Mensile | OTTOBRE 2015 | N. 214 | Italia | Euro 3,90
Calcio
BE €8,00 | F €11,50 | PTE CONT €7,50 | E €7,50 | CHCT chf 8,50
CALCIOMERCATO LE ROSE AGGIORNATE
2OOO il mensile diretto da FABRIZIO PONCIROLI
Esclusiva Federico MATTIELLO “RIPARTO DALLA NUMERO 11”
Esclusiva Leo JUNIOR LE NOTE DEL MAESTRO
Esclusiva Dario CANOVI UNA FAMIGLIA DI PROCURATORI
SPECIALE
SERIE A 2015/16 Esclusiva Daniele CARNASCIALI “POTEVO ANDARE ALL’INTER”
I NUOVI RE D’ITALIA
Esclusiva Norberto NETO “SONO DOVE VOLEVO ESSERE”
sommario n.214
Anno 19 n. 10 ottoBRE 2015
issn 1126-1056
6 La bocca del leone
di Fabrizio Ponciroli
Registrazione al Tribunale di Milano n.362 del 21/06/1997 - Iscritto al Registro Operatori di Comunicazione al n. 18246
8 SPECIALE TUTTOMERCATO
LA NUOVA SERIE A
di Fabrizio Ponciroli
18 INTERVISTA ESCLUSIVA
NORBERTO NETO
8
di Fabrizio Ponciroli
26 INTERVISTA ESCLUSIVA
FEDERICO MATTIELLO
di Antonello Schiavello
18
38 SPECIALE
Marco Conterio, Luca Bargellini, Cristina Guerri, Gaetano Mocciaro, Chiara Biondini, Simone Bernabei, Lorenzo Marucci, Pietro Lazzerini, Tommaso Maschio, Lorenzo Di Benedetto.
di Francesco Scabar
di Fabrizio Ponciroli
50 SERIE B - COMO
di Tommaso Maschio
26
52 LEGA PRO - ALESSANDRIA
di Sergio Stanco
54 Serie D - CHIERI
DARIO CANOVI di Marco Conterio
32
66 I Giganti del Calcio
LEO JUNIOR
Statistiche
di Gabriele Porri
RINASCE LA FIORENTINA
Redazione Calcio2000
38
di Stefano Borgi
di Stefano Borgi
56
94 IL FIM DEL CAMPIONATO 98 SCOVATE da CARLETTO RTL NUMERO CHIUSO IL 31 agosto 2015
IL PROSSIMO NUMERO sarà in edicola il 15 ottobre 2015 4
Calcio 2OOO
e-mail: media@calcio2000.it Tiber S.p.A. Via della Volta, 179 25124 Brescia Tel. +39 0303543439 Fax. +39 030349805
DANIELE CARNASCIALI
CAMPIONATI STRANIERI 86 SPAGNA di Paolo Bardelli 88 INGHILTERRA di Luca Manes 90 GERMANIA di Flavio Sirna 92 FRANCIA di Renato Maisani
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82 DOVE SONO FINITI?
Image Photo Agency, Federico De Luca, Massimo Rana, Agenzia Aldo Liverani, Sara Bittarelli, Aleksandr Dal Cero TC&C S.r.l.
League 1980/81
80 ACCADDE A...
Antonello Schiavello, Francesco Scabar,Sergio Stanco, Simone Toninato, Gabriele Porri, Stefano Borgi, Paolo Bardelli, Luca Manes, Flavio Sirna, Renato Maisani, Carletto RTL.
Realizzazione Grafica
di Sergio Stanco
76 Storia Champions
Hanno collaborato
Fotografie
di Simone Toninato
56 I Re del Mercato
Diretto da
Fabrizio Ponciroli
Redazione
Artisti della rabona
44 FOCUS ON TROFEO BERLUSCONI
TC&C srl Strada Setteponti Levante 114 52028 Terranuova Bracciolini (AR) Tel +39 055 9172741 Fax +39 055 9170872 Michele Criscitiello
32 SPECIALE
EDITORE
DIRETTORE RESPONSABILE
di Cristina Guerri
NILS LIEDHOLM
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66
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L'EDITORIALE di Fabrizio PONCIROLI
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FINALMENTE IL CAMPO N. 214 - OTTOBRE 2015
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CALCIOMERCATO LE ROSE AGGIORNATE
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2OOO
A TUTTO MERCATO
Esclusiva Leo JUNIOR LE NOTE DEL MAESTRO
Calcio
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e chiacchiere stanno a zero, si torna in campo. Che bell’estate… Il calciomercato ci ha regalato colpi pazzeschi. Tra nuove stelle e ritorni inattesi, la Serie A si è rifatta il look. Certo, abbiamo perso qualche diamante pregiato ma, ammettiamolo, l’impressione è che il livello medio si sia alzato (e non poco). Noi, come sempre, siamo qui, pronti a vivere, insieme, un nuovo anno di calcio giocato, sperando che sia emozionante e ricco di sorprese. Abbiamo anche ripreso alcune vecchie abitudini, come le rose aggiornate della stagione 2015/16 e i tabellini (per ora quelli di Serie A). Ve l’avevo promesso, o sbaglio? Numero intrigante quello che avete sotto mano. Mi sono recato, personalmente, a Torino per fare la conoscenza di Neto. Il ragazzo ha personalità da vendere e una voglia matta di lasciare il segno anche in bianconero. Vi esorto a non perdervi lo speciale sul Barone Liedholm e la bellissima chiacchierata con Leo Junior, idolo assoluto della mia infanzia (e di tantissimi amanti del calcio). Ma non voglio svelarvi proprio tutto… Ne approfitto per ringraziarvi del vostro sostegno. In un tempo storico in cui la carta stampata appare anacronistica, è bello sapere che c’è ancora chi apprezza sfogliare una rivista. Passiamo ad argomenti più attuali. In tanti mi avete chiesto chi si sia rafforzato maggiormente in questa sessione estiva di calciomercato e che campionato ci attende… Allora, mi piace moltissimo la nuova Roma. Credo che Garcia abbia a disposizione una rosa davvero notevole e che possa fare benissimo. Ritengo che, dopo anni di dominio bianconero, questo possa essere un campionato all’insegna dell’equilibrio e non penso che sarà una lotta a due (Juve e Roma). Ci sono tante squadre che sognano in grande, che vogliono tornare sotto i riflettori. Potrebbe essere la volta buona… Ecco, mi preoccupa più la questione Europa. La Juventus ha pescato un girone infernale e la Roma non ha di che sorridere. In Europa League molto dipenderà dalla voglia delle nostre tre pretendenti ma, in generale, non sarà semplice far bene nelle due massime competizioni europee. Tuttavia, con l’Europeo alle porte, è necessario ribadire che l’Italia c’è e può gareggiare, alla pari, con chiunque. Ci farebbe davvero comodo tornare a vincere un trofeo europeo. E’ da tanto che un nostro club non alza una coppa (Inter, anno di grazia 2010). Io, ovviamente, ci credo. In fin dei conti la Juventus ha dimostrato che, con la giusta determinazione, tutto si può agguantare… Concludo con un grosso in bocca al lupo a tutti voi. Ognuno di noi sta affrontando delle difficoltà ma, alla fine, quando vediamo rotolare un pallone, tutto diventa più gradevole. Il calcio è parte di noi, una passione che non conosce crisi. Dopo le tante chiacchiere estive, è bello vedere che quella palla è tornata a rotolare come sempre… Una piacevole sensazione…
Esclusiva Dario CANOVI UNA FAMIGLIA DI PROCURATORI
SPECIALE
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“L’uomo è veramente uomo soltanto quando gioca”
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LA BOCCA DEL LEONE di Fabrizio Ponciroli - foto Image Sport DRAXLER È FORTISSIMO Fabrizio, Draxel lo scorso anno ha giocato solo 15 partite è vero... ma tutti i calciatori del mondo hanno avuto almeno una stagione sfortunata dal punto di vista degli infortuni... Stiamo parlando di un centrocampista che a 19 anni era già in nazionale… tedesca non dello Zambia... Non ne ha nemmeno 22 anni ora, io l'ho visto giocare con lo Schalke 3-4 volte... e sono rimasto a bocca aperta molto meglio di Gotze, Oscar e compagnia bella... “controllato il suo stato fisico” ...questa è veramente forte forte... Andrea, mail firmata Caro Andrea, il bello del calcio, soprattutto del calciomercato, è che nessuno ha la certezza di azzeccarci. Io resto convinto che Draxler non sia il giocatore giusto per la Juventus ma, ovviamente, mi posso sbagliare (e non sarebbe la prima volta). Che sia un giocatore con delle qualità importanti non lo discuto. Tuttavia credo che, visto l’investimento notevole, sia corretto valutare ogni rischio, “condizione fisica” compresa. Per me Oscar resta la mia scelta definitiva (anche se Mourinho l’ha blindato). Anche il brasiliano, per
Julian Draxler
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la cronaca, è entrato nel giro della nazionale (brasiliana, non dello Zambia) attorno ai 20 anni e ci è tutt’ora… Vedremo…
quello che si attende De Laurentiis dal suo nuovo tecnico. Klopp mi piace tantissimo ma credo nel progetto Sarri. Diamogli un po’ di tempo…
SARRI NON MI CONVINCE Gentile Direttore, ma come si fa a puntare su Sarri? Già alla prima abbiamo beccato due gol e dal Sassuolo, non dal Real Madrid. E mi si dice che stiamo ancora in fase di costruzione, perché le altre squadre no? Sarri non mi convince. Ha fatto spendere a De Laurentiis un sacco di soldi per giocatori del suo Empoli, ma l’Empoli non ha mica vinto la Champions. Perché ci siamo ridotti così? Potevamo avere Klopp sulla panchina e ci siamo presi uno che va bene per le piccole, non per il Napoli. Luciano, mail firmata
GIOVANE BIANCONERO Buongiorno caro direttore, sono un ragazzo di 13 anni tifoso juventino. Circa due mesi fa ho intravisto tra gli articoli di Tuttomercatoweb un articolo sulla rivista "Calcio 2000" che dava in omaggio lo speciale sulla stagione juventina. Non davo grande valore alla rivista in sé. Quando ho iniziato a leggerla mi sono innamorato. Da tifoso juventino sono contento della vittoria della Supercoppa di Lega, anche se nel primo tempo potevano fare di più. Secondo lei Dybala vale 40 milioni? Leggo nelle sue risposte che la Juve quest’anno arriverà prima, io invece penso che le due candidate sono Roma e Inter. La Juve punterà soprattutto sulla Champions. Lei che ne pensa? In più secondo lei la Juve avrà un trequartista degno di nota o come e successo negli ultimi anni prenderà dei giocatori come Anelka e Bendtner i quali hanno giocato poco? La ringrazio anticipatamente della risposta e le auguro buon lavoro Simone, mail firmata
Andiamoci piano Luciano… Siamo solo alla prima giornata, direi di avere un po’ di pazienza, no? Anche il Milan ha perso ma nessuno ha messo già in dubbio Mihajlovic… Calma, diamo tempo a Sarri di mettere in pratica le sue idee e, solo allora, potremo giudicare il suo operato. Vero, l’Empoli non ha vinto la Champions League, eppure il suo gioco era bello ed armonioso,
MAURIZIO SARRI
Paulo Dybala
PER SCRIVERCI: media@calcio2000.it
Che bello quando un giovane lettore mi interpella… Noto, con piacere, che hai una grande passione per i colori bianconeri… Allora, eccomi pronto a rispondere a tutti i tuoi quesiti. Andiamo con ordine… Partiamo da Dybala. Se vale 40 milioni? Sai, il calcio è cambiato molto negli ultimi anni e le quotazioni sono lievitate. Bale vale 100 milioni? È difficile rispondere. Un fatto è certo: Dybala ha le qualità per essere un fuoriclasse e la Juve ha fatto bene a prenderlo, anche a 40 milioni. Riguardo alla Juventus. Credo che, ad inizio stagione, non si possa mai fare delle distinzioni su quale obiettivo perseguire e quale lasciar perdere. I bianconeri puntano a vincere il quinto Scudetto tanto quanto sperano di portare a casa la Champions, senza dimenticare la Coppa Italia. Quando saremo in edicola, la Juventus avrà già preso il trequartista e sono certo che sarà di ottimo livello… IL MIGLIOR ACQUISTO DELL’ESTATE Direttore, complimenti per la rivista. Me la sono gustata in vacanza, leggera ma ben fatta. Domanda a bruciapelo: chi è stato l’acquisto migliore dell’estate? Io credo che
Edin Džeko
sia stato Dzeko ma sono di parte. Se non si era capito, sono un tifoso della Roma. Come la vede la mia Roma quest’anno? Pensa che sia l’anno buono per portarsi a casa il tricolore? Saluti cari… Donatello, mail firmata Caro Donatello, la Roma è forte e, con l’arrivo di gente come Dzeko e Salah, è diventata ancor più forte. Il bosniaco è quel centravanti che mancava da sempre alla Roma, anche se non è mai un sol giocatore che fa la differenza. Miglior acquisto? Dico Jovetic. Complici i tanti infortuni e l’aver poco giocato al City lo hanno reso ancor più voglioso di dimostrare di essere ancora un campione. Penso che l’Inter abbia preso un giocatore pazzesco…
le miccette, al Milan non ha legato con nessuno, al Liverpool l’hanno messo fuori rosa!!! E che succede? Ancora c’è gente che investe su di lui, dicendo che, a 25 anni, ha ancora tanto da dare. Nessuno capisce che averlo in rosa significa avere una bomba ad orologeria pronta ad esplodere da un momento all’altro. Quante volte ha giurato che ormai era maturato ma, alla fine, non puoi cambiare. Inoltre, lo ricordo ancora una volta, stiamo parlando di un giocatore che, a livello calcistico, non ha più nulla da dare. All’Inter correva, ora passeggia per il campo e aspetta la palla solo per segnare. Lei che ne pensa Direttore? È di quelli che è contento che si parli di lui perché così c’è da scrivere? Giordano, mail firmata
BALOTELLI, UN FINTO CAMPIONE Direttore, mi scusi ma non ne posso più. Speravo che il tormentone Balotelli fosse finito ed, invece, mi ritrovo Super Mario su ogni sito internet e su ogni giornale, oltre che in ogni trasmissione televisiva. Sempre e solo lui… Ma come è possibile, mi dico io!!! Stiamo parlando di un giocatore finto che, dati alla mano, ha fallito ovunque è stato. All’Inter ha gettato la maglia a terra, al City sparava
Caro Giordano, su Balotelli mi sono espresso tante, troppe volte… La mia idea è sempre la stessa: ha fallito (io parlo solo a livello calcistico, non sono interessato a quello che fa fuori dal campo) troppe occasioni. Sarebbe stato divertente vederlo negli States o negli Emirati Arabi. Ma c’è di mezzo un certo Raiola, il miglior agente di mercato al mondo dopo Mendes… E lui sa come far contenti i propri giocatori…
Stevan Jovetić
MARIO BALOTELLI
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SPECIALE SERIE A TUTTOMERCATO
di Fabrizio PONCIROLI
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NUOVAMENTE DA SERIE A
QUANTI FUORICLASSE: Tanti soldi spesi per campioni come Bacca...
Calciomercato da favola, l’Italia torna protagonista con oltre 600 milioni spesi…
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inalmente protagonisti come ai vecchi tempi. La Serie A, nonostante le note difficoltà economiche, ha deciso di rifarsi il trucco. Il calciomercato estivo è stato bollente, ricco di colpi ad effetto. Diversi i nomi “da prima pagina” che hanno riacceso l’entusiasmo popolare, ora tonico come più che mai. Il nostro calcio, conti alla mano, ha speso la bellezza di circa 608 milioni di euro, risultando il secondo Paese più spendaccione d’estate (al primo posto, irraggiungibile, la Premier League con oltre 1100 milioni di euro). Fa effetto aver sborsato di più di Liga (circa 575 milioni) e Bundesliga (“solo” 440 milioni). Numeri impressionanti che rendono l’estate 2015 italiana fenomenale. Di fatto, si sono quasi raddoppiati gli investimenti degli ultimi anni. Nel 2010 il giro d’affari era stato di 335 milioni, l’estate seguente di 382. Nel 2012 ci si era fermati a 373 milioni, per poi ripartire l’anno seguente con 440 milioni comples8
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sivi. Lo scorso anno una brusca frenata con assegni per “solamente” 336 milioni. Insomma, la Serie A è tornata a fare la voce grossa. Anche a livello di colpi singoli, si è voluto esagerare. Il colpo più oneroso l’ha messo a segno la Juventus, corrispondendo al Palermo ben 32 milioni di euro per Dybala. Non sono restate a guardare neppure Inter e Milan, con 30 milioni a testa per i gioielli Kondogbia e Bacca. Il club più spendaccione in assoluto è stato quello campione in carica. La Vecchia Signora ha erogato nelle casse di diverse società l’invidiabile totale di 123,5 milioni di euro. L’unica altra compagine ad aver sborsato oltre i 100 milioni è stata l’Inter (100,2). Al terzo posto dei club più attivi sul mercato il Milan (86,5), seguito dalla Roma (79,5). Numeri piuttosto intriganti che, paragonati ai movimenti dei maggiori club europei, confermano il cambio di rotta dei nostri big club. A parte le due grandi realtà di Manchester, nessuno, in Europa, ha investito più della Juventus. Il City ha
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SPECIALE SERIE A / TUTTOMERCATO
NOMI IMPORTANTI: Dybala, Romagnoli, Kondogbia e Dzeko, protagonisti del nostro calciomercato
esagerato (oltre 200 milioni) e lo United non è rimasto a guardare (170) ma Real Madrid, Bayern e PSG (non fa testo il Barcellona, limitato dall’Uefa) si sono tutte attestate attorno ai 100 milioni. Tradotto: siamo tornati competitivi, almeno sul mercato. Tornando al nostro amato pallone, interessante analizzare chi, tra acquisti e cessioni, ci ha rimesso maggiormente e chi, invece, ha rimpinguato le proprie casse. Il saldo, tra nuovi arrivi e partenze, della Juventus è pesantissimo: -66 milioni. Anche il Diavolo ha sperperato diversi milioni (-62). La sorpresa vera è il Bologna. Il club neopromosso in Serie A ha raggranellato un passivo decisamente grave, pari a -35 milioni di euro. Chi sorride, invece, sono soprattutto Palermo e Udinese. I rosanero, complice soprattutto la cessione di Dybala, chiudono il calciomercato con un attivo di 31,5 milioni. Benissimo anche i friulani (+26,5). Ottima anche la strategia del Genoa che si porta a casa circa 15 milioni di utile.
AAA DIFENSORI CERCASI Certo, sono arrivati grandi attaccanti ma, onestamente, questo è stato il calciomercato dei difensori. Mai come quest’estate, le attenzioni delle big si sono concentrate su giocatori impegnati a difendere, più che ad offendere. Due i nomi da segnalare, in particolare per la quantità di milioni che hanno “spostato”. Stiamo parlando di Alex Sandro e Romagnoli. Il primo è stato messo sotto contratto dalla Juventus mettendo sul piatto la cifra monster di 26 milioni di euro (con il Porto impossibile pensare di avere degli sconti). Un acquisto oneroso che lo rende il terzo difensore più costoso dell’estate. Solo Otamendi (dal Valencia al City per 45 milioni di euro, tre in più di quanto è costato, nel 2012/13, Thiago Silva al PSG) e Danilo (31,5 milioni spesi dal Real Madrid per strapparlo al Porto) hanno avuto valutazioni maggiori. L’altro big name per la difesa se l’è assicurato il Milan che, per accontentare Mihajlovic, ha firmato, alla Roma, un assegno Calcio 2OOO
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SPECIALE SERIE A / TUTTOMERCATO
NIENTE AFFARE SAMP-NAPOLI: Soriano e Zuniga non hanno cambiato colori per questioni di tempo...
pari a 25 milioni di euro per Romagnoli. Follia? Vierchowod analizza così l’inversione di tendenza: “Fino a qualche anno fa, c’erano tanti difensori e, soprattutto, serviva un certo tipo di difensore. Oggi un centrale deve saper difendere benissimo ma anche impostare e, quindi, non è facile trovare giocatori importanti”. Vero? Probabile… Oggi, avere un difensore bravo e giovane, significa avere soldi (tanti) in cassaforte, così come accade quando si ha la fortuna di possedere un attaccante di razza… L’ULTIMO GIORNO Il 31 agosto 2015 sarà ricordato come un giorno da fuochi d’artificio. Certo, ci si attendeva la classica corsa agli ultimi colpi ma, onestamente, quest’anno si è esagerato. Sia le grandi che le cosiddette piccole si sono mosse, con affanno ma senza perdere di vista l’obiettivo finale, per completare le proprie rose. La Juventus, dopo aver perso il treno per Draxler, ha virato su Hernanes (11 milioni), ritornando così a trattare con l’Inter dopo il “caso Guarin”. Inter che, dal canto suo, ha messo a segno ben tre colpi: Ljajic, Telles e Felipe Melo. Un tris d’autore che, di fatto, ha 10
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portato a 10 gli acquisti estivi a favore di Mancini (oltre ai tre citati, sono arrivati Miranda, Jovetic, Murillo, Montoya, Biabiany, Perisic e Kondogbia). Scatenata la Fiorentina, abile a sfruttare il momento e soffiare alla concorrenza Blaszczykowski, straordinario interprete del Borussia di Klopp (preso per sostituire Joaquin, tornato al Betis). Grandi protagonisti anche gli attaccanti. Matri si è accasato alla Lazio, Livaja ha sposato la causa dell’Empoli mentre Borriello, alla fine, ha scelto il Carpi. Carpi che è riuscita ad accaparrarsi, sempre nelle ultime ore di mercato, anche Cofie e Zaccardo. Sul finale i colpi Pinzi (al Chievo) e Lazaros (alla Sampdoria). Stranamente a secco il Milan con Galliani solo spettatore… IL PASTICCIO SORIANO Soriano al Napoli, anzi no, non se ne fa niente… La vera storia delle ultime ore dell’ultimo giorno di calciomercato ci porta a Genova, sponda Sampdoria. Andiamo con ordine. Prime ore del pomeriggio. La società di Ferrero fa sapere di aver raggiunto un accordo con il Napoli per il passaggio di Soriano alla corte di Sarri. L’affare è chiaro: ai blucerchiati, per
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UN ALTRO RITORNO… Balotelli è tornato, super affare o madornale errore? di Fabrizio Ponciroli
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i speravo, ho il Milan nel cuore”… Con queste parole, Balotelli ha “salutato” il suo ritorno al Milan. A Galliani, i grandi ritorni sono sempre piaciuti. La lista dei campioni richiamati all’ovile è lunga e, al momento, poco incoraggiante. Si pensi a Gullit. Celestiale nella sua prima avventura rossonera (dal 1987 al 1993), decisamente impalpabile al suo ritorno (complice qualche problema con lo staff tecnico). Male anche Donadoni. Il suo ritorno dall’esperienza ai MetroStars non sarà da applausi (24 presenze, in due anni). Peggio ancora con Simone. Dopo l’espatrio in Francia (PSG e Monaco), torna a Milanello ma, in una stagione (2001/02), porta a casa solo nove apparizioni, con zero gol. Da dimenticare anche lo Sheva 2.0. Stratosferico dal 1999 al 2006 (127 gol in 208 gare), delude tantissimo al suo rientro dal Chelsea (stagione 2008/09, 18 gettoni, nessun gol). Discreto il sequel di Kakà. Non ai livelli della prima favola rossonera (70 gol in 193 partite) ma almeno da sufficienza piena (sette reti in 30 gare). C’è stato anche un “doppio” Beckham. Dopo i positivi sei mesi nel 2009 (20 presenze, due gol), poche luci nella seconda esperienza (sempre sei mesi), con 13 gettoni
Mario Balotelli
complessivi. Insomma, i precedenti non sono certamente lusinghieri ma c’è una differenza sostanziale nel “caso Balo”. Super Mario ritorna a Milanello in età ancora giovanissima (è un classe 1990) e, quindi, con la voglia di chi vuole dimostrare di non essere finito. Inoltre, dalla sua parte, ha Mihajlovic, colui che lo ha voluto fortemente e che crede ciecamente in suo rilancio. Che l’operazione Super Mario sia stata un affare, dal punto di vista economico (prestito secco, 2,2 milioni di euro per parte dello stipendio), non ci sono dubbi… Ora si attende il verdetto del campo, nella speranza che non sia un altro flop, condizione ben nota agli altri assi che hanno pensato di riaprire il loro vecchio armadietto a Milanello…
CI MANCHERANNO Da Vidal a Darmian, passando per Kovacic ed El Shaarawy…
di Fabrizio Ponciroli n tanti sono arrivati, qualcuno ci ha salutato. Ci mancheranno? Alcuni senza ombra di dubbio. Se per Tevez e Pirlo è stata una questione, rispettivamente, di famiglia e motivazioni, per altri la motivazione che li ha condotti a fare le valigie e lasciare il Bel Paese è da ricercare in contratti più succulenti o piazze da cui ripartire per rigenerarsi. Si pensi a Vidal e Darmian. Senza di loro, la città di Torino sarà più povera. Il cileno, in quattro anni, ha portato 48 gol alla causa bianconera… Numeri da discreto attaccante. Il Bayern l’ha pagato tanto (37 milioni + tre di bonus) ma ha preso un guerriero. Allegri ha perso un condottiero, uno che, in mezzo al campo, si faceva sentire. Non poteva rifiutare l’offerta del magnetico Manchester United il buon Darmian (18 + due di bonus al Torino). Certo, visti i prezzi a cui sono stati venduti altri pari ruolo (Alex Sandro 26 milioni, tanto per fare un esempio), forse qualche big club italiano avrebbe potuto farsi avanti ed evitare l’espatrio del nostro miglior esterno difensivo. Intriganti le scelte di El Shaarawy e Kovacic. Il primo, stanco di guardare le partite dalla panchina (negli ultimi due
foto Federico De Luca
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Stephan El Shaarawy
anni, complici anche diversi infortuni, solo 28 presenze totali, con quattro gol), ha deciso di rimettersi in gioco al Monaco. Kovacic è stato definito, da Mancini, “…un sacrificio necessario”. Il Fair Play ha “consigliato” ai vertici nerazzurri di privarsi del talento del croato (incassando 35 milioni + cinque di bonus). All’Inter è andato a sprazzi (in due anni e mezzo, 97 presenze con otto reti complessive), dovesse far bene al Real Madrid, riporterebbe alla mente del popolo nerazzurro i casi Pirlo, Roberto Carlos e Seedorf. Tutti “sacrificati” per poi vederli sbocciare altrove. Ad onor del vero, nessuno di loro è stato lasciato andare gratuitamente. I club proprietari dei rispettivi cartellini hanno monetizzato e, da questo punto di vista, nulla da eccepire. Calcio 2OOO
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JUVE SENZA RE: Tante le partenze eccellenti in casa della Vecchia Signora
Soriano, andranno 13 milioni di euro, oltre al prestito oneroso di Zuniga. Viene interpellato l’agente del giocatore Montipò. Tutto fila liscio, fino al momento in cui si inizia a parlare dei diritti d’immagine. A Napoli, si sa, i diritti d’immagine sono una clausola importante (lo sa bene Astori, mancato partenopeo proprio a causa di complicazioni su tale aspetto contrattuale). Di colpo i documenti da firmare si fanno complicati. C’è da capire ogni singola appendice al contratto. La compilazione dei documenti da depositare in Lega entro le 23.00 diventa una corsa contro il tempo. Una corsa che, a sorpresa, non viene completata in tempo. La notizia del mancato passaggio di Soriano al Napoli diventa una realtà. “Soriano? Era un affare complicato, lui si allena a Coverciano e quindi non era presente. Non ho capito perché la chiusura alle 23, le giornate finiscono a mezzanotte. Cristo ha fatto le giornate di 24 ore e noi non abbiamo fatto in tempo entro le 23. Io ero qui per tutti, c'era l’accordo con De Laurentiis per telefono ma è saltato solo per la tempistica. Sono felice alla fine di aver trattenuto un grande calciatore”. Meno felici i tifosi del Napoli che già pregustavano un Soriano in più in rosa. Fatto assurdo? C’è chi ha fatto peggio… Ci riferiamo alla trattativa De Gea-Navas. Tutto fatto. De Gea va ai 12
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blancos, in cambio di Navas, richiesto da Van Gaal al Manchester United. Tutto fatto fino al momento di presentare la documentazione. Le tempistiche si fanno bibliche, l’accordo salta all’ultimo secondo. Marca titola: “Ridicolo”… DOVEVANO ESSERE LORO Tutto può accadere nel mercato. Numerosissime le operazioni concluse, altrettante quelle saltate. Ci sono, in particolare, dei nomi che, onestamente, in tanti erano certi di veder giocare nel nostro calcio. Partiamo dagli obiettivi del Milan. Nell’ordine, sono sfumati Jackson Martínez, Ibrahimovic e, nel finale, Witsel. Non male? Pure l’Inter ha perso diversi treni. Lavezzi, Yaya Tourè sono rimasti semplici sogni d’estate. Chi è rimasta a bocca asciutta è stata soprattutto la Juventus. Oscar, Gotze, Draxler e Isco. Erano i papabili per il ruolo di trequartista, alla fine è arrivato Hernanes. Si pensi anche a Mascherano. Sono diversi estati che si parla di un suo approdo in Serie A. Il Napoli ci ha provato nuovamente, pure la Lazio si è fatta avanti ma, come tanti illustri colleghi, ha preferito rimandare… Anche questo è il bello del calciomercato. Forse sarà per la prossima stagione. Sicuramente ne sentiremo parlare ancora…
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SPECIALE SERIE A / LE ROSE AGGIORNATE
ATALANTA
Bologna
Allenatore: Edoardo Reja
18 Acquafresca Robert 23 Brienza Franco 33 Brighi Matteo 9 Cacia Daniele 77 Ceccarelli Luca 69 Cozzari Mattia 90 Crimi Marco 6 Crisetig Lorenzo 1 Da Costa Junior Angelo 10 Destro Mattia 21 Diawara Amadou 30 Donsah Godfred 7 Falco Filippo 24 Ferrari Alex 28 Gastaldello Daniele Giaccherini Emanuele 4 Krafth Emil Henry Krivicic Marko 20 Maietta Domenico 11 Mancosu Matteo 25 Masina Adam 15 Mbaye Ibrahima 83 Mirante Antonio 3 Morleo Archimede Mounier Anthony 2 Oikonomou Marios 5 Pulgar Erick Antonio 22 Rizzo Luca 13 Rossettini Luca 97 Sarr Mouhamadou 44 Silvestro Vincenzo 32 Stojanovic Dejan Taider Saphir Sliti 14 Zuculini Franco Allenatore: Delio Rossi
