, su una delle collinette che danno sull’oceano. In questa parte della città, quasi disabitata fino a vent’anni fa, ora sorgono villette e

scuole di chiara impronta britannica. Il post-apartheid ha prodotto una serie di cambiamenti che hanno influenzato pesantemente anche la geografia della città. Tutto quello che prima era in centro città, ora è sulle colline, dove sono stati creati anche enormi centri commerciali e una miriade di campi di calcio Da una grossa macchina bianca sbuca un pallone con il logo di una big della Premier League. Un bimbo biondo lo tiene stretto fra le mani. Ha uno zainetto sulle spalle; la sua giornata di scuola sta per cominciare. È pronto, ma soprattutto ha il suo amato pallone a fargli compagnia! Appena è al sicuro dalla strada la madre lo lascia andare nel verde che circonda l’ingresso. Non c’è più pericolo, e lui comincia a calciare fino a che non arriva il momento di entrare in classe. Da queste parti si studia sui libri, ma moltissimo tempo lo si passa anche all’aria aperta. Per i più piccoli, per intenderci quelli della scuola materna, le ore chiusi in classe e quelle da passare all’aria aperta sono assolutamente bilanciate. Una delle insegnanti ci spiega che per un educatore il massimo è favorire ogni genere di espressione personale del bambino. In pratica lasciano che ogni capa-

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NAZIONALE AMATISSIMA La nazionale sudafricana, recentemente impegnata in Coppa d'Africa, è un'istituzione...

ONORE AI BAFANA BAFANA Di Salvatore Siviero

Il calcio, in Sud Africa, è una religione, lo sanno bene i giocatori della Nazionale…

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l calcio, in Sud Africa, è divertimento ma, quando si parla della Nazionale, allora il discorso cambia. I Bafana Bafana (soprannome della nazionale sudafricana, direttamente dalla lingua Zulu, di fatto traducibile in “Ragazzi, Ragazzi”) sono un’istituzione. Ogni volta che scendono in campo, il Paese si schiera al loro fianco, sempre pronto a sostenerli. La storia del Sud Africa, calcisticamente parlando, non è tutta rosa e fiori. Fino al 1992, la Fifa ha, più volte, escluso i Bafana Bafana da ogni tipo di evento internazionale.

Motivo? Quasi sempre legato al problema dell’apartheid, sconfitto, dopo lunghe battaglie, solo nel 1991. Dall’anno del reintegro, il Sud Africa ne ha fatta di strada. Tre presenze ai Mondiali (1998, 2002 e 2010) e poco importa se, sempre, è stata eliminata al primo turno. Ma, soprattutto, il successo nella Coppa d’Africa 1996, organizzata, tra l’altro, sul suolo amico (battuta, in finale, la Tunisia per 2-0). Una Nazionale che ha anche già le proprie leggende come Mokoena, recordman di presenze con 104 gettoni, e McCarthy, capocannoniere assoluto con 32 centri. Altre pagine saranno scritte, ormai i Bafana Bafana sono un’istituzione…

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UN GIOIELLO DI RARA BELLEZZA Di Salvatore Siviero

Il Moses Mabhida Stadium, costruito per il Mondiale 2010, è una realtà decisamente viva in Sud Africa…

CRESCITA COSTANTE Più passa il tempo e sempre più persone si innamorano del calcio...

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foto Siviero

foto Siviero

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I Moses Mabhida Stadium è uno degli impianti costruiti per la Coppa del Mondo FIFA 2010 in Sud Africa. Costruito in poco meno di tre anni, sorge poco distante dal centro cittadino ed a sole poche centinaia di metri dal mare. Multi-uso, sin da subito ha cominciato a produrre marketing e quindi grandi introiti per il Comune di Durban, che lo possiede e lo gestisce attivamente per tutta la settimana. “Lo stadio è una risorsa della città e va vissuto per tutta la settimana.” Lara McLeod dell’ufficio marketing del Moses Mabhida Stadium ha le idee chiare, e ce lo fa capire subito con i numeri: - 33% degli introiti dello stadio arrivano dalle attrazioni turistiche come il Tour del Moses Mabhida e la Sky Car, che porta la gente ad ammirare il panorama dall’arco, alto anche 106 metri, che caratterizza l’impianto. - 36% degli introiti dello stadio sono il frutto dei grandi eventi organizzati (concerti, partite della nazionale etc). - 31% degli introiti viene dallo sfruttamento dei 10 impianti più piccoli disseminati intorno allo stadio. Alcuni esempi sono funzioni private, sfilate di moda, meeting ed esibizioni varie. Siamo stati a visitarlo e ci siamo subito resi conto delle potenzialità di un impianto che regala la sensazione di poter vivere in comodità qualsiasi tipo di spettacolo. Il calcio, che da queste parti è molto popolare, registra sempre o quasi il pienone (54.000 spettatori), ma altrettanto fa il cricket, che con la sfida alla fortissima squadra dell’India ha messo in scena un vero e proprio evento da ricordare per anni. Ai due sport principali, considerando che il rugby si gioca a pochi passi, nello storico Kings Park Stadium, spesso si aggiungono eventi di grandissimo appeal, come il Top Gear Festival, e i tanti concerti musicali (Michael Bublé e John Legend per citarne due degli ultimi, ndr) che registrano il tutto esaurito molto prima della data in cartellone. L’investimento iniziale di 450 milioni di dollari, sta fruttando un enorme ritorno d’immagine per l’intera città, già notissima per lo splendido clima e le meravigliose spiagge disseminate lungo la costa. Considerando poi che le attività commerciali nate intorno allo stadio (bar, ristorante e palestre super accessoriate), sono sempre piene, tutte le controindicazioni che altri sport producono in paesi come l’Italia, qui sembrano non esistere. Scene di violenza come quelle registrate prima della tragica finale di Coppa Italia 2014, tra Napoli e Fiorentina nei pressi dello Stadio Olimpico qui non se ne ricordano. Dopo gli eventi non si va a casa. Il terzo tempo del rugby da queste parti è modello per moltissimi sport e manifestazioni. Finita la partita, con ancora la birra in mano si va verso la macchina, dove in pochi minuti si adegua lo spazio per un pic-nic con gli amici. Che si vinca o si perda, un bel Braai (il barbecue locale, ndr) caratterizza una bella serata passata con le emozioni dello sport o della musica. Evidentemente lo spirito giusto aiuta non poco a generare business. La lezione viene dal cosiddetto terzo mondo…

STADIO ALL'AVANGUARDIA

Il Moses Mabhida Stadium, impianto moderno e funzionale...

cità venga fuori; sfruttano al massimo il movimento in un ambiente naturale che qui è intatto. Lo sport e il calcio quindi fanno proprio al caso delle scuole sudafricane, che accompagnano con l’attività motoria gli allievi per tutto il percorso accademico fino alla laurea. Vedere uno o più campi verdi per calcio, rugby, cricket, oltre che piscine semi olimpioniche e altri campi per basket, volley e netball all’interno del cortile della scuola è la pura normalità. Per i giovani calciatori, che siano bianchi, neri, indiani o asiatici (tanto per seguire le etnie indicateci dall’insegnante, ndr), il sogno è far parte di una delle nazionali giovanili del Sud Africa. Per i maschietti il top è la squadra Under 23 che qui chiamano Amaglug-glug, nomignolo nato dalla pubblicità di una bibita gassata da sempre in voga soprattutto nelle stazioni di servizio. A seguire gli Amajita, che non sembra avere una vera e propria traduzione, così come il team Under 17 che per tutti sono gli Amajimbos. In lingua Zulu una sorta di nomignolo del tipo “ragazzini”, al confronto con la nazionale maggiore, i Bafana Bafana, che sono i “ragazzi”. Per le ragazze invece il target sono le squadre giovanili Under 20 e Under 17. In questo caso, le “ragazzine”, più grandi e più piccole si chiamano Basetsana (U 20) e Bantwana (U 17). Per loro il termine viene dalla lingua Sotho.

Il sogno spesso diventa realtà, soprattutto per quei bambini che vivono la realtà delle strutture migliori. Per loro, che conoscono la vita delle township (le baraccopoli, ndr) solo relativamente, non è difficile raggiungere buoni risultati sportivi. Hanno davvero tutto, dalle strutture al tempo per usarle. Tutto però cambia al tramonto dell’età giovanile. Si seguono altre strade e non si pensa quasi più al calcio e ai suoi pochi guadagni. La South African Premier Division e la maglia della squadra nazionale diventano l’obiettivo dei tantissimi ragazzi neri che giocano, anche scalzi su sassi e polvere, e sognano, loro sì, gli stadi della Coppa del Mondo 2010. Sedici team che si contendono il titolo sono l’espressione più alta del professionismo nel paese di Mandela. Una seconda divisione, sempre a sedici squadre, sempre a carattere nazionale, regala la possibilità di vivere giocando a pallone. Non ci sono macchine di lusso e alberghi a cinque stelle per questi calciatori, ma la passione è tanta davvero. Andando giù di categoria si arriva alla SAFA Second Division, a carattere regionale, ma assolutamente non professionistica. Altre leghe organizzate in ambiti più piccoli, come quelli provinciali e locali in Italia, regalano la gioia del calcio a tantissimi, e chiudono il cerchio del calcio sudafricano. Bellissimo il termine che si usa per la partita di calcetto fra amici: “social”, sociale…

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SERIE B LIVORNO

di Sergio STANCO

SERIE B/ LIVORNO

Dal Palmeiras alla Serie D italiana, ci racconti com'è successo? "È arrivato prima mio cugino Paulo e ha cominciato a fare le pratiche per ottenere il passaporto. Questo è stato fondamentale, perché senza i documenti probabilmente tutto questo non sarebbe mai successo. Quando mi ha chiamato per dirmi che c'era la possibilità di venire a giocare in Italia, non ci ho pensato un attimo, ho preparato i bagagli e sono partito subito".

LA COLONNA EMERSON

foto Ciro Coppola/Ufficio Stampa Juve Stabia

Il brasiliano indossa la casacca del Livorno dal 2012...

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s'è sbagliato"), passando per l'Eccellenza (Nuorese), scalando tutte le categorie, arrivando fino in Serie A col Livorno, dove ormai - per tutti - è la Bandiera. Una storia da raccontare, quasi il copione di un film di successo, con tanto di lieto fine.

foto Image Sport

Intervista con Emerson, bandiera del Livorno, club che punta a tornare in Serie A… di Calcio a 5 del Delfino Cagliari) per inseguire un sogno, quello di diventare calciatore professionista. L'ha presa un po' alla larga, cominciando dall'Atletico Elmas in Serie D ("Ma io pensavo di venire a giocare in C2 - ci dice ridendo - mio cugino

Sei partito dal Brasile, hai ricominciato dalla Serie D e poi addirittura in Eccellenza: l'hai fatta proprio tutta la gavetta... "Eh sì, ma è così che sono diventato uomo e calciatore. Non ho proprio nessun rimpianto, rifarei tutto. La mia forza è stata che, in qualsiasi categoria, per me era come se giocassi sempre in Champions League, il mio unico scopo era quello di diventare professionista e, in fondo, lo sono sempre stato. Ho anche avuto la fortuna di giocare in società che erano organizzatissime, io dovevo solo pensare a fare il mio 'lavoro', non ho mai pensato ad altro". Mai stato ad un passo dal mollare? "Mai, d'altronde il calcio è il 'lavoro' più bello del mondo, mi pagavano per fare qualcosa che avrei fatto gratis, ho sempre pensato di essere un privilegiato, ancora oggi mi sento baciato dalla fortuna, perché senza non vai da nessuna parte. Ho visto tanti giocatori nella mia carriera più forti di me e che ero convinto 'arrivassero', mentre io non mi sarei mai nemmeno sognato di giocare in Serie A, invece...".

L'emigrante di successo merson Ramos, Borges, un giorno, a 23 anni, ha deciso di fare la valigia, lasciare il Brasile e raggiungere in Sardegna, il cugino Paulo (giocatore

Certo, da una metropoli come San Paolo a Elmas deve essere stato uno choc... "Ma no, dai, io sono uno che si adatta. E, poi, noi ci allenavamo a Cagliari. Comunque, il mio unico obiettivo era quello di venire a giocare a calcio in Italia, era il mio sogno, quindi era tutto bello. Mi sono ambientato subito, ho trovato un sacco di persone disponibili, che mi hanno aiutato tanto, ancora oggi li sento spesso, siamo diventati amici. Come dico sempre, è stata un'esperienza che rifarei non una, ma cento volte".

Non può essere solo fortuna, no? "Di sicuro io sono stato bravo a crederci sempre, ma mi ha anche aiutato non avere l'assillo di sfondare per forza, perché lo facevo innanzitutto per passione. Ancora adesso sento ex compagni ai tempi della

Sardegna che si complimentano con me, che mi considerano un esempio perché ho tenuto duro e alla fine ce l'ho fatta. Per me questo è un orgoglio". Sei partito con la tua valigia piena di speranze, sei arrivato in Serie A: ti possiamo definire un emigrante di successo? "Perché no, alla fine è una definizione in cui mi rivedo. D'altronde, tutto quello che ho ottenuto me lo sono guadagnato con la fatica e con il sudore, proprio come gli emigranti di una volta, nessuno mi ha mai regalato niente. E questa è una delle cose di cui vado più fiero". Raccontaci, però, che effetto ti ha fatto esordire in Serie A, giocare contro i campioni che guardavi in televisione... "Sarei un bugiardo se ti dicessi che non ero emozionato, ovvio che avevo i brividi ripensando da dove fossi partito (ride, ndr), ma questo se possibile mi dava ancora più forza per non sprecare quello che mi ero conquistato. E comunque l'emozione dura fino al fischio dell'arbitro, quando la partita comincia pensi solo al tuo avversario (ride, ndr)". Ma chissà le feste al tuo paese quando ti hanno visto in televisione... "Quello sì, all'esordio contro la Roma mi hanno raccontato che casa di mia mamma l'avevano trasformata in uno stadio, c'era la Curva Emerson (ride, ndr). Tutti i parenti e tutti gli amici hanno seguito il campionato, li sentivo dopo ogni partita, erano orgogliosi di me. È stata una bella sensazione ed è una bella sensazione pensare che il tuo paese è fiero di te e ti considera un esempio". Sfortunatamente, però, la scorsa stagione è terminata male, con la retrocessione in B. Una retrocessione che avete fatto fatica a metabolizzare all'inizio di questo campionato... "È vero, abbiamo fatto un po' di fatica a calarci nella dimensione giusta. E ancora adesso non riusciamo ad esprimerci al 100%, perché a volte facciamo spezzoni di partita alla grande e poi ci perdiamo. Da questo punto di vista dobbiamo migliorare, perché a volte ci sentiamo forti e poi ci perdiamo per atteggiamenti superficiali. Spesso siamo noi stessi a metterci in difficoltà da soli, piuttosto che l'avversario bravo ad impensierirci. E questo è un aspet-

to sul quale dobbiamo lavorare, altrimenti rischiamo di farci sfuggire l'obiettivo". Obiettivo che per il Livorno è la promozione in Serie A, giusto? "Sarei ipocrita se ti dicessi che dobbiamo pensare a salvarci, perché sappiamo di avere una squadra che può ambire a qualcosa di più importante, ma poi sta a noi guadagnarcelo sul campo. Vogliamo arrivare certamente tra le prime 8 in modo da garantirci quanto meno i play off, poi faremo di tutto per ottenere il massimo, perché questa città e i nostri tifosi se lo meritano dopo la delusione dello scorso anno". Tifosi che a Livorno ti considerano ormai una bandiera... "E questo è un altro grande vanto per me, anche perché la gente di Livorno è schietta e diretta, se ha qualcosa da dirti non usa giri di parole (ride, ndr). Per me è una grande soddisfazione, perché significa che mi apprezzano come uomo prima che come calciatore e questo è importantissimo: io sono una persona semplice, non ho la puzza sotto il naso (testuale, ndr), che apprezza la gente sincera. E quella di Livorno è così, forse è per questo che andiamo così d'accordo (sorride, ndr)". Sei arrivato in Italia che avevi 23 anni, ora sei un uomo di 35: cosa rappresenta per te l'Italia, ti senti un po' dei nostri? "Molto di più di un po', mi sento per metà italiano e per un po' anche sardo (ride, ndr). In Brasile ho vissuto fino a 23 anni, ma in Italia mi sono formato come uomo e come calciatore. In più mi avete accolto benissimo e se sono arrivato fin qui, lo devo a tutte le persone che mi hanno aiutato, in tutte le società in cui ho giocato, a partire dall'Atletico e dalla Nuorese, passando per il Taranto e il Lumezzane, arrivando fino alla Reggina e al Livorno". Uno che è partito dal Brasile con la valigia e ha cominciato dall'eccellenza per poi arrivare in Serie A, ha ancora un sogno da realizzare? "Non sono uno che fa tanti programmi o pensa troppo al futuro, vivo il presente. Nel breve, il mio obiettivo è riconquistare la Serie A con il Livorno. Se guardo oltre, un giorno mi piacerebbe diventare allenatore, per insegnare ai ragazzi che non esistono sogni irrealizzabile. Se ci credi davvero, tutto può succedere".

