SPECIALE CHAMPIONS LEAGUE
Mensile | NOVEMBRE 2015 | N. 215 | Italia | Euro 3,90
Calcio
BE €8,00 | F €11,50 | PTE CONT €7,50 | E €7,50 | CHCT chf 8,50
2OOO il mensile diretto da FABRIZIO PONCIROLI
Esclusiva Larangeira DANILO A UDINE PER IL PROGETTO
Esclusiva Pietro VIERCHOWOD CHE RAMMARICO I MONDIALI
Esclusiva Mario GIUFFREDI DA NAPOLI CON FURORE
Speciale
CHAMPIONS LEAGUE Esclusiva Giacomo FERRI INTERISTA NEL CUORE
IL SOGNO DI TUTTI
Esclusiva Diego LÓPEZ “VOGLIO LA CHAMPIONS”
L'EDITORIALE di Fabrizio PONCIROLI
direttore@calcio2000.it
IN EUROPA A TESTA ALTA… N. 215 - NOVEMBRE 2015
Mensile | NOVEMBRE 2015 | N. 215 | Italia | Euro 3,90
Calcio
BE €8,00 | F €11,50 | PTE CONT €7,50 | E €7,50 | CHCT chf 8,50
2OOO il mensile diretto da FABRIZIO PONCIROLI
Esclusiva Larangeira DANILO A UDINE PER IL PROGETTO
Esclusiva Pietro VIERCHOWOD CHE RAMMARICO I MONDIALI
SPECIALE CHAMPIONS LEAGUE
C
on l’autunno torna l’Europa. Certo, il campionato è il nostro pane quotidiano ma la musichetta della Champions è caviale per le nostre papille gustative. Come ci accade da troppo tempo, solo due italiane al via… La concorrenza è spaziale ma, come insegna la Vecchia Signora, in Champions va avanti chi ci crede di più (e chi ha la fortuna dalla propria parte). Juve e Roma, buona fortuna… Da non sottovalutare neppure l’Europa League. Il ranking ci impone di far bene anche nella seconda manifestazione europea e poi, dai, è giunto il tempo di vincerla questa benedetta Europa League, no? Lazio, Fiorentina e Napoli, tre club di primissima fascia. Speriamo lo dimostrino anche sul campo… Veniamo alla vostra/nostra rivista. Come avrete notato, sono ricomparse le statistiche, almeno quelle della Serie A (ma ci attendono TOP altre novità). PLAYER TUTTO anedIn questo numero spazio alla coppa dalle grandi orecchie,DI con IL MONDO doti e curiosità. Vi consiglio vivamente di leggere l’intervista a Diego Lopez. Grandissimo portiere e persona eccezionale. Ci ha accolto in casa sua, non capita tutti i giorni… Se si parla di persone eccezionali, Scirea vaPIU’ sempre DI 900nominato. SOGGETTI Uno speciale all’immenso Gaetano IN OLTRE 500 ci pareva obbligatorio. Ma FIGURINE! non finisce qui… Come sempre, tante ruColleziona e vota il golden Panini sticker inserendo il codice presente nel retro briche, sempre con un taglio unico, quello di Calcio2000… Mi sposto delle figurine speciali su www.panini365.com anche su argomenti “caldi”. In particolare, mi avete “massacrato” su Francesco Totti. Premessa: io accetto ogni giudizio, quindi avete fatto bene a scrivermi… Questa la mia idea in proposito: Totti è la Roma, su questo non ci sono dubbi. Quando uno arriva a segnare 300 gol IN èTUTTE LE EDICOLE! con la stessa casacca, già nella leggenda. L’unico mio timore è il seguente: la nuova Roma di Garcia corre veloce e punta su attaccanti come Salah, Dzeko, Falque e Gervinho. Totti è la “riserva di lusso”. Non è un caso che sia stato impiegato con il Frosinone e non con il Barcellona… Io mi straccio le vesti quando un campione lascia il terreno di gioco e lungi da me consigliare al Capitano di alzare bandiera bianca. Mi auguro solamente che l’uscita di scena sia al pari della sua impressionante carriera. Tutto qui… Altro tema caldo: Balotelli. È tornato e sembra cambiato. L’ho criticato aspramente, ho sperato non tornasse ma, al momento, ha ragione lui. Pronto ad ammettere di aver sbagliato, ma prima direi di aspettare e vedere cosa accade. Certo è che se Balotelli è cambiato, il Milan ha fatto il colpo dell’estate, non solo per non averlo pagato un centesimo… Buona lettura a tutti e, mi raccomando, continuate a scrivermi. Il vostro parere conta molto…
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Official FIFA licensed product. © FIFA and FIFA’ s Official Licensed Product Logo are copyrights and/or trademarks of FIFA. All rights reserved. Manufactured under license by Panini.
Esclusiva Mario GIUFFREDI DA NAPOLI CON FURORE
Speciale
Esclusiva Diego LÓPEZ “VOGLIO LA CHAMPIONS”
CHAMPIONS LEAGUE Esclusiva Giacomo FERRI INTERISTA NEL CUORE
IL SOGNO DI TUTTI
“La volontà di conquista è la prima condizione della vittoria…”
www.calcio2000.it Calcio 2OOO
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sommario n.215
Anno 19 n. 11 NOVEMBRE 2015
issn 1126-1056
6 La bocca del leone
di Fabrizio Ponciroli
Registrazione al Tribunale di Milano n.362 del 21/06/1997 - Iscritto al Registro Operatori di Comunicazione al n. 18246
8 SPECIALE CHAMPIONS LEAGUE
L’UNICO VERO TROFEO di Thomas Saccani
16 INTERVISTA ESCLUSIVA
Diego López
8
di Fabrizio Ponciroli
24 INTERVISTA ESCLUSIVA
Larangeira DANILO
Mika Aaltonen di Fabrizio Ponciroli
16
Marco Conterio, Luca Bargellini, Cristina Guerri, Gaetano Mocciaro, Chiara Biondini, Simone Bernabei, Lorenzo Marucci, Pietro Lazzerini, Tommaso Maschio, Lorenzo Di Benedetto.
di Francesco Scabar
di Pasquale Romano
48 SERIE B - BARI
di Tommaso Maschio
24
50 LEGA PRO - FeralpiSalò
di Sergio Stanco
52 Serie D - FOLIGNO
di Simone Toninato
54 I Re del Mercato
MARIO GIUFFREDI di Marco Conterio
30
64 I Giganti del Calcio PIETRO VIERCHOWOD
Statistiche
di Gabriele Porri
FURIO VALCAREGGI
Redazione Calcio2000
42
di Stefano Borgi
di Stefano Borgi
54
92 IL FIM DEL CAMPIONATO 98 SCOVATE da CARLETTO RTL NUMERO CHIUSO IL 30 SETTEMBRE 2015
IL PROSSIMO NUMERO sarà in edicola il 15 NOVEMbre 2015 4
Calcio 2OOO
e-mail: media@calcio2000.it Tiber S.p.A. Via della Volta, 179 25124 Brescia Tel. +39 0303543439 Fax. +39 030349805
RICCARDO FERRI
CAMPIONATI STRANIERI 84 SPAGNA di Paolo Bardelli 86 INGHILTERRA di Luca Manes 88 GERMANIA di Flavio Sirna 90 FRANCIA di Renato Maisani
Contatti per la pubblicità: Stampa
80 DOVE SONO FINITI?
Fotografie
Image Photo Agency, Daniele Mascolo/Photoviews, Federico De Luca, Agenzia Aldo Liverani, TC&C S.r.l.
League 1981/82
78 ACCADDE A...
Hanno collaborato
Thomas Saccani, Stefano Benetazzo, Francesco Scabar, Pasquale Romano, Sergio Stanco, Simone Toninato, Paolo Camedda, Stefano Borgi, Gabriele Porri, Paolo Bardelli, Luca Manes, Renato Maisani, Flavio Sirna, Carletto RTL.
Realizzazione Grafica
di Paolo Camedda
74 Storia Champions
Diretto da
Fabrizio Ponciroli
Redazione
Artisti del Cross
42 STORIE DI CALCIO GAETANO SCIREA
TC&C srl Strada Setteponti Levante 114 52028 Terranuova Bracciolini (AR) Tel +39 055 9172741 Fax +39 055 9170872 Michele Criscitiello
36 SPECIALE
EDITORE
DIRETTORE RESPONSABILE
di Cristina Guerri
30 FOCUS ON
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IL IL TOP TOP DEL DEL CALCIO CALCIO MONDIALE MONDIALE
è è PANINI PANINI FIFA FIFA 365 365
29 squadre, tra cui Juventus, Milan, Inter, Roma 29 squadre, tra cui Juventus, Milan, Inter, Roma e Lazio, 520 figurine e oltre 900 immagini… e Lazio, 520 figurine e oltre 900 immagini… Una collezione top… E’ disponibile “Panini FIFA 365”, la nuovissima collezione di E’ figurine dedicata al top del365”, calcio Una collezione top… disponibile “Panini FIFA la monnuodiale, griffata Panini,disu licenzadedicata ufficiale FIFA. 520 vissima collezione figurine al topComposta del calcioda monfigurine, prevede ben 134 speciali. Grazie al particolare formato, diale, griffata Panini, su licenza ufficiale FIFA. Composta da 520 parliamoprevede di oltre 900 traGrazie giocatori e squadre.formato, Spazio figurine, ben immagini, 134 speciali. al particolare a 29 tra i più prestigiosi e titolati club del panorama calcistico parliamo di oltre 900 immagini, tra giocatori e squadre. Spazio di29 tutti i continenti. Ben cinque i team del campionato a trae icinque più prestigiosi e titolati club del panorama calcistico italiano: Juventus, Milan, Roma, Inter e Lazio. Un album di 72 di tutti e cinque i continenti. Ben cinque i team del campionato pagine, con in coverMilan, Messi,Roma, CR7 eInter Neuer. La raccolta – presente italiano: Juventus, e Lazio. Un album di 72 anche al sito www.panini365.com – coinvolge anche tutti i colpagine, con in cover Messi, CR7 e Neuer. La raccolta – presente lezionisti: sul www.panini365.com retro di una figurina,–presente inanche tutte letutti bustine, anche al sito coinvolge i colè stampato uno speciale codice per votare il giocatore preferito lezionisti: sul retro di una figurina, presente in tutte le bustine, della collezione. è stampato uno speciale codice per votare il giocatore preferito Nell’album “Panini della collezione. FIFA 365”, a ciascuna delle 29 squadre è dedicata una “Panini doppia pagina, il cui sfondo èdelle caratterizzato daèuna Nell’album FIFA 365”, a ciascuna 29 squadre deveduta della città sede del team. Ogni club è rappresentato dalle dicata una doppia pagina, il cui sfondo è caratterizzato da una immagini a mezzobusto diteam. 20 calciatori, accanto all’emblema e veduta della città sede del Ogni club è rappresentato dalle alla foto della rosa. Le figurine sono di accanto grandi dimensioni per immagini a mezzobusto di 20 calciatori, all’emblema e permettere, grazie al particolare formato di ciascuna di esse, di alla foto della rosa. Le figurine sono di grandi dimensioni per contenere immagini. formato Nella spazio dedicato ogni permettere,anche graziepiù al particolare di ciascuna di ad esse, di squadra, sono anche presenti le immagini del top player e di sei contenere anche più immagini. Nella spazio dedicato ad ogni giocatori in azione. mancano poi palmares, deleclub e squadra, sono ancheNon presenti le immagini del topdati player di sei una ricca sezione statistica riferita alle performance di squadra giocatori in azione. Non mancano poi palmares, dati del club e dell’ultimo triennio. In totale,riferita i calciatori presenti nella una ricca sezione statistica alle performance di colleziosquadra ne sono ben 580, provenienti da 58 differenti nazioni. Le aree dell’ultimo triennio. In totale, i calciatori presenti nella colleziogeografiche con il maggior numero di club rappresentati ne sono ben 580, provenienti da 58 differenti nazioni. Le nella aree raccolta sonocon l’Europa e il Sud America (rispettivamente con 18 geografiche il maggior numero di club rappresentati nella e 7 squadre), seguite da Centro America, Oceania, Africa e Asia raccolta sono l’Europa e il Sud America (rispettivamente con 18 con una formazione ciascuna. e 7 squadre), seguite da Centro America, Oceania, Africa e Asia La collezione “Panini FIFA 365” contiene anche diverse sezioni con una formazione ciascuna. speciali. Innanzitutto, vi sono due pagine di approfondimento La collezione “Panini FIFA 365” contiene anche diverse sezioni sulla “FIFA Club World Cup”, la massima competizione mondiaspeciali. Innanzitutto, vi sono due pagine di approfondimento le per squadre di club: insieme all’albo d’oro della competiziosulla “FIFA Club World Cup”, la massima competizione mondiane, con le vincitrici delle undici edizioni disputate, e diverse imle per squadre di club: insieme all’albo d’oro della competiziomagini della rassegna 2014, vinta dal Real Madrid. Altre sezioni ne, con le vincitrici delle undici edizioni disputate, e diverse imspeciali comprendono le due pagine sul “Mondiale Under20 magini della rassegna 2014, vinta dal Real Madrid. Altre sezioni 2015”, vinto dalla Serbia, e sulla “FIFA Women’s World Cup Caspeciali comprendono le due pagine sul “Mondiale Under20 nada 2015”, con trionfo degli States. Chiude l’album, una pagina 2015”, vinto dalla Serbia, e sulla “FIFA Women’s World Cup Cadedicata alle prime dieci Nazionali che guidano il ranking FIFA. nada 2015”, con trionfo degli States. Chiude l’album, una pagina dedicata alle prime dieci Nazionali che guidano il ranking FIFA.
LA BOCCA DEL LEONE di Fabrizio Ponciroli - foto Image Sport ALLEGRI VA CACCIATO Direttore, solo uno come Allegri poteva disfare una squadra perfetta come quella della Juventus. Mandzukic al posto di Tevez, Khedira al posto di Pirlo e nessuno al posto di Vidal. Va cacciato, lo scorso anno è stato solo fortunato e ha usato solo gli schemi di Conte. Lei la pensa come me o è uno di quelli che difende ancora Allegri? Aspetto risposta Mail firmata, Antonio Caro Antonio, ti sento infervorato dal tono della mail… No, non sono affatto d’accordo con te. Allegri è un punto di forza della Juventus e va salvaguardato. Non si può vincere per sempre e, per ricostruire, Allegri è l’uomo giusto. Non è stato certo lui a mandare via Tevez. L’argentino è voluto andarsene. Pirlo era giunto ad un’età non più da Juve e Vidal è stato un affare. Diamo il tempo ai nuovi di inserirsi e ai vecchi di tornare cattivi… MA DEL TORO NON PARLATE MAI? Gentile Redazione, come sempre del Torino non si parla mai. Siamo nei primi posti della classifica, abbiamo una squadra con tanti italiani,
MASSIMILIANO ALLEGRI
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il miglior allenatore e nessuno parla di noi. Sempre le solite cose, sempre di Juve, Inter e Milan… Il calcio è di tutti, non solo di quelle tre squadre. Mail firmata, Giacomo Caro Giacomo, immagino che tu non sia un tifoso della Juventus… Scherzo… Noi al Torino abbiamo dedicato anche una cover, a conferma di quanto crediamo nel progetto granata. Hai detto bene tu, il Toro è forte, italiano e con un allenatore unico. Non ho mai capito perché ci si convince che il parlare tanto di una squadra sia sempre un aspetto positivo. Credo che Ventura sia felice che i media non diano tanto spazio al Torino. Sempre meglio non essere sotto i riflettori, sbaglio? MILAN, SI POTEVA FARE MEGLIO… Ciao, sono un tifosissimo rossonero fin da bambino ad oggi che ho 27 anni. Per quanto riguarda la panchina a Mihajlović, io avrei preferito Emery o Spalletti o Klopp per maggior esperienza internazionale. In difesa sono troppi i soldi per il giovane Romagnoli e magari era meglio Benatia o Hummels. A centrocampo invece di spendere 20 milioni per Bertolacci, si poteva puntare su Wit-
GIAMPIERO VENTURA
sel o Matuidi o Sweinsteiger e in attacco va bene per Bacca e Luis Adriano, ma Ibrahimovic doveva essere la ciliegina sulla torta, ma neanche lui è arrivato e pure sulle fasce magari Peres e Kolarov ci potevano aiutare di più! Insomma ci hanno fatto sognare tutta l'estate per un Milan da scudetto e invece adesso non si sa manco più se arriviamo terzi, perché all'inizio sembrava un 4-3-1-2 con Diego Lopez, Dani Alves, Mexes, Hummels, Abate, Kondogbia, De Jong, Montolivo, Menez, Ibra, J. Martínez e ora invece Lopez, Abate, Romagnoli, Mexes, Antonelli, Kucka, De Jong, Bertolacci, Bonaventura, Bacca, Luiz Adriano. Insomma c'è una bella differenza e poi Soriano sfumato insieme a Witsel e ripeto Ibra ecc. E allora io dico ma Ibra non avendo rinnovato col PSG non potrebbe venire a gennaio o a giugno? E secondo me il vero disperato è lui perché non riesce a vincere la Champions neanche col PSG e ora deve giocarsi il posto pure con Di Maria! Adesso ci siamo ripresi pure quel pazzoide di Balotelli e quindi giocherei con De Sciglio al posto di Antonelli e Balo al posto di Bonaventura o Honda dietro con Bacca e Balotelli, in panchina Luiz Adriano e vorrei dire che i soldi vanno spesi bene come hanno fat-
Siniša Mihajlović
PER SCRIVERCI: media@calcio2000.it
to Roma e Inter favorite per lo scudetto! Spero che questa sia la volta buona che qualcuno mi risponda perché ci tengo troppo! Grazie Mail firmata, Paolo Buongiorno Paolo, eccomi qua… Tanti temi caldi nella tua mail… Allora, partiamo dal mercato. Credo che, alla fine, il Milan se la sia cavata abbastanza bene… Vero, sarebbe servito un centrocampista ma non era tanto semplice trovarne a certe condizioni. Io credo in Bertolacci e, onestamente, anche in Romagnoli. Ibra? Ci hanno provato in tutte le maniere ma, alla fine, lo svedese ha preferito Parigi e non penso cambierà idea, almeno non a gennaio. Mi sta sorprendendo Balotelli, potrebbe essere l’uomo della svolta. Roma e Inter favorite? Quest’anno può accadere di tutto. Ci metto anche Napoli e Juventus, con il Milan mina vagante… CHE COLLEZIONE… Direttore Ponciroli, so che avrà già visto la nuova collezione di figurine della Panini insieme a Fifa. Davvero bella, non ho capito perché ci sono così tante squadre non europee? E’ un nuovo appuntamento oltre all’edizione
PANINI - FIFA 365
della Champions League? Da collezionista so che saprà rispondermi. Complimenti per il giornale… Mail firmata, Antonello Ciao Antonello, certo che ho visto la nuova collezione Panini Fifa 365. Guarda, da collezionista, ti posso dire che la trovo una delle migliori raccolte mai realizzate da Panini e, fidati, ne hanno fatte centinaia… Anche a me piace molto l’idea di avere le figurine di squadre come il River Plate, Flamengo, Boca Juniors o Colo-Colo. Non è l’album della Champions League ma spero diventi una ricorrenza annuale… Bellissimo. Riceviamo & Pubblichiamo PRESENTE ANCHE CALCIO2000 L’Assessorato allo Sport del Comune di Badia Polesine ha organizzato nell’Abbazia della Vangadizza una mostra di figurine della nazionale italiana di calcio, dal dopoguerra ai giorni nostri, inaugurata lo scorso sabato 3 ottobre. Si tratta di un’occasione importante destinata a trovare gradimento da parte di una pubblico molto vasto che va da persone di una certa età ai più giovani che potranno rivivere i momenti salienti della nostra nazionale di calcio attra-
POLESINE AZZURRO
verso una rara e completa collezione di figurine di proprietà di Gianni Bellini. L’ingresso alla mostra sarà gratuito. La mostra resterà aperta il sabato e la domenica per tutto il mese di ottobre dalle 16 alle 19 con diversi eventi ad essa collegati. Su richiesta la mostra potrà venire aperta anche in giorni diversi dal sabato e la domenica con orari da concordare. IL TUO STADIO A CASA TUA… I migliori stadi del mondo in formato 3D. Grazie alla linea Nanostad, avrai la possibilità di costruire, a casa tua, il tuo stadio o quello che sogni, da una vita, di visitare. La linea è di quelle importanti con gli impianti sportivi più rinomati d’Europa. Dal leggendario San Siro, al moderno Allianz Arena, passando per la “casa” di Juventus, Real Madrid, Barcellona, Manchester United, Arsenal, Chelsea e Liverpool… Inoltre, la costruzione dell’impianto avverrà senza nessun tipo di problema (niente colla o attrezzi vari). In un tempo stimato di circa due ore, lo stadio sarà pronto e lo potrai conservare come la tua reliquia… Collezionarli tutti diventerà un obbligo, in attesa di nuove, succose novità legate, sempre, al mondo Nanostad!!!
IL 3d del LEGGENDARIO SAN SIRO
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SPECIALE CHAMPIONS LEAGUE di Thomas SACCAni
L’UNICO, VERO TROFEO
foto Image Sport
È il sogno di tutti ma, per fortuna, solo una squadra può arrivare ad alzarla al cielo…
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SPECIALE / CHAMPIONS LEAGUE
IL SOGNO DI TUTTI: La Champions è unica, vincerla significa diventare leggenda...
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hissà cosa pensò l'attaccante portoghese João Baptista Martins quando, il 4 settembre 1955, portò in vantaggio lo Sporting Lisbona contro gli jugoslavi del Partizan Belgrado... Di tutto, forse, meno che la sua prodezza sarebbe stata celebrata negli anni come l'inizio di una nuova epopea. Si trattava infatti del primo goal nella storia della neonata Coppa dei Campioni, la competizione ideata dal celebre giornalista francese Gabriel Hanot, che metteva di fronte le squadre europee vincitrici dei rispettivi campionati nazionali. E poco importa se, poi, lo Sporting non sarebbe riuscito ad aver la meglio sugli avversari: il nome di João Baptista Martins era già consegnato agli annali del calcio insieme al blasone di quel trofeo che, oggi, sebbene con un nome ed un look totalmente differenti, rappresenta il sogno più o meno inconfessabile di ogni tifoso. Nel corso dei decenni, abbiamo assistito a vittorie sublimi e gesta memorabili. Ogni edizione ci ha riservato momenti indimenticabili. L’albo d’oro della manifestazione ci racconta che nessuno ha vinto più del Real Madrid
(10 trofei) ma ogni squadra che ha alzato, almeno una volta, la coppa dalle grandi orecchie al cielo è entrata, di diritto, nella storia. E siamo ai giorni nostri… Con ancora negli occhi l’impresa sfiorata dalla Juventus al cospetto del Barcellona di Messi, siamo già tornati in sella, per l’edizione 2015/16. Le favorite sono sempre le stesse: Barcellona (a caccia del bis), Real Madrid, Manchester City, Chelsea e quella Juventus che, dopo aver accarezzato la coppa qualche mese fa, sogna di tornare in finale e uscire dal campo con il trofeo tra le mani. Perché la Champions League è il sogno di tutti. È il trofeo più ambito, sia per questioni sportive che economiche. Chi la vince, diventa leggenda e decisamente più ricco. Qualche dato per capirci meglio. Da quest’edizione (fino al 2018), chi vincerà la Champions League si potrà portare a casa un massimo pari a 54,5 milioni di euro che, sommati alle quote mercato e gli introiti televisivi, portano ad un totale ben superiore ai 100 milioni di euro. Ma non sorride solo chi vince. Il solo accesso agli ottavi garantisce 5,5 milioni di euro, con l’aggiunta di altri sei milioni se si avanza fino ai quarti e così via… Far Calcio 2OOO
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foto Image Sport
SPECIALE / CHAMPIONS LEAGUE
MILAN E BAYERN: Maldini e Robben alzano al cielo l'inimitabile Champions League...
bene nella massima competizione europea significa restare al tavolo dei grandi. Lo sa bene il Barcellona. Nella stagione 2008/09, i suoi ricavi annuii si era fermato a quota 385 milioni. Lo scorso anno, con il successo in Champions, si è giunti a sfiorare i 600 milioni. Con la vittoria in finale contro la Juventus, il club blaugrana, per quella sola gara, ha incassato circa 26 milioni di euro (per 90’ di gioco, più recupero). Cifre mostruose che spiegano il perché la Champions è l’unico, vero trofeo per cui vale la pena dare l’anima… NON SOLO MESSI E CRISTIANO Messi vs Cristiano Ronaldo, come sempre… Anche quest’edizione della Champions si presenta come l’ennesimo duello tra l’argentino e il portoghese, senza dubbio i due migliori giocatori sul pianeta. Ma, attenzione, ci sono tanti altri che puntano a ritagliarsi uno spazio nell’olimpo del calcio. Uno calca i campi di casa nostra e risponde al nome di Paul Pogba. Quando hai una quotazione pari a 100 milioni di euro, è chiaro che tutti si aspettano da te il massimo. Se poi decidi di indossare anche la numero 10, ecco che diventi l’uomo da seguire. Il francese sa 10
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che, conquistando la Champions, si consacrerebbe definitivamente e, probabilmente, raddoppierebbe il suo valore. Ha altre motivazioni Ibrahimovic. Quella appena iniziata rappresenta la sua 15esima partecipazione (consecutiva) alla manifestazione regina del calcio europeo. Dal suo esordio (2001/02, con la casacca dell’Ajax) ha un solo pensiero fisso in mente: vincerla. Dice che non è una sua ossessione, in pochi ci credono. E che dire di Guardiola? L’ha vinta da giocatore, l’ha vinta da allenatore (due volte) ma sempre e solo con il Barcellona. Trionfare con il suo Bayern è la vera missione del Pep. A questa Champions ci tiene particolarmente anche Mourinho. Dopo i successi con Porto (2003/04) e Inter (2009/10), che impresa sarebbe alzarla con una terza squadra, il suo amato Chelsea? Poi c’è tutta la banda delle giovani leve che vogliono sfruttare la vetrina Champions per mostrarsi al mondo. Grande attesa per vedere all’opera Martial, la nuova costosa stellina dello United (classe 1995, investimento, bonus compresi, da 80 milioni di euro), così come Draxler, oggetto del desiderio della Juventus e ora chiamato a far volare il Wolfsburg. Spera di luccicare anche Dybala, altro ragazzino decisamente
SPECIALE / CHAMPIONS LEAGUE
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LA STORIA DEL TROFEO Non piace a tutti ma tutti sognano di abbracciarlo…
di Thomas Saccani steticamente non fa impazzire tutti eppure non c’è giocatore (o tifoso) al mondo che non sogni di averla tra le mani. Il trofeo della moderna Champions League è, Coppa del Mondo a parte, il più ambito in tutta Europa. Imponente (73,5 cm) e piuttosto massiccio (7,5 kg) deve la sua creazione ad un artista di Berna, in Svizzera. Il suo nome è Jurg Stadelmann e, a tutti gli effetti, è colui che ha dato vita all’attuale coppa dalle grandi orecchie (in Spagna è nota con il soprannome di “La Orejona”). Recentemente, il padre del trofeo, ha svelato, al sito ufficiale della Uefa, alcuni retroscena sulla nascita della coppa: “Io e mio padre Hans siamo andati da Bangerter (il segretario Uefa in carica nel 1967 che ha commissionato il lavoro a Stadelmann, ndr) e abbiamo coperto l'intero pavimento di disegni. Lui fece commenti come tipo: 'Ai bulgari piacerebbe il fondo della coppa, agli spagnoli piacerebbe quest'altro, mentre gli italiani preferirebbero quest'altro ancora e i tedeschi vorrebbero un dettaglio così...’. Abbiamo messo insieme i pezzi, come in un puzzle. È un design formato da più parti, ma mi piace, e credo che piaccia a tutti. Ricordo che dovevo finire entro il 28 marzo perché stavo per sposarmi e partire in luna di miele a Los Angeles. Per finire la coppa ho impiegato 340 ore. Io mi sono occupato dei lavori di rifinitura, mentre Fred Bänninger, l'incisore, l'ha terminata. In tempo, tengo a sottolineare”. Quella prima, nuova, coppa (costata, pare, circa 10.000 franchi svizzeri) fu vinta poi dal Cel-
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LO STEMMA DELLA CHAMPIONS SULLA MAGLIA DEL MILAN
tic… Ma ci sono altri aneddoti che riguardano il trofeo dei sogni. Ad esempio è doveroso citare il desideratissimo “multiple-winner badge”. Di cosa si tratta? Di uno stemma, ideato dall’Uefa (2000/01), assegnato a quei club che hanno vinto la Coppa Campioni/Champions League almeno cinque volte nella loro storia (o tre consecutive) - un distintivo per pochi (Real Madrid, Ajax, Bayern Monaco, Milan, Liverpool e, da poco, Barcellona), da applicare sulla maglia da gioco del club (nello stemma, un bollo riproducente il trofeo della competizione con all'interno il numero di coppe vinte). Fino all’edizione 2008, le pochissime squadre in possesso del “multiple-winner badge”, potevano, in caso di vittoria, tenersi, in maniera definitiva, anche il trofeo originale (per tutte le altre, solo una riproduzione, in scala leggermente ridotta). A partire dal 2009 tale regola è cambiata con la decisione, da parte della Uefa, di tenersi comunque la coppa originale e permettere al club vincitore (sia esso con stemma o senza) di avere una fedele riproduzione (identica) dell’originale trofeo scolpito da Stadelmann…
“SENSAZIONE UNICA” Ravanelli sa bene cosa significa alzare la Champions
di Thomas Saccani tagione 1995/96, la Juventus vince la seconda Coppa Campioni/Champions League della sua storia. Lo fa superando, in finale, ai calci di rigore, l’Ajax dopo che i tempi regolamentari si concludono sull’1-1. Ravanelli era uno dei punti di forza di quella Vecchia Signora e, in quella partita, è stato protagonista assoluto. Sua la rete bianconera agli olandesi: “Una rete indimenticabile, così come quella incredibile partita. Quel gol rappresenta tutta la mia carriera in bianconero”, ci spiega. Penna Bianca l’ha alzata quella coppa, se l’è goduta: “Considerato quello che era capitato con il Liverpool, c’era tantissima voglia di vincere quella finale. Lo volevano tutti, in particolare Gianni Agnelli che ci aveva, appunto, chiesto di portarla a casa a tutti i costi e così abbiamo fatto. Quando alzi quella coppa, capisci che hai fatto qualcosa che resterà nella storia per sempre. Poi, per noi, fu ancora più emozionante perché, alla Juventus, aspettavano quella vittoria da tantissimo
foto Agenzia Liverani
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FABRIZIO RAVANELLI
tempo”. Ravanelli aggiunge: “Io non ho mai vinto un Mondiale, ma vincere la Coppa Campioni è qualcosa di incredibile. Per un giocatore, riuscire a portarla a casa è pazzesco. Sai che hai compiuto qualcosa di davvero fantastico, che riesce a pochi. È stata una cavalcata pazzesca, indimenticabile e, quando capisci che è fatta, ti senti davvero bene…”. Calcio 2OOO
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SPECIALE / CHAMPIONS LEAGUE
VOGLIA DI RECORD: Messi sa come segnare in Champions, proprio come faceva Inzaghi...
ambizioso e all’esordio in Champions. Da seguire anche Aboubakar, il nuovo attaccante, camerunense, del Porto (classe 1992). Intriga anche il nome di Fekir, stellina del Lione (classe 1993). La lista è lunga e, come sempre, sarà il campo a farci sapere chi si prenderà gli applausi e chi i fischi, nella speranza che non sia, come sempre, un affare tra Messi e Cristiano… A CACCIA DELLA SPAGNA… L’albo d’oro non mente. La Spagna è il Paese con più possibilità di portarsi a casa la coppa dalle grandi orecchie. Cinque squadre al via alla fase a gironi (Barcellona, Real Madrid, Atletico Madrid, Valencia
e Siviglia) e ben 15 successi (su 25 finali disputate) nella storia. Real Madrid (10) e Barcellona (5) si sono suddivise le gioie. Nessuna altra nazione ha vinto tanto. Italia e Inghilterra seguono a 12 trionfi, tuttavia, nelle ultime 10 edizioni, ben cinque volte il trofeo è stato portato a casa da squadre iberiche (quattro successi per il Barça, uno per il Real Madrid). Considerando gli ultimi 20 anni, la vittoria finale se la sono contesa sempre squadre spagnole, italiane, inglesi o tedesche. L’unica eccezione, stagione 2003/04, è data dal Porto di Mourinho, abile a sfruttare l’occasione e vincere la Champions (3-0 alla sorpresa Monaco). Curioso notare come l’Italia sia il Paese con
posizione
Giocatore
Reti
Pres.