Chievo
Empoli
28 Brivio Davide
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1988
30 Bassi Davide
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1985
33 Cherubin Nicolò
D
1986
17 Carmona Carlos Emilio Tello
C
1987
7
C
1991
19 Denis German Gustavo
A
1981
93 Dramé Boukary
D
1985
15 De Roon Marten
C
1991
4
Giorgi Luigi
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1987
6
Bellini Giampaolo
D
1980
10 Gomez Alejandro Dario
A
1988
27 Kurtic Jasmin
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1989
21 Cigarini Luca
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1986
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Migliaccio Giulio
C
1981
45 Monachello Gaetano
A
1994
11 Moralez Maximiliano
C
1987
5
D
1986
51 Pinilla Mauricio
A
1984
1
P
1996
77 Raimondi Cristian
D
1981
57 Sportiello Marco
P
1992
20 Estigarribia Marcelo Alejandro
C
1987
2
D
1981
88 Grassi Alberto
C
1995
24 Conti Andrea
D
1994
85 Canini Michele
D
1985
Paletta Gabriel
C
1986
Tolói Rafael
D
1990
D’Alessandro Marco
Masiello Andrea Radunovic Boris
Stendardo Guglielmo
Carpi A A C A C C C C P A C C C D D A D A D A D D P D C D D C C P C P C C
1987 1979 1981 1983 1983 1999 1990 1993 1983 1991 1997 1996 1992 1994 1983 1985 1994 1996 1982 1984 1994 1994 1983 1983 1987 1992 1994 1992 1985 1997 1998 1993 1992 1990
A
1986
19 Barba Federico
D
1993
1
Bizzarri Albano
P
1977
6
Bittante Luca
D
1993
32 Bressan Walter
P
1981
Büchel Marcel
C
1991
29 Cacciatore Fabrizio
D
1986
31 Camporese Michele
D
1992
19 Castro Lucas Nahuel
C
1989
D
1992
12 Cesar Bostjan
D
1982
15 Costa Andrea
D
1986
10 Christiansen Anders
C
1990
11 Croce Daniele
C
1982
4
D
1992
14 Dioussè Assane
C
1997
33 Krunic Rade
C
1993
2
Laurini Vincent
D
1989
Livaja Marko
A
1993
7
Maccarone Massimo
A
1979
13 Maiello Raffaele
C
1991
21 Mario Rui Silva Duarte
D
1991
55 Martinelli Luca
D
1988
9
Mchedlidze Levan
A
1990
Paredes Leandro Daniel
C
1994
23 Pelagotti Alberto
P
1989
22 Piu Alessandro
A
1996
20 Pucciarelli Manuel
A
1991
1
P
1976
3
Dainelli Dario
D
1979
21 Frey Nicholas
D
1984
5
D
1981
28 Gatto Massimiliano
C
1995
18 Gobbi Massimo
D
1980
56 Hetemaj Perparim
C
1986
45 Inglese Roberto
A
1991
13 Izco Mariano Julio
C
1983
40 M’Poku Paul José
A
1992
11 Mattiello Federico
C
1995
24 Mbaye Maodo Malick
C
1995
69 Meggiorini Riccardo
A
1985
43 Paloschi Alberto
A
1990
31 Pellissier Sergio
A
1979
Gamberini Alessandro
Dermaku Kastriot
Pugliesi Maurizio
7
Pepe Simone
1983
12 Ronaldo Pompeu Da Silva
C
1990
Pinzi Giampiero
C
1981
5
A
1991
8
Radovanovic Ivan
D
1988
28 Skorupski Lukasz
P
1991
4
Rigoni Nicola
C
1990
26 Tonelli Lorenzo
D
1990
20 Sardo Gennaro
C
1979
3
D
1985
90 Seculin Andrea
P
1990
17 Zielinski Piotr
C
1994
Allenatore: Rolando Maran
14
Calcio 2OOO
Saponara Riccardo
Zambelli Marco
Allenatore: Marco Giampaolo
P
1990
22 Benussi Francesco
Belec Vid
P
1981
8
Bianco Raffaele
C
1987
Borriello Marco
A
1982
1
Brkic Zeljko
P
1986
18 Bubnjic Igor
D
1984
Cofie Isaac
C
1991
D’Orazio Andrea
C
1997
11 Di Gaudio Antonio
C
1989
58 Fedele Matteo
C
1992
34 Gabriel Silva Moisés Antunes
D
1991
6
Gagliolo Riccardo
D
1990
Gino Federico
C
1993
Iñiguez Gaspar Emmanuel
C
1994
15 Lasagna Kevin
A
1992
10 Lazzari Andrea
C
1984
3
D
1990
Letizia Gaetano
20 Lollo Lorenzo
1990
Markovic Ivan
C
1994
39 Marrone Luca
C
1990
29 Martinho Rahpael Alves
C
1988
7
C
1993
99 Mbakogu Jerry
A
1992
19 Pasciuti Lorenzo
C
1989
32 Pasini Nicola
D
1991
21 Romagnoli Simone
D
1990
33 Spolli Nicolàs Federico
D
1985
2
Wallace Oliveira dos Santos
D
1994
9
Wilczek Kamil
C
1988
Zaccardo Cristian
D
1981
Matos Pinto Ryder
Allenatore: Fabrizio Castori
23 Birsa Valter
Cosic Uros
MATTIA DESTRO
RICCARDO SAPONARA
SPECIALE SERIE A / LE ROSE AGGIORNATE
FIORENTINA
Frosinone
GENOA
28 Alonso Marcos Mendoza
D
1990
69 Bertoncini Davide
A
1991
Ansaldi Cristian
D
1986
13 Astori Davide
D
1987
6
Blanchard Leonardo
C
1988
8
Burdisso Nicolas Andres
D
1981
30 Babacar Khouma
A
1993
5
Badelj Milan
C
1989
29 Carlini Massimiliano
C
1986
16 Capel Diego Trinidad
C
1988
Báez Jaime Stábile
A
1995
A
1993
90 Cissokho Issa
D
1985
Bagadur Ricardo
D
1995
22 Chibsah Yussif Raman
C
1993
4
D
1987
37 Bangu Luzayadio
C
1997
9
Ciofani Daniel
A
1985
11 Diogo Figueiras José Rosario
D
1991
10 Bernardeschi Federico
A
1994
13 Ciofani Matteo
D
1988
C
1986
C
1985
3
Crivello Roberto
D
1991
13 Gakpé Serge
C
1987
20 Borja Valero Iglesias
C
1985
3
De Col Filippo
D
1993
5
Izzo Armando
D
1992
98 Diakhate Abdou
C
1998
24 Diakité Modibo
D
1987
23 Lamanna Eugenio
P
1989
14 Fernández Matías
C
1986
18 Dionisi Federico
A
1987
93 Laxalt Diego Sebastian
C
1993
3
D
1993
72 Ilicic Josip
C
1988
7
Frara Alessandro
C
1982
22 Lazovic Darko
C
1990
9
A
1988
Gomis Lys
P
1989
15 Marchese Giovanni
D
1984
24 Lezzerini Luca
P
1995
5
Gori Mirko
C
1993
24 Muñoz Ezequiel
D
1990
21 Lupatelli Cristiano
P
1978
8
Gucher Robert
C
1991
18 Ntcham Olivier
C
1996
P
1993
21 Pandev Goran
A
1983
Blaszczykowski Jakub “Kuba”
Gilberto Moraes Junior Kalinic Nikola
Castillo Nicolás Ignacio
De Maio Sebastian Dzemaili Blerim
43 Minelli Simone
C
1997
33 Leali Nicola
23 Pasqual Manuel
D
1982
12 Longo Samuele
A
1992
37 Panico Giuseppe Antonio
A
1997
11 Rebic Ante
A
1993
17 Paganini Luca
C
1993
19 Pavoletti Leonardo
A
1988
2
D
1984
20 Pavlovic Daniel
D
1988
1
P
1992
32 Roncaglia Facundo Sebastián
D
1987
28 Rosi Aleandro
C
1987
10 Perotti Diego
C
1988
22 Rossi Giuseppe
A
1987
33 Sepe Luigi
P
1991
4
D
1987
88 Rincón Tomás
C
1988
18 Suárez Mario Mata
C
1987
21 Sammarco Paolo
C
1983
39 Sommariva Daniele
P
1997
12 Tatarusanu Ciprian
P
1986
10 Soddimo Danilo
C
1987
77 Tachtsidis Panagiotis
C
1991
40 Tomovic Nenad
D
1987
C
1990
2
D
1992
1991
11 Verde Daniele
A
1996
20 Tino Costa Alberto Facundo
C
1985
1983
1
P
1981
27 Ujkani Samir
P
1988
8
Rodríguez Gonzalo
Vecino Matías Verdù Joan Fenández
C C
Russo Adriano
Tonev Aleksandar Zappino Massimo
Allenatore: Roberto Stellone
Allenatore: Manuel Carvalho Paulo Sousa
INTER
JUVENTUS P
1983
13 Alex Sandro Lobo Silva
D
1991
11 Biabiany Jonathan Ludovic
C
1988
22 Asamoah Kwadwo
C
1988
77 Brozovic Marcelo
C
1992
15 Barzagli Andrea
D
1981
30 Carrizo Juan
P
1984
19 Bonucci Leonardo
D
1987
33 D’Ambrosio Danilo
C
1988
1
Buffon Gianluigi
P
1978
93 Dimarco Federico
D
1997
4
Cáceres Martin
D
1987
22 Dodô José Rodolfo
D
1992
Felipe Melo de Carvalho
C
1983
3
Chiellini Giorgio
D
1984
27 Gnoukouri Assane Demoya
C
1996
16 Cuadrado Juan Guillermo Bello
C
1988
13 Guarín Freddy
C
1986
21 Dybala Paulo
A
1993
1
Handanovic Samir
P
1984
33 Evrà Patrice
D
1981
9
Icardi Mauro Emanuel
A
1993
Hernanes Anderson de Carvalho C
1985
10 Jovetic Stevan
A
1989
6
Khedira Sami
C
1987
5
Juan Jesus Nunes Guilherme
D
1991
Lemina Mario
C
1993
7
Kondogbia Geoffrey
C
1993
D
1984
Ljajic Adem
C
1991
17 Mandzukic Mario
A
1986
97 Manaj Rey
A
1997
8
Marchisio Claudio
C
1986
17 Medel Gary Alexis
C
1987
9
Morata Álvaro Borja
A
1992
25 Miranda João
D
1984
25 Neto Norberto Murara
P
1989
14 Montoya Martín
D
1991
20 Padoin Simone
C
1984
24 Murillo Jeison Fabián
D
1992
42 Parodi Giulio
D
1997
55 Nagatomo Yuto
D
1986
37 Pereyra Roberto Maximiliano
C
1991
8
Palacio Rodrigo
A
1982
10 Pogba Paul
C
1993
Perisic Ivan
A
1989
34 Rubinho Fernando Moedim
P
1980
C
1997
24 Rugani Daniele
D
1994
C
1993
26 Lichtsteiner Stephan
23 Ranocchia Andrea
D
1988
27 Sturaro Stefano
21 Santon Davide
D
1991
45 Vadalà Guido
A
1997
D
1992
40 Vitale Mattia
C
1997
D
1981
7
A
1991
Telles Alex Nicolao
15 Vidic Nemanja Allenatore: Roberto Mancini
També Alassane
Allenatore: Gian Piero Gasperini
46 Berni Tommaso
56 Popa Razvan Stefan
Perin Mattia
Zaza Simone
Allenatore: Massimiliano Allegri
Adem Ljajić
Sami Khedira Calcio 2OOO
15
SPECIALE SERIE A / LE ROSE AGGIORNATE
LAZIO 8
MILAN
napoli
Basta Dusan
D
1984
20 Abate Ignazio
C
1986
33 Albiol Raúl
C
1985
99 Berisha Etrit
P
1989
32 Abbiati Christian
P
1977
5
Allan Marques Loureiro
C
1991
20 Biglia Lucas Rodrigo
C
1986
33 Alex Rodrigo
D
1982
7
Callejón José María
A
1987
5
D
1983
31 Antonelli Luca
D
1987
Chalobah Nathaniel
C
1994
87 Candreva Antonio
C
1987
70 Bacca Carlos
A
1986
21 Chiriches Vlad
D
1989
32 Cataldi Danilo
C
1994
45 Balotelli Barwuah Mario
A
1990
19 David López Silva
C
1989
3
De Vrij Stefan
D
1992
9
Djordjevic Filip
A
1987
91 Bertolacci Andrea
C
1991
6
C
1987
10 Felipe Anderson Pereira
C
1993
28 Bonaventura Giacomo
C
1989
20 Dezi Jacopo
C
1992
6
D
1985
96 Calabria Davide
D
1996
77 El Kaddouri Omar
C
1990
55 Guerrieri Guido
P
1996
11 Cerci Alessio
1987
Fideleff Ignacio
D
1989
2
D
1994
34 De Jong Nigel
C
1984
23 Gabbiadini Manolo
A
1991
14 Keita Balde Diao
A
1995
2
De Sciglio Mattia
D
1992
22 Gabriel Vasconcelos Ferreira
P
1992
88 Kishna Ricardo
A
1995
1
Diego López Rodríguez
P
1981
31 Ghoulam Faouzi
D
1991
11 Klose Miroslav
A
1978
99 Donnarumma Gianluigi
P
1999
17 Hamsik Marek
C
1987
29 Konko Abdoulay
D
1984
15 Ely Rodrigo
D
1993
4
Henrique Adriano
D
1986
19 Lulic Senad
C
1986
10 Honda Keisuke
A
1986
9
Higuaín Gonzalo
A
1987
22 Marchetti Federico
P
1983
27 Kucka Juraj
C
1987
2
Hysaj Elseid
D
1994
A
1984
9
Luiz Adriano de Souza
C
1987
24 Insigne Lorenzo
A
1991
33 Mauricio Nascimento dos Santos D
1988
4
Mauri José
C
1996
8
C
1991
21 Milinkovic-Savic Sergej
C
1995
7
Menez Jérémy
A
1987
26 Koulibaly Kalidou
D
1991
7
5
Mexès Philippe
D
1982
96 Luperto Sebastiano
D
1996
Braafheid Edson
Gentiletti Santiago Juan Hoedt Wesley
Matri Alessandro
De Guzman Jonathan
Jorginho Jorge Luiz Frello
Morrison Ravel
C
1993
96 Murgia Alessandro
C
1996
18 Montolivo Riccardo
C
1985
11 Maggio Christian
D
1982
23 Onazi Ogenyi
C
1992
78 Niang M’Baye
A
1994
14 Mertens Dries
A
1987
16 Parolo Marco
C
1985
23 Nocerino Antonio
C
1985
1
P
1990
C
1989
25 Reina Jose Manuel
P
1982
Rafael Cabral Barbosa
D
1993
16 Poli Andrea
44 Prce Franjo
D
1996
13 Romagnoli Alessio
D
1995
3
Strinic Ivan
D
1987
26 Radu Stefan
D
1986
8
C
1993
16 Valdifiori Mirko
C
1986
17 Seck Moustapha
D
1996
17 Zapata Cristian Eduardo
D
1986
18 Zuñiga Juan Camilo Mosquera
D
1985
4
Patric Gabarrón Gil
Allenatore: Stefano Pioli
Suso Jesús Fernández
Allenatore: Sinisa Mihajlovic
palermo
Allenatore: Maurizio Sarri
roma
53 Alastra Fabrizio
P
1997
5
Castan Leandro da Silva
D
1986
4
Andelkovic Sinisa
D
1986
3
Cole Ashley
D
1980
5
Bolzoni Francesco
C
1989
16 De Rossi Daniele
C
1983
16 Brugman Gaston Duarte
A
1992
26 De Sanctis Morgan
P
1977
9
A
1996
3
Digne Lucas
D
1993
18 Chochev Ivaylo
C
1993
9
Dzeko Edin
A
1986
91 Colombi Simone
P
1991
33 Emerson Palmieri dos Santos
D
1994
33 Daprelà Fabio
D
1991
24 Florenzi Alessandro
C
1991
99 Djurdjevic Uros
A
1994
27 Gervinho Yao Kouassi
A
1987
34 El Kaoutari Abdelhamid
D
1990
23 Gyömber Norbert
D
1992
11 Gilardino Alberto
A
1982
14 Iago Falqué Silva
C
1990
6
D
1993
7
C
1993
12 González Giancarlo Castro
D
1988
20 Keita Seydou
C
1980
10 Hiljemark Oscar
C
1992
1
P
1978
28 Jajalo Mato
C
1988
13 Maicon Douglas
D
1981
54 La Gumina Antonio
A
1996
44 Manolas Kostas
D
1991
7
Lazaar Achraf
D
1992
Méndez Kevin
A
1996
25 Maresca Enzo
C
1980
4
Nainggolan Radja
C
1988
97 Pezzella Giuseppe
D
1997
15 Pjanic Miralem
C
1990
31 Pirrello Roberto
D
1996
Ponce Ezequil
A
1997
21 Quaison Robin
C
1993
2
Rüdiger Antonio
D
1993
27 Rigoni Luca
C
1984
11 Salah Mohamed
C
1992
3
Rispoli Andrea
D
1988
6
C
1990
70 Sorrentino Stefano
P
1979
25 Szczesny Wojciech
P
1990
23 Struna Aljax
D
1994
35 Torosidis Vassilis
D
1985
8
A
1992
10 Totti Francesco
A
1976
20 Vazquez Franco Damian
C
1989
48 Uçan Salih
C
1994
2
D
1983
C
1988
Cassini Matheus Henrique
Goldaniga Edoardo
Trajkovski Aleksandar Vitiello Roberto
Allenatore: Giuseppe Iachini
16
Calcio 2OOO
Iturbe Juan Manuel Lobont Bogdan
Strootman Kevin
Vainqueur William
Allenatore: Rudi Garcia
ANDREA BERTOLACCI
Szczesny Wojciech
SPECIALE SERIE A / LE ROSE AGGIORNATE
sampdoria 8 Barreto Edgar 11 Bonazzoli Federico 57 Brignoli Alberto 77 Carbonero Carlos Mario 5 Cassani Mattia 99 Cassano Antonio Christodoulopoulos Lazaros 6 Coda Andrea 10 Correa Carlos Joaquín 29 De Silvestri Lorenzo 23 Eder Martins Citadin 7 Fernando Lucas Martins 95 Ivan Dávid 20 Krsticic Nenad 32 Marchionni Marco 96 Massolo Samuele 3 Mesbah Djamel 4 Moisander Niklas 24 Muriel Luis Fernando 80 Oneto Edoardo 17 Palombo Angelo 13 Pereira Pedro Miguel 1 Puggioni Christian 19 Regini Vasco Rocca Michele Rodriguez Alejandro de Miguel 26 Silvestre Matías Agustín 21 Soriano Roberto 34 Torreira Lucas 2 Viviano Emiliano 87 Zukanovic Ervin Allenatore: Walter Zenga
sassuolo C A P C D A C D C D A C C C C P D D A A C D P D C A D C C P D
1984 1997 1991 1990 1983 1982 1986 1985 1994 1988 1986 1992 1995 1990 1980 1996 1984 1985 1991 1996 1981 1998 1981 1990 1996 1991 1984 1991 1996 1985 1987
torino
15 Acerbi Francesco
D
1988
6
C
1992
98 Adjapong Claud
D
1998
5
D
1992
22 Amauri Carvalho De Oliveira
A
1980
D
1989
26 Avelar Danilo Fernando
C
1989
25 Berardi Domenico
A
1994
16 Baselli Daniele
C
1992
8
C
1983
9
A
1993
37 Broh Jérémie
C
1997
15 Benassi Marco
C
1994
28 Cannavaro Paolo
D
1981
5
Bovo Cesare
D
1983
47 Consigli Andrea
P
1987
2
Bruno Peres Da Silva
D
1990
22 Costa Bryan
P
1998
92 Defrel Gregoire
A
1991
13 Castellazzi Luca
P
1975
32 Duncan Joseph Alfred
C
1993
8
C
1984
9
Falcinelli Diego
A
1991
21 Gastón Silva Alexis Perdomo
D
1994
99 Floccari Sergio
A
1981
14 Gazzi Alessandro
C
1983
83 Floro Flores Antonio
A
1983
25 Glik Kamil
D
1988
21 Fontanesi Leonardo
D
1996
28 Ichazo Salvador Fernández
P
1992
23 Gazzola Marcello
C
1985
10 Laribi Karim
C
1991
18 Jansson Pontus
D
1991
3
Longhi Alessandro
D
1989
19 Maksimovic Nikola
D
1991
4
Magnanelli Francesco
C
1984
17 Martínez Josef
A
1993
C
1997
11 Maxi López Gaston
A
1984
D
1983
Antei Luca
20 Ariaudo Lorenzo Biondini Davide
29 Mandelli Andrea
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1993
74 Aguirre Rodrigo Sebastián
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1994
7
Badu Emmanuel Agyemang
C
1990
8
Bruno Fernandes Miguel
C
1994
5
Danilo Larangeira
D
1984
10 Di Natale Antonio
A
1977
11 Domizzi Maurizio
D
1980
21 Edenilson Andrade dos Santos
D
1989
Felipe Dal Belo Da Silva
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1984
19 Guilherme Dos Santos Torres
C
1991
75 Heurtaux Thomas
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1988
16 Iturra Manuel Rolando
C
1984
Missiroli Simone
C
1986
79 Pegolo Gianluca
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1981
24 Moretti Emiliano
D
1981
6
C
1996
4
Obi Joel Chukwuma
C
1991
13 Peluso Federico
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1984
16 Politano Matteo
A
1993
1
Padelli Daniele
P
1985
1
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1981
Prcic Sanjin
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1993
17 Sansone Nicola
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1991
27 Quagliarella Fabio
A
1983
26 Terranova Emanuele
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1987
20 Vives Giuseppe
C
1980
1992
7
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1992
7
Pellegrini Lorenzo
Pomini Alberto
11 Vrsaljko Sime
C
6
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1991
22 Bianchetti Matteo
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1993
37 Coppola Ferdinando
P
1978
95 Gollini Pierluigi
P
1995
21 Gomez Juan Ignacio Taleb
A
1985
19 Greco Leandro
C
1986
10 Hallfredsson Emil
C
1984
5
Albertazzi Michelangelo
Helander Filip
23 Ionita Artur
D
1993
C
1990
7
Jankovic Bosko
A
1984
Marquez Rafael
D
1979
D
1981
31 Karnezis Orestis
P
1985
33 Kone Panagiotis
C
1987
18 Moras Vangelis
95 Lucas Evangelista Santana
C
1995
11 Pazzini Giampaolo
A
1984
23 Marquinho Marco Antonio
C
1986
97 Meret Alex
P
1997
3
Pisano Eros
D
1987
52 Merkel Alexander
C
1992
1
Rafael De Andrade
P
1982
26 Pasquale Giovanni
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1982
2
Romulo Souza Orestes
D
1987
18 Perica Stipe
A
1995
26 Sala Jacopo
C
1991
89 Piris Iván Rodrigo
D
1989
16 Siligardi Luca
A
1988
90 Romo Rafael Enrique Pérez
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1990
69 Souprayen Samuel
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1989
77 Théréau Cyril
A
1983
2
D
1991
27 Widmer Silvan
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1993
24 Zapata Alexis Alvarez
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1995
9
A
1991
Allenatore: Stefano Colantuono
Molinaro Cristian
Zappacosta Davide
Allenatore: Gian Piero Ventura
4
Zapata Duván Esteban
Farnerud Alexander
verona
53 Adnan Ali Kadhim
Wagué Molla
Belotti Andrea
3
Allenatore: Eusebio Di Francesco
udinese
Acquah Afriyie
9
Toni Luca
A
1977
C
1992
41 Winck Cláudio
D
1994
C
1992
24 Viviani Federico
Wszolek Pawel
Allenatore: Andrea Mandorlini
Antonio Cassano
DANIELE BASELLI Calcio 2OOO
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intervista / Norberto Murara Neto FELICITÃ BIANCONERA
Neto, arrivando alla Juve, ha coronato il suo sogno
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Calcio 2OOO
intervistA Norberto Murara Neto
BRASILIANO IN NETO
SUCCESSO Voleva un grande club, ha convinto la Juventus ma siamo solo all’inizio… di Fabrizio PONCIROLI foto Massimo RANA
Calcio 2OOO
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intervista / Norberto Murara Neto
S
orridente… Neto ci si staglia di fronte con un sorriso rassicurante e che la dice lunga sulla sua felicità nell’aver conquistato un armadietto allo Juventus Stadium. Di lui si è parlato tanto, forse troppo. In tanti hanno dimenticato che stiamo parlando di un ragazzo che, dal giorno del suo approdo in Italia, a soli 21 anni, ha dato tutto per migliorarsi, giorno dopo giorno, fino a coronare il suo grande sogno: giocare in un grande club. Se la Juventus ti sceglie, significa che sei speciale… Dopo i classici convenevoli, andiamo alla scoperta, con tanta curiosità, di Norberto Murara Neto, per tutti semplicemente Neto… Allora Neto, subito una curiosità… Sei nato in Brasile dove tutti sognano di diventare attaccante ma tu hai scelto di fare il portiere. Come mai? “Mio papà faceva il portiere e io, da piccolissimo, lo guardavo con grande ammirazione. Da lì è arrivata la mia passione per il ruolo di portiere”. Mai sperimentato un altro ruolo, neanche da giovanissimo? LA NUOVA MAGLIA Insieme al Direttore Ponciroli, firma la casacca bianconera
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Calcio 2OOO
“”
Ho sempre voluto stare in porta. Anche nelle partitelle con gli amici, io mi mettevo tra i pali “No, ho sempre voluto stare in porta. Anche nelle partitelle con gli amici, io mi mettevo tra i pali”. Chi è stato il tuo idolo, come portiere, da giovane? “Se devo essere sincero, ad onor del vero, il mio idolo è sempre stato mio padre. Chiedevo a lui ogni consiglio ed è sempre grazie a lui che ho intrapreso questa carriera”. Quando hai capito che avresti fatto il calciatore professionista? “Questa è una bella domanda… Non mi ricordo il momento preciso. So solo che me lo sentivo dentro, sapevo che dovevo intraprendere questa strada e che dovevo fare il calciatore. Non ho mai voluto
fare altro, anzi non ho mai pensato ad un altro mestiere. Me lo sentivo dentro…”. C’è chi dice che la tua esplosione ai tempi dell’Atletico Paranaense sia dovuta alla cessione dell’allora numero uno Galatto… “Io penso che il trasferimento di un giocatore come un infortunio facciano parte del nostro mondo. Sono cose che succedono. Io ho lavorato duramente per diventare il titolare. Forse la sua cessione ha solo accelerato il mio arrivo al ruolo di titolare, tutto qua”. Immagino che tuo padre si sia esaltato non poco quando ti ha visto titolare nel campionato brasiliano… “Per lui è stato un momento di grandissima soddisfazione. Vedermi in uno stadio pieno di gente è stato fantastico. Sono convinto che sia stato felicissimo del fatto che io sia riuscito a fare qualcosa in più rispetto a lui”. E tua madre? “No, lei si agita troppo alle partite (ride ndr)”. Invece tu… “No, no, quando so che ci sono i miei familiari in tribuna mi emoziono sempre
intervista / Norberto Murara Neto CI PENSO IO
Neto è pronto a difendere la porta, qualsiasi essa sia
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intervista / Norberto Murara Neto
PRONTO A SCATTARE Determinato a farsi trovare pronto anche alla Juventus
tanto. Ci vediamo poco e quando sono in tribuna a vedermi, è chiaro che sono felicissimo”. Il consiglio più importante che ti ha dato tuo padre… “Di tenere sempre i piedi per terra e lavorare duramente. Me lo ripeteva sempre da bambino”. Senti te ne sei andato dal Brasile a soli 21 anni… Come hai affrontato il trasferimento a Firenze? “Sono andato via da casa mia a soli 13 anni. Mi sono trasferito a circa 1500 km di distanza dai miei genitori. Mi ricordo che piangevo tutti i giorni. Chiamavo 20/25 volte al giorno a casa dei miei e allora costava chiamare con il telefono (ride ndr). Ho sofferto tanto. Lo so io e lo sanno i miei genitori quello che abbiamo passato. Tuttavia, questa esperienza, mi è servita quando sono arrivato in Italia. Sono sbarcato in un Paese completamente diverso dal Brasile. Io venivo da una splendida stagione dove ero stato protagonista assoluto e pensavo di esserlo anche a Firenze ma non è stato così. Ho capito in fretta che era tutto diverso ma poi ho cominciato ad ambientarmi. Ho lavorato tanto e ho iniziato a compren22
Calcio 2OOO
“”
Ora sono in un club che ha la stessa voglia di vincere che ho sempre avuto nel cuore dere come funzionava in Italia e, alla fine, tutto è diventato bellissimo. Devo ringraziare i miei genitori. Non so se, al loro posto, avrei lasciato partire un figlio a soli 13 anni…”. Imporsi in Italia, da portiere, non è tanto semplice. Sai, noi siamo un Paese con una grande tradizione di numeri uno… “Ma sai, ognuno ha il suo pensiero e la sua idea. Io non sono mai stato uno che ascolta tanto quello che dice la gente. Ho sempre preferito parlare con i fatti, in campo”. Chi ti ha aiutato maggiormente a Firenze nel periodo dell’ambientamento?
“Non posso fare un solo nome, sarebbe sbagliato. Devo dire che ho avuto la fortuna di trovare, sia all’interno della squadra che fuori dal calcio, tante persone che mi hanno aiutato tantissimo”. Intanto, un tuo ex compagno, te lo ritrovi qui alla Juventus… Intendo Cuadrado… “Ci stavo pensando l’altro giorno… Da quando sono arrivato in Italia, ho sempre avuto compagni nuovi, da conoscere da zero. Ora, alla Juventus, mi ritrovo con Cuadrado e pure con Alex Sandro che conosco da quando aveva 15 anni, visto che era mio compagno di stanza. Con Cuadrado siamo stati insieme tre anni alla Fiorentina… Questo è il bello del calcio, quando puoi ritrovare vecchi amici e iniziare una nuova avventura insieme”. Mi racconti la tua prima volta nello spogliatoio della Juventus? “Una grandissima emozione, una soddisfazione enorme. Io, da quando sono arrivato in Italia, ho sempre sognato di poter giocare in una grandissima squadra. Arrivando alla Juventus, credo di aver coronato il mio sogno. Da giovanissimo volevo entrare a far parte di una squadra così e ora devo meritarmi il posto”…
intervista / Norberto Murara Neto
Poi con uno come Buffon davanti… “Di Buffon c’è poco da dire, parliamo di un assoluto numero uno. Sicuramente averlo al fianco durante gli allenamenti aiuta moltissimo. Grazie a lui, certamente posso crescere e migliorare più in fretta. Guardarlo sul come si prepara prima di una gara, le piccole cose che fa per mantenersi a certi livelli, tutti questi sono grandi insegnamenti che mi torneranno utili”. Che obiettivi hai per questa prima stagione bianconera? “Sarò contento se riusciremo, come squa-
“”
Adoro giocare a tennis. Mi piace tantissimo anche guardarlo. Il preferito? Federer dra, a vincere in tutte le competizioni alle quali partecipiamo. Personalmente non so, penso solo ad aiutare la Juventus”. Visto il mercato decisamente interessante, le avversarie sono diventate più forti… Chi è la più accreditata avversaria per lo Scudetto? “Devo ammetterlo… Cerco di non interessarmi troppo al calciomercato. Cerco di non pensarci troppo. La stagione è lunga, non voglio arrivare esaurito da calcio già a febbraio (ride ndr). Sicuramente gente come Jovetic, Salah, Bacca e tanti altri sono giocatori importanti che hanno alzato il livello medio del calcio italiano”.
IL RAGAZZO DI ARAXà
A soli 26 anni, Neto è già uno dei portieri più quotati d’Europa…
N
Parliamo un po’ di questa Italia. Da Firenze a Torino… Come ti trovi in questa nuova città? “Bene, mi sto ambientato. Mi sembra tranquilla, proprio come Firenze. Anche qui posso uscire di casa senza problemi. Mi dicono che è più grigia e fredda ma a me non importa. Io sono qui per lavorare”.
orberto Murara Neto, conosciuto da tutti come Neto, è nato ad Araxà, in Brasile, il 19 luglio 1989 (19 luglio, stesso giorno di nascita del maniacale regista cinematografico Abel Ferrara). Di origine italiane, ha subito mostrato una propensione notevole per il ruolo di portiere (grazie agli insegnamenti del padre, anch’egli portiere). Nel 2009 esordisce nel massimo campionato brasiliano, con la casacca dell’Atletico Paranaense. Complice la presenza di Galatto, fatica a trovare spazio con la casacca del Furacao, almeno fino alla stagione 2010/11. Il club cede Galatto al Malaga e Neto si ritrova titolare assoluto. La sua prima vera stagione da protagonista allo stadio Arena da Baixada, casa dell’Atletico Paranaense, è da applausi. Tanti club europei si interessano alle sue doti. La spunta la Fiorentina che, nel gennaio del 2011, lo porta in Italia sborsando tre milioni di euro. Per esordire con la Viola deve attendere circa un anno. Scende in campo, il 24 novembre 2011, in Coppa Italia, contro l’Empoli. Nelle prime due stagioni e mezza in maglia gigliata si deve accontentare di 14 presenze totali, di cui otto in campionato. La svolta arriva nella stagione 2013/14, quando è il numero uno della Fiorentina. Dopo un
Oltre che giocare a calcio, cos’altro ti piace fare? “Adoro giocare a tennis. Mi piace tantissimo anche guardarlo”. Federer o Djokovic? “Federer tutta la vita. Non l’ho ancora visto dal vivo, speriamo di andare a Montecarlo il prossimo anno… Mi piace anche molto il basket NBA”. Cinema come siamo messi? “Non vado molto al cinema ma a casa faccio scorpacciate di film. Acquisto dvd e mi affido anche all’on demand… Ho visto da poco ‘La vita è bella’, un film bellissimo che mi ha emozionato tantissimo. Mi piacciono film d’azione e che raccontano la
inizio complicato, diventa una certezza tra i pali, conquistando anche il record di imbattibilità della storia della Viola (676 minuti).Nella stagione successiva è ancora il titolare ma, dopo aver informato la società gigliata di non voler rinnovare il contratto in scadenza, viene messo ai margini, per poi ritornare protagonista nel finale di campionato, complice l’infortunio a Tatarusanu. A luglio 2015 viene ufficializzato il suo passaggio alla Juventus (era stato accostato anche a Inter ed Arsenal). Con i bianconeri conquista immediatamente la Supercoppa Italiana, nell’attesa di dimostrare il suo valore anche in quel di Torino… In Brasile, già oggi, è considerato uno dei migliori portieri in circolazione, come conferma la sua presenza ormai fissa nel giro della Selecao…
LA CARRIERA DI NETO STAGIONE
CLUB
CAMPIONATO
PRESENZE
GOL SUBITI
2010
Atlético Paranaense
BRASILERAO
40
41
gen.-giu. 2011
Fiorentina
SERIE A
0
0
2011-2012
Fiorentina
SERIE A
4
6
2012-2013
Fiorentina
SERIE A
10
10
2013-2014
Fiorentina
SERIE A
49
51
2014-2015
Fiorentina
SERIE A
38
46
2015-2016
Juventus
SERIE A
0
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* Dati aggiornati al 27/08/2015
Hai già respirato la mentalità bianconera? Quella del vincere a tutti i costi? “Personalmente sono sempre stato uno che vive per vincere. Ho sempre avuto dentro di me la voglia di vincere, tanto che mi arrabbio moltissimo quando perdo a qualsiasi gioco. Anche quando perdo alla Play, con mio fratello, mi innervosisco parecchio, tanto che potrei anche far danni…(ride ndr). Ora sono in un club che ha la stessa voglia di vincere che ho anche io…”.