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LA CURA PANCARO Con l'ex difensore alla guida, tutto pare possibile

LEGA PRO JUVE STABIA

di Pasquale ROMANO

LEGA PRO/ JUVE STABIA

I TIFOSI CI CREDONO

Mister Pancaro, la carriera da allenatore è partita dalla Juve Stabia. Al momento giusto o avrebbe preferito anticipare di qualche anno ? “Ritengo sia partita al momento giusto, ho maturato esperienza e accumulato nozioni negli anni successivi alla fine della mia carriera in campo”. Già da calciatore aveva intuito che sarebbe stata questa la sua strada o si è trattato di un 'colpo di fulmine'?

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Improta e PANCARO

“Verso fine carriera ho capito che mi sarebbe piaciuto fare l'allenatore. Negli ultimi anni da calciatore ho deciso che avrei voluto fare il tecnico”. Serve più umiltà o ambizione, con il suo curriculum alle spalle, per iniziare la carriera da tecnico dalla Lega Pro? “Serve soprattutto tanta passione. Non è un discorso di categoria, a me interessava trovare un progetto serio e una piazza calda. Qui a Castellamare li ho trovati e non ho avuto dubbi o incertezze nell'accettare”. Da vice di Marcolin al Modena a primo allenatore con i campani. Le responsabilità aumentano sensibilmente. Quali le differenze e le difficoltà principali alla prima esperienza da tecnico?

“È un ruolo totalmente diverso, tutte le responsabilità sono tue. Da vice si ha un ruolo più marginale, da primo allenatore gli onori e gli oneri sono quasi esclusivamente sulle tue spalle”. Ritrova la terza serie dopo la prima (e unica) parentesi in C da calciatore, con la maglia dell'Avezzano. Una Lega Pro rivoluzionata, con quali valori e caratteristiche rispetto agli anni '90? “Si tratta di un bel campionato, molto equilibrato e per questo difficile. Soprattutto il girone C è composto da tante formazioni blasonate e di qualità, credo sia un torneo appassionante”. La Juve Stabia, dopo l'amarezza della retrocessione, punta all'immediata risalita, sfida complicata e avvincente. A che punto siamo: più avanti o più indietro rispetto alle previsioni? “Sicuramente più avanti. Non abbiamo l'obbligo di tornare subito in B, vogliamo disputare un campionato d'alta classifica e nel rush finale tentare il salto”. Di cosa è particolarmente orgoglioso del suo lavoro finora? “Del bellissimo rapporto che ho con i ra-

gazzi e con l’intero ambiente. Mi sento pienamente coinvolto in questa causa”. Qualcuno dei suoi giocatori che è andato oltre le previsioni e che secondo lei presto spiccherà volo? “Ce ne sono diversi che faranno una grande carriera, difficile fare un nome soltanto”. L'ambiente infuocato che circonda l'universo delle vespe, tra una tifoseria appassionata e conferenze 'vivaci', può essere da ostacolo o trampolino verso le ambizioni ? “Da trampolino, il calore e la vicinanza dei tifosi aumenta la nostra voglia e determinazione”. Benevento e Salernitana, quale l'avversaria maggiormente insidiosa per la prima piazza, l'unica che regalerà la promozione diretta ? “Mancano ancora tante partite, alla fine si tireranno le somme. Non c'è una favorita, in vetta vedo un equilibrio che si spezzerà nelle ultime giornate”. Il calcio italiano vive un periodo di crisi tecnica ed economica. Da quali fondamenta bisogna ricostruire ?

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foto Gargiulo/Ufficio Stampa

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entro al primo colpo. Nessun narcisismo o timore, Giuseppe Pancaro per la prima esperienza da allenatore ha scelto la Juve Stabia, Lega Pro. L´umiltá per un viaggio appena intrapreso non appanna gli obiettivi, chiari e importanti all´orizzonte. La voglia di misurarsi in prima persona nei panni da tecnico ha vinto sul resto, i risultati ottenuti sinora premiano la scelta dell´ex terzino della Lazio. Campani sempre ai vertici del girone C, per tornare subito tra i cadetti peró bisognerá superare la concorrenza di numerosi avversari agguerriti, Salernitana e Benevento su tutti.

foto Gargiulo/Ufficio Stampa

Pancaro ha subito lasciato il segno e la Juve Stabia ora sogna in grande...

foto Ciro Coppola/Ufficio Stampa Juve Stabia

CHI FERMA LE VESPE ?

foto Antonio Gargiulo/Ufficio Stampa Juve Stabia

La Juve Stabia è pronta a fare il grande salto...

“Dai settori giovanili, bisogna ripartire dai possibili talenti del futuro”. Come mai da diversi anni non si vedono più terzini italiani di prima fascia? Da ex specialista del ruolo, vede giocatori pronti a compiere il salto di qualità ? “Ci sono diversi giovani bravi in giro come Darmian e De Sciglio, devo dire che anche quelli che alleno alla Juve Stabia stanno facendo molto bene”. Tanti e importanti gli allenatori avuti in carriera, su tutti Eriksson, Mancini e Ancelotti. Un pregio che 'ruberebbe' ad ognuno di essi ? “Si tratta di tre grandissimi allenatori, sono orgoglioso di essere stato allenato da loro. Penso però che ognuno debba essere se stesso”.

In tre aggettivi come si può racchiudere il pensiero dell'allenatore Pancaro ? “In una frase, dico che la mia idea di calcio è fare risultato attraverso il gioco”. Da giocatore a tecnico, la parabola è completa. Sulla celeberrima questione dell'incidenza di un allenatore in una squadra come si pone in percentuale ? “Penso abbia un’incidenza importante, non so quantificare in modo preciso, ma direi in modo tangibile nelle fortune di una squadra”. Guidare la Lazio, arricchire il palmares personale di trofei. Cosa c'è nei sogni futuri ? “Fare bene con la Juve Stabia. Non penso al futuro, sono concentrato sul presente”. In chiusura un tuffo nel passato: da ex bandiera della Lazio, come avrebbe preso il selfie di Totti nel derby ? “È stata semplicemente un’esultanza originale, nulla di più. Non ci ho visto nulla di particolarmente offensivo”. Equilibrato e professionale, Pancaro sa il fatto suo e i risultati alla guida della Juve Stabia sono lì a dimostrarlo…

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SERIE D PADOVA

di Simone TONINATO

SERIE D/ PADOVA

PADOVA ALL'ATTACCO

CAPITANO GOLEADOR

A Padova Cunico ha scoperto una seconda giovinezza

foto Agenzia Piran

UN CUNICO(LO) PER LA C ! Non sarà un’impresa semplice, ma il Padova ha grandi sogni e diverse certezze…

La B col Portogruaro, l’anno scorso a Merano, oggi a Padova. Cosa l’ha spinta a firmare con la formazione dei Biancoscudati?

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reggiata dopo le vicissitudini estive. Invece la delusione sembrava svanita, la piazza ha accolto con grande entusiasmo la nuova società e per certi versi ci ha abbracciati, spingendoci senza mai mugugnare. Anche nei momenti di difficoltà, veniamo sostenuti al 100% con grande entusiasmo. Io poi sto avendo la fortuna di disputare un discreto campionato e mi sento apprezzato dai tifosi. Spero continui così”.

MARCO CUNICO

“Mi ha spinto ad accettare il fatto che venissi da un’annata un po’ storta, avevo bisogno di una nuova avventura, che fosse stimolante: Padova è caduta a fagiolo. Indipendentemente dal fatto che si giochi in serie A o D, è una piazza importante, è sempre Padova”. È vero Padova è sempre Padova, lo dice la storia. Ma dopo le delusioni dell’anno passato, come è stato l’impatto con i tifosi e con l’ambiente in generale? “Mi aspettavo di trovare una tifoseria ama-

E lì, sul braccio sinistro, è pesante quella fascia? “È importante, ma non un peso. Io il capitano l’ho già fatto tanti anni in carriera. Si tratta di una responsabilità che fa piacere e che ho accettato volentieri. Non va mai sottovalutata, perché ogni volta che giochiamo rappresentiamo una città intera”. Chiunque può far il capitano, purché sia responsabile, o servono altre doti? “Secondo me bisogna essere portati. Io per caratteristiche sono un giocatore altruista e questo in campo è importante, perché il calcio è uno sport collettivo. Bisogna far parte di un gruppo ed essere bravi nel farsi seguire, dando un esempio concreto e non solo a parole. Non mi riferisco solo al giocar bene, ma all’essere quotidianamen-

te in testa agli allenamenti, per esempio”.

il Belluno, ma penso che alla fine per il primato sarà una volata a due”.

Ha iniziato il campionato giocando davanti alla difesa, ora è molto più vicino alle punte. In campo, Cunico dove preferisce giocare? “Io sono un trequartista. Quest’estate si pensava di giocare con un 4-3-3 e il mister mi vedeva playmaker. Poi la squadra ha trovato la propria identità con 4-23-1 e 4-3-1-2, con l’uomo alle spalle di una o due punte. È quello il ruolo a me più congeniale”. Un trequartista che però vuol diventare capocannoniere. O no? “Sinceramente per come gioco io dodici gol sono tanti. Non me lo aspettavo. Non faccio l’ipocrita e dico che mi fa molto piacere, però non penso di mantenere queste medie fino a fine anno. Mi auguro di poter essere decisivo con le mie prestazioni e con gli assist, che sono la cosa che so fare meglio. Per raggiungere l’obiettivo che noi tutti sappiamo”. In ottica promozione, non vivete il vostro miglior periodo. Come avete preso la doppia sconfitta? “Ci rimani male, perché in centottanta mi-

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foto Agenzia Piran

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i scrive Padova, si legge calcio, perché da qui sono passati nomi che hanno fatto la storia di questo sport. Alessandro Del Piero vi dice niente? Si è sempre abituati a pensarlo con la maglia della Juventus, ma è con quella biancorossa padovana che il “Pinturicchio” ha segnato il suo primo gol tra i pro. Era il ventidue novembre ’92 e tra Padova e Ternana finì 5-0. Prima di lui ci aveva pensato un altro mito dell’Italia pallonara a contribuire ai successi dei biancoscudati, il parón Nereo Rocco. Il suo Padova riuscì addirittura ad arrivare terzo, dietro a Juve e Fiorentina al termine del campionato ‘57/’58, trascinato dai gol di Kurt Hamrin, un tipo che in A ha segnato più di qualche gol. Oggi i patavini lottano di nuovo per le posizioni di vertice, seppur tra i dilettanti, e lo fanno con Marco Cunico, capitano e goleador, che qui ha trovato una seconda giovinezza.

foto Agenzia Piran

foto Agenzia Piran

I biancorossi sognano in grande, niente compromessi

nuti siamo passati dall’aver cinque punti di vantaggio sulla seconda, a doverne recuperare uno. Abbiamo avuto due battute d’arresto, la prima nello scontro diretto (con l’Altovicentino n.d.r.) immeritata. Ma il calcio è questo, ci sono ancora tante partite da giocare e toccherà a chi è più bravo e capace star davanti. La strada è ancora lunga”. Tra voi e Altovicentino, nessun intruso? “L’Altovicentino è la squadra più attrezzata del girone, insieme a noi. C’è anche

Il rapporto con mister, società e compagni? “Il mister non lo conoscevo, mi ha chiamato lui quest’estate. Secondo me è un tecnico in rampa di lancio, ci capiamo al volo e non posso che parlarne bene. La società è composta da persone genuine, che hanno a cuore la città. Nonostante la piazza sia grande, sono riusciti a gestire il Padova come un’azienda a conduzione familiare, nel senso buono del termine. Gente fuori dal comune rispetto al mondo del calcio. Con i compagni il rapporto è ottimo. Ognuno di noi giocherebbe titolare in qualsiasi squadra di D, mentre qui ogni tanto qualcuno deve star fuori perché si gioca in undici. In questi momenti si vede la forza del gruppo, si pensa al bene della squadra e non all’egoismo personale”. A trentasei anni, come vede il suo futuro? “Facevo un campionato alla volta già tanti anni fa, figurasi adesso. Ho in mente soltanto maggio 2015, perché c’è un obiettivo che voglio raggiungere fortissimamente e non riesco a vedere oltre”.

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I RE DEL MERCATO FRANCO ZAVAGLIA

I RE DEL MERCATO / FRANCO ZAVAGLIA

LA NASCITA DI UNA STELLA

Zavaglia è lo scopritore di Francesco Totti

IL CALCIO NON È PER TUTTI

C’è chi svolge il ruolo di agente con passione e signorilità, come Zavaglia…

di Simone BERNABEI foto Image SPORT

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I RE DEL MERCATO / FRANCO ZAVAGLIA

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n nuovo Totti? Difficile, vista la scarsa cura per i settori giovanili italiani”. Inizia così, con un po’ di rammarico e del sano realismo, il lungo viaggio di Franco Zavaglia, agente di calciatori, Dottore in Economia e Commercio per lo stato nonché per molti scopritore del Capitano della Roma. E non poteva che iniziare da qui, dalla brillante intuizione calcistica legata a quello che gli almanacchi avrebbero fatto poi diventare il più grande giocatore della storia giallorossa, questa traversata nel mezzo al mare del calciomercato. “Era una domenica mattina, le 10.30 circa. Ai tempi ero allenatore al Tor Sapienza, in Promozione. Prima di un incontro vidi un biondino piuttosto secco, magrolino”.