Squadre di appartenenza
1
Cristiano Ronaldo
81
120
Sporting Lisbona, Manchester United, Real Madrid
2
Lionel Messi
77
100
Barcellona
3
Raúl
71
144
Real Madrid, Schalke 04
4
Ruud van Nistelrooij
60
81
PSV Eindhoven, Manchester United, Real Madrid
5
Andrij Ševčenko
59
116
Dinamo Kiev, Milan, Chelsea
6
Thierry Henry
51
115
Monaco, Arsenal, Barcellona
7
Filippo Inzaghi
50
85
Juventus, Milan
8
Alfredo Di Stéfano
49
58
Real Madrid
9
Eusébio
47
64
Benfica
10
Didier Drogba
44
94
Masiglia, Chelsea, Galatasaray
10
Zlatan Ibrahimović
44
114
Ajax, Juventus, Inter, Barcellona, Milan, Paris Saint-Germain
10
Alessandro Del Piero
44
92
Juventus
12
Calcio 2OOO
* Dati aggiornati al 16/09/2015
Marcatori All Time
SPECIALE / CHAMPIONS LEAGUE
LA DECIMA DEL REAL MADRID Nessuno ha vinto più edizioni della Champions dei blancos...
Calcio 2OOO
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SPECIALE / CHAMPIONS LEAGUE
L'IMPRESA DI CARLO Ancelotti ha portato il Real Madrid a conquistare la Decima Champions...
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Calcio 2OOO
SPECIALE / CHAMPIONS LEAGUE
CLUB PIù VINCENTI Posizione
Club
Vittorie
Edizioni vinte
1
Real Madrid
10
2
Milan
7
3
Liverpool
5
1976-1977, 1977-1978, 1980-1981, 1983-1984, 2004-2005
3
Bayern Monaco
5
1973-1974, 1974-1975, 1975-1976, 2000-2001, 2012-2013
3
Barcellona
5
1991-1992, 2005-2006, 2008-2009, 2010-2011, 2014-2015
6
Ajax
4
1970-1971, 1971-1972, 1972-1973, 1994-1995
7
Manchester Utd
3
1967-1968, 1998-1999, 2007-2008
7
Inter
3
1963-1964, 1964-1965, 2009-2010
9
Benfica
2
1960-1961, 1961-1962
9
Nottingham Forest
2
1978-1979, 1979-1980
9
Juventus
2
1984-1985, 1995-1996
9
Porto
2
1986-1987, 2003-2004
13
Celtic
1
1966-1967
13
Feyenoord
1
1969-1970
13
Aston Villa
1
1981-1982
13
Amburgo
1
1982-1983
13
Steaua Bucarest
1
1985-1986
13
PSV
1
1987-1988
13
Stella Rossa
1
1990-1991
13
O. Marsiglia
1
1992-1993
13
Bor. Dortmund
1
1996-1997
13
Chelsea
1
2011-2012
1955-1956, 1956-1957, 1957-1958, 1958-1959, 1959-1960, 1965-1966, 1997-1998, 1999-2000, 2001-2002, 2013-2014 1962-1963, 1968-1969, 1988-1989, 1989-1990, 1993-1994, 2002-2003, 2006-2007
più sconfitte in finale (15) mentre l’Olanda difficilmente perde l’ultimo atto (su otto partecipazioni, ben sei successi). Anche a livello di presenze, la Spagna gongola. Il Real Madrid è, di gran lunga, il club con più partecipazioni (45), seguito da Benfica (34) e dal duo Dinamo Kiev/Anderlecht (32). Attenzione alla Spagna… IKER VEDE LA VETTA Probabilmente avrebbe voluto festeggiare il record con la casacca del suo amato Real Madrid ma, invece, dovrà farlo con la maglia della sua nuova squadra, il Porto. Stiamo parlando di una classifica decisamente particolare, ovvero quella delle presen-
ze totali in Champions League/Coppa Campioni. Al momento, al vertice, troviamo Xavi. L’ex Barcellona si è fermato a quota 157 gettoni, tutti collezionati in blaugrana. Alle sue spalle c’è proprio Casillas. Lo spagnolo è prossimo al sorpasso (basterà partecipare a tutte le gare della fase a gironi). Un obiettivo al quale il numero uno dei lusitani tiene particolarmente, visto che significa entrare nella leggenda per sempre. Facendo scorrere la classifica, si notano nomi come Giggs, terzo a quota 151, Raul (144), Maldini (139), Seedorf (131) e Scholes (130), tanto per citare solo i primi. Attenzione anche a Cristiano Ronaldo, già in nona posizione e a caccia di Roberto Carlos, ottavo a quota 128 presenze. Calcio 2OOO
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CERTEZZA ROSSONERA Lo spagnolo è un baluardo del Diavolo
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Calcio 2OOO
intervistA Diego López
CI PENSA DIEGO… Il nuovo Milan di Miha ha nel numero uno spagnolo una certezza assoluta…
di Fabrizio PONCIROLI foto Daniele MASCOLO
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intervista / DIEGO López
U
n vecchio detto popolare afferma che “… il buon vino invecchiando migliora”. Un proverbio che calza a pennello se si pensa a Diego López. Lo spagnolo, 33 primavere sulle spalle, di stagione in stagione, fa passi da gigante. Ora è il numero uno, di numero e di fatto, del nuovo Milan di Mihajlovic. Una certezza di cui andare fieri. Lo abbiamo incontrato. Basta un fugace sguardo per comprendere che Diego López non è il prototipo del “portiere pazzo”, di quelli alla Higuita per intenderci. Lui è un papà amorevole che, di professione, difende la porta del Diavolo, tutto qui… Diego, sei nativo di Paradela, un comune della Galizia noto soprattutto per essere uno dei passaggi obbligati del Cammino di Santiago… Che legame hai con il tuo paese? “Per me è tutto. Appena ho un attimo, volo subito al mio paese dove ho la mia famiglia, i miei amici. Sono legatissimo a Paradela. È un paese piccolissimo, non arriva forse a 2000 abitanti ma per me è tutto. Sempre dalla Galizia, arriva anche mia moglie, quindi per me quei luoghi sono tutta la mia vita”. PAPà DI FAMIGLIA Diego Lopez mette i suoi cari sempre al primo posto
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Calcio 2OOO
“”
Meazza? Beh, è meraviglioso vedere San Siro così, ti emoziona. Per un giocatore è il massimo... La tua vita è anche il calcio… Sempre e solo portiere? “No, ho tentato altri ruoli. Da giovanissimo ho provato a fare l’attaccante, ma non è andata bene. Mio padre mi vedeva bene come difensore. Niente, sentivo che la mia strada era quella del portiere e così è stato”. Primo idolo da piccolo? “Sicuramente Francisco Buyo. Mio padre era tifoso del Real Madrid e, in quegli anni, era lui il numero uno (ha indossato la casacca dei Blancos dal 1986 al 1997, ndr) e, inoltre, era della nostra stessa comunità. È di Betanzos, nella Galizia”. C’è stato un momento in cui hai capito che potevi diventare un campione? “No, un momento non c’è stato. Non ho mai pensato che potessi arrivare a questi
livelli. Speravo di poter essere un giocatore di medio livello, non certo pensavo di arrivare fino a questo punto”. E poi, poco più che 18enne, sei finito al Real Madrid… “Sì, è stato incredibile. Ho fatto un provino e mi hanno preso… Ricordo che non riuscivo a crederci, mi sembrava troppo”. Real Madrid in cui hai visto passare una valanga di fuoriclasse… “Ho avuto la fortuna di allenarmi con giocatori speciali. Sono arrivato quando a Madrid nell’anno di Figo. Poi ci sono stati Zidane, Ronaldo, Roberto Carlos e tantissimi altri, senza citare quelli che ci sono ancora adesso”. Come ci si sente quando si diventa un giocatore del mitico Real? “Guarda, io ricordo tutto dei miei primi giorni, in particolare la mia prima convocazione in prima squadra. Indimenticabile…”. Al Real hai lasciato il segno e hai anche fatto parte della storica rosa che ha vinto la Decima. Che ricordi hai di quella sera? “È stata una gara pazzesca, una gara quasi persa e ribaltata all’ultimo secondo. È stata una gara nervosa, difficile. C’era tantissima pressione su di noi, ma abbiamo fatto la storia”. Quel Real era allenato da Ancelotti…
intervista / DIEGO Lรณpez LA FORZA DELLA CALMA Rilassato in porta, altrettanto nella vita di tutti i giorni
Calcio 2OOO
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intervista / DIEGO López
MANI D'ORO
Lo spagnolo, sempre amato ovunque sia stato...
“Devo ringraziare tutto il corpo tecnico con cui ho lavorato in quel periodo. Per me sono stati importantissimi, per la mia crescita”. Ovunque sei stato, ti hanno sempre apprezzato. Ancora oggi, al Villarreal, parlano benissimo di te… “È vero, sono stati cinque anni splendidi (dal 2007 al 2012, ndr). Tranne l’ultimo anno, tutto è andato benissimo, ma anche quell’ultima stagione negativa non cambia il mio giudizio sul Villarreal. Una società molto organizzata e con tanta passione. Il Villarreal resterà sempre nel mio cuore”. Poi, nel 2014, lasci la tua amata Spagna per l’Italia. Come mai hai scelto proprio il Milan? So che ti cercavano tanti club… “Ho scelto il Milan perché è un club storico. Si tratta di una società grandissima che, ne sono sicuro, tornerà presto ai fasti di un tempo. Ricordo che è avvenuto tutto molto velocemente, quasi non mi sono reso conto…”. Come è stato l’impatto con Milanello per uno, come te, che arrivava dal Real Madrid? “Quando arrivi da un club come il Real non è facile. Ma ho capito subito che il Milan aveva una storia importante. Poi, comunque, siamo a Milano, una città tra 20
Calcio 2OOO
“”
Idolo? Sicuramente Francisco Buyo. Mio padre era tifoso del Real Madrid e, in quegli anni, era lui il numero 1 le più prestigiose d’Europa”. Ti sei ambientato subito a Milano? “All’inizio non è stato facile. Dovevo prendere confidenza con il nuovo ambiente, con la città. Devi trovare casa, imparare le strade per arrivare all’allenamento in orario, capire come si muove il tutto. Poi, però, ho iniziato a trovarmi sempre meglio e ora direi che mi sento davvero bene, a mio agio oserei dire. Alla fine, direi che Milano assomiglia molto a Madrid, anche come clima”. Cosa apprezzi della cucina italiana? “(Ride ndr) La pasta, non ci sono dubbi. In Spagna, così come in tutti gli altri paesi, non è la stessa pasta che si mangia qui in Italia. Sembrano due cose comple-
tamente differenti”. Parliamo di questo Milan… Che ti ha lasciato il derby? “Al di là del risultato negativo, direi che è stato importante. Ci ha fatto capire che ce la possiamo giocare con tutti. È stato un punto di partenza”. Che effetto ti ha fatto vedere San Siro completamente esaurito? “Credo sia stata la seconda volta. Lo scorso anno lo avevo visto pieno contro la Juventus. Beh, è meraviglioso vedere San Siro così, ti emoziona. Per un giocatore è il massimo, non vedo l’ora di rivederlo pieno e di giocarci ancora il derby, questa volta con noi in casa”. Che differenze hai trovato con il derby di Madrid che tu ben conosci… “Stiamo parlando di due grande derby, entrambi molto caldi. Direi che sono entrambi bellissimi, con tanta passione sugli spalti e nella città”. E a livello di gioco, differenze con la Spagna? “A livello di stadi, credo che l’Italia sia rimasta un po’ indietro. In campo, in Italia, c’è più tattica e un ritmo inferiore anche se, ad essere onesti, mi pare che, quest’anno, le squadre italiane abbiano cambiato un po’ il loro modo di giocare”. È la prima volta che hai un allenatore dal polso duro come Mihajlovic?
intervista / DIEGO López
LA SCUOLA DI PORTIERI SPAGNOLA
Diego López, a suon di prestazioni maiuscole, è entrato a far parte dei migliori arqueros spagnoli di sempre…
C
IL MISTERO DELLA N.1
Un portiere, quando fa bene, non cambia mai il numero di maglia. L’eccezione è Diego López… portieri, si sa, sono piuttosto scaramantici. Solitamente, quando scelgono un numero di maglia, lo mantengono a lungo, se le prestazioni sono positive. Diego López, lo scorso anno, è stato uno dei pochi a salvarsi nella disastrosa stagione rossonera. Portava il 23. Usiamo un verbo al passato poiché, quest’estate, Diego López ha deciso di cambiare numero di maglia. Non più la fortunata n.23 ma spazio alla n.1. Sono circolate mille voci sulla motivazione di questo inatteso cambio di rotta. La verità giunge direttamente dalla bocca dell’estremo difensore spagnolo: “Io non sono un giocatore scaramantico. So bene che ho fatto bene con la n.23 ma, ripeto, non sono superstizioso. Nella mia carriera non avevo mai avuto la possibilità di indossare la maglia n.1, quella che identifica il portiere. L’ho sfiorato ai tempi del Villarreal e, quando sono venuto al Milan, non l’ho potuto prendere perché era di Agazzi. Quest’estate ho avuto la possibilità di prendermi la n.1 e non mi sono tirato indietro. La volevo a tutti i costi”. Più chiaro di così…
I
IL SITO DI DIEGO
Lanciato lo scorso 11 settembre, il portale è “un modo per restare sempre in contatto con i tifosi” i tenevo molto, è un modo per tenermi sempre in contatto con i tifosi del Milan e non solo… Credo che sia importante, sentivo che dovevo farlo”. Parole di Diego Lopez, tutte rivolte al suo nuovo sito internet ufficiale www.diegolopezoficial.com . Lanciato lo scorso 11 settembre nella sede di SoBe Sport, si presenta decisamente dinamico, con diverse sezioni. Biografia dettagliata, video che ripercorrono la carriera del numero uno del Milan, gallery e uno spazio importante alla pagina ufficiale, su Facebook, del calciatore (1,2 milioni di likes). Il tutto disponibile in tre lingue (SPA – ITA – ING), così da poter interloquire con ogni suo supporter…
i vantiamo, noi italiani, di essere la miglior scuola di portieri del mondo. Quando si può contare su un Buffon ancora in condizioni eccellenti, è facile alzare la cresta. Tuttavia, in Spagna, non sono da meno. Diego López, al Milan, sta confermando che, in terra iberica, nascono davvero grandissimi numeri uno. Il primo della lista, anche per questioni anagrafiche (è stato protagonista negli anni ‘20), risponde al nome di Ricardo Zamora. Barcellona, Espanyol e Real Madrid per il primo vero grande estremo difensore della storia calcistica spagnola. Talmente grande che, il premio come miglior portiere dell’anno nella Liga, porta il suo nome. Dopo Zamora, ne sono venuti tantissimi altri. “No pasa nada, tenemos a Arconada”, recitavano i tifosi della Real Sociedad, il club in cui Luis Arconada ha spopolato tra gli anni ’70 e ’80. Tornando ad un paio di decenni prima, ecco Antoni Ramallets, numero uno del Barcellona (cinque volte vincitore del Trofeo Zamora, al pari di Victor Valdes, ex arquero del Barcellona). A Valencia ancora si esaltano al nome di Santiago Canizares, portiere tanto spettacolare quanto efficace. Ancor più spettacolare era un certo Francisco Paco Buyo, rivale, con il suo Real Madrid, del Milan degli Invincibili per tanti anni (ancora ci si ricorda del gol di testa di Van Basten rifilato al povero Buyo). I più attempati non hanno dimenticato anche il “chopo”, alias Jose Angel Iribar, portiere della nazionale spagnola negli anni ’60 e ’70 (49 presenze con le Furie Rosse). Menzione d’obbligo anche per Andoni Zubizarreta, il portiere del Barça di Cruyiff. Da annoverare anche il nome di Paco Liano, del Depor (nel 1994 entra nella storia come portiere vincitore del Trofeo Zamora meno battuto, con soli 18 gol subiti in 38 gare, percentuale strabiliante pari a 0,47 gol a partita). Non ci siamo dimenticati di Iker Casillas. Numeri alla mano, l’ex stella del Real Madrid è probabilmente il “Buffon di Spagna”. Poi ci sarebbero anche i vari Julen Lopetegui, Andrés Palop, Abel Resino, Pepe Reina, Miguel Reina, Miguel Ángel, Urruticoechea e Ignacio Eizaguirre, oltre, come detto, a Diego López…
“C
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intervista / DIEGO Lรณpez HA CAMBIATO NUMERO
Per la prima volta in carriera, Diego Lopez ha scelto la n.1...
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Calcio 2OOO
intervista / DIEGO López
Omaggio ai colori e alla tradizione rossonera grazie al ritorno delle strisce regolari…
Q
uella indossata attualmente dai giocatori del Milan, è la 22esima maglia rossonera nata dalla collaborazione con Adidas. Evidente l’omaggio ai colori e alla tradizione rossonera, grazie al ritorno delle strisce regolari (5 nere e 4 rosse) senza tralasciare comunque l'attenzione all'innovazione e alla cura del design. Il rosso delle strisce rossonere è un rosso molto particolare, di una tonalità più scura rispetto a quello delle passate stagioni e con un effetto melange che conferisce eleganza alla maglia, donandole un tocco di classicità attraverso una reinterpretazione classica ed elegante del passato stesso. Le tre strisce Adidas sono grigie per creare maggiore uniformità col resto della maglia. Sul retro del girocollo nero è presente il ricamo grigio "AC Milan" in Milan Type, font ufficiale del Club. Per il secondo anno consecutivo, in linea con la classicità della maglia e per mantenere un forte richiamo alla tradizione, la casacca porta sul petto la Croce di San Giorgio, storico elemento dello Stemma della città di Milano. All'interno della Croce, tono su tono, l'attuale logo del Milan. Una grande maglia, per un grande club…
“Ha un carattere molto forte. Ha delle regole ben precise e vuole tanta disciplina. Con lui dobbiamo tornare a certi livelli e credo che lui sia la persona giusta”. Dove può arrivare questo Milan? “Direi che abbiamo cominciato con il piede giusto. Già dalle prime uscite, abbiamo capito che possiamo far bene. Dobbiamo pensare ad una partita alla volta, senza guardare troppo avanti”. Che idea ti sei fatto della nuova Juventus? “Ha cominciato male ma resta una grande squadra. Forse hanno perso un po’ di identità, visto che hanno cambiato tanto, ma rimane una super squadra”. E dell’Inter che idea ti sei fatto? “Squadra veramente forte, ma nel derby abbiamo dimostrato di essere al loro livello”. Hai affrontato tantissimi campioni. Mi dici un giocatore che hai sofferto più di altri? “Ho sofferto, quando giocavo al Villarreal, Cristiano Ronaldo e Messi, quest’ultimo sempre. Quando li avevo di fronte, era sempre un calvario”. In campo sembri sempre super rilassato. Ma non c’è niente che ti fa arrabbiare veramente? “No, ci sono tante cose che mi fanno arrabbiare ma credo che un portiere deve
LA CARRIERA DI Diego López STAGIONE
CLUB
CAMPIONATO
PRESENZE
GOL SUBITI
2005-2006
Real Madrid
PD
6
-4
2006-2007
Real Madrid
PD
5
-5
2007-2008
Villarreal
PD
34
-23
2008-2009
Villarreal
PD
47
-65
2009-2010
Villarreal
PD
49
-71
2010-2011
Villarreal
PD
55
-67
2011-2012
Villarreal
PD
45
-66
2012-gen. 2013
Siviglia
PD
11
-12
gen.-giu. 2013
Real Madrid
PD
25
-33
2013-2014
Real Madrid
PD
37
-37
2014-2015
Milan
A
28
-42
2015-2016
Milan
A
5
-6
restare sempre sereno e rilassato. Io sono così, non mi viene naturale esaltarmi per una parata. Poi, con il passare dell’età, diventi ancor più sereno, anche in campo”. A proposito di età. Più passano gli anni e più migliori, quale è il tuo segreto? “È vero e credo sia una mia dote. Più passano gli anni, più miglioro. Penso, inoltre, di poter migliorare ancora. Ho 33 anni e sono sicuro di poter diventare ancor più abile tra i pali. Sono un perfezionista e quindi non mi accontento mai. Spero di andare avanti tanti anni, così da fare sempre meglio”. Ma quando smetterai, che ti piacerebbe fare? “Il calcio è la mia vita, quindi mi auguro di poter restare nel calcio. Prima, però, mi prenderò un po’ di tempo per stare con la mia famiglia”. Diligente in campo ma fuori? Che hobby hai oltre al calcio? “No, ormai l’unico mio hobby è fare il papà. Ho due bimbe, una di quasi quattro anni e una di pochi mesi, quindi penso solo a loro. Non ho del tempo libero per fare altro. Non mi dispiace pescare ma serve tempo…”. L’anno prossimo ne avrai ancora meno di tempo, ci sono gli Europei… Favorite?
* Dati aggiornati al 19/09/2015
LA 22A MAGLIA
“La Spagna sta attraversando un periodo di ricostruzione ma credo che, alla fine, saranno sempre le solite a giocarsi l’Europeo. Credo che, oltre alla Spagna, anche Italia, Francia e Germania potranno far bene”. Ultima domanda: il tuo sogno, sportivamente parlando… “Tornare a giocare la Champions con il Milan e vincere un trofeo con questo club. Ho vinto con il Real ma ora voglio vincere con il Milan. Non vedo l’ora di giocare una gara di Champions League con i rossoneri, in un San Siro pieno come nel derby”. Chiaro e lineare, con un self control pauroso. Ci sono i portieri alla Higuita, scalmanati e sfarzosi, e quelli alla Diego López, semplici ed efficaci. Il Milan si tiene stretto il suo Diego López, una certezza tra i pali…
Intervista di Fabrizio Ponciroli Calcio 2OOO
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INTERVISTA Larangeira Danilo
LA COLONNA FRIULANA
Faccia a faccia con Danilo, una delle certezze del multietnico Udinese…
di Stefano BENETAZZO foto Archivio TMW
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Calcio 2OOO
IL BRASILIANO BIANCONERO
© @FDLCOM
Danilo indossa la casacca dell'Udinese dal 2011...
Calcio 2OOO
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INTERVISTA / LaRANGEIRA DANILO
U
n mastino della difesa bianconera, un difensore centrale solido fisicamente grazie ai suoi 184 cm e a 75 kg di muscoli ben distribuiti, ottimi piedi seppur il destro è quello naturale, sa farsi valere anche sui colpi di testa e, all’occorrenza, può giocare anche da esterno basso di destra: stiamo parlando di Danilo Larangeira, per tutti Danilo, classe ’84, difensore brasiliano con passaporto italiano in forza all’Udinese dal 2011 quando approdò alla corte di mister Francesco Guidolin. Origini, hobby, idoli, curiosità e aspettative per il presente e il futuro: Danilo ha svelato tanti aspetti della sua vita, calcistica e non, in esclusiva a Calcio2000 nell’intervista che state apprestandovi a leggere. Hai sempre giocato da difensore o ti sei cimentato anche in altri ruoli da giovane?
“Da bambino ho iniziato a giocare da centrocampista, poi si fece male il difensore Danilo e il mister mi spostò in difesa, da lì in poi non mi sono più spostato”. È vero che da giovane eri Larangeira e poi sei diventato Danilo? Ci spieghi come è andata? “Il difensore che si era fatto male si chiamava Danilo, quando ho iniziato a giocare lui era più grande di me, quando Danilo non ha giocato più ho iniziato ad usare il nome Danilo”.
È vero che c’erano altre squadre oltre all’Udinese? Ora si può dire quali… “Si ma preferisco non dire quali…A Udine sto bene e penso di aver fatto la scelta giusta”.
Quando ti hanno prospettato l’idea di venire in Italia, cos’hai pensato? Avevi dubbi o hai accettato subito? “Ho accettato subito di venire in Italia, non avevo dubbio. All’epoca ave-
Cosa ti ha convinto della proposta dell’Udinese rispetto alle altre? “Mi ha convinto l’organizzazione della società, le strutture e il progetto tecnico”.
foto Image Sport - 2
Danilo ha scelto Udine per la lungimiranza del club
Calcio 2OOO
Sei stato allenato da Edinho, leggenda dell’Udinese; quando hai avuto occasione di venire a Udine hai chiesto qualche informazione? Cosa ti ha raccontato? “Edinho mi ha allenato nel 2005, in Italia sono arrivato nel 2011. Nel frattempo non avevo più contatti con lui, non ci siamo parlati prima che accettassi il trasferimento a Udine”.
In Brasile hai giocato con grandi campioni. Ci citi i tre più forti? “Sicuramente Assunçao, il portiere della nazionale Marcos e Diego Souza”.
RAPITO DAL PROGETTO
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vo 27 anni ed era il momento giusto per provare una nuova esperienza”.
INTERVISTA / LaRANGEIRA DANILO
DICIASSETTE X VENTISETTE Di Stefano Benetazzo Fonte: udinese.it – legacalcio.it
All’Udinese va sempre di moda lo straniero…
T
ranquilli non si tratta di operazioni matematiche più o meno complesse, bensì delle diverse nazionalità – ben diciassette – degli attuali ventisette giocatori facenti parte della rosa dell’Udinese Calcio, guidata da quest’anno dall’allenatore romano Stefano Colantuono, reduce dalle positive esperienze sulla panchina dell’Atalanta. Diciassette nazionalità, diciassette paesi in mostra dalle parti dello stadio Friuli, una vera e propria babele di lingue e culture differenti da far invidia all’EXPO. La colonia più nutrita è quella brasiliana, con sei giocatori (i difensori Danilo, Edenilson e Felipe e i centrocampisti Guilherme, de Mattos e Lucas Evangelista), segue l’Italia con 4 elementi (il capitano, bomber e bandiera Antonio Di Natale, il giovane portiere Meret, il difensore Domizzi e il centrocampista Pasquale); sul gradino più basso del podio troviamo la Francia, con i difensori Wague e Heurteaux nonché l’attaccante Thereau. Come non citare poi due giocatori decisamente di livello come il portiere titolare greco Karnezis e il centrocampista albanese ma naturalizzato greco Panagiotis Kone, facente parte della nazionale della Grecia. Tutte le altre nazionalità hanno un solo elemento che li rappresenta: il portiere venezuelano Romo, il difensore argentino Insua e quello iracheno Ali Adnan, il centrocampista ghanese Badu, il portoghese Bruno Fernandes, il cileno Iturra, lo svizzero
Ci racconti il primo impatto con Udine? Un qualcosa che ti ha colpito in positivo, un aneddoto… “Sono abituato a San Paolo e, al confronto, Udine è tranquilla, forse anche troppo (ride, ndr)”. Certo che è stato un vero cambio di vita: come vive un brasiliano a Udine d’inverno? “Mi piace, nel tempo libero, stare a casa con la mia famiglia”. Come trascorri il tuo tempo libero? Sei un maniaco delle partite in tv o hai altri hobby? “Guardo il calcio in tv ma anche altri sport, per esempio il basket NBA mi appassiona e quando posso guardo le partite. Un’altra passione è il biliardo, mi piace giocare con gli amici”. Tu hai origini italiane, da parte di chi? Sei andato a visitare il paese di origine in Italia? Ci racconti come è andata? “Il papà di mio nonno, da parte di
Widmer, il paraguaiano Piris e il kazako ex milanista Merkel mentre tra gli attaccanti vi sono il colombiano Zapata, il croato Perica e l’uruguagio Aguirre. Come se non bastasse, anche nello staff tecnico ci sono tre elementi nati all’estero: il preparatore atletico Marco Montesanto nato in Canada, il Responsabile medico Dottor Fabio Tenore nato a Philadelphia (Stati Uniti) e il Responsabile Fisioterapisti Carlos Moreno, nativo di Cadice, in Spagna. Per completezza d’informazione ma anche per pura curiosità, è giusto sottolineare come Ali Adnan sia stato il primo calciatore iracheno a debuttare nella nostra Serie A, esordendo il 23 Agosto del 2015 nella vittoriosa partita a Torino contro la Juventus: in campo da titolare con la casacca numero 53, è stato sostituito all’86’ per infortunio da Widmer. Per non farci mancare niente, abbiamo sfogliato anche la rosa della Primavera: in questo caso la maggioranza dei ventisei giocatori sono italiani, con cinque eccezioni. Due portoghesi, il difensore Joao Silva e il centrocampista Nicolas Garmendia, uno statunitense, l’attaccante Panagiotis Armenakas nato a Newport Beach, l’attaccante sloveno di Postojna Marco Matic e l’attaccante di Zara, in Croazia, Ivan Prtajin. Questo solo per stare in territorio italiano, considerando che patron Pozzo è anche il proprietario sia del Granada che del Watford è facile intuire che le rappresentative siano maggiori.
“” Da bambino ho iniziato a giocare da centrocampista, poi si fece male il difensore Danilo e il mister mi spostò in difesa mia madre, era di Padova, il suo cognome era Bellini. Ho portato mio nonno a Padova ed è stato molto emozionante”. Cosa ti piace in particolare dell’Italia? E un piccolo difetto l’hai trovato? “L’Italia è un paese meraviglioso, si mangia bene, c’è gusto nel vestirsi. Forse l’unico difetto è quello comune anche al Brasile: la politica”.
In nazionale ci sono diversi giocatori “oriundi”: secondo te è corretto o sei un purista? Se ti offrissero l’opportunità di vestire la maglia azzurra, cosa risponderesti? “Penso che un oriundo per giocare in una nazionale deve essere uno che fa la differenza, deve essere più forte degli italiani, altrimenti non ha senso. Se Conte mi chiamasse ci andrei molto volentieri”. Il primo impatto con il calcio italiano, invece? Cos’hai pensato ai primi allenamenti? “Il calcio italiano è molto tattico, ogni squadra prepara le partite in maniera meticolosa. Dal punto di vista tattico quindi è molto differente rispetto al Brasile”. Il giocatore che più ti ha fatto soffrire in Serie A? “Sicuramente Tevez”. A chi ti ispiravi da ragazzo e chi è secondo te il difensore più forte Calcio 2OOO
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INTERVISTA / LaRANGEIRA DANILO
SEMPRE PROTAGONISTA
foto Agenzia Liverani
A Udine sanno che, su Danilo, possono sempre contare...
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Calcio 2OOO
INTERVISTA / LaRANGEIRA DANILO
ORIUNDI, QUANDO E PERCHÉ Di Stefano Benetazzo
Danilo ci spiega la Nazionale dal punto di vista di uno straniero…
“P
enso che un oriundo per giocare in una nazionale deve essere uno che fa la differenza, deve essere più forte degli italiani, altrimenti non ha senso. Se Conte mi chiamasse ci andrei molto volentieri”. Questa la risposta di Danilo alla domanda “Se ti offrissero l’opportunità di vestire la maglia azzurra, cosa risponderesti?”, nell’intervista ripor tata in queste pagine. Da questo prendiamo spunto per un excursus tra i calciatori oriundi, vale a dire coloro che, pur nati all’estero e originariamente non cittadini italiani, lo sono diventati per via della cittadinanza italiana di uno o entrambi i genitori piuttosto che di un loro ascendente diretto. Sono 50 fino al momento in cui stiamo scrivendo i giocatori oriundi, che hanno giocato anche solo una volta con una rappresentativa italiana: di questi ci sono 18 centrocampisti, 27 attaccanti e 5 difensori, per la stragrande maggioranza brasiliani, argentini e uruguagi naturalizzati italiani. Strano ma vero non c’è nemmeno un por tiere. Tra i difensori i più famosi sono Luis Monti (Argentina/Juventus), Ernesto Mascheroni (Uruguay/Inter), Gabriel Paletta (Argentina/ora all’Atalanta) e Paolo Dellafiore (italiano nato in Argentina, attualmente al Latina). Per quanto concerne i centrocampisti, non si può non citare Antonio Angelillo (Argentina/Inter-Roma-Napoli), Mau-
al mondo oggi? “Quando era ragazzino guardavo la Roma, mi piacevano Aldair e Zago, poi in seguito Samuel, Nesta, Lucio…Difficile indicarne uno. Attualmente ritengo che Sergio Ramos sia tra i più forti difensori in circolazione”. Quando si parla dell’Udinese si parla sempre di miracolo: qual è il segreto del successo di questa società? “Il segreto sta nell’organizzazione del club, la pazienza di aspettare i giovani e la voglia di scoprire nuovi talenti”. Il famoso obiettivo dei 40 punti non è un po’ limitativo per una squadra piena di ottimi giocatori come la vostra? “Io penso che prima di tutto bisogna pensare ad una partita per volta. L’obiettivo dei 40 punti è sempre stato principale per l’Udinese e dobbiamo raggiungerlo prima possibile. Poi se sarà possibile guardare più in
ro Camoranesi (Argentina/Verona-Juventus), Alcides Ghiggia (Uruguay/Roma-Milan), Cristian Ledesma (Argentina/Lazio), Humberto Maschio (Argentina/Bologna-Atalanta-Inter-Fiorentina), Juan Alberto Schiaffino (Uruguay/Milan-Roma) e i più recenti Thiago Motta (Brasile/Genoa-Inter) e Franco Vazquez (Argentina/Palermo). La categoria più rappresentata, come detto, è quella degli attaccanti, dove i principali interpreti sono José Altafini (Brasile/Milan-Napoli-Juventus), Eliseu Gabardo (Brasile/Milan), Raimundo Orsi (Argentina/Juventus), Bruno Pesaola (Argentina/Roma-Napoli), Héctor Puricelli (Uruguay/ Bologna-Milan), Omar Sivori (italo-argentino/Juventus-Napoli), Angelo Benedicto Sormani (Brasile/Roma-Milan-Napoli) e l’ultimo in ordine di apparizione Eder (Brasile/ora alla Sampdoria). Giocatori che hanno indossato la casacca azzurra fin dagli albori risultando più o meno impor tanti, più o meno bravi ma che comunque rappresentano un piccolo pezzo di storia della nostra nazionale italiana di calcio. A seguire ne arriveranno sicuramente altri, non sta a noi dire se è un bene o un male che giocatori stranieri naturalizzati italiani entrino a far par te del club Italia, possiamo solo augurarci di assistere a numerose altre vittorie, con la speranza di poter ritornare ancora ad essere CAMPIONI DEL MONDO!!!
