Calcio2000 n.220

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M’BAYE NIANG

Mensile | APRILE 2016 | N. 220 | Italia | Euro 3,90

Calcio

BE €8,00 | F €11,50 | PTE CONT €7,50 | E €7,50 | CHCT chf 8,50

2OOO il mensile diretto da FABRIZIO PONCIROLI

Esclusiva Lorenzo PASCIUTI “CARPI, UN LUOGO MAGICO”

Speciale Senza SCUDETTO CHI NON HA MAI VINTO IL TRICOLORE

Esclusiva Carlo PALLAVICINO “I CELLULARI HANNO CAMBIATO IL CALCIO”

OSCAR DERTYCIA

IL MASTRO LINDO DI FIRENZE

EDIZIONE SPECIALE CON LE CARDS DI FIFA 365 Adrenalyn XL™

foto Alberto Lingria/PhotoViews

Speciale INGHILTERRA FA Cup LA GENESI DI UNA COPPA UNICA

L’ALFABETO DEI BIDONI

ESCLUSIVA

M’Baye NIANG

“RINGRAZIO MIHAJLOVIC”

ESCLUSIVA Gianluca VIALLI

“IN TV SERVE PROFESSIONALITÀ”


IL TOP DEL CALCIO MONDIALE

L'EDITORIALE di Fabrizio PONCIROLI

direttore@calcio2000.it

IL TALENTO NON HA ETÀ… O FORSE SÌ

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Calcio 2OOO

IN TUTTE LE EDICOLE

N. 220 - APRILE 2016

Mensile | APRILE 2016 | N. 220 | Italia | Euro 3,90

Calcio

BE €8,00 | F €11,50 | PTE CONT €7,50 | E €7,50 | CHCT chf 8,50

L’ALFABETO DEI BIDONI

OSCAR DERTYCIA

IL MASTRO LINDO DI FIRENZE

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il mensile diretto da FABRIZIO PONCIROLI

Esclusiva Lorenzo PASCIUTI “CARPI, UN LUOGO MAGICO”

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M’BAYE NIANG

Speciale Senza SCUDETTO CHI NON HA MAI VINTO IL TRICOLORE

Esclusiva Carlo PALLAVICINO “I CELLULARI HANNO CAMBIATO IL CALCIO”

foto Alberto Lingria/PhotoViews

Speciale INGHILTERRA FA Cup LA GENESI DI UNA COPPA UNICA

Calcio

I

l calcio fa parte di quel gruppo di discipline sportive in cui il talento è un fattore determinante. Senza una massiccia dose di classe, si può diventare degli onesti mestieranti ma, per entrare nel gotha dei migliori di sempre, serve ben altro. Ultimamente stiamo assistendo all’uscita di scena di un certo Francesco Totti, ovvero di uno dei più grandi interpreti di sempre. Uno di quei pochi fortunati ai quali madre natura ha rovesciato addosso un container di talento. Il suo tempo da giocatore pare volgere al termine. La carta d’identità non è di primissimo pelo. E qui sorge la domanda: ma il talento è legato, in maniera indissolubile, all’età? Ci proviamo… Un tempo, neanche tanto tanti lustri fa, il calcio non era un moto continuo. Non tutti erano obbligati a correre come delle lepri. Furino, ad esempio, correva il doppio per Platini… Oggi, purtroppo o per fortuna, non è più così. Oggi ogni elemento della squadra è obbligato ad un moto perpetuo. Per farne parte, devi stare benissimo fisicamente. Chiaramente, a 40 anni, è più complicato reggere certi ritmi. Quindi, probabilmente, oggi il talento non può sopperire a tutto anche se non se ne può fare a meno… Diciamo che i tanti giovinastri che si stanno affacciando al calcio che conta hanno tanto da imparare da gente come Totti ma, d’altro canto, sono già abituati a questo moto perpetuo di cui si ciba il calcio moderno. Niang, la nostra cover del mese, ne è un chiaro esempio. Fisicamente impressionante, dotato di uno scatto bruciante e con il talento necessario per stare al passo dei grandi… Che sia messo agli atti una mia considerazione: da buon nostalgico, non posso fare a meno di avere un debole per i grandi talenti del passato, quelli che, anche senza un fisico da superuomini, decidevano le sorti delle partite ma il calcio è uno sport che si evolve e che chiede sempre più doti… Passiamo ad altri concetti meno filosofici. Numero ricco quello che avete tra le mani. Interessante l’excursus sulla FA Cup, il trofeo più longevo d’Inghilterra. Spazio al Carpi e a quei campioni che lo Scudetto non l’hanno mai portato sul petto… Pallavicino e Vialli sono nomi di primissimo piano, bello averli potuto intervistare… Da buon amante dei calciatori stravaganti, non posso non consigliarvi la lettura dello speciale dedicato a Dertycia… Mamma mia che racconto… Non voglio andare oltre, è meglio lasciarvi alla lettura. Prima dei saluti, un consiglio a tutti. Continuo a frequentare stadi sempre più deserti. Capisco che il calcio in TV sia più comodo ma lo stadio, almeno una volta all’anno, va frequentato… È il nostro pizzo obbligatorio per il gioco più bello del mondo…

ESCLUSIVA Gianluca VIALLI

ESCLUSIVA

M’Baye NIANG

“RINGRAZIO MIHAJLOVIC”

“IN TV SERVE PROFESSIONALITÀ”

“Il suo talento era naturale come il disegno tracciato dalla polvere sulle ali di una farfalla…”

www.calcio2000.it Calcio 2OOO

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sommario n.220 6

issn 1126-1056

LA BOCCA DEL LEONE di Fabrizio Ponciroli

8 M'Baye Niang INTERVISTA ESCLUSIVA di Fabrizio Ponciroli 18 LORENZO PASCIUTI intervista esclusiva di Sergio Stanco 26 FA CUP SPECIALE di Luca Manes 32 LO SCAVETTO GESTI TECNICI di Massimo Pavan 36 NIENTE SCUDETTO SPECIALE di Luca Gandini 40 OSCAR DERTYCIA L’ALFABETO DEI BIDONI di Fabrizio Ponciroli 48 I TALENTI - SERIE B

Anno 19 n. 4 APRILE 2016

di Tommaso Maschio

Registrazione al Tribunale di Milano n.362 del 21/06/1997 - Iscritto al Registro Operatori di Comunicazione al n. 18246

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18

Redazione

26

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TC&C S.r.l.

Statistiche

Redazione Calcio2000

di Gabriele Porri

DOVE SONO FINITI?

CAMPIONATI STRANIERI

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IL PROSSIMO NUMERO sarà in edicola il 10 APRILE 2016 4

Calcio 2OOO

e-mail: media@calcio2000.it

Stampa

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92 I NUMERI DELLA SERIE A 98 SCOVATE da CARLETTO RTL NUMERO CHIUSO IL 26 FEBBRAIO 2016

Contatti per la pubblicità: Tiber S.p.A. Via della Volta, 179 25124 Brescia Tel. +39 0303543439 Fax. +39 030349805

di Stefano Borgi

84 SPAGNA di Paolo Bardelli 86 INGHILTERRA di Luca Manes 88 GERMANIA di Flavio Sirna 90 FRANCIA di Renato Maisani

Image Photo Agency (imagephotoagency.it), Agenzia Aldo Liverani, Agenzia PhotoViews, Federico De Luca.

Realizzazione Grafica

STORIA

Hanno collaborato

Francesco Scabar, Sergio Stanco, Simone Toninato, Gabriele Porri, Massimo Pavan, Pasquale Romano, Luca Gandini, Stefano Borgi, Paolo Bardelli, Luca Manes, Renato Maisani, Carletto RTL.

Fotografie

di Pasquale Romano

78 ARRIGO SACCHI ACCADDE A... di Francesco Scabar 80 RICCARDO MASPERO

Diretto da

Fabrizio Ponciroli Marco Conterio, Luca Bargellini, Gaetano Mocciaro, Chiara Biondini, Simone Bernabei, Lorenzo Marucci, Pietro Lazzerini, Tommaso Maschio, Lorenzo Di Benedetto.

di Simone Toninato

54 CARLO PALLAVICINO I RE DEL MERCATO di Marco Conterio 64 GIANLUCA VIALLI I GIGANTI DEL CALCIO di Fabrizio Ponciroli 74 CHAMPIONS LEAGUE ’86/’87

TC&C srl Strada Setteponti Levante 114 52028 Terranuova Bracciolini (AR) Tel +39 055 9172741 Fax +39 055 9170872 Michele Criscitiello

52 REGGINA- SERIE D

EDITORE

DIRETTORE RESPONSABILE

50 CATANIA - LEGA PRO

Calcio2OOO

Distribuzione

Mepe S.p.A. Via Ettore Bugatti, 15 20142 Milano Tel +39 0289592.1 Fax +39 0289500688

www.calcio2000.it

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CalCiatori, finalmente!

Ci siamo, è arrivato Panini Calciatori 2015-2016, l’appuntamento da non perdere per chi ama il calcio… La 55esima edizione Calciatori, che fin dalla copertina si ammanta delle festose bandiere delle squadre di Serie A TIM, è certamente la più ricca mai realizzata. Lo è per la accresciuta completezza delle rose della Serie A TIM, per le quali ora ci sono ben 22 figurine dei calciatori da collezionare e le carriere complete di tutti gli allenatori. Lo è per il gran numero di informazioni e curiosità, anche storiche, messe a disposizione degli appassionati più esigenti. Lo è per il formato rinnovato delle figurine della Serie B ConTe.it, ognuna delle quali ritrae quest’anno due giocatori. Lo è per la ricchezza e la varietà dei materiali utilizzati, con tutte le maglie di Serie A TIM ritratte in figurine trasparenti con gli scudetti in raso. Lo è anche perché alcuni degli splendidi disegni dei collezionisti proposti nell’ambito dell’iniziativa online “RafFIGUra la tua squadra” sono diventati figurine dell’omonima sezione! Collezionisti che saranno ancora protagonisti della raccolta: infatti, sta a voi eleggere due delle figurine del rinnovato “Film del Campionato” sul sito ufficiale della collezione www.calciatoripanini. it. Per farlo, basta inserire nella sezione “Vota i tuoi Idoli” il codice alfanumerico presente all’interno di ogni bustina (escluse bustine omaggio) e selezionare il vostro idolo assoluto e la vostra giovane promessa. Calciatori Panini 2015-2016 ti aspetta in edicola con tante proposte vantaggiose, fra cui la scatola da 50 bustine al prezzo di €29,40 (anziché €35) e la confezione da 8 bustine al prezzo di €4,90 (anziché €5,60).


PER SCRIVERCI: media@calcio2000.it

LA BOCCA DEL LEONE di Fabrizio Ponciroli - foto Image Sport TOTTI VS SPALLETTI Direttore, sono davvero furibondo. Ma che ha combinato Spalletti? Ma ha capito chi è Totti, che cosa rappresenta per la Roma? Ma come si fa a metterlo da parte come un paio di scarpe vecchie? Spalletti mi piace come allenatore ma già in passato aveva mancato di rispetto a Totti e questo dimostra che è un arrogante. Mi piacerebbe sapere che ne pensa lei di questa storia che ho paura farà del male solo a Totti. Grazie Luca, mail firmata Buongiorno Luca, mi sono espresso tante volte su Francesco Totti, anche ad inizio della stagione in corso. Un grande campione deve capire quando è giunto il momento di fare un passo indietro o di dire basta. Non ci sarà mai nessuno più grande di Totti a Roma, per questo va “indirizzato” verso l’epilogo della sua strabiliante carriera nella maniera corretta. È giunto il momento di salutare, di fare altro. Deve capire che la Roma ha altre necessità ora. Spalletti ha sbagliato i modi ma la sostanza non cambia: Totti è giunto a quel fatidico

TIFOSI Di TOTTI

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momento, quello di dire basta. Io mi auguro che possa smettere nelle condizioni migliori, magari con un paio di grandissime prestazioni in campo… MESSI, CHE SBRUFFONE Egregio Direttore Ponciroli, la seguo sempre su SportItalia e TMW. Mi piace anche il suo giornale e, quando posso, lo acquisto. Ho una domanda per lei. Non mi è piaciuto affatto quello che ha fatto Messi. Quel rigore passato a Suarez mi è sembrata una grande mancanza di rispetto verso gli avversari. Secondo me è un po’ uno sbruffone. Ok che è il più forte ma non bisogna mai esagerare. Hanno detto che è stato un omaggio a Cruijff, a me è sembrato tutt’altro. Spero che qualcuno lo faccia al Barcellona un giorno con Messi in campo. Complimenti per la rubrica sui bidoni, mi piace tantissimo. Pier88, mail firmata Non so il tuo nome, resto con Pier88… Allora, caso scottante. Appena ho visto quel rigore mi è venuto alla mente un’immagine: che avrebbe fatto Paolo Montero, scorbutico e ruvido difensore della Juventus, se fosse stato “vittima” di quel rigore? Credo che Messi,

LEO MESSI

l’azione seguente, si sarebbe contorto dal dolore in mezzo al campo, vittima di un’entrataccia del buon Montero. Bello da vedere, non bello da subire. Non ci sono dubbi a riguardo. Preferisco quando la Pulce salta mille uomini e trova l’angolo alla destra del portiere, non mi piacciono queste giocate ad effetto… IL PORTIERE DEI SUPERBOYS Direttore, la voglio mettere in difficoltà. So che è un grande appassionato di cartoni animati. Se lo ricorda Shingo? Ho un ricordo, di un portiere fortissimo. Uno che parava di tutto. Lo so, ho pochi dettagli ma mi piacerebbe ricordare quel portiere!!! Da piccolo giocavo portiere e ricordo che mi ispiravo a lui. Alberto, mail firmata Mamma mia Alberto, ne ricevo di mail ma questa è davvero particolarissima. Allora, ho perso del tempo ma ho trovato il personaggio di cui hai un vago ricordo. Parliamo di Kamioka Go, il “portiere fantasma”. Ciuffo da ribelle, impossibile da superare, quello della “presa cieca”… Eh sì, il buon Kamioka Go si allenava con gli occhi bendati

Kamioka Go

ma le prendeva tutte…Lui sapeva sentire la palla e capire la direzione del calcio senza l’uso degli occhi… Pensa che la prima volta che Shingo lo affronta, perde 8-0. Non aggiungo altro… DOMANDA SECCA Direttore, sto facendo un sondaggio: chi vince lo Scudetto, chi va in Champions, chi vince titolo capocannoniere? Chi la Coppa Italia? Marco, mail firmata Risposta telegrafica: Juventus, Napoli e Roma, Higuain. Coppa Italia al Milan. Sono stato abbastanza veloce? BEN TORNATO CESARE Con orgoglio possiamo ripubblicare i disegni del mitico nostro lettore Cesare Righi.

RICEVIAMO & PUBBLICHIAMO “Barça Dreams” Solo martedì 29 e mercoledì 30 marzo in oltre 100 sale di tutta Italia, la vera storia del FC Barcelona e dei suoi campioni. Giocatori leggendari come Leo Messi, Xavi Hernández e Andrés Iniesta, oltre al celeberrimo allenatore Pep Guardiola e all’icona del pallone Johan Cruijff sono i protagonisti del documentario dedicato al club simbolo dell’identità catalana. Con la voce narrante di Pierluigi Pardo. Martedì 29 e mercoledì 30 marzo, la vera storia di una delle squadre di calcio più popolari di tutti i tempi, il leggendario FC Barcelona, esce dai campi da gioco e arriva in oltre 100 sale cinematografiche di tutta Italia con “Barça Dreams”, il film di Jordi Llopart distribuito in Italia da QMI. Un viaggio alla scoperta di quello che si è sempre definito “Més que un club” (più che un club), raccontato dai suoi campioni: dal centrocampista fuoriclasse Lionel Messi al celeberrimo allenatore Pep Guardiola, fino all’uomo che ha rivoluzionato il mondo del pallone grazie alla sua visione inedita e innovativa del calcio: Johan Cruijff. Con la voce narrante del giornalista e commentatore sportivo Pierluigi Pardo. “Quando filmavamo i giocatori in slow motion durante le partite, eravamo stupefatti dalle incredibili imprese di Leo Messi sul campo da gioco – racconta il regista – ad esempio, quando un compagno gli passava la palla, scattava a una tale velocità che risultava impossibile seguirlo e assicurarsi che la sua immagine rimanesse all’interno dell’inquadratura. Una cosa che non succedeva con nessun altro giocatore. Era sensibilmente più veloce, e per non perderlo ogni volta dovevamo tentare di indovinare da che parte avrebbe iniziato a correre.”

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INTERVISTA M'Baye Niang IL NUOVO ASSO

M’Baye sta diventando grande nel suo Milan

QUESTIONE DI FEELING È tornato al Milan e, grazie a MIhajlovic e alla sua determinazione, ha conquistato un posto da titolare, ma sono altri i sogni di Niang…

foto Image Sport

di Fabrizio PONCIROLI foto Archivio TC&C

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INTERVISTA / M'Baye Niang

L

o aspettiamo nella stanza di benvenuto a Milanello. Mentre attendiamo, passano Montolivo e Kucka… Poi, ecco il giovane Niang… “Ho accettato solo perché mi mettete in cover”, spiega a chiare lettere ma con un gran sorriso stampato sulla faccia. Dopo aver scrutato per bene la nostra/vostra rivista, un altro commento “alla Niang”: “Ma proprio dopo un nerazzurro dovevate mettermi?”, riferendosi alla cover con Felipe Melo in bella mostra… In due minuti si è già compreso che sarà un’intervista piuttosto frizzante… Allora M’Baye, anche se sei giovanissimo, torniamo agli inizi della tua carriera… Sempre e solo calcio? “Sì, assolutamente… Ho cominciato da piccolissimo, giocavo in strada. Poi mi hanno iscritto ad una piccola società vicino al mio paese e così è cominciato tutto”.

INTERVISTA / M'Baye Niang

“” Mihajlovic? Un grandissimo tecnico. Da quando è arrivato, l’ho detto subito che si era creato un feeling speciale… Ti sei sempre divertito a fare l’attaccante o hai sperimentato altri ruoli? “No, ho provato di tutto in mezzo al campo. Da bambino mi interessava avere sempre il pallone tra i piedi, quindi andavo a prendermelo in ogni posizione del campo. Poi, crescendo, ho cominciato ad avere un ruolo più definito, quindi a giocare

in attacco, da esterno o da punta”. Quali erano i tuoi idoli da ragazzino? “Io sono francese, quindi mi piacevano molto i campioni di allora della Francia, in particolare Henry e Zidane. Poi mi piaceva tantissimo anche Ronaldo, il brasiliano…”.

DOTI FANTASTICHE

Gasperini, al Genoa, ne ha esaltato le qualità, ora ci pensa Mihajlovic

Quando hai cominciato a capire che il calcio sarebbe stato il tuo mestiere? “Sicuramente al Caen… A 14 anni ho iniziato ad allenarmi con la prima squadra e li ho capito che potevo diventare un calciatore professionista”. Al Caen hai lasciato un bel ricordo e diversi record… “Ero giovane, sapevo che dovevo ancora farne di strada. Non bastano due/tre gare per diventare un gran giocatore. Al Caen ero proprio agli inizi ma sono orgoglioso di quello che sono riuscito a fare lì e pure dei record… Alcuni sono ancora miei

FINALMENTE IL GOL

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foto Image Sport

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Nella sua seconda avventura in rossonero, sta segnando con continuità

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INTERVISTA / M'Baye Niang

Poi ecco, nel 2012, la chiamata del Milan… Mi racconti come è andata? “Guarda, mi ricordo che mi cercavano l’Arsenal e l’Everton ma poi mi è stato detto che Galliani mi voleva per il Milan… Ricordo che l’ho detto a mia mamma che non ci credeva… Poi mi ha chiamato anche il presidente del Caen, dicendomi che Galliani insisteva per avermi al Milan. Allora, a quel punto, con la mia famiglia siamo andati in sede al Caen per parlarne e poi sono partito, verso Milano, insieme a Galliani”. Che effetto ti ha fatto mettere piede in una società e in uno spogliatoio importante come quello del Milan? Mentre sta per rispondere, ecco apparire Mihajlovic… “Niang, non dire cazzate…”. Una battuta e via… “Che ci vuoi fare, il Mister è così, un simpaticone”, chiude lo stesso Niang…

“” In tutta la mia carriera, non ho mai visto un portiere come Donnarumma. È incredibile, fa delle cose pazzesche… “Dicevamo, arrivare al Milan è tanta roba… Poi, quando sono arrivato io, c’erano tantissimi campioni. È stato bello perché sono riuscito subito a giocare qualche partita al mio primo anno, in particolare in Champions League. Ci tenevo molto a mettere piede in Champions”. Senti, giochiamo un po’… Cosa sarebbe accaduto alla tua carriera se quel famoso tiro, nella sfida

contro il Barcellona, non si fosse stampato sul palo? Pensi che sarebbe cambiata la tua carriera? “Se ci penso oggi, a distanza di tanti anni, direi che sono contento che sia andata come è andata. Quel palo mi ha permesso di crescere molto, mi ha obbligato a rimettermi in discussione, a migliorare come giocatore. E, poi, sono comunque grato di aver giocato, così giovane, quella partita. È un ricordo che mi porterò dentro per sempre”. Ti ha pesato lasciare il Milan per rimetterti in gioco altrove? Raccontami delle esperienze al Montpellier e al Genoa… “Sai, io sentivo che avevo bisogno di giocare. A Caen ero un titolare, giocavo sempre, al Milan non avevo quella certezza. Avevo bisogno di crescere altrove, per tornare al Milan più forte che mai. Così sono andato prima al Montpellier, dove ho avuto qualche problema fisico, e poi al Genoa dove, grazie a Gasperini, ho imparato molto e sono cresciuto

VUOLE IL PALLONE D’ORO Tra i tanti sogni, anche il premio di miglior giocatore del pianeta calcio

LA CARRIERA DI M’BAYE Di Fabrizio Ponciroli

A soli 21 anni, il francese è già un attaccante di livello internazionale

M’

Baye Babacar Niang, nato a Meulan-en-Yvelines, il 19 dicembre 1994. Francese ma con forti origini senegalese e, soprattutto, dotato di un talento smisurato. Muove i primi passi non poco lontano da Parigi. Si capisce subito che il ragazzino ha doti eccezionale. Finisce presto al Caen. Quando ha solo 14 anni, già si allena con la prima squadra del Caen. è un predestinato. A 16 anni e 114 giorni esordisce in Ligue 1 (contro il Tolosa). Poco più di un mese più tardi, arriva anche il primo gol nella massima serie francese (ai danni del Lens). Disputa due stagioni con i rossoblù poi viene messo sotto contratto dal Milan. Inizia così la sua avventura in rossonero. Nella prima annata (2012/13) colleziona 20 presenze in Serie A ma nessuna rete. L’unico centro lo trova in Coppa Italia, contro la Reggina. Nella medesima stagione, si toglie la soddisfazione di giocare in Champions League. Indimenticabile il suo palo nella sfida, al Camp Nou, contro il Barcellona. Messi e compagni ribaltano lo 0-2 dell’andata con il francese che sfiora una rete che, forse, avrebbe potuto cambiare le sorti del match. Poco male, nel gennaio del 2014, voglioso di giocare con più continuità, decide di trasferirsi, in prestito, al Montpellier. Arrivano qualche gol e buone prestazione, anche se qualche problema fisico (e di ambientamento) ne limita il rendimento. Torna al Diavolo ma, nel mercato invernale del 2015, rifà le valigie. Lo attende il Genoa di Gasperini. Finalmente ecco il vero Niang. Segna una bella doppietta contro l’Hellas e va in rete anche contro il “suo” Milan. Ora sì che è pronto a tornare a Milanello… Con Mihajlovic in panchina, ha spazio per confermare di essere, ormai, un giocatore da Milan. Il popolo rossonero inizia ad apprezzarlo. Corre, salta l’uomo e, davanti alla porta, è cinico come non mai in carriera. Una trasformazione che lo rende un vero titolare del Diavolo: “Ci tenevo a tornare ed essere protagonista in questa squadra. Ci tenevo troppo. Ma non devo rilassarmi, ho ancora tanto da fare e devo migliorare in moltissimi aspetti. Ma con Mihajlovic sono certo che farà sempre meglio”, ci spiega lo stesso Niang, uno che, nel Milan, ora ci sta alla grande…

è PARTITO DAL CAEN

Dalla Francia alla conquista dell’Italia

foto Image Sport

(ride, ndr)”.