LA GRANDE OPERAZIONE

Zavaglia ha portato Zidane dalla Juventus al Real Madrid

Si può parlare di colpo di fulmine? “Aveva dei colpi straordinari, e allora come oggi poteva risolvere le partite da solo, fa e faceva la differenza in tutto. Chiesi al presidente come si chiamava, lui mi rispose: ‘Francesco Totti’. Grazie al suo aiuto e ad alcune conoscenze mi misi in contatto con la famiglia e da li nacque il tutto, il nostro rapporto professionale”. E prima di questa svolta epocale per la sua carriera, cosa c’era? Chi era Franco Zavaglia? “Un emigrante a Roma dalla Calabria. Mio padre faceva il ferroviere, a casa eravamo 8 fratelli. Via via molti si trasferirono a Roma, e verso i 16-17 anni li raggiunsi assieme ai genitori”. Il primo contatto col calcio? “Giocavo da giovane, a livello dilettantistico. Poi alcuni infortuni alle ginocchia mi hanno fermato ed ho optato per la panchina. Ero allenatore in Serie D, ma essendo laureato in Economia e Commercio avevo messo su uno studio commerciale di una certa importanza. Ad un certo punto dovetti scegliere se continuare ad allenare o seguire la strada tracciata dagli studi e optai per quest’ultima, il mestiere dell’allenatore non dava le giuste garanzie e da buon calabrese volevo avere qualche certezza in più”. Come è arrivato, allora, ad essere un agente?

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“La passione per il calcio c’è sempre stata e continuava a tornare fuori. Gli studi poi mi aiutarono, senza dubbio. Quando nacque la figura dell’agente fui fra i primi a fare l’esame e prendere il tesserino. A quel punto cominciai davvero a vedere la partite con un occhio diverso. Puntavo ai giovani, per me sono la massima espressione del calcio”. Il primo calciatore in assoluto che ha trattato? “Pacione, dalla Roma passò al Cagliari. Poi Provitali. Poi Giannini e via via tutti gli altri”. Torniamo a Totti. Ci racconta il suo rapporto col giocatore? “Una delle mie priorità, da sempre, è

quella che il giocatore faccia il giocatore, chi cura gli interessi penserà a tutto il resto. Anche oggi lavoriamo a 360°, dobbiamo raccogliere tutte le esigenze, dalle assicurazioni ai trasporti, dai traslochi alle questioni fiscali”. Ad un certo punto, però, le vostre strade si sono separate… “Si sono messe di mezzo persone esterne. Totti aveva rinnovato da poco il contratto, era il primo di un certo spessore, avrebbe guadagnato 500 milioni di lire al mese. Lo facemmo con Lucchesi, dg della Roma all’epoca. Erano i tempi della Gea, ed io lavoravo con Alessandro Moggi. Il nome del padre del mio partner purtroppo non era ben visto a Roma, così la famiglia di Totti decise di interrompere

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I RE DEL MERCATO / FRANCO ZAVAGLIA

I RE DEL MERCATO / FRANCO ZAVAGLIA

CALCIO PER PASSIONE Prima giocatore, poi allenatore, quindi agente

“” Giocavo

CAVALLI

Nella scuderia ippica di Zavaglia c'è anche la figlia di Varenne

da giovane, a livello dilettantistico. Poi alcuni infortuni alle ginocchia mi hanno fermato ed ho optato per la panchina il nostro rapporto. Qualcuno forse li aveva convinti a rinunciare al nostro lavoro, il tutto perché il mio nome a questo punto poteva diventare scomodo”. E oggi, com’è il rapporto fra di voi? “Vi cito un esempio: ero a Trigoria per Aquilani, il padre di Totti mi avvicinò e mi confidò che ero stato l’unico che avesse realmente fatto gli interessi di Francesco. Questo per dire che ho un rapporto di stima sia con lui che con la famiglia”. Ci racconta qualche retroscena riguardante la bandiera della Roma? “Inizio col dire che credo abbia guadagnato meno di quanto meritasse. Ad inizio carriera sulla panchina della Roma c’era Bianchi, che proprio non lo vedeva. Pensate che mi fermò a Trigoria per dirmi che secondo lui il ragazzo era gestito male e che in Argentina ne avrebbe trovati a centinaia, di Totti. Gli risposi che allora l’Argentina avrebbe vinto tutto a livello Mondiale per i successivi 20 anni. Così decidemmo di andare alla Sampdoria di Eriksson e Spinosi”. Cosa bloccò lo sbarco a Genova? “Sensi era incuriosito dalla mia testardaggine nei confronti del ragazzo. I primi di gennaio il presidente organizzò una partita contro l’Ajax di Litmanen, il grande sogno di Bianchi. Sensi pretese che Totti partisse titolare, e alla fine del match oscurò letteralmente Litmanen. Da quel momento Totti divenne Totti ed iniziarono i problemi fra tecnico e società”. Dica la verità, solo la Samp lo ha cercato negli anni?

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“Macchè… Milan, Juventus e Real Madrid su tutte. Ma Francesco ha sempre avuto l’ostinazione di rimanere a Roma e nella Roma, lui era un tifoso e mi sembra che negli anni l’abbia abbondantemente dimostrato”. Prima parlavamo della Gea. Ci spiega come nacque questa società? “Con Alessandro Moggi avevamo costruito una struttura invidiata da tutti. Lavoravamo bene, a livello professionale funzionava tutto. Siamo stati anche i primi ad organizzare il famoso Expo Goal, dove si incontravano società e aziende commerciali per le sponsorizzazioni. Era un sistema innovativo per trovare introiti”. Cosa successe, poi, alla Gea? “Ad un certo punto accadde quello che sappiamo, molto probabilmente per colpa di queste invidie di cui prima. Dicevano che rubavamo i calciatori e che alla Juventus ne avevamo troppi vista la presenza di Luciano Moggi. Ma noi all’epoca avevamo tre giocatori in bianconero, che oltretutto erano 3 nazionali. Conte, Iuliano e Tacchinardi, giocatori che hanno fatto la storia della Juventus e della Nazionale. La verità è che la Gea dava

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Una delle mie priorità, da sempre, è quella che il giocatore faccia il giocatore, chi cura gli interessi Penserà a tutto il resto fastidio, così qualche operatore calcistico e qualche collega fecero sì che il giocattolo si rompesse. Il processo poi ha dato la quasi reale dimensione di quello che era la Gea, tutte le maldicenze e le dicerie alla fine sparirono. Ma vorrei ancora togliermi un sassolino dalla scarpa…”. Prego. “Abbiamo sofferto di tutto, in quel periodo. Perquisizioni della Guardia di Finanza

alle 6 la mattina, per esempio. Una volta cercavano la droga, qualcuno pensava che con i soldi delle società comprassimo e rivendessimo droga. La seconda per presunti versamenti illeciti ad una banca. Tutto falso. Ogni volta che usciva qualcosa sui giornali, avevamo la GdF a casa. Ci hanno fatti neri, e purtroppo le istituzioni non ci hanno protetto”. E le intercettazioni, allora? “Hanno pubblicato solo quelle che volevano. Abbiamo dovuto convivere con cimici sotto i tavoli dei ristoranti, telecamere… neanche fossimo degli assassini”. E di Luciano Moggi, quindi, cosa pensa? “Purtroppo era una figura scomoda per molte società italiane. Era capace e professionale, arrivava sui giocatori 6 mesi prima degli altri operatori di mercato. Qualcuno forse voleva vendicarsi, e ci siamo andati di mezzo anche noi”. Come siete riparti, lei ed il suo socio? “Molti colleghi cercarono di saccheggiare il nostro portfolio, ma la forza di volontà, la voglia e l’abnegazione ci fecero ripartire con una nuova società, sempre basata sui giovani”.

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ALLEGRI

E' il tecnico bianconero quello che lo ha fatto ammattire di più in carriera

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Neymar? Avevo il mandato della Juventus, è vero, ma purtroppo il padre aveva già fatto il danno accordandosi col Barcellona Ricorda con particolare affetto un giocatore della sua scuderia? “Importanti ne ho avuti tanti. Dico Giannini, uno dei primi di un certo spessore”. Uno che l’ha fatta ammattire, invece? “Allegri, senza dubbio. Era molto legato a Galeone, ovunque andasse il mister chiedeva ai dirigenti di prendere Allegri. Max all’epoca giocava a Padova, e Galeone l’ultimo giorno di mercato passò al Perugia. In una notte, con la massima fretta, dovemmo inventarci il trasferimento di Allegri da Padova a Perugia”. Fra gli affari che ha curato c’è quello che ha portato Felipe Anderson alla Lazio. “Fui il primo a fargli il nome, alla Lazio. Mi dettero il mandato per trattarlo, ma c’era il problema del cartellino, che apparteneva in parte ad una società inglese. A gennaio non fu possibile chiudere per pochi minuti: Lotito dette l’ok a mezz’ora dalla chiusura delle trattative, non c’erano i tempi tecnici per fare l’operazione. Tare però con tenacia volò in Brasile per 20 giorni, parlò col ragazzo e a giugno chiuse il colpo”. Segue molto il Brasile, da sempre terra di grandi talenti? “Ci vado spesso, ma solo quando si gioca il campionato Paulista, in cui ci sono club di A, B e C. Quelli di A fanno giocare i giovani in vista del campionato nazionale. Quell’anno seguii il Santos di Neymar, Danilo, Rafael e Jonathan. Erano tutti giocatori di prospettiva, direi”. È vero che aveva il mandato della Juventus per Neymar?

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I RE DEL MERCATO / FRANCO ZAVAGLIA

“” Allegri

NEYMAR

La Juventus era arrivata per prima ma l'affare saltò

mi faceva ammattire. Era molto legato a Galeone, ovunque andasse il mister chiedeva ai dirigenti di prendere Allegri “Avevo il mandato della Juventus, è vero, ma purtroppo il padre aveva già fatto il danno accordandosi col Barcellona. Non potemmo far niente nonostante la Juve avesse accontentato le richieste economiche del Santos. La Juventus era arrivata prima degli altri, effettivamente”. Il prossimo talento in arrivo dal Brasile? “Segnatevelo: Malcom, classe ’97 del Corinthians”. Altri paesi in cui pesca nuovi talenti o con cui è solito fare operazioni? “I Balcani e la Spagna. L’operazione che ricordo nella Liga fu Zidane al Real Madrid, condotta da me e Alessandro Moggi. Fu un’operazione complicata, lunga, che soddisfò la Juve economicamente, il giocatore che avrebbe fatto la storia del Real e il club spagnolo”. Altre operazioni con la Spagna? “Amedeo Carboni. Dopo un intervento al tendine d’Achille qualcuno diceva che non avrebbe più giocato. Ha fatto la storia del Valencia, poi. Ma anche Di Vaio, sempre al Valencia e poi al Monaco. Poi Tacchinardi, Maresca, Giannini allo Sturm Gratz e Aquilani al Liverpool”. Ci dica la verità… In Italia non ha ancora scovato un nuovo Totti? “È difficile, al giorno d’oggi, soprattutto in Italia. I settori giovanili non vengono curati, ma in Italia ci sarebbero tanti ragazzi che potrebbero giocare ad alti livelli ma che purtroppo sono chiusi da tanti, troppi stranieri non all’altezza del campionato italiano”.

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Ha idea di come poter cambiare questa situazione da molti definita drammatica? “Lavorare sui giovani, obbligando le società giovanili a non avere più di un certo numero di stranieri. Così dovrebbe essere anche nelle prime squadre, è inaccettabile vedere club senza italiani in campo la domenica”. Ma c’è davvero voglia di cambiare, secondo lei? “Oggi no, non vedo niente di concreto. Non è stato fatto nulla purtroppo, solo tante chiacchiere”. Torniamo a Franco Zavaglia. Hobby extra calcistici? “Da piccolo andavo sui cavalli, e anche oggi mi piacciono come atleti, ovviamente non parlo di gioco. Avevo una scuderia con tantissimi cavalli prima, oltre 100, mentre oggi solo una ventina. Il mondo dell’ippica è andato in difficoltà, tutto il settore è in crisi e non concede le

giuste risorse per mantenere un’attività del genere”. Può vantare successi anche in questo campo? “Avevo nella scuderia una delle figlie di Varenne, si chiamava Olona OK. Vinse il prestigioso Derby del Trotto, una delle corse più importanti”. Da romano adottivo, cosa pensa della Capitale? “Vivo a Marino, vicino Roma. Mi sento un romano adottivo. Mi sono integrato con i romani, sono un intruso qua ma mi trovo davvero bene. Roma è una città splendida ed io vivo ai Castelli, vedo paesi e posti inimmaginabili”.

sua carriera? “Una frase che oggi usano in molti ma di cui mi prendo la paternità: 'Il calcio è di tutti ma non per tutti'”. Chiudiamo il nostro viaggio con un gioco: ci indichi un undici ideale dei suoi assistiti. “Scelgo il 4-3-3 con De Sanctis, Ferronetti, Bovo, Iuliano, Molinaro, Conte, Giannichedda, Tacchinardi, Giannini, Ravanelli, Totti. Ah l’allenatore… ovviamente Max Allegri”.

Piatto preferito della cucina romana? “I bucatini all’amatriciana. E rigatoni alla pajata”. C'è un motto, una frase simbolo della

Intervista di Simone Bernabei

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I GIGANTI DEL CALCIO LORENZO AMORUSO

I GIGANTI DEL CALCIO / LORENZO AMORUSO

ALLA CONQUISTA DEL MONDO

Italia, Scozia, Inghilterra, Amoruso si è messo in gioco ovunque...

