Calcio2000 n.216

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Mensile | DICEMBRE 2015 | N. 216 | Italia | Euro 3,90

Calcio

BE €8,00 | F €11,50 | PTE CONT €7,50 | E €7,50 | CHCT chf 8,50

L’ALFABETO DEI BIDONI

LUTHER BLISSETT

-LA STORIA DI MISS IT-

2OOO il mensile diretto da FABRIZIO PONCIROLI

Esclusiva Álvaro RECOBA “OGGI GIOCHEREI OVUNQUE”

Esclusiva Antonio CALIENDO “MI PIACEREBBE AVERE BALOTELLI”

Esclusiva

Speciale La forza dei vivai CHI HA VINTO CON I GIOVANI

JOSIP ILIČIČ

L’ORO SLOVENO DELLA VIOLA

ESCLUSIVA Paolo CANNAVARO “SASSUOLO AMBIENTE SUPER”

foto Federico De Luca @FDLCOM

Esclusiva Renato VILLA “HO IL BOLOGNA NEL CUORE”


L'EDITORIALE di Fabrizio PONCIROLI

direttore@calcio2000.it

DIVIN EQUILIBRIO Mensile | DICEMBRE 2015 | N. 216 | Italia | Euro 3,90

PIU’ DI 900 SOGGETTI IN OLTRE 500 FIGURINE! Colleziona e vota il golden Panini sticker inserendo il codice presente nel retro delle figurine speciali su www.panini365.com Official FIFA licensed product. © FIFA and FIFA’ s Official Licensed Product Logo are copyrights and/or trademarks of FIFA. All rights reserved. Manufactured under license by Panini.

IN TUTTE LE EDICOLE!

N. 216 - DICEMBRE 2015

Calcio

L’ALFABETO DEI BIDONI

LUTHER BLISSETT

-LA STORIA DI MISS IT-

2OOO il mensile diretto da FABRIZIO PONCIROLI

Esclusiva Álvaro RECOBA “OGGI GIOCHEREI OVUNQUE”

Esclusiva Antonio CALIENDO “MI PIACEREBBE AVERE BALOTELLI”

2OOO

JOSIP ILIČIČ

Esclusiva

Calcio

TOP PLAYER DI TUTTO IL MONDO

Made in Italy

BE €8,00 | F €11,50 | PTE CONT €7,50 | E €7,50 | CHCT chf 8,50

Esclusiva Renato VILLA “HO IL BOLOGNA NEL CUORE”

Speciale La forza dei vivai CHI HA VINTO CON I GIOVANI

JOSIP ILIČIČ

L’ORO SLOVENO DELLA VIOLA

ESCLUSIVA Paolo CANNAVARO “SASSUOLO AMBIENTE SUPER”

foto Federico De Luca @FDLCOM

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on ce ne voglia il pubblico bianconero ma, dopo tanti anni di dominio Juventus, è divertente e stimolante vedere tante piazze avere sogni tricolori. Certo, siamo ancora in una fase interlocutoria, tuttavia l’impressione è che, 369 DA siamo di fronte ad un campionato davcontiCARDS allaTUTTE mano, COLLEZIONARE vero equilibrato e, per tale motivo, imprevedibile. Roma, Napoli, Inter, ovviamente la stessa Juventus, perché no Lazio e Milan e, non dimenMEGA STARTERPACK CON: tichiamolo, pure la Fiorentina. Che spettacolo… La· campo Viola è stata raccoglitore da gioco · bustinescelta · 1 card limited edition · regole di gioco · checklist come protagonista assoluta della vostra/nostra rivista preferita. L’onore è toccato a Ilicic, una delle colonne della compagine gigliata di Paulo Sousa. Lo sloveno sembra essere finalmente diventato la stella che tutti aspettavano da tempo. Un talento sbocciato, una cover meritata. Ma questa è un’uscita di quelle da conservare a lungo. Uno come Recoba (ha da poco smesso di giocare) merita sempre la massima PIÙ DIall’interno 200 CARDS del SPECIALI COME attenzione e, di conseguenza, diverse pagine magaziLE NUOVISSIME MOTO PERPETUO, DUO MERAVIGLIA , GIOCATORE CHIAVE ne. Poi c’è anche Paolo Cannavaro e la leggenda Caliendo, insomma piatto ricco. Vi consiglio anche gli approfondimenti legati al mondo dei vivai e ai più abili colpitori di testa della storia. Chiaramente ho un debole per gli stranieri che, diciamo così, non hanno lasciato un grande segno nel nostro calcio e, appunto per questo motivo, sono diventati immortali. Raccontato cosa state per trovare nella vostra/nostra rivista preferita, lasciatemi soffermare su un paio di temi che mi stanno parSCOPRI SU WWW.PANINIADRENALYN.COM COME GIOCARE SFIDE ONLINE ED UTILIZZARE A R D S D OPallone P P I E P E R Rd’Oro. E N D E R E Non mi interessa chi lo vincerà ticolarmente LaE Ccuore. INVINCIBILE LA TUA SQUADRA! (Messi, non ci sono dubbi) ma vedere, nei 23 finalisti, solo un giocatore e mezzo della Juventus (Pogba e Vidal, ora al Bayern) mi pare follia pura. Secondo punto (rispondo a tante mail che mi avete mandato). Il Milan non è da rifondare, il Milan è il risultato di investimenti, negli anni, non lungimiranti. Troppi campioni (o presunti tali) già affermati e nessun lavoro sui vivai e sul Made in Italy. Una volta avevi Baresi, Tassotti, Maldini, Galli e tanti altri, ora chi puoi proporre? In generale (non mi riferisco al Milan che, almeno negli acquisti, ha dimostrato di tenere all’azzurro), si continua a credere che lo straniero sia, per forza di cose, superiore al nostro prodotto interno. I nostri ragazzi sono bravi ma se nessuno ci crede, ritengo che sia automatico che restino in disparte. Torino, Sassuolo, la stessa Juventus, mi pare che ci siano tante squadre, con ossatura italiana, che stanno ben figurando, o mi sbaglio? Da qui mi collego ad un certo Baselli. Ringrazio, pubblicamente, Cairo per averlo acquistato e Ventura per avergli dato una chance. La butto lì: fossi in Conte lo porterei sicuro ad Euro 2016… www.paninigroup.com

“Cerchiamo l’equilibrio e ci innamoriamo di chi ce lo sposta…”

www.calcio2000.it Calcio 2OOO

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SOMMARIO N.216 6

ANNO 19 N. 12 DICEMBRE 2015 ISSN 1126-1056

LA BOCCA DEL LEONE di Fabrizio Ponciroli

Registrazione al Tribunale di Milano n.362 del 21/06/1997 - Iscritto al Registro Operatori di Comunicazione al n. 18246

8 JOSIP ILIČIČ

INTERVISTA ESCLUSIVA

di Lorenzo Di Benedetto

18 VIVAI ITALIANI SPECIALE

8

di Luca Gandini

26 PAOLO CANNAVARO

INTERVISTA ESCLUSIVA

18

38 COLPITORI DI TESTA

Marco Conterio, Luca Bargellini, Gaetano Mocciaro, Chiara Biondini, Simone Bernabei, Lorenzo Marucci, Pietro Lazzerini, Tommaso Maschio, Lorenzo Di Benedetto.

di Thomas Saccani

44 MARCO VAN BASTEN STORIE DI CALCIO di Luca Gandini

di Alessio Alaimo

26

50 SPAL - LEGA PRO di Sergio Stanco

52 SCORDIA - SERIE D di Simone Toninato

54 ANTONIO CALIENDO I RE DEL MERCATO

di Fabrizio Ponciroli

32

I GIGANTI DEL CALCIO STORIA

STATISTICHE

di Gabriele Porri

Redazione Calcio2000

44

di Stefano Borgi

e-mail: media@calcio2000.it Tiber S.p.A. Via della Volta, 179 25124 Brescia Tel. +39 0303543439 Fax. +39 030349805

DOVE SONO FINITI? di Stefano Benetazzo

CAMPIONATI STRANIERI

54

DISTRIBUZIONE

IL FIM DEL CAMPIONATO

Mepe S.p.A. Via Ettore Bugatti, 15 20142 Milano Tel +39 0289592.1 Fax +39 0289500688

SCOVATE DA CARLETTO RTL

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NUMERO CHIUSO IL 30 OTTOBRE 2015

IL PROSSIMO NUMERO sarà in edicola il 10 DICEMBRE 2015 4

CONTATTI PER LA PUBBLICITÀ: STAMPA

80 RENATO VILLA

92 98

Image Photo Agency (imagephotoagency.it), Agenzia Aldo Liverani, Federico De Luca, Balti/Photoviews. TC&C S.r.l.

74 CHAMPIONS LEAGUE ’82/’83

84 SPAGNA di Paolo Bardelli 86 INGHILTERRA di Luca Manes 88 GERMANIA di Flavio Sirna 90 FRANCIA di Renato Maisani

Luca Gandini, Sergio Stanco, Thomas Saccani,Luca Gandini, Alessio Alaimo, Simone Toninato, Gabriele Porri, Stefano Borgi, Flavio Sirna, Paolo Bardelli, Luca Manes, Renato Maisani, Carletto RTL.

REALIZZAZIONE GRAFICA

di Marco Conterio

ACCADDE A...

HANNO COLLABORATO

FOTOGRAFIE

64 ÁLVARO RECOBA

78 CESARE PRANDELLI

DIRETTO DA

FABRIZIO PONCIROLI

REDAZIONE

SPECIALE

48 TRAPANI - SERIE B

TC&C srl Strada Setteponti Levante 114 52028 Terranuova Bracciolini (AR) Tel +39 055 9172741 Fax +39 055 9170872 Michele Criscitiello

32 LUTHER BLISSETT

di Fabrizio Ponciroli

EDITORE

DIRETTORE RESPONSABILE

di Sergio Stanco

L’ALFABETO DEI BIDONI

Calcio2OOO

Calcio 2OOO

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Calcio2000 è parte del Network

IL IL TOP TOP DEL DEL CALCIO CALCIO MONDIALE MONDIALE

è è PANINI PANINI FIFA FIFA 365 365

29 squadre, tra cui Juventus, Milan, Inter, Roma 29 squadre, tra cui Juventus, Milan, Inter, Roma e Lazio, 520 figurine e oltre 900 immagini… e Lazio, 520 figurine e oltre 900 immagini… Una collezione top… E’ disponibile “Panini FIFA 365”, la nuovissima collezione di E’ figurine dedicata al top del365”, calcio Una collezione top… disponibile “Panini FIFA la monnuodiale, griffata Panini,disu licenzadedicata ufficiale FIFA. 520 vissima collezione figurine al topComposta del calcioda monfigurine, prevede ben 134 speciali. Grazie al particolare formato, diale, griffata Panini, su licenza ufficiale FIFA. Composta da 520 parliamoprevede di oltre 900 traGrazie giocatori e squadre.formato, Spazio figurine, ben immagini, 134 speciali. al particolare a 29 tra i più prestigiosi e titolati club del panorama calcistico parliamo di oltre 900 immagini, tra giocatori e squadre. Spazio di29 tutti i continenti. Ben cinque i team del campionato a trae icinque più prestigiosi e titolati club del panorama calcistico italiano: Juventus, Milan, Roma, Inter e Lazio. Un album di 72 di tutti e cinque i continenti. Ben cinque i team del campionato pagine, con in coverMilan, Messi,Roma, CR7 eInter Neuer. La raccolta – presente italiano: Juventus, e Lazio. Un album di 72 anche al sito www.panini365.com – coinvolge anche tutti i colpagine, con in cover Messi, CR7 e Neuer. La raccolta – presente lezionisti: sul www.panini365.com retro di una figurina,–presente inanche tutte letutti bustine, anche al sito coinvolge i colè stampato uno speciale codice per votare il giocatore preferito lezionisti: sul retro di una figurina, presente in tutte le bustine, della collezione. è stampato uno speciale codice per votare il giocatore preferito Nell’album “Panini della collezione. FIFA 365”, a ciascuna delle 29 squadre è dedicata una “Panini doppia pagina, il cui sfondo èdelle caratterizzato daèuna Nell’album FIFA 365”, a ciascuna 29 squadre deveduta della città sede del team. Ogni club è rappresentato dalle dicata una doppia pagina, il cui sfondo è caratterizzato da una immagini a mezzobusto diteam. 20 calciatori, accanto all’emblema e veduta della città sede del Ogni club è rappresentato dalle alla foto della rosa. Le figurine sono di accanto grandi dimensioni per immagini a mezzobusto di 20 calciatori, all’emblema e permettere, grazie al particolare formato di ciascuna di esse, di alla foto della rosa. Le figurine sono di grandi dimensioni per contenere immagini. formato Nella spazio dedicato ogni permettere,anche graziepiù al particolare di ciascuna di ad esse, di squadra, sono anche presenti le immagini del top player e di sei contenere anche più immagini. Nella spazio dedicato ad ogni giocatori in azione. mancano poi palmares, deleclub e squadra, sono ancheNon presenti le immagini del topdati player di sei una ricca sezione statistica riferita alle performance di squadra giocatori in azione. Non mancano poi palmares, dati del club e dell’ultimo triennio. In totale,riferita i calciatori presenti nella una ricca sezione statistica alle performance di colleziosquadra ne sono ben 580, provenienti da 58 differenti nazioni. Le aree dell’ultimo triennio. In totale, i calciatori presenti nella colleziogeografiche con il maggior numero di club rappresentati ne sono ben 580, provenienti da 58 differenti nazioni. Le nella aree raccolta sonocon l’Europa e il Sud America (rispettivamente con 18 geografiche il maggior numero di club rappresentati nella e 7 squadre), seguite da Centro America, Oceania, Africa e Asia raccolta sono l’Europa e il Sud America (rispettivamente con 18 con una formazione ciascuna. e 7 squadre), seguite da Centro America, Oceania, Africa e Asia La collezione “Panini FIFA 365” contiene anche diverse sezioni con una formazione ciascuna. speciali. Innanzitutto, vi sono due pagine di approfondimento La collezione “Panini FIFA 365” contiene anche diverse sezioni sulla “FIFA Club World Cup”, la massima competizione mondiaspeciali. Innanzitutto, vi sono due pagine di approfondimento le per squadre di club: insieme all’albo d’oro della competiziosulla “FIFA Club World Cup”, la massima competizione mondiane, con le vincitrici delle undici edizioni disputate, e diverse imle per squadre di club: insieme all’albo d’oro della competiziomagini della rassegna 2014, vinta dal Real Madrid. Altre sezioni ne, con le vincitrici delle undici edizioni disputate, e diverse imspeciali comprendono le due pagine sul “Mondiale Under20 magini della rassegna 2014, vinta dal Real Madrid. Altre sezioni 2015”, vinto dalla Serbia, e sulla “FIFA Women’s World Cup Caspeciali comprendono le due pagine sul “Mondiale Under20 nada 2015”, con trionfo degli States. Chiude l’album, una pagina 2015”, vinto dalla Serbia, e sulla “FIFA Women’s World Cup Cadedicata alle prime dieci Nazionali che guidano il ranking FIFA. nada 2015”, con trionfo degli States. Chiude l’album, una pagina dedicata alle prime dieci Nazionali che guidano il ranking FIFA.


PER SCRIVERCI: media@calcio2000.it

LA BOCCA DEL LEONE di Fabrizio PONCIROLI - foto Image Sport TROPPI STRANIERI Buonasera caro Direttore, sono Marco un ragazzo di 29 anni da Genova, tifoso blucerchiato. Sono un vostro fedele lettore dai tempi di Bartoletti direttore ed è la prima volta che vi scrivo. In particolare volevo esprimere una considerazione sull’affluenza di calciatori stranieri. Mi pare che la tendenza dopo l’ultimo mercato non si sia per nulla invertita e viviamo una situazione totalmente assurda. Va benissimo lo straniero di qualità, non solo il nome (es Bacca) ma anche una scommessa (de Roon), ma casi sono veramente emblematici di quanto poco si dia spazio ai giovani italiani. Cito a memoria alcuni esempi… L’Inter che in emergenza l’anno scorso tessera FELIPE(!!!!), ma per le 4 presenze che ha fatto non si sarebbe potuto dare spazio a un qualsiasi primavera?? Il risultato della squadra sarebbe cambiato così tanto? L’Atalanta con in rosa Scaloni a 37 anni(!!!), ma concedere il suo posto a uno dei tanti giovani in prestito per permettergli di crescere in A (Suagher, Nava, Conti) avrebbe influenzato così tanto la stagione?? Tralasciando il caso Udinese (per me scandaloso) e la politica del Carpi (grande promozione con gruppo tutto italiano e rivoluzione in A con gente come Bubnjc(!!), Brkic(!!)

EMANUELE SUAGHER

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e Gino(!)), l’ultimo esempio è di questi giorni con il tesseramento del Torino di tal Vasyl Pryima, sicuramente un fenomeno, ma mi scusi la Primavera ha vinto lo scudetto e il Torino ha in prestito giovani come Chiosa non sarebbe più utile puntare a far crescere un giovane di casa nostra? Grazie per l’attenzione gradirei saper la sua opinione ed esser pubblicato, e soprattutto sollecitare maggior attenzione e critiche alle società quando compiono alcune scelte; il futuro del calcio che amiamo passa anche dall’ambiente al di fuori. Mail firmata, Marco Caro Marco, con me sfondi una porta aperta circa la questione straniero. Condivido ogni tuo punto. Se lo straniero è in grado di farti fare un salto di qualità, ben venga… Se è solo un modo per risparmiare soldi e avere un nome esotico in più in rosa, non serve… Ti riporto alcune parole che mi ha confidato l’amico Pruzzo sulla questione: “Quando vedevo gente come Falcao o Platini o Maradona, capivo di essere fortunato a giocare nello stesso campionato. Poi ne vedevo tanti altri e non capivo perché giocassero insieme a me, visto che erano davvero di pessima qualità…”. Io rispetto la formula

MARCO CHIOSA

dell’Udinese ma non la condivido. Ritengo che il Made in Italy, se fatto crescere al meglio, porterebbe tanti giovamenti a tutto il nostro calcio. Un’ultima riflessione. Perché tanti giocatori vengono da noi e pochi italiano giocano negli altri campionati? Mi fermo qui… MIHA VS CONTE Direttore, Conte il primo anno a centrocampo si è "trovato" con Pirlo, Vidal e Marchisio/Pogba non con Montolivo, Kucka/ Dejong/Poli e Bertolacci. Sono due situazioni difficilmente paragonabili, per quanto noi abbiamo l'attacco più forte di quella Juve, il resto della squadra non è minimamente paragonabile. D'altro canto la difesa del Milan, potendo affiancare a Romagnoli un giocatore tendenzialmente solido come Mexes non sarebbe nemmeno cosi male, fermo restando un centrocampo che fa filtro e rilancia l'azione con velocità e precisione. Spero di non averla disturbata e mi perdoni la forma perfettibile. Mail firmata, Enrico Caro Enrico, io credo che Conte si sia ritrovato nelle stesse condizioni “ambientali” di Mihajlovic, ovvero alle prese con

SINIŠA MIHAJLOVIĆ

una squadra devastata. Certo, ora citare i vari Pirlo, Vidal, Marchisio e Pogba significare parlare di fuoriclasse ma quando Conte ha preso in mano la Vecchia Signora (2011) non erano messi benissimo anche loro (Pirlo era stato scartato dal Milan, ad esempio, e dato per finito, Pogba è arrivato nel 2012). Concordo su analisi Romagnoli… Con al fianco un difensore esperto, potrebbe crescere tantissimo. Ci fosse ancora Nesta… NON SOLO CALCIO Direttore, so che lei è un grandissimo esperto di album di figurine. Immagino che stia aspettando, come il sottoscritto, il nuovo Calciatori e abbia fatto Fifa 365. Della Champions che mi dice? Me l’aspettavo in questo periodo, anche se Fifa 365 è fantastico. Ma lei colleziona solo album di calcio? Lo sa vero che, in passato, il suo precedente datore di lavoro, Bartoletti, aveva fatto degli album di figurine Calcio2000, vero? Li ho tutti… Grazie e scusi il disturbo Mail firmata, Massimiliano Caro Max, come non rispondere a chi mi chiede del mio amato mondo delle figurine. Allora, andiamo per gradi. Sì, sto

PANINI - FIFA 365

aspettando, con ansia, il nuovo Calciatori e sono certo che sarà uno spettacolo, come sempre. Fifa 365 meraviglioso, Champions League, quest’anno, è nelle mani di un’altra azienda e, francamente, mi pare strano tutto questo ritardo. Io colleziono ogni album di figurine che esce in edicola, non solo in Italia e non solo di sport. Ora sto impazzendo con il nuovo NBA ma pure per Tex… Anche io custodisco le uscite Calcio2000. Ora, per la questione legata ai diritti, non è più possibile fare certe operazioni ma ci sono legatissimo… BENE TABELLINI E CARICATURE Carissimo Direttore, complimenti per come stai dirigendo il nostro amato Calcio 2000, sempre più bello ed interessante. Ho trovato la piacevole sorpresa del ritorno dei tabellini e del Film del campionato di Serie A. Bellissime le caricature di Benny e stupende le tante foto presenti nella rivista. Un unico appunto direttore, che fine hanno fatto i disegni di Cesare Righi? Sarebbe bello che in ogni numero ci fosse un suo disegno magari per rappresentare con la sua magnifica matita il gol più bello del mese che ne pensi? Un affettuoso saluto a te ed a tutta la redazione.

mail firmata, Berto Flavio Grazie per i tanti, troppi complimenti. Hai ragione anche tu, Cesare lo devo ricontattare, me lo segno… RICEVIAMO & PUBBLICHIAMO UN BEL LIBRO Buongiorno, mi chiamo Zanini Riccardo e vi contatto a nome dei Pionieri del Pallone. A fine aprile io ed altri tre amici abbiamo scritto e autoprodotto un libro, intitolato proprio “I Pionieri del Pallone”. Questo volume è nato dalla passione di Maurizio Siviero, il vero promotore di questa iniziativa. L’opera racconta la nascita e la diffusione del gioco del calcio prendendo in considerazioni le squadre capostipiti di ogni nazione ancora oggi in attività. Si parte ovviamente dallo Sheffield FC, il vero e proprio “padre” di questo sport, con una breve introduzione sui suoi fondatori, Creswick e Prest. Il libro analizza per prima cosa il panorama calcistico britannico narrando ad esempio la storia dell’Hallam FC oppure dello Stoke City o del meno conosciuto Airdieonians FC. Non si racconta soltanto di squadre inglesi, ma si intraprende un percorso storico geografico che parte dalla Gran Bretagna, passa dall’Europa Centrale, parlando ad esempio del BFC Germania 1888, prosegue per il Nord Europa, con il TB Tvoroyry per citare una squadra poco conosciuta, volta verso l’Europa dell’Est, dove troviamo l’Ujpest FC, si sposta in Europa Peninsulare, dove viene presa in considerazione tra le tante l’Andorra FC. Il viaggio prosegue nel Nuovo Mondo con le storie del calcio sud americano, e finisce nel resto del Mondo, con l’Al Ahly SC del Cairo. Il volume è di 216 pagine a colori , per ogni società è stata inserita una foto dello stadio o della squadra, la cartina geografica e lo stemma.

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INTERVISTA JOSIP ILIČIČ

INTERVISTA / JOSIP ILIČIČ IN CONTINUA CRESCITA

Lo sloveno sta diventanto un punto fisso per Sousa...

L’ARTISTA DELLA VIOLA FACCIA A FACCIA CON ILIČIČ, UNA DELLE COLONNE DELLA FIORENTINA DI SOUSA

di Lorenzo DI BENEDETTO

© @FDLCOM

foto Federico DE LUCA

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INTERVISTA / JOSIP ILIČIČ

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al calcetto nelle strade della sua Slovenia a Firenze. Josip Iličič si racconta, racconta la sua vita, le difficoltà affrontate da ragazzo, fino al suo arrivo in Italia, con il Palermo prima e la Fiorentina poi che gli hanno dato la possibilità di mettersi in mostra in un campionato che sognava fin da piccolo. La moda fuori dal campo, e nessun tatuaggio addosso, ma il calcio viene prima di tutto e il popolo viola deve ancora vedere all'opera il vero Iličič, che giura amore alla maglia viola sperando di diventare un punto fermo per il futuro del club gigliato. Come ha iniziato a giocare a calcio? “Tutti i bambini dalle mie parti iniziano sulla strada. Ho iniziato da lì, giocando a calcetto, che mi piaceva di più rispetto al calcio vero e proprio.

INTERVISTA / JOSIP ILIČIČ

“” il mariBor, il direttore SPORTIVO ZAHOVIČ E MISTER MILANIČ resteraNNo semPre Nel mio cuore Nella mia città c'era una società che prende tutti i migliori talenti delle giovanili e io sono stato uno di questi. Fino a 17 anni ho vestito sempre la maglia di un'unica squadra poi ho fatto un cambiamento, andando in un club più piccolo per mettermi in mostra. Presi la decisione di scendere un po' di livello, e nella mia nuova avventura giocavo da centrocampista e riuscii a segnare 13 gol nell'Under 18. In quel momento c'è stato il primo vero cambiamento

nella mia carriera”. Prego. “Decisi di andare a giocare in Serie B e credo di aver fatto la scelta giusta, anche perché era una società molto organizzata. Non riuscimmo a centrare la promozione e dato che in Slovenia i piccoli club hanno problemi finanziari quella stessa società fallì e fui costretto a partire”. Un altro cambiamento importante? “Sì. Ero molto giovane e i primi tre mesi non giocavo molto, anche se quell'esperienza mi è servita, visto che c'erano tanti giocatori bravi dai quali ho imparato tante cose. Come ho già detto però non giocavo quasi mai, tant'è che volevo andare via, ma poi abbiamo cambiato allenatore, è arrivato Alberto Bigon, e lui mi ha dato subito fiducia. Successivamente è arrivato un altro tecnico e la società puntava molto sui giovani, anche a causa di alcuni problemi

CLASSE IMMENSA Josip sta dimostrando di avere un talento infinito...

UNA CARRIERA TUTTA DA VIVERE Di Lorenzo Di Benedetto

JOSIP ILIČIČ HA LEGATO IL SUO NOME AL COLORE VIOLA: PRIMA AL MARIBOR E ADESSO ALLA FIORENTINA

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ato a Prijedor, in Bosnia Erzegovina, il 29 gennaio 1988, Josip Iličič ha iniziato fin da piccolo a giocare a calcio. La sua vera passione era però il calcetto, praticato soprattutto per strada. Possiede il doppio passaporto, sloveno e croato, e la sua carriera è stata costellata da colpi di scena. Prima la sua voglia di smettere con il calcio, a causa del comportamento del primo procuratore della sua carriera, poi la chiamata del Maribor, che lo ha di fatto lanciato nel calcio che conta. La sua avventura nei gialloviola è però durata molto poco, visto che il Palermo di Maurizio Zamparini non se lo fece sfuggire, prelevandolo proprio dalla società slovena, nell'affare che portò in Sicilia anche Armin Bačinovič. Prima di lasciare il Maribor però, lo stesso Iličič mise a segno il gol del momentaneo 2-0 proprio nella gara di ritorno dei preliminari di Europa League contro i rosanero, partita persa poi dagli sloveni per 3-2, che furono eliminati a causa del 3-0 dell'andata. Il suo arrivo in Italia è datato 27 agosto 2010, anche se il Palermo ufficializzò il suo acquisto il 31 dello stesso mese, durante l'ultimo giorno di calciomercato, per 2,2 milioni di euro. Il 12 settembre il suo esordio in Serie A, con un approccio al campionato italiano subito positivo, e la sua prima rete che arrivata la settimana successiva nella sfida persa dal Palermo al Barbera contro l'Inter per 2-1. Nelle prime sei giornate Iličič

economici. Quello è stato uno dei periodi più difficili della mia carriera, perché il club non voleva farmi partire e in un momento ho anche pensato di smettere di giocare a calcio”.

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© @FDLCOM

© @FDLCOM

Poi cos'è successo? “Ho fatto un provino per una squadra moldava, avevo un procuratore che non si è comportato molto bene e a 21 anni volevo tornare a giocare a calcetto, la mia vera passione. Decisi di andare a lavorare, sono stato 2 settimane a casa ma poi ricevetti una telefonata dal direttore sportivo del Maribor Zlatko Zahovič che mi propose un contratto con il club sloveno. Accettai e in quel momento la mia vita è cambiata”. Come ricorda la sua esperienza al Maribor? “Arrivai senza neanche fare la preparazione, mi allenai soltanto due volte e il tecnico Milanič, la persona più importante, insieme a Zahovič, della mia carriera, mi fece giocare

realizzò ben quattro reti e il pubblico rosanero, anche per questo, si innamorò subito di lui. Concluse la sua prima stagione in Serie A, con otto gol in trentaquattro presenze, mentre il secondo anno, complici anche gli infortuni che lo costrinsero a restare ai box, furono solo due le reti in trentatré presenze. 2012/2013 agrodolce invece per il trequartista sloveno che riuscì a raggiungere la doppia cifra in campionato, ma il suo Palermo dovette salutare la Serie A dopo una stagione molto travagliata. Anche lo stesso Iličič soffrì molto, causa della pubalgia che gli impedì di scendere in campo nelle ultime giornate e di terminare quindi nel migliore dei modi la sua parentesi nel capoluogo siciliano. Nell'estate del 2013 infatti lo sloveno lasciò il club di Zamparini per approdare alla Fiorentina, società che ancora oggi detiene il suo cartellino. L'esperienza di Iličič a Firenze è stata contrassegnata dai tanti alti e bassi, con un inizio difficile, ma con un presente che lascia assolutamente ben sperare, visto che Paulo Sousa punta molto su di lui e sta continuando a dargli molta fiducia. Il numero 72 viola rappresenta anche un punto di riferimento per la sua Nazionale, nella quale ha esordito l'11 agosto del 2010 nell'amichevole contro l'Australia. Firenze spera che Iličič possa diventare sempre più decisivo, e che possa contribuire ad alzare quel trofeo sognato da tempo da tutto il popolo viola.

“” a 21 aNNi ho PeNsato di smettere coN il calcio. Poi la mia Vita è camBiata fin da subito, dandomi molta fiducia. Queste due persone e il Maribor resteranno per sempre nel mio cuore, anche se in questo club ho giocato pochissime partite. Penso sempre al colore della maglia di quel club, il viola, e anche per questo, anni dopo, ho scelto la Fiorentina”. Poi la gara di Europa League contro il Palermo. Quella contro i rosanero è stata una delle più importanti per il suo futuro in Italia? “Giocai per un mese con la maglia del Maribor e già da prima il club

siciliano si era fatto avanti chiedendo informazioni su di me. Walter Sabatini si mise d'accordo con il Maribor, io non sapevo niente ancora. La gara di andata fu in Sicilia, perdemmo 3-0 ma giocai molto bene, e quando tornammo in Slovenia la società mi chiamò e mi disse tutto. Non mi immaginavo che fosse il Palermo la squadra interessata a me, pensavo fosse il Napoli. In due mesi la mia vita cambiò radicalmente, anche perché ricevetti anche la prima chiamata in Nazionale”. Quando ha firmato per il Palermo? “Il giorno prima della gara di ritorno di Europa League. È stata la partita più brutta della mia vita, perché giocavo contro la squadra per la quale avevo già firmato. In quel momento però ero ancora un giocatore del Maribor e feci anche gol (ride ndr). Mi ricordo Liverani che si arrabbiava con me ma io non capivo”. L'esperienza a Palermo con tanti Calcio 2OOO

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INTERVISTA / JOSIP ILIČIČ

Il suo ultimo anno a Palermo è stato comunque molto positivo. “Sì, quando sono sceso in campo ho giocato sempre molto bene. Ripeto, negli ultimi mesi ho sofferto molto, giocavo senza allenarmi e nella parte finale del campionato mi sono dovuto fermare, altrimenti le conseguenze sarebbero state peggiori”. Poi il passaggio alla Fiorentina. È stata una trattativa difficile? “Sono stato per due mesi ad aspettare. A Firenze stavano arrivando Mario Gomez e Joaquin e io aspettavo la chiamata decisiva. È stato un periodo difficile, non tanto per me ma soprattutto per il mio procuratore e per la mia famiglia. Io ero tranquillo, ero anche disposto a restare

TRE ANNI AL PALERMO Ben 98 presenze, con 20 gol in rosanero

Un inizio difficile a Firenze? “Sì, perché la squadra era già costruita. Il modulo era il 3-5-2 e per me era difficile trovare spazio. Ho avuto qualche difficoltà di ambientamento, anche perché non ho giocato subito, a differenza di quanto avevo fatto al Maribor e al Palermo”. Anche con il pubblico c'è stato qualche attrito. “È normale. La gente si aspettava molto da me e io non stavo giocando come sapevo. Penso comunque

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CLUB

PRESENZE

2007-2008

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2009-2010 lug.-ago. 2010 ago. 2010-2011 2011-2012 2012-2013 2013-2014 2014-2015

RETI

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2015-2016

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Che cosa l’ha convinta a scegliere la maglia viola? “Mi piaceva molto il gioco. Quando affrontavi la Fiorentina soffrivi sempre molto. Vincere è bello, ma conta anche il gioco e in quegli anni la squadra giocava veramente bene”.

