Mensile | GENNAIO 2016 | N. 217 | Italia | Euro 3,90
Calcio
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L’ALFABETO DEI BIDONI
CAIO RIBEIRO
2OOO
IL PRINCIPINO DELL’INTER
il mensile diretto da FABRIZIO PONCIROLI
Esclusiva Gaetano MONACHELLO “MI MANCAVA L’ITALIA”
Esclusiva Alberto DI CHIARA “DOVEVO ANDARE NEGLI STATES”
“PAPERONI DEL CALCIO? FORSE...”
foto Michal Bednarek/shutterstock
Speciale I migliori ASSIST MAN PIRLO E SOCI
INCHIESTA CALCIO D’ORO
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Esclusiva Gianluca NANI “L’ESTERO MI INTRIGA”
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L'EDITORIALE di Fabrizio PONCIROLI
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OGNUNO FACCIA IL SUO… Mensile | GENNAIO 2016 | N. 217 | Italia | Euro 3,90
N. 217 - GENNAIO 2016
Calcio
L’ALFABETO DEI BIDONI
CAIO RIBEIRO IL PRINCIPINO DELL’INTER
2OOO il mensile diretto da FABRIZIO PONCIROLI
Esclusiva Gaetano MONACHELLO “MI MANCAVA L’ITALIA”
Esclusiva Gianluca NANI “L’ESTERO MI INTRIGA”
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I PAPERONI DEL CALCIO
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S
ono passati diversi giorni dagli attentati di Parigi eppure quella sensazione di impotenza, mista a paura e rabbia, non mi abbandona. Inutile cercare di capire, impossibile darsi una motivazione, plausibile, per tutto quello che è 369 CARDS TUTTE DA accaduto. L’unica sana azione è quella di reagire. Il calcio COLLEZIONARE lo ha fatto, in maniera esemplare, come non capitava da anni… Wembley che canta La Marsigliese, la dimostrazione che anche il calcio MEGA STARTERPACK CON: conosce il significato di un valore immenso, come· campo la pace. di raccoglitore da gioco ·Ognuno bustine · 1 card limited edition · regole di gioco · checklist noi, nel suo piccolo, deve fare qualcosa, deve avere il coraggio di osare. Rintanarsi per paura che possa accadere qualcosa, sarebbe come bloccarsi, spegnersi. Gli stadi devono restare un luogo di gioia e, per questo, non dobbiamo tirarci indietro… Lo so, non è l’editoriale che vi aspettavate ma mi pareva necessario… Nulla va dimenticato ma bisogna, sempre e comunque, guardare avanti, con fierezza e forza. E alPIÙ DI 200 CARDS SPECIALI COME lora continuiamo a vivere il calcio come abbiamo sempre fatto. Il calcio, LE NUOVISSIME MOTO PERPETUO, DUO MERAVIGLIA , GIOCATORE CHIAVE la nostra passione, ciò che ci fa battere il cuore. Una passione che va difesa, tutti insieme, tutti uniti nello stesso coro. L’Italia agli Europei ci sarà. L’evento calcistico del 2016, da vivere a testa alta, sperando che la banda di Conte riesca anche a compiere un miracolo sportivo. Riflessione a parte, volevo invitarvi a ragionare sul campionato che stiamo vivendo… Non me ne vogliano i tifosi bianconeri, ma quanto è bella tutta questa SCOPRI incertezza al vertice. Purtroppo (o per fortuna), alla fine SU WWW.PANINIADRENALYN.COM COME GIOCARE SFIDE ONLINE ED UTILIZZARE L E C solo A R D S Dvincerà, O P P I E P E Reppure R E N D E R Eè straordinario vedere tanti club dei giochi, uno INVINCIBILE LA TUA SQUADRA! respirare, nuovamente, il sapore della possibile grande vittoria (leggi Scudetto). In tanti mi chiedete chi vincerà quest’anno… Dato per certo che il mio pronostico vale pochissimo, se non zero, io dico Napoli. La città ha tanta di quella voglia di festeggiare un grande titolo che sarebbe meraviglioso accadesse il miracolo. Da Maradona ad Higuain, la storia si ripete… Vedo già i titoli sui vari media… Ma, ripeto, non sono un grande indovino. Per il resto mi auguro che, in Europa, qualche nostro rappresentate porti avanti, il più possibile, il Made in Italy. Abbiamo bisogno di brindare ad un successo europeo, così da arrivare ad Euro 2016 ancor più galvanizzati. Il 2015 sta andando in archivio. È accaduto tanto, tantissimo. Abbiamo riso e sofferto, ci siamo arrabbiati e siamo stati comprensivi. Solo una raccomandazione: ognuno faccia il suo… www.paninigroup.com
“Nulla è più da temere che il timore…”
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sommario n.217 6
issn 1126-1056
LA BOCCA DEL LEONE di Fabrizio Ponciroli
8 I PAPERONI DEL CALCIO INCHIESTA CALCIO D’ORO di Fabrizio Ponciroli 16 VIVAI ESTERO SPECIALE di Luca Gandini 22 GAETANO MONACHELLO INTERVISTA ESCLUSIVA di Sergio Stanco 30 CAIO RIBEIRO L’ALFABETO DEI BIDONI di Fabrizio Ponciroli 36 GEORGE BEST STORIE DI CALCIO di Luca Manes 42 ASSIST MAN SPECIALE di Thomas Saccani 48 ASCOLI - SERIE B
Anno 19 n. 1 GENNAIO 2016
di Tommaso Maschio
Registrazione al Tribunale di Milano n.362 del 21/06/1997 - Iscritto al Registro Operatori di Comunicazione al n. 18246
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Redazione
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di Simone Toninato
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DOVE SONO FINITI?
CAMPIONATI STRANIERI
Statistiche
Redazione Calcio2000
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IL PROSSIMO NUMERO sarà in edicola il 10 GENNAIO 2016 4
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92 I NUMERI DELLA SERIE A 98 SCOVATE da CARLETTO RTL NUMERO CHIUSO IL 28 NOVEMBRE 2015
Image Photo Agency (imagephotoagency.it), Agenzia Aldo Liverani, Federico De Luca. TC&C S.r.l.
di Stefano Benetazzo
84 SPAGNA di Paolo Bardelli 86 INGHILTERRA di Luca Manes 88 GERMANIA di Flavio Sirna 90 FRANCIA di Renato Maisani
Luca Gandini, Sergio Stanco, Thomas Saccani,Luca Gandini, Alessio Alaimo, Simone Toninato, Gabriele Porri, Pasquale Romano, Flavio Sirna, Paolo Bardelli, Luca Manes, Renato Maisani, Stefano Benetazzo, Carletto RTL.
Realizzazione Grafica
di Gabriele Porri
Hanno collaborato
Fotografie
STORIA
78 Frank Rijkaard ACCADDE A... di Thomas Saccani 80 DANIELE DAINO
Diretto da
Fabrizio Ponciroli Marco Conterio, Luca Bargellini, Gaetano Mocciaro, Chiara Biondini, Simone Bernabei, Lorenzo Marucci, Pietro Lazzerini, Tommaso Maschio, Lorenzo Di Benedetto.
di Pasquale Romano
54 GIANLUCA NANI I RE DEL MERCATO di Lorenzo Marucci 64 ALBERTO DI CHIARA I GIGANTI DEL CALCIO di Lorenzo Marucci 74 CHAMPIONS LEAGUE ’83/’84
TC&C srl Strada Setteponti Levante 114 52028 Terranuova Bracciolini (AR) Tel +39 055 9172741 Fax +39 055 9170872 Michele Criscitiello
52 CARONNESE - SERIE D
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LA BOCCA DEL LEONE di Fabrizio Ponciroli - foto Image Sport LA JUVE HA SBAGLIATO ATTACCANTI Buongiorno Direttore, sono un tifoso bianconero davvero arrabbiato con la società. Ma come si fa a lasciar andare Tevez per prendere uno come Mandzukic? Ma l’ha visto giocare? A cosa serve? Hanno sbagliato, anche Dybala costa troppo, ma non si poteva prendere uno più forte con 40 milioni di euro? Secondo me sì, c’era Bacca che è andato al Milan dove fa gol e tanti. La Juventus si è rovinata sbagliando gli attaccanti. Spero in una sua risposta. Gennaro, mail firmata Gennaro, ci andrei piano… Andiamo con ordine. Dato per scontato che rimpiazzare uno come Tevez non è affatto semplice, non mi pare che la Juventus abbia agito male sul mercato, in particolare a livello di attaccanti. In primis ha trattenuto Morata e non era poi così scontato. Dybala è un signor giocatore, è giovane ma ha grandi numeri. Diamogli un po’ di tempo… Mandzukic, onestamente, non mi fa impazzire ma si sacrifica moltissimo per la squadra ed è un punto di riferimento in avanti ma deve crescere. A livello generale, l’attacco bianconero non mi dispiace affatto…
Mario Mandžukić
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BASTA DIFENDERE GLI ITALIANI Buongiorno Ponciroli, leggo sempre il suo editoriale e pure Calcio2000. Deve smetterla con questa storia degli italiani che dovrebbero avere più spazio, che sono i più forti, che non sono mai difesi. Ma basta, non è così. Se uno è bravo, gioca sempre, anche all’oratorio è così. Se non giocano è perché sono scarsi. La Nazionale fa schifo e ci giocano solo italiani. Iniziamo ad avere giocatori come quelli che ha la Spagna o l’Argentina e allora sì che potremmo parlare di più dei nostri italiani. Non ci sono più i grandi giocatori italiani, deve ammetterlo anche lei e non è colpa dei presidenti. Siamo scarsi, la verità è questa. Federico, mail firmata Buongiorno Federico, direi che sei stato chiaro… Allora, rispetto la tua prospettiva sul calcio italiano ma non la condivido. In Spagna e in Argentina (ma potrei citarti anche il Belgio) ci sono grandi giocatori perché tanti club puntano proprio sui giovani. Li fanno giocare giovanissimi, li lasciano crescere, gli danno fiducia. Basti pensare al Barcellona. Quando c’è un giovane interessante, non hanno paura a metterlo
Gianluigi Donnarumma
in campo. In Argentina questo concetto è portato anche all’esasperazione. La nostra Nazionale è il risultato di una politica interna che premia il giocatore esotico rispetto a quello Made in Italy. Se son forti giocano comunque? Pellé ha dovuto emigrare per trovare la Nazionale, o sbaglio? Verratti se l’è comprato il PSG e potrei andare avanti a lungo. Per fortuna qualcosa sta cambiando. Mihajlovic ha lanciato, con coraggio, Donnarumma… È già qualcosa… MA SEGUE IL SUBBUTEO? Direttore Ponciroli, lei mi sorprende. Sapevo della sua passione per gli album di figurine, non per il Subbuteo. Io ci gioco da anni e sono contento che stia tornando di moda. Ormai non si fa altro che giocare con videogames e cellulari ma il subbuteo è un gioco bellissimo. Basta provarci una volta e ci si innamora di questo bellissimo sport. Lei come si è avvicinato a questo sport e, mi raccomando, lo chiami sport perché bisogna saperci fare. Complimenti per la rivista, anche se parla sempre poco del mio Napoli. Rinaldo, mail firmata Beh, non è che sia proprio un fenome-
PER SCRIVERCI: media@calcio2000.it
no a Subbuteo, anzi sono una frana… Mi piace guardare chi ci sa giocare, questo è vero. Giochi Preziosi ha lanciato Subbueto Champions League Edition e ci ho provato… Non un fenomeno ma divertente… So perfettamente che, in Italia, ci sono tantissimi appassionati di Subbuteo e mi auguro che anche le nuove leve abbiano la possibilità di cimentarsi in questo gioco dal sapore vintage ma estremamente attuale. Ha visto lo spot del Clasico? L’idea di pubblicizzarlo con il Subbuteo è stata geniale…
RICEVIAMO & PUBBLICHIAMO A Natale tutti felici Le feste sono vicine e, mai come quest’anno, abbiamo bisogno di coccole e sorrisi. Sono una mamma di un bambino di 9 anni, tifoso del Milan. Con mio marito, lo volevamo portare allo stadio San Siro per vedere il suo adorato Milan ma ora abbiamo paura. Lui ha scritto una lettera a Babbo Natale chiedendo la maglia del Milan e un biglietto per vedere il Milan a San Siro. Da mamma vorrei accontentarlo ma la paura è tanta. Mio marito non ama il
calcio, non ama nulla del calcio ma si era convinto. Poi è successo di tutto a Parigi e abbiamo cominciato ad avere paura. Poi però mi sono ricordata che arriva il Natale e che bisogna essere più bravi e più felici e quindi andremo a San Siro per accontentare il nostro Filippo che non vede l’ora. Ci guarderemo spesso attorno ma proveremo a pensare solo alla nostra famiglia, a stare bene insieme. Bisogna fare così, non si può vivere sempre guardandosi attorno e non facendo nulla per paura di farlo. Maria Luisa, mail firmata
IL CAPPELLO DEI TIFOSI Per il Natale 2015, Icam ha deciso di scaldare i cuori, e la testa, dei tifosi di calcio. Disponibile il Cappello del Tifoso. Brandizzato con i loghi di sette tra le squadre più amate d’Italia (Juventus, Milan, Inter, Roma, Lazio, Fiorentina e Torino), è un prodotto pensato per chi vuole coniugare la dolcezza del cioccolato con la propria fede calcistica… Bello e buono, oltre che utilissimo… Il Cappello del Tifoso, un bel modo per restare sempre connessi con la propria squadra del cuore..
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SPECIALE I PAPERONI DEL CALCIO INFINITO BUFFON Stipendio da numero uno per il miglior portiere della A
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La Serie A garantisce stipendi da nababbi ma non per tutti… di Fabrizio PONCIROLI foto Image SPORT
SPECIALE / i PAPERONI DEL CALCIO
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calciatori guadagnano troppo”. Un ritornello che conoscono tutti. Gli artisti del pallone, i miti del nostro tempo, sono remunerati con pacchi di banconote, a detta di molti, più di quanti ne meriterebbero. Il tifoso, soprattutto quando i risultati non sono soddisfacenti, punta spesso il dito sullo stipendio che, ogni fine mese, si porta a casa il beniamino di turno che l’ha deluso. Ma è veramente così? Siamo così certi che la Serie A sia una sorta di palazzo d’oro massiccio dove tutti brindano a champagne e ostriche? La risposta è complicata. Partiamo da una riflessione. Se paragoniamo i contratti attuali con quelli degli anni '70/'80, le cifre dei giorni nostri appaiono spropositate. Meno se il paragone si fa con gli anni ’90 e Duemila (quando i più grandi campioni del pianeta giocavano in Italia). Il panorama del mondo del calcio è mutato drasticamente nel corso dei vari decenni. Un Pogba,
Gonzalo Higuaín
oggi, muove migliaia di interessi commerciali. L’attenzione mediatica, le TV, i media, gli sponsor, tutti concentrati su un singolo personaggio. Pogba non è solo un giocatore della Juventus, è un’azienda che, come tale, ha delle necessità e un valore ben preciso. Quindi, per certi giocatori, uno stipendio da Top Player è giustificato dalla loro “prestanza mediatica”. Fare bene in campo, con la propria squadra, è una parte del tutto. Ci sono giocatori che, pur giocando poco o, in alcuni casi, male, hanno comunque una visibilità mediatica imponente. Pensiamo a Balotelli. A prescindere dalla maglia che indossa o da quanto gioca, SuperMario fa notizia. Un tempo, il giocatore veniva pagato per quanto era bravo con i piedi, ora anche per altre presunte doti che poco hanno a che fare con il terreno di gioco. Giusto o sbagliato? Impossibile dare una risposta, è solamente un dato di fatto. Diamo un’occhiata a chi, nella Serie A 2015/16, si può fregiare del titolo di Top Player. Per entrare nella lista, prestigiosa, di
fuoriclasse (almeno come conto in banca) bisogna incassare un salario di almeno tre milioni di euro netti (sei lordi). Quanti giocatori nella massima serie italiana hanno ingaggi uguali o superiori ai tre milioni di euro? La risposta è 22!!! Tanti, pochi? Dipende dai punti di vista. Primo dato. Sono tutti raccolti in cinque squadre. Sei in maglia Juventus (Pogba, Khedira, Buffon, Mandzukic, Marchisio e Chiellini, con Bonucci che li raggiungerà presto visto il nuovo contratto firmato da poco). Cinque all’Inter (Kondogbia, Icardi, Vidic, Palacio e Jovetic). Uno in meno al Milan (Bacca, Montolivo, De Jong e Luiz Adriano), così come alla Roma (De Rossi, Dzeko, Salah e Pjanic). Tre al Napoli (Higuain, Zuniga e Hamsik). 22 paperoni del calcio in 20 squadre di Serie A (nel 2007, tanto per fare un parallelismo, erano 33). C’è anche una classifica ben delineata. Al comando De Rossi, bandiera della Roma (6,5 milioni di euro), seguito da Higuain (5,5 milioni di euro incassati, ogni anno, dal Napoli. In
PAUL POGBA Calcio 2OOO
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SPECIALE / i PAPERONI DEL CALCIO
MISTER DE ROSSI In Serie A nessuno è più pagato del giallorosso
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SPECIALE / i PAPERONI DEL CALCIO
AI MIEI TEMPI… Di Fabrizio Ponciroli
Savoldi, Mister Due Miliardi, rimpiange il calcio di una volta…
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eppe Savoldi è stato un grandissimo attaccante. Ha vinto con le casacche di Bologna e Napoli, tuttavia, è passato alla storia, come Mister Due Miliardi. Siamo nel luglio del 1975, il calcio è ancora molto “rionale”. Savoldi, stella del Bologna, passa al Napoli per una cifra sbalorditiva: un miliardo e 400 milioni di vecchie lire che, unite ai cartellini di Clerici e la metà di Rampanti, portano il totale del trasferimento a circa due miliardi di lire. Da qui il soprannome Mister Due Miliardi. Il diretto interessato ha una sua personale teoria: “C’è stato chi ha fatto girare soldi importanti anche prima di me. Credo che quell’operazione di mercato sia stata la naturale conseguenza di come stava cambiando il calcio. Ai miei tempi, comunque, tutto era diverso. Non c’era nessun procuratore. Tu andavi a trattare direttamente con il presidente del club e non avevi potere contrattuale. Era il club che aveva tutto il potere, che dettava le condizioni. Diciamo che appartenevi, interamente, alla società che poteva scegliere dove mandarti e, onestamente, non potevi fare molto. Stesso discorso sui contratti. Era il club che ti illustrava le opzioni tra cui scegliere. Oggi è tutto diverso, i giocatori hanno il potere di decidere e il club ha un’influenza minore rispetto al passato. La figura del procuratore ha cambiato il modo di trattare con i vari club”. Nostalgia del calcio di una volta? Savoldi è chiaro: “Ai miei tempi si ragionava prima con il cuore, oggi non è così. Oggi si guarda prima al portafogli e poi viene tutto il resto. Guardate alle cifre, folli, che si sentono per certi giocatori. È cambiato tutto, lo si vede da come è trattato anche il calciatore ai giorni nostri. È un’azienda e come tale si comporta. Il mio era un calcio in cui c’era ancora spazio per i sentimenti”.
terza posizione un duo stellare, formato da Pogba e Dzeko (4,5 milioni a testa). Ma tutti gli altri, ossia chi è fuori dai 22 con il conto in banca da Top Player? Entriamo più nello specifico. Fiorentina e Lazio, due club di primo piano, si sono strappate le vesti solo per due giocatori: Rossi (2,4 milioni di euro) e Klose (due milioni). Gli altri giocatori delle rispettive rose sono tutti sotto la soglia dei due milioni di euro. L’Atalanta ha un solo giocatore che guadagna un milione di euro all’anno (Denis), così come Sampdoria (Fernando) e Udinese (Di Natale). Due milionari nel Bologna (Destro, con 1,6 milioni a stagione, Gastaldello a uno tondo tondo), nel Verona (Pazzini e Toni) e nel Sassuolo (Berardi e Cannavaro). Carpi, Chievo ed Empoli,
Genoa, Torino, Palermo, Frosinone non hanno a libro paga nessun giocatore che va oltre ai 700 mila euro annui. Qualche esempio per avere ancor più coscienza della situazione. Sportiello non arriva a 200 mila euro a stagione, così come Mario Rui dell’Empoli. Vecino, uomo nuovo della Fiorentina, percepisce un compenso pari a 300 mila euro all’anno (così come Correa della Sampdoria e il duo Perez-Maksimovic del Torino), Bernardeschi non arriva a 200 mila euro. Blanchard, del Frosinone, viaggia a circa 100 mila euro all’anno. Cataldi si deve “accontentare” di 200 mila euro. Insomma, in Italia, qualche paperone c’è, ma ci sono anche tanti altri che guadagnano cifre ragionevoli, almeno per il mestiere svolto…
Beppe savoldi
C’è un dato interessante: a partire dalla stagione 2001/02, il trend degli ingaggi in Serie A è in continua decrescita. In quella stagione, erano ben 203 i campioni che arrivavano alla soglia dei due miliardi di vecchie lire, ora sono di fatto la metà. Certo, ora c’è anche da sottolineare l’importanza dei diritti di immagine. Un nuovo modo per aumentare il salario, proprio come farebbe un’azienda diversificando i propri manufatti… All’estero è uno stratagemma adottato da tempo immemore. Appunto, l’estero. Per chi considera l’Italia un paese da nababbi per i calciatori, Spagna e Inghilterra come potrebbero essere definite? In effetti, dando un’occhiata alla classifica dei monte ingaggi più elevati in Europa si nota come, Calcio 2OOO
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SPECIALE / i PAPERONI DEL CALCIO
IL CASO REAL MADRID Di Fabrizio Ponciroli
La società blanca spende circa tre milioni di euro alla settimana…
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i sono club che possono beneficiare di casse societarie ricche di banconote. Tra queste c’è, ovviamente, il Real Madrid. L’unico club ad aver vinto 10 edizioni della Champions League è stato indicato, da Forbes, come il brand calcistico con più valore al mondo. Parliamo di una quotazione pari a 3,26 milioni di dollari, circa tre miliardi di euro. Da tre anni, il club spagnolo è il brand di maggior valore sul globo terrestre. Merito anche di un parco giocatori da primissima fila. Un recente studio ha vivisezionato il monte ingaggi della compagine iberica. Il dato più incredibile concerne la spesa media che, a settimana, il Real deve sostenere per far contenti i propri affiliati. Parliamo di una cifra pari a ben tre milioni di euro. Chiaramente, su tale quota, incidono, in maniera importante le due stelle del club, ossia Cristiano Ronaldo e Bale. I due super pagati dai blancos viaggiano, rispettivamente, a 403 mila euro e 358 mila (euro più, euro meno) ogni sette giorni. E, attenzione, entrambi hanno contratti a lungo termine, a dimostrazione che il Real Madrid dovrà staccare, a questi due, assegni per molto tempo. Ma come si può sopravvivere ad un esborso simile per i propri giocatori? In realtà il Real Madrid, da tempo, deve fare i conti con un debito complessivo enorme. Sebbene, nelle ultime stagioni, il trand sia migliorato, parliamo di un club che ha circa 600 milioni di euro di debiti (alla luce del bilancio 2014/15), di cui 370 milioni di euro di passivi correnti. Tanti, tantissimi ma, grazie ai beni di proprietà (412 milioni di euro), il Real Madrid sarebbe comunque in grado di rimettersi in carreggiata. Ecco perché, a conti fatti, il Real Madrid non sta affatto male e, di conseguenza, si può permettere ingaggi da nababbi. Se a tutto questo aggiungiamo che, stagione 2014/15, il club di Perez ha raggiunto la cifra record di fatturato pari a 577 milioni di euro (incremento del 5,1% rispetto all’anno precedente), ecco che tutti i conti tornano. Il Real spende perché può permettersi di spendere… 12
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Quanto guadagnano, a settimana, i giocatori del Real Madrid
Giocatore
anni
Stipendio ogni 7gg
Durata contratto
Keylor Navas Kiko Casilla Ruben Yanez Sergio Ramos Raphaël Varane Pepe Nacho Fernández Marcelo Fábio Coentrão (prestito) Daniel Carvajal Danilo Álvaro Arbeloa Mateo Kovacic Jesus Vallejo (prestito) Casemiro Toni Kroos Luka Modric James Rodríguez Isco Marco Asensio (prestito) Denis Cheryshev Cristiano Ronaldo Jesé Gareth Bale Karim Benzema Lucas Vázquez Totale Monte Salari Real Madrid
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€ 76.000 € 35.000 € 14.000 € 196.000 € 112.000 € 154.000 € 84.000 € 112.000 € 112.000 € 49.000 € 84.000 € 91.000 € 112.000 € 14.000 € 63.000 € 218.300 € 168.000 € 168.000 € 84.000 € 14.000 € 35.000 € 403.000 € 42.000 € 358.000 € 210.000 € 42.000
5 anni (2020) 5 anni (2020) 5 anni (2020) 2 anni (2017) 5 anni (2020) Ultimo anno (2016) 5 anni (2020) 5 anni (2020) 4 anni (2019) 5 anni (2020) 6 anni (2021) Ultimo anno (2016) 6 anni (2021) 6 anni (2021) 2 anni (2017) 5 anni (2020) 3 anni (2018) 5 anni (2020) 3 anni (2018) 5 anni (2020) 2 anni (2017) 3 anni (2018) 2 anni (2017) 4 anni (2019) 4 anni (2019) 5 anni (2020)
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SPECIALE / i PAPERONI DEL CALCIO RE MIDA CR7
Soldi a palate per la stella del Real Madrid...
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SPECIALE / i PAPERONI DEL CALCIO
CI SONO SPORT PIÙ RICCHI… Di Fabrizio Ponciroli
Chi l’ha detto che i soldi girano solo nel calcio?
Lewis Hamilton
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l calcio è uno sport ricco, non ci sono dubbi ma ci sono altre realtà sportive che non sono da meno, anzi, in alcuni casi, sono decisamente più “granose”. Lo sport è un indotto economico spaziale. Normale che, i top player, di qualsiasi livello, siano pagati a peso d’oro. Pensiamo alla Formula 1. Hamilton, fresco di titolo di Campione del Mondo di F1, ha una retribuzione annuale dalla Mercedes pari a circa 25 milioni di euro ma, dalla stagione 2016, secondo Business Book, il suo salario salirà alla pazzesca cifra di 56 milioni di euro a stagione. Tantini anche quelli di Vettel (circa 28 all’anno dalla Ferrari). Non scherza neppure Alonso (25 dalla Honda). Chiaro, parliamo anche di uno sport in cui si rischia la vita, quindi, a livello di ingaggi, si tiene in considerazione anche questo dettaglio decisamente importante. Anche in MotoGp si rischia quando si va in pista ma i contratti sono meno faraonici, seppur sempre notevoli. Rossi, il più pagato della classe regina, viaggia a circa 10 milioni di euro all’anno dalla Yamaha, più o meno quanto la Honda garantisce a Marquez. Più staccato Lorenzo (7/8 milioni a stagione). Soldi ne girano anche negli 14
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sport americani. Prendiamo il dorato mondo NBA. Nella lista dei giocatori più pagati dell’annata in corso (2015/16) figura, al primo posto, l’inossidabile Kobe Bryant. Il 24 dei Lakers percepirà dai suoi amati Lakers ben 25 milioni di dollari, al cambio circa 23,2 milioni di euro. Sono ben 10 le superstars NBA con ingaggi pari o superiori a 20 milioni di dollari (terzo LeBron James con 22.970.500 dollari). Non si scherza neppure in NFL dove c’è un sistema particolare per “garantire” le stelle del massimo campionato di football americano. Aaron Rodgers, stella dei Packers, si porta a casa circa 11 milioni di dollari garantiti all’anno che, con i vari bonus, possono arrivare a 22 milioni. Non scherza neppure Russell Wilson dei Seahawks (7,9 milioni garantiti, può arrivare a 21,9). Non male anche in MLB. Jon Lester e Clayton Kershaw, entrambi pitchers, incassano, rispettivamente da Chicago Cubs e Los Angeles Dodgers, circa 30 milioni di dollari a stagione. Meno sfarzosa la NHL ma comunque da tener presente. Shea Weber, capitano dei Predators, è il più pagato della lega con 14 milioni di dollari. Insomma, le stelle vengono via a caro prezzo, a prescindere dallo sport di cui parliamo…
SPECIALE / i PAPERONI DEL CALCIO
* Dati Forbes in milioni di dollari
Sportivi più ricchi 2015 Ranking
Atleta
Soldi incassati
Sport
#1 #2 #3 #4 #5 #6 #7 #8 #9
Floyd Mayweather Manny Pacquiao Cristiano Ronaldo Lionel Messi Roger Federer LeBron James Kevin Durant Phil Mickelson Tiger Woods
$300 M $160 M $79.6 M $73.8 M $67 M $64.8 M $54.2 M $50.8 M $50.6 M
Boxing Boxing Soccer Soccer Tennis Basketball Basketball Golf Golf
#10
Kobe Bryant
$49.5 M
Basketball
nelle prime 10 posizioni (secondo Sporting Intelligence), ci sono ben cinque club inglesi e tre spagnoli. Le cifre sono impressionanti. Basandosi sulla stagione 2014/15, si scopre che il Real Madrid elargisce ai propri giocatori un salario medio pari a circa sette milioni di euro. Non scherza neppure il Barcellona (6,6 milioni a singolo giocatore). Non scherzano neppure Manchester City, Manchester United, Chelsea Arsenal e Liverpool con una media superiore ai cinque milioni di media. La Top Ten è comandata, pensate un po’, dal PSG con una media stipendi pari a ben 7,4
MAURO ICARDI
Lionel Messi
milioni di euro. In classifica (sesto posto) pure il Bayern Monaco (6,2). Nessuna traccia delle italiane. Che Premier League e Liga siano le leghe calcistiche più spendaccione lo conferma un’altra ricerca. Secondo il Daily Mail, la media di un salario di un giocatore di Premier League è pari a 3,5 milioni di euro a stagione. Tanti, tantissimi, anche rispetto alla pur ricca Spagna, ferma a circa due milioni di euro. Italia lontana, ancora una volta. Non basta? Prendiamo i 10 giocatori più pagati al mondo pubblicata da Espn (riferita a stagione 2014/15). Messi, compresi gli sponsor, si è portato a casa 65
Edin Džeko
milioni di euro (20 solo dal contratto annuale con il Barça). Secondo Cristiano Ronaldo a quota 54 milioni (18,2 percepiti dal Real Madrid. A seguire Neymar (36,5 milioni, ma è un classe 1992), Thiago Silva (27,5), la sorpresa Van Persie, Bale, Rooney, Ibrahimovic, Aguero e Lewandowski. Nessun italiano nella Top Ten (quattro giocatori della Liga, tre della Premier League). Il panorama è chiaro: in Italia, almeno rispetto alle altre grandi realtà calcistiche d’Europa, il monte ingaggi è sceso in maniera drastica. I veri paperoni del calcio non abitano più nel Bel Paese…
Luiz Adriano Calcio 2OOO
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SPECIALE VIVAI ESTERO di Luca GANDINI EFFETTO BUNDES In Germania i giovani bravi non mancano di certo...
foto Sport Image
DOVE VAI SE IL VIVAIO NON CE L'HAI? L'arte di saper costruire i grandi trionfi attraverso la spinta propulsiva del settore giovanile. In Europa è stato possibile. 16
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SPECIALE / VIVAI ESTERO
LO UNITED CREDE NEI GIOVANI - Tanti i campioni cresciuti nel vivaio dei Red Devils...