IL RAGAZZO DELLA VIA GLUK

Amoruso e la campagna, amore a prima vista. Poi dice con orgoglio: "Sono stato il primo Capitano cattolico in una squadra protestante".

di Stefano BORGI foto Federico DE LUCA

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orenzo Amoruso nasce 44 anni fa a Palese, un quartiere di Bari come lo sono Santo Spirito, Catino, San Pio. Palese è sul mare, a poche decine di metri c'è la campagna. Inutile sorprendersi, la Puglia è tutta così: il salmastro che incrocia l'odore dei fiori, il suono dello scoglio che si infrange sui vigneti, sugli olivi. Ecco, Lorenzo Amoruso nasce proprio lì, in via dell'Olivo a Bari. E quando si dice il destino... "Mio nonno faceva il fattore -racconta Lorenzo -. Io appena potevo scappavo da lui in campagna a giocare a pallone. Anche casa mia era in campagna, purtroppo adesso è stata distrutta per costruire nuovi appartamenti". Messa così sembra il remake del ragazzo della via Gluk, anche perché Lorenzo è da sempre un ammiratore di Celentano. E come l'Adriano nazionale, Lorenzo da bambino tifava Inter. Addirittura esordisce in Serie A durante un Inter-Bari 1-1, insomma... tutto torna. Incontriamo Amoruso in un posto meraviglioso, alla periferia di Firenze: un ettaro di terreno, una fattoria rimessa a nuovo, il pozzo con la ruota del mulino che fa bella mostra di sé. Dulcis in fundo... Ares, un dogo argentino di 6 anni (in onore di Batistuta?) che ci annusa, ci fa strada. Entriamo nel soggiorno, dove troneggia il torchio originale del vecchio frantoio. "Che ci volete fare? - prosegue - La campagna fa parte di me. Quando mio padre è andato in pensione gli ho regalato un pezzo di terreno da coltivare. E poi la campagna va amata: ad esempio, quei carciofi li ho piantati io (ce li indica con orgoglio ndr.) e guarda come sono cresciuti". Ok, adesso parliamo di calcio. Cassano nel 2008 disse di aver fatto 17 anni da disgraziato e 9 da miliardario. E che gliene mancavano 8 per pareggiare. Lei ha fatto lo stesso? "Cassano non lo conosco. Forse quando giocavo nel Bari lui faceva il raccattapalle... No, la mia infanzia è stata normale. Ho una sorella più grande ed un fratello più piccolo, mia madre e mio padre festeggiano 50 anni di matrimonio. Certo a Bari non è stato facile, non dico che contava la legge del più forte, però ti dovevi difendere. Io poi ero un tipo irrequieto, alto ma non grosso..."

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Il "pezzo di carta", come diceva Eduardo, però arriva... "Con un po' di fatica, ma arriva. A 14 anni giocavo già a certi livelli, però non volevo lasciare la scuola. Era una questione di rispetto, soprattutto verso i miei genitori. Mi svegliavo alle 7, in treno fino a Bari, finita la scuola salivo sull'autobus e via ad allenarmi. Tornavo a casa, mangiavo, studiavo... Poi la mattina studiavo ancora. Alla fine sono bocciato un anno per colpa di una professoressa che non capiva. Per fortuna ci fu il preside che mi aiutò, e così presi il diploma magistrale con 38. Tutto considerato, non mi sembra male..." Quando hai capito che saresti diventato un calciatore? "Il giorno dell'esordio in Serie A (8 ottobre '89, l'Inter-Bari di cui sopra ndr.). Giocai 20 minuti, ma solo allora capii di poter stare in quell'ambiente. Di fronte

“”

A Bari non contava sempre la legge del più forte, però dovevi imparare A difenderti avevo Klinsmann, Mattheus, Brehme... eppure provai emozione solo quando entrai in campo. Poi mi sembrò tutto naturale". Dopo Bari ci furono Mantova e Pesaro. E di nuovo Bari... "Mantova e la Vis Pesaro furono fondamentali per la mia formazione: come uomo, come calciatore. Capirai, avevo 20 anni e per la prima volta mi allontanavo da casa. Poi il ritorno a Bari, con Materazzi allenatore. Era la stagione '94-95, e quell'anno facemmo benissimo. Peccato che a Firenze..." Peccato cosa? "Affrontammo la Fiorentina con Batistuta che stava per battere il record di Pascutti. Io quel giorno marcavo l'argentino, non gli feci toccar palla. Poi l'arbitro abboccò ad un tuffo di Cois e fischiò il rigore. Calcia Batistuta... Gol! Porca miseria, potevo entrare nella storia e invece... Almeno quella prestazione servì a farmi notare".

Chi la venne a prendere a Bari? "Luna, Cinquini ed Antognoni. Tutti e tre insieme. Comprarono Bigica ed il sottoscritto. 13 miliardi in due, anche se il pezzo pregiato era Emiliano". Una sorta di Monelli e Massaro postlitteram... "Più o meno. Peccato che Emiliano Bigica abbia fatto una carriera inferiore a quello che meritava. Il calcio a volte è strano". Ci racconti l'impatto con i "mostri sacri" Rui Costa e Batistuta "Nessun problema. Era uno spogliatoio forte, fatto di uomini veri. Semmai con Batistuta lo scontro era in allenamento. Spesso lo marcavo e ci davamo delle belle legnate. Si fa per dire..." Lei è stato solo due anni a Firenze, però ha vinto due coppe, ha raggiunto una semifinale europea. Antognoni in 17 anni ha vinto una misera Coppa Italia. Non si sente un po' in colpa? "No, forse sono stato solo più fortunato. Detto questo nessuno mi ha mai regalato nulla. Io non sono nato campione, avevo delle doti (soprattutto fisiche) e le ho sfruttate. Il merito è di averle migliorate, con l'impegno, col lavoro quotidiano. Diciamo che sono stato bravo e fortunato. Antognoni? Con lui non ho mai parlato di queste cose. Tra l'altro siamo anche ottimi amici". Coppa Italia e Supercoppa italiana. Cominci lei... "La Coppa Italia, ad inizio stagione, era un obiettivo. Sapevamo di avere una buona squadra, trovammo anche un buon calendario ed infatti le vincemmo tutte. Il momento più bello? La semifinale contro l'Inter, specie quella di ritorno. Oltre al gol in finale a Bergamo..."

EMIGRATO DI LUSSO Di Thomas Saccani

10 titoli in Scozia, tanto per dimostrare che gli italiani fanno la differenza… ari, Mantova, Vis Pesaro, Fiorentina e, poi, la decisione della vita: volare in Scozia. Se oggi è assolutamente sdoganata l’idea di andare a giocare all’estero, nel 1997 (anno in cui Lorenzo Amoruso sceglie di accasarsi ai Rangers) non era poi tanto “normale” lasciare il Bel Paese per un campionato fuori dai confini nazionali. Anche perché, sempre nel 1997, il difensore nativo di Bari era nel pieno della propria maturità calcistica (26 anni). Eppure, conti alla mano, la decisione di emigrare in Scozia è stata vincente. Ben 10 i trofei vinti con i Rangers (tre scudetti, 1998/99, 1999/00, 2002/03, quattro Coppa di Scozia e tre Coppa di Lega scozzese), con 149 presenze totali, condite da 13 reti. In Scozia, ancora oggi, il ricordo di Amoruso è circondato da grande affetto. Non capita proprio a tutti di vincere, da straniero (tra l’altro come difensore), il titolo di miglior giocatore della Scottish League (2002, succedendo a gente come Di Canio, Larsson e Viduka). Non fosse stato condizionato dagli infortuni, probabilmente avrebbe lasciato il segno anche in Premier League (dal 2003 al 2006 ha indossato la casacca dei Blackburn Rovers) ma questa è un’altra storia…

B

Ah, mi pareva... "Ero talmente felice ed emozionato che, dopo il gol, non esultai in maniera esagerata. Devo dire fu anche un bel gol, tecnicamente pregevole (impatto al volo di piatto destro su angolo di Rui Costa ndr.). Con le mani feci come prendere il volo, e non è una frase fatta: rividi in pochi secondi tutta la mia carriera, tutti i sacrifici che avevo fatto. Ancora oggi a raccontarlo mi emoziono..." Quindi la Supercoppa italiana, a San

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UN ITALIANO ALL'ESTERO Rangers e Blackburn per il difensore nativo di Bari...

“” Ho capito

“” Nella mia

di essere un calciatore solo il giorno dell'esordio in Serie A

carriera sono stato bravo e fortunato. Però nessuno mi ha mai regalato nulla

foto Agenzia Liverani

Siro contro il Milan. "Evidentemente quel campo mi porta fortuna. Lì fu anche merito di Ranieri che ci caricò al punto giusto, ci fece sentire invincibili. Io, devo dirlo, giocai terzino sinistro e contro Savicevic (che infatti realizzò il gol dell'1-1 ndr.) soffrii parecchio. Però, alla fine, disputai una buona partita". L'anno dopo, invece, sbagliaste stagione. Compresa la semifinale beffa col Barcellona... "Il problema maggiore fu il rendimento di Batistuta. Gabriel si era messo un apparecchio ai denti e non aveva il giusto equilibrio. Io ebbi la pubalgia tutto l'anno, in coppa poi favorirono spudoratamente il Barcellona. L'ammonizione di Batistuta al Camp Nou dopo due minuti di gioco, con conseguente squalifica per il ritorno, fu a dir poco ridicola".

foto Agenzia Liverani

Finisce l'annata e finisce anche la sua avventura a Firenze. Un po' presto... "Alla Fiorentina guadagnavo 700 milioni di lire a stagione, ed avevo ancora quattro anni di contratto a salire. Che problema c'era? Solo che arrivarono i Rangers, una grande offerta per me e per la Fiorentina. In più avrei giocato la Coppa dei Campioni... Come si faceva a dire di no?"

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L'inizio in Scozia non è stato facile, tra infortuni e la storia della fascia di capitano. "Arrivai a Glasgow che venivo da un infortunio al tendine di Achille. Fui operato, e per guarire ci vollero ben tre interventi. Tra l'altro, in quella stagione i Rangers volevano conquistare il “ten in a row” (dieci scudetti di fila ndr.) e invece fu un fallimento. Pensi che alla fine giocai solo 5 partite senza poter dare il mio contributo. Il risultato fu che tanti giocatori se ne andarono, arrivò l'olandese Dick Advocaat come allenatore,

MAI BANALE, SEMPRE SINCERO Amoruso insieme al suo cane in un momento di relax...

un sergente di ferro che fece una vera e propria rivoluzione”. Soprattutto arrivò Colin Hendry, storico capitano della nazionale scozzese... “Il problema, se così vogliamo dire, fu quando Advocaat dette la fascia di capitano a me e non a lui. La stampa scozzese non la prese bene, capirai... la fascia ad uno straniero, per giunta cattolico in una squadra di religione protestante. Fui il primo, e credo ancora l'unico caso nella storia. Insomma, per me non fu facile, anche se di quella fascia vado orgoglioso”. Com'è riuscito a convincere tutti? "Con la forza delle prestazioni. Noi calciatori abbiamo uno strumento formidabile: il campo. Se in campo ti fai valere, i tifosi poi ti accettano. Era più la stampa ad avere problemi. In Scozia, poi, il capitano ha un’importanza particolare, non è come in Italia. In Scozia il capitano è un simbolo, viene coinvolto anche nelle decisioni societarie. Alla fine, comunque, in sei anni con i Rangers ho vinto tre scudetti, tre coppe di lega scozzesi e quattro coppe di Scozia. In più il riconoscimento come miglior giocatore della Scottish Premier League nel 2002. Tutt'oggi quando torno da loro è una festa, in sede, nella “blue room”, c'è un mio ritratto accanto a giocatori e presidenti che hanno fatto la storia dei Rangers. Diciamo che, ancora una volta, sono stato bravo e fortunato". Cos'era per lei l'Old Firm? "Una cosa meravigliosa, impensabile dalle nostre parti. Innanzitutto è il derby più importante al mondo: i Rangers protestanti contro i Celtics cattolici. Ci sono radici culturali profondissime, la rivalità che si trasmette di generazione in generazione. Devo dire, con un po' di soddisfazione, che il mio avvento ha migliora-

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to la situazione. Però aver disputato una decina di "Old Firm" è per me un grande orgoglio".

“” La Scozia mi

Poi c'è la storia della nazionale. Qualcuno l'accusò perfino di tradimento... “Ho sempre detto che considero la Scozia la mia seconda casa. È vero, ci fu questa possibilità. Il tecnico di allora Berti Vogts mi contattò, mi chiese la disponibilità a giocare con la Scozia (c'era una

ha dato tanto. Avrei accettato anche di giocare nella nazionale scozzese

norma che lo permetteva, dopo 5 anni di permanenza nella “Scottish” ndr.). Purtroppo avevo già una presenza con l'Under 21 italiana, e tutto questo non fu possibile. Comunque, nessun tradimento. Sono italiano, ma la Scozia mi ha dato tanto, e non avrei avuto rimorsi”.

NAZIONALE, SOLO UNDER

Amoruso ha indossato la casacca dell'Under 21 ma avrebbe potuto giocare con la Scozia...

Meglio il calcio italiano o quello britannico? Mi sa che conosco già la risposta...

DUE TROFEI IN VIOLA Con la Fiorentina ha vinto una Coppa Italia e una Supercoppa Italiana

"Meglio gli inglesi, ovviamente. Dopo l'esperienza con i Rangers sono stato tre anni al Blackburn in Premier League, ed anche lì ho conosciuto un calcio fantastico. C'è meno esasperazione, i tifosi fanno i tifosi e non hanno potere sulle società. Certo, a livello tecnico il calcio italiano è migliore, ma per cultura, amore verso lo sport... non c'è paragone". Si incontrano Fiorentina e Rangers:

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per chi fa il tifo? "C'è già stata, nel 2008... Semifinale di Coppa Uefa. Lo dissi al tempo: io, comunque vada, sono già in finale. Non so se ho reso l'idea".

Nel 2010 mi chiama Corvino per fare il capo degli osservatori. Peccato che in quel periodo la Fiorentina non potesse fare grandi investimenti. E poi con Corvino agli altri rimaneva poco spazio".

Perfettamente. Poi alla Fiorentina c'è tornato da dirigente. "Eh già, nel frattempo mi sono rimesso a studiare. Ho conseguito il patentino di allenatore e quello di direttore sportivo.

Lei però adesso è fuori... “Si, ed è un peccato. Anche perché, alla fine del campionato 2010-2011, alla Fiorentina mi furono fatte delle promesse. Mi dissero che avevo fatto un buon la-

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MIGLIOR GIOCATORE DI SCOZIA Nel 2002 la soddisfazione del premio come miglior giocatore della Scottish...

voro e che avrei fatto ancora parte della società. Per il momento solo promesse”. Domanda secca: un pregio ed un difetto di Lorenzo Amoruso. "Sono troppo diretto, troppo istintivo. Il pregio è che sono un tipo semplice, alla mano. Mi adatto a tutto". L'avversario che l'ha messo più in difficoltà? "Abel Balbo. Mi ha fatto sempre gol. Anche quando giocavo in Scozia incontrammo il Parma in Coppa delle Coppe. Ed anche lì..." Ha amici nel calcio? "Faccio un nome a sorpresa: Stefan Schwarz. La figlia Chloe studia a Bologna e quando viene in Italia ci vediamo sempre. Poi Bigica, Baiano, Mareggini..." Tra orecchiette e ribollita, impepata di cozze e bistecca alla fiorentina... Tra una pinta di birra ed un bicchier di Chianti, cosa sceglie? "Innanzitutto la birra non mi piace, quindi... Poi menù toscano tutta la vita. Sono un tipo rustico io". Fa la spesa alla Coop oppure all'Esselunga? Attenzione perché non è una domanda tanto per fare... "Ho capito, ho capito... Tendenzialmente sono di destra, però se a sinistra trovo una persona intelligente sono capace di votarla".

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Se il calcio è pulito? La storia dice di no, però io sono un romantico e ci voglio credere ancora Domanda seria: il calcio è pulito? "La storia dice di no. Soprattutto mi riferisco alla sudditanza psicologica: non riuscirai mai ad eliminarla. Però non credo ai complotti, io sono un romantico e ci voglio ancora credere".