LA CARRIERA di ILIČIČ 2008-2009

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a Palermo. Volevo giocare, e ho scelto la Fiorentina anche se avevo anche altre offerte, sia in Italia che in Germania e Russia, ma io volevo Firenze”.

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“”

ho uN GraNde raPPorto coN ZamPariNi. diFeNde semPre i Giocatori ed è semPre PreseNte

è stato facile. Alla fine della stagione poi è arrivata la retrocessione e mi è dispiaciuto molto venire via da Palermo con la squadra in Serie B. Fortunatamente dopo un anno la squadra è tornata in A”.

* Dati aggiornati al 14/10/2015

allenatori. Che rapporto aveva con il presidente Zamparini? “Sono sempre stato bene con lui, difende sempre i giocatori, ti dà sempre fiducia ed è sempre presente durante la settimana e nelle partite in casa. Per me è stato molto importante. Il mio secondo anno in rosanero è stato molto difficile, avvertivo molta pressione su di me ed erano cambiati tanti giocatori. Riuscimmo però a ottenere la salvezza ma il terzo anno in Serie A ho avuto molti problemi fisici. Gli ultimi 4 mesi ho sofferto di pubalgia e non

INTERVISTA / JOSIP ILIČIČ

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FANTASTICO IN ZONA GOL Con Sousa, Josip è diventato più freddo sotto porta

INTERVISTA / JOSIP ILIČIČ

di aver fatto bene, mi sono fermato per qualche infortunio di troppo ma sono molto contento di essere rimasto a Firenze perché era quello che volevo”. Adesso il suo rapporto con il pubblico è migliorato? “Giocare con il tifo dalla tua parte è più facile, i nostri tifosi ci incitano sempre. Io guardo solo avanti, senza pensare a cosa è successo in passato. Riconquistare il pubblico e giocare bene era il mio obiettivo, mi interessa solo quello”. Vede la Fiorentina come un punto d'arrivo per la sua carriera? “Mi piacerebbe restare per tanto tempo, poi è chiaro, nella vita non si sa mai, ma il mio obiettivo è quello di rimanere il più a lungo possibile a Firenze”. Qual è stato il gol più bello della sua carriera? “Fortunatamente ne ho segnati tanti bellissimi. Ricordo quello contro la Sampdoria, con la maglia del Palermo. È stato il più difficile: saltai 5 uomini e arrivai davanti al portiere stremato riuscendo però comunque a fare gol. Ricordo poi quello dello scorso anno proprio contro i rosanero al Barbera con un tiro molto violento da fuori area. Non posso sceglierne solo uno”.

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La sua partita più bella? “Dico Catania-Palermo, nel mio ultimo anno in Sicilia. Soffrivo di pubalgia e avevo chiesto il cambio, ma Sannino non aveva nessuna intenzione di sostituirmi. Eravamo messi malissimo in classifica, tutto il pubblico catanese aveva in mano dei cartoncini con la lettera 'B'. Vincemmo al 94' grazie a un mio gol, e non dimenticherò mai quella gara, soprattutto per quel che successe al nostro ritorno a Palermo, con i nostri tifosi che ci accolsero come degli eroi. Tornai a casa nudo”.

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“” il mio ruolo PreFerito? Quello di treQuartista dietro a due PuNte quell'occasione ho sbagliato un gol a pochi minuti dalla fine. È un ricordo triste, perché i tifosi avrebbero voluto vincere, è stato un peccato, ma non voglio pensarci più. Se devo pensare alla gara migliore che ho giocato con la Fiorentina dico nessuna. Deve ancora arrivare. Non ho ancora dato tutto ciò che mi sento a Firenze. Spero di fare meglio, posso farlo”. Cosa è cambiato da Montella a Paulo Sousa? “Il gioco è rimasto molto simile. Il nuovo tecnico ha portato qualcosa in più riguardo alla fase difensiva e anche dal punto di vista del modulo è cambiato qualcosa. Negli allenamenti poi i metodi sono diversi, ma è una cosa abbastanza normale”. Qual è il suo ruolo preferito? “Amo giocare da trequartista dietro a due punte, ma non sono io a scegliere. In quella posizione mi sento però più a mio agio, visto che posso muovermi molto liberamente e fornire anche tanti assist agli attaccanti che giocano davanti a me”.

Mario Gomez ha trascorso un periodo difficile a Firenze. Cosa non ha funzionato per il tedesco? “Credo che Mario sia stato condizionato dall'infortunio rimediato nei primi mesi alla Fiorentina. Il pubblico si aspettava molto da lui e lo stop ha complicato molto i suoi piani, anche perché ha perso i primi mesi in Italia. Mi trovavo bene con lui, così come con gli altri attaccanti che sono arrivati in questi anni. Con Kalinic adesso è più facile, anche perché durante le partite possiamo parlare la nostra lingua e nessuno ci capisce. Sono le piccole cose che però aiutano molto”. Chi è stato il compagno più forte con il quale ha giocato? “Dico Javier Pastore. Faceva cose incredibili e quello è stato un anno speciale per me. Poi ci sono Cuadrado, Borja Valero o Mario Gomez, ma ce ne sono stati anche tanti altri. Penso per esempio a Miccoli e Liverani, oppure Pizarro”. Un’altra pagina importante della sua carriera alla Fiorentina è stata senza dubbio quella relativa all'Europa League 2014/2015. Un bel cammino, che avrebbe però magari potuto avere un epilogo diverso? “Ci siamo rimasti molto male, ma il Siviglia ha meritato di passare, soprattutto nella gara di andata. Se in Spagna avessimo segnato subito le cose sarebbero cambiate,

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Quella che non dimentica giocata in maglia viola? “Si parla sempre della finale di Coppa Italia contro il Napoli a Roma. In Calcio 2OOO

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INTERVISTA / JOSIP ILIČIČ

MANCINO NATURALE Nel 2013 la Fiorentina ha sborsato nove milioni per lo sloveno

INTERVISTA / JOSIP ILIČIČ

“UN GRANDISSIMO GIOCATORE” Di Lorenzo Di Benedetto

PAROLA A CHI LO HA CONOSCIUTO DA VICINO: DA ZAMAPRINI A PERINETTI.

“S

ta facendo molto bene e finalmente ho rivisto il giocatore che conoscevo al Palermo. Ho sempre detto che ha ottime qualità, ma che il suo era un problema di carattere. È un ragazzo molto sensibile, che per rendere al meglio deve sentire la fiducia del tecnico e Sousa è stato bravissimo a capirlo. Forse in passato ha subito il rapporto con Montella, ma come ho sempre detto penso che sia un giocatore capace di fare la differenza in qualsiasi big del nostro campionato". Così Giorgio Perinetti ha parlato di Josip Iličič, suo giocatore ai tempi nel quale il direttore sportivo era sotto contratto con il Palermo. Un vero e proprio pupillo del dirigente che ha sempre avuto una buona opinione dello sloveno, come del resto anche l'uomo che ne ha sempre parlato benissimo, reputandolo uno dei giocatori più grandi con i quali ha avuto a che fare nella sua carriera nel mondo del calcio, il presidente del Palermo Maurizio Zamparini: “Iličič è il miglior giocatore della Fiorentina. Dal punto di vista tecnico è un campione, più degli altri calciatori in rosa. Poi ovviamente è l'allenatore a fare le valutazioni, ma Josip è un ragazzo molto bravo e serio. Certe critiche sono incomprensibili e fanno male, qualcuno addirittura pensa di giudicarlo dal punto di vista caratteriale senza sapere che, a livello privato, lui non ha passato momenti facili, a cominciare dall'infanzia; ci vorrebbe più rispetto. Ovviamente, come molti calciatori, se

anche perché poi siamo andati alla ricerca del gol finendo però per perdere per 3-0. Già nella prima gara il discorso era chiuso, la partita del Franchi è durata soltanto fino al primo gol. A parte quella doppia sfida credo che la Fiorentina abbia fatto delle splendide cose perché eliminare squadre come Tottenham o Roma non è da tutti. Sarebbe stato bello giocare la finale, ma credo che ci saranno altre opportunità per la Fiorentina di tornare a vincere”.

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Qual è il suo hobby che la distrae dal mondo del calcio? “Senza dubbio lo shopping. Mi piace molto la moda, soprattutto quando sono in Italia. Quando sono a casa infatti sto molto con gli amici o con la famiglia, oppure vado al mare. Non sono un amante dei videogiochi, mi piace girare e non stare a casa”.

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Pratica anche altri sport? “Sì. Quando posso gioco a tennis, ho provato il golf e mi piace molto il Calcio 2OOO

non ha fiducia si demoralizza, e allora da primo diventa ultimo, dunque serve bravura nel gestirlo. Se quest'anno a Firenze dicono che ha reso poco, penso che la colpa non sia solo di Iličič, ammesso che il suo rendimento sia da considerare insufficiente”. Queste le parole del GIORGIO PERINETTI patron rosanero nel corso dell'estate 2014. Lo stesso Zamparini, dopo l'inizio di questa stagione ha anche provato a spiegare il perché del suo rendimento altalenante nelle prime stagioni nel capoluogo toscano: “Iličič è stato trattato male, è molto sensibile e per questo motivo non rendeva al meglio”. Le prestazioni offerte in questo campionato, soprattutto contro il Milan al Franchi all'esordio in Serie A e contro l'Inter a San Siro nella splendida vittoria della Fiorentina contro i nerazzurri per 4-1, gare nelle quali lo sloveno ha realizzato, in entrambe, un gol su calcio di rigore, hanno però fatto cambiare l'opinione di molti nei confronti del numero 72 viola. Adesso ha tutte le carte in regola per dire la sua fino alla fine dell'anno, per conquistare ancor di più il cuore dei tifosi gigliati, che dopo una grande partenza sognano in grande. Anche grazie alle prestazioni di Josip Iličič.

“” soNo Felice di essere rimasto a FireNZe. era Quello che VoleVo e VoGlio dimostrare chi soNo basket. Sono un vero amante dello sport e quando smetterò di giocare a calcio magari potrò provare altro”. Riguardo alle sue esultanze, c'è stato un periodo nel quale dopo ogni rete il primo pensiero era quello di fare un cuore con le mani verso le tribune o le telecamere. Adesso invece ha cambiato il suo modo di esultare. Perché? “Non ci penso molto. Il cuore è per la mia fidanzata, che è stata sempre con me. Mi ha sempre aiutato e

sostenuto, anche nei momenti nei quali ho pensato di smettere. C'è stato un periodo dove lei andava a lavorare per potermi permettere di continuare a giocare a calcio. In Slovenia guadagnavo poco ed era molto difficile andare avanti. È una delle persone più importanti della mia vita”. Un'ultima cosa, una curiosità. Ha tatuaggi sul suo corpo? “No, neanche uno. Mi piacciono, ma ho paura che se dovessi iniziare a tatuarmi potrei anche non finire mai”.

Intervista di Lorenzo Di Benedetto Calcio 2OOO

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SPECIALE VIVAI ITALIANI

SPECIALE / VIVAI ITALIANI

di Luca GANDINI

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IL MAGNIFICO Lorenzo Insigne è uno dei pochi giocatori che sono diventati titolari in prima squadra dopo aver fatto la trafila del settore giovanile

MILAN L'È UN GRAN MILAN - Il Milan in passato ha sempre fondato i suoi successi su un floridissimo vivaio

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LA PARABOLA DEL FIGLIOL PRODIGIO 18

COME E QUANTO I PRODOTTI DEL VIVAIO HANNO INCISO NEI GRANDI SUCCESSI DEI CLUB ITALIANI Calcio 2OOO

rima società italiana in quanto a numero di titoli internazionali, il Milan detiene un altro primato da sbandierare con orgoglio in quest'epoca così povera di soddisfazioni. È infatti il club che ha più proficuamente attinto dal proprio vivaio per costruire i suoi più illustri trionfi. Nella rosa del Diavolo che si laureò per la prima volta campione d'Europa nel 1962/63, un ruolo importante lo rivestirono i mediani Giovanni Trapattoni e Ambrogio Pelagalli e i terzini Gigi Radice e Mario Trebbi, quattro elementi sbocciati nel già fiorente settore giovanile rossonero. Bis europeo nella stagione 1968/69 e nuova infornata di protagonisti cresciuti a pane e Milan. Oltre all'ormai esperto Trapattoni, si segnalarono con forza l'attaccante Pierino Prati, mattatore nella finale con l'Ajax con una tripletta, il mediano dai sette polmoni Giovanni Lodetti e due validi rincalzi come Nello Santin, che fu decisivo con un salvataggio sulla linea in semifinale contro il Manchester United, e Gino Maldera, gladiatore nell'epica battaglia con l'Estudiantes in Coppa Intercontinentale. Ma il vero boom di trionfi cesellati attraverso l'apporto del settore giovanile

si verificò nella prima parte dell'era-Berlusconi. Le due Coppe dei Campioni e le altrettante Intercontinentali sollevate tra il 1989 e il 1990 non furono frutto solo degli investimenti operati dal presidente sul mercato, ma anche del valore di un'indimenticabile e forse irripetibile fioritura di campioni fatti in casa. I vari Paolo Maldini, Franco Baresi, Billy Costacurta e Filippo Galli a blindare la difesa, Chicco Evani con il suo mancino risolutore, e poi Giovanni Stroppa e Graziano Mannari, giovani di qualità destinati a una carriera meno brillante rispetto ai promettenti esordi. Grande Milan di nuovo nel 1993/94 con la doppietta campionato-Champions, con lo zoccolo duro costituito dagli ormai inossidabili Maldini, Baresi, Costacurta e Galli a cui si aggiunsero il regista Demetrio Albertini e il gregario Stefano Nava. Tutti ragazzi nati nelle province di Milano e Varese. Molto meno incisivo il contributo dato dal vivaio rossonero al ciclo vincente di Carlo Ancelotti, quello delle due Champions League, del Mondiale per Club e dello Scudetto conquistati negli anni 2000. I soli Cristian Brocchi e Massimo Oddo, peraltro riacquistati dal club dopo essere stati ceduti giovanissimi, andarono ad Calcio 2OOO

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SPECIALE / VIVAI ITALIANI

SPECIALE / VIVAI ITALIANI

IL PENSIERO DI CHIARENZA

"In Italia sottovalutiamo l'importanza dei vivai" di Sergio Stanco

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incenzo Chiarenza è uno di tecnici più titolati a livello giovanile. Con la Juve Primavera ha vinto tutto: tornei di Viareggio, campionati, coppe Italia e supercoppe. A lui chiediamo di far luce sull'importanza, sulla tendenza e sullo sviluppo dei nostri settori giovanili.

BEPPE FURINO

Ecco, perché secondo lei di recente le squadre importanti hanno abbandonato i settori giovanili o comunque i prodotti del vivaio faticano ad imporsi in prima squadra?

VINCENZO CHIARENZA

"È cambiata la strategia dei club, che sono convinti di poter andare all'estero a pescare il campionissimo a basso costo. In realtà finiscono per spendere tanti soldi per giocatori che, alla fine, non fanno la differenza e trascurano invece i giocatori italiani che una prospettiva c'è l'avrebbero".

C'ERA UNA VOLTA - Il Milan di Sacchi si basava su Baresi, Costacurta e Maldini, la Juve del Trap su Furino

UN RAPPORTO DIFFICILE Storicamente meno incline a puntare sul proprio settore giovanile è invece la Juventus. A parlare sono i numeri. Individuando i sei grandi cicli bianconeri da cinquant'anni a questa parte, ci si accorge che raramente i talenti espressi dal vivaio di Madama hanno poi integrato le rose campioni. La squadra allenata da Čestmír Vycpálek, che centrò due Scudetti consecutivi e una finale di Coppa Campioni tra il 1972 e 1973, vantava come fiori all'occhiello l'ariete Roberto Bettega e l'irriducibile mediano Beppe Furino. Ottimi, d'accordo, ma pochi, considerando che all'epoca le frontiere erano chiuse e che quindi i giovani della Primavera avevano più chances per emergere. La situazione non sarebbe cambiata molto negli anni successivi. La corazzata di Trapattoni che vinse Scudetto e Coppa UEFA nel 1976/77 aveva aggiunto il solo Alberto Marchetti, un onesto rincalzo, ai già citati Bettega e Furino, ormai pedine inamovibili. Poco spazio per gli elementi di pura scuola Juve anche a metà anni '80, quando la società 20

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torinese si aggiudicò Coppa delle Coppe, Coppa dei Campioni, Coppa Intercontinentale e Scudetti vari, se è vero che il solo Pablito Rossi si ritagliò un ruolo da protagonista. Ma l'emblema dello scarso feeling tra prima squadra e vivaio lo si constatò nella doppia era-Lippi. Nel suo primo ciclo (1994-1999), caratterizzato dalla vittoria della Champions e dalle due piazze d'onore, la Juve non aveva tra i suoi alfieri nemmeno un prodotto del proprio settore giovanile. Idem nel Lippi-bis (20012004). Arrivarono sì i successi, come i due Scudetti e la finale di Champions, ma senza l'apporto di giocatori usciti dal vivaio. La tendenza si è un po' invertita recentemente, quando la Juventus dei quattro Scudetti consecutivi ha schierato nel cuore del gioco il torinese doc Claudio Marchisio. Più marginale, invece, il contributo fornito dal fantasista tascabile Sebastian Giovinco e dal terzino Paolo De Ceglie. Poche rondini, insomma, non fanno... primavera. IL BOOM È ALLE SPALLE E l'Inter? Beh, guardando alla rosa che centrò il Triplete nel 2009/10, c'è poco da essere ottimisti. Solo tre italiani: Marco Materazzi, Mario Balotelli e Davide Santon,

Si era detto che con l'avvento della crisi le società sarebbero state costrette a puntare sui vivai: è effettivamente così? "In parte. Senza fare nomi, c'è qualche società che effettivamente lavora molto bene con i vivai, ma la maggior parte non ha ancora cambiato strategie e cerca il colpo all'estero pensando che al di là del confine si possa trovare di meglio. Cosa secondo me non vera".

PAOLO ROSSI

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aggregarsi ai vecchi draghi Maldini e Costacurta. Ma quello era già tutto un altro calcio.

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Mister, secondo lei si può fare a meno dei giocatori del vivaio e costruire una squadra interamente sul mercato? "Si può certamente, ma devi avere tanti soldi. Per me i vivai sono un valore aggiunto importantissimo di una società e andrebbero preservati e valorizzati. Purtroppo negli ultimi tempi non è stato così e questo per me è uno dei motivi della crisi del nostro calcio".

Al di là dei giovani, crede che avere un nucleo italiano in squadra sia un valore aggiunto per le nostre squadre un po' come lo era stato per il Milan di Sacchi o la Juve di Lippi? "Per me è fondamentale. L'optimum sarebbe avere una squadra composta per la maggior parte da giocatori italiani ai quali aggiunge quei tre, quattro giocatori stranieri che fanno la differenza. Purtroppo invece vedo squadre infarcite di calciatori comprati all'estero e che non sono più forti dei nostri". Calcio 2OOO

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SPECIALE / VIVAI ITALIANI

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TSUNAMI PARMA Gigi Buffon è forse il più conosciuto dei prodotti del vivaio del Parma, spazzato via dal recente fallimento

INTER DA RECORD - Anche l'Inter di Trapattoni che batté ogni record si fondava su un nucleo di italiani, alcuni dei quali cresciuti nel vivaio

con quest'ultimo unico prodotto del vivaio della Pinetina e per giunta con un ruolo molto secondario vista la giovanissima età. Eppure ci fu un periodo in cui anche la Beneamata costruì un ciclo vincente puntando sugli assi di casa propria. Era l'epoca di Giovanni Trapattoni come tecnico e di autentici campioni come Walter Zenga in porta e Beppe Bergomi, Riccardo Ferri e Beppe Baresi in difesa. Con loro arrivò lo Scudetto dei record nel 1988/89; a loro si aggregò, nel 1990/91, il mancino Fausto Pizzi, giusto per contribuire al trionfo in Coppa UEFA. Notevole, più per qualità che non per quantità, l'apporto dato dai virgulti sbocciati nel vivaio alla Grande Inter di Helenio Herrera vincitrice di due Coppe dei Campioni consecutive negli anni '60. Non occorrono molte presentazioni per Giacinto Facchetti e Sandro Mazzola; meno famoso, invece, Gianfranco Bedin, un mediano vecchio stampo cui veniva sempre affidato l'avversario più pericoloso. Molto più consistente la nidiata di assi provenienti dalle giovanili nell'Inter che vinse il titolo nel 1971 e che si arrese solo all'Ajax di Johan Cruijff nella finale di Coppa Campioni la stagione successiva. A disposizione dell'allenatore Giovanni Invernizzi furoreggiavano, oltre alle bandiere Facchetti, Mazzola e Bedin, futuri nazionali quali il portiere Ivano Bordon, il terzino marcatore Mauro Bellugi, il mediano Gabriele Oriali e il bomber Roberto Boninsegna. Una grande compagine che forse vinse meno di quanto la qualità le avrebbe imposto. E di qualità, tanta, ce n'era 22

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anche nell'Inter edizione 1997/98. Trascinati da Ronaldo, i nerazzurri si aggiudicarono la Coppa UEFA e contesero fino all'ultimo lo Scudetto alla Juventus in un duello dal finale al cianuro. Fu solo capitan Bergomi, ormai alle soglie della pensione, a tenere alta la bandiera del vivaio in una squadra zeppa di stranieri. POCHI MA BUONI E vediamo com'è la situazione nelle altre grandi realtà calcistiche del nostro Paese. Niente di trascendentale, almeno dal punto di vista della quantità, per la Lazio, visto che nel periodo più fulgido della sua storia, quello dell'era-Cragnotti, che portò in dote uno Scudetto, una Coppa delle Coppe e una Supercoppa Europea a cavallo tra anni '90 e 2000, il solo Alessandro Nesta era punto di forza della squadra. Già idolo dei tifosi e destinato a diventare bandiera del club, venne però portato via dal calcio del terzo millennio, così imbottito di milioni e così poco rispettoso delle più genuine tradizioni. Un solo esponente del vivaio lo mise in mostra anche la Lazio scudettata di Tommaso Maestrelli nel 1973/74. Era Vincenzo D'Amico, un trequartista dalla classe sudamericana. Quanto alla Roma, picchi importanti si ebbero durante la cavalcata tricolore del 1982/83. Anzitutto grazie e Bruno Conti, un altro che, per tecnica ed imprevedibilità, aveva ben poco da invidiare ai grandi assi carioca. Poi il capitano Agostino Di Bartolomei, il cervello e l'esempio, er core pulsante Calcio 2OOO

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solo dal genio di Diego Armando Maradona, ma anche dal prezioso apporto dei quattro "scugnizzi" pescati nel vivaio. In primis Ciro Ferrara, sontuoso terzino destro e futura bandiera della Juventus, poi l'ala tornante Luigi Caffarelli, l'altro terzino Antonio Carannante e infine il fantasista Ciro Muro, autore di un gol nella vittoriosa finale di Coppa Italia 1987 contro l'Atalanta. E visto che si parla di cicli irripetibili, impossibile non citare il Grande Torino. Tanti Scudetti, tanti gol e tanto onore, ma un solo talento emerso dalle giovanili: il terzino sinistro Virgilio Maroso, forse l'uomo di maggior classe dopo l'inarrivabile Valentino Mazzola.

L'ULTIMA BANDIERA - Claudio Marchisio tiene alto l'onore del settore giovanile della Juve in prima squadra

di quello squadrone nel quale, anche il libero Ubaldo Righetti, fece la sua onorevole figura. Pensi alla Roma tricolore nel 2000/01 e ti torna alla mente l'immagine di Francesco Totti capitano felice sotto la Curva Sud. E a giusta ragione, per uno nato coi colori giallorossi dipinti sul cuore. E chi di noi non ricorda il grande Parma anni '90, isola felice di bel calcio travolta poi da faccende che con il calcio avevano poco a che fare? Anche qui la pesca nel vivaio non fu abbondante, ma lasciò comunque il segno. L'attaccante Alessandro Melli, magari discontinuo ma incontenibile nelle giornate di vena, firmò il successo in Coppa delle Coppe nel 1992/93, mentre il portiere Luca Bucci fu decisivo nella vittoriosa finale di Coppa UEFA 1994/95 contro la Juventus. Il più grande di tutti è però lui, Gigi Buffon, artefice del trionfo in Coppa UEFA nel 1998/99 e atteso da una carriera lunga e leggendaria con le maglie di Juventus e Nazionale. Ed è legata agli anni '90 anche la bella storia della Sampdoria, che proprio all'inizio di quel decennio si fregiò dei suoi allori più prestigiosi: la Coppa delle Coppe del 1989/90, lo Scudetto l'anno dopo e la finale di Coppa Campioni, poi persa, del 1992. Successi in cui fece la propria parte il libero Marco Lanna, unico genovese e unico prodotto del vivaio blucerchiato presente in rosa. Gli anni immediatamente precedenti avevano visto l'exploit del Napoli. Una Coppa UEFA, due Scudetti, una Coppa Italia e una Supercoppa Italiana griffati non 24

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UNO SGUARDO ALL'OGGI Che conclusioni possiamo dunque trarre da questa lunga panoramica storica? Che raramente i grandi cicli o comunque i grandi exploits dei club italiani hanno coinciso con un robusto apporto dei campioni cresciuti in casa. D'accordo, ci sono state illuminate eccezioni offerte soprattutto dalle milanesi, ma per il resto nulla di impressionante. E figuriamoci com'è la situazione oggi, nel calcio del dopo-Bosman, con la libera circolazione degli stranieri che rischia di soffocare alla radice il movimento giovanile italiano e con il poco coraggio con cui le nostre squadre affrontano la questione, non solo evitando di puntare con fiducia sulle nuove leve, ma anche investendo la metà di quanto facciano le colleghe europee nei vivai. Così troviamo nella Juventus vicecampione d'Europa un solo talento fatto in casa: quel Claudio Marchisio ormai bandiera bianconera e punto fermo della Nazionale. La situazione non è più incoraggiante nel Napoli, dove il diabolico trottolino Lorenzo Insigne, uno che se si chiamasse "Insinho" varrebbe almeno il doppio, è l'unico a rappresentare quella "scugnizzeria" così spesso invocata, ma finora invano, dal presidente Aurelio De Laurentiis. Curiosamente, i quattro esponenti del vivaio del Milan a far parte attualmente della prima squadra sono esterni di difesa. Mattia De Sciglio e Davide Calabria e Ignazio Abate e Luca Antonelli, questi ultimi, peraltro, riacquistati dopo essere stati scaricati in tenerissima età. Ci si attende grandi cose dal duo Federico Bernardeschi-Babacar, rispettivamente esterno offensivo e centravanti della Fiorentina sorpresa di inizio stagione, così come dal "volante" della Lazio Danilo Cataldi, un '94 titolare fisso della Nazionale Under-21. Aspirano a un ruolo da protagonista anche il terzino Davide Santon e il centrocampista Assane Gnoukouri nell'Inter; più solida appare invece la rappresentanza giallorossa: dall'esperienza di Francesco Totti e Daniele De Rossi e dalle fiammate di Alessandro Florenzi dipenderà infatti buona parte delle sorti di una Roma che vuol scrollarsi di dosso l'etichetta di eterna incompiuta. La speranza, indipendentemente dai colori e dagli interessi di campanile, è che il nostro vivaio torni a essere quella fucina di campioni che era una volta. È questa una delle cose di cui oggi il calcio italiano ha maggiore necessità.

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INTERVISTA PAOLO CANNAVARO COLONNA NEROVERDE

Cannavaro è tornato protagonista con il Sassuolo

SASOL’È INTERVISTA ESCLUSIVA A PAOLO CANNAVARO, DIFENSORE DEL SASSUOLO MA NAPOLETANO DOC

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di Sergio STANCO foto Archivio TMW

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INTERVISTA / PAOLO CANNAVARO

Paolo, partiamo da questa stagione: ti aspettavi un inizio di campionato così da parte vostra? “Magari non immaginavo che potessimo partire così bene, però ero molto fiducioso. Abbiamo cambiato poco e questo di solito aiuta: diciamo che non sono meravigliato, anche se forse era difficile immaginare di essere così in alto a questo punto del campionato (sempre da valutare al momento della pubblicazione…)”. Non tradite quasi mai il grande appuntamento, mentre a volte, quando incontrate squadre alla vostra portata, capita di vedervi scivolare: un deficit di concentrazione o una casualità? “Credo sia solo una casualità, non credo proprio che nessuno di noi pensi di poter sottovalutare un avversario, altrimenti sarebbe un gravissimo errore e rischieremmo di fare i “soliti” campionati. Questo non è quello cui vogliamo ambire e se vogliamo fare finalmente il salto di qualità, dobbiamo cercare di limare

anche queste sbavature ed evitare queste ‘casualità’”. Raccolgo l’assist: qual è allora l’ambizione? “Di sicuro non vogliamo più soffrire per ottenere la salvezza, è un obbligo anche nei confronti della società che ha investito molto per creare un gruppo che deve puntare a qualcosa di più di una salvezza “scontata”. Questo è un processo che, però, dobbiamo fare “step by step” mantenendo l’umiltà giusta, altrimenti si rischiano brutte figure”. La società, però, sogna davvero in grande: te lo immagini un Sassuolo in grado di lottare per grandissimi traguardi? “Ti racconto un aneddoto: il primo anno che ero qui non stavamo andando bene, eravamo ultimi in classifica e prima di Sassuolo-Inter il presidente Squinzi viene a trovarci: “Ragazzi – ci dice – dovete fare in fretta, perché io fra un po’ voglio andare in Europa”. Questo ti dà l’idea

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Paolo sa come fare la differenza in campo...

NON SI DIMENTICA NAPOLI Cannavaro è ancora legatissimo al club azzurro..