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intervista / Norberto Murara Neto CON CALCIO2000 Neto mostra la nostra/vostra rivista con grande entusiasmo...
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Calcio 2OOO
intervista / Norberto Murara Neto
“LA JUVE è IL MASSIMO”
senze le ha portate a casa, o mi sbaglio?”. Bodini crede molto nelle qualità di Neto: “E’ stato bravo ad imparare in fretta dai suoi errori. A Firenze, soprattutto agli inizi, ha faticato ma, non appena ha trovato la fiducia nei propri mezzi, è diventato un vero portiere. E’ un portiere moderno, di quelli che sanno quello che devono fare in campo e sono convinto che alla Juventus farà benissimo”.
Bodini, ex portiere della Juventus, appoggia la scelta del brasiliano…
P
guerra, in particolare la Seconda Guerra Mondiale. Li trovo interessantissimi”. Musica? Solo brasiliana? “Adoro tutti i tipi di musica ma, sul mio smartphone, il 95% della mia musica è brasiliana. La ascolto per caricarmi prima delle partite”. Altre scaramanzie prima del match? “No, solo la musica… Non faccio altro, non ho calzini fortunati o altro”. Che mi dici dello Juventus Stadium? “In Brasile giocavo nello stadio più bello del Paese (l’Arena da Baixada ndr), ora mi ricapita con lo Juventus Stadium. Bellissimo vedere tutta quella gente vicina a te. Quando diventa una bolgia è impressionante. Già da avversario, ricordo che era complicato giocare allo Juventus Stadium. Il tifo si sente e anche parecchio”. Ma alla Play, quando giochi contro tuo fratello, prendi Messi o Cristiano Ronaldo? “Cristiano Ronaldo. Mi piacciono quelli che tirano forte da fuori area. Con Messi dovrei arrivare vicino alla porta per segnare e non è semplice (ride, ndr)”. Ultime cose… Come sta il calcio ita-
“”
avere al fianco Buffon durante gli allenamenti aiuta Moltissimo. Imparerò in Fretta liano? E’ cambiato da quando sei arrivato? “Ritengo che abbia avuto un momento complicato come può accadere a chiunque ma mi pare che ora si stia riprendendo. La conferma è l’arrivo di tanti grandi giocatori. Con i campioni, torna anche la gente ed è importante avere gli stadi pieni”. E la Nazionale? Dunga l’hai sentito? “Dopo la Copa America non l’ho più sentito… Io farò del mio meglio per avere un ruolo importante nella nazionale brasiliana. Vedremo…. Io non sono il tipo che si fissa su un obiettivo e pensa solo a quello. Credo che le cose arrivino naturalmente, l’importante è farsi trovare pronti e lavorare sempre al massimo per migliorare”.
foto Image Sport
oteva andare all’Inter o all’Arsenal, ha scelto la Juventus, nonostante la concorrenza di Gigi Buffon. Una scelta che in tanti non hanno condiviso. Bodini, ex portiere della Juventus (dal 1979 al 1989) non condanna la decisione del brasiliano, anzi è del tutto favorevole: “Ragazzi, stiamo parlando della Juventus, del club migliore in Italia. Neto ha fatto la scelta giusta. Buffon non è più giovanissimo mentre il brasiliano ha ancora tantissimi anni davanti a sé. Guardando Buffon, avrà la possibilità di migliorare tantissimo e abituarsi allo stile Juventus con calma, senza grandi pressioni da parte dell’ambiente”. Eppure, in qualsiasi altro club, sarebbe stato titolare: “Vero ma la Juve è la Juve. E poi credo che riuscirà comunque a ritagliarsi il suo spazio. I bianconeri sono impegnati su tanti fronti, hanno tante partite da giocare, molte delle quali ravvicinate. Pensiamo a Storari, mi pare che, alla fine, le sue pre-
Ultima curiosità: come mai la maglia numero 25? “Ho preso il 25 sia perché gli altri numeri liberi non mi piacevano, sia perché sono arrivato alla Juventus quando avevo 25 anni. Il motivo è tutto qua”. Chiaro e sincero, sempre con quello splendido sorriso che lo rende ancora più affabile. Davanti ha un totem come Buffon ma, con questa abnegazione, non abbiamo dubbi nel dire che, tra qualche tempo, la porta bianconera sarà di sua proprietà. Il talento non si discute, ora che abbiamo toccato con mano la notevole personalità, tutto torna. Neto si è impegnato tantissimo per arrivare sino alla Juventus e, forse, come ci ha confidato, era destino che accadesse. Ora, però, sta a lui continuare a rendere il sogno ancor più luccicante…
Intervista di Fabrizio Ponciroli Calcio 2OOO
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INTERVISTA FEDERICO MATTIELLO
VOGLIA DI RISCATTO
Dopo un lungo stop per infortunio, Mattiello non vede l’ora di tornare protagonista e ricominciare a correre verso i propri sogni. di Cristina GUERRI foto Aleksandr Dal Cero
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INTERVISTA / FEDERICO MATTIELLO
PRONTO A GIOCARE
Mattiello non vede l'ora di tornare protagonista
Calcio 2OOO
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INTERVISTA / FEDERICO MATTIELLO
T
ornerà. Più forte e maturo di prima. Il peggio è passato per Federico Mattiello. L'infortunio shock (frattura tibia e perone) dello scorso 8 marzo, quell'entrata dura e involontaria di Nainggolan che è costata quasi sette mesi di stop è solo un lontano ricordo per il giovane esterno del Chievo Verona nato e cresciuto a Barga, un piccolo comune in provincia di Lucca. Il pallone non è più un miraggio, la lunga strada del ritorno vede finalmente la sua fine. Adesso sei uno dei calciatori più promettenti sul panorama italiano. Da ragazzino, però, ti vedevi in altre vesti. Quelle del tennista… "Il mio primo sport è stato il tennis. Ci ho giocato fino a 13 anni. Mi piace ancora oggi questo sport, seguivo Federer e lo seguo tutt'ora". Da dove nasce la passione per gli sport? IL PEGGIO E' PASSATO Sorridente e felice, Mattiello è ripartito alla grande
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Calcio 2OOO
"Forse dal fatto che i miei genitori possedevano un negozio di abbigliamento sportivo. L'attrezzatura non mi mancava di certo". Una volta abbandonato il tennis hai vestito la tua prima maglia di una squadra di calcio. "Per un periodo ho praticato tennis e calcio contemporaneamente. La mia prima squadra è stata il Valdottavo, la squadra del paese. Ho iniziato insieme ai miei amici". Terzino nato? "Assolutamente no. Giocavo a centrocampo, qualche volta centrocampista centrale, qualche volta mezzala". Dopo il Valdottavo? "Dopo quattro anni lì sono stato selezionato dalla Lucchese e lì ci sono rimasto per altri quattro anni, fino a quando non è arrivata la telefonata della Juventus". Raccontacela. "La Juve voleva farmi un provino.
Feci prima un torneo con i giovanissimi regionali a Bellaria. Andò tutto bene e feci poi altri tre giorni a Vinovo. Nel giro di poco tempo arrivò la conferma definitiva e cominciai ad allenarmi con i giovanissimi Nazionali. A quei tempi c'era Ciro Ferrara a capo del settore giovanile". Da Lucca a Torino il passo è stato breve. Difficile lasciare casa quando si è poco più che un bambino? "L'offerta che si era presentata era irrinunciabile. Devo dire che non è stato particolarmente pesante lasciare la famiglia. Vivevo in un convitto, un hotel appena fuori Torino insieme ai miei coetanei che provenivano da fuori dal Piemonte. Poi i miei genitori venivano spesso a farmi visita. L'ho vissuta bene". Sei cresciuto con la maglia della Juventus sulle spalle. Sembra scontata la tua fede bianconera… "Da piccolo non tifavo per nessuna squadra, sinceramente. Tifavo per i giocatori. Mi faceva impazzire Ger-
INTERVISTA / FEDERICO MATTIELLO
IL PENSIERO DI MARAN Di Fabrizio Ponciroli
Lui l’ha voluto al Chievo: “Ha caratteristiche importanti”
È
Rolando Maran l'artefice dell'approdo di Federico Mattiello al Chievo Verona. E' bastata poi una chiacchierata con Max Allegri per sigillare il futuro del gioiellino ai clivensi. "Parlai con Allegri a gennaio, prima che il ragazzo arrivasse da noi. Giusto per capire come stava fisicamente, delle sue qualità ero già a conoscenza". Adesso il peggio è passato per il terzino toscano, dopo sette mesi difficili, trascorsi tra palestre e centri di riabilitazione. "Nella sostanza non è cambiato. È vero che questi sono episodi, anche se fortemente negativi, che ti possono far crescere come uomo. Non credo che lui debba dare a vedere questa sua crescita, ma si-
rard, per esempio". Nessun difensore in particolare che ti ispirasse? Maldini poteva essere uno di questi, visto il tuo ruolo. "È stato senza dubbio un grande campione, ma a me piacevano i giocatori offensivi, che facevano gol. I difensori non li ho mai seguiti con particolare interesse". Già, nasci comunque centrocampista. "Sì, poi sono stato obbligatoriamente spostato indietro per i piedi. Scherzi a parte, diciamo che per essere un terzino non ho i piedi così malvagi". A Torino che vita facevi? "Frequentavo una scuola pubblica. Nel pomeriggio mi allenavo e la sera poteva scapparci un cinema, una cena fuori". L'hai fatta troppo facile. Dal Valdottavo alla Juventus passando per la Lucchese. "Sembra facile. Ho fatto tanti sacrifici rispetto a un ragazzino della mia età. Ho avuto le mie occasioni e le ho sfruttate bene. Tutto qua". Alla Juventus ci sei rimasto quasi sei anni. Hai lavorato con due
curamente potrà, a livello caratteriale, trovare dei benefici". Mattiello ha vestito la maglia del Chievo solo tre volte, l'ultima sfortunata contro la Roma di Nainggolan. Un vero peccato per Maran, che aveva accolto il ragazzo con grande entusiasmo. "Si era calato nella giusta realtà nonostante la sua giovane età. Ha capito velocemente lo spirito del Chievo, e lo vissuto con grandissimo entusiasmo". Maran adesso conta sulle sue qualità per il resto della stagione. "Ha caratteristiche importanti. La sua forza e la sua esuberanza che trasmette in campo, insieme a un impatto fisico davvero imponente saranno fondamentali per noi".
“” Il mio primo sport è stato il tennis. Ci ho giocato fino a 13 anni. Seguivo Federer e lo seguo tutt'ora grandi tecnici. Prima Conte, poi Allegri. "Durante l'ultimo anno di Conte mi allenavo spesso con la prima squadra, ho pure strappato tre, quattro convocazioni. Cosa ci diceva Conte a noi giovani? Niente, ci faceva correre come pazzi. Devo tanto ad Allegri. Solo un anno fa spingeva tanto per la mia permanenza in bianconero. Ha metodi più tranquilli rispetto a Conte, in allenamento c'era anche il tempo per divertirsi e rilassarsi". L'esordio in Serie A allo Juventus Stadium, contro il Parma in quel famoso 7-0… "Nessuno mi aveva detto niente, ma l'esordio era nell'aria visto il 3-0 dopo soli 45'. Avrei voluto giocare un po' di più, appunto visto il risul-
tato. Ma è andata bene lo stesso. A cosa pensavo? A niente, pensare a volte può facilitare alla distrazione. L'atmosfera allo Stadium era bellissima, ma andando a quei tempi molto spesso in panchina diciamo che sono arrivato preparato". Allegri ti ha confermato nella partita successiva, contro la Lazio all'Olimpico. "Ho anche quasi sforato il gol. Ma l'ho presa troppo bene, avessi colpito la sfera come faccio di solito l'avrei probabilmente buttata dentro (ride, ndr)". A gennaio, poi, si è presentata la possibilità del prestito al Chievo Verona. "E' nato tutto velocemente. Dopo Juventus-Chievo mister Maran chiese informazioni su di me ad Allegri e da lì è partito il tutto. Mi è stata data l'opportunità di giocare con continuità, di crescere, cosa che non sarebbe stata comunque possibile alla Juventus. È stata la scelta giusta, nonostante quello che è successo in seguito". Quel giorno, l'8 marzo, non lo dimenticherai tanto facilmente. "Preferisco non pensarci più di tanto. Ho cercato di non guardare le immagini del mio infortunio, ma eraCalcio 2OOO
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INTERVISTA / FEDERICO MATTIELLO
GIOVANE DI SUCCESSO Classe 1995, con ampi margini di miglioramento
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INTERVISTA / FEDERICO MATTIELLO
GIOVANISSIMO E FORTISSIMO Di Fabrizio Ponciroli
Classe 1995, ha tanto tempo per dimostrare il suo talento…
M
eglio ricordarlo… Mattiello è un classe 1995. Prima di dedicarsi completamente al gioco del calcio, aveva una passione per il tennis. Poi, il richiamo del pallone si è fatto troppo forte per resistervi. Dalla Lucchese alla Juventus, in un lampo, a conferma delle notevoli doti che madre natura (e il duro allenamento) gli ha donato. Il giorno magico è il 9 novembre 2014. In quella data, Mattiello fa il suo esordio in Serie A. Un giorno indimenticabile, il risultato di tan-
no praticamente ovunque. Peccato, veniva da buone prestazioni con la maglia del Chievo, avevo iniziato alla grande la mia esperienza con questa maglia". Nainggolan si è fatto più sentire? "Subito dopo l'infortunio, poi su Twitter mi ha fatto il classico in bocca al lupo per la nuova stagione, gli ho risposto che mi ritroverà come nuovo sul campo. Quello è stato uno scontro di gioco normale, sono stato un po' sfortunato, tutto qui". Chi ti conosce bene dice che forse sei un po' troppo irruento, che certi palloni, specie se lontani dall'aria di rigore, andrebbero presi con meno irruenza. Confermi? "Sono così di natura, ma questo episodio mi ha sicuramente aiutato a crescere e a capire le diverse situazioni di gioco". Cosa ti ricordi di quell'infortunio? "Che non avevo avvertito dolore, non mi ero reso conto di niente fino a che lo sguardo non è andato sulla gamba. Sarà stata l'adrenalina che avevo in circolo". Com'è andata la riabilitazione? "Ho passato tutta l'estate a fare riabilitazione. Mi sono concesso una settimana di vacanze, poi solo tanto lavoro e palestra a Verona. Adesso sono clinicamente guarito anche se la ferita mi ha causato qualche grana. A Natale vediamo se toccherà togliermi la placca".
ti sforzi. Nella prima parte della stagione 2014/15, colleziona due presenze in A poi si trasferisce al Chievo, per crescere e giocare di più. L’inizio è confortante, fino all’infortunio (frattura esposta di tibia e perone) che ne rallenta la crescita. Dopo aver vinto con la Primavera della Juventus (Supercoppa Primavera e Coppa Italia Primavera), lo attendono tante altre sfide e, perché no, qualche altro trofeo, magari con la casacca della Juventus. Ricordiamolo, è un classe 1995…
“” Da piccolo non tifavo per nessuna squadra, sinceramente. Mi faceva impazzire Gerrard Gli attestati d'affetto sono arrivati ovunque. Chi non ti aspettavi ti scrivesse? "Eros Ramazzotti. Tutti sanno che è juventino, ma chi poteva immaginarsi che avrebbe scritto proprio a me". Un passo indietro alla Juventus. Come era ritrovarsi nello spogliatoio con campioni del calibro di Chiellini, Marchisio, Pogba, Pirlo, Tevez etc etc? "Pirlo è un ragazzo umilissimo. Tutti i big erano molto disponibili con i più giovani, pronti a dispensare consigli e a dare una mano". Al Chievo la situazione è cambiata. Non eri più il frutto del settore giovanile da 'coccolare'. "Forse al Chievo sono stato 'coccolato' ancora di più. Sono arrivato non come ragazzo del settore giovanile, ma come giocatore vero, importante per il cammino della squadra. Ho sentito subito tanta fiducia intorno a me, sono stato accolto alla grande da tutti".
Il futuro te lo immagini sempre in Italia? "Non escludo niente, ma non nascondo che mi piacerebbe provare un'esperienza in Premier League, un giorno". Un giorno potresti ritrovarti anche titolare alla Juventus… "Devo fare le cose con calma. Intanto il mio obiettivo è quello di giocare con regolarità questa stagione col Chievo. Basta vedere cosa ha fatto Rugani con l'Empoli. Una stagione ad alti livelli li è bastata per meritarsi la chiamata di Allegri". Restare a Verona era quello che volevi. La formula (prestito con riscatto e contro-riscatto) ti spaventa? "Ho spinto per restare qui e questa era la soluzione migliore per me". Nel frattempo hai cambiato maglia. Hai scelto la 11 e abbandonato la 7. "Volevo cambiare , visto lo sfortunato anno".
Intervista di Cristina Guerri Calcio 2OOO
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SPECIALE Nils Liedholm
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SPECIALE / Nils Liedholm
L'UNICO GRANDE BARONE Elegante e pacato, un uomo impeccabile...
Un racconto incantato di mister Liedholm, un tecnico unico… di Antonello SCHIAVELLO foto Agenzia LIVERANI
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SPECIALE / Nils Liedholm
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n principio fu solamente una gran baraonda. Un’accozzaglia di aitanti pedatori girovaghi in mezzo ad un campo, intenti a rincorrere e colpire una palla. Lo scopo di questa nuova disciplina sportiva importata per prima dai maestri inglesi, era quello di collocare un pallone di grezzo pellame o cuoio, all’interno della porta avversaria costituita solamente da due pali senza traversa, assegnando così un punto alla squadra che ci sarebbe riuscita. Sono trascorsi quasi due secoli. La nuova disciplina sportiva ne ha fatta di strada. Quella che all’epoca (siamo prossimi al 1900) veniva considerata una disciplina prettamente maschia e senza futuro, è diventato oggi lo sport nazionale di mezzo mondo, praticato con successo anche dal gentil sesso. Nel corso di tutti questi anni la mente dell’uomo ha plasmato e ridisegnato INSIEME A GIOVANNI Liedholm è stato amatissimo da ogni collega, Trap compreso...
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questo gioco, stando attento però a non intaccare le basi portanti dello stesso. La metodologia pionieristica è rimasta la stessa di allora con l’aggiunta (doverosa) di un nuovo sistema improntato su regole e discipline, di disposizioni tattiche e tecniche più ordinate sul terreno di gioco. Agli albori non esistevano schemi di gioco e le regole erano spicciole ma confuse. Si puntava soprattutto sulla forza fisica dei giocatori assistendo spesso ad un tutti contro tutti, scemando così il gioco inevitabilmente su azioni disordinate dei singoli. Solamente il portiere aveva un ruolo ben preciso. Stabile in mezzo ai due pali…..quasi come accade oggi. Il resto è stato un susseguirsi di idee, di filosofie, di credo ed invenzioni. Col tempo, siamo passati dal sistema inglese, il classico WM, al catenaccio del Made in Italy. Dal gioco totale degli olandesi, alla zona più o meno integrale. Oggi si parla tanto di “falso nueve”, di numerazioni che
sembrano più prefissi telefonici che schemi di gioco ma, piacciono e portano punti. Tanto basta. Tutto questo però non è altro che il frutto di una rivoluzione cominciata verso la fine degli anni '70 quando il calcio in Italia era ancora sinonimo di catenaccio. Nils Liedholm, un simpatico svedese di brizzolata capigliatura, di professione allenatore, decise di proporre qualcosa di innovativo nel mummificato panorama calcistico italiano. La zona. Il gioco all’italiana prevedeva innanzitutto salvaguardare la propria porta. Lui meticolosamente, con quella calma che l’ha sempre contraddistinto, ha saputo infondere ai suoi ragazzi un’anima diversa, spettacolare, avvincente e… vincente. Per molti, la sua fu una scommessa già persa in partenza, per lui, semplicemente una teoria matematica riassumibile in questa memorabile frase: “Se il pallone ce l’abbiamo noi, non ce l’hanno gli avversari: quindi non rischiamo di prendere gol”. Era il
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1977. Cominciava una nuova era per il calcio italiano. Nils Erik Liedholm: Il Barone, la stella e la Roma campione Valdemarsvik è una candida cittadina svedese di poche migliaia di anime che si lava il viso tutti i giorni con l’acqua gelida del mar Baltico. Difficilmente la si cerca casualmente nei dizionari o su wikipedia. Ci devi cadere sopra intenzionalmente, come i fiocchi di neve che copiosi la ricoprono negli inverni rigidi e pungenti. Il nostro viaggio o meglio, quello di Nils, comincia proprio da qui, da Valdemarsvik, città Natale del “maestro”. Tranquillizzò il padre quando partì alla volta di Milano, nelle vesti di calciatore, nel 1949. “Uno al massimo due anni e torno”. Ci resterà quasi 60 anni. Ottimo mediano prima e splendido interno - regista poi, con la maglia del Milan contribuirà alla conquista di 4 scudetti, 2 coppe Latina (una specie di piccola coppa dei campioni perché vi parteciparono le squadre vincitrici del titolo nazionale italiano, francese, spagnolo e portoghese). Disputerà anche la prima finale di coppa dei campioni della storia del Milan nel 1958 svanita ad un soffio dal traguardo per mano del Real Madrid. Assieme a Gren e Nordhal formerà il famoso trio Gre-No-Li, che fece impazzire la tifoseria milanista in primis e tutti gli appassionati sportivi dell’epoca poi. In 12 stagioni con la maglia rossonera collezionerà 359 presenze in serie A coadiuviate da 81 reti. Una curiosità: nella lunga militanza rossonera non è mai stato ammonito. Anni dopo succederà solamente ad un altro grandissimo campione: Gaetano Scirea. Dapprima allenatore in campo negli ultimi fuochi di una carriera brillante, poi definitivamente allenatore sul campo, nel 1961, smessi i panni del calciatore. Milan (con le giovanili e vice allenatore della prima squadra) Verona, Monza, Varese, Fiorentina, Roma. Con Verona e Varese centra due promozioni in serie A, rispettiva-
mente nel 67-68 e 69-70. Con la squadra viola perde due finali (coppa Mitropa nel 1972 e coppa Anglo-Italiana nel 1973) ma regala al popolo fiorentino il trofeo più bello in assoluto: Giancarlo Antognoni. A Liedholm si devono gli esordi di tanti giovani divenuti poi campioni affermati. Basti citare solamente alcuni nomi a caso: Roberto Bettega, Tancredi, Nela, Franco Baresi, Paolo Maldini, Ancelotti , e come detto, Giancarlo il “Putto divino” di Firenze. Tanto basta per capire ed apprezzare la competenza tecnica, il coraggio e l’audacia nel proporre volti nuovi, sconosciuti, lanciandoli nello stagnante bacino dei soliti noti e talvolta appassiti, protagonisti delle domeniche pallonare italiane. I suoi collettivi inizialmente praticavano un gioco all’italiana con un’attenzione particolare alla manovra palla a terra. I primi segnali del nuovo che avanza si hanno nella stagione 1977-78, quando lo svedese sperimenterà le prime evoluzioni tattiche. Liedholm è tornato al primo grande amore della sua vita: il Milan. Ad aspettarlo sui campi di Milanello ci sono Albertosi, Bigon, Capello, la bandiera rossonera Rivera e un gruppetto di giovani interessanti sui quali emerge la figura di colui che diventerà una colonna portante del Milan degli anni a venire: il “Piscinin” Franco Baresi. Nell’anno della conquista della stella (78-79), il Milan schierava Albertosi in porta con il suo inseparabile maglione giallo. Baresi era il battitore libero con…libertà di progressioni in terre nemiche. Collovati agiva sulla fascia destra in qualità di terzino ma spesso si attaccava a Bet formando un primo esempio di “centrali divensivi”. A sinistra col numero 3 c’era Aldo Maldera. Più che un terzino sembrava un’ala aggiunta. Le nove reti realizzate testimoniano la costante presenza nella manovra d’attacco a scapito dei compiti più consoni ad un difensore. Compiti che venivano equamente divisi tra De Vecchi e Buriani in fase di ripiego.
Antonelli, Novellino e Bigon coprivano il centrocampo e a turno supportavano la punta Stefano Chiodi. Altri protagonisti del decimo scudetto furono Morini, Boldini, Sartori, Minoia, Capello, il secondo portiere Rigamonti e la bandiera rossonera per antonomasia Gianni Rivera. Per lui solamente 13 presenze in campo e una rete importantissima contro il Verona. Antagonista di quel Milan fu il Perugia di Ilario Castagner. La squadra umbra non venne mai sconfitta in campionato a differenza del diavolo che perse 3 volte. I punti fondamentali li determinarono così i pareggi. 19 quelli del Grifone, 10 quelli dei rossoneri. All’epoca si assegnavano 2 punti per la vittoria, per cui in virtù dei tanti pareggi conseguiti il Perugia onorevolmente si classificò secondo, alle spalle del Milan stellato di Nils Liedholm. Contrariamente a quanto si potrebbe credere, “squadra vincente non si cambia, allenatore compreso!”, il presidente di quel Milan, Felice Colombo, ritenne troppo alti i 3 anni di contratto richiesti da Liedholm per continuare il sodalizio vincente, offrendogliene solamente uno. Il barone rifiuta e saluta. L’anno dopo Liedholm si siede sulla panchina dei giallorossi capitolini, dove, qualche anno più tardi realizzerà il suo capolavoro. Nell’attesa che il pallone si scrolli di dosso le tossine velenose del calcio scommesse, Liedholm con la solita calma olimpica, comincia a predicare e ad insegnare un nuovo credo tattico: la zona. La zona era esattamente il contrario della mentalità adottata fino a quel momento dalle squadre italiane. Prima ci si doveva attaccare all’avversario come i vecchi francobolli sulle cartoline e seguirle ovunque andassero…La zona invece prevedeva un movimento all’unisono dove il riferimento non era più l’avversario ma i compagni di gioco. Un sincronismo meccanico al limite della perfezione. Questa era la zona di Liedholm. Ovviamente il processo doveva avvenire in modo graduale, e con le Calcio 2OOO
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“pedine” giuste. Convince il presidente Viola a comprargli Romeo Benetti, buono più per un ruolo nell’amarcord felliniano piuttosto che interprete nella linea mediana giallorossa davanti al doppio libero Turone-Santarini….Lo ripagherà portando a Roma due Coppe Italia consecutive (79-80 e 80-81) e altrettanti buoni piazzamenti in campionato. Un secondo ed un terzo posto contendendo la vittoria finale prima all’Inter e poi alla Juventus. Al terzo tentativo, con un organico mixato da giovani e meno giovani, esperienza ed esuberanza, classe e muscoli, l’obiettivo tricolore viene centrato. Dopo 41 anni dal precedente ed unico scudetto, la Roma si laureerà campione d’Italia. Il Team giallorosso una volta assimilato il nuovo assetto tattico, mise in mostra un calcio spettacolare divertente da farsi e da vedersi. Liedholm sapeva che quello sarebbe stato l’anno giusto per cucirsi addosso lo scudetto. La QUANTI CAMPIONI Il Barone ha allenato campionissimi. Qui è con Rossi, Hateley e Virdis...
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spina dorsale della squadra aveva già metabolizzato il 3-4-3. I nuovi arrivati, voluti dal “maestro” erano gli interpreti giusti per il suo modello di gioco. Aldo Maldera il goleador del Milan stellato, Nappi un ordinato protagonista del Perugia dei miracoli, Pietrone Vierchowod un arcigno, maledetto (in senso buono) difensore e, beneficiando dell’opportunità di schierare un secondo straniero, dall’Inter arrivò Herbert Prohaska fine manipolatore di palloni dal centrocampo in su. I nomi storpiati in un simpatico italico – scandinavo scritti col gessetto sulla lavagna da Liedholm, hanno freccette ovunque. Sono i movimenti che ognuno di loro dovranno fare sul campo. Tancredi abile gatto tra i pali. A destra metà terzino e metà ala giostrava Sebino Nela, a sinistra con lo stesso compito agiva Aldo Maldera. Vierchowod dominava la zona centrale difensiva. Leggermente dietro lo zar Pietro,
l’indimenticabile Agostino, il capitano Di Bartolomei. L’ottavo re di Roma, Falcao impostava l’azione ora in veste di mediano, ora da regista purissimo, formando con l’austriaco Prohaska e il giovane Ancelotti il trio di centrocampo. Iorio e Brunetto Conti fresco di alloro mondiale rifornivano di cartucce il bomber Pruzzo. Altri protagonisti di quel trionfo giallorosso furono Righetti, Chierico, Scarnecchia, Valigi, Faccini, Giovannelli e Baldieri. Molti anni più tardi questo schieramento, ribattezzato ad albero di Natale, farà le fortune di un allenatore del Milan: Carlo Ancelotti. Guarda caso un allievo cresciuto sotto lo sguardo sapiente, protettivo e maestro del “grande maestro” Nils Liedholm. Le posizioni assunte in campo da Falcao e Di Bartolomei non davano punti di riferimento agli avversari. Il capitano spesso giocava in linea con Vierchowod formando di fatto la coppia di centrali difensivi e Falcao giostrava
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sulla linea di centrocampo. Spesso invece era l’inverso. Falcao scalava davanti alla difesa formando un rombo difensivo 1-2-1, lasciando Di Bartolomei libero di agire in veste di stoccatore o rifinitore agli avanti giallorossi. Vinto lo scudetto, Liedholm ritocca la sua zona anche in base alle qualità tecniche dei nuovi acquisti e parte alla conquista dell’Europa. La partecipazione all’edizione della coppa dei campioni 1983-84 è già motivo di orgoglio e soddisfazione, sapere che la finalissima del 30 maggio verrà disputata proprio nella città eterna, aumenta ancor di più nel Club capitolino la voglia di centrare il difficile l’obiettivo. Liedholm, quella sera di fine maggio si siederà su quella panchina amica dell’Olimpico per 120 minuti. Saranno i rigori a stabilire quale dei due capitani, Souness o Agostino, solleverà la coppa dalle grandi orecchie. Purtroppo sarà il futuro blucerchiato alzandola al cielo, a far impazzire la curva inglese. E con lui, altri protagonisti di quella sera, cambieranno colori e città l’anno dopo. Anche il maestro. Lo chiama ancora una volta il Milan e lui si porta dietro Di Bartolomei. 3 anni vissuti più da ricordi che da successi nel mezzo di una epocale successione ai vertici della società. Quel suo primo Milan arriverà 5° in campionato e sfiorerà la vittoria in Coppa Italia, persa nella doppia finale contro la Sampdoria. Ha il merito di far esordire Paolo Maldini il 20 gennaio 1985 nel gelo di Udine, confermando la sua predisposizione a scoprire giovani talenti dal futuro roseo. Settimo posto in campionato nel 1985-86 e, nell’aprile del 1987 a causa di un brusco calo di rendimento da parte della squadra, viene sollevato dall’incarico di allenatore. Gli subentrerà Capello che riuscirà a traghettare il Milan alla gara spareggio di Torino contro la Sampdoria per un posto in Coppa Uefa. La chiamata della Roma arriva quando i grappoli non sono completamente maturi. Quando non allenava, Liedholm amava trascorrere il tempo
nella sua tenuta agricola di Cuccaro Monferrato nel piemontese. La passione per le viti ed il vino erano forti e radicate quanto e forse più delle settimane con indosso la tuta sportiva e gli scarpini. I grappoli gonfi e succosi che diverranno barbera e grignolino anche questa volta saranno raccolti da altre mani che non saranno le sue. La tifoseria giallorossa non ha mai dimenticato il “barone” e gli riserva fin da subito un’accoglienza affettuosa e calorosa. Cosa che non accadrà invece con il neo acquisto Lionello Manfredonia, reo di trascorsi sportivi con addosso l’altra maglia della….Roma biancoceleste. Ma per
Liedholm l’ex laziale era una pedina fondamentale nel nuovo schieramento che prevedeva il rombo a centrocampo e, avendolo in rosa, fu naturale impiegarlo (28 presenze e 3 reti) malgrado i mugugni dei tifosi. Il disegno tattico prevedeva una difesa a 4 con un quinto giocatore, prevalentemente Boniek, leggermente staccato alle spalle. Un centrocampo a rombo dove l’uomo più avanzato (Giannini) supportava la punta tedesca Voeller. Quella Roma si classificherà terza in campionato alle spalle del Napoli marodoniano e del Milan campione d’Italia. I buoni propositi della stagione 87/88 non troveranno
conferma però l’anno successivo. Gli schemi di Liedholm appaiono superati. Lenta e prevedibile, la manovra dei giallorossi, stenta a decollare così, il 18 febbraio 1989 dopo la sconfitta interna subita ad opera del Pescara di Galeone (1-3), Liedholm viene rimosso dall’incarico. Gli subentrerà il duo Luciano Spinosi- Giuseppe Lupi. Ma la sperata scossa in casa giallorossa non arriva. Richiamato dal presidente Dino Viola, lo svedese si riaccomoda in panchina alla 23esima giornata nella gara interna contro il Cesena, Un gol di Voeller al 54° regalerà i due punti alla Roma. Nelle restanti 11 partite arriveranno i punti necessari per chiudere il torneo al 7° posto, a pari merito con la Fiorentina. Servirà lo spareggio di Perugia del 30 giugno per assegnare l’ultimo posto disponibile per l’Europa. Pruzzo, l’ex bomber della Roma scudettata timbrerà cartellino e…. passaporto per la squadra viola. La stilettata al cuore è forte. Il barone lentamente si defila insieme ai suoi 67 anni dai palcoscenici sportivi. Il sudore lo riserverà ai suoi campi estesi profumati e rigogliosi di nettari naturali. Il capello innevato finalmente riposerà sotto il pagliericcio di un cappello in lotta perenne contro il sole. Dopo oltre due anni di completa astinenza dal calcio, inaspettata arriva la telefonata del Verona. Il Club scaligero se la sta passando molto male. Ha un piede e mezzo in serie B. Ci vuole un miracolo per salvarlo. Liedholm ci proverà ma….sarà troppo tardi. Esce, questa volta definitivamente dal mondo del calcio. Un finale inglorioso per una carriera luminosa come la sua, che però non intacca la signorilità di questo grande personaggio che silenziosamente esce di scena. I tramonti sono bellissimi, a volte meno. Ne vedrà tanti sulle colline monferratesi prima di partire per l’ultimo viaggio, il 5 novembre del 2007, che lo porterà lontano dalle sue vigne, dai suoi amati campi di calcio per fermarsi eternamente in quella zona del cielo chiamato paradiso. Calcio 2OOO
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SPECIALE
di Francesco SCABAR
GLI ARTISTI DELLA RABONA
CHE BELLA RABONA
In campo si vede poco ma, quando appare, lo stupore è immediato...