Sempre più nel personale: il rimpianto più grosso ed un voto alla sua carriera. "Il rimpianto, oltre a quella scozzese, è non aver mai giocato con la nazionale italiana. Secondo me ci potevo stare. Il voto? Direi... 8. Ripeto, non sono stato un fuoriclasse, ma per le mie potenzialità ho fatto benissimo". Progetti per il futuro? "Comprare un paio di ettari di terreno, piantarci i vigneti e farci il vino. Faccio già l'olio, il vino sarebbe un'accoppiata perfetta". Questo è Lorenzo Amoruso. E in sottofondo parte un disco di Celentano, con buona pace di Michael...

Torniamo a Celentano. Lei è stato un difensore duro, arcigno, un tipo rock insomma. È vero che prima delle partite tirava pugni alla porta degli spogliatoi? "Che esagerazione... Tiravo pugni nel vuoto, così per caricarmi. A proposito, va bene Celentano e la musica italiana, ma il mio idolo era Michael Jackson. So che non è molto rock, ma è così". Se un giorno avrà un figlio, gli farà fare il calciatore? "Lo spingerei a fare sport, con tutte le mie forze. Meglio uno sport di squadra, come scuola di vita".

Intervista di Stefano Borgi

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SPECIALE STORIA COPPA DEI CAMPIONI

SPECIALE COPPA DEI CAMPIONI/ 1973-1974

CI PENSA IL KAISER I bavaresi finalmente sul tetto d'Europa...

ARRIVA IL BAYERN Finalmente la Coppa dei Campioni parla tedesco, grazie ad un Bayern Monaco leggendario… di Gabriele PORRI

foto Agenzia Liverani

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a terza vittoria consecutiva dell’Ajax fa pensare che si possa finalmente battere il record del Real Madrid. Tuttavia, durante l’estate se ne va l’allenatore Kovacs, che diventa CT della Francia e soprattutto Cruyff attratto dalle sirene del Barcellona, allenato dal suo mentore Rinus Michels. L’Ajax è comunque favorita con Bayern e Juventus,

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mentre Celtic, Liverpool, Benfica e Atletico Madrid sembrano un gradino sotto. Le sorprese, però, non mancano. Con l’Ajax esentato dal partecipare al primo turno, Bayern e Juve soffrono. Ai tedeschi però, alla fine, va tutto bene. Di fronte ai modesti svedesi dell’Atvidaberg, prevalgono 3-1 all’Olympiastadion, ma nel piccolo centro dell’Östergötland brilla la stella di Conny Torstensson, autore di una doppietta. Sul 3-0 (in gol anche Wallinder), Uli Hoeness realizza la rete che

pareggia i conti, si va ai supplementari e poi ai rigori prevale il Bayern 4-3. I dirigenti bavaresi, dopo lo scampato pericolo, decidono che quel Torstensson è meglio averlo in squadra, che come avversario e lo acquistano per 580.000 marchi tedeschi. Non può giocare subito in Coppa per regolamento, ma potrà essere schierato dopo la sosta invernale. Se il Bayern è andato a tanto così dall’eliminazione, alla finalista uscente Juventus va peggio, con la Dinamo Dresda. I

bianconeri hanno vinto un altro scudetto all’ultimo respiro, scavalcando il Milan e staccando la Lazio nell’atto conclusivo, non senza polemiche: il Milan recrimina per il mancato posticipo, dopo avere giocato la finale di Coppa delle Coppe, mentre la Lazio gioca sul campo ostico di Napoli, specie dopo la rissa dell’andata e la Juve è di scena in casa della Roma, dove a fine primo tempo perde 1-0. Nella ripresa, il Milan crolla (nasce il mito della “Fatal Verona”), la Juve pareggia e la Lazio è ancora sullo 0-0. Si prospetta uno spareggio a tre, ma nel finale segna Cuccureddu e a Napoli passano gli azzurri di casa con Damiani. Le polemiche sono dovute a sospetti di “premi a vincere” promessi a Verona e Napoli e sullo scarso impegno della Roma, timorosa di dare lo scudetto (o lo spareggio) alla Lazio, ma, secondo alcuni, addirittura corrotta. Comunque, con lo scudetto sul petto, la Juventus perde 2-0 a Dresda. Al ritorno, le cose si mettono bene all’inizio col gol di Furino, ma pareggia Rau per i tedeschi orientali. Poi in pochi minuti Altafini e Cuccureddu portano la parità nel computo dei gol. Non basta, per la regola dei gol in trasferta ne serve ancora uno, ma la Juve è sfortunata (palo di Causio). Al 75’ è Sachse, dopo uno scambio con Ganzera, a battere Zoff con un rasoterra angolato. Gli ottavi mettono in scena quello che sarà il preludio alla sfida storica di Amburgo tra le “due Germanie”, al Mondiale 1974. Il Bayern viene accoppiato alla Dinamo Dresda ed entrambe le sfide sono incertissime e ricche di gol. Al termine del primo tempo all’Olympiastadion, la Dinamo è avanti 3-2: Hansen devia nella propria porta per lo 0-1, il Bayern pareggia con Hoffmann e va avanti con Dürnberger, ma prima del riposo segnano Sachse e Heidler. La ripresa conferma l’andamento da montagne russe, con il sorpasso definitivo del Bayern grazie a Roth e Müller. Il vantaggio risicato, per di più con 3 gol subiti in casa, turba le notti di Udo Lattek, ma l’inizio della sfida del “Rudolf Harbig Stadion” sembra smentire le preoccupazioni della vigilia, quando Uli Hoeness realizza due reti in due minuti, tra il 10’ e il 12’. Tutto finito? Nemmeno per sogno: già al 56’ il Dresda sarebbe qualificato dopo i gol di Wätzlich, Schade e Häfner. Ci pensa ancora Gerd Müller, il simbolo della squadra, colui che ha vissuto col Bayern

i giorni della 2. Bundesliga e i primi successi in Campionato e Coppa delle Coppe. Il suo gol al 58’ vale il 3-3 definitivo e il Bayern può trascorrere la pausa invernale in tutta tranquillità, anche perché ai quarti avrà a che fare con il non irresistibile CSKA Sofia. È vero però che i bulgari si sono resi protagonisti del “Giant Killing” più clamoroso degli ottavi, andando a eliminare niente meno che i campioni in carica. Forse i Lancieri sottovalutano l’avversario e ad Amsterdam arriva il solo gol di Mulder all’inizio, mentre Krol sbaglia un rigore al 40’. Al ritorno, il punteggio al 90’ è in parità, grazie alla rete di Marashliev. La rete nel supplementare di Mihailov manda a casa i campioni: il nuovo mister Knobel non ha saputo ovviare alla partenza del giocatore più forte. Gli ottavi di finale sembrano una sorta di campo di battaglia tra i due blocchi contrapposti, con gli inaspettati successi di tre squadre dell’est. Oltre al CSKA, infatti, l’Ujpest fa fuori il Benfica, ormai parente povero di quello degli anni ‘60, con il trentaduenne Eusebio relegato a riserva di lusso. È la “pantera” di Lourenço Marques a trovare il pari al Da Luz, dopo la rete del vantaggio di Andras Toth, ma al ritorno una rete del capitano Ferenc Bene porta avanti l’Ujpest al 68’, col gol di Kolar due minuti dopo a chiudere i conti. Ancora più sorprendente l’eliminazione del Liverpool di Bill Shankly, per mano della Stella Rossa Belgrado: l’1-2 in Jugoslavia fa ben sperare in una rimonta al ritorno, ma il Liverpool è costretto a rincorrere gli avversari, trova il pari all’85’ con il terzino Lawler (a segno anche all’andata) e al 90’ Jankovic chiude i conti. A parziale rivincita del blocco occidentale, l’Atletico Madrid supera la Dinamo Bucarest e prosegue a fari spenti verso le fasi finali. Completano le qualificate ai quarti Basilea, Celtic e Spartak Trnava, che superano rispettivamente Bruges, Vejle e Zaria Voroshilovgrad. L’esordio di Torstensson con la maglia del Bayern non poteva essere migliore. Accoppiati al CSKA, i bavaresi vincono nettamente e si possono permettere di sbagliare un rigore sul 3-1. Lo svedese chiude i conti all’88’, dopo averli aperti all’8’. In mezzo, le reti di Marashliev, Beckenbauer e Müller. I bulgari cercano la rimonta al ritorno, ma si fermano sul 2-1, mettendo così fine alla favola che li

aveva visti protagonisti. La sorpresa della competizione è il Basilea, trascinato in campo da un centravanti tedesco di cui sentiremo parlare come allenatore: Ottmar Hitzfeld, autore di due dei tre gol con cui i renani battono 3-2 il Celtic. A Glasgow, anche la favola degli svizzeri però finisce, ai supplementari. Il Celtic attacca a testa bassa, ma perde subito Connelly, che si rompe la caviglia e si vede annullare due gol. Il Basilea dal canto suo deve cambiare il portiere Laufnburger, il sostituto Kunz raccoglie in fondo al sacco tre palloni, tra cui il colpo di testa di Murray all’overtime, per il 4-2 definitivo. Vanno in semifinale anche l’Ujpest, che batte ai rigori lo Spartak Trnava dopo due 1-1 e l’Atletico Madrid, a cui basta vincere 2-0 a Belgrado per controllare il tentativo di rimonta della Stella Rossa al Calderon (0-0). La prima semifinale è tra il Celtic e l’Atletico, allenato da Juan Carlos Lorenzo, CT argentino a Inghilterra 66, dove fu accusato di gioco rude. Anche coi Colchoneros non si smentisce: a Celtic Park finisce 0-0 e l’Atletico conta 7 ammoniti e 3 espulsi! Nonostante le assenze, a Madrid, i gol di Garate e Adelardo danno la prima finale nella storia della Coppa Campioni alla squadra di casa. Dall’altra parte, è ancora Torstensson ad andare a segno, ma il Nepstadion esplode al gol del pareggio di Fazekas. Forti comunque del pareggio esterno, i bavaresi non devono faticare molto per vincere con tre gol di scarto al ritorno. Dunque, per la prima volta dal 1961, in finale troviamo due debuttanti assolute. E per la prima volta si deve ricorrere al replay per poter assegnare il trofeo. Allo Stadio Heysel di Bruxelles manca un minuto alla fine dei supplementari e l’Atletico conduce 1-0, con gol su punizione di Aragones, quando Schwarzenbeck con una bomba da fuori area batte Reina. Un epilogo che drammaticamente si ripeterà 40 anni dopo. Scarichi dopo avere subito la doccia fredda del gol, due giorni dopo i madrileni non scendono praticamente in campo, Beckenbauer prende in mano le redini della partita, Hoeness apre e chiude i giochi, Müller fa doppietta nel mezzo per il 4-0 finale. La Coppa dei Campioni finalmente è tedesca e due mesi dopo la Germania Ovest, con l’ossatura del Bayern, diventa campione del mondo. Un dominio che, peraltro, è solo agli inizi.

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SPECIALE COPPA DEI CAMPIONI/ 1973-1974 SEMIFINALE 1

SEMIFINALE 2

ÚJPESTI DÓZSA-BAYERN MONACO 1-1 (0-0)

CELTIC GLASGOW-ATLETICO MADRID 0-0

ÚJPESTI DÓZSA: Antal SZENTMIHALYI, Ernö NOSKO, Laszlo HARSANY, Jenö KELLNER, Ede DUNAI, Jozsef HORVATH, László FEKETE, Andras TOTH, Ferenc BENE (cap.), Laszlo FAZEKAS, Sandor ZAMBO Commissario tecnico: Pal VARHIDI. BAYERN MONACO: Josef MAIER, Johnny HANSEN, Paul BREITNER, George SCHWARZENBECK, Franz BECKENBAUER (cap.), Franz ROTH [52' Bernd DÜRNBERGER], Conny TORSTENSSON, Rainer ZOBEL, Gerhard MÜLLER, Ulrich HOENESS, Hans-Josef KAPELLMANN Commissario tecnico: Udo LATTEK.

ANDATA

ANDATA

Mercoledì 10 aprile 1974, ore 18 BUDAPEST (Stadio "Népstadion") Arbitro: Sergio GONELLA (ITA) Spettatori: 74.250

Reti: 64' Conny TORSTENSSON, 81' Laszlo FAZEKAS. Ammoniti: 27' Laszlo HARSANY, 30' Rainer ZOBEL.

Mercoledì 10 aprile 1974, ore 20 GLASGOW (Stadio "Celtic Park") Arbitro: Babaçan DOGAN (TUR) Spettatori: 74.000 CELTIC GLASGOW: Denis CONNAGHAN, David HAY, James BROGAN, Stephen MURRAY, William MC NEILL (cap.), Patrick MC CLUSKEY, James JOHNSTONE, Henry HOOD, John DEANS [60' Paul WILSON], Thomas CALLAGHAN, Kenneth DALGLISH - Commissario tecnico: John STEIN. ATLETICO MADRID: Miguel REINA, Francisco MELO, Ruben Osvaldo DIAZ, Domingo BENEGAS, Iselín Santos OVEJERO, EUSEBIO, Ramon Armando HEREDIA, ADELARDO (cap.), José Eulogio GARATE [70' QUIQUE], Javier IRURETA [67' ALBERTO], Ruben AYALA - Commissario tecnico: Juan Carlos LORENZO. Ammoniti: 10' Ruben Osvaldo DIAZ, 12' Iselín Santos OVEJERO, 15' John DEANS, 20' Ramon Armando HEREDIA, 55' Javier IRURETA, 7' Ruben AYALA, 70' Domingo BENEGAS, 75' Francisco MELO, 78' ALBERTO, 85' Miguel REINA. Espulsi: 55' Ruben AYALA II ammonizione, 56' Ruben Osvaldo DIAZ II ammonizione, 83' QUIQUE.

BAYERN MONACO: Josef MAIER, Johnny HANSEN, Paul BREITNER, George SCHWARZENBECK, Franz BECKENBAUER (cap.), Franz ROTH, Conny TORSTENSSON [75' Bernd DÜRNBERGER], Rainer ZOBEL, Gerhard MÜLLER, Ulrich HOENESS, HansJosef KAPELLMANN Commissario tecnico: Udo LATTEK. ATLETICO MADRID: Miguel REINA, Francisco MELO, José Luis CAPON, ADELARDO (cap.), Ramon Armando HEREDIA, EUSEBIO, José Armando UFARTE [60' Heraldo BECERRA], Luis ARAGONES, José Eulogio GARATE, Javier IRURETA, Igancio SALCEDO [85' ALBERTO] Commissario tecnico: Juan Carlos LORENZO. Reti: 113' Luis ARAGONES, 119' George SCHWARZENBECK. Ammonito: 87' Javier IRURETA.