INTERVISTA / M'Baye Niang

LA carriera DI NIANG Squadra

2010-2011

Caen 2 Caen Caen Milan Milan Montpellier Milan Genoa Milan

2010-2011 2011-2012 2012-2013

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foto @FDLCOM

foto Image Sport

2013-gen. 2014 gen.-giu. 2014 2014-gen. 2015 gen.-giu. 2015 2015-2016

Campionato

Totale

Comp

Pres

Pres

Reti

CFA L1 L1 A A L1 A A A

22 7 23 20 8 19 5 14 15

22 7 23 24 9 22 5 14 19

5 3 2 1 0 5 0 5 8 Calcio 2OOO

* Dati aggiornati al 25/02

Stagione

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INTERVISTA / M'Baye Niang

Ti sei legato molto a Gasperini… “Mi ha dato grande fiducia, mi ha permesso di mettermi in mostra. Con lui ho trovato il gol e le prestazioni. La stessa fiducia che mi ha dato Mihajlovic ora al Milan…”. Appunto, Mihajlovic… Duro ma anche capace di tirare fuori il meglio dai propri giocatori… “Un grandissimo tecnico. Da quando è arrivato, l’ho detto subito che si era creato un feeling speciale. È come per le ragazze. Capisci subito se con una ragazza potrà durare a lungo o no. Ecco, con Mihajlovic è scattata subito la scintilla. Mi fa lavorare tanto, mi sgrida tanto ma per il mio bene. Appena conclusi gli allenamenti, ecco che scherziamo insieme, come hai potuto vedere (ride, ndr)”. Ci ha messo del tempo per impor-

“” Io credo che il calcio sia divertimento e, in campo, bisogna anche far divertire chi viene a guardarti. Serve fare spettacolo si al Milan, come mai secondo te? “Non è mai facile per un nuovo allenatore, soprattutto in una squadra come il Milan in cui non puoi mai sbagliare. Lui è stato bravo a non abbattersi nei momenti di difficoltà. Era sicuro del proprio lavoro e, alla fine, ha avuto ragione lui”. Questo Milan quanto dista dalla

Juventus? “Credo che questo Milan abbia una rosa importante. Non credo che ci siano tante squadre con la nostra qualità. Se giochiamo come abbiamo fatto contro l’Inter o il Napoli, penso che il nostro futuro sarà davvero positivo. Se giochiamo uniti, siamo una grande squadra, di questo sono sicuro”.

TANTI AMICI

Da Galliani a Balotelli, passando per il tecnico Mihajlovic…

Eppure, per giudicare positivamente la stagione in corso, servirà raggiungere l’Europa… “Se giochiamo come abbiamo fatto nelle ultime partite, il Milan, il prossimo anno, sarà in Europa. Se giochiamo insieme, non ci sono dubbi…”.

foto Mazzara

tantissimo”.

INTERVISTA / M'Baye Niang

Stai andando alla grande, mi dici un difensore che proprio non sopporti? “Barzagli, impressionante. È fortissimo, ha una classe immensa. Però ci tengo a dire che, una volta, su tante

LE NUOVE SCARPE ADIDAS

Alcuni talenti del Milan porteranno le ACE 16.1 PRIMEKNIT in core black…

N

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foto Image Sport -2

ovità da non lasciarsi scappare. Tutti i calciatori legati alle scarpe da calcio adidas ACE dell’AC Milan usano le ACE 16.1 PRIMEKNIT in core black, colorazione in esclusiva nei negozi Intersport. Queste scarpe offrono il massimo a livello di comfort e controllo, per dare ai giocatori la certezza di dominare in partita e pure in quella successiva… Per la prima volta il PRIMEKNIT copre tutta la tomaia per un controllo totale a 360 gradi, consentendo ai giocatori di fare la differenza in campo con qualsiasi parte della scarpa. La tomaia knit 3D combina sezioni a trama aperta e larga per consentire un maggiore comfort nella calzata in base alla forma specifica del piede del calciatore, garantendo quindi un perfetto controllo di palla. Il nuovo sistema di supporto interno in kit si estende alla caviglia per un fit simile a quello di una calza, che ottimizza il contatto tra la scarpa e il piede, in modo che i giocatori possano scendere sul terreno di gioco in totale sicurezza. Lo sprint frame migliorato garantisce un bilanciamento e un controllo perfetti sia con il pallone che senza, mentre la zona del tallone allargata aggiunge un comfort di livello superiore alle ACE 16.1 PRIMEKNIT. Da provare… Calcio 2OOO

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INTERVISTA / M'Baye Niang

Passiamo un po’ a M’Baye fuori dal campo… Come andiamo con i videogame? Sempre Fifa? “Gioco, gioco (ride, ndr). Sì, mi piace Fifa…”. Che squadra scegli per le tue super sfide tra amici? “Dipende dall’avversario. Se è forte, allora vado sul sicuro e prendo il Barcellona. Se no mi piace giocare con il PSG”. Ma nella tua squadra c’è sempre Niang? “Solo quando serve per davvero…”. Come prepari le grandi sfide? Ci pensi o sei uno che non sente l’attesa? “No, ci penso molto durante la settimana. La preparo mentalmente. Io credo che, se ti alleni bene, alla INTERVISTA DIVERTENTE Momenti di ilarità durante il faccia a faccia con il Direttore Ponciroli

“” Se giochiamo come abbiamo fatto nelle ultime partite, il Milan, il prossimo anno, sarà in Europa… domenica farai bene. Personalmente, secondo me, è più facile quando devi affrontare i grandi club”. Oltre al calcio, segui altri sport? “Mi piace molto il tennis e il basket NBA” Sei anche tu un fan di Golden State? “Come si fa a non esserlo, questi hanno Curry che è al livello di Messi nel calcio. Se hai Messi, è difficile

perdere, stessa cosa se hai Curry”.

VUOLE IL MILAN IN EUROPA

Ninag è sicuro: il prossimo anno il Diavolo sarà protagonista in Europa

Come siamo messi a livello di musica? “L’ascolto sempre. Mi piace il rap francese, non ho ancora, invece, un cantante italiano che mi piace particolarmente”. Mare o montagna? “Tutta la vita mare”. Un film che ti è piaciuto e che ti sarebbe piaciuto interpretare… “Intouchables, credo che in Italia si chiami Quasi Amici (corretto, Golden Globe 2013, ndr). Ho conosciuto Omar Sy che, nel film, è Driss, è gli ho detto che mi sarebbe piaciuto fare il suo mestiere e interpretare quel ruolo. Mi ha risposto che non è così facile e mi sa che ha ragione lui…”.

foto Image Sport

a dir la verità, l’ho superato (ride, ndr)”.

INTERVISTA / M'Baye Niang

Tre obiettivi nei prossimi 10 anni della tua carriera? “Continuare a giocare in un grande

club come il Milan, vincere il Pallone d’Oro e regalarlo a mia mamma e segnare una montagna di gol”. Altra interruzione. Si avvicina Donnarumma. È il suo compleanno. “M’Baye, fai una foto con i miei zii che sono venuti a trovarmi?”. Niang si precipita. Foto di rito con il portierone nelle vesti di fotografo e si torna all’intervista, non prima di un giudizio davvero rimarchevole sul giovane numero uno rossonero: “In tutta la mia carriera, non ho mai visto un portiere come Donnarumma. È incredibile, fa delle cose pazzesche e sono sicuro che farà una carriera da top player. E poi è un ragazzo umilissimo…”

foto Ponciroli

Che idea ti sei fatto su Balotelli? Come mai fatica ad imporsi? “Mario ha delle qualità che tutti conoscono ma deve capire che è giunto il momento di dare tutto. Questo è un lavoro in cui il tempo trascorre veloce. In un lampo sei a fine carriera. Se dai tutto, non avrai rimorsi ma l’importante è che

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capisca che è il suo momento. Lui è fortissimo”. M’Baye quale è la squadra più forte del pianeta? “Il Barcellona. Per me sono imbattibili. Tutti si aiutano, danno il massimo anche per il compagno. Messi, Suarez e Neymar, ognuno gioca per l’altro. È fantastico vederli giocare insieme”. E del calcio italiano che ne pensi? Qui sempre meno persone vanno allo stadio… “Sai, per me, che gioco al Milan, è diverso. Ovunque gioca il Milan, c’è interesse. Io credo che il calcio sia divertimento e, in campo, bisogna anche far divertire chi viene a guardarti. Se lo spettacolo è buono, allora la gente tornerà allo stadio. È sempre stato così”. Chiudiamo con Euro 2016. Ci speri in una chiamata dalla nazionale francese? “Quando giochi titolare al Milan, è normale che pensi alla nazionale

francese. Ho anche cominciato a fare gol… Io continuo a fare il mio, se poi il Ct mi chiamerà, io risponderò presente…”. Nel frattempo sta rispondendo presente con la casacca del Diavolo. Ha lavorato duramente per prendersi il suo posto al Milan e ora ha una gran voglia di dimostrare quello che sa fare. C’è un obiettivo personale da conquistare, quel Pallone d’Oro che tanto vorrebbe regalare alla mamma…

Intervista di Fabrizio Ponciroli

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INTERVISTA LORENZO PASCIUTI IL RAGAZZO DEL CARPI Dal 2009, Pasciuti fa parte della squadra emiliana

L'uomo dei sogni Intervista a Lorenzo Pasciuti, centrocampista del Carpi che è entrato nella storia del calcio

foto @FDLCOM

di Sergio STANCO foto Archivio TMW

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INTERVISTA / LorenzO PAsciuti

Lorenzo, cominciamo facendo un passo indietro, se nel 2008 ti avessero detto “Giocherai in Serie A e farai la storia del calcio italiano”? “Mi sarei messo a ridere, di gusto. In quel periodo sarebbe stato da pazzi anche solo pensarlo. Eppure è successo, è il bello del calcio”. A 20 anni passi al Carpi in Serie D, un'età già avanzata per chi sogna di fare il calciatore professionista: a quel tempo ci credevi ancora o eri già rassegnato ad una carriera nelle categorie inferiori? “Io ci ho sempre creduto, ho sempre pensato di poter diventare un calciatore professionista. Ovviamente non credevo di arrivare in A, 20

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“” Devo ringraziare l’ex direttore Giuntoli. Mi portò a Carpi ai tempi della Serie D e insieme siamo arrivati in A perché dalla D alla A, facendo tutta la trafila, è un percorso che riesce a pochi, pochissimi. Però non ho mai mollato, anche nei momenti più difficili ho tenuto duro e ora credo che il destino mi stia ripagando della mia testardaggine”. A quei tempi, facevi solo il calciatore o avevi cominciato a pensare ad un altro mestiere? Mamma e papà ti hanno sempre sostenuto in questa “pazzia”? “Non mi è mai mancato il loro appoggio, mi hanno sempre dato un grande aiuto morale e non solo. Io ho sempre pensato solo a giocare, ho anche pagato per farlo. Non esagero: a 19 anni alla Biellese in D abbiamo vinto il campionato, ho segnato 9 reti e fatto un’ottima stagione, ma la società è fallita. Anche lì, però, non ho mai perso le speranze. Sono tornato alla Massese in Eccellenza. Da lì, per tornare a giocare ad alti livelli, mi son dovuto ricomprare il cartellino. E anche in quel periodo i miei genitori, ma anche mia moglie e la sua famiglia mi hanno sempre incoraggiato”. Mai pensato: mollo e vado a lavorare? “No, mai, anche perché non avrei saputo cosa andare fare. Da quando sono ragazzino ho sempre e solo giocato a calcio, con la scuola non ci prendevo proprio. Per fortuna è andata bene, altrimenti non so come sarebbe finita… (ride, ndr)”. Che macchina avevi ai tempi della

D col Carpi? E oggi? “Allora una sgangherata Lancia Y, oggi una Mercedes Classe B. Lo so, non è una macchina da calciatore di Serie A, ma ho sempre pensato che spendere soldi in automobili è uno spreco. E a me non piace buttare soldi…”.

IN GOL ANCHE IN A

Contro l'Udinese, il suo primo centro nella massima serie

Ripercorriamo le tappe del tuo record: primo goal in D lo ricordi? “Certo, era Carpi-Castelfranco e son o riuscito a sbloccare la partita, credo che poi sia finita 3-2 se ricordo bene. Ho finalizzato uno schema da rimessa laterale. Come l'ho festeggiato? Sinceramente questo non lo ricordo, ma ai tempi ero molto giovane, magari siamo andati in discoteca tutti insieme (ride, ndr)”. Prima rete in Lega Pro? “In Seconda Divisione a Celano, alla seconda giornata: ho concluso un contropiede e segnato il gol del 5-0. In Prima Divisione, invece, ho segnato contro il Monza il gol del 2-0. Ed entrambi li avrò festeggiati andando ad abbracciare i ragazzi in panchina. Siccome non segno spesso, non è che mi prepari prima le esultanze (ride, ndr)”. In Serie B, però, si comincia a far sul serio: è lì che hai capito di essere riuscito a diventare calciatore? “Come ti dicevo prima, io mi sono sempre sentito dentro un calciatore, ma è chiaro che quando siamo stati promossi in Serie B è stata una grande gioia. Il salto di categoria è sempre importante, ma tra la Lega Pro e la B la differenza è enorme. Per me, poi, che ero partito dalla D, la B era come coronare un sogno”. E allora facciamo l'ultimo test: il primo gol in Serie B? “Contro il Padova, la rete del 4-1”. Esame superato, quindi finiamo col primo in A: a fine primo tempo ti hanno intervistato e hai detto "Sapevo del record, ma l'importante è la squadra". Dai, non prenderci in giro, non è stato un

foto Image Sport

L’

Emilia è terra di semplicità e concretezza. Gli emiliani un popolo di grandi lavoratori, gente umile. Il Carpi in Serie A è un omaggio alla democraticità del calcio, alla sua straordinaria bellezza e imprevedibilità. È qualcosa di più della provincia che va a banchettare sulla tavola dei ricchi, è la dimostrazione che i bacini di utenza, i fatturati e i grandi nomi, non fanno gol. A volte anche i Lasagna, i Letizia, i Lollo vanno in Paradiso. Come la classe operaia. E l'operaio che è diventato amministratore delegato, è Lorenzo Pasciuti, che si è tolto la soddisfazione di entrare nella storia del calcio italiano: già, perché quello che fino a qualche tempo fa era un nome sconosciuto ai più, rimarrà per sempre incastonato negli almanacchi, visto che con il gol all'Udinese dello scorso 9 gennaio è diventato il primo, e ormai unico, giocatore ad aver segnato in tutte le categorie dalla D alla A con la stessa maglia. Cioè quella del Carpi. Il fatto che, a realizzarlo, sia stato uno che, a 20 anni, pagava per giocare, aggiunge quell'alone di romanticismo a storie che solo il calcio sa regalare...

INTERVISTA / LorenzO PAsciuti

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Un record unico Di Sergio Stanco

QUANDO SI HA TANTA PASSIONE, SI può ARRIVARE OVUNQUE...

INTERVISTA / LorenzO PAsciuti

ANTI PERSONAGGIO

Pasciuti è un ragazzo con la testa sulle spalle

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Chiudi gli occhi e pensa al prossimo... Come te lo immagini? “Anche a porta vuota da un metro, non mi interessa, l’importante è farlo. Non è che mi capiti spesso di segnare, quindi non mi metto certo a fare lo schizzinoso. Ovvio, riuscire a farlo ad una grande squadra sarebbe una bella soddisfazione…”. Carpi che lotta per non retrocedere e Pasciuti record man: una risposta sul campo alle famose parole di Lotito che non vi voleva in A, no? Cosa avete pensato quando le avete sentite? “Sinceramente ci eravamo messi a ridere, anche perché ormai eravamo praticamente in A. Non mate-

“” Ho una Mercedes Classe B. Non è super macchina, ma ho sempre pensato che spendere soldi in auto è uno spreco maticamente, ma sarebbe dovuto succedere il finimondo per scalzarci dal primo posto, avevamo accumulato un vantaggio enorme. Per cui non abbiamo dato troppo peso alla cosa…”. Il Carpi in A, però, è la dimostrazione che il calcio è uno sport democratico... “Certamente sì, è la dimostrazione che i soldi non comprano tutto, che con organizzazione e volontà si possono raggiungere traguardi impensabili”.

Anche Castori è l'esempio del calcio democratico, no? Un allenatore molto diverso dagli standard della A: raccontaci il personaggio e qualche aneddoto... “Il mister è un grande, mi fa morire quando “fa il matto” prima delle partite. Ci carica, ogni volta prepara qualcosa di diverso e ci stupisce. A parte essere un tecnico molto preparato, è anche una bravissima persona. Per me, ma anche per tutti i miei compagni, è come un padre”. Tu, Lollo, Letizia, Gagliolo, Bianco, Lasagna: che effetto vi ha fatto la A? Emozionato all'esordio? “Loro sicuramente sì, io ero più che altro… arrabbiato, perché ho dovuto aspettare a novembre per esordire e avevo accumulato tensione e tanta di quella voglia… Volevo giocare per dimostrare di poterci stare in A. Per me l'emozione più grande è stata quella di Carpi-Bari dell'anno scorso, eravamo 0-0 e ci sarebbe bastato un punto per essere matematicamente promossi. Beh, io gli ultimi minuti non li ho visti e non li ho giocati, perché piangevo come

foto Image Sport

orenzo Pasciuti è nato a Catelnuovo Magra, ma è carrarino DOC. È un classe ’89 che fino a 20 anni calcava i campi della D. Nel 2009 il Carpi gli cambia la vita e nel suo piccolo, probabilmente, anche lui cambia quella del Carpi. Almeno contribuisce. Da allora, infatti, “Pasciu” non lascerà più l’Emilia e con il Carpi compirà tutta la scalata dalla D alla A, segnando in tutte le categorie e “scippando” così il record a Raffaele Rubino, che con la casacca del Novara era riuscito a fare gol in tutti i campionati professionistici (ma mai in D). “Pasciu” è l’abbreviazione usata dai compagni, ma per molti Lorenzo è il Sindaco e per gli amici Bebeto, almeno per quelli che lo conoscono fin da ragazzino, quando per giocare usava sempre la maglia numero 7 del Brasile. È cresciuto nel settore giovanile della Massese, poi un provino positivo all’Albinoleffe, da lì a Biella e poi il ritorno a casa a causa del fallimento dei piemontesi. Il suo cartellino costa 26mila euro, nessuno vuole investirli, l’unico a crederci è il suocero, che gli presta i soldi per “ricomprarsi”. Da svincolato firma per il Pisa e dal Pisa finisce poi al Carpi. E da lì in Paradiso.

gol come un altro... “Certo che no, ma che dovevo dire? Ero talmente emozionato che non sapevo cosa rispondere. E comunque c'era ancora un secondo tempo da giocare, ero molto teso per la partita, era una rete importante ma non avevamo ancora fatto nulla. Fortunatamente poi s'è vinto (2-1 il finale contro l'Udinese, ndr)”.

foto Agenzia Liverani

INTERVISTA / LorenzO PAsciuti

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INTERVISTA / LorenzO PAsciuti

SPECIALE CARPI / LA CAVALCATA

un bambino”. Come si vive a Carpi la Serie A? “Come la B, come la Lega Pro, come la Serie D, non è cambiato nulla. E questo è anche il bello di Carpi. Si lavora sodo, si vive tranquilli, nessuno ti assilla”. A Roma i calciatori non possono andare in giro, ti è mai capitato di essere riconosciuto fuori da Carpi o magari di non essere riconosciuto in uno stadio di A? “In realtà, fino a qualche tempo fa non ci riconoscevano neanche a Carpi (ride, ndr). Fuori, poi, è la regola, d’altronde è inevitabile che sia così, siamo noi che dobbiamo fare in modo di farci riconoscere…”. L'emozione più grande finora? “Sicuramente il gol che ho segnato all’Udinese. Come detto non ne faccio tanti e questo aveva un peso specifico enorme per me e per la squadra”. L'avversario che ti ha fatto venire i brividi incontrare? “Beh, il Milan, perché ne ero tifoso fin da bambino. Giocarci contro è stato davvero bello”.

foto Image Sport -3

Avevi un idolo da piccolo che magari ora hai incontrato sul

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“” Momento più emozionante? Il gol che ho segnato all’Udinese. Ha avuto un peso specifico enorme per me e per la squadra campo? “Da ragazzino, quando segnavo facevo l’aeroplanino come Montella, quando me lo sono ritrovato di fronte sulla panchina della Samp in effetti mi ha fatto un po’ specie (ride, ndr)”. Quando torni a casa a Carrara sei Lorenzo o Pasciuti il calciatore di Serie A? “Sono il Lorenzo di sempre, ho tanti amici a casa e per me non è cambiato niente. Torno sempre molto volentieri ed è un po’ il mio rifugio”. I tuoi amici d'infanzia ti seguono? Non è che hai un fan club come quello di Valentino Rossi? “No, ma va (ride, ndr). Ci sono amici

che mi seguono, ci sentiamo spesso, ma non a livello di fan club”. La persona che devi ringraziare per essere arrivato in A? “L’ex direttore Giuntoli (oggi DS del Napoli, ndr). Mi portò a Carpi ai tempi della Serie D e insieme siamo arrivati in A”.