“” Il papà di mio nonno, da parte di mia madre, era di Padova, il suo cognome era Bellini alto non ci tireremo indietro”. L’esempio di Di Natale cosa rappresenta per voi? E per i tifosi? “Di Natale è il bomber, il nostro capitano da tanti anni. È molto importante per noi e per la tifoseria”. In squadra ci sono tanti giocatori di tanti paesi diversi, eppure in cambio siete un gruppo affiatato: fuori dal campo vi vedete? Con chi hai legato di più? “Di solito frequento i miei connazionali, ma in generale siamo un gruppo molto unito”.
Sei all’Udinese dal 2011, ti saresti aspettato di rimanere così a lungo? “Ho un contratto che scade nel 2017, quando sono arrivato ho firmato per cinque anni. Penso di rispettare il contratto”. Se ti immagini da qui a 5 anni, come e dove ti vedi? “Mi vedo ancora in campo, voglio giocare a lungo”. Hai già pensato a cosa farai una volta smesso? Vuoi restare nel mondo del calcio? “Mi piacerebbe fare l’allenatore, ma ora penso a giocare, poi si vedrà”. Se potessi esprimere e veder esaudito un desiderio calcistico, cosa chiederesti? “L’unico desiderio che ho è di stare sempre in buona salute e bene fisicamente. Per un calciatore, ma anche per qualsiasi altra persona, la buona salute è la cosa principale”. Calcio 2OOO
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FOCUS on L'ALFABETO DEI BIDONI
di Fabrizio PONCIROLI
IL CALCIATORE UNIVERSITARIO UN GRAZIE ALL'INTER
foto Agenzia Liverani
Aaltonen è sbarcato in Italia grazie ad un gol ai nerazzurri...
In campo non ha incantato, forse perché la sua dote migliore era la testa… 30
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FOCUS ON / L'ALFABETO DEI BIDONI
landese interessano i numeri. Trascorre tutto il tempo a studiare e imparare leggi economiche. A fine stagione, ovviamente, la sua avventura italiana termina. Mika è triste ma per dover rinunciare agli studi, più che per aver fallito in campo. Finisce in Germania, nella seconda divisione. Qualche presenza con la casacca dell’Hertha Berlino (12). È comunque felice. Dopo Bologna, ha la possibilità di conoscere un’altra città nota per la grande cultura, ossia Berlino. Nel 1990, dopo circa due anni e mezzo lontano da casa, torna all’amato Turun. Ci resta fino al 1993, prima di rimettersi in gioco in un altro Paese decisamente intrigante: Israele. Un anno con poche soddisfazioni, prima di rientrare in patria e chiudere la sua carriera, a soli 29 anni, con la maglia del Tampereen Pallo-Veikot, club con cui riesce a vincere il suo primo campionato finlandese (un gol in cinque presenze). Il modo migliore (e più indolore) per dire basta con il calcio. Meglio gettarsi su altro, in particolare sulle tanto adorate materie legate all’economia. In breve tempo diventa un apprezzato docente universitario. Diventa un uomo di “grande testa”, tanto da entrare a far parte di diversi circoli di intellettuali. Oggi, a 50 anni, è un uomo felice e rispettato in Finlandia. Non tanto per quel siluro che ha freddato Zenga a San Siro ma per la sua notevole carriera come economista (non capita a tutti di poter colloquiare con Bill Clinton). A distanza di anni, Mika è tornato a parlare della sua esperienza al Bologna (attraverso le colonne de Il Resto del Carlino): “Il vostro Paese è uno di quelli che hanno dato di più al resto del mondo per quanto riguarda cultura, scienza ed economia. E Bologna è stata il cuore di questo sviluppo, con la sua Università, per oltre 900 anni. Quando ero a Bologna, passavo gran parte del mio tempo libero con Massimo Bonini e Ivano Bonetti, mi hanno fatto scoprire quello che l’Italia può offrire. Stavo anche con Rubio e la sua famiglia, Hugo era molto divertente”. No, il calcio non era proprio la sua priorità… Che dire? La sua dote migliore non era nei piedi ma nella testa…
foto Agenzia Liverani
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nauguriamo questa nuova rubrica con un giocatore decisamente unico nel suo genere. È possibile costruire la propria carriera su un solo gol? La risposta è affermativa. Mika Aaltonen, bel ragazzo finlandese, è diventato noto in tutta Europa in virtù di un’unica prodezza, scucchiaiata al Meazza. È una serata piuttosto umida e fresca a San Siro. Siamo ad ottobre, per l’esattezza è il 21 ottobre 1987. L’Inter di Trapattoni ospita, per l’andata dei 16esimi di Coppa Uefa, lo sconosciuto Turun Palloseura. Il nome, per nulla esaltante, dell’avversario non ha portato allo stadio tanti spettatori. Sono, più o meno, in 20.000 a sostenere i nerazzurri. Chi si attende la goleada, deve presto ricredersi. I finlandesi guidati dal tecnico Lindholm (da non confondersi con il famoso Liedholm) passano, a sorpresa, in vantaggio. All’11’, un certo Aaltonen scaglia un bolide da diversi metri fuori dall’area che si spegne nel set, lasciando Zenga a bocca aperta. Il telecronista finlandese al seguito del Turun impazzisce di gioia, lasciandosi scappare un “Mamma mia” che la dice lunga sull’eccezionalità del gol griffato dal numero 10 del Turun. A rendere ancor più poetico quel gol ci si mette l’Inter che, nei restanti 79’ più recupero, non riesce a trovare la via della rete. La leggenda narra che, a fine partita, tanti giocatori finlandesi si misero a piangere per la gioia dell’impresa. In realtà, il sogno del Turun sarebbe svanito nella sfida di ritorno (2-0 per l’Inter) ma, per Aaltonen, quel gol ha rappresentato una sorta di biglietto vincente della lotteria. Nonostante di lui si sappia ben poco, Pellegrini, allora patron dell’Inter, resta folgorato da quel longilineo numero 10 dallo sguardo glaciale. All’Inter non c’è spazio per un nuovo straniero (il regolamento di allora ne prevedeva tre e sostituire uno tra Matthaeus, Brehme e Diaz era un azzardo). Ma il presidente vuole il gioiello finlandese. Qualche mese più tardi, Mika diviene un giocatore nerazzurro. Niente Milano (se non per qualche giorno per questioni burocratiche) e parcheggio a Bellinzona. In Svizzera il 22enne non incanta (tre gol in 14 uscite). Che fare? Mollare la presa e lasciarlo tornare all’amata Finlandia. In soccorso al dubbioso Pellegrini giunge il Bologna di Corioni. Maifredi, tecnico dei rossoblù, è uno che va controcorrente. Decide, quindi, di rischiare, portandosi a casa Aaltonen. Non ci crede moltissimo, tanto che, alla Gazzetta dello Sport, lo stesso Maifredi dichiara: “Aaltonen? Lo abbiamo preso come contorno”. Il diretto interessato, invece, ci crede eccome: “Spero di soddisfare il signor Maifredi”, esclama a Il Resto del Carlino. I buoni propositi ci sono, i risultati no. Il Bologna chiude al 14esimo posto la stagione 1988/89, uscendo al primo turno in Coppa Italia e fermandosi alla finale di Mitropa Cup. È la squadra dei Villa, dei De Marchi, dei Pecci e dei Marronaro. E Aaltonen? Un fantasma. Lo si vede in campo in tre sole gare, sempre da subentrato e tutte concentrate nel mese di ottobre (lo stesso mese del gol a San Siro). Raccoglie, contro Roma, Colo e Atalanta, la miseria di 45’ di gioco, con zero gol. Inoltre, tutte quelle gare il Bologna le perde. Si comincia anche a pensare che Mika porti sfiga… In realtà un gol lo segna anche, in Mitropa Cup, contro il Ferencvaros. Ma Aaltonen, in realtà, sa bene come impiegare il tanto tempo libero. Innamorato di economia, frequenta assiduamente la facoltà di Economia e Commercio di Bologna. Niente balere o feste, al fin-
Mika AALTONEN Calcio 2OOO
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FOCUS ON / L'ALFABETO DEI BIDONI
EMULARE LA VECCHIA SIGNORA
IL RICORDO DI VILLA Di Fabrizio Ponciroli “Scarso non era ma non era adatto alla Serie A”…
Di Fabrizio Ponciroli
IL COMPAGNO VILLA
Aaltonen fu un tentativo di bissare il successo della Juventus con Laudrup
L'ex rossoblù si ricorda perfettamente di Aaltonen...
IL COLPO DELLA SIGNORA
MICHAEL LAUDRUP
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egli anni ’80 le grandi squadre avevano un modus operandi molto particolare. A causa dei severi regolamenti sul tesseramento degli stranieri (prima due, poi tre per rosa), era consuetudine testare alcuni potenziali crack in altre squadre. L’esempio più emblematico è dato da Michael Laudrup. Premiato come calciatore danese dell’anno (stagione 1982/83), viene acquistato dalla Juventus che, tuttavia, avendo già in rosa Platini e Boniek, decide di parcheggiarlo alla Lazio per capire se il ragazzo (neanche ventenne) ha le doti per indossare la casacca bianconera. Laudrup, alla Lazio, incanta e, due anni più tardi diventa un giocatore della Vecchia Signora (con addio di Boniek, trasferitosi alla Roma). Il danese resterà bianconero per quattro stagioni, con risultati a dir poco eccezionali. Bene, l’Inter, con Aaltonen, cerca la medesima strada. L’idea di parcheggiarlo al Bologna è figlia della volontà di testarlo nel complicato campionato italiano. Un tentativo non andato a buon fine. Ma, attenzione, Aaltonen è in buona compagnia. Pure Borghi, pupillo di un giovanissimo Berlusconi, al Como non ha lasciato traccia, non riuscendo così a coronare il suo sogno di diventare protagonista al Milan… 32
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RENATO VILLA
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foto Agenzia Liverani
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L'esperimento Laudrup è andato decisamente meglio...
enato Villa è un mito per i tifosi del Bologna. Sei stagioni in rossoblù per colui che è noto con il famoso nomignolo Mitico Villa. Lui, quando Aaltonen è sbarcato a Bologna, c’era ed era già una colonna della squadra: “Ricordo che era un ragazzo molto gentile ma anche estremamente solitario. Quando lo invitavamo a cena, rispondeva sempre che doveva studiare e, in effetti, era uno che studiava parecchio. Era comunque sempre molto gentile con tutti anche se, ad onor del vero, non ha legato con nessuno di noi in maniera importante”. Villa ha un suo personale giudizio sul giocatore: “Se, con il termine bidone, si intende uno veramente scarso, beh, a dirla tutta, non penso che fosse tanto scarso. Lui era un giocoliere. Se lo mettevi in mezzo al campo, da solo, a giocare con la palla, faceva delle grandi cose. Palleggiava in maniera divina ed era, appunto, un giocoliere. Ecco, poi, quando c’era da giocare per davvero, si vedeva che faceva tanta fatica. Probabilmente non era il giocatore giusto per la Serie A e, pure per la B ma scarso non lo era…”. L’ex difensore felsineo non è sorpreso dalla notevole carriera da economista che ha poi fatto il finlandese: “Si vedeva che adorava più i libri che il pallone. Passava tutte le sere chiuso nella sua camera a studiare. Più o meno abitavamo tutti insieme ma lui non lo si vedeva mai. Era sempre in stanza con i suoi libri e, alla fine, mi pare che tutto quel tempo passato a studiare abbia portato a qualcosa, no?”.
FOCUS ON / L'ALFABETO DEI BIDONI
TALENTO PER ALTRO
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La carriera extrasportiva di Aaltonen è stata un successo clamoroso
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FOCUS ON / L'ALFABETO DEI BIDONI
TANTI DOPO AALTONEN…
IL SOGNO LITMANEN Milan e Roma sono stati ad un passo da lui...
Di Fabrizio Ponciroli Con Moisander sbarcato alla Sampdoria, sono nove i finlandesi visti in Italia… L'ULTIMO ARRIVATO
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LITMANEN JARI
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altonen può vantarsi di essere stato il primo. Grazie a lui (nonostante l’avventura italiana non sia stata un grande successo sportivo), altri connazionali hanno potuto sperimentare la nostra amata e agognata Serie A. Citiamo i fratelli Eremenko. Alexei, nato in Russia ma finlandese d’adozione, ha indossato la casacca del Lecce (dal 2004 al 2006, 35 presenze totali ma nessun gol all’attivo). Suo fratello minore Roman ha fatto qualche comparsata con le maglie di Udinese e Siena (dal 2005 al 2008), prima di diventare un punto di forza del CSKA Mosca e della nazionale finlandese. Non hanno lasciato una traccia indelebile i vari Roope Riski al Cesena (una sola presenza nel 2011), Mika Lekhosuo al Perugia (11 gettoni, in sei mesi, nel Perugia, stagione 1998/99), Anssi Jaakkola al Siena (portiere, una sola apparizione nel campionato italiano, contro il Palermo, il 18 maggio 2008) e Jani Virtanen all'Udinese e pure al Sorrento (quattro presenze totali tra i due club). Chi, invece, ha fatto benissimo (e ancora continua a far bene) è Perparim Hetemaj, colonna del Chievo. Scoperto dal Brescia, è al suo quarto anno con i clivensi, sempre da titolare. L’ultimo ad approdare nel Bel Paese è Nicklas Moisander, voluto dal tecnico Zenga alla Sampdoria. Capitano della nazionale finlandese, è reduce da nove stagioni in Olanda, di cui, le ultime tre, con la casacca dell’Ajax. Tuttavia il vero grande sogno di ogni club italiano è sempre stato un altro giocatore finlandese, senza ombra di dubbio il più forte di sempre in patria: Jari Litmanen. Classe 1971, è stato, negli anni ’90, un vero e proprio crack del calcio europeo. Con l’Ajax ha vinto tutto (compresa una Cocca Campioni ai danni del Milan di Capello) ma, più volte, ha sfiorato il calcio italiano. Più volte accostato al Milan, nel 1996 è stato ad un passo dall’accordarsi con la Roma di Sensi. La trattativa arrivò a pochissimo dalla classica fumata bianca… Alla fine, non se ne fece nulla e Litmanen restò un sogno per l’Italia…
IL FINLANDESE DI CESENA Riski, una sola presenza in bianconero...
Roope Riski
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Moisander
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Zenga, alla Samp, ha puntato su un difensore finlandese
FOCUS ON / L'ALFABETO DEI BIDONI
STELLA IN RUSSIA
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Emerenko, Roman, sta facendo benissimo con il CSKA Mosca...
Eremenko Roman Calcio 2OOO
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SPECIALE
di Francesco SCABAR
GLI ARTISTI DEL CROSS
METTILA IN MEZZO…
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Saper crossare bene è un’arte di pochi. Senza di loro, tanti bomber piangerebbero…
l cross, termine che in inglese significa “incrociare”, è uno dei gesti tecnici più antichi del gioco del calcio. Si sa che il football è stato inventato in Inghilterra: i Maestri inglesi, quando ancora potevano vantarsi di essere gli unici detentori del verbo calcistico, amavano giocare con il cosiddetto cick and run (calcia e corri) ed il cross dalle fasce, effettuato dalle cosiddette wings (cioè ali) verso il testone del centre-forward (il centravanti) era l’autentico pezzo forte sfoderato dai calciatori di Sua Maestà. Per qualche decennio la classica fuga dell’ala e il cross al centro dell’area di rigore resta il principale schema offensivo utilizzato nel gioco del calcio. Negli anni Venti un grande manager, il leggendario Herbert Chapman, intuisce che l’ala non deve solamente crossare sulla testa del proprio centravanti, ma può anche cercare l’ala opposta sul secondo palo. Chapman così brevetta il famoso cross sul secondo palo, rimasto un marchio di fabbrica tipico del calcio inglese; così l’ala sinistra si trasforma in una sorta di attaccante aggiunto con il compito
di attaccare il secondo palo, mentre l’ala destra continua ad arare la linea di fondo e a scodellare i cross al centro, tesi o arcuati a seconda delle circostanze. È in questo periodo che nasce la leggenda di Stanley Matthews, il primo grande assist-man della storia del calcio probabilmente la più forte ala destra della storia del calcio britannico. The Wizard of dribbling, era la classica ala di stampo nordico, poco fantasiosa, monotematica e ripetitiva nelle finte ma proprio per questo inafferrabile: dopo aver seminato il proprio diretto controllore con la classica finta (corpo a destra/sinistra, pallone dalla parte opposta) del futuro baronetto destro partivano sempre invitanti cross per la testa del proprio centravanti o della propria ala sinistra appostata sul palo lontano. Matthews è in campo con l’Inghilterra a Wembley il 25 novembre 1953, quel giorno la Grande Ungheria cambia per sempre il calcio: nelle file inglesi si gioca a rigido WM con marcature rigide uomo contro uomo, i magiari invece attaccano in dieci e difendono in dieci, di conseguenza le ali perdono il monopolio dei cross, perché nella fase offensiva ormai s’inseriscono anche i terzini d’ala.
LA CLASSE DEL BARONE
FRANCO CAUSIO 36
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Causio ha sempre pennellato come pochi altri...
SPECIALE / GLI ARTISTI DEL CROSS L'UOMO DEI CROSS DEL DIAVOLO
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Donadoni, arte in movimento e cross al bacio
ROBERTO DONADONI Calcio 2OOO
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SPECIALE / GLI ARTISTI DEL CROSS
Sono due brasiliani, Djalma Santos e Nilton Santos, soprannominato quest’ultimo l’Enciclopedia del Calcio, i primi due grandi terzini di fascia crossatori della storia del calcio. Già ai Mondiali di Svizzera del 1954 i due Santi facevano grandi scorribande sulle fasce, ma così facendo lasciavano il solo stopper in difesa alla mercé degli attacchi avversari (nelle file brasiliane si giocava ancora a WM…). Nel 1958 e nel 1962 il Brasile, con un più prudente 4-2-4, riesce a portare a casa due mondiali grazie soprattutto alle magie di Garrincha, la più forte ala destra della storia, sontuoso sia nei cross che nel dribbling, inafferrabile e letale perché il passerotto brasiliano aveva una gamba più corta dell’altra causa poliomielite. La rivoluzione del Calcio Totale (4-3-3) e la sua peculiare interpretazione inglese (4-4-2), consegnano in maniera definitiva a terzini e ali (che ormai giocano stabilmente con il piede invertito) il compito di scodellare cross al centro. Il più grande crossatore degli Anni Sessanta/Settanta a livello internazionale è stato probabilmente lo jugoslavo Dragan Dzajic, un giocatore all’antica, una delle ultime grandissime ali sinistre, autentico specialista di “sciabolate tese”, sia su cross che su palla inattiva. Negli anni Settata/Ottanta sono i tedeschi a sfornare due grandissimi terzini a tutta fascia crossatori (adatti per il classico 3-5-2 tedesco), parliamo di Manfred Kaltz e Andreas Brehme. Kaltz, terzino destro e bandiera dell’Amburgo, è stato probabilmente il più grande difensore crossatore di tutti i tempi: dal suo destro sapiente partivano sempre dei cross liftati definiti “a banana” a causa dell’effetto par-
ticolare che “Manni Bananenflanke” sapeva imprimere al pallone. Per quanto riguarda Brehme, numero tre e colonna dell’Inter dei record (stagione 1988/89: Zenga, Bergomi, Brehme…) oltre che della Mannschaft, calciava così bene con il sinistro che si divertiva a calciare i rigori di destro… Peccato solo che Kaltz e Brehme non abbiano mai giocato assieme in Nazionale nonostante il primo sia del 1952 e il secondo del 1959. Negli anni Novanta è il Brasile a raccogliere il testimone della coppia Kaltz/Brehme con un’altra coppia fantastica di terzini crossatori che però ebbero la fortuna di giocare assieme con la Seleçao, vincendo anche un mondiale nel 2002. Stiamo parlando di Cafu e Roberto Carlos, due giocatori che hanno avuto fortune diverse nel nostro calcio: Cafu è stato per anni colonna di Roma e Milan, Roberto Carlos ha giocato un solo anno all’Inter perché il suo tecnico (l’ineffabile CT inglese Roy Hodgson) gli preferiva il carneade Pistone! Roberto Carlos si rifarà alla grande con la maglia del Real Madrid, alcune sue punizioni calciate con le “tre dita” sono rimaste negli annali del calcio. Gli inglesi, negli anni Novanta, sono stati gli unici a mantenere sulle fasce ali pure dopo la rivoluzione culturale sacchiana e non è un caso che lo Spice Boy David Beckham possa considerarsi l’ultima grande ala specialista nei cross oltre che nei calci piazzati. Il calcio attuale sembra purtroppo scemare di autentici specialisti nel cross, questo perché, negli ultimi vent’anni il calcio, sotto l’influenza del tiki-taka iberico oltre del sacchismo, è cambiato: sempre meno si vede un
L'ERA DI BECKHAM
David Beckham 38
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In tanti hanno beneficiato dei cross di David...
SPECIALE / GLI ARTISTI DEL CROSS
CI PENSA CANDREVA
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La fascia è il suo regno, saper crossare un'abitudine
ANTONIO CANDREVA Calcio 2OOO
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SPECIALE / GLI ARTISTI DEL CROSS
terzino o un’ala dribblare il diretto avversario e scodellare un traversone al centro, questo perché il calcio del Duemila predilige i fraseggi corti, le penetrazioni in area palla a terra e non il gioco improntato sulle iniziative individuali. Un capitolo a parte meritano i grandi crossatori prodotti dal calcio italiano. In Italia, si gioca un calcio diverso dalle altre parti del globo. Questo anche a causa dell’influenza del Catenaccio che non è una parolaccia ma un modulo di gioco peculiare, diffusosi nello Stivale dalla fine degli anni Cinquanta: un libero, due marcatori (il terzino destro e lo stopper), un terzino fluidificante (quello sinistro), un centrocampo a tre con un mediano, una mezzala cuci gioco e un trequartista. Infine, completano lo schieramento due punte fisse (il centravanti con il nove e la seconda punta con l’undici) con un’ala tornante a destra a mantenere l’equilibrio tra i reparti. L’Italia pre-catenacciara ha prodotto eccellenti ali, soprattutto destre, abili nel fondamentale del traversone. Il primo nome è quello di Amedeo Biavati, ala destra della Nazionale campione del mondo del 1938 famosa per aver inventato il passo doppio: dopo aver superato il diretto controllore con questa micidiale finta, Medeo scodellava invitanti cross per la testa di Puricelli, suo compagno di club nel Bologna, o Piola in Nazionale. Altri nomi da ricordare sono quelli di Romeo Menti, perito nella Sciagura di Superga ed Ermes Muccinelli, guizzante e tascabile ala destra della Juventus e principale artefice delle fortune di Sua Maestà Boniperti. Con l’avvento del Catenaccio gli specialisti del traversone diventano l’ala destra (il numero 7) e il terzino sinistro fluidificante (il 3). Per fare un esempio, l’Italia dei Mondiali del 1978 disponeva nel bell’Antonio Cabrini, terzino di spinta, e in Franco Causio, tornante, una grande coppia di crossatori. A mio avviso però è stato Claudio Sala, che del Barone juventino era rivale, il più grande specialista italiano in traversoni. Il poeta del gol, fino al 1974/75 era un tre-
quartista discontinuo e fragile ma dalla stagione 1975/76 un allenatore dalle idee innovative come Gigi Radice, colui che ha fatto conoscere il pressing al calcio italiano, decise di spostarlo all’ala destra. Sala così si trasformò in un tornante completo, capace di svariare su tutto il fronte d’attacco, da destra a sinistra, e di scodellare invitanti cross al bacio per la coppia che scoppia Pulici-Graziani. Grandi tornanti come Franco Causio, impiegato dalla stagione successiva sulla fascia destra da Trapattoni (che copiò l’idea dall’amico e quasi compaesano Radice), Pietro Fanna, sottovalutato numero sette del Verona campione d’Italia nel 1984/85 e soprattutto Roberto Donadoni sono stati tutti suoi eredi, come ruolo, caratteristiche tecniche e abilità nel servire le punte. Un discorso a parte merita Bruno Conti, assieme a Paolo Rossi l’autentico uomo in più dell’Italia campione del Mondo del 1982. Se Causio e Donadoni erano più dei centrocampisti spostati all’ala, Bruno da Nettuno (ex giocatore di baseball in gioventù) era un’ala purissima, funambolica nelle finte e micidiale nei cross. Roberto Pruzzo è stato scaltro a seguire Conti dal Genoa alla Roma perché grazie ai cross al bacio di Conti, O Rei di Crocefieschi ha segnato caterve di gol in carriera... Dagli anni Novanta il calcio italiano abbandona il suo storico schema e abbraccia la zona, soprattutto il 4-4-2 di marca sacchiana. Al posto di coltivare specialisti, i vivai italiani incominciano a voler coltivare giocatori eclettici, di conseguenza spariscono ali e terzini capaci di crossare. L’ultimo grande specialista del cross è stato Gianluca Zambrotta, nato come ala destra al Bari ma poi riconvertito da Marcello Lippi alla Juventus come terzino d’attacco. Non è un caso che, per vincere i Mondiali del 2006 l’Italia abbia dovuto naturalizzare l’oriundo Camoranesi per avere un briciolo di qualità sulle fasce. Oggi, il laziale Antonio Candreva, ex discontinuo trequartista, reinventato esterno d’attacco potrebbe rinverdire i fausti di Sala e Causio, peccato solo che il contorno sia desolante.
QUANDO C'ERA BREHME
Andreas Brehme 40
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Inter perfetta con i cross del tedesco...
SPECIALE / GLI ARTISTI DEL CROSS
IL DIVIN ANTONIO
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Juve o Nazionale, nessuna differenza... Sapeva come crossare Cabrini...
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STORIE DI CALCIO GAETANO SCIREA
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SIMBOLO BIANCONERO Scirea, ancora oggi, è l'emblema dello stile Juventus
Non c’è persona che non abbia ricordo positivo della leggenda bianconera... di Pasquale ROMANO foto Agenzia LIVERANI
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STORIE DI CALCIO / GAETANO SCIREA
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aetano Scirea non ha mai dovuto scegliere, non ce n'era bisogno. Ha sempre scelto il destino al posto dell'ex difensore bianconero, accompagnato per tutta l´esistenza da un'aura di serenità e pacatezza. Il fato ne ha seguito le gesta sul campo, esemplari e irripetibili nella loro estrema correttezza, la classe eccelsa ne ha fatto uno dei più forti liberi di tutti i tempi. Compromessi tra la vita dentro e fuori il rettangolo verde? Nessuno, come confermano le parole di Michel Platini: "L'uomo era all'altezza del grandioso calciatore", ha lucidamente sentenziato Le Roi, ex compagno in bianconero. Persona di spessore e valori universalmente riconosciuti, Scirea ha avuto per gran parte della carriera una sorta di 'alter-ego', un fratello maggiore. Un'altra leggenda del calcio, Dino Zoff, ha condiviso con Scirea le tante gioie 'bianconeroazzurre' tra Juventus e Nazionale: "Abbiamo vissuto una vita insieme. Vicini in campo, da portiere e libero ci separavano pochi metri, e uniti fuori dal rettangolo verde. Per me era un fratello, il nostro è stato un rappor-
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di averlo condiviso con Gaetano". Il fato ha scelto per Scirea anche quando, il 3 settembre del 1989, lo ha fatto volare in cielo, in seguito ad un incidente stradale. Un viaggio in Polonia che lo stesso Scirea e Zoff non ritenevano necessario (bisognava seguire da vicino il Górnik Zabrze, modesto avversario dei bianconeri in Coppa Uefa), ma l'allora presidente Boniperti preferì mandare per scrupolo Scirea, all'epoca secondo di Zoff sulla panchina della Juventus: "Purtroppo il destino è invisibile. Stavamo rientrando da Verona, ce lo disse un casellante, pensai: 'È impossibile', purtroppo invece era tutto vero. Scaricai la rabbia sul pullman". Agli inizi di una probabile carriera da allenatore, Scirea lascia una traccia di sgomento in tutti gli sportivi italiani. Non solo bianconeri: solo i piú grandi, dentro e fuori dal campo, hanno il potere di non appartenere esclusivamente ad una bandiera. Un percorso comune, intrecciato e intenso, viene bruscamente interrotto. Zoff si ritrova improvvisamente orfano del compagno di tante battaglie, dell´amico, del fratello minore. Tanti i discorsi spezzati, il senso di malinconia è struggente. Ancora un bicchiere di vino, stavolta però bisogna
CAMPIONE DEL MONDO 78 presenze, due gol e un Mondiale con l'Italia
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CLASSE PURISSIMA Elegante in campo e, soprattutto, fuori dal campo
to speciale". Privo di contraddizioni, Scirea riuscì in una missione impossibile per un difensore. Zero le espulsioni in carriera, paradosso per chi di mestiere deve ostacolare gli attaccanti avversari: "È la conferma più assoluta del suo stile di gioco, pulito ed elegante. Sempre a testa alta, riusciva a leggere l'azione con un secondo di anticipo. Da libero amava anche le sortite offensive, non a caso realizzava 4-5 gol a campionato". Un bicchiere di vino come apoteosi di un percorso, la cima fu raggiunta nel mondiale 1982. Avventura non priva di tensioni e momenti difficili per l´Italia di Bearzot, il colpo di spugna finale però è memorabile. L´Italia sale sul tetto del mondo, nel gruppo azzurro c'è chi si lascia andare, balli e canti come comprensibile cornice di un sogno. Scirea e Zoff scelgono una via diversa, più consona al loro carattere schivo e riservato. La pacatezza è uno stile mai abbandonato dai due: "Sorseggiammo un po' di vino in hotel, esausti ma travolti dalla felicità. La stanza che condividevamo era chiamata 'La Svizzera' da Tardelli, veniva a rifugiarsi da noi nelle notti insonni. È stato uno dei momenti più gratificanti e significativi della mia lunga carriera, sono contento
STORIE DI CALCIO / GAETANO SCIREA
AMORE SENZA FINE Di Pasquale Romano
Mariella Scirea non dimentica: “Una persona semplice e unica allo stesso tempo”… impossibile da colmare: “È stata dura, ho dovuto fare tutto da sola, mettere da parte i progetti che tanto desideravamo. All’improvviso è venuto a mancare un punto di riferimento, Gaetano parlava poco ma occupava tanto spazio nella mia vita”. Persona speciale fuori dal campo, campione nel rettangolo verde. Tanti, tutti, i trofei vinti da Scirea nel corso della carriera: “I suoi occhi, lo sguardo buono, dicevano tutto, anche dentro il campo. Mi ‘obbligava’ a seguirlo costantemente, ci teneva al mio giudizio, voleva capire se aveva sbagliato qualcosa nel corso della partita. Mi fa enorme piacere il fatto che tutti i tifosi, non solo quelli della Juventus, lo abbiano sempre rispettato e stimato”. La traccia lasciata è ancora visibile, il passaggio di testimone tra generazioni non permette di farne sbiadire il ricordo: “I giovani di oggi ne hanno un ricordo limpido, quasi come se avessero anche loro vissuto quel periodo. Significa che Gaetano era un vero esempio, mi dispiace solo che se ne sia parlato poco quando era in vita. Non era un personaggio da copertina, mal sopportava pettegolezzi o urla, per questo non faceva notizia”. Un legame indissolubile, vivo nella memoria, presente. Non può mancare il dolore per quello che non è stato, per l’imprevista e sofferta piega presa dalla vita: “Mi manca tanto, ho con mio figlio Riccardo il legame intenso e profondo che avrei voluto continuare ad avere con lui. Dicono che di ricordi non si vive, io però penso che senza quelli non avrei vissuto cosi a lungo…”. Tutto interrotto da un tragico sorpasso, fatale. Il sorpasso talvolta aspro e ingiusto del destino, nei confronti della grazia e bellezza che la vita può regalare. UN UOMO ECCEZIONALE Gli anni passano, l'amore per Gaetano resta...
foto Agenzia Liverani
“Q
uanti siete?”. Con l’esperienza, Mariella Scirea aveva capito cosa significava quando alla tradizionale chiave nella porta si sostituiva il suono del citofono. Il marito Gaetano, uscendo dal consueto allenamento mattutino e fermatosi a parlare con qualche tifoso bianconero, aveva ‘allargato’ la tavola invitando a pranzo gli interlocutori: “Questo era Gaetano, se dovessi descriverlo con un esempio. Di una disponibilità infinita, umile, era una persona semplice e unica allo stesso tempo. Certo era complicato per me improvvisare pranzi all’ultimo secondo…” - ricorda con un sorriso. Un amore senza fine, solo fisicamente ostacolato da quel tragico incidente che nel 1989 gli ha portato via Gaetano: “Qualcuno pensava potessi aver risentimento nei confronti della Juventus perché il viaggio era di lavoro per il club bianconero. Non scherziamo, la Juve era una famiglia per Gaetano, la considerava la sua seconda famiglia. Per questa ragione sono rimasta sempre legata alla società, e tutt’ora mi occupo del coordinamento tra i club. La mia voglia è sempre stata quella di continuare a parlare di Gaetano, l’affetto che quotidianamente mi travolge è di grande aiuto per allontanare la malinconia”. Fu un colpo di fulmine tra i due, una storia nata in una pensione…: “Io ai tempi lavoravo e studiavo a Torino, ci incontrammo una sera a cena, senza lasciarci mai più. Eravamo molto affiatati, tutti ci hanno sempre detto che siamo nati per stare insieme. Purtroppo invece è durata solo 13 anni, la vita passata nel suo ricordo oramai è molto più di quella trascorsa fianco a fianco”. Mariella rimane con un figlio piccolo, Riccardo, e un vuoto
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GLORIA BIANCONERA Dal 1974 al 1988 con la sua amata squadra: la Juventus...