RIPETIZIONE

ATLETICO MADRID-CELTIC GLASGOW 2-0 (0-0)

BAYERN MONACO-ATLETICO MADRID 4-0 (1-0)

Mercoledì 24 aprile 1974, ore 20 MONACO (Stadio "Olympia") Arbitro: Pavel KASAKOW (URS) Spettatori: 74.000

Mercoledì 24 aprile 1974, ore 21 MADRID (Stadio "Vicente Calderon") Arbitro: Rudolf SCHEURER (SUI) Spettatori: 64.000

Venerdì 17 maggio 1974, ore 20 BRUXELLES (Stadio "Heysel") Arbitro: Alfred DELCOURT (BEL) Spettatori: 23.283

BAYERN MONACO: Josef MAIER, Johnny HANSEN, Paul BREITNER, George SCHWARZENBECK, Franz BECKENBAUER (cap.), Franz ROTH [63' Bernd DÜRNBERGER], Conny TORSTENSSON, Rainer ZOBEL, Gerhard MÜLLER, Ulrich HOENESS, Hans-Josef KAPELLMANN Commissario tecnico: Udo LATTEK.

ATLETICO MADRID: Miguel REINA, Domingo BENEGAS, José Luis CAPON, ADELARDO (cap.), Ramon Armando HEREDIA, EUSEBIO, José Armando UFARTE, Luis ARAGONES [87' Ramon CABRERO], José Eulogio GARATE [85' Francisco BERMEJO], Javier IRURETA, Heraldo BECERRA Commissario tecnico: Juan Carlos LORENZO.

BAYERN MONACO: Josef MAIER, Johnny HANSEN, Paul BREITNER, George SCHWARZENBECK, Franz BECKENBAUER (cap.), Franz ROTH, Conny TORSTENSSON, Rainer ZOBEL, Gerhard MÜLLER, Ulrich HOENESS, Hans-Josef KAPELLMANN Commissario tecnico: Udo LATTEK.

ÚJPESTI DÓZSA: Antal SZENTMIHALYI, Jenö KELLNER, Laszlo HARSANY, Ernö NOSKO [46' László FEKETE], Ede DUNAI, Jozsef HORVATH, Laszlo FAZEKAS, Andras TOTH [78' Imre HEGYI], Ferenc BENE (cap.), Laszlo NAGY, Sandor ZAMBO Commissario tecnico: Pal VARHIDI. Reti: 35' Conny TORSTENSSON, 70' autorete Jozsef HORVATH, 80' Gerhard MÜLLER.

RITORNO

BAYERN MONACO-ÚJPESTI DÓZSA 3-0 (1-0)

RITORNO

FINALE BAYERN MONACO-ATLETICO MADRID 1-1d.t.s. (0-0, 0-0; 0-0, 1-1) Mercoledì 15 maggio 1974, ore 20 BRUXELLES (Stadio "Heysel") Arbitro: Vital LORAUX (BEL) Spettatori: 48.722

Reti: 77' José Eulogio GARATE, 85' ADELARDO. Ammonito: 67' Kenneth DALGLISH.

Reti: 28' Ulrich HOENESS, 57' e 70' Gerhard MÜLLER, 82' Ulrich HOENESS. Ammoniti: 29' Gerhard MÜLLER, 51' EUSEBIO, 73' Domingo BENEGAS.

foto Agenzia Liverani

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ATLETICO MADRID: Miguel REINA, Francisco MELO, José Luis CAPON, ADELARDO (cap.) [59' Domingo BENEGAS], Ramon Armando HEREDIA, EUSEBIO, Igancio SALCEDO (cap.), Luis ARAGONES, José Eulogio GARATE, ALBERTO [65' José Armando UFARTE], Heraldo BECERRA Commissario tecnico: Juan Carlos LORENZO.

CELTIC GLASGOW: Denis CONNAGHAN, Daniel MC GRAIN, James BROGAN, David HAY, William MC NEILL (cap.), Patrick MC CLUSKEY, James JOHNSTONE, Stephen MURRAY, Kenneth DALGLISH, Henry HOOD, Robert LENNOX Commissario tecnico: John STEIN.

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DOVE SONO FINITI PIETRO PAOLO VIRDIS

di Stefano BORGI

DOVE SONO FINITI/ PIETRO PAOLO VIRDIS

IL GUSTO DI VIRDIS

CHE FIUTO DEL GOL... Virdis era implacabile davanti alla porta...

Con i suoi gol ha segnato l'epopea del Milan di Sacchi, oggi si divide tra bottarga e bagna cauda

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foto Agenzia Liverani

l gusto, si sa, è qualcosa di personale. Il gusto di Virdis, invece, è allo stesso tempo il nome di un ristorante (enogastronomia, per la precisione), piuttosto che un modo di pensare, di vivere. Che, guarda caso, fa capo a Pietro Paolo Virdis, bomber di Cagliari, Juventus e Milan. A far da contorno (così restiamo in tema) Udinese e Lecce. Proprio da qui partiamo. Scusi Virdis, appendere le scarpette al chiodo quando si è ancora in Serie A non è da tutti... “Vi spiego: che gusto c'è a continuare quando non hai più voglia? Quando non sei più lo stesso? Io amavo molto il mio lavoro e mi dica: che gusto c'è a prendere soldi nelle categorie minori quando il meglio lo hai già dato? Meglio smettere e fare altro”. Eh già, che gusto c'è? Virdis prosegue: “Molti mi hanno rimproverato un carattere difficile, quasi introverso. Io lo definirei tosto. A volte è un bene, a volte un male. Bisogna accettarsi così come siamo. Vede, grazie a questo carattere ho superato momenti difficili: quando a 19 anni rifiutai la Juventus, per esempio. Lo feci perché non volevo lasciare la Sardegna. Poi quell'anno avevamo perso gli spareggi per salire in Serie A, e non me la sentivo di lasciare il Cagliari in B”. Argomento attualissimo, pensiamo noi... la riconoscenza nel calcio. Virdis dimostra che, a volte, il sentimento, la riconoscenza (appunto) conta più di ogni altra cosa. Andiamo avanti. “Altre difficoltà, quando a Torino ebbi la mononucleosi, i reumatismi articolari, insomma... ho vissuto momenti davvero critici. E poi l'ambiente bianconero che non mi perdonava il “gran rifiuto” del '76. In pochi capirono che non c'entrava la Juventus, c'entrava solo l'amore per la mia terra. Però superai tutto, grazie al mio carattere”. E grazie anche alla moglie Claudia, cuoca e motore principale de “Il gusto di Virdis”, spazio ristretto ma accogliente di 20 coperti, in zona Sempione a Milano. Il menù (ça va sans dire) è

in prevalenza sardo: vino Cannonau, malvasia di Bosa, bottarga di muggine (tagliata a lamelle, non grattugiata... mi raccomando). Senza dimenticare i salumi e la ricotta affumicata. Il tutto servito dal bomber di casa: Pietro Paolo Virdis. A proposito, il piatto forte si chiama “la botta del bomber”. Un po' di pane guttiau, crescenza a tocchetti e la classica bottarga. Sarà lo stesso Pietro a servirla, con garbo ed eleganza. Come quando giocava. UN VERO SIGNORE Ovunque è stato, Virdis è ricordato con grande affetto...

Ah dimenticavamo, e il sommelier? “Sono io - risponde Virdis -. Amo definirmi sommelier da campo, sfrutto la mia passione per i vini e la voglia di imparare. La nostra è una dimensione casalinga, all'inizio facevamo solo degustazione e vendita, ora facciamo anche ristorante”. Facciamo un passo indietro: essere considerati l'erede di Gigi Riva a nemmeno 20 anni, che gusto è? Dolce, amaro... “Un gusto dolcissimo. Guardi, io ho giocato con Gigi Riva nel Cagliari, ed è stato un grande onore. Seguire le sue orme è stato, allo stesso tempo, una gioia ed una responsabilità. Certo emergere lontano dai grandi centri di potere non è facile, c'è il mare di mezzo. E non è solo un modo di dire. Se però hai talento, se hai costanza e spirito di sacrificio, ce la fai”.

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A 19 anni rifiutai La Juventus. Perché? Semplicemente volevo restare in Sardegna

Capitolo Juve. Abbiamo detto del primo rifiuto, il perché, le motivazioni. Ma la cessione all'Udinese? Eppure lei era campione d'Italia... “Devo dire che la cosa mi sorprese e mi amareggiò. Diciamo pure che non me l'aspettavo. In bianconero avevo vinto due scudetti, una coppa Italia, insomma... i risultati c'erano stati. Però ripeto, non si era creato feeling con l'ambiente, dividerei le colpe 50 e 50. E comunque andai ad Udine dove, dopo un primo anno tartassato dagli infortuni, il secondo feci benissimo. C'era Zico, una società in ascesa, in Friuli si facevano grandi progetti”. E invece, che gusto c'è a salvare Sacchi con un gol a Verona? Senza quel col-

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DOVE SONO FINITI/ PIETRO PAOLO VIRDIS

DOVE SONO FINITI/ PIETRO PAOLO VIRDIS

Domanda classica: meglio il “suo” calcio o il calcio di oggi? “Difficile dirlo. Certo, io ho giocato con Zico e Van Basten. Ho giocato contro Platini e Maradona. Era un'altra Italia, in tutti i sensi. Diciamo che il calcio italiano viene da due fallimenti ai mondiali, il periodo non è certo dei migliori. Qualcosina da cambiare c'è...”

IN MAGLIA JUVENTUS Con i bianconeri ha vinto due scudetti e una Coppa Italia

Soluzioni? “Ai miei tempi c'erano meno stranieri, i giovani italiani avevano più spazio. So che oggi il mondo è cambiato, che è impossibile vietare l'ingresso agli stranieri. Ma qualche limitazione si può mettere...”

foto Agenzia Liverani

Giocano Cagliari e Milan, lei per chi tifa? “Guarderei prima la classifica, gli obiettivi delle due squadre. Chi ha più interesse a vincere, ecco... io tifo per lui”.

Lei arrivò al Milan nel 1984, con allenatore Liedholm. Differenze tra “Liddas” ed il mago di Fusignano? “Tantissime, soprattutto nel carattere. Entrambi, però, furono dei rivoluzionari. Non scordiamoci che Liedholm costruì quel Milan che Sacchi portò in cima al mondo. A proposito di allenatori, fatemi ricordare anche Carletto Mazzone. Persona fantastica, l'ho avuto a Lecce a fine carriera. Lui era avanti rispetto agli altri, nel lavoro, nei metodi di allenamento ”. 1° maggio 1988: se diciamo che la doppietta di Napoli è il punto più alto della sua carriera?

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Doppia firma sullo scudetto rossonero Stadio San Paolo di Napoli, domenica 1° maggio 1988 28° giornata di campionato, Serie A NAPOLI - MILAN 2 - 3 Reti: 36' Virdis, 45' Maradona, 68' Virdis, 76' Van Basten, 78' Careca NAPOLI: Garella, Bruscolotti (73' Carnevale), Ferrara, Francini, Bigliardi, Renica, Careca, De Napoli, Bagni (56' Giordano), Maradona, Romano. All. Ottavio Bianchi MILAN: G. Galli, Tassotti, P. Maldini, Colombo, F. Galli, Baresi, Donadoni (46' Van Basten), Ancelotti, Virdis (82' Massaro), Gullit, Evani. All. Arrigo Sacchi. Arbitro: Rosario Lo Bello di Siracusa. Note: spettatori 88.824. Ammoniti: Baresi e Renica.

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Ho sempre avuto passione per il cibo E per il buon vino. Mi definisco un sommelier da campo

A proposito, vede ancora qualcuno dei vecchi compagni? “L'ultimo che è venuto a trovarmi è stato Mauro Tassotti. È stato qualche tempo fa, è un po' che non lo vedo. È più facile che venga qualche giornalista, oppure gente comune con la quale parliamo di tutto. Con grande semplicità”. Virdis, lei è definitivamente fuori dal mondo del calcio? “Direi di sì. Ho provato a fare l'allenatore, il commentatore sportivo, seguo il calcio da spettatore. Ma questo progetto mi prende, mi prende parecchio. Ho sempre avuto la passione di mangiar bene, ricordo che dopo le partite mi concedevo qualche scorribanda gastronomica. Senza esagerare, anche perché non potevo. Mia moglie è piemontese, stiamo allargando la nostra offerta... d'inverno potete trovare bagna cauda e baccalà. Per me, tutto questo, mi creda... ha molto, molto gusto”.

TUTTI I GOL DI VIRDIS

“Dite bene. Quei due gol firmarono la rimonta sul Napoli e, di fatto, vollero dire scudetto. Ricordo Maradona che, alla vigilia, caricò da par suo l'ambiente: “Oggi voglio vedere solo bandiere azzurre”, disse. Ricordo che alla fine la gente ci applaudì, il ricordo più bello fu l'omaggio di quel grande stadio a noi rossoneri. Però, se permette, come punto più alto vorrei citare anche un'altra partita...”

Stagione

Squadra

1973-1974 Nuorese 1974-1975 Cagliari 1975-1976 Cagliari 1976-1977 Cagliari 1977-1978 Juventus 1978-1979 Juventus 1979-1980 Juventus 1980-1981 Cagliari 1981-1982 Juventus 1982-1983 Udinese 1983-1984 Udinese 1984-1985 Milan 1985-1986 Milan 1986-1987 Milan 1987-1988 Milan 1988-1989 Milan 1989-1990 Lecce 1990-1991 Lecce

Prego... “La finale di Coppa dei Campioni con lo Steaua Bucarest del 1989. Entrai dopo un'ora al posto di Gullit, anche se non stavo bene. Ricordo furono i compagni a volere che io entrassi, per far parte di quel trionfo. Pochi minuti e mi feci male di nuovo, però l'importante era esserci. Non lo dimenticherò mai”. Parentesi nazionale. 23 presenze tra Under 21 ed Olimpica. Nazionale A invece... non pervenuta. “Vuol dire che c'erano giocatori più forti di me. Io rispetto sempre le scelte degli altri. Questo non significa che qualche partita con la nazionale maggiore avrei potuta giocarla anch'io”.

I miei due gol al Napoli, decisivi per lo scudetto. Alla fine il pubblico partenopeo ci applaudì

Milan degli olandesi. Non di rado qualche tifoso napoletano, di passaggio a Milano, gli ricorda (gli rimprovera?) i due famosi gol del San Paolo.

Camp Pres Reti Serie D Serie A Serie A Serie A Serie A Serie A Serie A Serie A Serie A Serie A Serie A Serie A Serie A Serie A Serie A Serie A Serie A Serie A

25 19 23 33 10 23 12 22 30 16 29 28 28 28 25 26 25 21

11 0 6 18 1 6 1 5 9 2 10 9 6 17 11 10 4 4

foto Image Sport

po di testa la storia sarebbe cambiata... “Calma, calma, Sacchi era salvo a prescindere. Berlusconi aveva voluto Sacchi, aveva dato una direzione e lo avrebbe confermato contro tutto e contro tutti. Ed anche la squadra era compatta, convinta del valore di Arrigo. Poi, dopo l'eliminazione in Coppa Uefa (ottobre 1987, MilanEspanyol 0-2 a Lecce ndr.) la vittoria di Verona arrivò a proposito. Del resto il mio compito era fare gol e feci il mio dovere. Ma Sacchi, credetemi, sarebbe rimasto comunque”.