La cavalcata Di Sergio Stanco

LA FAVOLA DEL CARPI è qualcosa di storico e, quindi, da rimarcare...

E quella per essere diventato l'uomo che sei? “Mia moglie, che è sempre stata la mia prima tifosa. Pensa che quando ero in Serie D mi diceva “Tu arriverai in A” e io le rispondevo che non capiva niente di calcio...”. Prossimo record da infrangere? “Non è un record, ma possiamo considerarlo tale: la salvezza col Carpi. Sarebbe una soddisfazione enorme per me e per tutti noi”. Dalla D alla A e all'almanacco dei record: c'è ancora spazio per i sogni personali? “C’è sempre spazio per i sogni. Il mio è quello di fare un altro figlio. Ne abbiamo già uno, ma la famiglia è la cosa più bella che ci sia e i bambini sono meravigliosi”. E modo più bello, per chiudere questa “semplice” intervista, non saremmo mai riusciti a trovarlo...

Raffaele Bianco

M

entre il Modena naviga (per altro in cattive acque) in Serie B, Carpi e Sassuolo – entrambe province di Modena - si godono la Serie A. Modena fa 180mila abitanti, Carpi più o meno la metà e Sassuolo la metà della metà. Semplice curiosità geografiche abbinate al calcio. Già, perché ormai il Sassuolo (soprattutto) e il Carpi (di recente) si sono tolte di dosso l’etichetta di “sorprese” per vestire i panni di realtà consolidate. Ovvio, nessuno si aspettava la promozione in A del Carpi, come in passato nessuno poteva immaginare che il Sassuolo potesse arrivare nella massima divisione e veleggiare nella parte sinistra della classifica dopo solo qualche anno di apprendistato, ma la fortuna nel calcio aiuta a vincere una partita, non i campionati. Il Carpi in 15 anni è passato dal fallimento e dall’Eccellenza, alla Serie A: nel 2002 vinceva il campionato e si affacciava timidamente alla Serie D e solo nel 2010 compie il grande salto in Lega Pro. Al primo colpo compie l’impresa e finisce in Prima Divisione, l’anno successivo manca la promozione in B perdendo ai play-off, ma la stagione successiva non concede il bis e sale un altro gradino. In Serie B fa solo un anno, prima di fare l’ingresso trionfale nel calcio dei ricchi vincendo – dominando - il campionato successivo. Protagonisti della scalata sono Stefano Sottili (attuale allenatore del Bassano Virtus), tecnico della Promozione dalla Seconda alla Prima Divisione, Fabio Brini (attuale tecnico del Pavia), che guidò la squadra alla storica promozione in B, fino ad arrivare a Fabrizio Castori, tra i principali artefici del grande

ANTONIO DI GAUDIO

GAETANO LETIZIA

salto in A, che in molti hanno definito un “miracolo sportivo”. Il minimo comune denominatore di questa cavalcata, come vi abbiamo raccontato, è Lorenzo Pasciuti in campo, ma anche e soprattutto Cristiano Giuntoli dietro la scrivania, che – da direttore sportivo – conquista 4 promozioni in 5 anni. Una performance che gli vale la chiamata del presidente del Napoli De Laurentiis. Secondo molti è stato proprio Giuntoli a sviluppare la “filosofia Carpi”, fatta di giocatori sconosciuti ma con tanta voglia di emergere (o “riemergere”). Dal 2010 ad oggi sono solo due i fedelissimi – Di Gaudio e Pasciuti, appunto – e da allora si sono aggiunti i vari Bianco, Gagliolo, Letizia che – di fatto – rappresentano l’anima della squadra. Una squadra che gira i campi della A in “incognito”, perché quasi nessuno sarebbe in grado di distinguere un giocatore del Carpi. E a proposito di gente che non molla e crede nel lavoro e nei propri sogni, l’attuale allenatore è uno che arriva da una sfilza di esoneri e nel passato conta anche una squalifica di due anni per aver partecipato ad una rissa in campo (finale play-off Lega Pro Cesena-Lumezzane campionato 2003-2004). Uno che si è fatto le ossa nelle categorie inferiori della sua regione (le Marche) e che di certo non ha il “physique du role” di altri colleghi decisamente più eleganti. In Emilia, però, guardano alla sostanza e non all’apparenza. E Fabrizio Castori – che di questo Carpi potrebbe essere l’uomo immagine per storia e semplicità - sta ripagando (con gli interessi) la fiducia che Giuntoli e il Carpi hanno riposto in lui. Un’altra storia nella splendida leggenda calcistica del Carpi. Calcio 2OOO

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SPECIALE FA CUP

SPECIALE / FA CUP

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rima della nascita della Premier non c'erano santi: la competizione da vincere a tutti i costi era la FA Cup. Qualsiasi bambino inglese sognava di poter alzare il trofeo tra il giubilo dei tifosi dopo aver salito i 39 scalini che conducevano alla tribuna d'onore del vecchio Wembley (quello con le due torri), mentre per gli appassionati stranieri, inebriati dalla sua storia e dalla sua tradizione, la Coppa d'Inghilterra costituiva il primo legame con il football d’oltremanica. Noi, per un fattore anagrafico, non facciamo eccezione. Il fascino indiscutibile della competizione calcistica più antica del Pianeta ci ha conquistati negli ormai lontani anni Ottanta. L'elenco dei motivi è infinito:

TROFEO AMBITO

In Inghilterra, l'FA Cup è una vera e propria istituzione

le tante finali appassionanti segnate dagli innumerevoli eroi per un giorno, ma anche le squadre dilettantistiche che fanno soffrire, ed alcune volte battono, le grandi, gli infiniti turni preliminari, i replay, che una volta potevano essere pure quattro o cinque, il tutto esaurito negli stadi di ogni dimensione e ancora il mescolare senza criterio squadroni del calibro di Arsenal o Manchester United con piccoli team di provincia come Yeovil Town o Altrincham grazie a una formula semplice quanto efficace. Ovvero sorteggio secco, niente teste di serie ed altre alchimie strane. È così dal 1871, da quando Charles Alcock, uno dei fondatori nel 1863 della Football Association, lanciò l’idea di creare un torneo ad eliminazione diretta sulla falsariga di un gioco che egli stesso aveva praticato

per anni nella esclusiva public school di Harrow, nel nord di Londra. Alla prima edizione parteciparono 15 squadre, tra cui gli scozzesi del Queens Park di Glasgow, poi protagonisti sfortunati negli anni a venire. La prima finale la disputarono i Wanderers e i Royal Engineers davanti al Kennington Oval di Londra, oggi come allora un campo di cricket. Era il 16 marzo 1872, e davanti a 2mila persone Morton Betts segnò l'unico goal che assicurò la vittoria ai Wanderers. Ora ai nastri di partenza della competizione, che si apre a inizio agosto con i turni preliminari, ci sono più o meno 700 squadre ogni anno – per il 201516 se ne sono contate 736. Dai più dilettanti tra i dilettanti ai milionari della

Premier. Però nel corso degli anni un po' di cose sono cambiate e ormai è innegabile che, sebbene esista ancora, la magia della coppa si sia affievolita. In realtà la formula non è mutata tantissimo. Si gioca sempre nei fine settimana e il sorteggio come spiegato è libero (cose che forse dovremmo copiare anche noi per svegliare la Coppa Italia dal coma profondo in cui versa da decenni), ma non si va oltre il singolo replay, che però non è previsto per le semifinali e la finale. In queste gare in caso di pareggio anche dopo i tempi supplementari si va ai rigori, perché il calendario ormai iper-compresso e affollato non permette soluzioni alternative. A proposito delle semifinali, ora si giocano nel nuovo Wembley, dove l'arco ha 12 SUCCESSI PER I GUNNERS

L'Arsenal è la squadra che ha vinto più FA Cup

FA CUP

Il trofeo che ha fatto la storia del calcio inglese…

ORGOGLIO BRITANNICO

di Luca MANES

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foto Image SPORT Calcio 2OOO

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SPECIALE / FA CUP

SPECIALE / FA CUP

FINALI DA RICORDARE

preso il posto delle torri e i famosi scalini sono 107, e non più in giro per il Paese. Visto quello che è costato lo stadio (quasi 800 milioni di sterline), tocca far fruttare al massimo l'investimento.

Di Luca Manes

Momenti entrati, di diritto, nel gotha del calcio britannico

N

el 1913 al poi defunto Crystal Palace Stadium c'erano 120mila appassionati per assistere all'affermazione dell'Aston Villa sul Sunderland. Le cifre ufficiali parlano di 126.047 spettatori per il match che inaugurò il primo Wembley nel 1923, ma si stima fossero addirittura in 250-300mila. La vittoria del Bolton Wanderers sul West Ham per 2-0 sarà ricordata per sempre come la finale del “cavallo bianco”, perché anche grazie all'intervento di un poliziotto e del suo fido destriero si poté sgombrare il campo di gioco e soprattutto evitare che nella calca ci scappasse il morto. Quattro anni dopo il Cardiff City divenne la prima e unica squadra non inglese ad alzare il trofeo. Il 4-3 tra Blackpool e Bolton nel 1953, che diede al grande Stanley Matthews l'unico trofeo della sua lunghissima carriera, è considerato uno degli incontri più belli e spettacolari di sempre, al pari del pirotecnico 3-3 tra Liverpool e West Ham nel 2006 (i Reds si affermarono ai rigori) e del 3-2 inflitto dal Tottenham al Manchester City nella finale di ripetizione del 1981, ricordata anche per un fantastico goal dell'argentino Ricky Villa. Non sono ovviamente mancate le sorprese. Per limitarsi al dopo guerra, impossibile non citare il Sunderland e il Southampton, che, nonostante militassero in Seconda Divisione, sconfissero rispettivamente il grande Leeds United di Don Revie (era il 1973) e il Manchester United (1976). E ancora il Coventry che beffa ai supplementari il Tottenham nel 1987, la Crazy Gang del Wimbledon che sorprende il Liverpool l'anno dopo e, è storia recente (2013), il Wigan destinato alla retrocessione dalla Premier ma capace lo stesso di battere la corazzata Manchester City.

A proposito di quattrini, chi vince la Coppa intasca un assegno di circa quattro milioni di sterline. Non ci vuole un esperto di finanza per capire che non è proprio un grande affare, almeno rispetto a quanto si incassa solo con i diritti televisivi di Premier e Champions League. Anzi, va detto che rispetto al recente passato almeno le grandi non mettono più in campo 11 riserve (sebbene una certa rotazione la facciano, eccome...) e hanno pensato bene di abbassare il prezzo dei biglietti. Nonostante questo nei primi turni i sold out si registrano soprattutto negli

Arsenal

12

Manchester Utd

11

Tottenham

8

Aston Villa

7

Liverpool

7

Chelsea

7

Blackburn

6 6 5 5 5 5

Newcastle Wanderers West Bromwich Everton Manchester City 28

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Nelle ultime due stagioni, vittoria a tinte biancorosse...

Anni 1929-1930, 1935-1936, 1949-1950, 1970-1971, 1978-1979, 1992-1993, 1997-1998, 2001-2002, 2002-2003, 2004-2005, 2013-2014, 2014-2015 1908-1909, 1947-1948, 1962-1963, 1976-1977, 1982-1983, 1984-1985, 1989-1990, 1993-1994, 1995-1996, 1998-1999, 2003-2004 1900-1901, 1920-1921, 1960-1961, 1961-1962, 1966-1967, 1980-1981, 1981-1982, 1990-1991 1886-1887, 1894-1895, 1896-1897, 1904-1905, 1912–1913, 1919-1920, 1956-1957 1964-1965, 1973-1974, 1985-1986, 1988-1989, 1991-1992, 2000-2001, 2005-2006 1969-1970, 1996-1997, 1999-2000, 2006-2007, 2008-2009, 2009-2010, 2011-2012 1883-1884, 1884-1885, 1885-1886, 1889-1890, 1890-1891, 1927-1928 1909-1910, 1923-1924, 1931-1932, 1950-1951, 1951-1952, 1954-1955 1871-1872, 1872-1873, 1875-1876, 1876-1877, 1877-1878 1887-1888, 1891-1892, 1930-1931, 1953-1954, 1967-1968 1905-1906, 1932-1933, 1965-1966, 1983-1984, 1994-1995 1903-1904, 1933-1934, 1955-1956, 1968-1969, 2010-2011

Una costante dalla sua nascita sono poi gli atti di giant killing che hanno punteggiato la competizione, ovvero le piccole che battono a sorpresa le grandi. Meglio se le piccole sono provenienti dal mondo non-league, ovvero dilettantistico, e le grandi militano nella massima serie. Nelle decine di libri della FA Cup troverete citato ovunque il 2-1 del misconosciuto Sutton United al Coventry City nel 1989 o un altrettanto clamoroso 2-1 dell'Hereford United al Newcastle nel 1972. Intendiamoci, sono sorprese mica da poco, per rimanere in

tempi recenti, anche il 4-2 del Bradford City inflitto a domicilio al Chelsea nell'edizione 2014-15 o le tre squadre di Championship qualificatesi per le semifinali nel 2008 (evento che non si verificava dal 1908). Però se ci sono stati periodi in cui l'equilibrio era assoluto, con 14 vincitrici in 15 edizioni fra il 1927 e il 1949 (ovviamente si giocò di meno a causa della guerra), ora finisce spesso e volentieri che le big facciano incetta di successi, a volte per impreziosire ulteriormente una stagione già scintillante (e infatti i double sono stati 6 solo fra il 1994 e il 2015, a fronte dei 5 nei 100 e passa anni precedenti), altre perché la FA Cup può comunque salvare una stagione. O almeno lo può fare in parte. Sì, perché è inutile girarci attorno, la Coppa d'Inghilterra si è drammaticamente svalutata.

* Dati aggiornati a finale 2014/2015

Titoli

tutto è stato riposto nel cassetto, dal momento che il celeberrimo inno religioso Abide with me ancora risuona nei minuti che precedono il fischio di inizio dell'atto conclusivo della FA Cup.

DOPPIETTA ARSENAL

i più vincenti in FA CUP Squadra

stadi delle outsider che se la vedono con qualche compagine più titolata. Una volta una partita casalinga di FA Cup era uno degli eventi dell'anno – vedere i record di affluenza di pubblico per credere. Il match più importante dell'intera stagione calcistica era invece senza ombra di dubbio la finale. In epoca pre-Sky era una delle poche gare trasmesse in diretta nazionale, con ricco build up già ore prima. Quel giorno era sacro, ci si incollava al televisore o, chi poteva o era direttamente coinvolto, si prendeva la via per il tempio pagano di Wembley, dove tutti si univano al community singing. Un rituale per cui era prevista la presenza di una sorta di direttore d'orchestra. “L'uomo in bianco”, lo chiamavano, perché il suo abito era per l'appunto di quel colore. Anche in questo caso non

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SPECIALE / FA CUP

SPECIALE / FA CUP

QUANTE CURIOSITÀ Di Luca Manes

Un trofeo che ha regalato tante sorprese…

D

al 1871 a oggi le coppe sono state cinque. La prima fu rubata nel 1895 e mai più ritrovata. L'Aston Villa, che era la squadra detentrice in quel momento, ricevette una multa di 25 sterline per non averla custodita a dovere. La seconda è stata messa all'asta da Christie's nel 2004 e venduta alla ragguardevole cifra di 420mila sterline a David Gold, uno dei proprietari del West Ham, che l'ha poi donata al museo del football di Manchester. Terza e quarta hanno vissuto un'esistenza meno turbolenta, mentre l'ultima è recentissima, visto che è datata 2014, ed è più pesante delle altre (6,3 chili). Il record di replay spetta a Oxford City e Alvechurch, che per risolvere una sfida di quarto turno preliminare del 1971-72 ebbero bisogno di sei match (a qualificarsi fu poi l'Alvechurch), mentre quello di successi per singolo giocatore appartiene ad Ashley Cole. L'ex romanista ha collezionato tre medaglie di vincitore con l'Arsenal e quattro con il Chelsea, però ha disputato meno finali di Arthur Kinnaird (ben nove). Nel 1887 si registrò un clamoroso 26-0, punteggio con cui il Preston North End asfaltò il povero Hyde. Non deve sorprendere che proprio quell'anno un giocatore dei Lilywhites, Jimmy Ross, segnò il più alto numero di goal in un singolo torneo (19). Un italiano, Roberto Di Matteo, ha detenuto per 12 anni il primato di più veloce marcatore in una finale tenutasi a Wembley (42 secondi). Poi nel 2009 è stato spodestato da Louis Saha, che ha impiegato 25 secondi per dare il vantaggio all'Everton contro il Chelsea. La differenza fondamentale è che l'ex centrocampista della Lazio la coppa la vinse. Saha no. 30

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IL TROFEO ORIGINALE

La magia dell'FA Cup è unica, tutti la sognano...

Forse il punto di non ritorno va fatto risalire al 2000, quando la Football Association chiese al Manchester United di non difendere il trofeo di cui era detentore per partecipare all'inutilissimo World Club Championship organizzato in Brasile più o meno in contemporanea con il terzo turno del torneo inglese. I Red Devils volarono a Rio de Janeiro, dove rimediarono una brutta figura anche sul rettangolo di gioco. Alex Ferguson qualche anno dopo confessò di essersi pentito di aver rinunciato a disputare la Coppa del 2000 per compiacere la federazione – impegnata nella fallimentare corsa ai Mondiali del 2006 – ma è indubbio che quel “gran rifiuto” rimane una cicatrice indelebile sul glorioso trofeo. A proposito di Manchester United, nel computo delle vittorie ormai il club dell'Old Trafford è stato

distanziato dall'Arsenal, trionfatore nelle ultime due edizioni. I Gunners si sono imposti 12 volte, i rivali del Lancashire 11. In Coppa ha sempre fatto benissimo anche il Tottenham, 8 affermazioni, la prima, nel 1901, quando non faceva ancora parte della Football League. Il Chelsea segue con 7 coppe, in buona parte raccolte nell'era Abramovich. Anche il Liverpool in bacheca può vantare 7 FA Cup, ma la prima risale solo al 1965. Fu il grande Bill Shankly a portare ad Anfield Road un trofeo che nei precedenti 73 anni di storia i Reds avevano solo sfiorato. Non male nemmeno il computo dei successi dei Wanderers, ben 5. Peccato che l'ultimo risalga al 1878 e soprattutto che i primi vincitori della FA Cup abbiano chiuso i battenti nel 1887. In realtà nel 2009 sono stati rifondati, ma dubitiamo che possano tornare a imporsi in una finale in tempi rapidi...

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GESTI TECNICI RIGORE SCAVETTO NATI PER STUPIRE Totti, uno che lo scavetto l'ha usato alla grande...

GESTI TECNICI / RIGORE SCAVETTO

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i dice che il rigore perfetto è quello che tirato rasoterra o alto e veloce, indirizzato alla destra o alla sinistra del portiere, che viaggia a 90-105 km/h. Questo dice la teoria, la pratica invece insegna che non c’è un modo di tirare il rigore perfetto, che diventa tale solo e soltanto quando si tramuta in gol. La storia del calcio però ci insegna che l’imperfetto può diventare perfetto e che un calcio di rigore imperfetto, come quello a “cucchiaio” o “scavino”, può essere il miglior gesto tecnico possibile, così stupefacente e irriverente da fare storia. Lo “scavetto” è un gesto tecnico di rara bellezza, ma soprattutto di follia, per tentarlo devi essere lucido ma anche un po’ pazzo, sicuramente un genio. La storia di questo gesto inizia con Antonín Panenka, centrocampista della Cecoslovacchia che si inventò quel colpo nella finale dell'Europeo giocato allo stadio Marakàna di Belgrado, contro la Germania Ovest, il 20 giugno del 1976, con cui superò Sepp Maier e seppe sorprendere tutti. Sta per compiere quindi quarant’anni questo tiro che ha fatto storia, un gesto che per tutti sembrò incredibile e che per Antonin era qualcosa di normale. Il centrocampista dell’est aveva iniziato a tira-

re in quel modo durante gli allenamenti, in risposta ad un portiere che gli parava sul campo di training tutti i rigori, in una sfida un po’ per gioco, un po’ per la posta in palio: sigarette e cioccolata. La storia racconta che furono ben 30 i rigori tirati da Panenka in quel modo e che solo uno non andò a segno. Panenka è diventato un simbolo, soprattutto in Spagna dove il gesto di calciare un rigore con il “cucchiaio” viene proprio chiamato Panenka. La caratteristica migliore in questo rigore, secondo lo stesso calciatore, è guardare il portiere negli occhi capire dove si tufferà e poi beffardo in modo assurdo, insomma, un insieme di psicologia e di destrezza e abilità balistica. Panenka quando giocava era proprio una somma di tutto questo: tecnica, furbizia, abilità balistica ed un pizzico di follia che spesso e volentieri prendeva il sopravvento. La storia del “cucchiaio” vede un grande interprete in Francesco Totti. Chi ha ispirato quel gesto a Totti? Alcuni dicono sia stato Rudi Voeller, “Vola, tedesco vola, sotto la curva vola, la curva s’innamora, tedesco vola”, cantava la curva sud giallorossa. Dal tedesco, il capitano giallorosso avrebbe preso l’ispirazione vedendo le immagini per un gesto che fa storia, Voeller fece scuola il 7 aprile 1991, derby numero 121: Ma-

LO SCAVETTO

Un gesto tecnico difficilmente catalogabile ma incredibilmente evocativo…

foto Agenzia Liverani

di Massimo PAVAN

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donna atterra Carboni, il bomber batte Valerio Fiori con un colpo sotto morbido, beffardo irriverente, colpo che ispirò proprio il numero dieci giallorosso negli anni a venire. Si narra che il Pupone nel momento in cui stava per tirare il rigore contro l’Olanda agli Europei del 2000, si rivolse al compagno di squadra Gigi Di Biagio confidandogli: “A Gì, quanto è grosso Van der Sar. Pensa se rimane fermo in piedi mentre je faccio er cucchiaio che figura che faccio”. La storia e come finì, la conosciamo tutti, Totti scrisse anche un libro nel 2005 che ebbe un enorme successo, che prese il titolo proprio dalla famosa frase rivolta a Gigi Di Biagio "Mo je faccio er cucchiaio". Il dialogo che è storia è il seguente e vale la pena riprenderlo per far capire come il calcio sia un gioco, bellissimo ma sempre un gioco. Di Biagio si rivolge a Totti: "A Francé, io c'ho na paura". Totti: "Eh, a chi lo dici, ma hai visto quant'è grosso quello (frase rivolta al portiere olandese Van der Sar ndr.)?" Di Biagio: "Ah, così m'incoraggi?" Totti: "Nun te preoccupà, mo je faccio er cucchiaio". Maldini: "Ma che sei pazzo? Siamo a una semifinale degli europei!"