“N
oi non vogliamo solo vincere questa Coppa, vogliamo vincere giocando un buon calcio, vogliamo che anche gli spettatori neutrali siano felici per la nostra vittoria, felici di ricordare il modo in cui abbiamo trionfato”. Aveva le idee chiare, il grande Jock Stein, allenatore di quel Celtic che il 25 maggio 1967 stava per affrontare l'insuperabile Inter di Helenio Herrera nella finale di Coppa dei Campioni all'Estádio Nacional di Lisbona. I biancoverdi di Glasgow, in quella stagione, avevano già conquistato campionato, Coppa di Scozia e Coppa di Lega Scozzese, ma solo alzando il trofeo dalle grandi orecchie avrebbero ottenuto fama imperitura, diventando la prima e unica squadra scozzese a salire in vetta all'Europa. Ce la fecero, Jock e i suoi ragazzi, con una furiosa rimonta che scardinò il catenaccio impostato dai nerazzurri dopo l'iniziale vantaggio di Sandro Mazzola. “Oggi il bel calcio ha sconfitto il catenaccio, e questi sono i migliori ragazzi che io abbia mai conosciuto!”, dichiarò commosso il coach a fine gara. Sapeva, in cuor suo, di aver realizzato un piccolo capolavoro, guidando al successo una squadra formata per 8/11 da giocatori cresciuti calcisticamente nel vivaio del club. Con una peculiarità, a rendere il tutto ancora più unico: tutti i componenti della
rosa campione erano nati nel raggio di soli 50 chilometri dal Parkhead Stadium. Era il Celtic di capitan Billy McNeill, dell'imprendibile ala destra Jimmy Johnstone, del terzino-goleador Tommy Gemmell e del raffinato regista Bobby Murdoch. “I Leoni di Lisbona”, vennero soprannominati, il cui ruggito risuona ancora oggi, più forte e orgoglioso che mai. IL LABORATORIO DEI SOGNI Competenza, coraggio, coerenza e, perché no, anche un pizzico di fortuna. Competenza nella selezione e nello svezzamento delle giovani leve; coraggio di investire ogni anno 20 milioni di euro nel proprio vivaio, circa il quadruplo di quanto faccia un club italiano di prima fascia; coerenza nel perseguire una filosofia al cui centro non vi è l'esasperata ricerca del risultato, bensì il gusto per lo spettacolo. E fortuna, perché non sempre può sbocciarti tra le mani un Lionel Messi, un Andrés Iniesta, uno Xavi, un Carles Puyol. Proprio vero: se c'è un club che più di ogni altro ha fatto coincidere le proprie imprese con un solido e decisivo apporto del settore giovanile, questo è il Barcellona. Già sul finire degli anni '70, con la fondazione de “La Masia”, i catalani si proposero di dar vita a un centro di formazione in grado di allevare giovani campioni e di creare una coscienza Calcio 2OOO
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SPECIALE / VIVAI ESTERO
ESEMPIO BARCELLONA - La Cantera, un modello per tutti
barcelonista basata sul calcio di qualità. I primi frutti si intravidero con il “Dream Team” allenato da Johan Cruijff vincitore di 4 titoli nazionali consecutivi e della prima Coppa dei Campioni blaugrana all'inizio degli anni '90, quando il superbo regista Pep Guardiola, il velocissimo terzino Albert Ferrer e gli onesti gregari Guillermo Amor e Cristóbal integravano stabilmente la prima squadra. Nulla, comunque, in confronto all'epopea di Pep Guardiola allenatore. I 6 trofei vinti nell'anno solare 2009, dall'alto del tiki-taka e di un calcio travolgente, portarono la firma di almeno 9 elementi cresciuti in casa: il portiere Víctor Valdés, i centrali Gerard Piqué e Carles Puyol, il mediano Sergio Busquets, gli attaccanti in formato tascabile Bojan e Pedro e poi loro, Lionel Messi, Xavi e Andrés Iniesta a comporre la “Santísima Trinidad”. Una filosofia che continuò a pagare nel 2011, con l'altra doppietta Liga-Champions griffata dalla solita generazione sbocciata ne “La Masia”. Passano gli anni, cambiano i tempi, ma il pregiato serbatoio di campioni blaugrana sembra non conoscere crisi. Nel recente triplete realizzato con Luis Enrique in panchina, al fianco delle costosissime stelle Neymar e Luis Suárez, hanno continuato a dettar legge i soliti campioni a costo zero: da Messi a Xavi, da Iniesta a Piqué, da Pedro a Busquets, a cui si sono aggiunti il terzino sinistro Jordi Alba e le promesse Sergi Roberto e Rafinha. Insomma: quella della cura del settore giovanile è, per il Barça, una strategia che continua a dare frutti. 18
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VI RICORDATE PUYOL? - Altra leggenda costruita in casa
PER L'EUROPA, PER IL MONDO Un'altra squadra che ha storicamente fondato i propri successi sul vivaio è l'Ajax. Indimenticabile, infatti, la nidiata che si laureò campione d'Europa nel 1994/95, dopo una drammatica finale contro il Milan di Fabio Capello. C'erano i giovanissimi Clarence Seedorf, Edgar Davids, Patrick Kluivert, Michael Reiziger ed Edwin van der Sar, tutta gente che negli anni successivi sarebbe sbarcata in Serie A. E poi uno che la Serie A l'aveva lasciata da poco: il grande Frank Rijkaard. Da sottolineare anche l'apporto dato da Frank e Ronald de Boer, l'unica coppia di gemelli ad aver alzato la Champions League. Se però vogliamo trovare il periodo più scintillante nella storia dei Lancieri di Amsterdam, dobbiamo tornare alle 3 Coppe dei Campioni consecutive vinte a inizio anni '70. E anche lì, su 11 giocatori schierati, ben 8 erano cresciuti nella società. L'idolo Johan Cruijff, ovviamente, che era figlio della lavandaia del club, poi gli inarrestabili terzini Wim Suurbier e Ruud Krol, e ancora il barbuto difensore centrale Barry Hulshoff, il prolifico attaccante Sjaak Swart, il poliedrico centrocampista Arie Haan, la geniale ala Piet Keizer e infine Johnny Rep, carnefice della Juventus nella finale di Belgrado '73. Ragazzi che poi avrebbero dato spettacolo anche con la maglia dell'Olanda, dando vita alla famosa “Arancia Meccanica” sconfitta solo in finale dai padroni di casa della Germania Ovest al Mondiale del 1974. Pensi ai tedeschi e ti balza alla mente un altro top-club
SPECIALE / VIVAI ESTERO
GIGGS, CREATURA UNITED - Ryan, uno dei tanti cresciuti nei vivaio
che ha sempre fatto ricorso al proprio vivaio per forgiare i grandi trionfi: il Bayern Monaco. Le 3 Coppe dei Campioni consecutive alzate tra il 1974 e il 1976 hanno infatti visto imporsi vere istituzioni come il Kaiser Franz Beckenbauer, o come il portiere Sepp Maier, il terzino ribelle Paul Breitner e il rude stopper Georg Schwarzenbeck, ovvero la spina dorsale della Nazionale che ebbe la meglio proprio sull'Olanda nella finale mondiale del '74. Se a loro aggiungiamo poi Franz Roth e Bernd Dürnberger, preziosi gregari col vizio del gol, il capolavoro bavarese è al completo. Anche la corazzata del triplete 2012/13, l'unico nella storia del Bayern, vantava 6 elementi provenienti dal settore giovanile: il capitano Philipp Lahm, il centrocampista Bastian Schweinsteiger, i trequartisti Toni Kroos e Thomas Müller, il terzino austriaco David Alaba e il difensore centrale Holger Badstuber, messo però fuori causa da un brutto infortunio. Per Lahm, Schweinsteiger, Kroos e Müller anche l'orgoglio di aver conquistato il Mondiale brasiliano con la Nazionale. Come dire: se il vivaio bavarese funziona a dovere, a beneficiarne è tutto il calcio tedesco. RED SPERANZA E voliamo ora in Inghilterra ad apprendere la lezione del Manchester United, altra società i cui exploit sono sempre stati corroborati dalla linfa dell'Academy. Nell'anno del primo trionfo in Coppa Campioni (1967/68), erano 8 i rappresentanti del vivaio a farsi
IN GERMANIA CI CREDONO - Bisognerebbe prendere spunto dalla Bundes...
onore in prima squadra. Dall'estro e dalla personalità di George Best e Bobby Charlton all'esperienza dello stopper Bill Foulkes; dalla grinta del mediano Nobby Stiles alla freschezza degli attaccanti John Aston e Brian Kidd. E poi quel tocco “internazionale” in più dato dagli scozzesi Pat Crerand e Francis Burns e dall'irlandese Shay Brennan. Non smentì la propria filosofia nemmeno la compagine che, nel 1998/99, centrò il primo treble nella storia del calcio inglese. Era lo United degli arrembanti Ryan Giggs e David Beckham, di Paul Scholes e Nicky Butt e dei fratelli Gary e Phil Neville. Impiegarono poi 9 anni, gli uomini di Alex Ferguson, per conquistare di nuovo la vetta d'Europa. Era il 2008. Ricordate? C'erano le superstar Cristiano Ronaldo, Wayne Rooney e Carlitos Tévez, ma la doppietta Premier-Champions forse non sarebbe stata possibile se non vi fossero stati gli ormai anziani Phil Neville, Scholes, Giggs e i vari Darren Fletcher, Wes Brown e John O'Shea a inculcare nel gruppo il profondo senso di appartenenza nei confronti del club. Dai Red Devils di Manchester ai Reds del Liverpool. Subito numeri importanti a evidenziare il rapporto tra Academy e trionfi nello squadrone guidato da Bob Paisley, che si aggiudicò 3 Coppe Campioni a cavallo tra anni '70 e '80. Nomi quali Phil Thompson, Ian Callaghan, Colin Irwin, Jimmy Case, David Fairclough, Tommy Smith e Sammy Lee hanno rappresentato per anni lo spauracchio per chiunque in Europa volesse primeggiare. Calcio 2OOO
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SPECIALE / VIVAI ESTERO
IL MADRIDISTA RAUL - Nato e cresciuto nel suo amato Real
Molto meno sostanziosa l'infornata di “home-grown players” nel Liverpool allenato da Joe Fagan che, nel 1983/84, si portò a casa campionato e Coppa Campioni, visto che il solo centrocampista Sammy Lee era in campo tra i giustizieri della Roma nella finale dell'Olimpico. Poi ci fu la tragedia dell'Heysel, il Liverpool venne cancellato dalla nobiltà europea e impiegò anni per tornare grande. Lo ritrovammo protagonista all'inizio del nuovo millennio, prima con la tripletta FA Cup-Coppa di Lega-Coppa UEFA del 2001, a cui diedero un decisivo contributo stelle del calibro di Michael Owen, Robbie Fowler e Steven Gerrard, più il granitico difensore Jamie Carragher. Una volta partiti i primi due, toccò a Gerrard e Carragher tenere vive tradizioni e identità reds nel magico 2004/05, quando il Liverpool tornò in cima all'Europa sconfiggendo il Milan nella finale-thrilling di Istanbul. IL GRAFFIO DELLA CANTERA Piuttosto contraddittorio è invece il caso del Real Madrid. Se prendiamo in considerazione la squadra che nella seconda metà degli anni '50 vinse le prime 5 edizioni della Coppa dei Campioni, appare evidente come l'apporto della cantera sia stato buono in termini di qualità, ma tutto sommato striminzito nella quantità. Nel cuore del gioco si batteva con generosità il mediano Juan Santisteban, poi visto all'opera anche in Italia con il Venezia, mentre ai piedi buoni dei centrocampisti Ramón Marsal e Antonio Ruiz era affidato il compito di innescare i goleador Alfredo Di Stéfano e Ferenc Puskás. Chi però si fece onore più di tutti fu l'attaccante Enrique Mateos. Scaltro ed opportunista, si procurò un 20
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CASILLAS, FIERO BLANCO - Anche Iker, al pari di Raul, è cresciuto nel Real...
contestato rigore nella finale del '57 contro la Fiorentina e realizzò uno dei 2 gol con cui i Merengues sconfissero il Reims nell'atto conclusivo dell'edizione '59. La vera età dell'oro, la cantera blanca la visse negli anni '80. Era la “Quinta del Buitre” (la Generazione dell'Avvoltoio) a incarnare la furia del madridismo nelle infuocate notti di Coppa al Bernabéu, in cui le nostre squadre lasciarono lo scalpo in più di un'occasione. Assi come l'ala destra Míchel, l'inesauribile terzino Chendo, il cervello di centrocampo Martín Vázquez, la solida coppia difensiva Manolo Sanchís-Ricardo Gallego. E naturalmente lui, “El Buitre”, Emilio Butragueño. Non riuscirono mai a conquistare la Coppa dei Campioni, ma per 5 stagioni consecutive si presero la Liga, con la ciliegina del doppio trionfo in Coppa UEFA (1985 e 1986). Il Real Madrid sarebbe tornato sul trono d'Europa all'inizio del terzo millennio, ma senza un vero e proprio zoccolo duro uscito dal vivaio. 4 soli nomi, di cui 2 entrati però nel mito merengue: il portiere Iker Casillas e il puntero Raúl, tanto elegante quanto spietato. Bravo, ma sottovalutato, anche il trequartista Guti, mentre fu solo una meteora il difensore Francisco Pavón. Al suo nome fu legata la politica degli “Zidanes y Pavones” voluta dal presidente Florentino Pérez, secondo cui all'ingaggio a peso d'oro dei più famosi campioni in circolazione dovesse accompagnarsi la valorizzazione delle giovani promesse. Fu un fallimento. Nella rosa della “Décima”, infatti, solo l'anziano Casillas è stato portabandiera della cantera madrilena; molto più marginale il ruolo ricoperto dai baby-attaccanti Álvaro Morata e Jesé. Togliere il posto a uno come Cristiano Ronaldo, del resto, non è proprio il più agevole dei compiti.
INTERVISTA GAETANO MONACHELLO
Giovane Globetrotter Incontriamo Gaetano Monachello, 21enne attaccante dell’Atalanta e dell’Under 21 con una storia davvero particolare…
di Sergio STANCO foto Archivio TMW
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GIRAMONDO
foto @FDLCOM
Solo 21 anni ma giĂ con tante esperienze alle spalle
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INTERVISTA / GAETANO MONACHELLO
“I
l giro del Mondo in tre anni”, potrebbe essere questo il titolo della carriera recente di Gaetano Monachello. Un nome che fino a qualche tempo fa (per la precisione fino all'8 ottobre scorso) ai calciofili diceva poco o nulla. Poi il ragazzino classe '94 è entrato in campo al posto di Bernardeschi in SloveniaItalia Under 21 (gara valevole per le qualificazioni ai prossimi campionati di categoria) e ha sfornato due gol e un assist. Partita finita 0-3, più decisivo di così... "Per me è stata una grandissima soddisfazione, una gioia indescrivibile, perché solo io so quanto ho sudato per riconquistarmi questa maglia. Avevo perso tutto, ma non ho mollato. E già quando sono stato convocato quasi non ci credevo, figuriamoci fare una doppietta...". Già, perché Gaetano Monachello è un emigrante di ritorno, la sua storia sembra quella di un film: ESORDIO NERAZZURRO
si ringrazia l'Ufficio Stampa dell'Atalanta per la concessione della foto
La prima in A non si scorda mai (13/9/2015 Sassuolo-Atalanta 2-2)
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“” Estero? Sì, ma solo se haI... gli attributi. Ci vuole carattere e tanta forza di volontà nato ad Agrigento, pescato lì dagli osservatori dell'Inter, fa tutta la trafila nelle giovanili nerazzurre, poi passa alla Primavera del Parma, da lì il grande salto... in Ucraina. Sì, avete letto bene, Ucraina. Ma non è finita, perché poco dopo si ritrova a Cipro, dove folgora gli osservatori del Monaco, che lo acquistano e lo mandano in Belgio a farsi le ossa, come si diceva una volta. Infine, il Monaco "litiga" col Cercle Bruges, lo preleva nuovamente e
lo manda in Grecia. Il Lanciano e ora l'Atalanta sono storia recente. L'Under 21 (quasi) il lieto fine della favola. Per svelare tutto nei dettagli ci vorrebbe un libro, ma il suo tour merita di essere raccontato, ben sapendo - però - che si tratta solo dell'inizio di una saga che prevede tanti altri capitoli. Allora Gaetano, partiamo dall'inizio, come ha fatto l'Inter a pescarti a Palma di Montechiaro Agrigento? "Avevo 12 anni, ma già giocavo con le squadre di due-tre anni più grandi. Facevo due campionati, quello della mia età e quello della squadra di due categorie superiori. E giocavo bene, facevo la differenza. Cominciavano a circolare le prime voci, osservatori del Catania, del Messina e della Reggina mi stavano seguendo, ma poi ho fatto prima un provino col Milan e la settimana successiva uno con l'Inter, che in breve tempo ha chiuso l'affare con la mia società. E così mi sono
INTERVISTA / GAETANO MONACHELLO
NERAZZURRO CHE PASSIONE Di Sergio Stanco
Da giovane c’era l’Inter nel suo cuore… PICCOLO INTERISTA
Gaetano è cresciuto nel settore giovanile dell'Inter di cui era tifoso
foto Lrpress
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aetano Monachello nasce ad Agrigento il 3 marzo 1994 e appena ha l’età per calciare un pallone, comincia subito nella squadra del suo paese (Palma di Montechiaro). Ben presto cominciano a circolare le prime voci su questo “piccolo fenomeno” che gioca “sotto età” contro ragazzi più grandi di lui di due, tre anni e li irride sistematicamente. Per questo Catania, Messina e Reggina cominciano a seguirlo. La prima a riuscire a fargli fare un provino, però, è il Milan, ma è l’Inter la settimana successiva a chiudere l’affare. Gaetano, nato e cresciuto nel mito di Ronaldo e Vieri, e ai tempi interista – “Quando diventi professionista non sei più tifoso, perché c’è ancora passione, ma diventa anche un lavoro” – si trasferisce a Milano. Lo sceglie e lo accoglie Beppe Baresi, ai tempi responsabile del settore giovanile: in nerazzurro impara “a giocare con la squadra, perché non basta essere bravi tecnicamente. L’Inter è stata una scuola, mi ha fatto diventare giocatore”. Con le squadre giovanili vince tutto, perché la nidiata del ’94 dell’Inter è veramente forte, ma in Primavera finisce al Parma. Da lì, il salto nel professionismo, lo porta in Ucraina al Metalurg Donetsk. Il resto è storia recente: Olympiakos Nicosia (Cipro), Monaco (Montecarlo), Cercle Bruge (Belgio), Ergotelis (Creta, Grecia) sono le tappe del suo tour d’Europa prima di approdare a Lanciano e poi passare all’Atalanta quest’estate. Esordisce in A in Sassuolo-Atalanta (2-2) alla terza giornata di campionato, in quella che Gaetano si augura sia solo la prima di una lunga serie. Intanto dopo aver collezionato presenze in Nazionale Under 17 e Under 20, quest’anno è arrivato anche l’esordio in Under 21 (8 settembre 2015 in Italia-Slovenia), ma è un mese più tardi che, probabilmente, vive uno dei primi momenti indimenticabili della sua carriera da protagonista: si gioca Slovenia-Italia e la partita è ferma sullo 0-0; Di Biagio inserisce Monachello al posto di Bernardeschi nella ripresa, la gara finisce 0-3 con una doppietta del gioiello dell’Atalanta (più l’assist per Benassi, compagno e amico fin dalle giovanili dell’Inter). Cosa chiedere di più? Mah, magari solo un po’ più di spazio e fiducia, ma queste sono cose che – continuando così – verranno da sole…
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INTERVISTA / GAETANO MONACHELLO
EMIGRANTI DI SUCCESSO (O QUASI) Di Sergio Stanco
Gattuso è stato il primo, poi tanti altri…
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AZURRO COL BOTTO "Seconda" indimenticabile in U21: doppietta contro la Slovenia in trasferta e 0-3 finale
foto Image Sport
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aleotto fu Gattuso: in pochi sanno, infatti, che Rino fu uno dei primi giovani italiani a trasferirsi all'estero. O meglio, a scappare. Già perché le cronache raccontano che il 17enne Gattuso sgattaiolò via dal ritiro del Perugia con le sue cose addirittura di notte, facendo perdere le sue tracce e ricomparendo in Scozia qualche giorno più tardi. Ovviamente dopo aver firmato il primo contratto da professionista con i Rangers Glasgow (quadriennale a ben 2 milioni di euro totali, una fortuna per un ragazzino di quell'età e compensi che non avrebbe mai ricevuto in Italia). Da allora sono stati tanti i colleghi che lo hanno seguito, ma con alterne fortune: Beppe Rossi, ad esempio, ha lasciato la Primavera del Parma per il Manchester United, Borini ha fatto lo stesso salto ma per accasarsi al Chelsea, Mannone ha scelto l'Arsenal, Scapuzzi il Manchester City. Il caso di Monachello è un po' diverso, perché lui all'Inter sarebbe rimasto volentieri ma quando le trattative per il rinnovo sono andate per le lunghe, ha deciso di rompere gli indugi e tentare la sorte in Ucraina, anche grazie al suo procuratore Dimitri Seluk, non a caso di nazionalità ucraina e agente niente di meno che di Yaya Touré. Alla fine, lui come Giuseppe Rossi, Lupoli, lo stesso Gattuso hanno fatto ritorno in Italia ed è qui che hanno sviluppato la loro carriera e ottenuto i loro successi. Altri nostri ragazzi, invece, tengono alta la bandiera fuori confine, come Giulio Donati al Bayer Leverkusen o Caldirola al Darmstadt in Germania, o Verdi all'Eibar e Immobile al Siviglia in Spagna, sebbene non tutti riescano a trovare spazio ed imporsi. Beh, uno ci sarebbe, si chiama Verratti e fa il fenomeno al PSG, ma questa è un'altra storia...
INTERVISTA / GAETANO MONACHELLO
trasferito a Milano". Qual è stato il primo impatto con un grande club come l'Inter? Cosa ti ha colpito? "L'impatto è stato forte, puoi immaginare. Io arrivavo da un piccolo paesino della Sicilia e mi ritrovavo a Milano per giocare nell'Inter. Oltretutto io ero cresciuto nel mito di Ronaldo e Vieri: il primo perché era una scheggia, incredibile la sua rapidità abbinata ad una tecnica eccezionale, Vieri perché era mancino come me e io lo ammiravo un sacco perché era potente, ma allo stesso tempo implacabile sotto porta. Quando sono arrivato ho capito subito che avrei dovuto sudare, ma che avrei anche potuto imparare tantissimo. Ricordo come mi accolse Beppe Baresi: "Ti ho preso perché ho visto qualcosa in te - mi ha detto - Ma non pensare di essere già un calciatore. Dobbiamo lavorare tanto". All'Inter sono cresciuto come giocatore e come uomo, mi sono dovuto arrangiare da solo fin da giovanissimo e sono diventato calciatore dal punto di vista tecnico e tattico. Ho sostanzialmente capito come si gioca di squadra. Abbiamo vinto tutto quello che c'era da vincere con quelli del '94, ho vissuto bei momenti". Chi di quella squadra ora ritrovi in A e su chi avresti scommesso e invece sta facendo fatica ad imporsi? "Avrei scommesso su tutta quella squadra, eravamo fortissimi, eppure più della metà ha smesso di giocare o lo sta facendo in Serie D o addirittura in serie inferiori. Di quel gruppo in A ci sono Benassi al Toro e Mbaye al Bologna, poi in B c'è Garritano al Cesena. Ecco, lui e Benassi si vedeva già ai tempi che erano calciatori già 'pronti'". Tu hai fatto un giro più largo per arrivare in Serie A: ci spieghi la scelta quanto meno inusuale dell'Ucraina? "Ero un po' stanco dell'Italia, il rinnovo con l'Inter tardava ad arrivare,
“” Esperienza in Ucraina? Col senno di poi non so se la rifarei, ma alla fine non posso dire di essermi pentito si è presentata questa opportunità e l'ho colta. Forse sono stato un po' precipitoso, un po' incosciente, ma in quel momento avevo bisogno di cambiare e ho fatto questa scelta. Col senno di poi non so se la rifarei, ma alla fine non posso dire di essermi pentito, perché se sono qui lo devo al fatto di essere cresciuto come giocatore e come uomo, ho imparato diverse culture calcistiche, diversi modi di vivere, mi sono dovuto arrangiare e tutto questo credo che mi sia tornato utile. Sicuramente mi ha reso più forte dal punto di vista del carattere". Ma com'è stato il primo impatto con l'Ucraina? "Duro, durissimo, io non parlavo neanche l'inglese, puoi immaginare. Poi tutti ti guardavano come un extraterrestre. "È arrivato quello che si sente fenomeno", pensavano. Non è stato semplice, ma alla fine sono siciliano, sono riuscito a farmi voler bene dappertutto (ride, ndr)". Da lì a Nicosia e da Nicosia al Monaco: anche questa una storia strana... "Già, è vero. Giocavo nell'Olympiakos Nicosia e a quei tempi gli osservatori del Monaco giravano e compravano parecchio. Erano venuti per vedere altri giocatori, ma poi hanno notato me e mi hanno portato a Montecarlo. All'inizio i progetti erano quelli di entrare subito in prima squadra, ma da lì a poco hanno comprato Falcao, James Rodriguez e compagnia. Non c'era
spazio, così sono finito in Belgio. Là stavo bene, ma poi il Monaco ha avuto qualche problema col Cercle e sono finito in Grecia. Anche lì comunque mi sono adattato, anche se i primi tempi è stata dura". Dopo tanto girovagare il ritorno in Italia: nostalgia? "Quando sono andato via non vedevo l'ora di farlo, ma quando stai lontano l'Italia ti manca. Poi volevo avvicinarmi alla mia fidanzata e ho pensato che Lanciano potesse essere un'occasione interessante per mettermi in gioco e rimettermi in luce. Ero praticamente uscito dai radar delle nazionali, avevo perso tutto quello che mi ero guadagnato con tanta fatica, mi sono detto che, magari, tornando in Italia, sarei riuscito a guadagnarmi di nuovo almeno l'Under 20". E non solo, perché ti sei guadagnato la A e pure l'Under 21... "Con l'Atalanta è stata una trattativa estenuante, ormai avevo quasi perso le speranze. È durata quasi due mesi, ogni giorno c'era una complicazione, un documento che mancava o qualcos'altro che impediva la conclusione dell'affare. Quando mi hanno dato la notizia ero felicissimo, anche perché sapevo che l'Atalanta è una società molto attenta ai giovani e per me questa è un'occasione da sfruttare". Anche se davanti ti sei ritrovato gente come Denis e Pinilla? "Quando mi hanno acquistato, sapevo di essere la terza punta, ma già allenarmi con giocatori di questa classe ed esperienza è un sogno che si realizza. Per me l'attacco dell'Atalanta è di altissimo livello: Denis e Pinilla sono due grandi centravanti, ma poi c'è anche gente come Papu Gomez e Moralez, e tanti altri, da cui puoi imparare ogni giorno qualcosa. Poi mi danno tanti consigli, mi dicono quali movimenti fare, cosa fare in determinate situazioni. È vero, lo spazio è quello che è, ma sto crescendo e me lo sto ritagliando Calcio 2OOO
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INTERVISTA / GAETANO MONACHELLO
COLOSSO D'AGRIGENTO
si ringrazia l'Ufficio Stampa dell'Atalanta per la concessione della foto
Monachello fisicamente è già strutturato: quasi 185 cm per più di 80 kg di peso
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INTERVISTA / GAETANO MONACHELLO
Se qualche tempo fa ti avessero detto: "Sarai convocato in Under 21 e segnerai una doppietta"? "Non ci avrei creduto, sono onesto. Non ti nascondo che ho passato momenti difficili, ho versato anche qualche lacrima, a volte ho pensato di aver perso tutto, ma alla fine ho sempre lavorato duro per riconquistare quello che avevo perso. Mi son sempre detto: "Forse ho sbagliato, ma ormai è inutile starci a pensare, vediamo come uscirne". E alla fine ce l'ho fatta". E adesso consiglieresti l'esperienza all'estero ad un giovane come te che non trova spazio da noi? "Sì, ma solo se ha... gli attributi. Ci vuole carattere e tanta forza di volontà, perché a volte attraversi periodi davvero difficili, sei sfiduciato, sei solo e hai paura di non farcela. In quei momenti se non sei forte,
“” Ho 3 anni di contratto con l'Atalanta e spero di diventare un punto fermo di questa squadra rischi di mollare definitivamente". E ora probabilmente te la godi anche di più... "È vero, la sensazione è proprio quella, sono orgoglioso di essere arrivato qui dopo tutto quello che ho passato e quando ho un'occasione, cerco di sfruttarla al meglio". Per un "emigrante" come te, vestire l'azzurro è qualcosa di speciale? "Assolutamente sì, perché quando sei lontano dall'Italia, ti manca e apprezzi di più il tuo paese. Poterlo rappresentare non ha prezzo, soprattutto perché ormai credevo di
non riuscire più a rientrare nel giro". E invece eccoti qua, all'Atalanta e in Under 21, entrambe protagoniste di una grande partenza, tra l'altro... "Vero. Devo essere sincero, quella dell'Atalanta mi ha stupito, perché non credevo potessimo iniziare così bene. Però a Bergamo c'è un grande ambiente, i tifosi sono molto passionali, la squadra è forte e abbiamo un mister molto preparato e che ci fa giocare bene. Quello dell'Under 21, invece, sapevo già che era un grande gruppo, ci sono giocatori eccezionali come Romagnoli e Rugani, che mi hanno davvero impressionato, ma anche Bernardeschi, Mandragora, Cataldi e tutti gli altri sono molto, molto forti". Che obiettivo ti sei posto ad inizio stagione? "Quello di far parte di questo gruppo e ritagliarmi spazio nell'Atalanta e nell'Under 21. Per ora sono soddisfatto e spero di riuscire a fare ogni giorno meglio. Ho 3 anni di contratto con l'Atalanta e spero di diventare un punto fermo di questa squadra per ripagare la fiducia che mi hanno dimostrato".
si ringrazia l'Ufficio Stampa dell'Atalanta per la concessione della foto
in Under 21, che per me è qualcosa di eccezionale, perché siamo convocati in 24 di solito, su una lista di 50, e già essere dentro è un orgoglio. Figuriamoci quando gioco".
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L’ALFABETO DEI BIDONI CAIO RIBEIRO
di Fabrizio PONCIROLI
IL DOTTORINO IL SORRISO DI CAIO
foto Agenzia Liverani
Brasiliano, speranza nerazzurra mai sbocciata...
Un anno e mezzo in Italia per Caio Ribeiro Decoussau. Faccia da bravo ragazzo, poco incline al calcio… 30
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L’ALFABETO DEI BIDONI / CAIO RIBEIRO
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i bell’aspetto, con una cura maniacale per gli abiti ma, purtroppo, non fenomenale con la palla tra i piedi. Una mancanza non da poco se, di professione, fai il calciatore. La carriera (breve) del Douthorinho (Dottorino), all’anagrafe Caio Ribeiro Decoussau, è stata un continuo saliscendi. Da ragazzino, Caio mostra qualità pedatorie importanti. Al suo primo vero anno da professionista, con la prestigiosa casacca del San Paolo, anno 1994, il non ancora ventenne attaccante (è un classe 1975) segna che è un piacere (14 reti in 31 presenze). Al fianco di giocatori affermati come Junior Baiano e Valber, Caio brilla. Una luce che, complice un Sub 20 da protagonista, acceca anche un certo Moratti. Sul Dottorino ci sono tanti club. Ajax e Werder Brema sembrano in netto vantaggio ma Moratti, staccando un assegno di circa sette miliardi delle vecchie lire, si porta a casa Caio. L’ex San Paolo arriva durante il mercato di riparazione, insieme a Spinesi, Branca e Pistone. Ironia della sorte, nella stessa sessione di mercato, la Beneamata saluta un certo Rambert… Moratti si espone: “Caio? L’ho voluto io, credo che sarà un ottimo investimento per il futuro”. Il ragazzo si presenta a Milano di tutto punto. Aria da bravo ragazzo, molto colto e con tanta umiltà sulle giovani spalle: “Mi ritengo un giocatore veloce, che cerca sempre il gol. Ma voglio che siano gli altri a giudicarmi”, dichiara con un sorriso quasi angelico. L’Inter lo tessera grazie al solito lontano parente di origini italiane (pare fosse di Lucca). Hodgson, tecnico di quella edizione nerazzurra (subentrato a Bianchi, con Suarez tra-
ghettatore), non ha molto tempo per vivisezionare il giovane brasiliano. Gli impegni con la propria nazionale (Gold Cup e Torneo Pre-Olimpico) obbligano Caio a stare lontano parecchio da Milano. Le settimane passano, i mesi pure e il Dottorino non si impone. Colleziona sei misere presenze nel suo breve soggiorno milanese, senza nessun gol all’attivo. Nonostante sia un pupillo di Moratti, è chiaro a tutti che Caio non può restare a Milano. In estate, arriva il prestito al Napoli. Le dichiarazioni sono di chi, dopo mesi da panchinaro all’Inter, cerca vendetta: “Il Napoli l’ho scelto io. Qui giocava il mio idolo, Careca…”. Simoni, allenatore del club partenopeo, crede molto nelle doti del Dottorino. Durante la pre-stagione, il neo attaccante del Napoli si distingue per reti di buona fattura, anche se contro avversari abbordabili (leggi Lavarone e Rovereto). In campionato è tutto diverso. Corre, si impegna ma la porta non la trova mai. Poi arriva l’indimenticabile 27 novembre 1996. Nel giorno in cui si discute di come la Mucca Pazza porterà ad una strage di persone negli anni a venire, Caio si regala la sua serata da ricordare. All’Olimpico va in scena la gara di ritorno dei quarti di finale di Coppa Italia. Il Napoli, forte dell’1-0 dell’andata, deve resistere agli attacchi della Lazio di Zeman, imbottita di giocatori del calibro di Nesta, Signori, Nedved e Casiraghi. Proprio quest’ultimo riporta tutto in equilibrio, segnando a Taglialatela la rete del momentaneo 1-0. La squadra biancoceleste domina ma, al 28’, l’Olimpico viene gelato da un guizzo di, ebbene sì, Caio. Su calcio d’angolo, il Dottorino gira, meravigliosamente, la palla di testa, mettendo in fondo alla rete. Poco importa se, al 46’, verrà sostituito POCHI MOMENTI DI GIOIA
foto Agenzia Liverani
Nella sua esperienza all'Inter, Caio non ha mai dimostrato il suo valore...