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STORIE DI CALCIO / GAETANO SCIREA
fare uno sforzo con l'immaginazione. Di cosa parlerebbero oggi Zoff e Scirea, lontani nei pensieri e nel tempo dalla stanza d´albergo post Mondiale? "Mi piacerebbe potermi confrontare ancora con lui. Credo parleremmo del calcio di oggi, così chiassoso e pieno di esasperazioni. Di sicuro Gaetano non condividerebbe l'atteggiamento di alcuni giovani calciatori, valori e comportamento erano al primo posto per lui". Parole e silenzi, in dosi misurate, con intelligenza. Scirea non amava abbondare in esternazioni, le frasi scelte erano necessarie, mai banali: "Sapeva farsi ascoltare, per questo credo sarebbe diventato un buon allenatore. Non aveva bisogno di alzare la voce o prolungarsi in discorsi, se parlava era soltanto perchè ne avvertiva il bisogno. Non esistevano due Scirea diversi, il giocatore era la naturale prosecuzione dell'essere umano, cosi profondo e onesto". Esempio da imitare ma inimitabile, più che complicato trovare eredi del difensore nato a Cernusco sul Naviglio: "Intanto bisogna dire che ci sono già pochi calciatori italiani nel nostro campionato, oramai dominato dagli stranieri. Trovarne uno con la sua classe, il carisma e la correttezza mi riesce impossibile".
La carriera di SCIREA STAGIONE
CLUB
1972-1973
Atalanta
1973-1974
Atalanta
B
48
2
1974-1975
Juventus
A
48
2
totale
Serie
Pres Reti
A
22
0
1975-1976
Juventus
A
38
0
1976-1977
Juventus
A
47
2
1977-1978
Juventus
A
37
0
1978-1979
Juventus
A
41
2
1979-1980
Juventus
A
40
5
1980-1981
Juventus
A
41
5
1981-1982
Juventus
A
38
5
1982-1983
Juventus
A
51
4
1983-1984
Juventus
A
46
3
1984-1985
Juventus
A
49
2
1985-1986
Juventus
A
36
0
1986-1987
Juventus
A
29
1
1987-1988
Juventus
A
11
1
L´ex portiere bianconero rimpiange i momenti solo all´apparenza privi di significato, in realtá da riempire con l´intelligenza che due personalitá vicine possono condividere: "Talvolta non avevamo bisogno di parole, ci capivamo con lo sguardo. Scirea non era come si pensa un musone, anzi amava gli scherzi. Ci piacevano le cose semplici,
CON BEARZOT In Spagna, nel 1982, il grande capolavoro di Scirea..
foto Agenzia Liverani
TANTI TROFEI Scirea sapeva come vincere e convincere
foto Agenzia Liverani
Camp.
giocare a carte o leggere un libro". Tra leggende non esistono distanze, ne possibili inganni. Caratteri e stili di vita simili, Zoff peró chiarisce: "Gaetano era meglio di me, senza dubbio. Io sono un timido, ma i timidi non sono per forza dei buoni. Lui lo era davvero, aveva carattere ma si arrabbiava di rado. Ho sempre detto che mentre la maggior parte degli esseri umani ricercano la forma, Scirea era essenza, con uno stile mai esibito perché insito nell´uomo. Uno come lui sarebbe servito tantissimo al calcio italiano, è stato un vero peccato non riuscire a vedere cosa avrebbe fatto per il nostro movimento". Complicato lasciare i ricordi in un cassetto così voluminoso. Ventisei gli anni trascorsi dalla tragica scomparsa di Scirea, una vita, così come lo è stata quella passata insieme. Lo sbuffo è una testimonianza dei segni indelebili, Zoff sa cosa riporterebbe qui dell´amico fraterno: "Mi mancano i suoi silenzi. Ancora oggi ripenso a lui, e certi comportamenti che osservo nel mondo del calcio mi fanno avvertire ancora di piú la sua perdita. Se devo trovare conforto tra questi falsi valori, disseminati in un caos del tutto inutile, lo faccio ricordando il mio amico Scirea".
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IL BERGAMASCO DI BARI… di Tommaso MASCHIO
“Non mi aspettavo di restare tanto a Bari. Ma ormai è la mia seconda casa dopo Bergamo”, parola di Defendi… 48
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UNA CERTEZZA Il Bari crede ciecamente nel talento di Defendi...
foto Federico Gaetano - 2
SERIE B BARI
A
SERIE B / BARI
talanta e Bari le sue due case calcistiche, e non solo, con in mezzo le esperienze con Chievo Verona, Grosseto e Lecce. Marino Defendi, centrocampista classe '85, ripercorre le tappe della sua carriera e racconta l'incredibile stagione 2013-14 quando i pugliesi a un passo dal fallimento arrivarono a giocarsi la Serie A in quella che è la migliore stagione nella storia recente del club. “È stata la stagione più particolare da quando gioco. Un'esperienza difficile da descrivere a chi non l'ha vissuta da dentro”.
grande soddisfazione”.
non si sarebbero avvicinati al club”.
Nel 2011 arriva al Bari. Pensava di restare così tanto in biancorosso? “Sinceramente no, non me l'aspettavo. Fin dal primo anno avevo capito che questa era una piazza esigente, ma c'era poca gente che ci seguiva allo stadio perché erano in rotta di collisione con i Matarrese che allora erano i proprietari. Con gli anni mi sono trovato sempre meglio e ora posso dire che questa è la mia seconda casa, anche perché sono qui da cinque anni e se non mi fossi trovato bene sarei andato via, le occasioni le avrei avute”.
Bergamo la sua casa. Dalle giovanili all'esordio in A con l'Atalanta. Tanti ricordi. “Moltissimi ricordi a cominciare dall'esordio contro il Bologna in massima serie. Un momento bellissimo, emozionante come l'anno successivo quando vincemmo la Serie B e conquistammo il ritorno in Serie A. Vincere con addosso la maglia della squadra della tua città è qualcosa di impagabile”.
La stagione 2013-14 è stata molto particolare. Come l'avete vissuta da dentro? “È stata la stagione più particolare da quando gioco a pallone anche se non siamo andati in Serie A. Un'esperienza difficile da descrivere a chi non l'ha vissuta da dentro. In molti avrebbero mollato o si sarebbero fatti da parte mentre noi ci unimmo come gruppo facendo qualcosa di impensabile”.
Torrente, Gautieri, Zavettieri, Mangia e ora Nicola. Tanti allenatori in questi cinque anni. Quali sono stati i ricordi di questi tecnici? “Fortunatamente ho sempre avuto ottimi rapporti con tutti gli allenatori che ho avuto qui a Bari e tutti mi hanno lasciato qualcosa. Torrente lo ringrazio perché ha creduto in me fin da subito, mi ha sempre spronato a migliorarmi. Con Gautieri il rapporto non fu approfondito perché andò via presto e non ci fu modo di conoscerci. Con Zavettieri abbiamo vissuto una stagione indimenticabile. Mangia e Nicola sono tecnici preparati, molto bravi. Spiace che adesso il mister abbia delle difficoltà, ma sappiamo che a Bari c'è poca pazienza e non si aspetta”.
Nel marzo 2007 arriva anche il suo primo gol in Serie A con i nerazzurri. “Un'altra grande emozione sicuramente, arrivò con il Parma e la gara finì 1-1. Segnai per di più nel nostro stadio. Però il gol che ricordo di più, fra i pochi che ho segnato in carriera, è quello dell'anno precedente contro il Crotone sempre in casa nostra”.
Una stagione che vi riavvicinò anche a tifosi. “I tifosi del Bari su una cosa sono sempre stati onesti e coerenti. Ovvero sul loro rapporto con i Matarrese, fin dal primo giorno tutti mi dissero che pur tifando e tenendo alla squadra non volevano dare soldi a quella proprietà e avrebbero per questo disertato lo stadio. Dopo il fallimento passammo da un migliaio di presenti a diciottomila. Certamente i risultati che arrivarono aiutarono ulteriormente ad avvicinare i tifosi alla squadra come si capisce benissimo dal film che fu girato in quei giorni. Inoltre credo che senza quella stagione anche il passaggio di proprietà sarebbe stato più difficile e magari gli imprenditori interessati
In A una stagione e mezza con l'Atalanta. Poi i prestiti in giro per l'Italia. Quanto è cresciuto grazie a queste esperienze. “Sono state tutte esperienze importanti. A Chievo trovai poco spazio anche a causa di qualche problema fisico di troppo che mi frenò, ma mi è servito per conoscere un nuovo ambiente e un nuovo modo di lavorare visto che fino ad allora avevo sempre giocato a Bergamo. A Lecce vincemmo il campionato e credo che sia stato uno dei miei migliori anni. Vissi quell'esperienza dall'inizio, fin dal ritiro e dopo qualche difficoltà iniziale facemmo una grande stagione sia come squadra sia a livello individuale. A Grosseto arrivai che la squadra era penultima in classifica e dopo una grande cavalcata ci salvammo. Fu una
Il rammarico è per non essere riusciti a conquistare la Serie A. “Ci sono state anche situazioni strane in questi cinque anni. La società c'era e non c'era, poi è arrivato il cambio e un periodo di assestamento a tutti i livelli. L'anno in cui siamo andati più vicini a salire poi successero delle cose particolari, delle decisioni che ci penalizzarono e non ci permisero di conquistare quanto avremmo meritato, ovvero la promozione”. Cosa si aspetta da questa stagione? “Come ho sempre detto non faccio programmi, il mio obiettivo – personale e di squadra – è migliorarci. Poi dopo 5 anni a Bari sto diventando un po' scaramantico, cosa che da bergamasco non avrei mai pensato di diventare, e quindi di certe cose non parlo. In generale penso che la Serie B sia un campionato molto strano come si è visto in questo avvio. Non si può sempre giocare bene e vincere, anzi personalmente preferisco giocare male e conquistare i tre punti che giocare bene e restare a bocca asciutta. La Serie B del resto è così, c'è sempre da soffrire contro ogni avversario. Bisogna sempre cercare di portare a casa dei punti, anche 1 solo può essere importante alla fine della stagione. Infine serve pazienza perché abbiamo cambiato tanto in estate e i nuovi devono integrarsi al meglio coi i vecchi per trovare i giusti equilibri e giocare al meglio”.
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Il gioiello del Garda di Sergio STANCO
Intervista a Michele Serena, nuovo tecnico della Feralpisalò, squadra rivelazione del Girone A. 50
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UN'ARIA SERENA Tanta la voglia di far bene e continuare a crescere
per gentile concessione dell'ufficio stampa Feralpisalò
LEGA PRO Feralpisalò
S
alò è un graziosissimo comune che s’affaccia sul Lago di Garda, un gioiellino che chiunque dovrebbe visitare almeno una volta nella vita e che, invece, purtroppo, viene spesso ricordato solo per vicende storiche tragiche (il periodo della Repubblica di Salò ai tempi del fascismo e della Seconda Guerra Mondiale che tutti abbiamo studiato a scuola). Salò ha voltato pagina e oggi è una perla visitata da milioni di turisti, ma non solo: già, perché dal 2009 è anche una società di calcio (nata dalla fusione della Feralpi di Lonato ed il Salò appunto) che ormai è diventata una realtà della Lega Pro. Un club gioiellino, proprio come il comune in cui sorge, che ora sogna in grande. Per farci raccontare l’ambiente e i sogni di questa ambiziosa società, abbiamo scelto il nuovo allenatore Michele Serena, ex giocatore – tra le altre - di Samp e Fiorentina e oggi tecnico dei Leoni del Garda che vogliono “sbranare” la Lega Pro. Mister Serena, ma a Salò è davvero tutto bello come raccontano? “Non posso che confermare: ho trovato un ottimo ambiente, un clima tranquillo. La Feralpisalò è una società snella ma al contempo preparata e organizzata, in cui si può ancora fare calcio “Come Dio comanda”, come si dice dalle mie parti. Dovrebbe essere la normalità, ma in realtà non è più così”. Si parla di una società gioiellino: quali sono i principali punti di forza e di debolezza? “Come dicevo prima, qui ho ritrovato il gusto di poter fare un calcio “normale”, con criterio, ordinato e serio. Viceversa, la tranquillità potrebbe essere un’arma a doppio taglio: si può lavorare senza troppe pressioni, ma questo è un fattore da valutare quando si scelgono giocatori. Ci sono elementi che danno il meglio in un clima così ovattato e altri invece che preferiscono essere pungolati. Per assurdo, a volte la troppa tranquillità è un rischio”. In molti identificano la Feralpisalò come possibile sorpresa del campionato… “E non mi sorprende, visto che i primi a dirlo siamo stati noi. Non so se ora lo dicano anche gli altri per imitarci o se ci credano davvero, ma quel che conta è che ci crediamo noi. Non ci nascondiamo, vogliamo fare bene. E fare bene si-
LEGA PRO / Feralpisalò gnifica arrivare ai play-off. Sappiamo che non sarà facile, ma siamo convinti di potercela giocare”. Quali sono le sue favorite di questo campionato? “Ci sono due livelli: il primo rappresentato da tre squadre, Alessandria, Cittadella e Pavia, che secondo me hanno qualcosa in più delle altre, poi ce ne sono altre, come Cremonese, Padova e Bassano, che possono inserirsi. E poi, come detto, ci siamo anche noi…”. Ormai ha già qualche anno di gavetta come allenatore, dunque può rispondere alla fatidica domanda: serve o si può cominciare dall’alto alla Mancini? “Mah, se uno ha il “culo” (testuale, ndr) di saltarla la gavetta, beato lui. Sinceramente li invidio anche un po’, se l’avessero proposta a me una panchina di Serie A da subito, di certo non l’avrei rifiutata (ride, ndr). Essere giovane non può essere una critica, se uno è bravo è bravo e basta”. A proposito di Mancini, sono molti i suoi ex compagni della Samp che stanno provando l’esperienza di allenatore: è l’influenza dei vostri ex allenatori? “Beh, diciamo che siamo stati fortunati, perché – per restare alla Samp - Eriksson è stato un grande maestro e con lui abbiamo avuto un ottimo rapporto. La vocazione di fare l’allenatore, però, la devi avere dentro, nessuno te la può trasmettere”. La sua vocazione è arrivata subito? “No, assolutamente, anzi appena ho chiuso con il calcio giocato, avevo quasi la nausea e volevo proprio fare altro. Poi, grazie all’insistenza di alcuni amici, ho ricominciato a frequentare i campi da gioco, ho annusato di nuovo il profumo dell’erba e poi è stato un crescendo che non sono più riuscito a gestire (sorride, ndr)”. Chiaro che ognuno ha la sua personalità e il suo modo di allenare, ma c’è qualcuno a cui si è ispirato? “Ho avuto la fortuna di essere allenato da tanti grandi tecnici, che mi hanno dato molto, ognuno con il suo modo di fare: penso a Lippi, Cuper, Malesani, Zoff, Ranieri, Fascetti, Eriksson, un mix di gente esperta e giovani (ai tempi ovviamente) da cui ho cercato di imparare. Poi è chiaro che tatticamente ci si forma solo sul campo e ognuno fa da sé…”. Abbiamo parlato di tanti suoi compagni che hanno deciso di allenare, ma a parte Mancini e Mihajlovic non sono in tanti quelli che sono “arrivati”:
è così difficile sfondare? “Sì perché stanno ammazzando la categoria: siamo in tanti e le panchine sono sempre meno. Con la ristrutturazione dei campionati, poi, ora sono ancora meno, ma nonostante questo non sono diminuite le lauree di Coverciano. E la cosa non ha senso: tu puoi anche “creare” 2 milioni di ingegneri, ma se al mercato non servono, cosa ti laurei a fare in ingegneria? Il nostro mercato è saturo e forse sarebbe il caso di rivedere qualche norma, perché siamo in 90mila allenatori e se ne sfornano altri 200 all’anno: dove li mettiamo?”. Chi, tra i suoi compagni, era sicuro avrebbe fatto l’allenatore? “Facile dire Mancini perché era allenatore già in campo, ma aveva un bel “caratterino” e non pensavo sarebbe riuscito a farlo così bene. Invece è stato bravo a smussare gli “angoli” e devo dire che è stata una piacevole sorpresa”. Lei è il tipo di allenatore che si adatta ai giocatori o viceversa? “Mi piacerebbe poter scegliere, ma nelle categorie in cui ho allenato finora non è che l’allenatore abbia molta voce in capitolo. Le squadre te le ritrovi già fatte, anche perché spesso sono subentrato in corsa. Per questo devi saperti adattare e trovare soluzioni alternative, ma sono cose che ti fanno crescere e contribuiscono a formare il tuo bagaglio professionale”. Qual è la caratteristica che la sua Feralpisalò deve sempre avere? “L’agonismo, la determinazione, la voglia di non mollare mai. Accetto l’errore, non la sufficienza”. È vero che i calciatori di oggi sono molto diversi da quelli della sua epoca? “Tantissimo e probabilmente sarà sempre peggio. Siamo totalmente diversi, molto più delle generazioni che sono passate. Mancano i valori, la cultura del lavoro, la disponibilità al sacrificio”. Cosa ripete più spesso ai suoi ragazzi? “Di non perdere nemmeno un istante degli allenamenti, di fare molta attenzione perché il pallone si può sgonfiare dalla sera alla mattina, un giorno sei al top e quello dopo hai perso tutto. Se hai la fortuna di fare il mestiere più bello al mondo, devi vivere ogni momento al massimo, per 400 giorni all’anno anche se sono 365 (sorride, ndr)”. Non è un rischio che si corre alla Feralpisalò, perché sul Garda il pallone s’è appena gonfiato. E l’obiettivo è di tenerlo così ancora a lungo…”
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SIAMO GIUNTI A FOLIGNO di Simone TONINATO
L’ex rossonero ha un progetto ambizioso: una squadra che sia un concentrato di entusiasmo e voglia di giocare… 52
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GRANDE CARICA Un ex rossonero alla guida del Foligno...
foto Andrea Pomponi - 2
SERIE D FOLIGNO
U
n Perugino che allena il Foligno, si fosse ancora al tempo di Guelfi e Ghibellini se ne vedrebbero delle belle, altro che cultura della non violenza. Ma qui per fortuna si parla di calcio, materia (pacifica) in cui Federico Giunti, ieri calciatore oggi allenatore, pare particolarmente ferrato. Ha risposto a tutto. Foligno 1, Foligno 2 “il ritorno”. Cosa l'ha spinta a tornare? “In Umbria conoscono il mio modo di fare calcio ed era prevedibile una chiamata da squadre di questa zona. Il Foligno mi ha voluto più fortemente rispetto alle altre, è una società ambiziosa, con una storia importante. Mi sembrava l'ambiente ideale, è stato facile accettare". Ma erano arrivate altre offerte? "Si, avevo ricevuto anche delle altre offerte, alcune al di fuori dell'Umbria, ma i programmi ambiziosi del Foligno sono stati più convincenti. Qui si respira entusiasmo, alla presentazione c'era un sacco di gente e per noi questa è una grande responsabilità". Programmi ambiziosi ed entusiasmo, l'obiettivo è…? Che campionato si aspetta? "Giocare al meglio e arrivare il più in alto possibile in classifica. Al momento non possiamo ancora conoscere la reale forza di tutte le squadre del girone, ma ritengo che quest'anno il campionato possa essere livellato. Ci sono diverse compagini bene attrezzate, ma non vedo la cosiddetta “ammazza campionato”, quella in grado di scappare via e fare corsa a sé, come può essere successo nelle ultime due stagioni (Pistoiese e Siena, ndr). Sarà un torneo avvincente e se noi saremo bravi, potremo stare tra le prime quattro o cinque squadre del raggruppamento". Insomma, in mano ha del buon materiale… "Una squadra all'altezza della situa-
SERIE D / FOLIGNO zione, con ottime individualità. Contiamo di arrivare presto al massimo della condizione e poi ce la giocheremo". Ed è un bel mix di giovani ed esperti… "Metà “under” e metà “over”, del resto il regolamento parla chiaro in merito alla valorizzazione dei giovani. Molti hanno fatto scelte simili, ma la normativa lo impone, quindi è normale". Ha già scelto il modulo? In campo chi sarà il Giunti di questo Foligno? "Siamo partiti con una difesa a quattro e con tre centrocampisti. In avanti abbiamo provato il trequartista con due punte e l'attaccante centrale con due esterni, ma non abbiamo un modulo fisso e diciamo che la disposizione la sceglieremo man mano, anche in base ai giocatori. Sul “nuovo” Giunti, posso dire che in mezzo al campo abbiamo tanti destri, ma non abbiamo nessun centrocampista centrale mancino. In quel ruolo ci affidiamo a Del Colle, che ha caratteristiche per giocare davanti alla difesa e dovrà essere lui a dettare i nostri tempi di gioco. A centrocampo ho tanta scelta e confido nelle capacità dei miei ragazzi". Ci racconta il passaggio dal campo alla panchina e quali differenze vede tra i due ruoli? "Il passaggio nasce dalla domanda che ti poni una volta che si avvicina la fine della carriera: “Cosa faccio dopo?”. Ti guardi intorno e cerchi il ruolo che potrebbe essere a te più consono. Io volevo rimanere nell'ambito calcistico, perché ho messo piede su un campo di calcio tutti i giorni per tanti anni e non volevo allontanarmi da questo mondo. E poi penso che il ruolo di allenatore mi si addica. Sulle differenze, posso dire che l'avere un passato da giocatore ti consente di capire alcune dinamiche di spogliatoio e di gestione del gruppo, che tu conosci perché sei stato dall'altra parte della
barricata. Ma lì ci fermiamo, perché poi è tutta un'altra cosa e servono altre doti". Tra i tanti allenatori che ha avuto, riesce a sceglierne uno da cui ha tratto maggior ispirazione? "Scegliendone uno farei un torto agli altri. Zaccheroni, Mazzone, Lucescu, ognuno di loro mi ha insegnato e da tutti ho cercato di carpire qualcosa. Quello che posso dire con certezza è che per il mio percorso è stato fondamentale Galeone, perché mi ha spostato a centrocampista centrale ed è anche quello che mi ha trasmesso più idee a livello calcistico. Lui praticava un gioco offensivo e la gente che veniva a vedere il Perugia si divertiva, perché giocavamo davvero un bel calcio. Io vorrei riprendere quella tipologia, sarebbe bello". Torniamo alla Serie D, sta diventando un campionato sempre più appetibile… "Perché si tratta di un ottimo trampolino. Pur essendo una categoria dilettantistica, si è avvicinata al professionismo. Non è un campionato facile e bisogna preparare le partite con attenzione. Per quanto mi riguarda vorrei fare un percorso simile a quello che ho fatto da calciatore, scalando le categorie, ma è molto difficile perché siamo in tanti e le squadre sono sempre meno". Prima di chiudere: dopo 90' di campionato avete già presentato un ricorso, siete agguerriti. Spieghi un po'… "Si è trattato di una situazione che la normativa non chiarisce bene. Noi avevamo in rosa un calciatore che era stato squalificato nello scorso campionato Primavera e, non sapendo come dovesse scontare la squalifica, abbiamo preferito tenerlo fuori per evirare problemi. Gli avversari (Jolly Montemurlo, ndr), nella nostra stessa condizione, hanno schierato il loro tesserato e noi abbiamo fatto reclamo. Potrebbero darci la vittoria a tavolino, vedremo…".
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I RE DEL MERCATO MARIO GIUFFREDI
L’UOMO DELLA STRADA Lo 'scugnizzo' Giuffredi si racconta: “Sogno di essere un esempio per la mia città”
di Marco CONTERIO foto Federico DE LUCA 54
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PASSIONE AUTENTICA
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Giuffredi ha un amore viscerale per il calcio...
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I RE DEL MERCATO / MARIO GIUFFREDI
I
n questa storia, raccontata sotto il sole di settembre, Napoli è una costante. È sangue, è amore, è radici. È qualcosa che ti caratterizza, che per alcuni ti marchia, che per te stesso è invece un orgoglio ma che nella vita fa anche trovare davanti inattesi ostacoli. Perché il pregiudizio dovrebbe esser cosa antica ma nel mondo d'oggi, l'uomo moderno non è ancora riuscito a superarli. Sicché Mario Giuffredi è pieno d'orgoglio, quando parla della sua terra. Ma non nasconde neppure un'amara verità. “Il napoletano è spesso, purtroppo, legato a qualcosa di brutto. A dei pregiudizi. C'è sempre malizia nell'approccio ed invece io sono orgoglioso di venire da San Giorgio a Cremano, di dimostrare la mia serietà”. Dal paese di Massimo Troisi. “Era in auge durante la mia adolescenza, visto che sono un classe '76. C'è tanto di lui a San Giorgio, visto che insieme a Pino Daniele e Nino D'Angelo sono stati i tre personaggi che maggiormente hanno caratterizzato la mia terra, i 'contemporanei' della mia gioventù”. Fuor di pregiudizio: com'è crescere a San Giorgio a Cremano? “È un paese benestante, dove ho vissuto fino ai sedici anni. Fossi rimasto lì più a lungo, avrei 'sofferto' meno, visto che la mia è stata una vita non semplice, ma di EX PORTIERE
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Giuffredi ha anche giocato a calcio, tra i pali...
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agiata di altri”.
Purtroppo il napoletano è legato a dei pregiudizi, c'è malizia nell'approccio
Una vita fatta di calcio, ma non solo. “Diciamo che ho preso il diploma in ragioneria conscio che mai avrei seguito quella strada. Il pallone, da noi, è pane quotidiano, ma finire la scuola è stata la scelta giusta. Poi la cultura te la fai con la vita, il problema è che spesso il calcio prende il sopravvento sul resto per molti”.
cui sono orgoglioso. Mi spostai a Sant'Anastasia e a Ponticelli, dove la realtà è più dura. Ci trasferimmo lì perché mio padre aveva aziende casearie e quelli sono i luoghi perfetti”.
Lei ha giocato? “Da portiere: con il Club Napoli Bruscolotti a San Giorgio a Cremano e poi con la Polisportiva San Giorgio, dove il presidente era il cognato di Troisi. Poi però mi sono spostato, ho lasciato Napoli, la mia terra, la Campania”.
Una realtà non semplice, però. “La realtà è dura, c'è anche chi fatica veramente ad arrivare a fine mese, a dar da mangiare alla famiglia. Io ho sempre cercato di prendere i lati positivi, e guardate che sono tanti, della mia terra. Il carattere forte, l'amore per le cose semplici, l'essere estroverso e quella che noi chiamiamo la 'genialità del napoletano', ovvero l'arte innata dell'arrangiarsi per sopravvivere”. È legato al passato. “Molto. Sono attacco alla mia terra, vengo da una famiglia modesta, ma sono uguale ad allora. Quel che posso dire è che mi rattrista, molto, vedere degli amici di allora che non hanno avuto la mia fortuna. Mi sento anche in colpa, a volte, di aver avuto una vita migliore e più
Per dove? “Per la Toscana. Ho preso al volo un'opportunità di vita, nonostante le tasche vuote, nonostante dovessi inventarmi come arrivare a fine mese. Ho giocato a Staggia Senese, ma solo per un anno ho fatto il calciatore: non ero mai uscito da Napoli ed andare in Toscana mi ha aperto il cervello”. Sempre nei dintorni di Siena? “Colle di Val D'Elsa, Poggibonsi, anche Siena. Città che mi hanno dato tanto, paesi dove la disponibilità della gente ha permesso ad un ventiduenne senza una lira di andare avanti. Ho iniziato a lavorare nel settore giovanile del club, poi nello scouting dello Staggia Senese. E lì
I RE DEL MERCATO / mARIO GIUFFREDI REA, IL PRIMO PROFESSIONISTA
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Indimenticabile la prima volta, ad Avellino...
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I RE DEL MERCATO / MARIO GIUFFREDI L'IMPORTANZA DELLA FAMIGLIA
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Giuffredi mette i famigliari al primo posto, sempre...
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I RE DEL MERCATO / MARIO GIUFFREDI un incontro che ha segnato profondamente la mia vita”. Prego. “Con Gaetano Vellucci, che ho conosciuto nel 1998. Eravamo a Fiorenzuola d'Arda, il club all'epoca era in Serie C. Stavamo portando in prova entrambi dei ragazzi: nacque una profonda amicizia e decidemmo insieme di aprire un'agenzia di scouting. Cercavamo e scoprivamo ragazzi al sud Italia per portarli nei settori giovanili del centro-nord”. Come andò? “Diventammo un punto di riferimento per tutto il Sud Italia. Io lavoravo in Italia dove il talento c'è in abbondanza, anche perché purtroppo per molti il calcio viene anche prima della scuola. Lì, ma anche in Sicilia, in Calabria e non solo: portammo quasi 50 giovani in club di A e B”. Il primo ad esordire tra i professionisti? “Angelo Rea, ora difensore dell'Avellino. È cresciuto nei miei stessi luoghi (è di Pomigliano d'Arco, ndr) e fu anche più semplice”. Anche senza 'credibilità e background'? “Inizialmente deve esserci sempre qualcuno che ti dà delle referenze. Con lui accadde, si fidò di me ed è tuttora tra i miei assistiti. Quella dello scouting è stata un'avventura che portammo avanti dal 1998 al 2009, diventando la struttura numero uno nel settore. Poi, però, finiscono gli stimoli, rischi di sederti”. Ed iniziò la carriera di agente. “Sono un ambizioso e più di così, sinceramente, era impossibile fare. Non c'era un giovane che sostanzialmente, nel Sud Italia, non passasse da noi. Così sì, iniziai a fare il procuratore portando avanti anche il gruppo storico dello scouting: Gaetano Vellucci, appunto, ma anche Antonio Frezza ed Alfonso Pepe. Poi, col tempo, si sono aggiunti anche altri come, per esempio, Giuseppe Campo che è da tre anni con noi”. Aveva già delle credenziali, per fare questo nuovo percorso. “Invece ricominciai tutto da capo. All'inizio ero avvilito, perché dopo un percorso bello, ricco di soddisfazioni, dove conquistammo la leadership di settore, dovevamo ripartire dalla gavetta. Ma sono
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Vengo da San Giorgio a Cremano, il paese di Massimo Troisi uno che viene dalla strada, senza spinte, quindi mi rimboccai le maniche”. Con un fattore importante, alle spalle. “La famiglia. Sono sposato da dieci anni, con tre figlie. Per me è al centro di tutto: l'agenzia si chiama Marat, come le iniziali mie, di mia moglie e delle tre bambine. Vivo l'ottanta per cento della mia vita fuori da casa e per questo devo tanto a mia moglie che ha sacrificato tanto per le nostre figlie. E per me. Al di là degli aspetti economici, cerco di fare sempre il meglio per loro. Senza, non sarei mai riuscito ad essere dove sono ed una famiglia così, come la mia, ti dà serenità e stimoli giusti per migliorare. E non dico per me, ma per loro”. Da scout a procuratore 'scugnizzo'. Come prosegue la storia? “I primi in procura sono due ragazzi che avevamo nella nostra struttura: Rea, appunto, e Francesco Di Tacchio. Avevo trentadue anni, ricordo bene quando incontrai Pantaleo Corvino alla Fiorentina: era il dirigente più importante, la società viola era nuova ed ambiziosa. È stato affascinante e poi Corvino è sempre stato un esempio per me, per noi, venuti dal nulla. Casarano, Lecce, poi i trionfi di Firenze, ora il Bologna. È una storia ed una strada da seguire, la sua”. Peraltro, un'altra cosa vi accomuna: il fatto di puntare sui giovani. “Abbiamo iniziato così a prendere ragazzi in agenzia, prima in C, poi in B. Le cose sono andate bene, anche perché coi giovani puoi impostare un lavoro di prospettiva, per loro ed anche per te. Le priorità, visto che non eravamo nessuno, erano puntare su talenti e sulla qualità. Umana in primis”. Uno dei punti di svolta si chiama Mirko Valdifiori. “Ci tengo a precisare una cosa: non pos-
so dire che è più importante degli altri perché tutti i ragazzi, nel mio cuore e nella mia carriera, sono tutti allo stesso livello. Però è chiaro che con Mirko sia arrivata la svolta della mia giovane avventura. È il quarto anno che lo conosco, ricordo quando iniziò il nostro rapporto: era il 2012, stavo per andare in ferie in Sardegna. Mi chiamò Laurini, dicendomi che Valdifiori non aveva agente. Lo seguivo da tempo, ci trovammo il giovedì fino a tarda notte ed il venerdì mattina partii per le vacanze”. Con la procura in tasca. “Nessuno si aspettava poi questa sua esplosione. Mirko veniva da un momento difficile: è stato bravo e coraggioso a scegliere un agente giovane come me. Però è arrivato a dei livelli che anche lui non si attendeva: è una favola bellissima, la sua, destinata ad andare avanti”. Era nel destino, come il suo mestiere. “Pensi che il procuratore non volevo neppure farlo...”. Come? “Già. Non mi piaceva l'attività, poi ho conosciuto Letterio Pino che per me è stato una figura fondamentale. Lo conobbi tramite un'altra persona importante come Ulisse Savini: Letterio mi disse 'sei bravo, devi fare questo mestiere'. Lui e Pepe hanno insistito così tanto che sono stati i miei scopritori... Iniziai con Pino e Catellani, poi ho preferito seguire la mia strada. Ma gli dovrò tanto, per sempre, e siamo sempre legati da profonda amicizia. Per me è come 'un rifugio', è uno dei più bravi in Italia”. A proposito del nostro paese. Che ne pensa di aprire le sue frontiere all'estero invece? “Per adesso abbiamo recentemente trasferito Lupoli all'Honved e Biraghi al Granada. A proposito di Cristiano: è uno dei giovani più importanti nel ruolo del nostro paese ed è anche grazie a lui che la mia carriera ha svoltato. Per il resto, sono un tipo aperto, ma a me piace lavorare con l'Italia. Se il mercato mi permette di valorizzare i nostri talenti, di portarli ai club italiani, allora lo preferisco. Un domani, chissà...”. E nel futuro dove e come si vede? “Parto da un esempio: Stefano Antonelli. Calcio 2OOO
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I RE DEL MERCATO / MARIO GIUFFREDI
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Tra dieci anni mi vedo come direttore sportivo
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Un orgoglio per me è poter stringere gli accordi sulla parola, avere credibilità
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I RE DEL MERCATO / mARIO GIUFFREDI TANTI SOGNI
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Giuffredi ha ancora diversi desideri da esaudire...