Totti: "Se, se, je faccio er cucchiaio!" . Poi l’esecuzione perfetta del rigore che beffò Van der Sar e fece entrare il capitano della Roma nella storia con la voglia di Totti di ripetersi contro l’Australia ai Mondiali, esecuzione che poi non avvenne. Il leggero filo del cucchiaio contagia tutti e da Totti si passa a Pirlo, Euro 2012, si cambia nazione, dall’Olanda all’Inghilterra, da Van der Sar a Hart. Lo stesso centrocampista confessandosi al Daily Mail disse: "Il cucchiaio a Hart a Euro 2012? Ho deciso all'ultimo secondo, lui si è buttato e io ho fatto la mia scelta. Voglio essere chiaro: non ho fatto come Totti nel 2000 contro l'Olanda. In quell'occasione Francesco disse prima a Maldini che avrebbe provato il cucchiaio. Io invece ho deciso all'ultimo secondo, Hart continuava a muoversi sulla linea della porta e quando ho visto che si buttava ho fatto la mia scelta. Non c'era nulla di premeditato, nessuna voglia di vendetta. Come si fa a programmare una cosa del genere? Se lo fai o sei Totti, o sei un veggente, o sei uno stupido". Di recente nel 2015 anche Icardi si è dilettato nel cucchiaio, volendosi quasi scusare con il compagno Andujar, spiegando: "Conosco Andujar, guarda come si muovono i calciatori quando tirano un rigore, per questo ho fintato il tiro forte, Calcio 2OOO

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GESTI TECNICI / RIGORE SCAVETTO

ma avevo già deciso di fare il cucchiaio. Lo so che è un modo irriverente di tirare, conosco Mariano e gli sono affezionato, ma il compito degli attaccanti è fare gol”. Il Cucchiaio o se preferite scavino, però non sempre finisce bene. Lo scavino, può essere un’arma a doppio taglio, lo sanno bene lo stesso Pupone, Simone Inzaghi, Miccoli, Pires e Henry. Tra i celebri errori quello di Maicosuel in Udinese-Sporting Braga 5-6 dcr (1-1). Beto, portiere portoghese del Braga, fa una finta e Maicosuel ci casca, il rigore è un passaggio e per il brasiliano è la “morte sportiva”. Perché l'hai calciato così, "Mago" Maicosuel? Se lo chiedono ancora i tifosi dell’Udinese che non raggiunsero la Champions ed uscirono con il Braga, Perché quel cucchiaio, Maicosuel? Forse era un po’

GESTI TECNICI / RIGORE SCAVETTO

matto, ma se non sei un campione di livello mondiale, forse, sarebbe meglio evitare, infatti a Udine il brasiliano viene ricordato più per quell’errore che per altro. Anche a Totti non sempre è andata bene, in Roma-Lecce 2-2, stagione 2004/2005, Sicignano, portiere del Lecce, si aspettava il celebre colpo del fuoriclasse della Roma, tiro semplice e brutta figura per il campione giallorosso. Altro consiglio per chi fa un cucchiaio? Non emulare l’originale, ci prova infatti De Rossi in Milan-Roma 0-1, stagione 2007/2008 con la voglia di imitare Francesco Totti, in porta c’è il brasiliano Dida, la figura è abbastanza negativa, il pallone finisce alto e il pubblico riempie lo stadio di fischi increduli. Altro celebre errore quello di Fabrizio Miccoli in Palermo-

Bari 1-1, stagione 2010/2011, Padelli sta fermo e raccoglie senza problemi il pallone. Un “cucchiaio sbagliato” può anche essere oggetto di polemica, succede alla Lazio Campione d'Italia che ospita all'Olimpico la Reggina. 2-0 dopo le reti di Salas e Crespo, nel finale spazio per Inzaghi al posto del 'Matador' cileno, nel finale arriva un rigore e l’attaccante italiano ruba il pallone a Crespo e si presenta sul dischetto, solo che al momento del calcio il biancoceleste prova il cucchiaio, Taibi resta fermo e si arrabbia. Mancini, all'epoca assistente di Eriksson, si fa beccare con termini poco edificanti mentre il mister svedese commenta così: “Non si deve mancare di rispetto agli avversari, non ha fatto una bella figura”. Simone Inzaghi, per sicurezza, non ci provò mai più.

Del resto questo gesto è molto, ma molto particolare, quasi come un rischiatutto, se ci riesci se un eroe se fallisci perdi due volte, perché non sbagli solo un rigore, sbagli anche all’occhio del pubblico e dell’avversario, la storia del calcio insegna, la pazzia deve essere controllata, se no diventa incoscienza, ma poi capisci che il calcio non è una scienza esatta e vale tutto e di più. Basta sentire le parole di Luca Toni del 7 marzo 2015 dopo il rigore al Milan con la maglia dell’Hellas: “L'avevo detto ai miei compagni: prima che smetto, voglio fare un gol su rigore con il cucchiaio. Volevo farlo in un grande stadio e penso che stasera fosse l'occasione giusta”. Il calcio è divertimento e anche voglia di stupire con un pizzico di follia, se ti chiami Totti, Toni, Pirlo, Zidane, un cucchiaio ogni tanto te lo puoi anche concedere.

10 “Scavini celebri” Di Simone Pavan

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giuseppe mascara

foto Image Sport

Zinédine Zidane

foto Image Sport

ANDREA PIRLO

Antonín Panenka

foto Agenzia Liverani

1 Euro 1976: Panenka in Germania Ovest - Cecoslovacchia 2 Serie A 1991: Voeller in Lazio-Roma 3 Euro 2000: Totti in Italia-Olanda 4 Euro 2004: Helder Postiga in Inghilterra-Portogallo 5 Mondiali 2006: Zidane in Italia-Francia 6 Coppa America 2007: Riquelme in Messico-Argentina 7 Mondiali 2010: Abreu in Uruguay-Ghana 8 Serie A 2010: Mascara in Catania-Inter 9 Euro 2012: Pirlo in Italia-Inghilterra 10 Serie A 2015: Icardi in Napoli-Inter

foto Image Sport

Indimenticabili, entrati nella storia del calcio…

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SPECIALE NIENTE SCUDETTO

di Luca GANDINI

SPECIALE / NIENTE SCUDETTO

foto Agenzia Liverani

ANTOGNONI NON CE L'HA FATTA La stella della Viola non ci è riuscito a Firenze

FULVIO BERNARDINI, 11 VOLTE NO - Anima della Roma, è rimasto a secco...

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e esistesse un premio per il più grande paradosso calcistico, lo Scudetto, ahimè solo simbolico, finirebbe cucito sulle maglie di tutti quei campioni che, per uno strano capriccio della sorte, hanno concluso la carriera senza aver mai provato la gioia di vincere l'ambito titolo tricolore. Un affronto che, da più di un secolo (cioè da quando, un pomeriggio di maggio del 1898, venne disputato il primo campionato italiano), non ha risparmiato Palloni d'Oro, detentori di record ineguagliabili e campioni del mondo. La lista sarebbe lunga e soggetta a mille valutazioni. Noi abbiamo scelto i personaggi più rappresentativi, per i quali, o per sfortuna, o per ragioni extrasportive, o per incondizionato amore nei confronti di una maglia e di una città, la parola Scudetto è stata sinonimo di tabù.

UN SOGNO A LUNGO RINCORSO MA MAI REALIZZATO. L'AFFRONTO DELLO SCUDETTO MAI VINTO NELLA CARRIERA DI 9 TOP-PLAYER

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CRUCCIO TRICOLORE

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LA JUVE NEL DESTINO E così, per non far torto a nessuno, andiamo in ordine alfabetico e iniziamo da lui, campione spesso discusso ma certamente idolo e orgoglio di una città. Giancarlo Antognoni sta a Firenze e alla Fiorentina come Gigi Riva a Cagliari e Francesco Totti alla Roma giallorossa. Bandiere di piazze troppo spesso oscurate dalla sagoma imponente delle tre grandi del Nord, voraci predatrici di titoli e onori. 15 stagioni in maglia viola per l'Antogno, elegante numero 10 che poteva essere sia regista che rifinitore dall'alto di uno stile impeccabile. Controllo di palla delizioso, sempre a testa alta, e poi la dinamite nel tiro. Vinse il titolo mondiale con l'Italia a Spagna '82, ma

TOLTI DA CALCIOPOLI - Cannavaro ne ha vinti due ma sono stati revocati

mai lo Scudetto con la Fiorentina. L'anno in cui accarezzò il sogno fu proprio quel 1981/82, ma a risvegliarlo bruscamente fu la solita Madama Juventus, implacabile nel risolvere a suo favore (e non senza qualche aiutino arbitrale...) un duello lungo e a tratti esaltante. Conosciuto come il “Dottor Pedata”, perché laureato in Scienze Politiche, Fulvio Bernardini fu forse il primo “core de Roma”, il simbolo di una società fondata da poco che già emetteva vagiti importanti. Con i colori giallorossi Bernardini trascorse 11 lunghe stagioni, dal 1928 al 1939, in cui si distinse come centromediano metodista dalla svettante qualità tecnica. Si disse che il commissario unico dell'Italia, Vittorio Pozzo, a un certo punto decise di fare a meno di lui ritenendolo “troppo superiore al resto della squadra”. In realtà, la concezione pragmatica del calcio che aveva Pozzo prevedeva che nel ruolo di Bernardini si disimpegnassero gladiatori pronti alla battaglia, da qui ecco il ricorso al più rude Luisito Monti, con il nostro Fulvio costretto a rinunciare alla prospettiva di far parte dell'armata azzurra che di lì a poco avrebbe conquistato due titoli mondiali. Nemmeno con la Roma il suo palmarès fu esaltante. Solo in due occasioni sfiorò lo Scudetto, nel 1930/31, secondo alle spalle della Juventus, e nel 1935/36, beffato di un soffio dal Bologna. Si sarebbe rifatto alla grande da allenatore, portando al Tricolore Fiorentina e Bologna. Uno che invece raccolse gloria anche in Nazionale fu ovviamente Fabio Cannavaro, il capitano dell'Italia campione del mondo nel 2006 nonché Pallone d'Oro. A dir la verità, Cannavaro di Scudetti ne avrebbe vinti due, con la Juventus di Fabio Capello, ma lo scanCalcio 2OOO

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SPECIALE / NIENTE SCUDETTO

SPECIALE / NIENTE SCUDETTO

MALEDETTA JUVENTUS Ronaldo ha incantato con l'Inter ma non ha vinto il Tricolore

DE ROSSI CI SPERA - Campione del Mondo ma niente Scudetto, per ora

dalo Calciopoli e ciò che ne derivò cancellarono dall'albo d'oro il nome della Vecchia Signora. E pensare che, nelle due volte in cui il campione napoletano era andato più vicino a vincere il campionato, aveva dovuto cedere il passo proprio alla Juventus: nel 1996/97, quando fu secondo con il Parma, e nel 2002/03, medaglia d'argento con l'Inter. Passato al Real Madrid con Capello, riuscì comunque a vincere la Liga nel 2007. Ma, si sa, il fascino dello Scudetto è tutta un'altra cosa... BEFFA CAPITALE Per Daniele De Rossi il discorso è un po' diverso, essendo l'unico tra i campioni presi in esame ancora in attività e dunque con diverse cartucce da sparare per centrare il titolo nazionale. Ha avuto la sfortuna di essere sbocciato appena dopo i fasti del trionfo giallorosso targato 2000/01. Ci è andato vicinissimo almeno due volte, ma ha dovuto arrendersi all'Inter e alla sua maggiore abitudine al successo. Nessuno può comunque togliergli la gioia più grande, il Mondiale conquistato in Germania con la Nazionale, un'avventura partita male, con l'espulsione contro gli Stati Uniti nella seconda gara, ma conclusa alla grande, con quel rigore spedito alle spalle di Fabien Barthez in finale. Tante analogie con De Rossi le aveva un altro simbolo della Roma giallorossa: mediano di sostanza, sanguigno e pure campione del mondo. Chi? Ma ovviamente Attilio Ferraris, il mitico Ferraris IV dell'Italia di Vittorio Pozzo, unico romano in campo nella vittoriosa finale del 1934, che proprio nella città eterna realizzò un capolavoro destinato a durare per sempre. Divenne poi “il Leone di Highbury” dopo una leggendaria sfida con l'Inghilterra, celebrato dalla stampa britannica per l'indomabile temperamento. Avrebbe 38

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GIANNINI L'HA SFIORATO - Ci è andato vicino, beffato dalla Juventus

meritato almeno uno Scudetto, fu invece solo secondo con la Roma nel 1930/31. Non bastarono miglior attacco, miglior difesa e un sonoro 5-0 alla Juventus al Campo Testaccio. Furono i bianconeri, quell'anno, a portarsi a casa il titolo. Anche Giuseppe Giannini, altro vecchio cuore giallorosso, fu beffato dalla Juventus nell'unico anno in cui sfiorò veramente e decisamente il trionfo. Era infatti in campo in quella beffarda domenica 20 aprile 1986, quando, all'Olimpico, la sua Roma cedette al già retrocesso Lecce, dando il via libera alla fuga vincente di Michel Platini e compagni. Davvero stregato, lo Scudetto, per “il Principe”. Nel 1982/83, giovanissimo, fece solo una comparsata in panchina il 1° maggio in Roma-Avellino 2-0, ma non ebbe mai modo di scendere in campo e quindi di mettere attivamente la firma sul titolo giallorosso. Si dovette accontentare di tre Coppe Italia e di un dolorosissimo terzo posto al Mondiale del 1990 con la Nazionale di Azeglio Vicini, che ne fece comunque un punto fermo della squadra. Un campione che in carriera raccolse molto meno di quanto avrebbe meritato. TRIS DI STELLE PER UN FLOP Il principe del giornalismo sportivo, Gianni Brera, nel suo “Storia Critica del Calcio Italiano”, lo definì “ragazzo atticciato e tosto, il cui tiro è di spaventevole violenza”. Si riferiva a Virgilio Felice Levratto, celebre ala sinistra del calcio eroico dei pionieri. Si disse che una volta, in Nazionale, un suo missile quasi staccò la lingua a un malcapitato portiere lussemburghese e che, in occasione di un gol alla Spagna, il suo tiro abbatté letteralmente la porta. Nel 1922, appena 17enne, segnò la rete che diede al Vado la prima edizione della Coppa Italia, mentre in Nazionale fu bronzo olimpico ad AmsterCalcio 2OOO

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SPECIALE / NIENTE SCUDETTO

SPECIALE / NIENTE SCUDETTO

NEVIO SCALA E GLI ALTRI Di Luca Gandini

PROTAGONISTI MANCATI AL GRAN VALZER TRICOLORE… UNA CASELLA VUOTA NEL PALMARÈS. UN RAMMARICO CHE RESTA

CESARE PRANDELLI E CLAUDIO RANIERI

NEVIO SCALA

CARLO MAZZONE

ALLENATORI SENZA SCUDETTO - Nomi illustri, qualcuno ci spera ancora..

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nutile girarci intorno. È come un grande atleta senza la medaglia olimpica o un celebre attore senza l'Oscar. Per un allenatore, specie se italiano e di alto livello, lo Scudetto mai vinto si lascia dietro un retrogusto amaro, come qualcosa di incompiuto. Prendiamo ad esempio Cesare Prandelli, l'ex c.t. della Nazionale, che in carriera può vantare un più che onorevole secondo posto europeo alle spalle della Spagna dei marziani, ma che non ha mai avuto non solo la gioia di vincere uno Scudetto, ma forse nemmeno la possibilità di provare a giocarsela. Pur avendo allenato Inter, Juventus, Napoli e Roma, neppure a Claudio Ranieri è mai riuscita l'impresa regina, mentre Luciano Spalletti, che di campionati ne ha vinti due, ma 40

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SEMPRE SECONDO - Levratto ha collezionato ben quattro secondi posti...

in Russia, con lo Zenit, qui da noi non è andato oltre il secondo posto, beffato solo negli ultimi minuti dell'ultima giornata dall'Inter di Zlatan Ibrahimović. Prestigioso è poi l'albo d'oro personale di Nevio Scala. Con lui al timone, il Parma centrò un memorabile filotto tra il 1991/92 e il 1994/95, conquistando, nell'ordine, Coppa Italia, Coppa delle Coppe, Supercoppa Europea e Coppa UEFA. E lo Scudetto? Quello mai. Troppo forti, in quel periodo, il Milan di Fabio Capello e la Juventus di Marcello Lippi. Un applauso, infine, a Carletto Mazzone, il recordman degli allenatori italiani. 795 panchine in Serie A, nessun Tricolore da esibire, ma tante salvezze conquistate col sudore e col buon senso. E questo, forse, vale più di un titolo mondiale.

dam '28 e contribuì al successo nella prima edizione della Coppa Internazionale, all'epoca la più prestigiosa manifestazione calcistica in Europa continentale. In campionato raccolse invece quattro secondi posti con le maglie di Genoa e Ambrosiana/Inter. Clamoroso è poi il caso di Silvio Piola, uno tra i più grandi goleador espressi dal nostro calcio, tanto che le sue 290 reti realizzate ne fanno tuttora il bomber principe nella storia della Serie A. Parigi val bene una Coppa, Silvio in cima al mondo con la Nazionale a Francia '38, ma mai la gioia verace di uno Scudetto conquistato in patria. Militò nella Pro Vercelli, nella Lazio, nel Torino FIAT, nella Juventus e nel Novara; giocò in Nazionale fino a 38 anni sfondando reti a destra e a manca, ma quella casella vuota nel suo palmarès più che un affronto

fu un'autentica ingiustizia. E chiudiamo con l'unico straniero della compagnia, quello che ha sì avuto meno occasioni, leggi campionati disputati, degli altri, ma che non può non essere menzionato tra i più grandi ad aver mancato il bersaglio tricolore. Stiamo parlando naturalmente di Ronaldo, il fenomeno brasiliano, che proprio qui da noi visse sia la stagione migliore (il 1997/98 con l'Inter: che delizia per gli occhi e per il cuore!), che le più atroci sofferenze. Infortuni innanzitutto, e poi quei due Scudetti mancati al fotofinish, sempre a causa della Juventus e di qualche decisione arbitrale non proprio favorevole. Incidenti di percorso da cui si è sempre saputo rialzare, araba fenice del calcio moderno, il cui volo è già sospeso tra storia e leggenda. Calcio 2OOO

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L’ALFABETO DEI BIDONI Oscar Dertycia

di Fabrizio PONCIROLI

PRIMA DI BATISTUTA

Dertycia è arrivato prima di Batigol ma con tanta sfortuna in più

Si ringrazia Panini per la gentile concessione delle immagini

Si ringrazia Panini per la gentile concessione delle immagini

MASTRO LINDO

L’ALFABETO DEI BIDONI / Oscar Dertycia

Aneddoti e curiosità su Dertycia, un più che discreto attaccante tradito dai capelli…

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la Fiorentina, alla disperata ricerca del sostituto dell’idolo viola Borgonovo, passato al Milan. I gigliati per metterlo sotto contratto fanno uno sforzo importante: circa 2,2 miliardi di vecchie lire e un contratto importante al ragazzo, pari a 300 milioni a stagione (l’accordo con il giocatore è su base triennale). Dal fisico duro (183 cm per 84 kg) e dal viso selvaggio, tanto che sembra una sorta di Rambo argentino, Dertycia, tuttavia, non esalta il popolo viola. I tifosi speravano nell’arrivo di Ramon Diaz, fresco vincitore dello Scudetto con l’Internazionale. A dire il vero, come ci conferma Caliendo, “…una trattativa è stata anche impostata, ma non ci siamo avvicinati tanto”. Il ragazzo ha una voglia bestiale. Corre e si danna in campo ma, di puro talento, se ne vede davvero poco. Tecnicamente è acerbo, tatticamente tutto da inventare. Al fianco ha un ragazzino che risponde al nome di Roby Baggio, ma i risultati non sono quelli sperati. Il rendimento è deficitario. Di gol, nella sua unica e sfortunata stagione gigliata, ne mette a segno cinque, di cui quattro in campionato. Segna, il 19 novembre, due gol all’Ascoli (5-1 il finale per la Fiorentina). Una settimana più tardi va

foto Agenzia Liverani

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ure un fuoriclasse, vero, come Batistuta ha subito, seppur indirettamente, la sua influenza: “Qualcuno mi chiamava ‘Dertycia coi capelli”, ha rivelato, qualche tempo fa, il Re Leone. Ma chi era questo Dertycia diventato una sorta di ancestrale mito toscano? Tracciare la personalità di Oscar Alberto Dertycia Alvarez, meglio noto come Dertycia, non è facile. Soprattutto perché esistono due Dertycia. C’è un “primo modello” che ci consegna un ragazzo argentino di belle speranze, con una folta chioma e una vena realizzativa importante. Poi c’è il Dertycia post infortunio (in Coppa Italia, contro il Napoli di Maradona), senza più un pelo in testa e costretto a ricostruirsi sia come persona che come puntero. Ma andiamo con ordine… Oscarone (uno dei suoi soprannomi, ne parleremo) muove i primi passi da calciatore nell’Istituto Cordoba. Si vede che ha un bel fiuto per il gol… Gli basta una stagione all’Argentinos Juniors (1988/89) per intrigare tante teste di calcio europee (20 gol stagionali, titolo di capocannoniere insieme a Gorosito). A spuntarla è

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L’ALFABETO DEI BIDONI / Oscar Dertycia

TANTO IMPEGNO, POCHI GOL

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SERGIO BATTISTINI

ra i compagni di valore assoluto che Dertycia ha avuto nel suo unico anno alla Fiorentina c’era anche Sergio Battistini. Colonna della difesa, l’ex viola ha un ricordo preciso del bomber argentino: “Quella per noi è stata un’annata particolare. In campionato siamo andati maluccio ma siamo comunque arrivati in finale di Coppa Uefa, persa, purtroppo, con la Juventus. La rosa era buona. Davanti c’era un certo Roby Baggio che era il nostro punto di riferimento. Dertycia avrebbe dovuto essere il partner di Roby ma non è andata così”, spiega. Battistini non crocefigge l’argentino: “Era un giocatore molto veloce, rapido e bravo a cercare la profondità. Tecnicamente, ad essere sinceri, non era fenomenale ma aveva tanta determinazione. Purtroppo ha potuto mettersi in poco in mostra. Si è infortunato dopo pochi mesi e, di fatto, non ha potuto più giocare”. L’ex difensore dei gigliati ci racconta un aneddoto: “Ricordo che, quando si è infortunato, siamo andati diverse volte a trovarlo a casa sua. Quando ti capita un infortunio simile, così grave, non è mai facile. Quel lungo stop l’ha condizionato tantissimo, gli è venuta un po’ di depressione. Non si fosse fatto male, credo che avrebbe potuto fare delle buone cose in Italia”. Si torna a parlare del tandem Baggio-Dertycia: “Quando si ha la fortuna di avere un compagno di reparto come Baggio, direi che tutto diventa facile. Avesse avuto il tempo necessario per capire il genio di Roby, penso che avrebbe segnato anche diversi gol…”. 44

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foto Agenzia Liverani

Il ricordo di Sergio Battistini, compagno di squadra alla Fiorentina

Senza il grave infortunio, probabilmente avrebbe fatto molto meglio

A Firenze ci ha provato, purtroppo con risultati scadenti

ADDIO CALCOLATO Quando gli è stato chiesto di andarsene, non ha fatto polemiche

foto Agenzia Liverani

Di Fabrizio Ponciroli

POTEVA FARE DI PIù

foto Agenzia Liverani

“CONDIZIONATO DALL’INFORTUNIO”

L’ALFABETO DEI BIDONI / Oscar Dertycia

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L’ALFABETO DEI BIDONI / Oscar Dertycia

in rete contro il Cesena (1-1 il finale). Bisogna attendere il 14 gennaio per la quarta segnatura in campionato (contro il Genoa). In Coppa Italia trova la via della rete contro il Bologna ma, soprattutto, segna il rigore, contro il Como, che, alla lotteria, vale la qualificazione al turno successivo. Poco, pochissimo ma c’è un particolare. Di fatto l’avventura di Dertycia al centro dell’attacco viola dura metà stagione. Il 24 gennaio, in Coppa Italia, si rompe, in uno scontro con Maradona, i legamenti del ginocchio destro. Di fatto, in quella triste giornata, si spegne il “primo Dertycia”. El Tiburon (un altro dei suoi innumerevoli soprannomi) entra in un tunnel senza fine. L’infortunio è grave. Lo capisce anche Maradona che lo va a trovare anche in ospedale: “Mi è venuto a trovare, mi ha regalato due orologi e mi ha firmato la sua maglia che mi ha lasciato come ricordo. Nessun problema con lui, è stato un incidente, poteva capitare a chiunque”, racconta il Cocayo (ci risiamo, nuovo nomignolo) a El Grafico un paio di anni fa. Sfortuna ma con conseguenze inimmaginabili: FIRENZE NON LO ODIA

foto Agenzia Liverani

Il popolo viola ha "perdonato" l'argentino...