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li argentini, quando gli inglesi all’inizio del secolo scorso decisero di trapiantare il verbo del football sulle sponde del Rio de la Plata, si accorsero subito che in questo strano sport che si gioca con i piedi, la palla non andava semplicemente calciata in avanti, secondo i classici dettami del kick and run, ma doveva essere trattata con più cura e dovizia, fantasia al potere quindi. Non è un caso che proprio in Sudamerica sono state coniate le prime finte e i primi gesti tecnici acrobatici, come la chilena, cioè il colpo in rovesciata, inventato nel 1914 dal basco trapiantato in Cile, Ramon Unzaga, la tijera, la forbice in semirovesciata, la marianela, una specie di danza con il pallone simile alla ruleta resa celebre da Zinedine Zidane, inventata dall’ala argentina Juan Evaristo e infine la rabona, una giocata a sorpresa che si effettua incrociando il piede calciante al fianco di quello che poggia sul terreno. Secondo i ben informati, la rabona sarebbe stata brevettata ufficialmente dai calciatori argen-
tini ai mondiali del 1930, occorre evidenziare come nelle fila dell’Argentina, che terminò la rassegna al secondo posto, alle spalle dei vicini odiati dell’Uruguay, giocava all’ala sinistra Juan Evaristo, l’inventore della marianela. Veniamo alla curiosa origine etimologica del termine rabona: esso deriva dallo spagnolo rabo, cioè coda, e sembra che sia stato coniato per rimarcare la somiglianza del gesto tecnico con i colpi di coda attorciglianti che le mucche sono solite rifilare alle mosche. In Brasile, forse per via dell’accesa rivalità con gli albicelesti, il termine rabona è letteralmente ignoto e il colpo ad incrociare è conosciuto con le parole chaliera (teiera) o lettra (lettera), che probabilmente richiamano la sua natura attorcigliata ed arzigogolata. Se l’origine della rabona risale agli anni Venti-Trenta, la prima testimonianza diretta, registrata e documentata di questo particolare gesto risale al 19 settembre 1948: durante la partita tra Estudiantes de la Plata e Rosario Central, l’attaccante dell’Estudiantes Ricardo Infante, essendosi trovato il pallone sul suo piede debole, cioè il sinistro, dalla distanza MAGIA PER POCHI
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foto Image Sport
Aquilani si cimenta nella meravigliosa rabona...
SPECIALE/ GLI ARTISTI DELLA RABONA CI PENSA IBRA
foto Agenzia Liverani
foto Agenzia Liverani
Con i piedi che si ritrova, lo svedese può far tutto
Zlatan Ibrahimović Calcio 2OOO
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SPECIALE/ GLI ARTISTI DELLA RABONA
siderale di trentacinque metri decide di dare alla palla uno strano colpo di coda ad incrociare con il piede destro; Infante spara così un vero e proprio proiettile che sorprende tutti, compreso il portiere del Rosario che rimane a bocca aperta vedendo il pallone infilarsi beffardo in fondo al sacco, è ufficiale in Argentina nasce “el gol de rabona”. In Italia, rispetto all’Argentina, il gesto della rabona è stata conosciuta a lungo con il termine autoctono di incrociata. Il calciatore italiano che ha portato alla ribalta questo particolare gesto tecnico è stato Giovanni Roccotelli, un’estrosa e minuta ala destra, classe 1952, protagonista di un calcio dove esistevano ancora le ali pure e non gli esterni alti, che nel corso della sua carriera di calciatore ha disputato tanta Serie B con qualche puntatina nella massima serie con le maglie di Torino, Ascoli e Cesena. La fortuna calcistica di “Cocò” Roccotelli, barese trapiantato da anni a Cagliari a causa di un matrimonio con una sarda, è legata indissolubilmente all’incrociata, gesto che apprese da bambino nei polverosi vicoli del capoluogo pugliese. Domenica 26 settembre 1976, il Cagliari di Roccotelli affronta la Spal, l’incontro termina con uno scialbo 0-0, ma le telecamere della Rai immortalano per la prima volta una giocata mai vista prima su un campo da calcio italiano: Roccotelli prende palla sulla metà campo, affronta il proprio diretto controllore, si sposta sulla corsia di sinistra (da notare come nel calcio di quei tempi un giocatore di fascia destra potesse tranquillamente percorrere anche la corsia opposta) e giunto all’altezza del vertice dell’area di rigore, avendo il pallone sul piede de-
bole (il sinistro), per sorprendere il proprio avversario, incrocia il piede destro scodellando un cross che un compagno, il giovane Pietro Paolo Virdis, non riesce a tramutare in rete. Grazie a questo gesto tecnico decisamente ardito, Roccotelli diventa una vera e propria attrazione del nostro calcio, tanto che il grande Pelé, durante una visita in Italia affermò che “qui da voi c’è un tizio con i baffetti che utilizza la nostra chaleira”. Per la cronaca, Roccotelli nel corso della sua lunghissima carriera (durata dal 1970 al 1991), ha segnato ben due reti in incrociata, una nel 1977/78, contro il Brescia, quando Cocò vestiva la casacca bianconera dell’Ascoli, e un’altra nel 1984/85, direttamente su punizione, contro la Juve Stabia, quando Roccotelli era in forza al Foggia. Rimaniamo ancora alla stagione 1984/85, perché in quell’annata calcistica la Serie A conosce per la prima volta il genio di Diego Armando Maradona, cioè il più grande artista che abbia fatto un uso sistematico della rabona. Domenica 10 febbraio 1985, al San Paolo di Napoli è di scena il Torino: Maradiego s’invola sulla destra dell’area di rigore e, all’improvviso, il suo sinistro magico fa partire un perfetto cross incrociato che viene convertito in gol dalla testa di Cafarelli. Da quel giorno, il termine rabona s’insedia definitivamente nel vocabolario calcistico italiano. Sempre negli anni Ottanta, un altro calciatore argentino, Claudio Borghi è, assieme al connazionale Maradona, l’autentico simbolo dell’incrociata, gesto che però non è riuscito ad esprimere nella sua sfortunata parentesi in Italia con le maglie di Milan (Sacchi come è noto gli preferì Rijkaard, nonostante IL PRIMO ITALIANO
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Roccotelli è stato il primo a fare la rabona a casa nostra
SPECIALE/ GLI ARTISTI DELLA RABONA
LA CLASSE DI DIEGO
foto Agenzia Liverani
La rabona di Maradona, un inno alla gioia
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SPECIALE/ GLI ARTISTI DELLA RABONA
il parere contrario di Berlusconi) e Como. El Bichi Borghi, pur essendo un vero e proprio specialista della rabona, non riuscì mai a segnare un gol con questo gesto, anche se, ai tempi dell’Argentinos Juniors, ha colpito una traversa con una conclusione in rabona da trenta metri, inoltre nel corso della sua carriera ha sfornato molti assist vincenti in incrociata ai compagni. Le gesta eroiche di Maradona, la popolarità di un simbolo non solo calcistico come il Pibe de oro, che ha dimostrato per la prima volta un solo calciatore può trascinare altri dieci compagni alla vittoria della Coppa del Mondo, hanno di conseguenza democratizzato e reso ulteriormente più popolare la rabona, che in tutti gli anni Novanta e Duemila è stata adoperata sia da fuoriclasse come Roberto Baggio, Rivaldo e i due Ronaldo (il brasiliano e il portoghese) che da onesti comprimari che, nei più improbabili campi di periferia, decidono di imitare le gesta tecniche ed i numeri dei propri idoli. Oggigiorno chiunque può imparare a calciare un pallone in rabona grazie al web e ai filmati su YouTube. L’ultima prodezza in incrociata è stata quella di Erik “Coco” Lamela (per ironia della sorte l’ex romanista ha quasi lo stesso soprannome di Roccotelli) che in un match di Europa League contro l’Astreas Tripolis, ha tolto le ragnatele dell’incrocio con una splendida conclusione a giro, forse il gol più bello segnato in rabona. I MIGLIORI DIECI GOL IN RABONA Mauricio Cataldo - Universitad de Conceptión (2002/03): 15 giugno 2003, quarti di finale del Torneo Apertura cileno, la sfida tra l’Universitad de Conceptión e l’Universitad de Chile viene risolta da una prodezza di Cataldo, volante dell’Universitad de Conceptión, che dall’estrema sinistra lascia partire un perfido cross in rabona che sorprende il portiere avversario. Un gol tanto bello quanto fortunato, che è stato molto apprezzato dalla Fifa, che l’ha votato come il più bel gol mai segnato in incrociata. Martin Uranga – Platense (2005/06): Martin Uranga è uno sconosciuto attaccante del Platense, club che all’epoca militava nella Primera B metropolitana, cioè la Serie C argentina. Uranga, in un match giocato contro l’Atlanta, raccoglie un cross dalla sinistra, controlla la palla al volo con il destro portandosela sul sinistro e, vedendo il portiere accorrere in uscita, lo beffa con un’incredibile palombella in rabona. Andres Vazquez – IFK Goteborg (2006/07): questo centrocampista peruviano classe 1987, a vent’anni ancora da compiere, nella partita del suo Göteborg contro l’Örebro, segna un gol in rabona molto simile a quello segnato dal cileno Cataldo, solo che il suo tiro/cross incrociato viene scoccato dalla destra. Peter Madsen – Brøndby (2008/09): ancora protagonista la Scandinavia, Peter Madsen, di professione attaccante, in un match di Superliga danese contro il Sønderjysk, sigla un gran gol in rabona da dentro l’area di rigore. Più che il semplice tocco in chaleira a rete sguarnita, da rimarcare in questa se42
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gnatura il doppio controllo, prima di destro e poi di sinistro, con cui Madsen ha letteralmente mandato al bar il portiere e un difensore avversario. Angel Di Maria – Benfica (2009/10): l’attuale centrocampista del Manchester United e della Nazionale argentina, è stato protagonista ai tempi in cui militava con il Benfica di uno straordinario gol in rabona. Contro i greci dell’AEK Atene, in una partita del girone I di Europa League giocata nel dicembre 2009, el Fideo raccoglie un lungo lancio dalle retrovie, evita un difensore avversario e anticipa l’uscita del portiere avversario con un colpo sotto incrociato. Matias Urbano – Uniòn San Filipe (2011/12): questo trentenne attaccante argentino, che nell’estate 2009 fu vicino all’approdo nel nostro campionato alla Pro Patria, ha siglato un gol in rabona, contro l’Uniòn La Cara, raccogliendo un cross dalla sinistra. È l’unico esemplare di gol in incrociata siglato calciando il pallone al volo presente nella nostra classifica. Gerardo Masini – Teramo (2011/12): non poteva mancare un pizzico d’Italia in questa speciale classifica. Gerardo Masini, attaccante argentino da anni trapiantato nelle serie minori del nostro calcio, in un Teramo – San Nicolò, giocato nella cornice prestigiosa dello Stadio Adriatico di Pescara, decide di imitare Maradona contro l’Inghilterra a Messico 1986, scartando tutta la difesa avversaria, con l’unica differenza che, giunto davanti al portiere, decide di scavalcarlo con una spettacolare rabona, ciliegina sulla torta di una giocata straordinaria. Villiam Macko – Ang Thong (2013/14): c’è anche un pizzico di Asia in questa speciale top ten. Nell’ineffabile campionato thailandese, milita uno slovacco classe 1981 che risponde al nome di Villiam Macko. Villiam, in un incontro contro il BBCC, dopo aver clamorosamente ciccato una sua prima conclusione a rete, quando il pallone si stava avviando verso il fondo, rincorre la palla e la colpisce con una rabona di destro, realizzando così un pallonetto che sorprende il portiere avversario, un gol semplicemente assurdo! Erik Lamela – Tottenham (2014/15): la cornice di questo autentico eurogol è quella prestigiosa del White Hart Lane. Nella sonante vittoria del Tottenham contro l’Astreas Tripolis (5-1) sale in cattedra Erik Lamela, che raccoglie un pallone vagante al limite dall’area e calcia una frustata in rabona a girare alla Del Piero che lascia di sale il portiere avversario. Un gol che di diritto finirà tra i candidati più papabili ad aggiudicarsi il Premio Puskas 2015. Sean Geddes – Worchester City (2014/15): last but not least, c’è anche un inglese nella nostra speciale classifica! In una sfida tra due compagini semiprofessioniste di FA Cup, tra il Worchester City e il Barrow, Sean Geddes, che milita nel Worchester, giunto in area di rigore, affronta un avversario e poi lascia partire uno strano pallonetto in incrociata assolutamente imprendibile per il portiere avversario.
SPECIALE/ GLI ARTISTI DELLA RABONA
GOLEADOR DI RABONA
foto Agenzia Liverani
Madsen, anche lui nella lista dei marcatori di rabona...
PETER MADSEN Calcio 2OOO
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FOCUS on STORIA TROFEO BERLUSCONI
di Fabrizio PONCIROLI
IL TROFEO DI BERLUSCONI L'EVENTO DELL'ESTATE
foto Agenzia Liverani
Per anni è stato il match clou pre campionato...
Estate 1991, nasce il “Luigi Berlusconi”, l’amichevole di lusso del Diavolo… 44
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FOCUS ON / STORIA TROFEO BERLUSCONI
D
ata: 23 agosto 1991. Luogo: San Siro, Milano. In campo Milan e Juventus. Va in scena il primo (di tanti) Trofeo Luigi Berlusconi. Istituito dal patron del Diavolo Silvio Berlusconi, in onore del padre Luigi (da qui il nome dell’evento), è diventato, nel corso degli anni, l’amichevole di lusso del Diavolo, la sfida più calda e attesa dell’estate, quando l’entusiasmo per la stagione ufficiale è ai massimi livelli. Ad oggi sono 23 le edizioni del Trofeo Luigi Berlusconi disputate. Una gradevole tradizione, disattesa solo in un’occasione (2013). 23 come le presenze, ovviamente, dei padroni di casa rossoneri, vincitori in 13 occasioni. Avversaria preferita la Juventus, in campo 19 volte (con 10 successi). Una presenza, invece, per Inter (1992), Real Madrid (1993), Bayern Monaco (1994) e San Lorenzo (2014, prima e unica squadra non europea a prendere parte alla manifestazione), con tutte e quattro i club usciti sconfitti. La storia del trofeo è ricca di momenti indimenticabili. Della prima edizione, vinta dalla Juventus per 2-1, si ricorda la doppietta decisiva del bianconeri Casiraghi. L’anno seguente, nel Derby con l’Inter, il sigillo di Papin (1-0). Papin in rete anche nel 3-2, dell’anno seguente, con cui il Diavolo supera il Real Madrid. Notevole il 3-1 a favore dei rossoneri dell’edizione 1997, con rete bianconera di un certo Conte. Indimenticabile la magia di Del Piero nell’estate del 1999. Festa brasiliana nel 2009, con 1-1 al 90’ firmato da Pato e Diego. Fino all’ultima edizione, cronologicamente parlando, disputata, fatto unico, lo scorso novembre. Successo del Milan sul San Lorenzo per 2-0 (Pazzini e Bonaventura) ma con solo 5.153 spettatori presenti. Un colpo durissimo alla credibilità del Trofeo Luigi Berlusconi che, tanto per citare un dato esemplificativo, nel 1998 (25 agosto), portava a San Siro 74.358 anime. Fascino esaurito? Forse o, semplicemente, scelta errata di data e avversario. Sì, perché il Trofeo Luigi Berlusconi è stato concepito per essere il match clou dell’estate, la prima grande sfida pre campionato. Nelle intenzioni della società Milan doveva mettere, una di fronte all’altra, il Milan e una squadra vincitrice di una Coppa Campioni o di almeno una Copa Libertadores. Poi, visto il grande successo di pubblico, si è quasi sempre cercato di “invitare” la Juventus. Un Milan-Juventus è sempre e comunque un evento… Purtroppo, negli ultimi anni, il carrozzone del calcio estivo ha cambiato località. Una tournée in terre asiatiche o negli States porta introiti decisamente maggiori che una partita (singola) a San Siro. Il marketing ha imposto ai grandi club, Milan compreso, di guardare a nuovi mercati, possibilmente enormi e bramosi di calcio… Tutto a discapito della magia del Trofeo Luigi Berlusconi, relegato ad una partita come tante altre, anzi diventato quasi un fastidio… Eppure, volendo, l’evento ha ancora la forza per risollevarsi. Come, magari emulando il Trofeo Gamper… ORGANIZZAZIONE SPAGNOLA Istituito nel lontano 1966 in memoria di Hans Gamber, fondatore e presidente del club blaugrana, il Trofeo Gamper è diventato un piacevole appuntamento. Ogni anno un avversario diverso (il PSV è l’avversario con più presenze, sei in totale), scelto per celebrare qualcosa di leggendario (nel 2012 viene chiamata la Sampdoria, per i 20 anni dalla mitica finale di
L’ALBO D’ORO ANNO
PARTITA
RISULTATO
1991
MILAN-JUVENTUS
1-2
1992
MILAN-INTER
1-0
1993
MILAN-REAL MADRID
3-2
1994
MILAN-BAYERN MONACO
1-0
1995
MILAN-JUVENTUS
0-0 (5-6 DCR)
1996
MILAN-JUVENTUS
1-0
1997
MILAN-JUVENTUS
3-1
1998
MILAN-JUVENTUS
1-2
1999
MILAN-JUVENTUS
0-1
2000
MILAN-JUVENTUS
2-2 (6-7 DCR)
2001
MILAN-JUVENTUS
1-1 (3-4 DCR)
2002
MILAN-JUVENTUS
0-0 (3-1 DCR)
2003
MILAN-JUVENTUS
0-2
2004
MILAN-JUVENTUS
0-1
2005
MILAN-JUVENTUS
2-1
2006
MILAN-JUVENTUS
3-2
2007
MILAN-JUVENTUS
2-0
2008
MILAN-JUVENTUS
4-1
2009
MILAN-JUVENTUS
1-1 (6-5 DCR)
2010
MILAN-JUVENTUS
0-0 (4-5 DCR)
2011
MILAN-JUVENTUS
2-1
2012
MILAN-JUVENTUS
2-3
2014
MILAN-SAN LORENZO
2-0
Coppa Campioni tra Barcellona e, appunto, Sampdoria). Novità continue e invito ufficiale inviato diversi mesi prima dell’evento, così da essere certi di organizzare un match all’altezza delle aspettative. La 50esima edizione ha visto la Roma in campo. 50 edizioni contraddistinte da sfide appassionanti (vittoria ai rigori della Juventus nel 2005, batoste per Inter e Napoli, rispettivamente nel 2007 e 2011), contro club sempre diversi tra loro. Una formula vincente che, se adottata, potrebbe rilanciare anche il Trofeo Luigi Berlusconi, desideroso di nuova linfa vitale per tornare ad essere l’amichevole di lusso della nostra estate calcistica… Nell’attesa di un Trofeo Luigi Berlusconi nuovamente scintillante, meglio tornare a rievocare le cartoline dei bei tempi passati come quella, la più evocativa di tutte, del 18 agosto 1995. Quella che ritrae un certo Van Basten nel teatro di San Siro. Prima della partita, il Cigno di Utrecht, mandato k.o. da quel maledetto infortunio alla caviglia, con un giubbetto marrone e camicia rosa, saluta, per l’ultima volta, il suo pubblico, il pubblico del Milan. “Ci ho creduto fino a due settimane fa, mi sono perfino rivolto a dei maghi. Ora basta, grazie a tutti, ma non ai medici, se tornassi indietro non andrei più sotto i ferri”, le sue parole, quelle che riecheggiano anche in un San Siro in lacrime. Una scena entrata nella storia del club e, ovviamente, del Trofeo Luigi Berlusconi, quello vero, quando era l’amichevole di lusso del calcio estivo di casa nostra… Calcio 2OOO
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FOCUS ON / STORIA TROFEO BERLUSCONI
Edizione 2005, il brasiliano infortuna Buffon… XV Trofeo Luigi Berlusconi. In campo, come tradizione impone, Milan e Juventus. Meglio i bianconeri nel primo tempo, come conferma il vantaggio con Vieira. Ripresa pro Diavolo, con reti di Kakà e Serginho per il 2-1 finale. Tuttavia la calda serata passa agli annali per l’infortunio occorso a Buffon. L’estremo difensore della Vecchia Signora si infortuna, uscendo su Kakà, alla spalla. L’azione è delicata. Il brasiliano si presenta, tutto solo, davanti a Buffon che, in uscita bassa, con il braccio destro proteso, arpiona la palla. Kakà non riesce ad evitare l’impatto con il braccio del portiere: lussazione e lungo stop (oltre tre mesi) per il numero uno bianconero e della Nazionale. La dirigenza bianconera si innervosisce ma Galliani, dopo aver consultato Berlusconi, risolve la questione in maniera più che elegante, girando, in prestito, Abbiati al club piemontese. “Questa operazione è la sintesi di quei valori di amicizia e lealtà sportiva che dovrebbero sempre contraddistinguere lo sport a ogni livello pur in presenza di una forte e sana rivalità sul campo. Desidero pertanto ringraziare ufficialmente il presidente Silvio Berlusconi per un gesto che, da uomo di sport, considero di grande valore simbolico, oltre che di concreto aiuto nell'imminenza dell'avvio della stagione ufficiale”, dichiara Giraudo, uomo di punta della Juventus… Insomma, tutto rientrato. Amichevole doveva essere e amichevole è stata… 46
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BUFFON K.O.
La Juve perde il suo portiere, il Milan interviene...
foto Agenzia Liverani
LA VOLTA CHE KAKÀ…
FOCUS ON / STORIA TROFEO BERLUSCONI
Nessuno ha segnato più di Pippo al Berlusconi Difficilmente qualcuno potrà fare meglio di lui. Parliamo di Inzaghi, il capocannoniere per eccellenza del Trofeo Luigi Berlusconi. Il buon Pippo è stato in grado di mettere a segno ben sette reti nell’evento dell’estate milanese, quattro con la casacca del Milan e tre con quella della Juventus. Si parte forte. Doppietta nel 1998 (con la casacca bianconera). Nel 2000, sempre giocando nella Juventus, trova nuovamente il fondo della rete. Qualche anno di pausa ed eccolo nuovamente in rete. Nel 2006 il primo sigillo con i rossoneri (3-2 finale). Esagera l’edizione seguente: Milan-Juventus 2-0, doppietta di Inzaghi. L’ultimo gol nel 2008. Il Diavolo vince 4-1 e c’è anche Pippo tra i marcatori. Nessuno come lui, sempre e solo Pippo…
NESSUNO COME INZAGHI Pippo ha segnato più di tutti al Berlusconi
foto Agenzia Liverani
SEMPRE INZAGHI
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FOCUS ON / STORIA TROFEO BERLUSCONI
TUTTI PER RIVALDO
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L'ATTESA PER RIVALDO L'ex Barça fa il suo esordio proprio al Berlusconi
foto Agenzia Liverani
Prima di E.T. in maglia Milan, non va benissimo… Domenica 18 agosto. A San Siro si radunano 51.962 spettatori. Si gioca il XII Trofeo Luigi Berlusconi. Ancora una volta, Milan vs Juventus. Il Diavolo di Ancelotti riesce a superare la Juventus di Lippi solo ai rigori. Alla lotteria dei rigori finisce 3-1 per i rossoneri con Dida protagonista assoluto. Il portiere brasiliano para i penalty di Salas e Ferrara, regalando il trofeo al Milan. Tuttavia, il vero motivo per cui la gente è venuta a San Siro è un altro. La maggior parte di loro sono presenti per assistere alla prima in maglia rossonera di Rivaldo, l’acquisto per eccellenza dell’estate milanista. L’ex Barcellona gioca 62’, cerca per cinque volte la via del gol (senza fortuna) ma non lascia il segno come il popolo del Diavolo sognava. Manca l’assolo del fuoriclasse. L’applauso al suo ingresso in campo, nell’undici titolare, è comunque da ricordare. Tutti impazziti per E.T., l’asso venuto dalla Spagna per incantare il pubblico di San Siro. I media, il giorno seguente, lo “tutelano”. Il voto si aggira, in media, sul “6” politico. Si spera che sia stata l’emozione della “prima” a bloccarlo. Purtroppo il proverbio “… la prima impressione è quella che conta” si dimostra veritiero. Nei suoi successivi mesi da milanista, Rivaldo non incanta. Qualche sprazzo di bel gioco ma tante prestazioni da dimenticare. L’impressione avuta al Trofeo Luigi Berlusconi era giusta…
FOCUS ON / STORIA TROFEO BERLUSCONI
“IL PRESIDENTE CI TENEVA”
ERANIO PROTAGONISTA
La Juve perde il suo portiere, il Milan interviene...
foto Agenzia Liverani
Il ricordo di Eranio, decisivo nell’edizione 1996 Stefano Eranio conosce perfettamente l’atmosfera che si respira al Trofeo Luigi Berlusconi. Ha partecipato a diverse edizioni ma, soprattutto, ha deciso il match del 1996: MilanJuventus 1-0, rete di Eranio all’83’. L’ex centrocampista del Diavolo ricorda ancora quella partita: “Ricordo che era l’anno di Tabarez, uno che faceva giocare sempre i soliti e io, purtroppo, non ero nella lista di quelli che erano i cosiddetti titolarissimi. Ricordo che, a 10’ dalla fine della partita, mi disse di entrare. Il risultato era ancora sullo 0-0. Alla prima palla toccata, feci il gol che decise la gara. Tra l’altro anche un bel gol. Fu bello, una piccola rivincita per me, visto che volevo essere considerato maggiormente da Tabarez”. Eranio ci racconta dell’importanza che aveva il Trofeo Luigi Berlusconi ai suoi tempi: “Era, tra tutte le amichevoli, quella a cui il presidente Silvio Berlusconi teneva di più. Noi lo sapevamo ed infatti affrontavamo questo appuntamento sempre molto carichi. Tra l’altro si giocava contro la Juventus e, quindi, nessuno ci teneva a fare brutte figure, soprattutto in casa. Mi ricordo che c’era sempre tanta attesa, anche sui giornali. Ci tenevano tutti, giocatori e ambiente”.
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VOGLIA DI GRANDEZZA Ganz Jr punta ad una grande stagione con i lariani...
foto Image Sport - 3
SERIE B COMO
Ganz Jr alla conquista di Como di Tommaso MASCHIO
“Ho dimostrato quanto valgo. Voglio che mi conoscano come Simone Andrea e non come il figlio di Maurizio” 50
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U
n figlio d'arte che si è fatto da sé con esperienze non sempre positive in Lega Pro dopo essere cresciuto nel vivaio di una big come il Milan riuscendo infine ad affermarsi a 21 anni con la maglia del Como, trascinato a suon di gol in Serie B al termine di una stagione combattutissima. Simone Andrea Ganz si affaccia così alla serie cadetta da bomber dei lariani – 17 gol in 34 partite – per continuare la sua scalata nel calcio professionistico con un sogno in fondo al cuore: “Giocare e segnare a San Siro con la maglia del Milan”. Cresciuto nel Milan, ha esordito in Champions League contro il Bate, ma non in Serie A. Che ricordi ha di quel periodo? “È stato un periodo bellissimo. Poi riuscire a esordire a 18 anni in una competizione come la Champions League con la maglia del Milan è qualcosa che si sogna da bambini. Peccato per non aver fatto altrettanto in Serie A, ma non posso rammaricarmi di nulla, è stato già bello e importante poter giocare qualche minuto nella massima competizione europea”. Poi i prestiti al Lumezzane e al Barletta in cui però non è riuscito a mostrare tutte le sue qualità… “Non sono state positive dal punto di vista realizzativo visto che non sono riuscito a segnare in quelle due esperienze, ma mi sono servite per crescere e maturare. Ho imparato tanto e sono cresciuto come calciatore e come persona e per questo porterò sempre con me il ricordo di queste due annate. Tutto mi è servito per arrivare dove sono
SERIE B/ COMO oggi e fare quello che ho fatto nell'anno passato”. Infine Como. Tanti gol e una promozione conquistata ai play off. “Hanno puntato su di me, mi hanno fatto sentire la massima fiducia in ogni momento, anche in quelli più difficili e bui, e questo è stato fondamentale per me. Alla fine credo di averli ripagati sul campo con i gol e le prestazioni”. Alla promozione avete sempre creduto? “Sì, il gruppo ci ha sempre creduto anche quando è scivolato in classifica. Ci siamo messi sotto, abbiamo rimontato e agguantato i play off all'ultima gara, tra parentesi con una mia rete. A quel punto eravamo nella migliore condizione fisica e mentale e tutto è venuto più facile anche se sono state tutte battaglie le gare della post season”. Che rapporto si è creato con la piazza lariana? “È molto bello e positivo. Si respira un ottimo clima e sentiamo i tifosi vicini. Nell'ultima stagione siamo riusciti a riportare entusiasmo e persone allo stadio e nel finale di campionato abbiamo avuto anche 700 tifosi sugli spalti a spingerci verso la B. È stato davvero bello vedere la città elettrizzata per le nostre gare”. Cosa ha portato mister Sabatini da gennaio in poi? E qual è il suo rapporto con lui? “Molto buono, da quando è arrivato ha cambiato modo di giocare e mentalità facendoci esprimere al meglio. Ci ha dato qualcosa in più con le sue idee e mi ha aiutato a crescere ulteriormente. Devo
dire che anche con mister Colella mi sono trovato bene nella prima parte di stagione e lo ringrazio per quello che mi ha trasmesso”. Ora l'esordio in Serie B. Quali obiettivi si pone? “Sono a disposizione del mister e spero di poter fare bene anche in questa serie. Voglio confermarmi anche a livello realizzativo perché si sa che per un attaccante il gol è tutto o quasi. Non mi pongo traguardi, ma voglio far bene e aiutare la squadra a raggiungere i propri obiettivi”. Si parte dunque per puntare alla salvezza? “Si parte con questo traguardo in testa e cercheremo di raggiungerlo il prima possibile. Tutto quello che verrà dopo sarà tanto di guadagnato, ma intanto dobbiamo pensare un passo alla volta”. Il sogno nel cassetto è invece tornare un giorno in rossonero? “Ovviamente per un ragazzo come me, cresciuto nel vivaio rossonero, giocare a San Siro con quella maglia e magari segnare è il sogno. Ora però sono concentrato sul presente e sul segnare gol importanti con la maglia del Como”. Lei è un figlio d'arte. Quanto ha pesato, se ha pesato, questo fattore nella sua carriera? “Penso di aver dimostrato in questi anni chi sono e quanto valgo. Tutti mi hanno conosciuto come Simone Andrea Ganz e non come il figlio di Maurizio. E ci tengo a sottolineare questa cosa perché sono un uomo e un giocatore al di là del nome che porto e di quanto ha fatto mio padre in questo mondo”.