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I RE DEL MERCATO / MARIO GIUFFREDI IL COLPO VALDIFIORI
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Il suo gioiello ora indossa la casacca del Napoli...
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Quando ho iniziato, era uno degli agenti più forti ed in vista in Italia. Ho cercato di prendere molto da lui che, poi, ha scelto di fare il direttore sportivo. Credo che farò lo stesso”. Direttore Giuffredi? “Sì. Tra dieci-undici anni, alla soglia dei cinquanta, vorrò fare anche io il passo. La mia vita è stata una scaletta: ho iniziato coi giovani, poi coi professionisti ed in futuro mi vedo dirigente. E lì sarò ancora più italiano, per mettere in pratica idee che adesso chiaramente non posso attuare”. Però adesso, tra Buchel, Mario Rui, Laurini e non solo, ha molti assistiti stranieri. “Diciamo che chi viene da fuori è un po' più simile a me. Si fidano e si affidano alle persone. Essere napoletano, purtroppo, vuol dire partire con un handicap in questo mondo, ti fanno partire penalizzato. Hai meno credibilità a prescindere: è la cosa più difficile, dimostrare di essere una persona seria e credibile, ma adesso ho una grande fortuna”. Prego. “Quella di poter stringere gli accordi sulla parola. I miei interlocutori si fidano di me, mi basta quella. Ho credibilità, è la mia garanzia. È stata la cosa più difficile arrivare a questo punto, ma ne sono orgoglioso. Ed anche coi miei ragazzi vale lo stesso: mi devono dare fiducia ma nell'italiano, generalmente, c'è sempre quel senso di diffidenza intrinseco che nello straniero spesso non c'è. Poi arriva, e se non fosse allora il rapporto si chiude, a prescindere dal nome”.
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Con Valdifiori la svolta della carriera: la sua un'esplosione bella e inattesa L'estate è finita. Che mercato è stato? “Bello, bellissimo. Portare Valdifiori al Napoli è stato importante, con guadagni importanti per il ragazzo. Sepe dall'Empoli ha rinnovato con il Napoli ed è andato alla Fiorentina che è tra le prime in Italia. Biraghi al Granada e non è stato facile: l'anno scorso al Chievo ha giocato poco ed è andato in un'importante realtà straniera”. Avanti coi nomi. “Buchel dall'essere senza squadra è andato all'Empoli. Conti ha rinnovato con l'Atalanta ed ora è perno dell'Under 21. Galano al Vicenza ha fatto contenti tutti, sono orgoglioso di aver raggiunto praticamente tutti gli obiettivi prefissati quest'estate”. Entusiasta? “Io il mercato lo vivo con ansia, concentrazione. Non con serenità, perché ogni obiettivo non raggiunto, per i ragazzi, lo vivo come una sconfitta profonda. Le mie giornate lavorative durano dieci ore, dormo poco, sono lontano da casa. Però è stato bello portare Ronaldo da Vercelli alla A, Fiammozzi al Pescara: è un ragazzo del 1993 che ha subito tanti attacchi in estate per le recenti vicende. Sono orgoglioso di avergli trovato squa-
Mario Rui
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Mirko Valdifiori
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Luigi Sepe
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I RE DEL MERCATO / MARIO GIUFFREDI
dra, per lui in primis”. Per gli altri, non solo per sé insomma. “Uno stimolo in più è il voler essere un esempio per i ragazzi della mia terra, per chi viene dal nulla. Per chi può dire 'anche io posso farcela'. Mi sento l'uomo della strada, lo scugnizzo di San Giorgio a Cremano. Essere qui è bello e spero che tanti possano cercare di lasciare strade sbagliate, brutte, prendendo esempi come questo. Vengo dal niente, senza una spinta, ma ce l'ho fatta, o quanto meno ce la sto facendo. Io ho sempre ammirato persone così, dal Cosmi di Perugia arrivato dal Pontevecchio, fino a Sacchi: uno che ha insegnato calcio al mondo senza aver mai giocato a grandi livelli”. Una vita non semplice. Ma sudata, guadagnata. “Non facile, già. Due anni fa mio fratello Danilo, che ha una ditta di autotrasporti, fece un incidente gravissimo in autostrada. Ha rischiato di non camminare più, lo ha fatto solo un anno fa. C'è chi per cifre basse rischia la vita, io mi ritengo un fortunato. Per questo non considero i soldi una priorità. Sono uno della strada, già. Ma non scordo certo il passato”.
Intervista di Marco Conterio Calcio 2OOO
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I GIGANTI DEL CALCIO Pietro Vierchowod
LO ZAR D’ITALIA In pochi hanno lasciato il segno come Vierchowod, il difensore senza macchia…
di Paolo CAMEDDA foto Agenzia LIVERANI
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MASTINO DORIANO
foto Agenzia Liverani
Vierchowod con la gloriosa maglia blucerchiata
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I GIGANTI DEL CALCIO / PIETRO VIERCHOWOD
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uando gli attaccanti se lo trovavano di fronte, sapevano che per loro sarebbe stata una partita molto difficile. Non importa se ti chiamavi Maradona o Van Basten: il fisico roccioso, la grande velocità e l'abilità nella marcatura e nell'anticipo rendevano Pietro Vierchowod uno stopper difficilmente superabile da chiunque, un vero prototipo del difensore centrale moderno. Nato a Calcinate, in provincia di Bergamo, il 6 aprile 1959, Pietro era soprannominato 'Lo Zar' perché il padre, Ivan Lukjanovič, era ucraino (dunque sovietico) e durante la Seconda Guerra Mondiale era stato un soldato dell'armata rossa. Fatto prigioniero in Italia, una volta terminato il conflitto, Ivan decise di non tornare in patria, dove lo attendeva un posto da operaio a Ricovo, nella periferia di Kiev, e si sposò a Spirano, svolgendo vari mestieri: dal facchino all'ortolano, per poi trovare posto come meccanico nella fabbrica delle motociclette bicilindriche Rumi. Al figlio Pietro impartì un'educazione severa, e cercò di fargli imparare un mestiere. Vierchowod fece così prima il manovale, poi l'idraulico, ma, come ha raccontato ai microfoni di Calcio2000, la sua grande passione fin da giovane era il calcio. CON GRANDI CAMPIONI
foto Agenzia Liverani
Lo scudetto con la Samp, insieme a Vialli e Mancini
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La maturità deve darti una mano. Io non ho mai avuto grossi infortuni, conducendo sempre una vita da professionista Pietro, come hai iniziato a giocare a pallone? "Come tutti i ragazzi in quel periodo ho cominciato a giocare a calcio in oratorio. Inizialmente però non ero un difensore, ma facevo la punta. Poi una domenica alla squadra mancava un difensore e l'allenatore mi chiese se volevo provare a sostituirlo. Io risposi di sì, e gli chiesi cosa dovevo fare. 'Vedi quello lì? - mi disse - Lo devi seguire dappertutto'. Da quell'episodio è nata la mia carriera da difensore...". È vero che a 16 anni hai fatto un provino con il Milan, ma pur andando bene non ti presero? "Sì, è tutto vero. In quel periodo facevo provini per diverse squadre, un giorno
però decisi di tentare con il Milan. Giocai un partitone, ma mi dissero che nel mio ruolo erano coperti. Per me fu sicuramente una delusione, anche se a posteriori dico che forse è stato meglio così, perché sono potuto crescere gradatamente. Se il Milan mi avesse preso, magari avrei giocato poco, visto che nel vivaio rossonero c'erano molti grandi giocatori". Così sei partito dal basso... "Sì, mi prese la Romanese, squadra della provincia di Bergamo. Giocai con la Berretti e a fine stagione passai in prima squadra. Feci tre presenze in Serie D, poi fu organizzata un’amichevole contro il Como, che vedendomi giocare decise di puntare su di me". Con i lariani hai giocato per 5 stagioni, dal 1976 al 1981, ottenendo una doppia promozione dalla C1 alla A. Che ricordi hai di quel periodo? "Io dico sempre che abbiamo fatto un salto triplo: oltre ad aver vinto il campionato in C1 e in B, infatti, conquistammo la salvezza al primo anno di Serie A. Il Como era una piccola società che con il vivaio riuscì a creare un bel progetto: dalle Giovanili lariane, oltre a me, uscirono fra gli altri Gianfranco Matteoli e Stefano Borgonovo". Su di te misero gli occhi diversi club, ma il presidente della Sampdoria, Pa-
I GIGANTI DEL CALCIO / PIETRO VIERCHOWOD L'ESPERIENZA BIANCONERA
foto Agenzia Liverani
Vittorie anche con la Juve, principalmente in Europa...
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I GIGANTI DEL CALCIO / PIETRO VIERCHOWOD L'ANNO IN VIOLA
foto Agenzia Liverani
Tante squadre in A, anche una stagione alla Fiorentina...
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I GIGANTI DEL CALCIO / PIETRO VIERCHOWOD olo Mantovani fu bravo nel 1980 a 'bruciare' la concorrenza. "Mi acquistò la Sampdoria, ma c'era un problema: i blucerchiati erano in Serie B e io volevo giocare in Serie A. Così, dopo un anno in prestito al Como nel 1980-81, fui girato prima alla Fiorentina di De Sisti, poi alla Roma di Liedholm. Erano due squadre strepitose. Con i viola sfiorammo lo Scudetto nel 1981-82. All'ultima giornata giocavamo a Cagliari. Avremmo dovuto vincere per andare allo spareggio, ma ci annullarono un gol regolare di Graziani, mentre la Juventus passò a Catanzaro con un rigore molto dubbio. Lo spareggio sarebbe stato giusto, evidentemente non c'erano i tempi, visto che c'era da preparare il Mondiale in Spagna... A fine anno sarei voluto restare in Toscana, ma Mantovani mi disse che mi avrebbe dato a un'altra grande squadra, e così fu. Con i giallorossi vincemmo lo Scudetto dopo 41 anni. Quello era davvero uno squadrone: c'erano Falcao, Conti, Pruzzo, Cerezo, Di Bartolomei, Ancelotti...". Tu eri ancora giovane, qual era il tuo rapporto con i tanti campioni che giocavano con te? "I grandi giocatori furono molto accoglienti con me, mi trattavano molto bene. Ricordo un aneddoto con Pruzzo. L'anno prima lo marcai quando giocavo con la Fiorentina, e gli diedi una gomitata. Quando arrivai alla Roma lui non perse l'occasione di ricordarmelo... Ma erano tutti ben disposti nei miei confronti, e mi inserii bene in quel gruppo". Intanto la Sampdoria conquistò la Serie A, e tu l'anno seguente hai dovuto trasferirti a Genova, dove sei rimasto 12 anni, togliendoti grandi soddisfazioni. "Ti dico la verità, lasciai la Roma a malincuore. Sarei rimasto volentieri un altro anno, per giocare la Coppa dei Campioni. Se fossi rimasto probabilmente ci sarei stato anch'io nella finalissima contro il Liverpool... Invece ripartii da Genova, all'inizio a malavoglia, poi però Mantovani mi fece capire qual era il suo progetto e passò tutto. Creò nel giro di qualche anno una grande squadra, eravamo un gruppo di amici molto affiatati e vincemmo quasi tutto: 4 Coppe Italia, una Coppa delle Coppe, una Supercoppa Italiana e lo Scudetto, anch'esso
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Fare gol mi è sempre piaciuto, e alcuni che ho segnato erano davvero molto belli. Come il primo in Serie A, contro il Cagliari storico, nel 1990-91. Ci mancò solo la Coppa dei Campioni, che perdemmo in finale ai supplementari contro il Barcellona nel 1992. Quello resta l'unico rammarico. Perché sapevamo di essere i più forti, e di fronte avevamo uno dei Barcellona più modesti della storia recente. Invece sbagliammo tanti gol, e nei supplementari Koeman ci punì su punizione dalla distanza... Forse anche Pagliuca ha le sue responsabilità, perché il tiro era sul suo palo e lui non riuscì a prendere il pallone... Ma era una conclusione molto potente". La Champions League fu però per te un discorso soltanto rimandato, visto che nel 1996 l'hai vinta con la Juventus. "La Juventus è una grande società, che ti mette in condizione di pensare al calcio. Forse allora era ancora più grande di oggi: in quella squadra c'era gente come
Vialli, Del Piero, Ferrara, Paulo Sousa... Curiosamente la finale del 1996 contro l'Ajax si giocava a Roma, la stessa città dove 13 anni prima avevo vinto il mio primo Scudetto. Per me fu una notte bellissima, a 37 anni giocare una finale di Champions League e vincerla è il massimo per un calciatore. Ricordo che potevamo chiudere prima la partita, ma avremmo potuto anche perderla. Una volta tanto una squadra italiana vinse ai calci di rigore. È stato incredibile. Da allora la Juventus, nonostante abbia giocato diverse finali, quella Coppa non è più riuscita a vincerla". L'anno seguente però passasti al Perugia, ma durò poco... Poi ti chiamò il Milan. "In pratica col Perugia feci soltanto il ritiro precampionato, perché non mi trovavo bene con l'allenatore Galeone. Allora andai ad allenarmi con il Como. Nel mentre nel Milan Baresi si fece male alla caviglia, e così mi chiesero se volevo andare a giocare con i rossoneri. Io non ci pensai due volte ed accettai. Quando arrivai c'era in panchina Tabarez ma con lui giocai soltanto una gara. Poi fu sostituito da Sacchi con il quale giocai molto e con regolarità. Anche se la squadra si piazzò all'11° posto ed era in gran parte da ricostruire, con molti grandi giocatori a fine carriera, ricordo positivamente quell'esperienza". Conclusa l'annata in rossonero, per te arrivò la chiamata in Provincia da parte del Piacenza. "Avevo 38 anni e decisi di accettare la proposta biancorossa. Piacenza era una città piacevole in cui vivere. Quell'esperienza mi ricordò i primi anni con il Como. C'erano tanti problemi, e bisognava fare sempre i conti con una certa sudditanza psicologica degli arbitri verso le grandi squadre. Cercavamo di sbagliare il meno possibile, ma qualcosa la sbagliavi. Nonostante tutto, però, conquistammo due salvezze consecutive e mi tolsi delle belle soddisfazioni, come il goal salvezza nel 1998-99 contro la Salernitana. Il terzo anno, nel 1999-00, non riuscimmo a ripeterci". Il Piacenza retrocedette in Serie B, e tu, a 41 anni e 2 mesi, hai deciso di dire basta con il calcio giocato. "Dico la verità, mi arrivò un'offerta di un Calcio 2OOO
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I GIGANTI DEL CALCIO / PIETRO VIERCHOWOD
Quante vittorie
LA CARRIERA DI VIERCHOWOD STAGIONE
CLUB
Serie
Presenze
Reti
Di Paolo Camedda
1975-1976
Romanese
D
3
0
Palmares ricchissimo per Vierchowod, uno che ha vinto tanto e ovunque..
1976-1977
Como
B
0
0
1977-1978
Como
B
16
0
1978-1979
Como
C1
34
3
1979-1980
Como
B
35
1
1980-1981
Como
A
30
2
1981-1982
Fiorentina
A
28
2
1982-1983
Roma
A
30
0
1983-1984
Sampdoria
A
30
2
1984-1985
Sampdoria
A
29
2
1985-1986
Sampdoria
A
28
1
1986-1987
Sampdoria
A
28
2
1987-1988
Sampdoria
A
29
5
1988-1989
Sampdoria
A
29
1
1989-1990
Sampdoria
A
32
3
1990-1991
Sampdoria
A
30
3
1991-1992
Sampdoria
A
31
1
1992-1993
Sampdoria
A
29
1
1993-1994
Sampdoria
A
32
2
1994-1995
Sampdoria
A
31
2
1995-1996
Juventus
A
21
2
1996-1997
Perugia
A
0
0
1996-1997
Milan
A
16
1
1997-1998
Piacenza
A
29
2
1998-1999
Piacenza
A
28
4
1999-2000
Piacenza
A
22
0
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ietro Vierchowod nasce a Calcinate, in provincia di Bergamo, il 6 aprile del 1959. Si guadagna il soprannome di ‘Zar’ perché il padre, Ivan Luchianovic, era ucraino, e fu soldato dell’armata sovietica. Difensore specialista nella marcatura a uomo, esordisce in Serie D con la Romanese nel 1975-76, poi una lunga carriera con le maglie di Como, Fiorentina, Roma, Sampdoria, Juventus, Perugia, Milan e Piacenza. Con i giallorossi vince il suo primo scudetto nel 1982-83, mentre in blucerchiato conquista lo storico Scudetto nel 1990-91, tre Coppe Italia, una Coppa delle Coppe e due Supercoppe Italiane e nel 1992 perde a Wembley la finale di Coppa dei Campioni contro il Barcellona. Si rifà nel 1996, quando con la Juve a 37 anni si laurea campione d’Europa. In Nazionale, senza scendere in campo, è campione del mondo nel 1982 in Spagna e gioca i Mondiali del 1986 e del 1990. Si ritira nel 2000, a 41 anni e due mesi, dopo aver vinto quasi tutto (nel personale palmares gli mancano soltanto Coppa UEFA, Supercoppa Europea e gli Europei con la Nazionale). Chiude con 562 gettoni (quinto più presente di sempre) e 38 reti in serie A. È il 2° più ‘vecchio’ ad aver
segnato nel massimo campionato italiano: ha infatti 40 anni, un mese e 25 giorni quando realizza con la maglia del Piacenza il gol salvezza contro la Salernitana. Ha avuto a lungo anche il record di goleador più anziano della storia della Nazionale: segnò infatti a 33 anni, 11 mesi e 18 giorni il 24 marzo 1993 in Italia-Malta (6-1). Il suo primato è però successivamente battuto il 13 giugno 2008 da Christian Panucci, in gol a 35 anni e 2 mesi nella partita contro la Romania. Conclusa la carriera da calciatore, Vierchowod intraprende quella da allenatore: guida in C il Catania, la Florentia Viola e la Triestina, ma viene sempre esonerato. Lo 'Zar' non si sente a suo agio in un calcio che sta cambiando e si prende una pausa. Va in Tv a fare l'opinionista e nel 2012 si candida a Como alle elezioni comunali alla guida di una lista civica. Nel 2014 decide però che è giunto il momento di tornare in pista, accettando l'offerta della Honved in Ungheria, ma anche in questo caso è un esonero a porre fine alla sua avventura in panchina.
foto Agenzia Liverani
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Campionato
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I GIGANTI DEL CALCIO / PIETRO VIERCHOWOD
VISTO ANCHE A MILANO
foto Agenzia Liverani
Nella stagione 1996/97, ha indossato la casacca del Diavolo
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I GIGANTI DEL CALCIO / PIETRO VIERCHOWOD L'UOMO DELLO SCUDETTO
foto Agenzia Liverani
Alla Roma è protagonista del tricolore della stagione 1982/83
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I GIGANTI DEL CALCIO / PIETRO VIERCHOWOD anno da una squadra di Serie B. Ero tentato, ma alla fine decisi di rifiutare e di ritirarmi. Dall'ultimo anno con il Como in Serie A non ero mai sceso di categoria, e volevo chiudere nella massima serie. Poi quella squadra vinse il campionato di B, se avessi accettato magari avrei potuto prolungare ulteriormente la mia carriera, ma certe cose devi sentirtele e ormai avevo deciso di smettere". Con 562 presenze, sei il quinto in assoluto fra i più presenti in Serie A dietro Maldini, Pagliuca, Zanetti e Zoff. Qual è il segreto, se ce n'è uno, per mantenersi in forma nonostante lo scorrere dell'età? "La maturità deve darti una mano. Io non ho mai avuto grossi infortuni, conducendo sempre una vita da professionista, in campo e fuori. Negli allenamenti poi non è mica vero che quando l'età aumenta ci si deve allenare di meno. Negli ultimi anni di carriera la mente era quella di sempre, ma per rendere come i più giovani mi allenavo il doppio degli altri". Hai segnato ben 38 gol in Serie A, certamente non pochi per uno che come compito principale aveva quello di fermare il centravanti avversario. "Fare gol mi è sempre piaciuto, e alcuni che ho segnato erano davvero molto belli. Come il primo in Serie A, contro il Cagliari, il 28 dicembre 1980: prendo palla prima di metà campo, vinco un contrasto e dopo una lunga corsa sulla fascia sinistra, salto un difensore e batto il portiere Corti sul primo palo... Ma il più bello in assoluto lo segnai in TorinoSampdoria del 1992-93: un tiro al volo dal limite dell’area con il sinistro, che non era il mio piede”. Nella tua carriera hai marcato tanti grandi campioni. Qual è stato per te il più difficile da fermare? "Guarda, come hai detto ho marcato tanti grandi giocatori. Per marcare Maradona mi facevano giocare in mezzo al campo, ma non ho mai avuto grandi difficoltà. Lo stesso con Van Basten. Erano duelli duri, ma leali. Uno difficile da controllare era Altobelli, ma il più tosto in assoluto per me era Franco Selvaggi. Mi metteva sempre in difficoltà, nelle sfide contro di me ha segnato due goal e mi ha fatto espellere due volte. Per me era un'autentica bestia nera".
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Ti dico la verità, lasciai la Roma a malincuore. Sarei rimasto volentieri un altro anno, per giocare la Coppa dei Campioni Parliamo invece del tuo rapporto con la Nazionale azzurra. Con l'Italia hai preso parte a tre Mondiali, di cui due giocati, e uno vinto senza giocare (nel 1982). Ma non hai mai avuto particolare fortuna. "Tutto sommato sono contento di quello che ho fatto anche in Nazionale, l'unico grande rammarico restano i Mondiali del 1990 in Italia. Vicini mi aveva convinto a far parte del gruppo promettendomi che, sebbene non mi garantisse il posto da titolare in tutte le partite, avrei disputato le gare più difficili, come quella contro l'Argentina, in cui avrei dovuto marcare ancora una volta Maradona. Contro di me Diego non era mai riuscito a fare grandi cose, e mi aspettavo che il Ct mi inserisse almeno nel 2° tempo, quando eravamo in vantaggio 1-0. Invece non lo fece, mandò in campo una punta (Serena) e un trequartista (Baggio), e quando Maradona cominciò a salire di
rendimento furono dolori, con Caniggia che segnò di testa l'1-1. Perdemmo ai rigori e addio sogno Mondiali. Allora mi fece giocare la finalina per il 3° posto per darmi un contentino, ma ero molto arrabbiato, per me quella partita non aveva senso". Una volta smesso di giocare, hai intrapreso la carriera di allenatore, ma non è andata benissimo. "Ho lavorato con presidenti difficili, come Gaucci. Con il Catania fui esonerato quando ero 2° a due domeniche dalla fine del campionato. Anche con la Florentia Viola ero 2° a novembre quando decisero di mandarmi via. A Trieste ero 7° a novembre...". Poi ha fatto l'opinionista in Tv e persino il politico per la tua Como. "Nel 2012 ho creato una lista civica per vedere se riuscivamo a dare una mano alla città. È stata una bella esperienza, che mi ha permesso di sentire tanta gente. Alle elezioni c'è mancato davvero poco, circa 150 voti, per poter entrare in Consiglio comunale". L'anno scorso hai provato poi l'avventura all'estero, in Ungheria, ma anche quest'ultima esperienza si è conclusa per te prematuramente. "Mi ha chiamato la Honved, che in passato era stato un grande club. Ora purtroppo la società è una lontana parente di quella gloriosa dei tempi che furono, e anche il calcio magiaro è in difficoltà. C'erano pochi fondi per gli investimenti e gli ingaggi. Eravamo a metà classifica con una squadra modesta, ma il presidente ha deciso di esonerarmi dopo la sconfitta contro il Debrecen". Quali sono dunque i progetti futuri di Pietro Vierchowod? "In questo momento ho una gran voglia di allenare e di rimettermi in gioco. Se mi arrivasse una proposta dall'estero accetterei subito". Gli anni passano, ma la passione per il calcio dello 'Zar' è rimasta immutata nel tempo. E chissà che la prossima avventura in panchina non gli regali finalmente le soddisfazioni che meriterebbe anche come allenatore, dopo aver fatto la storia del calcio italiano da difensore. Calcio 2OOO
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SPECIALE STORIA - COPPA DEI CAMPIONI
di Gabriele PORRI
Il favorito Bayern Monaco si sgretola al cospetto dell’Aston Villa. Il dominio inglese continua
Karl Heinz Rummenigge
IL PIANTO DI RUMMENIGGE 74
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foto Agenzia Liverani
NIENTE COPPA CAMPIONI Kalle si ferma sul più bello con il suo Bayern...
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l dominio inglese in Europa a cavallo degli anni ’70 e ’80 non coincide con le vittorie di una sola squadra, ma del calcio inglese tutto. Quasi sempre la squadra che ha vinto la Coppa Campioni non si ripete in campionato, portando così a due le partecipanti della Federazione inglese nella competizione continentale. Con il Liverpool campione d’Europa, l’edizione 1981-82 vede anche la partecipazione dell’Aston Villa, che festeggia la vittoria in campionato ben 71 anni dopo l’ultimo successo, ma come sempre tra le due è il Liverpool, forte della maggiore esperienza e qualità, a essere favorita per la competizione europea. A provare a contrastare gli inglesi ci sono la Juventus e il Bayern, con Anderlecht, Celtic e Real Sociedad, un pizzico meno accreditate per il successo finale. La prima sorpresa della stagione è nel preliminare: i finalisti del 1976, i francesi del Saint-Étienne e della stella Michel Platini, vengono eliminati dalla Dinamo Berlino, la squadra della Stasi che sta dominando il decennio dopo gli anni ’70 di Dinamo Dresda e Magdeburgo. Nonostante le polemiche sui favoritismi in patria, la Dinamo è squadra di tutto rispetto, con il lungo portiere Rudwaleit, la punta Riediger e il capitano Terletzki. In Francia i verdi le provano tutte, ma vanno al riposo sotto 1-0, per un’autorete di Christian Lopez. È lo stesso capitano che realizza il pareggio nella ripresa, ma sono tantissime le occasioni sprecate dai campioni di Francia. A Berlino poi, il Saint-Étienne parte bene, ma spreca ancora una volta tre occasioni e, prima del riposo, ancora un errore di Lopez manda in porta Netz. I francesi restano anche in dieci per l’espulsione del giovane Millot. È Riediger, nel finale, a chiudere i conti, portando i tedeschi orientali al primo turno. “Per i Verdi è tutto finito ancor prima di cominciare”, titola L’Equipe. Il clou del primo turno è Celtic-Juventus. Trapattoni va in Scozia con una formazione molto difensiva, nel primo tempo in contropiede potrebbe anche passare in vantaggio, ma un tiro di MacLeod con deviazione di Scirea condanna i bianconeri alla rimonta a Torino. È Virdis, lasciato fuori a Glasgow per far posto a Bonini, a prendere palla nella propria metà campo e a battere Bonner con un potente sinistro. Siamo al 27’, nemmeno dieci minuti e Bettega conclude a rete con una spettacolare girata al volo. I bianconeri accedono così agli ottavi, dopo un primo turno che ha riservato una sola, parziale, sorpresa con l’eliminazione della Real Sociedad per mano del CSKA Sofia, ma non si possono certo considerare gli esperti bulgari un outsider. Passano senza problemi le inglesi, il Liverpool sui finlandesi dell’OPS, l’Aston Villa con gli islandesi del Valur. Più interessanti gli accoppiamenti degli otta-
SPECIALE COPPA DEI CAMPIONI / 1981-1982 vi. Ai detentori del Liverpool tocca quell’AZ ’67 che nella stagione precedente ha vinto il campionato olandese con 12 punti di vantaggio e ha raggiunto la finale di Coppa UEFA. Stella della squadra il biondo centravanti Kees Kist. Ad Amsterdam il Liverpool si porta sul 2-0, ma perde concentrazione e arrivano i gol di Tol e dello stesso Kist. Si decide tutto ad Anfield, con il Liverpool due volte in vantaggio e due volte raggiunto. Quando i supplementari si stanno avvicinando, Hansen segna su azione di corner il 3-2 definitivo. Esce la Juve, ancora una volta soffrendo la trappola del fuorigioco dei belgi (dopo il Bruges, stavolta è l’Anderlecht). Dopo un gol annullato a Brio, l’Anderlecht passa con Geurts, poi pareggia Marocchino, ma Geurts ancora e Vercauteren fissano sul 3-1 il punteggio. A Torino la sfortuna si accanisce: palo di Bettega, che poi si rompe il legamento collaterale in uno scontro col portiere belga, perdendo il resto della stagione e il mondiale spagnolo. Segna ancora Geurts e il pari di Brio serve solo a evitare l’onta della sconfitta interna. Ai quarti passa anche l’Aston Villa, con grande fatica, proprio contro la Dinamo Berlino. Al di là del muro, a Morley risponde Riediger di testa. Nel finale, accade di tutto: l’austriaco Wöhrer concede un giusto rigore ai tedeschi, Ullrich lo manda sul palo interno, la tocca il portiere Rimmer col piede, fornendo un assist involontario all’avversario, che deve solo spingere il pallone in porta, ma ancora Rimmer col piede la manda di un niente sopra la traversa. Nel corner successivo, la difesa inglese respinge, Morley parte in contropiede e sigla il gol dell’1-2 finale. La Dinamo Berlino non si dà per vinta, a Birmingham trova il gol subito con Terletzki ed è ancora Rimmer fino alla fine a salvare risultato e qualificazione. Per la seconda volta i berlinesi escono con una squadra inglese dopo avere vinto in trasferta, come due anni prima col Nottingham. Passano ai quarti anche il Bayern e il lotto di squadre oltrecortina: Dinamo Kiev, Universitatea Craiova, Stella Rossa e CSKA Sofia. Sono proprio i bulgari a creare ancora la sorpresa più clamorosa. Dopo avere superato il Glentoran ai supplementari, nessuno giocherebbe un penny sul passaggio del turno col Liverpool. Memori del 5-1 subito un anno prima, i bulgari si difendono con grande impegno ad Anfield e Velinov deve raccogliere il pallone in fondo alla rete una sola volta, sul gol di Whelan. A Sofia, tutto sembra procedere bene per gli ospiti, ma a 13’ dalla fine Grobbelaar sbaglia l’uscita sul cross di Velkov e Mladenov lo batte di testa. Dopo un rigore reclamato dai Reds, nel supplementare si ripete il copione: cross di Velkov, testa di Mladenov e 2-0, che resta il risultato finale nonostante un palo e una traversa del Liverpool. Un’inglese è fuori, resta il Villa che ha dovuto affrontare il cambio di allenatore,
con le dimissioni di Saunders per dissapori con la dirigenza e la designazione del suo secondo, Tony Barton, alla vigilia dei quarti. Ai Villans toccano i sovietici della Dinamo Kiev, i più tosti avversari di un sorteggio che ha messo di fronte le quattro squadre dell’est alle quattro dell’ovest. Il Villa si difende bene ed esce indenne dalla gara di andata, giocata in Crimea, a Simferopoli. Al ritorno, grazie a un gol iniziale di Shaw e al raddoppio di McNaught, gli inglesi passano in semifinale e solo il palo di Withe evita ai sovietici un passivo più pesante. Negli altri incontri è tutto facile per l’Anderlecht, che supera la Stella Rossa, 2-1 in entrambi i match e per il Bayern che contro l’Universitatea chiude i conti già dopo l’andata a Craiova, con gol di Breitner e del “Pallone d’Oro”, Kalle Rummenigge. Nonostante gli scalpi eccellenti di Real Sociedad e Liverpool, il CSKA è ancora considerata la più debole delle quattro ancora in gioco, a maggior ragione se pensiamo che i bulgari sono falcidiati dagli infortuni. Non la pensano così però quelli del Bayern, che senza nemmeno entrare in partita si trovano sotto di tre gol dopo 18’ per un inizio da incubo a Sofia. I bavaresi però non si perdono d’animo, si organizzano e trovano prima dell’intervallo due gol, con una bella girata al volo di Dürnberger e con Dieter Hoeness, ma il merito è tutto di Horsmann, che semina il panico prima di servire il compagno per un comodo tocco da due passi. Le reti di Yontchev e Breitner fissano il risultato sul 4-3 ed è piuttosto agevole al ritorno, per i campioni di Germania, trovare la qualificazione con un 4-0 siglato dalle doppiette di Breitner e Rummenigge. Ormai perso il campionato, i Villans gettano tutte le energie in Europa, trovano una vittoria di misura in casa con Morley e ottengono un prezioso 0-0 a Bruxelles, in una contesa funestata dagli incidenti in tribuna e sul campo a opera dei tifosi inglesi, con l’Anderlecht che chiede la ripetizione della gara e l’UEFA che si limita a condannare l’Aston Villa a una partita a porte chiuse, la stagione successiva. In questo clima, a Rotterdam si incontrano i campioni di Inghilterra con quelli di Germania. Il Bayern ha i favori del pronostico, ancor di più quando Jimmy Rimmer deve uscire per fare posto tra i pali a Nigel Spink, alla seconda presenza ufficiale col club. Spink gioca però un grande match, tanto che rimarrà titolare della squadra per un decennio, salva la porta inglese da numerosi tentativi del Bayern, poi nella ripresa Shaw lancia Morley che serve Withe per il gol decisivo. A nulla portano gli attacchi dei tedeschi, con un gol di Dieter Hoeness annullato per fuorigioco. La supremazia inglese continua, anche una meteora come il Villa (che dopo la Supercoppa europea a oggi ha vinto solo due coppe di Lega inglese) riesce ad alzare la coppa e a salire sul trono d’Europa. Calcio 2OOO
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SEMIFINALE 1
SEMIFINALE 2
FINALE
CSKA SOFIA-BAYERN MONACO 4-3 (3-2)
ASTON VILLA-ANDERLECHT 1-0 (1-0)
ASTON VILLA-BAYERN MONACO 1-0 (0-0)
Mercoledì 7 aprile 1982, ore 18 SOFIA (Stadio "Vasilij Levski") Arbitro: Daniel LAMBERT (FRA) Spettatori: 70.000
Mercoledì 7 aprile 1982, ore 19:30 BIRMINGHAM (Stadio "Villa Park") Arbitro: Rolf ERICSSON (SWE) Spettatori: 38.539
Mercoledì 26 maggio 1982, ore 20:15 ROTTERDAM (Stadio "Feyenoord") Arbitro: Georges KONRATH (FRA) Spettatori: 46.000
CSKA SOFIA: Georgi VELINOV, Krassimir BEZINSKI, Dinko DIMITROV, Metodil TOMANOV [46' Aliosha DIMITROV], Georgi DIMITROV (cap.), Georgi ILIEV, Tsvetan YONTCHEV, Stoicho MLADENOV, Ruzdi KERIMOV [39' Aleksandr ALEKSANDROV], Radoslav ZDRAVKOV, Nikola VELKOV Commissario tecnico: Asparuch NIKODIMOV.