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ECCO PANINI FIFA 365 ADRENALYN XL™ “Quell’infortunio mi ha portato tantissimo stress. Mi sono perso le mie occasioni in Italia, ho perso la possibilità di andare al Mondiale (era nel giro dell’Albiceleste, ndr). Fui colpito da un’alopecia nervosa che mi fece perdere tutti i capelli. Fu molto difficile per me”, prosegue il Pelado a El Grafico. Di fatto, per rivederlo in campo, bisogna attendere quasi un anno. Gioca un amichevole, nel novembre del 1990, con la casacca viola. Il suo look è profondamente diverso. Senza più un capello, ha lo sguardo segnato da quanto gli è accaduto. Il pubblico viola cerca di sostenerlo ma la società ha già deciso: il suo futuro deve essere lontano da Firenze. I gigliati puntano a Lacatus e Dertycia, nonostante un contratto garantito, si fa da parte: “Ho detto di sì senza pensarci un attimo. Non potevo lasciare nei guai la società che mi aveva acquistato: volevano Lacatus e io ero di troppo”, spiega il generoso Mr.Proper… Appunto, Mr.Proper (Mastro Lindo nella versione italiana). Il Cadice decide di puntare su Oscarone. La trattativa è fulminea. I tifosi spagnoli lo accolgono con il soprannome di Mr.Proper a causa della sua testa calva: “Non mi ha dato fastidio, mi è piaciuto. L’hanno fatto senza offendere”, il commento dello stesso Derycia. L’avventura al Cadice non è esaltante ma, per il diretto interessato, è magnifica: “Mi sono risentito un vero giocatore. Poi ho fatto gol contro il Barcellona, una rete che ci ha salvato dalla retrocessione”. Tutto vero. L’anno seguente si trasferisce al Tenerife dove resta per tre stagioni, segnando 27 gol complessivi (in 91 presenze). Uno è di quelli da ricordare: manda al tappeto, con un bel colpo di testa (ironia della sorte) il Real Madrid e, di fatto, regala la Liga al Barcellona di Crujiff: “Sono diventato un eroe per quel gol… Sono diventato “el verdugo” del Real Madrid (il carnefice del Real Madrid, ndr). Cross di Chano da destra, primo colpo di testa di Quique, poi, ancora di testa, Castillo, la parte arriva a me che, di testa, infilo Buyo… Indimenticabile”, ricorda, a ZoomNews, il mitico Pelado. Insieme a gente come Redondo e Pinzi si fa apprezzare e ben volere da tutto l’ambiente. Segue un’altra esperienza in Spagna (all’Albacete), prima del ritorno in Argentina (Talleres e Istituto Cordoba), con anche una capatina in Cile e, nel suo ultimo anno da calciatore (2001/02) in Perù al Coopsol Trujillo, in cui, comunque, mette a segno 24 reti… A quasi 37 anni, decide che è venuto il momento di dire basta. Ma il sorriso è ben presente sul suo viso. A distanza di tanti anni dal suo ritiro, Mastro Lindo è una persona orgogliosa di quanto fatto in campo: “A volte, quando sono triste, vado a riguardarmi le magliette dei giocatori con cui ho giocato o ho affrontato. Alcune hanno un significato particolare rispetto alle altre. Penso a quella di Baresi del Milan o a quella di Caniggia dell’Atalanta o, ancora, a quella di Maradona del Napoli oppure a quelle di Redondo del Real e Guardiola del Barcellona… Magliette di persone e giocatori speciali”. Anche a Firenze, dove, obiettivamente, non ha incantato, nessuno lo ricorda con rabbia. Il sentimento nei confronti di Oscarone è più di tristezza. Dispiacere per quello che poteva essere ma non è stato… La dea bendata gli ha voltato le spalle nel momento in cui era pronto a conquistare il Bel Paese. L’infortunio, di fatto, gli ha fatto perdere, oltre ai capelli, tanta autostima e diverse opportunità. Bravo a rigenerarsi con il passare degli anni…

Una collezione per chi non può fare a meno del calcio…

Dopo il grande successo della collezione di figurine FIFA 365 e delle cards CALCIATORI ADRENALYN 2015-2016, Panini ha il piacere di presentarti la nuova collezione dedicata al TOP del calcio mondiale: “PANINI FIFA 365” ADRENALYN XL OFFICIAL TRADING CARDS. “PANINI FIFA 365” ADRENALYN XL contiene 378 bellissime cards con i protagonisti di 24 club internazionali e 6 selezioni nazionali. Le oltre 350 cards dedicate ai giocatori contengono valori di gioco da utilizzare nelle avvincenti partite ad ADRENALYN XL. “PANINI FIFA 365” ADRENALYN XL è quindi sia una fantastica collezione di cards ma anche un appassionante gioco di cards in cui si possono schierare in campo le stelle del calcio mondiale. Nella collezione i campioni di Juventus, Inter e Milan, in rappresentanza del calcio italiano, si uniscono a quelli di importanti squadre del mondo come FC Barcelona, FC Bayern Munchen, Boca Juniors, Flamengo, Manchester United FC, Paris Saint-Germain e molte altre ancora. “PANINI FIFA 365” ADRENALYN XL è anche una fantastica opportunità per conosce e collezionare giocatori di squadre lontane dai nostri campionati come nel caso di Club América e Beijing Guoan. Nel pieno spirito ADRENALYN XL le cards della collezione sono raggruppate in diverse sezioni che si differenziano per trattamento grafico, lavorazione ed impatto in termini di gioco, il tutto arricchito da un numerose informazioni come ad esempio la media goal del giocatore, nel caso delle cards Goal Machine oppure le reti e le presenze con la maglia della propria nazionale, dati contenuti nelle cards International Star. Le cards Team Logo, 12° Man e 365 sono invece dedicate ai clubs, e possono avere punteggi che influenzano il gioco, oppure riferimenti al ranking FIFA. Ma le sorprese non finiscono qui, si perché tutte le cards di PANINI FIFA 365 ADRENALYN XL riportano sul retro un codice univoco. Registrando questo codice sul sito www.panini365.com potrai iniziare la collezione virtuale e partecipare a sfide infinite con collezionisti di tutto il mondo. In edicola oltre alle bustine si trova lo Starter Pack con raccoglitore, regole di gioco, checklist, campo da gioco, 4 bustine e 2 card Limited Edition…


SERIE B I TALENTI

LA CLASSE NON MANCA IN B... La cadetteria non è da sottovalutare ma da sfruttare...

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a Serie B si sta confermando un grande serbatoio di giovani talenti per la Serie A. Alcuni hanno già spiccato il volo a gennaio – Stefano Sabelli dal Bari al Carpi su tutti – altri lo faranno sicuramente a giungo essendo già stati acquistati da club della massima serie e lasciati a crescere negli attuali club – Stefano Sensi del Cesena, Luca Mazzitelli del Brescia o Rolando Mandragora per fare due nomi – altri ancora sono da tempo nel mirino di club importanti e a giugno potrebbero essere protagonisti del calciomercato. Di seguito ipotizziamo una possibile formazione di giocatori che attualmente militano in Serie B e che dal prossimo anno potranno calcare i campi del massimo campionato italiano. In porta Alfred Gomis si sta confermando come uno dei migliori giovani in quel ruolo per il terzo anno consecutivo. Dopo Crotone e Avellino l'italo-senegalese classe '93 è sbarcato a Cesena dove in brevissimo tempo ha tolto la titolarità al più esperto Federico Agliardi. In 24 gare ha tenuto inviolata la propria porta in ben 11 occasioni subendo appena 20 reti in stagione. Il suo cartellino è del Torino che potrebbe decidergli anche di affidargli la porta nella prossima stagione o fargli fare un

SERIE B / I TALENTI ulteriore anno d'esperienza questa volta in Serie A. Dopo tre anni positivi in B il salto di qualità è praticamente scontato. Davanti al cesenate una linea a quattro formata da Davide Biraschi dell'Avellino, Mattia Bani della Pro Vercelli, Francesco Vicari del Novara e Bruno Martella del Crotone. Tutti giocatori nati negli anni '90 che si stanno confermando o affermando in questa stagione finendo nel mirino delle squadre di massima serie: il più richiesto è anche il più giovane del quartetto ovvero il centrale in forza al Novara che Empoli, Chievo Verona e Atalanta stanno osservando da tempo. I toscani inoltre puntano Biraschi, già cercato in estate, mentre i veneti da tempo sono interessati a Bani. Solo il quarto, una vera rivelazione della stagione, al momento non sembra aver richieste dalla Serie A nonostante la penuria di terzini mancini, ma da qui all'estate le cose potrebbero cambiare anche se il Crotone è una seria candidata alla promozione e Martella potrebbe esordire in massima serie senza cambiare casacca. In mezzo, tolti coloro che hanno già staccato il biglietto per la Serie A, il terzetto è formato dal bresciano Leonardo Morosini, dal perugino Pierre Zebli e dal cesenate Franck Kessie. Per il primo si sono mosse nei mesi scorsi sia il Bologna sia la Sam-

pdoria, ma anche il Cagliari ci ha fatto un pensiero. Su Zebli invece c'è la “solita” Juventus che proprio dagli umbri a gennaio ha prelevato l'altro talentino Joss, mentre per il terzo, che può giocare anche da centrale difensivo e vanta già alcune presenze con la nazionale della Costa D'Avorio, è probabile il ritorno all'Atalanta dove si giocherà le sue carte in prima squadra. Davanti c'è l'imbarazzo della scelta con i pescaresi Gianluca Lapadula e Gianluca Caprari che arrivano da diversi percorsi e sono pronti a spiccare il volo; il primo dopo tanta gavetta sta confermando le qualità mostrate con la maglia del Teramo un anno fa e trascinando la squadra di Oddo a suon di gol, il secondo ha fatto la spola fra Roma e Pescara trovando la piena maturazione in questa stagione. Per il ruolo di centravanti tre giocatori per un posto: Simoneandrea Ganz del Como, che ha già un accordo con la Juventus per i prossimi cinque anni, Filip Raicevic del Vicenza e Ante Budimir del Crotone. Quest'ultimi due sono le vere rivelazioni della stagione di Serie B con il Napoli che ha messo gli occhi, se non di più, sul primo e la Lazio che pensa al secondo per sostituire Miroslav Klose. Un piccolo compendio dei futuri protagonisti della nostra Serie A che stanno sbocciando nella cadetteria in attesa che altri seguano le loro orme.

di Tommaso MASCHIO

Una bella carrellata di nomi da tener presente. Il loro futuro sarà in Serie A… 48

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Il Perù lo vuole in nazionale ma l’Italia potrebbe anche essere il suo futuro Gianluca Lapadula è nato a Torino ma potrebbe indossare la casacca della nazionale peruviana. Papà italiano e mamma peruviana, quindi al centro di un vero e proprio intrigo internazionale. Ricardo Careca, CT del Perù, gli sta facendo una corte serrata: lo vuole protagonista con i Los Incas. A tal punto da prenderlo in considerazione per le prossime gare di qualificazione al Mondiale 2018. Il diretto interessato, al momento, non sembra convinto di accettare il pur prestigioso invito: “ Quando si è convocati, il desiderio è quello di giocare e non di sedersi sulla panchina. E mio nipote non viene in nazionale per stare in panchina”, le parole, piuttosto chiare, del

Gianluca Lapadula

nonno della stella del Pescara. Alla base di questa presa di posizione ci sarebbe un motivo ben chiaro: La-

foto Federico Gaetano

QUANTI TALENTI

davide biraschi

foto Federico Gaetano

Lapadula, intrigo internazionale

padula sogna di indossare la maglia di un’altra nazionale, quella italiana. Sta aspettando segnali da Conte…

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IL NUOVO ASSO ROSSOBLù A Catania c'è un brasiliano che punta in alto...

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talia-Brasile è una storia d’amore e di calcio iniziata tanto tempo fa. Bisogna tornare indietro di oltre mezzo millennio e chiamare in causa nientepopodimeno che Amerigo Vespucci, primo europeo a esplorare le coste brasiliane. Dettaglio non di poco conto: Vespucci era fiorentino e quando organizzò la trasferta transoceanica, nella sua Firenze il calcio (in costume) era già di gran moda. Cinquecento anni dopo, seguendo i sassolini (se occorre, rinfrescate Pollicino), Caetano Calil ha fatto il percorso inverso. Poi ha proseguito, fino a Catania…

CAETANO CALIL

CA(E)TANIA! di Simone TONINATO

Bomber e capitano dei rossoazzurri, il brasiliano si divide tra campo e famiglia. Dopo di loro, c’è la playstation 50

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foto Nino Russo per sua gentile concessione

Siena, Crotone, Frosinone, di nuovo Crotone, Varese, Salernitana e adesso Catania. Ma Calil rende meglio quando gioca in squadre meridionali, c’è un perché? “Forse perché fa più caldo e mi sento un po’ come se fossi a casa. Per la verità non lo avevo notato, ma se i numeri dicono questo, spero di stare al sud fino alla fine della mia carriera”. Insomma, il clima tra Sudamerica e Sud Italia è simile. Quanto e come sono diversi, invece, il calcio italiano e quello brasiliano? “Molto. Quello italiano è più tattico e difficile da giocare. Il lavoro di un attaccante che deve bucare una difesa, è molto più duro e complicato. In Brasile c’è più fantasia, ci sono più dribbling e si attacca sempre. Credo siano queste le principali differenze, anche se adesso le squadre brasiliane stanno crescendo da questo punto di vista”. Dall’arrivo in Italia è stato un bel girovagare. Quest’anno c’era la possibilità di giocare in Serie B con la Salernitana, poi la chiamata del Catania in Lega Pro e il fatidico “si”. Cosa c’era di tanto convincente in questa proposta? “Anzitutto il progetto. Cerco sempre sfide nuove e stimolanti, Catania lo è. Quando ti chiama una società del genere, ti trovi davanti un’occasione difficile da rifiutare”.

LEGA PRO / CATANIA bisogna dare priorità alla salvezza della squadra e solo dopo può venire il record personale. Per quello ci sarà tempo l’anno prossimo”. Prendo la palla al balzo. Per il 2016/2017, dopo averlo già fatto con Crotone e Salernitana, come si vince un campionato di Lega Pro? “Fin qui avevo fatto due campionati e due vittorie, purtroppo quest’anno non riuscirò a vincere, ma servirà da esperienza per il futuro. La Serie C è un campionato molto difficile, specie il nostro girone, perché molte squadre si attrezzano bene. Prima si deve compattare il gruppo, il passo successivo è rimanere concentrati e pensare sempre di partita in partita, uno step alla volta. Non basta avere una squadra forte per far diventare tutto facile, penso a Lecce e Benevento, che negli ultimi tre o quattro anni hanno sempre fatto delle belle squadre ma non hanno mai vinto”. Tornando al Catania di oggi. La classifica non sorride, ma c’è di mezzo anche la penalizzazione. Quanto pesa sulla testa e sulle gambe quando scendete in campo? “All’inizio poco, adesso di più perché non siamo in una posizione facile. Dobbiamo uscirne al più presto, dimenticarci dei discorsi sulla penalizzazione e andare avanti. Conta solo questo”. Andare avanti vuol dire vincere e per farlo bisogna segnare. Meglio se da esterno o da centravanti? “Da attaccante ho fatto tre anni bellissimi e credo di potermi esprimere al meglio in questo ruolo. Del resto ho sempre fatto bene da quando sono stato spostato davanti. Non penso, invece, che sia il modulo a incidere sul rendimento. In attacco riesco a fare bene sia con

uno che con due compagni”. Si è parlato dell’importanza dei gol, ma non è la sola responsabilità. C’è anche una fascia da capitano… “Un motivo di orgoglio. Il Catania è un club importante ed esserne il capitano è una grossa responsabilità. Nei momenti di difficoltà si deve trascinare la squadra e non è sempre facile, anche perché siamo un gruppo nuovo, creato quest’anno. Ma sono sereno e so che ce la faremo”. Nuovo il gruppo, nuovo anche l’allenatore. Che rapporto c’è con il tecnico e tra i componenti dello spogliatoio? Tra tutti, chi è il più simpatico? “Il rapporto è buono con tutti, mister e compagni. Ma per me non è una novità, sono un tipo tranquillo e non faccio casino (sorride, ndr), non ho mai avuto problemi in passato. Se devo assegnare un premio per la simpatica, scelgo Calderini, lui è quello che ci fa ridere di più nello spogliatoio”. Un commento sulla città e sui tifosi… “Catania è bellissima e con la gente c’è un bel rapporto, in giro non mi ha fermato nessuno per rimproverarmi dei risultati (sorride, ndr). I tifosi sono solo un po’ tristi per il momento che sta vivendo la squadra, tutto qui”. Una volta tolta la tuta a fine allenamento, fuori dal campo che tipo è Caetano Calil? “Uno a cui piace stare con la propria famiglia. Mi piace passare i miei giorni liberi con moglie e figli. E poi ho una passione per giocare alla play station, anzi per la verità sono un po’ malato di play station e per questo mia moglie mi rimprovera sempre (sorride, ndr)”. foto Nino Russo per sua gentile concessione

LEGA PRO CATANIA

Tanti gol in Lega Pro nella passata stagione, quest’anno già in doppia cifra. Esiste un obiettivo personale da raggiungere in questo campionato? “Fare meglio del torneo scorso. Ma

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SERIE D REGGINA

FRANCESCO COZZA

VOGLIA DI RICOMINCIARE di Pasquale ROMANO

A Reggio Calabria è tanta la voglia di fare calcio… calcio vero 52

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foto per gentile concessione di Mario Merolillo www.reggioinsidephotos - 3 foto

LA REGGINA è RINATA Chi l'ha detto che a Reggio non c'è più spazio per il calcio?