CAIO e Di Matteo Calcio 2OOO
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L’ALFABETO DEI BIDONI / CAIO RIBEIRO
UN BRAVO UOMO TV
“UN RAGAZZO EDUCATO”
Di Fabrizio Ponciroli
Di Fabrizio Ponciroli
Rivedibile come calciatore, apprezzatissimo come commentatore televisivo…
Mauro Milanese ha diversi ricordi di Caio, il ragazzo dalla faccia pulita…
“H
o iniziato a Radio Globo 2007 e, parallelamente, ho fatto alcune trasmissioni per TV Globo come Arena e Bem Amigos. Mi piace molto questa professione, mi permette di essere me stesso. È un modo, piacevole, per fare qualcosa di interessante e sempre diverso”. Parole e musica di Caio. Appese le scarpette al chiodo, il buon Dottorino sfrutta al meglio il suo bell’aspetto, diventando, in breve tempo, un apprezzato commentatore TV. Raggiunge un primo grande traguardo con la Coppa del Mondo 2010. Ma, il vero colpaccio, lo fa grazie al noto videogame Fifa. È, infatti, insieme a Tiago Leifert, la voce ufficiale dell’amatissimo videogame dedicato al calcio (dall’edizione portoghese 2013). La conferma che, con un microfono, l’ex nerazzurro e partenopeo ha un feeling particolare. Si vocifera che sia anche uno dei più amati dal gentil sesso. D’altronde, con quel bel viso e il debole per i bei vestiti, difficile non restare ammaliati da Caio. È accaduto, tanto tempo fa, anche ad un certo Massimo Moratti… La più fortunata è Renata. Moglie di Caio, nel 2010 dà alla luce Joao Leite Decoussau, primogenito del Dottorino. Il più bel gol di Caio…
La CARRIERA di CAIO RIBEIRO Stagione
Squadra
Nazione
pres.
gol
1994/95
San Paolo
Brasile
31
14
1995/96
Inter
Italia
6
0
1996/97
Napoli
Italia
20
0
1997
Santos
Brasile
25
6
1998/99
Flamengo
Brasile
30
3
2000
Santos
Brasile
11
0
2001
Fluminense
Brasile
13
1
2002
Flamengo
Brasile
7
0
32
2003
Grêmio
Brasile
27
4
2004
Rot-Weiß Oberhausen
Germania
15
1
2004/05
Botafogo
Brasile
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Calcio 2OOO
MAURO MILANESE
M
foto Image Sport
roberto caio in versione commentatore
auro Milanese ha giocato un solo anno a Napoli, proprio nella stessa stagione in cui è arrivato anche Caio. L’annata di Milanese è stata positiva (29 presenze, una rete), quella del brasiliano non molto. Eppure l’ex difensore, tra le altre, di Torino, Parma e Inter, ha un ricordo piacevole del brasiliano: “Era un ragazzo davvero educato. Era sempre gentile con tutti. Ricordo che, ogni volta che chiedeva qualcosa, ringraziava sempre. La dolcezza era una sua caratteristica”. I due si sono anche frequentati, come ricorda Milanese: “Abbiamo invitato spesso lui e Beto a cene con le famiglie. Sai, quando sei giovane e arrivi in Italia da un paese lontano, è importante trovare qualcuno che ti dia una mano. Noi italiani, in quel caso, abbiamo accolto Beto e Caio, cercando di dargli una mano in tutto. Il problema della lingua, spesso, può diventare un grosso ostacolo. Loro erano sempre contenti di partecipare a questi incontri, si vedeva che avevano voglia di stare insieme a noi”. Amato fuori dal campo ma, sul terreno di gioco, pochi lumi: “È arrivato giovane, in una piazza che chiede molto e in un campionato, quello italiano, in cui non è facile per nessuno, neanche per un campionissimo. Era un attaccante rapido, molto veloce sui primi metri. Ha fatto fatica ad imporsi, soprattutto per la sua giovane età e anche perché, quando non sei titolare, è complicato farsi trovare pronto, quando ti chiamano in campo. Comunque, personalmente, lo ricordo come un ragazzo volenteroso, che aveva voglia di fare. Purtroppo, come è capitato a tanti altri, non è riuscito a lasciare un segno importante in Italia. La persona, tuttavia, era molto piacevole”. Informato sulla seconda vita di Caio (commentatore TV), Milanese commenta: “Beh, era gentile con tutti, quindi direi che ha scelto la strada giusta per lui”.
L’ALFABETO DEI BIDONI / CAIO RIBEIRO
NON SOLO INTER
foto Agenzia Liverani
Oltre alla casacca nerazzurra, Caio ha indossato la maglia del Napoli
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(spazio a Milanese). Quel gol (l’unico a referto in un anno e mezzo in Italia) sarà decisivo, permettendo al Napoli di volare in semifinale. Non molto ma, almeno, un acuto da ricordare. In campionato continua a deludere ma, in Coppa Italia, trova terreno fertile. Incredibile ma vero, è nuovamente protagonista, questa volta contro la sua ex squadra. 26 febbraio 1997, il Napoli ospita l’Inter. Si riparte dall’1-1 di San Siro. Zanetti porta avanti i nerazzurri con un siluro da fuori area. Il Napoli non ci sta e pareggia: “Al 31’ del secondo tempo il Napoli pareggia con Caio. Percussione centrale, esplode il San Paolo”. Un momento, non è Caio… Il telecronista Rai si è confuso. La rete del pareggio non è del Dottorino ma di Beto. Poco importa. Caio, in quella partita, sarà comunque decisivo. Il match si trascina fino ai rigori. Il terzo penalty dei partenopei viene affidato a Caio. In quei secondi, il brasiliano ripensa a tutta la sua, negativa, esperienza all’Inter. Tira centralmente, Pagliuca non si oppone e Caio, in preda ad un momento di puro delirio personale, festeggia come se avesse vinto la Coppa del Mondo, aizzando il già caldo pubblico del San Paolo. Quel Napoli, poi, perderà la finale di Coppa Italia contro il Vicenza. E Caio? Diciamo che l’esultanza, piuttosto rabbiosa, nei confronti della squadra (l’Inter) che, di fatto, è proprietaria del suo cartellino non lo aiuta molto. Terminata la stagione, in prestito, al Napoli, non rientra neanche a Milano ma viene ceduto, a titolo definitivo, al Santos. Chi si attende un riscatto in patria, resta deluso. Il Dottorino non incanta, anzi scalda spesso la panchina. Male al Santos, poco concreto al Flamengo, non benissimo alla Fluminense, tanti bassi al Gremio. Che fare? Beh, un viaggio in Germania. Nell’estate 2003 si trasferisce all'RW O’erhausen, squadra di seconda categoria tedesca. Un altro buco nell’acqua: un gol in 15 presenze… Altro rientro in Brasile. Per due anni decide di difendere i colori del Botafogo e, tutto sommato, qualche segno lo lascia. Porta a casa un bottino di 10 reti complessive. Oro colato per uno come lui. Ma Caio è un tipo imprevedibile. Nel 2006, a sorpresa, decide di ritirarsi. Ha solo 30 anni. Motivo? Lo spiega direttamente lui in un’intervista a Papa Feminino: “Perché mi sono ritirato a 30 anni? Per un sacco di fattori. Le proposte che mi erano arrivate non erano molto interessanti. Sai è sgradevole essere criticato, anche se le critiche fanno parte della nostra professione. Una cosa è sapere che hai giocato male, un’altra è doverlo raccontare a voce davanti a media e TV. Aprire un giornale, sentire in TV, tutti che criticano è dura. Poi sono tornato dalla mia famiglia, in casa con i miei cari e ho capito che dovevo smettere”. Basta con il calcio giocato e via con una nuova professione: commentatore TV, criticando chi gioca a calcio… un mito! 34
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foto Agenzia Liverani
L’ALFABETO DEI BIDONI / CAIO RIBEIRO
L’ALFABETO DEI BIDONI / CAIO RIBEIRO
TERZETTO NERAZZURRO Caio insieme a dei giovanissimi Zanetti e Roberto Carlos...
Zanetti, Roberto Carlos e Caio Calcio 2OOO
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STORIE DI CALCIO GEORGE BEST NESSUNO COME BEST Talento cristallino, uno dei migliori di sempre
L’UOMO DELL’EAST BELFAST 36
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In pochi hanno acceso la fantasia degli amanti del calcio come George Best di Luca MANES foto Agenzia LIVERANI
STORIE DI CALCIO / GEORGE BEST
Per oltre un lustro l'ascesa del Belfast Boy sembrò non avere mai fine. Dall'esordio in campionato contro il West Bromwich Albion nel settembre del 1963 alla vittoria (con goal a porta vuota dopo aver scartato il portiere) in Coppa dei Campioni nel maggio del 1968, lo status di George
era passato da giovane promessa a fuoriclasse assoluto. Oddio, definirlo promessa è probabilmente troppo riduttivo. Quando Bob Bishop, il miglior scout del Manchester United, lo vide all'opera con il Cregagh Youth Club, la leggenda vuole che chiamò subito in Inghilterra e pronunciò la fatidica frase “Credo di aver trovato un genio”. Ancora adolescente era già un fenomeno, e perdonate il termine forse oggi un po' abusato. Best non diventò solo uno dei giocatori più forti del Pianeta, bensì anche la prima icona globale del mondo del football. Questo, purtroppo, fu uno dei motivi del suo lento ma inesorabile declino. Se la stampa ti ribattezza “il quinto Beatle” quando i quattro di Liverpool erano “più famosi di Gesù Cristo”, apri negozi di abbigliamento e locali, le donne ti “assediano” e ti puoi permet-
tere di dare il due di picche a una Miss Mondo, è evidente che il pallone da calcio non è più la tua priorità assoluta. Poi ci si è messo quel vizio brutto che in famiglia aveva pure mamma Anne, e le cose non sono certo migliorate. Anzi. La vita sregolata, punteggiata da tremendi errori, dalle botte alle sue compagne, alla ricaduta nel gorgo dell'alcool dopo il trapianto, è stata narrata in lungo e in largo. Di recente anche in Italia è uscito il bellissimo libro dello stimato giornalista britannico Duncan Hamilton “George Best - L'immortale”, edito dalla 66thand2, in cui per fortuna si parla anche della dimensione più intima del grande campione. Una dimensione che si può scoprire almeno in parte visitando i luoghi VOGLIA DI DIVERTIRSI Stellare in campo ma senza freni anche fuori...
foto Agenzia Liverani
Q
uando George Best lasciò la casa di famiglia al 16 di Burren Way, East Belfast, aveva solo 15 anni. Attraversare il Mar d'Irlanda, con destinazione Manchester, non fu cosa facile per il ragazzino, che dal quartiere natio, dal campetto del Cregagh Estate non si era praticamente mai mosso. La nostalgia travolse subito lui e l'altro campioncino in erba (che poi si perse per strada) Eric McMordie. Papà Dickie lo convinse a tenere duro. Il resto è storia.
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STORIE DI CALCIO / GEORGE BEST
della sua infanzia. A partire dal 16 di Burren Way. La casa è stata da qualche tempo rilevata da una charity molto attiva nel sociale a East Belfast, che l’affitta ad appassionati che accorrono da tutta Europa. Così anche noi abbiamo provato l'emozione di dormire due notti nella cameretta del piccolo George, dove tutto è rimasto come qualche decennio fa (tranne il materasso, ci hanno tenuto a spiegarci quando siamo arrivati). C'è la radiolina a transistor sul comodino, la locandina di Spartacus (visto all'ormai defunto cinema Ambassador) sul muro e il completino dei Wolves su una sedia che abbiamo fatto fatica a toccare, tanto ci sembrava vecchia. Sì, perché da ragazzino George tifava per il Wolverhampton, ora nobile
foto Agenzia Liverani
SEMPRE IN PRIMA LINEA Best era sempre sotto i riflettori...
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decaduta del calcio inglese, che però allora aveva uno squadrone. Con Stan Cullis in panchina e Billy Wright, i Lupi delle Midlands vincevano campionati e coppe. Sconfissero persino la grande Honved di Puskas in un'amichevole entrata negli annali, perché fu di ispirazione al direttore dell'Equipe, che poi si inventò la Coppa dei Campioni. Per tradizione di famiglia il futuro Pallone d'Oro parteggiava anche per il Glentoran, quelli con le maglie rosso-verdi e nere che giocano a un paio di miglia da casa Best, all'Oval. “Roba da matti, quando venne da noi alle tenera età di 14 anni lo abbiamo scartato perché ritenemmo che fosse troppo gracile”, ci ha raccontato il dirigente dei Glens John Moore mostrandoci una foto dove però il buon George indossava la casacca dei Glens. Era l'agosto del 1982, dopo
aver rischiato di andare ai mondiali in Spagna (ma all'ultimo momento non fu più chiamato e così divenne il più forte di tutti i tempi a non aver mai partecipato a una Coppa del Mondo), disputò contro il “suo” Manchester United un'amichevole per celebrare i 100 anni del Glentoran. “Lo stadio era ovviamente pieno e a ogni pezzo d'alta scuola di George i tifosi andavano in visibilio” ha aggiunto John. “Peccato che quella fu l'unica partita che abbia giocato per noi!”. A proposito di foto, quelle appese un po' su tutte le pareti al 16 di Burren Way ci raccontano le gesta del George campione, dei momenti felici. Ce ne sono anche alcune che testimoniano le sue memorabili prestazioni con la nazionale, condite da qualche pezzo d'alta scuola. Come quando a Windsor Park rubò palla al grande
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foto Agenzia Liverani
SGUARDO MAGNETICO Il sorriso di Best, graffiante e seducente come pochi altri...
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portiere inglese Gordon Banks che si accingeva a rinviare e segnò a porta vuota. L'arbitro non apprezzò il colpo di genio e annullò la marcatura. Peccato. Sempre alla nazionale è legato un altro episodio molto meno “gradevole”. Nel febbraio del 1972, in un match valido per le qualificazioni ai campionati europei contro la Spagna, Best non scese in campo perché aveva ricevuto delle minacce di morte dell'IRA, l'Esercito Repubblicano Irlandese. Era girata voce che avesse donato un gruzzolo di quattrini al Democratic Unionist Party, il partito dell'ultralealista reverendo Iain Paisley, uno dei nemici giurati dei cattolici – non dimentichiamoci che a quell'epoca in Irlanda del Nord era in atto una vera e propria guerra civile. La famiglia Best, val la pena sottolinearlo, era protestante fino al midollo. Il padre Dickie era iscritto all'Orange Order e lavorava per i cantieri navali Harland e Wolff (quelli del Titanic), dove se eri cattolico era praticamente impossibile che ti prendessero. George non faceva eccezione. A messa vestiva i panni del chierichetto e fin da piccolino partecipava alle marce orangiste. Una volta diventato un campione acclamato ovunque, e soprattutto considerando i suoi interessi extra-calcistici, è improbabile che avesse attenzioni particolari per le questioni politiche. Difficile, quindi, che abbia finanziato partiti con posizioni molto radicali. Ciò detto, in quella particolare occasione si preferì non farlo giocare per evitare conseguenze spiacevoli. Fu invece lui a “marcare a visita” in un match contro il Chelsea allo Stamford Bridge, perché in altre faccende affaccendato con l'attrice irlandese Sinéad Cusack. Lo United non aveva più il grande Matt Busby in panchina e i suoi successori non riuscivano a rigenerare una squadra logora, vecchia, ormai giunta al capolinea. E a prendere per il verso giusto il Belfast Boy, che nel 1974 finì per 40
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COLPO IRLANDA DEL NORD Di Luca Manes
Ad Euro 2016 ci sarà una protagonista inattesa…
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nsieme all'Islanda, l'Irlanda del Nord ha rappresentato la più grossa sorpresa delle qualificazioni a Euro 2016. I ragazzi allenati da Mike O'Neill non avevano un girone proibitivo, però averlo vinto sopravanzando la Romania e distaccando di 15 punti una Grecia ultra-fallimentare è stato qualcosa di inaspettato anche dalle parti di Belfast. I ragazzi con la maglietta color smeraldo giocano nello stadio del Linfield, in fase di corposo ammodernamento – infatti lo abbiamo potuto ammirare solo da una certa distanza – ed è storicamente sostenuta dalla fetta protestante della popolazione locale. I cattolici preferiscono la Repubblica, ovvero la selezione guidata da un altro O'Neill, il ben più famoso Martin (nativo però dell'Ulster...). La quasi totalità dei giocatori della nazionale gioca in squadre inglesi, non necessariamente di prima fascia. Il campionato dell'Irlanda del Nord, infatti, è di livello semi-dilettantistico, con una media di spettatori che raggiunge a stento il migliaio di tifosi a partita. La massima divisione è inoltre spesso e volentieri un affare privato tra le due principali squadre di Belfast: il Linfield e il Glentoran. Le protagoniste del tradizionale derby del Boxing Day (giorno di Santo Stefano) hanno vinto rispettivamente 51 e 23 titoli ciascuna – sebbene i campioni in carica siano i Crusaders, altra compagine di Belfast. Tornando alla nazionale, quello di Francia 2016 sarà il primo Campionato Europeo della sua storia. Meglio è andata con i mondiali, in cui può vantare tre partecipazioni (1958,1982 e 1986) con il raggiungimento della seconda fase nel Mundial spagnolo quale miglior risultato. Nel 1983-84 l'Irlanda del Nord è stata l'ultima squadra ad aggiudicarsi il Torneo Interbritannico (a cui partecipavano anche Inghilterra, Scozia e Galles), che nella sua edizione del 1981 era stato sospeso a causa della sanguinosa guerra civile in atto nelle sei contee dell'Ulster.
STORIE DI CALCIO / GEORGE BEST
salutare l'Old Trafford. È vero, dopo il picco della finale di Coppa dei Campioni vinta nel 1968 la carriera di Best iniziò un declino lento quanto inesorabile, però con i Red Devils può sempre vantare 474 presenze e 181 goal. Scusate se è poco e soprattutto approfittate di Youtube per dare un'occhiata a quei goal. Alcuni sono fiabeschi. Dopo l'addio all'Old Trafford fu solo un turbinio di squadre di basso profilo. Best raccattò contratti negli Stati Uniti, in Scozia, a Londra (al Fulham, con un altro compagno di bevute del calibro di Bobby Moore), ma anche in località più esotiche come Hong Kong e Brisbane. Con i San José Earthquakes segnò un goal leggendario, bevendosi tutta la difesa avversaria dopo aver sciorinato il suo ricchissimo campionario di finte, dribbling e tocchi di fino. Avesse mantenuto uno stile di vita più ordinario, avrebbe potuto
continuare a mostrare quelle magie su palcoscenici ben più prestigiosi. Esagerava parecchio, ma forse quando diceva che se fosse stato brutto non avremmo mai sentito parlare di Pelé qualche ragione ce l'aveva.
– c'è bisogno di una mezz'ora buona di autobus – è invece il Roselawn Cemetery, dove George riposa insieme alla mamma e al papà in una tomba sobria e uguale a tante altre, nella migliore tradizione britannica.
E pensare che a un certo punto della sua adolescenza il nostro eroe sarebbe potuto “migrare” verso la palla ovale. Alla Grosvenor School si giocava a rugby e George pare se la cavasse alla grande. La sua passione per il calcio era però tale che, una volta passato alla Lisnasharragh Secondary School, il football ridivenne la sua unica ragione di vita. La Lisnasharragh School, ma anche la Nettlefield Primary School sono a un tiro di schioppo dalla casa di Burren Way, così come ci vuole poco per raggiungere il suo negozio preferito di fish & chips (che sembra ibernato nel tempo) e il gelataio di origini italiane Desano. Ai margini della città
Il suo fisico, ormai distrutto dagli effetti dell'alcool, smise di resistere il 25 novembre di 10 anni fa al Cromwell Hospital di Londra. Prima di morire Best chiese di poter mangiare un gelato, ricordando quelli che divorava da bimbo da Desano. Quando una settimana dopo tornò a Belfast, sotto un cielo plumbeo come non mai, a rendergli omaggio per le strade c'erano 100mila persone. Il viaggio iniziato un lontano giorno negli anni Sessanta era finito. Il ragazzino timido e magro come un chiodo ne aveva fatte e passate di tutti i colori. Però era entrato nella leggenda passando per la porta principale. Arrivederci Belfast Boy, è stato un piacere.
foto Agenzia Liverani
HA VISSUTO AL MASSIMO Best non si è fatto mancare proprio nulla quando era al top...
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SPECIALE
di Thomas SACCANI
ASSIST MAN
IO TI FACCIO FELICE
D
Per alcuni giocatori, servire un assist dà più gioia di un gol…
efinizione di assist. “Negli sport di squadra (calcio, pallacanestro, pallavolo, pallanuoto, pallamano, hockey) si intende con il sostantivo assist il passaggio che consente di realizzare un punto”. Il saper “servire assist” è una prerogativa di pochi. Bisogna avere una visione a 360° gradi del campo, avere tempi di gioco sublimi, piedi vellutati e una certa propensione a regalare gioie al prossimo. Nel calcio, in primis, viene applaudito soprattutto chi finalizza l’azione, chi, per l’appunto, mette la palla in fondo al sacco. L’uomo che confeziona l’assist, solitamente, passa in secondo piano. Eppure, se si osserva il tutto da un’altra prospettiva, è evidente che, senza un grande assist, non si arriverebbe a festeggiare il gol… Se è abbastanza semplice stilare una classifica dei migliori bomber di sempre, risulta più complicato scegliere i più straordinari assist man del nostro calcio. Il mondo del pallone è cambiato radicalmente nel corso dei vari decenni. Tuttavia è possibile fare qualche nome senza avere il timore di sbagliare. Partiamo da Rivera. Il Golden
Boy del nostro calcio aveva, tra le tante qualità, anche una meravigliosa capacità di lanciare a rete il proprio compagno. La propensione all’assist scorreva nelle sue vene, un’arte che ha saputo sfruttare al meglio, per la felicità dei tanti compagni di squadra che ne hanno usufruito. Diciamo che, in generale, giocare alle spalle delle punte, aiuta molto chi è già, per proprie caratteristiche, incline al passaggiogol. Maradona, Platini, Roby Baggio, tutti fuoriclasse che, anche in virtù della posizione che occupavano in campo, unita a qualità eccezionali, sapevano come smarcare un proprio campagno davanti alla porta… A partire dall’anno 2005, grazie ad uno straordinario lavoro di Opta, si è iniziato a dare lustro anche a questa poco considerata specialità. Basandosi su determinati criteri, è stata stilata una classifica. Il re degli assist risponde al nome di Totti. Su un periodo storico di ben 10 anni, il capitano della Roma è risultato essere il migliore in questa categoria con 75 assist confezionati in 292 gare prese in considerazione. Non male per uno che è anche il miglior cannoniere All Time, in Serie A, tra quelli ancora in attività. Al secondo posto un
LA CLASSE DI CASSANO
ANTONIO CASSANO 42
Calcio 2OOO
foto Imge Sport
FantAntonio sa come mandare a segno i compagni di squadra
SPECIALE / ASSIST MAN IL DIVIN CODINO
foto Agenzia Liverani
Tutti felici se si ha Roby nella propria squadra...
ROBERTO BAGGIO Calcio 2OOO
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SPECIALE / ASSIST MAN
IL RE D’EUROPA
Di Thomas Saccani
Di Fabrizio Ponciroli
L’Equipe ha provato ad eleggere il miglior assist di sempre…
Si torna a parlare di lui, della Pulce…
José María Gutiérrez i sono assist e assist. Non sono tutti uguali, non hanno tutti lo stesso peso specifico. Qualche tempo fa, l’Equipe si è cimentata in un’impresa titanica: scovare l’assist più bello di sempre. Spulciando tra migliaia di passaggi-gol, ha deciso di scegliere il “Taconazo” come l’assist più spettacolare della storia del calcio. La perla è stata confezionata da Guti. 30 gennaio 2010, il Real è di scena sul campo del Deportivo la Coruña. L’azione dei blancos è travolgente. Guti si trova a tu per tu per l’estremo difensore del Depor ma, invece che infilarlo, decide, con un magistrale tacco all’indietro, di servire il suo compagno di squadra Benzema che, comodo comodo, appoggia la palla nella porta sguarnita. Un assist al bacio, decisamente fantasmagorico. Nella Top Ten griffata Equipe, figurano anche tre magie di giocatori militanti nelle nostre squadre, a conferma che anche noi sappiamo come si smarca un compagno davanti alla porta. Questa la Top Ten dei migliori assist di sempre secondo l’Equipe: 1 – Guti per Benzema (Deportivo La Coruna-Real Madrid, 30/01/2010) 2 – Draxler per Raul (Al Sadd-Schalke 04, 27/07/2013) 3 – Zidane per Portillo (Real Madrid-Valencia, 05/01/2003) 4 – Diego Milito per Javier Zanetti (Seongnam-Inter, 15/12/2010) 5 – Di Maria per Cristiano Ronaldo (Real Madrid-Copenaghen, 2/10/2013) 6 – Kaka per Crespo (Milan-Liverpool, 25/05/2005) 7 – Redondo per Raul (Manchester United-Real Madrid, 19/04/2000) 8 – Totti per Mancini (Roma-Fiorentina, 2006) 9 – Beckham per Raul (Real-Atlético Madrid, 2003) 10 – Gerrard per Sturridge (Fulham-Liverpool, 12/02/2014)
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Calcio 2OOO
LIONEL MESSI
S
foto Agenzia Liverani
foto Image Sport
LA PERLA DI GUTI
empre e solo Messi. Non a caso è considerato il migliore al mondo (con buona pace di tutti, CR7 in testa). L’argentino è un mago, l’unico a saper fare davvero di tutto. Non contento di essere un marziano nel segnare e nel dribblare, la Pulce ha anche voluto primeggiare negli assist. Lo scorso anno, nessuno, nell’Europa che conta, ha sfornato più assist di Messi. Tra Champions League e Liga, la stella del Barcellona è arrivato all’incredibile quota di 23 passaggi-gol. Ha regalato 18 cioccolati nel campionato spagnolo (secondo il suo eterno rivale Cristiano Ronaldo a 16, due in più di Suarez del Barça) e cinque nella manifestazione dalle grandi orecchie. Numeri mostruosi, numeri da star assoluta. E negli altri campionati top? In Premier League, si è distinto Fabregas (17 assistenze). In Germania, invece, l’alloro di migliori assist man della Bundes (sempre stagione 2014/15) è finito nelle mani di De Bruyne, allora al Wolfsburg (18).
SPECIALE / ASSIST MAN
RE TOTTI
foto Imge Sport
La leggenda giallorossa ha fatto felice tantissima gente...
FRANCESCO TOTTI Calcio 2OOO
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SPECIALE / ASSIST MAN
“CHE INTESA CON SPILLO” Di Thomas Saccani
EVARISTO BECCALOSSI
foto Image Sport
Beccalossi, uomo assist di grande valore, ha un suo personale segreto…
altro trequartista/seconda punta come Cassano (61 ma in 215 presenze). A seguire altra gente che sa come trattare la palla come Pirlo (58 in 292 gare) e Hamsik (56 in 274 gettoni). Nomi da copertina, per intenderci. Che l’assist stia diventando materia di studio è evidente da come, i grandi club, cerchino sempre più giocatori che sappiamo creare il passaggio-gol… Avere qualcuno che è in grado di mettere un compagno nelle condizioni ideali per segnare è diventato fondamentale in un calcio in cui, di spazi, ce ne sono sempre meno. Lo sa bene la Lazio che, lo scorso anno, si è ritrovata, in rosa, il miglior assist man della stagione: Candreva. Il nazionale azzurro, nell’annata 2014/15, ha messo a referto ben 10 assist, nessuno ha fatto meglio di lui. Alle sue spalle Hamsik (otto) e, a seguire, Maccarone (Empoli), Vazquez (Palermo), Berardi (Sassuolo) e Felipe Anderson (Lazio), tutti a sette. Poi ci sono, invece, quelli
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GIANNI RIVERA
foto Agenzia Liverani
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varisto Beccalossi, attuale presidente del Lecco, è stato, senza ombra di dubbio, un grande uomo assist. Nei tanti anni di carriera, ha sfornato palle gol a profusione. Il segreto? Ce lo spiega direttamente l’ex centrocampista, tra le altre, di Inter e Brescia: “Credo che il saper fare un assist sia una dote innata. O ce l’hai o non ce l’hai. Io ho sempre giocato per mettere il compagno nelle condizioni migliori per segnare, faceva parte del mio modo di giocare. Quando riuscivo a fornire un assist, per me era una goduria assoluta. Diciamo che riuscivo, non sempre ovviamente, a prevedere quello che il mio compagno avrebbe fatto e, di conseguenza, provavo a servirlo nei tempi giusti”. Beccalossi ha un suo compagno ideale: “Beh, sicuramente Spillo. Ma, attenzione, non mi deve nessuna cena per gli assist che gli ho fatto (ride, ndr). Io l’ho sempre ringraziato perché lui, più di chiunque altro, sapeva farsi trovare pronto, era capace di farmi capire cosa avrebbe fatto. In tanti ci hanno chiesto se ci preparavamo qualcosa prima delle partite, in realtà non abbiamo mai preparato nulla a tavolino. Ci capivamo al volo, era l’istinto che ci guidava”. Assist meglio di un gol? “Non ditelo ad un bomber. Per loro il gol è tutto. Per me, che avevo un altro ruolo e un altro modo di giocare, l’assist era il massimo, su questo non ci sono dubbi”.
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arriva da uno strepitoso No Look Pass, griffato Laudrup. Ma, No Look Pass a parte, come si riconosce un grande uomo assist? Innanzitutto deve avere una qualità: non essere egoista ma avere più soddisfazione nel mandare a rete un compagno, piuttosto che cercare personalmente la via del gol. Ecco, non proprio una dote facilmente riscontrabile tra chi gioca a calcio, soprattutto in zone offensive. Eppure c’è chi ha fatto sapere, più volte, di preferire l’assist alla gioia del gol, come Liajić, ora all’Inter. Il serbo, nella recente sfida vinta dai nerazzurri sul campo del Bologna, ha fornito ad Icardi l’assist per il comodissimo 1-0 che è valso i tre punti per la squadra di Mancini. Nel post match, l’attaccante nerazzurro non ha nascosto il suo pensiero: “Ho sempre detto che per me è meglio fare un assist che un gol. Lui era posizionato meglio e mi è sembrato naturale dargli la palla”. Naturale per uno che ama far segnare il prossimo…
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ANDREA PIRLO
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che cercano la giocata ad effetto, l’assist che lascia tutti a bocca aperta. In questo, il maestro assoluto era Ronaldinho. L’ex, tra le altre, di Milan e Barcellona, è stato, probabilmente, il miglior interprete dell’assist no look (guardare da una parte col viso e indirizzare, con i piedi, la palla da tutt’altra parte). Nel corso della sua lunga carriera, il Dentuco, uomo amante dello spettacolo sul terreno verde, era meraviglioso nell’arte del No Look Pass. Colpo da giocolieri? No, colpo da fuoriclasse. Perché, per sfornare un assist guardando da un’altra parte, oltre a piedi divini, ci vuole anche una certa dose di macismo (sai che stai per irridere l’avversario). Beh, Ronaldinho era sfrontato, quindi normale inserirlo tra i più abili del No Look Pass. Più stravagante citare Michael Laudrup. Secondo alcuni, è stato lui il primo a ideare il No Look Pass. Contro la Nigeria, Coppa del Mondo 1998, la Danimarca si impone per 4-1. La rete di Sand
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IL SOLDATO DI ASCOLI
TOCCA A PEREZ Il club marchigiano punta forte sul bomber...
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SERIE B ASCOLI
di Tommaso MASCHIO
“A me piacciono le piazze calde, dove possono arrivare anche i fischi se si fa male, perché mi caricano molto”, parola di Perez… 48
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me piacciono le piazze calde, dove possono arrivare anche i fischi se si fa male, perché mi caricano molto”, parola di Perez…
In meno di una stagione l'attaccante Leonardo Perez ha conquistato Ascoli e i suoi tifosi trovando la piazza giusta, dopo quella di Pisa, per affermarsi come bomber implacabile conquistando – dopo un'estate turbolenta – quella B assaporata al Cittadella dove però non era riuscito a sfondare. Un percorso iniziato a Bari che lo ha portato a girare per mezza Italia prima di trovare una “casa” dove togliersi soddisfazioni a partire dalla conquista della salvezza in questa stagione. “Bari ce l'ho sempre nel cuore. Ho fatto due anni di settore giovanile lì e sono stati molto importanti per me. - esordisce Perez ai microfoni di Calcio2000 - Qui ad Ascoli ho ritrovato un mio compagno d'allora come Bellomo e sono felice di poterci giocare di nuovo assieme”. La sua prima esperienza da professionista è stata a Gubbio con Torrente in panchina. “È stato molto importante per me. Ho fatto discretamente anche se poi mi ruppi il crociato e dovetti ripartire praticamente da zero. Sono stato bene e con il mister ho avuto un grande rapporto. Se a livello personale ci fu quel problema fisico a livello di risultati la stagione andò benone visto che vincemmo il campionato e fummo promossi in Serie B”. A Pisa, nel 2012-13, si è consacrato come bomber assoluto con 12 gol e tanti assist. “Anche qui sono stato bene nei due anni e mezzo in cui sono rimasto. È una piazza calda e ambiziosa come piace a me e con mister Pane mi sono trovato alla grande riuscendo a esprimermi al massimo. Non andò bene perché col Latina perdemmo i play off per andare in Serie B, ma io venni comunque chiamato a giocarci con il Cittadella. Anche se non andò molto bene”. Come mai in Veneto non è riuscito a sfondare? “Non ci sono colpe specifiche o ragioni particolari. Sicuramente a me piacciono le piazze calde, dove possono arrivare anche i fischi se si
fa male, perché mi caricano molto. A Cittadella l'ambiente invece era diverso, molto tranquillo e forse ho un po' pagato questo. Forse aveva ragione mister Foscarini a dire che non ero ancora pronto per il salto in Serie B o ancora la stagione negativa della squadra, ci salvammo all'ultimo, rese le cose più difficili per me. Di sicuro ho imparato diverse cose in quella stagione, perché a volte anche nelle situazioni negative c'è qualche insegnamento da cogliere”. Dopo Cittadella di nuovo la Lega Pro e Ascoli. Una piazza calda come piace a lei... “Qui sto benissimo, mi sento praticamente a casa. Quella dello scorso anno è stata una stagione del rilancio per me e sono davvero felice di come sia andata con la vittoria del Girone dopo un'estate turbolenta. La mia volontà in estate era quella di restare ad Ascoli comunque sia in caso di Serie B sia in caso di Lega Pro e ora voglio ripagare la fiducia che la società ha dimostrato nei miei confronti. Questi sono anni importanti per me e la mia carriera e voglio sfruttarli al massimo per emergere e togliermi delle soddisfazioni importanti”. In estate sono arrivati attaccanti importanti come Cacia o Petagna. Uno stimolo in più per te. “Mi fa solo piacere che siano arrivati. Quando durante la finestra
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SERIE B / ASCOLI di mercato circolava la notizia del possibile arrivo di Cacia ero felice e speravo che le cose andassero per il meglio. Da giocatori del genere c'è molto da imparare e io cerco di sfruttare ogni occasione per rubare qualche segreto e crescere ulteriormente. La concorrenza non mi spaventa perché prima del singolo metto il collettivo e penso che se tutti riusciremo a dare una mano potremmo fare molto bene come squadre e raggiungere i nostri obiettivi”. L'obiettivo di squadra è la salvezza. Quello personale invece? “Punto a dare sempre il massimo per la squadra, se poi dovessero arrivare tanti gol sarei più felice perché per un attaccante i gol sono importanti. Spero di poter contribuire in maniera importante alla salvezza della squadra e fare bene perché, come detto prima, questi per me sono anni importanti e devo sfruttarli al meglio”. A chi si ispira Leonardo Perez? “Quando ero piccolo, diciamo dodicenne, impazzivo letteralmente per Fernando Torres. Ora, visto che lo spagnolo è verso fine carriera e non sta più mostrando tutte le sue qualità, mi piace tantissimo Lewandowski del Bayern Monaco. Lo seguivo già al Borussia Dortmund e credo che sia un giocatore fenomenale che mi fa impazzire”.