ASTON VILLA: James RIMMER, Kenneth SWAIN, Gary WILLIAMS, Allan EVANS, Kenneth MC NAUGHT, Dennis MORTIMER (cap.), Desmond BREMNER, Gary SHAW, Peter WITHE, Gordon COWANS, Anthony MORLEY Commissario tecnico: Anthony BARTON.
ASTON VILLA: James RIMMER [9' Nigel SPINK], Kenneth SWAIN, Gary WILLIAMS, Allan EVANS, Kenneth MC NAUGHT, Dennis MORTIMER (cap.), Desmond BREMNER, Gary SHAW, Peter WITHE, Gordon COWANS, Anthony MORLEY Commissario tecnico: Anthony BARTON.
ANDERLECHT: Jacques MUNARON, Luka PERUZOVIC, Hugo BROOS, Juan José LOZANO, Michel DE GROOTE, Frank VERCAUTEREN, Walter DE GREEF, Michel RENQUIN [46' Micun JOVANIC], Petur PETURSSON [59' Willy GEURTS], Ludo COECK (cap.), Albert CLUYTENS Commissario tecnico: Tomislav IVIC.
BAYERN MONACO: Manfred MÜLLER, Wolfgang DREMMLER, Udo HORSMANN, Hans WEINER, Klaus AUGENTHALER, Wolfgang KRAUS [78' Kurt NIEDERMAYER], Bernd DÜRNBERGER, Paul BREITNER (cap.), Dieter HOENESS, Reinhold MATHY [51' Günter GÜTTLER], Karl Heinz RUMMENIGGE Commissario tecnico: Pal CSERNAI.
BAYERN MONACO: Manfred MÜLLER, Kurt NIEDERMAYER, Udo HORSMANN, Bertram BEIERLORZER, Klaus AUGENTHALER, Wolfgang KRAUS [54' Hans PFLÜGLER], Bernd DÜRNBERGER, Paul BREITNER (cap.), Asgeir SIGURVINSSON [17' Dieter HOENESS], Wolfgang DREMMLER, Karl Heinz RUMMENIGGE Commissario tecnico: Pal CSERNAI.
GARA DI ANDATA
GARA DI ANDATA
SPECIALE COPPA DEI CAMPIONI / 1981-1982
Rete: 28' Anthony MORLEY. Ammoniti: Albert CLUYTENS, Gary SHAW.
Reti: 7' Georgi DIMITROV, 13' Tsvetan YONTCHEV, 18' rigore Radoslav ZDRAVKOV, 27' Bernd DÜRNBERGER, 32' Dieter HOENESS, 49' Tsvetan YONTCHEV, 82' Paul BREITNER. Ammoniti: 38' Ruzdi KERIMOV, 54' Aleksandr ALEKSANDROV, 75' Wolfgang DREMMLER.
ANDERLECHT-ASTON VILLA 0-0
Mercoledì 21 aprile 1982, ore 20 BRUXELLES (Stadio "Parc Astrid") Arbitro: Dusan KRCHNAK (TCH) Spettatori: 38.000
Mercoledì 21 aprile 1982, ore 20 MONACO (Stadio "Olympia") Arbitro: David SYME (SCO) Spettatori: 50.000
ANDERLECHT: Jacques MUNARON, Luka PERUZOVIC, Hugo BROOS, Juan José LOZANO, Michel DE GROOTE, Frank VERCAUTEREN, Walter DE GREEF, Wilhemus HOFKENS [59' Micun JOVANIC], Willy GEURTS [78' Per FRIMANN], Ludo COECK (cap.), Kenneth BRYLLE Commissario tecnico: Tomislav IVIC.
BAYERN MONACO: Walter JUNGHANS, Bertram BEIERLORZER, Udo HORSMANN, Hans WEINER, Klaus AUGENTHALER, Wolfgang KRAUS [77' Kurt NIEDERMAYER], Bernd DÜRNBERGER [77' Asgeir SIGURVINSSON], Paul BREITNER (cap.), Dieter HOENESS, Wolfgang DREMMLER, Karl Heinz RUMMENIGGE Commissario tecnico: Pal CSERNAI.
Ammonito: 68' Kenneth SWAIN.
GARA DI RITORNO
GARA DI RITORNO
ANDERLECHT-ASTON VILLA 0-0
ASTON VILLA: James RIMMER, Kenneth SWAIN, Gary WILLIAMS, Allan EVANS, Kenneth MC NAUGHT, Dennis MORTIMER (cap.), Desmond BREMNER, Gary SHAW, Peter WITHE, Gordon COWANS, Anthony MORLEY Commissario tecnico: Anthony BARTON.
Rete: 67' Peter WITHE. Ammonito: 38' Gary WILLIAMS.
CSKA SOFIA: Georgi VELINOV, Krassimir BEZINSKI, Dinko DIMITROV, Aleksandr ALEKSANDROV, Georgi DIMITROV (cap.), Georgi ILIEV, Tsvetan YONTCHEV [69' Ruzdi KERIMOV], Stoicho MLADENOV, Spas DJEVIZOV, Radoslav ZDRAVKOV, Nikola VELKOV Commissario tecnico: Asparuch NIKODIMOV. foto Agenzia Liverani
Reti: 42' e 47' rigore Paul BREITNER, 65' e 76' Karl Heinz RUMMENIGGE. Ammonito: 62' Aleksandr ALEKSANDROV.
MASSIMO BONINI
ROBERTO BETTEGA
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ACCADDE A... NOVEMBRE
FURIO RACCONTA FERRUCCIO A 10 anni dalla scomparsa, il figlio Furio ricorda Ferruccio Valcareggi. Inventore della “staffetta”, vinse un Europeo e batté la Germania nella partita del secolo
“M
io padre era un uomo molto sicuro di sè, anche un po' presuntuoso, e le posso assicurare che era difficile discutere con lui. Però era un uomo per bene, con una grande calma apparente. Poi è ovvio, quando si arrabbiava erano dolori...”. Per esempio? “Dopo il mondiale perso in Germania nel '74. Eravamo nella casa al mare alle Focette (in Versilia ndr.) si presenta per un'intervista Franco Mentana della Gazzetta, il padre di Enrico Mentana. Ferruccio non perse tempo, lo buttò fuori e gli urlò dietro di tutto. Vede, Mentana aveva detto e scritto delle cose tremende su mio padre, cose che Ferruccio riteneva ingiuste. Da lì la reazione. Le giuro che non avevo mai visto mio padre così arrabbiato...” 78
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Chi parla è Furio Valcareggi, figlio di Ferruccio Valcareggi: CT campione d'Europa nel '68, vice-campione del mondo nel '70, autentica icona del calcio italiano. “Le aggiungo una cosa, e poi su quel mondiale non ci torniamo più: mio padre sbagliò per troppo amore. Volle confermare gli uomini di Mexico '70 ed ebbe torto. Mazzola, Riva, Rivera, tutta gente a fine corsa, ma chi aveva il cuore di lasciarli a casa? E Ferruccio, da persona onesta qual era, si assunse le sue responsabilità”. Il 2 novembre 2015 sono 10 anni dalla sua scomparsa, ed abbiamo chiesto al figlio Furio (oggi 69enne, opinionista radiofonico, procuratore di calciatori, tra gli altri Flachi e Giaccherini) di raccontarci il padre Ferruccio. Lui che lo ha vissuto, che lo ha respirato, anche fuori
dal campo. “In casa faceva parecchio mia madre Anna. Mio padre non sapeva fare niente – sorride. Che so, attaccare una mensola. Credo non abbia mai apparecchiato in vita sua. Il caffè? No, quello se lo faceva da solo. E infatti faceva delle ciofeche imbevibili”. Qual è il ricordo più caro che ha di Ferruccio? “Sicuramente gli ultimi anni della sua vita quando passavo parecchio tempo con lui. Lo accompagnavo alla Settignanese (società calcistica giovanile, intitolata proprio a Ferruccio Valcareggi ndr.) a giocare a briscola e tresette. Anche lì non perdeva mai, in coppia col suo amico Nando. Io ho sempre seguito mio padre, quando giocava e quando allenava. Anche in Messico, nel 1970, durante il famo-
di Stefano BORGI
so Italia-Germania ero in tribuna...” Ci dica della staffetta... “Lo sa che gli allenatori di oggi dovrebbero pagare le royalties a mio padre? Quanti di loro usano la staffetta? Glielo dico io: tutti! La verità è che tra Mazzola e Rivera uno era di troppo. Lui prediligeva Rivera, ma in altura era più resistente Mazzola. Ecco perché partiva sempre titolare Mazzola”. Però quei sei minuti di Rivera... “E che doveva fare? Eravamo sull'1-1, stavamo reggendo benissimo, allora si potevano fare solo due cambi con Bertini e Rosato che chiedevano la sostituzione. Perché rischiare? Poi certo, col senno di poi... Ma nel secondo tempo avemmo due occasioni clamorose per andare in vantaggio, la squadra andava bene così”. Ferruccio aveva amici nel calcio? E magari qualche nemico... “L’amico più grande è stato Artemio Franchi. Tra i due c'era una grandissima stima reciproca. Poi le dico i nomi di tre fedelissimi: Riva, Domenghini e Bertini. Ma potrei aggiungere Facchetti, De Sisti... Nemici? No, Ferruccio portava rispetto e riceveva rispetto da tutti. Ecco, ora che mi ci fa pensare dico Ottavio Bianchi. Mio padre lo fece esordire addirittura in nazionale (1° novembre 1966, Italia-Russia 1-0 a Milano ndr.) e una volta a Coverciano, quando già Ferruccio stava male, Bianchi si rifiutò di salutarlo. Il perché? Non l'ho mai saputo. Però fu un comportamento im-
ACCADDE A.../NOVEMBRE
perdonabile”. A proposito, Coverciano... praticamente casa Valcareggi “Beh si, qui si allenava la nazionale. A poca distanza, in piazza Fardella, abitavamo noi. Ancora pochi metri e c'è la Settignanese. Sopratutto mio padre fu esposto per due giorni proprio nella palestra del Centro Tecnico. Le racconto un aneddoto: deve sapere che Gigi Riva, la mattina, amava dormire una mezz'ora in più. Ricordo che questo non andava giù agli altri calciatori della nazionale, ma che vuole... Gigi Riva era Gigi Riva. Il giorno del funerale “rombo di tuono” arriva di buon'ora nella camera ardente e fa: 'ce l'hai fatta finalmente a farmi alzare presto'. Nonostante la situazione, Gigi riuscì a strappare a tutti un sorriso”. Lei prima ha detto, non parliamone più. Però una parola sul “caso Chinaglia” è doverosa... “Fu durante la prima partita dei mondiali di Germania, Italia-Haiti. Giorgio viene sostituito e manda a quel paese mio padre. Al rientro negli spogliatoi spacca sei bottiglie di acqua minerale, ci volle un “omone” come il massaggiatore Sandro Selvi per calmarlo. Poi però tutto finì lì, Chinaglia si scusò, mio padre accettò le scuse... punto. Fu tutta una montatura giornalistica, dall'Italia arrivò anche Maestrelli, ma il caso si era già sgonfiato”. Oggi ce lo può dire: Ferruccio era tifoso
della Fiorentina? “Diciamo che, a parità di condizione fisica, un giocatore della Fiorentina in nazionale non mancava mai. Ok, lo ammetto: mio padre era tifoso viola, anche se al tempo aveva sconsigliato Mario Cecchi Gori di comprare la Fiorentina”. Ha mai visto suo padre commuoversi? “Due volte: la prima, dopo l'Europeo vinto nel '68. Grande gioia, grande soddisfazione. La seconda dopo la nascita di Benedetta, la mia primogenita. Mi sembra normale, anche per un uomo come lui... tutto d'un pezzo”. Com’era “andare in giro” con il CT della Nazionale? “Beh, era sempre una festa. Foto, autografi, inviti nei locali più esclusivi. Insomma... c'è di peggio nella vita”. E allora ci dica: portare il nome Valcareggi è un vantaggio oppure uno svantaggio? “Un vantaggio, che diamine. E chi dice il contrario, mente. Fare il figlio del commissario tecnico della nazionale è un mestiere. Io fino a 50 anni ho fatto il “figlio di Valcareggi”. Certo, quando giocavo con la Rondinella Marzocco (Serie D, anni '70 ndr.) qualcuno protestava: 'ecco il raccomandato, lui gioca perché è figlio di...' e infatti mio padre non è mai venuto a vedermi. Ma a parte questo, essere il figlio di Valcareggi per me è stato un orgoglio ed una fortuna”.
UN UOMO AUTENTICO Tutti hanno amato il grande Valcareggi
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DOVE SONO FINITI
di Stefano BORGI
RICCARDO FERRI ANIMA NERAZZURRA
foto Agenzia Liverani
Ferri ha giocato con l'Inter dal 1981 al 1994...
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DOVE SONO FINITI / RICCARDO FERRI
CUORE NERAZZURRO
Protagonista nell'Inter dei record (e delle 'Notti Magiche'), attacca Moratti e ringrazia Thoir. Soprattutto porterà l'Inter per sempre con sé...
C
on Riccardo Ferri partiamo dalla fine, in tutti i sensi. Ci dica, cos'è per lei l'Inter? “È la mia vita – confessa senza esitazioni - Chi mi ha conosciuto e chi mi frequenta tutt’ora sanno quale sentimento abbia nei confronti di questi colori. Anzi, le dirò di più... I miei figli sanno che quando morirò voglio con me la divisa nerazzurra, perché voglio vestirla anche in una seconda vita. Chiaramente il più tardi possibile”.
ramente non me lo meritavo...”
PRODOTTO DEL VIVAIO Cresciuto nell'Inter, ci è rimasto per tantissimo tempo...
Rovesciamo la chiacchierata e torniamo alle origini. Lei nasce a Crema nel 1963, come arriva all'Inter? “Vengo da una famiglia modesta, mio padre operaio mia madre casalinga. Mio padre amava il calcio, ricordo che negli anni 70’ trasmettevano i secondi tempi sulla Rai e durante la visione di una partita lo sentii sussurrare...“Pensa che bello se uno dei miei figli riuscisse a diventare un calciatore”. Bene: io ho fatto 326 presenze in Serie A, mio fratello Giacomo 264. Niente male mi sembra...”
C'entra qualcosa Thoir? “Thoir è una persona che stimo. Per esempio: appena arrivato ha voluto conoscere tutti quelli che hanno vestito la maglia dell'Inter. C'è voluto un presidente straniero per farci sentire ancora parte della famiglia nerazzurra”.
foto Agenzia Liverani
Ci mancherebbe... E dell'Inter Academy cosa ci dice? “Ho allestito l’Inter Academy a Miami in Florida insieme a mio figlio e due amici, con il marchio dell’Inter. Finalmente sono tornato a vestire i colori nerazzurri, anche se ho dovuto fare un po’ di strada”.
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Thoir è una persona che stimo. C'è voluto un presidente straniero per farci sentire ancora parte della famiglia nerazzurra
Sbaglio o c'è dell'ironia nei confronti di Moratti? “Per Moratti esisteva solo il periodo del padre ed il suo personale. In mezzo aveva creato il vuoto. Vuole la controprova? Giuseppe Baresi, che allora era responsabile del settore giovanile (siamo nel 1998 ndr.) mi incontra per caso a due giorni dalla scadenza del contratto e mi dice che non sarei stato confermato. Vuol sapere il perché? Non davo abbastanza spazio al figlio di un dipendente di Moratti. Tralascio poi il modo in cui mi ha comunicato il tutto... Seconda cosa, la delusione Moratti che pensavo persona diversa: non ha mai voluto ricevermi, nemmeno dopo mie ripetute richieste. Since-
Da piccolo per chi tifava? “Mio padre era Juventino e quindi ho assorbito la sua passione per la Juve degli anni 70’. Tardelli, Benetti, Furino ecc.. Non avevo un mio idolo, ma mi piacevano giocatori che davano tutto in campo”.
Da Crema all'Inter... A chi deve dire grazie? “Ho giocato per 3 anni a Crema: Atalantina, Crema, Capralbese. Un giorno un signore di Bergamo di nome Bussi mi vide giocare e fissò un provino all’Inter. Questo signor Bussi, per l'occasione, portò due ragazzi all’Inter: io e Giuseppe Bergomi”.
Quando ha capito che sarebbe diventato un calciatore? “Dopo un grave infortunio che mi tenne fermo un anno, giocai un Inter-Triestina primavera ad Appiano Gentile. Quel giorno, a vedermi, c'era tutta la dirigenza nerazzurra. Uscendo a fine gara ho visto negli occhi di Bersellini, Mazzola e Beltrami grande interesse nei miei confronti. Li mi sono detto: Riccardo stai pronto che ti chiameranno. Cosi è stato...” Calcio 2OOO
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DOVE SONO FINITI / RICCARDO FERRI Ci tratteggi i personaggi di quell'Inter, da Fraizzoli a Peppino Prisco. “Di Fraizzoli ricordo una persona con grandi valori, che nascondeva grande tenerezza sotto la corazza di un generale. Mazzola e Beltrami due dirigenti sempre presenAZZURRO MONDIALE ti, due grandi professionisti. L’avvoFerri è arrivato cato Prisco? Che dire... Era il nostro terzo ad Italia 1990 fantasista”.
Nel '91-'92' rivoluzione con Corrado Orrico... non andò benissimo. Meglio con Bagnoli... “Orrico arrivò all’Inter cercando di portare il doppio WM, ma il primo errore fu non tenere conto che il gruppo veniva da 5 anni di Trapattoni. Orrico da subito si dimostrò una persona priva di rispetto nei confronti di tutti, giocatori e collaboratori compresi. Bagnoli invece... grande persona, grande lavoratore. Un uomo che non si ferma davanti alle difficoltà”. Il '93-'94 è la stagione degli addii: se ne va Pellegrini, se ne va Bagnoli, se ne va Riccardo Ferri (con Zenga) alla Sampdoria. Ultima soddisfazione la Coppa Uefa, la seconda per lei... “Brutta stagione, sono d'accordo. L’addio per me fu molto triste, anche se vincemmo la seconda Coppa UEFA. Coppa vinta con la guida di Gianpiero Marini, mio grande amico e persona che stimo moltissimo”. foto Agenzia Liverani
Nell'84 il cambio della guardia: arriva Ernesto Pellegrini. Inter sempre su buoni livelli, anche se spesso è sembrata una grande incompiuta. “Pellegrini era una persona con grande senso manageriale, ambizioso e caparbio. Purtroppo in quei tempi c’era da fronteggiare la Juventus di Agnelli ed il Milan di Berlusconi. Non era facile. Comunque, nonostante non avessimo i mezzi economici di Juve e Milan, siamo riusciti grazie a Pellegrini a toglierci qualche soddisfazione. Nell'88-'89 il campionato dei record e la super coppa Italiana. Nel '91 la Coppa Uefa...”
domanda, perché fu venduto Ramon Diaz? “Quello fu uno degli errori nella programmazione post campionato. Ma non fu l'unico: nel '90 se ne va Matteoli, nel '91 Trapattoni. Semmai andava ampliata la rosa per consentire ai titolari di recuperare in determinate gare, non smantellare la squadra”.
In quegli anni la vostra bestia nera era il Real Madrid. Era così impossibile uscire “vivi” dal Bernabeu? “Guardi, al Bernabeu c’era un’atmosfera surreale. La sensazione, per noi squadre ospiti, era di giocare con il campo in salita. Gli arbitri erano parecchio condizionati, il doping era solo nelle semifinali e finali, insomma... sembrava che loro avessero più benzina. Senza Perchè la Sampdoria? contare che il ritorno era sempre al Bernabeu...” “Perché mi chiamò Roberto Mancini. Poi alla Samp Al Bernabeu conoscevo molte persone, per me sono stati due contro il Nell'86 comincia l'era Trapattoni. Ce l'avrà anni favolosi: tifosi, società, compagni di squadra. Real c’era qualche aneddoto gustoso... A Genova è nato il mio secondo figlio...” una atmosfera “Del Trap ho un ricordo bellissimo, come persona e surreale. Gli come tecnico. Un trascinatore in campo e fuori, braLei ha avuto grandi allenatori: Bersellini, Mararbitri erano vo nel gestire il gruppo e grande istruttore tecnico chesi, Radice, Castagner, Trapattoni, Orrico, condizionati, per i giovani. Si soffermava sui particolari, ricordo Bagnoli... E poi Vicini e Sacchi. Dovesse citarne il doping era l’arrivo di Mattheus e la difficoltà nel comunicare uno? solo nelle con tutti noi. Beh, il Trap riusciva a farsi capire an“Tutti loro mi hanno dato qualcosa, ma se devo fare semifinali che in dialetto milanese”. un solo nome dico: Giovanni Trapattoni”. e finali, insomma... E veniamo all'Inter dei record. È il 1988-89, a dir Capitolo Nazionale. Anno 1990, inevitabile il sembrava che poco una cavalcata trionfale... riferimento alle “Notti magiche”. loro avessero “Fu un anno memorabile, per noi e per tutti gli inte“Sono state delle notti veramente magiche. Siamo più benzina risti. Mi ricordo un particolare: giocammo in coppa partiti con grande determinazione, consapevoli che Italia a Piacenza, contro la Fiorentina, e perdemmo ce la potevamo giocare con tutti. Così è stato. Roma in maniera clamorosa. Dopo la gara il Trap ci riunì e disse: “Siamo e i tifosi che venivano allo stadio sono stati davvero il 12mo giosulla strada giusta, quest’anno ci toglieremo grandi soddisfazio- catore in campo. Certo, la semifinale di Napoli è la nota dolente ni”. Nessuno ci credeva in quel momento tranne lui... un grande!” di un mondiale vissuto da grandi protagonisti. Abbiamo subito un solo gol ed è bastato per eliminarci...” L'anno dopo cose buone e meno buone: vincete la supercoppa, uscite male in coppa dei campioni... Mi permetta una Domandone: cosa diceste a Zenga dopo l'errore su Canig-
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DOVE SONO FINITI / RICCARDO FERRI
CINQUE TROFEI CON L'INTER
foto Agenzia Liverani
Indimenticabile lo Scudetto dei record, stagione 1988/89...
gia? O meglio, cosa disse Zenga al rientro negli spogliatoi? strato le proprie qualità”. “E se le dicessi che dopo 25 anni non ne abbiamo mai parlato? Eravamo un grande gruppo di uomini, non c'è biPerché oggi non esistono più i grandi difensori? sogno di rimarcare gli errori. Tutti noi, quando li “Perché nessuno più insegna calcio nel settore giocommettiamo siamo i primi a riconoscerli. Walter è vanile. La verità? Sei pagato poco e devi sottostare Ho avuto stato uno dei migliori portieri della storia, sopratalle richieste delle società che ti chiedono di vincere. grandi tutto un amico ed un grande compagno di squadra”. Io credo che tanti ex professionisti potrebbero inseallenatori. gnare cose che neanche se stai anni a Coverciano Ma se devo Qualche domanda secca, adesso... Il giocatore riesci ad imparare”. fare un più forte col quale ha giocato, e l'attaccante più nome, dico forte che ha dovuto affrontare. Sappiamo di rischiare: ha voglia di parlarci dei Trapattoni. “Il compagno... Mattheus. L'avversario? Scelga lei, famosi autogol? Addirittura Ligabue l'ha citata trascinatore tra Maradona e Van Basten”. in una sua canzone... in campo e “Non si preoccupi, gli autogol sono solo una piccola fuori. Dica la verità: chi era più forte, lei o Vierparte della mia storia calcistica. Certo, preferirei esIl Trap chowod? sere citato anche per altre cose: per esempio il gol riusciva a “Vierchowod. Quando io non ero in forma... chiaall’esordio in nazionale (6 dicembre 1986, contro parlare in ramente!” Malta ndr.) Ligabue? Mi ha citato nella sua canzone dialetto senza chiedermi nulla, pur essendo interista, ma non milanese anche Più forte l'Inter del Trap oppure il Milan di Sacchi? è esatto quello che dice: io, Franco Baresi e Niccolai con Mattheus “Il Milan di Sacchi. Ma nell’88', con molti meno abbiamo fatto gli stessi autogol... 8 per l’esattezza. mezzi li abbiamo messi in difficoltà”. Quindi il record lo condivido con loro”.