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enere amaranto. È un vero e proprio tsunami calcistico quello che si è abbattuto su Reggio Calabria, piazza che pochi anni fa salutava l'epoca d'oro (fatta di un decennio in Serie A) aprendo cosi un declino inarrestabile. Mentre a Parma il crollo dalla massima serie ai dilettanti è stato immediato, in riva allo Stretto si è consumato un dramma popolare in più stagioni. Un'unica, gigantesca, delusione che ha finito con l'azzerare una storia ultracentenaria. La scorsa estate è nato il nuovo progetto legato a Mimmo Praticò, per diversi anni dirigente del Coni e delle nazionali azzurre giovanili ma prima ancora reggino purosangue. La Reggina Calcio di Lillo Foti ha chiuso i battenti con l' 'illusione australiana', mancata l'iscrizione alla Lega Pro è rimasto soltanto il settore giovanile a tenere in vita un club le cui radici sono state strappate via dalla Federazione. La rinascita calcistica della città è partita dalla Asd Reggio Calabria: nei fatti è ancora 'Reggina' ma le carte federali impediscono (almeno al momento) di avere due società attive con la stessa denominazione. È una lettera dell'alfabeto del tutto nuova a queste latitudini, la D, a rappresentare la rinascita calcistica amaranto: "Purtroppo non è stato possibile salvare la vecchia Reggina e il professionismo, ho sentito il dovere di non far sparire il calcio a Reggio Calabria e tuffarmi in questa nuova avventura. Siamo riusciti - afferma il presidente Praticò - a ripartire dalla Serie D e non dalla Terza Categoria mantenendo cosi un minimo di dignità rispetto al blasone di questa società". Assieme ad altri soci, Praticò ha dovuto dare vita in fretta ad una nuova stagione calcistica a Reggio Calabria. La clessidra vuota ha impedito una programmazione accurata, attorno soltanto macerie e voglia di ribellarsi al destino. Praticò da dirigente aveva fatto parte dell'organigramma della Reggina di Foti, seguendo da vicino le due promozioni in A sfiorate di un soffio a fine anni '80. Dopo aver cercato di collaborare nel tentativo, fallito, di salvare la Reggina Calcio, ha preso lo scettro in mano e guidato il nuovo progetto: "La Reggina è una seconda pelle per me, il colore amaranto sinonimo di amore. Il calcio in riva allo Stretto vive un momento di estrema sofferenza, vogliamo tornare a gioire

SERIE D / REGGINA presto. Lo merita la città e in particolare i 3500 tifosi che si sono abbonati ad una squadra di Serie D". Per diversi lustri portabandiera del calcio calabrese, espressione orgogliosa di un territorio che ha visto la Reggina esibirsi nel massimo campionato per un decennio, Reggio Calabria oggi si trova costretta a rincorrere Catanzaro, Cosenza e un Crotone che sogna il salto incredibile in Serie A. Come è stato possibile un crollo verticale cosi fragoroso? "In alcuni momenti complicati del recente passato forse bisognava essere più determinati nel capire di chi di fossero le responsabilità. Oggi ci sono soltanto le rovine - dichiara amaro Praticò - è inutile guardarsi indietro e scavare nelle macerie. I tanti errori commessi purtroppo hanno distrutto il calcio in questa città, adesso non ha senso ricercare i colpevoli, il mea culpa deve essere recitato da tutti". La partenza in ritardo ha decisamente influito sul rendimento iniziale

MIMMO PRATICò

della squadra allenata da Cozza, 'traslocato' come Praticò e il d.g. Gabriele Martino da un passato nella vecchia Reggina a un presente nella nuova società. Addio ai sogni promozione diretta, per il presidente amaranto deve esserci soltanto un obiettivo all'orizzonte: "Puntiamo a vincere i play-off. Non vogliamo proiettarci oltre, pensare alla denominazione della società o ad un eventuale ripescaggio in Lega Pro, sono discorsi che riguardano la prossima estate. Adesso lasciamo parlare il campo, la Reggina non può e non deve stare tra i dilettanti". Reggio Calabria sogna una nuova primavera calcistica, Francesco Cozza il tecnico della squadra amaranto. Lungo e indimenticabile il trascorso nella Reggina, anche se cosentino di nascita l'ex trequartista è diventato a tutti gli effetti un reggino: "Il rap-

porto che mi lega alla città - assicura Cozza - è unico, particolare. Si tratta di un viaggio iniziato quando ero ragazzino, credo di aver lasciato un segno da calciatore e adesso punto a farlo da allenatore. Voglio dare il mio contributo nel tentativo di far rinascere il calcio a Reggio Calabria". Diverse le soddisfazioni ottenute da Cozza con la maglia amaranto addosso, il gol con esultanza ironica al San Filippo nel derby contro il Messina forse la cartolina maggiormente rappresentativa: "In assoluto, considero le due promozioni dalla B alla A i ricordi più intensi, la prima però è stata davvero speciale. La città ha vissuto con incredibile passione il primo salto nel massimo campionato, ad ogni angolo c'erano tifosi pronti a trascinarci con la loro passione. È stata una festa ininterrotta, durata mesi". Trequartista sopraffino, 'croce e delizia' degli allenatori avuti in carriera, Cozza è stato una bandiera della Reggina anche se il talento gli avrebbe permesso palcoscenici ancora più prestigiosi: "Il rammarico è per non aver avuto una vera chance in un club importante. Sono arrivato al Milan troppo giovane, la formazione rossonera era piena di big e in quei due anni non ho avuto molte possibilità per mettermi in mostra. Lo stesso capitò ad altri giovani promettenti come Dionigi, Elber e Vieira". Centro al primo colpo, all'esordio da tecnico Cozza ha ottenuto con il Catanzaro la promozione nell'allora Prima Divisione di Lega Pro prima di tuffarsi in nuove avventure: "Cosa ho rubato agli allenatori avuti in carriera? Spero da De Canio il modo di impostare le partite, da Mazzarri la fase difensiva e le ripartenze. In generale è più difficile allenare oggi, in Italia i ragazzi sono quasi tutti viziati. Ai miei tempi non esistevano cellulari, internet e distrazioni varie, adesso il calcio è peggiorato dal punto di vista dei valori da trasmettere". In riva allo Stretto si rivive quindi quanto già accaduto in diverse piazze calcistiche, Salerno e Napoli per citarne altre due del Sud: “Ci sono dei cicli che finiscono, alcuni di questi purtroppo clamorosamente male come capitato qui. L'auspicio è quello di risalire presto, ritrovare il professionismo è un obbligo”, conclude Cozza. La strada verso la risalita è lunga, guardarsi indietro nel ricordo di epoche gloriose rischia di far male ancor più della realtà. Reggio Calabria, però, ha voglia di ricominciare.

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I RE DEL MERCATO CARLO PALLAVICINO MILLE INTERESSI

Un uomo completo, capace di fare più cose, sempre al top...

CARO MERCATO, TI SCRIVO

Giornalista, procuratore, editore. Carlo Pallavicino si racconta, con Firenze sempre nel cuore di Marco CONTERIO foto Federico DE LUCA 54

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I RE DEL MERCATO / CARLO PALLAVICINO

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abriel Laub, aforista del secolo che fu, scrisse che 'un giornalista è uno scrittore, la cui immaginazione creatrice è limitata dalla realtà'. Pure se questa si chiama calcio, nobile disciplina del popolo. Della gente. Che ha sempre e da sempre dipinto la vita di Carlo Pallavicino, che dapprima si è prodigato nel raccontarla, penna e taccuino in mano. Poi ha deciso di diventarne attore protagonista, agente non certo segreto e procuratore d'affari e d'agenti. Infine, ma anche oggi, editore del portale Calciomercato.com. “Perché il giornalismo è nel mio sangue, mi appassiona”. E non può farne a meno, lui che ha un altro fattore che da sempre e per sempre nelle vene. Firenze. “Dove sono nato, cresciuto, dove ho studiato e dove ho iniziato a scrivere”. Partiamo dagli inizi. Firenze, sì. Dove? “Zona Porta al Prato. Ho sempre vissuto qui, studiando al Liceo Scientifico Castelnuovo che è proprio nel centro di Fi-

I RE DEL MERCATO / CARLO PALLAVICINO

“” Conobbi Branchini quando lasciò la boxe: dopo trent'anni ci riconosciamo dai sospiri per me è tra i migliori tre agenti al mondo renze. Giovanissimo, ho iniziato a fare il giornalista, con la rivista Brivido Sportivo e poi con Tuttosport”. Il calcio come grande passione. “La Fiorentina e il giornalismo sono le due grandi passioni della mia vita. Quando avevo tredici anni esplosero radio e tv private, una vera e propria rivoluzione contando l'epoca. Entrai a Teleregione per sostituire il collega, ora alla Rai, Enzo

Baldini, che partì per il servizio militare. È stata un'esperienza stimolante, bella, avevo diciassette anni, già facevo il caporedattore al Brivido Sportivo grazie a quel fantastico uomo che era il suo direttore Paolo Melani. Poi a 21 anni quando ero diventato il corrispondente da Firenze per Tuttosport, dovetti interrompere poiché venne a mancare mio padre ed iniziai ad occuparmi della sua agenzia di commercio”.

EDITORE DI SUCCESSO Pallavicino si è sempre contraddistinto per una grande vena creativa

Di cosa si occupava? “Vendeva acciaio per conto della Magona d'Italia, ma il settore era in crisi, il momento era difficile. Così, a soli ventiquattro anni, iniziai un nuovo capitolo della mia vita”. Quello di agente. “Attraverso un amico comune di Firenze, vengo in contatto con Giovanni Branchini. Nel 1986 lasciò la boxe per il calcio: la sua era una famiglia storica di manager di pugili, Rocky Mattioli, Stecca, Damiani per dirne alcuni. Ne parlai con un amico e, per caso, lo conosceva: era il 1987, partimmo con sei giocatori”.

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foto @FDLCOM

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La Fiorentina, insieme al mestire del giornalista, le due passioni di Pallavicino

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I RE DEL MERCATO / CARLO PALLAVICINO SETTE BRASILIANI A USA 94 Abile all'estero, come dimostrano i tanti campioni "controllati"...

I RE DEL MERCATO / CARLO PALLAVICINO Nomi importanti, da subito. “Donadoni, Gerolin, Matteoli, Bivi, Careca ed Alemao per citarne alcuni. Ricordo ancora il mio primo giorno di lavoro: Milan-Fiorentina, la prima di Arrigo Sacchi con la vittoria della mia viola, reti di Baggio e Diaz. Vidi la gara dalla tribuna stampa. Al raddoppio saltai in piedi sul banco in estasi. Gianni Brera non approvò e chiamò gli inservienti".

SEMPRE DI CORSA

Pallavicino non guarda al passato ma pensa a fare bene nel presente e nel futuro

E come andò? “Come sempre: mi arrangiai. Avevo contatti nel calcio, su Firenze e anche in Italia grazie a Tuttosport che mi aveva permesso di conoscere e intervistare anche grandi personaggi come Paolo Rossi, Bettega, Trapattoni" Siete stati tra i primi, lei e Branchini, a lavorare con l'estero. “La conoscenza delle lingue, per me l'inglese, ci aiutò non poco. Anche lì, erano orizzonti quasi vergini, gli agenti in loco non avevano referenti in Italia. Abbiamo lavorato tanto con il Brasile, con l'Inghilterra, con il Giappone. Giovanni ha curato i primi trasferimenti, anche di italiani all'estero come Massaro e Schillaci in J-League e Donadoni ai New York Metrostars”.

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Il panorama degli agenti com'era? “Molti erano ex giocatori e per loro era più semplice prendere giocatori in procura. C'era conoscenza diretta, che fosse coi ragazzi o con le dirigenze. Era una situazione chiusa, noi eravamo degli 'outsider': io venivo dal giornalismo, Branchini dalla boxe. Faccio l'esempio di Marocchi, che avevo appena preso in procura: fu portato da Governato del Bologna, a firmare con la Juventus a nostra insaputa e solo

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foto Agenzia Liverani

Com'era, per lei, comunque con esperienza da giornalista, venire a stretto contatto con questi campioni? “Uno dei primi fu Virdis, un campione d'Italia. Per me era una 'figurina' da collezione, al primo impatto, ricordo quando poteva venire a Firenze nel 1976. Era incredibile trovarmi a parlare con questi personaggi ma decisi di stare zitto ed imparare da Branchini e dagli altri colleghi di grande esperienza. Il primo giorno in ufficio mi dissero 'chiama il presidente della Triestina per sapere se vuole Dossena'. Ok, avevo esperienza da giornalista, ma non avevo la più pallida idea di come funzionasse adesso”. una volta a Torino ce lo comunicò. Eravamo figure nuove, ai giocatori dovevi proprio spiegare cosa facesse e di cosa si occupasse un agente. Io sono iscritto all'albo dal 1990, l'anno in cui feci l'esame con Caliendo e Roggi”. Uno degli esempi che meglio racconta la vostra apertura verso l'estero è la finale di Usa 1994. “Avevamo sette giocatori del Brasile in procura. Mauro Silva, che portammo al Deportivo la Coruna. Taffarel al Parma. Jorginho al Leverkusen. Branco al Genoa. Poi Marcio Santos alla Fiorentina e curammo anche il trasferimento di Aldair alla Roma. E poi Romario, portato al PSV Eindhoven, Mazinho al Lecce ed in panchina c'era anche un certo Ronaldo, che poi portammo in Olanda, sempre al PSV”. Un'agenzia formata da due persone. “Per cinque-sei anni sì, poi si sono aggiunti Antonio Dell'Aglio, preziosissimo per portare Nicola Ventola da noi e non solo. Poi Davide Bega, Leonardo Corsi, Donato Orgnoni ed i figli di Giovanni, Giacomo e Francesco”. Passo indietro: come operava agli inizi il Pallavicino agente?

“Era diverso, ripeto, rispetto ad ora. Andavi a Coverciano per la Rappresentativa di C e gran parte dei ragazzi non avevano agente. Anche in A era spesso così, pensi che Donadoni dall'Atalanta al Milan è andato senza procuratore. Avevi opportunità importanti e soprattutto il rapporto di lavoro coi giocatori era diverso”. In che senso? “Adesso l'agente è 'usa e getta', se mi passate il termine. Difficilmente i rapporti di lavoro con gli assistiti durano a lungo, se non per tutta la carriera. Un tempo, invece, era normale e consueto il contrario, penso a Cristiano Lucarelli ed a Cristiano Zanetti tra gli altri. Per i giocatori non c'era riprova: ti presentavi con la tua professionalità, e magari ti 'provavano'. E quasi sempre il matrimonio arrivava fino in fondo”. Chi cercò, senza successo, di prendere come assistito? “Lista lunga... Ravanelli, sicuramente. Poi Ambrosini, sul quale però arrivai tardi. Un altro fu Marco Simone. Ci sono state tante situazioni dietro alle quali ho perso tanto tempo e che poi sono finite con un nulla di fatto, ma fa parte del gioco. Poi, invece, altre che capitano come casi e come ocCalcio 2OOO

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I RE DEL MERCATO / CARLO PALLAVICINO casioni: andai a Caserta, nel 1989, per organizzare i Mondiali Militari. Lì vidi, conobbi e presi subito in procura Luca Marchegiani che giocava nel Brescia”. Da una parte bello e stimolante, dall'altra mica facile trovare quelli giusti. “Aprivi il giornale, vedevi un giocatore che rendeva bene e dicevi 'ok, vado e ci provo'. A volte, invece, andavi direttamente sui vivai sicuri, quelli di Atalanta, Fiorentina e Torino, rischio impossibile ed infattibile oggi”. Giornalista un tempo, agente ed editore oggi. Rimpiange l'aver riposto la penna nel cassetto? “Sarei un 'animale' a parlare di rimpianti, questa vita non la scambio con niente. Però, nel giornalismo, ed in questo inserisco anche l'esperienza da editore di oggi, metti sicuramente più creatività, fantasia. È sicuramente più stimolante che fare l'agente. Io sono appassionato di calcio ma non mi sono quasi mai fidato esclusivamente delle mie sensazioni, di me stesso. Ho sempre 'orecchiato' le notizie per cercare di arrivare sui giocatori prima degli altri”. Buon sangue da giornalista non mente. L'AGENTE è CAMBIATO

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Nella finale di Usa'94 avevamo curato i trasferimenti di sette giocatori, tra cui Romario e Ronaldo “Esatto. Quella di agente è una professione. Bella, interessante, ma sicuramente meno divertente di quella del giornalista. Almeno per me"

Una vita fatta di cambiamenti, di momenti, ma anche di uomini e personaggi. Chi ha segnato la sua carriera? “Tra i primi, sicuramente, Sebastiao Lazaroni. Lo portammo alla Fiorentina e al Bari, ed è uno delle persone a cui sono più legato, da amico vero. Conoscerlo, a Londra, fu una vera emozione: era aprile, eravamo con Branchini, Previdi ed Orlandini che portò le videocassette della Fiorentina per fargliela conoscere. Non mi sembrava vero: loro guardavano insieme i vhs e immaginavano il futuro della mia squadra del cuore, che ci faccio qui, pensavo. Era come essere al luna park. Purtroppo proprio quel giorno scoprii che Baggio era stato venduto. "Lui non lo consideri" disse Previdi a Lazaroni. E capii”. Il prossimo provo ad indovinarlo. O'Maestro. “Manuel Rui Costa. Sono stati otto anni intensi insieme, anche perché Manuel è due persone in una. Da un lato, quando ci sei insieme, è travolgente, ha un rispetto assoluto per la maglia, per la città dove

vive e per i suoi tifosi. Per questo è entrato nel tessuto fiorentino così a fondo e per questo per i tifosi viola è e sarà per sempre un idolo indimenticabile. Dall'altra parte, invece, è un uomo responsabilizzato, immerso nelle proprie esperienze. È due persone: quando è con te è il tuo migliore amico, ma lo sente davvero, e quando non è con te rischi di sentirlo distante”. Tipico di chi vive a fondo la sua vita. Il momento. “Suo padre è stato il suo primo allenatore, una persona molto esigente. Un giorno Paulo Sousa mi disse 'per capire Rui, devi partire dal padre'. È un uomo unico, disponibile, socievole ma anche molto concentrato su se stesso. Quando sposa una causa lo fa al 100%. Forse è anche per questo che non più tornato a Firenze. Nella sua testa adesso c'è solo il Benfica”. A pochi passi, intanto, c'è Livorno. “Dunque Cristiano Lucarelli. È stato l'uomo che ha in qualche modo dato un coronamento alla mia attività. Lo presi a sedici anni, dal Livorno, ed abbiamo fatto insieme tutta la carriera, compresi dalla Cuioipelli a Donetsk e non solo passando per la nazionale. Attraverso di lui mi sono sentito realizzato forse anche grazie al li-

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Il mondo del calcio è diventato più frenetico dopo l'avvento dei cellulari bro (Tenevevi il Miliardo, ndr) scritto sul suo ritorno a Livorno”. Perché lo scrisse? “Era al Torino in A ed una volta che la sua squadra del cuore salì in B dopo 35 anni mi disse 'mollo tutto e vado'”.Io ero contrario. Decisi di scrivere un diario su questa scelta per capire chi avesse ragione dei due." Alla fine ha vinto Lucarelli. “L'unico rimpianto è che, oggi, a Livorno non sia amato come dovrebbe”. Livorno nel cuore per Cristiano come lo è Firenze per lei. “Ricordo ancora la vittoria nei play-off di B contro il Perugia. Ero con il collega

Giorgio Parretti, agente di Mondonico, che rimase stupefatto del mio modo d'esultare. Finii al Piazzale Michelangelo sbronzo. Essere tifoso è bellissimo ma, con questo lavoro, a volte non è facile. Spesso si possono avere delle discussioni, incomprensioni magari proprio con i dirigenti della squadra che ami. Essere tifosi e basta è più facile. Quando fai questo lavoro ti accorgi dell'illogicità del mondo del calcio. Avvengono cose difficili da comprendere anche per chi ci sta dentro. Figuriamoci per i tifosi che a volte si sentono traditi." Però ha avuto il privilegio di vivere delle grandi esperienze da vicino. “Tra queste anche Cristiano Zanetti, preso negli allievi viola è finito in nazionale come Pomodoro Banchelli, che non ha avuto la sua stessa carriera anche per gravi infortuni. Però il giocatore viola al quale sono rimasto più legato è stato Stefano Borgonovo. È stato ed è tutt'oggi un dramma immenso che si sia ammalato e poi sia mancato. Il suo sorriso e la sua allegria mi mancano tantissimo. Con lui avevo iniziato a scrivere la sua biografia ma a un certo punto non ce l'ho fatta più. Troppo il dolore nel trascrivere il suo calvario. È stata invece la più intensa e graL'AMICO LAZARONI Con il tecnico brasiliano ha instaurato un vero rapporto di amicizia

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foto @FDLCOM

Vede il mondo dei procuratori cambiato tanto da allora ad oggi? “Profondamente. E soprattutto, grazie, o per colpa, dei cellulari. E dire che, essendo nel comitato di Italia '90, sono stato anche uno dei primi ad averlo nel nostro paese. Però all'epoca facevi i chilometri, parlavi con la mamma, con la nonna del ragazzo, sbagliavi numero ed aspettavi perché qualcuno rincasasse. Da lì, dall'avvento del telefonino, cambiò tutto. La vita

privata si è azzerata, tutto è più frenetico. Prima dovevi, per forza, essere al calciomercato, lì e solo lì ti incontravi con tutti. Adesso... Beh, adesso è l'opposto”.

foto @FDLCOM

Una volta i rapporti con gli assistiti erano per sempre...

I RE DEL MERCATO / CARLO PALLAVICINO

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I RE DEL MERCATO / CARLO PALLAVICINO

I RE DEL MERCATO / CARLO PALLAVICINO

BORGONOVO NEL CUORE

ANCHE MULTIMEDIALE

Pallavicino non ha dimenticato l'esperienza con l'ex viola...

foto @FDLCOM

Il mondo è cambiato, Pallavicino non è rimasto fermo...

tificante esperienza della mia vita l'organizzazione di Fiorentina-Milan al Franchi la sera dell' 8 ottobre 2008. La mattina della partita solo 3000 biglietti venduti. Temevo il flop soprattutto per Stefano. Poi il miracolo del Franchi pieno. Una notte pazzesca, emozionante, unica." Una, se non sbaglio, ha anche nome e cognome di Goran Pandev. “È stata una battaglia lunga, quella con Claudio Lotito. Un dentro o fuori che è stato un precedente importante, che ha permesso a Goran di diventare campione d'Europa e poi del mondo con l'Inter ”.

foto @FDLCOM

Ci racconta anche dell'esperienza Claudio Marchisio? “Lo presi giovanissimo, con Leonardo Corsi. Poi, quasi ultimato il terzo rinnovo con la Juventus ritenne giusto interrompere il nostro rapporto. Andai pure in contrasto con il club, sulle cifre, con lui, e mi trovai fuori dalla porta. Oggi lo segue il padre. È stata una delusione umana prima e professionale. Capita".

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Parliamo di Riccardo Montolivo? “Un'esperienza, quella dell'addio a Firenze, che mi ha segnato. Però abbiamo deciso, come agenzia, di non parlarne più. Ho fatto l'errore di volermi esprimere su una Calcio 2OOO

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L'organizzazione della notte al Franchi per Borgonovo è stata l'esperienza più importante della mia vita. La sua scomparsa un dolore infinito

a questi livelli prima, in Italia, ma nell'era del pre-Calciopoli non era semplice. Oggi molto è cambiato, sebbene con le TPO sia sempre complicato, ma lui ha una tale conoscenza e dà una tale affidabilità che fare una trattativa con lui per un club è solo un plus”. Last but not least. Parliamo della sua avventura da editore? “Ce l'ho nel sangue. Mi appassiona. Mi prende. Il giornalismo è qualcosa che hai nelle vene e mi piace provare a dare una visione sincera, completa, moderna, ed anche approfondita di questo mondo bellissimo e contorto. In questi giorni Calciomercato.com festeggia 20 anni ma è sempre come se fosse il primo giorno”.

questione che non mi competeva, visto che non mi occupo direttamente di Riccardo." A proposito di soddisfazioni: con Giovanni Branchini non ve ne siete tolte certo poche. “Trent'anni insieme, ci conosciamo e riconosciamo dai sospiri. Non per piaggeria, Giovanni è tra i primi tre al mondo. Ha una qualità umana, e chiaramente anche professionale, davvero speciale. Mi sono chiesto spesso perché non si fosse imposto

Intervista di Marco Conterio Calcio 2OOO

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I GIGANTI DEL CALCIO GIANLUCA VIALLI UN GRANDE PERSONAGGIO Vincente in campo, altrettanto davanti alle telecamere

LORD VIALLI

foto Giacomo Biagi

Straordinario simbolo del calcio di ieri, oggi e domani. Un vero e proprio gigante del pallone…

di Fabrizio PONCIROLI foto Archivio TC&C

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I GIGANTI DEL CALCIO / GIANLUCA VIALLI

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on fatevi ingannare dall’aria da lord inglese che lo contraddistingue… Gianluca Vialli, quando scorrazzava sui campi verdi di Serie A e Premier League, era un mastino, uno di quelli che, pur di arrivare prima sul pallone, sputava sangue e anima. Gli anni da calciatore sono alle spalle, zeppi di ricordi, seppur meravigliosi, da centellinare a cene tra amici o quando il lavoro, quello attuale, lo impone. Appunto, il lavoro… Difficile definirlo tale. Vialli fa sempre e solamente quello che gli aggrada, a conferma di una personalità forte, la stessa che gli ha permesso, da giocatore, di vincere tutto, Champions League compresa. Lo abbiamo incontrato, felici di scambiare due chiacchiere con un vero e proprio gigante del pallone… Lo attendiamo con preoccupazione. Ci fanno sapere che ha un desiderio impellente di raggiungere il vicino ristorante. Ha appena concluso la lunga presentazione del nuovo format televisivo Squadre da Incubo (il giovedì alle 21.15 su TV8). Per fortuna, Vialli si

I GIGANTI DEL CALCIO / GIANLUCA VIALLI

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Lavorare in TV è un vero lavoro. personalmente, guardo dalle 16 alle 20 partite a settimana... dimostra un signore: “Due minuti, faccio una telefonata e arrivo…”. Bene. Allora Gianluca partiamo da questa nuova sfida televisiva, Squadre da Incubo… “È stata un’avventura molto divertente. Abbiamo condiviso (Vialli insieme ad Amoruso, ndr) la nostra esperienza e conoscenza con alcune realtà del mondo dilettantistico che avevano bisogno di una mano. Ogni settimana abbiamo incontrato una squadra. Ci siamo divertiti. La partita è stato il test finale ma c’è stato anche un grande lavoro prima del match che credo abbia portato dei frutti”. Ormai sei un viso della TV. C’è chi ti

ha definito il Messi della TV… Tutti ti ascoltano, quando inizi a parlare… “(Ride, ndr). Non scherziamo… Mi ascoltano e si addormentano magari… Guarda, io lo considero un lavoro importante e cerco di farlo al meglio. Una volta, in TV, bastava mettere la faccia. Se eri un ex calciatore, era sufficiente la presenza in studio. Oggi non è così, almeno io parlo per Sky. Per noi è un vero e proprio lavoro. Io, personalmente, guardo dalle 16 alle 20 partite a settimana. Studio le squadre, i giocatori, i movimenti, così da essere pronto quando si accendono le telecamere. Certo, non c’è dubbio che il fatto di essere un ex giocatore sia di aiuto. Probabilmente ci viene più naturale capire certe dinamiche di gioco, ma devi fare anche altro. È una responsabilità importante parlare di calcio in Italia. Sky vuole farlo in maniera professionale, come è giusto che sia, almeno secondo me”.