Nel locale campeggiano due murales, raffiguranti le prodezze del bomber Virdis: dal campo dei Vigili Urbani vicino all'Amsicora, al Cagliari di Arrica e Delogu. Dalla Juve di Boniperti al grande

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LIGA SPAGNA

di Sergio STANCO

LA RICETTA DI NUNO

foto C. Rodrigues/IconSport AG. LIVERANI

I Pipistrelli stanno tornano grandi, come ai vecchi tempi...

FINALMENTE VALENCIA Dopo anni di magra, i Pipistrelli sono pronti a spiccare il volo…

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anizares; Angloma, Ayala, Pellegrino, Carboni; Baraja, Mendieta, Kily Gonzales, Aimar; Carew, Sanchez. Questa è la formazione del Valencia, finalista in Champions League nel 2001. Molti di questi elementi sono passati anche dai nostri campi, basti pensare al Mendieta che la Lazio pagò 43 milioni di euro senza riceverne mezza soddisfazione. È la squadra simbolo di un periodo, quella di Milano era la seconda finale consecutiva per i Pipistrelli, la prima vide imporsi il Real Madrid mentre quella successiva andò al Bayern

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Monaco. A chiudere la serata le lacrime di Canizeres, consolato dal collega/ avversario Oliver Kahn. La squadra di Benitez si riscattò vincendo il titolo l'anno successivo, mancava da ben trentuno anni, e poi ancora nel 2004 con il double campionato-Coppa Uefa. Una vera big del calcio continentale, altri successi sotto la gestione Ranieri e poi iniziò l'ascensore. Piazzamenti in campionato non certamente da buttare, il Valencia è presenza fissa in Europa, qualche coppa ad allontanare la resa dei conti, il bilancio però fa paura. Facciamo un passo indietro, al 10 novembre 2006, l'ex pre-

sidente Juan Soler rivela il progetto di un nuovo impianto: il Nou Mestalla. Un impianto avveniristico, che con le sue forme sinuose circola con insistenza in rete. In un video su youtube tutto sembra facile, ma la vita è un'altra cosa. I lavori iniziano nel 2007, da lì parte una via crucis, fatta di lavori sospesi, quattro lavoratori morti e soldi che non ci sono. Doveva essere pronto per la stagione 2009/2010. Torniamo al 2008, anno in cui i tifosi sono stati messi dinanzi alla dura realtà. Javier Gómez, consigliere delegato del club, rende noto un buco di circa 400 milioni. Una cifra che terrorizza solo a

leggerla. Da lì un nuovo consiglio di amministrazione e anni segnati da scelte dolorose, una tra tutte l'addio di David Villa. Gran parte dei debiti è nei confronti di Bancaja che, tramite Gerelidad Valenciana, si è spesa in prima persona per salvare il club. Un po' di soldi arrivano dalle cessioni, oltre a Villa, salutano altri pezzi da novanta come Silva, Mata e Soldado, il governo regionale fa il possibile per aiutare la società. La macchina, seppur inceppata, si rimette a girare, sbuca la luce in fondo al tunnel quando un accordo con Bankia permette di annunciare la ripresa dei lavori per lo stadio, tutto si risolve in un buco nell'acqua per lo stop dello stesso istituto bancario. Troppi i rischi, a puntare sul Valencia in questo momento c'è solo da perdere. Il bilancio è da fame, le entrate si aggirano intorno ai 100 milioni di euro, nel frattempo però i sacrifici e l'amministrazione controllata da parte di Bankia riducono l'entità del buco nero. Siamo sotto i 300 milioni adesso, comunque

parliamo di una cifra ancora altissima. Le società calcistiche in Spagna sono realtà diverse rispetto a quelle che conosciamo dalle nostre parti, dove spesso e volentieri il patron decide e ripiana. Al Valencia proprio questo serve nel momento del bisogno: l'uomo forte. Il 17 maggio del 2014 Peter Lim, dopo una trattativa durata mesi, mette le mani sul 70% della società. 420 milioni di euro subito dentro, metà vanno a saldare i debiti, il restante gruzzolo viene ripartito tra mercato e stadio, i lavori congelati ripartono: l’impianto sarà pronto per il 2019, anno del centenario. I soldi non faranno la felicità, ma beato chi ce li ha. E comunque non bastano, perché bisogna saperli usare. Peter Lim, 655esimo uomo più ricco al mondo secondo la rivista Forbes (dato risalente al 2010), è un grande appassionato di calcio e ha tentato la scalata a club europei più volte, mirando pure a colossi come Liverpool, Atletico Madrid e Milan, e con il Valencia ha trovato la strada spianata, non solo per un investimento, ma per imporre la sua visione. Lim è uomo di sport, ma per creare una squadra competitiva serve una volpe che agisca sul mercato e chi meglio del suo grande amico Jorge Mendes? Agente di Mourinho dal 2004, fu lui a portare al Chelsea una nutrita colonia portoghese, tra le sue imprese ricordiamo il trasferimento di Cristiano Ronaldo a Madrid per 96 milioni. Bruscolini. Mendes prende in mano il destino del Valencia e piazza in panchina Nuno Espìrito Santo, suo assistito da quasi vent'anni. Nuno però è praticamente un esordiente, se si esclude il biennio da vice di Ferreira al Panathinaikos e la successiva esperienza al Rio Ave. A Vila do Conde stupisce tutti portando i biancoverdi a giocarsi entrambe le finali delle coppe nazionali contro il Benfica. Valencia è una città calda, non solo per le sue estati torride, Espirito Santo ha grande carattere e ci mette pochissimo a farsi amare. Nel giro di un mese ad assistere agli allenamenti c'è una folla. Il tecnico non è l'unica attrazione dalle parti del Mestalla, perché Mendes porta fior fior di giocatori. In attacco c'è Negredo, arrivato dal Manchester City, ma non dimentichiamoci di Paco Alcacer. In Spagna il 21enne è considerato l'attaccante del futuro e, dopo aver impressionato con le rappresentative giovanili, è nel giro della Roja. In mezzo al campo

MENDES, L’AMICO Il curioso rapporto con l’agente più potente al mondO

MENDES

Il Valencia smuove un giro d'affari enorme, facendo incetta - guarda caso - di uomini della scuderia Mendes. A pensar male si fa peccato, ma spesso si indovina e per notare l’anomalia non serve Sherlock Holmes. Movimenti di denaro tra il club, il fondo d'investimento Meriton Capital (che fa capo a Lim) e la Gestifute di Mendes, che vive un curioso conflitto d’interessi essendo consulente del Valencia e agente dei calciatori. Non entriamo nel merito, servirebbero molte pagine per far luce su operazioni che sembrano incomprensibili a prima vista. La stampa iberica non si è fatta sfuggire il caso, la società è stata chiamata a far chiarezza. Al momento non si parla di nessun “caso”, eppure sono in tanti a cominciare a pensare che ci sia qualcosa di anomalo in questa “amicizia” davvero particolare… uno come Parejo lo vorrebbero tutti e tenete a mente questo nome: José Gayà. Prodotto del vivaio, il difensore dell'Under 21 spagnolo spegnerà venti candeline a maggio. Giovani di sicuro avvenire e grandi acquisti, si pensi a Enzo Perez prelevato dal Valencia per la bellezza di 25 milioni. Non male… Tornando al calcio giocato, la stagione in atto non potrebbe andare meglio. Campionato iniziato bene e che sta procedendo a gonfie vele, Los Ches sono in corsa per il piazzamento Champions e hanno le carte in regola per farcela. A gennaio è arrivata anche la vittoria contro il Real Madrid al Mestalla. Non succedeva da cinque anni. Un'impresa che sembrava impossibile fino a poco tempo fa. "Sì, se puede", così i tifosi hanno caricato gli uomini di Nuno prima del match. È una frase che riassume i sentimenti accumulati in anni difficili, pronti a esplodere in un urlo soffocato a lungo. Sì, ora si può.

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PREMIER LEAGUE INGHILTERRA

di Luca Manes

ARRIVA L’OLIMPICO

WEST HAM, CHE CUORE... Gli Hammers sono la vera sorpresa della Premier League...

A partire dalla stagione 2016-17, la casa del West Ham sarà completamente ristrutturata

foto Agenzia Liverani

gi di Green Street, come accaduto non di rado durante il suo regno – sebbene Allardyce abbia subito riportato la squadra in Premier dopo un solo anno di purgatorio in Championship.

MARTELLI CALDI

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Il West Ham United ha un record tutt'altro che invidiabile: è l'unica squadra, tra le sette che non sono mai scese al di sotto della serie cadetta inglese, a non aver vinto il campionato. Miglior risultato, un terzo posto nel 1986. Nemmeno ai tempi del fantastico trio Moore-Peters-Hurst – i tre Irons protagonisti assoluti del trionfo dei Tre Leoni nella finale di Coppa del Mondo del 1966 – il club dell'East end riuscì a lottare per il titolo. Figuriamoci allora lo stupore dalle parti del Boleyn Ground, per quanto sta accadendo negli ul-

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timi mesi. Non che gli eredi del grande Bobby Moore stiano duellando con Manchester City e Chelsea per il trono della Premier. Ma già va oltre le più rosee aspettative vederli competere per un posto in Europa, dove mancano dal 2006-07, quando furono eliminati dal Palermo, al primo turno di Coppa Uefa. Sul suo blog sul quotidiano britannico The Guardian, il giornalista (e tifoso del team londinese) Jacob Steinberg, scrive di trovarsi quasi a disagio di fronte a cotanta grazia, tanto era più abituato a lamentarsi costantemente. D'altronde in pochi si aspettavano un

Enner Valencia

foto Buffa / Image Sport

Partenza lanciata per il West Ham, club con una storia davvero singolare…

exploit del genere, specialmente dopo il solito principio di campionato zoppicante, con due sconfitte consecutive in casa. Una per di più rimediata negli ultimi minuti nel derby contro l'odiatissimo Tottenham. E invece il West Ham è riuscito a lasciarsi alle spalle la mediocrità che ha caratterizzato le ultime stagioni – con tanto di cocente retrocessione nel 2010-2011 – proponendo anche un football di discreta qualità. Una novità anche questa. O meglio un parziale ritorno al passato, ai tempi dell'Academy of Football, come venne ribattezzata la squadra che negli anni Sessanta riuscì ad aggiudicarsi una FA Cup e una Coppa delle Coppe incantando i suoi tifosi. All'attuale manager Sam Allardyce, in carica da metà 2011, è sempre stato rimproverato di far giocare alla squadra un calcio senza fronzoli, così essenziale da risultare noioso, all'insegna del “primo non prenderle”. Ora dalla Bobby Moore Stand più nessuno chiede a gran voce il suo allontanamento dai parag-

Big Sam ha potuto sfruttare al meglio una grande abbondanza in attacco, propiziata dal ritorno in pianta stabile di Andy Carroll. L'ex centravanti di Liverpool e Newcastle sembra finalmente essere uscito dal gorgo di infortuni che stava minando la sua carriera negli ultimi anni. Nel frattempo al Bolyen Ground sono approdate due punte eclettiche e veloci come Diafra Sakho e Enner Valencia. Il senegalese si sta rivelando una delle sorprese dell'anno, forse ben al di là delle più rosse aspettative dello staff tecnico degli Hammers. Anche il veterano Carlton Cole, quando chiamato in causa, ha risposto presente – vedi il preziosissimo goal del pareggio nell'epica partita di FA Cup contro l'Everton. Poco spazio ha trovato Maurito Zarate, un esperimento fallito senza troppi rimpianti. Per il momento l'ex idolo della Curva Nord della Lazio è stato parcheggiato al QPR, in estate si vedrà il da farsi. La squadra prende meno goal rispetto al passato. Merito di un portiere finalmente costante, lo spagnolo Adrian, e della diga a centrocampo che risponde al nome di Alex Song. Il camerunese in prestito dal Barcellona, dove trovava poco spazio, è uno dei principali protagonisti della svolta della campagna attuale. Il suo contratto con i Blaugrana scade la prossima estate, ma sulle sue tracce c'è già un bel gruppetto di big europee. Lui vorrebbe giocare in

foto Imago/Image Sport

SAM ALLARDYCE

Tutto bene in campionato ma c’è dell’altro. Il duo Sullivan & Gold non vede l'ora di ricevere le chiavi dello stadio Olimpico, in fase di ristrutturazione per essere consegnato al West Ham pronto per la stagione 2016-17, quella dell'addio al glorioso Boleyn Ground. La capienza dell'impianto che ha ospitato i giochi del 2012 sarà portata a 54mila posti, così come sarà tolta la pista d'atletica. Non c'è che dire, una casa molto “spaziosa” – ad Upton Park si va poco oltre i 35mila seggiolini – adatta a ospitare le grandi del firmamento calcistico europeo...

Andy Carrol

Champions League, ma ha anche fatto sapere di essere molto contento dell'esperienza in maglia claret & blue. Certo, con una qualificazione in Europa in tasca il prossimo giugno i proprietari David Sullivan e David Gold potrebbero fare uno sforzo economico per assicurarsi Song in maniera definitiva e irrobustire ulteriormente la rosa, due condizioni imprescindibili per mantenersi ad alto livello. Appare alquanto ridimensionato, invece, il ruolo dell'Academy, così preponderante nei decenni passati. Non solo nei mitici Sessanta, perché non va dimenticato che i vari Carrick, Lampard e Terry sono usciti proprio dalle giovanili del West Ham.

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BUNDESLIGA GERMANIA

di Flavio SIRNA

NIENTE SORRISI

foto Celeste/Image Sport

Il Werder non decolla, la crisi è pesante...