“”
Le manca l'Italia? “L’Italia manca sempre. Più vivi all‘estero e più apprezzi il nostro paese. Qui in America siamo considerati un popolo straordinario, grande merito va agli Italiani che sono emigrati ed hanno dimo-
Per ultima la domanda che faccio a tutti: mi suggerisca il titolo dell'intervista. Insomma... Riccardo Ferri, come le piacerebbe essere rappresentato? “Quando si giocava per una maglia sola, e con il cuore”. Calcio 2OOO
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LIGA SPAGNA
COSì IL CALCIO È POSSIBILE L'Eibar dei conti in ordine tra le giganti che spendono l’impossibile…
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ensando al calcio spagnolo, le prime immagini che vengono in mente hanno come protagonisti Cristiano Ronaldo, Messi e i loro compagni milionari, star della Hollywood del pallone, attori che ammiriamo di consueto sul palcoscenico della Champions League. Il globale come vocazione, il glamour come massima aspirazione. Certo, la Liga non è tutta qui, ma è opinione comune che, oltre a un paio di club, gli altri abbiano poco da raccontare, non solo in termini economici, ma anche di storie. Immaginate adesso una comunità 84
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di 30 mila abitanti, un ordine di grandezza che dalle nostre parti riferiamo più a un paese che a una città. Immaginate. Parliamo di un numero di persone che non riuscirebbe ad occupare metà Camp Nou. Ora immaginate tutto questo tra i giganti della Liga. È la storia dell'Eibar, un cammino iniziato nel 1940 e ora illuminato dai riflettori, gloria poca ma c'è da tanto da imparare. Paesi baschi, Eibar è un comune nella provincia Guipúzcoa, un angolo di mondo che non sembra destinato alla grandezza, ma riesce comunque a ricavarsi un proprio ruolo. A fine 1800 Eibar divenne faro
per il socialismo spagnolo, è proprio qui che nel 1931 venne proclamata la seconda Repubblica spagnola, fase convulsa della storia del paese che ebbe fine con la vittoria di Franco nel 1939. Questo passaggio non fu indolore, in mezzo c'è una guerra civile che lasciò Eibar in ginocchio. Lo status di "Region devastada" testimonia una città completamente distrutta, gli abitanti si rimboccarono le maniche gettando le basi per un periodo di espansione economica. Farcela da soli, nonostante i propri limiti, nonostante la sfortuna. Qualcosa di simile è successo a partire dal gol di Jota contro l'Alaves
di Paolo BARDELLI
IL MIRACOLO EIBAR
foto Liverani
Numeri a posto per un club diverso dagli altri
del 25 maggio dello scorso anno. L'Eibar era una squadra con una buona tradizione in Segunda Division, la nostra cadetteria. A nulla più della salvezza sembrava poter puntare. L'Ipurúa, impianto dove di Armeros giocano le gare casalinghe, è tra i più piccoli delle massime serie spagnole, è stato fatto il possibile per ammodernarlo e adeguarlo agli standard continentali, tant'è che è provvisto di certificazione Uefa, tuttavia parliamo di uno stadio da 6267 spettatori. Questo stadio l'Eibar non riesce a riempirlo neppure durante la cavalcata del 2014, quella che l'ha portato a sorpresa nella massima divisione. Promozione ottenuta sul campo ma non basta, la fiscalità spagnola prevede che un club debba avere un capitale pari ad almeno al 25% delle spese medie delle altre società, escludendo dal computo le due con il capitale maggiore e le due con quello minore. Servivano almeno due milioni, contro i 420 mila che l'Eibar aveva. E qui torniamo al punto di partenza:
è un calcio fatto da ricchi per i ricchi. L'Eibar è modello virtuoso, una squadra con i conti in regola. Delle brutte acque nelle quali versano alcuni club spagnoli abbiamo parlato su queste pagine un paio di mesi fa, risulta dunque ancora più ingiusto l'ostacolo posto tra l'Eibar e il sogno. Curiosità: si tratta dell'unico club calcistico in possesso del certificato ISO 9001, che ne attesta l'elevato standard qualitativo dei servizi. Nessun problema perché, un po' come in seguito alla guerra, Eibar dimostra di sapercela fare. Nel giro di pochi giorni una raccolta fondi on-line ha fruttato il necessario, in aiuto sono corsi anche i vecchi amici David Silva e Xabi Alonso, che hanno trascorsi nel club basco. Obiettivo raggiunto ed è finalmente Liga dopo 74 anni di storia. Gli uomini di Gaizka Garitano partono bene, anche il nostro Piovaccari offre il suo contributo, al termine del girone d'andata la situazione sembra più che tranquilla. Seconda parte di stagione da incubo, culminata con la retrocessione in virtù della classifica avulsa. Il tecnico della doppia promozione, dalla Segunda Division alla Primera División lascia e si trasferisce a Valladolid, sembra la fine del sogno. "È finito un ciclo", questo il mesto commiato di Garitano. Stavolta però il destino rimette a posto le cose, premiando l'Eibar per i propri conti virtuosi. L'agenzia delle entrate decide la retrocessione dell'Elche, indebitatissimo e già sanzionato in precedenza, l'Eibar viene così ripescato. "Anche se abbiamo un piccolo budget - spiega il presidente Aranzabal - abbiamo un modello economico diverso rispetto agli altri club spagnoli. Abbiamo meno spese e un deficit sempre contenuto. È qualcosa di strano in Spagna perché quasi tutte le squadre hanno debiti enormi, ma noi non ne abbiamo". È il lato umano del calcio business, una società gestita come un'azienda, una vera, senza fare mai il passo più lungo della gamba. Da ripescati è difficile affrontare un campionato competitivo come la Liga, ma le prime battute della stagione sono da stropicciarsi gli occhi. Gli Armeros volano, in evidenza Adrián (figlio del leggendario Michel, icona del Real Madrid), arrivato proprio dall'Elche, con le vittorie su Granada e Athletic Bilbao, un derby basco che mai nessuno si sarebbe sognato di vincere. Alcuni giocatori esperti, come Arruabarrena a far da chioccia a un gruppo di ragazzi pro-
GLI ALTRI AZULGRANA Storia di una maglia davvero singolare…
LA MAGLIA DELL'EIBAR
Il sodalizo tra Deportivo Gallo e la Unión Deportiva Eibarresa ha dato vita all'Éibar Fútbol Club nel 1940, le squadre nate da fusioni hanno spesso qualche problema nel trovare i propri colori nei primi anni di vita e l'Eibar non fa eccezione. La prima casacca è a righe biancorosse con pantaloni neri, sulla falsa riga dei vicini dell'Athletic Bilbao. Il calcio entra nella storia di Eibar grazie a Pedro Mandiola, più noto come Peico, giocatore del Bilbao che vinse la finale di Copa contro l'Espanyol nel 1911. Il legame con i Leoni però viene allentato dal 1943, quando la casacca muta adottando una maglia azulgrana con pantaloni neri, che poi diventeranno blu. Stile Barcellona. Una scelta volta a dare maggior impulso al futbal locale, chi l'avrebbe mai detto che un giorno gli Armaginak si sarebbero trovati faccia a faccia con gli azulgrana più famosi del pianeta. mettenti, tra i quali figura Simone Verdi, trequartista di proprietà del Milan con trascorsi al Torino e all'Empoli. Attenzione pure al terzino Ander Capa e a Saúl Berjón, ormai una certezza per l'Eibar e sempre pronto a gol spettacolari. È ancora presto per sapere se l'Eibar resterà tra i grandi, ma la vittoria è dimostrare che un altro calcio è possibile. Missione compiuta. "Non so se i miracoli esistano, ma l'Eibar è qualcosa di vicino a un miracolo". E se lo dice il presidente Alex Aranzabal, c'è da crederci. Calcio 2OOO
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PREMIER LEAGUE INGHILTERRA
NELLA TANA DEL LEEDS Club storico ma con una sorta di maledizione, anche se Cellino non ci crede…
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i sono club che hanno la sofferenza e le sventure incise nel loro dna. Club che non riescono mai a godersi appieno le vittorie e i momenti belli, perché dietro l'angolo sono in agguato le delusioni e i tracolli. Dentro al campo, ma anche fuori, le variabili negative abbondano, proliferano, si nutrono degli episodi avversi che sembrano non avere mai fine. Il Leeds United rientra a pieno diritto nella lista delle compagini europee dalla storia più travagliata. Non che dalle parti di Elland Road non siano mancate le vittorie e i 86
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giocatori di grande classe. Il problema è che sempre, anche nei periodi d'oro, le sconfitte e le delusioni (leggi una vagonata di secondi posti in campionato e tante, troppe finali di coppa perse) hanno oscurato le gioie. Si sono invece rivelate una costante le difficoltà finanziarie, con rischi di fallimento e cessioni in serie dei gioielli di famiglia – l'ultima portò al passaggio dalla semifinale di Champions League del 2001 alla retrocessione in League One nel 2007. Massimo Cellino sembra non curarsi di questo sortilegio che grava sui Whites,
Uwe Rösler allenatore del leeds
di Luca MANES
IL SOGNO DI CELLINO
foto Image Sport
Il Leeds vuole tornare grande, grazie al Made in Italy...
nonostante l'ex presidente del Cagliari sia uno che in fatto di scaramanzia non scherzi, basti pensare che ha proibito tassativamente ai suoi giocatori di vestire la maglia numero 17. Anche l'arrivo di Cellino nello Yorkshire è stato a dir poco complesso; ci sono voluti mesi prima che si potessero superare gli ostacoli frapposti dalla Football League e che potesse divenire il legittimo proprietario del Leeds. Nel corso dell'ultimo, turbolentissimo, anno e mezzo di avventura inglese, l'imprenditore sardo ha avuto un rapporto non semplice con la tifoseria locale. Per saperne di più abbiamo interpellato Anthony Clavane, giornalista e scrittore nativo di Leeds e autore di un libro sulla sua città e la sua squadra, “Promised Land, a Northern Love History”, che meriterebbe di essere tradotto in italiano. “Ci sono stati molti alti e bassi, momenti di astio e momenti di simpatia crescente. Anche io avevo dei dubbi su Cellino, però devo dire che dopo averlo intervistato a lungo
ho capito che, al netto di tutte le sue mille sfaccettature, sta provando a fare del tutto affinché la squadra possa tornare in Premier League”.
LA FAVOLA MAHREZ
A dirla tutta per il momento la strada da percorrere non appare così breve. Assente dal massimo campionato dal 2003-04, il Leeds è reduce da mediocri stagioni a metà classifica in Championship e pure quest'anno ha iniziato con un ritmo non esattamente travolgente. Nella rosa si contano ben quattro italiani: il portiere Marco Silvestri, il difensore Giuseppe Bellusci, il centrocampista Tommaso Bianchi e l'attaccante Mirco Antenucci. Proprio l'ex esterno offensivo della Ternana è quello che meglio si è adattato ai ritmi forsennati e alla grande fisicità della Championship, entrando prepotentemente nel cuore dei tifosi. Doukara, Berardi e Bamba sono gli altri ad avere in passato calcato i campi dalle nostre parti, ma le speranze del salto di qualità sono riposte nei due acquisti estivi Chris Wood e Stuart Dallas. Wood è un centravanti vecchio stampo e con un discreto fiuto del goal. Per carità, uno nemmeno lontanamente paragonabile al grande John Charles, che qui fece caterve di reti negli anni Cinquanta prima di passare alla Juventus, ma in cui l'allenatore tedesco Uwe Rösler e lo stesso Cellino credono molto. Difficile che possa bastare per riportare i Whites nell'olimpo del Beautiful Game.
Un esordio fantastico, il vero asso nella manica del Leicester…
CLAUDIO RANIERI
È il protagonista principale della bella favola del Leicester City, allenato da quest'anno da Claudio Ranieri. Riyad Mahrez sta confermando quanto di buono aveva fatto vedere la scorsa stagione, quella del suo esordio in Premier e di conseguenza nel calcio che conta. Esterno offensivo (ma all'occorrenza anche trequartista) dal guizzo formidabile e dai piedi fatati, il ventiquattrenne nazionale algerino ha ormai suscitato l'interesse di tutti i principali operatori di mercato – non a caso un grande esperto di giovani talenti come Walter Sabatini pare lo volesse portare alla Roma già nel 2014. Cresciuto nei campetti delle banlieue parigine, a differenza del suo illustre connazionale Zinedine Zidane ha scelto di vestire i colori del Paese d'origine del babbo, morto quando lui aveva solo 15 anni. Proprio per onorare al meglio le memoria del suo primo tifoso, Mahrez nell'ultimo decennio ha lavorato sodo per scalare le vette del football internazionale. Fisico tutt'altro che imponente, tanto che i suoi primi allenatori temevano che fosse troppo “leggerino” per uno sport ormai dominato da super-atleti, il ragazzo ce l'ha messa tutta, preferendo cominciare la carriera professionistica nel piccolo Quimper e non nelle big d'oltralpe, che pure lo volevano fortemente. Dopo quattro anni al Le Havre, altro club di piccolo cabotaggio, è arrivata la chiamata del Leicester. Ormai Riyad appare pronto per palcoscenici molto più prestigiosi. Per buona pace di mister Ranieri. Calcio 2OOO
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BUNDESLIGA GERMANIA
DA BORUSSIA A BORUSSIA Mentre a Monchengladbach piangono, si sorride in quel di Dortmund…
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uando al termine della scorsa stagione il Borussia Monchengladbach ha concluso la Bundesliga al terzo posto in classifica, con il Dortmund al settimo posto, valso solamente la qualificazione ai preliminari di Europa League, in molti speravano in quel di Monchengladbach di poter aprire una nuova era e smettere finalmente di essere chiamati, in maniera quasi spregevole, il 'secondo' Borussia di Germania. È invece bastata solamente l'estate appena trascorsa per tornare alle vecchie abitudini. 88
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La squadra di Favre, dimessosi dopo cinque sconfitte consecutive nelle prime cinque giornate di campionato (sei, contando anche il 3-0 subito dal Siviglia in Champions League; al suo posto è stato promosso l'allenatore in seconda Schubert) nel corso della campagna di rafforzamento estivo, ha pensato più al futuro che al presente, acquistando giocatori con un'età media di 22,3 anni: sono arrivati Drmic dal Leverkusen (10 milioni di euro), è stato riscattato Thorgan Hazard dal Chelsea (8 milioni), altri 8 milioni complessivi sono stati spesi per prelevare
il difensore centrale Nico Elvedi dallo Zurigo (18 anni) ed il terzino 21enne Nico Schulz dall'Hertha Berlino. Stindl, 26enne ex Hannover, è invece stato l'acquisto più vecchio e meno costoso (3 milioni). In uscita hanno salutato Max Kruse (passato al Wolfsburg per 12 milioni) e Amin Younes (all'Ajax per quasi 3 milioni). A tradire le attese è stata principalmente la difesa (caratterizzata dalla presenza come titolare del 33enne Brouwers), capace di subire quasi tre goal a partita, a fronte di un reparto avanzato, anch'esso comunque in crisi, che ha realizzato
di Flavio SIRNA
EMOZIONI CONTRAPPOSTE
foto Agenzia Liverani
Due Borussia, ma si festeggia solo in casa Dortmund...
solamente due goal nelle prime 5 apparizioni (a segno solo Stindl ed Herrmann). A quest'ultimo, vero e proprio leader della squadra (nonostante i suoi 24 anni), si chiederà, quando rientrerà in campo (ha rimediato un brutto infortunio alla capsula articolare del ginocchio che gli ha permesso di giocare solamente tre match da titolare) l'ulteriore salto di qualità per non rischiare di trasformare un anno di possibile crescita e soddisfacente a livello di obiettivi in un vero e proprio fallimento. Al momento, purtroppo, il massimo obiettivo raggiungibile sembra la salvezza. Si respira invece nuovamente aria di festa a Dortmund: il deludente 2014-2015 e l'addio, dopo sette anni di vittorie e di spettacolo in campo, di Jurgen Klopp, lasciavano pensare che quella appena iniziata sarebbe stata una fase di transizione per i gialloneri. Ed invece le cose stanno andando meglio del previsto. Durante il periodo estivo sono arrivati
Januzaj in prestito dallo United, Gonzalo Castro (acquisto più costoso, 11 milioni, con Kampl che si è a sua volta trasferito alle Aspirine per la stessa cifra), il portiere Burki dal Friburgo e il terzino sinistro coreano Park Joo-Ho. Sono partiti invece due dei principali protagonisti dell'era Klopp, ossia gli esterni Grosskreutz e Blaszczykowski. Immobile, fiore all'occhiello della campagna di rafforzamento precedente, è andato in prestito al Siviglia e probabilmente non farà mai più ritorno al Westfalen Stadion, visti i pessimi rapporti instaurati sia con l'ambiente che con gran parte dei compagni di squadra. Il nuovo tecnico, Thomas Tuchel, che aveva già preso il posto di Klopp ai tempi del Mainz, portando in Europa la piccola squadra di Magonza, sta riuscendo anche in questo caso a trarre ogni beneficio dal lavoro del suo predecessore, aggiungendo ovviamente quel pizzico di novità e di entusiasmo che sembra fare costantemente parte del suo repertorio da allenatore. Gli ottimi risultati stanno arrivando più con l'aiuto dei 'vecchi' che con quello dei nuovi. In cima alla lista dei protagonisti c'è l'attaccante francese Pierre Emerick Aubameyang. Dietro di lui ha ricominciato a macinare giocate decisive e goal la stella del calcio armeno Mikhytarian. Sulla stessa lunghezza d'onda ci sono anche Kagawa, il redivivo Gundogan e la stella della squadra Marco Reus, quando gli infortuni decidono di lasciarlo in pace (la presenza di SuperMarco fa anche sì che il modulo si trasformi in un 4-3-3). Meritano però una menzione a parte due nuovi: parliamo del 19enne ex Monaco 1860 Julian Weigl (i 2,5 milioni di euro spesi per il giovane mediano, che sprizza energia da tutti i pori, stanno sembrando addirittura pochi visto il suo rendimento; fa faville accanto a Gundogan) e la giovane ala destra Jonas Hofmann, rientrato dal prestito al Mainz (naturale sostituto di Reus). Visti questi presupposti è difficile immaginare che da qui alla fine della stagione regolare il Monchengladbach riuscirà a superare i ‘cugini’ del Dortmund: a quel punto non ci sarà speranza per i tifosi di Sommer e compagni, dovranno continuare ad essere considerati come il ‘secondo’ Borussia…
VOGLIA D’OLANDA Luc Castaignos, un altro bomber orange in bundesliga
LUC CASTAIGNOS
Le 8 presenze ed il solo goal messo a segno nella sua esperienza italiana con la maglia dell’Inter avevano fatto pensare a gran parte degli addetti ai lavori che anche nel caso di Luc Castaignos fossimo di fronte alla tipica promessa destinata a restare tale per tutto il corso della sua carriera. E invece il ragazzo di Schiedam, classe 1992, sta riuscendo a smentire tutti, soprattutto con la maglia dell’Eintracht Francoforte, che questa estate lo ha prelevato dal Twente (squadra con la quale dalla stagione 20122013 alla 2014-2015 ha realizzato 35 goal) per la poco considerevole cifra di 2,5 milioni di euro. Il guru del calcio tedesco Armin Veh (tornato a Francoforte con un contratto biennale in tasca dopo la sfortunata parentesi allo Stoccarda) ha disegnato un 4-31-2 che vede brillare, oltre che la sua stella, anche quella dell’ex Fiorentina Seferovic e dell’idolo della squadra Alexander Meier, che agisce a volte come trequartista ma anche come punta centrale di un 4-3-3 (che vede sia Luc che Haris allagarsi e fare gli esterni d’attacco anziché le due punte centrali). La velocità di Luc è l’arma in più del contropiede dell’Eintracht, che in questo modo ha cominciato nel migliore dei modi il campionato tedesco (per il diretto interessato la media di un goal a partita). Nel momento in cui le cose dovessero continuare su questa lunghezza d’onda, non è difficile immaginare che a Francoforte il prossimo giugno si possa nuovamente festeggiare la qualificazione all’Europa League. Calcio 2OOO
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LIGUE 1 FRANCIA
IL NUOVO RENNES Ha vinto poco in 114 anni di storia ma sta nascendo un “movimento culturale” unico…
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0 marzo 1901: è questa la data di fondazione dello Stade Rennais Football Club, società calcistica messa in piedi da un gruppo di ragazzi residenti in Bretagna, regione a nord-ovest della Francia, patrimonio storico e culturale del Paese. Storica sede universitaria, Rennes è stata sempre una città giovane, nello spirito e nell’età anagrafica media. Per questa ragione, sin dall’inizio del secolo scorso, si è mostrata una città aperta alle innovazioni e alle nuove passioni. Non è un caso se, ancor prima che nasces90
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se il ‘vero’ campionato francese, la città di Rennes poteva già vantare la propria squadra. Maglia celeste a strisce blu, con pantaloncini e calzettoni blu: questi i colori della divisa con la quale il club disputò le sue prime gare ufficiali all’inizio del secolo scorso. In una Francia ancora fortemente “federale”, il Rennes prese parte sin da subito al campionato regionale bretone, la “Ligue de Bretagne de Football”, aggiudicandosi presto il titolo. Il secondo decennio del XX secolo, tuttavia, fece inevitabilmente scivolare in secondo piano un po’ tutto, calcio incluso. La Prima Guerra Mondiale ri-
Philippe Montanier, allenatore del RENNES
di Renato MAISANI
UN CLUB STORICO
foto Imago/Image Sport
La storia del Rennes è in continuo divenire...
voluzionò il Mondo, i confini geografici, le ambizioni. Ed anche le mentalità. La Francia ne uscì con un’identità nazionale parecchio rafforzata e che ancora oggi le vale l’invidia di tutta l’Europa. Conseguenza sportiva fu la creazione del campionato nazionale, ma anche la trasformazione del calcio in uno sport professionistico: il Rennes accolse con entusiasmo l’innovazione e fu tra i club fondatori del campionato francese. Al giorno d’oggi, 114 anni dopo la propria fondazione, però la bacheca piange: il Rennes, infatti, può vantare soltanto due Coppe di Francia, conquistate nel 1965 e nel 1971. A dirla tutta, il ‘Palmares’ del club frattanto divenuto rossonero vanta anche una Supercoppa di Francia, ma si tratta di un titolo ‘sui generis’: il 20 agosto del 1971, infatti, la squadra all’epoca allenata da Jean Prouff pareggiò per 2-2 il match contro l’Olympique Marsiglia ma, prima che le due squadre potessero battere i calci di rigore decisivi ai fini
dell’assegnazione del titolo, gli spettatori invasero il terreno di gioco di Brest e costrinsero l’arbitro a sospendere l’incontro. In seguito il titolo, in maniera assolutamente inusuale, fu appunto riconosciuto ad entrambe le squadre. Insomma, il Rennes non è certo una di quelle squadre alla quale un tifoso si lega per inseguire titoli e successi. Tifare Rennes, per i sostenitori rossoneri, è una sorta di identificazione col territorio, qualcosa che va al di là del calcio fine a se stesso. Dal canto suo, però, il Rennes vanta la partecipazione a ben 56 edizioni del campionato nazionale: soltanto Sochaux, Olympique Marsiglia, Bordeaux, Saint Etienne, Lens e Metz ne hanno disputati di più. Insomma, una storia all’insegna della continuità seppur senza picchi clamorosi. Ma è proprio sull’identificazione che la proprietà vuole puntare per rendere grande il club ed è appunto per questa ragione che l’annata attualmente in corso si è aperta con parecchie novità, tutte aventi il medesimo comune denominatore: ritrovare l’identità bretone che ha sempre contraddistinto il club. Dettofatto: il patron Renè Ruello ha cominciato in maniera decisa il processo di rinnovamento: lo stadio, lo storico ‘Strade de la route de Lorient’ è stato ribattezzato ‘Roazhon Park’. Ragioni di sponsor? Macché, tutt’altro. Roazhon, infatti, altro non è che il nome della città di Rennes in dialetto bretone. In un calcio sempre più globalizzato, i rossoneri vanno controcorrente. Anzi, corrono proprio. L’idea è quella di avvicinarsi, infatti, al ‘modello Athletic’, ricalcando almeno in parte il percorso scelto dal club di Bilbao, notoriamente avvezzo ad ingaggiare solo ed unicamente giocatori baschi. Forse il Rennes non arriverà mai a stravolgere fino a questo punto la propria filosofia societaria, ma ciò che appare certo è la volontà di puntare con decisione sul ‘made in Bretagna’, al fine di rendere il club un vero e proprio specchio della realtà regionale. Anche relativamente all’organico il club ha iniziato il proprio processo di ‘bretonizzazione’, riportando a casa quel Yoann Gourcuff nato a Ploemeur e cresciuto proprio tra Lorient e Rennes. 9 anni dopo il trasferimento al Milan, Gourcuff torna ad indossare la maglia rossonera alla quale è sicuramente più legato: quella del Rennes. Un Rennes che punta anche su di lui per rilanciarsi, in campo e non solo.
FURIA OM CONTRO VALBUENA I tifosi del Marsiglia non gli hanno perdonato il passaggio al Lione…
Mathieu Valbuena
La foto ha fatto il giro del Mondo, dando il via – per l’ennesima volta – al dibattito sul confine tra rivalità sportiva e odio. Mathieu Valbuena, attaccante che per 8 lunghissime stagioni ha indossato la maglia dell’Olympique Marsiglia (contribuendo anche al titolo conquistato dal club nel 2010), dopo aver lasciato l’OM per trasferirsi alla Dinamo Mosca, ha fatto ritorno in Francia due anni dopo per indossare la maglia del Lione. Apriti cielo! Le 325 partite ufficiali ed i 37 goal messi a segno dall’esterno di origine spagnola con l’OM sono stati ben presto dimenticati dai tifosi del Velodrome che gli hanno subito appiccicato addosso l’etichetta del traditore. E così, quando Valbuena si è presentato nel suo vecchio stadio con addosso la maglia del Lione, sapeva certamente di andare incontro ad una serata difficile, ma probabilmente nemmeno lui si sarebbe immaginato tanto. E invece, un manichino gigante raffigurante proprio Valbuena è stato letteralmente impiccato e lasciato penzolare sul terreno di gioco da una parte della tifoseria marsigliese. Il tutto accompagnato da uno striscione significativo ed eloquente: “Un vero marsigliese gioca solo nell'OM. Sei un traditore"! La gara è poi stata anche sospesa per circa 25 minuti in seguito ad un fitto lancio di oggetti dagli spalti nei confronti proprio dei giocatori del Lione. Bersaglio principale? Neanche a dirlo, Mathieu Valbuena. L’ex, il traditore. O forse sarebbe più giusto dire “un professionista che ha semplicemente cambiato squadra”. Calcio 2OOO
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i NUMERI Della 3a GIORNATA
Empoli-Napoli 2-2 (2-1)
Fiorentina-Genoa 1-0 (0-0)
Frosinone-Roma 0-2 (0-1)
Inter-Milan 1-0 (0-0)
Juventus-Chievo 1-1 (0-1)
Lazio-Udinese 2-0 (0-0)
Palermo-Carpi 2-2 (1-1)
Sampdoria-Bologna 2-0 (0-0)
Sassuolo-Atalanta 2-2 (2-2)
Verona-Torino 2-2 (0-0)
CLASSIFICA
MARCATORI
Data: 13-09-2015 – Ore: 15:00 EMPOLI 4-3-1-2: Skorupski 6,5; Zambelli 6 (35’ st Laurini 6,5), Tonelli 6, Barba 6, Mario Rui 6; Zielinski 6,5 (27’ st Paredes 6), Dioussè 6,5, Croce 6,5; Saponara 7; Maccarone 6 (22’ st Livaja 6), Pucciarelli 7. Allenatore: Giampaolo 6,5. NAPOLI 4-3-1-2: Reina 6; Maggio 5,5, Albiol 6, Chiriches 6, Hysaj 5; Allan 6, Valdifiori 5 (13’ st Jorginho 6), Hamsik 5,5; Insigne 7 (27’ st Callejón 5,5); Higuaín 6, Gabbiadini 6 (19’ st Mertens 6). Allenatore: Sarri 5,5. Arbitro: Banti di Livorno 6. Reti: 3’ pt Saponara (E), 7’ Insigne (N), 18’ Pucciarelli (E); 5’ st Allan (N). Recupero: 5 minuti (1’ pt + 4’ st). Ammoniti: Croce, Livaja (E); Hysaj, Allan, Valdifiori, Jorginho (N). Espulsi: nessuno. Spettatori: 9.632
Data: 13-09-2015 – Ore: 20:45 INTER 4-3-1-2: Handanovic 7; Santon 6, Medel 6,5, Murillo 5,5, Juan Jesus 6,5 (23’ st Telles 6); Guarín 7, Felipe Melo 7, Kondogbia 5,5; Perisic 6 (39’ st Ranocchia ng); Icardi 6, Jovetic 6,5 (27’ st Palacio ng). Allenatore: Mancini 6,5. MILAN 4-3-1-2: Diego López 6,5; Abate 6, Zapata 6, Romagnoli 6, De Sciglio 5,5; Kucka 6,5 (27’ st Poli 6), Montolivo 6, Bonaventura 5,5; Honda 5 (36’ st Cerci ng); Luiz Adriano 5, Bacca 6 (17’ st Balotelli 7). Allenatore: Mihajlovic 5,5. Arbitro: Rocchi di Firenze 6. RetE: 13’ st Guarín. Recupero: 6 minuti (1’ pt + 5’ st). Ammoniti: Juan Jesus, Felipe Melo (I); Abate, Kucka, Honda (M). Espulsi: nessuno. Spettatori: 79.154
Data: 13-09-2015 – Ore: 15:00 PALERMO 3-4-2-1: Sorrentino 6; Vitiello 5, González 5, El Kaoutari 5,5; Rispoli 6, Jajalo 5,5 (37’ st Maresca ng), Hiljemark 6 (31’ st Trajkovski ng), Lazaar 5,5; Quaison 6,5, Vazquez 6; Gilardino 5,5 (17’ st Djurdjevic 6,5). Allenatore: Iachini 6. CARPI 3-5-2: Benussi 5,5; Zaccardo 6, Bubnjic 6, Gagliolo 6; Letizia 6 (33’ st Wallace ng), Lollo 5,5, Bianco 6 (37’ st Lazzari ng), Fedele 6, Gabriel Silva 6; Matos 6,5, Mbakogu 6,5 (17’ st Borriello 7). Allenatore: Castori 6,5. Arbitro: Gavillucci di Latina 6. Reti: 6’ pt Hiljemark (P), 24’ Vitiello (P) aut.; 19’ st Borriello (C), 43’ Djurdjevic (P). Recupero: 4 minuti (0’ pt + 4’ st). Ammoniti: Vitiello, González, El Kaoutari (P); Gagliolo, Bianco, Gabriel Silva (C). Espulsi: nessuno. Spettatori: 20.250
Data: 13-09-2015 – Ore: 12:30 VERONA 4-3-3: Rafael 5; Pisano 5, Marquez 6, Moras 5,5, Souprayen 6; Sala 5,5 (39’ st Ionita ng), Viviani 7, Greco 6,5; Siligardi 5,5 (18’ st Jankovic 5,5), Toni 6, Gomez 7 (39’ st Pazzini ng). Allenatore: Mandorlini 6. TORINO 3-5-2: Padelli 6; Bovo 6, Glik 7, Molinaro 7; Bruno Peres 6, Baselli 6,5, Vives 6, Obi 5 (6’ st Acquah 7), Avelar ng (15’ pt Jansson 5); Belotti 5 (13’ st Maxi López 6), Quagliarella 6. Allenatore: Ventura 6,5. Arbitro: Irrati di Pistoia 5. Reti: 4’ st Toni (V) rig., 21’ Baselli (T), 27’ Gomez (V), 28’ Acquah (T). Recupero: 7 minuti (3’ pt + 4’ st). Ammoniti: Pisano, Marquez, Greco, Jankovic, Toni (V); Baselli, Avelar (T). Espulsi: nessuno. Spettatori: 17.868
92
Calcio 2OOO
Data: 12-09-2015 – Ore: 18:00 FIORENTINA 4-2-3-1: Tatarusanu 6; Tomovic 6, Astori 6,5, Alonso 5,5, Pasqual 6; Badelj 4,5, Vecino 6; Borja Valero 7 (35’ st Blaszczykowski ng), Rossi 6 (18’ st Kalinic 6), Bernardeschi 6; Babacar 7 (20’ st Suárez 6). Allenatore: Paulo Sousa 6. GENOA 3-4-3: Lamanna 5,5; Izzo 6, Burdisso 6, De Maio 5 (28’ st Perotti ng); Cissokho 6, Tino Costa 6 (10’ st Dzemaili 5,5), Rincón 6, Laxalt 5,5; Capel 5 (32’ st Lazovic ng), Pandev 5,5, Ntcham 5,5. Allenatore: Gasperini 6. Arbitro: Doveri di Roma 5,5. RetE: 15’ st Babacar. Recupero: 6 minuti (1’ pt + 5’ st). Ammoniti: Tomovic, Badelj, Vecino (F); Tino Costa, Rincón, Capel, Ntcham (G). Espulsi: 18’ st Badelj (F) per doppia ammonizione. Spettatori: 30.048
Data: 12-09-2015 – Ore: 20:45 JUVENTUS 4-3-1-2: Buffon 7; Cáceres 5, Barzagli 6, Bonucci 5,5, Alex Sandro 6,5; Pereyra 6, Marchisio 5 (1’ st Pogba 5,5), Sturaro 5 (20’ st Cuadrado 7); Hernanes 5,5; Dybala 6, Morata 5 (28’ st Mandzukic 5,5). Allenatore: Allegri 5. CHIEVO 4-3-1-2: Bizzarri 7; Frey 6,5, Gamberini 6,5 (13’ st Dainelli 6), Cesar 6, Gobbi 5,5; Castro 6,5, Rigoni 6,5, Hetemaj 7; Birsa 7 (28’ st Pepe 6); Meggiorini 6,5 (21’ st Pinzi 6), Paloschi 6. Allenatore: Maran 7. Arbitro: Guida di Torre Annunziata 5. Reti: 5’ pt Hetemaj (C); 38’ st Dybala (J) rig. Recupero: 3 minuti (0’ pt + 3’ st). Ammoniti: Alex Sandro, Cuadrado, Hernanes (J); Bizzarri, Cesar, Castro, Birsa, Pepe (C). Espulsi: nessuno. Spettatori: 29.205
Data: 14-09-2015 – Ore: 20:45 SAMPDORIA 4-3-1-2: Viviano 6; Cassani 6 (21’ pt Pedro Pereira 6), Silvestre 6, Moisander 6, Regini 5; Ivan 6,5 (20’ st Correa 6,5), Fernando 6, Barreto 6; Soriano 7; Muriel 6 (37’ st Rodriguez ng), Eder 7. Allenatore: Zenga 6,5. BOLOGNA 4-2-3-1: Mirante 6; Ferrari 6, Rossettini 5, Maietta 5,5, Masina 6; Donsah 7 (23’ st Pulgar 5,5), Taider 6 (12’ st Diawara 6); Mounier 6, Brienza 6,5, Giaccherini 6 (27’ pt Rizzo 5); Destro 5. Allenatore: Rossi 6. Arbitro: Cervellera di Taranto 6,5. Reti: 30’ st Eder, 34’ Soriano. Recupero: 6 minuti (2’ pt + 4’ st). Ammoniti: Regini (S); Rossettini, Maietta, Taider, Rizzo (B). Espulsi: 18’ st Rizzo (B) per doppia ammonizione. Spettatori: 20.976
Inter Chievo Sampdoria Torino Roma Sassuolo Palermo Fiorentina Lazio Atalanta Genoa Milan Udinese Napoli Verona Juventus Empoli Carpi Bologna Frosinone
9 3 3 0 0 4 1 7 3 2 1 0 8 2 7 3 2 1 0 9 4 7 3 2 1 0 7 4 7 3 2 1 0 5 2 7 3 2 1 0 5 3 7 3 2 1 0 4 2 6 3 2 0 1 4 3 6 3 2 0 1 4 5 4 3 1 1 1 4 3 3 3 1 0 2 2 2 3 3 1 0 2 2 4 3 3 1 0 2 1 3 2 3 0 2 1 5 6 2 3 0 2 1 3 5 1 3 0 1 2 2 4 1 3 0 1 2 4 7 1 3 0 1 2 5 9 0 3 0 0 3 1 5 0 3 0 0 3 1 6
Data: 12-09-2015 – Ore: 18:00 FROSINONE 4-4-2: Leali 5,5; Rosi 6, Diakité 6, Blanchard 5,5, Pavlovic 5,5; Tonev 6, Chibsah 6, Gucher 6 (20’ st Sammarco 6), Soddimo 6 (44’ st Longo ng); Ciofani D. 5, Dionisi 5,5 (32’ st Verde 6). Allenatore: Stellone 6. ROMA 4-2-3-1: Szczesny 7; Florenzi 6,5, Manolas 6,5, Rüdiger 5,5, Digne 5,5; De Rossi 6, Keita 6; Gervinho 5, Totti 5 (36’ st Iturbe 6,5), Iago Falqué 6,5 (25’ st Salah 6); Dzeko 5,5 (12’ st Nainggolan 6). Allenatore: Garcia 6. Arbitro: Gervasoni di Mantova 5. Reti: 44’ pt Iago Falqué; 48’ st Iturbe. Recupero: 5 minuti (2’ pt + 3’ st). Ammoniti: Leali, Rosi, Diakité, Pavlovic (F); De Rossi, Totti, Iago Falqué (R). Espulsi: nessuno. Spettatori: 8.000 circa
Data: 13-09-2015 – Ore: 18:00 LAZIO 4-2-3-1: Marchetti 6,5; Basta 6, Mauricio 6, Hoedt 6, Radu 6; Cataldi 6, Parolo 6; Candreva 6 (11’ st Matri 8), Mauri 5,5 (37’ st Milinkovic-Savic ng), Lulic 5 (11’ st Felipe Anderson 7); Keita 6,5. Allenatore: Pioli 6,5. UDINESE 3-5-2: Karnezis 5,5; Heurtaux 5, Danilo 5, Piris 5; Edenilson 5,5, Kone 5,5 (33’ st Aguirre ng), Iturra 5, Bruno Fernandes 5,5 (11’ st Badu 5), Adnan 6; Théréau 5 (25’ st Di Natale 6), Zapata 6. Allenatore: Colantuono 5,5. Arbitro: Calvarese di Teramo 6,5. Reti: 19’ e 28’ st Matri. Recupero: 2 minuti (0’ pt + 2’ st). Ammoniti: Iturra (U). Espulsi: nessuno. Spettatori: 24.350
Data: 13-09-2015 – Ore: 15:00 SASSUOLO 4-3-3: Consigli 7; Vrsaljko 5, Cannavaro 6, Acerbi 6, Peluso 5; Missiroli 7, Magnanelli 7, Duncan 6; Sansone 5 (18’ st Politano 6), Defrel 5 (20’ st Floccari 6), Floro Flores 7 (32’ st Falcinelli ng). Allenatore: Di Francesco 6,5. ATALANTA 4-3-3: Sportiello 6,5; Bellini 6 (35’ st Tolói ng), Paletta 6,5, Cherubin 6, Dramè 6; Carmona 6, De Roon 6, Kurtic 5,5 (11’ st Raimondi 6); Moralez 6, Pinilla 6,5, Gomez 6 (25’ st Monachello 6). Allenatore: Reja 6,5. Arbitro: Mariani di Aprilia 5,5. Reti: 13’ pt Pinilla (A), 22’ Magnanelli (S), 33’ Pinilla (A), 41’ Floro Flores (S). Recupero: 4 minuti (0’ pt + 4’ st). Ammoniti: Vrsaljko, Missiroli, Duncan, Sansone (S); Bellini, Tolói, Paletta, Cherubin, Pinilla (A). Espulsi: 3’ st Pinilla (A), 39’ Vrsaljko (S). Spettatori: 8.644 Note: Al 7’ pt Sansone (S) e al 41’ st Moralez (A) si sono fatti parare un rigore.