MAI BANALE

Apprezzato per essere equilibrato ma decisamente ficcante...

Apriamo il libro dei ricordi. Il calcio, hai detto, è fatto di cicli. Mi parli della tua generazione? “Ottima domanda, mi piacerebbe avere più tempo per rifletterci sopra. Noi eravamo innamorati del nostro lavoro.

VOLTO DI SKY

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foto Sport Image

foto Agenzia Liverani

Dal 2002, Vialli è opinionista e testimonial della pay tv...

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Un po’ diverso rispetto alla generazione di oggi… “Certamente. Oggi, soprattutto i migliori giocatori, sono delle aziende. Hanno un brand da promuovere che è il proprio essere giocatore. Oggi un calciatore è sempre sotto i riflettori, c’è una copertura mediatica continua. Non sempre le esigenze del club vanno di pari passo con quelle del calciatore. Noi eravamo giudicati solo per i risultati sul campo, oggi non è sempre così. Non dico che fosse più dura ai miei tempi, solo che era tutto diverso”. AI TEMPI DELLA SAMP Indimenticabile il periodo blucerchiato con tante vittorie di prestigio

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Prima della finale di Champions con l’Ajax, non ho dormito per cinque notti... Un sollievo vincerla!!! Del periodo blucerchiato ho una curiosità: come hai trascorso la notte prima della finale con il Barcellona? “Ero turbato. Eravamo un gruppo con un pizzico di incoscienza ma sapevo anche che si stava per chiudere un ciclo importante, da parte mia, alla Sampdoria. Ricordo che ero preoccupato, ma non tanto per la partita, più per tutto il resto”. Qualche anno più tardi ti ricapita l’occasione di vincere la Champions League con la Juventus… Stesso tur-

bamento? “No, no, prima della finale con l’Ajax (vinta ai rigori dai bianconeri, ndr), non ho dormito per cinque notti. Ricordo che eravamo in ritiro alla Borghesiana, a Roma. Sapevo che sarebbe stata la mia ultima partita in bianconero. La Juventus mi aveva già comunicato che non mi avrebbe rinnovato il contratto. Non volevo sbagliare quella gara. Avevo paura che continuassero gli incubi notturni…”. Quali incubi? “Dopo aver perso la finale con la Samp, per tanto tempo ho sognato di rigiocare quella partita. Ogni volta mi svegliavo e, quando realizzavo che l’avevo già giocata e pure persa, ci restavo male. Vincere con la Juventus quel trofeo è stato un sollievo. Mi sono tolto un peso, anche se non completamente, visto che la sconfitta con la Sampdoria resta sempre presente nella mia mente”. Hai sperimentato la voglia di vincere della Juventus sulla tua pelle… Che sensazioni hai provato? “La Juve è una filosofia. Può piacere o

CHE CARRIERA INFINITA Di Fabrizio Ponciroli

Dalla Cremonese fino alla Premier League, Vialli non si è fatto mancare nulla

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ianluca Vialli “…si è fatto da solo, cavalcando una grande passione per il pallone”. Parole sue, di uno che ha vinto tutto in carriera, dando sempre il 100% e forse anche qualcosa di più. Originario di Cremona, muovi i primi passi nella squadra della sua città. A 16 anni, riccioluto, è già protagonista con la casacca dei grigiorossi. Resta a Cremona fino ai 20 anni, facendosi apprezzare in Serie B. Nel 1984 approda alla Sampdoria. È l’inizio di un grande amore. Fa il suo esordio nel massimo campionato italiano, ironia della sorte, proprio contro la Cremonese. Crea, insieme a Mancini, il duo denominato i Gemelli del Gol e fa incetta di titoli. Vince Coppa Italia (tre volte), Coppa delle Coppe, Supercoppa Italiana e porta, per la prima volta nella storia, lo Scudetto a Genova, sponda blucerchiata: “Merito di un gruppo che aveva preso coscienza del concetto di squadra, con grandi individualità ma sempre votato a giocare per i compagni”. Nel 1992 arriva ad un soffio dall’alzare la Coppa dei Campioni (0-1 con il Barcellona, rete di Koeman). L’estate del 1992 è quella del passaggio alla Juventus. Ovviamente, è protagonista assoluto anche in maglia bianconera. Coppa Uefa, Supercoppa Italiana, Scudetto ma, soprattutto, quella tanto agognata Champions League che gli era sfuggita quattro anni prima. Essendo capitano, è lui ad alzarla. Sa già che la sua avventura in bianconero è al capolinea. Va al Chelsea. Viene subito apprezzato e, con lui in campo (e pure nel doppio ruolo di allenatore/giocatore), i Blues brindano a diversi successi tra cui Coppa delle Coppe, Coppa di Lega, Charity Shield e Supercoppa Europea (all’inizio della stagione 1999/2000 appende le scarpette al chiodo ma resta al Chelsea, come allenatore). Nel settembre del 2000 il suo rapporto con il Chelsea si Si lega al colosso Sky di cui è, ancora oggi, uno dei talent più interrompe. Fa in tempo ad allenare, per una stagione, al Watford apprezzati, fosse per la sua grande personalità mostrata, sempre, prima di diventare un testimonial televisivo di primissimo livello. anche in campo… foto Image Sport

C’era un senso di appartenenza straordinario. Vivevi la squadra sempre in maniera diretta. Ti faccio un esempio per capire: noi andavamo a letto con il pigiama della Sampdoria e non per questioni di sponsor. Sentivamo di far parte di una missione. C’era il piacere di stare insieme e, visto che non c’erano cellulari o PC e nessun social network, eravamo obbligati a parlarci sempre in faccia. Noi avevamo degli obiettivi condivisi, quelli a livello individuale passano in secondo piano rispetto a quelli della squadra”.

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LA NUOVA SCOMMESSA TV Di Fabrizio Ponciroli

Squadre da Incubo con Vialli e Amoruso protagonisti assoluti

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foto Giacomo Biagi

foto Agenzia Liverani

i sono squadre allo sbando e senza speranza. Le salveranno Gianluca Vialli e Lorenzo Amoruso”, questo lo slogan di Squadre da Incubo, il nuovo format televisivo che punta molto sulla magnetica presenza di Vialli. Problemi di spogliatoio, disorganizzazione e strutture fatiscenti, sono questi alcuni delle situazioni, reali, che il duo Vialli-Amoruso dovrà affrontare e risolvere. Una vera e propria missione di salvataggio in cui Vialli rappresenta, con tanto di giacca e cravatta, la mente mentre Amoruso è una sorta di braccio armato, il classico sergente di ferro, in tuta e fischietto, pronto a tutto pur di rimettere in ordine le cose. “Stiamo parlando di un vero percorso di cambiamento di persone autentiche, tra momenti comici e drammatici”, ci spiega Vialli, decisamente soddisfatto di quanto messo in scena. Squadre da Incubo è in onda il giovedì su TV8. Sei puntate con protagoniste sei squadre dilettantistiche da rimettere in carreggiata. La nuova sfida di Vialli… Calcio 2OOO

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I GIGANTI DEL CALCIO / gianluca VIALLI LA PANCHINA INTERESSA ANCORA Mai dire mai, Vialli non esclude di tornare ad allenare

I GIGANTI DEL CALCIO / GIANLUCA VIALLI non piacere ma è qualcosa di unico. Per me è stato un privilegio far parte della storia di quella società. Non è una società perfetta ma ha un dna vincente. Quando indossi quella maglia, ne senti il peso”. Sollevata la Champions League, si va a Londra, come mai proprio Londra? “A dire il vero stavo per firmare con i Glasgow Rangers. L’allora tecnico del Chelsea Glenn Hoddle era stato chiaro. Cercava un attaccante più giovane rispetto al sottoscritto. Avevano già Mark Hughes. Poi, però, Hoddle è stato chiamato ad allenare la nazionale inglese. Ai Blues è arrivato Gullit che mi conosceva bene. Mi ha chiamato e io ho detto sì in un lampo”. Immagino felice di poterti trasferire a Londra… “Sì. Non volevo giocare in nessuna altra squadra italiana e avevo voglia di mettermi in gioco in un campionato, quello

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La Juve è una filosofia. Può piacere o non piacere ma è qualcosa di unico. Per me è stato un privilegio giocarci inglese, che mi attirava moltissimo. Mi affascinava anche l’idea di imparare una nuova lingua e di iniziare una nuova vita”. Di fatto, con questa scelta, sei stato un precursore… “Onestamente non era così immediato, a quei tempi, lasciare l’Italia e il cam-

pionato italiano. La legge Bosman era appena entrata in vigore. Diciamo che ci sono state tutte le condizioni favorevoli per il mio addio all’Italia. Sicuramente ha inciso anche il mio spirito avventuriero. Oggi è più normale vedere giocatori che lasciano il nostro Paese, prima era più complicato ma non credo di essere stato un precursore”. Ai giorni nostri si celebrano tanto gli attaccanti che si sacrificano. Come Eto’o ai tempi del Triplete. Mi pare che tu ti sei sacrificato tanto nel corso della tua carriera, o sbaglio? “Vero, l’ho fatto sia alla Juve che alla Sampdoria. E, ci tengo a sottolinearlo, non me lo chiedevano gli allenatori. Era una cosa che mi sentivo di fare e, a quel punto, ogni allenatore era ben contento che lo facessi. Non mi è mai piaciuto restare in area ad aspettare la palla buona. Mi sono sempre voluto sentire parte integrante della squadra, per questo davo sempre una mano anche in difesa. ORGOGLIOSO DEL BIANCONERO

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Felice di aver giocato e vinto con la Vecchia Signora

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I GIGANTI DEL CALCIO / GIANLUCA VIALLI

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LA CHAMPIONS CON LA JUVE

CLASSE E COMPETENZA

Un sollievo assoluto, un trionfo di cui andare fiero

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Insieme ad Ancelotti e Rossi nel suo ruolo da opinionista TV

E poi, odiando perdere, sono sempre stato convinto che chi corre tanto ha meno possibilità di perdere”. Mi scegli quattro giocatori, uno per ruolo, con cui hai giocato e che vorresti nella tua squadra ideale? “Eh, qui si fa dura. Allora, ho giocato con tanti grandi giocatori, non è semplice fare delle scelte. Ci proviamo. In porta direi Zenga, davvero un grandissimo portiere. In difesa ci metto Paolo Maldini, uno che sapeva fare tutto. A centrocampo, anche per la simpatia, ci piazzerei Cerezo, mio compagno alla Samp. In attacco, se no mi ammazza, non posso non dire Mancini. Sai la questione dei Gemelli del Gol…”. Una delle tante etichette che ti porti dietro da sempre… “Sì, come quella che racconta ‘…l’ultimo ad aver alzato la Champions League alla Juventus” o, ancora “…quello che ha sbagliato i gol nella finale di Wembley’. Guarda, le etichette fanno parte di questo mondo. Certo, vorrei sottolineare, a volte, che ho fatto anche altro ma le etichette ti permettono anche di essere ricordato”.

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Hai vinto tutto, eppure quello Scudetto con la Samp, più passano gli anni, è più acquista valore… “È stato un trionfo che resterà nella storia per sempre. Io e Mancini siamo finiti anche nella Hall of Fame. Sicuramente abbiamo fatto qualcosa che non è facilmente replicabile, ce ne rendiamo conto da diverso tempo”. Quale tua rete manderesti nello spa-

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Vincere lo Scudetto con la Samp è stato incredibile, qualcosa di storico. Io e Mancini siamo finiti anche nella Hall of Fame... zio come tuo biglietto da visita per gli alieni? “Questa è bella… Forse la rete in rovesciata con la Cremonese (ai tempi della Juventus, ndr). Così gli alieni vedrebbero di cosa siamo capaci noi umani (ride, ndr)”.

ne, insieme a Mauro. Si tratta di una responsabilità, di un dovere al quale tengo molto e che mi fa sentire meglio anche con me stesso. E poi penso a Berlusconi. Di fatto lo abbiamo conosciuto quando aveva 50 anni. Da lì in poi, in 30 anni, ha fatto tantissime cose con il Milan. Quindi, magari, sono anche io all’inizio, pronto a realizzare tantissimi progetti nei prossimi anni”. Che sia giunto il momento di acquistare un club? “No, no. Mi vedo più vice presidente, magari esecutivo, che può usare i soldi del patron a suo piacimento”. Straordinario. È finita, la fame ha avuto il sopravvento. Vialli, con un paio di dribbling di pregevole fattura, raggiunge l’uscio e scompare sotto la pioggia. Resta la convinzione di aver trascorso del tempo a colloquiare con una persona preparata, di quelle con cui è stimolante parlare di calcio.

Sappiamo della tua passione per il golf, altri sport che ti piace seguire? “Tutti, io sono malato di sport. Li guardo davvero tutti e mi emoziono quando vedo il vero talento. Il golf è l’unico che pratico ma li seguo tutti”. Un film in cui ti sarebbe piaciuto essere protagonista? “Il Redivivo, quello con Di Caprio. Davvero un gran bel film”. Tre obiettivi per i prossimi 10 anni? “Prendermi cura di mia moglie e delle mie figlie. Proseguire con la Fondazio-

Intervista di Fabrizio Ponciroli Calcio 2OOO

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SPECIALE STORIA

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COPPA DEI CAMPIONI / 1986-1987

di Gabriele PORRI

Il Porto fa l’impresa: Bayern superato grazie ad un certo Madjer…

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IL COLPO DI MADJER Con un capolavoro di tacco, regala la Coppa al Porto

IL TACCO DI ALLAH 74

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a Steaua, dopo la Coppa dei Campioni, vince a mani basse il campionato e nella stagione successiva ottiene il passaggio diretto al secondo turno, grazie all’assenza del Liverpool, squalificato dopo i fatti dell’Heysel. Senza la Nazione che ha dominato il decennio precedente, i favori del pronostico vanno soprattutto a tre squadre, già campioni in passato: Real Madrid, Bayern e Juventus. I bianconeri hanno visto la partenza di Giovanni Trapattoni per l’Inter e l’hanno rimpiazzato con Rino Marchesi, senza compiere grossi movimenti sul mercato, seguendo alla lettera il detto “Squadra che vince non si cambia”. Il Bayern ha gestito al meglio la perdita l’anno prima dell’ex pallone d’oro KarlHeinz Rummenigge e si trova una squadra di tutto rispetto, con un leader carismatico come Lothar Matthäus, in attacco c’è il fratello più giovane di Rummenigge, Michael, Wohlfart e Mathy. È quest’ultimo che con una doppietta trascina i suoi alla vittoria al Philips Stadion contro il PSV di Guus Hiddink, nello scontro più importante del primo turno. All’Olympiastadion i rossi controllano i tentativi di rimonta olandesi e bloccano il risultato sullo 0-0. La Juventus rifila undici reti ai malcapitati islandesi del Valur, sette a Torino e quattro a Reykjavík, con cinque gol di Brian Laudrup. Due sono le sorprese del primo turno, una solo parziale con lo Young Boys che a Berna sconfigge il Real 1-0, per poi essere travolto 5-0 dall’attacco madridista che presenta in squadra gente del calibro di Santillana, il giovane Butragueño, Hugo Sanchez e l’argentino Valdano, appena laureatosi campione del mondo proprio a Messico 86. Il Paris Saint-Germain invece, fresco vincitore del primo titolo di Francia, viene eliminato dai cecoslovacchi del Vitkovice, trascinato da Jiri Sourek. Per il resto, agli ottavi vanno le favorite e un solo scontro si decide per i gol in trasferta, quello che qualifica i ciprioti dell’Apoel Nicosia ai danni dell’HJK Helsinki. È lo stesso Apoel a creare il “caso” degli ottavi, rinunciando per motivi politici (l’occupazione turca di una parte di Cipro) a incontrare il Besiktas, che così passa direttamente ai quarti. C’è invece l’esordio dei detentori, che l’urna dell’UEFA accoppia all’Anderlecht, in cerca di rivincita dopo l’eliminazione dell’anno precedente. Senza Duckadam, coi noti problemi alle braccia, la squadra di Iordanescu resiste fino all’ultimo quarto d’ora, in cui i belgi riescono a mettere tre palloni alle spalle di Stingaciu, con due reti dell’australiano di origini croate Eddie Krncevic. Al ritorno, non basta Bӧlӧni e così i rumeni devono abdicare al trono d’Europa. L’urna beffarda mette di fronte due delle favorite, Real e Juventus. Al Bernabeu, solo

una grande prestazione di Tacconi limita la sconfitta, l’unico gol è di Butragueño al 21’. L’1-0 è risultato difficile da ribaltare, ma la Juve dà prova di esserci, con Cabrini che dopo soli 9’ batte Buyo. Nonostante ciò, non si va oltre l’1-0 che vuol dire supplementari, anch’essi senza reti. Dopo due rigori per parte il risultato è sull’1-1, la Juve manda un esperto come Manfredonia che sbaglia, seguito da Favero, Valdano e Juanito invece realizzano e il Real va ai quarti. Passa anche il Porto, che Artur Jorge ha messo insieme con talenti locali come Paulo Futre, “scarti” di altri campionati come Juary, ex Avellino e Inter, e giocatori “esotici” come l’algerino Rabah Madjer. Dopo avere seppellito di gol nel primo turno i maltesi del Rabat Ajax, i Dragoni perdono 1-0 a Vitkovice, riuscendo però in casa a ribaltare il punteggio dopo soli 25’, per ottenere nel finale il gol del 3-0 di Futre. La vera sorpresa sono gli esordienti danesi del Brøndby. La squadra del sobborgo di Copenaghen ha giocatori giovani, di cui si sentirà parlare negli anni a venire (su tutti il portiere Schmeichel, il centrocampista Vilfort di ritorno in patria dopo un anno al Lilla e il diciassettenne Brian Laudrup, fratello di Michael). Dopo l’eliminazione al primo turno della Honved Budapest, trascinati proprio da Kim Vilfort i gialli danesi sconfiggono la Dinamo di Berlino. Passano il turno anche la Dinamo Kiev di Blokhin e del Pallone d’Oro Igor Belanov, sul Celtic, la Stella Rossa e infine il Bayern, che può anche stavolta contare su un 2-0 dell’andata con l’Austria Vienna per pareggiare al ritorno. È la Dinamo Kiev a impressionare maggiormente nei quarti. Certo, il calcio turco dell’epoca non è tra i più evoluti e il Besiktas un avversario non irresistibile, ma il 7-0 totale a cui hanno contribuito Blochin, Belanov e la punta Evtushenko è eloquente: per la vittoria finale di questa edizione si dovrà tenere conto anche dell’undici del colonnello Lobanovsky. Se l’Anderlecht si è vendicato della Steaua, ora tocca al Bayern rivalersi sui belgi, per lo scontro dell’anno prima. Il Bayern non se lo fa dire due volte: all’andata a Monaco segnano Pflügler e Rummenigge, poi arriva il 3-0 di Dieter Hoeness a mettere le cose al sicuro, ma non basta perché nel finale ancora Hoeness e Wohlfarth portano il risultato a dimensioni quasi tennistiche. L’Anderlecht è spacciato, ma cerca almeno di salvare l’onore della vittoria parziale, che viene però negata da Matthäus nel finale: in totale è 7-2 per i bavaresi. Il Porto fatica oltremisura con il Brøndby, riuscendo a conquistare l’1-0 in casa con un gol di Rabah Madjer. I danesi pareggiano i conti con Steffensen al ritorno, e solo un gol di Juary, fino ad allora più famoso per la danza intorno alla bandierina dopo il gol, che per le sue prestazioni, porta i suoi in semifinale. Se c’è una cosa che negli anni ’80 è sempre riuscita al Real Madrid sono le rimonte in casa: ricordiamo quelle con l’In-

ter in Coppa UEFA proprio nelle due stagioni precedenti, ma anche con Rijeka e Anderlecht (0-3 fuori, 6-1 in casa). Per questo la sconfitta 4-2 a Belgrado non allarma più di tanto i Blancos, specialmente dopo essere stati sotto 3-0 e 4-1. Al ritorno il Real fa il minimo indispensabile e con le reti Butragueño e Michel la semifinale è assicurata. Qui i madridisti trovano il Bayern, nella semifinale “nobile” rispetto a Dinamo KievPorto. Anche stavolta arriva una batosta fuori casa, un 4-1 che può essere letale specie per la forza dell’avversario. Segna Augenthaler, raddoppia Matthäus su rigore e segna Wohlfarth. Gli spagnoli, nervosi, perdono per espulsione Juanito e, dopo il gol di Butragueño a inizio ripresa prendono il 4-1, ancora un rigore di Matthäus per un mani di Mino, in seguito espulso. Capitan Santillana trova il gol dopo 27’ al ritorno, in una partita iniziata in ritardo per lancio di oggetti verso Pfaff, portiere belga del Bayern, con l’intento di intimidirlo. Stavolta la corrida non funziona, nemmeno l’espulsione di Augenthaler per fallo su Sanchez cambia le cose. Non arrivano altri gol, arriva solo il fischio finale, col Real sotto inchiesta per gli incidenti al Bernabeu. Le assenze non fermano invece il Porto, che si avvale del talento di Futre, il quale inventa il gol dell’1-0 sulla Dinamo Kiev. Raddoppia André su rigore, accorcia Yakovenko nel finale e la qualificazione è ancora in bilico, ma ci rimane solo 10’, con il Porto che al ritorno segna due gol con Celso e Fernando Gomes in questo lasso di tempo. Accorcia Mikhajlicenko, ma i tre gol che servono alla Dinamo non arrivano: la finale di Vienna sarà BayernPorto. I tedeschi sono favoritissimi, ma non sono mancate le sorprese negli ultimi anni, si pensi alle vittorie di squadre come Nottingham, Amburgo e Aston Villa, la partita secca attenua un po’ le distanze. Certo, il Bayern sembra essere due spanne sopra gli avversari e quando Kӧgl in tuffo di testa batte Mlynarczyk fuori dai pali, la partita sembra segnata. Ci sono assenze da ambo le parti, ma nessuna sembra essere decisiva. Si va all’intervallo sull’1-0, quando Artur Jorge azzarda la punta Juary al posto del centrocampista Quim. Con il nuovo assetto il Porto domina, ma deve attendere il 77’ per l’1-1. Palla in verticale per Juary, che la mette in mezzo superando Pfaff, Madjer si trova spalle alla porta e di tacco insacca eludendo l’intervento di Winklhofer. Supplementari? Nemmeno per idea, dopo tre minuti si invertono i ruoli ed è il “Tacco di Allah” da sinistra a metterla in mezzo per l’accorrente Juary, che segna il 2-1. Il brasiliano non fa più la danza della bandierina, ma il Bayern è ugualmente mandato all’inferno. Con João Pinto che alza la coppa, 25 anni dopo l’ultimo successo del calcio portoghese in Coppa Campioni, c’è un nuovo campione e si scopre che la competizione, senza le inglesi, è più equilibrata. Calcio 2OOO

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SEMIFINALE 1

SEMIFINALE 2

FINALE

BAYERN MONACO-REAL MADRID 4-1 (3-1)

PORTO-DINAMO KIEV 2-1 (0-0)

PORTO-BAYERN MONACO 2-1 (0-1)

Mercoledì 8 aprile 1987, ore 21:30 PORTO (Stadio "Das Antas") Arbitro: Johannes KEIZER (NED) Spettatori: 76.000

Mercoledì 27 maggio 1987, ore 20:15 VIENNA (Stadio "Prater") Arbitro: Alexis PONNET (BEL) Spettatori: 57.500

BAYERN MONACO: Jean Marie PFAFF, Norbert NACHTWEIH, Hans PFLÜGLER, Norbert EDER, Klaus AUGENTHALER (cap.), Andreas BREHME, Roland WOHLFARTH, Lothar MATTHÄUS, Dieter HOENESS, Michael RUMMENIGGE [69' Lars LUNDE], Hans DORFNER Commissario tecnico: Udo LATTEK.