Di Sergio Stanco

FRATELLI UNITI ANCHE DALLA PASSIONE PER IL CALCIO…

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aolo Cannavaro nasce a Napoli nel 1981, 8 anni dopo suo fratello Fabio. Entrambi crescono nel settore giovanile degli azzurri, solo che Fabio gioca più di 50 partite in prima squadra prima di trasferirsi al Parma. Paolo lo seguirà 4 anni dopo, ma con sole 3 presenze all’attivo tra i partenopei. Dall’Emilia all’Emilia per il piccolo Cannavaro, che prima di arrivare a Sassuolo passa per Verona, di nuovo Parma e poi Napoli, dove torna nel 2006 a parametro zero restandoci per ben 8 stagioni. Fabio, invece, ha girato il mondo, ci è arrivato in vetta vincendo il Mondiale da Capitano (e poi il Pallone d’Oro). Carriere non paragonabili e non cadiamo in tentazione, altrimenti Paolo si arrabbia. Nessuno, comunque, gli toglierà l’orgoglio di aver vestito così a lungo, e da Capitano, la maglia del suo Napoli. Lo stesso orgoglio con il quale, oggi, giustamente, Paolo rivendica gli ottimi risultati suoi e del suo Sassuolo…

di quali siano gli obiettivi del Sassuolo: ma non sono solo chiacchiere, perché ci sono anche uno stadio di proprietà, il progetto per un nuovo centro sportivo, gli investimenti sul mercato e poi c’è un ambiente in cui si può lavorare serenamente e con la massima professionalità. Dunque, a mio parere, ci sono tutte le condizioni per competere a certi livelli”.

ESPERIENZA E DETERMINAZIONE

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CANNAVARO “CONTRO”

C’è anche un mister che in molti considerano un predestinato… “E io non posso che confermare. Ero molto curioso di lavorare con lui perché in molti me ne avevano parlato benissimo, ma devo dire che quello che si dice di lui non gli rende onore, perché per me è addirittura molto più bravo di quello che si racconta nell’ambiente. È uno che ha idee, ti trasmette concetti importanti è un “positivo”, per me nei prossimi anni farà il grande salto. Ora, però, per il bene di tutti, anche il suo, è meglio che resti ancora un po’ di tempo qui a Sassuolo (ride, ndr)”. Non sei mai stato un goleador, ma

“” Giocare al saN Paolo e iNdossare Quella maGlia era semPre uN’emoZioNe iNdescriViBile qualche “gollettino” in passato lo facevi: sai che è proprio brutto quello zero alla casellina reti fatte col Sassuolo? Che è successo? “Hai ragione – ride – una volta qualche gol lo segnavo, solo che adesso il mister mi chiede di stare in copertura sui calci d’angolo a favore, per evitare le ripartenze avversarie. Ci siamo fatti infilare spesso di recente e allora adesso presidio la zona”. La convocazione in Nazionale senza esordio è un’altra macchia sul curriculum?

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orse questo non è il fine della favola che Paolo Cannavaro si aspettava, forse dopo aver scelto col cuore di tornare a Napoli, avrebbe voluto restarci per sempre. Anzi, senza forse. Tuttavia, la vita regala sempre una seconda opportunità e quella che è capitata al difensore napoletano non è meno elettrizzante ed entusiasmante. A Sassuolo di certo non si respira la passione (ma neanche la tensione) partenopea, ma le ambizioni restano di alto livello e i risultati sono pregevoli, sia dal punto di vista estetico (il Sassuolo è di gran lunga una delle squadre che gioca il miglior calcio in Italia) sia per quanto riguarda la classifica (da valutare al momento della pubblicazione….). E Paolo Cannavaro, di soddisfazioni, ha intenzione di togliersene ancora molte con la maglia neroverde indosso. Per i sogni partenopei, c’è ancora tempo…

INTERVISTA / PAOLO CANNAVARO

“Non la definirei così, è sicuramente un dispiacere, ma non ne faccio un cruccio. C’era la speranza di poter esordire, visto che si trattava di un’amichevole, ma sarebbe stata solo un’apparizione, non avrebbe cambiato nulla della mia storia e nella mia carriera”. A proposito di Nazionale: il tuo cognome per te è stato un peso? “Un enorme peso (ride, ndr), perché la gente si diverte a fare paragoni, quello di fare raffronti, è praticamente uno sport nazionale in Italia. Sinceramente, senza passare per presuntuoso, io non sono stato bravo, ma un “grande” ad aver fatto quello che ho fatto nonostante il cognome che porto. Essere il fratello di Fabio non mi ha agevolato in nulla, nemmeno all’inizio, ma piuttosto mi ha in qualche modo ostacolato: diciamo che di peggio non potevo fare, sono tornato a Napoli nell’anno in cui lui ha vinto Mondiale e Pallone d’Oro. Il napoletano è già molto critico con i calciatori della sua città, io avevo tutto da perdere. Calcio 2OOO

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INTERVISTA / PAOLO CANNAVARO

PROGETTO VINCENTE Con il Sassuolo, Paolo ha traguardi importanti da raggiungere

INTERVISTA / PAOLO CANNAVARO

Tuttavia, quando mi sono ritrovato in scadenza di contratto, anche se potevo andare ovunque, ho scelto di tornare a Napoli per una scelta di cuore. E devo dire che i napoletani questo me lo riconoscono e l’hanno apprezzato”. La fascia da capitano e un posto nella top 10 dei giocatori più presenti in maglia azzurra però restano un record inattaccabile. Neanche Fabio può vantarlo... “È vero – ride – ed è una cosa di cui vado molto orgoglioso. Al di là del fatto che le nostre strade si siano divise, quando parlo con i tifosi mi fa un enorme piacere che mi considerino come una bandiera anche se non gioco più nel Napoli. Per assurdo, mi sembra di essere più apprezzato adesso, rispetto a quando ci giocavo… (ride, ndr)”.

foto Image Sport

Ho ritrovato una tua dichiarazione di qualche tempo fa: “Voglio essere per Napoli quello che Totti è per la Roma”. Poi cos’è successo? “Poi per questioni tecnico-tattiche, almeno così mi hanno spiegato, non è più stato possibile continuare insieme. Ovviamente mi è dispiaciuto, ma non è stata una mia decisione quella di andare via. È stata una botta, lo ammetto, ma alla fine non mi sono mai pentito della scelta fatta a suo tempo, perché ho realizzato il mio sogno di bambino e il periodo che ho vissuto a Napoli da calciatore del Napoli, la squadra per cui ho sempre fatto il tifo, non lo dimenticherò mai. Ricordo ancora i brividi dell’esordio, anzi degli esordi: forse il “secondo”, quando sono tornato, me lo sono goduto ancora di più, perché al momento del “primo” ero giovanissimo. Giocare al San Paolo e indossare quella maglia, comunque, era sempre un’emozione particolare, difficile da descrivere, soprattutto per uno che aveva sempre sognato di vivere certe sensazioni”.

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Una curiosità: com’è stato passare da Napoli a Sassuolo? “Eh, dal punto di vista calcistico è Calcio 2OOO

“” credo di aVere PiÙ PassioNe adesso risPetto a QuaNdo ero GioVaNe. VoGlio coNtiNuare a luNGo stato un salto enorme, perché credo che l’entusiasmo e la pressione che ci sono a Napoli non esistano al mondo (ride, ndr). Arrivato qui ero un po’ spaesato, ma poi ho apprezzato la possibilità di lavorare in un ambiente più tranquillo e dal punto di vista personale ho ritrovato il piacere di poter avere una vita privata e vivere la famiglia, cose che prima mi era impossibile fare”. Torniamo al Sassuolo: c’è un compagno che ti ha impressionato in modo particolare? “Sì. Tutti parlano – giustamente – di Berardi, come prima parlavano di Zaza, ma io credo che Missiroli sia molto sottovalutato. È un giocatore dagli standard elevatissimi, che magari resta lontano dalla luce dei riflettori, ma che secondo me è due anni che sta tenendo livelli eccezionali e meriterebbe maggiore considerazione, da parte di tutti”. Da difensore e da avversario diretto nelle partitelle, cosa ci dici invece di Defrel, “uomo nuovo” di questo Sassuolo? “Ne parlavo qualche tempo fa col direttore e gli ho fatto i complimenti per l’acquisto. Devo dire che mi aspettavo un giocatore diverso: quando vedevo le sue reti in televisione mi dava la sensazione di essere un giocatore un po’ anarchico, che si creava e concretizzava le azioni offensive, invece è uno tatticamente intelligente, che lavora per la squadra ed è di una velocità pazzesca. Davvero un ottimo colpo da parte della società, ma la cosa non mi sorprende perché a Sassuo-

lo c’è gente molto preparata e che difficilmente sbaglia a giudicare i giocatori”. Prima hai citato Zaza: sorpreso delle sue difficoltà alla Juve? Ti aspettavi un impatto diverso? “Assolutamente no, quando fai il salto in club di quel livello, è normale pagare qualcosa, ma non ho dubbi che Simone tornerà ai suoi standard, perché ha qualità e carattere. Zaza tornerà a far parlare di lui, su questo non ho dubbi”. Torniamo a te: l’età inesorabilmente avanza, da qui a qualche anno come ti immagini? “Ma no, dai, ho solo 34 anni, sono ancora un ragazzino (ride, ndr). A parte gli scherzi, spero di avere ancora una lunghissima carriera da calciatore davanti, anche perché credo di avere più passione adesso rispetto a quando ero giovane. Se il fisico reggerà, intendo continuare ancora a lungo. Poi, in ogni caso, mi vedo sempre nel calcio, anche se ora mi riesce difficile immaginare in quale ruolo. E se non sarà possibile farlo ad alti livelli, mi piacerebbe poter comunque creare qualcosa di mio: io e Fabio abbiamo il sogno di aprire una scuola calcio in modo da aiutare i giovani a realizzare gli stessi sogni che abbiamo realizzato io e lui”. Posso immaginare dove avrà sede questa scuola calcio… “Ovviamente a Napoli. C’è gente che non vede l’ora di scappare, io non riesco a stare lontano dalla mia città. Io mi rivedo lì, non riesco ad immaginarmi altrove, e poi ritengo che Napoli sia il tessuto ideale dove un’iniziativa del genere possa avere successo, perché ci sono tanti ragazzi e tantissima passione per il calcio. Poi, naturalmente, come tutte le cose, soprattutto a Napoli, tra il dire e il fare… Innanzitutto bisognerà vedere se ci saranno le condizioni, gli spazi, le strutture, ma questo è un sogno che io e mio fratello abbiamo sempre avuto e ci piacerebbe davvero fare qualcosa del genere per la nostra città”. Calcio 2OOO

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L'ALFABETO DEI BIDONI LUTHER BLISSETT

L'ALFABETO DEI BIDONI / LUTHER BLISSETT

di Fabrizio PONCIROLI

MISTER MISS IT LA SCOMMESSA ROSSONERA Blissett doveva diventare la stella del nuovo Milan

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2 luglio 1983, l’Italia è alle prese con una delle ondate di caldo più toste della storia. L’Italia è Campione del Mondo in carica, il fascino dello straniero è forte tra i massimi dirigenti del nostro calcio. Il Milan dei giovani Baresi, Galli e Tassotti, tre di cui sentiremo parlare a lungo, decide di investire su due eccellenze del calcio europeo. Il primo, di nome Gerets, gioca in difesa e proviene dallo Standard Liegi. Il secondo, di ruolo, fa il puntero. Nonostante sia ancora piuttosto giovane (25 anni), Blissett è già una certezza assoluta in Inghilterra. Al Watford è un idolo assoluto. Si presenta a Milano con numeri da campione: 95 gol, in 246 gare con gli Hornets. In particolare, l’attaccante di origini giamaicane è reduce da una stagione, quella appena conclusa (1982/83), leggendaria, con 27 centri, in 41 gare, in First Division inglese (l’attuale Premier League). Caterve di gol ma anche una preoccupante capacità di fallire reti incredibilmente semplici. Non a caso, parte della tifoseria del Watford, quando non è in giornata, intonano un inequivocabile “Miss It”, traducibile in “Cilecca”. L’allora presidente del Milan Farina non ha dubbi: serve Blissett. La trattativa va via veloce, troppa la voglia di Luther di spiccare il volo nel campionato italiano, quello dove giocano i Campioni del Mondo. Le malelingue raccontano, ma non ci sono prove, che, in realtà, il Diavolo volesse un altro giocatore in forza al Watford, un certo John Barnes, futuro idolo del popolo del Liverpool. Comunque, Blissett firma e sbarca in Italia in un afosissimo luglio. Bene, in quel 22 luglio 1983, attraverso le colonne della Gazzetta dello Sport, Blissett mostra subito i muscoli: “Michel Platini ha vinto la classifica cannonieri, lo scorso anno, segnando 18 gol: penso di poter fare di più”. Apriti cielo, l’entusiasmo è alle stelle. Il popolo rossonero non vede l’ora di godersi il suo nuovo bomber. Pure la bandiera rossonera Rivera si espone per la nuova stella del Diavolo, spergiurando

che, con uno così davanti, tutto è possibile. Ad onor del vero, l’inizio è da favola. Dopo qualche giorno dal suo sbarco nel Bel Paese, Blissett, alla guida del suo Milan, scende in campo al Comunale di Arcidosso (6 agosto 1983). Davanti a circa tremila anime, l’ex Watford si diverte e diverte nel match con i dilettanti dell’Arcidosso. Il Diavolo s’impone con un secco 8-1, con tripletta di Blissett che, all’uscita dal campo (dopo 62’ di gioco), riceve convinti applausi. Segna di testa, di destro e di sinistro, meritandosi titoloni di ogni quotidiano del giorno seguente. Si ripete anche nelle amichevoli contro Follonica, Ravenna (altra tripletta) e Modena. Insomma, il pre campionato di Luther Blissett è decisamente incoraggiante. Tutti sono certi che sarà la punta di diamante della squadra allenata da Castagner. Purtroppo la storia racconta tutt’altro… Nei primi quattro mesi di campionato, gioca sempre ma trova la via del gol solo due volte e quando il risultato è già abbondantemente segnato. Segna il gol, nel finale, del definitivo 4-2 ai danni del Verona e finisce nel tabellino dei marcatori contro la Lazio (4-1 il finale per i rossoneri). L’anno nuovo si apre con una rete all’Udinese (3-3 il finale). Dopo uno squillo, in Coppa Italia, a febbraio, contro il Vicenza (2-1 per il Diavolo), scompare dai radar sino al 6 maggio 1984 quando, incredibile ma vero, è decisivo nella partita vinta dai rossoneri sul Pisa (2-1). Un lampo nella ripresa, una zampata, l’ultima prima dell’inevitabile addio all’Italia. I numeri sono impietosi: quattro reti in campionato e una in Coppa Italia, su 39 presenze totali (è il giocatore con più presenze nella non edificante annata del Diavolo). Uno sprazzo di quello che doveva essere e che non è stato. Eppure lui una spiegazione alla sua tremendamente bassa media gol ce l’ha: “In amichevole le cose andavano bene, il Milan giocava in attacco poi, appena è cominciato il campionato, tutto è cambiato. Tutti in difesa e a me non arrivava nessun pallone. Fossi arrivato quando Sacchi ha cambiato il Milan”, le sue parole in una recente intervista ad un media inglese. Condivisibili? Forse… I NUOVI STRANIEDI DEL DIAVOLO

DOVEVA CONQUISTARE SAN SIRO, INVECE FU RISPEDITO A CASA DOPO UNA SOLA STAGIONE. LA GROTTESCA PARABOLA DI BLISSETT… 32

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foto Agenzia Liverani

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Blissett in compagnia di Gerets, le scelte del Milan

BLISSET E GERETS Calcio 2OOO

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L'ALFABETO DEI BIDONI / LUTHER BLISSETT

L'ALFABETO DEI BIDONI / LUTHER BLISSETT

LUTHER, IL PILOTA Di Fabrizio Ponciroli “MI SONO APPASSIONATO ALLE AUTO ALL’ETÀ DI 9/10 ANNI. I MIEI EROI ERANO JIM CLARK E GRAHAM HILL”

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“AVEVA UN GRAN FISICO MA IN AREA DI RIGORE NON LO FACEVA SENTIRE AGLI AVVERSARI”

VINICIO VERZA inicio Verza ha giocato per tre stagioni con la casacca del Milan. Al suo secondo anno in rossonero, si è visto arrivare, dall’Inghilterra, un certo Luther Blissett: “Ricordo che si diceva che il Milan stava trattando un altro giocatore ma, alla fine, non si era arrivati ad un accordo e, allora, fu scelto Blissett che, in Inghilterra, era uno dal gol facile”. In realtà, durante le amichevoli, l’impatto dell’inglese fu notevole: “Sai, allora le amichevoli erano contro squadre di dilettanti e quindi era abbastanza normale trovare la via del gol. In campionato, contro difese vere e toste, ha incontrato delle difficoltà”. Verza ha diversi ricordi dell’inglese: “Non si è mai integrato pienamente con il gruppo storico. Mi ricordo che decise di andare a vivere fuori Milano, in un posto tranquillo ma lontano da tutti noi del resto della squadra. Era una persona a modo ma, appena finivano allenamenti o partita, faceva perdere le tracce. Attenzione, in campo dava l’anima ma era come fosse un giocatore fuori dal resto del gruppo”. L’ex centrocampista del Milan non ci sta a definirlo bidone: “Non mi piace come definizione. Vi spiego il mio pensiero. Blissett era un giocatore dal fisico importante, ma purtroppo era anche un bravo ragazzo in campo. Penso a Jordan, altro mio ex compagno al Milan. Jordan non aveva un gran fisico ma, in area di rigore, si faceva sentire. Una volta, per segnare, si è lanciato, di testa, contro il palo. Si è rialzato e, come se niente fosse, ha ricominciato a giocare. Bene, Blissett non l’avrebbe mai fatto. Lui era un bravo ragazzo, evitava lo scontro fisico, quello violento e, in Italia, se in area di rigore non sei uno con mestiere, fai tanta fatica. A questo, aggiungiamoci che, a livello tecnico, era comunque un giocatore piuttosto modesto”.

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foto Agenzia Liverani

alciatore e, poi, pilota… Luther Blissett non è mai stato una persona normale. Conclusa la carriera di calciatore, Luther si ricorda della sua grande passione per le auto e decide, insieme a Barnes e Ferdinand, amici dei tempi del Watford, la Team48 Motorsport, scuderia motoristica con un forte profumo di caraibi (ideata per lanciare giovani di talento). Il resto è storia recente con l’ex rossonero presente, a macchia d’olio, ovunque ci sia da correre. Si ritrova, spesso, a guidare auto Alfa Romeo, a conferma del suo legame, di amore e odio, con l’Italia. Qualche tempo fa, in esclusiva per British Racing & Sports Car Club, ha concesso un’intervista in cui traspare, in maniera evidente, il suo amore per le quattro ruote: “Ho iniziato ad appassionarmi alle auto all’età di 9/10 anni. Mio padre aveva due Morris Minor e io le ho anche guidate vicino a casa… I miei primi eroi sono stati Jim Clark e Graham Hill, sognavo di diventare come loro”. Luther Blissett è riuscito anche a trovare delle similitudini tra un gran sorpasso e un bel gol: “La sensazione di euforia è simile. L’adrenalina che provi durante il sorpasso e paragonabile al momento in cui capisci che la palla sta entrando in rete, non ci sono dubbi”. C’è e ci sarà un solo Luther Blissett… Volete sapere qual è il sogno dell’ex bomber del Diavolo? Una cosa semplice: correre a Le Mans… Se è riuscito a giocare in Serie A, perché non dovrebbe riuscire in quest’altra impresa? 34

In tutta la stagione, poche gioie per il bomber del Diavolo

Di Fabrizio Ponciroli

foto Agenzia Liverani

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SOLO CINQUE GOL

VERZA, IL COMPAGNO DI SQUADRA

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L'ALFABETO DEI BIDONI / LUTHER BLISSETT

L'ALFABETO DEI BIDONI / LUTHER BLISSETT

IN ESTATE UN FUORICLASSE

foto Agenzia Liverani

E dire che Blissett, nelle amichevoli, aveva convinto proprio tutti...

La CARRIERA di BLISSETT

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ANNO

CLUB

LEGA

PRES.

GOL

1975–76

Watford

Fourth Division

3

1

1976–77

Watford

Fourth Division

4

0

1977–78

Watford

Fourth Division

33

6

1978–79

Watford

Third Division

41

21

1979–80

Watford

Second Division

42

10

1980–81

Watford

Second Division

42

11

1981–82

Watford

Second Division

40

19

1982–83

Watford

First Division

41

27

1983–84

Milan

Serie A

39

6

1984–85

Watford

First Division

41

21

1985–86

Watford

First Division

23

7

1986–87

Watford

First Division

35

11

1987–88

Watford

First Division

25

4

1988–89

Watford

Second Division

3

1

1988–89

Bournemouth

Second Division

30

19

1989–90

Bournemouth

Second Division

46

18

1990–91

Bournemouth

Third Division

45

19

1991–92

Watford

Second Division

42

10

1992–93

West Bromwich Albion

Second Division

3

1

1993–94

Bury

Third Division

10

1

1993–94

Mansfield Town

Third Division

5

1

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Intanto, per tornare alla fredda cronaca, nel corso dello sciagurato anno rossonero, Blissett è diventato una sorta di mito. Gianni Brera, firma calda del nostro giornalismo sportivo, l’ha ribattezzato “Luther Callonisset”, per la sua grande capacità nel fallire gol, proprio come il noto mangia reti rossonero Egidio Calloni. Un gruppo di attivisti, bravi in azioni di disturbo a livello socio/culturale, fondano, nella Bologna di metà anni ’90, “The Luther Blissett Project”, diventando noti quasi più dell’ex bomber rossonero. Le cose non gli vanno bene neppure in Inghilterra, dove le sue gesta al Milan lo hanno ormai segnato per sempre. Al Watford, tuttavia, credono ancora in lui e lo richiamano… Resta agli Hornets fino al 1988, facendo vedere anche buone cose (nella stagione 1984/85, totalizza 21 reti). Gli anni seguenti sono un continuo trotterellare tra Second e Third Division. Nel 1994, al termine dell’unico anno in maglia Mansfield Town (un gol in cinque presenze), capisce che è venuto il momento di appendere le scarpette al chiodo (in realtà fa altre comparsate, compresa una, nel 2007, con i Generals (Chesham United FC). Inizia, praticamente subito dopo il ritiro dal campo, la sua carriera da allenatore ma, anche in questo caso, c’è un italiano sul suo cammino. Mentre lavora per l’amato Watford, si vede arrivare in sede un certo Vialli come nuovo manager del club che, al momento di nominare il suo staff, considera Blissett superfluo. L’arrivo dell’ex bianconero porta all’addio ufficiale di Luther all’adorato Watford. Da lì in poi è un girovagare per il mondo, con impegni anche televisivi (ironia della sorte, commenta la Serie A) e un chiacchieratissimo e particolarissimo cambio di rotta improvviso… La sorte, infatti, gli riserva una nuova sfida: correre in auto… Tuttavia, per chi l’ha visto, in quell’anno italiano, Blissett resterà, per sempre, “Cilecca”…

foto Agenzia Liverani

GIANNI RIVERA CON BLISSET

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SPECIALE

di Thomas SACCANI

SPECIALE / COLPITORI DI TESTA

COLPITORI DI TESTA L'INFINITO CROUCH

Grazie alla sua altezza, l'inglese sa come farsi largo in area

IO USO LA TESTA

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DA PELÉ A BIERHOFF, FINO AI VARI KLOSE E TONI… TUTTI GRANDI COLPITORI DI TESTA

l calcio, per definizione, è un gioco in cui si usano i piedi eppure, per diversi fuoriclasse, in particolare abituati a sostare nei pressi della porta avversaria, il saper colpire di testa è sempre stato un valore aggiunto non indifferente. Non una dote banale, ma una qualità innata. Il saper indirizzare con la testa un cross è arte di pochi, selezionati campioni… Abbiamo provato a pizzicare i migliori in questa, troppo spesso sottovalutata, specialità. Il primo nome che balza alla mente è quello di Bierhoff. L’ex attaccante, tra le altre, di Ascoli, Udinese e Milan, era un, come dicono in Gran Bretagna, un lethal headers, un colpitore di testa letale. Dotato di un fisico imponente (191 cm), il tedesco era implacabile in aria di rigore. Un cross perfetto significava gol certo da parte di Oliver. Ancora oggi, è l’attaccante con la percentuale di gol di testa più alta nella storia (pari al 38,3%). Un vero e proprio maestro. In un’intervista alla Gazzetta, gennaio 1998, il tedesco, alla domanda su cosa pensasse del fatto di essere il miglior bomber di testa, ha

risposto: “Mi fa piacere essere il migliore in una specialità, ma quello che conta è fare il maggior numero di gol”. Più chiaro di così… Altri due giganti dal gol facile con la capoccia sono stati Jan Koller e Peter Crouch. Il primo, 202 centimetri, era una sentenza, di testa, in maglia Borussia Dortmund. Il secondo, ancora in circolazione, ha sempre fatto del colpo di testa una delle sue risorse migliori. Con i suoi 201 centimetri di altezza, Crouch ha sempre dominato in area di rigore avversaria. Focalizzando l’attenzione ai tanti artisti di testa visti dalle nostre parti, doveroso ricordare Trezeguet e Riedle. Il francese, in maglia Juventus, ha rappresentato un incubo per ogni difensore che lo avesse a tiro. Sgusciante e poderoso, un talento assoluto. Riedle, visto in maglia Lazio, non era altissimo (177 centimetri) ma, quando staccava da testa, sfiorava il cielo, lasciando di pietra ogni avversario. Ma i grandi colpitori di testa ci sono sempre stati. Van Basten è ricordato per i suoi magnifici piedi ma, pure di testa, era un terminale affidabilissimo. Stesso discorso vale per gente come Careca, Bettega o per uno come Altobelli. Poi, ovviamente, bisogna fare i conti con Serena. Molti dei suoi

IL GRANDE BIERHOFF

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OLIVER BIERHOFF

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Il tedesco era una sentenza di testa...

PETER CROUCH Calcio 2OOO

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SPECIALE / COLPITORI DI TESTA

SPECIALE / COLPITORI DI TESTA

Di Thomas Saccani

Di Fabrizio Ponciroli

CHI L’HA DETTO CHE BISOGNA ESSERE DEI COLOSSI PER ESSERE FORTI DI TESTA?

23 FEBBRAIO 1992, UNA DATA STORICA, QUELLA DEL PRIMO GOL DI TESTA DI UN PORTIERE IN SERIE A…

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a storia ci racconta che non bisogna essere per forza dei giganti per essere degli eccellenti colpitori di testa. Un esempio per sancire tale assioma: Rui Barros. Il portoghese, visto in maglia Juventus dal 1988 al 1990 (14 gol in 60 presenze), era tutto fuorché un marcantonio. Misurava solo 159 centimetri, pochi, pochissimi per uno che punta a fare la differenza di testa. Eppure, nel suo personalissimo score, ci sono diversi gol segnati con rimarchevoli stacchi di testa. In particolare, ce ne sono ben tre che raccontano di come il piccolo centrocampista offensivo fosse abile come colpitore di testa. Il primo squillo, in maglia Juventus, arriva in una fredda serata di ottobre, nel 1988. Ritorno dei trentaduesimi di Coppa Uefa con l’Otelul Galati. La Vecchia Signora stravince (5-0), con doppietta di Rui Barros (il secondo, appunto, di testa). Il più bello l’ha rifilato alla Fiorentina, il 15 gennaio 1989. Perfetto cross dalla destra e incornata da navigato attaccante per il portoghese bianconero. Un’altra gemma arriverà poi contro la Roma, questa volta con la casacca del Monaco. Nei quarti di Coppa delle Coppe, nel 1992, Poilicino inventa, con un fantastico stacco di testa, la rete che elimina dall’Europa la formazione giallorossa allenata da Bianchi. Un altro capolavoro di un calciatore di neanche 160 cm…

IL RICORDO DI BURGNICH Di Thomas Saccani

FINALE MONDIALI 1970, PELÉ VA IN CIELO E L’ITALIA VA AL TAPPETO ornando indietro di qualche decade, non si può non citare Pelé. Il brasiliano è stato il primo, vero, giocatore completo della storia del calcio. Innegabile il suo feeling con il colpo di testa. C’è un preciso momento che ha consegnato ai libri del pallone la forza, impressionante, di O Rei in veste di celestiale colpitore di testa: Brasile-Italia, finale Mondiali 1970. I brasiliani dominano gli azzurri. Il primo gol lo segna la Perla Nera, con un poderoso colpo di testa, diventato leggenda. Burgnich ricorda perfetta-

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Pelé è stato il primo giocatore in grado di fare tutto...

i sono momenti che entrano, di diritto, nella storia del calcio. Il 23 febbraio 1992 accade qualcosa di speciale: Michelangelo Rampulla, uno che di professione fa il portiere, trova, in pieno recupero, la rete che vale il sofferto pareggio della sua Cremonese sul campo dell’Atalanta. Il primo, storico, gol di un portiere nel massimo torneo italiano. Una rete segnata di testa! La prodezza del portiere biancorosso fa il giro del mondo. Rampulla, qualche ora dopo l’impresa, racconta al Corriere quanto accaduto in questi indimenticabili istanti: “Avvicinandomi all'area, pensavo tra me: ‘…sai che figuraccia se quelli dell'Atalanta prendono il pallone e mi fanno gol’. Poi sono arrivati gli abbracci dei compagni e poi la cosa che più mi ha fatto piacere: gli applausi dai tifosi dell'Atalanta sotto la mia porta, quando sono tornato indietro. A noi portieri, di solito, dalla curva avversaria arriva di tutto tranne che i complimenti”. Ferron, l’estremo difensore nerazzurro beffato dal collega, diviene, anch’egli, parte della storia, come “il portiere che è stato battuto da un portiere”. Ma Rampulla ha un pensiero anche per il numero uno atalantino: “Siamo amici. Mi sono scusato con lui: non vorrei che qualcuno gli facesse pesare l' aver preso un gol da un collega. In certi frangenti, invece, il portiere è un giocatore come gli altri, con due vantaggi: l' altezza adatta al gioco aereo e il fattore sorpresa”. La sorpresa, in quel 23 febbraio 1992, fu enorme… mente quel momento, visto che era colui che provò, inutilmente, a fermare l’ascesa in cielo di Pelé: “Quando guardo le foto di quel gol, sembra che Pelé sia andato in cielo a prendere quella palla -racconta la Roccia azzurra- In effetti, a dirla tutta, mi aspettavo che Rivelino facesse un cross diverso. Restai sorpreso e Pelé fu bravissimo ad approfittarne, mettendo la palla in porta con un colpo di testa perfetto”. Una rete sublime da parte di un giocatore unico: “Come Pelé ne nascono uno ogni 20/30 anni -continua Burgnich- Non parliamo di grandi giocatori ma di fuoriclasse assoluti. Il Pelé che ho visto io in azione aveva tutto. Sapeva fare qualsiasi cosa. Tirava bene di destro, sinistro, sapeva dribblare, aveva visione di gioco, scatto e potenza. Ovviamente era anche un grandissimo colpitore di testa. Insomma il giocatore perfetto, completo da ogni punto di vista”.

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RUI BARROS

MICHELANGELO RAMPULLA

IL PIÙ COMPLETO

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L’IMPRESA DI RAMPULLA

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NON SOLO GIGANTI

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SPECIALE / COLPITORI DI TESTA

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12 gol di testa, nessuno ha fatto meglio (17 se si prendono in considerazione tutte le competizioni a cui ha partecipato). Grazie al suo tonico e muscoloso fisico, oltre allo scatto bruciante, trafigge l’area come pochi altri. In Inghilterra, la patria dei cross, sono tanti i giocatori che si sono fatti un nome grazie alla testa. Tim Cahill, stella dell’Everton, ha segnato ben 31 dei suoi 56 gol di testa (55% del totale). Non male… Niente a confronto di Shearer. L’ex di Blackburn e Newcastle ha messo a referto ben 46 gol segnati di testa in Premier League. Difficile fare meglio (in realtà Crouch ci sta riuscendo). Ormai non ci sono più dubbi: saper usare la testa, è un dono… Poi ci sono anche i gol, sempre di testa, che nessun tifoso di calcio potrà mai dimenticare: il gol di Zidane nella finale Mondiale 1998 contro il Brasile, quello del piccolo Messi nella finale di Champions League 2009 contro il Manchester United, la prodezza di Santillana, ex bomber del Real Madrid, contro l’Inter (semifinale Coppa Campioni 1981), il capolavoro di Van Basten ai danni del Real Madrid (Coppa Campioni 1989), la perla di Hateley del Derby del 1984, l’incornata da metà campo di Palermo contro il Velez e la magia di Pelé con l’Italia. Ma di questa parleremo più avanti…

LUCA TONI

LA CLASSE DEL FRANCESE

Trezeguet è stato uno specialista nel colpire di testa...