CADUTE FRAGOROSE Stoccarda e Werder Brema, prima grandi potente, ora sono club in totale disgrazia…

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alla stagione 2009-2010 la Bundesliga è a totale appannaggio del duo Bayern Monaco-Borussia Dortmund. Ma prima di questo quinquennio di duopolio, la massima serie tedesca si segnalava come un campionato più aperto alle sorprese e capace di esprimere più squadre di alto livello. In particolar modo salivano spesso agli onori della ribalta come ‘Big’, due compagini che invece attualmente stanno attraversando un momento di profonda crisi. Nello specifico poniamo l’attenzione sul Werder Brema e sullo Stoccarda. A prescindere dai fasti degli anni ’90

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con Otto Rehhagel in panchina (vincitore di due edizioni della Bundesliga e di una Coppa delle Coppe in finale contro il Monaco di Wenger), l’ultimo periodo felice della squadra bianco verde si deve legare alla guida tecnica di Thomas Schaaf, durata dal 1999 al 2013 e fruttata una Bundesliga (nel 2003-2004) e 3 Coppe di Germania (l’ultima nella stagione 2008-2009). Indimenticabile quel campionato vinto con 74 punti totali contro i 68 del Bayern Monaco (alla quale si deve aggiungere il double realizzato con la Coppa di Germania vinta in finale per 3-2 contro l’Aachen); risultato raggiun-

to grazie all’incredibile vena realizzativa del brasiliano Ailton (capocannoniere del campionato con 28 reti); e di un undici che poteva vantare tra le sue fila due mastini come Fabian Ernst e Tim Borowski, il talentuoso francese Micoud e gli altrettanto efficaci attaccanti Ivan Klasnic e Heido Valdez. Negli anni successivi, grazie alla scoperta di nuovi talenti (Diego e Ozil su tutti), ad un’ossatura di squadra ben definita (Naldo e Mertesacker come difensori centrali, Frings e Hunt a gestire le operazioni a centrocampo, i vari Klose, Hugo Almeida e Claudio Pizarro a distribuirsi i goal nel corso delle varie stagioni) e ad

un gioco a tratti più che spettacolare, le cose continuarono ad andare positivamente con due secondi posti e due terzi posti. In Europa un titolo è stato purtroppo solamente sfiorato nel 20082009, con la sconfitta in finale per 2-1 contro gli ucraini dello Skakhtar Donetsk. In quell’anno è arrivato anche l’ultimo successo di squadra, la Coppa di Germania vinta per 1-0 contro il Leverkusen (in campo c’erano contemporaneamente Ozil, Diego, Pizarro ed Hugo Almeida). Il giocattolo però, a poco a poco, a causa delle cessioni eccellenti effettuate (non ricambiate da arrivi di altrettanta qualità) ed a causa dell’addio come direttore sportivo di Klaus Allofs (passato al Wolfsburg), si è rotto. Per questo motivo nelle ultime quattro stagioni sono arrivate solamente salvezze risicate, che hanno portato nel maggio del 2013 al divorzio da Schaaf, dopo 39 anni in bianco verde (14 da tecnico). La Bundesliga attuale, con in carica come tecnico l’ucraino

Viktor Skripnik (che faceva parte della rosa di Schaaf campione di Germania nell’oramai lontano 2003) vede i biancoverdi assestati in zona retrocessione, frutto di una campagna acquisti che non ha portato alcun elemento di qualità alla rosa: gli unici a segnalarsi positivamente sono l’attaccante argentino Franco Di Santo ed il classe 1995 Davie Selke. Le cose purtroppo non sembrano destinate a cambiare a breve, ragione per la quale per i tifosi del Weser Stadion ci sarà ancora da soffrire. Rispetto al Werder Brema, lo Stoccarda ha conquistato il suo ultimo titolo in Bundesliga, il quinto della sua storia, nella stagione 2006-2007. Sulla panchina biancorossa sedeva Armin Veh: chiamato nel 2005-2006 per sostituire l’esonerato Trapattoni, nella stagione successiva, grazie ad otto vittorie nelle ultime otto partite di campionato e grazie soprattutto alla vena realizzativa del duo formato da Mario Gomez e dal brasiliano Cacau (27 reti in due) nonché alla presenza elementi di tutto rispetto come Babbel e Tasci in difesa, Osorio, Khedira, Gentner e Pardo a centrocampo, riuscì a portare la squadra alla conquista del titolo della Bundesliga davanti allo Schalke 04. L’annata seguente, la 2007-2008, è stata però tutt’altro che entusiasmante: eliminazione nella fase a gironi della Champions League e sesto posto in campionato. Per questo motivo Veh viene esonerato ed arriva sulla panchina l’ex-giocatore Babbel, che nonostante il terzo posto in classifica finale dopo una grande rimonta, vede cedere il bomber Mario Gomez. Da questo momento in poi i biancorossi cominciano il loro declino: ininfluente anche i vari cambi di allenatore, con i successivi arrivi dello svizzero Gross e del tedesco Bruno Labbadia. Unico sussulto la finale di Coppa di Germania del 2013, persa in finale per 3-2 contro il Bayern Monaco (a nulla è valsa la doppietta di Harnik). La scorsa estate, per cercare di ritrovare posizioni più consone in classifica, viene richiamato in panchina Veh, che l’anno prima aveva condotto l’Eintracht Francoforte alla qualificazione all’Europa League. Il materiale calcistico a sua disposizione, però, è tutt’altro che trascendentale: motivo per il quale in campionato le cose vanno male e a novembre la società si trova costretta a dare per la seconda volta il benservito all’allenato-

DRAMMA AL WOLFSBURG Terribile notizia, è morta la promessa Malanda… A scuotere il mondo del calcio tedesco durante la pausa invernale è stata una terribile notizia. Nel pomeriggio del 10 gennaio Junior Malanda, 20enne centrocampista del Wolfsburg, ha perso la vita in seguito ad un incidente stradale. Il calciatore belga si stava recando all'aeroporto da dove il Wolfsburg avrebbe preso un volo diretto in Sudafrica. Il club, infatti, approfittando della sosta invernale, aveva organizzato una sorta di 'preparazione-bis', come accade di solito ai club tedeschi. Purtroppo, nei pressi di Porta Westfalica, il Suv sul quale Malanda viaggiava come passeggero, si è andato a schiantare contro un albero dopo aver sbandato ed aver superato anche il guardrail stradale, quasi sicuramente a causa dell'eccessiva velocità. Per il ragazzo non c'è stato nulla da fare: è deceduto sul colpo. Malanda, cresciuto nelle giovanili del Lille e con un passato nella squadra belga dello Zulte Waregem, nel 20142015 era già riuscito a diventare un elemento importante della squadra dei Lupi, collezionando ben 10 presenze su 17 giornate disputate. re dell’ultimo Meisterchale e a chiamare come nuovo condottiero l’olandese Huub Stevens. La rosa dei biancorossi, frutto di una campagna acquisti tutt’altro che dispendiosa, a tutt’oggi può annoverare come migliori elementi l’austriaco Martin Harnik, il centrocampista classe 1992 Moritz Leitner e l’attaccante classe 1996 Timo Werner. Buono anche il rendimento del centrale classe 1993 Rudiger e del terzino giapponese Gotoku Sakai. Hanno purtroppo perso lo smalto di un tempo il bosniaco Ibisevic ed il classe 1985 Christian Gentner. Anche in questo caso però, a meno di clamorosi capovolgimenti di fronte nel 2015-2016, non ci sarà da aspettarsi exploit in futuro, ma solamente una risicata permanenza nella massima serie. Più che in rosso, i tifosi dello Stoccarda andranno ancora per molto tempo in bianco…

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LIGUE 1 FRANCIA

di Renato MAISANI

foto Buffa/Image Sport

Grazie all'abile tecnico, il Saint Etienne sta letteralmente luccicando...

L’ORGOGLIO DEI VERDI

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n pochi lo sanno, ma la squadra più titolata di Francia non è né l’Olympique Marsiglia né tanto meno il PSG, bensì il Saint Etienne che, con 10 titoli vinti, è l’unica compagine transalpina a poter vantare la doppia cifra relativamente ai campionati vinti. Immaginare che l’ASSE possa incrementare il proprio bottino appare sicuramente un azzardo, nonostante l’annata vissuta dai biancoverdi sia stata fin qui davvero esaltante. Sognare non costa nulla e, se è vero che per avere la meglio su PSG and company servirà un mezzo miraco-

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lo, i precedenti targati Lilla (2011) e Montpellier (2012), lasciano un po’ di spazio alle fantasie dei tifosi. Tifosi che, per il momento, si godono il brillante rendimento della squadra di Cristophe Galtier, autentico stratega della panchina che, dopo una eterna carriera da “secondo”, nel 2009 ha raccolto l’eredità di Alain Perrin ed ha assunto il comando di una squadra che, da quattro stagioni, diverte e convince. Il 7° posto raggiunto nel 2012, migliorato l’anno dopo con la quinta posizione ed ulteriormente perfezionato col 4° posto ottenuto al termine dell’ultima stagio-

ne, sono state le tappe di avvicinamento alla definitiva consacrazione del Saint Etienne. Un progetto iniziato con la promozione in Ligue 1 conquistata nel 2004 da un altro ‘guru’ della panchina dell’ASSE, Frédéric Antonetti, e proseguito grazie al lavoro di Baup, Hasek, Roussey, Perrin e Galtier appunto. Ma, pur senza investimenti particolari ed anzi, con qualche sacrificio eccellente, anno dopo anno il Saint Etienne riesce a migliorarsi, a crescere e a far crescere attorno a sé la soddisfazione dei tifosi e la considerazione da parte degli addetti ai lavori. Secondo le valutazioni attribuite ai sin-

ALAIN PERRIN

fotoBuffa/Image Sport

Il Saint Etienne è il club più titolato di Francia e, quest’anno, una grande e inattesa sorpresa…

goli calciatori dal noto portale Transfermarkt.com, il valore complessivo della rosa del Saint Etienne è stimato attorno agli 80 milioni di euro, vale a dire 5 meno di quello dei soli Cavani (50) e Thiago Silva (35), stelle del Paris Saint Germain. Ma il calcio, si sa, non è una scienza esatta e tutto ciò che ‘sulla carta’ ha un valore, non necessariamente lo riflette sul campo. E sul campo il Saint Etienne ha poco da invidiare a chiunque. Galtier non dispone di campioni, è vero, ma allo stesso tempo può contare su giocatori affidabili e talenti che, in prospettiva, campioni (o quasi) potranno diventarlo. La stella più lucente è probabilmente quella di Yohan Mollo, eterna promessa del calcio francese che nel Saint Etienne sta trovando la sua dimensione definitiva. Nel 4-2-3-1 di Galtier è lui il giocatore di maggior estro che, unito alla fisicità di van Wolfswinkel, alla capacità di inserimento di Hamouma e alla concretezza di Monnet-Paquet ed Erding, completa un reparto offensivo del tutto affidabile. Ma il vero punto di forza dell’ASSE 2014-2015 è la difesa. Nessuno in Francia ha fatto meglio degli uomini di Galtier e, nel momento in cui scriviamo, la difesa del Saint Etienne è la meno battuta della Ligue 1, per distacco. Anche in Europa League, nonostante la prematura eliminazione avvenuta nella fase a gironi, la retroguardia si è distinta in positivo: soltanto 3, infatti, sono stati i goal subiti dai biancoverdi in ben 6 gare disputate. Insomma, una difesa imperforabile. Merito anche dell’affidabilissimo portiere Stéphane Ruffier, forse tra i più sottovalutati d’Europa. I meriti della brillante tenuta difensiva, ovviamente, non vanno attribuiti unicamente al portiere. Straordinario è stato fin qui anche il rendimento di capitan Loic Perrin, autentica bandiera del club del quale difende i colori dal lontano 2003. Garanzia di affidabilità è anche il senegalese Sall, mentre il prospetto più interessante non può che essere Florentin Pogba, fratello dello juventino Paul e difensore in costante crescita. Tabanou e Theophile-Catherine, che ad ogni sessione di mercato tornano nei radar dei principali club europei, rappresentano gli estremi di una delle linee difensive più rodate d’Europa. In mezzo al campo, infine, senza troppi fronzoli, Lemoine e Clement rappresentano un’invidiabile garanzia di rendimento e

SAINT ETIENNE, FUCINA DI TALENTI Pochi club sanno produrre campioncini come il Saint Etienne…

foto Buffa/Image Sport

IL MIRACOLO DI GALTIER

Come detto, il Saint Etienne dispone di un organico dall’età media abbastanza giovane, seppur non abbia l’abitudine di puntare su talenti ancora giovanissimi. Florentin Pogba, 24 anni, è il più giovane a far parte del giro dei titolari, ma allo stesso tempo Clement, 30enne, è il più ‘anziano’ del gruppo degli intoccabili. Insomma, un gruppo molto omogeneo che punta su atleti all’apice della propria carriera. E di calciatori lanciati dal Saint Etienne ne è piena l’Europa: a cominciare da Pierre-Emerick Aubameyang, bomber del Borussia Dortmund, passando per il centrocampista del PSG Blaise Matuidi e per quello del Tottenham, Zokora. Hanno indossato in passato – e con risultati esaltanti – la maglia dell’ASSE anche Kurt Zouma, Bafetimbi Gomis, Emmanuel Riviere, Faouzi Ghoulam, Gonzalo Bergessio e Gregory Coupet, tutti giocatori divenuti grandi grazie proprio alla cura Saint Etienne. affidabilità. Insomma, quello del Saint Etienne sembra avere proprio tutte le sembianze di un giocattolo perfetto, capace di incantare anche più del previsto.

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PHOTOGALLERY IL TIFO RACCONTA

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IL CALCIO DEI TIFOSI di Thomas SACCANI

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l bello del calcio è spesso raccolto in pochi attimi. Riuscire a fotografarli è un’arte e, soprattutto, il modo migliore per raccontare ciò che accade. Nulla avrebbe senso senza la presenza del pubblico. I tifosi sono l’essenza stessa del mondo del pallone, doveroso un tributo per raccontarne la vera passione…

SAMPDORIA-Palermo SERIE A 25.01.2015

PARMA-Juventus Coppa Italia 28.01.2015

Roma-LAZIO Serie A 11.01.2015

ROMA-Empoli Coppa Italia 20.01.2015

SAMPDORIA-Palermo SERIE A 25.01.2015

ROMA-Lazio Serie A 11.01.2015

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PHOTOGALLERY / IL TIFO RACCONTA

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MILAN-Lazio Coppa Italia 27.01.2015

ROMA-Empoli Coppa Italia 20.01.2015

MILAN-Lazio Coppa Italia 27.01.2015

ROMA-Lazio Serie A 11.01.2015

Lazio-MILAN Serie A 24.01.2015

JUVENTUS-Hellas Verona Serie A 18.01.2015

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scovate da CARLETT ANCELOTTI

NESTA

Il nostro orgoglio nel mondo. Ha portato la “decima” al Real Madrid e qui regala la sua maglietta di Italia ‘90 per la Hall Of Fame del calcio italiano.

Bella rimpatriata per vecchie glorie della Lazio. Con Nesta, Favalli, Giannichedda e Fiore. Giocatori di un certo livello...

BONUCCI Un po’ di relax per il difensore juventino qui con la fidanzata mentre si diverte a sciare. Ogni tanto bisogna staccare la spina...

ICARDI A me personalemente piace l’idea che un personaggio pubblico condivida con tutti un evento del genere. La figlia di Icardi e Wanda Nara.

MESSI Ultimamente è abitudine di molti giocatori postare sui propri profili foto in volo... E’ la volta di Messi con i suoi compagni di squadra Pique e Mascherano.

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NEYMAR Sempre tra i più attivi sui social, eccolo con gli altri compagni di squadra del Barcellona, al contrario della foto di Messi, questa è stata scattata sul pullman.

Pjanić Ad oggi le foto più simpatiche vengono dal suo profilo, qui lo troviamo insieme ai due bomber della Roma, nonché compagni di squadra Destro e Borriello.

VIERI Tra gli ex calciatori è sicuramente quello che se la spassa di più! Lo puoi trovare su una spiaggia di Ibiza e poi con l’ex calciatore Ibu Ba a giocare a PaintBall. Mitico!!!

Il DJ/Speaker di RTL 102.5 Carlo CARLETTO Nicoletti seguirà i profili Instagram e Twitter dei giocatori più importanti del pianeta Calcio e ci segnalerà le foto e i tweet più divertenti e particolari. Segnalate quelle che magari potrebbero sfuggirgli scrivendogli al suo profilo Instagram e Twitter: @carlettoweb



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