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NEL SEGNO DEL PASSATO Il Messina, grazie a vecchi eroi, sogna la B...
MIRACOLO A MESSINA di Pasquale ROMANO
Viaggio in una storia che ha quasi dell’incredibile 50
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ALESSANDRO PARISI
perché non mi è rimasto molto tempo per provare un'altra soddisfazione simile (ride, ndr)". Gioie e dolori, il calcio ha dato e tolto in dosi uguali nel percorso professionale di Parisi. L'amore rimane però immutato e ne indirizza le scelte quando sarà il momento di appendere le scarpe al chiodo: "Ancora non ho deciso se smetterò a giugno o continuerò per un'altra stagione, deciderò assieme alla società. Di sicuro resterò in questo mondo, mi piacerebbe lavorare con i ragazzi, aiutarli a maturare e crescere in campo". Il difensore classe '77 in riva allo Stretto ha ritrovato Arturo Di Napoli, non più compagno ma allenatore. Qualche imbarazzo iniziale ha presto ceduto il passo a un rapporto consolidato nel tempo: "Era strano i primi giorni, mi scappava quasi da ridere. Poi il rispetto è diventato quello che regola il rapporto allenatoregiocatore, il mister è stato bravo a creare subito un gruppo compatto, con notevole senso di appartenenza. Ha grande voglia di emergere e riesce a trasmetterlo ai giocatori". Mister Di Napoli sente in modo particolarmente intenso la rinascita del Messina. Ex bomber diventato allenatore, 'Re Artù' si è mosso in prima persona nel tentativo, riuscito, di creare una nuova società: "Più che partecipare con investimenti, sono andato a raccogliere i pezzi di un mosaico rotto, bussando porta dopo porta. Ero certo che chi ci metteva il cuore e la passione, avrebbe poi ricevuto l'amore sconfinato della città. Così è stato". Un milanese innamorato di Messina, gli scherzi della geografia. Sono parole di un siciliano vero quelle che l'ex attaccante dedica alla sua città adottiva: "La considero casa mia, conosco ogni angolo di Messina. Ho vissuto in prima persona le pagine indimenticabili e le amarezze più profonde, tutti momenti che mi hanno inesorabilmente legato a questa terra. In questi mesi, seppur tra mille difficoltà, siamo riusciti a far innamorare di nuovo i tifosi di questa squadra". Come è stato possibile partire di slancio con una squadra costruita in fretta e furia e investimenti ridotti al minimo? Di Napoli cede lo scettro del merito al gruppo: "Sono stati fantastici, calandosi immediatamente nella parte. La maggior parte di essi guadagna poco, ma tutti mettono l'anima in campo, sinora si può tranquilla-
mente parlare di un capolavoro. Mi hanno facilitato il compito diventando sin dal primo giorno un gruppo unito e con voglia di stupire". Le motivazioni hanno rappresentato l'unica 'moneta' nella breve finestra temporale che i dirigenti giallorossi hanno potuto utilizzare per costruire l'organico: "Molti giocatori erano provenienti da annate deludenti, abbiamo puntato sulla loro voglia di riscatto. Non potevamo permetterci 'big', la fame di risultati unita al bisogno di ridare orgoglio e soddisfazioni ai nostri tifosi sono i fattori che ci hanno permesso di partire nel migliore dei modi". Ottima la partenza, da sogno l'arrivo? Il tecnico lombardo non pone limiti alle ambizioni ma al contempo frena: "Stiamo calmi, si tratterebbe di un'impresa memorabile. La squadra è stata costruita per mantenere la Lega Pro e questo rimane il nostro obiettivo principale. Posso ammettere però che i ragazzi mi stupiscono ogni giorno di più, di questo passo potremo continuare a stare lassù per molto tempo...". Lo spettro dei dilettanti faceva compagnia a una città sconfortata, quasi disinteressata e rassegnata al proprio destino. Soltanto pochi mesi e la passione è tornata a ribollire, il San Filippo a far rievocare con la memoria tempi che vedevano Milan e Juventus attraversare lo Stretto. Miracolo: benvenuti a Messina, isola felice dove il calcio è rinato.
foto Sarah Furnari/Tuttolegapro.com
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er comprendere meglio le incredibili pieghe che può prendere il destino abbracciato al calcio, basta andare a Messina. Il 30 maggio scorso, la squadra giallorossa perdeva lo spareggio play-out, e non lo faceva con un avversario qualsiasi. Era la Reggina, principale nemica sportiva, ad aggiudicarsi la sfida dello Stretto e condannare il Messina alla Serie D. Un'estate particolarmente torrida ha invertito il verdetto del campo e il cammino delle due società: fallita e costretta a ripartire dai dilettanti la Reggina, Messina riammesso in Lega Pro. Nonostante una squadra costruita in ritardo e grande fretta, l'inizio di campionato dei siciliani è stato sorprendente. Nelle zone alte della classifica, i giallorossi adesso sognano la promozione in B grazie a due simboli del passato, Alessandro Parisi e Arturo Di Napoli, tornati nel momento più difficile. Nel caso di Parisi la sfida è doppia, come la felicità per ritrovare il calcio giocato dopo il lungo stop dovuto alla squalifica per la vicenda del calcioscommesse: "Ricominciare è stato difficile, alla mia età era impensabile tornare in campo dopo 3 anni di squalifica. Si è trattata di una 'lucida follia', non volevo chiudere in quel modo. Devo decidere io quando dire basta con il calcio giocato". Una vera e propria rinascita, vittoria personale fatta di stimoli e orgoglio. Percorso che sembra annodato a quello del Messina, in un rapporto speciale che diventa una simbiosi particolare: "Questa città e la maglia giallorossa rappresentano tutto per me. Qui ho vissuto le maggiori soddisfazioni, conosciuto il successo e costruito la mia famiglia. Sono realista, né io né il Messina siamo quelli di 10 anni fa, dei tempi della Serie A. Però è splendido essersi ritrovati in questo modo, sono qui non per ricordare il passato ma costruire un nuovo futuro". Specialista in promozioni, nel corso della carriera Parisi ha ottenuto ben cinque volte il salto di categoria con le maglie di Triestina, Messina e Torino. Impossibile pensare a un sesto volo? "Siamo già increduli per quanto ottenuto sino a oggi, solo pochi mesi fa pensavamo di dover giocare in D, tra la confusione generale. Vedremo più avanti se sarà davvero possibile sognare la promozione in B, io ci spero anche
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(Z)AFFARONI DI PROVINCIA di Simone TONINATO
DOPO DUE ANNI DI LAVORO, LA “FORMICA” CARONNESE È MEGLIO DELL’INTER, VI SPIEGHIAMO PERCHÉ… 52
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UN DIFENSORE ALL'ATTACCO Con Zaffaroni si può ambire a qualcosa di grande
foto per gentile concessione dell'ufficio stampa SC CARONNESE
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Bogliasco (vittoria per 0-1 lo scorso undici novembre, ndr) abbiamo dovuto battagliare per 90’ per fare risultato. In più credo che nel girone di ritorno questo aspetto si accentuerà ancora di più”. E se le dico che insieme a Venezia, Campodarsego e Parma siete una delle 4 imbattute? “Rispondo che per noi è motivo di grande soddisfazione, anche perché alcune di queste sono piazze importanti che hanno costruito le proprie rose per vincere il campionato. Fa piacere, ma non abbiamo ancora vinto nulla”. Ci racconti un po’ l’organico… “C’è un blocco di cinque, sei ragazzi con cui lavoriamo ormai da due anni e mezzo e siamo forse l’unica squadra che parte con soli otto “over”. Questa è un po’ la nostra particolarità, perché di solito in una rosa ce n’è qualcuno in più, vuol dire che da noi i giovani giocano tanto e spesso. Capita a volte che invece dei soliti quattro obbligatori, magari ne schieriamo cinque o sei. È una scelta che abbiamo fatto con la società e ci sta dando tante soddisfazioni. Sappiamo di poter perdere in quanto a esperienza, ma lo mettiamo in conto e sopperiamo in altri modi”. E il modulo di questa Caronnese è… “Il 4-4-2. Da quando sono qui abbiamo sempre giocato così, cercando di sviluppare ogni giorno di più lo stesso sistema. Ogni tanto aggiungiamo qualcosa, soprattutto per quanto riguarda la gestione della palla. Stiamo lavorando su questo e posso dire che quest’anno un passo avanti è stato fatto”. Da un ex difensore ci si aspetta co-
pertura, voi invece segnate tantissimo… “Grazie al momento positivo dei nostri attaccanti, che sono individualmente bravi e stanno vivendo un ottimo periodo. Mi auguro continuino così (ride, ndr)”. I principali goleador sono Corno e Mair, ma c’è anche Barzotti. Uno di loro può vincere la classifica marcatori? “Sì, credo che abbiano le qualità per poterlo fare. Ma sarà fondamentale il supporto che gli darà la squadra attraverso il gioco, perché da soli si fa fatica. Se saranno aiutati, per le capacità che hanno, potranno arrivare in fondo”. Mettiamo caso che ad oggi voi siate i favoriti. C’è una squadra in particolare da cui dovete guardarvi le spalle? “In realtà è impossibile fare un nome solo, di squadre ce ne sono tante. Il Chieri è in grado di disputare un gran campionato, sia per le capacità dei singoli giocatori, sia per l’organizzazione di gioco che gli dà il suo allenatore. Poi ci sono il Bra e la Lavagnese, che negli anni è sempre stata lì sopra, il Sestri Levante e lo Sporting Bellinzago. È un girone molto competitivo e in tante potranno giocarsela fino alla fine”. Chiudiamo con una delle componenti che rendono questo sport più bello di altri, la tifoseria… “Si tratta di una piazza molto tranquilla, ma ci stiamo rendendo conto che attraverso le vittorie, stiamo portando sempre più spettatori allo stadio. Giocare con un pubblico sugli spalti fa sempre piacere. Il mio augurio è quello di vedere sempre più gente, domenica dopo domenica”.
foto Castelnuovo/Ufficio Stampa SC CARONNESE
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aronno Petrusella è un comune varesino che conta circa diciassettemila abitanti e ha uno stadio, il “Comunale”, che dista esattamente venticinque chilometri da “San Siro”. Che c’entra? Abbiate fede, un senso c’è. Prendete l’Inter, prima in Serie A, e poi la Caronnese, anch’essa prima, nel girone A di Serie D. Confrontatele, alla luce delle prime quattordici giornate, e vi accorgerete che in questo ipotetico scontro, i rossoblu sono avanti ai blasonati vicini di casa di almeno un punto (l’Inter ne ha giocate due in meno al 15/11 e pur vincendole entrambe resterebbe a -1). Timoniere dell’undici di Caronno è Marco Zaffaroni, ex difensore con il vizio del gol, che nonostante il primato inchioda i propri piedi a terra, perché – dice lui – “è ancora troppo presto”. Giusto non fare voli pindarici, ma una partenza così se l’aspettava? “Così eclatante è stata una sorpresa un po’ per tutti. È il terzo anno che lavoriamo insieme come gruppo e il nostro obiettivo era migliorare quanto avevamo fatto negli anni precedenti. Fin qui ci siamo riusciti, adesso dovremo essere capaci di continuare la nostra crescita”. Ci riprovo: quarti il primo anno, quinti il secondo, la terza volta è quella buona? “Come dicevo, l’obiettivo è quello di crescere e migliorare (ti pare che un difensore si fa prendere in contropiede, ndr). Ogni anno le squadre cambiano, non conosci gli avversari e le previsioni sono difficili. Noi dobbiamo fare ancora meglio dal punto di vista del gioco, nella gestione della palla e nella fase di non possesso. Poi si vedrà”. Data la ferrea volontà di non sbilanciarsi, quando pensa che si potrà capire di più sulle sorti del girone? “Credo che sarà decisivo il periodo di gennaio e febbraio, lì si delineeranno le varie posizioni. Così come avviene in tutti i campionati, sarà lo stesso anche per noi”. E di questo raggruppamento A 2015/2016, cosa può dire dopo un terzo di campionato? “Per le squadre che ho visto sino ad ora, posso dire che si tratta di un girone combattuto ed equilibrato. Nulla è scontato, si deve lottare con tutti e non conta se l’avversario è indietro in classifica. Col Rapallo
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YES, I SPEAK ENGLISH Intervista con Nani, l’uomo che ha portato Roby Baggio al Brescia e che ha un debole per l’Inghilterra…
di Lorenzo MARUCCI foto Archivio TC&C 54
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SGUARDO AL FUTURO Nani ha avuto sempre grandi intuizioni
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ssaggia questo, è un estratto di cavolo e barbabietola. Sei a posto tutta la giornata". È l'ora del tè a Londra ma Gianluca Nani si concentra su questi particolarissimi succhi. E sembra quasi aver trovato la formula magica per una dieta... indolore. "Per carità - scherza - quando c'è da mangiare, mangio anche una bella bistecca". A due passi da Liverpool Street, in un bar tranquillo e quasi silenzioso nel caos londinese, può iniziare la nostra chiacchierata con l'ex ds di Brescia, West Ham e Watford, arricchita da una lunga serie di gustosissimi aneddoti. Da Baggio ad Hamsik passando per Guardiola fino ad arrivare all'Inghilterra. Nani, come nasce la sua passione per il calcio? "Sono sempre stato un grande appassionato di tutte le trasmissioni televisive, da bambino guardavo Novantesimo minuto, Domenica Sprint e Domenica sportiva. La domenica per me era un giorno davvero sacro. Avevo otto-nove anni e ascoltavo le partite alla radio per poi guardare tutINSIEME A CORIONI Grandissima la stima nei confronti del presidente
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Mi piace continuare a fare esperienza all'estero. Adesso sto facendo un Capillare lavoro di ricerca e di aggiornamento to in tv. Mio padre un giorno mi chiese: ‘Ma non sei stanco a vedere e rivedere sempre le stesse cose?’ Mi piaceva, avevo una passione incredibile, collezionavo le figurine e sapevo l'anno di nascita di quasi tutti i giocatori. Scoprii poi, sempre in tv, il calcio sudamericano e, col passare del tempo, visto anche che non riuscii a fare il calciatore ad alti livelli, iniziai ad organizzare tornei di calcio". Che periodo fu quello? "Ricordo che organizzai a Marbella la Scandinavian Cup, con tante squadre ov-
viamente scandinave. Vennero in tanti osservatori e molti di loro mi chiedevano di poter parlare o avere contatti con questo o quell'altro manager, anche in virtù del fatto che conoscevo bene le lingue. Da qui in poi per me si sviluppò la possibilità di una serie di consulenze per i club. Nel '97-98 il Brescia ad esempio mi chiese informazioni su un giocatore danese, Hojer: era in scadenza di contratto e la società lombarda decise di ingaggiarlo, solo che poi a maggio ebbe un grave infortunio e non giocò mai. Ad ogni modo ebbi l'occasione di entrare in contatto col Brescia e dopo che il ds andò via, Corioni mi chiese una consulenza per provare ad acquistare Roberto Baggio. Da lì in poi il rapporto con Corioni divenne sempre più stretto e diventai quindi il ds". Ricordi dell'operazione Baggio? “Sembrava che l'accordo fosse impossibile. Andai a casa di Vittorio Petrone, il manager di Baggio, in una località di montagna. Un posto meraviglioso dove restammo chiusi per due-tre giorni per trovare una soluzione positiva. C'era poco segnale, al telefono non ero raggiungibile, risultai irrintracciabile per quei due-tre giorni. Tornando verso Bre-
I RE DEL MERCATO / GIANLUCA NANI LEZIONI IN INGHILTERRA Nani ha imparato moltissimo in terra britannica
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I RE DEL MERCATO / GIANLUCA NANI I COLPI BAGGIO E GUARDIOLA Nani è colui che ha regalato al Brescia i due fenomeni
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I RE DEL MERCATO / GIANLUCA NANI scia il presidente Corioni, che mi chiamò, era molto infastidito perché non mi aveva mai trovato, ma quando gli dissi che c'era la concreta possibilità di trovare l'accordo con Baggio, cambiò tono. E Corioni poi dette l'ok all'operazione". Con Corioni che rapporto ha avuto? “Straordinario. Per me è come un secondo padre. Ha 50 anni di esperienza da presidente, ha fatto la trafila dalla terza categoria alla A fino alla Uefa. Sa come gestire i giocatori, gli allenatori, come affrontare le situazioni più delicate. Ho imparato tantissimo da lui". Del periodo di Baggio a Brescia quali sono i ricordi più belli? "Subito al primo allenamento fece cose straordinarie. Sapeva rendere facili le cose difficili. Ricordo che in una partitella ad un tocco, fece prima una finta, mise a sedere due giocatori e poi segnò con un gol in diagonale". I momenti migliori di Baggio al Brescia? "Al momento della firma c'era ovviamente grande elettricità. Certo, c'era profonda emozione anche per l'ultima partita
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Corioni? Straordinario. Per me è come un secondo padre. Ha 50 anni di esperienza da presidente della sua carriera, a Milano col Milan. Molto tempo prima della fine del campionato, Roberto disse che quello sarebbe stato il suo ultimo anno. Così vivevo ogni gara quasi come se fosse un suo saluto, era emozionante. Non mi persi un minuto né degli allenamenti né delle sue partite dell'ultimo anno. L'ultimo giorno a Milano, proprio quando stava per partire per le vacanze in Argentina, rividi dentro di me tutto il suo periodo al Brescia". Baggio non è stato l'unico grande di quel periodo. Come arrivò Guardiola? “Iniziamo col dire che per fare il mio lavoro al Brescia avevo due principi: or-
ganizzazione e tempestività. Del resto, se vedi un giocatore bravo, devi intervenire subito. Guardiola in quel momento era libero: era nel mirino di grandi club però vedevo che col passare dei giorni nessuno lo prendeva. Ho così aspettato il momento in cui la nostra offerta potesse essere ascoltata e presa in considerazione. Mi dissi: ci provo. Prendemmo un appuntamento con il suo agente, Orobitg, e ci incontrammo in incognito, perché nessuno doveva sapere niente. Quando in quell'ufficio entrò anche Guardiola, fu una sensazione speciale. Entrava il capitano del Barcellona, con un carisma e una personalità che spaccavano la stanza. Trovammo l'accordo e Mazzone impazzì dalla gioia anche se era in difficoltà perché si era esposto con un calciatore che giocava nel suo ruolo. Mazzone mi chiese di prendere tempo, ma in realtà non glielo concessi perché altrimenti il giocatore non lo avremmo preso. Tutto questo tra l'altro successe il giorno prima del derby contro l'Atalanta: ripeto, Mazzone era entusiasta di Guardiola, lo considerava il più forte di tutti ma si era un po' arrabbiato con me perché non gli avevo dato la possibilità per risolvere la situazione in piedi con l'altro giocatore. PASSIONE AUTENTICA
Ovunque è stato, Nani ha sempre portato tanta professionalità
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I RE DEL MERCATO / GIANLUCA NANI Guardiola comunque venne a vedere accanto a me in tribuna il derby con l'Atalanta e quella fu la famosa partita in cui Mazzone alla fine si diresse pieno di rabbia verso la curva dei bergamaschi. Guardiola mi disse tra il serio e lo scherzoso: 'Ma sono tutte così' le partite? Il giorno dopo Corioni mi chiese di andare in tv al Processo del Lunedì a difendere Mazzone. Andai e feci una difesa accorata, con giustificazioni precise e specificando perché il tecnico andava capito. Fu una bella difesa. E il giorno successivo al campo d'allenamento, Mazzone mi vide e mi chiamò per fare la pace. Ho imparato tantissimo anche da Carletto, è stato un grande allenatore ed è un punto di riferimento". Era un bel Brescia, pieno di giocatori di ottimo livello... "L'attacco era formato da Toni e Baggio e in panchina c'erano Tare e Caracciolo, a centrocampo avevamo Schopp, Matuzalem, Guardiola, Appiah e Bachini, in difesa Dainelli, Petruzzi e Martinez. Senza dimenticare i gemelli Filippini, autentici simboli del Brescia". Tare come arrivò? Come nacque l'idea di prenderlo? “Mazzone ci chiese un centravanti grosso e alto, che potesse dare a Baggio la possibilità di entrare in area di rigore. Chiesi a Mazzone di poter prendere uno straniero. Mi disse che però lo voleva di 28 anni e con più di trenta presenze nella sua nazionale. Tare era fuori rosa al Kaiserslautern ma feci vedere al presidente un Dvd che lo convinse. 'È gratis ed è bravo', disse Corioni. Andai a vederlo anche negli allenamenti ed era a posto. Quando il presidente mi chiese se era tutto ok, mi venne spontaneo fargli uno scherzo. Ero in viaggio con suo figlio e dissi a Corioni: “Abbiamo preso i documenti per il braccio”. E Corioni mi chiese: “Il braccio?”. “Sì – dissi - non lo sa che ha un braccio di legno? Ma non si preoccupi, abbiamo il permesso della Federazione, è un braccio che si smonta e sappiamo come fare...". Suo figlio intanto stava morendo dalle risate. E Corioni ci cascò. Quasi ci maledisse. E quando Tare si presentò al presidente mimò il gesto di colui che non aveva un braccio..." Passiamo ad Hamsik. Come lo scoprì? "Ero con Maurizio Micheli, osservatore, e 60
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Hamsik? Per paura che ci sfuggisse gli facemmo sottoscrivere lo stesso un contratto. Che però non aveva valore… andammo in Slovacchia a vedere le gare della seconda squadra dello Slovan Bratislava. Era un predestinato. In quel momento lui, non ancora sedicenne, non poteva firmare un contratto, però per paura che ci sfuggisse gli facemmo sottoscrivere lo stesso un contratto. Che però non aveva valore. Però se fosse arrivato un altro club, Hamsik avrebbe detto che si era già accordato con noi. Se poi quel club chiedeva di vedere il contratto si sarebbe accorto che non valeva niente. Rischiammo. Poi a sedici anni gli facemmo firmare il contratto vero". Si inserì subito al Brescia? "Alla prima partita che giocò in Primavera mi chiamarono un sacco di addetti ai lavori per dirmi che avevamo preso un fenomeno. Giocò due-tre partite in Primavera, poi esordì a sedici anni contro
il Chievo, con una personalità eccezionale. Nel corso delle stagioni successive lo volevano in tanti. Lo prese il Napoli. Io dissi che avrebbe potuto vincere il Pallone d'oro. Anche il Chelsea lo avrebbe voluto". Perchè poi lei decise di dare l'addio al Brescia? "Successe che il West Ham (siamo nel 2008, ndr), squadra prettamente inglese, stava cercando un ds che avesse una mentalità europea. I dirigenti chiamarono le varie Federazioni per avere l'indicazione di qualche nome. A Coverciano suggerirono me e Franco Baldini. Io passai le varie selezioni finché rimanemmo in tre: probabilmente scelsero Baldini, che aveva un grandissimo curriculum. Ma lui andò poi con Capello nella Nazionale inglese e così scelsero me. Fui il primo dirigente italiano a lavorare come ds in Premier League". Che ambizioni c'erano? “Dovevo costruire una squadra di gran livello. Ma accadde che il presidente, che lavorava nelle banche d'affari, risentì del crac delle borse del 2008 e il progetto crollò rapidamente. E fui così costretto a cedere per costruire. Vendetti vari calciatori e nelle ultime ore del calciomercato cedetti anche il terzino sinistro. L'allenatore si dimise e decisi allora di ingaggiare Gianfranco Zola, che fino a quel momento non aveva mai allenato. Ritenni che avesse il profilo giusto, perché in effetti era il trait d'union tra la mentalità italiana e la cultura inglese. Fu una stagione meravigliosa, arrivammo ottavi". Poi che successe? "L'anno dopo il club fu venduto e io me ne tornai in Italia dove feci un'altra stagione al Brescia finché dissi al presidente del mio desiderio di lavorare in Inghilterra. Si aprì la possibilità di andare al Watford, con la famiglia Pozzo, e ho così potuto completare il mio processo di crescita occupandomi della gestione del club. Il Watford è destinato ad un avanzamento continuo, vista l'organizzazione e la capacità imprenditoriale". Che cosa ricorda in particolare di quel periodo? "Lì ho vissuto il momento più intenso della mia vita calcistica. Iniziammo il campionato con l'obiettivo di salvarci ma grazie
I RE DEL MERCATO / GIANLUCA NANI LO STRATAGEMMA HAMSIK Contratto allo slovacco per evitare intromissioni estere...
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I RE DEL MERCATO / GIANLUCA NANI AGGIORNAMENTO CONTINUO Nani non si è mai sentito arrivato, anzi...
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BRESCIA NEL CUORE Nani è diventato grande insieme alle Rondinelle...
ad un gran lavoro di Zola arrivammo a giocarci la possibilità di essere promossi in Premier (il Watford era in Championship, ndr). A cinque-sei gare dalla fine eravamo quinti, all'ultima giornata eravamo terzi a due punti dalla seconda, l'Hull City. Proprio l'Hull giocava con la prima, il Cardiff, che comunque era già passata. Noi giocavamo in casa col Leeds che non aveva più nulla da dire. Se l'Hull pareggiava e noi vincevamo saremmo passati noi. Nel riscaldamento pre-partita si fa male il nostro portiere Almunia. Il terzo portiere va in panchina e in campo scende il secondo che si fa male al volto. Entra la barella e per venti minuti non si gioca mentre tra Hull e Cardiff la partita andava avanti. Entra il terzo portiere, andiamo sotto di un gol e il nostro centravanti nel frattempo viene espulso. L'Hull termina la partita con un pari e noi vincendo dunque saremmo passati. Avevamo venti minuti di tempo per farlo. Pareggiammo e poi colpimmo pali e traverse ma alla fine perdemmo due a uno. Nella semifinale dei play-off succede poi qualcosa di straordinario, indimenticabile: all'andata contro il Leice-
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Il Watford è destinato ad un avanzamento continuo, vista l'organizzazione e la capacità imprenditoriale ster perdiamo due a uno. Al ritorno invece stiamo vincendo due a uno ma al 90' l'arbitro concede tre minuti di recupero e al 93' e 20” si inventa, letteralmente, un rigore per il Leicester. Tutti a protestare, ma il direttore di gara spiega che ci sono ancora 14" da giocare. Il portiere era menomato, con una maschera sulla faccia, ma parò il rigore e sulla prosecuzione dell'azione ecco il nostro contropiede e il gol. La gente impazzita di gioia non credeva ai suoi occhi. In tanti se ne erano andati via, arrabbiati e delusi al momento del rigore. Poi quando
hanno sentito le urla sono tornati. "Ma che è successo?", chiedevano. “Ma come è possibile che abbiamo vinto? Tra l'altro dopo il gol abbiamo anche rischiato di nuovo, perché i nostri avversari decisero di mettersi in nove sulla linea di metà campo al momento in cui è ripresa la partita per gli ultimissimi secondi. Hanno dato palla indietro e poi il portiere l'ha rilanciata lunghissima. Se Almunia non usciva, prendevamo gol... Purtroppo poi perdemmo la finale con il Crystal Palace, ma per quella partita non ho rimpianti perché non riuscimmo ad esprimerci al massimo. L'anno dopo poi la squadra ha preso il via verso la promozione e quando il ciclo si era praticamente chiuso ho dato le dimissioni". E ora che cosa si può aprire per il suo futuro? "Mi piace continuare a fare esperienza all'estero. Adesso sto facendo un capillare lavoro di ricerca e di aggiornamento. Tutti particolari che quando lavori non puoi portare avanti. L'obiettivo è quello di trovare un progetto stimolante e serio. Se dovesse essere anche in Italia, perché no?" Calcio 2OOO
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I GIGANTI DEL CALCIO Alberto DI CHIARA
ALBERTO, SEMPRE IN VOLO Faccia a faccia con Di Chiara, uomo dalle mille sfacettature…
di Lorenzo MARUCCI foto Federico DE LUCA
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VOGLIA DI FARE
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Mille progetti, tutti importanti, per Di Chiara...
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I GIGANTI DEL CALCIO / ALBERTO DI CHIARA
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vesse fatto anche l’allenatore le avrebbe provate davvero tutte nel calcio. Alberto Di Chiara non può lamentarsi: si è messo alla prova in varie vesti nel mondo del pallone, dopo aver conquistato da giocatore, trofei a ripetizione. Coppa delle Coppe, Coppa Uefa e Supercoppa Uefa, più due Coppe Italia (una con la Roma, l’altra col Parma) nella sua ricca bacheca. “Non ho mai neanche avuto il tempo di pensare di poter fare l’allenatore”, racconta parlando della sua carriera sempre in movimento. Il suo percorso parte da Roma e non abbraccia solo il calcio – che continua a seguire in modo attento pure come opinionista – ma anche lo spettacolo. Di Chiara, dove mosse i primi passi da calciatore? “Nel Bettini Quadraro, la squadra da cui sono usciti anche De Sisti, Rocca e Graziani. Abitavo a Cinecittà e mio padre mi portava agli allenamenti: ero bravino e quella società era affilata alla Roma e alla Juve. Mi volevano entrambe, ma l’iFIRENZE, CASA PERFETTA
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Di Chiara è legatissimo alla città, ne è parte integrante
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L’allenatore migliore? Scala su tutti. Ma anche Liedholm per l’esordio e Fascetti per la crescita… dea di lasciare Roma non era il massimo, soprattutto agli occhi di mia madre. Così finì che mi acquistò la Roma, per cinque milioni di lire. Avevo tredici anni, firmai l’accordo con Moggi che era il direttore sportivo giallorosso, mentre Anzalone era il presidente”. Lei era cresciuto col mito di quale calciatore? “Gigi Riva. Non a caso il mio numero di maglia preferito era l’undici”. La sua ascesa nella Roma fu rapida… “Debuttai in prima squadra a sedici anni
e mezzo. Giocavo negli Allievi e ricordo che in una partita del giovedì contro la prima squadra mi misi in grande evidenza e Liedholm decise di aggregarmi al gruppo. Ero un attaccante atipico e fui schierato al posto di Pruzzo in una partita contro il Bologna. Era un match delicato, perché la Roma era in testa alla classifica ma tutto sommato andò bene”. Che ricordi ha di quella sfida? “Il brusio dell’Olimpico, soprattutto al momento di un lancio di Di Bartolomei per me, ma l’incoscienza della gioventù mi aiutò. Era comunque una Roma di spessore assoluto: ero in camera con Superchi, ormai a fine carriera, mentre nel gruppo c’erano tra gli altri Tancredi, Rocca, Benetti, Spinosi, Santarini. Quel giorno Pruzzo aveva la febbre, così Liedholm disse: 'Oggi facciamo esordire il bambino'”. Com’era Liedholm? “Un grande allenatore che sapeva sempre come prenderti. A volte diceva anche: 'Vedi sei un grande giocatore ma oggi guarderai la partita dall’alto…' ”. Che stagioni furono alla Roma?
I GIGANTI DEL CALCIO / ALBERTO DI CHIARA DI CHIARA STYLE
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Elegante in campo, altrettanto fuori dal terreno di gioco...
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I GIGANTI DEL CALCIO / ALBERTO DI CHIARA “Contribuii alla conquista della Coppa Italia, segnai il gol in semifinale a Firenze contro la Fiorentina che in porta aveva Giovanni Galli. Ero comunque ancora giovane e fui mandato prima alla Reggiana a farmi le ossa, dopodiché fui acquistato dal Lecce dove giocava anche mio fratello Stefano. E nell’84-85 conquistammo la promozione storica in A, con Fascetti allenatore. L’anno successivo retrocedemmo, ma all’ultima giornata battemmo 3-2 la Roma, segnai anch’io e i giallorossi persero lo scudetto”. La Fiorentina si interessò a lei durante la stagione… “Quell’anno mi incontrai con il ds Nassi per firmare il contratto. In realtà poi però nella nuova stagione trovai Baretti presidente e Bersellini allenatore. Fu un anno sofferto, tra l’altro era l’ultimo di Antognoni a Firenze. Rinacqui con Eriksson, con cui riuscimmo a centrare la qualificazione Uefa”. Nel ’90 raggiungeste anche la finale, contestatissima contro la Juve… “Sì, ho titolato anche il mio libro su quella partita. ‘Quella sporca finale’. Era stata una bella cavalcata, riuscimmo E ORA CHE FARE?
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Mai un attimo fermo, c'è sempre qualcosa da promuovere...