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MIROSLAV KLOSE

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22 gol segnati durante l’indimenticabile stagione dei record dell’Inter di Trapattoni (1988/89) sono stati realizzati di testa. Pisa, Milan, Juventus (andata e ritorno), Bologna, Fiorentina (due volte), Ascoli e Atalanta le vittime di Serena (di testa) nel corso di quella meravigliosa annata nerazzurra (che consegnò anche il titolo di capocannoniere del campionato a Serena). La lista è lunga, a conferma che, di bravi colpitori di testa, ce ne sono stati e ce ne sono moltissimi. Tra quelli ancora in attività, sono tre quelli che potrebbero essere battezzati come “maestri”. Partiamo da Toni. Altro gigante d’area (193 centimetri), il bomber del Verona sa come usare la testa. Idem per Klose, spaziale interprete di specialità in maglia Lazio. Il migliore di tutti, statistiche alla mano, è però Llorente. Ora al Siviglia, lo spagnolo è una garanzia con la capoccia. Nessuno ha fatto meglio di Llorente. Considerando il quinquennio 2010/2014, Fernando ha segnato ben 31 gol di testa, staccando il secondo in classifica (Cristiano Ronaldo) di ben nove centri. Numeri mostruosi, da migliore in Europa. Ecco, poi ci sono i fenomeni a tutto tondo. Cristiano Ronaldo è, probabilmente, tra gli assi del calcio, quello che usa meglio la testa. Lo scorso anno, stagione 2014/15, il portoghese ha chiuso la Liga con

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SPECIALE / COLPITORI DI TESTA

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STORIE DI CALCIO MARCO VAN BASTEN

STORIE DI CALCIO / MARCO VAN BASTEN

POESIA IN MOVIMENTO L'olandese è stata una delizia per ogni amante del calcio

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niziamo per una volta dalla fine. Da quella tristissima serata del 18 agosto 1995. A San Siro stavano per affrontarsi Milan e Juventus per il trofeo “Luigi Berlusconi”, classicissima del calcio d'estate, ma gli occhi dei 63mila tifosi erano tutti per quel ragazzo in jeans e giacca di renna, che a centrocampo salutava per l'ultima volta il suo pubblico. Difficile trattenere la commozione, in quel momento. Marco van Basten, uno dei più grandi centravanti del dopoguerra, protagonista di tanti clamorosi successi con le maglie di Ajax, Milan ed Olanda, stava dando l'addio al calcio. A nulla era servito il suo coraggio, a nulla erano servite le operazioni, le lunghe rieducazioni, le terapie, i consigli dei luminari della medicina. La caviglia destra del campione, martoriata dai tanti, troppi infortuni, non gli aveva permesso di proseguire. L'Airone del gol, il Cigno di Utrecht, Marco van Basten, doveva arrendersi. A poco più di 30 anni.

MARCO DI TRIONFO Ma questa è soltanto la parte finale della storia. Una storia senza lieto fine, d'accordo, ma pur sempre esaltante. Scandita dalle prodezze di questo fuoriclasse dei tempi moderni con le stigmate del predestinato, che aveva debuttato nel grande calcio sostituendo Sua Maestà Johan Cruijff in un ideale passaggio di consegne. Era il 3 aprile 1982, una gara di campionato senza storia che avrebbe visto l'Ajax battere il NEC Nijmegen 5-0. Quello che più interessava era però vedere all'opera il giovane Van Basten, che nell'intervallo era subentrato all'anziano Cruijff trovando subito la via della rete con un magistrale colpo di testa. Il dado era tratto. L'Olanda aveva trovato un nuovo profeta del gol, e l'Ajax l'uomo giusto su cui puntare per rinverdire i fasti di un passato irripetibile. Van Basten regalò infatti ai Lancieri 3 titoli e 3 Coppe nazionali, realizzando poi, con un'altra famosa incornata, la rete decisiva nella finale di Coppa delle Coppe 1986/87. Erano 13 anni che i biancorossi di Amsterdam non si

imponevano a livello internazionale, da una lontana edizione della Supercoppa Europea conquistata a suon di gol contro il Milan. Già, il Milan. Un'altra nobile decaduta che grazie alle idee e agli investimenti di Silvio Berlusconi stava cercando di rialzare la testa. Marco van Basten era l'uomo giusto per la rinascita. Con lui in attacco, supportato dal connazionale Ruud Gullit e da una squadra dal potenziale mostruoso, nessun obiettivo sarebbe potuto sfuggire ai rossoneri. E fu proprio così. Nonostante l'operazione alla caviglia destra che gli fece perdere la prima parte di stagione, l'Airone si ripresentò tirato a lucido nella fase finale realizzando gol decisivi ai fini della conquista dello Scudetto 1987/88. Con il morale a mille poté quindi puntare all'Europeo, nella speranza di realizzare ciò che nemmeno al suo maestro Cruijff era riuscito. CONSEGNATO ALLA LEGGENDA Da sempre prodiga di grandi talenti, all'avanguardia tatticamente e due volte vice-campione del mondo, la TANTI TROFEI Con il Milan, ha vinto tutto in Italia e nel mondo

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foto Agenzia Liverani

QUANDO VOLAVA L’AIRONE

IL VOLO DI MARCO VAN BASTEN, PALLONE D’ORO DI TALENTO E SFORTUNA di Luca GANDINI foto Agenzia LIVERANI

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STORIE DI CALCIO / MARCO VAN BASTEN

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IL CANTO DEL CIGNO Ma quel 1990 rappresentò anche un momento negativo nella carriera di SuperMarco: il Mondiale di Italia. Considerata come una delle grandi favorite, l'Olanda non seppe ripetere l'exploit di due anni prima e si arenò agli ottavi contro la Germania Ovest. Iniziò poi la stagione della guerra fredda con l'allenatore milanista Arrigo Sacchi. Van Basten e molti altri big dello spogliatoio, dopo anni vissuti a mille all'ora, segnati da tanti successi ma anche da un rapporto vissuto sempre sul filo dell'esasperazione, entrarono in rotta di collisione con il mister di Fusignano, non accettandone più i metodi da autentico sergente di ferro. L'intervento di Berlusconi, con l'allontanamento di Sacchi e l'ingaggio di Fabio Capello, sembrò restituire una seconda giovinezza all'asso olandese, il quale, nel 1991/92, guidò il Milan allo Scudetto con un incredibile bottino di 25 reti in 31 presenze. La stagione successiva partì alla grande, per i rossoneri. Una striscia impressionante di vittorie in campionato utili per apporre una seria ipoteca sul trionfo finale e poi l'avventura nella neonata UEFA Champions League, impreziosita dai 10 successi consecutivi con un solo gol subito. Sembrò una favola, ed

invece a dicembre Van Basten dovette tornare sotto i ferri: la caviglia destra continuava a dargli problemi. In quel 1992 vinse il terzo Pallone d'Oro della carriera (dopo le affermazioni nel 1988 e 1989), ma in pochi ebbero voglia di festeggiare. L'incertezza sulle sue condizioni si protrasse fino alla primavera successiva, quando prese parte alla finale di Champions contro l'Olympique Marsiglia. Fu un dramma. Il Milan perse e il Cigno di Utrecht parve l'ombra del campione che fu. Nessuno avrebbe potuto immaginare che quella sarebbe stata la sua ultima partita. Seguirono altri due interventi chirurgici, sempre alla stessa caviglia. Nel mezzo, i silenzi del campione e gli scarni bollettini medici che lasciarono poco spazio alla speranza. Finché, nell'agosto del 1995, dopo due anni di calvario, la decisione di lasciare definitivamente il calcio giocato. E così, mentre quel ragazzo in jeans e giacca di renna usciva in lacrime da San Siro dopo aver raccolto per l'ultima volta l'applauso del suo pubblico, ritornarono alla mente le parole di Adriano Galliani: “Il calcio oggi perde il suo Leonardo da Vinci”. Perché un gol di Marco van Basten era proprio come la Gioconda. Un capolavoro destinato all'eternità.

A TESTA ALTA Centravanti completo, di quelli che sapevano segnare in ogni modo

foto Agenzia Liverani

SEMPRE UN MITO Van Basten è ancora amatissimo dal popolo rossonero e non solo

foto Image Sport

Nazionale olandese non aveva però ancora vinto nulla. L'occasione per centrare il risultato atteso da una vita fu quindi proprio il Campionato d'Europa del 1988. Van Basten, che era partito in panchina nella sconfitta all'esordio contro l'Unione Sovietica, poté dare sfogo a tutta la sua voglia di rivalsa nella seconda sfida contro l'Inghilterra, realizzando un'indimenticabile tripletta. Dopo il successo di misura sull'Irlanda firmato da Wim Kieft, Marco salì di nuovo in cattedra in semifinale, con il guizzo decisivo che tagliò le gambe ai padroni di casa della Germania Ovest. A consegnarlo alla leggenda fu però la finalissima contro i sovietici: quel gol al volo da posizione impossibile che continua a fare capolino sui nostri teleschermi. Era la consacrazione definitiva, il momento più atteso da una Nazionale che in passato aveva spesso incantato senza però mai riuscire a piazzare la zampata decisiva. Ora, finalmente, l'incantesimo era stato spezzato. Van Basten poté quindi dedicarsi anima e corpo al suo Milan. Si era nel frattempo unito a lui e a Ruud Gullit un altro tulipano d'oro, il mediano tuttofare Frank Rijkaard, giusto per comporre uno dei terzetti più celebri nella storia del calcio mondiale. Il Diavolo era ormai pronto ad inaugurare il suo sontuoso ciclo. Dopo lo Scudetto, arrivò infatti la prima Coppa dei Campioni dell'era berlusconiana, quella della nebbia di Belgrado, del 5-0 al Real Madrid e del 4-0 alla Steaua Bucarest in una Barcellona tutta tinta di rossonero. Negli anni della “Milano da bere”, il Milan si beveva le avversarie in un crescendo di emozioni e trionfi. Supercoppa Europea e Coppa Intercontinentale, poi un'altra Coppa dei Campioni, con il nostro Van Basten a servire un assist al bacio all'amico Rijkaard nella finale contro il Benfica. Arrivò quindi un'altra Supercoppa Europea e, a dicembre, la seconda Coppa Intercontinentale consecutiva, contro l'Olimpia Asunción, a detta di molti la più grande performance offerta dal Cigno di Utrecht con la maglia del Milan.

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di Alessio ALAIMO

“QUI C’È IL CALCIO VERO, ORA PORTO IN ALTO IL TRAPANI”…

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n sogno coronado, pardon, realizzato. Igor, classe ’92, trequartista giramondo e talento da vendere, brilla in Sicilia. Sorride Serse Cosmi, che ringrazia Riccardo Gaucci e il suo ds Daniele Faggiano per il regalo arrivato direttamente da Malta. Sembrava un azzardo, una di quelle tante scommesse che si fanno nel calcio senza aver certezza ed, invece, il ragazzo ha, da subito, lasciato il segno, dimostrando di avere le qualità per far bene in cadetteria e, chissà, anche in una categoria più affascinante e prestigiosa. Una storia, quella di Igor Coronado, tutta da raccontare. Nonostante le poche primavere sulle spalle, il brasiliano ha le idee chiare e tanta voglia di lasciare il segno. “Da quando sono arrivato a Trapani ho cercato di fare il mio lavoro in campo e di dare il massimo. Quando lavori bene, il resto è tutta una conseguenza”, confessa a Calcio2000. A volte, quando azzardi, ti può anche andare bene, a patto che, alla fine di tutto, ci sia tanta dedizione al lavoro, come nel caso del nuovo gioiello del Trapani… Ripercorriamo le tappe della sua carriera: come inizia? “In Brasile, da piccolo. Ho fatto anche Calcio a 5. Passavo le giornate a giocare a calcio con gli amici. Poi a dodici anni sono arrivato in Italia per il passaporto, dopo sei mesi sono andato in Inghilterra, al MK Dons, dove ho fatto bene. Poi è cambiato allenatore e non ho trovato spazio. Dall’Inghilterra sono andato in Svizzera, nelle giovanili del Grasshoppers. E da lì due anni e mezzo a Malta”.

SERIE B / TRAPANI sto cercando di fare il mio lavoro e di dare il massimo per la squadra. Sono contento, era quello che volevo, ho sempre sognato di giocare in Italia”. Con chi ha legato di più in granata? “Ovviamente con i brasiliani come Sodinha e Nicolas, ma ho legato con tutti. Siamo un bel gruppo”. Sa che poteva andare al Palermo? Zamparini ha detto no a Riccardo Gaucci… “Non lo sapevo, davvero. Ma sono felice del Trapani, ho la testa qui e non penso ad altro”. Il suo idolo? “Non uno in particolare. Provo a studiare Ronaldinho e Messi a rubargli i trucchi del mestiere”. Si avvicina Cosmi qui accanto a noi, le faccio guadagnare punti: cosa le ha insegnato il mister? “Imparo ogni giorno, la tattica, fase difensiva...tante cose. Quotidianamente c’è qualcosa da imparare, mi trovo davvero bene”. Coronado fuori dal campo cosa fa? “Sto con mia moglie, non esco molto. Sto a casa, in famiglia, tranquillo. Poi la città mi piace e la società mi fa stare bene”. Comunque, complimenti per l’ita-

liano. “In Svizzera c’erano giocatori italiani, poi a Malta ho lavorato con Riccardo Gaucci e Giovanni Tedesco. E adesso voglio parlare bene la lingua, ci provo. Voglio migliorare giorno dopo giorno”. Squadra del cuore? “No, nessuna”. Coronado… “Dico davvero: penso a fare del mio meglio. E se faccio bene so che posso sempre migliorare. Mi piace vedere le partite delle grandi squadre, ma non tifo per nessuno. Da piccolo tifavo San Paolo, ora non più. Diciamo che tifo per la Nazionale Brasiliana”. La storia dice che i calciatori brasiliani, quando arrivano in Italia, dopo qualche anno si perdono. Perché? “Ognuno ha il suo modo di vivere la vita. Un’idea ce l’ho: quando guadagni tanti soldi perdi la fame, la voglia di far bene. Però, ad esempio, uno come Pato, ha fatto una grande carriera e può ancora dire la sua”. Il suo Trapani invece, dove vuole arrivare? “La salvezza della squadra il prima possibile. Poi penseremo ad altre cose. Prima di tutto c’è la salvezza, vogliamo fare grandi cose”.

Al Mk Dons ha avuto Paul Ince. “Facevo parte della squadra Primavera, quando alla Prima Squadra serviva qualche giovane, prendevano il sottoscritto. Con Ince mi sono allenato un mese. L’occasione vera però è il Trapani”. Ma come è arrivato in Sicilia? “Gaucci ha parlato con il Direttore Faggiano ed è successo quello che speravo: giocare in Italia. Massimo rispetto per Malta, lì è cominciata la mia carriera, ma qui c’è il calcio vero. E a Trapani voglio fare grandi cose. Quando stai bene, nel calcio devi approfittare del momento. Io

foto Federico Gaetano

UN SOGNO CORONADO

TALENTO PURISSIMO Storia unica per un giovane dalle qualità eccezionali...

foto Agenzia Liverani

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UN SOGNO CHIAMATO SPAL di Sergio STANCO

MATTIOLI HA PRESO IN MANO UNA SOCIETÀ CON TANTA VOGLIA DI TORNARE GRANDE… 50

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I PENSIERI DI MATTIOLI La Spal ha un nuovo condottiero con le idee chiare

foto per gentile concessione dell'ufficio stampa Spal 2013

LEGA PRO SPAL

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l calcio regala storie fantastiche: immaginate che qualcuno, domani, venga da voi e vi chieda di fare il presidente della vostra squadra del cuore, quella per cui andavate a tifare in tribuna con vostro nonno fin da bambini. A Walter Mattioli è successo proprio questo: "È vero - ci racconta il Presidente della “nuova” Spal - posso assicurarvi che quella notte non ho dormito. Quando abbiamo chiuso l’affare ho davvero faticato a contenere le lacrime. Noi siamo tutti tifosi della Spal". Il noi sta per la famiglia Colombarini e Walter Mattioli, appunto, che fino al 2013 erano "semplicemente" protagonisti di un piccolo miracolo calcistico, perché avevano portato la Giacomense dalla terza categoria alla C2. Giacomense, squadra di Masi San Giacomo, una frazione di Masi Torrello (provincia di Ferrara). Avete letto bene, una frazione. Il piccolo club emiliano, esempio di sana ed efficace gestione, due anni fa ha sostanzialmente comprato i "grandi" e i dirigenti si sono ritrovati catapultati in una dimensione "esagerata": "Forse non me ne rendo conto - continua il Presidente - a volte quando leggo che sono Presidente della Spal, mi emoziono ancora. È chiaro che all'inizio è stato difficile calarsi in questa nuova realtà, noi eravamo abituati molto più in piccolo, non ci conosceva nessuno, qui è tutto diverso: passeggi per Ferrara, la gente ti ferma, ti chiede e partecipa. D’altronde la storia della Spal è importante e solo ora mi rendo conto di quello che mi sta capitando”. Storia importante, recente passato da dimenticare tra fallimenti sportivi ed economici. Con la nuova proprietà, però, è cambiato tutto: “Non starebbe a me dirlo – continua Mattioli – ma io sono presidente da 28 anni, ho cominciato dalla terza categoria e sono arrivato in Lega Pro, e da 23 dirigo insieme alla famiglia Colombarini: abbiamo sempre avuto lo stesso metodo di lavoro, improntato all’umiltà, al lavoro, al sacrificio e al bene del gruppo. Ecco, quando sono arrivato qui tanti mi avevano detto che avrei dovuto cambiare la mia filosofia, perché la Spal era tutt’altra cosa, ma io sono orgoglioso di non averlo fatto, perché credo che ci siano valori che siano immodificabili. Sa qual è la cosa di cui vado più fiero? Il fatto che stiamo ricostruen-

LEGA PRO / SPAL do il settore giovanile: organizzazione, strutture, ostelli per i ragazzi che arrivano da fuori. E ogni fine quadrimestre tutti i ragazzi mi devono portare la pagella, perché voglio vedere se vanno bene anche a scuola. Noi educhiamo giovani prima che calciatori”. E oggi l’entusiasmo, in città, si respira a pieni polmoni: “È così – ammette il presidente – perché i tifosi sono ben felici poter finalmente parlare solo di calcio e non di fallimenti. Dopo un anno in cui ci siamo conosciuti, ora c’è un ottimo rapporto: il fatto che fossimo ferraresi, che fossimo tutti tifosi della Spal, ha certamente aiutato, ma poi la gente s’è resa conto di avere a che fare con gente seria, con delle idee e disposta ad investire per riportare in alto un club importante come il nostro. I risultati, poi, han fatto il resto: abbiamo subito ottenuto l’iscrizione in Lega Pro, poi abbiamo sfiorato i play-off, oggi l’obiettivo è quello di centrarli. Siamo convinti di aver messo insieme un’ottima squadra, il che non significa che vinceremo il campionato, ma che lotteremo sempre per farlo, quello sì”. E l’ottimo inizio di stagione lo conferma: “Sinceramente, neanche noi pensavamo di partire così forte: sapevamo di avere delle qualità, ma 5 vittorie consecutive all’inizio era difficile da immaginare”. Risultati frutto del gruppo, come Mattioli ci ha raccontato prima, ma anche di un allenatore che è diventato l’idolo della piazza e di un pubblico che ha ritrovato l’entusiasmo: “Con Mister Semplici ci siamo piaciuti subito – racconta il Presidente – È una persona semplice, umile, un gran lavoratore. I tifosi sono innamorati di lui e di come fa giocare la squadra, non a caso ora allo stadio vengono a vederci di media 4-4.500 persone, non poche per una realtà come la nostra. Come già dicevo in precedenza, la città oggi è fiera di avere una squadra di calcio in cui si può identificare”. E visto che l’appetito vien mangiando… “Questo avvio di stagione non deve ingannarci, noi dobbiamo continuare a lavorare come abbiamo sempre fatto, con umiltà e serietà. Sono convinto che alcune squadre, che magari oggi faticano, alla lunga usciranno: penso al Pisa, ad esempio, e al Teramo, che dopo quello che è successo l’anno scorso avrà voglia di rifarsi, ma anche Carrarese, Maceratese e Ancona sono ottime squadre”. Sarà, però, per ora, lassù c’è la Spal:

“Non dovrei dirlo perché il calcio è un mondo superstizioso, ma è ovvio che il nostro sogno è regalare alla nostra città la Serie B, una categoria che a Ferrara manca da troppi anni. Non sarà semplice, naturalmente, ma ci proveremo”. E detto da chi un sogno l’ha già realizzato…

SI RICOMINCIA SOGNO DI UNA NOTTE DI MEZZA ESTATE…

La “nuova” Spal è società giovanissima, praticamente in fasce, ma nasce dalle “macerie” di quella fondata nel 1907 e che negli ultimi tempi ha superato diverse vicissitudini tra retrocessioni sportive e fallimenti economici. Nel luglio del 2013, però, cambia tutto e grazie all’iniziativa del primo cittadino di Ferrara nasce la Spal 2013: “Un giorno il Sindaco Tagliani viene da noi - racconta Walter Mattioli - e ci dice: “Ma perché voi non venite a fare calcio a Ferrara?”. La Spal era ancora in difficoltà economiche e così al Sindaco è venuta questa idea. Abbiamo fatto tutti in pochi giorni, anche grazie al parere positivo dell’ex presidente della FIGC Abete, che ci conosceva e sapeva come lavoravamo. Non ho chiuso occhio per diverse notti: prima per il timore che non facessimo in tempo o che ci potesse essere il classico intoppo dell’ultimo minuto, poi per l’eccitazione: per noi essere “la Spal” era il sogno di una vita che si realizzava”. Così la famiglia Colombarini è diventata proprietaria del 90% del club, mentre il 10% e la carica di presidente sono andati a Mattioli. Giacomense e Spal si “fondono” in un’unica realtà tra l’entusiasmo generale: “Anche quelli della Giacomense erano tifosi della Spal, quindi questa operazione ha fatto felici tutti. Quelli che una volta andavano a vedere la Giacomense, oggi vanno a Ferrara a vedere la Spal in Lega Pro”. E vissero tutti…

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SCORDIA HA IL SUO RE di Simone TONINATO

DOPO L'EUFORIA PER LA PRIMA STORICA PROMOZIONE IN D, PER I SICILIANI È ARRIVATA LA CILIEGINA SULLA TORTA: GIORGIO CORONA 52

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LA FORZA DI CORONA I gol li ha sempre fatti, lo sanno anche quelli dello Scordia

foto per gentile concessione dell'ufficio stampa SSD CITTA' DI SCORDIA

SERIE D SCORDIA

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i sono calciatori che una volta superati i trent'anni decidono di chiudere la carriera per dedicarsi ad altro, specie nelle categorie inferiori, in cui i vari regolamenti pro-under, sempre più spesso, finiscono per penalizzare gli “anziani”. E poi ci sono quelli che non si arrendono, continuano a giocare e segnare, alla faccia di chi prematuramente li etichetta come “giocatori finiti”. Giorgio Corona in tal senso è un manifesto: quarantuno anni (non dategliene né quarantadue né quaranta, ci tiene), più di duecento gol realizzati dalla A alla D e la capacità di vedere la porta come pochi …altro che giocatore finito. Chiedete un po' a Scordia, piccolo centro nel catanese, e vedrete. Corona: A-B-C-D, conta più l'alfabeto o il gol? Scherzo… Dopo le ultime quattro stagioni a Messina, cosa l'ha portata a Scordia? "Mi ha convinto il presidente, mi ha chiamato e ho accettato la scommessa. Dobbiamo cercare di fare bene, perché è il primo anno assoluto di serie D per lo Scordia ed è da parte di tutti una scommessa". Una matricola terribile, il cui obiettivo è? "La salvezza. È un campionato difficile, ma dico anche che proprio per le difficoltà che comporta, si tratta di un torneo in cui potrà succedere di tutto. Non ci sono favorite, c'è molto equilibrio e sarà importante la continuità di risultati". Quasi ogni anno riesce ad andare in doppia cifra. Salvezza a parte, ha un obiettivo personale? "Non mi interessa più di tanto, sono sempre stato abituato a pensare prima alla squadra. Poi è normale che l'attaccante viva per il gol, è una cosa scontata. Come dicevo l'obiettivo iniziale è la salvezza, fare bene a livello personale può diventare una conseguenza".

SERIE D / SCORDIA con cui ho giocato". E a chi le dice vecchio, cosa si sente di rispondere? "Credo che si debba dimostrare in campo ciò che ancora si può dare. Ancor più a quarantuno anni, trascinando i compagni. Per definire un giocatore finito, non c'è bisogno di arrivare a questa età, lo sentivo dire anche a trentacinque, non arrivano le prestazioni e cominciano a dirlo, è normale". A parte ciò che possono dire gli altri, lei ha mai pensato di smettere? "Ci pensai il primo anno a Messina, dopo la sconfitta per 3-0 ai play off col Cosenza (2012, ndr). Poi, invece, con l'arrivo di Lo Monaco e Ferrigno è iniziato un ciclo". Sono passati tre anni e lei è ancora qui. In estate, l'ha cercata qualcun altro? C'era la possibilità di rimanere a Messina? "Ci sono state delle squadre che si sono fatte avanti, ma alla fine ho scelto lo Scordia. Col Messina non c'è stato nulla, non ne abbiamo proprio parlato". Il vostro inizio è stato un po' altalenante. E, soprattutto, vincete in trasferta ma non in casa. Si è dato una spiegazione? "È difficile da capire, anche per noi. Probabilmente siamo più bravi in contropiede quando giochiamo fuori, mentre in casa abbiamo difficoltà a creare. Non abbiamo ancora vinto una partita in casa e purtroppo la salvezza si costruisce sul proprio campo, specialmente in questi campionati". Conosce la categoria e in una circostanza ha vinto il campionato. Esiste una ricetta giusta? "L'umiltà, prima di tutto, e la continuità prestazionale. Se ci sono le presta-

zioni, i risultati arrivano. Noi siamo una matricola e dobbiamo avere una mentalità da squadra operaia. Dobbiamo giocarcela con tutti, perché è un campionato in cui puoi vincere o perdere, con tutte le squadre". Andando a sfogliare la sua carriera, troviamo il Catania in A, il Catanzaro e il Mantova in B e tante squadre tra terza e quarta serie. Ma, ad esclusione del Mantova, sono tutte squadre del sud. C'è un perché? "Per il calore che trasmette la gente, per come ti fanno sentire. Al sud ti senti più calciatore che al nord. Però anche Mantova è una piazza importante e la tifoseria è calorosa e appassionata". Qualche settimana fa ha incrociato in campo Baiocco, anche lui non proprio di primo pelo. Abbiamo capito che è solo il campo a stabilire il “tempo” di un calciatore, ma cosa vi spinge a continuare oltre i quaranta? "Direi la voglia di giocare, ma forse anche la non voglia dei giovani. Una volta non c'erano tutte queste regole e il giocatore forte giocava, adesso c'è l'obbligo di far giocare gli under anche se non sono fortissimi. Mi spiace dirlo, ma per me le nuove regole non hanno funzionato, il livello del campionato si è abbassato, perché un calciatore se è forte gioca indipendentemente dall'età. Adesso non si capisce perché l'under che magari quest'anno gioca, l'anno prossimo non gioca più". E se in chiusura le chiedessi di trovare un “padre” (modello) e un “figlio” calcistici? "Ho sempre apprezzato Del Piero, per comportamento e modo di giocare. Per quanto riguarda l'erede, non lo so, mi farebbe piacere se fosse Cocuzza, che gioca nel Messina ed è cugino di mia moglie".

Sempre sui suoi gol, lo scorso anno è diventato l'attaccante più longevo nella storia del professionismo italiano. Che effetto fa superare Piola? "Una grande soddisfazione. Devo ringraziare tutti i miei ex compagni ed ex tecnici che mi hanno consentito di segnare tanti gol. Una gioia da condividere con tutte le società

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I RE DEL MERCATO ANTONIO CALIENDO ARTISTA D'ALTRI TEMPI Caliendo è stato uno dei primi grandi procuratori del calcio..

IL PIONIERE DEGLI AGENTI

IL PRIMO PROCURATORE DELLA STORIA, GRAZIE AD UN CONTRATTO CON ANTOGNONI

di Marco CONTERIO foto Balti/Photoviews 54

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I RE DEL MERCATO / ANTONIO CALIENDO

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ntonio Caliendo è sempre stato tra i primi. Se discorriamo di agenti, di procuratori, la competizione non ha concorrenti. Perché il 16 dicembre del 1977 lui, con Giancarlo Antognoni, sottoscrive "la prima procura ufficiale, davanti a un notaio, della storia del calcio". Da lì tutto cambia. Inizia una nuova era per il pallone, grazie all'Unico 10 di Firenze, ma soprattutto grazie ad un uomo la cui vita, il cui racconto, parte da lontano. "Sono andato via da casa a sedici anni, a diciotto facevo l'operaio, poi mi sono trasferito a Milano, dove vendevo libri, enciclopedie. Avevo forza di volontà e fame: quella vera, quella che mi portava a lavorare senza orari, pensando che dovevo e che potevo farcela”. E ce l'ha fatta, in una vita che, a proposito di scelte che precorrono i tempi, lo porta ad essere tra i primi a fare il salto. Da agente a presidente, alla guida del Modena. Però per quello c'è tempo, c'è tutta una vita, prima, da raccontare. “Da Milano, a diciannove anni, ho avuto una mia agenzia ad Asti, ma dopo neanche dodici mesi mi sono

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“” mi accorsi che i calciatori NoN coNosceVaNo i reGolameNti a PieNo trasferito a Modena dove sono rimasto quarant’anni”. Dove, da venditore, diventò poi editore. “Ho sempre avuto una parola in testa. Rinnovamento. Volevo andare verso le industrie, la vendita porta a porta di enciclopedie generali ed artistiche stava diventando un metodo antico. Perquesto andai direttamente dal produttore insieme a due persone che per me hanno significato tanto: Vinicio e Clerici. Le aziende mi accolsero nelle riunioni ed approvarono le mie idee, così come i sindacati, di fare dei diari dei calciatori con il regolamento del pallone in calce”. Il passo non sembra breve, da questo all’invenzione del ruolo di agente di

giocatori. “Mi accorsi che i calciatori non conoscevano i regolamenti appieno, né le delimitazioni del campo, per esempio. Portai la mia attenzione su Giancarlo Antognoni, che a diciassette anni, rappresentò il trasferimento più oneroso di quei tempi. Lo avvicinai e, nell’aprile del ‘74, fu il primo calciatore a fare una pubblicità. Lì, ufficialmente, rompemmo la teca sotto la quale le società avevano rinchiuso i propri tesserati”.

LA PUBBLICITÀ DI ANTOGNONI

1974, Caliendo si inventa gli spot per i calciatori...

Per avere un secondo calciatore, sotto la sua ala, passò però molto tempo. “Sa perché? Mi sembrava di tradire la fiducia di Giancarlo. Pensi quanto erano diversi i tempi - sorride Caliendo -. Il secondo fu Luciano Marangon, che mi fece rompere gli argini degli ingaggi. Non lo feci presentare al ritiro del Verona, dopo esser stato ‘cacciato’ dal presidente Chiampan, che non riconosceva il mio ruolo. Alla fine della fiera, Marangon vinse la battaglia e da sessanta milioni all’anno passò a guadagnarne duecentoventi. E lì ci fu un altro fatto storico...”. Prego.