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Presidente Ultras di Sergio STANCO
Intervista esclusiva a Luca Di Masi, presidente-tifoso dell'Alessandria, attesa protagonista del campionato di Lega Pro 52
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IL NUMERO UNO Con un presidente cosÏ, tutto è possibile ad Alessandria...
foto Ivano Panarello
LEGA PRO ALESSANDRIA
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hi l'ha detto che tifosi si nasce? Si può anche diventarlo, magari anche in età adulta. Quello che succede più raramente, però, è che una volta che ti sei innamorato, capiti anche di ritrovarti a fare il presidente di quella squadra i cui colori, anzi il cui colore in questo caso, ti fa battere il cuore. E nel caso specifico quel colore è il grigio e quella squadra l'Alessandria, gloriosa compagine piemontese che dopo alcune vicissitudini societarie sta cercando di ritornare in alto. Ai livelli che le competono, si dice in questi casi. Ma quali sono? Ce lo spiega proprio Luca Di Masi, presidente del club: "Da quando ho preso in mano questa società ci racconta - ho sempre detto che non so quanto ci sarebbe voluto, ma l'avremmo riportata in Serie B. Potrebbe volerci un anno, due, cinque, non posso prevederlo, perché il calcio è imponderabile, ma prima o poi succederà. Speriamo 'più prima che poi'. E dopo, quando succederà, se mi rifarà la stessa domanda, le dirò il prossimo obiettivo, perché io sono un ambizioso di natura, non sto mai fermo, voglio sempre di più”. Ma l'Alessandria rispetto ai programmi iniziali è già avanti: "E' vero - conferma il presidente - perché al primo anno ci siamo guadagnati il diritto di entrare in Lega Pro, il secondo ci aspettavano di fare un campionato tranquillo e invece ci siamo ritrovati ai play-off. E avremmo potuto anche fare meglio se non avessimo commesso errori tecnici e di personalità. Quest'anno non mi nascondo, abbiamo rinforzato la squadra secondo i dettami del nostro nuovo allenatore. E se tutti dicono che siamo tra le favorite, allora significa che abbiamo fatto le cose per bene”. L'allenatore scelto alla fine di un lungo processo di selezione, fatto di veri e propri colloqui lavorativi, la scelta di calciatori che abbiano spiccate doti morali prima ancora che tecniche e un rapporto con la città che "invade" il campo sociale, sono solo alcuni dei metodi innovativi (bei metodi, ci verrebbe da dire) con i quali è gestita la società piemontese: "E' così - racconta Di Masi - l'allenatore l'ho scelto personalmente al termine di un processo di selezione di 4-5 tecnici. A me piace parlare faccia a faccia con le persone, le
LEGA PRO/ ALESSANDRIA voglio pesare, perché il lato umano non è secondario. Se le dico come mi ha convinto Scienza...”. E allora mettetevi comodi e gettate il telecomando, perché sembra un film: “Sono andato a trovarlo da lui, in un paesino sulle colline di Borgomanero - racconta il presidente - ci siamo seduti ai tavolini di un bar e abbiamo cominciato a chiacchierare come due vecchi amici. Ci siamo piaciuti, forse perché entrambi piemontesi e quindi poco inclini a vantarci ma essenziali, onesti e sinceri. Quando abbiamo capito che poteva nascere qualcosa, ci siamo addentrati nella tattica, sui giocatori da prendere. E dopo più di un'ora che parlavamo, ci siamo accorti che il bar era chiuso (ride, ndr)". Selezione dell'allenatore ma anche dei calciatori, dicevamo: "Siamo molto puntigliosi, cerchiamo di scegliere i giocatori, ma anche gli uomini. A volte sbagliamo, ma in tre anni sarà successo due, tre volte. Siamo una società leale e corretta, paghiamo gli stipendi puntualmente e cerchiamo di non far mancare nulla ai nostri ragazzi, ma chiediamo rispetto. E penso che i giocatori lo apprezzino: a giudicare dalla quantità di quelli che si offrono, direi che è così. Questa è una delle cose di cui vado più fiero, perché ho preso una società sull'orlo del fallimento e ora i calciatori si propongono". Ma sono tante le cose di cui il presidente è orgoglioso: "Innanzitutto vedere che la città è tornata a seguire la squadra: quest'anno stimiamo di arrivare a mille abbonamenti e a 5mila presenze allo stadio, per una realtà come la nostra non è affatto poco”. Una cosa da rimarcare, soprattutto se il presidente è davvero il primo tifoso della squadra, tanto da andare a guardare la partita in curva: "E' successo solo una volta precisa - l'ultima partita della stagione scorsa. Mi sentivo di farlo e l'ho fatto, ma poi tutte le altre le ho viste dalla tribuna, com’è giusto che sia. Anche se ad essere sincero in curva mi sentirei più libero, in tribuna mi devo controllare e non sempre ci riesco (ride, ndr). A parte gli scherzi, mi considero una persona equilibrata e devo scindere quello che è il ruolo del presidente e dell'imprenditore da quella che è la passione del tifoso, a cui comunque non voglio rinunciare, perché credo che sia un plus”. Quello che, però, ancora non sappiamo è come e quando sia
Non solo Rivera “Ogni volta che parlo a un calciofilo dell'Alessandria, mi dice: "Ah, Gianni Rivera". Ecco, noi siamo orgogliosi del nostro passato, dei nostri 103 anni di storia e anche che Rivera abbia vestito la nostra maglia, anzi che ci sia cresciuto dentro, ma vogliamo dare all'Alessandria anche un presente e un futuro”. Per questo Di Masi ha potenziato il settore giovanile e manda i suoi giocatori nelle scuole a insegnare i valori dello Sport: “Vogliamo che l'Alessandria calcio non sia solo la squadra della città ma parte integrante del tessuto sociale. Sa qual è la cosa che mi rende più felice? Vedere un bambino in giro per Alessandria con la maglia grigia indosso. In quel momento capisco che siamo sulla strada giusta”. sbocciato questo amore: “Sono di Torino e già a 4-5 anni mio nonno mi portava a vedere le partite del Toro. Sono un appassionato vero, tanto che poi nel corso degli anni andavo in giro per campi di provincia a vedere le partite. Un giorno incappo in una gara di Serie D, a Vigevano. Per la prima volta vedo le maglie grigie dell'Alessandria in campo e i suoi splendidi tifosi sugli spalti. E' stato un colpo di fulmine. Da allora ho cominciato ad andare a seguire le partite in casa e, quando potevo, anche in trasferta”. E qualche anno dopo... “Ho saputo delle difficoltà economiche del club e della possibilità di acquistarlo: non ci ho pensato un attimo e non ho aspettato che fallisse, l'ho rilevato subito per evitare salti di categoria all'indietro. Non ero in cerca di una squadra da acquistare, ho preso l'Alessandria perché è la squadra di cui sono tifoso. Essere presidente di una squadra di calcio non è affatto semplice, ancor meno in una piazza prestigiosa come Alessandria, ma nonostante tutto non mi sono mai pentito di averlo fatto”. D'ora in avanti, quando sentirete qualcuno dire che in questo calcio non c'è più spazio per il romanticismo, potrete sempre ripensare a questa storia.
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CHIERI … E TI SARÀ DATO di Simone TONINATO
FRANCO SEMIOLI È RIPARTITO DA QUI, A POCHI PASSI DA TORO E JUVE. IL SOGNO È CHIUDERE LA CARRIERA IN AZZURRO, MAGARI TRA I PRO 54
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CI PENSA LUI Semioli ha voglia di fare grande il Chieri
foto Gaidano & Matta - 3
SERIE D CHIERI
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alla Nazionale al Chieri, cosa cambia? Una infinità di cose, non v’è dubbio, ma è uguale il minimo comune denominatore: il pallone con cui si gioca. Il calcio. È questo il motivo per cui Franco Semioli, oltre trecento presenze tra A e B, ha colto l’occasione al volo, pur di soddisfare la propria voglia di giocare. "Dopo un anno di inattività a causa di un infortunio – dice il neo capitano chierese – ho deciso di trovare una squadra che potesse darmi soddisfazioni. Anche perché mia moglie non mi sopportava più, ero sempre a casa (ride, ndr). Mi sentivo un leone in gabbia, poi per fortuna sono stato meglio". E allora via, in serie D e vicino casa: "A Chieri ho trovato stabilità e dopo il buon campionato ho rifiutato qualche altra offerta, anche dalla Lega Pro, perché non mi sembrava logico, a 35 anni, spostare la famiglia, magari per un anno solo. Grauso (ex capitano del Chieri, ndr) mi diceva di venire e l’ho ascoltato. Qui ho trovato il presidente Gandini, una persona fantastica". Adesso un nuovo ritiro pre-campionato e la fascia di capitano arrivata dopo una stagione splendida… "Per me ricoprire questo ruolo è davvero importante, non solo a parole. Grazie alla carriera che ho fatto posso essere di esempio per i giovani. Questo è il mio obiettivo. L’anno scorso c’era chi mi chiedeva informazioni e suggerimenti, per me è stato bello poter dare una mano. Da capitano accetterò le maggiori responsabilità che il ruolo comporta, sapendo di rappresentare una società ambiziosa". Prima dicevamo che ha rifiutato an-
SERIE D/ CHIERI che offerte dalla Lega Pro per rimanere a Chieri. Chiuderà la carriera con questa maglia? "Ho detto che è arrivata qualche offerta, ma nessuna era irrinunciabile. Ormai ‘offertone’ non ne arrivano più e allora preferisco continuare a giocare per passione e divertirmi. E poi volevo dare un segnale forte alla società, abbiamo fatto un’ottima stagione e nella nuova cercheremo di far meglio. Magari, chissà, farò anche qualche gol in più. Sul chiudere con questa maglia, penso di si, perché si tratta di una società importante, con ottimi progetti. Dopo aver girato per una quindicina d’anni, qui sto bene, sono tranquillo e ho la famiglia". Mettiamo caso che la maglia fosse la stessa, ma che la categoria fosse migliore. Non sarebbe una brutta idea, no? "Questo lo vorrei davvero tanto. La promozione l’ho sognata già lo scorso anno, ma purtroppo non ce l’abbiamo fatta. L’idea di puntare alla Lega Pro e poi disputare un altro campionato tra i professionisti sarebbe il massimo. La società ha allestito una rosa competitiva e cercheremo di fare il possibile per salire, ma sempre rimanendo concentrati e volando bassi". Il terzo posto dell’anno scorso è stato un assaggio di ciò che potrebbe avvenire. Poi ai play off è andata male e lei è rimasto ai box. C’è tanto rammarico? "La verità è che siamo arrivati scarichi e pieni di infortuni. Questo ci ha penalizzati. Ma non va a scalfire quanto di buono abbiamo fatto, probabilmente nessuno pensava che saremmo arrivati così in alto. Adesso cercheremo di far meglio". Agli spareggi vi ha eliminati il Borgosesia di mister Manzo, che adesso è il vostro allenatore. Che ne pensa? "L’ho conosciuto un mese fa, ma ho avuto modo di vedere come lavora sulle sue squadre. Devo dire che è un tecnico preparato. Darà a tutti noi quel qualcosa in più che poi dovremo mettere in campo. In serie D è un aspetto importante e può fare la differenza".
locità di gambe, ma aumenta quella di pensiero. Fortunatamente ho sempre avuto l’abilità di anticipare la giocata e in questa categoria la testa conta molto. Non faccio più i cento allunghi dei miei diciotto anni, magari ne faccio cinquanta ma con più ragionamento. So quando andare e quando invece desistere. È diminuita la resistenza ma sono più esperto, la differenza sta tutta qui". Anche in base a questo, ha maturato delle preferenze riguardo a un modulo in particolare? "In realtà non ho mai avuto un modulo preferito e sono sempre caduto un po' dalle nuvole quando mi hanno fatto questa domanda. Posso dire di essere un giocatore eclettico e di essermi sempre adattato alle esigenze della squadra. Con Del Neri, c’era da fare il 4-4-2, con Atzori il 3-5-2, a Salerno il 4-3-3, ho sempre fatto ciò che mi si chiedeva dal centrocampo in su. Di sicuro il ruolo che mi si addice di più è l’esterno, perché mi piace svariare sulla fascia. Ho giocato anche dietro le punte, ma preferisco le corsie laterali, destra o sinistra non è mai stato un problema". E se domani invece di adattarsi a un modulo, fosse lei a deciderlo. Si vede allenatore? "Ci ho pensato, ma credo sia ancora prematuro, ragiono ancora da calciatore. Spero di poter fare qualche altra stagione, finché il fisico reggerà e poi appenderò le scarpette e deciderò. Chi lo sa, potrebbe accadere anche quest’anno, nella vita non si può mai sapere, magari arriva una proposta a sorpresa. Mi piacerebbe anche fare il direttore sportivo, ma potrò scegliere solo una volta che avrò smesso di giocare".
Atleticamente, invece, come si sente? C’è ancora tanta benzina nel serbatoio? "Mettiamola così, diminuisce la ve-
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I RE DEL MERCATO / DARIO CANOVI TUTTI IN PISTA
La famiglia Canovi respira calcio da sempre
DI PADRE IN FIGLI La dinastia dei Canovi si racconta. Da Falcao a Thiago Motta, da Scifo a Ma Mingyiu. di Marco CONTERIO foto Sara BITTARELLI Calcio 2OOO
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ario, Alessandro, Simone. La dinastia dei Canovi si racconta, nel suo ufficio di Roma. Guardano al passato, al presente e al futuro. Dagli albori al domani, svelano i loro segreti e le loro speranze. Inizia l'avvocato Dario Canovi, il capostipite di questa fortunata generazione, e parte guardando lontano. Lontanissimo. “Nel '68 ero in Canada, a Montreal. Lì sono diventato avvocato ed anche cittadino canadese”. Partiamo da lì, allora. Dal Canada. “Ero direttore dell'associazione emigranti, una sorta di piccolo parlamento consultivo. Mi sarebbe piaciuto anche fare il giornalista, ma nel mio destino c'è sempre stato quello dell'avvocato, ho anche due lauree in giurisprudenza. In vita mia ho viaggiato tanto, anche grazie al mio incarico di legale del costruttore Mario Genghini”. Ha qualche ricordo particolare? “Tanti, tantissimi. Per lui sono andato anche in Iraq, a Baghdad. Era una città molto europea, nei ristoranti si poteva anche bere. Ricordo, come fosse oggi, che nelle strade tutti suonavano il clacson. Sempre. E poi quell'albergo... Aveva tutte mattonelle diverse, e non certo per una scelta stilistica. Partivo il venerdì, lì è giorno di festa, contando il ritorno in Italia lavoravo sette giorni su sette. Poi la Nigeria, il Guatemala, l'Arabia ed un TANTA PASSIONE Per fare bene il proprio lavoro, bisogna amarlo alla follia
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Sette ore con Rafiq Hariri mi hanno segnato la vita (dario canovi) incontro che non scorderò mai”. Prego. “Con Rafiq Hariri, è stata un'esperienza eccezionale. All'epoca era un giovane libanese, poi è stato anche primo ministro libanese, tragicamente assassinato in un attentato. Ho fatto un viaggio in aereo con lui, da Ginevra a Riyad e posso dire di aver imparato più in quelle sette ore che in sette anni di vita”. Anche nel calcio, lei ha incontrato grandissimi personaggi. “Mantovani, Viola, Pellegrini, Sensi. Solo per dirne alcuni e senza voler fare un torto a nessuno, è chiaro”. Inoltre ha sempre stretto un grande rapporto coi suoi assistiti. “Prima parlavo di Mantovani, una persona con la quale ho intrapreso lunghe chiacchierate di lavoro grazie a Toninho Cerezo. Due persone divertenti, con un sense of humour incredibile. Sul menù di nozze di Victor Munoz, i giocatori della
Sampdoria hanno apposto le loro firme con una scritta chiara. ‘Rinnoverebbe il contratto di Cerezo per cinque anni?'”. E la risposta di Mantovani? “Fu chiara: ‘per uno sì'. E mantenne la promessa. Un'altra volta, invece, gli promise il rinnovo con una firma sulla mano, io dissi a Cerezo di andare subito all'ufficio fotocopie... Toninho, però, mi ha regalato tanti, tantissimi momenti belli”. Via con l'aneddoto, allora. “Una volta lo aspettavo a pranzo. Arrivò alle venti. Vide dei ragazzetti che giocavano a pallone all'Eur e si fermò per tutto il pomeriggio a giocare con loro. Un'altra, invece, doveva venire a cena il venerdì sera con Bruno Conti. Il giovedì sento suonare il campanello: avevano sbagliato giorno. È una persona unica, con un cuore grande così e che aiuta molto anche i ragazzi sfortunati in Brasile”. La sua carriera da agente, però, non iniziò con lui. “No, chiaro. Tutto ebbe inizio con Giancarlo Morrone, quando militava nell'Avellino. Grazie a lui sono diventato il primo avvocato fiduciario dell'Assocalciatori. Dopo di lui Montesi, Viola, D'Amico e tanti altri. A Montesi sono legati ricordi importanti”. Fu colui che fece scoppiare lo scandalo scommesse. “Qualcuno cercò di indurlo a truccare la gara contro il Milan, non riuscì a tenersi
I RE DEL MERCATO / DARIO CANOVI UN GRANDE MAESTRO Dario Canovi, uno che ha fatto la storia del calciomercato
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I RE DEL MERCATO / DARIO CANOVI SEMPRE SUL PEZZO Dario Canovi ha fatto la fortuna di tantissimi campioni e societÃ
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“” Il rinnovo di Falcao venne firmato nello studio di Andreotti
TOCCA A LORO
La famiglia si è allargata ma la competenza è sempre al massimo
(dario canovi) tutto dentro e lo raccontò alla stampa. Fu squalificato per sei mesi per omessa denuncia ma era un calciatore tutto d'un pezzo, impegnato politicamente e culturalmente”. La lista di chi ha assistito nel corso della sua carriera è lunghissima. “Da Bruno Conti a Scifo, da Collovati a Tacconi, da Balbo a Falcao, da Dossena a Lorieri, da Robbiati a Renica, chi in un'occasione chi in un determinato periodo, chi per tutta la sua carriera. Ma potrei continuare a lungo...”. Parliamo di Falcao. “Aveva problemi con la Roma, io fui contattato dal suo agente Colombo. Era a fine contratto, mi contattò per il passaggio all'Inter. Era tutto fatto ma poi arrivò un telegramma di rinuncia da parte dei nerazzurri”. Con un retroscena davvero gustoso. “Già. Viola, presidente della Roma e grande amico di Andreotti, avrebbe chiamato Fraizzoli, che era il presidente dell'Inter. Raccontano di una domanda chiara: ‘fornisci le divise ai militari?'. ‘Le fornisco anche ora...”. Ecco. Sfruttando l'amicizia importante, Viola avrebbe convinto l'Inter a rinunciare. Chissà se è andata davvero così. Quel che è certo è che poi il rinnovo di Falcao si firmò nello studio di Andreotti”. A proposito di presidenti, lei ha avuto a che fare anche con Pontello della Fiorentina. “Il Conte mi chiamò perché voleva che lo aiutassi con Socrates, purtroppo scomparso poche settimane fa. Voleva che lo aiutassi a venderlo: Pontello mi dette un pacco di scontrini dell'autostrada. Erano tutti delle quattro di notte, il casellante di Montecatini li portava spesso al Conte che non poteva né voleva tenere il brasiCalcio 2OOO
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I RE DEL MERCATO / DARIO CANOVI TOTALE APPLICAZIONE Mai una pausa, sempre in prima linea per il meglio dei propri assistiti
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Thiago Motta il giocatore che mi ha dato più soddisfazioni morali e lavorative (alessandro canovi) liano ancora in squadra”. Tra le grandi, ha fatto spesso affari anche con l'Inter. “Il presidente Pellegrini faceva fare la perizia grafica ai giocatori. Li invitava a cena, questi firmavano un autografo con la scusa di una dedica e poi Pellegrini li faceva analizzare dalla moglie. Chissà se è per questo che l'Inter non prese Guardiola...”. Guardiola? “Già. Lui e Stoichkov. Dovevano trasferirsi all'Inter, nel ‘93, andai a Milano con l'agente Josep Minguella. Credo sia stato per decisioni tecniche di Bagnoli che poi preferì Jonk e Bergkamp, ma chissà se anche lui non avrà passato l'esame di grafologia”. Ebbe a che fare anche con una grandissima figura del calcio italiano: Enzo Bearzot. “Sono stato il suo difensore d'ufficio, era stato querelato da due giornalisti. Il pretore mi dette questa nomina, chiamai in Federazione un po' imbarazzato ma l'incarico fu confermato. Poi il giornalista rimise la querela e ricordo ancora la frase di Bearzot in tribunale. ‘Si ricordi che non gliel'ho mai chiesto' gli disse con fare burbero”. Non solo pallone, però, tra i suoi assistiti annovera anche rugbisti e schermidori. “Si, anche medagliati importanti. Quella del rugby è sempre stata una mia passione: ho giocato da giovane, come trequarti, ma pesavo sessanta chili bagnato. Mi sono distrutto un ginocchio in una partita, quando ero al San Gabriele contro il Liceo Righi: mio fratello fece la
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L'IMPORTANZA DEI GIOVANI Con le giovani promesse si possono raggiungere grandi obiettivi
crescere i giovani è la gioia più grande (Simone canovi) meta decisiva, ma i giornali sbagliarono e risultai io come il match winner”. Alessandro Canovi lo ascolta, poi si confessa. È il primo dei due figli della dinastia. Nato coi giovani, “con Di Vaio, Nesta, Fiore e Baronio”, è anche lui laureato in giurisprudenza. “È chiaro che questo cognome sono stato agevolato, ma altrettanto giudicatoesordisce sincero-. Il primo incarico, la prima esperienza, è stata da portantino: dovevamo fare Scifo dal Torino all'Auxerre, così affittai una macchina ed andai in Francia per chiudere l'accordo, perché nessuno mi conosceva. Neanche Vincenzo e, quando arrivai davanti a lui mi disse ‘e tu chi sei?'”. Tanta esperienza, ma anche tanta gavetta. “Ripeto, ho iniziato coi giovani che mi hanno regalato importanti soddisfazioni. Però ad un certo punto della carriera, lavorare era difficilissimo. Con la prima Gea, soprattutto, il mercato era saturo e non era possibile emergere”. E come cercò la rinascita? “All'estero. Scappai dall'Italia, fuggii. Lo feci grazie ad Alessandro Gaucci, una persona che non finirò mai di ringraziare. Mi mandò in Cina e Giappone, fu un'esperienza meravigliosa. Di vita, è chiaro, ma anche di lavoro: portai in Italia Ma Mingyiu”. Il capitano della Cina. Da noi, però, non ebbe grande fortuna. “Con lui e da lui, però, è ricominciata la mia vita professionale. È stata un'esperienza unica, e poi il ragazzo è di un livello umano incredibile. Così come Jorge Cysterpiller, l'altra figura grazie alla Calcio 2OOO
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I RE DEL MERCATO / DARIO CANOVI IL CALCIO NEL SANGUE In casa Canovi il pallone è argomento quotidiano...
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I RE DEL MERCATO / DARIO CANOVI nitiva, Thiago voleva andare a Parigi. E così è stato, così ha iniziato quella splendida avventura". Il lavoro e i sogni, come scuola di vita. Simone Canovi sorride. “Perché queste storie le sento, le ascolto da quando sono piccolo. Figuriamoci che a scuola le uniche assenze le facevo per stare con mio padre, per viaggiare con lui. Però mi davano i giocattoli ed io preferivo assimilare le loro discussioni”.
quale ho potuto vivere una seconda carriera. Organizzava servizio hosting per le competizioni sudamericane ed è grazie a lui, nel ‘99, che sono venuto a contatto con il mondo asiatico, conoscendo l'allenatore del Giappone che partecipava alla Coppa America del ‘99, Troussier”. Nella sua geografia, c'è anche tanto spazio per la Spagna. “Anche adesso faccio la spola tra Roma e Barcellona, dove ho uno splendido figlio. E lì, in Catalogna, ho conosciuto Thiago Motta. Nell'interregno che ha portato poi alla presidenza di Laporta, per motivi di bilancio, stavo per chiudere col Milan uno scambio tra lui e Josè Mari. Poi al Barça si è perso, con lui ho interrotto i contatti per due anni”. E come sono ripresi? “Era in difficoltà, dopo gli infortuni, dimenticato da tutti. Aveva un'offerta dall'Inghilterra, dal Portsmouth. Mi chiamò suo padre, l'affare non si chiuse. Così decisi di proporlo a Preziosi, che con suo figlio Matteo sono due persone dall'intuito incredibile. Era svincolato, ma tutti dicevano che non si sarebbe più ripreso dagli infortuni. Fece due visite, di nascosto, a Pavia ed a Milano: tutti pensavano che il Genoa avrebbe preso Appiah, ma la trattativa si chiuse a Desenzano. Sono stato ottimo mediatore tra le parti: riuscii a farli incavolare entrambi con me, in modo che si amassero subito. Thiago Motta deve la sua carriera, la sua rinascita, a Preziosi ed è il calciatore che mi ha dato più soddisfazioni morali e professionali”. Poi l'Inter, poi il PSG. “Le mie parole sono state la rottura defi-
Agente di calciatori per scelta o per conseguenza? “Lo faccio perché non ho mai pensato ad un'alternativa. Ho una laurea in giurisprudenza, un master in business amministrativo, ma a diciotto anni pur di stare in ufficio mettevo in ordine l'archivio pur di stare qui. Il classico lavoro che nessuno voleva fare, io ero ben felice di farlo”. E sul campo come e quando inizia? “Con Fabio Quagliarella. Era il ‘98, faceva il Viareggio sotto età con il Torino. Ero sugli spalti, a vedere una partita e Lattuca, un agente amico di mio padre che mi insegnava i trucchi del mestiere, mi disse: ‘torna con 6 numeri di telefono e 3 giocatori da prendere in procura'. Tornai con 10 numeri e 5 giocatori, tra i quali c'era anche Fabio”. E come lo conobbe? “Eravamo nello stesso albergo, quindi casualmente. Nel calcio, talvolta, le cose iniziano anche così. Era da due anni al Toro, poi passò alla Fiorentina ma Vierchowood non lo voleva. Invece, guardate che carriera ha fatto Fabio...”. Sotto gli occhi le saranno passati centinaia di calciatori: c'è qualcuno che ha smarrito un talento infinito? “Un nome su tutti: Gasperino Cinelli. È stato il miglior giocatore di un Viareggio, con la maglia della Lazio, era un Cassano. Doti incredibili, giocate pazzesche: era considerato uno dei talenti del calcio italiano, uno su cui costruire anche il futuro della Nazionale. Adesso è tra i Dilettanti, perché evidentemente non ha saputo reggere la pressione”. Proprio coi giovani e dai giovani è giusto ripartire. “Crescerli e vederli sbocciare è la gioia più grande per un agente. Uscire dal
settore giovanile è come uscire dal collo della bottiglia: per loro è un momento delicatissimo, soprattutto per il fattore psicologico. E qui il procuratore deve intervenire, per supportare l'assistito in tutto e per tutto. Adesso li supportiamo anche dal punto di vista fisico, dando loro dei programmi personalizzati con dei preparatori ad hoc. Cerchiamo di fargli dare il massimo, di farli arrivare al massimo e di non fargli mai avere un rimpianto in carriera”. Poi, la dinastia si riunisce intorno ad un tavolo. “Dipingereste un undici ideale dei vostri assistiti?”. Tornano bambini. Dario Canovi, il padre, coi figli Alessandro e Simone. Studiano e riflettono. Discutono. Cambiano schema, cambiano gli uomini, tanti sono i giocatori di qualità e valore assistiti e supportati nel corso degli anni. “Lorieri tra i pali. Poi Sensini e Nela terzini. In mezzo mettiamo Nesta e Ferri. A centrocampo Di Biagio con Thiago Motta, Falcao e Cerezo. Davanti Bruno Conti e Giordano. Ma Rummenigge? E Manfredonia? E Dossena? E Platt? E Tacconi? E gli altri?”. Scene di famiglia. Scene di una dinastia vincente, quella di casa Canovi.
Intervista di Marco Conterio Calcio 2OOO
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foto Sergio Stanco
I GIGANTI DEL CALCIO LEO JUNIOR
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I GIGANTI DEL CALCIO / LEO JUNIOR SEMPRE NUMERO UNO Gli anni passano ma Leo Junior resta un gigante del calcio
A Rio del Janeiro incontriamo Leo Junior, indimenticato campione brasiliano di Flamengo, Torino, Pescara e Seleção negli Anni '80 e '90 di Sergio STANCO
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l Flamengo a Rio è una religione. Quando gioca, la città si ferma. E se segna, ti capita anche di vedere gente che spara i fuochi d'artificio per strada. E non esageriamo, l'abbiamo visto con i nostri occhi. Così come ci è capitato di essere in favela mentre il Mengão faceva due gol in un minuto: eravamo su un pulmino più o meno pubblico, l'autista ha prima cominciato a strombazzare, poi ha inchiodato davanti ad un bar (se così possiamo definirlo, sembrava la veranda abusiva di un appartamento fatiscente) ed è sceso a guardarsi il replay alla TV, incurante di bloccare il traffico. E a chi suonava, dava la buona novella: “Ha segnato il Flamengo” urlava. E dietro, anziché arrabbiarsi, cominciavano a strombazzare pure loro. Non l'avessimo vissuto in prima persona, non ci crederemmo neanche noi. I tifosi rubronegro si vantano di essere in 60 milioni, un po' come se l'Italia intera tifasse una sola squadra. Forse è esagerato, forse anche no, ma sul muro della sede campeggia una scritta a caratteri cubitali: "O club mais
querido du mundo". Il club più amato al mondo. A Madrid, Barcellona, Buenos Aires, Manchester, Londra e in Italia, in molti sorrideranno, ma noi abbiamo viaggiato tanto, visitato stadi in tutto il Mondo, assistito a partite e annusato passione a tutte le latitudini, ma un legame così forte, per ora, non l'avevamo mai visto. Il Maracanã traboccante è uno spettacolo che auguriamo di vivere a tutti gli amanti del calcio. Ora pensa-
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foto Sergio Stanco
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In tanti anni di carriera, mai un infortunio. Il dottore dice perché sono cresciuto giocando in spiaggia. Non so se sia vero, ma mi piace pensarlo
te a quanto amore possa veicolare e ricevere colui che, quella maglia, l'ha indossata 857 volte e l'ha onorata alla grande fino all'ultimo giorno della sua carriera. E anche in questo caso non esageriamo, visto che a 38 anni ha trascinato il Mengão ad uno “scudetto” tanto entusiasmante quanto inatteso. E fa niente se in sede ci hanno messo la statua di Zico, nessuno potrà taroccare i numeri: nella storia, in cima a quella classifica, e tatuato nel cuore dei tifosi rubronegros, ci sarà sempre stampato “maestro”. Così, ancora oggi, i supporters del Flamengo chiamano Leo Junior, centrocampista indimenticabile che negli anni '80 ha calcato i campi anche della nostra Serie A. E proprio quando la nostra Serie A era il top. Torino e Pescara, 5 anni da noi (3 in granata e 2 in biancazzurro) nei quali ha trascinato i piemontesi ad un passo dallo Scudetto e si è fatto amare pure in Abruzzo. Regista vecchio stampo di classe sopraffina, anima del Brasile che in molti considerano il più forte della storia, al di là dello scarno Palmares, che si è inchinato a quella che è sicuramente stata l'Italia più amata della storia (quella dell’82 ovviamente). Certamente il Brasile più
Oggi Junior si diverte a suonare Samba con il suo gruppo
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I GIGANTI DEL CALCIO / LEO JUNIOR LEO GRANATA
foto Agenzia Liverani
Tre anni con la maglia del Torino e un secondo posto storico
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I GIGANTI DEL CALCIO / LEO JUNIOR LEO BIANCAZZURRO
foto Agenzia Liverani
Dopo l’esperienza con il Toro, due anni a Pescara prima di far ritorno in Patria
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I GIGANTI DEL CALCIO / LEO JUNIOR
foto Sergio Stanco
bello, quello con maggior classe, che condensava l'estro di Zico e a centrocampo univa la tecnica di Junior, appunto, a quella di Socrates, Falcao e Toninho Cerezo. Fuoriclasse e tutti, a loro modo, anche personaggi. E pensare che nel centro sportivo del Flamengo al “Maestro Junior”, così testuale recita la targa, hanno dedicato un campo, sì, ma di beach soccer. Già, perché se Leo con la Seleção ha vinto pochino (anzi praticamente nulla) sulla sabbia, con addosso la maglia verdeoro della Nazionale, era imbattibile. È considerato ancora oggi il miglior giocatore della storia del Brasile. E non può essere altrimenti, visto quello che ha vinto con la casacca verdeoro a fine carriera calcistica (4 coppe America e 2 Mondiali) e fino all'età di 47 anni. La spiaggia, dunque, elemento naturale e irrinunciabile del suo vissuto, ma anche del suo successo: “In tanti anni di carriera, mai un infortunio - ci dice - il dottore dice che è perché sono cresciuto giocando in spiaggia. Non so se sia vero, ma mi piace pensarlo. La cosa che più mi è mancata quando mi sono trasferito a Torino è stata proprio il mare. In Primavera facevo grandi passeggiate sul Po, sognando di essere a Rio e cercando di dimenticare il freddo. Pensa che d'inverno mi allenavo
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La Serie A era il top.. C'erano Diego (Maradona, ndr), Michel (Platini, ndr), Zico, Cerezo, il meglio del calcio mondiale col giubbotto, il preparatore mi prendeva per pazzo. Mi diceva: “Ma dove cazzo (testuale, ndr) pensi di andare conciato così?”. E io: “Lascia stare, non me lo tolgo neanche morto”. E sai che anche questo mi ha aiutato? Di solito in inverno si prende peso, io sono rimasto uguale e questo mi ha permesso di giocare sempre allo stesso ritmo, di non accusare il cambio di stagione. Certo che allenarsi col giubbotto, una fatica... (ride, ndr)”. Grande giocatore e grande personaggio, dicevamo. Oggi, oltre ad essere osannato dai tifosi del Flamengo, fa il commentatore del Brasilerao per la TV Globo, ma non solo. Noi, infatti, lo in-
contriamo a un concerto. Solo che il cantante è lui. Lo scopriamo quasi per caso, ma a quel punto non possiamo esimerci. Per noi gli Anni '80 rappresentano l'apice della nostra carriera calcistica, anche se a quei tempi eravamo solo telespettatori, è l'occasione di un tuffo nel passato, in un calcio che non esiste più ma che andrebbe rimpianto ogni giorno. Ci presentiamo all'ingresso e non possiamo sbagliarci, perché è proprio lì che vediamo Junior stringere mani e firmare magliette del Flamengo. Sempre col sorriso stampato sul volto. Due chiacchiere con chiunque gli si avvicini e migliaia di fotografie con i suoi fans. Attempati, ma anche ragazzini che in campo non l'hanno mai visto, ma lo venerano come fosse ancora il capitano. D'altronde, per chi oggi deve accontentarsi di esaltarsi per Guerrero, Junior deve sembrare un extraterrestre. Ci avviciniamo anche noi: “Maestro, sono un giornalista italiano posso disturbarla?”. “Ma certo amico mio - ci risponde con un sorriso - sei venuto a vedere cosa succede eh (ride, ndr)?”. È ingrigito, ma il carisma è sempre quello. Si siede sullo sgabello e dirige i suoi come faceva una volta. E fa niente se 30 anni fa dava indicazioni a Zico - che non per tornare sull'argomento e rispolverare LEO REGISTA
Junior dirige il suo gruppo Samba da Sopa come faceva con i suoi compagni in campo
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Torino e Pescara ci sono rimaste nel cuore, abbiamo tanti amici. Io sono il padrino di tanti figli di amici di Torino e Pescara gazzinieri. E io finivo sempre a cantare. Corradini imbracciava la chitarra e io starnazzavo (ride, ndr)”. Così è nato il Torino che ha sfiorato la storia, quello che con Junior si è dovuto inchinare solo al Verona di Bagnoli in uno dei campionati più elettrizzanti e sorprendenti che si ricordi. Con le regole di oggi sarebbe finito in Champions League, da protagonista. Un idillio che si è rotto per una dichiarazione incauta di mister Radice: “Ero al terzo anno col Torino - racconta - e vivevo una situazione strana perché continuavo ad essere sostituito.