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A Parma ricordo la vittoria in finale di Coppa Italia con la Juve, in concomitanza con la nascita di mia figlia Allegra ad eliminare niente meno che la Dinamo Kiev del colonnello Lobanowski. A Kiev il campo era una lastra di ghiaccio, alcuni di noi giocarono con calzamaglia e paraorecchie vista la temperatura gelida. Ma passammo il turno e capimmo che potevamo anche vincerla quella Coppa. A Torino con la Juve sull’uno a uno, sbagliammo quattro-cinque palle gol incredibili, poi arrivò la rete di Casiraghi con un fallo clamoroso su Pin e anche il terzo gol su un corner inesistente. Nel tunnel successe un po’ di tutto e Casiraghi disse anche: “Noi siamo la Juventus, voi la
Fiorentina…”. Erano anche gli anni di Roberto Baggio. Quali sono i ricordi più belli? “Il divertimento era continuo. Si era formato un bel gruppo e Baggio era nel suo massimo splendore come giocatore. Oltretutto scherzava spessissimo e ricordo in particolare la barzelletta del boscaiolo, particolarmente efficace raccontata da lui. Ad un raduno di boscaioli ognuno presentava il proprio curriculum, così c’era chi diceva di aver lavorato nella… foresta del Sahara. Chi gli stava davanti però precisava: deserto del Sahara… E il boscaiolo replicava: “Sì, adesso si chiama deserto…”. Erano tutte freddure di questo genere, le sue battute. C’era un bell’ambiente, ancora si facevano pure i gavettoni…” Si arriva al luglio del ’91 e che succede? “Al termine della stagione dissi a Moreno Roggi che era diventato il ds viola, che mi scadeva il contratto e che occorreva far qualcosa se mi volevano ancora. Una sera Giambattista Pastorello, all’epoca ds del Parma venne a casa mia e mi spiegò che i gialloblù avevano un grande pro-
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Di Chiara con la compagna, un duo vincente
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IL PRIMO DUCALE… Di Fabrizio Ponciroli
Di Chiara è stato il primo giocatore del Parma ad indossare la casacca della Nazionale…
getto, chiedendomi di andare a giocare da loro. Accettai anche se poi mi telefonò Vittorio Cecchi Gori e mi disse: “Mi hanno fatto il gioco delle tre carte…”. Non si aspettava che sarei stato lasciato andare via. Fu comunque una fortuna passare al Parma, per me si aprirono nuovi scenari e arrivarono grandi successi”. I momenti più belli al Parma? “La vittoria in finale di Coppa Italia contro la Juve tra l’altro in concomitanza con la nascita di mia figlia Allegra, ma ovviamente anche la conquista della Coppa delle Coppe a Wembley. Fu un ciclo irripetibile, in una squadra in cui Zola e Asprilla finalizzavano il nostro gran lavoro. Al Parma sono passati poi altri grandi giocatori, ho potuto giocare con Buffon, Fabio Cannavaro, Thuram, Inzaghi. Finito poi quel periodo potevo restare ancora, ma si aprì la possibilità di passare al Perugia e accettai. C’era Galeone allenatore e in squadra anche Allegri”. A fine carriera resta al Perugia. Come mai? 70
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a carriera di Di Chiara è iniziata decisamente presto… Classe 1964, esordisce, nella massima serie italiana, giovanissimo, durante la stagione 1980/81, con la casacca della Roma. In due anni in giallorosso, colleziona quattro presenze. Va alla Reggiana dove, in una sola annata (1982/83), si mette in luce, segnando anche il suo primo gol da professionista. Si trasferisce al Lecce dove resta per tre stagioni (91 presenze, con 13 gol). La Fiorentina, nell’estate del 1986, lo chiama: Di Chiara risponde. Con i gigliati resta per ben cinque anni, confermando di essere un giocatore estremamente duttile (difesa o attacco fa poca differenza). Il Parma si interessa a lui e, nel 1991, arriva il passaggio ai ducali. Con i gialloblù gioca fino al 1996, conquistando Coppa Italia (la sua seconda, dopo quella vinta con la Roma nella stagione 1980/81), Supercoppa Uefa, Coppa delle Coppe e Coppa Uefa. Giocando da terzino fluidificante, realizza il sogno dell’approdo in Nazionale. Il 31 maggio 1992, è in campo nella sfida Italia-Portogallo (0-0 il finale), diventando così il primo giocatore, nella storia del Parma, ad aver indossato la casacca della Nazionale. Con l’Italia collezionerà sette presenze, disputando anche quattro gare ufficiali per le Qualificazioni ad Euro 1992. Prima di appendere le scarpe al chiodo, gioca, per una stagione, con il Perugia (1996/97)…
“Dovevo andare a giocare negli Stati Uniti, con Donadoni. Volammo a New York con Gaucci e trovammo l’accordo: sarei passato ai New York Metrostars con un contratto di tre anni. Gaucci però poi in realtà mi propose di restare al Perugia con un contratto di otto anni, per fare il dirigente e il team manager. Dissi di sì e iniziai questa nuova avventura. È stato anche questo il motivo per cui non ho fatto l’allenatore: finita la carriera non ho neanche avuto il tempo di pensarci”. Com’era Gaucci? È sempre stato un personaggio pittoresco? “Era un despota ma ciò che diceva lo faceva. Prometteva e manteneva. Era spesso in polemica con tutti, un po’ alla Ciarrapico. Ricordo che spesso si presentava con la Tulliani, la sua fidanzata dell’epoca e prima delle partite attraversava il campo a Perugia insieme a lei. C’era chi lo derideva e chi lo applaudiva. Anche con gli allenatori era una sfida continua. Nel suo periodo sono passati su quella panchina tra gli altri Perotti, Bigon, Castagner, Boskov, Mazzone, Cosmi”.
Altri episodi curiosi? “Dovetti trattenerlo nella sfuriata che ebbe con Matarrese, presidente del Bari, dopo una sfida con i pugliesi. Quella lite la sera fu trasmessa da tutte le tv. A fine gara Gaucci mi disse polemicamente di andare a fare i complimenti all’arbitro Pellegrino. Al direttore di gara suggerii di uscire da un’altra parte perché avevo già capito tutto…”. Quegli anni con Gaucci potrebbero meritare un altro libro… “Un giorno mi disse che voleva acquistare una calciatrice, una donna. Insieme ad altri dirigenti provammo a spiegargli che era impossibile, ma lui sosteneva che nel regolamento non c’era scritto che non si poteva comprare una giocatrice. Alla fine gli dicemmo: “Almeno prendiamola carina…”. Dal Perugia è poi passato anche Saadi Gheddafi… “Prendendo lui, Gaucci ebbe una grandissima intuizione. Avevamo l’attenzione di tutti i media mondiali: alla prima
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AMATO OVUNQUE
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Di Chiara ha lasciato un bel ricordo ovunque ha giocato...
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I GIGANTI DEL CALCIO / ALBERTo DI CHIARA CULTURA E PROFESSIONALITà
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Dopo aver smesso di giocare, è diventato un grande uomo d'affari...
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partita a seguire il Perugia c’era anche il canale televisivo Al Jazeera. Gheddafi aveva quindici persone al seguito, ricordo che una volta andammo a Roma in trasferta. Uscì dall’hotel con la sua scorta e durante il tragitto per una passeggiata ebbe la necessità di andare al bagno. Nessun problema: entrò all’Excelsior, prese una camera solo per andare al bagno e poi uscì…”. Dopo il Perugia ha vestito anche i panni del procuratore… “Sì, ho lavorato alla Football Service con Stefano Antonelli. Gestivamo tra gli altri Pinzi, Grosso, Di Michele. In vari casi però bisognava anche scendere a compromessi, così progressivamente mi sono un po’ distaccato e alla fine ho fatto altre scelte”. Ad esempio? “Ho fatto l’opinionista prima a La7 dove mi volle il responsabile dello sport Roberto Bernabai, quindi a Dahlia Tv e poi a Mediaset e Sky. Ho preso anche la tessera di pubblicista e ho tenuto rubriche sul quotidiano La Nazione e ora sul sito Tuttomercatoweb.com. Per un periodo ho fatto pure il responsabile della comunicazione al Parma, prima del crac. Resto comunque legato al Parma e presto potrebbero aprirsi nuovi scenari per dare un’ulteriore mano al club”. Tra i giornalisti a chi si sente più legato? “Dico Bruno Pizzul, una persona di cul-
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Gaucci era un despota ma ciò che diceva lo faceva. Prometteva e manteneva. Era spesso in polemica con tutti tura che sa molto anche di calcio, vista la sua esperienza da calciatore. Ricordo che eravamo insieme in cabina per la telecronaca di Catania-Palermo, la sera della morte dell’ispettore Raciti. Non sapevamo niente, vedevamo tanto fumo, parecchie persone si rifugiarono dentro la nostra cabina. Poi ci accompagnarono fuori e capimmo meglio la portata del tragico evento”. Nel frattempo si occupa anche di spettacolo. “Molto è dovuto alla mia amicizia con Michele Torpedine (produttore discografico) che è stato pure mio testimone di nozze. Mi ha fatto conoscere i ragazzi de Il Volo, con cui è nata un’amicizia stretta e così ho iniziato a collaborare con loro. Come si sa, da cosa nasce cosa: ora lavoro anche con Daniele Paoli, presidente di Infospettacolo”.
Firenze è diventata la sua città. Perché? “Qui mi sono sposato e sono nati i miei figli. È una città indiscutibilmente bella e ancora a misura d’uomo”. Chiudiamo col calcio: quali sono stati gli allenatori per lei più importanti? “Scala su tutti. Ma anche Liedholm per l’esordio e Fascetti per la crescita”. I giocatori più forti con cui ha giocato? “Antognoni e Baggio”. Il gol più bello? “Al mio primo anno di B, con la maglia del Lecce contro il Varese: partii dalla mia area di rigore e segnai. Però quello più importante fu contro il Boavista in Coppa delle Coppe quando giocavo nel Parma: presi palla nella mia trequarti e dopo una serpentina feci gol con un tiro in diagonale”.
Intervista di Lorenzo Marucci Calcio 2OOO
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SPECIALE STORIA - COPPA DEI CAMPIONI
di Gabriele PORRI
La Roma giunge in finale, ma, ai rigori, sorride il Liverpool…
FRANCESCO GRAZIANI
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AD UN PASSO DAL SOGNO Graziani e la Roma sfiorano la Coppa Campioni
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Amburgo, fresco vincitore a sorpresa sulla Juventus nella finale di Atene, si presenta ai nastri di partenza senza Hrubesch, passato allo Standard Liegi, ma la banda di Happel è tra le favorite insieme al Liverpool (all’ottava presenza consecutiva), il Benfica e la Roma, che è un outsider alla prima presenza, ma che può contare, nel caso in cui ci arrivi, sulla finale da disputare sul proprio campo. I tedeschi stanno alla finestra al primo turno, complice la rinuncia dei campioni di Albania dello Vllaznia, un primo turno che regala sfide all’ultimo gol, come quella dell’Omonia Nicosia che sconfigge 4-1 il CSKA dopo avere perso 3-0 in trasferta, coi bulgari che ringraziano Arsov per il gol in terra cipriota, che regala loro il passaggio del turno. Ci sono rimonte riuscite, come quella del Bilbao che vince 4-0 in casa dopo avere perso 2-0 a Poznan e mancate, come quella del Nantes sul Rapid Vienna. La Roma ha ottenuto uno storico scudetto, il secondo, a 41 anni di distanza dal primo. Falcao, Bruno Conti, Pruzzo e Prohaska ne sono i protagonisti. In estate arrivano Graziani e Cerezo e rinnova Falcao, grazie anche all’intercessione di Giulio Andreotti. Il sorteggio oppone ai giallorossi i campioni svedesi del Göteborg, che si stanno giocando il titolo nazionale ai play-off. A Roma in assenza di Pruzzo la sblocca Vincenzi, poi ci pensano Conti e Cerezo a portare a casa una larga vittoria, che rende indolore la sconfitta di misura in Svezia. Passano senza problemi il Liverpool sull’Odense e il Benfica sul Linfield e la sorpresa è l’eliminazione dell’Ajax per mano dell’Olympiakos, che prevale ai supplementari con doppietta della futura meteora avellinese Nikos Anastopoulos. Stessa sorpresa desta l’estromissione dei campioni in carica all’esordio, negli ottavi di finale. Davanti a 70.000 spettatori, i rumeni della Dinamo Bucarest sfoderano una prestazione impressionante e vincono con un rotondo 3-0. Al ritorno, l’Amburgo nonostante diverse assenze riesce a ristabilire la parità, ma negli ultimi 5’, coi supplementari alle porte, la Dinamo trova due reti ed estromette i campioni. Il Liverpool trova nelle urne l’Athletic Bilbao, avversario ostico che prosegue il predominio basco nel campionato spagnolo. Ad Anfield finisce 0-0 e ciò preoccupa gli inglesi, poiché nelle Coppe Europee il Bilbao ha perso in casa una volta sola, nel 1968 contro il Ferencvaros in Coppa delle Fiere. All’inizio sono i baschi ad avere qualche occasione, ma sprecano e il Liverpool cresce fino all’incornata di Ian Rush che manda i Reds ai quarti. Lo Standard, che l’anno prima è uscito per mano della Juventus, prende una scoppola
SPECIALE COPPA DEI CAMPIONI / 1983-1984 memorabile in casa del Dundee United, che con l’Aberdeen di Alex Ferguson ha rotto il dominio di Glasgow e che vuole superare i cugini del Dundee FC, semifinalisti nel 1963 (eliminati dal Milan). A Tannadice Park finisce 4-0 dopo la gara a reti bianche dell’andata, e a Dundee sognano… Dopo avere estromesso l’Ajax, l’Olympiakos trova agli ottavi un’altra ex campione d’Europa, il Benfica, con esito diverso. Al Pireo, i greci vincono di misura, ma nel ritorno, alla mezzora, i padroni di casa hanno già rimontato e il 3-0 del danese Manniche rassicura i portoghesi. La Roma viene sorteggiata col CSKA, l’andata a Sofia vede i romanisti difendersi in modo accorto per colpire con Falcao, al ritorno è un altro 1-0, stavolta con Graziani. Gli altri scontri degli ottavi vedono prevalere il Rapid Vienna a cui basta il gol di Krankl al ritorno per passare con il Bohemians Praga per la regola dei gol in trasferta e le Dinamo di Minsk e Berlino nelle sfide dell’Est contro, rispettivamente, Raba Eto e Partizan Belgrado. Si arriva così in primavera e i quarti di finale vedono il big match tra Liverpool e Benfica. Questi ultimi hanno impressionato nelle precedenti uscite e hanno concesso pochissimo in casa. Il Liverpool è proprio l’ultima squadra europea ad avere espugnato il Da Luz, cinque anni prima, ma dopo l’1-0 di Anfield i giochi sono in equilibrio. Whelan segna subito su corner, di testa, e la squadra di Joe Fagan (ex vice di Paisley) raddoppia con Johnston, servito da Dalglish. Per il Benfica c’è poco da fare, arriva l’1-2 di Nené, ma il Liverpool segna altri due gol e va in semifinale, dando un serio avvertimento alle rivali. Resta la Roma, che nel finale strapazza i tedeschi est della Dinamo. Dura un’ora la resistenza dei berlinesi, poi Graziani batte Rudwaleit, imitato da Pruzzo e Cerezo, quest’ultimo servito in modo fortunoso da un tiro sbagliato di Graziani. In Germania, la Roma può permettersi il lusso di perdere 2-1, dopo essere andata in vantaggio con Oddi a inizio ripresa, su passaggio di Falcao lasciato libero da tre difensori della Dinamo. Più equilibrati gli altri due quarti. La Dinamo Bucarest strappa il pari a Minsk con un gol di Rednic a due minuti dalla fine e al ritorno difende l’unico gol segnato da Augustin dopo 10’ per trovare una prima, storica semifinale per una squadra rumena in Coppa Campioni. Storica anche la qualificazione del Dundee United, che fatica e non poco ad avere la meglio del Rapid di Panenka e Krankl. Gli scozzesi si portano avanti in casa dei viennesi con Stark, ma Hagmair e Kranjcar ribaltano il punteggio. A Dundee, Dodds manda in rete una punizione di Gough per quello che rimane l’unico gol della partita, dando allo United la semifinale grazie alla rete segnata in trasferta. L’urna delle semifinali evita sia lo scontro
tra Roma e Liverpool, che quello fratricida tra gli stessi Reds e il Dundee United. Il Liverpool si trova così a ricevere la Dinamo Bucarest in una riedizione del secondo turno della Coppa delle Fiere 70-71, che terminò col 4-1 complessivo per gli inglesi. Un solo gol di Sam Lee, di testa su corner, è l’unica segnatura ad Anfield, il ritorno a Bucarest è una partita dura, ricca di falli e cartellini gialli. Ian Rush segna il suo 100° gol col Liverpool nonostante i 23 anni ancora da compiere. L’azione nasce da corner, Souness sulla respinta serve al volo Rush, dribbling e pallonetto su Moraru. Pareggia Nicolae prima dell’intervallo, con una punizione mancina alla Maradona, ma è ancora Rush a chiudere i conti, segnando da due passi dopo il goffo tentativo di respinta di un difensore rumeno. In finale ci arriva anche la Roma, nonostante ci sia uno 0-2 di Dundee da ribaltare dopo le reti di Dodds poco prima dell’intervallo e di Stark al 70’, da fuori area. L’allenatore scozzese McLean si dice certo del passaggio del turno, ma anche Liedholm confida in un recupero. Il pubblico eccezionale spinge i propri beniamini e l’eroe di giornata è Roberto Pruzzo, che sigla una doppietta nel primo tempo e propizia il rigore trasformato da Di Bartolomei. Il 3-0 suscita polemiche, McLean accusa i giocatori romanisti di averlo insultato a fine gara e ci saranno accuse di corruzione dell’arbitro Vautrot che cadranno nel nulla. Squadra di casa contro la più vincente dell’ultimo decennio, questa è Roma-Liverpool. Magari sul campo non è stata la “partita del secolo”, ma per emozioni e per l’unicità dell’occasione avuta dai giallorossi è passata alla storia. Al quarto d’ora Tancredi esce in presa alta su un cross, viene caricato forse irregolarmente da Whelan, la palla finisce a Nela che rinvia sulla testa di Tancredi, palla a Neal che segna. Il pareggio è di Pruzzo con un gran colpo di testa che scavalca Grobbelaar. Poi non ci sono occasioni tali da far gridare al match-ball fallito e si arriva ai rigori, senza Pruzzo uscito per infortunio. Manda sopra la traversa Nicol, segnano Di Bartolomei e Neal, spara alto Conti. Segnano Souness, Righetti e Rush, poi tocca a Graziani sul 3-2. Grobbelaar si avvia verso la porta con una strana camminata, sembra ubriaco, è chiaro l’intento di deconcentrare la punta romanista, che infatti manda la sfera sulla parte alta della traversa. Tocca ad Alan Kennedy, match-winner nel 1981 contro il Bruges, il difensore segna e i Reds di Fagan esultano. Roma piange l’occasione unica sprecata, tra le polemiche per il rifiuto di Falcao di tirare il rigore e qualche incidente tra tifosi, prodromo dei fatti ben più gravi di un anno dopo. Per il Liverpool, quattro finali e quattro successi in otto anni. Come vedremo, solo i suoi stessi tifosi saranno capaci di frenarne la corsa europea. Calcio 2OOO
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SEMIFINALE 1
SEMIFINALE 2
FINALE
DUNDEE UTD-ROMA 2-0 (0-0)
LIVERPOOL-DINAMO BUCAREST 1-0 (1-0)
ROMA-LIVERPOOL 1-1 d.t.s. (1-1, 0-0; 0-0, 0-0), 2-4 ai rigori
Mercoledì 11 aprile 1984, ore 19:30 DUNDEE (Stadio "Tannadice Park") Arbitro: Siegfried KIRSCHEN (GDR) Spettatori: 20.543
Mercoledì 11 aprile 1984, ore 19:30 LIVERPOOL (Stadio "Anfield Road") Arbitro: André DAINA (SUI) Spettatori: 36.941
Mercoledì 30 maggio 1984, ore 20:151 ROMA (Stadio "Olimpico") Arbitro: Erik FREDRIKSSON (SWE) Spettatori: 69.693
DUNDEE UTD: Hamish MC ALPINE, Derek STARK, Maurice MALPAS, Richard GOUGH, Paul HEGARTY (cap.), David NAREY, Eamonn BANNON, Ralph MILNE, William KIRKWOOD, Paul STURROCK [82' Thomas COYNE], David DODDS Commissario tecnico: James MC LEAN.
LIVERPOOL: Bruce GROBBELAAR, Philip NEAL, Alan KENNEDY, Mark LAWRENSON, Ronald WHELAN, Alan HANSEN, Kenneth DALGLISH, Samuel LEE, Ian RUSH, Craig JOHNSTON, Graeme SOUNESS (cap.) Commissario tecnico: Joseph FAGAN.
ROMA: Franco TANCREDI, Michele NAPPI, Dario BONETTI, Ubaldo RIGHETTI, Paulo Roberto FALCÃO, Sebastiano NELA, Bruno CONTI, TONINHO CEREZO [115' Mark Tullio STRUKELJ], Roberto PRUZZO [63' Odoacre CHIERICO], Agostino DI BARTOLOMEI (cap.), Francesco GRAZIANI Commissario tecnico: Nils LIEDHOLM.
Reti: 48' David DODDS, 60' Derek STARK. Ammonito: 66' Odoacre CHIERICO.
Rete: 25' Samuel LEE. Ammoniti: 21' Ioan ANDONE, 53' Ion MARIN, 85' Alexandru NICOLAE, 90' Gheorghe IAMANDI.
DINAMO BUCAREST-LIVERPOOL 1-2 (1-1)
ROMA-DUNDEE UTD 3-0 (2-0)
Mercoledì 25 aprile 1984, ore 15:30 ROMA (Stadio "Olimpico") Arbitro: Michel VAUTROT (FRA) Spettatori: 68.060
Mercoledì 25 aprile 1984, ore 17 BUCAREST (Stadio "23 Augusti") Arbitro: Dieter PAULY (GER) Spettatori: 40.213
ROMA: Franco TANCREDI, Michele NAPPI, Ubaldo RIGHETTI, Sebastiano NELA, Paulo Roberto FALCÃO, Aldo MALDERA, Bruno CONTI, TONINHO CEREZO [86' Emidio ODDI], Roberto PRUZZO [78' Odoacre CHIERICO], Agostino DI BARTOLOMEI (cap.), Francesco GRAZIANI Commissario tecnico: Nils LIEDHOLM.
DINAMO BUCAREST: Dumitru MORARU (cap.), Mircea REDNIC, Nelu STANESCU, Ionel AUGUSTIN, Alexandru NICOLAE, Ion MARIN, Cornel TALNAR, Ion MARGINEAN [77' Gheorghe IAMANDI], Marin DRAGNEA, Viorel TURCU, Costel ORAC [66' Alexandru CUSTOV] Commissario tecnico: Nicolae DUMITRU.
DUNDEE UTD: Hamish MC ALPINE, Derek STARK [46' John HOLT], Maurice MALPAS, Richard GOUGH, Paul HEGARTY (cap.), David NAREY, Eamonn BANNON, Ralph MILNE, William KIRKWOOD, Paul STURROCK [80' John CLARK], David DODDS Commissario tecnico: James MC LEAN. Reti: 23' e 38' Roberto PRUZZO, 58' rigore Agostino DI BARTOLOMEI. Ammoniti: 3' Maurice MALPAS, 46' Aldo MALDERA.
GARA DI RITORNO
GARA DI RITORNO
DINAMO BUCAREST: Dumitru MORARU (cap.), Mircea REDNIC, Nelu STANESCU, Ionel AUGUSTIN, Alexandru NICOLAE, Ion MARIN, Cornel TALNAR, Ioan ANDONE, Marin DRAGNEA, Lica MOVILA [71' Gheorghe MULTESCU], Costel ORAC [85' Gheorghe IAMANDI] Commissario tecnico: Nicolae DUMITRU.
LIVERPOOL: Bruce GROBBELAAR, Philip NEAL, Alan KENNEDY, Mark LAWRENSON, Ronald WHELAN, Alan HANSEN, Kenneth DALGLISH [93' Michael ROBINSON], Samuel LEE, Ian RUSH, Craig JOHNSTON [69' Stephen NICOL], Graeme SOUNESS (cap.) Commissario tecnico: Joseph FAGAN. Reti: 14' Philip NEAL, 43' Roberto PRUZZO. Sequenza dei rigori: Stephen NICOL (alto), Agostino DI BARTOLOMEI (realizzato), Philip NEAL (realizzato), Bruno CONTI (alto), Graeme SOUNESS (realizzato), Ubaldo RIGHETTI (realizzato), Ian RUSH (realizzato), Francesco GRAZIANI (traversa), Alan KENNEDY (realizzato). Ammoniti: 31' Philip NEAL, 55' Agostino DI BARTOLOMEI.
LIVERPOOL: Bruce GROBBELAAR, Philip NEAL, Alan KENNEDY, Mark LAWRENSON, Ronald WHELAN, Alan HANSEN, Kenneth DALGLISH [73' Stephen NICOL], Samuel LEE, Ian RUSH, Craig JOHNSTON, Graeme SOUNESS (cap.) Commissario tecnico: Joseph FAGAN. Reti: 11' Ian RUSH, 40' Alexandru NICOLAE, 75' Ian RUSH. Ammoniti: 18' Ion MARGINEAN, 65' Alexandru NICOLAE, 73' Craig JOHNSTON.
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ROMA: Franco TANCREDI, Emidio ODDI, Ubaldo RIGHETTI, Sebastiano NELA, Agostino DI BARTOLOMEI (cap.), Aldo MALDERA, Bruno CONTI, TONINHO CEREZO, Roberto PRUZZO, Odoacre CHIERICO, Francesco GRAZIANI Commissario tecnico: Nils LIEDHOLM.
GARA DI ANDATA
GARA DI ANDATA
SPECIALE COPPA DEI CAMPIONI / 1982-1983
ROBERTO PRUZZO
Joe Fagan
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ACCADDE A...
di Thomas SACCANI
Frank Rijkaard STELLA OLANDESE Rijkaard, uno dei tanti fuoriclasse visti al Diavolo...
foto Agenzia Liverani
CI PENSA FRANK… 78
Coppa Intercontinentale 1990, il Diavolo demolisce l’Olimpia Asuncion… Calcio 2OOO
ACCADDE A.../ Frank Rijkaard ma gli attacchi, tanto temuti da Sacchi, non riescono a trovare spazio, complice una difesa italiana da applausi. Il Diavolo ne approfitta e, su grande azione di Van Basten, è Stroppa ad insaccare il 2-0 (62’). I conti li chiude, tre minuti più tardi, ancora Rijkaard (tuffo di testa su secondo palo di Van Basten). Non c’è più storia. Il trofeo va, per la terza volta, al Milan (1969, 1989 e, appunto, 1990), con Rijkaard eletto miglior giocatore del match. La Gazzetta dello Sport, il giorno seguente, rende onore alla corazzata di Sacchi con un titolo inequivocabile: “Gran bis mondiale, Milan infallibile”. Non lesina complimenti anche il Corriere dello Sport con un sontuoso: “Mondomilan”. Felicissimo il patron Berlusconi, al suo sesto titolo internazionale in due stagioni: “Che delizia gli olandesi”, dichiara il numero uno del Diavolo, decisamente al settimo cielo per l’ennesima impresa della sua squadra. Si gode il successo anche Sacchi che ammette: “Non ho mai dubitato della vittoria anche se c’è stato un certo disorientamento dopo l’incidente a Maldini”. La grande verità arriva dalla bocca di Baresi, l’anima del Diavolo: “Volete sapere perché continuiamo a vincere? Perché non siamo mai appagati, perché guardiamo sempre avanti”. Il Milan resta il miglior prodotto calcistico in circolazione. Un esempio
per tutti. Lo confermano, sempre nel post match, le parole di Guaschi, capitano dell’Olimpia: “A centrocampo quelli del Milan sono dei mostri. Dopo il primo tempo, si sono scatenati e per noi non c’è stato nulla da fare”. Monzon, attaccante paraguaiano, fa sapere invece di avere un sogno. Venire dove giocano i mostri: “Firmerei subito un contratto con un club italiano. Il vostro calcio piace a tutti ed è quello in cui giocano i migliori”. A distanza di tanti anni, si può affermare, con assoluta certezza, come quella grande prova contro l’Olimpia sia stata, a conti fatti, il canto del cigno del meraviglioso e inimitabile Milan griffato Arrigo Sacchi. L’ultimo trionfo, probabilmente il più splendente e vero, proprio come era quella creatura che ha dominato ovunque nel mondo… MILAN – OLIMPIA ASUNCION 3–0 (1-0) Reti: 43' Rijkaard, 62' Stroppa, 65' Rijkaard MILAN: Pazzagli, Tassotti, P. Maldini (25' F.Galli), Carbone, Costacurta, Baresi, Donadoni (82' Gaudenzi), Rijkaard, Van Basten, Gullit, Stroppa. All. Sacchi. OLIMPIA ASUNCION: Almeida, Caceres, M.Ramirez (48' Chamas), Suarez, Fernandez, Guasch, Jara Heyn (65' C.Cubilla), Balbuena, Amarilla, Monzon, Samaniego. All. A.Cubilla. Arbitro: Wright (Brasile) Note: spettatori 60.300
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dicembre 1990, un’altra data storica per il blasonato Milan. Con Sacchi ancora in sella, il Diavolo riconquista la finale di Coppa Intercontinentale. Questa volta, sulla strada dei rossoneri, c’è l’Olimpia Asuncion dello stratega Cubilla. Il tecnico uruguaiano, in patria, è considerato un mago, al pari di Sacchi. C’era lui alla guida dell’Olimpia, nel 1979, anno dell’unica Coppa Intercontinentale conquistata dai Rey de Copas. E c’è ancora lui, alla guida dell’Olimpia che punta a scalzare il Milan dal tetto del mondo. Il popolo bianconero chiede, a gran voce, la conquista del trofeo Intercontinentale, a distanza di 11 anni dall’unico successo (edizione 1989). Cubilla ha preparato al meglio la sfida: “Contro il Milan non devi sbagliare nulla, devi cercare di non farli giocare”, dichiara, ad una TV locale, qualche giorno prima della finalissima. Di fronte, tuttavia, c’è il Diavolo dei tre olandesi, ossia Rijkaard, Van Basten e Gullit, a caccia del terzo alloro (il secondo consecutivo). La gara si disputa al National Stadium di Tokyo, in Giappone. Viene data, in diretta televisiva, su Italia 1. C’è tanta attesa per capire se il Milan è ancora quella super compagine abilissima a non fallire mai negli appuntamenti che contano, soprattutto se, in palio, c’è un titolo internazionale. I rossoneri devono fare a meno di Ancelotti e, soprattutto, Evani, goleador nella precedente edizione (contro il Nacional Medellin). Sacchi, a poche ore dal match, elogia i suoi avversari: “È una squadra camaleontica. Ha cultura calcistica e ha un buon collettivo. In attacco credo si possa dire che ha delle individualità migliori rispetto a quelle del Medellin di un anno fa”, spiega ai microfoni della TV della proprietà rossonera. L’inizio non è dei più confortanti. Maldini, uno dei pilastri della difesa, si infortuna e deve lasciare il campo dopo pochi minuti (problema alla spalla, dovrà star fermo per due mesi). I paraguaiani applicano una strategia chiara e ben delineata: fermare, con ogni mezzo, ogni avanzata rossonera. Il fortino dell’Olimpia resiste fino al 43’ della prima frazione. A scardinarlo ci pensa l’accoppiata GullitRijkaard. Sgroppata del ricciolone e perfetto cross per Frank che non sbaglia: 1-0 Milan. L’Olimpia, nonostante la rete di svantaggio, non cambia atteggiamento
Silvio berlusconi e Frank Rijkaard Calcio 2OOO
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DOVE SONO FINITI DANIELE DAINO SQUADRE IMPORTANTI
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Milan, Napoli, Perugia, Bologna, Daino si è fatto notare...
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di Stefano BENETAZZO
DOVE SONO FINITI / DANIELE DAINO
LA LEZIONE DI DAINO
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Ragazzino prodigio, un po’ di sfortuna ma tanti progetti da realizzare…
no dei migliori giovani, tra i più forti terzini destri degli ultimi tempi, che ha giocato con fuoriclasse straordinari, dando sempre il massimo per conquistarsi il posto in squadra, pensando a se stesso per raggiungere i propri obiettivi. Stiamo parlando di Daniele Daino, che ripercorre in esclusiva per Calcio2000 la sua carriera, tra soddisfazioni, rimpianti, delusioni e… numerosi progetti.
Hai sempre voluto fare il calciatore? Ti ispiravi a qualcuno in particolare? “Sì è sempre stato nella mia testa. Non mi sono mai ispirato a nessuno, prendevo spunto dagli altri per migliorarmi ma pensavo solo a me stesso”.
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Sono stato sfortunato, mi ero laureato Campione d’Europa nel 2000 con Tardelli C.T. e poi mi feci male
Hai esordito in prima squadra il 23/10/1996 (Reggiana-Milan 0-2), sedicesimi di finale di Coppa Italia. “Mi allenavo già da tempo con la prima squadra e Tabarez non ci aveva pensato due volte a farmi esordire. È stata una serata molto bella ed emozionante. È un ricordo sempre vivo dentro di me”. Immagino che si stava realizzando un sogno…
L’esordio in Serie A con il Milan ancora contro la Reggiana (3-1), l’11/5/1997: cosa ha rappresentato? “Subentrai a un certo Desailly, con Sacchi in panchina che aveva preso il posto dell’esonerato Tabarez. Stavo esordendo nella squadra più vincente al mondo, in mezzo a grandi campioni e con il grande Milan in campo, me lo porterò sempre nel cuore e di questo devo ringraziare Sacchi che aveva visto in me delle potenzialità. Da quel momento giocai le restanti 5-6 partite subentrando sempre. Questo mi fece capire il grande piacere di giocare in mezzo a quei campioni e fece crescere la convinzione di poterci stare, come poi avvenne la stagione seguente con Capello. Purtroppo non sono stato fortunato, giocai nel Milan quando la squadra attraversava anni sabbatici mentre quando vinceva io ero in prestito in altre piazze”. foto Agenzia Liverani
Sei cresciuto nel Milan, che ricordi conservi degli inizi? “Ricordi molto belli, è stato un percorso molto impegnativo perché sono uscito di casa volutamente a 11 anni; all’epoca per i fuori regione non c’erano limiti d’età, se eri bravo potevi essere comprato da squadre professionistiche. Per primo mi voleva il Torino, avevo provato all’Inter, alla Juve doveva ancora nascere il settore giovanile e il Milan è stato il più convincente, erano i primi anni di Berlusconi e gli investimenti erano importanti, assieme a me c’erano Maccarone e Miccoli, giocatori di spessore. È stato molto bello ma faticoso, dato che per cinque anni rimasi in collegio a Lodi fino a quando non mi trasferii stabilmente a Milanello a 16 anni”.