IDEE RIVOLUZIONARIE

Il ruolo di agente è cambiato grazie alle intuizioni di Caliendo

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I RE DEL MERCATO / ANTONIO CALIENDO GOLDEN FOOT

L'evento di Montecarlo è legato al nome di Caliendo...

I RE DEL MERCATO / ANTONIO CALIENDO “Il giornalista Angelo Pesciaroli coniò, per la prima volta, il termine procuratore”. Perché, lei come si definiva? “Manager, all’inglese. In fondo, faceva più effetto, no?”. Poi, all’inizio degli anni ‘80, la sua diventò una professione. “La Federvolley cercò di convincermi a prendere sotto la mia ala anche tutta la Nazionale, ma decisi di concentrarmi solo sul calcio. E con me iniziarono a lavorare anche D’Ippolito, Carpeggiani e molti altri”.

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Nell'undici dei miei assistiti c'è anche un amico: Maradona un grandissimo amico, dietro a Trezeguet può andare bene?”.

Lei ha avuto assistiti illustri: prima di scendere nello specifico, le va di ‘giocare'? “Prego, sentiamo”.

Parliamo di Mondiali, se è d’accordo: la finale di Italia ‘90. “Pensi che in campo avevo 12 dei 22 giocatori. Fu bellissimo, puntavo molto sul mercato argentino e tedesco. Non ho mai avuto inglesi e russi, ma ho aperto piuttosto le porte al mercato africano”.

L’undici ideale dei suoi assistiti. “Tra i pali mettiamo Giuliani poi, siccome ho sempre prediletto la fantasia ed i numeri dieci, preannuncio che la mia sarà una formazione d’attacco. Dietro Maicon, Passarella e Aldair. In mezzo mettiamo Dunga, Boniek e Tardelli. Davanti... Baggio, Antognoni e Maradona,

Con Lamptey. “Esatto. Pelé lo elesse come suo erede, a sedici anni è stato uno dei più giovani della storia ad esordire tra i professionisti. L’Africa, però, ai tempi, era luogo molto difficile dove fare affari: le racconto un aneddoto. Dopo il Ghana, volai in Senegal, per seguire un ragazzo di di-

ciassette anni. Ad Accra mi attese il padre con gli ‘amici di famiglia’: io avevo fissato un albergo per tutti per parlare e discutere con calma ma solo per iniziare la discussione c’era un prezzo. Per sapere un dettaglio c’era un’altra tariffa. E così via, finché mi stancai e non se ne fece di niente”. Ritorniamo ai Mondiali: Usa ‘94, Brasile contro Italia. Dunga contro Baggio. “S’immagina l’emozione? In ogni caso scherza - avrei vinto comunque. Ricordo ogni fotografia e le svelo un retroscena: Roberto non avrebbe potuto giocare quella finale. La notte, però, il fisioterapista Pagni, lavorò duramente per farlo scendere in campo e riuscì nel suo intento, anche se Baggio era al 40% e con una fasciatura. Non gli ho mai visto tirare un rigore così: ci mise tutta la forza che aveva nelle gambe, ma nel momento della rincorsa lo sfiorò il pensiero del dolore e...”. E la palla finì alle stelle. “Già. Ero a bordocampo, perché Dunga, che per me è più un fratello che un assistito, mi aveva preso gli ingressi. Ricordo come se fosse oggi quando alzò la copQUANTI CAMPIONI

Caliendo è conosciuto e ammirato da moltissimi fuoriclasse...

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I RE DEL MERCATO / ANTONIO CALIENDO

I RE DEL MERCATO / ANTONIO CALIENDO

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Nella FiNale di italia '90 aVeVo 12 dei 22 Giocatori iN camPo

UN VERO RE

Circondato dai suoi ricordi, nell'attesa di nuove avventure

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Nel calcio di oGGi mi PiacereBBe aVere mario Balotelli. soNo riuscito a teNere saliou, coN mario NoN aVrei ProBlemi 60

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I RE DEL MERCATO / ANTONIO CALIENDO

I RE DEL MERCATO / ANTONIO CALIENDO

ANCORA IN CORSA

Caliendo ha ancora tanta voglia di essere protagonista nel calcio...

pa davanti ai miei occhi”. Da ‘guru’ degli agenti, avrà visionato migliaia di partite. “Ne ricordo una, particolare, a Messico ‘86. Il presidente della Roma, Sensi, mi inviò per seguire Francescoli, nella sfida tra Uruguay e Germania. Gli dissi che era un giocatore tecnico, ma forse non adatto e gli consigliati Voeller e Berthold. Alla fine dei conti, andò meglio così...”. Chi è stata la sua più grande delusione? “Diciamo che Saliou Lassissi, uno che avrebbe potuto spaccare il mondo, non ha rispettato le attese per forti problemi caratteriali”. E del calcio di oggi chi le piacerebbe avere? “Mario Balotelli. Sono riuscito a tenere Saliou, con Mario non avrei problemi. È un giocatore meraviglioso, ha l’istinto del campione”. A proposito del presente: lei è anche l'artefice del Golden Foot. Come è nata l’idea del premio? “Presentai il ‘Piede d’Oro’ in Italia, da Biscardi. Il progetto prese campo, poi fu messo in disparte. Lo sport del nostro paese non ebbe troppo interesse, ed allora decisi di venire qua a Montecarlo dove il Principe, grande sportivo, accettò di buon grado”. Una Nazione alla quale è molto legato. “A Montecarlo non faccio vita mondana, mi piace vivere la mia casa: ho tanti invi62

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BaBacar Qui è diVeNtato GraNde, è uN camPioNe Per il Futuro ti, ma spesso rifiuto. Ascolto tanta musica lirica, faccio pugilato, tanto golf e adoro viaggiare: ecco, dovessi andare altrove, mi trasferirei a Barcellona. Adoro la mentalità spagnola”. Nel suo ufficio campeggiano le istantanee dei più grandi, che ha visto e conosciuto da vicino: ma il suo colpo più bello quale è stato? “Consegnare il Golden Foot a Francisco Varallo a 101 anni. L’ultimo sopravvissuto del Mondiale del 1930, nonché il primo giocatore della storia ad aver firmato un contratto professionistico”. Poi, però, ha scelto di fare il grande salto. Da agente di successo a presidente. "Fa parte del mio carattere. Cerco sempre nuove sfide. Nuove emozioni. Dopo l’esperienza al QPR volevo provarne un’altra. Ed eccomi a Modena. Con un rammarico: con questa squadra avremmo già potuto centrare la promozione in Serie A. Ma ai playoff ci sono mancati i giocatori migliori. E così abbiamo dovuto abbandonare un sogno. Ci riproveremo. Ma ogni anno le cose cambiano.

Anche se siamo consapevoli di aver costruito una squadra che può giocarsela con tutti". Il giocatore a cui è rimasto più legato da presidente del Modena? "Lo dipingevano come un ragazzo superficiale. E invece con noi è diventato grande. Sto parlando, ovviamente, di Babacar. Visto che la mia attività è sempre stata quella di scoprire campioni, ho visto in Babacar un campione per il futuro. Un Balotelli più maturo”. Quando rivedremo il Modena nella massima serie? “Non ci si arriva dalla sera alla mattina, le cose vanno programmate. Ce la giochiamo, come sempre. Rimane un sogno. Poi l'ultimo anno mi ha fortificato moltissimo e mi fa leggere il futuro in una versione molto chiara . Mi viene in mente una massima: 'non tutti i mali vengono per nuocere'. Avevo bisogno di trovarmi di fronte a queste difficoltà”. Per una nuova idea. Prima degli altri.

Intervista di Marco Conterio Calcio 2OOO

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I GIGANTI DEL CALCIO ÁLVARO RECOBA MAGICO SINISTRO Recoba è ancora una leggenda per il popolo nerazzurro

IL MANCINO DI MORATTI

foto Agenzia Liverani

NESSUNO HA ESALTATO LA FANTASIA PIÙ DEL CHINO RECOBA, IL PUPILLO DI MASSIMO…

di Fabrizio PONCIROLI foto Agenzia LIVERANI

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I GIGANTI DEL CALCIO / ÁLVARO RECOBA

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i manca già… Uno come lui, con un talento smisurato, è difficile trovarne, forse impossibile. In tanti sono rimasti ammaliati dalla sua classe, uno su tutti quel Massimo Moratti che, di fatto, lo ha sempre considerato il suo unico, vero pupillo. Alvaro Recoba, alla veneranda età di 39 anni, ha deciso di dire basta. Il suo magico sinistro è andato in pensione ma, nella mente di ogni tifoso di calcio, di quel calcio sbarazzino, le sue giocate resteranno impresse nella memoria per sempre… Non cogliere l’occasione di scambiare due parole con il Chino sarebbe un delitto… Uno così vale sempre il prezzo del biglietto… Buongiorno Chino, che effetto fa non correre più dietro ad un pallone? Ti manca già il campo? “No, affatto (ride ndr). Ogni giorno che passa, mi sento meglio. Onestamente, durante l’ultimo anno con il Nacional, non mi sentivo più come negli anni passati, avevo meno voglia e quindi è stato giusto mollare”.

I GIGANTI DEL CALCIO / ÁLVARO RECOBA

“” Nel calcio di oGGi Potrei Giocare oVuNQue, iN Qualsiasi sQuadra, NoN ho duBBi Avendo più tempo, sei tornato in Italia… Come l’hai trovata? Ti ricordavi così il nostro Paese? “Devo dire che, rispetto ai miei tempi all’Inter, ho trovato una Milano molto cambiata. Sarà per l’Expo… Mi sembra più moderna”.

simo Moratti, il tuo primo tifoso… “Sì, assolutamente… Siamo andati a cena insieme”.

MERAVIGLIE IN NERAZZURRO

All'Inter nessuno ha dimenticato le magie dell'uruguaiano

E come l’hai trovato, ora che non è più il patron dell’Inter? “L’ho visto molto più rilassato, almeno fino a quando non abbiamo cominciato a parlare di calcio… È sempre stato il primo tifoso della squadra e lo è ancora oggi, solo che adesso non deve prendere certe decisioni, quindi vive in maniera diversa la sua fede nerazzurra. Comunque, appena si è cominciato a discutere sul serio di calcio, ho rivisto il solito presidente, quello che ama il calcio alla follia”.

E la gente? Sai che qui ti hanno amato tanto… “La gente prova ad andare avanti, facendo del suo meglio. C’è crisi in Italia, così come in quasi tutto il mondo. Anche in Uruguay non è semplice… Guarda, ho visto tantissime persone, tutte ad abbracciarmi e farmi i complimenti. Mi ha fatto davvero un grande piacere…”.

A distanza di tanti anni, quanto pensi di dovere a Moratti? “Moltissimo. Ha sempre creduto in me, non solo quando le cose andavano per il verso giusto. È sempre stato al mio fianco, soprattutto quando tante persone dicevano che non servivo all’Inter e che ero un peso per la società. Lui è sempre stato sincero con me e io sono sempre stato sincero con lui. Per questo siamo andati sempre d’accordo”.

Sicuramente avrai sentito anche Mas-

Parliamo un po’ della nuova Inter del

UN GIOVANE CHINO

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foto Agenzia Liverani

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Arrivato a Milano, nessuno si immaginava che diventasse un genio...

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I GIGANTI DEL CALCIO / ÁLVARO RECOBA

I GIGANTI DEL CALCIO / ÁLVARO RECOBA

IL GIORNO CHE OSCURÒ RONALDO Di Fabrizio Ponciroli

31 AGOSTO 1997, IL POPOLO NERAZZURRO SCOPRE IL SINISTRO DEL CHINO

“” come classe

SEMPRE NEL CUORE DELL'INTER Recoba ha lasciato un ricordo indelebile nei cuori dei tifosi

Pura, mi Piace dYBala. è Piccolo ma la Palla la sa toccare BeNe Mancio… “L’ho vista un paio di volte e mi è piaciuta. Mi sembra una squadra con carattere. Ecco, ma dico in generale, a livello di qualità mi pare che, in Serie A, ci sia meno talento rispetto ai miei tempi. Indubbiamente si cerca di fare più gioco ma manca la fantasia. C’è ancora più attenzione per i moduli tattici e meno spazio per il talento. Vedo l’Italia leggermente indietro rispetto a Inghilterra, Spagna e Germania, almeno da questo punto di vista del talento puro”.

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foto Agenzia Liverani

accontare il Chino è complicato. La sua carriera è riconducibile ad una favola disneyana… Il fisico non è mai stato un granché, il destro inesistente, lo scatto rivedibile. Ecco, poi però c’era quel sinistro… In particolare, c’è un momento, nell’avventura nerazzurra dell’uruguaiano, che è ancora un ricordo vivo per ogni tifoso della Beneamata. Dobbiamo tornare ad una bella giornata di fine estate: 31 agosto 1997, prima giornata del massimo campionato italiano: Inter-Brescia. A sorpresa, la Beneamata di Ronaldo (alla sua “prima” ufficiale a San Siro), è sotto. Sta decidendo una rete del Bisonte Hubner. Nel secondo tempo fa il suo ingresso il Chino, soprannome dovuto ai lineamenti vagamente orientali del viso di Alvaro. Entra e realizza una doppietta d’autore: prima una bordata, ovviamente di sinistro, poi una magistrale punizione, una delle sue… La meraviglia che vale il momentaneo 1-1, Recoba la ricorda bene: “Uno di quei gol che fai senza pensarci. Ho tirato, così d’istinto, e la palla è andata in rete. Bella sensazione”, ci racconta a quasi 20 anni da quella magica partita. Vero,

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bella sensazione anche per i presenti a San Siro che, di colpo, scoprono il sinistro di quel ragazzino che, all’esordio, oscura il debutto di un certo Luiz Nazario da Lima, meglio noto come Ronaldo… È proprio in quella giornata che Massimo Moratti perde, letteralmente, la testa per il Chino: “Sapevo che Recoba, se avesse avuto la possibilità di scendere in campo, avrebbe segnato. È un fuoriclasse e non lo scopro adesso: sin da quando è arrivato ho creduto in lui. Gli ho visto fare numeri eccezionali", dichiara, l’allora numero uno nerazzurro, nel post match. Il più felice di tutti è proprio Recoba: “Voglio dedicarli ai tifosi dell'Inter che per 90 minuti hanno sostenuto la squadra. Voglio dedicarli all'Uruguay. Laggiù mi hanno sicuramente visto. Il calcio italiano è molto seguito. Anch'io da ragazzo guardavo le partite dell'Inter, il mio idolo era Ruben Sosa. Adesso lui ha preso il mio posto nel Nacional…”. Quel Nacional che poi lo riabbraccerà, per altre magie. Una curiosità. Nel secondo tempo di quella partita, oltre a Recoba, fece il suo ingresso, con la casacca del Brescia, anche un certo Pirlo, altro piuttosto bravino sui calci piazzati…

Chi ti piace degli attuali campioni che militano in Italia? “Dell’Inter mi piace Jovetic. Se parliamo di talento, Jovetic è uno che ne ha… Poi vado pazzo per Balotelli, uno che ha i numeri. Come classe pure, invece mi piace Dybala. È piccolo ma la palla la sa toccare bene…”. Ma un Chino Recoba c’è in giro? “Ogni giocatore ha le sue caratteristiche, difficile fare paragoni. Di Messi non ce ne sono altri, così come di Cristiano Ronaldo o, parlando dei tempi in cui giocavo io, di gente come Javier Zanetti… Pensa? Ci potrà essere ancora uno come Javier Zanetti? Non credo proprio…”. Nel calcio di oggi, dove potrebbe giocare uno con il talento di Recoba? “Potrei giocare ovunque, in qualsiasi squadra, non ho dubbi”.

foto Agenzia Liverani

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Questa Inter può vincere lo Scudetto? “È presto per dare giudizi, sicuramente hanno intrapreso la strada giusta. Il carattere c’è ed è già tantissimo”.

Senti, ci racconti come sei riuscito a fare tanti gol eccezionali… Penso ai gol da posizioni impossibili o da metà campo, come quello contro Calcio 2OOO

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I GIGANTI DEL CALCIO / ÁLVARO RECOBA

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EL DIOS PIGRO

NELLA SEDE NERAZZURRA

Di Fabrizio Ponciroli

STRAPAGATO MA COMUNQUE AMATO DA TUTTI, LA PARABOLA DI RECOBA È DI QUELLE CHE CONTRADDISTINGUONO I GENI…

Un giovane Recoba si appresta a conquistare San Siro...

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sette milioni di euro all’anno. Un contratto monster, un regalo di Moratti al suo pupillo, il giocatore che ama più di chiunque altro. Passaportopoli a parte (resta fermo qualche mese), gioca con una certa regolarità. Il 5 maggio 2002 vive la pesantissima onta dello Scudetto perso contro la Lazio… Una giornata che segna il Chino, così come tutto il mondo nerazzurro. Prova a scuotersi, continua a giocare con l’amata casacca nerazzurra ma, quando l’Inter inizia a vincere sul serio, lui non è il punto di riferimento del gruppo ma un comprimario di lusso. Chiude da fenomeno. Segna, ancora contro l’Empoli, direttamente da calcio d’angolo (29 aprile 2007), ovviamente a San Siro, davanti al suo pubblico. In nove anni e mezzo con la Beneamata, regala ai suoi tifosi 72 gol (in 262 partite). Nell’estate del 2007 sorprende tutti, indossando la casacca del Torino. Non una grande annata, con una sola rete in campionato (contro il Palermo). Dopo un anno e mezzo al Panionios, decide, nel gennaio del 2010, che è tempo di tornare in patria. Prima il Danubio, poi l’amato Nacional. Nonostante le tante primavere sulle spalle, torna protagonista, a suon di colpi da genio. Vince e convince, tanto che sfiora anche il clamoroso ritorno in nazionale (amore, interrotto, nel 2007, dopo 68 presenze e 10 reti complessive). La conquista del secondo titolo nazionale con il Nacional (stagione 2014/15) lo porta alla decisione più difficile della sua carriera: dire basta con il calcio giocato. Come ha ribadito, più volte, lo stesso Recoba, “…potevo fare di più nella mia carriera” eppure, con quel sinistro, ha incantato tutti, guadagnandosi la stima di ogni amante del calcio, nerazzurro o di qualsiasi altra fede calcistica.

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foto Agenzia Liverani

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uando, nell’estate del 1997, poco più che ventenne, viene acquistato dall’Inter, (per ben sette miliardi di vecchie lire), in tanti gridano allo scandalo. Il fisico non è un granché, il destro inesistente, lo scatto rivedibile. Ma, in breve tempo, ecco fare la sua comparsa il divin sinistro del Chino. L’uruguaiano va ad intermittenza ma, quando si accende, è poesia pura. Chi assiste al gol, da praticamente metà campo, contro l’Empoli (gennaio 1998) fatica a credere a quanto visto… Dopo una prima stagione nerazzurra tutto sommato positiva (cinque reti in 19 gare complessive), con una Coppa Uefa vinta, al secondo anno il Chino rallenta. Solo quattro presenze e, a gennaio, ecco il passaggio, in prestito, al Venezia. In Laguna, Recoba si sveglia: 11 reti in mezzo campionato e salvezza conquistata. Inevitabile il ritorno all’Inter, anche grazie ad un improvviso passaporto italiano che gli permette di ovviare al problema extracomunitari (la Beneamata ne conta già cinque, limite massimo consentito dalla Federazione). La stagione 1999/2000 è, forse, la migliore nella sua lunga avventura italiana: segna tanto (10 gol) e inventa giocate sublimi. Non scherza neppure l’anno seguente, con 15 gol totali e soprattutto la vera grande giocata della carriera: rinnovo del contratto. Non un contratto qualsiasi ma da super divo del calcio. Anche se mancano conferme ufficiali, si parla di ben

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I GIGANTI DEL CALCIO / ÁLVARO RECOBA IDOLO DI MORATTI L'ex patron dell'Inter non ha mai nascosto il suo debole per il Chino...

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moratti? l’ho Visto molto PiÙ rilassato, almeNo FiNo a QuaNdo NoN aBBiamo comiNciato a Parlare di calcio… l’Empoli… “Non ci pensi, ascolti solo l’istinto. C’è una voce che ti dice: ‘Tira, tira…’ e tu non fai altro che ascoltarla. Almeno per me è sempre stato così…”. Hai chiuso la tua carriera con un altro titolo con il Nacional… Come è stato il tuo ritorno in Uruguay? “Beh, direi che ho risposto sul campo a chi credeva fossi finito. Mi sono tolto tante soddisfazioni, mi sono divertito tanto, in campo e fuori”.

Ora che hai smesso, mi dici quale è il gol a cui sei più legato e perché? “Non ho dubbi: il gol su punizione con cui abbiamo vinto il derby con il Penarol (novembre 2014, Nacional-Penarol 2-1). Eravamo sotto 0-1, abbiamo pareggiato a tempo quasi scaduto e, al 95’, su punizione, ho trovato la rete della vittoria. La gente è impazzita, c’erano persone che piangevano. Un delirio totale, non lo dimenticherò mai”. Tempo fa, hai detto che, se avessi avuto la testa di Zanetti, avresti fatto molto di più nel calcio… Ne sei ancora convinto? “Certamente, ma Javier Zanetti è stato un marziano, essere come lui era impossibile. Quindi sono contento di aver fatto quello che ho fatto, sempre decidendo con la mia testa”. La classica punizione alla Recoba… “(ride ndr) Sì, e al momento giusto direi… Guarda, è stato pazzesco. Come se il destino abbia voluto regalarmi un’ultima grande gioia. Sembrava un film”. Stai già pensando a cosa fare adesso che hai smesso di correre dietro al pallone?

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sicurameNte doVrÒ studiare Per restare Nel moNdo del calcio. PiÙ che Fare l’alleNatore, mi PiacereBBe diVeNtare diriGeNte “Tempo ne ho per decidere… Sicuramente dovrò studiare per restare nel mondo del calcio. Più che fare l’allenatore, mi piacerebbe diventare dirigente di qualche club, magari di quelli che ho conosciuto da giocatore, così da dare una mano”. Insomma, di tornare in campo non se ne parla più? “Ma scherzi? No, basta…”. Ci mancherai Chino…

SCARPE E MAGLIE DEL CHINO

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Due memorabilia dedicate al mitico Recoba

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Si ringrazia Dario Zanotto per la concessione dell'immagine

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SPECIALE STORIA - COPPA DEI CAMPIONI

di Gabriele PORRI

LA JUVENTUS ARRIVA IN FINALE MA PERDE PER UN INCREDIBILE GOL DI MAGATH…

DINO ZOFF

VECCHIA SIGNORA DI SASSO 74

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MAGATH GELA ZOFF Juve beffata in finale dall'Amburgo...

L’

estate del 1982 ha regalato all’Italia un’inattesa vittoria al mondiale spagnolo, al termine di torneo disputato in crescendo, dopo le difficoltà iniziali e le polemiche. Bearzot conta su giocatori di Inter, Roma e Fiorentina, ma il blocco principale è quello juventino, con l’ormai quarantenne Zoff, Gentile, Cabrini, Scirea, Tardelli e il redivivo Paolo Rossi. Se ai campioni del Mondo azzurri, si aggiungono le star delle semifinaliste Francia e Polonia, Michel Platini e Zbigniew Boniek, è chiaro come i bianconeri, Campioni d’Italia al photofinish con la Fiorentina, possano considerarsi i favoriti della Coppa Campioni 1982-83. A fronteggiare i torinesi ci sono i campioni uscenti dell’Aston Villa, che non si sono ripetuti in patria e sono quindi affiancati dal solito Liverpool e l’Amburgo, che ha perso Keegan dopo la sciagurata finale del 1980, ma ha costruito una squadra di tutto rispetto, grazie al lavoro del general manager, l’ex del Mönchengladbach Günther Netzer e di mister Ernst Happel. Può dire anche la sua la Real Sociedad, che ha rivinto la Liga e deve rifarsi dalla figuraccia europea dell’anno precedente, con l’uscita al primo turno per mano del CSKA Sofia. Dopo il turno preliminare, che ha visto la Dinamo Bucarest prevalere a fatica sul Välerengen Oslo, il clou dei sedicesimi è lo scontro tra due ex vincitori: Celtic e Ajax. Quest’ultima riesce a strappare un pari in Scozia, grazie ai gol danesi di Jesper Olsen e Søren Lerby, ma ad Amsterdam si fa sorprendere a due minuti dalla fine da McCluskey, che dà il 2-1 agli scozzesi e il passaggio agli ottavi. Passa il CSKA Sofia, semifinalista dell’anno precedente, con due reti nei supplementari ai francesi del Monaco. Nel “derby” tedesco l’Amburgo ha la meglio sulla Dinamo Berlino, con una vittoria casalinga per 2-0 e un pareggio a Berlino Est, grazie a Milewski che risponde subito a Riediger. La Juventus chiude i conti all’andata, espugnando il campo dello Hvidovre, squadra dell’omonimo sobborgo di Copenaghen. Dopo il 4-1 in Danimarca, scoppia il “caso Bettega”, che si ribella alle tante panchine in campionato, riducendo la concentrazione della squadra, ma il 3-3 di Torino rimane ininfluente. Facile anche per il Liverpool, 5-1 globale al Dundalk, per l’Aston Villa che al 3-1 casalingo sul Besiktas fa seguire lo 0-0 di Istanbul e per la Real Sociedad che elimina gli islandesi del Vikingur. Non ci sono sorprese, le poche outsider che passano agli ottavi (17 Nëntori Tirana e HJK Helsinki) hanno avuto semplicemente un sorteggio fortunato. Impressiona la Dinamo Kiev, che si libera facilmente del Grasshopper, nel turno successivo i sovietici hanno il pass diretto per i quarti grazie alla rinuncia, per motivi politici (il regime di Hoxha si è allontanato da Mosca), del 17

SPECIALE COPPA DEI CAMPIONI / 1982-1983 Nëntori Tirana. La Juve trova al secondo turno lo Standard Liegi di Willy Geurts, bestia nera dei bianconeri l’anno prima con l’Anderlecht. La Juve torna dal Belgio con un ottimo 1-1 e, nonostante l’infortunio al menisco di Cabrini, a Torino è il Pablito mundial con una doppietta a regolare lo Standard. Con Bettega ancora in panchina (lascerà a fine stagione per il Toronto), è Boniek a duettare con Rossi. In campionato la Roma è avanti, ma la Juve è in corsa per tutte le competizioni. Chi invece non ha più niente da chiedere al campionato, ma prova a primeggiare in Europa è la Real Sociedad di Arconada, Zamora e Lopez Ufarte. La squadra di San Sebastian schiera in quegli anni solo giocatori baschi e, curiosamente, al secondo turno prevale contro il Celtic, anch’essa squadra che seleziona i propri giocatori, ma in base alla religione (possono giocare solo i cattolici). Il 2-0 di Donostia (questo il nome basco della città) non viene ribaltato a Glasgow, con il Celtic che a soli due minuti dalla fine ottiene la simbolica vittoria parziale per 2-1. Il Liverpool subisce l’onta di una sconfitta in Finlandia, l’eroe di giornata è Atik Ismail, tartaro di Finlandia che realizza il gol-vittoria. Inutile dire che, sotto la Kop, i Reds ribaltano la sfida con un comodo 5-0, in una partita mai in discussione. L’Aston Villa ha vita facile contro la Dinamo Bucarest, lo stesso non si può dire dello Sporting Lisbona, che raggiunge i quarti a spese del CSKA Sofia grazie ai gol in trasferta. L’Amburgo non fa fatica a eliminare l’Olympiakos Pireo, mentre il Widzew Lodz, ex squadra di Boniek, supera il temuto Rapid Vienna. Sono proprio i campioni di Polonia a regalare la sorpresa nei quarti, eliminando il Liverpool, nonostante la partenza, oltre che di Boniek, anche di Zmuda. Decisivo a Lodz l’errore in uscita di Grobbelaar, che regala un facile gol a Tlokinski, poi nel finale il subentrante Wraga raddoppia, dopo una serie di interventi prodigiosi di Mlynarczyk. Ad Anfield manca Dalglish, segna Neal su rigore, ma lo imita Tlokinski. Smolarek porta avanti il Widzew e i gol nel finale di Rush e Hodgson sono inutili, i polacchi vanno in semifinale. Lì trovano la Juventus, che non ha difficoltà a disporre del Villa campione in carica. Rossi segna dopo 40”, di testa su cross di Cabrini. Nella ripresa pareggia Cowans (che vedremo poi al Bari) e Boniek porta il 2-1 definitivo, su assist di Platini. Al ritorno, un tiro da fuori del francese e una zuccata di Tardelli chiudono i conti, nella ripresa ancora Platini e Withe fissano il punteggio totale sul 5-2. Se possibile, la Juventus è ancora più favorita di prima per la vittoria finale. Al penultimo atto arriva anche la Real Sociedad, che rimonta lo Sporting vittorioso 1-0 all’Alvalade, con le reti di Larrañaga e Bakero ad Atocha. Last, but not least l’Amburgo di Happel, che batte la Dinamo Kiev in trasferta (a Tbilisi) gra-

zie a una tripletta di Bastrup, per poi concedere un’indolore sconfitta ai sovietici al Volksparkstadion, 2-1 firmato Bessonov ed Evtuschenko. L’urna di Zurigo mette di fronte per le semifinali Juventus-Widzew e Real Sociedad-Amburgo. Davanti a oltre 66.000 spettatori, con l’incasso record per l’Italia di oltre un miliardo e cento milioni, Boniek in versione “bello di notte” (in campionato non brilla) trascina la sua squadra contro gli ex compagni. Segna Tardelli da fuori – tiro deviato – poi è Zibì a farsi cinquanta metri palla al piede, triangolo con Rossi, tiro, Mlynarczyk non trattiene, da dietro arriva Bettega ed è 2-0. In Polonia, Platini lancia al millimetro Rossi, che non ha problemi a portare in vantaggio i suoi. Il Widzew trova due gol con Surlit, nel mezzo le intemperanze del pubblico di Lodz costringono Corver a interrompere la partita per venti minuti, con un guardalinee ferito da una bottiglia. Nel finale, il 2-2 di Platini su rigore sancisce il viaggio della Juventus in quel di Atene. A San Sebastian, una gara a lungo equilibrata viene sbloccata dal tedesco Rolff, di testa su cross di Hartwig. La Real trova il pari con Agustin Gajate, su corner di Diego. In Germania sono i padroni di casa a dominare, ma trovano il gol del vantaggio soltanto al 75’ con Jakobs. Diego Alvarez pareggia cinque minuti dopo, ma non è finita: il giovane von Heesen realizza il gol che vale la finale. Davide contro Golia, permettete la banalità, ma questo è il paragone che viene fatto da tutti per l’ultimo atto tra Juventus e Amburgo. I bianconeri, potenza assoluta in patria con 20 titoli, ancora cercano la prima Coppa dei Campioni. Dino Zoff è all’ultima partita in carriera, a 41 anni, Bettega è vicino all’addio. Tutti vogliono alzare la coppa, ma i bianconeri devono fare i conti con un regista ormai vicino alla trentina, dalla carnagione scura, figlio di un militare portoricano di stanza in Germania e tornato in patria quando lui aveva solo un anno: Felix Magath. Per lui, la carriera parla di una titolo europeo con la Germania Ovest, in Italia 1980, ed è vicecampione del mondo 1982 in carica, pur non avendo giocato la finale. Resta però famoso per quel gol, a inizio partita, il pallonetto beffardo che pesca Zoff fuori dai pali. “Mancano 81 minuti”, pensano gli juventini, ma ogni singolo giro della lancetta dei secondi rende più vane le speranze bianconere. Rolff annulla Platini, Rossi è il capocannoniere del torneo, ma incappa in una serata storta, quando Rainea fischia la fine sono i tedeschi a esultare, l’Amburgo riporta la coppa in Germania dopo i fasti del Bayern e, soprattutto, interrompe il dominio inglese che dura dal 1976-77. Hrubesch alza la coppa, l’Amburgo fa doppietta rivincendo la Bundesliga, per Trapattoni e i suoi non resta che attendere, ancora una volta, tempi migliori. Calcio 2OOO

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SEMIFINALE 1

SEMIFINALE 2

FINALE

REAL SOCIEDAD-AMBURGO 1-1 (0-0)

AMBURGO-JUVENTUS 1-0 (1-0)

Mercoledì 6 aprile 1983, ore 20:30 SAN SEBASTIAN (Stadio "Atocha") Arbitro: Michel VAUTROT (FRA) Spettatori: 26.900

Mercoledì 25 maggio 1983, ore 21:15 ATENE (Stadio "Louis Spiros") Arbitro: Nicolae RAINEA (ROU) Spettatori: 73.500

JUVENTUS: Dino ZOFF (cap.), Claudio GENTILE, Antonio CABRINI, Massimo BONINI, Sergio BRIO, Gaetano SCIREA, Roberto BETTEGA, Marco TARDELLI, Paolo ROSSI [78' Domenico MAROCCHINO], Michel PLATINI, Zbigniew BONIEK Commissario tecnico: Giovanni TRAPATTONI.