Non ero più un ragazzino (all'epoca aveva 33 anni, ndr) dunque sapevo quando giocavo bene o quando giocavo male, ma avevo la sensazione che non cambiava nulla, venivo sostituito sempre. E proprio perché ero cosciente di quanto facessi, non avevo bisogno di leggere i giornali il giorno dopo la partita per vedere le pagelle. Solo che un giorno mi chiama un giornalista di Tuttosport: "Leo, hai letto il giornale?". "No, perché?". "Scendi a comprarlo, ti richiamo fra mezz'ora". Allora vado in edicola e leggo la famosa dichiarazione di Radice: “Non sono l'assistente sociale di Junior”. È stato come ricevere un pugno nello stomaco. “Se io ho bisogno di un assistente sociale, lui si deve far vedere da uno psichiatra”, dettai al giornalista. E lui, impaurito: “Ma posso scriverlo?”. “Devi, se no cosa mi hai chiamato a fare? Hai scritto quello che ha detto lui? Adesso scrivi pure quello che ti dico io”. Col senno di poi si sarebbe potuta gestire diversamente, ma allora la presi davvero male, mi offese nella mia professionalità e nella mia persona. In quei tre anni al Toro lui aiutò me, ma io fui fondamentale per lui, non meritavo un trattamento simile. A fine stagione mi proposero di
Un vero maestro Di Fabrizio Ponciroli
Una carriera top per un vero top player…
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stilo carioca c'è scritto sulla maglia celebrativa che Junior indossa per l'8° anniversario del suo gruppo Samba. In realtà, Leo è carioca solo d'adozione, per meriti acquisiti sul campo, perché è nato nel 1954 a Joao Pessoa, capitale dello stato di Paraiba. Cresce però nel settore giovanile nel Flamengo, in particolare inizia con quello che in Brasile chiamano Futsal, il nostro calcio a 5. Poi passa a quello a 11 e comincia a diventare una colonna del Mengão, con il quale vince praticamente tutto: 3 campionati, 1 Copa Libertadores, 1 Coppa Intercontinentale. A 29 anni decide di provare l'avventura in Italia per seguire tanti suoi connazionali e misurarsi con i calciatori più forti al Mondo. Si trasferisce al Torino: in maglia granata impressiona tutti e trascina i compagni a un soffio dallo Scudetto nel 1984-85 (vince il Verona, Torino secondo a 4 punti). Era il Toro di Junior, ma anche di Capitan Zaccarelli, di Comi, Danova, Corradini, Francini, Caso, Dossena, Schachner, Serena e tanti altri campioni. Poi la lite con mister Radice e il trasferimento al Pescara di Galeone (e 72
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Gasperini), con il quale ottiene la salvezza al primo anno ma non riesce a concedere il bis nel secondo. Nonostante avesse diverse offerte, anche importanti, lascia l'Italia e torna al Flamengo per coronare il sogno del figlio Rodrigo, che vuole vederlo giocare al Maracanã. A Rio, a 38 anni, corona anche il suo sogno, cioè quello di vincere un altro Brasilerao con la maglia del Flamengo prima di chiudere definitivamente la carriera. Sull'erba, perché invece sulla sabbia continua a dare spettacolo e a vincere con la maglia della Seleção di Beach Soccer. Oggi suona il Samba e racconta calcio in TV, ma non è una novità: già in Italia, quando giocava a Pescara, conduceva una trasmissione chiamata “Brasi... Leo” che andava in onda il lunedì sera su Telemare e nella quale, oltre a suonare, rispondeva alle telefonate dei tifosi in diretta, insegnando calcio. Un maestro, appunto.
Si ringrazia Panini per la gentile concessione delle immagini
vecchie ferite dello zio Leo, ma il “Pelé bianco” da Junior prendeva lezioni - e oggi dirige il "Samba da sopa" (letteralmente "Il Samba della zuppa", il nome del suo gruppo musicale), la leadership è la stessa. Indiscussa. Il maestro conduce le danze, nel vero senso della parola, e lo fa sempre con la classe innata che lo contraddistingue. La stessa con la quale poi ci concede un'amabile chiacchierata: “Ah l'Italia - ci racconta - mi manca, ci manca. Ci siamo trovati benissimo io e mia moglie. A parte all'inizio, il freddo di Torino e un po' l'ambientamento, poi è stato fantastico. Tanto che ancora oggi ci torniamo almeno un paio di volte all'anno. Torino e Pescara ci sono rimaste nel cuore, abbiamo tanti amici. Io sono il padrino di tanti figli di amici di Torino e Pescara e il padrino di mio figlio è pescarese. Ci sentiamo un po' italiani ormai”. Ma anche i tifosi del Toro non si dimenticheranno mai Junior: “È stata un'esperienza bellissima, quella squadra era eccezionale e si era creato un gruppo fantastico dentro e fuori dal campo. Ogni settimana si andava a mangiare fuori tutti insieme almeno 3 volte. E quando dico tutti insieme, intendo anche mogli, figli, dirigenti, presidente e ma-
I GIGANTI DEL CALCIO / LEO JUNIOR BRASI…LEO
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Al Flamengo le migliori soddisfazioni, ma i tre anni col Toro restano nel cuore
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I GIGANTI DEL CALCIO / LEO JUNIOR ADDIO LEO
foto Agenzia Liverani
Junior lasciò il Torino dopo un litigio con l’allora tecnico Radice
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I GIGANTI DEL CALCIO / LEO JUNIOR
LEO E I SUOI AMICI
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Ancora oggi Junior torna in Italia per incontrarsi con i suoi ex compagni
continuare, ma dissi “O me o lui”. Così finii al Pescara”. Una neopromossa che, a quei tempi, poteva permettersi uno come Junior. Altri tempi, appunto, altro calcio: "La Serie A era il top - continua - c'erano Diego (Maradona, ndr), Michel (Platini, ndr), Zico, Cerezo, il meglio del calcio mondiale. Per questo lasciai il Flamengo nonostante avessi già 29 anni pur di provare l'esperienza in un campionato così competitivo. A Pescara ci finii per il mare - ride - e perché Galeone mi conquistò. Si giocava alla pari contro chiunque, un calcio offensivo impensabile per quell'epoca. Il mister era un innovatore, un genio e ancora oggi mi domando come mai nessuna grande squadra gli diede un'opportunità. Avrebbe cambiato la storia, ne sono certo. Oggi quando vedo giocare Genoa e Juve rivedo il suo calcio. Non è un caso che Gasperini e Allegri siano stati suoi giocatori”. A Pescara nuovi successi personali e di squadra, vittorie importanti, all'Adriatico difficilmente si passava, e tante altre amicizie: “Il mister lo sento ancora oggi. A maggio quando sono venuto a Torino per il museo del Toro ho cenato con Gasperini, ma quando torno a Torino e Pescara è sempre una festa, è come essere a casa. Ed è bello, perché significa che hai lasciato qualcosa”. Ah, il Gasp era il capitano di quel Pescara, almeno fino all'arrivo di Junior: “Ero lì da pochi giorni - racconta - eravamo tutti nello spogliatoio e c'era silenzio assoluto. A un
“”
Il Flamengo? L'immagine di me e mio figlio che festeggiamo in campo, è -e resteràuno dei momenti più belli della mia vita certo punto Giampiero si alza e viene verso di me con la fascia in mano. “Tienila tu”. Poi guarda il mister e fa: “Non posso essere io il capitano con lui in squadra”. Un gesto da “signore piemontese” qual è Giampiero, un momento che ancora oggi ci lega". Dopo due anni, però, l'addio anche a Pescara. E al calcio italiano. Si dice per un'espulsione mai digerita, una gomitata che Junior giura di non aver mai dato, ma la realtà è un'altra: “Era da un po' che mio figlio Rodrigo continuava a guardare una videocassetta dei gol di Zico con il Flamengo. Era stato lo stesso Zico a fargliela avere, non so come. Un giorno mi dice: “Papà, ma quando ti vedrò giocare al Maracanã?”. Ormai avevo 35 anni, non restava tanto tempo. La sera stessa guar-
do mia moglie e le dico: “Preparati perché torniamo a Rio”. Mi ha guardato come se fossi pazzo, anche perché non voleva lasciare l'Italia, se n’era innamorata. L'ho rassicurata come faceva Moggi con me quando avevo un problema al Torino: “Non ti preoccupare, penso a tutto io”. Non era vero, ero terrorizzato anche io all’idea di tornare perché non sapevo cosa avrei trovato, ma quella frase di mio figlio ormai mi ronzava continuamente in testa. Tornammo a Rio e non solo Rodrigo mi vide giocare al Maracanã, ma addirittura vincemmo anche il campionato contro ogni pronostico. L'immagine di me e lui che festeggiamo in campo, è - e resterà - uno dei momenti più belli della mia vita”. E anche di quella dei tifosi del Flamengo che, quegli attimi, li hanno vissuti. È così, se volete, che nascono le leggende.
Intervista di Sergio Stanco Calcio 2OOO
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SPECIALE STORIA - COPPA DEI CAMPIONI
di Gabriele PORRI
Terza vittoria in cinque anni per il Liverpool, continua il dominio inglese
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UNA SQUADRA DI ASSI Il Liverpool domina grazie ai suoi campionissimi
Graeme James Souness
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nche nella stagione 1980-81, per la terza volta consecutiva, in Coppa Campioni si presenta la coppia tutta rossa dall’Inghilterra composta da Liverpool e Nottingham Forest, con gli uomini di Clough Campioni Europei e quelli di Paisley, che dopo 42 lunghe giornate hanno superato il Manchester United per due soli punti in First Division. Come la stagione precedente, una delle due esce al primo turno con una squadra dell’est, ma stavolta tocca al Forest essere eliminato dai campioni bulgari del CSKA Sofia con una doppia sconfitta, prima fuori e poi in casa, per 1-0 grazie a Yontchev e Kerimov. Un exploit per un calcio, quello bulgaro, in calo dopo la mancata qualificazione della Nazionale al Mondiale argentino e coi club sempre fuori dai quarti di Coppa Campioni fin dal lontano 1974. Di tutt’altra natura l’esordio del Liverpool, con un pareggio in Finlandia 1-1 contro l’Oulu che ha tutta l’impressione di essere un risultato salva-incasso del ritorno. Ad Anfield i Reds arrivano infatti in doppia cifra, il 10-1 finale curiosamente vede a segno un inglese anche per la squadra ospite, l’ex Sunderland Keith Armstrong, che tuttora vive in Finlandia e ha la nazionalità finnica. Il Liverpool diventa quindi il favorito numero uno, anche se la concorrenza è agguerrita: su tutti, gli ex vincitori della Coppa: Bayern, Inter, Ajax e Real Madrid, questi ultimi ancora con il dente avvelenato per non essere riusciti a giocare la finale dell’anno prima sul proprio terreno, fermati dall’Amburgo in semifinale. Una delle squadre ad avere raggiunto l’atto conclusivo in una delle ultime edizioni, il Club Brugge, è la delusione del torneo, sconfitta in entrambe le sfide dal sorprendente Basilea allenato da Benthaus, che al Sankt Jakob si permette di andare in goleada con quattro marcatori diversi, un 4-1 dopo essere andato sotto al 3’ per il gol di van Walleghem. Per il resto, nei sedicesimi non accade nulla di eclatante: il Bayern rifila un 7-2 complessivo all’Olympiakos Pireo, il Real Madrid pareggia al 70’ su rigore nella gara d’andata, ma poi dilaga contro il Limerick, facile l’Ajax sulla Dinamo Tirana. L’Inter di Eugenio Bersellini torna nella massima competizione nove anni dopo la finale persa contro l’Ajax, vincendo un campionato in cui è stata in testa dalla prima all’ultima giornata. Nel frattempo, in Italia si sono riaperte le frontiere e, sfumato Platini, arriva a Milano il centrocampista austriaco Herbert Prohaska. Nell’esordio però è Altobelli ad affossare i rumeni del Craiova, con un rigore e un colpo di testa, mentre al ritorno Muraro dopo undici minuti chiude i conti, il gol di Beldeanu serve solo a evitare la sconfitta agli universitari.
SPECIALE COPPA DEI CAMPIONI/ 1980-1981 Il clou degli ottavi è Bayern-Ajax, ovvero sei coppe complessive in campo. All’Olympiastadion segna Arnesen poco dopo la mezzora, ma il Bayern trova il pari poco prima dell’intervallo e dilaga nel finale, mattatore è Rummenigge che a fine anno si aggiudicherà il pallone d’oro, anche perché la Germania Ovest è diventata Campione d’Europa. Al ritorno, l’Ajax è già sul 2-0 al 18’ (la seconda rete è opera del diciottenne Rijkaard), ma poi si blocca e nel finale ancora Kalle Rummenigge mette fine allo scontro. L’Aberdeen ha vinto il suo secondo titolo scozzese, 25 anni dopo il primo, con in panchina un giovane allenatore di Glasgow, Alexander Ferguson, per tutti Alex, arrivato dal St. Mirren. Dopo l’eliminazione dell’Austria Vienna al primo turno, grazie al singolo gol di McGhee all’andata, i Reds, stavolta di Scozia, sono sorteggiati con il Liverpool per quella che è chiamata “Battle of Britain”. Di battaglia tuttavia ce n’è poca, la sfida si sgonfia al gol di McDermott al Pittodrie e al ritorno il Liverpool ne segna 4 e passa ai quarti. Lì trova anche le altre “big”: l’Inter elimina il Nantes fugando le polemiche della vigilia per l’esclusione di Beccalossi in Francia. Scelta tattica quella di Bersellini, con i giornalisti che domandano al “Becca” se ha intenzione di chiedere la cessione, facendo infuriare il Ds Mazzola. L’Inter espugna Nantes coi gol di Altobelli e Prohaska, e può permettersi di pareggiare in casa 1-1, con “Spillo” che fallisce il rigore del 2-1 nel finale. Il Real passeggia con la Honved, 3-0 complessivo, lo Spartak Mosca rintuzza la rimonta dei danesi dell’Esbjerg, il Banik Ostrava raggiunge una qualificazione storica prevalendo sulla Dinamo Berlino per i gol in trasferta. Completano il quadro dei quarti il CSKA Sofia, che surclassa i campioni polacchi dello Szombierki Bytom e la Stella Rossa che supera in rimonta il Basilea. A questo punto si trovano in corsa quattro favorite, ex vincitrici: Liverpool, Real, Bayern e Inter. Ancora una volta l’urna dell’UEFA evita scontri tra squadre blasonate e le accoppia alle quattro outsider. L’impegno più gravoso sembra essere quello dell’Inter, sorteggiata contro i campioni di Jugoslavia. Con il campionato che sembra ormai allontanarsi verso il duello tra Juventus e Roma, i nerazzurri possono contare soltanto sulla Coppa per salvare la stagione. Quando sta per scoccare l’intervallo, Mimmo Caso viene servito sulla destra da Bini e con un potente esterno batte il portiere della Stella Rossa, Simeunovic. Nella ripresa, sospinti dagli oltre 70.000 del Meazza (da qualche mese San Siro è stato intitolato al “Balilla”) i nerazzurri non trovano il gol della sicurezza, anzi subiscono il pari con Repcic. Al “Marakana” ci sono più di 80.000 spettatori ad incitare la Crvena Zvezda, ma dopo 13’ Muraro è lanciato da
Prohaska e realizza l’unico gol del match, che porta l’Inter in semifinale. Il Real Madrid dal canto suo esce indenne dallo stadio della Dinamo Tbilisi, dove è stato esiliato lo Spartak Mosca, ma impiega quasi 70’ in casa prima di trovare la doppietta di Isidro che lo porta in semifinale. Qui arrivano anche Bayern e Liverpool, facili rispettivamente su Banik Ostrava e CSKA Sofia. Dopo le sorprese degli ultimi anni, finalmente le quattro semifinaliste sono squadre blasonate, che insieme assommano 13 vittorie, più del 50% delle edizioni finora disputate. L’urna dice: RealInter e Liverpool-Bayern. Ad Anfield il Liverpool deve rinunciare all’infortunato Graeme Souness ed è poco incisivo rispetto ai contropiede del Bayern, che può contare su un Rummenigge in grande forma. L’andata finisce senza reti e i tedeschi fanno gli spavaldi. Breitner, tornato nel frattempo dopo la militanza al Real e al Braunschweig, sostiene che il calcio inglese sia stupido, per Rummenigge a Monaco il Bayern chiuderà i conti senza problemi. Il Liverpool perde subito per infortunio Dalglish, sostituito dal semisconosciuto Gayle, ma resiste agli attacchi tedeschi e al minuto 83 trova il gol con Kennedy. Rummenigge pareggia subito ma non c’è tempo per il gol che porterebbe il Bayern a Parigi. Come magra consolazione, fra le semifinaliste, i bavaresi saranno i soli a confermarsi a livello nazionale. L’Inter arriva al Bernabeu con Beccalossi squalificato, Mozzini acciaccato e Oriali infortunato. L’ex stopper del Toro viene messo da Bersellini in marcatura su Santillana e soffre l’esplosività della punta spagnola. L’Inter spreca qualche occasione e un’incertezza di Bordon permette a Santillana di segnare, nella ripresa raddoppia Juanito e a salvarsi nella retroguardia nerazzurra è il solo 17enne Bergomi. Il palo di Prohaska subito dopo l’inizio del ritorno fa ben sperare gli interisti, il gol di Bini in azione personale a inizio ripresa dà qualche speranza, ma il Real si difende con ordine e raggiunge il Parco dei Principi, teatro anche della prima finale di Coppa Campioni, 26 anni prima. Per il Real, nonostante il record di vittorie, è la prima finale dopo 15 anni, il Liverpool ha dunque più esperienza e può mettere in campo la formazione tipo a differenza degli spagnoli che non schierano il portiere Garcia Remon e Gallego. L’incontro è equilibrato e nervoso, poco prima dell’intervallo Souness è fermato con un miracolo da Agustin, portiere dei “blancos”. Il Liverpool gioca una partita in crescendo, nel finale Ray Kennedy serve Alan Kennedy che supera Cortes e batte Agustin, centrando un angolo quasi impossibile. Quando l’arbitro Palotai fischia la fine, i Reds festeggiano la terza vittoria in cinque anni, la quinta di fila per gli inglesi e la domanda è obbligatoria: chi li fermerà più? Calcio 2OOO
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SEMIFINALE 1
SEMIFINALE 2
FINALE
LIVERPOOL-BAYERN MONACO 0-0
REAL MADRID-INTER 2-0 (1-0)
LIVERPOOL-REAL MADRID 1-0 (0-0)
Mercoledì 8 aprile 1981, ore 19:30 LIVERPOOL (Stadio "Anfield Road") Arbitro: Vojtech CHRISTOV (TCH) Spettatori: 44.543
Mercoledì 8 aprile 1981, ore 20:45 MADRID (Stadio "Santiago Bernabeu") Arbitro: Charles CORVER (NED) Spettatori: 80.000
Mercoledì 27 maggio 1981, ore 20:15 PARIGI (Stadio "Parco dei Principi") Arbitro: Karoly PALOTAI (HUN) Spettatori: 48.360
LIVERPOOL: Raymond CLEMENCE, Philip NEAL, Alan KENNEDY, Philip THOMPSON (cap.), Raymond KENNEDY, Alan HANSEN, Kenneth DALGLISH, Samuel LEE, Ian RUSH, Terence MC DERMOTT [46' Stephen HEIGHWAY], James CASE Commissario tecnico: Robert PAISLEY.
REAL MADRID: AGUSTIN, ISIDRO [7' Rafael GARCIA CORTES], José Antonio CAMACHO, Ullrich STIELIKE, Andres SABIDO, Vicente DEL BOSQUE, JUANITO, ANGEL, SANTILLANA (cap.), Antonio GARCIA NAVAJAS, Francisco PINEDA [79' Francisco GARCIA HERNANDEZ] Commissario tecnico: Vujadin BOSKOV.
LIVERPOOL: Raymond CLEMENCE, Philip NEAL, Alan KENNEDY, Philip THOMPSON (cap.), Raymond KENNEDY, Alan HANSEN, Kenneth DALGLISH [85' James CASE], Samuel LEE, David JOHNSON, Terence MC DERMOTT, Graeme SOUNESS Commissario tecnico: Robert PAISLEY.
INTER: Ivano BORDON, Nazzareno CANUTI, Giuseppe BERGOMI, Giuseppe BARESI, Roberto MOZZINI [60' Giancarlo PASINATO], Graziano BINI (cap.), Domenico CASO, Herbert PROHASKA, Alessandro ALTOBELLI, Giampiero MARINI, Carlo MURARO Commissario tecnico: Eugenio BERSELLINI.
REAL MADRID: AGUSTIN, Rafael GARCIA CORTES [85' Francisco PINEDA], José Antonio CAMACHO, Ullrich STIELIKE, Andres SABIDO, Vicente DEL BOSQUE, JUANITO, ANGEL, SANTILLANA (cap.), Antonio GARCIA NAVAJAS, Lawrence CUNNINGHAM Commissario tecnico: Vujadin BOSKOV.
Reti: 28' SANTILLANA, 47' JUANITO. Ammoniti: 25' Giuseppe BARESI, 42' ANGEL, 69' Giuseppe BERGOMI, 78' Graziano BINI.
Rete: 81' Alan KENNEDY. Ammoniti: 24' Raymond KENNEDY, 58' Ullrich STIELIKE.
INTER-REAL MADRID 1-0 (0-0)
Mercoledì 22 aprile 1981, ore 20 MONACO (Stadio "Olympia") Arbitro: Antonio DA SILVA GARRIDO (POR) Spettatori: 77.563
Mercoledì 22 aprile 1981, ore 20:45 MILANO (Stadio "Giuseppe Meazza") Arbitro: Alexis PONNET (BEL) Spettatori: 80.000
BAYERN MONACO: Walter JUNGHANS, Wolfgang DREMMLER, Udo HORSMANN, Hans WEINER, Klaus AUGENTHALER, Wolfgang KRAUS, Bernd DÜRNBERGER [57' Norbert JANZON], Paul BREITNER (cap.), Dieter HOENESS, Karl DEL'HAYE, Karl Heinz RUMMENIGGE Commissario tecnico: Pal CSERNAI.
INTER: Ivano BORDON, Nazzareno CANUTI, Giuseppe BERGOMI, Giancarlo PASINATO, Giampiero MARINI [82' Franco PANCHERI], Graziano BINI (cap.), Domenico CASO, Herbert PROHASKA, Alessandro ALTOBELLI, Evaristo BECCALOSSI, Carlo MURARO Commissario tecnico: Eugenio BERSELLINI.
LIVERPOOL: Raymond CLEMENCE, Philip NEAL, Richard MONEY, Colin IRWIN, Raymond KENNEDY (cap.), Alan HANSEN, Kenneth DALGLISH [9' Howard GAYLE poi 70' James CASE], Samuel LEE, David JOHNSON, Terence MC DERMOTT, Graeme SOUNESS Commissario tecnico: Robert PAISLEY. Reti: 83' Raymond KENNEDY, 87' Karl Heinz RUMMENIGGE. Ammoniti: 47' Klaus AUGENTHALER, 68' Howard GAYLE.
GARA DI RITORNO
GARA DI RITORNO
BAYERN MONACO-LIVERPOOL 1-1 (0-0)
REAL MADRID: AGUSTIN, Rafael GARCIA CORTES, José Antonio CAMACHO, Ullrich STIELIKE [88' Francisco GARCIA HERNANDEZ], Andres SABIDO, Vicente DEL BOSQUE, JUANITO, ANGEL, SANTILLANA (cap.), Antonio GARCIA NAVAJAS, ISIDRO [71' Francisco PINEDA] Commissario tecnico: Vujadin BOSKOV. Rete: 57' Graziano BINI. Ammoniti: 32' Evaristo BECCALOSSI, 60' Andres SABIDO.
foto Agenzia Liverani
BAYERN MONACO: Walter JUNGHANS, Wolfgang DREMMLER, Udo HORSMANN, Hans WEINER, Klaus AUGENTHALER, Wolfgang KRAUS, Bernd DÜRNBERGER, Paul BREITNER (cap.), Dieter HOENESS, Kurt NIEDERMAYER, Karl Heinz RUMMENIGGE Commissario tecnico: Pal CSERNAI.
GARA DI ANDATA
GARA DI ANDATA
SPECIALE COPPA DEI CAMPIONI/ 1980-1981
Karl-Heinz Rummenigge
Kenny Dalglish
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ACCADDE A...
di Stefano BORGI
RINASCE LA FIORENTINA NEL SEGNO DI RIGANò Tutti allo stadio per la nuova Viola
Quando tutto sembrava perduto, Firenze si rimbocca le maniche e riempie lo stadio. Nonostante fosse in C2... 80
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foto Federico De Luca
LA CARICA DEI 30.000
ACCADDE A.../RINASCE LA FIORENTINA
“F
“lorentia Viola, Castel di Sangro... chi erano costoro? Si stan chiedendo i lettori, con un articolo aperto davanti senza poter immaginare cosa gli sta per capitare”. Parafrasiamo il Manzoni e diamo qualche indizio: correva la seconda di campionato (in realtà da calendario sarebbe stata la terza, con la “prima” Florentia Viola-Forlì posticipata al 9 ottobre), comunque l'esordio al Franchi, e la partita terminò 5-1 per i padroni di casa. Altro indizio: era il 15 settembre 2002, su Firenze dopo mesi di buio pesto splende il sole... e non solo per un dettaglio meteorologico. Nessuno riesce ad indovinare? Ok, andiamo con ordine. Quarantaquattro giorni prima la nascita, o meglio... la rinascita. Il 1° agosto infatti, dalle ceneri della defunta AC Fiorentina, prende vita la “Fiorentina 1926 Florentia” (poi ribattezzata solo Florentia Viola). Venticinque giorni prima, invece, l'esordio ufficiale in coppa Italia. C'erano 24.700 spettatori quella sera contro il Pisa, in campo 10 carneadi più Di Livio: risultato 1-0 per i nerazzurri, ma a nessuno sembrò interessare più di tanto. Proseguiamo. Indietro ancora di sette giorni, alla “prima” di campionato contro la Sangiovannese. Un pareggio per 1-1 acciuffato al 95', dopo che Baiano (ex della Fiorentina di Cecchi Gori) aveva portato in vantaggio gli sfrontati avversari. Segnò Masitto, quando nessuno ci sperava più. A proposito, sul neutro di Arezzo con la maglia numero 7 giocava Angelo Di Livio. Per lui 3 scudetti, 2 coppe Italia, 2 supercoppe italiane, una Champions League, una coppa Intercontinentale, una supercoppa Uefa... tutto rigorosamente vinto con la Juventus. Per Angelo, sopratutto, 99 giorni prima l'ottavo di finale al mondiale nippo-coreano. Il “soldatino” era entrato al 72' al posto di Zambrotta (ricordate? Italia-Corea 1-2) in tempo per urlare la sua rabbia sul muso di Byron Moreno. Fateci caso, in questa storia non torna nulla: la Fiorentina che fallisce, che rinasce con un altro nome, che riparte dalla quarta serie. Quindi l'esordio in campionato contro una squadra di dilettanti, un campione come Di Livio che passa da un mondiale alla gogna dei semi-professionisti. E poi quello che stiamo per farvi rivivere: i 30.000 allo stadio, i 17.000 abbonati in C2, un muratore (Riganò) che a 28 anni suonati accende
le luci della ribalta. Fino ad avversari surreali come Poggibonsi, Fano, Gualdo Tadino, Aglianese... a malapena la vecchia Fiorentina li avrebbe affrontati nelle amichevoli estive. Un vero e proprio teatro dell'assurdo. E tutto questo successe nei dintorni di Viale Fanti, a Firenze, a cavallo tra il 2002 ed il 2003. BENVENUTI AL “TRUMAN SHOW” - Ricordate il film con Jim Carey? Dove il protagonista vive in una città tutta popolata di attori? Ci vive senza saperlo, in un mondo simulato. Ecco, quella è la Fiorentina in C2. Anzi... la Florentia Viola, una società senza passato (gli avevano tolto anche il nome), e dal futuro incerto. Il presente poi, costellato di nomi improponibili: Guzzo, Traversa, Nicodemo, Evacuo. Gli stranieri poi... Hutwelker, Bochu, Bismark. No, inutile andare avanti, nessuno li conosceva. Neppure Pietro Vierchowod, che il DS Giovanni Galli aveva chiamato al capezzale di una neonata ciondolante. E neppure Angelo Di Livio, che si rimboccò le maniche e scese in campo con la sua brava fascia di capitano. Tanto meno il pubblico di Firenze, anestetizzato dall'illusione di riabbracciare gli emuli di Julinho, De Sisti, Antognoni, Baggio e Batistuta, che il pomeriggio del 15 settembre riempì l'Artemio Franchi così... sulla fiducia, con l'unica speranza di riveder garrire al vento il labaro viola. RIGA, RIGA, RIGA-GOL: Speranza in parte delusa. Eh già perché, oltre al nome Fiorentina abbandonato per motivi di opportunità, anche la casacca interamente viola poteva rappresentare un legame col fallimento, e fornire così un appiglio legale ai creditori... sempre in agguato. Meglio non rischiare. E allora via con un'anonima maglia bianca, cerchiata di viola al centro. Cosa restava di una storia gloriosa, fatta di scudetti, coppe europee e immensi fuoriclasse? Restava solo Firenze, il senso d'appartenenza, la voglia di esserci e non sparire. Erano le ore 15 del 15 settembre 2002, l'Artemio Franchi contava 30.000 unità colorate e festanti, una vera e propria “carica”, pronti a dimenticare e ripartire. Dall'altra parte 11 spauriti rappresentanti abruzzesi, quasi increduli, allo stesso tempo felici ed orgogliosi di giocare davanti a tale platea. Non fu una passeggiata, al gol iniziale di Riganò rispose un certo Ciotti (parente? Più probabilmente omonimo). Poi la goleada: an-
cora Riganò, Ripa, infine due volte Evacuo. Fu la fine di un incubo, la Firenze calcistica ripartiva da lì, da quei 5 gol, dall'urlo liberatorio di 30.000 cuori infranti che piano piano provavano a ricomporsi. CAVALCATA TRIONFALE – Alla fine non ci fu storia. La Florentia Viola stravinse quel torneo, piegando la resistenza del Rimini, staccando la seconda classificata di undici lunghezze (lo stesso Rimini, 70 punti contro 59). Uno score di 20 vittorie, 10 pareggi e 4 sconfitte, un capocannoniere come Riganò (30 reti per il muratore di Lipari), una serie di 8 vittorie consecutive tra novembre 2002 e gennaio 2003 che lanciarono la fuga definitiva. Ma sopratutto scene di ordinaria follia... genuina e creativa allo stesso tempo. Come la neve spalata a Gubbio. Era il 16 marzo 2003, il manto eugubino completamente bianco, le due tifoserie unite nel renderlo agibile. Nessuno scontro, nessuna rivalità, bisognava giocare e basta! Oppure il bomber Riganò che il 22 dicembre 2002, al termine di Sassuolo-Florentia Viola (decisa ovviamente da un suo gol al 34'), va sotto la curva a confrontarsi con i tifosi che lo accusavano di scarso impegno. Ancor peggio... di avere la pancia! I tifosi ed il loro idolo, faccia a faccia, a dirsene di tutti i colori. Impensabile oggi, nella ricca Serie A dove i calciatori sono tronfi, altezzosi, posti su di un piedistallo a miracol mostrare. Firenze da quel giorno è cambiata, la tifoseria viola è cambiata. La Firenze del calcio è cresciuta... proprio quando meno te l'aspetti. FLORENTIA VIOLA-CASTEL DI SANGRO 5-1
Domenica 15 Settembre 2002, ore 15 FIRENZE (Stadio "Artemio Franchi") 3a Giornata (seconda effettiva) Serie C2 Girone B Arbitro: Tonolini di Milano Guardalinee: Paoloni e Ascari Spettatori: 30.000 FLORENTIA VIOLA (4-3-3): Ivan; Guzzo, Ripa, Minieri, Bonomi; Longo (30' st Hutwelker), Nicodemo, Di Livio; Masitto (4' st Turchetta), Riganò (37' st Evacuo), Quagliarella. A disposizione: Casini, Niccolini, Panarelli, Andreotti. Allenatore: Vierchowod CASTEL DI SANGRO (4-2-3-1); Di Quinzio; Di Bari, Scotti, Mengoni (35' st Pelusi), Mucciante (20' st Prosperi); Ferraresi, Ruscitti; Ciotti, Marinucci, Atzeni (28' st Magnani); Federici. A disposizione:Bagnacani, Giannone, Iannitti, Soria. Allenatore: Alberti Marcatori: 14' pt Riganò (F), 5' st Ciotti (C), 8' st Riganò (F) 27' st Ripa (F), 42' st Evacuo (F), 47' st Evacuo (F) Ammoniti: Scotti (C), Marinucci (C), Longo (F), Turchetta (F) per gioco falloso Angoli: 7-2 per la Florentia Viola Calcio 2OOO
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DOVE SONO FINITI
di Stefano BORGI
DANIELE CARNASCIALI CINQUE ANNI IN VIOLA
foto Agenzia Liverani
Alla Fiorentina dal 1992 al 1997, con 141 presenze
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DOVE SONO FINITI/ DANIELE CARNASCIALI
Luci
(soffuse)
della ribalta
I
Carattere schietto, sincero, non è mai sceso a compromessi. E dice grazie a Gino Corioni...
n gergo si dice, viaggiare a fari spenti. E Daniele Carnasciali ha viaggiato, eccome... Da terzino, spesso trasformato in ala destra, ha macinato chilometri per anni su quella fascia. Servendo assist ora per Baggio, ora per Batistuta (e scusate se è poco). Segni particolari? Il basso profilo, il non dare mai nell'occhio, conquistando la ribalta del calcio nazionale... a luci spente. Pardòn, soffuse. “È il mio carattere, non posso farci niente – racconta Daniele - . Da una parte è un vantaggio, un atteggiamento che ti tiene con i piedi per terra, ti fa affrontare la vita di calciatore nel modo giusto”.