“Sapevo di avere qualità fisiche, tecniche e atletiche importanti per potercela fare, avevo messo nel mirino di giocare nel Milan il prima possibile, era un mio obiettivo e l’ho raggiunto, e mi riempie d’orgoglio esserci riuscito così presto. All’epoca non era facile giocare nel Milan, il contrario di quanto succede oggi: nove undicesimi degli attuali titolari in quel Milan non giocherebbero”.
Nel Milan hai giocato con grandissimi campioni, chi ti ha aiutato di più? “Devo dire che ci sono stati cinque giocatori che mi hanno aiutato Calcio 2OOO
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DOVE SONO FINITI / DANIELE DAINO tantissimo, mi davano sempre dei consigli per migliorarmi: Desailly, Boban, Weah, Baggio e Rossi. Non li dimenticherò mai. Ho ricevuto invece meno dai vari Maldini, Costacurta, Albertini, non so per quale motivo”.
ti tirano fuori dalla cerchia. A me è successo questo, ho capito e ho smesso. Da quel momento ho iniziato a studiare diventando allenatore”. Capitolo Nazionale: hai fatto tutta la gavetta, dall’Under 15 all’Under 21, ma è mancato l’ultimo salto. Dispiaciuto? “Sono stato sfortunato, mi ero laureato Campione d’Europa nel 2000 con Tardelli C.T. e poi mi feci male. Mi fa piacere ricordare che anni fa Trapattoni, stilando la nazionale del futuro per conto de La Gazzetta dello Sport, mi aveva inserito stabilmente nel ruolo di terzino destro. Comunque dalle cose belle e dai dispiaceri sono nate nuove risorse dentro di me”.
Dal Milan sei passato prima al Napoli e poi al Perugia prima del ritorno in rossonero. “Napoli è stato il mio primo prestito secco per un anno dal Milan: è una piazza importate dove si vive di calcio 365 giorni l’anno. Giocai tutte le partite e venni premiato come miglior giocatore della stagione, un bel motivo d’orgoglio. Ricordo che Ulivieri un giorno disse: “Come è possibile che un ragazzo di 19 anni riesca a giocare con tranquillità dentro uno stadio simile?”. A Perugia invece giocai dieci partite con medie voto altissime prima di infortunarmi al tendine rotuleo (lo stesso infortunio di Ronaldo, ndr) che mi tenne fuori un anno e mezzo e mi fece perdere il grande treno. Era un calcio che non esiste più”. foto Agenzia Liverani
Hai tentato anche l’esperienza estera, al Derby County: cosa ti spinse a questa scelta? “Andai in prestito secco dal Milan per un anno, ed è stata la prima esperienza dopo l’infortunio. Conservo un bellissimo ricordo, bellissimi stadi ma la tipologia di gioco non era quella giusta per me, dovevo ricominciare dall’Italia, ma il Dio moneta mi convinse a scegliere l’estero. Sicuramente è un’esperienza che non rifarei a 20 anni”.
Come giudichi la tua carriera, hai rimpianti o sei soddisfatto? “Il mio rimpianto è caratteriale, non sono mai stato uno tipo Montolivo, che deve arruffianare per giocare, io giocavo perché mi sentivo forte e non calcolavo nessuno, dominavo di prepotenza fisica e tecnica mettendo in condizione l’allenatore di farmi giocare. Sarebbe il massimo poter ricominciare adesso la mia carriera, sarei adatto per questo sistema di calcio”. Chi è stato il miglior allenatore che hai avuto? “In assoluto il più preparato è Renzo Ulivieri, un vero Maestro di calcio, seppur ho avuto tanti bravi allenatori che hanno vinto come Capello, Mazzone, Tabarez ma il bagaglio che ho acquisito l’ho rubato a Ulivieri; simile a lui oggi vedo Maurizio Sarri”.
Il ritorno in Italia con le maglie di Ancona, Bologna e Modena: a chi è legato il ricordo migliore? “Bologna è stata importantissima, tra l’altro qui Hai da poco aperto una scuola calcio denomiconobbi mia moglie ed è nata mia figlia ma annata “Daino Soccer Academy”, ce ne vuoi parche Ancona con Gigi Simoni, dove ottenemmo la lare? All’epoca promozione in Serie A all’ultima giornata a Livor“È un bel progetto, aperto da poco più di un mese, e non era fano, davanti a più di 20.000 anconetani, segnanvoglio fare in modo che i giovani imparino il gioco cile giocare do il gol del definitivo 1-1 che ci diede la certezza del calcio, dando una mano per rafforzare la loro nel Milan, il e ottenendo anche il riconoscimento come miglior psicologia, stando assieme, rispettando le regole e contrario di giocatore della stagione, così come a Bologna nel gli spazi; cercherò di portare qualcuno sul granquanto succede 2007-08. Lasciai un buon ricordo in tutte le piazze de palcoscenico, se ne avranno le possibilità e le oggi dove giocai perché facevo la differenza seppur da qualità. Poi ho tanti altri progetti, nelle scuole, fare terzino non era facile, ma ho ancora ritagli di giorcomunicazione, realizzare campus estivi”. nale in cui nelle pagelle prendevo 8, cosa che non vedo più nel calcio di oggi. Penso ad Abate o De Sciglio, non arriveranno mai Quali altri sogni conservi nel cassetto? ad essere eletti migliori in campo”. “Avevo portato un bellissimo progetto negli Emirati Arabi per conto del Milan che mi è stato bloccato in quanto Berlusconi ha deciso Gallipoli e Alessandria sono state le ultime esperienze… di vendere il marchio rossonero proprio mentre stavo per chiudere “È subentrato un circuito sbagliato, quando ti fai qualche nemico un progetto di primissimo livello, che ora rifarò per l’Italia”.
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DOVE SONO FINITI / DANIELE DAINO
101 PRESENZE CON IL BOLOGNA
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Daino ha indossato la casacca rossoblù dal 2004 al 2008...
LA CARRIERA DI DAINO Di Stefano Benetazzo
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aniele Daino è nato ad Alessandria l’8 settembre 1979. Cresciuto calcisticamente nelle giovanili del Milan, dove “Ero uno dei migliori giovani, tra i più forti”, arriva in prima squadra direttamente dagli allievi nazionali, senza aver mai giocato né in Primavera né il Torneo di Viareggio. Dal Milan è andato in prestito al Napoli, per poi giocare con un formidabile Perugia che scucì uno storico scudetto alla Juve all’ultima giornata, assieme a giocatori del calibro di Amoruso, Melli, Calori, Olive, Mazzantini, Rapaic, Nakata e con Mister Mazzone in panchina prima del ritorno in rossonero e del nuovo prestito al Derby County. Ancona, Bologna, Modena, Gallipoli e Alessandria le altre sue squadre, fino al ritiro nel 2012. Ha giocato in tutte le nazionali giovanili, dall’Under 15 all’Under 21, ma senza mai far parte della maggiore a causa di un lungo infortunio al ginocchio. Appese le scarpette al chiodo, è diventato allenatore e ha da poco fondato una scuola calcio a Riccione, la “Daino Soccer Academy”.
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Uno dei migliori giovani del vivaio rossonero, ora insegna calcio…
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LIGA SPAGNA
IL DRAGONE CONQUISTA BARCELLONA
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a Cina è vicina, quando Marco Bellocchio ha scelto questo titolo per il suo film del 1967 sicuramente non credeva che sarebbe tornato utile per spiegare il quadro del calcio mondiale. Basta darsi un'occhiata attorno per capire che il Dragone non sta a guardare, è notizia abbastanza recente la scalata all'Atletico che il Dalian Wanda Group ha intrapreso, 20% della società già in mano cinese, quello che però sta avvenendo a Barcellona è ancora più clamoroso. Abbiamo detto di Dalian, società che fa capo al ricchissimo 84
Calcio 2OOO
Wan Janlin, uomo più danaroso di Cina, l'Espanyol sta invece finendo nelle mani di un uomo meno potente. Ma non per questo meno organizzato. Vi presentiamo Chen Yasheng, capitano del gruppo Rastar. Quando pensiamo ai nuovi presidenti stranieri siamo soliti immaginare uomini di sconfinata ricchezza, Psg e Manchester City fanno scuola, in questo caso ci troviamo di fronte a un uomo certamente facoltoso ma non a livelli clamorosi. Posizione 254 nella classifica degli uomini di ricchi del mondo, graduatoria firmata Forbes, vi chiederete come abbia accumulato i suoi 1,062 miliardi di
Yasheng Chen
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Anche l'Espanyol diventa cinese. come cambia la Liga
di Paolo BARDELLI
I TEMPI CAMBIANO
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Investitori stranieri anche in terra iberica...
euro. Ve lo diciamo noi: modellini di automobili. Sì, avete capito bene, è questo il core business di Rastar, che poi si è allargata mirando all'intrattenimento in senso più largo, arrivando al mercato dei videogame. Ma il modellismo resta il marchio di fabbrica, basta dare un'occhiata alla pagina aziendale sul sito Alibaba. Altro nome che vi ricorda qualcosa, si è infatti parlato molto del suo patron Jack Ma nei mesi scorsi, un'ascesa impossibile da frenare, tanto che recentemente è stato acquisito Youku Toudou, lo youtuber cinese. Mister Alibaba si arricchisce, nonostante la contrazione dei consumi in Cina, facendo arricchire chi gli sta intorno. I 45 milioni di euro con i quali Rastar ha messo le mani sul 45'1 dei Periquitos viene proprio dalle vendite online sul noto portale. Un'operazione che appare ragionata, senza fretta, considerato che i due presidenti uscenti Sanchez Llibre e Condal nell'immediato manterranno un ruolo operativo per poi essere gradualmente accantonati. Attualmente il
gruppo cinese non ha la maggioranza assoluta delle quote societarie, ma l'obiettivo è quello, forte di un fatturato in continua crescita nel 2014. Abbiamo parlato più volte delle condizioni difficili nelle quali versa il calcio spagnolo e il club di Barcellona ha i suoi bei problemi. 140 milioni di debito con l'erario spagnolo, una parte è stata rateizzata, Rastar ha prontamente immesso 12 milioni per tamponare la falla. Questo è un provvedimento che vale nell'immediato, ma ci sono piani nel lungo periodo. Ma perché la Cina investe sul calcio? A spiegarcelo in maniera abbastanza chiara è David Wang, Presidente del Pavia: "Noi non siamo arrivati qui per investire nel calcio. A noi interessa maggiormente il territorio piuttosto che lo sport vero e proprio. Pavia era una zona di nostro interesse, l’acquisto della squadra è stato un passo successivo". Da Pavia all'Espanyol, passando per Ado den Haag e Slavia Praga. Ed è solo l'inizio, visto che Mister Bee è tailandese di passaporto ma ha il suo portafogli in Cina. Le ragioni di tale strategia ad ampio spettro vanno ricercate nella nuova politica di Xi Jinping, premier che va matto per il calcio. Non è certamente la sola passione a smuoverlo ma la consapevolezza che questo business possa aumentare l'influenza cinese, a livello economico e politico. Partito e capitale che vanno a braccetto in un rapporto che avvantaggia entrambi, c'è la volontà di costruire qualcosa di grosso. È notizia di questi giorni il via al progetto Global Legends Academy, il grande piano per far crescere il calcio nel paese del Dragone. Dietro ci sono i soldi di Mister Bee, legato a doppio filo alla politica cinese. Molto attivi fondi di investimento quali il noto Doyen Sport, che rappresenta la graduale apertura alle politiche di mercato, ma occhio al China Citic Bank, nome che fa capo al governo cinese. E il Milan deve farci i conti. Spregiudicati imprenditori ed economia pianificata, la Cina marcia verso il futuro e lo fa con le idee chiare. Parlando di presidenti stranieri si tende a pensare a padroni che potrebbero buttare via il gioco dopo essersi stufati, i tifosi dell'Espanyol si augurano non sia così e proprio per le ragioni che abbiamo sottolineato le speranze potrebbero concretizzarsi. Il club biancoblù naviga a vista da anni, casse anoressiche e risultati sportivi modesti, con la metà della
SANGUE BLAUGRANA L’amore per il Barça in un libro…
La passione per il calcio internazionale è diventata negli ultimi anni sempre più comune in Italia, merito del maggior spazio che i media riservano ai campionati stranieri ma il vero motore è la passione di chi ama una squadra nonostante i chilometri di distanza. Questo è il caso di Antimo De Salve, medico di professione e blaugrana per vocazione, che ha fondato la Penya Lombarda FC Barcelona e al suo libro "Sangue Blaugrana" affida le ricordi, aneddoti e passione per la squadra del cuore. Un club a misura d'uomo, con un occhio alla solidarietà, una vera filosofia di vita, più di una semplice squadra. "Més que un club" per dirla con il motto dei catalani. Una storia d'amore che merita di essere raccontata, per scoprire di più sul Barcellona e sui sentimenti che il calcio sa far crescere. Il business è tanto, ma non è ancora tutto. classifica come orizzonte più audace. Sta finendo l'era del presidente "padrepadrone", figura familiare dalle nostre parti, la nuova era è legata a fondi misteriosi e strategie globali. Ci auguriamo che per l'Espanyol sia finalmente arrivato il momento di pensare in grande. Le parole di Daniel Sanchez Llibre sembrano rassicuranti: "Sono molto felice, la Rastar Group è una società seria e che nel giro di pochi anni vuole portare l’Espanyol tra le big della Spagna. Inoltre nel giro di poco tempo, grazie ad un contratto particolare, cancelleremo il debito con la Hacienda". In bocca al lupo. Pardon, al Dragone. Calcio 2OOO
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PREMIER LEAGUE INGHILTERRA
BIG PROBLEM NEWCASTLE Stagione delicata per un club dalla storia imponente…
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ghilterra è rappresentato senza dubbio dai tifosi, tra i più fedeli e calorosi d'Europa. C'è addirittura chi dice che si rischi un singolare effetto boomerang, ovvero che il troppo affetto si possa rivelare dannoso. In realtà le critiche, anche pesanti, soprattutto nei confronti del patron Mike Ashley non mancano. L'imprenditore, originario del sud del Paese, viene accusato di pensare solo a sfruttare il Newcastle come veicolo pubblicitario per la sua società, la Sports Direct, che in effetti negli ultimi anni si è affermata
Steve McClaren
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n inizio di Premier da incubo. Nessuna vittoria in due mesi, ultimo posto in classifica e polemiche a non finire nei confronti della dirigenza. Eppure quando siamo andati al St James' Park per seguire dal vivo Newcastle vs Norwich sugli spalti c'erano quasi 50mila persone, che dall'ingresso in campo dell'undici bianconero non hanno fatto altro che incitare i propri beniamini. Potenza della Toon Army (e più in generale del calcio inglese). Negli ultimi anni l'asset più importante in dotazione del club del nord-est dell'In-
di Luca MANES
CHE STORIA…
ASHLEY CRITICATO
Il patron del Newcastle è decisamente sotto accusa...
foto Liverani
Il Newcastle ha un passato decisamente glorioso…
foto Liverani
indietro. Sullo sponsor invece non ci ha ripensato. La Wonga è una società che presta denaro a breve termine a tassi molto elevati e non è proprio amatissima in una ragione dove ci sono importanti sacche di povertà...
come prima catena di articoli sportivi del Regno Unito. Invece di ragionare in grande, Ashley si accontenterebbe di vivacchiare, cedendo i pezzi migliori dell'argenteria di famiglia appena si presenta l'occasione buona (come accaduto per Cabaye e Debuchy). L'ultima campagna acquisti potrebbe ingannare, visti i tanti soldi spesi per Mitrovic, Wijnaldum e Thauvin. Ma non ci dobbiamo scordare che la squadra lo scorso anno si è salvata solo all'ultima giornata. Per la precisione grazie a una vittoria di misura sul West Ham, con goal di Jonas Gutierrez. Uno degli idoli della Toon Army, reduce da un'operazione di tumore, del quale Ashley si è sbarazzato postando una news sul sito del club in cui comunicava che non gli avrebbe rinnovato il contratto. Di mosse impopolari il proprietario delle Gazze ne ha inanellate parecchie. Quando ha rinominato lo stadio Sport Direct Arena tutta una città gli si è rivoltata contro – e infatti ha dovuto fare un passo
Al St James' Park abbiamo notato supporter con la scritta dello sponsor “cancellata” o che vestivano maglie alternative auto-prodotte, rigorosamente senza alcuna pubblicità “molesta”. Nonostante le difficoltà in classifica, tutti credevano ciecamente nell'enfant terrible Mitrovic e nel talento dei Paesi Bassi Wijnaldum. Siamo stati testimoni di una prova egregia di entrambi, con il secondo addirittura autore di un fragoroso poker di reti nel 6-2 finale. A proposito dell'ex centrocampista del PSV, quello dei giocatori olandesi è il trend del momento. Fino a qualche tempo fa abbondavano i giocatori francesi, con picchi di 11 in rosa (e record della Premier di 13 reti consecutive segnate da calciatori transalpini). E qui arriviamo a un'altra delle note dolenti per un'intera regione, ovvero la mancanza di talenti nati e cresciuti nel nord-est, sia Newcastle che altrove. Senza voler andare troppo in là nel tempo, prima c'erano i fratelli Charlton, Bryan Robson, Gazza Gascoigne, Chris Waddle, Peter Beardsley e Alan Shearer. Ora c'è “Ginger Pirlo” Michael Colback. Da quanto abbiamo potuto appurare di persona, paragonandolo all'ex numero 21 di Milan e Juventus si commette un evidente reato di lesa maestà. Come temo sappiano bene anche gli esponenti della Toon Army...
Alan Shearer
Sembra incredibile, ma sono 60 anni che il Newcastle non vince un trofeo, se si fa eccezione per la Coppa delle Fiere del 1969. Generazioni e generazioni di tifosi che sono rimaste a bocca asciutta, nonostante spesso le premesse per il successo ci fossero eccome. Basti pensare alla Premier 1995-96, quando le Gazze buttarono alle ortiche un vantaggio di 12 punti sul Manchester United. O alle tre finali di FA Cup perse nella parte conclusiva del secolo scorso. Nemmeno il grande Alan Shearer (206 reti e 405 presenze in 10 anni al St James' Park) è riuscito a ribaltare questo trend negativo. Ben altre soddisfazioni si tolse il suo predecessore, “Wor” Jackie Milburn, protagonista del tris di trionfi in FA Cup fra il 1951 e il 1955 – ma che si fermò a 201 goal realizzati. Milburn, le cui ceneri sono state sparse sul campo del St James' Park, era il cugino della mamma di Bobby e Jackie Charlton, due tra alcuni dei grandi giocatori nati e cresciuti da queste parti che non hanno mai vestito la maglia della squadra per cui facevano il tifo da bimbetti o che si sono trasferiti altrove (tanto per citarne alcuni, Gazza Gascoigne e Chris Waddle) al principio della loro carriera. Un centinaio di anni fa le stelle locali, invece, rimanevano nel nord est per conquistare il titolo di campioni d'Inghilterra (tre fra il 1905 e il 1909). Il quarto campionato computato nell'albo d'oro risale al 1927. Quando il Tyne Bridge, il ponte che è un po' l'icona della città, non era stato ancora completato... Calcio 2OOO
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BUNDESLIGA GERMANIA
IL NUOVO IDOLO
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er tanti anni i lussemburghesi e i tifosi di alcune squadre di Serie A o B hanno cantato la famosa canzoncina dal titolo 'La vie c’est fantastique quando segna Mario Frick'. Un coro che i tifosi del Dortmund adesso potrebbero tranquillamente modificare in 'La vie c'est fantastique quando segna Pierre-Emerick'. Arrivato in Germania nel luglio del 2013 dal St. Etienne (con la maglia dell'Asse 82 presenze e 39 hurrà) per la cifra di 13 milioni di euro, Aubameyang è alla sua terza stagione con la maglia giallonera. Un rendimento 88
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in crescendo quello del ragazzo classe 1989 di Laval, che dopo un primo anno da 16 goal complessivi (13 Bundesliga), l'anno scorso, nella stagione conclusiva e meno soddisfacente dell'era Klopp, è riuscito nonostante tutto a migliorarsi ed a siglare 25 goal (16 in Bundesliga). È però nel 2015-2016, con Tuchel in panchina e con un Dortmund tornato ai livelli che gli competono, che Pierre sta dando il meglio di sé. Quando non siamo nemmeno a metà stagione Aubameyang ha già messo a segno 14 reti in Bundesliga, 22 complessive. Non gli sarà quindi difficile migliorarsi da qui
Shinji Kagawa
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Il Borussia Dortmund in coro: “La vie c'est fantastique quando segna Pierre-Emerick!”…
di Flavio SIRNA
RINASCITE E BUONE NUOVE
SUPER AUBAMEYANG Cresciuto al Milan, è la stella del Dortmund...
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al prossimo giugno. Quando, siamo sicuri, alla porta del Borussia busseranno nuovamente molte squadre, nonostante lo scorso luglio il gabonese abbia prolungato il proprio contratto sino al giugno del 2020 (con l'Arsenal pronto a mettere sul piatto circa 45 milioni). In primis potrebbe esserci il Liverpool di Klopp: non è infatti un mistero che tra le prime richieste di Jurgen alla dirigenza della Kop ci sia stata quella di avere nuovamente a disposizione qualcuno degli elementi che hanno contribuito ai suoi successi in terra teutonica. Aubameyang però, visto il ruolo da prima donna (e di punta centrale titolare) conquistato adesso al Dortmund, difficilmente vorrà lasciare la Germania. A fargli cambiare idea però potrebbe essere la mancanza di successi a livello di squadra. Ed ecco allora tornare in auge Klopp ed Liverpool: un'esperienza che però Pierre sarà eventualmente disposto ad accettare solamente nel momento in cui gli verranno fornite del-
le precise garanzie dal punto di vista tecnico: non è infatti un mistero che ai tempi del Dortmund il ragazzo abbia sofferto la presenza di Lewandowski, che lo costringeva a giocare da esterno nel tridente d'attacco e non da centrale, ruolo che predilige. Non lo ha mai considerato invece un prediletto il Milan: arrivato nella Primavera nel 2007, si mise subito in mostra laureandosi capocannoniere (con 7 goal in 6 partite) nella Champions Youth Cup, (una sorta di campionato del Mondo per Club Under 19). Un rendimento che non ha mai convinto i tecnici rossoneri che si sono avvicendati nel tempo (Ancelotti, Leonardo ed Allegri) a farlo esordire in prima squadra e che ha successivamente convinto la dirigenza a cederlo perché non considerato abbastanza bravo per fare parte della prima squadra. Prestito al Dijon nel 2009 (34 presenze e 8 goal in Ligue 2), al Lille nel 2010 (14 presenze e 2 goal), al Monaco nel 2011 (19 presenze e 2 goal) ed infine al St. Etienne nel 2012, con quest'ultimi che hanno deciso di esercitare il diritto di riscatto a metà della stagione 2011, versando nelle casse di via Aldo Rossi la cifra di 1,8 milioni di euro. La rivincita nei confronti del Diavolo 'Batman Aubameyang' (l'uomo pipistrello è il suo idolo, tanto da esultare spesso dopo un goal indossando la sua maschera) se l'è presa sia sul campo che tramite i social network: lo scorso ottobre infatti, tramite il proprio profilo ufficiale di Twitter, ha 'retwittato' un messaggio di un suo fan che recitava: "Nel 2011, l’AC Milan ha venduto Aubameyang al SaintEtienne perché non considerato 'abbastanza bravo per la prima squadra'…". Fossero andate diversamente le cose sarebbero stati i tifosi della Curva del Milan a poter cantare 'la vie c'est fantastique quando segna Pierre-Emerick'...
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Thomas Tuchel
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Dal “vecchio” Kalou al giovane Malli, la Bundes regala tanti spunti d’interesse…
JAVIER Hernandez
Come sovente accade anche quest'anno in Bundesliga non stanno mancando le sorprese. In primis c'è da sottolineare la rinascita dell'attaccante ivoriano classe 1985 Salomon Kalou. Arrivato all'Hertha Berlino nell'estate del 2014, l'ex Lille nel corso della sua prima stagione non ha affatto convinto, siglando solamente 6 reti. Ha invece ingranato la quinta marcia nel 2015-2016: i suoi sette goal stanno infatti trascinando la squadra della Capitale, arrivata addirittura a sognare un piazzamento europeo. L'aria della Germania e la maglia da titolare nell'attacco del Bayer Leverkusen stanno facendo bene anche al messicano Javier Hernandez. Il Chicharito infatti ha già esultato per ben 10 volte (4 in Bunde, 4 in Champions e 2 in Coppa di Germania), diventando subito l'idolo della curva delle Aspirine e soffiando la maglia da titolare nientemeno che al senatore Kiessling. Tra le novità impossibile non parlare del classe 1992 turco Yunus Malli. Trequartista del Mainz, sta facendo stropicciare gli occhi dei tanti addetti ai lavori per la capacità sia di andare a segno che di servire i compagni, in particolar modo la punta centrale nipponica Yoshinori Muto (anch'egli classe 1992). Infine menzione d'obbligo anche per il 27enne ivoriano del Colonia Anthony Modeste, per il nigeriano del Werder Brema Anthony Ujah (guarda caso ex Mainz e Colonia) e per l'esperto capitano del Darmstadt Marcel Heller.
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LIGUE 1 FRANCIA
CHE BEL MACELLO…
I
l calcio, dopo quanto accaduto a Parigi la notte del 13 novembre, è comprensibilmente l’ultimo tra i pensieri del popolo francese. Tuttavia, come spesso si dice in questi casi, lo spettacolo “deve” andare avanti e dunque, inevitabilmente, il “pallone” tornerà ad essere tra i principali argomenti di discussione e di svago, anche sotto la Tour Eiffel. Si avvicinano infatti i Campionati Europei che, al netto dei timori relativi all’ordine pubblico, si apprestano ad essere i primi di una nuova era, con la partecipazione – per la prima 90
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volta nella storia – di 24 Nazionali e non più di 16. Una sorta di rivoluzione che, appunto, vivremo tutti per la prima volta l’estate prossima. La marcia d’avvicinamento dei ‘Bleus’, però, è stata inevitabilmente turbata dalla celebre vicenda del sextape, che ha coinvolto molto da vicino Karim Benzema e Mathieu Valbuena, tra i componenti della Nazionale più amati in terra transalpina. Il fatto è ben noto: un video ‘hot’ contenente le immagini di un rapporto intimo tra il giocatore del Lione e della Nazionale Valbuena e la compagna, è finito
Karim Benzema
foto Image Sport
La Francia deve fare i conti anche con il “caso Benzema”…
di Renato MAISANI
foto Image Sport
Oltre ai fatti di Parigi, anche crisi interne alla squadra francese...
nelle mani sbagliate ed il calciatore è stato ricattato: 150.000 euro la cifra richiesta all’atleta per evitare la divulgazione della registrazione. A rendere la ‘vicenda sextape’ ancor più inquietante e grottesca è stato però il coinvolgimento di Karim Benzema. L’attaccante del Real Madrid è stato infatti posto in stato di fermo con l’accusa (poi confermata dallo stesso Benzema) di aver ricoperto il ruolo di mediatore tra un amico d’infanzia, in contatto con i ‘ricattatori’ in possesso del video, e lo stesso Valbuena. “Se vuoi che il video sia distrutto, il mio amico Zenati verrà a trovarti a Lione e sistemerai tutto con lui: niente polizia o avvocati”: queste le parole pronunciate al telefono e che hanno messo nei guai Karim Benzema il quale, adesso, rischia fino a 5 anni di carcere per aver preso parte, seppur nei panni di mediatore, al tentativo di estorsione. Una situazione grottesca che adesso diventa un problema anche per il c.t. Didier Deschamps: Valbuena, infatti, oltre ad essere un ido-
lo tra i fans dei ‘Galletti’, è anche la parte lesa della vicenda e non potrà certo essere punito con un’esclusione dalla Nazionale. Punizione che, a questo punto, appare quasi certa invece per Karim Benzema, destinato a dire addio agli Europei. Proprio quegli Europei in programma in patria e da tempo attesi da tutti i francesi. Pensare, però, di riuscire a far convivere i due appare impresa ardua e, va detto, lo spogliatoio sembra essere quasi interamente schierato dalla parte di Valbuena: il comportamento di Benzema, infatti, è stato da molti visto come un tradimento nei confronti di un compagno. La vicenda del ‘sextape’ è soltanto l’ennesimo terremoto all’interno del gruppo della Nazionale francese, ormai abituato a scossoni di ogni tipo. Mondiali 2010, Sudafrica: Nicolas Anelka insulta Domenech nell’intervallo della sfida contro il Messico e la Federazione rimanda a casa il giocatore, che aveva rifiutato di scusarsi pubblicamente col ct. I compagni, però, non ci stanno e decidono di “ammutinarsi”: in segno di solidarietà nei confronti di Anelka, capitan Evra e compagni si rifiutano di allenarsi. L’episodio non fa altro che peggiorare la situazione e, dopo il ko subito proprio per mano dei padroni di casa del Sudafrica, il Mondiale della Francia finisce subito, già alla fase a gironi. Una lite tra Ribery e Gourcuff avvenuta in aereo completa nel peggiore dei modi la spedizione dei francesi in Sudafrica. Ma lo spogliatoio francese continua ad essere una polveriera da anni: anche nel 2012 e nel 2014, in occasione delle recenti spedizioni continentali o mondiali, non sono mancate le scintille tra compagni di squadra o tra calciatori e stampa. Come dimenticare la fallimentare esperienza degli Europei disputati nel 2012 in Polonia ed Ucraina, dove probabilmente è stato raggiunto l’apice dei problemi di spogliatoio: a distanza di pochi giorni ben 4 giocatori della Nazionale francese furono infatti raggiunti da altrettanti provvedimenti punitivi. Nasri rispose in malo modo ad un giornalista, “guadagnandosi” l’estromissione per le 3 gare successive, Ben Arfa litigò proprio col ct Blanc, Menez mancò di rispetto al portiere e capitano Lloris ed infine M’Vila si rifiutò di salutare l’allenatore e il compagno Giroud al momento della sostituzione. Insomma, peggio di così…
MOMENTO DURISSIMO DIARRA, GRIEZMANN E IL DRAMMA DEL BATACLAN…
foto ILiverani
PAURA E PROBLEMI
Oltre ad aver inevitabilmente scosso cuori e coscienze di tutto il popolo francese, calciatori ovviamente inclusi, il massacro del ‘Bataclan’ ha toccato molto da vicino anche due degli atleti della Nazionale transalpina, vale a dire Lassana Diarra e Antoine Griezmann. La sera del 13 novembre, infatti, entrambi gli atleti facevano parte dell’undici titolare scelto da Deschamps che allo Stade de France affrontava in amichevole la Germania e hanno assistito dunque “da vicino” all’esplosione che ha gelato il sangue di tutti i presenti allo stadio. Per entrambi, però, la ‘vera’ paura sarebbe ancora dovuta arrivare: non appena appreso che il teatro Bataclan fosse infatti l’epicentro del massacro, i due calciatori hanno pensato a chi, dentro quel teatro, aveva deciso di trascorrere la propria serata. La sorella di Griezmann e la cugina di Diarra, infatti, erano tra gli spettatori del concerto tramutatosi in tragedia: fortunatamente la sorella del calciatore dell’Atletico Madrid è riuscita ad uscire indenne dalla furia omicida dei terroristi, mentre la sfortunata cugina di Diarra, Asta Diakite, ha perso la via proprio sotto i colpi dei terroristi. Calcio 2OOO
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i NUMERI Della
9a GIORNATA
Carpi-Bologna 1-2 (1-0)
Chievo-Napoli 0-1 (0-0)
Empoli-Genoa 2-0 (1-0)
Fiorentina-Roma 1-2 (0-2)
Juventus-Atalanta 2-0 (1-0)
Lazio-Torino 3-0 (1-0)
Milan-Sassuolo 2-1 (1-0)
Palermo-Inter 1-1 (0-0)
Sampdoria-Verona 4-1 (3-0)
Udinese-Frosinone 1-0 (1-0)
CLASSIFICA
MARCATORI
Data: 24-10-2015 – Ore: 18:00 CARPI 3-5-2: Belec 5; Zaccardo 6, Spolli 5,5, Romagnoli 6; Letizia 6,5, Cofie 6, Marrone 6 (31’ st Bianco 5,5), Lollo 4,5, Gabriel Silva 6; Borriello 6 (12’ st Gagliolo 6), Matos 6,5 (36’ st Lasagna ng). Allenatore: Sannino 6. BOLOGNA 4-3-3: Da Costa 6; Krafth 5 (41’ pt Mbaye 6), Gastaldello 6, Oikonomou 6, Masina 6,5; Donsah 5,5, Diawara 6, Rizzo 6 (39’ st Falco ng); Mounier 6 (11’ st Brienza 6,5), Destro 5, Giaccherini 6,5. Allenatore: Rossi 6. Arbitro: Tagliavento di Terni 5,5. Reti: 24’ pt Letizia (C); 2’ st Gastaldello (B), 48’ Masina (B). Recupero: 6 minuti (2’ pt + 4’ st). Ammoniti: Belec, Spolli, Lollo (C); Mbaye, Mounier (B). Espulsi: 38’ pt Lollo (C) per doppia ammonizione. Spettatori: 6.747.
Data: 25-10-2015 – Ore: 18:00 FIORENTINA 3-4-2-1: Tatarusanu 6; Roncaglia 5, Rodríguez 6 (36’ st Babacar 6), Astori 5,5; Blaszczykowski 5 (16’ st Rossi 6), Badelj 5 (16’ st Fernández 5,5), Vecino 6, Bernardeschi 6; Ilicic 6, Borja Valero 5,5; Kalinic 5,5. Allenatore: Paulo Sousa 5,5. ROMA 4-3-3: Szczesny 7; Florenzi 7, Manolas 7, Rüdiger 6, Digne 7; Nainggolan 6,5, De Rossi 6 (37’ pt Vainqueur 6), Pjanic 6,5 (34’ st Torosidis ng); Gervinho 7 (44’ st Gyömber ng), Dzeko 7, Salah 7. Allenatore: Garcia 7. Arbitro: Orsato di Schio 6. Reti: 6’ pt Salah (R), 34’ Gervinho (R); 49’ st Babacar (F). Recupero: 6 minuti (2’ pt + 4’ st). Ammoniti: Roncaglia, Bernardeschi (F); Szczesny, Florenzi, De Rossi, Dzeko, Salah (R). Espulsi: 43’ st Salah (R) per doppia ammonizione. Spettatori: 36.297.