REAL SOCIEDAD: Luis ARCONADA (cap.), Genaro CELAYETA, Javier ZUBILLAGA, Juan Antonio LARRAÑAGA, Alberto GORRIZ, Agustin GAJATE, José Maria BAKERO, DIEGO ALVAREZ, Pedro URALDE, Jesus Maria ZAMORA [72' Tomas ORBEGOZO], Roberto LOPEZ UFARTE Commissario tecnico: Luis Alberto ORMAECHEA.

AMBURGO: Ulrich STEIN, Manfred KALTZ, Bernd WEHMEYER, Dietmar JAKOBS, Holger HIERONYMUS, Wolfgang ROLFF, Jürgen MILEWSKI, Jürgen GROH, Horst HRUBESCH (cap.), Felix MAGATH, Lars BASTRUP [55' Thomas VON HEESEN] Commissario tecnico: Ernst HAPPEL.

AMBURGO: Ulrich STEIN, Manfred KALTZ, Bernd WEHMEYER, Dietmar JAKOBS, Holger HIERONYMUS, William HARTWIG, Wolfgang ROLFF, Jürgen GROH, Horst HRUBESCH (cap.), Felix MAGATH, Lars BASTRUP [46' Jürgen MILEWSKI] Commissario tecnico: Ernst HAPPEL.

JUVENTUS: Dino ZOFF (cap.), Claudio GENTILE, Antonio CABRINI, Massimo BONINI, Sergio BRIO, Gaetano SCIREA, Roberto BETTEGA, Marco TARDELLI, Paolo ROSSI [56' Domenico MAROCCHINO], Michel PLATINI, Zbigniew BONIEK Commissario tecnico: Giovanni TRAPATTONI.

Reti: 58' Wolfgang ROLFF, 73' Agustin GAJATE.

Rete: 9' Felix MAGATH. Ammoniti: 35' Wolfgang ROLFF, 36' Massimo BONINI, 39' Jürgen GROH, 39' Antonio CABRINI.

Mercoledì 20 aprile 1983, ore 20 AMBURGO (Stadio "Volkspark") Arbitro: Bruno GALLER (SUI) Spettatori: 51.000

WIDZEW LODZ: Jozef MLYNARCZYK, Krzysztof KAMINSKI, Wieslaw WRAGA [75' Witold MATUSIAK], Miroslaw MYSLINSKI, Roman WOJCICKI, Miroslaw TLOKINSKI, Marek FILIPCZAK [46' Piotr MIERZWINSKI], Krzysztof SURLIT, Piotr ROMKE, Zdzislaw ROZBORSKI, Wlodzimierz SMOLAREK (cap.) Commissario tecnico: Wladyslaw ZMUDA.

AMBURGO: Ulrich STEIN, Manfred KALTZ, Bernd WEHMEYER, Dietmar JAKOBS, Jürgen GROH, William HARTWIG, Wolfgang ROLFF, Thomas VON HEESEN, Horst HRUBESCH (cap.), Felix MAGATH, Lars BASTRUP Commissario tecnico: Ernst HAPPEL.

GARA DI RITORNO

Mercoledì 20 aprile 1983, ore 20 LODZ (Stadio "LKS Lodz") Arbitro: Charles CORVER (NED) Spettatori: 29.000

Reti: 32' Paolo ROSSI, 54' e 79' Krzysztof SURLIT, 82' rigore Michel PLATINI. Ammoniti: 6' Krzysztof SURLIT, 60' Krzysztof KAMINSKI, 80' Cesare PRANDELLI.

colletta alimentare

AMBURGO-REAL SOCIEDAD 2-1 (0-0)

WIDZEW LODZ-JUVENTUS 2-2 (0-1)

JUVENTUS: Dino ZOFF (cap.), Claudio GENTILE, Antonio CABRINI, Massimo BONINI, Sergio BRIO [87' Massimo STORGATO], Gaetano SCIREA, Domenico MAROCCHINO, Marco TARDELLI, Paolo ROSSI [46' Cesare PRANDELLI], Michel PLATINI, Zbigniew BONIEK Commissario tecnico: Giovanni TRAPATTONI.

19a giornata nazionale della

REAL SOCIEDAD: Luis ARCONADA (cap.), Genaro CELAYETA, Julio OILAZOLA, Javier ZUBILLAGA, Alberto GORRIZ, Eliseo MURILLO, Tomas ORBEGOZO, DIEGO ALVAREZ, Pedro URALDE [68' José Maria BAKERO], Juan Antonio LARRAÑAGA, Roberto LOPEZ UFARTE Commissario tecnico: Luis Alberto ORMAECHEA. Reti: 75' Dietmar JAKOBS, 80' DIEGO ALVAREZ, 83' Thomas VON HEESEN. Ammoniti: 38' Pedro URALDE, 83' William HARTWIG, 86' Genaro CELAYETA, 88' Juan Antonio LARRAÑAGA.

foto Agenzia Liverani

WIDZEW LODZ: Jozef MLYNARCZYK, Krzysztof KAMINSKI, Andrzej GREBOSZ, Tadeusz SWIATEK, Roman WOJCICKI, Miroslaw TLOKINSKI, Wieslaw WRAGA [80' Miroslaw MYSLINSKI], Krzysztof SURLIT, Piotr ROMKE, Zdzislaw ROZBORSKI, Wlodzimierz SMOLAREK (cap.) Commissario tecnico: Wladyslaw ZMUDA.

ANTONIO CABRINI

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RMASSIMO BONINI

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Mercoledì 6 aprile 1983, ore 20:30 TORINO (Stadio "Comunale") Arbitro: Alexis PONNET (BEL) Spettatori: 66.391

Reti: 8' Marco TARDELLI, 59' Roberto BETTEGA. Ammoniti: 35' Michel PLATINI, 37' Tadeusz SWIATEK, 40' Roman WOJCICKI, 57' Andrzej GREBOSZ, 65' Wlodzimierz SMOLAREK.

GARA DI RITORNO

IN COLLABORAZIONE CON

JUVENTUS-WIDZEW LODZ 2-0 (1-0)

GARA DI ANDATA

GARA DI ANDATA

SPECIALE COPPA DEI CAMPIONI / 1982-1983

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di Stefano BORGI

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CESARE PRANDELLI IL BELLO DEL CALCIO

© @FDLCOM

Ci sono momenti che non vanno dimenticati...

LA DOMENICA DEL CUORE UN VERO MINUTO DI SILENZIO, LA NOVITÀ DEL “TERZO TEMPO”. TUTTO IN UNA NORMALE DOMENICA DI CALCIO...

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più volte Prandelli - Evidentemente la normalità spaventa il mondo del calcio”. Eh già caro Cesare, ti sorprendi? Credi che nel calcio esista ancora qualcosa di normale? Ma andiamo oltre. Messaggi di cordoglio arrivarono poi dall'allora sindaco di Firenze, Leonardo Domenici (“È difficile trovare le parole che possano lenire il tuo dolore e quello dei tuoi figli”) e da quello di Roma, Walter Veltroni (“In un momento in cui le parole non servono la prego di sentire l'affetto mio e di tutta la comunità romana”). Ma tanti, tantissimi, furono i messaggi del mondo del calcio. Dalla Juve al Milan, dall'Atalanta al Parma, tutti i club hanno affidato al web le loro condoglianze. Anche Francesco Totti scrisse un messaggio personale al suo ex allenatore: “Mando a Cesare le mie condoglianze - disse il capitano della Roma - Voglio dirgli che gli sono vicino in questo momento così difficile”.

ca, quel giorno, l'Inter vincerà per 2-0, con i gol di Jimenez e Cruz. È l'Inter di Mancini, di Ibrahimovic, di un giovane Balotelli. È l'Inter che vincerà il campionato con soli tre punti in più della Roma. La Fiorentina, invece, conquisterà un posto in Champions League raggiungendo nel contempo la semifinale di Coppa Uefa, sconfitta ai rigori dai Rangers di Glasgow. Ma possiamo dirlo? Chissenefrega! Per una volta non ci sono né vincitori né vinti. Per una volta hanno vinto tutti. E non è una frase fatta. IL TERZO TEMPO NEL CALCIO - Quel giorno, però, ci sarà un secondo evento che testimonia una volta di più la civiltà di Firenze: il terzo tempo. Forse in pochi lo ricordano (sopratutto fuori dal capoluogo toscano) ma la Fiorentina è stata la prima società che ha portato il "terzo tempo" nel mondo del calcio. Mutuandolo dal rugby. Una sorta di omaggio che la squadra di casa faceva a quella ospite, a prescindere dal risultato, dall'andamento della partita. L'Inter, lo abbiamo detto, vinse per 2-0 (forse più nettamente di quanto dica il risultato) e all'uscita sotto la Fiesole i giocatori viola aspettarono i nerazzurri ai lati di un tappeto, per

stringergli la mano e darsi appuntamento alla partita di ritorno. Senza rancore, nè risentimenti. Mossi solamente dal senso di sportività. Sembra passato un secolo? No, da calendario solo pochi anni. Sembrano invece anni luce se guardiamo come si è evoluta (o involuta?) la situazione: dopo le consuete promesse la Federazione non ha mai istituzionalizzato l'iniziativa, lasciandola anzi cadere nel dimenticatoio. Peccato... Eh sì che il calcio, dall'alto di un movimento, di un fatturato superiore, dovrebbe essere d'esempio per tutti gli altri sport. E invece... Piano piano, col passare dei mesi nessuno si ricordò più di quell'idea, tanto meno la Federazione che anzi, proprio quel giorno, avrebbe voluto multare la Fiorentina che (udite, udite!) non aveva avuto l'Ok ufficiale dalla Lega. Fortunatamente, in quel caso, il buon senso ebbe la meglio. Certo rimase un esempio isolato di “Domenica del cuore”, una triste coincidenza che non lasciò traccia, se non nell'animo ferito degli interessati. La realtà ci parla (ahimè) di un'altra occasione persa, della cecità di un sistema che guarda solo al denaro e non al sentimento. Dell'ennesima dimostrazione che signori si nasce... e non si diventa. IL SALUTO AGLI AVVERSARI Famoso nel rugby, sperimentato anche nel calcio

UN “VERO” MINUTO DI SILENZIO Dicevamo del minuto di silenzio. Molti lo hanno definito assordante (invero senza molta fantasia), noi lo definiamo sorprendente, proprio perchè mai avevamo visto 40.000 persone che per 50 secondi si sono date la mano, hanno alzato gli occhi al cielo, partecipando ad un dolore che in quel momento era anche il loro. Senza grida becere, piuttosto che applausi inopportuni. Forse perchè Cesare è sempre stato "uno di noi", come amano rivendicare i tifosi viola. Permetteteci un po’ di cronaca: Manuela Caffi Prandelli si spegne il 26 novembre 2007, all'ora di pranzo, nella casa materna di Ticengo in provincia di Cremona. Per starle accanto, Cesare Prandelli aveva rinunciato a seguire la Fiorentina nella trasferta di Reggio Calabria del giorno prima, sostituito dal vice Gabriele Pin. Il mister viola salterà anche la partita di Coppa Uefa ad Atene

© @FDLCOM

N

on era mai successo. Almeno in Italia fu la prima volta in assoluto. Un minuto di silenzio, di totale e religioso silenzio, la più alta forma di rispetto e di educazione che parte da Firenze ed arriva al cuore degli italiani. Stiamo parlando del minuto di silenzio che il 2 dicembre 2007 fu riservato alla memoria di Manuela Caffi, moglie di Cesare Prandelli, madre di Nicolò e Carolina. La donna per la quale tre anni prima Cesare aveva abbandonato la panchina della Roma. La motivazione? La cosa più normale al mondo, stare accanto alla donna della sua vita. “Mi stupisce il clamore che ho suscitato facendo una cosa normale che chiunque avrebbe fatto, avendo in più il privilegio di potermelo permettere economicamente - disse

contro l'AEK del 29 novembre, per tornare in panchina il 2 dicembre a Firenze contro l'Inter. Ad accoglierlo uno striscione immenso che campeggia in curva Fiesole: "Il tempo che passa smorzerà il dolore, ma se avrai bisogno di lei alza gli occhi al cielo, la sua stella ti guiderà per sempre e ci porterà lontano". Cesare sapeva di quello striscione, lo guarda, non riesce a trattenere una lacrima. Intanto il figlio Nicolò siede a bordo campo anche lui visibilmente commosso, mentre cadono sul campo rose bianche lanciate dai tifosi, anche loro in lacrime. Cesare ne raccoglie una, due, tre... le raccoglie tutte, per poi metterle vicino a sè. In tribuna Diego ed Andrea Della Valle applaudono, mentre l'arbitro Farina ordina il minuto di silenzio. In campo, tra gli altri, spicca un Adrian Mutu ad occhi chiusi, visibilmente commosso, che partecipa così al dolore del fratello maggiore Cesare. Personalmente riteniamo che quel minuto, quel breve ma interminabile lasso di tempo vissuto nel silenzio più assoluto, abbia cementato più di ogni altra cosa l'amore tra il popolo viola ed il mago di Orz. Da quel momento Cesare non dimenticherà mai Firenze, e Firenze amerà per sempre Cesare. Per la crona-

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DOVE SONO FINITI

di Stefano BENETAZZO

DOVE SONO FINITI / RENATO VILLA

RENATO VILLA

IL GRANDE VILLA

SEMPRE E SOLO BOLOGNA Villa ha giocato in rossoblù dal 1986 al 1992

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A BOLOGNA, ANCORA OGGI, È UN IDOLO ASSOLUTO…

l numero 3 sulle spalle, una città nel cuore, un solo rimpianto, tanti ricordi e un sogno nel cassetto: tutto questo nell’intervista con Renato Villa, “Il Mitico Villa” del Bologna, in esclusiva per Calcio2000.

Serie A si è copiato molto il discorso-Sacchi: gioco corto sui 30 metri, velocità e rapidità. Ai miei tempi c’erano solamente due stranieri, il che permetteva di avere più campioni rispetto ad oggi”.

foto Agenzia Liverani

Ha militato in formazioni lombarde quale la Soresinese, il Pergrocrema e l’OMAS Pontevico: che esperienze sono state? “Sono stati passaggi di crescita, le cose più importanti sotto il profilo umano le avevo imparate al Pizzighettone; per quanto concerne il calcio, mi sono servite tantissimo e mi hanno aiutato a crescere. È stata la forza di volontà a farmi diventare un calciatore professionista”.

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Giocatore e lavoratore: magazziniere nell’Orceana e camiciaio prima di intraprendere la carriera di giocatore a tutti gli effetti: quanto è stata dura la gavetta? È stata fondamentale? “È stata dura, fino a 25 anni lavoravo di giorno e mi allenavo di sera e specialmente in inverno non era facile ma è stata fondamentale la volontà, che mi ha portato a superare gli ostacoli; mi ha aiutato a crescere e a dare il giusto valore alla vita e ai soldi”.

foto Agenzia Liverani

È cresciuto nelle giovanili del Pizzighettone: cosa ricorda? “È stato un periodo bellissimo, ho imparato tantissime cose al di fuori del calcio; ricordo i compagni di squadra, ogni tanto ci vediamo e mi fa molto piacere perché eravamo un bel gruppo di amici”.

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il mio soGNo? Poter ritorNare ad essere uNa PersoNa che PuÒ aiutare il BoloGNa calcio a crescere…

Come era il calcio a quei tempi rispetto ad oggi? “Mi capita spesso di vedere squadre dilettanti in cui il valore è più basso di un tempo, dove si vince per le invenzioni del singolo. In

Ha militato quattro anni nell’Orceana, in serie C2, totalizzando numerose presenze e segnando vari gol: è stato questo il momento che le ha permesso di farsi conoscere al grande calcio? “No: a 16 anni avevo avuto un’importante occasione che non ho sfruttato. Sostenni un provino con la Primavera dell’Empoli, al termine del quale ricevetti i complimenti; volevano tenermi ma io preferii rimanere a casa, dove avevo un lavoro sicuro. Quello è stato l’errore più grande che commisi”.

Il grande salto nell’86, quando l’acquistò il Bologna del presidente Corioni: un doppio salto di categoria, dalla serie C2 alla B. Era più la paura o l’emozione? “C’era la curiosità di vedere quanto poteva essere il calcio vero: pensavo che se Quaggiotto e Lancini, che giocavano nell’Ospitaletto, erano approdati al Bologna, allora potevo starci anche io. Pochi giorni dopo il mio arrivo, a Lecce, mi dissero di marcare sia Oscar Tacchi che Pasculli, anche se non li conoscevo lo feci al meglio delle mie possibilità, disputando una buona partita e ricevendo i complimenti”.

Cosa ricorda del provino con l’allenatore Vincenzo Guerini? “Arrivai a Bologna e la prima cosa che mi chiese era se avevo mangiato; risposi che avevo mangiato due panini all’autogrill e mi diede del matto, dato che dovevo sostenere un provino. Marcai sia Marronaro che Pradella, facendo bene in entrambe le prove”. Calcio 2OOO

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DOVE SONO FINITI / RENATO VILLA

DOVE SONO FINITI / RENATO VILLA

Diventa subito titolare: una bella responsabilità per un ragazzo di 27 anni alla prima esperienza nel campionato cadetto… “Sì, loro avevo Ottoni che stava rientrando da un infortunio piuttosto che Nicolini, ma non sentii il peso; andai in campo alla prima giornata a Lecce come quando giocavo nell’Orceana, non cambiava nulla”. La stagione della consacrazione e la più importante è quella dell‘87’88, quando è uno degli artefici principali della promozione in Serie A del Bologna, guidato in panchina da Gigi Maifredi: cosa ricorda di quell’anno? “Cambiammo modulo di gioco, tornando a giocare a zona ed è stata la mia fortuna, ero veloce a leggere le giocate e feci un bel campionato. Il gruppo era eccezionale, l’impegno totale, ci siamo subito fatti voler bene da una piazza esigente come Bologna. Il gruppo è stata la vera forza”.

ricorda il gol e i cinque minuti di applausi? “C’erano due attaccanti infortunati, e per esigenze Maifredi mi diede la maglia numero 9 e mi fece giocare da centravanti; nelle partite precedenti sfiorai più volte il gol, il pubblico attendeva una mia rete che arrivò in quell’occasione. È stato un bellissimo gol, in tuffo di testa: mi vennero i brividi e sentii un’emozione grandissima dentro di me”.

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foto Agenzia Liverani

foto Agenzia Liverani

È vero che il soprannome le venne dato da Lucio Dalla, grandissimo tifoso del Bologna, uno dei suoi due più accaniti tifosi assieme a Gianni Morandi? “Potrebbe essere, quando festeggiammo la vittoria del campionato di Serie B c’erano tutti i cantanti bolognesi, da Morandi a Dalla, da Carboni a Antonacci e proprio quella volta Morandi cantò “Uno su mille”, dedicandomela, con tutto il pubblico che applaudì. Può immaginare la mia emozione”.

C’era una squadra di basket sulle cui maglie campeggiava Ha sempre giocato da difensore, prima terzino e poi centrale la scritta “Mitico Villa”: una bella emozione. in una difesa in linea a 4 elementi: aveva qualche idolo? “Sicuramente sì, mi invitarono anche alla presentazione; fa pia“Da terzino sinistro Cabrini, dato che anche io facere allora come oggi. Ancora adesso molta gente cevo molti gol mentre da centrale cercavo di apnon sa che mi chiamo Renato, tutti mi salutano con prendere da Franco Baresi, dotato di un’intelligenza “ciao Mitico”, dai più grandi ai più piccoli e a me fantastica e velocissimo di testa”. fa molto piacere, significa che ho lasciato qualcosa idoli? di buono”. da terZiNo Quali erano le sue caratteristiche principali? siNistro “La forza fisica, ero bravo nei colpi di testa, avevo Se le parlo delle partite a briscola e tresette al caBriNi la giusta elevazione e gli avversari più alti li marcabar Caravaggio di Bologna dal barman Antonio meNtre vo io: da Van Basten a Gullit a Careca”. o se le cito il bar Cigoli di Cornaletto, cosa le da ceNtrale viene in mente? cercaVo di Chi è stato il giocatore che più l’ha messa in “A Cornaletto ricordo la mia infanzia, dove trascoraPPreNdere da difficoltà? E quale quello a cui non ha “fatto verevo le mie serate prima di trasferirmi a Bologna, FraNco Baresi der palla”? dove arrivai da solo, in quanto la mia famiglia ri“Sauro Frutti, incontrato in Serie B quando militava mase a Cremona dato che i figli andavano a scuola nel Modena; fece gol sia all’andata che al ritorno. In generale mi e io non sapevo cosa mi riservava l’immediato futuro. Una sera, trovavo bene con tutti, non avevo troppe difficoltà. Giocavo con tut- passeggiando, entrai al bar Caravaggio, dove conobbi Antonio, ti, dal bravo e agile Galderisi ad un fenomeno come Van Basten”. diventando da subito buoni amici e tutti i pomeriggi andavo a giocare a carte, una delle mie passioni oltre al calcio”. Ci sono state occasioni in cui ha giocato da centravanti, segnando anche alcune reti, una di queste contro la Triestina: Si è ritirato a 34 anni, dopo l’esperienza al Bologna: che Calcio 2OOO

Villa è amatissimo dal pubblico del Bologna, è un idolo

Nei quattro anni trascorsi nel Bologna è stato soprannominato Il Mitico Villa: come mai? “Per l’impegno, la volontà e la grinta ma anche per il fatto che ero veloce nei recuperi difensivi, il che faceva dire a molti di ispirarsi a me; in realtà è stato a San Benedetto del Tronto che trovai il primo striscione con questo soprannome, durante una partita che perdevamo 2-0 e che riuscimmo a pareggiare 2-2, con due miei assist per Marronaro”.

Debutta in Serie A pochi giorni prima del compleanno, il 9 ottobre 1988, in Pisa-Bologna 0-2: un giorno indimenticabile che non GIGI MAIFREDI dimenticherà mai… “È stato un giorno bellissimo, in più vincemmo quindi è stato fantastico, una partita indimenticabile; pensare di incontrare campioni come Gullit, Van Basten, Maradona che fino a poco prima vedevo solo sulle figurine mi lasciava perplesso, era un sogno che si stava realizzando”.

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INSIEME A PECCI

Dopo aver appeso le scarpe al chiodo ha intrapreso la carriera da allenatore sia di calcio a 11 che a 5: Chianciano, Palazzolo, Comacchio, Baracca Lugo e Caramagnese. Che esperienze sono state? “Mi hanno aiutato a crescere come allenatore, seppur in ogni squadra c’erano aspetti più o meno belli; nei dilettanti tanti voC’è qualcuno che l’ha aiutata nel corso della sua carriera da gliono imporre le loro idee o certi giocatori, cosa di cui non sono d’accordo. Personalmente non mi è mai capitato, ma calciatore? Chi pensa di dover ringraziare? è uno degli aspetti che mi ha indotto a smettere la “Tanti, tutti: dal presidente Corioni a Maifredi, colui carriera di allenatore. La più bella esperienza che che mi consigliò al presidente insistendo per farmi ai miei ricordo è quella alla Tavor Sesana, in Slovenia”. fare un provino, a Guerini che mi ha insegnato molto temPi c’eraNo a tutti i miei compagni di squadra”. solameNte due Oggi di cosa si occupa? straNieri, il “Sono responsabile di una scuola calcio a CasalecDegli allenatori che ha avuto chi ricorda con più che PermetteVa chio di Reno, con 300 bambini; con me collaboraaffetto? E perché? di aVere no l’ex portiere Cusin, Giuseppe Anaclerio, Fabio “Franco Pasquetti, il mio primo allenatore al PizPiÙ camPioNi Poli, Roberto Russo e altri allenatori. Inoltre svolgo zighettone che mi ha cresciuto sia come uomo che risPetto dei camp estivi di sei settimane in giro per l’Italia, come calciatore, infondendomi tre concezioni: eduad oGGi da circa 17 anni, e spesso viene anche Pasculli: da cazione, rispetto e calcio; poi Maifredi, colui che quando ci incontrammo nel 1986 siamo diventati e credette in me ma non posso dimenticare tutti coloro rimasti amici”. che hanno avuto il coraggio di farmi giocare”. bilancio traccia della sua carriera? “Sono abituato ad accontentarmi di quello che ho, sono felicissimo della mia carriera; ho smesso anche se potevo trasferirmi in città come Palermo o Salerno, ma avevo capito che Bologna era la mia città, il mio obiettivo era quello di rimanere in questa città”.

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Ripensa mai alla sua carriera da calciatore? “Ogni tanto si, quando parlo con i bambini mi tornano alla mente molte situazioni di gioco ma anche quando qualcuno mi chiede com’era questo o quel giocatore, i ricordi tornano alla mente”.

Quali sogni ha nel cassetto? “Poter ritornare ad essere una persona che può aiutare il Bologna calcio a crescere, ci sono persone bravissime ma nel mio cuore c’è sempre questa squadra, e mi piacerebbe molto”. Calcio 2OOO

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LIGA SPAGNA

di Paolo BARDELLI

MITO ASSOLUTO

foto Image Sport

CR7 continua a volare, a suon di record...

COME TE NESSUNO MAI CRISTIANO RONALDO ZITTISCE TUTTI A SUON DI RECORD

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ssere Cristiano Ronaldo non è facile, i riflettori sparati forte in faccia da quando aveva sedici anni. Suo padre gli ha assegnato il nome di battesimo in onore di Ronald Reagan, attore poi diventato presidente americano. Show e responsabilità, binari sui quali la vita di Cristiano filerà spedita. La grandezza è un dono, ma pure una condanna, essere come gli altri è qualcosa che ti è precluso. Nell'estate del 2003, quella del suo approdo a Manchester, il portoghese chiese di vestire la maglia numero 28 ma il te84

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enager più costoso nella storia della Premier viene marchiato da Sir Alex con la casacca numero 7, un'investitura. Un peso. Ma questo ragazzo non teme le sfide, a dispetto di atteggiamenti che spesso lo espongono alle critiche: provocatore, cascatore, lezioso, modello. Tutti pronti a sparare, come se non bastasse c'è pure il parallelo con Leo Messi, eterno rivale e nemesi del portoghese. L'argentino è un'ode al low profile, il ragazzo nato con una disfunzione all'ormone della crescita poi diventato modello di educazione, uno scolaretto, CR7 invece è nato brand. Come l'alta

moda, anche lui vive di eccessi, reali o presunti, tutto si è detto sul suo conto, comprese le voci sulla sua sessualità. Cristiano combatte da sempre contro i preconcetti, lo fa col duro lavoro. E con i gol. A ottobre la quarta Scarpa d'oro, è il primo a tagliare questo traguardo. Se il computo dei Pallone d'Oro sorride alla Pulce, il trono dei bomber è del portoghese. Parlando di pallone si può dire di tutto, i numeri però non ammettono repliche: Ronaldo è una macchina, campione di serietà a dispetto di un fisico da tronista, sempre regolare, anche quando si attarda a firmare au-

tografi in ogni occasione. Ci si sofferma sui capelli, quando sotto c'è una testa pensante, scendendo ancora un po' troviamo anche un buon cuore, quello che lo ha spinto a pagare le cure mediche di un bambino malato di cancro. C'è sempre un se, sempre un ma, lui però se ne frega e va avanti polverizzando record. I due gol messi a segno contro lo Schalke lo portano a quota 78 nelle competizioni europee per club, mai nessuno come lui con la camiseta Real. Polverizzato anche l'altro primato di Raúl, 323 reti a tinte bianche. Curioso che a inizio stagione qualcuno si fosse divertito a dare per finito il fuoriclasse portoghese, che si è chiuso a riccio sottraendosi ai microfoni per mesi. Le chiacchiere dei soloni sono durate fino al 12 settembre, quando Cristiano ne ha infilati ben cinque contro l'Espanyol, quelli gli sono valsi il titolo di massimo realizzatore di sempre in campionato. Record su record, l'elenco non finisce più ma è questa l'unica unità di misura per

descrivere la grandezza. Un privilegio, una condanna. Nel 2014 il grande slam: Pallone d'Oro, Uefa Best Player e Scarpa d'oro, nella stessa stagione 17 reti in Champions League. Uno sgarbo a Messi, fermo a 14 in compagnia di José Altafini. A proposito di Messi, la rivalità con l'argentino esalta il portoghese, unico a segnare per sei volte di fila nel Clásico. La legge di CR7 non fa sconti, è uguale per tutti e su tutti si abbatte con la stessa violenza, nessuna squadra di Liga è riuscita a non subire gol da lui. Nessuna. Neppure il cronometro è al sicuro quando c'è Cristiano in giro, insieme a Ibra è l'unico ad aver segnato a ogni minuto della gara. Record pittoresco ma che, se letto bene, ci racconta un uomo capace di colpire sempre. Superfluo dire che Ronaldo è il miglior bomber della storia portoghese, primato più semplice da conquistare con tutto il rispetto per Pauleta, fermo a 48, le sue reti però non sono bastate a far volare la sua nazionale. Prossima occasione Euro 2016 in Francia. Sempre in gol in tutte le manifestazioni per nazionali disputate dal 2004, tre europei e tre mondiali, drammatica la kermesse europea sfumata tra le mura amiche in favore della Cenerentola Grecia. Quella con Messi è una battaglia a suon di numeri. Leo meraviglioso solo col Barcellona, Ronaldo è invece l'unico ad aver vinto la Scarpa d'Oro in due diversi campionati, Premier League e Liga. La carriera di Cristiano Ronaldo risponde a ogni possibile obiezione (tranne per il momento, quelle relative ai successi con la nazionale), 100 gol nella Liga raggiunti alla media di 1,09 a partita - primato anche in questo caso - numeri gonfiati dalle reti contro le perforabili piccole di Spagna? Attenzione, abbiamo già detto della costanza nei Clásicos, ma il portoghese ha mostrato tutto il suo temperamento pure nei derby. 15 palloni sparati nella porta dei Colchoneros, anche in questo caso parliamo di record. Castiga le piccole, castiga le grandi. Tre volte Pallone d'Oro, titoli a non finire e la gioia di sollevare la Decima nel 2014. Abbiamo tanto parlato di freddi numeri, ma le cifre non riescono a spiegare la tranquillità e la forza che Cristiano Ronaldo sa trasmettere a chi gli sta intorno. Basta un gol e poi il gesto con la mano a dire "Tranquilli, ci penso io". La stessa

IL BANDITO E IL CAMPIONE QUANDO BLATTER SFOTTEVA CR7

JOSEPH BLATTER

Cristiano Ronaldo ha tanti ammiratori, ma non mancano i nemici. Il nome di Joseph Blatter è da iscrivere nel secondo gruppo. Nell'era del presidentissimo Fifa tutto è in mano ai due supereroi, CR7 e Messi, due immagini agli antipodi che alimentano schieramenti contrapposti. Blatter un paio d'anni fa non ha nascosto le proprie simpatie per l'argentino, "un bravo ragazzo che tutti i genitori vorrebbero avere come figlio. Una brava persona, non è esuberante, in campo danza". Tutto bene fino a quando non si arriva ai paragoni "L'altro, invece, è come un comandante sul campo". Il tutto condito da movimenti da soldatino, per schernire il portoghese. "Uno spende di più dell'altro dal parrucchiere, ma non posso dire chi è il migliore, mi piacciono entrambi anche se io preferisco Messi". E la frittata è fatta. La replica piccata del portoghese non si fece attendere, a inaspire ulteriormente il rapporto ci sono voci relative a una relazione tra l'ex plenipotenziario Fifa e Irina Shayk, ex del portoghese. È già acqua passata, perché in epoca recente Blatter ha comunque avuto problemi ben peggiori. Sic transit gloria mundi, il vecchio Sepp è sommerso dagli scandali e ora tutti vogliono la sua testa. Ride bene chi ride ultimo. cosa che ha detto ai genitori di Eirik, dieci mesi, il bambino malato del quale abbiamo parlato prima. Lui è nato con grandezza impressa nel dna, gli altri si dedichino pure alle chiacchiere. A risolvere i problemi pensa lui. Calcio 2OOO

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PREMIER LEAGUE INGHILTERRA

di Luca MANES lis ha evitato il tonfo in Championship nel 2013-14, dopo la sorprendente promozione dell'anno precedente, lasciando poi il testimone all'ex centrocampista del Palace, che stava vivendo un momento di crisi totale a Newcastle. Amatissimo dai supporter – non fosse altro perché in quella fatidica coppa d'Inghilterra del 1990, segnò il goal decisivo nel pazzesco 4-3 in semifinale contro il grande Liverpool – a Pardew l'aria di casa ha giovato molto. Come per incanto ha ritrovato l'ispirazione, il tocco magico che all'inizio della sua carriera di tecnico – ai tempi occupava la panchina del Reading – aveva portato molti addetti ai lavori a considerarlo uno dei giovani allenatori dal futuro più scintillante.