“Non solo... dopo la primavera dell'Atalanta ho trascorso 5 anni tra C1 e C2: Mantova, Spezia, Ospitaletto, prima di approdare a Brescia e spiccare il salto verso la Serie A”.
PROMOZIONE CON IL BRESCIA
Grande protagonista anche con le Rondinelle...
Chi deve ringraziare? “Il presidente Gino Corioni. Fu lui nel 1989 a darmi coraggio quando, dopo la seconda retrocessione con l'Ospitaletto, mi convinse a non mollare. Mi disse che in me vedeva qualcosa di più, che ce la potevo fare... Lì per lì non lo presi molto sul serio”.
Per questo è sparito dal calcio? “Diciamo che quando ho smesso nel 2000 non avevo più motivazioni, non sentivo più la spinta ad andare in campo. La mia è stata una scelta volontaria, per questo non ho sofferto quando si sono spente le luci della ribalta. La considero una fortuna...” Partiamo dall'inizio, da San Giovanni Valdarno a Bergamo... un bel salto
foto Agenzia Liverani
Dall'altra invece? “Ti toglie qualcosa, inutile negarlo. Se mi fossi comportato più da personaggio, magari con qualche tatuaggio qua e là, avrei raccolto molto di più. Sarei stato più considerato. Ma intendiamoci bene, nessun rimpianto, io sono fatto così”.
“”
Se sono diventato un calciatore lo devo a Corioni. Un presidente che ci vedeva lungo
E invece... “E invece aveva ragione! Considero Corioni un grande intenditore di calcio, un presidente della generazione dei Costantino Rozzi, dei Romeo Anconetani. Uno di quelli che ci vedeva lungo. Il nostro rapporto è sempre stato magnifico, anche quando mi cedette alla Fiorentina...”
Ci racconti... “Era il '92, avevamo appena conquistato la Serie A col Brescia. Io sarei anche rimasto, però avevo pregato il presidente che se arrivava qualche offerta... di non tenermela nascosta. Detto fatto, un giorno mi chiama e mi dice che c'era la Fiorentina. Al tempo la Fiorentina era una grande società, in forte ascesa, significava un deciso salto di qualità. Anche se non fu l'unica squadra a cercarmi...” Cioè? “La sera stessa mi chiama Ernesto Pellegrini (all'epoca presidente dell'Inter, ndr.) che mi vuole a Calcio 2OOO
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DOVE SONO FINITI/ DANIELE CARNASCIALI Milano. Capirai, io che nasco tifoso interista, io che avevo come idoli Mazzola e Beccalossi... Ma non ho esitato neppure un attimo: avevo già dato la mia parola alla Fiorentina, e per me la parola data vale più di ogni altra cosa. Non ebbi dubbi a prendere la strada per Firenze”.
Tra l'altro conquistati in una piazza che in quanto a vittorie... “Infatti l'impresa è proprio questa: la Fiorentina ha sempre vinto poco per le sue potenzialità. Aver vinto due trofei in pochi mesi ci ha consegnato alla storia di Firenze. Una soddisfazione doppia, tripla...”
TITOLI IMPORTANTI Con la Fiorentina ha vinto una Coppa Italia e una Supercoppa Italiana
Cinque anni in maglia viola, tra gioie e dolori “Direi quasi solo gioie: una coppa Italia, una supercoppa, una semifinale di Coppa delle Coppe. Certo, la retrocessione in Serie B del '93... ancora non so come abbiamo fatto”.
Perchè Vittorio Cecchi Gori esonerò Radice? “Credo per una dichiarazione del tecnico che non piacque al presidente. Successe prima di Natale, quando pareggiammo a Parma. Alla ripresa del campionato eravamo secondi in campionato, perdemmo in casa con l'Atalanta e successe il patatrac. Ma tutto era già stato deciso quindici giorni prima...” Un anno di B in carrozza, poi l'arrivo di Claudio Ranieri “Fu la vera svolta. Ranieri non era solo un allenatore, era quasi un dirigente. Aveva carisma, immagine, sapeva comunicare. Sopratutto sapeva trattare con Cecchi Gori. Vincemmo una coppa Italia dopo aver vinto tutte le partite, una supercoppa italiana contro il Milan campione d'Italia. Insomma, grandi risultati...” 84
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NON HA RIMPIANTI Padre di due figli, ora gestisce una società immobiliare
foto Agenzia Liverani
Per caso si riferisce a Baggio? “Indovinato. Però mi faccia dire una cosa: ho giocato con Batistuta, grandissimo giocatore, volontà e personalità da vendere. Ho giocato con Rui Costa, altro grande campione. Ma Roby Baggio... Lo considero inferiore solo a Maradona e a Messi. Voglio ricordare che Baggio ha disputato una carriera praticamente senza le cartilagini delle ginocchia. Prima e dopo gli allenamenti faceva terapie personalizzate, altrimenti non sarebbe andato avanti. Grandissima tecnica, ma anche grandissima professionalità e spirito di sacrificio”.
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Vincere due trofei con la Fiorentina ha il sapore dell'impresa. Per me vale doppio, triplo...
Proseguiamo col giochino: l'avversario migliore che ha affrontato? “Senza dubbio Marco Van Basten”.
foto Federico De Luca
Batistuta, Baiano, Effenberg, Laudrup, Massimo Orlando, come si fa a retrocedere con questi nomi in squadra? “Gliel'ho detto, non lo so. O meglio... ci furono una serie di cause. Gli arbitri non ci vollero bene, e poi noi ci mettemmo del nostro. Però la vera causa fu l'esonero di Radice a metà campionato, da lì la squadra si sfasciò e tutto andò a rotoli”.
Come mai lasciò il capoluogo toscano? “Dopo 5 anni sentivo il bisogno di cambiare. Avrei fatto volentieri un'esperienza all'estero, ma non trovai l'occasione giusta. Allora mi chiamò Renzo Ulivieri a Bologna, e andai. Non giocai molto, diciamo che con lo stesso Ulivieri non mi trovai benissimo. Non fui il solo...”
Passiamo agli allenatori: Onofri, Lucescu, Radice, Agroppi, Ulivieri, Novellino, il “primo” Spalletti. Chi è stato il migliore? “Anche qui non ho dubbi: Mircea Lucescu. L'ho avuto nel '91, eppure lui era avanti di vent'anni rispetto agli altri. Come schemi, per come vedeva le partite, è stato uno dei primi ad introdurre gli
DOVE SONO FINITI/ DANIELE CARNASCIALI
GRAZIE ARRIGO
UN ANNO A BOLOGNA
A proposito, la nazionale? Solo due presenze, a distanza di due anni l'una dall'altra... “Tanta sfortuna, altro che! Nel '94 Sacchi mi convocò tre volte anche se giocavo in B, ma persi il mondiale negli Stati Uniti proprio perché non giocavo in Serie A. Magari con me si vinceva il titolo... (ride ndr.) Poi nel '96, seconda presenza contro la Bosnia Erzegovina e poco dopo Sacchi che se ne torna al Milan. Venne Cesare Maldini e lì finì tutto”. Daniele Carnasciali scomparso dai radar del mondo del calcio. Di cosa si occupa attualmente? “Ho messo su una società immobiliare, ho due figli, il maschio di 22 anni la femmina di 16... non ho rimpianti. Anche se devo dire che al calcio ho
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Giocare con Baggio è stato uno spettacolo. Lo considero inferiore solo a Maradona e Messi
più dato che ricevuto. Ma come si diceva, colpa o forse merito del mio carattere”. Frequenta ancora qualcuno degli anni in cui giocava? “Sento spesso Pioli. Sono felicissimo che Stefano stia ottenendo tante soddisfazioni come allenatore. È persona seria e preparata, non avevo dubbi che avrebbe sfondato. Poi sono in contatto con Amoruso, Bigica e Massimo Orlando. Anche con Antognoni, col quale non ho mai giocato ma che ho avuto come dirigente”.
foto Federico De Luca
allenamenti personalizzati. Spalletti al contrario, non credevo ce l'avrebbe fatta. E invece guardi che carriera che ha fatto...”
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Carnasciali ha indossato anche la casacca dei felsinei...
foto Agenzia Liverani
Con Sacchi ha conquistato anche la maglia della Nazionale
E allora, se oggi Daniele Carnasciali potesse dare un consiglio ad un giovane calciatore? “Consiglierei loro di aspettare prima di volere la luna. Di giocare qualche anno, di fare un po' di gavetta. Prima bisogna dare, bisogna dimostrare qualcosa, poi si può pretendere. Però vedo che il calcio va in un'altra direzione, e allora...” Calcio 2OOO
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LIGA SPAGNA
HIC SUNT LEONES
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e capitate dalle parti di Bilbao non potete esimervi da una passeggiata sulle rive del Nerviòn, fino ad arrivare al Museo Guggenheim. Una struttura ardita, il titanio come scorza tosta ma incredibilmente delicata, da curare, da preservare al pari di un'identità spesso messa in discussione. Una razza a sé, come testimonia l'idioma basco, considerato dagli studiosi come lingua isolata, dunque senza legami evidenti con altre. Questa lingua durante il regime franchista è stata messa alla berlina ma è riuscita a sopravvivere, i 86
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baschi hanno la nomea di popolo irriducibile e trovano nell'Athletic Bilbao la propria trascrizione calcistica. I Leones (o Lehoiak, per dirla alla basca) sono tornati sulle prime pagine in qualità di unica squadra in grado di frapporsi tra il Barcellona trita-tutto e l'ennesimo trofeo. Lo scorso 30 maggio non c'è stato nulla da fare dinanzi alla doppietta di Messi intervallata da Neymar, Copa del Rey al Barça, stavolta però il destino si è divertito a scrivere una pagina inaspettata, proprio quando i giornali erano pronti a titoloni sul sextete blaugrana. La folle notte del San Mamés può es-
Ernesto Valverde
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Il Bilbao torna a vincere dopo 31 anni di digiuno
di Paolo BARDELLI
SPETTACOLO BILBAO
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In Spagna non vincono sempre Real e Barcellona
sere riassunta in due passaggi: il gol da centrocampo di San José e la tripletta dell'uomo simbolo, Aritz Aduriz, 34 anni di orgoglio basco. L'esperto attaccante conta pure un buon numero di presenze con la Selección de fútbol de Euskadi, la nazionale basca non riconosciuta ufficialmente, ma attiva da oltre un secolo, pure in cattività disputando campionati in Messico e a Cuba. 4-0 al San Mamés, pareggio al Nou Camp e Supercopa levata al cielo. Da ben 31 anni mancava un trofeo nella bacheca biancorossa, dobbiamo tornare alla gloriosa squadra degli anni '80 per ritrovare un Athletic vincente. Erano gli anni di Javier Clemente, sergente di ferro che non concedeva nulla allo spettacolo, memorabili i suoi scontri con "El Flaco" César Luis Menotti, tecnico del Barcellona. La storia si ripete. Trent'anni prima di quella che abbiamo nominato poco fa, un'altra finale di Copa del Rey. Diverso il risultato, vittoria biancorossa ed epilogo clamoroso. Finale a suon di botte, tra i più sca-
tenati c'è l'allora blaugrana Maradona, che di calci ne ha presi per novanta minuti. Nel settembre dell'anno precedente un altro scontro con i blaugrana rimasto nella storia, quello dell'entrata di Andoni Goikoetxea su Maradona, che spaccò la caviglia del Pibe in ben tre punti. "El Gigante de Alonsotegui", anni dopo, venne proclamato "calciatore più cattivo della storia" dal Times. È lui l'emblema di una squadra che davanti al giovane Zubizarreta disponeva un libero, due centrali di difesa e una coppia di mastini in mediana. Brutti, sporchi e cattivi. Ma vincenti. Due titoli nazionali, una Copa del Rey e una finale e una Supercopa, assegnata automaticamente per il double 1984, a chiudere simbolicamente un ciclo. Difficile stabilire se il successo del mese scorso aprirà un altro percorso di vittorie, la distanza dalle big è enorme, Valverde però sa come sfruttare il materiale a sua disposizione. Il tecnico 51enne è una delle carte vincenti nella mano biancorossa, ha da tempo il rispetto dell'ambiente calcistico, ora ha pure il primo titolo da allenatore (in Spagna, in Grecia ne ha conquistati due). I gol di Aduriz, le parate di Iraizoz, la solidità di Gurpegui, il Bilbao non è solo senatori, si punta forte su Javier Eraso, finalmente maturo dopo un lungo peregrinare, il 22enne Muniain non è più una promessa (clausola da 45 milioni). Dopo più di 500 partite in biancorosso, Andoni Iraola ha salutato per unirsi a Pirlo, Lampard e Villa a New York, i Leones sono poco inclini al colpo a effetto e preferiscono basarsi su uno zoccolo duro. La maglia non è solo retorica, è identità, tanto che fino al 2008 è rimasta off-limits per gli sponsor, caso più unico che raro. Non tutti sanno che l'Atletico Madrid nacque nel 1903 proprio come succursale del Bilbao, iniziativa di tre studenti di ingegneria baschi. Il primo nome dei Colchoneros fu Athletic de Madrid, i colori gli stessi dei Leones, un legame reciso dieci anni dopo la fondazione quando il club della capitale decise di scrivere la propria, di storia. Anche in Biscaglia, dopo aver assaporato di nuovo il sapore della vittoria, c'è voglia di camminare verso il futuro, nel 2013 l'inaugurazione del nuovo San Mamés (violato dal Torino lo scorso febbraio) in sostituzione di un impianto leggendario, "La Catedral", che dal 2013 ha fatto da cornice alle gesta biancorosse. La storia è niente senza
LA MANITA SOTTO LA NEVE C’è una data che nessun tifoso dell’Athletic può dimenticare: 16 gennaio 1957
Stadio di San Mamés
Il 16 gennaio 1957 è una data scolpita nella storia dell'Athletic Bilbao, a far visita ai baschi arrivò il Manchester United. I Leoni in un San Mamés imbiancato dalla neve ne fecero ben cinque alla squadra del leggendario Sir Matt Busby, tecnico che tutto vinse. Ma non quella partita. Quarti di finale di Coppa dei Campioni, gara d'andata, i baschi ci arrivano dopo aver fatto fuori la mitica Honved di Puskás, Kocsis, e Czibor, ossatura dello squadrone ungherese che sfiorò il titolo il titolo mondiale. Dalle cronache del tempo pare che la visibilità fosse pessima per le condizioni atmosferiche ma l'urlo dei 36 mila presenti si è sentito forte e chiaro. Ignacio Uribe segna dopo pochi secondi e poi ne piazza nel sacco un secondo. Marcaida per il tre a zero, delirio, lo United non ci sta e si porta sul tre a due. Gara durissima, a piegarla definitivamente ci pensarano Merodio e Arteche. 5-3 per il Bilbao, gli inglesi vinsero 3-0 a Maine Road ribaltando il risultato. Un anno dopo il Manchester United pianse la morte di otto giocatori nel disastro aereo di Monaco, Busby ne uscì malconcio ma vivo e diede vita a un ciclo memorabile. Il Bilbao di allori ne ha conquistati meno ma a volte il passaggio del turno passa in secondo piano. Se in Biscaglia parlate del 16 gennaio 1957 vedrete occhi illuminarsi. Garantito. audacia, il gigantesco ragno di metallo a guardia del Guggenheim ci racconta una città che sa andare oltre la tradizione, piedi ben saldi a terra ma con gli occhi volti alla prossima sfida. Calcio 2OOO
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PREMIER LEAGUE INGHILTERRA
BATTIBECCHI INGLESI
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econdo lui avrei paura di fallire? Lui è uno specialista nei fallimenti, io no!”. La frase al vetriolo è stata pronunciata qualche tempo fa da José Mourinho, mentre la persona a cui si riferisce il portoghese è Arsene Wenger, uno dei suoi tanti nemici. Forse attualmente il primo della lista nera dello Special One. L'antipatia è reciproca, ça va sans dire. Nel caso dell'alsaziano era dovuta anche ai pessimi risultati raccolti in campo contro le squadre di Mourinho. Ci sono voluti 14 tentativi per batterlo per la prima volta, in occasione 88
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della recente sfida di Community Shield tra Arsenal e Chelsea. Quando a fine match l'ex idolo degli interisti ha stretto la mano a tutti i giocatori dei Gunners ma non a Wenger, che nel frattempo, passando accanto all'”amico”, gli dava prontamente le spalle. Per monsieur Arsene non erano rose e fiori nemmeno con Alex Ferguson, uno che, è risaputo, ha un caratterino mica da ridere. A cavallo tra gli anni Novanta e la prima metà dello scorso decennio il flusso di battute tra i due maestri della panchina ha fatto la felicità dei caporedattori sportivi di tutti i giornali del Regno.
Arsene Wenger
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Mou sa come usare la lingua e le rivalità si accendono…
di Luca MANES
LA STORIA DEL MANAGER
MOU SPIRITATO Lo Special One non riesce proprio a frenare la lingua...
foto Imago/Image Sport
Manuel Pellegrini
Nel 2002 lo United perse entrambe le partite contro i londinesi, poi laureatisi campioni, e sir Alex ebbe molto a ridire sull'approccio troppo fisico degli avversari, esprimendo un giudizio negativo sul loro football e bollandoli come attaccabrighe. “Ognuno pensa di avere la moglie più bella”, fu la risposta molto signorile dell'alsaziano, che in altre circostanze ha invece perso la pazienza attaccando in modo molto più diretto lo scozzese e i suoi mind games. Giochetti mentali che non erano graditi neanche a Kevin Keegan (celeberrima una sua intervista post-partita in cui diede fuori di matto) e Rafa Benitez. Don Rafè, come lo chiamavano all'ombra del Vesuvio, nel 2009 elencò tutte le sue critiche al manager più vincente della storia del calcio inglese terminando ogni frase con l'espressione “it's a fact”, è un fatto. Mal gliene incolse, visto che di lì a poco la sua carriera al Liverpool si interruppe senza l'agognata vittoria in campionato e “it's a fact” è comparsa
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La Premier League attraverso le antiche rivalità e, perché no, amicizie…
su svariate magliette in vendita nei paraggi dell'Old Trafford. Ovviamente vicina ai dati statistici sui “fallimenti” del povero Benitez. A proposito, Rafa è uno dei nemici giurati di Mourinho. I due si scambiano frecciate a migliaia di chilometri di distanza e anche quando non allenano nello stesso campionato. Durante l'estate appena passata è addirittura scesa in campo la moglie dello spagnolo, secondo la quale suo marito starebbe ricomponendo i cocci dei danni provocati da Mourinho al Real Madrid, come fatto in precedenza anche allo stesso Chelsea. La risposta del tecnico dei Blues non si è fatta attendere:“La signora è in confusione. Nel caso del Chelsea, ha sostituto Di Matteo, nel caso del Real Madrid ha preso il posto di Ancelotti, non il mio. Dove ha preso direttamente il mio posto è stato all’Inter e gli sono bastati sei mesi per distruggere una squadra. La signora dovrebbe occuparsi delle sue cose anziché di me. Se si occupasse della dieta del marito, ad esempio, non parlerebbe di me”. All'insegna del “la tocco piano” anche le “gentilezze” e le parole al miele tra lo Special One e Pep Guardiola, divisi da un oceano anche nello stile di gioco. Forse l'anno prossimo si ritroveranno di fronte, dal momento che voci molto insistenti vorrebbero il catalano come possibile successore di Manuel Pellegrini alla guida del Manchester City nel 2016-17. Intanto non va dimenticato che Mourinho e l'attuale manager dei Light Blues hanno anch'essi una lunga serie di scambi pepati. Giusto per non farsi mancare nulla...
don Revie
I grandi degli anni Cinquanta e Sessanta si stimavano e spesso avevano addirittura legami d'amicizia, come nel caso di Matt Busby e Bill Shankly, nonostante allenassero squadre storicamente rivali come Manchester United e Liverpool. Due tra i manager più vincenti a cavallo fra Sessanta e Settanta, invece, si odiavano in maniera feroce. Brian Clough e Don Revie avevano in comune la città di nascita, Middlesbrough, il ruolo di attaccanti in gioventù e la gestione tecnica del Leeds United. Per tutto il resto erano agli antipodi. Brian iniziò a detestare Don quando, giovane manager del Derby County, fu trattato in modo che lui giudicò irrispettoso dal suo avversario. La faida non avrebbe mai conosciuto momenti di tregua, anzi. Clough era un cultore del bel gioco e del fair play e accusava Revie di vincere sporco, di usare mezzucci di ogni genere e di mancare di rispetto a pubblico e avversari. Quando lo sostituì alla guida del Leeds – Revie andò ad allenare la nazionale, con scarsa fortuna – fece presente quello che pensava del suo predecessore ai suoi nuovi giocatori. Fu così che all'Elland Road il buon Brian durò solo 44 giorni, come ci racconta lo scrittore inglese David Peace nel suo The Damned United. Lo scontro tra i due nemici ebbe il suo apice nel corso di un programma televisivo durante il quale Clough e Revie discussero molto vivacemente. Tanto per farsi un'idea di come andò, basta riportare una delle frasi più “celebri” (detta da Don a Brian): “fai del male al foobtall”. Più chiaro di così... Calcio 2OOO
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BUNDESLIGA GERMANIA
IL GUERRIERO è TORNATO Vidal lascia l’Italia per riabbracciare la Bundes, Questa volta in maglia Bayern…
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3 luglio, l’affare è ufficiale. Vidal va al Bayern Monaco. Cinque anni di contratto, 6,5 milioni di euro a stagione, 37 milioni di euro complessivi (compresi eventuali bonus) versati nelle casse bianconere. Guardiola, dopo Douglas Costa (arrivato dallo Shakhtar Donetsk per 30 milioni di euro), ha così a disposizione un altro centrocampista di caratura internazionale. Tornando però a Vidal, prescindendo dall'aspetto puramente tecnico (Arturo è sicuramente tra i top 5 in Europa per mix di qualità e 90
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quantità), sono due i problemi principali che potrebbero mettere in forse il suo successo in maglia bavarese. In primis l'aspetto caratteriale: alla Juventus più volte gli hanno perdonato degli atteggiamenti tutt'altro che professionali (qualche notte esagerata in discoteca, l'ultima nel 2011 durante le qualificazioni ai mondiali; nel 2007 è stato addirittura ammanettato, insieme al Pitbull interista Medel, durante il Mondiale Under 20 per aver aggredito la polizia al fischio finale di un match), e forse quanto combinato durante la Coppa America disputata
in Cile (fermato dalla polizia in stato di ebbrezza dopo essersi schiantato con la sua Ferrari) ha spinto la dirigenza piemontese a lasciarlo andare via. Appare infatti abbastanza scontato che in uno spogliatoio rigido com'è quello del Bayern certe bravate non saranno perdonate, soprattutto da Guardiola. Nel momento in cui Vidal dovesse incappare in un'altra situazione spiacevole dello stesso genere potrà comunque invocare il 'Lodo Ribery'. Un'unica eccezione in passato è stata fatta solamente per il francese, nei cui confronti Rummenigge e soci decisero
di Flavio SIRNA
foto Image Sport
Basta Juventus, per il cileno ora è tempo di Bayern
di non intraprendere alcuna azione disciplinare quando è stato tirato in ballo da Zahia Dehar, escort minorenne. Il secondo problema potrebbe invece riguardare l'aspetto tattico: nel corso delle sue prime apparizioni in campo Arturo, nel 4-1-4-1 di Guardiola, ha agito come centrale, insieme a Thomas Muller, nel quartetto di avanti insieme al tedesco, Douglas Costa e Robben (con Lewandowski unica punta). Una posizione che, partendo dal presupposto che Muller giocherà in posizione più avanzata rispetto a lui, gli permetterà sì di poter giostrare nella zona centrale del campo (il suo pane), ma che probabilmente non gli garantirà la sicurezza di potersi inserire con frequenza in zona goal. Il motivo? Sarà necessario dare un po' di appoggio in fase di copertura a Xabi Alonso, che al centro, a meno che non si opti per la difesa a tre e per lo spostamento centrale di Lahm, avrà necessariamente bisogno di aiuto. Come se non
bastasse, Messi a parte, a Guardiola piacciono poco i giocatori che non rispettano i suoi dettami tattici, ragione per la quale Vidal non potrà sgarrare. Guerriero a parte, la stagione di Pep Guardiola sulla panchina del Bayern Monaco non è cominciata nel migliore dei modi. A proposito di schemi, c'è stato da segnalare il battibecco avuto con Thomas Muller durante una sessione di allenamento, probabilmente dovuta ad una scarsa partecipazione e capacità della squadra di fare quello che l'ex Barcellona chiedeva (alcuni movimenti in fase offensiva). La stampa tedesca filo-bavarese, a causa del mancato rinnovo del contratto in scadenza nel 2016, non ha lesinato critiche nei suoi confronti, accusandolo di non aver ancora dato un gioco ben preciso alla squadra (si fa girare la palla molto di meno rispetto a quanto accadeva ai tempi dei suoi fasti con i blaugrana di Messi) e di non riuscire a farsi capire bene dai suoi giocatori a causa della sua poca dimestichezza con la lingua tedesca. La sua situazione è esponenzialmente peggiorata dopo la finale di Coppa di Germania persa ai rigori contro il Wolfsburg (pareggio di Bendtner a tempo scaduto): in questo caso la lamentela dei media nei confronti di Pep ha riguardato la sua ossessione per il tiki-taka. Gli avrà sicuramente portato via qualche simpatizzante la cessione di Schweinsteiger al Manchester United (voluta però più dal diretto interessato che dall'allenatore) e la conseguente accusa di essere poco 'filo-nazionalista'. Guardiola ha comunque dalla propria parte un'intera stagione per far ricredere i suoi detrattori e per portare in bacheca altri titoli (Champions League in primis). foto Image Sport
ARTURO ANCORA IN BUNDES
I BOTTI Di AGOSTO Tanti i movimenti di mercato dei club tedeschi… Come sempre movimentato l'ultimo mese di mercato, anche in Bundesliga. Per rispondere al Bayern, il Bayer Leverkusen ha acquistato dall'Internacional per 13 milioni di euro un altro cileno fresco protagonista e vincitore della Coppa America, ossia Charles Aranguiz. 7,5 i milioni spesi per il 19enne difensore centrale exAmburgo Jonathan Tah. Lo Schalke 04, ceduto Farfan per 7 milioni di euro all'Al Jazira, ha fatto arrivare, praticamente per la stessa cifra, Franco Di Santo dal Werder Brema, che a sua volta ha prelevato il nigeriano Ujah dal Colonia per 4,5 milioni e il 24 enne olandese Aaron Johannnsson dall'Az Alkmaar (4,2 milioni) dopo aver ceduto il promettente Davie Selke al Lipsia (serie B tedesca) per 8 milioni. Lo Stoccarda ha ceduto in prestito con diritto di riscatto alla Roma il difensore classe 1993 Antonio Rudiger. L'Amburgo, ceduto Behrami al Watford, ha fatto arrivare dalla Serie A Albin Ekdal (6 milioni). Riscattato dal Tottenham anche l'inglese Holtby per 6 milioni. L'Hoffenheim non ha voluto reinvestire il denaro (40 milioni) derivanti dalla cessione di Firmino al Liverpool: sono arrivati Kuranyi a titolo gratuito dalla Dinamo Mosca (già visto con Stoccarda e Schalke 04), Fabian Schar dal Basilea (4,2 milioni), l'ala destra Schmid dal Friburgo (4 milioni) e il 23enne terzino destro Pavel Kaderabek dallo Sparta Praga (3,5 milioni). Il Mainz ha accolto tra le proprie fila il portiere italiano Gianluca Curci: in avanti sono arrivati l'ala sinistra giapponese Yoshinori Muto e Niederlechner dall'Heidenheim. In difesa il centrale svizzero Fabian Frei. A proposito di centrali, l'Hertha Berlino ha preso il ceco Darida dal Friburgo. L'Eintracht Francoforte del rientrante Veh ha operato in tutti i reparti: l'ex Inter Castaignos in avanti, Hradecky dal Brondby in porta, Abraham dall'Hoffenheim in difesa, l'ala sinistra Gacinovic del Vojvodina.