Data: 25-10-2015 – Ore: 15:00 MILAN 4-3-3: Donnarumma 5; Abate 6, Alex 6,5, Romagnoli 6, Antonelli 5,5; Kucka 5 (25’ st Bertolacci 6,5), Montolivo 5,5, Poli 5 (15’ st Luiz Adriano 7); Cerci 7 (45’ st Honda ng), Bacca 6,5, Bonaventura 7. Allenatore: Mihajlovic 6. SASSUOLO 4-3-3: Consigli 5,5; Vrsaljko 5,5, Cannavaro 5,5, Acerbi 6, Peluso 5,5; Laribi 6 (25’ st Sansone 5), Magnanelli 6, Missiroli 7; Berardi 6,5 (32’ st Terranova 5,5), Defrel 5, Floro Flores 6 (31’ pt Pegolo 6). Allenatore: Di Francesco 6. Arbitro: Rocchi di Firenze 5,5. Reti: 31’ pt Bacca (M) rig.; 8’ st Berardi (S), 41’ Luiz Adriano (M). Recupero: 5 minuti (2’ pt + 3’ st). Ammoniti: Abate (M); Cannavaro, Missiroli, Berardi (S). Espulsi: 29’ pt Consigli (S) per fallo su chiara occasione da gol. Spettatori: 37.568.
Data: 25-10-2015 – Ore: 15:00 UDINESE 3-5-2: Karnezis 7; Wagué 6, Danilo 6,5, Felipe 7; Edenilson 6, Badu 7, Lodi 7, Bruno Fernandes 6 (21’ st Marquinho 6), Adnan 6 (25’ st Widmer 6); Théréau 6,5, Di Natale 6 (33’ st Aguirre 5). Allenatore: Colantuono 6,5. FROSINONE 4-3-3: Leali 6; Ciofani M. 5,5, Russo 6, Diakité 5,5, Crivello 5,5; Sammarco 6, Gori 6 (17’ st Soddimo 6), Frara 6 (43’ st Ciofani D. ng); Carlini 6, Castillo 5,5, Tonev 5,5 (34’ st Dionisi 6,5). Allenatore: Stellone 5,5. Arbitro: Rizzoli di Bologna 6. RetE: 20’ pt Lodi. Recupero: 6 minuti (2’ pt + 4’ st). Ammoniti: Wagué, Felipe, Lodi, Adnan (U); Gori, Castillo (F). Espulsi: nessuno. Spettatori: 13.298.
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Data: 25-10-2015 – Ore: 20:45 CHIEVO 4-3-1-2: Bizzarri 6; Cacciatore 6, Gamberini 6, Cesar 6, Gobbi 6; Castro 6, Pinzi 5,5 (19’ st Birsa 6), Rigoni 5,5; Pepe 5,5 (27’ st Pellissier 5,5); Paloschi 6 (37’ st Inglese ng), Meggiorini 6. Allenatore: Maran . NAPOLI 4-3-3: Reina 6; Hysaj 6, Albiol 6, Koulibaly 7, Ghoulam 6,5; Allan 7, Jorginho 6,5, Hamsik 6,5 (32’ st David López ng); Callejón 6,5, Higuaín 7,5 (38’ st Gabbiadini ng), Insigne 6 (24’ st Mertens 6). Allenatore: Sarri 7. Arbitro: Massa di Imperia 6. RetE: 14’ st Higuaín. Recupero: 5 minuti (1’ pt + 4’ st). Ammoniti: Meggiorini (C); Koulibaly, Mertens (N). Espulsi: nessuno. Spettatori: 12.000 circa.
Data: 25-10-2015 – Ore: 15:00 JUVENTUS 4-3-1-2: Buffon 6; Padoin 6, Bonucci 7, Chiellini 7, Evrà 6; Khedira 6 (44’ st Sturaro ng), Marchisio 6, Pogba 6,5; Pereyra 6 (37’ pt Asamoah 6); Mandzukic 6 (32’ st Morata 6), Dybala 8. Allenatore: Allegri 6,5. ATALANTA 4-3-3: Sportiello 6; Bellini 5,5 (1’ st Masiello 5,5), Tolói 5, Paletta 5, Dramè 6; Grassi 5,5, De Roon 5,5 (28’ st Migliaccio 6), Kurtic 5,5; D’Alessandro 5, Pinilla 5, Moralez 6 (7’ st Gomez 6). Allenatore: Reja 5,5. Arbitro: Di Bello di Brindisi 6,5. Reti: 28’ pt Dybala; 4’ st Mandzukic. Recupero: 5 minuti (3’ pt + 2’ st). Ammoniti: Marchisio, Dybala (J); Tolói, Grassi, De Roon (A). Espulsi: 29’ st Tolói (A) per somma di ammonizioni. Spettatori: 38.720. Note: Al 34’ st Pogba (J) si è fatto parare un rigore.
Data: 24-10-2015 – Ore: 20:45 PALERMO 3-5-2: Sorrentino 7; Struna 6, González 6,5, Andelkovic 6; Rispoli 6, Rigoni 6,5 (48’ st Chochev ng), Maresca 6,5, Hiljemark 6 (19’ st Quaison 5,5), Lazaar 5,5 (36’ st Daprelà ng); Vazquez 6, Gilardino 7. Allenatore: Iachini 6,5. INTER 4-4-2: Handanovic 6; Nagatomo 6, Miranda 6, Murillo 5, Telles 6; Guarín 5,5, Medel 6, Kondogbia 5 (11’ st Biabiany 7), Perisic 6; Jovetic 6 (40’ st Ranocchia ng), Icardi 5 (33’ st Ljajic 6,5). Allenatore: Mancini 5,5. Arbitro: Doveri di Roma 6,5. Reti: 15’ st Perisic (I), 21’ Gilardino (P). Recupero: 3 minuti (0’ pt + 3’ st). Ammoniti: Maresca, Vazquez, Gilardino (P); Murillo, Kondogbia (I). Espulsi: 34’ st Murillo (I) per doppia ammonizione. Spettatori: 20.626.
Roma Napoli Fiorentina Inter Lazio Sassuolo Sampdoria Torino Atalanta Milan Chievo Juventus Palermo Udinese Empoli Genoa Frosinone Bologna Verona Carpi
20 9 6 2 1 22 11 18 9 5 3 1 19 8 18 9 6 0 3 16 8 18 9 5 3 1 9 7 18 9 6 0 3 14 13 15 9 4 3 2 12 10 14 9 4 2 3 17 13 14 9 4 2 3 13 12 14 9 4 2 3 11 10 13 9 4 1 4 11 15 12 9 3 3 3 13 9 12 9 3 3 3 11 8 11 9 3 2 4 11 13 11 9 3 2 4 9 11 10 9 3 1 5 10 14 10 9 3 1 5 7 11 7 9 2 1 6 6 11 6 9 2 0 7 6 14 5 9 0 5 4 8 15 5 9 1 2 6 9 21
Data: 24-10-2015 – Ore: 15:00 EMPOLI 4-3-1-2: Skorupski 6,5; Laurini 6,5, Tonelli 7, Costa 6,5, Mario Rui 7; Zielinski 7, Dioussè 6 (5’ st Maiello 6), Paredes 6 (21’ st Büchel 6); Krunic 7; Pucciarelli 6,5 (35’ st Livaja 6), Maccarone 6,5. Allenatore: Giampaolo 7. GENOA 3-4-1-2: Perin 6; Muñoz 5,5 (17’ st Cissokho 6), Marchese 5, Izzo 6; Rincón 5,5, Ntcham 5,5, Tino Costa 5,5, Laxalt 5,5; Perotti 5,5 (10’ st Lazovic 6); Gakpé 6, Pavoletti 5 (27’ st Capel 6). Allenatore: Gasperini 5,5. Arbitro: Celi di Bari 6. Reti: 44’ pt Krunic; 11’ st Zielinski. Recupero: 6 minuti (2’ pt + 4’ st). Ammoniti: Tonelli, Zielinski, Livaja (E); Muñoz, Marchese, Gakpé (G). Espulsi: nessuno. Spettatori: 8.770.
Data: 25-10-2015 – Ore: 18:00 LAZIO 4-2-3-1: Marchetti 6; Basta 6,5, Mauricio 6, Gentiletti 6,5, Lulic 7; Onazi 6 (47’ st Morrison ng), Biglia 6; Candreva 6 (30’ st Kishna 6), Milinkovic-Savic 7, Felipe Anderson 7,5; Klose 7 (34’ st Matri ng). Allenatore: Pioli 7. TORINO 3-5-2: Padelli 5,5; Bovo 5, Glik 5, Moretti 5,5; Bruno Peres 6, Acquah 5,5 (15’ st Benassi 6), Vives 5 (27’ st Prcic ng), Baselli 6, Molinaro 6; Belotti 6 (15’ st Maxi López 5), Quagliarella 5. Allenatore: Ventura 5,5. Arbitro: Mazzoleni di Bergamo 6,5. Reti: 41’ pt Lulic; 25’ st Felipe Anderson, 49’ Felipe Anderson. Recupero: 5 minuti (1’ pt + 4’ st). Ammoniti: Mauricio, Klose (L); Moretti, Benassi, Vives (T). Espulsi: nessuno. Spettatori: 22.131.
Data: 25-10-2015 – Ore: 12:30 SAMPDORIA 4-3-3: Viviano 6; Cassani 6, Silvestre 6, Zukanovic 7, Regini 6; Barreto 6,5 (29’ st Ivan 6,5), Fernando 7, Soriano 7; Carbonero 7, Muriel 7,5 (17’ st Bonazzoli 6), Eder 7,5 (26’ st Correa 6,5). Allenatore: Zenga 7. VERONA 3-5-2: Rafael 5; Moras 5, Marquez 5, Helander 5 (1’ st Ionita 6); Pisano 6 (1’ st Siligardi 5), Sala 5,5, Greco 5,5, Hallfredsson 5 (12’ st Matuzalem 5,5), Souprayen 5,5; Gomez 5,5, Pazzini 5. Allenatore: Mandorlini 5. Arbitro: Mariani di Aprilia 6,5. Reti: 11’ pt Muriel (S), 28’ Zukanovic (S), 46’ Soriano (S); 9’ st Eder (S), 30’ Ionita (V). Recupero: 2 minuti (0’ pt + 2’ st). Ammoniti: Cassani, Fernando (S); Sala, Gomez (V). Espulsi: nessuno. Spettatori: 21.082.
7 reti: Higuaín (Napoli); Eder (Sampdoria, 2 rig.) 6 reti: Insigne (Napoli) 5 reti: Kalinic (Fiorentina); Bacca (Milan, 1 rig.); Salah (Roma) 4 reti: Paloschi (Chievo); Dybala (Juventus, 2 rig.); Felipe Anderson (Lazio); Gervinho, Pjanic (Roma); Muriel (Sampdoria); Baselli, Quagliarella (Torino) 3 reti: Pinilla (Atalanta); Mounier (Bologna); Saponara (Empoli); Babacar, Ilicic (Fiorentina, 3 rig.); Dionisi (Frosinone); Jovetic (Inter, 1 rig.); Allan (Napoli); Hiljemark (Palermo); Soriano (Sampdoria); Floro Flores (Sassuolo); Zapata (Udinese)
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I NUMERI Della
10a GIORNATA
Atalanta-Lazio 2-1 (0-1)
Bologna-Inter 0-1 (0-0)
Frosinone-Carpi 2-1 (0-0)
Milan-Chievo 1-0 (0-0)
Napoli-Palermo 2-0 (1-0)
Roma-Udinese 3-1 (2-0)
Sampdoria-Empoli 1-1 (0-0)
Sassuolo-Juventus 1-0 (1-0)
Torino-Genoa 3-3 (2-1)
Verona-Fiorentina 0-2 (0-1)
CLASSIFICA
MARCATORI
Data: 28-10-2015 – Ore: 20:45 ATALANTA 4-3-3: Sportiello 6; Masiello 6, Stendardo 6,5, Paletta 6, Dramè 6 (12’ st D’Alessandro 7); Carmona 6, De Roon 6, Kurtic 5,5 (1’ st Raimondi 6); Moralez 6,5 (31’ st Cherubin ng), Pinilla 6, Gomez 7. Allenatore: Reja 7. LAZIO 4-2-3-1: Marchetti 6; Basta 5, Hoedt 6, Gentiletti 6, Lulic 5,5; Onazi 6 (40’ st Klose ng), Biglia 7; Candreva 5,5, Milinkovic-Savic 6,5, Felipe Anderson 6; Matri 5,5, Djordjevic 5,5. Allenatore: Pioli 5,5. Arbitro: Irrati di Pistoia 6. Reti: 17’ pt Biglia (L); 24’ st Basta (L) aut., 41’ Gomez (A). Recupero: 4 minuti (1’ pt + 3’ st). Ammoniti: Masiello, Raimondi (A); Lulic, Onazi, Biglia, Milinkovic-Savic (L). Espulsi: nessuno. Spettatori: 14.519.
Data: 28-10-2015 – Ore: 20:45 MILAN 4-3-3: Donnarumma 6; Abate ng (14’ pt De Sciglio 5,5), Alex 6, Romagnoli 6, Antonelli 6,5; Kucka 7, Montolivo 5,5, Bertolacci 6; Cerci 6 (39’ st Honda ng), Bacca 6 (47’ st Luiz Adriano ng), Bonaventura 6,5. Allenatore: Mihajlovic 6. CHIEVO 4-3-1-2: Bizzarri 6,5; Frey 6 (1’ st Cacciatore 5), Cesar 6, Dainelli 5,5, Gobbi 6; Pinzi 5, Radovanovic 6, Castro 6; Birsa 5 (19’ st Mpoku 6); Paloschi 5,5, Pellissier 5 (29’ st Meggiorini 6). Allenatore: Maran 6. Arbitro: Calvarese di Teramo 6. RetE: 7’ st Antonelli. Recupero: 6 minuti (3’ pt + 3’ st). Ammoniti: Cesar, Pinzi (C). Espulsi: nessuno. Spettatori: 25.523.
Data: 29-10-2015 – Ore: 20:45 SAMPDORIA 4-3-3: Viviano 6; Cassani 6, Silvestre 6, Zukanovic 5,5, Mesbah 6; Soriano 5,5 (20’ st Correa 5), Fernando 7, Barreto 6; Carbonero 6 (44’ st Rodriguez ng), Cassano 6 (17’ st Muriel 6), Eder 6,5. Allenatore: Zenga 5,5. EMPOLI 4-3-1-2: Skorupski 6; Laurini 6, Tonelli 6,5, Costa 6, Mario Rui 6; Zielinski 6,5, Maiello 6 (1’ st Dioussè 5), Büchel 6 (41’ st Paredes ng); Saponara 6,5; Pucciarelli 7 (25’ st Krunic 6), Maccarone 6. Allenatore: Giampaolo 6,5. Arbitro: Cervellera di Taranto 6. Reti: 14’ st Pucciarelli (E), 22’ Eder (S). Recupero: 4 minuti (0’ pt + 4’ st). Ammoniti: Soriano, Muriel (S); Skorupski, Costa, Dioussè, Büchel (E). Espulsi: 43’ st Diousse (E) per doppia ammonizione. Spettatori: 20.315.
Data: 28-10-2015 – Ore: 20:45 VERONA 4-5-1: Gollini 5,5; Pisano 5,5, Marquez 5, Moras 6, Souprayen 5,5; Sala 5 (24’ st Zaccagni 6), Ionita 5 (18’ st Siligardi 6), Matuzalem 5 (38’ st Checchin ng), Greco 5,5, Jankovic 6; Gomez 5,5. Allenatore: Mandorlini 5,5. FIORENTINA 3-4-2-1: Tatarusanu 6; Roncaglia 6, Rodríguez 6, Astori 6 (35’ st Tomovic ng); Blaszczykowski 6 (7’ st Bernardeschi 6), Borja Valero 7, Vecino 7, Pasqual 6,5; Ilicic 7, Kalinic 7; Rossi 6 (14’ st Badelj 6). Allenatore: Paulo Sousa 6,5. Arbitro: Valeri di Roma 5,5. Reti: 25’ pt Marquez (V) aut.; 12’ st Kalinic. Recupero: 5 minuti (1’ pt + 4’ st). Ammoniti: Pisano, Souprayen, Matuzalem, Greco, Gomez (V); Borja Valero, Rossi (F). Espulsi: nessuno. Spettatori: 18.222.
Data: 27-10-2015 – Ore: 20:45 BOLOGNA 4-3-3: Da Costa 6; Ferrari 5, Gastaldello 6, Rossettini 6, Masina 6; Taider 5,5, Diawara 6, Rizzo 6 (36’ st Destro 5); Mounier 5, Mancosu 5 (36’ st Falco ng), Giaccherini 6 (26’ st Brienza 5,5). Allenatore: Rossi 5,5. INTER 4-2-3-1: Handanovic 7; Santon 6, Ranocchia 6, Miranda 6,5, Juan Jesus 6; Felipe Melo 5, Kondogbia 5,5; Perisic 5,5 (29’ st Guarín 6), Brozovic 7, Ljajic 6 (43’ st Palacio ng); Icardi 6,5 (37’ st Biabiany ng). Allenatore: Mancini 6. Arbitro: Banti di Livorno 5,5. RetE: 22’ st Icardi. Recupero: 6 minuti (1’ pt + 5’ st). Ammoniti: Rossettini (B); Felipe Melo, Kondogbia (I). Espulsi: 15’ st Felipe Melo (I) per doppia ammonizione. Spettatori: 22.350.
Data: 28-10-2015 – Ore: 20:45 NAPOLI 4-3-3: Reina 6; Hysaj 6, Albiol 7, Chiriches 6, Ghoulam 6; David López 6 (18’ st Allan 6), Jorginho 7, Hamsik 6,5; Callejón 6 (31’ st El Kaddouri 6), Higuaín 8, Insigne 6 (20’ st Mertens 7). Allenatore: Sarri 7. PALERMO 3-5-2: Sorrentino 6,5; Struna 5, González 5, Andelkovic 5,5; Rispoli 6, Rigoni 5,5 (22’ st Quaison 6), Maresca 5 (8’ st Brugman 5,5), Hiljemark 5, Lazaar 5,5 (33’ st Chochev ng); Vazquez 6, Gilardino 5,5. Allenatore: Iachini 5. Arbitro: Giacomelli di Trieste 6. Reti: 39’ pt Higuaín; 35’ st Mertens. Recupero: 3 minuti (0’ pt + 3’ st). Ammoniti: nessuno. Espulsi: nessuno. Spettatori: 27.580.
Data: 28-10-2015 – Ore: 20:45 SASSUOLO 4-3-3: Pegolo 6,5; Vrsaljko 6, Cannavaro 6,5, Acerbi 7, Peluso 6,5; Missiroli 6, Magnanelli 7, Biondini 6 (25’ st Duncan 6); Berardi 6 (35’ st Laribi ng), Floccari 6 (24’ st Defrel 6), Sansone 7. Allenatore: Di Francesco 7. JUVENTUS 4-4-2: Buffon 6; Barzagli 6, Bonucci 6, Chiellini 4, Alex Sandro 5,5; Cuadrado 6, Sturaro 5,5, Lemina 5 (37’ st Hernanes ng), Pogba 6; Mandzukic 5 (14’ st Morata 5,5), Dybala 5,5 (39’ st Zaza ng). Allenatore: Allegri 5. Arbitro: Gervasoni di Mantova 5,5. RetE: 20’ pt Sansone. Recupero: 6 minuti (2’ pt + 4’ st). Ammoniti: Pegolo, Cannavaro, Peluso, Berardi, Sansone (S); Chiellini, Lemina, Pogba (J). Espulsi: 39’ pt Chiellini (J) per doppia ammonizione. Spettatori: 26.880.
Roma Napoli Fiorentina Inter Sassuolo Lazio Atalanta Milan Sampdoria Torino Chievo Juventus Empoli Palermo Genoa Udinese Frosinone Bologna Verona Carpi
23 10 7 2 1 25 12 21 10 6 3 1 21 8 21 10 7 0 3 18 8 21 10 6 3 1 10 7 18 10 5 3 2 13 10 18 10 6 0 4 15 15 17 10 5 2 3 13 11 16 10 5 1 4 12 15 15 10 4 3 3 18 14 15 10 4 3 3 16 15 12 10 3 3 4 13 10 12 10 3 3 4 11 9 11 10 3 2 5 11 15 11 10 3 2 5 11 15 11 10 3 2 5 10 14 11 10 3 2 5 10 14 10 10 3 1 6 8 12 6 10 2 0 8 6 15 5 10 0 5 5 8 17 5 10 1 2 7 10 23
Data: 28-10-2015 – Ore: 20:45 FROSINONE 4-4-2: Leali 6; Rosi 5 (40’ st Ciofani M. ng), Diakité 6, Blanchard 5,5, Crivello 6; Paganini 6 (43’ st Verde ng), Gori 6,5 (33’ st Sammarco 7), Chibsah 6, Soddimo 5; Ciofani D. 6,5, Dionisi 7. Allenatore: Stellone 6,5. CARPI 4-1-4-1: Belec 5; Letizia 6, Spolli 5,5, Romagnoli 6, Gabriel Silva 6; Marrone 6,5; Matos 6, Cofie 5 (13’ st Lasagna 5,5), Fedele 6 (19’ pt Bianco 6), Di Gaudio 6 (25’ st Wallace 6); Borriello 4,5. Allenatore: Sannino 5,5. Arbitro: Damato di Barletta 5. Reti: 6’ st Ciofani D. (F), 21’ Marrone (C), 45’ Sammarco (F). Recupero: 8 minuti (3’ pt + 5’ st). Ammoniti: Sammarco (F); Marrone, Bianco (C). Espulsi: 27’ st Borriello (C) per condotta non regolamentare e Soddimo (F) per doppia ammonizione. Spettatori: 6.444.
Data: 28-10-2015 – Ore: 20:45 ROMA 4-3-3: Szczesny 6; Maicon 8, Manolas 7 (25’ st Gyömber 6), Rüdiger 6, Digne 6; Florenzi 6,5 (34’ st Vainqueur 6), Nainggolan 7, Pjanic 7; Gervinho 6,5 (20’ st Iturbe 6), Dzeko 6, Iago Falqué 6. Allenatore: Garcia 7. UDINESE 3-5-2: Karnezis 5; Wagué 6, Danilo 5,5, Piris 5; Widmer 6 (13’ st Bruno Fernandes 6), Badu 6, Iturra 5 (20’ st Aguirre 6), Marquinho 5,5, Pasquale 6; Théréau 6, Perica 5 (25’ st Edenilson 6). Allenatore: Colantuono 5. Arbitro: Russo di Nola 6. Reti: 4’ pt Pjanic (R), 9’ Maicon (R); 18’ st Gervinho (R), 31’ Théréau (U). Recupero: 4 minuti (0’ pt + 4’ st). Ammoniti: Vainqueur (R); Iturra, Aguirre, Perica (U). Espulsi: nessuno. Spettatori: 29.599.
Data: 28-10-2015 – Ore: 20:45 TORINO 3-5-2: Padelli 5; Bovo 5, Glik 5, Moretti 6; Zappacosta 6,5 (39’ st Bruno Peres 6), Acquah 6 (24’ st Baselli 6,5), Vives 6, Benassi 6,5, Molinaro 6; Belotti 6 (30’ st Martínez 5), Maxi López 7. Allenatore: Ventura 6,5. GENOA 3-4-2-1: Perin 6; Izzo 5, Muñoz 5, Ansaldi 6; Figueiras 6 (16’ st Gakpé 6,5), Rincón 6 (35’ st Cissokho ng, 43’ st Tachtsidis 6), Tino Costa 6, Laxalt 7; Ntcham 6, Perotti 6; Pavoletti 6. Allenatore: Gasperini 6,5. Arbitro: Chiffi di Padova 6. Reti: 26’ pt Laxalt (G), 28’ Maxi López (T), 34’ Zappacosta (T); 22’ st Pavoletti (G), 44’ Tachtsidis (G) aut., 49’ Laxalt (G). Recupero: 6 minuti (1’ pt + 5’ st). Ammoniti: Bovo, Benassi (T); Muñoz (G). Espulsi: nessuno. Spettatori: 16.226.
8 reti: Higuaín (Napoli); Eder (Sampdoria, 2 rig.) 6 reti: Kalinic (Fiorentina); Insigne (Napoli) 5 reti: Bacca (Milan, 1 rig.); Gervinho, Pjanic, Salah (Roma) 4 reti: Paloschi (Chievo); Dybala (Juventus, 2 rig.); Felipe Anderson (Lazio); Muriel (Sampdoria); Baselli, Quagliarella (Torino) 3 reti: Gomez, Pinilla (Atalanta); Mounier (Bologna); Saponara (Empoli); Babacar, Ilicic (Fiorentina, 3 rig.); Dionisi (Frosinone); Pavoletti (Genoa); Icardi, Jovetic (Inter, 1 rig.); Biglia (Lazio, 1 rig.); Allan (Napoli); Hiljemark (Palermo); Soriano (Sampdoria); Floro Flores (Sassuolo); Théréau, Zapata (Udinese)
Calcio 2OOO
93
1X2
i NUMERI Della
11a GIORNATA
Bologna-Atalanta 3-0 (0-0)
Carpi-Verona 0-0 (0-0)
Chievo-Sampdoria 1-1 (1-1)
Fiorentina-Frosinone 4-1 (4-0)
Genoa-Napoli 0-0 (0-0)
Inter-Roma 1-0 (1-0)
Juventus-Torino 2-1 (1-0)
Lazio-Milan 1-3 (0-1)
Palermo-Empoli 0-1 (0-0)
Udinese-Sassuolo 0-0 (0-0)
CLASSIFICA
MARCATORI
Data: 1-11-2015 – Ore: 15:00 BOLOGNA 4-3-3: Mirante 7; Ferrari 5 (1’ st Maietta 6,5), Gastaldello 6, Rossettini 6, Masina 6; Taider 6, Diawara 6, Donsah 6 (16’ st Brienza 7); Mounier 5,5 (35’ st Rizzo ng), Destro 7, Giaccherini 7. Allenatore: Donadoni 7. ATALANTA 4-3-3: Sportiello 6; Masiello 6 (1’ st Tolói 4), Stendardo 6, Paletta 6, Bellini 6; Carmona 6, De Roon 6, Kurtic 5 (16’ st Moralez 6); D’Alessandro 7, Denis 5 (13’ st Pinilla 6), Gomez 6. Allenatore: Reja 5,5. Arbitro: Guida di Torre Annunziata 6. Reti: 7’ st Giaccherini, 13’ Destro, 40’ Brienza. Recupero: 5 minuti (1’ pt + 4’ st). Ammoniti: Ferrari, Gastaldello, Masina, Taider, Giaccherini (B); Carmona, Kurtic, Pinilla (A). Espulsi: nessuno. Spettatori: 15.748.
Data: 1-11-2015 – Ore: 12:30 FIORENTINA 3-4-2-1: Tatarusanu 6 (26’ st Lezzerini 6); Tomovic 6, Rodríguez 7, Roncaglia 6 (14’ st Rossi 6); Rebic 7, Badelj 6,5, Suárez 7, Pasqual 6; Fernández 7, Borja Valero 7; Babacar 7 (1’ st Verdù 6). Allenatore: Paulo Sousa 7. FROSINONE 4-4-1-1: Zappino 6; Ciofani M. 5, Diakité 4, Bertoncini 5, Crivello 5; Paganini 5, Sammarco 5 (29’ st Gucher ng), Chibsah 5 (16’ st Carlini 5,5), Frara 6; Verde 6; Ciofani D. 5 (16’ st Longo 5). Allenatore: Stellone 5. Arbitro: Fabbri di Ravenna 6. Reti: 24’ pt Rebic (Fi), 29’ Rodríguez (Fi), 31’ Babacar (Fi) rig., 43’ Suárez (Fi); 42’ st Frara (Fr). Recupero: 3 minuti (1’ pt + 2’ st). Ammoniti: Paganini (Fr). Espulsi: nessuno. Spettatori: 27.466.
Data: 31-10-2015 – Ore: 18:00 JUVENTUS 4-3-1-2: Buffon 7; Padoin 6, Barzagli 6, Bonucci 6, Evrà 6; Khedira ng (11’ pt Cuadrado 7), Marchisio 6, Pogba 6,5; Hernanes 6; Dybala 6,5 (42’ st Alex Sandro 6), Morata 5,5 (33’ st Mandzukic 5,5). Allenatore: Allegri 6,5. TORINO 3-5-2: Padelli 5; Bovo 7, Glik 6,5, Moretti 6; Bruno Peres 5, Acquah 5, Vives 6, Baselli 6 (20’ st Benassi 6), Molinaro 6 (16’ st Zappacosta 6); Quagliarella 6, Maxi López 6 (42’ st Belotti ng). Allenatore: Ventura 6. Arbitro: Rocchi di Firenze 6. Reti: 19’ pt Pogba (J); 6’ st Bovo (T), 49’ Cuadrado (J). Recupero: 6 minuti (2’ pt + 4’ st). Ammoniti: Pogba, Morata (J); Bovo, Acquah, Baselli, Zappacosta (T). Espulsi: nessuno. Spettatori: 39.828.
Data: 1-11-2015 – Ore: 15:00 UDINESE 3-5-2: Karnezis 6; Wagué 6, Danilo 6, Felipe 7; Edenilson 6, Badu 5,5, Lodi 6, Bruno Fernandes 6, Adnan 6 (22’ st Widmer 5,5); Théréau 5 (29’ st Aguirre 5), Di Natale 6 (22’ st Perica 5). Allenatore: Colantuono 5,5. SASSUOLO 4-3-3: Consigli 6; Vrsaljko 5, Terranova 6 (40’ st Ariaudo ng), Acerbi 6, Longhi 5,5 (18’ st Gazzola 6); Biondini 6, Missiroli 6, Duncan 6; Berardi 5,5, Defrel 5, Floro Flores 6 (13’ st Politano 5,5). Allenatore: Di Francesco 5,5. Arbitro: La Penna di Roma 6. Recupero: 4 minuti (0’ pt + 4’ st). Ammoniti: Danilo (U); Biondini, Missiroli (S). Espulsi: nessuno. Spettatori: 13.277.
94
Calcio 2OOO
Data: 1-11-2015 – Ore: 18:00 CARPI 4-3-3: Benussi 6; Zaccardo 6, Spolli 6 (12’ st Bubnjic 6), Romagnoli 6, Gabriel Silva 6,5; Bianco 6, Marrone 6, Lazzari 6 (40’ st Cofie ng); Matos 6, Lasagna 6 (30’ st Wilczek ng), Di Gaudio 6. Allenatore: Sannino 6. VERONA 4-3-3: Rafael 7; Pisano 5, Marquez 5 (13’ st Helander 6), Moras 6, Souprayen 6; Ionita 6 (39’ st Matuzalem ng), Greco 6, Hallfredsson 6; Sala 5 (33’ st Siligardi ng), Pazzini 6, Gomez 6. Allenatore: Mandorlini 6. Arbitro: Mazzoleni di Bergamo 6,5. Recupero: 5 minuti (1’ pt + 4’ st). Ammoniti: Romagnoli, Marrone (C); Pisano, Moras, Hallfredsson (V). Espulsi: nessuno. Spettatori: 7.093.
Data: 1-11-2015 – Ore: 15:00 GENOA 4-5-1: Perin 8; Figueiras 6, Muñoz 6 (34’ pt Izzo 6), Burdisso 6, Ansaldi 6,5; Laxalt 6, Dzemaili 6 (45’ pt Ntcham 6), Tino Costa 6, Rincón 6 (26’ st Cissokho 6), Perotti 7; Pavoletti 6. Allenatore: Gasperini 6,5. NAPOLI 4-3-3: Reina 6; Hysaj 5,5, Albiol 6, Koulibaly 6, Ghoulam 6; Allan 6 (36’ st David López 6,5), Jorginho 6, Hamsik 5; Callejón 5 (22’ st Gabbiadini 5), Higuaín 5,5, Mertens 6 (11’ st Insigne 6). Allenatore: Sarri 6. Arbitro: Doveri di Roma 5. Recupero: 6 minuti (2’ pt + 4’ st). Ammoniti: Izzo, Ntcham, Tino Costa (G); David López, Gabbiadini (N). Espulsi: nessuno. Spettatori: 26.292.
Data: 1-11-2015 – Ore: 20:45 LAZIO 4-2-3-1: Marchetti 4; Basta 4, Mauricio 6, Gentiletti 5, Lulic 4; Onazi 5 (1’ st Cataldi 5), Biglia 6; Candreva 5 (18’ st Kishna 6), Milinkovic-Savic 5 (26’ st Matri 6), Felipe Anderson 4,5; Klose 5. Allenatore: Pioli 5. MILAN 4-3-3: Donnarumma 6; De Sciglio 6, Alex 7 (7’ st Mexès 6,5), Romagnoli 6, Antonelli 6; Kucka 6, Montolivo 7, Bertolacci 6,5 (35’ pt Poli 6,5); Cerci 7 (36’ st Honda ng), Bacca 7, Bonaventura 7,5. Allenatore: Mihajlovic 7. Arbitro: Damato di Barletta 6,5. Reti: 25’ pt Bertolacci (M); 7’ st Mexès (M), 34’ Bacca (M), 39’ Kishna (L). Recupero: 7 minuti (1’ pt + 6’ st). Ammoniti: Basta, Gentiletti (L); Romagnoli, Bonaventura (M). Espulsi: nessuno. Spettatori: 28.020.