CI PENSA LUI

Il Crystal ha in Pardew la sua guida...

CHE BEL CRYSTAL

A

lan Pardew era in campo e vestiva la maglia numero 11 quel pomeriggio di 25 anni fa, quando nel vecchio Wembley il Crystal Palace scrisse una delle pagine più belle, ma sicuramente la più sfortunata, della sua storia. A sette minuti dalla fine dei tempi supplementari le Eagles, conducevano per 3-2 nella finale di FA Cup contro il Manchester United, in quello che sarà ricordato come uno dei match più spettacolari ed emozionanti del lungo cammino della competizione calcistica più antica del pianeta. A nulla valse 86

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però la doppietta di Ian Wright, perché Mark Hughes strozzò in gola l'urlo di gioia ai tifosi accorsi dalle propaggini meridionali di Londra, rinviando l'esito della contesa alla ripetizione (allora non erano stati ancora introdotti i rigori). I Red Devils vinsero quel replay con un goal del carneade Lee Martin e Alex Ferguson poté così iniziare la sua impressionante collezione di trofei con il club dell'Old Trafford. Da allora il Crystal Palace ha giocato tanti campionati nella serie cadetta inglese e una manciata di travagliate

stagioni in Premier, rimanendo all'ombra delle Big Four londinesi (Arsenal, Chelsea, Tottenham e West Ham) ma anche di qualche team della capitale con un pizzico in meno di blasone (Fulham e Charlton). Da un paio di anni a questa parte la storia sembra aver preso un'altra direzione, più gradita agli appassionati frequentatori del Selhurst Park. Che sono tanti, perché il bacino d'utenza è abbastanza consistente, visto che arriva fino alla popolosissima Croydon. Il “manager mai retrocesso” Tony Pu-

YOHAN CABAYE

foto Image Sport

CON PARDEW, IL PALACE È TORNATO A STUPIRE COME AI VECCHI TEMPI…

Grazie a un colpaccio di mercato come l'ex PSG e nazionale francese Yohan Cabaye (33 presenze con i Galletti), che il buon Alan ha già avuto alle sue dipendenze ai tempi del St James' Park, i londinesi possono ambire a un qualcosa in più di una tranquilla salvezza. La difesa, abbastanza “autoctona”, non può contare su nomi ad effetto ma è solida, mentre negli altri reparti la qualità non manca. Detto del talentuoso Cabaye (classe 1986, nel momento top della propria maturità calcistica), spiccano il figliol prodigo Wilfried Zaha (classe 1992) e l'estroso ivoriano Yannick Bolasie. Il primo è, come detto, un cavallo di ritorno. Fallimentare è stata la sua esperienza al Manchester United (solo due presenze nella stagione 2013/14), club accusato da Pardew di rovinare i giovani campioncini come Zaha rallentandone la crescita (possibile riferimento con Pogba). Il ventitreenne esterno offensivo del Palace fu uno degli ultimi colpi di Ferguson, ma rimase ai margini della prima squadra durante la disgraziata annata con David Moyes sulla plancia di comando dello United. Difficile che il ragazzo si riesca a guadagnare un posto nei 23 che andranno a giocare gli Europei in Francia. Di sicuro ce la metterà tutta, provando a mantenere le Eagles nelle zone alte della classifica. Un vero miracolo sarebbe eguagliare il miglior piazzamento della compagine del Selhurst Park in campionato, un terzo posto nel 199091. Ovviamente con Pardew nell'undici titolare ma questo era ovvio.

TOCCA A GRAY NUOVA STELLA DEL BIRMINGHAM, IL 19ENNE STA CONVINCENDO TUTTI…

DEMARAI GRAY

Gli auguriamo di non fare la fine di Zaha, qualora dovesse essere acquistato da un top club della Premier. Nel frattempo Demarai Gray, che nel ruolo e nelle movenze ricorda molto il giocatore del Crystal Palace, ha firmato un contratto di tre anni con il Birmingham City, con tanto di clausola rescissoria di 4,7 milioni di sterline. A soli 19 anni sta già impressionando molti osservatori e contribuendo in maniera considerevole al buon inizio di stagione dei Blues. In realtà negli ultimi giorni di mercato il Leicester City allenato da Claudio Ranieri aveva provato ad assicurarsi i servigi di Gray, ma la dirigenza del Birmingham ha preferito resistere. Con gli scatti brucianti con i quali ravviva la manovra del club del St Andrew's e goal da antologia come quello segnato con una bordata dalla distanza al Leeds lo scorso ottobre è difficile che il ragazzo passi ancora molto tempo in Championship, specialmente se il City non dovesse centrare la promozione; compito tutt'altro che facile, visto il grande equilibrio che pure quest'anno regna sovrano nella serie cadetta inglese. Gray, originario di Birmingham, dopo aver impressionato nelle giovanili ha fatto il suo esordio in prima squadra a soli 17 anni e sembra essere pronto per una chiamata anche nella nazionale Under 21, dopo aver collezionato varie presenze per le rappresentative under 18 e 20. Ma se dovesse continuare di questo passo non è da escludere che anche Roy Hodgson possa fare un pensierino su di lui per il futuro. Calcio 2OOO

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BUNDESLIGA GERMANIA

di Flavio SIRNA

VOLTI NUOVI IN BUNDES

foto Agenzia Liverani

Spazio anche a spumeggianti favole in terra tedesca...

ØRJAN NYLAND

IL NUOVO “04”

ta sull'esperto connazionale Ramazan Ozcan. In difesa i due centrali titolari sono il tedesco Benjamin Hubner e il camerunense Marvin Matip, fratello di Joel dello Schalke 04. A spingere sono

NON PARLIAMO DEL 'SOLITO' SCHALKE... INGOLSTADT, ESORDIO DA FAVOLA

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uesti primi due mesi di Bundesliga, oltre a certificare l'ennesima partenza sprint del Bayern Monaco di Guardiola, che non avrà anche quest'anno avversari nella lotta alla conquista del Meisterchale, hanno però portato alla ribalta la neopromossa Ingolstadt, squadra alla sua prima apparizione nel massimo campionato tedesco. Dopo aver dominato lo scorso anno il campionato di Zweite Bundesliga, i ragazzi dell'austriaco Ralph Hasenhüttl hanno intenzione di sorprendere anche nel 2015-2016. E in 88

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pratica lo stanno facendo con la stessa rosa che ha conquistato la promozione: a loro si sono aggiunti, nel corso della campagna di rafforzamento estiva, il 24enne portiere norvegese Orjan Nyland (acquistato per 1 milione di euro dal Molde), la punta centrale ex Paderborn Elias Kachunga, l'esperto terzino sinistro Markus Suttner, il 18enne difensore centrale Maurice Multhaup ed il 28enne francese (sempre difensore) Romain Bregerie. Il tutto per un totale di spesa di meno di 4 milioni di euro. Il modulo preferito dal tecnico biancorosso è il 4-3-3. In porta Hasenhuttl pun-

RALPH HASENHÜTTL

MAURICE MULTHAUP

a destra Tobias Levels e a sinistra il sopra menzionato Suttner. Ma è sicuramente il centrocampo il punto di forza della squadra: Pascal Gross, il 30enne brasiliano Roger (in rosa dal 2012) e il tedesco-americano Alfredo Morales (prelevato nel 2013 dall'Hertha Berlino) riescono nell'impresa, tutt'altro che facile, di fungere al contempo sia da scudo alla difesa che da supporto ai tre attaccanti. Avanti a sinistra la fa da padrone con la sua bella corsa l'australiano 24enne Mathew Leckie. Centralmente si sono alternati il 29enne Moritz Hartmann e l'austriaco Lukas Hinterseer. A destra Stefan Lex sembra difficilmente sostituibile sia grazie al suo rendimento in campo, ma anche a causa della mancanza di adeguati sostituti. Nonostante uno schieramento apparentemente offensivo l'Ingolstadt è in realtà una squadra molto quadrata ed accorta, che tende ad ingabbiare l'avversario piuttosto che ad aggredirlo, cercando successivamente di sorprenderlo con veloci contropiedi; c'è infatti da ammettere che il livello tecnico della squadra non permette di poter attuare un gioco particolarmente manovrato. Solamente in questo modo si spiegano i soli 6 goal subiti nelle prime otto partite ma anche i soli 6 goal messi a segno in altrettanti incontri. E solamente in questo modo si spiega l'incredibile differenza tra il rendimento casalingo e quello esterno: al di fuori delle mura amiche l'estrema capacità di respingere gli avanti avversari e di ripartire ha partorito tre vittorie ed un pareggio. In casa invece l'incapacità di 'fare' gioco ha portato 1 sola vittoria, 1 pari e 2 sconfitte (pesante il 4-0 subito dal Borussia Dortmund). Tale descrizione potrebbe far pensare ad una classica neopromossa che punta solamente al risultato e che fa annoiare i propri tifosi e quelli avversari: in realtà però quando scende in campo l'Ingolstadt mette un'intensità ed un'attenzione tale da rendere giustizia all'incredibile campionato finora disputato. La speranza per i tifosi di casa è che questo atteggiamento possa essere mantenuto per molto tempo in modo da raggiungere in maniera anticipata quella che rappresenterebbe sicuramente una clamorosa salvezza, clamorosa soprattutto rapportandola alla praticamente inesistente campagna di rafforzamento estiva.

GERMANIA AD EURO 2016

IL TECNICO LOW, COMUNQUE, NON DORME SONNI TRANQUILLI Sette vittorie, 1 pareggio e 2 sconfitte, 24 goal fatti e nove subiti, primo posto nel girone. Ai più queste statistiche potrebbero far pensare che la strada che ha portato la Germania campione del mondo ad Euro 2016 sia stata praticamente senza intoppi, ma in realtà non è stato così. In occasione degli ultimi due match giocati contro Irlanda e Georgia la nazionale di Low ha lasciato molto a desiderare, sia dal punto di vista tattico che dal punto di vista mentale. Contro Long (autore del goal che ha steso i teutonici) e compagni la banda teutonica è parsa incapace di reagire allo svantaggio subito, non riuscendo a raddrizzare un risultato che normalmente sarebbe stata capace addirittura di ribaltare. Nel match decisivo per il passaggio del turno contro la Georgia, vinto per 2-1, c'è voluto l'ingresso in campo dalla panchina di Max Kruse per regalare la vittoria che ha aperto la strada al 1° posto. Se la prossima estate in Francia Neuer e compagni vorranno emulare la Spagna di Xavi ed Iniesta, capace di vincere prima il Mondiale e successivamente l'Europeo, dovranno lavorare sodo in questi otto mesi. In primis bisognerà registrare meglio la difesa, soprattutto il reparto centrale: il duo formato da Hummels e Boateng è parso spesso troppo in balia delle ripartenze avversarie. Ci sono però due note positive, rappresentate dal rientro in squadra di Gundogan (capace di dare insieme a Kroos maggiore qualità al centrocampo) e da quello di Reus. Il talento del Dortmund, se avrà la giusta condizione fisica, rappresenterà sicuramente l'arma in più da sfoggiare sotto la Torre Eiffel. Il suo cambio di passo e la sua capacità sia di concludere che di servire i compagni ne fanno un elemento imprescindibile dell'undici titolare, forse più del tuttofare Müller. Se in Brasile è risultato decisivo SuperMario (Gotze), in Francia sarà essenziale la presenza di SuperMarco.

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LIGUE 1 FRANCIA

di Renato MAISANI

foto Image Sport

Deschamps sogna un Euro da autentico protagonista...

PRONTI PER EURO 2016 LA FRANCIA SI APPRESTA A BEN FIGURARE NEL SUO EUROPEO…

I

mesi corrono veloci ed Euro 2016 è sempre più vicino. Euro 2016 o, ovviamente, Francia 2016. Il Paese transalpino si prepara per ospitare la rassegna continentale attesissima da molte Nazionali europee in cerca di rilancio. L’Italia in primis che, dopo il pessimo Mondiale brasiliano ha l’obiettivo di riavvicinare il popolo affamato di calcio alla Nazionale di Antonio Conte. Ma anche Inghilterra e Spagna, reduci dal disastroso Mondiale, puntano forte sulla manifestazione in programma l’estate prossima. La 90

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Germania, dal canto suo, vorrà confermare sul campo il predominio che tutti le attribuiscono, mentre le varie Belgio, Svizzera e Croazia puntano al colpaccio. Ci sono poi le ‘matricole’ Islanda, Albania e Irlanda del Nord… insomma, i temi d’interesse non mancano di certo. Ma come si prepara al grande evento la Francia, Paese ospitante? La Federazione transalpina ha provato a creare un percorso parallelo alle qualificazioni, per lo più riuscendoci: in quanto Paese organizzatore, infatti, la Francia è stata ammessa di diritto alla fase a gironi, saltando così la fase di qualificazione.

Dopo il Mondiale, dunque dal settembre del 2014, la squadra di Deschamps ha disputato ben 14 amichevoli internazionali, quasi tutte di altissimo livello. Spagna, Serbia (due volte), Portogallo (due volte), Armenia (due volte), Albania (due volte), Svezia, Brasile, Danimarca (due volte) e Belgio sono state le rivali dei ‘Galletti’, praticamente quasi tutte squadre che parteciperanno alla fase finale degli Europei. I risultati, specialmente quelli recenti, hanno spesso sorriso a Benzema e compagni che hanno portato a casa 9 vittorie, 2 pareggi ed appena 3 sconfitte e, soprat-

tutto, hanno mostrato un buon gioco e tanti, tantissimi calciatori pronti a dare il loro contributo nella fase finale. Arduo sarà il compito di Didier Deschamps, chiamato a scegliere soltanto 23 ‘cavalieri’ per la sua cavalcata che si augura essere trionfale. PORTIERI - Mandanda e Lloris, con ancora un piccolo dubbio su chi ricoprirà il ruolo di portiere titolare, hanno già la certezza – infortuni permettendo – di prendere parte alla manifestazione. Aperta, seppur solo in parte, è la lotta per il ruolo di “terzo”: Ruffier e Areola sembrano i favoriti, ma anche Costil si giocherà le sue chance. DIFENSORI - Tanti giovani, ma già parecchio affidabili. È questo lo scenario che si trova davanti Didier Deschamps quando sceglie i difensori per la sua Nazionale: Varane e Sakho sono i favoriti assoluti per comporre la coppia titolare, ma Mangala scalpita e potrebbe scalzare uno dei due. Per il ruolo di ‘quarto centrale’ sembra al momento

parecchio favorito il giovanissimo Zouma, che al Chelsea sta via via ritagliandosi i propri spazi. Sulle corsie laterali si parla “italiano”: Evra e Digne si contenderanno infatti la maglia di laterale sinistro, mentre a destra sembra salda la posizione di Sagna, meno quella di Debuchy e Jallet. Con ogni probabilità nella lista di Deschamps ci saranno soltanto 7 difensori, quindi – per lo meno ad oggi – due tra Digne, Debuchy, Tremoulinas e Jallet guarderanno i compagni soltanto in tv. CENTROCAMPISTI - Matuidi-CabayePogba. Cominciassero oggi gli Europei non ci sarebbero dubbi: il trio di centrocampo sarebbe composto da loro tre, giocatori perfettamente complementari tra loro e capaci di abbinare bene qualità e quantità. Tuttavia, probabilmente, un po’ di qualità in più non guasterebbe ed è per questo che in Francia si augurano che Lassana Diarra, appena rientrato in patria, al Marsiglia, dia delle garanzie sufficienti a meritare una maglia da titolare. Deschamps lo aspetta, Lass proverà a farsi trovare pronto. Un piede agli Europei lo ha già anche Morgan Schnederlein, acquisto costosissimo del Manchester United di Van Gaal. Per le ultime due maglie è ‘ressa’ tra Kondogbia, Sissoko e Gonalons, con i primi due attualmente favoriti. TREQUARTISTI E ATTACCANTI - Nella mente di Deschamps il modulo adottato per affrontare gli Europei sarà il 4-33 (opzione credibile, il 4-2-3-1). Certo è che, con ogni probabilità, saranno 6 i giocatori offensivi che prenderanno parte alla spedizione. Impossibile tenere a casa Benzema, simbolo assoluto della Nazionale transalpina, nessuno degli altri ‘papabili’ può sentirsi il posto assicurato. Per ragioni diverse, partono attualmente in pole-position Valbuena, Griezmann e Martial. Il primo vanta 50 presenze in Nazionale maggiore ed in patria è considerato un talento mai del tutto espresso: Deschamps crede in lui e, a meno di clamorosi crolli, Valbuena ci sarà. Ci sarà con ogni probabilità anche Griezmann, pupillo assoluto di chi scrive e in stato di grazia. È giovane, ma ha già dimostrato di saper essere grande quando serve: se continuerà su questa strada sarà anche titolare. Martial, “Mister 80 milioni” accolto con scetticismo in Inghilterra, ha già zittito tutti i ‘criticoni’ ed è pronto a lottare per

MA IL FARAONE? L’AVVENTURA IN LIGUE 1 DI ELSHA TRA LUCI E OMBRE…

foto ILiverani

VOGLIA DI STUPIRE

STEPHAN EL SHAARAWY

C’eravamo lasciati con l’approdo di Stephan El Shaarawy a Montecarlo, al Monaco, e con l’impossibilità di prevedere in anticipo la stagione del ‘Faraone’. Talento indiscusso, il ‘Faraone’ dopo le ultime due stagioni vissute più nell’infermeria di Milanello che in campo, sta provando a sfruttare al meglio la chance offertagli dal club monegasco. 8 presenze e 0 goal, nel momento in cui scriviamo, è l’amaro bottino del numero 22, che non ha ancora provato l’ebbrezza di festeggiare un goal in Ligue 1. A segno c’è già invece andato due volte in Europa: prima nel corso del preliminare perso contro il Valencia, poi in Europa League, dove ha realizzato il prezioso ‘punto’ dell’1-1 contro il Tottenham. In Nazionale ha la fiducia di Conte, ma per godersi l’Europeo dovrà conquistare anche quella di mister Jardim, che fin qui lo ha sempre sostituito quando l’ha mandato in campo dal primo minuto. “El Shaarawy non è un leader – ha detto senza troppi giri di parole Jardim – è giovane e deve ancora crescere”. Crescerà abbastanza al punto da far ricredere il suo allenatore già quest’anno? una maglia. In questo contesto ha sicuramente visto diminuire il proprio appeal, complice anche il suo rendimento non certo esaltante, Alexandre Lacazette. Allo stato attuale, per il ruolo di vice-Benzema, davanti a lui c’è senza dubbio Giroud. Fekir, Payet, Ntep e gli ‘outsider’ Alessandrini, Gameiro e Coman dovranno dimostrare nel corso della stagione di poter conquistare l’ultima ed agognata maglia. Calcio 2OOO

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IL FILM

I NUMERI DELLA 6A GIORNATA

ATALANTA-SAMPDORIA 2-1 (1-0)

BOLOGNA-UDINESE 1-2 (1-0)

FROSINONE-EMPOLI 2-0 (0-0)

GENOA-MILAN 1-0 (1-0)

INTER-FIORENTINA 1-4 (0-3)

NAPOLI-JUVENTUS 2-1 (1-0)

ROMA-CARPI 5-1 (3-1)

SASSUOLO-CHIEVO 1-1 (1-1)

TORINO-PALERMO 2-1 (1-0)

VERONA-LAZIO 1-2 (1-0)

CLASSIFICA

Data: 28-09-2015 – Ore: 21:00 ATALANTA 4-3-3: Sportiello 7; Bellini 6,5, Tolói 6,5, Paletta 7, Dramè 7; Kurtic 7 (29’ st Cigarini 6), De Roon 7, Grassi 6,5 (16’ st Migliaccio 6); Moralez 7, Pinilla 6 (32’ pt Denis 6,5), Gomez 7. Allenatore: Reja 7. SAMPDORIA 4-3-1-2: Viviano 6; Pedro Pereira 5 (33’ st Carbonero 6), Moisander 4,5, Zukanovic 5,5, Mesbah 5; Barreto 6, Fernando 5, Soriano 6,5; Correa 5 (16’ st Rocca 6); Muriel 5,5 (25’ st Cassano 5,5), Eder 6. Allenatore: Zenga 5,5. ARBITRO: Valeri di Roma 7. RETI: 7’ pt Moisander (S) aut.; 46’ st Denis (A), 49’ Soriano (S). RECUPERO: 5 minuti (2’ pt + 3’ st). AMMONITI: Paletta, De Roon, Migliaccio (A); Zukanovic, Mesbah, Fernando (S). ESPULSI: nessuno. SPETTATORI: 15.756.

Data: 27-09-2015 – Ore: 12:30 GENOA 3-4-1-2: Lamanna 6; De Maio 6, Burdisso 6, Marchese 6 (25’ st Ntcham 6); Figueiras 6 (11’ st Izzo 6), Rincón 7, Dzemaili 7, Laxalt 7; Perotti 7; Capel 7, Pavoletti 7 (40’ st Gakpé ng). Allenatore: Gasperini 7. MILAN 4-3-1-2: Diego López 6; Calabria 5, Zapata 4,5, Romagnoli 5, De Sciglio 5; De Jong 5 (46’ pt Ely 6), Montolivo 5 (31’ st Kucka 5,5), Bertolacci 5; Bonaventura 5,5 (35’ st Bacca ng); Balotelli 6, Luiz Adriano 5. Allenatore: Mihajlovic 5. ARBITRO: Tagliavento di Terni 5,5. RETE: 10’ pt Dzemaili. RECUPERO: 6 minuti (2’ pt + 4’ st). AMMONITI: De Maio, Burdisso, Dzemaili, Pavoletti (G); Calabria, Romagnoli, Bertolacci, Bonaventura, Luiz Adriano (M). ESPULSI: 43’ pt Romagnoli (M) per doppia ammonizione. SPETTATORI: 21.294.

Data: 26-09-2015 – Ore: 18:00 ROMA 4-3-3: De Sanctis 7; Maicon 6, Manolas 7, De Rossi 5,5, Digne 7; Pjanic 7,5, Keita 6 (21’ pt Vainqueur 6), Nainggolan 6; Gervinho 7, Dzeko 6 (1’ st Totti 6, 10’ st Iturbe 5), Salah 7. Allenatore: Garcia 7. CARPI 3-5-2: Brkic 4,5; Zaccardo 5, Romagnoli 5,5 (1’ st Di Gaudio 6), Gagliolo 4; Letizia 5, Cofie 5, Bianco 5, Fedele 4,5 (10’ st Lazzari 5,5), Gabriel Silva 5,5; Matos 5, Borriello 6,5 (26’ st Lasagna 5,5). Allenatore: Castori 5. ARBITRO: Irrati di Pistoia 6. RETI: 24’ pt Manolas (R), 28’ Pjanic (R), 31’ Gervinho (R), 34’ Borriello (C); 6’ st Salah (R), 23’ Digne (R). RECUPERO: 3 minuti (1’ pt + 2’ st). AMMONITI: Maicon (R); Cofie (C). ESPULSI: nessuno. SPETTATORI: 56.901 NOTE: Al 32’ st Matos (C) si è fatto parare un rigore.

Data: 27-09-2015 – Ore: 15:00 VERONA 4-3-3: Rafael 6; Pisano 6, Moras 7, Helander 6,5, Souprayen 6; Greco 6 (16’ st Bianchetti 5,5), Viviani 6, Hallfredsson 6 (32’ st Matuzalem ng); Sala 5,5, Gomez 6 (10’ st Wszolek 6), Jankovic 6. Allenatore: Mandorlini 6. LAZIO 4-2-3-1: Marchetti 6; Basta 6, Mauricio 5, Gentiletti 5,5, Lulic 6; Biglia 7, Parolo 7; Felipe Anderson 6 (37’ st Hoedt ng), Milinkovic-Savic 6,5, Kishna 6 (16’ st Mauri 6); Djordjevic 5 (16’ st Keita 7). Allenatore: Pioli 6,5. ARBITRO: Giacomelli di Trieste 6. RETI: 33’ pt Helander (V); 18’ st Biglia (L) rig., 41’ Parolo (L). RECUPERO: 6 minuti (1’ pt + 5’ st). AMMONITI: Hallfredsson, Sala (V); Mauricio, Lulic, Parolo (L). ESPULSI: 36’ st Mauricio (L) per doppia ammonizione. SPETTATORI: 16.591.

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Data: 27-09-2015 – Ore: 15:00 BOLOGNA 4-3-3: Mirante 6; Ferrari 6, Oikonomou 5,5, Rossettini 5, Masina 6; Rizzo 6,5 (29’ st Taider 5,5), Diawara 6, Pulgar 5,5; Giaccherini 6 (29’ pt Brienza 5,5), Destro 5 (29’ st Mancosu 5), Mounier 6,5. Allenatore: Rossi 5,5. UDINESE 4-3-1-2: Karnezis 6,5; Piris 6, Wagué 6, Danilo 6, Adnan 6 (34’ st Pasquale ng); Edenilson 6,5, Iturra 5 (1’ st Lodi 6), Badu 7; Marquinho 6; Zapata 7, Théréau 5 (14’ st Di Natale 7). Allenatore: Colantuono 6,5. ARBITRO: Gervasoni di Mantova 5,5. RETI: 31’ pt Mounier (B); 16’ st Badu (U), 40’ Zapata (U). RECUPERO: 7 minuti (3’ pt + 4’ st). AMMONITI: Masina, Diawara, Destro, Mounier (B); Adnan, Pasquale, Lodi (U). ESPULSI: nessuno. SPETTATORI: 15.576.

Data: 27-09-2015 – Ore: 20:45 INTER 3-5-2: Handanovic 4; Santon 4,5, Miranda 4,5, Medel 5; Perisic 4 (16’ st Biabiany 5,5), Guarín 5 (32’ st Brozovic ng), Felipe Melo 5, Kondogbia 5 (1’ st Ranocchia 5,5), Telles 5,5; Icardi 6, Palacio 5. Allenatore: Mancini 4,5. FIORENTINA 3-4-2-1: Tatarusanu 5,5; Roncaglia 6 (30’ st Gilberto 6), Rodríguez 7, Astori 7; Blaszczykowski 6 (24’ st Tomovic 6), Vecino 7, Badelj 7,5 (37’ st Fernández ng), Alonso 7; Ilicic 8, Borja Valero 7,5; Kalinic 9. Allenatore: Paulo Sousa 8. ARBITRO: Damato di Barletta 6,5. RETI: 4’ pt Ilicic (F) rig., 19’ Kalinic (F), 23’ Kalinic (F); 15’ st Icardi (I), 31’ Kalinic (F). RECUPERO: 3 minuti (1’ pt + 2’ st). AMMONITI: Handanovic, Medel, Guarín, Kondogbia (I); Alonso, Kalinic (F). ESPULSI: 32’ pt Miranda (I) per gioco scorretto. SPETTATORI: 42.687 paganti (abbonati non comunicati).

Data: 27-09-2015 – Ore: 15:00 SASSUOLO 4-3-3: Consigli 6; Vrsaljko 6, Terranova 6,5, Cannavaro 5,5 (1’ st Ariaudo 6), Peluso 6; Missiroli 6,5, Magnanelli 6, Duncan 6; Berardi 6 (36’ st Politano ng), Defrel 6,5, Floro Flores 6 (26’ st Sansone 6). Allenatore: Di Francesco 6. CHIEVO 4-3-1-2: Bizzarri 6; Cacciatore 6, Dainelli 5,5 (31’ pt Cesar 6,5), Gamberini 6,5, Gobbi 6; Castro 6,5 (36’ st Pinzi ng), Rigoni 6, Hetemaj 6; Pepe 7 (20’ st Birsa 6); Paloschi 7, Meggiorini 6. Allenatore: Maran 6,5. ARBITRO: Fabbri di Ravenna 5,5. RETI: 3’ pt Defrel (S), 24’ Pepe (C). RECUPERO: 5 minuti (2’ pt + 3’ st). AMMONITI: Peluso, Magnanelli, Berardi (S); Hetemaj (C). ESPULSI: nessuno. SPETTATORI: 6.220 abbonati (paganti non comunicati).

Fiorentina Inter Torino Sassuolo Lazio Roma Chievo Atalanta Sampdoria Napoli Milan Palermo Udinese Genoa Juventus Frosinone Empoli Verona Bologna Carpi

LA GALLERY DELLA 6A GIORNATA

Data: 28-09-2015 – Ore: 19:00 FROSINONE 4-4-2: Leali 6; Rosi 6,5, Diakité 6, Blanchard 6, Pavlovic 6; Tonev 6 (19’ st Paganini 6), Gori 6,5 (36’ st Frara ng), Sammarco 6, Soddimo 6 (28’ st Chibsah 6); Ciofani D. 6,5, Dionisi 7. Allenatore: Stellone 6,5. EMPOLI 4-3-1-2: Skorupski 6; Laurini 5 (28’ st Bittante 6), Tonelli 5, Costa 5, Mario Rui 5; Zielinski 6, Dioussè 6, Croce 5 (24’ st Paredes 6); Saponara 4; Pucciarelli 5 (24’ st Livaja 5), Maccarone 5. Allenatore: Giampaolo 5,5. ARBITRO: Guida di Torre Annunziata 5,5. RETI: 12’e 25’ st Dionisi. RECUPERO: 4 minuti (0’ pt + 4’ st). AMMONITI: Blanchard, Gori, Soddimo (F); Laurini, Tonelli, Zielinski, Livaja (E). ESPULSI: 31’ st Saponara (E) per proteste. SPETTATORI: 7.165.