5 reti: Eder (Sampdoria, 2 rig.) 3 reti: Paloschi (Chievo); Saponara (Empoli); Jovetic (Inter, 1 rig.); Floro Flores (Sassuolo); Baselli (Torino) 2 reti: Pinilla (Atalanta); Birsa, Meggiorini (Chievo); Alonso (Fiorentina); Dybala (Juventus, 1 rig.); Matri (Lazio); Higuaín (Napoli); Muriel (Sampdoria); Quagliarella (Torino)
IL FILM
la gallery della 3a GIORNATA
Calcio 2OOO
93
1X2
i NUMERI Della 4a GIORNATA
Atalanta-Verona 1-1 (0-0)
Bologna-Frosinone 1-0 (1-0)
Carpi-Fiorentina 0-1 (0-1)
Chievo-Inter 0-1 (0-1)
Genoa-Juventus 0-2 (0-1)
Milan-Palermo 3-2 (2-1)
Napoli-Lazio 5-0 (2-0)
Roma-Sassuolo 2-2 (1-2)
Torino-Sampdoria 2-0 (2-0)
Udinese-Empoli 1-2 (1-0)
CLASSIFICA
MARCATORI
Data: 20-09-2015 – Ore: 15:00 ATALANTA 4-3-3: Sportiello 6; Masiello 6 (38’ st Raimondi 5), Stendardo 6, Paletta 6, Bellini 5,5; Kurtic 5, De Roon 6, Grassi 6 (32’ st Cigarini ng); Moralez 7, Denis 5 (17’ st Monachello 5,5), Gomez 6,5. Allenatore: Reja 6. VERONA 4-3-3: Gollini 6; Pisano 7, Marquez 6 (25’ st Bianchetti 5,5), Moras 5, Souprayen 5; Sala 5 (46’ st Siligardi ng), Viviani 6,5, Greco 6; Jankovic 5, Toni 5,5 (26’ pt Pazzini 6), Gomez 5,5. Allenatore: Mandorlini 6. Arbitro: Maresca di Napoli 5,5. Reti: 44’ st Moralez (A), 52’ Pisano (V). Recupero: 9 minuti (3’ pt + 6’ st). Ammoniti: Raimondi, De Roon, Monachello (A); Gollini, Souprayen, Sala, Jankovic (V). Espulsi: 34’ st Jankovic (V) per doppia ammonizione. Spettatori: 14.323
Data: 20-09-2015 – Ore: 12:30 CHIEVO 4-3-1-2: Bizzarri 6; Frey 6, Gamberini 6, Cesar 6, Gobbi 5; Castro 6, Rigoni 6 (35’ st Pepe ng), Hetemaj 6; Birsa 6 (30’ st Mpoku 5,5); Paloschi 5,5 (23’ st Inglese 5,5), Meggiorini 5,5. Allenatore: Maran 6. INTER 4-3-1-2: Handanovic 6; Santon 6,5, Medel 7, Murillo 6 (25’ st Ranocchia 6), Telles 6; Guarín 5,5, Felipe Melo 6, Kondogbia 6,5 (41’ st Brozovic ng); Perisic 6; Icardi 6,5, Jovetic 6 (30’ st Palacio 6). Allenatore: Mancini 6,5. Arbitro: Tagliavento di Terni 5,5. RetE: 42’ pt Icardi. Recupero: 5 minuti (0’ pt + 5’ st). Ammoniti: Rigoni, Mpoku, Meggiorini (C); Guarín (I). Espulsi: nessuno. Spettatori: 20.000 circa
Data: 20-09-2015 – Ore: 20:45 NAPOLI 4-3-3: Reina 6; Hysaj 7, Albiol 7, Koulibaly 7, Ghoulam 6,5; Allan 7, Jorginho 7, Hamsik 7 (15’ st David López 6); Callejón 7, Higuaín 8 (20’ st Gabbiadini 7), Insigne 8 (29’ st El Kaddouri ng). Allenatore: Sarri 7,5. LAZIO 4-3-1-2: Marchetti 6; Basta 5, Mauricio 4,5, Hoedt 4, Radu 5; Parolo 4,5, Onazi 5, Lulic 4,5 (1’ st Milinkovic-Savic 6); Mauri 4,5 (1’ st Felipe Anderson 5); Keita 5, Matri 5 (29’ st Djordjevic ng). Allenatore: Pioli 4,5. Arbitro: Damato di Barletta 6. Reti: 14’ pt Higuaín, 35’ Allan; 3’ st Insigne, 14’ Higuaín, 34’ Gabbiadini. Recupero: 2 minuti (0’ pt + 2’ st). Ammoniti: Koulibaly (N); Mauricio, Lulic (L). Espulsi: nessuno. Spettatori: 18.766
Data: 19-09-2015 – Ore: 18:00 UDINESE 3-5-2: Karnezis 6; Wagué 6, Danilo 5,5, Piris 6; Edenilson 5, Badu 6, Iturra 6 (8’ st Bruno Fernandes 5,5), Kone 5, Adnan 6; Di Natale 6 (23’ st Aguirre 5), Zapata 6 (29’ st Marquinho 5,5). Allenatore: Colantuono 5,5. EMPOLI 4-3-1-2: Skorupski 6; Laurini 6, Tonelli 6, Barba 6, Mario Rui 6; Zielinski 6 (18’ st Paredes 7), Dioussè 5 (1’ st Ronaldo 6,5), Croce 6,5; Saponara 7; Pucciarelli 6 (37’ st Livaja ng), Maccarone 6,5. Allenatore: Giampaolo 6,5. Arbitro: Fabbri di Ravenna 5,5. Reti: 19’ pt Zapata (U); 28’ st Paredes (E), 47’ Maccarone (E). Recupero: 7 minuti (2’ pt + 5’ st). Ammoniti: Iturra, Bruno Fernandes, Kone, Adnan, Marquinho (U); Laurini, Ronaldo, Maccarone (E). Espulsi: 27’ st Kone (U) per doppia ammonizione. Spettatori: 15.000 circa
94
Calcio 2OOO
Data: 20-09-2015 – Ore: 15:00 BOLOGNA 4-3-3: Mirante 6; Ferrari 6,5, Oikonomou 7, Rossettini 6, Masina 6; Taider 5,5, Diawara 6 (10’ st Crisetig 5,5), Pulgar 6; Brienza 6,5 (34’ st Falco ng), Destro 5 (29’ st Mancosu 5,5), Mounier 7. Allenatore: Rossi 6,5. FROSINONE 4-4-2: Leali 6; Rosi 6,5, Diakité 6, Blanchard 6, Pavlovic 6; Paganini 5,5 (35’ st Verde 6,5), Sammarco 6, Chibsah 6, Tonev 6 (16’ st Soddimo 6); Longo 6 (9’ st Ciofani D. 6,5), Dionisi 6. Allenatore: Stellone 6. Arbitro: Orsato di Schio 6,5. RetE: 27’ pt Mounier. Recupero: 5 minuti (0’ pt + 5’ st). Ammoniti: Ferrari, Diawara, Crisetig, Destro (B); Pavlovic, Paganini, Sammarco, Soddimo, Longo (F). Espulsi: nessuno. Spettatori: 28.436
Data: 20-09-2015 – Ore: 15:00 GENOA 3-4-1-2: Lamanna 6; De Maio 5,5, Burdisso 5,5, Izzo 4,5; Cissokho 5,5, Rincón 5,5, Dzemaili 5,5 (12’ st Pandev 5,5), Laxalt 6; Ntcham 6; Capel 5,5 (19’ st Tachtsidis 6), Perotti 5,5 (1’ st Figueiras 5). Allenatore: Gasperini 5,5. JUVENTUS 4-3-3: Buffon ng; Lichtsteiner 5, Barzagli 7, Chiellini 7, Evrà 6; Sturaro 6, Lemina 6 (31’ st Hernanes ng), Pogba 7; Cuadrado 7, Mandzukic 6 (38’ st Zaza ng), Morata 6 (22’ pt Pereyra 7). Allenatore: Allegri 6,5. Arbitro: Valeri di Roma 6. Reti: 37’ pt Lamanna (G) aut.; 15’ st Pogba rig. Recupero: 5 minuti (2’ pt + 3’ st). Ammoniti: Izzo, Dzemaili (G); Evrà, Lemina, Pogba, Zaza (J). Espulsi: 44’ pt Izzo (G) per somma di ammonizioni. Spettatori: 25.115
Data: 20-09-2015 – Ore: 15:00 ROMA 4-3-3: De Sanctis 5,5; Maicon 5 (19’ st Florenzi 6), Manolas 5, Rüdiger 5, Torosidis 5; Pjanic 6, De Rossi 6, Nainggolan 5; Salah 7, Totti 6 (27’ st Dzeko 5,5), Iturbe 4,5 (5’ st Iago Falqué 5,5). Allenatore: Garcia 5. SASSUOLO 4-3-3: Consigli 5; Gazzola 6, Cannavaro 6,5, Acerbi 7, Peluso 5; Missiroli 6, Magnanelli 6, Duncan 6 (14’ st Biondini 6); Politano 7 (36’ st Berardi ng), Defrel 7, Floro Flores 6,5 (19’ st Sansone 5,5). Allenatore: Di Francesco 6,5. Arbitro: Massa di Imperia 4,5. Reti: 22’ pt Defrel (S), 36’ Totti (R), 45’ Politano (S); 4’ st Salah (R). Recupero: 6 minuti (0’ pt + 6’ st). Ammoniti: Maicon, De Rossi (R); Peluso, Politano, Sansone (S). Espulsi: nessuno. Spettatori: 36.727
Inter Torino Fiorentina Roma Sassuolo Chievo Sampdoria Palermo Milan Lazio Napoli Atalanta Juventus Empoli Verona Genoa Bologna Udinese Carpi Frosinone
12 4 4 0 0 5 1 10 4 3 1 0 9 4 9 4 3 0 1 5 3 8 4 2 2 0 7 4 8 4 2 2 0 7 5 7 4 2 1 1 8 3 7 4 2 1 1 9 6 7 4 2 1 1 6 5 6 4 2 0 2 5 6 6 4 2 0 2 4 10 5 4 1 2 1 10 6 5 4 1 2 1 5 4 4 4 1 1 2 4 4 4 4 1 1 2 6 8 3 4 0 3 1 4 6 3 4 1 0 3 2 4 3 4 1 0 3 2 5 3 4 1 0 3 2 5 1 4 0 1 3 5 10 0 4 0 0 4 1 7
Data: 20-09-2015 – Ore: 18:00 CARPI 3-5-2: Benussi 6; Zaccardo 6, Romagnoli 6, Bubnjic 6; Letizia 7 (31’ st Lazzari ng), Lollo 6, Cofie 6 (11’ st Di Gaudio 6), Fedele 6, Gabriel Silva 6; Matos 6 (26’ st Mbakogu 6), Borriello 6,5. Allenatore: Castori 6. FIORENTINA 3-5-2: Tatarusanu 7; Tomovic 6, Rodríguez 6, Roncaglia 6; Gilberto 6, Bernardeschi 6 (31’ st Verdù ng), Suárez 6, Borja Valero 7, Pasqual 6 (1’ st Alonso 6); Rossi 6 (13’ st Kalinic 6), Babacar 6,5. Allenatore: Paulo Sousa 6. Arbitro: Di Bello di Brindisi 6. RetE: 35’ pt Babacar. Recupero: 5 minuti (1’ pt + 4’ st). Ammoniti: Lollo, Cofie, Fedele (C); Tatarusanu, Suárez, Pasqual, Alonso (F). Espulsi: nessuno. Spettatori: 7.981
Data: 19-09-2015 – Ore: 20:45 MILAN 4-3-1-2: Diego López 5,5; Abate 6 (17’ pt Calabria 7), Zapata 5,5, Romagnoli 6, De Sciglio 5,5; Kucka 7, Montolivo 6, Bonaventura 7; Honda 5 (34’ st Poli ng); Bacca 8, Luiz Adriano 5,5 (25’ st Balotelli 6). Allenatore: Mihajlovic 6,5. PALERMO 4-3-2-1: Sorrentino 6; Struna 6, González 5, El Kaoutari 6, Lazaar 5; Hiljemark 7 (44’ st Rigoni ng), Jajalo 5,5, Chochev 5; Vazquez 5, Quaison 6 (26’ st Trajkovski 5,5); Djurdjevic 5 (11’ st Gilardino 6). Allenatore: Iachini 6. Arbitro: Russo di Nola 6. Reti: 21’ pt Bacca (M), 32’ Hiljemark (P), 40’ Bonaventura (M); 27’ st Hiljemark (P), 30’ Bacca (M). Recupero: 8 minuti (4’ pt + 4’ st). Ammoniti: Montolivo (M); González, Lazaar (P). Espulsi: nessuno. Spettatori: 33.689
Data: 20-09-2015 – Ore: 15:00 TORINO 3-5-2: Padelli 6,5; Bovo 6, Glik 6, Moretti 6; Bruno Peres 7,5 (31’ st Zappacosta 6), Acquah 7,5 (38’ st Benassi ng), Vives 6, Baselli 6,5, Molinaro 7; Belotti 6 (10’ st Maxi López 6), Quagliarella 8. Allenatore: Ventura 7. SAMPDORIA 4-4-2: Viviano 6; Pedro Pereira 5,5, Silvestre 5, Moisander 5, Regini 4 (1’ st Christodoulopoulos 5,5); Ivan 5 (17’ st Correa 6), Barreto 5,5, Fernando 6, Soriano 5 (37’ st Rodriguez ng); Muriel 5, Eder 6. Allenatore: Zenga 5. Arbitro: Giacomelli di Trieste 6. Reti: 18’ e 24’ pt Quagliarella. Recupero: 3 minuti (0’ pt + 3’ st). Ammoniti: Acquah, Vives (T); Regini, Christodoulopoulos, Fernando (S). Espulsi: nessuno. Spettatori: 17.000 circa
5 reti: Eder (Sampdoria, 2 rig.) 4 reti: Higuaín (Napoli); Quagliarella (Torino) 3 reti: Paloschi (Chievo); Saponara (Empoli); Jovetic (Inter, 1 rig.); Bacca (Milan); Hiljemark (Palermo); Floro Flores (Sassuolo); Baselli (Torino) 2 reti: Pinilla (Atalanta); Birsa, Meggiorini (Chievo); Alonso, Babacar (Fiorentina); Dybala (Juventus, 1 rig.); Matri (Lazio); Allan, Insigne (Napoli); Muriel (Sampdoria)
IL FILM
la gallery della 4a GIORNATA
Calcio 2OOO
95
1X2
i NUMERI Della 5a GIORNATA
Carpi-Napoli 0-0 (0-0)
Data: 23-09-2015 – Ore: 20:45 CARPI 3-5-1-1: Benussi 6 (29’ pt Brkic 6); Zaccardo 6,5, Romagnoli 6,5, Bubnjic 6; Letizia 6, Lollo 6, Cofie 6, Fedele 6, Gabriel Silva 6; Matos 6 (43’ st Lasagna 6); Mbakogu 6 (23’ st Borriello 6). Allenatore: Castori 6,5. NAPOLI 4-3-3: Reina 6; Hysaj 5,5, Albiol 6, Koulibaly 6, Ghoulam 5,5; Allan 6, Valdifiori 5 (16’ st Jorginho 6), Hamsik 5 (37’ st Callejón 6); Insigne 5,5, Higuaín 6, Mertens 5,5 (23’ st Gabbiadini 5). Allenatore: Sarri 5. Arbitro: Rocchi di Firenze 6. Recupero: 8 minuti (2’ pt + 6’ st). Ammoniti: Zaccardo, Romagnoli, Cofie (C); Koulibaly, Valdifiori, Mertens (N). Espulsi: nessuno. Spettatori: 9.950
Chievo-Torino 1-0 (0-0)
Data: 23-09-2015 – Ore: 20:45 CHIEVO 4-3-1-2: Bizzarri 6; Frey 6, Dainelli 6,5, Cesar 7, Cacciatore 5,5 (21’ st Gobbi 6); Castro 7, Pinzi 6, Hetemaj 6; Birsa 6 (34’ st Rigoni ng); Pellissier 5 (9’ st Meggiorini 7), Paloschi 6. Allenatore: Maran 7. TORINO 3-5-2: Padelli 6; Bovo 5,5, Glik 6, Moretti 5; Bruno Peres 6 (34’ st Zappacosta ng), Acquah 6, Vives 6, Baselli 5 (34’ st Benassi ng), Molinaro 6; Martínez 5 (24’ st Belotti 5), Quagliarella 5. Allenatore: Ventura 5,5. Arbitro: Celi di Bari 6. RetE: 30’ st Castro. Recupero: 4 minuti (0’ pt + 4’ st). Ammoniti: Gobbi, Castro, Pinzi (C); Bovo, Bruno Peres, Acquah (T). Espulsi: nessuno. Spettatori: 6.000 circa
Empoli-Atalanta 0-1 (0-1)
Fiorentina-Bologna 2-0 (0-0)
Inter-Verona 1-0 (0-0)
Juventus-Frosinone 1-1 (0-0)
Lazio-Genoa 2-0 (1-0)
Data: 23-09-2015 – Ore: 20:45 FIORENTINA 4-2-3-1: Tatarusanu 7; Roncaglia 6, Rodríguez 6, Astori 6, Alonso 7; Badelj 6, Vecino 6,5; Blaszczykowski 7, Borja Valero 7 (39’ st Fernández ng), Rebic 6 (34’ st Ilicic ng); Babacar 5 (11’ st Kalinic 7). Allenatore: Paulo Sousa 7. BOLOGNA 4-3-3: Mirante 5,5; Ferrari 5, Oikonomou 5,5, Rossettini 5, Masina 5; Taider 5 (31’ st Falco 5,5), Diawara 5, Pulgar 6; Rizzo 5 (35’ st Acquafresca ng), Destro 5, Mounier 5 (18’ st Brienza 5,5). Allenatore: Rossi 5,5. Arbitro: Calvarese di Teramo 6. Reti: 26’ st Blaszczykowski, 37’ Kalinic. Recupero: 5 minuti (1’ pt + 4’ st). Ammoniti: Rebic (F); Masina, Diawara (B). Espulsi: nessuno. Spettatori: 25.085
Data: 23-09-2015 – Ore: 20:45 INTER 4-3-3: Handanovic 6; Santon 6, Miranda 6, Medel 6,5, Telles 6,5 (44’ st Ranocchia ng); Guarín 5, Felipe Melo 7, Kondogbia 6 (17’ st Biabiany 6); Perisic 6, Icardi 6, Ljajic 5,5 (12’ st Jovetic 5,5). Allenatore: Mancini 6. VERONA 3-5-2: Rafael 6; Bianchetti 6, Moras 6, Helander 6; Pisano 5,5, Sala 7 (30’ st Zaccagni 6), Viviani 6, Greco 6, Albertazzi 5 (26’ st Souprayen 5,5); Pazzini 6 (21’ pt Siligardi 6), Gomez 6. Allenatore: Mandorlini 6. Arbitro: Russo di Nola 5,5. RetE: 11’ st Felipe Melo. Recupero: 5 minuti (2’ pt + 3’ st). Ammoniti: Guarín, Felipe Melo, Kondogbia, Biabiany (I); Helander, Sala, Greco, Albertazzi (V). Espulsi: nessuno. Spettatori: 34.548
Data: 24-09-2015 – Ore: 20:45 EMPOLI 4-3-1-2: Skorupski 6; Zambelli 6, Tonelli 5,5, Costa 5,5, Mario Rui 5,5; Paredes 5,5, Ronaldo 5 (1’ st Dioussè 6), Croce 6; Saponara 6,5; Maccarone 5,5 (33’ st Pucciarelli 6), Piu 5,5 (1’ st Livaja 5,5). Allenatore: Giampaolo 5,5. ATALANTA 4-3-3: Sportiello 6; Masiello 6 (19’ st Bellini 6), Tolói 7 (40’ st Stendardo ng), Paletta 6, Dramè 6; Grassi 5,5 (18’ st Migliaccio 6), De Roon 5,5, Kurtic 5,5; Moralez 7, Pinilla 6, Gomez 6,5. Allenatore: Reja 6,5. Arbitro: Gavillucci di Latina 5,5. RetE: 30’ pt Tolói. Recupero: 6 minuti (0’ pt + 6’ st). Ammoniti: Dioussè, Saponara (E); Bellini, Grassi, Moralez, Pinilla (A). Espulsi: nessuno. Spettatori: 7.625
Data: 23-09-2015 – Ore: 20:45 JUVENTUS 4-3-3: Neto 5; Lichtsteiner 5,5 (1’ st Chiellini 6), Barzagli 6, Bonucci 6, Alex Sandro 6; Sturaro 5 (1’ st Dybala 6), Lemina 6, Pogba 5,5; Cuadrado 7, Zaza 6,5 (32’ st Hernanes ng), Pereyra 6. Allenatore: Allegri 5,5. FROSINONE 4-4-2: Leali 7; Ciofani M. 6 (38’ st Rosi ng), Diakité 6, Blanchard 6,5, Crivello 5; Frara 6, Chibsah 6 (26’ st Tonev 6), Gori 6, Soddimo 7; Ciofani D. 6, Castillo 6 (40’ st Dionisi ng). Allenatore: Stellone 6,5. Arbitro: Cervellera di Taranto 6,5. Reti: 5’ st Zaza (J), 47’ Blanchard (F). Recupero: 5 minuti (2’ pt + 3’ st). Ammoniti: Bonucci, Zaza (J); Rosi, Crivello, Soddimo (F). Espulsi: nessuno. Spettatori: 35.973
Data: 23-09-2015 – Ore: 20:45 LAZIO 4-2-3-1: Marchetti 6,5; Basta 6, Mauricio 6, Gentiletti 6, Lulic 6,5; Parolo 6, Cataldi 6; Felipe Anderson 7,5 (38’ st Mauri ng), Milinkovic-Savic 6 (38’ st Morrison ng), Kishna 5,5; Djordjevic 7 (33’ st Keita ng). Allenatore: Pioli 6,5. GENOA 3-4-1-2: Lamanna 6; De Maio 6, Burdisso 5, Marchese 5; Cissokho 5, Rincón 7, Tachtsidis 6 (1’ st Dzemaili 5,5), Laxalt 5,5; Ntcham 6 (1’ st Capel 5,5); Pandev 4, Perotti 5,5 (13’ st Figueiras 5,5). Allenatore: Gasperini 5,5. Arbitro: Rizzoli di Bologna 6. Reti: 35’ pt Djordjevic; 17’ st Felipe Anderson. Recupero: 5 minuti (1’ pt + 4’ st). Ammoniti: Mauricio, Gentiletti, Cataldi, MilinkovicSavic (L); Marchese, Cissokho, Figueiras (G). Espulsi: 11’ st Cissokho (G) per doppia ammonizione, 40’ Pandev (G) per gioco scorretto. Spettatori: 15.000 circa
Palermo-Sassuolo 0-1 (0-1)
Data: 23-09-2015 – Ore: 20:45 PALERMO 3-5-2: Colombi 6; Struna 5, González 5, El Kaoutari 5; Rispoli 5 (24’ st Quaison 6), Rigoni 5, Jajalo 5 (11’ st Maresca 5,5), Hiljemark 5 (1’ st Trajkovski 6), Lazaar 5; Vazquez 5,5, Gilardino 5. Allenatore: Iachini 5. SASSUOLO 4-3-3: Consigli 6; Vrsaljko 7, Cannavaro 6, Acerbi 6, Gazzola 6; Biondini 6 (33’ st Duncan 6), Magnanelli 6,5, Missiroli 6; Politano 6,5 (20’ st Berardi 6), Floccari 7,5 (28’ st Defrel 6), Sansone 6. Allenatore: Di Francesco 7. Arbitro: Pairetto di Nichelino 5,5. RetE: 35’ pt Floccari. Recupero: 7 minuti (3’ pt + 4’ st). Ammoniti: Rigoni (P); Vrsaljko, Cannavaro, Acerbi, Biondini, Magnanelli, Missiroli (S). Espulsi: 40’ st Rigoni (P) per doppia ammonizione. Spettatori: 17.730
Sampdoria-Roma 2-1 (0-0)
Udinese-Milan 2-3 (0-3)
CLASSIFICA
MARCATORI
Data: 22-09-2015 – Ore: 20:45 UDINESE 3-5-2: Karnezis 6; Wagué 5, Domizzi 5, Piris 5 (1’ st Zapata 7); Edenilson 6, Badu 6, Iturra 5 (39’ st Marquinho ng), Bruno Fernandes 6,5, Adnan 5 (28’ st Pasquale ng); Théréau 6,5, Di Natale 5. Allenatore: Colantuono 5,5. MILAN 4-3-1-2: Diego López 6; Calabria 7 (4’ st Alex 5), Zapata 6, Romagnoli 5, De Sciglio 6; De Jong 6, Montolivo 6, Bonaventura 7; Honda 5 (18’ st Poli 6); Bacca 5 (35’ st Luiz Adriano ng), Balotelli 7. Allenatore: Mihajlovic 6,5. Arbitro: Doveri di Roma 5,5. Reti: 5’ pt Balotelli (M), 10’ Bonaventura (M), 46’ Zapata (M); 6’ st Badu (U), 13’ Zapata (U). Recupero: 6 minuti (2’ pt + 4’ st). Ammoniti: Wagué, Piris, Iturra, Marquinho, Bruno Fernandes (U); Calabria, Zapata, Balotelli (M). Espulsi: 47’ st Bruno Fernandes (U) per doppia ammonizione. Spettatori: 26.774
96
Calcio 2OOO
Inter Fiorentina Sassuolo Chievo Sampdoria Torino Milan Lazio Roma Atalanta Palermo Napoli Juventus Empoli Verona Udinese Genoa Bologna Carpi Frosinone
15 5 5 0 0 6 1 12 5 4 0 1 7 3 11 5 3 2 0 8 5 10 5 3 1 1 9 3 10 5 3 1 1 11 7 10 5 3 1 1 9 5 9 5 3 0 2 8 8 9 5 3 0 2 6 10 8 5 2 2 1 8 6 8 5 2 2 1 6 4 7 5 2 1 2 6 6 6 5 1 3 1 10 6 5 5 1 2 2 5 5 4 5 1 1 3 6 9 3 5 0 3 2 4 7 3 5 1 0 4 4 8 3 5 1 0 4 2 6 3 5 1 0 4 2 7 2 5 0 2 3 5 10 1 5 0 1 4 2 8
Data: 23-09-2015 – Ore: 20:45 SAMPDORIA 4-3-1-2: Viviano 7; Pedro Pereira 6,5, Silvestre 6 (29’ pt Moisander 6), Zukanovic 7, Mesbah 6; Barreto 6, Fernando 6, Soriano 6; Correa 6 (15’ st Ivan 6); Muriel 6 (33’ st Cassano 6), Eder 7,5. Allenatore: Zenga 6,5. ROMA 4-3-3: De Sanctis 6; Florenzi 6, Manolas 5, De Rossi 6, Digne 6; Pjanic 7, Keita 6, Nainggolan 5,5 (41’ st Uçan ng); Salah 6,5 (41’ st Iturbe ng), Dzeko 6, Iago Falqué 5,5 (15’ st Gervinho 6). Allenatore: Garcia 6. Arbitro: Banti di Livorno 5,5. Reti: 5’ st Eder (S), 24’ Salah (R), 40’ Manolas (R) aut. Recupero: 6 minuti (2’ pt + 4’ st). Ammoniti: Zukanovic, Mesbah, Barreto, Fernando, Correa, Eder (S); De Rossi, Digne, Pjanic (R). Espulsi: nessuno. Spettatori: 21.769
6 reti: Eder (Sampdoria, 2 rig.) 4 reti: Higuaín (Napoli); Quagliarella (Torino) 3 reti: Paloschi (Chievo); Saponara (Empoli); Jovetic (Inter, 1 rig.); Bacca (Milan); Hiljemark (Palermo); Floro Flores (Sassuolo); Baselli (Torino) 2 reti: Pinilla (Atalanta); Birsa, Meggiorini (Chievo); Alonso, Babacar (Fiorentina); Dybala (Juventus, 1 rig.); Matri (Lazio); Bonaventura (Milan); Allan, Insigne (Napoli); Salah (Roma); Muriel (Sampdoria); Zapata (Udinese)
IL FILM
la gallery della 5a GIORNATA
Calcio 2OOO
97
scovate da CARLETT www.carlettoweb.com
BALOTELLI
DENIS
Selfie per il rientrante Mario con il colombiano Bacca, che al momento non ha deluso le aspettative dei tifosi milanisti.
Spuntino in famiglia per il centravanti argentino dell'Atalanta.
BOATENG
DI MARZIO
L'ex milanista Kevin Prince Boateng in uno scatto simpatico con il figlio avuto dall'ex velina Melissa Satta.
Dopo cena particolare per il giocatore della Roma Florenzi qui con il giornalista Gianluca Di Marzio.
RONALDO
FLORENZI
Anche i grandi campioni come Cristiano Ronaldo vanno a scuola a prendere i propri figli.
DANI ALVES Il terzino brasiliano del Barcellona si diverte molto ad usare i social network in modo simpatico.
98
Calcio 2OOO
Il vero protagonista della prima giornata di Champions League con un goal strepitoso da quasi centrocampo ha permesso alla Roma di pareggiare 1-1 con il Barcellona.
LAVEZZI Sarebbe dovuto arrivare, anzi, tornare in Italia questa estate all'Inter, ma alla fine è rimasto al PSG. Da questo scatto non sembrerebbe proprio infelice...
Il DJ/Speaker di RTL 102.5 Carlo CARLETTO Nicoletti seguirà i profili Instagram e Twitter dei giocatori più importanti del pianeta Calcio e ci segnalerà le foto e i tweet più divertenti e particolari. Segnalate quelle che magari potrebbero sfuggirgli scrivendogli al suo profilo Instagram e Twitter: @carlettoweb
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