Fiorentina Inter Roma Napoli Sassuolo Milan Lazio Atalanta Sampdoria Juventus Torino Empoli Chievo Genoa Udinese Palermo Frosinone Bologna Verona Carpi
24 11 8 0 3 22 9 24 11 7 3 1 11 7 23 11 7 2 2 25 13 22 11 6 4 1 21 8 19 11 5 4 2 13 10 19 11 6 1 4 15 16 18 11 6 0 5 16 18 17 11 5 2 4 13 14 16 11 4 4 3 19 15 15 11 4 3 4 13 10 15 11 4 3 4 17 17 14 11 4 2 5 12 15 13 11 3 4 4 14 11 12 11 3 3 5 10 14 12 11 3 3 5 10 14 11 11 3 2 6 11 16 10 11 3 1 7 9 16 9 11 3 0 8 9 15 6 11 0 6 5 8 17 6 11 1 3 7 10 23
Data: 2-11-2015 – Ore: 19:00 CHIEVO 4-3-1-2: Bizzarri 6,5; Cacciatore 6, Dainelli 6, Gamberini 6, Gobbi 5,5; Castro 6,5, Radovanovic 6, Hetemaj 6; Birsa 6 (32’ st Pepe ng); Inglese 7 (18’ st Paloschi 6), Meggiorini 7 (38’ st Rigoni ng). Allenatore: Maran 6. SAMPDORIA 4-3-3: Viviano 7; Cassani 6, Silvestre 6, Zukanovic 5,5, Mesbah 6; Carbonero 6, Fernando 6, Barreto 5,5; Ivan 6 (1’ st Palombo 6), Muriel 5,5 (31’ st Soriano 6), Eder 7 (36’ st Cassano ng). Allenatore: Zenga 6. Arbitro: Gavillucci di Latina 6. Reti: 8’ pt Eder (S), 34’ Inglese (C). Recupero: 3 minuti (0’ pt + 3’ st). Ammoniti: Dainelli, Hetemaj, Meggiorini (C); Cassani, Silvestre (S). Espulsi: nessuno. Spettatori: non comunicati.
Data: 31-10-2015 – Ore: 20:45 INTER 4-5-1: Handanovic 8; D’Ambrosio 6,5 (34’ st Ranocchia 6), Miranda 7, Murillo 7, Nagatomo 6; Perisic 7, Brozovic 7, Medel 7 (6’ st Kondogbia 6), Guarín 6, Ljajic 7; Jovetic 6,5 (20’ st Palacio 6). Allenatore: Mancini 7,5. ROMA 4-3-3: Szczesny 5; Maicon 6, Manolas 6, Rüdiger 5,5, Digne 6; Florenzi 5 (19’ st Iago Falqué 5,5), Nainggolan 6, Pjanic 5; Gervinho 6 (39’ st Iturbe ng), Dzeko 5 (32’ st Vainqueur ng), Salah 5. Allenatore: Garcia 5,5. Arbitro: Rizzoli di Bologna 6. RetE: 31’ pt Medel. Recupero: 6 minuti (1’ pt + 5’ st). Ammoniti: Handanovic, Guarín, Ljajic, Palacio (I); Digne, Pjanic (R). Espulsi: 28’ st Pjanic (R) per doppia ammonizione. Spettatori: 59.213.
Data: 2-11-2015 – Ore: 21:00 PALERMO 3-5-2: Sorrentino 6,5; Struna 5 (11’ st Quaison 6), González 5,5 (33’ st Goldaniga ng), Andelkovic 5; Rispoli 6, Rigoni 5,5, Brugman 6, Hiljemark 5 (23’ st Trajkovski 6), Lazaar 5; Vazquez 5, Gilardino 5,5. Allenatore: Iachini 5,5. EMPOLI 4-3-1-2: Skorupski 7; Zambelli 6, Tonelli 6, Costa 7, Mario Rui 6; Zielinski 6, Maiello 6,5, Paredes 6 (27’ st Büchel 6); Saponara 7 (42’ st Maccarone ng); Pucciarelli 6,5, Livaja 6 (38’ st Krunic ng). Allenatore: Giampaolo 7. Arbitro: Di Bello di Brindisi 5. RetE: 7’ st Saponara. Recupero: 5 minuti (0’ pt + 5’ st). Ammoniti: Struna, Quaison, Andelkovic, Rispoli, Brugman, Lazaar (P); Mario Rui, Maiello, Saponara (E). Espulsi: nessuno. Spettatori: 16.731.
9 reti: Eder (Sampdoria, 2 rig.) 8 reti: Higuaín (Napoli) 6 reti: Kalinic (Fiorentina); Bacca (Milan, 1 rig.); Insigne (Napoli) 5 reti: Gervinho, Pjanic, Salah (Roma) 4 reti: Paloschi (Chievo); Saponara (Empoli); Babacar (Fiorentina, 1 rig.); Dybala (Juventus, 2 rig.); Felipe Anderson (Lazio); Muriel (Sampdoria); Baselli, Quagliarella (Torino)
1X2
I NUMERI Della
12a GIORNATA
Empoli-Juventus 1-3 (1-2)
Frosinone-Genoa 2-2 (2-1)
Milan-Atalanta 0-0 (0-0)
Napoli-Udinese 1-0 (0-0)
Palermo-Chievo 1-0 (0-0)
Roma-Lazio 2-0 (1-0)
Sampdoria-Fiorentina 0-2 (0-1)
Sassuolo-Carpi 1-0 (1-0)
Torino-Inter 0-1 (0-1)
Verona-Bologna 0-2 (0-2)
CLASSIFICA
MARCATORI
Data: 8-11-2015 – Ore: 15:00 EMPOLI 4-3-1-2: Skorupski 6; Laurini 6, Tonelli 5,5, Costa 5, Mario Rui 5,5; Zielinski 5 (40’ st Büchel ng), Maiello 5 (12’ st Dioussè 6), Paredes 6 (22’ st Krunic 5,5); Saponara 6; Pucciarelli 5,5, Maccarone 7. Allenatore: Giampaolo 6. JUVENTUS 4-3-3: Buffon 6; Lichtsteiner 6 (41’ st Padoin ng), Barzagli 6, Bonucci 5, Evrà 7; Khedira 6, Marchisio 6, Pogba 6; Cuadrado 7 (22’ st Chiellini 6), Mandzukic 6,5, Morata 6 (22’ st Dybala 7). Allenatore: Allegri 6,5. Arbitro: Massa di Imperia 5,5. Reti: 19’ pt Maccarone (E), 32’ Mandzukic (J), 38’ Evrà (J); 39’ st Dybala (J). Recupero: 5 minuti (1’ pt + 4’ st). Ammoniti: Mario Rui, Krunic (E); Buffon, Marchisio, Morata (J). Espulsi: nessuno. Spettatori: 14.693.
Data: 8-11-2015 – Ore: 18:00 NAPOLI 4-3-3: Reina 6,5; Hysaj 6,5, Albiol 7, Koulibaly 7, Ghoulam 6,5; Allan 6,5, Jorginho 6,5, Hamsik 6; Callejón 6,5 (32’ st El Kaddouri 5,5), Higuaín 7,5 (37’ st Gabbiadini ng), Insigne 6 (23’ st Mertens 6). Allenatore: Sarri 6,5. UDINESE 3-5-1-1: Karnezis 6,5; Wagué 6, Danilo 6, Felipe 5,5 (7’ st Piris 6); Widmer 6,5, Badu 6, Lodi 6, Iturra 5 (25’ st Adnan 5,5), Edenilson 5; Bruno Fernandes 5 (12’ st Aguirre 6); Théréau 5. Allenatore: Colantuono 5,5. Arbitro: Celi di Bari 6. RetE: 8’ st Higuaín. Recupero: 4 minuti (0’ pt + 4’ st). Ammoniti: Albiol, Koulibaly, El Kaddouri (N); Wagué, Felipe, Piris (U). Espulsi: nessuno. Spettatori: 36.144.
Data: 8-11-2015 – Ore: 20:45 SAMPDORIA 4-3-1-2: Viviano 6,5; De Silvestri 6, Silvestre 5,5, Zukanovic 5, Pedro Pereira 5 (1’ st Mesbah 6); Carbonero 5,5, Fernando 6, Barreto 5,5 (20’ st Ivan 6); Soriano 5,5 (36’ st Cassano ng); Muriel 5, Eder 5. Allenatore: Zenga 5,5. FIORENTINA 3-4-2-1: Tatarusanu 7; Roncaglia 6,5, Rodríguez 7, Astori 7; Bernardeschi 7,5, Badelj 7 (29’ st Suárez 6,5), Vecino 6, Pasqual 6 (22’ st Alonso 6); Ilicic 7,5 (37’ st Fernández ng), Borja Valero 6,5; Kalinic 6,5. Allenatore: Paulo Sousa 7,5. Arbitro: Russo di Nola 5,5. Reti: 10’ pt Ilicic rig.; 13’ st Kalinic. Recupero: 5 minuti (1’ pt + 4’ st). Ammoniti: Zukanovic, Soriano, Eder (S); Rodríguez, Badelj, Vecino (F). Espulsi: nessuno. Spettatori: 22-457.
Data: 7-11-2015 – Ore: 18:00 VERONA 4-3-3: Rafael 6; Pisano 5 (14’ st Siligardi 5,5), Moras 6, Helander 6, Souprayen 5 (34’ st Matuzalem ng); Sala 5, Greco 5,5, Hallfredsson 6; Jankovic 5 (22’ st Ionita 5,5), Pazzini 5, Gomez 5. Allenatore: Mandorlini 5. BOLOGNA 4-3-3: Mirante 6; Rossettini 6, Gastaldello 6,5, Maietta 7, Masina 7; Donsah 7 (32’ st Taider 6), Diawara 6,5, Brienza 6 (16’ st Brighi 6); Rizzo 6,5, Destro 6, Giaccherini 7 (26’ st Mounier 6). Allenatore: Donadoni 7. Arbitro: Orsato di Schio 6. Reti: 6’ pt Giaccherini, 14’ Donsah. Recupero: 7 minuti (2’ pt + 5’ st). Ammoniti: Pazzini (V); Donsah (B). Espulsi: nessuno. Spettatori: 18.007.
Data: 8-11-2015 – Ore: 15:00 FROSINONE 4-4-2: Leali 6; Rosi 6, Diakité 7, Blanchard 6,5, Crivello 5; Paganini 6 (44’ st Tonev ng), Chibsah ng (10’ pt Gori 6), Gucher 6 (44’ st Longo ng), Soddimo 6; Ciofani D. 5,5, Dionisi 5,5. Allenatore: Stellone 5,5. GENOA 3-4-3: Perin 6; De Maio 4, Burdisso 6, Ansaldi 6; Figueiras 6,5, Rincón 6,5, Tino Costa 6 (16’ st Gakpé 6,5), Laxalt 6; Lazovic 7 (33’ st Tachtsidis ng), Pavoletti 6, Perotti 6,5 (38’ st Izzo ng). Allenatore: Gasperini 6. Arbitro: Calvarese di Teramo 6. Reti: 6’ pt Pavoletti (G), 30’ Blanchard (F), 37’ Diakité (F); 30’ st Gakpé (G). Recupero: 6 minuti (2’ pt + 4’ st). Ammoniti: Blanchard, Dionisi (F); De Maio, Burdisso, Figueiras, Tino Costa (G). Espulsi: 35’ pt De Maio (G) per somma di ammonizioni. Spettatori: 6.450.
Data: 8-11-2015 – Ore: 15:00 PALERMO 3-5-2: Sorrentino 7; Vitiello 5,5 (14’ st Rispoli 6), González 6, Andelkovic 6; Quaison 6 (36’ st Goldaniga 6), Hiljemark 6, Maresca 6, Chochev 6, Lazaar 5 (35’ pt Daprelà 6); Vazquez 6, Gilardino 7. Allenatore: Iachini 6,5. CHIEVO 4-3-1-2: Bizzarri 6; Cacciatore 6, Gamberini 6 (1’ st Dainelli 6), Cesar 6, Gobbi 5,5; Castro 6, Radovanovic 6, Hetemaj 6; Birsa 6 (30’ st Pepe 6); Paloschi 6, Inglese 6 (27’ st Pellissier 6). Allenatore: Maran 6. Arbitro: Mariani di Aprilia 6. RetE: 26’ st Gilardino. Recupero: 5 minuti (1’ pt + 4’ st). Ammoniti: Goldaniga, Daprelà, Vazquez, Gilardino (P); Cesar, Gobbi, Radovanovic (C). Espulsi: nessuno. Spettatori: 14.176.
Data: 8-11-2015 – Ore: 15:00 SASSUOLO 4-3-3: Consigli 6; Vrsaljko 6 (24’ st Gazzola 6), Ariaudo 6, Acerbi 6,5, Peluso 6; Pellegrini 6 (19’ st Biondini 6), Magnanelli 6,5, Missiroli 6; Berardi 6, Falcinelli 5 (22’ st Defrel 5), Sansone 7. Allenatore: Di Francesco 6,5. CARPI 4-4-1-1: Belec 6; Zaccardo 6 (32’ st Wallace 5), Romagnoli 5,5, Gagliolo 6, Gabriel Silva 6; Letizia 6, Marrone 5 (15’ st Di Gaudio 6), Bianco 5,5, Pasciuti 6 (21’ st Matos 6); Lollo 5,5; Lasagna 5. Allenatore: Castori 6. Arbitro: Valeri di Roma 6,5. RetE: 28’ pt Sansone. Recupero: 6 minuti (0’ pt + 6’ st). Ammoniti: Consigli, Pellegrini, Biondini, Falcinelli (S); Zaccardo, Wallace, Marrone, Di Gaudio, Lollo (C). Espulsi: nessuno. Spettatori: 10.264.
Fiorentina Inter Roma Napoli Sassuolo Milan Juventus Atalanta Lazio Sampdoria Torino Palermo Empoli Chievo Genoa Bologna Udinese Frosinone Verona Carpi
27 12 9 0 3 24 9 27 12 8 3 1 12 7 26 12 8 2 2 27 13 25 12 7 4 1 22 8 22 12 6 4 2 14 10 20 12 6 2 4 15 16 18 12 5 3 4 16 11 18 12 5 3 4 13 14 18 12 6 0 6 16 20 16 12 4 4 4 19 17 15 12 4 3 5 17 18 14 12 4 2 6 12 16 14 12 4 2 6 13 18 13 12 3 4 5 14 12 13 12 3 4 5 12 16 12 12 4 0 8 11 15 12 12 3 3 6 10 15 11 12 3 2 7 11 18 6 12 0 6 6 8 19 6 12 1 3 8 10 24
Data: 7-11-2015 – Ore: 20:45 MILAN 4-3-3: Donnarumma 7; De Sciglio 5 (1’ st Calabria 5,5), Mexès 6, Romagnoli 6, Antonelli 6; Kucka 5 (19’ st Luiz Adriano 6), Montolivo 5, Poli 5; Cerci 5, Bacca 5, Niang 6 (28’ st Honda 5,5). Allenatore: Mihajlovic 5. ATALANTA 4-3-3: Sportiello 6; Raimondi 5, Tolói 6,5, Paletta 6,5, Dramè 6 (20’ pt Bellini 6); Grassi 6,5 (27’ st Carmona 6), De Roon 7, Cigarini 6,5; Moralez 6,5, Pinilla 5,5 (46’ st Denis ng), Gomez 7. Allenatore: Reja 6,5. Arbitro: Giacomelli di Trieste 5. Recupero: 5 minuti (1’ pt + 4’ st). Ammoniti: De Sciglio, Calabria, Mexès, Bacca (M); Carmona, Cigarini, Pinilla, Gomez (A). Espulsi: nessuno. Spettatori: 33.192.
Data: 8-11-2015 – Ore: 15:00 ROMA 4-3-3: Szczesny 6; Torosidis 6, Manolas 6,5, Rüdiger 7, Digne 6; Nainggolan 7,5, Vainqueur 6,5 (28’ st Keita 6), Salah 5,5 (13’ st Florenzi 6); Iago Falqué 6,5, Gervinho 7,5 (36’ st Iturbe ng), Dzeko 6,5. Allenatore: Garcia 7. LAZIO 4-3-3: Marchetti 5,5; Basta 5, Mauricio 5, Gentiletti 5, Radu 6 (22’ st Keita 6); Parolo 5, Biglia 5, Lulic 5; Candreva 5 (36’ st Matri ng), Djordjevic 5 (17’ st Klose 5), Felipe Anderson 6. Allenatore: Pioli 5. Arbitro: Tagliavento di Terni 4. Reti: 10’ pt Dzeko rig.; 17’ st Gervinho. Recupero: 7 minuti (1’ pt + 6’ st). Ammoniti: Rüdiger, Digne, Vainqueur (R); Gentiletti, Radu, Biglia, Felipe Anderson (L). Espulsi: nessuno. Spettatori: 35.253.
Data: 8-11-2015 – Ore: 12:30 TORINO 3-5-2: Padelli 6; Gastón Silva 6, Glik 6, Moretti 6; Bruno Peres 6 (33’ st Zappacosta 6), Benassi 6,5, Vives 6, Baselli 5,5 (37’ st Amauri ng), Molinaro 5,5; Belotti 5 (18’ st Maxi López 6), Quagliarella 5,5. Allenatore: Ventura 5,5. INTER 3-5-2: Handanovic 8; Murillo 7 (49’ st Ranocchia ng), Miranda 6, Juan Jesus 6; D’Ambrosio 6, Felipe Melo 5,5, Medel 7, Kondogbia 7, Nagatomo 6; Icardi 6 (23’ st Perisic 5,5), Palacio 6 (31’ st Ljajic 5,5). Allenatore: Mancini 6,5. Arbitro: Irrati di Pistoia 7. RetE: 31’ pt Kondogbia. Recupero: 9 minuti (2’ pt + 7’ st). Ammoniti: Glik, Bruno Peres (T); Medel (I). Espulsi: nessuno. Spettatori: 13.837.
9 reti: Higuaín (Napoli); Eder (Sampdoria, 2 rig.) 7 reti: Kalinic (Fiorentina) 6 reti: Bacca (Milan, 1 rig.); Insigne (Napoli); Gervinho (Roma) 5 reti: Dybala (Juventus, 2 rig.); Pjanic, Salah (Roma) 4 reti: Paloschi (Chievo); Saponara (Empoli); Babacar (1 rig.), Ilicic (Fiorentina, 4 rig.); Pavoletti (Genoa); Felipe Anderson (Lazio); Muriel (Sampdoria); Baselli, Quagliarella (Torino)
Calcio 2OOO
95
1X2
i NUMERI Della
13a GIORNATA
Atalanta-Torino 0-1 (0-0)
Bologna-Roma 2-2 (1-0)
Carpi-Chievo 1-2 (0-2)
Fiorentina-Empoli 2-2 (0-2)
Genoa-Sassuolo 2-1 (0-0)
Inter-Frosinone 4-0 (1-0)
Juventus-Milan 1-0 (0-0)
Lazio-Palermo 1-1 (0-1)
Udinese-Sampdoria 1-0 (1-0)
Verona-Napoli 0-2 (0-0)
CLASSIFICA
MARCATORI
Data: 22-11-2015 – Ore: 15:00 ATALANTA 4-3-3: Sportiello 6; Masiello 5 (37’ st D’Alessandro ng), Stendardo 6, Paletta 5,5, Bellini 5 (10’ st Brivio 5,5); Carmona 5, De Roon 5, Cigarini 5 (25’ st Raimondi 6); Moralez 7, Denis 5, Gomez 6. Allenatore: Reja 5,5. TORINO 3-5-2: Padelli 6; Bovo 7, Glik 6, Moretti 6; Bruno Peres 6, Acquah 6, Vives 7, Baselli 5 (44’ st Gazzi ng), Molinaro 6; Quagliarella 5 (39’ st Maxi López 6), Belotti 6 (49’ st Martínez ng). Allenatore: Ventura 7. Arbitro: Cervellera di Taranto 6. RetE: 7’ st Bovo. Recupero: 7 minuti (1’ pt + 6’ st). Ammoniti: Stendardo, De Roon (A); Vives (T). Espulsi: nessuno. Spettatori: 15.776.
Data: 22-11-2015 – Ore: 15:00 FIORENTINA 3-4-2-1: Tatarusanu 5; Tomovic 5, Rodríguez 6,5, Astori 5,5; Rebic 5 (1’ st Bernardeschi 7), Suárez 5 (1’ st Kalinic 7,5), Vecino 6, Alonso 6; Borja Valero 7, Fernández 5,5; Babacar 5,5 (34’ st Rossi ng). Allenatore: Paulo Sousa 5,5. EMPOLI 4-3-1-2: Skorupski 6,5; Laurini 5, Tonelli 6, Costa 6, Mario Rui 5; Zielinski 6, Paredes 6, Büchel 7 (37’ st Bittante ng); Saponara 6,5 (29’ st Krunic ng); Livaja 7, Maccarone 6 (20’ st Pucciarelli 6). Allenatore: Giampaolo 6,5. Arbitro: Banti di Livorno 4,5. Reti: 18’ pt Livaja (E), 27’ Büchel (E); 11’ e 16’ st Kalinic (F). Recupero: 6 minuti (1’ pt + 5’ st). Ammoniti: Tomovic, Rebic, Bernardeschi, Suárez, Vecino (F); Zielinski, Büchel, Livaja (E). Espulsi: nessuno. Spettatori: 27.618.
Data: 21-11-2015 – Ore: 20:45 JUVENTUS 4-3-1-2: Buffon 6,5; Lichtsteiner 6, Barzagli 6,5, Chiellini 6, Evrà 6 (29’ pt Alex Sandro 7); Sturaro 6, Marchisio 6, Pogba 6,5; Hernanes 4,5 (1’ st Bonucci 6); Mandzukic 5,5, Dybala 7 (36’ st Morata ng). Allenatore: Allegri 6. MILAN 4-3-3: Donnarumma 7; Abate 5, Alex 5, Romagnoli 7, Antonelli 5; Kucka 6 (29’ st Luiz Adriano 5,5), Montolivo 5,5, Bonaventura 6; Cerci 5, Bacca 5, Niang 6 (39’ st Honda ng). Allenatore: Mihajlovic 5. Arbitro: Mazzoleni di Bergamo 6. RetE: 20’ st Dybala. Recupero: 4 minuti (1’ pt + 3’ st). Ammoniti: Lichtsteiner, Sturaro (J); Alex, Kucka (M). Espulsi: nessuno. Spettatori: 40.841.
Data: 22-11-2015 – Ore: 15:00 VERONA 4-5-1: Rafael 7; Pisano 6, Bianchetti 6, Moras 5,5, Albertazzi 6 (2’ st Helander 5); Jankovic 5 (28’ st Toni 5,5), Greco 5, Checchin 6 (23’ st Wszolek 5,5), Hallfredsson 6, Gomez 6; Pazzini 5,5. Allenatore: Mandorlini 5,5. NAPOLI 4-3-3: Reina 6; Hysaj 6, Albiol 6, Chiriches 6, Ghoulam 6; Allan 6,5, Jorginho 7, Hamsik 7 (43’ st David López ng); Callejón 6 (21’ st El Kaddouri 6), Higuaín 7, Insigne 7 (43’ st Maggio ng). Allenatore: Sarri 7. Arbitro: Damato di Barletta 6,5. Reti: 22’ st Insigne, 28’ Higuaín. Recupero: 3 minuti (0’ pt + 3’ st). Ammoniti: Pisano, Jankovic, Greco (V); Hysaj, Insigne (N). Espulsi: nessuno. Spettatori: 17.483.
96
Calcio 2OOO
Data: 21-11-2015 – Ore: 18:00 BOLOGNA 4-3-3: Mirante 6; Rossettini 6, Gastaldello 6,5, Maietta 6 (34’ st Mancosu ng), Masina 7; Donsah 6 (25’ st Taider 6), Diawara 6,5, Brighi 6; Mounier 5,5 (31’ st Rizzo 6), Destro 7, Giaccherini 7. Allenatore: Donadoni 6,5. ROMA 4-3-3: Szczesny 6; Maicon 6 (18’ st Torosidis 4,5), Rüdiger 5, Manolas 6,5, Digne 6; Pjanic 6, Keita 5 (18’ st Vainqueur 6), Nainggolan 6; Florenzi 6,5, Dzeko 6, Iturbe 5 (44’ st Sadiq ng). Allenatore: Garcia 5,5. Arbitro: Rocchi di Firenze 5. Reti: 15’ pt Masina (B); 7’ st Pjanic (R) rig., 27’ Dzeko (R) rig., 42’ Destro (B) rig. Recupero: 7 minuti (1’ pt + 6’ st). Ammoniti: Mirante, Gastaldello, Maietta, Donsah, Mounier, Destro (B); Torosidis, Manolas, Nainggolan, Iturbe (R). Espulsi: nessuno. Spettatori: 23.304.
Data: 22-11-2015 – Ore: 15:00 GENOA 4-3-3: Perin 6,5; Figueiras 6 (13’ st Dzemaili 6), Izzo 7 (33’ st Cissokho 6,5), Burdisso 7, Ansaldi 7; Rincón 7, Tino Costa 6, Laxalt 6; Lazovic 6 (23’ st Gakpé 6), Pavoletti 7, Perotti 5. Allenatore: Gasperini 6,5. SASSUOLO 4-3-3: Consigli 6; Vrsaljko 6, Cannavaro 6, Acerbi 6,5, Peluso 5,5; Missiroli 6, Magnanelli 6, Duncan 6 (17’ st Floccari 5); Berardi 4, Defrel 5 (27’ st Politano 6), Sansone 6 (34’ st Floro Flores ng). Allenatore: Di Francesco 6. Arbitro: Rizzoli di Bologna 5,5. Reti: 6’ st Rincón (G), 49’ Acerbi (S), 50’ Pavoletti (G). Recupero: 6 minuti (1’ pt + 5’ st). Ammoniti: Perin, Burdisso, Rincón (G). Espulsi: 42’ pt Berardi (S) per fallo di reazione e Perotti (G) per comportamento non regolamentare. Spettatori: 19.347.
Data: 22-11-2015 – Ore: 15:00 LAZIO 4-3-3: Marchetti 7; Basta 5, Hoedt 5, Gentiletti 5, Lulic 6; Milinkovic-Savic 6, Biglia 5, Parolo 5; Felipe Anderson 5 (13’ st Matri 5,5), Djordjevic 5 (13’ st Candreva 6), Keita 5 (38’ st Kishna ng). Allenatore: Pioli 5. PALERMO 4-3-1-2: Sorrentino 6; Struna 6 (36’ st Rispoli ng), Goldaniga 7, González 6, Lazaar 6; Hiljemark 5 (28’ st Rigoni 6), Jajalo 6, Chochev 6; Brugman 7; Vazquez 5,5, Gilardino 6 (28’ st Trajkovski 6). Allenatore: Ballardini 6,5. Arbitro: Celi di Bari 6. Reti: 22’ pt Goldaniga (P); 25’ st Candreva (L) rig. Recupero: 6 minuti (1’ pt + 5’ st). Ammoniti: Gentiletti, Biglia, Matri (L); Hiljemark, Chochev, Trajkovski (P). Espulsi: nessuno. Spettatori: 17.175.
Inter Napoli Fiorentina Roma Sassuolo Juventus Milan Lazio Torino Atalanta Chievo Sampdoria Genoa Palermo Udinese Empoli Bologna Frosinone Verona Carpi
30 13 9 3 1 16 7 28 13 8 4 1 24 8 28 13 9 1 3 26 11 27 13 8 3 2 29 15 22 13 6 4 3 15 12 21 13 6 3 4 17 11 20 13 6 2 5 15 17 19 13 6 1 6 17 21 18 13 5 3 5 18 18 18 13 5 3 5 13 15 16 13 4 4 5 16 13 16 13 4 4 5 19 18 16 13 4 4 5 14 17 15 13 4 3 6 13 17 15 13 4 3 6 11 15 15 13 4 3 6 15 20 13 13 4 1 8 13 17 11 13 3 2 8 11 22 6 13 0 6 7 8 21 6 13 1 3 9 11 26
Data: 22-11-2015 – Ore: 15:00 CARPI 4-1-4-1: Belec 6; Letizia 7, Zaccardo 5,5, Bubnjic 5 (13’ st Gagliolo 6), Gabriel Silva 5; Marrone 5 (25’ st Lasagna 6); Matos 6, Lollo 6, Bianco 6, Pasciuti 5,5 (1’ st Di Gaudio 6); Mbakogu 6. Allenatore: Castori 5,5. CHIEVO 4-3-1-2: Bizzarri 6,5; Frey 6, Gamberini 5,5, Cesar 6, Gobbi 5,5; Castro 6,5, Rigoni 6, Hetemaj 6; Birsa 6,5 (29’ st Pepe 6); Inglese 7 (21’ st Paloschi 6), Meggiorini 6,5 (36’ st Radovanovic ng). Allenatore: Maran 6,5. Arbitro: Maresca di Napoli 6. Reti: 8’ pt Inglese (Ch), 14’ Meggiorini (Ch); 16’ st Gamberini (Ch) aut. Recupero: 7 minuti (2’ pt + 5’ st). Ammoniti: Zaccardo, Gagliolo, Gabriel Silva, Lollo (C); Birsa, Inglese, Radovanovic (C). Espulsi: nessuno. Spettatori: 7.033.
Data: 22-11-2015 – Ore: 20:45 INTER 4-2-3-1: Handanovic 6,5; Nagatomo 5,5 (15’ st Ranocchia 6), Miranda 6,5, Murillo 7, Telles 6; Felipe Melo 6, Kondogbia 5,5; Biabiany 7 (41’ st Perisic ng), Jovetic 6 (43’ st Brozovic 6,5), Ljajic 7; Icardi 6,5. Allenatore: Mancini 7,5. FROSINONE 4-4-2: Leali 5,5; Rosi 5,5, Diakité 5, Blanchard 5, Crivello 4,5; Paganini 5,5 (38’ st Carlini ng), Gori 6 (32’ st Gucher ng), Sammarco 5, Soddimo 6; Castillo 6, Ciofani D. 5 (32’ st Longo ng). Allenatore: Stellone 5,5. Arbitro: Guida di Torre Annunziata 6. Reti: 29’ pt Biabiany; 8’ st Icardi, 42’ Murillo, 47’ Brozovic. Recupero: 3 minuti (0’ pt + 3’ st). Ammoniti: Miranda (I); Diakité, Paganini, Soddimo (F). Espulsi: nessuno. Spettatori: 37.469.
Data: 22-11-2015 – Ore: 12:30 UDINESE 3-5-2: Karnezis 6; Wagué 7, Danilo 7, Felipe 7 (35’ st Piris ng); Widmer 6 (28’ st Adnan 6), Badu 7, Lodi 6,5, Iturra 6,5, Edenilson 6; Aguirre 6 (28’ st Di Natale 6), Théréau 7. Allenatore: Colantuono 6,5. SAMPDORIA 4-3-3: Viviano 6; De Silvestri 5, Silvestre 5,5, Moisander 5,5, Zukanovic 5; Soriano 5,5 (36’ st Bonazzoli 6), Fernando 6, Barreto 6; Carbonero 5,5 (19’ st Christodoulopoulos 5), Muriel 5 (20’ st Cassano 6), Eder 6. Allenatore: Montella 5,5. Arbitro: Di Bello di Brindisi 5,5. RetE: 35’ pt Badu. Recupero: 5 minuti (1’ pt + 4’ st). Ammoniti: Danilo, Felipe, Iturra (U); Silvestre (S). Espulsi: 45’ st Zukanovic (S) per gioco scorretto. Spettatori: 15.713.
10 reti: Higuaín (Napoli) 9 reti: Kalinic (Fiorentina); Eder (Sampdoria, 2 rig.) 7 reti: Insigne (Napoli) 6 reti: Dybala (Juventus, 2 rig.); Bacca (Milan, 1 rig.); Gervinho, Pjanic (Roma, 1 rig.) 5 reti: Pavoletti (Genoa); Salah (Roma) 4 reti: Paloschi (Chievo); Saponara (Empoli); Babacar (1 rig.), Ilicic (Fiorentina, 4 rig.); Icardi (Inter); Felipe Anderson (Lazio); Muriel (Sampdoria); Baselli, Quagliarella (Torino)
scovate da
CARLETT
BALOTELLI
ROONEY
Dal profilo del fratello di Mario, una bella foto che ritrae i due fratelli belli sorridenti, nonostante l'infortunio che sta tenendo il giocatore fuori squadra.
Bello il collage di foto dell'attaccante inglese tra i protagonisti dell'amichevole contro la Francia a Wembley.
RONALDO
SERGIO RAMOS
Decisamente appesantito, ma perennemente in viaggio, ecco l'unico vero fenomeno brasiliano degli ultimi vent'anni che si diverte in Cina a giocare a Ping Pong.
THIAGO SILVA Sorridente, come sempre, in campionato è primo in classifica, in Champions le cose vanno bene, foto fatta negli spogliatoi del PSG.
IBRAHIMOVIC Fresco fresco di qualificazione agli Europei dopo lo spareggio con la Danimarca, eccolo festeggiare con i compagni di nazionale in pullman.
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Calcio 2OOO
Il gol più bello glielo ha regalato la moglie. Eccoli festeggiare insieme all'uscita dall'ospedale la nascita del loro bimbo.
RIO FERDINAND L'ex difensore ci regala sempre degli scatti molto simpatici, eccolo mente addenta il boccone...
CRISTIANO RONALDO Molto delicato nel consumare la sua cena solitaria. Il campione portoghese ci fa entrare nella sua "umile" dimora all'ora di cena!
Il DJ/Speaker di RTL 102.5 Carlo CARLETTO Nicoletti seguirà i profili Instagram e Twitter dei giocatori più importanti del pianeta Calcio e ci segnalerà le foto e i tweet più divertenti e particolari. Segnalate quelle che magari potrebbero sfuggirgli scrivendogli al suo profilo Instagram e Twitter: @carlettoweb
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