Charles Aránguiz Calcio 2OOO
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LIGUE 1 FRANCIA
CAOS AL VELODROME
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rima di campionato: il Marsiglia ospita in casa il Caen. Esordio agevole per l’OM, pensano in molti, ma neanche il più scettico dei sostenitori presenti al ‘Velodrome’ si sarebbe potuto aspettare un finale di serata così drammatico: non soltanto la sconfitta subita sul campo da Mandanda e compagni ma, a stretto giro di posta, anche le clamorose dimissioni di Marcelo Bielsa. È da qui che partiamo, da quell’inatteso dopo gara, per entrare nuovamente nel mondo del ‘Loco’, del Marsiglia e di Michèl, chiamato a raccoglierne l’e92
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redità. Ma andiamo con ordine e cominciamo dal finale dell’annata scorsa: l’OM, dopo un avvio di stagione molto promettente, comincia a perdere terreno fino a scivolare al quarto posto e a perdere anche il diritto di prendere parte ai playoff di Champions League. Apriti cielo. O forse no? Bielsa, amatissimo dalla stragrande maggioranza dei tifosi marsigliesi, fa da parafulmine e il disastroso finale di stagione della squadra viene in fretta perdonato. Ma l’organizzazione del mercato estivo, dalle parti del Golfo del Leone, è per
Marcelo Bielsa
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L’OM smobilita, Bielsa saluta e si riparte praticamente da zero…
di Renato MAISANI
TITOLO DIDASCALIA
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lo meno rivedibile. I contratti di Morel, Fanni e – soprattutto – Gignac e Andrè Ayew, si concludono. Inoltre, Payet vola al West Ham e Imbula, corteggiato a lungo anche dall’Inter, sceglie il Porto. Un vero e proprio esodo al quale Bielsa assiste impotente e al quale non fa da contraltare un altrettanto valida campagna acquisti: il riscatto di Ocampos non può che essere interpretato come una conferma e gli arrivi a costo 0 di Cabella, Lassana Diarra e Diaby non riescono certo a compensare le illustri partenze. E così Bielsa passa l’intera estate a studiare. Partite, dvd, ore e ore di filmati per sottoporre all’attenzione del club alcuni possibili rinforzi. Ma tutto tace e l’OM decide, per lo meno per l’inizio dell’annata, di non sostituire Gignac e Ayew e di affidarsi piuttosto al giovane Michy Batshuayi, autore di 9 reti nella stagione precedente. Un azzardo, probabilmente. Nella gara d’esordio contro il Caen va tutto storto, il Marsiglia è
sfortunato e, passato in svantaggio nel corso del primo tempo, non riesce a riequilibrare le sorti del match. Il ko brucia e scopre il fianco alle tante critiche che giornalisti e addetti ai lavori tenevano in canna da qualche tempo. Ma il colpo di scena avviene nel dopo partita: Bielsa sorprende tutti e, all’improvviso, annuncia: “Mi dimetto”. Con la stessa serenità con la quale avrebbe detto “buonasera”. Senza agitarsi, senza restare ad attendere le reazioni dei presenti. E, soprattutto, senza averne ancora fatto parola con nessuno, tanto meno con i propri giocatori. La sconfitta casalinga, però, non c’entra. La decisione di lasciare il Marsiglia era stata già presa, ma Bielsa ha scelto di comunicarla – forse immaginandosi e certamente augurandosi un successo contro il Caen – dopo quella che sarebbe stata la sua ultima partita al ‘Velodrome’. Alla luce del risultato maturato in campo, ovviamente, la sua decisione lascia più di una perplessità sulle modalità ma, come si suol dire, il dado era ormai tratto e Bielsa non ha potuto far altro che rispondere con pacatezza ed onestà alle domande pervenutegli dai giornalisti presenti in sala. “Mercoledì ho incontrato il dg Perez e l’avvocato di Margarita Louis-Dreyfus – ha spiegato Bielsa - i quali mi hanno comunicato che gli accordi che avevamo già raggiunto relativamente al rinnovo sarebbero stati rivisti. E non si trattava di aspetti legati al mio compenso. Li ho ascoltati, poi sono andato via e ho capito che non sarei stato più l’allenatore del Marsiglia perché ho notato che era finita la fiducia. E quando non c’è fiducia non è possibile lavorare insieme…” Facile pensare che Bielsa si sia reso conto di come nelle intenzioni (o forse sarebbe più giusto dire, nelle possibilità) dell’OM non ci fosse più la velleità di costruire una squadra di vertice e abbia dunque deciso di abdicare. Perché il ‘Loco’ alla parola data tiene molto e se la controparte non la rispetta, lui agisce di conseguenza. Senza badare alla forma. C’è chi lo accusa di tradimento, di ammutinamento, di aver abbandonato la barca nel momento più difficile, ma Bielsa guarda e passa, senza curarsi delle chiacchiere. Ma forse, ancora una volta, l’argentino ci ha visto lungo: la cessione del talento più cristallino
MICHEL E IL FONDO DOYEN Prima il tecnico, poi il club? Nelio Lucas allarga i propri orizzonti…
MICHEL
Tanti allenatori sono stati accostati alla panchina dell’OM finché non è arrivato l’annuncio meno atteso: per sostituire Bielsa sulla panchina dei marsigliesi è stato infatti scelto José Miguel Gonzàlez Martìn del Campo, che in molti ricordano con addosso la maglia della Nazionale spagnola ad Italia ’90 e con lo pseudonimo di Michel. Carriera di successo da calciatore (con la maglia del Real Madrid ha vinto per 6 volte la Liga), lo stesso non si può ancora dire per la sua carriera da allenatore. Rayo Vallecano (in terza divisione), Getafe, Siviglia e Olympiacos nel suo curriculum: avventure – eccezion fatta per la prima – naufragate in fretta dopo qualche buon risultato. E allora come mai la decisione di affidare a lui la guida di un club difficile da gestire come l’Olympique Marsiglia? La risposta sta tutta in una parola: Doyen. Nelio Lucas, personaggio chiave del fondo di investimento che riveste un ruolo sempre più influente sul calciomercato internazionale, sembra interessato ad inserire l’OM nel proprio raggio d’azione e Michel sarebbe stato indicato proprio da lui. E se, come sostengono in Provenza, il Marsiglia ha bisogno di fondi per tornare grande, i conti iniziano proprio a tornare… dell’OM, Florian Thauvin, al Newcastle sembra essere proprio l’ultimo – decisivo e lampante – segnale di un addio alle armi. Calcio 2OOO
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i NUMERI Della 1a GIORNATA
Empoli-Chievo 1-3 (1-0)
Fiorentina-Milan 2-0 (1-0)
Frosinone-Torino 1-2 (1-0)
Inter-Atalanta 1-0 (0-0)
Data: 23-08-2015 – Ore: 20:45 EMPOLI 4-3-1-2: Skorupski 6; Zambelli 6, Martinelli 5, Barba 5, Mario Rui 5,5; Zielinski 5,5, Dioussè 5 (28’ st Ronaldo 5), Croce 7 (12’ st Signorelli 5); Saponara 7; Maccarone 6 (18’ st Mchedlidze 5,5), Pucciarelli 5. Allenatore: Giampaolo 5,5. CHIEVO 4-4-2: Bizzarri 7; Frey 5,5, Gamberini 6, Cesar 6, Gobbi 6; Birsa 7 (43’ st Cacciatore ng), Radovanovic 5 (43’ pt Rigoni 6), Hetemaj 5, Castro 6; Paloschi 7, M’Poku 5 (1’ st Meggiorini 7). Allenatore: Maran 6,5. Arbitro: Mariani di Aprilia 6. Reti: 7’ pt Saponara (E); 10’ st Meggiorini (C), 15’ Birsa (C), 18’ Paloschi (C). Recupero: 5 minuti (2’ pt + 3’ st). Ammoniti: Saponara (E); Rigoni, Meggiorini (C). Espulsi: nessuno. Spettatori: 7.309.
Data: 23-08-2015 – Ore: 20:45 FIORENTINA 3-4-2-1: Tatarusanu 6; Tomovic 6,5, Rodríguez 6, Roncaglia 6 (14’ st Astori 6); Gilberto 5,5, Borja Valero 7, Badelj 6, Alonso 6,5; Ilicic 7 (22’ st Suárez 6), Bernardeschi 6 (36’ st Fernández ng); Kalinic 7. Allenatore: Paulo Sousa 7. MILAN 4-3-1-2: Diego López 7; De Sciglio 6, Ely 4, Romagnoli 5, Antonelli 5; Bertolacci 5 (25’ st Nocerino 5,5), De Jong 5, Bonaventura 5; Honda 5 (39’ pt Zapata 5,5); Luiz Adriano 5, Bacca 5 (33’ st Cerci ng). Allenatore: Mihajlovic 5. Arbitro: Valeri di Roma 6. Reti: 38’ pt Alonso; 11’ st Ilicic rig. Recupero: 5 minuti (1’ pt + 4’ st). Ammoniti: Roncaglia, Ilicic, Bernardeschi (F); Ely, Romagnoli, Bonaventura (M). Espulsi: 36’ pt Ely (M) per doppia ammonizione. Spettatori: 33.904.
Data: 23-08-2015 – Ore: 20:45 FROSINONE 4-4-2: Leali 7; Rosi 6 (31’ st Ciofani M. 6), Russo 6, Diakité 6,5, Crivello 5,5; Paganini 6, Gori 6, Gucher 5,5, Soddimo 6 (23’ st Carlini 6); Longo 6 (38’ st Verde ng), Dionisi 5,5. Allenatore: Stellone 6. TORINO 3-5-2: Padelli 6; Maksimovic 6, Glik 6, Moretti 6; Bruno Peres 6,5, Benassi 7 (34’ st Acquah ng), Gazzi 6, Baselli 7 (40’ st Vives ng), Avelar 7; Maxi López 6 (16’ st Martínez 6), Quagliarella 7. Allenatore: Ventura 6,5. Arbitro: Banti di Livorno 6,5. Reti: 7’ pt Soddimo (F); 14’ st Quagliarella (T), 19’ Baselli (T). Recupero: 6 minuti (1’ pt + 5’ st). Ammoniti: Ciofani M., Dionisi (F); Maksimovic, Bruno Peres (T). Espulsi: nessuno. Spettatori: 9.000 circa.
Data: 23-08-2015 – Ore: 20:45 INTER 4-3-1-2: Handanovic 6; Santon 6, Miranda 6, Murillo 6,5, Juan Jesus 6; Medel 5,5, Gnoukouri 5 (1’ st Hernanes 6), Kondogbia 6; Brozovic 6 (40’ st Manaj ng); Icardi ng (15’ pt Jovetic 7), Palacio 6. Allenatore: Mancini 6. ATALANTA 4-3-3: Sportiello 7; Masiello 5,5, Stendardo 6, Cherubin 6, Dramè 6; Carmona 5, De Roon 7, Kurtic 6; Gomez 6 (33’ st Migliaccio 5,5), Denis 5 (23’ pt Pinilla 6), Moralez 5 (19’ st D’Alessandro 5,5). Allenatore: Reja 5,5. Arbitro: Calvarese di Teramo 6. Reti: 48’ st Jovetic. Recupero: 6 minuti (1’ pt + 5’ st). Ammoniti: Manaj, Palacio (I); Carmona, Pinilla, Moralez (A). Espulsi: 26’ st Carmona (A) per doppia ammonizione. Spettatori: 37.042.
Juventus-Udinese 0-1 (0-0)
Data: 23-08-2015 – Ore: 18:00 JUVENTUS 3-5-2: Buffon 6; Barzagli 6, Bonucci 6, Chiellini 6; Lichtsteiner 5 (36’ st Isla 5), Pereyra 5 (35’ st Llorente ng), Padoin 5,5, Pogba 5,5, Evrà 6; Mandzukic 6, Coman 5,5 (20’ st Dybala 5,5). Allenatore: Allegri 5. UDINESE 3-5-2: Karnezis 6,5; Heurtaux 6, Danilo 6, Piris 6; Edenilson 6, Badu 5,5 (8’ st Kone 6), Iturra 5,5, Bruno Fernandes 6, Adnan 6 (41’ st Widmer 6); Théréau 6,5, Di Natale 5 (21’ st Zapata 6). Allenatore: Colantuono 6,5. Arbitro: Mazzoleni di Bergamo 6. Reti: 33’ st Théréau. Recupero: 5 minuti (0’ pt + 5’ st). Ammoniti: Padoin (J); Heurtaux, Piris, Adnan (U). Espulsi: nessuno. Spettatori: 38.697.
Lazio-Bologna 2-1 (2-1)
Palermo-Genoa 1-0 (0-0)
Sampdoria-Carpi 5-2 (5-1)
Sassuolo-Napoli 2-1 (1-1)
Verona-Roma 1-1 (0-0)
CLASSIFICA
MARCATORI
Data: 23-08-2015 – Ore: 20:45 PALERMO 3-5-2: Sorrentino 7; Vitiello 6, González 7, El Kaoutari 7; Rispoli 6, Rigoni 6 (28’ st Hiljemark 6,5), Jajalo 6, Chochev 5 (33’ pt Trajkovski 6), Lazaar 6 (42’ st Daprelà ng); Quaison 6, Vazquez 6,5. Allenatore: Iachini 6,5. GENOA 3-4-3: Lamanna 6; De Maio 6, Burdisso 6, Marchese 6; Cissokho 6,5, Tino Costa 6,5 (38’ st Panico ng), Kucka 6, Laxalt 6; Lazovic 5 (7’ st Capel 5, 23’ st Tachtsidis 5,5), Pandev 5, Ntcham 6,5. Allenatore: Gasperini 6,5. Arbitro: Irrati di Pistoia 6,5. Reti: 47’ st El Kaoutari. Recupero: 4 minuti (1’ pt + 3’ st). Ammoniti: Vitiello (P); Marchese (G). Espulsi: nessuno. Spettatori: 22.608.
Data: 22-08-2015 – Ore: 18:00 VERONA 4-3-3: Rafael 6; Pisano 6, Marquez 6,5, Moras 6,5, Souprayen 6,5 (33’ st Romulo ng); Sala 6, Greco 6, Hallfredsson 7; Jankovic 7 (39’ st Pazzini ng), Toni 6, Gomez 6 (29’ st Siligardi 6). Allenatore: Mandorlini 6,5. ROMA 4-3-3: Szczesny 7; Florenzi 6,5, Manolas 6, Castan 5, Torosidis 5; Pjanic 6, De Rossi 6 (20’ st Keita 6), Nainggolan 6; Salah 5 (20’ st Iago Falqué 6), Dzeko 6, Gervinho 5 (38’ st Ibarbo ng). Allenatore: Rudi Garcia 5,5. Arbitro: Guida di Torre Annunziata 6. Reti: 16’ st Jankovic (V), 21’ Florenzi (R). Recupero: 4 minuti (0’ pt + 4’ st). Ammoniti: Souprayen, Gomez (V); Castan (R). Espulsi: nessuno. Spettatori: 22.255.
94
Calcio 2OOO
Data: 23-08-2015 – Ore: 20:45 SAMPDORIA 4-3-1-2: Viviano 6; Cassani 6,5, Silvestre 6, Coda 6, Regini 6; Ivan 6, Fernando 7, Barreto 7; Soriano 7 (38’ st Wszolek ng); Muriel 8 (30’ st Cassano 6), Eder 7,5. Allenatore: Zenga 6,5. CARPI 4-4-1-1: Brkic 4; Letizia 4 (25’ st Wallace 6), Spolli 5, Bubnjic 5, Gagliolo 5 (15’ st Di Gaudio 6); Matos 6, Porcari 5, Marrone 6, Gabriel Silva 5; Lazzari 6,5; Lasagna 5 (11’ st Wilczek 6). Allenatore: Castori 4,5. Arbitro: Fabbri di Ravenna 6,5. Reti: 14’ pt Eder (S), 21’ e 30’ Muriel (S), 33’ Eder (S) rig., 37’ Fernando (S), 38’ Lazzari (C); 43’ st Matos (C). Recupero: 3 minuti (0’ pt + 3’ st). Ammoniti: Coda, Ivan (S); Letizia, Porcari, Marrone (C). Espulsi: 36’ st Ivan (S) per doppia ammonizione. Spettatori: 21.835 Note: Al 47’ st Lazzari (C) si è fatto parare un rigore.
Sampdoria Chievo Fiorentina Lazio Sassuolo Torino Inter Palermo Udinese Roma Verona Bologna Frosinone Napoli Atalanta Genoa Juventus Empoli Milan Carpi
3 1 1 0 0 5 2 3 1 1 0 0 3 1 3 1 1 0 0 2 0 3 1 1 0 0 2 1 3 1 1 0 0 2 1 3 1 1 0 0 2 1 3 1 1 0 0 1 0 3 1 1 0 0 1 0 3 1 1 0 0 1 0 1 1 0 1 0 1 1 1 1 0 1 0 1 1 0 1 0 0 1 1 2 0 1 0 0 1 1 2 0 1 0 0 1 1 2 0 1 0 0 1 0 1 0 1 0 0 1 0 1 0 1 0 0 1 0 1 0 1 0 0 1 1 3 0 1 0 0 1 0 2 0 1 0 0 1 2 5
Data: 22-08-2015 – Ore: 20:45 LAZIO 4-3-3: Berisha 6,5; Basta 7, De Vrij 6, Gentiletti 6,5, Radu 5; Parolo 6, Biglia 6,5 (7’ st Cataldi 6), Lulic 5 (17’ st Milinkovic-Savic 6); Candreva 7 (30’ st Felipe Anderson 5), Keita 6, Kishna 7. Allenatore: Pioli 6,5. BOLOGNA 4-3-1-2: Mirante 7; Ferrari 5, Oikonomou 6, Rossettini 5, Masina 5; Crimi 5 (1’ st Pulgar 6), Crisetig 5 (38’ st Diawara ng), Brighi 5; Brienza 6,5; Mancosu 7, Acquafresca 5 (31’ st Destro 5). Allenatore: Rossi 5,5. Arbitro: Rocchi di Firenze 6. Reti: 17’ pt Biglia (L), 24’ Kishna (L), 43’ Mancosu (B). Recupero: 5 minuti (1’ pt + 4’ st). Ammoniti: Radu, Milinkovic-Savic (L); Brighi (B). Espulsi: nessuno. Spettatori: 19.464
Data: 23-08-2015 – Ore: 20:45 SASSUOLO 4-3-3: Consigli 6; Vrsaljko 6, Cannavaro 6, Acerbi 6,5, Peluso 6; Missiroli 6,5, Magnanelli 6,5, Duncan 6; Berardi 7 (18’ st Politano 6), Defrel 6,5 (37’ st Falcinelli 6), Floro Flores 7 (28’ st Sansone 7). Allenatore: Di Francesco 7. NAPOLI 4-3-1-2: Reina 7; Maggio 5, Albiol 5, Chiriches 5, Hysaj 5; David López 5,5, Valdifiori 5, Hamsik 6; Insigne 5 (28’ st El Kaddouri 5); Higuaín 5 (18’ st Gabbiadini 5), Mertens 5,5 (35’ st Callejón ng). Allenatore: Sarri 5. Arbitro: Doveri di Roma 6. Reti: 3’ pt Hamsik (N), 32’ Floro Flores (S); 39’ st Sansone (S). Recupero: 4 minuti (0’ pt + 4’ st). Ammoniti: Peluso, Magnanelli, Berardi, Sansone (S); Chiriches, Valdifiori (N). Espulsi: nessuno. Spettatori: 13.755.
2 reti: Eder (1 rig.), Muriel (Sampdoria) 1 rete: Mancosu (Bologna); Lazzari, Matos (Carpi); Birsa, Meggiorini, Paloschi (Chievo); Saponara (Empoli); Alonso, Ilicic (Fiorentina, 1 rig.); Soddimo (Frosinone); Jovetic (Inter); Biglia, Kishna (Lazio); Hamsik (Napoli); El Kaoutari (Palermo); Florenzi (Roma); Fernando (Sampdoria); Floro Flores, Sansone (Sassuolo); Baselli, Quagliarella (Torino); Théréau (Udinese); Jankovic (Verona)
IL FILM
la gallery della 1a GIORNATA
Calcio 2OOO
95
1X2
i NUMERI Della 2a GIORNATA
Atalanta-Frosinone 2-0 (1-0)
Bologna-Sassuolo 0-1 (0-0)
Carpi-Inter 1-2 (0-1)
Chievo-Lazio 4-0 (3-0)
Genoa-Verona 2-0 (0-0)
Milan-Empoli 2-1 (1-1)
Napoli-Sampdoria 2-2 (2-0)
Roma-Juventus 2-1 (0-0)
Torino-Fiorentina 3-1 (0-1)
Udinese-Palermo 0-1 (0-1)
CLASSIFICA
MARCATORI
Data: 30-08-2015 – Ore: 20:45 ATALANTA 4-3-3: Sportiello 6; Masiello 6, Stendardo 7, Cherubin 6, Dramè 6; Grassi 6,5 (23’ st Migliaccio 6), De Roon 7, Kurtic 6 (31’ st Giorgi ng); Moralez 7, Pinilla 5,5, Gomez 7 (43’ st Estigarribia ng). Allenatore: Reja 7. FROSINONE 4-4-2: Leali 8; Rosi 6, Diakité 5, Blanchard 5, Crivello 5; Paganini 5,5 (29’ st Tonev 6), Gori 5,5, Gucher 5, Soddimo 6 (24’ st Carlini 6); Longo 5 (1’ st Ciofani D. 6), Dionisi 5,5. Allenatore: Stellone 5,5. Arbitro: Celi di Bari 6,5. Reti: 21’ pt Stendardo; 24’ st Gomez. Recupero: 4 minuti (0’ pt + 4’ st). Ammoniti: Pinilla (A); Diakité, Blanchard, Paganini, Dionisi (F). Espulsi: nessuno. Spettatori: 14.546. Note: Al 8’ pt Pinilla (A) si è fatto parare un rigore.
Data: 30-08-2015 – Ore: 20:45 CHIEVO 4-3-1-2: Bizzarri 7; Frey 6,5, Cesar 6,5, Gamberini 7, Gobbi 7; Castro 7, Rigoni 6,5 (28’ st Cacciatore 6), Hetemaj 7; Birsa 8 (36’ st Pepe 6); Paloschi 8, Meggiorini 8 (42’ st M’Poku ng). Allenatore: Maran 7,5. LAZIO 4-3-3: Berisha 5,5; Basta 5 (1’ st Patric 5), De Vrij 4,5, Gentiletti 4, Radu 5; Parolo 6, Cataldi 5, Lulic 4,5 (1’ st Morrison 5); Candreva 5 (15’ st Felipe Anderson 4,5), Keita 6, Kishna 5. Allenatore: Pioli 4,5. Arbitro: Di Bello di Brindisi 6. Reti: 12’ pt Meggiorini, 30’ Paloschi, 45’ Birsa; 23’ st Paloschi. Recupero: 4 minuti (2’ pt + 2’ st). Ammoniti: Cataldi (L). Espulsi: nessuno. Spettatori: 10.000 circa.
Data: 30-08-2015 – Ore: 20:45 NAPOLI 4-3-1-2: Reina 6,5; Maggio 6, Albiol 5, Koulibaly 5,5, Hysaj 5,5 (26’ st Ghoulam 5); Allan 6 (13’ st David López 5,5), Valdifiori 5,5 (23’ st Jorginho 5), Hamsik 6; Insigne 6; Higuaín 7, Callejón 5. Allenatore: Sarri 5,5. SAMPDORIA 4-3-1-2: Viviano 6; Cassani 6, Coda 5,5 (22’ pt Zukanovic 6), Silvestre 6, Regini 6; Barreto 6, Fernando 6, Palombo 6; Soriano 6 (42’ st Wszolek ng); Eder 7 (44’ st Moisander ng), Muriel 6,5. Allenatore: Zenga 6. Arbitro: Gervasoni di Mantova 6,5. Reti: 9’ e 39’ pt Higuaín (N); 13’ rig. e 14’ st Eder (S). Recupero: 5 minuti (2’ pt + 3’ st). Ammoniti: Silvestre, Fernando (S). Espulsi: nessuno. Spettatori: 25.128.
Data: 30-08-2015 – Ore: 20:45 UDINESE 3-5-2: Karnezis 6; Heurtaux 6 (25’ st Di Natale 6), Danilo 6, Piris 6; Edenilson 5, Merkel 5 (13’ st Kone 6), Iturra 6,5 (34’ st Marquinho ng), Bruno Fernandes 6, Adnan 6; Théréau 6, Zapata 5,5. Allenatore: Colantuono 6. PALERMO 3-5-1-1: Sorrentino 7; Struna 4, González 7, El Kaoutari 6,5; Rispoli 6 (20’ st Goldaniga 6), Rigoni 7 (32’ st Hiljemark ng), Jajalo 6, Quaison 5 (38’ st Vitiello ng), Lazaar 6; Vazquez 6,5; Trajkovski 6. Allenatore: Iachini 6,5. Arbitro: Damato di Barletta 6. Reti: 8’ pt Rigoni. Recupero: 5 minuti (1’ pt + 4’ st). Ammoniti: Merkel, Iturra, Bruno Fernandes, Zapata (U); Sorrentino, Struna, Jajalo (P). Espulsi: 25’ st Struna (P) per doppia ammonizione. Spettatori: 13.200.
96
Calcio 2OOO
Data: 29-08-2015 – Ore: 18:00 BOLOGNA 4-3-2-1: Mirante 6; Mbaye 5 (1’ st Ferrari 6), Rossettini 6, Maietta 6, Masina 6; Donsah 6,5 (10’ st Diawara 5), Crisetig 5, Pulgar 6; Falco 6, Brienza 7; Destro 5,5 (26’ st Mancosu 5). Allenatore: Rossi 5,5. SASSUOLO 4-3-3: Consigli 6; Vrsaljko 5,5, Cannavaro 6, Acerbi 6,5, Peluso 6; Missiroli 6, Magnanelli 6, Duncan 7; Politano 6,5 (17’ st Floro Flores 7), Defrel 6 (29’ st Falcinelli 6), Sansone 6,5 (35’ st Laribi 6,5). Allenatore: Di Francesco 6,5. Arbitro: Russo di Nola 6. Reti: 42’ st Floro Flores. Recupero: 6 minuti (1’ pt + 5’ st). Ammoniti: Ferrari, Falco, Destro (B); Cannavaro (S). Espulsi: nessuno. Spettatori: 26.845.
Data: 30-08-2015 – Ore: 20:45 GENOA 3-5-2: Lamanna 6,5; De Maio 6 (29’ st Marchese 6), Burdisso 6, Izzo 6; Cissokho 6, Rincón 7, Tino Costa 6, Ntcham 7, Laxalt 7; Gakpé 7, Pandev 5,5 (11’ st Pavoletti 7, 27’ st Lazovic 6). Allenatore: Gasperini 7. VERONA 4-3-3: Rafael 6; Pisano 5,5, Marquez 5, Moras 6, Souprayen 5,5; Sala 5,5 (39’ st Siligardi ng), Greco 5,5, Hallfredsson 6 (22’ pt Viviani 6); Jankovic 6 (24’ st Pazzini 6), Toni 6, Gomez 6. Allenatore: Mandorlini 5,5. Arbitro: Orsato di Schio 6,5. Reti: 12’ st Pavoletti, 31’ Gakpé. Recupero: 5 minuti (1’ pt + 4’ st). Ammoniti: Izzo, Rincón (G); Moras, Pazzini (V). Espulsi: nessuno. Spettatori: 19.462.
Data: 30-08-2015 – Ore: 18:00 ROMA 4-3-3: Szczesny 7; Florenzi 7, Manolas 6,5, De Rossi 6, Digne 6,5; Pjanic 7,5, Keita 6, Nainggolan 7; Salah 6,5 (32’ st Iturbe 6), Dzeko 7 (48’ st Ibarbo ng), Iago Falqué 6,5 (34’ st Ljajic ng). Allenatore: Rudi Garcia 7. JUVENTUS 3-5-2: Buffon 6,5; Cáceres 5, Bonucci 6, Chiellini 5,5; Lichtsteiner 5 (27’ st Pereyra 6), Sturaro 5, Padoin 5 (30’ st Cuadrado 6), Pogba 5, Evrà 5; Dybala 6, Mandzukic 5 (18’ st Morata 5,5). Allenatore: Allegri 4,5. Arbitro: Rizzoli di Bologna 5. Reti: 16’ st Pjanic (R), 34’ Dzeko (R), 42’ Dybala (J). Recupero: 5 minuti (1’ pt + 4’ st). Ammoniti: De Rossi, Pjanic, Dzeko (R); Chiellini, Pogba, Evrà (J). Espulsi: 21’ st Rubinho (J, in panchina per proteste), 33’ Evra (J) per doppia ammonizione. Spettatori: 56.040.
Chievo Torino Inter Sassuolo Palermo Sampdoria Roma Atalanta Genoa Fiorentina Udinese Milan Lazio Napoli Verona Bologna Juventus Empoli Frosinone Carpi
6 2 2 0 0 7 1 6 2 2 0 0 5 2 6 2 2 0 0 3 1 6 2 2 0 0 3 1 6 2 2 0 0 2 0 4 2 1 1 0 7 4 4 2 1 1 0 3 2 3 2 1 0 1 2 1 3 2 1 0 1 2 1 3 2 1 0 1 3 3 3 2 1 0 1 1 1 3 2 1 0 1 2 3 3 2 1 0 1 2 5 1 2 0 1 1 3 4 1 2 0 1 1 1 3 0 2 0 0 2 1 3 0 2 0 0 2 1 3 0 2 0 0 2 2 5 0 2 0 0 2 1 4 0 2 0 0 2 3 7
Data: 30-08-2015 – Ore: 20:45 CARPI 3-5-2: Brkic 5; Letizia 5, Bubnjic 6, Gagliolo 6; Wallace 6 (31’ st Di Gaudio 6,5), Lollo 6, Marrone 6, Fedele 6 (34’ st Lazzari 6), Gabriel Silva 5; Matos 6,5, Wilczek 5 (21’ st Lasagna 6). Allenatore: Castori 6. INTER 4-3-1-2: Handanovic 6; Santon 6 (35’ st Nagatomo 5), Miranda 6, Murillo 6, Juan Jesus 6; Guarín 6,5, Medel 6, Kondogbia 5,5; Brozovic 5 (40’ st Hernanes ng); Palacio 6, Jovetic 7 (45’ st Ranocchia ng). Allenatore: Mancini 6. Arbitro: Massa di Imperia 5. Reti: 31’ pt Jovetic (I); 36’ st Di Gaudio (C), 44’ Jovetic (I) rig. Recupero: 5 minuti (2’ pt + 3’ st). Ammoniti: Letizia, Lollo, Gabriel Silva (C); Handanovic, Santon, Miranda, Medel (I). Espulsi: nessuno. Spettatori: 15.000 circa.
Data: 29-08-2015 – Ore: 20:45 MILAN 4-3-1-2: Diego López 5,5; De Sciglio 5,5, Zapata 5,5, Romagnoli 6, Antonelli 6; Bertolacci 5 (38’ st Poli ng), De Jong 5, Nocerino 4,5 (1’ st Kucka 6); Suso 4,5 (10’ st Bonaventura 6,5); Bacca 6,5, Luiz Adriano 7. Allenatore: Mihajlovic 5,5. EMPOLI 4-3-1-2: Skorupski 5; Zambelli 6, Tonelli 6, Barba 5 (35’ st Costa ng), Mario Rui 6; Zielinski 6, Dioussè 6,5 (31’ st Maiello 6), Croce 6,5; Saponara 7; Maccarone 6 (17’ st Mchedlidze 5), Pucciarelli 5. Allenatore: Giampaolo 6. Arbitro: Giacomelli di Trieste 5,5. Reti: 16’ pt Bacca (M), 19’ Saponara (E); 24’ st Luiz Adriano (M). Recupero: 4 minuti (1’ pt + 3’ st). Ammoniti: Tonelli, Maccarone (E). Espulsi: nessuno. Spettatori: 34.382.
Data: 30-08-2015 – Ore: 20:45 TORINO 3-5-2: Padelli 6; Maksimovic 6, Glik 6, Moretti 7; Bruno Peres 6, Benassi 6 (19’ st Acquah 6,5), Vives 6, Baselli 7,5 (38’ st Gazzi ng), Avelar 7; Quagliarella 7, Martínez 5,5 (15’ st Maxi López 6). Allenatore: Ventura 7. FIORENTINA 3-4-2-1: Tatarusanu 6; Tomovic 5,5, Rodríguez 5, Roncaglia 5; Gilberto 5 (31’ st Rebic ng), Borja Valero 7, Suárez 6, Alonso 6; Ilicic 6 (28’ st Rossi 6), Fernández 6 (18’ st Bernardeschi 5,5); Kalinic 6. Allenatore: Paulo Sousa 6. Arbitro: Tagliavento di Terni 5,5. Reti: 10’ pt Alonso (F); 22’ st Moretti (T), 24’ Quagliarella (T), 32’ Baselli (T). Recupero: 2 minuti (0’ pt + 2’ st). Ammoniti: Vives, Maxi López (T); Rodríguez, Alonso, Fernández (F). Espulsi: nessuno. Spettatori: 20.482.
4 reti: Eder (Sampdoria, 2 rig.) 3 reti: Paloschi (Chievo); Jovetic (Inter, 1 rig.) 2 reti: Birsa, Meggiorini (Chievo); Saponara (Empoli); Alonso (Fiorentina); Higuaín (Napoli); Muriel (Sampdoria); Floro Flores (Sassuolo); Baselli, Quagliarella (Torino) 1 rete: Gomez, Stendardo (Atalanta); Mancosu (Bologna); Di Gaudio, Lazzari, Matos (Carpi); Ilicic (Fiorentina, 1 rig.); Soddimo (Frosinone); Gakpé, Pavoletti (Genoa); Dybala (Juventus); Biglia, Kishna (Lazio); Bacca, Luiz Adriano (Milan); Hamsik (Napoli); El Kaoutari, Rigoni (Palermo); Dzeko, Florenzi, Pjanic (Roma); Fernando (Sampdoria); Sansone (Sassuolo); Moretti (Torino); Théréau (Udinese); Jankovic (Verona)
IL FILM
la gallery della 2a GIORNATA
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BIABIANY Fermo ormai da un anno, dopo l'esperienza al Parma, eccolo in tribuna con la famiglia a San Siro per la prima vittoriosa dell'Inter contro l'Atalanta.
CERCI Si rilassa pescando, l'ala del Milan, reduce da una stagione non proprio positiva.
DEL PIERO
Calcio 2OOO
Esordio in campionato con goal per il giocatore della Roma qui in spiaggia con gli amici.
NEYMAR JR Dopo l'esordio con goal nel Chelsea, l'ex Pedro è tornato a Barcellona per salutare la squadra ed eccolo con il brasiliano Neymar per un doveroso selfie di saluto.
PODOLSKI
Simpatica foto dell'ex giocatore della Juve allo stadio con un suo fan...
Non sarà sicuramente rimpianto ai tifosi dell'Inter, l'attaccante tedesco è già pronto per la nuova avventura nel Galatasaray.
ETO'O
SHAQUIRI
Ennesimo cambio di maglia per il talento camerunense dopo gli ultimi sei mesi trascorsi a Genova sponda Sampdoriana.
98
FLORENZI
Altro ex Inter che non sarà sicuramente rimpianto, eccolo lo svizzero con la nuova maglia.
Il DJ/Speaker di RTL 102.5 Carlo CARLETTO Nicoletti seguirà i profili Instagram e Twitter dei giocatori più importanti del pianeta Calcio e ci segnalerà le foto e i tweet più divertenti e particolari. Segnalate quelle che magari potrebbero sfuggirgli scrivendogli al suo profilo Instagram e Twitter: @carlettoweb
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