Data: 26-09-2015 – Ore: 20:45 NAPOLI 4-3-3: Reina 6; Hysaj 6,5, Albiol 6,5, Koulibaly 6,5, Ghoulam 6; Allan 7, Jorginho 7, Hamsik 7 (35’ st David López 6); Callejón 6, Higuaín 7,5 (40’ st Gabbiadini ng), Insigne 7 (39’ pt Mertens 6). Allenatore: Sarri 7. JUVENTUS 4-3-1-2: Buffon 5,5; Padoin 5 (44’ st Alex Sandro ng), Bonucci 5, Chiellini 5, Evrà 5; Lemina 6, Hernanes 4 (19’ st Cuadrado 6), Pogba 5; Pereyra 5; Dybala 5,5 (26’ st Morata 5), Zaza 5. Allenatore: Allegri 5. ARBITRO: Orsato di Schio 7. RETI: 26’ pt Insigne (N); 17’ st Higuaín (N), 18’ Lemina (J). RECUPERO: 6 minuti (3’ pt + 3’ st). AMMONITI: Ghoulam, Callejón (N); Padoin, Bonucci, Evrà, Morata (J). ESPULSI: nessuno. SPETTATORI: 40.311 paganti (abbonati non comunicati).

Data: 27-09-2015 – Ore: 15:00 TORINO 3-5-2: Padelli 6,5; Bovo 6, Glik 7, Moretti 6,5; Zappacosta 6, Benassi 8 (25’ st Acquah 6), Vives 7,5, Baselli 6,5 (22’ st Obi 5), Molinaro 5; Maxi López 6,5 (17’ st Gastón Silva 6), Quagliarella 7. Allenatore: Ventura 7. PALERMO 3-4-1-2: Sorrentino 6; Struna 6, González 6, El Kaoutari 5,5; Rispoli 5 (6’ st Gilardino 5), Hiljemark 5, Chochev 6, Daprelà 6 (29’ st Lazaar 5); Vazquez 5; Trajkovski 6,5 (37’ st La Gumina ng), Quaison 5,5. Allenatore: Iachini 5,5. ARBITRO: Mariani di Aprilia 6. RETI: 44’ pt González (P) aut.; 3’ st Benassi (T), 26’ González (P). RECUPERO: 6 minuti (1’ pt + 5’ st). AMMONITI: Padelli, Bovo, Molinaro (T); Struna, El Kaoutari, Rispoli, Vazquez, Quaison (P). ESPULSI: 16’ st Molinaro (T)) per doppia ammonizione, 45’ Obi (T) per gioco falloso. SPETTATORI: 17.640.

MARCATORI 15 15 13 12 12 11 11 11 10 9 9 7 6 6 5 4 4 3 3 2

6 6 6 6 6 6 6 6 6 6 6 6 6 6 6 6 6 6 6 6

5 5 4 3 4 3 3 3 3 2 3 2 2 2 1 1 1 0 1 0

0 0 1 3 0 2 2 2 1 3 0 1 0 0 2 1 1 3 0 2

1 1 1 0 2 1 1 1 2 1 3 3 4 4 3 4 4 3 5 4

11 7 11 9 8 13 10 8 12 12 8 7 6 3 6 4 6 5 3 6

4 5 6 6 11 7 4 5 9 7 9 8 9 6 7 8 11 9 9 15

6 RETI: Eder (Sampdoria, 2 rig.) 5 RETI: Higuaín (Napoli) 4 RETI: Kalinic (Fiorentina); Quagliarella (Torino) 3 RETI: Paloschi (Chievo); Saponara (Empoli); Jovetic (Inter, 1 rig.); Bacca (Milan); Insigne (Napoli); Hiljemark (Palermo); Salah (Roma); Floro Flores (Sassuolo); Baselli (Torino); Zapata (Udinese) 2 RETI: Pinilla (Atalanta); Mounier (Bologna); Borriello (Carpi); Birsa, Meggiorini (Chievo); Alonso, Babacar, Ilicic (Fiorentina, 2 rig.); Dionisi (Frosinone); Icardi (Inter); Dybala (Juventus, 1 rig.); Biglia (1 rig.), Matri (Lazio); Bonaventura (Milan); Allan (Napoli); Pjanic (Roma); Muriel, Soriano (Sampdoria); Defrel (Sassuolo); Badu (Udinese)

Calcio 2OOO

93


1X2

IL FILM

I NUMERI DELLA 7A GIORNATA

CARPI-TORINO 2-1 (0-0)

CHIEVO-VERONA 1-1 (0-0)

EMPOLI-SASSUOLO 1-0 (0-0)

FIORENTINA-ATALANTA 3-0 (2-0)

JUVENTUS-BOLOGNA 3-1 (1-1)

LAZIO-FROSINONE 2-0 (1-0)

MILAN-NAPOLI 0-4 (0-1)

PALERMO-ROMA 2-4 (0-3)

SAMPDORIA-INTER 1-1 (0-0)

UDINESE-GENOA 1-1 (0-0)

CLASSIFICA

Data: 3-10-2015 – Ore: 18:00 CARPI 3-5-1-1: Belec 6,5; Bubnjic 5,5, Zaccardo 6,5, Gagliolo 6; Letizia 6, Fedele 6,5, Cofie 6, Martinho 6 (24’ st Bianco 6), Gabriel Silva 7; Matos 7 (30’ st Lasagna 6); Borriello 7 (40’ st Lazzari ng). Allenatore: Sannino 7. TORINO 3-5-2: Padelli 6; Bovo 5, Glik 5,5, Moretti 6; Zappacosta 5 (27’ st Martínez 5), Benassi 6, Gazzi 5 (14’ st Acquah 5,5), Vives 6, Gastón Silva 5,5; Quagliarella 5 (20’ st Belotti 5), Maxi López 6. Allenatore: Ventura 5,5. ARBITRO: Russo di Nola 5,5. RETI: 9’ st Padelli (T) aut., 26’ Matos (C), 30’ Maxi López (T) rig. RECUPERO: 6 minuti (1’ pt + 5’ st). AMMONITI: Martinho, Lazzari (C); Gastón Silva (T). ESPULSI: nessuno. SPETTATORI: 8.011.

Data: 4-10-2015 – Ore: 20:45 FIORENTINA 4-4-1-1: Tatarusanu 7; Tomovic 6, Rodríguez 7, Astori 7, Alonso 7; Blaszczykowski 7, Badelj 7, Borja Valero 7 (37’ st Fernández ng), Bernardeschi 7 (21’ st Vecino 6); Ilicic 7 (29’ st Verdù 6,5); Kalinic 6,5. Allenatore: Paulo Sousa 7. ATALANTA 4-3-3: Sportiello 6; Masiello 5, Paletta 5, Tolói 5, Dramè 5; Grassi 5, De Roon 5 (36’ st Carmona ng), Kurtic ng (7’ pt Cherubin 5,5); Moralez 5, Denis 5,5 (1’ st D’Alessandro 5,5), Gomez 5. Allenatore: Reja 5. ARBITRO: Massa di Imperia 5,5. RETI: 6’ pt Ilicic rig., 34’ Borja Valero; 45’ st Verdù. RECUPERO: 4 minuti (1’ pt + 3’ st). AMMONITI: Masiello, Tolói (A). ESPULSI: 5’ pt Paletta (A) per gioco scorretto. SPETTATORI: 25.644.

Data: 4-10-2015 – Ore: 20:45 MILAN 4-3-1-2: Diego López 5; De Sciglio 4, Zapata 4, Ely 4, Antonelli 6; Kucka 5 (38’ st Poli ng), Montolivo 5, Bertolacci 5 (12’ st Cerci 5); Bonaventura 5,5; Luiz Adriano 4,5, Bacca 5. Allenatore: Mihajlovic 4,5. NAPOLI 4-3-3: Reina 6,5; Hysaj 6,5, Albiol 7, Koulibaly 7, Ghoulam 7; Allan 7,5, Jorginho 7, Hamsik 7 (28’ st David López 6,5); Callejón 5,5, Higuaín 8 (35’ st Gabbiadini ng), Insigne 8 (28’ st Mertens ng). Allenatore: Sarri 8. ARBITRO: Rizzoli di Bologna 6,5. RETI: 13’ pt Allan; 3’ e 22’ st Insigne, 32’ Ely (M) aut. RECUPERO: 2 minuti (2’ pt + 0’ st). AMMONITI: Ely, Antonelli, Bonaventura (M); Allan, Jorginho, Callejón (N). ESPULSI: nessuno. SPETTATORI: 50.488.

Data: 4-10-2015 – Ore: 15:00 UDINESE 3-5-2: Karnezis 7; Wagué 6, Danilo 6, Felipe 6,5 (25’ st Piris 6); Edenilson 5 (19’ st Widmer 6), Badu 5, Lodi 5 (38’ st Iturra ng), Marquinho 6, Adnan 5; Di Natale 7, Théréau 5. Allenatore: Colantuono 6. GENOA 3-4-3: Lamanna 7; De Maio 5,5, Burdisso 5,5, Izzo 6; Cissokho 6, Rincón 6, Dzemaili 6 (38’ st Tachtsidis ng), Laxalt 6; Capel 5 (1’ st Pavoletti 6), Gakpé 6,5 (45’ st Lazovic ng), Perotti 7. Allenatore: Gasperini 6,5. ARBITRO: Cervellera di Taranto 6. RETI: 2’ st Di Natale (U), 31’ Perotti (G) rig. RECUPERO: 7 minuti (3’ pt + 4’ st). AMMONITI: Danilo, Edenilson (U); Izzo (G). ESPULSI: nessuno. SPETTATORI: 12.704.

94

Calcio 2OOO

Data: 3-10-2015 – Ore: 20:45 CHIEVO 4-3-1-2: Bizzarri 6,5; Frey 6, Gamberini 6 (23’ st Cacciatore 6), Cesar 6, Gobbi 6,5; Castro 7, Rigoni 6, Hetemaj 6 (37’ st Inglese ng); Birsa 6 (8’ st Pepe 6); Paloschi 6, Meggiorini 6. Allenatore: Maran 6,5. VERONA 3-5-2: Rafael 7; Pisano 7, Moras 7, Helander 6; Sala 6 (34’ st Bianchetti ng), Greco 6, Viviani 6, Hallfredsson 6, Souprayen 5,5; Gomez 6 (39’ st Matuzalem ng), Jankovic 5,5 (34’ st Siligardi ng). Allenatore: Mandorlini 6,5. ARBITRO: Doveri di Roma 5,5. RETI: 25’ st Pisano (V), 38’ Castro (C). RECUPERO: 5 minuti (1’ pt + 4’ st). AMMONITI: Cesar, Gobbi, Meggiorini (C). ESPULSI: nessuno. SPETTATORI: 14.000 circa.

Data: 4-10-2015 – Ore: 15:00 JUVENTUS 3-5-2: Buffon 6; Barzagli 6, Bonucci 6,5, Chiellini 6; Cuadrado 7, Khedira 7 (45’ st Asamoah ng), Hernanes 6 (22’ st Lemina 6), Pogba 6, Evrà 6; Dybala 7, Morata 7,5 (31’ st Zaza 6). Allenatore: Allegri 6,5. BOLOGNA 4-2-3-1: Mirante 6; Ferrari 5, Oikonomou 5, Gastaldello 5 (3’ st Rossettini 5,5), Masina 5,5; Pulgar 5,5 (26’ st Brighi 6), Diawara 6; Mounier 6,5, Brienza 5 (31’ st Falco ng), Rizzo 5,5; Destro 5. Allenatore: Rossi 5. ARBITRO: Celi di Bari 5,5. RETI: 5’ pt Mounier (B), 33’ Morata (J); 7’ st Dybala (J) rig., 18’ Khedira (J). RECUPERO: 4 minuti (1’ pt + 3’ st). AMMONITI: Lemina (J); Gastaldello, Masina, Pulgar, Mounier, Destro (B). ESPULSI: nessuno. SPETTATORI: 39.330.

Data: 4-10-2015 – Ore: 15:00 PALERMO 4-3-1-2: Sorrentino 6; Struna 4,5 (41’ st Rispoli ng), González 5,5, El Kaoutari 5, Lazaar 5; Rigoni 5, Jajalo 4,5 (1’ st Gilardino 7), Chochev 4,5; Hiljemark 6; Vazquez 6, Trajkovski 4,5 (14’ st Quaison 6). Allenatore: Iachini 5. ROMA 4-2-3-1: Szczesny 6; Torosidis 6, Manolas 6, De Rossi 5,5, Digne 6,5; Nainggolan 6,5, Pjanic 7,5; Florenzi 7 (38’ st Gyömber ng), Salah 6 (30’ st Uçan ng), Iago Falqué 6 (21’ st Emerson 6); Gervinho 8. Allenatore: Garcia 7. ARBITRO: Damato di Barletta 6. RETI: 2’ pt Pjanic (R), 13’ Florenzi (R), 28’ Gervinho (R); 13’ st Gilardino (P), 46’ González (P), 47’ Gervinho (R). RECUPERO: 5 minuti (1’ pt + 4’ st). AMMONITI: Struna, Gilardino, Chochev, Hiljemark (P); Manolas, Nainggolan, Emerson (R). ESPULSI: nessuno. SPETTATORI: 15.910.

Fiorentina Inter Lazio Roma Torino Napoli Chievo Sassuolo Sampdoria Atalanta Milan Juventus Palermo Udinese Genoa Empoli Carpi Verona Frosinone Bologna

LA GALLERY DELLA 7A GIORNATA

Data: 4-10-2015 – Ore: 12:30 EMPOLI 4-3-1-2: Skorupski 6; Laurini 7 (33’ st Zambelli 6), Tonelli 7, Costa 7, Mario Rui 7; Zielinski 6, Dioussè 7 (14’ st Livaja 5,5), Büchel 6 (41’ pt Maiello 6,5); Krunic 6,5; Pucciarelli 6,5, Maccarone 7,5. Allenatore: Giampaolo 7. SASSUOLO 4-3-3: Consigli 6; Vrsaljko 5, Terranova 6, Cannavaro 6, Peluso 5,5; Missiroli 6, Magnanelli 5,5, Duncan 6 (24’ st Laribi 6); Politano 5 (14’ st Sansone 6), Defrel 5,5, Floro Flores 5,5 (33’ st Falcinelli 5,5). Allenatore: Di Francesco 5,5. ARBITRO: Calvarese di Teramo 6. RETE: 43’ st Maccarone. RECUPERO: 7 minuti (2’ pt + 5’ st). AMMONITI: Tonelli, Zielinski, Krunic (E); Vrsaljko, Terranova, Peluso (S). ESPULSI: 45’ st Zielinski (E) per doppia ammonizione. SPETTATORI: 7.634.

Data: 4-10-2015 – Ore: 15:00 LAZIO 4-3-3: Marchetti 6 (37’ pt Berisha 7), Basta 6 (17’ st Konko 6), Hoedt 5, Gentiletti 6, Lulic 6, Cataldi 6, Biglia 6, Parolo 6, Felipe Anderson 6, Djordjevic 6,5, Kishna 6 (16’ st Keita 7). Allenatore: Pioli 6. FROSINONE 4-4-2: Leali 6,5; Rosi 6,5, Bertoncini 5,5, Blanchard 6, Pavlovic 6 (41’ st Castillo ng); Paganini 6 (30’ st Tonev 5,5), Gucher 6, Chibsah 7, Soddimo 7 (40’ st Verde ng); Ciofani D. 6, Dionisi 6,5. Allenatore: Stellone 6,5. ARBITRO: Di Bello di Brindisi 6. RETI: 35’ pt Keita; 49’ st Djordjevic. RECUPERO: 9 minuti (4’ pt + 5’ st). AMMONITI: Gentiletti, Biglia, Felipe Anderson, Keita (L); Dionisi (F). ESPULSI: nessuno. SPETTATORI: 27.806.

Data: 4-10-2015 – Ore: 15:00 SAMPDORIA 4-5-1: Viviano 6; Pedro Pereira 6, Moisander 6,5, Zukanovic 6, Mesbah 6; Correa 5 (11’ st Palombo 5,5), Barreto 6,5, Fernando 6 (42’ st Ivan ng), Soriano 7, Eder 6; Muriel 7 (31’ st Cassano ng). Allenatore: Zenga 6. INTER 4-3-1-2: Handanovic 6,5; Santon 6 (43’ st Ljajic ng), Medel 6, Murillo 6,5, Telles 5,5; Guarín 5, Felipe Melo 5,5, Kondogbia 5 (18’ st Biabiany 6); Perisic 7; Icardi 6, Palacio 6 (25’ st Manaj 6). Allenatore: Mancini 6. ARBITRO: Rocchi di Firenze 6. RETI: 6’ st Muriel (S), 31’ Perisic (I). RECUPERO: 6 minuti (2’ pt + 4’ st). AMMONITI: Barreto, Fernando (S); Medel, Guarín, Felipe Melo, Perisic (I). ESPULSI: nessuno. SPETTATORI: 24.329.

MARCATORI 18 16 15 14 13 12 12 12 11 11 9 8 7 7 7 7 5 4 4 3

7 7 7 7 7 7 7 7 7 7 7 7 7 7 7 7 7 7 7 7

6 5 5 4 4 3 3 3 3 3 3 2 2 2 2 2 1 0 1 1

0 1 0 2 1 3 3 3 2 2 0 2 1 1 1 1 2 4 1 0

1 1 2 1 2 1 1 1 2 2 4 3 4 4 4 4 4 3 5 6

14 8 10 17 12 16 11 9 13 8 8 9 9 7 4 7 8 6 4 4

4 6 11 9 8 7 5 7 10 8 13 8 12 10 7 11 16 10 10 12

6 RETI: Eder (Sampdoria, 2 rig.) 5 RETI: Higuaín, Insigne (Napoli) 4 RETI: Kalinic (Fiorentina); Quagliarella (Torino) 3 RETI: Mounier (Bologna); Paloschi (Chievo); Saponara (Empoli); Ilicic (Fiorentina, 3 rig.); Jovetic (Inter, 1 rig.); Dybala (Juventus, 2 rig.); Bacca (Milan); Allan (Napoli); Hiljemark (Palermo); Gervinho, Pjanic, Salah (Roma); Muriel (Sampdoria); Floro Flores (Sassuolo); Baselli (Torino); Zapata (Udinese)

Calcio 2OOO

95


1X2

IL FILM

I NUMERI DELLA 8A GIORNATA

ATALANTA-CARPI 3-0 (2-0)

BOLOGNA-PALERMO 0-1 (0-1)

FROSINONE-SAMPDORIA 2-0 (0-0)

GENOA-CHIEVO 3-2 (2-1)

INTER-JUVENTUS 0-0 (0-0)

NAPOLI-FIORENTINA 2-1 (0-0)

ROMA-EMPOLI 3-1 (0-0)

SASSUOLO-LAZIO 2-1 (1-0)

TORINO-MILAN 1-1 (0-0)

VERONA-UDINESE 1-1 (1-0)

CLASSIFICA

Data: 18-10-2015 – Ore: 15:00 ATALANTA 4-3-3: Sportiello 7; Masiello 6, Stendardo 6, Tolói 6, Dramè 6; Grassi 7 (37’ st Carmona ng), De Roon 7, Cigarini 7 (24’ st Kurtic 6); Moralez 7, Pinilla 7, Gomez 7 (31’ st D’Alessandro ng). Allenatore: Reja 7,5. CARPI 3-5-2: Belec 4,5; Bubnjic 4, Zaccardo 6, Gagliolo 5; Letizia 6 (28’ st Wallace 6), Fedele 5,5 (10’ st Lasagna 6), Cofie 5, Lazzari 6, Gabriel Silva 6; Matos 5, Borriello 6. Allenatore: Sannino 5,5. ARBITRO: Pasqua di Tivoli 6,5. RETI: 7’ pt Pinilla, 43’ Gomez; 18’ st Cigarini rig. RECUPERO: 3 minuti (0’ pt + 3’ st). AMMONITI: Grassi (A); Bubnjic, Fedele, Cofie (C). ESPULSI: nessuno. SPETTATORI: 14.479.

Data: 18-10-2015 – Ore: 15:00 GENOA 3-4-3: Perin 6,5; Izzo 5,5, Burdisso 5,5, De Maio 5,5; Rincón 6,5, Tino Costa 6,5 (33’ st Ntcham 7), Dzemaili 5, Laxalt 6,5; Gakpé 6,5 (11’ st Cissokho 6), Pavoletti 7, Perotti 7 (43’ st Tachtsidis 7). Allenatore: Gasperini 7. CHIEVO 4-3-1-2: Bizzarri 6; Mattiello 5, Gamberini 5,5, Cesar 6, Gobbi 5,5; Castro 6, Rigoni 6, Hetemaj 6 (18’ st Pepe 6); Birsa 6; Paloschi 7 (28’ st Pellissier 7), Meggiorini 6 (41’ st Inglese ng). Allenatore: Maran 6. ARBITRO: Mazzoleni di Bergamo 6. RETI: 1’ pt Paloschi (C), 13’ Pavoletti (G), 17’ Gakpé (G); 32’ st Pellissier (C), 47’ Tachtsidis (G). RECUPERO: 6 minuti (1’ pt + 5’ st). AMMONITI: De Maio, Dzemaili, Tachtsidis (G); Castro, Pepe (C). ESPULSI: 9’ st Dzemaili (G) per doppia ammonizione. SPETTATORI: 19.207.

Data: 17-10-2015 – Ore: 18:00 ROMA 4-2-3-1: Szczesny 6; Torosidis 6, Manolas 6,5, Castan 6, Digne 6; Pjanic 7 (23’ st Uçan 6), De Rossi 7; Florenzi 6 (34’ st Vainqueur ng), Salah 7, Iago Falqué 5,5 (10’ st Nainggolan 6); Gervinho 6,5. Allenatore: Garcia 6,5. EMPOLI 4-3-1-2: Skorupski 5; Zambelli 5,5, Tonelli 6, Barba 6, Mario Rui 6; Paredes 6 (23’ st Maiello 5), Dioussè 6, Büchel 6; Krunic 5 (17’ st Livaja 5,5); Pucciarelli 5,5, Maccarone 5,5 (34’ st Piu 6). Allenatore: Giampaolo 5,5. ARBITRO: Giacomelli di Trieste 6. RETI: 11’ st Pjanic (R), 14’ De Rossi (R), 24’ Salah (R), 30’ Büchel (E). RECUPERO: 3 minuti (0’ pt + 3’ st). AMMONITI: Pjanic (R); Dioussè (E). ESPULSI: nessuno. SPETTATORI: 34.124.

Data: 18-10-2015 – Ore: 15:00 VERONA 4-3-3: Rafael 5; Sala 6, Marquez 6, Moras 6, Souprayen 6; Greco 6 (41’ st Ionita ng), Matuzalem 6 (11’ st Pisano 5,5), Hallfredsson 6; Siligardi 6 (30’ st Helander 6), Pazzini 6, Gomez 5,5. Allenatore: Mandorlini 5,5. UDINESE 3-5-1-1: Karnezis 6; Wagué 5,5, Danilo 6, Felipe 6 (30’ st Perica 6); Edenilson 6, Iturra 6 (10’ st Théréau 7), Lodi 6, Marquinho 5,5 (18’ st Badu 6), Adnan 6; Bruno Fernandes 6; Di Natale 6. Allenatore: Colantuono 6,5. ARBITRO: Gavillucci di Latina 5,5. RETI: 41’ pt Pazzini (V) rig.; 39’ st Théréau (U). RECUPERO: 5 minuti (1’ pt + 4’ st). AMMONITI: Marquez, Hallfredsson (V); Wagué, Felipe (U). ESPULSI: nessuno. SPETTATORI: 16.382.

96

Calcio 2OOO

Data: 18-10-2015 – Ore: 12:30 BOLOGNA 4-2-3-1: Mirante 6; Ferrari 5 (40’ st Falco ng), Gastaldello 6, Rossettini 5, Masina 5; Taider 5 (14’ st Donsah 5), Diawara 6; Rizzo 6, Brienza 6, Mounier 5,5 (24’ st Mancosu 5); Destro 5. Allenatore: Rossi 5. PALERMO 3-5-2: Sorrentino 7; Struna 6, González 6, Andelkovic 6; Rispoli 6, Rigoni 6, Maresca 6, Hiljemark 6 (1’ st Chochev 5,5), Lazaar 6 (35’ st Daprelà ng); Gilardino 6, Vazquez 7. Allenatore: Iachini 6,5. ARBITRO: Fabbri di Ravenna 6. RETE: 24’ pt Vazquez. RECUPERO: 5 minuti (1’ pt + 4’ st). AMMONITI: Rizzo (B); Struna, Rispoli, Hiljemark, Vazquez (P). ESPULSI: nessuno. SPETTATORI: 16.010.

Data: 18-10-2015 – Ore: 20:45 INTER 4-4-2: Handanovic 6,5; Santon 6, Miranda 6, Murillo 5,5, Juan Jesus 5; Brozovic 6, Medel 6,5 (46’ st Kondogbia ng), Felipe Melo 6 (18’ st Guarín ng), Perisic 6; Icardi 5,5, Jovetic 7 (46’ st Palacio ng). Allenatore: Mancini 6. JUVENTUS 4-3-3: Buffon 6; Barzagli 7, Bonucci 6, Chiellini 6, Evrà 6; Khedira 6, Marchisio 5,5, Pogba 5; Cuadrado 6,5, Morata 5,5 (25’ st Mandzukic ng), Zaza 6 (33’ st Dybala ng). Allenatore: Allegri 6. ARBITRO: Valeri di Roma 6. RECUPERO: 3 minuti (0’ pt + 3’ st). AMMONITI: Miranda, Brozovic, Felipe Melo (I); Chiellini, Evrà, Khedira, Marchisio, Zaza (J). ESPULSI: nessuno. SPETTATORI: 79.154.

Data: 18-10-2015 – Ore: 15:00 SASSUOLO 4-3-3: Consigli 6; Vrsaljko 7, Cannavaro 6, Acerbi 6,5, Peluso 6; Biondini 6 (25’ st Laribi 6), Magnanelli 7, Missiroli 7; Berardi 7 (37’ st Terranova ng), Falcinelli 6 (25’ st Defrel 6), Sansone 6. Allenatore: Di Francesco 6,5. LAZIO 4-2-3-1: Marchetti 6; Basta 6, Mauricio 5, Gentiletti 5,5, Lulic 6; Onazi 5 (1’ st Keita 6,5), Cataldi 5; Candreva 6 (31’ st Kishna ng), Milinkovic-Savic 6, Felipe Anderson 6; Klose 5,5 (20’ st Matri 5,5). Allenatore: Pioli 5,5. ARBITRO: Guida di Torre Annunziata 5. RETI: 7’ pt Berardi (S) rig.; 15’ st Missiroli (S), 22’ Felipe Anderson (L). RECUPERO: 5 minuti (1’ pt + 4’ st). AMMONITI: Sansone (S); Mauricio, Lulic, Cataldi, Milinkovic-Savic (L). ESPULSI: 47’ st Cataldi (L) per doppia ammonizione. SPETTATORI: 11.812.

Fiorentina Roma Inter Napoli Sassuolo Lazio Torino Atalanta Chievo Sampdoria Palermo Genoa Milan Juventus Udinese Frosinone Empoli Verona Carpi Bologna

LA GALLERY DELLA 8A GIORNATA

Data: 18-10-2015 – Ore: 15:00 FROSINONE 4-4-2: Leali 6; Rosi 6,5, Diakité 7, Blanchard 6, Crivello 6; Paganini 8, Chibsah 7, Gucher 6 (35’ st Gori ng), Soddimo 7 (22’ st Sammarco 6); Ciofani D. 6, Dionisi 7 (40’ st Carlini ng). Allenatore: Stellone 7. SAMPDORIA 4-3-1-2: Viviano 6; Pedro Pereira 6, Moisander 5,5, Regini 5, Zukanovic 5,5 (38’ st Cassani ng); Carbonero 6, Ivan 5,5 (20’ st Correa 5), Soriano 6; Cassano 6; Muriel 5,5 (38’ st Rodriguez ng), Eder 5,5. Allenatore: Zenga 5,5. ARBITRO: Irrati di Pistoia 6. RETI: 9’ st Paganini, 10’ Dionisi. RECUPERO: 5 minuti (0’ pt + 5’ st). AMMONITI: Blanchard, Dionisi (F); Moisander, Zukanovic, Carbonero, Ivan (S). ESPULSI: nessuno. SPETTATORI: 7.252.

Data: 18-10-2015 – Ore: 15:00 NAPOLI 4-3-3: Reina 7; Hysaj 6,5, Albiol 6, Koulibaly 7, Ghoulam 6; Allan 7 (45’ st David López ng), Jorginho 6, Hamsik 7; Callejón 5,5, Higuaín 7, Insigne 7 (16’ st Mertens 6, 43’ st El Kaddouri ng). Allenatore: Sarri 7. FIORENTINA 3-4-2-1: Tatarusanu 6; Tomovic 5,5 (33’ st Babacar 6), Rodríguez 6, Astori 6,5; Blaszczykowski 6, Badelj 6, Vecino 6, Alonso 6 (10’ st Roncaglia 5); Bernardeschi 5 (7’ st Ilicic 6), Borja Valero 6; Kalinic 7. Allenatore: Paulo Sousa 6. ARBITRO: Banti di Livorno 5,5. RETI: 1’ st Insigne (N), 28’ Kalinic (F), 30’ Higuaín (N). RECUPERO: 7 minuti (2’ pt + 5’ st). AMMONITI: Koulibaly, Jorginho, El Kaddouri (N); Rodríguez, Astori, Badelj, Roncaglia (F). ESPULSI: nessuno. SPETTATORI: 49.800 paganti (abbonati non comunicati).

Data: 17-10-2015 – Ore: 20:45 TORINO 3-5-2: Padelli 6; Bovo 6, Glik 6, Moretti 5; Zappacosta 6 (27’ st Belotti 6), Acquah 5, Gazzi 6 (1’ st Vives 6), Baselli 7, Molinaro 6; Quagliarella 5,5 (35’ st Benassi ng), Maxi López 6. Allenatore: Ventura 6. MILAN 4-3-3: Diego López 5; Abate 6, Alex 6, Romagnoli 6, Antonelli 5,5; Kucka 6 (41’ st Poli ng), Montolivo 6, Bertolacci 6; Cerci 6 (43’ st Honda ng), Luiz Adriano 5 (10’ st Bacca 6,5), Bonaventura 6. Allenatore: Mihajlovic 6. ARBITRO: Gervasoni di Mantova 5,5. RETI: 18’ st Bacca (M), 28’ Baselli (T). RECUPERO: 6 minuti (2’ pt + 4’ st). AMMONITI: Bovo, Gazzi, Baselli (T); Diego López, Romagnoli, Kucka, Bonaventura (M). ESPULSI: nessuno. SPETTATORI: 13.446.

MARCATORI 18 17 17 15 15 15 14 14 12 11 10 10 10 9 8 7 7 5 5 3

8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8

6 5 5 4 4 5 4 4 3 3 3 3 3 2 2 2 2 0 1 1

0 2 2 3 3 0 2 2 3 2 1 1 1 3 2 1 1 5 2 0

2 1 1 1 1 3 2 2 2 3 4 4 4 3 4 5 5 3 5 7

15 20 8 18 11 11 13 11 13 13 10 7 9 9 8 6 8 7 8 4

6 10 6 8 8 13 9 8 8 12 12 9 14 8 11 10 14 11 19 13

6 RETI: Higuaín, Insigne (Napoli); Eder (Sampdoria, 2 rig.) 5 RETI: Kalinic (Fiorentina) 4 RETI: Paloschi (Chievo); Bacca (Milan); Pjanic, Salah (Roma); Baselli, Quagliarella (Torino) 3 RETI: Pinilla (Atalanta); Mounier (Bologna); Saponara (Empoli); Ilicic (Fiorentina, 3 rig.); Dionisi (Frosinone); Jovetic (Inter, 1 rig.); Dybala (Juventus, 2 rig.); Allan (Napoli); Hiljemark (Palermo); Gervinho (Roma); Muriel (Sampdoria); Floro Flores (Sassuolo); Zapata (Udinese)

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