PORTO: Jozef MLYNARCZYK, JOÃO PINTO, EDUARDO LUIS, Antonio José LIMA PEREIRA, CELSO, VERMELHINHO, JAIME MAGALHÃES [82' Rabah MADJER], Antonio SOUSA [46' JUARY], FERNANDO GOMES (cap.), Paulo FUTRE, Antonio ANDRÉ Commissario tecnico: ARTUR JORGE.

PORTO: Jozef MLYNARCZYK, JOÃO PINTO (cap.), INACIO [66' Antonio Manuel FRASCO], EDUARDO LUIS, CELSO, QUIM [46' JUARY], JAIME MAGALHÃES, Rabah MADJER, Antonio SOUSA, Paulo FUTRE, Antonio ANDRÉ Commissario tecnico: ARTUR JORGE.

REAL MADRID: Francisco BUYO, CHENDO, José Antonio CAMACHO, MINO, Manuel SANCHIS, Rafael GORDILLO, Emilio BUTRAGUEÑO [89' Miguel PARDEZA], MICHEL, SANTILLANA (cap.) [72' Jesus Angel SOLANA], Ricardo GALLEGO, JUANITO Commissario tecnico: Leo BEENHAKKER.

GARA DI ANDATA

Mercoledì 8 aprile 1987, ore 20:15 MONACO (Stadio "Olympia") Arbitro: Robert VALENTINE (SCO) Spettatori: 74.000

DINAMO KIEV: Viktor CHANOV, Alexej MIKHAILICHENKO, Sergei BALTACHA, Oleg KUZNETZOV, Anatoly DEMIANENKO (cap.), Vasily RATS, Pavel YAKOVENKO, Andrei BAL, Alexandre ZAVAROV, Igor BELANOV [85' Vasili EVSEEV], Oleg BLOKHIN [74' Oleg MOROZOV] Commissario tecnico: Valery LOBANOVSKYI.

Reti: 11' Klaus AUGENTHALER, 30' rigore Lothar MATTHÄUS, 37' Roland WOHLFARTH, 44' Emilio BUTRAGUEÑO, 51' rigore Lothar MATTHÄUS. Ammoniti: 30' SANTILLANA, 38' Lothar MATTHÄUS, 59' Ricardo GALLEGO, 64' MINO. Espulsi: 39' JUANITO, 72' MINO per doppia ammonizione.

Reti: 49' Paulo FUTRE, 57' rigore Antonio ANDRÉ, 73' Pavel YAKOVENKO. Ammoniti: 15' Andrei BAL, 43' Viktor CHANOV, 49' Paulo FUTRE. Espulso: 53' Andrei BAL per doppia ammonizione.

REAL MADRID-BAYERN MONACO 1-0 (1-0)

DINAMO KIEV-PORTO 1-2 (1-2)

Mercoledì 22 aprile 1987, ore 19 KIEV (Stadio "Zentralny") Arbitro: Ronald BRIDGES (WAL) Spettatori: 100.067

REAL MADRID: Francisco BUYO, CHENDO, José Antonio CAMACHO, Rafael MARTIN VAZQUEZ [59' Miguel PARDEZA], Manuel SANCHIS, Rafael GORDILLO, Emilio BUTRAGUEÑO, MICHEL, Hugo SANCHEZ, Ricardo GALLEGO, SANTILLANA (cap.) Commissario tecnico: Leo BEENHAKKER.

DINAMO KIEV: Viktor CHANOV, Vladimir BESSONOV, Sergei BALTACHA [41' Vladimir GORILY], Oleg KUZNETZOV, Anatoly DEMIANENKO (cap.), Vasily RATS, Pavel YAKOVENKO, Alexej MIKHAILICHENKO, Alexandre ZAVAROV, Igor BELANOV [70' Vadim EVTUSHENKO], Oleg BLOKHIN Commissario tecnico: Valery LOBANOVSKYI.

BAYERN MONACO: Jean Marie PFAFF, Norbert NACHTWEIH, Hans PFLÜGLER, Norbert EDER, Klaus AUGENTHALER (cap.), Andreas BREHME, Roland WOHLFARTH, Helmut WINKLHOFER, Dieter HOENESS, Ludwig KÖGL, Lars LUNDE Commissario tecnico: Udo LATTEK. Rete: 27' SANTILLANA. Ammonito: 30' Hugo SANCHEZ. Espulso: 30' Klaus AUGENTHALER.

GARA DI RITORNO

Mercoledì 22 aprile 1987, ore 21 MADRID (Stadio "Santiago Bernabeu") Arbitro: Michel VAUTROT (FRA) Spettatori: 80.000

BAYERN MONACO: Jean Marie PFAFF, Helmut WINKLHOFER, Hans PFLÜGLER, Norbert EDER, Norbert NACHTWEIH, Andreas BREHME, Hans Dieter FLICK [82' Lars LUNDE], Lothar MATTHÄUS (cap.), Dieter HOENESS, Michael RUMMENIGGE, Ludwig KÖGL Commissario tecnico: Udo LATTEK. Reti: 25' Ludwig KÖGL, 77' Rabah MADJER, 80' JUARY. Ammoniti: 35' JAIME MAGALHÃES, 62' CELSO, 65' Helmut WINKLHOFER, 71' Antonio SOUSA.

PORTO: Jozef MLYNARCZYK, JOÃO PINTO, EDUARDO LUIS, Antonio José LIMA PEREIRA, CELSO, QUIM, JAIME MAGALHÃES, Rabah MADJER [63' Antonio Manuel FRASCO], FERNANDO GOMES (cap.), Paulo FUTRE [83' JUARY], Antonio ANDRÉ Commissario tecnico: ARTUR JORGE. foto Agenzia Liverani

Reti: 3' CELSO, 9' FERNANDO GOMES, 12' Alexej MIKHAILICHENKO.

Juary Jorge dos Santos Filho

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Karl-Heinz Rummenigge

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Calcio 2OOO

foto Agenzia Liverani

GARA DI RITORNO

GARA DI ANDATA

COPPA DEI CAMPIONI / 1986-1987

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Arrigo SACCHI

N

di Francesco SCABAR

IL RIVOLUZIONARIO

foto Agenzia Liverani

Sacchi ha cambiato il calcio, in Italia e nel mondo

ARRIGO, NON è UNO SCHERZO Il primo di aprile, del 1946, nasce Arrigo Sacchi, l’uomo che ha cambiato il calcio… 78

Calcio 2OOO

on può essere un semplice scherzo del destino il fatto che Arrigo Sacchi, il tecnico che più in assoluto ha giocato un’autentica burla alle consuetudini e alle tradizioni del calcio italiano fino a stravolgerlo, sia nato il primo di aprile, il giorno del famoso pesce. E non è un caso che uno dei tecnici più rivoluzionari mai apparsi nella storia del calcio, sia originario della Romagna, in assoluto la regione più passionale e controcorrente del nostro paese. Sulla discussa figura di Arrigo Sacchi si è detto e scritto molto, soprattutto sul suo fantastico Milan, ma pochi sanno come un modesto rappresentante di scarpe sia riuscito ad arrivare nell’empireo del calcio fino a sconvolgerlo per sempre. Ravennate classe 1946, da adolescente “Arrighe” è un grande tifoso della Grande Inter di Helenio Herrera, la squadra che ha nobilitato in Europa il Catenaccio a suon di successi. Una sorta di piacevole contrappasso per un allenatore che con il suo Milan a suon di reparti corti, ripartenze e pressing scardinerà completamente questo storico modo di giocare. Sono proprio negli anni di successo di Suarez e compagni che la vita di Arrigo Sacchi incomincia lentamente a cambiare. Compiuti i diciannove anni infatti Sacchi abbandona sia la scuola, due mesi prima di ritirare il diploma di ragioniere, sia l’attività di calciatore (Arrigo ha giocato da terzino nel Fusignano, la squadra del suo paese e nel Baracca Lugo con il grande Pivatelli allenatore) e si mette a lavorare nella ditta di scarpe di papà Augusto, modesto ex calciatore con un passato nella Spal. Per un po’ di tempo Arrigo dimentica il calcio finché nel 1972 decide, quasi per caso, di fare l’allenatore e accetta di guidare il suo Fusignano in giacca e cravatta in quanto afflitto da sciatalgia! Arrigo dimostra subito di che pasta è fatto: i suoi ragazzi centrano la promozione dalla Seconda alla Prima Categoria e giocano così bene che, nel corso dell’annata, gli spettatori nel piccolo catino di Fusignano aumentano da quaranta a circa trecentocinquanta! Infatti, il modello cui s’ispira fin da subito l’Arrigo è l’Ajax del profeta Johann Crujiff e il suo calcio “totale”.

Sacchi, a causa del suo ruolo di rappresentante, deve viaggiare per tutta l’Europa ed è anche per questo motivo che la sua mente assimila una quantità impressionante di informazioni e concetti calcistici letteralmente incompatibili con la classica concezione calcistica all’italiana. In principio come detto c’è l’Ajax, il suo concetto di totalità calcistica, interscambiabilità di ruoli e gioco a tutto campo, ma altre sono le squadre che in questo periodo colpiscono la sua mente perspicace. Una è il Saint Etienne della “sfinge” Herbin, squadra che giocava con i reparti stretti e cortissimi e con un rivoluzionario 4-4-2, l’altra, più famosa è il Liverpool di Paisley, club che monopolizza il calcio europeo nella seconda metà degli Anni Settanta con il cosiddetto pass and move, cioè una riedizione più fisica, essenziale e verticale del gioco olandese. Queste tre squadre possono essere considerate le tre compagini che più hanno influenzato la concezione calcistica di Arrigo Sacchi quando sarà il “guru” del calcio italiano. Nel frattempo la carriera di allenatore di Arrigo Sacchi avanza lentamente ma inesorabilmente: nel 1976/77 allena l’Alfonsine, squadra del ravennate che gioca in un catino in terra battuta soprannominato Maracanà, dove Sacchi percepisce la prima paga come allenatore. Nell’estate 1978 Arrigo passa al Bellaria e qui decide che da grande vuole fare l’allenatore perché partecipa al supercorso di Coverciano che dura un’intera stagione. Al Supercorso Arrigo ha come compagni di avventura gente come Aldo Agroppi e soprattutto Zdenek Zeman, che ricordano Sacchi come uno dei corsisti più introversi, maniacalmente incollato davanti a libri e appunti delle lezioni come il più classico dei secchioni. Stagione 1979/80, fresco di diploma a Coverciano, Arrigo diventa tecnico delle giovanili di Cesena, club di Serie B con ambizioni di promozione, cosa che avverrà l’anno dopo con Bagnoli in panchina; nel 1981/82 la Primavera allenata da Sacchi conquista lo scudetto di categoria con un certo Sebastiano Rossi in porta. Nel 1982/83 e nel 1984/85 Arrigo allena il Rimini dove centra due ottimi quarti posti in terza serie, la cosa che va evidenziata è che in tutto lo stivale, dalla A alla C,

solo tre erano gli allenatori che giocavano con la “zona”: Nils Liedholm con la Roma, Giovanni Galeone con la Spal e Arrigo Sacchi con il Rimini. In mezzo all’avventura riminese Sacchi allena per una stagione (1893/84) la Primavera della Fiorentina, società dove opera il suo mentore Italo Allodi. È proprio l’ex direttore sportivo della Grande Inter a suggerire ad Arrigo il Parma, squadra ambiziosa con progetti importanti. Al termine della stagione 1985/86 i ducali stravincono il campionato di Serie C, poi l’anno dopo arrivano settimi in classifica ma soprattutto, eliminano il Milan di Liedholm agli ottavi di Coppa Italia sbancando San Siro con una rete di Bortolazzi (anche nel gironcino di qualificazione i parmigiani avevano maramaldeggiato il Meazza col medesimo punteggio). Il neo presidente Berlusconi rimane letteralmente folgorato da quella sconosciuta squadra di provincia, ciò che colpiva soprattutto di quel Parma era la sua voglia di imporre il gioco ovunque, anche in un tempio del calcio come San Siro e pensare che in campionato quel Parma non era riuscito a vincere nemmeno una partita in trasferta! Estate 1987, Arrigo Sacchi diventa il nuovo allenatore del Milan, tra la curiosità e il sarcasmo di molti addetti ai lavori. A Milanello infatti sembra che sia sbarcato un alieno: i giocatori rossoneri rigano dritti come soldatini con l’Arrigo che dall’alto della collinetta urla indicazioni con il megafono in un clima quasi da naia, dove si era visto prima una roba del genere!? I primi mesi non sono granché: la squadra è imballata, i giocatori non sembrano convinti di questo maniaco dagli occhi spiritati che mette negli allenamenti in riga i difensori legandoli come salami. La società però appoggia incondizionatamente il proprio tecnico e Arrigo ha il grande pregio di venire incontro ai propri giocatori: decide di togliere il pupillo Bortolazzi dalla cabina di regia e di affidare le chiavi del gioco a Carletto Ancelotti, affiancato dai polmoni di Angelo Colombo: nasce così il 4-4-2 sacchiano che permette ai rossoneri di scalare la classifica fino a sorpassare il Napoli di Maradona (non senza polemiche e veleni) in un finale mozzafiato, tutto quello che verrà dopo è leggenda! Calcio 2OOO

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DOVE SONO FINITI SEMPRE DI CORSA Maspero non si è mai risparmiato in campo...

Riccardo MASPERO

IL TALENTO DI MR. RICKY foto Agenzia Liverani

Fantasista, mago delle punizioni, Maspero si divide tra il rettangolo verde e la fabbrica. Però non gli parlate della “buca” sul rigore di Salas... di Stefano BORGI

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a qual è il problema? Che non si cura più la tecnica, non si guarda più al talento. Il muro, la palla col filo, sono esercizi ormai dimenticati. E il settore giovanile poi? Anche quello, non esiste più. Nelle primavere ci sono tanti, troppi giocatori che provengono da squadre straniere. Ma dove vogliamo andare?” - Riccardo Maspero si sfoga, senza mandarle a dire. E rincara la dose... -“Io ci stavo ad ore, mi creda. Certo il talento non mi mancava, e per le punizioni (il pezzo forte del repertorio di Ricky, ndr.) avevo l'esempio di Platini e Maradona. Ma senza allenamento non si fa niente. La mia fortuna è stato Luciano Cesini, allenatore delle giovanili della Cremonese, che mi ha insegnato il sacrificio, la gioia di stare sul campo. Oggi, purtroppo, non è più così...” Ricky Maspero, era meglio il calcio di un tempo? “A livello tecnico certamente. Basta guardare i giocatori che c'erano. Fisicamente no, oggi i calciatori sono più completi. Forse anch'io, con un lavoro fisico diverso, sarei stato un calciatore migliore. O forse avrei perso qualcosa in altri aspetti, chi lo sa... Comunque nessun rimpianto, anche se un tempo la concorrenza era dura”.

foto Agenzia Liverani

Si riferisce alla Nazionale? “Le faccio questi nomi: Baggio, Mancini e Zola... Faccia un po' lei. Mi sono dovuto accontentare di due presenze nell'Under 21”.

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Riccardo Maspero nasce a Lodi il 19 febbraio 1970. A soli 46 anni sembra già appartenere ad un'altra generazione: fantasista, trequartista, il classico numero 10. Un ruolo affascinante, allo Calcio 2OOO

stesso tempo scomodo... “È vero, il numero 10 era visto spesso come quello che non si sacrifica, che non aiuta la squadra. Se è bravo bene, sennò diventa un peso. Io però non sono d'accordo. Anzi, da allenatore chiedo poco sacrificio agli attaccanti: quando sono sotto porta e vengono chiamati in causa, loro devono fare gol. Se ci arrivano stanchi, è ovvio che possono sbagliare. Mi spiace, ma io la vedo così...” Si dice che lei da giovane fosse un carattere esuberante... “Né più né meno di tanti altri. Il cortile di casa era un campo di calcio, il campo vicino era uno stadio... ogni momento era buono per scendere a giocare con gli amici. E poi a 17 anni esordisco in prima squadra a Cremona, un giovane che aveva coronato il sogno della sua vita... lei capisce. Diciamo che ero un ragazzo al quale piaceva divertirsi, tutto qua”. Fine anni '80, lei cresce nel vivaio della Cremonese. Anche quello era un altro calcio... “Assolutamente sì. Cremona viveva sui giovani, la risorsa principale era il settore giovanile. Il presidente Luzzara aveva costruito una struttura dove c'era la voglia di far crescere i ragazzi, di portare gli esordienti alla Primavera. Poi due o tre, ogni anno, arrivavano alla prima squadra. Oltre ai mostri sacri Vialli, Lombardo e Chiorri, c'erano i vari Turci, Bonomi, Favalli e Marcolin. Il mix che ne veniva fuori, con i vecchi Montorfano, Piccioni e Garzilli, era vincente. Anche se il vero fenomeno era un altro...” Prego? “Erminio Favalli, il direttore sportivo che ha costruito tutti noi. Luzzara non sapeva niente di calcio, si fidava di Erminio Fa-

Oggi il calcio è cambiato, non si insegna più la tecnica. Anche i settori giovanili... non esistono più valli. Loro due erano fantastici, insieme facevamo una famiglia. E non le dico del vice-presidente Migliori. Lui aveva un salumificio, ogni martedì sceglieva il migliore in campo e portava un salume come premio. Ovviamente lo mangiavamo tutti insieme, così per fare gruppo. Il bello è che non avevamo un campo tutto nostro, un centro sportivo. Pensi al paradosso: al tempo non avevamo le strutture ma avevamo la categoria, la Serie A. Oggi c'è il bellissimo centro Giovanni Arvedi e la Cremonese è in Lega Pro. Non le sembra strano?” Sette anni in Serie A, tra l'84 ed il '96, una coppa Anglo-Italiana. Poi però se ne va un anno alla Sampdoria... “Successe tutto durante una tournée nella quale ero in prova. Dovevano prendere Andrea Tentoni, Eriksson e Mancini scelsero me. Firmai un quadriennale, quell'anno feci 8 gol e giocai la semifinale di Coppa delle Coppe contro l'Arsenal. Il problema fu la legge Bosman: a Genova arrivarono centrocampisti del calibro di Karembeu e Seedorf. Io avevo 25 anni, ero nel pieno della mia carriera, avrei Calcio 2OOO

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DOVE SONO FINITI

La Cremonese di Luzzara era una famiglia. Il vice-presidente Migliori, ogni martedì, ci premiava con un salume avuto poco spazio. Non me la sentivo di rischiare...”. Quindi? “Me ne tornai a Cremona, da Gigi Simoni. Mi lasci spendere una parola per Simoni: persona splendida, fondamentale per la mia carriera. Gigi voleva portarmi anche all'Inter, quando c'era Ronaldo... non so se mi spiego. E poi a Napoli, qualche anno dopo. Purtroppo non se ne fece di niente”. Per assurdo, i due anni alla Cremonese dal '95 al '97 furono i peggiori... “Eh già. Due retrocessioni consecutive che ho pagato duramente. Nessuno più

Riccardo MASPERO

credeva in me, ero lì a metà... Da Lecce andai a Vicenza con Guidolin, che faceva le coppe. Faticai ad inserirmi, davanti avevo Luiso ed Otero, Di Napoli, Ambrosetti e Schenardi. A centrocampo Baronio ed Ambrosini... un grande gruppo. E poi ero in prestito. Tornai a Lecce dove non rimasi perché volevo la categoria. Allora andai a Perugia dove trovai Nakata. Anche lì poco spazio. Insomma, per tirarmi fuori ci volle ancora una volta Simoni che mi portò a Torino”. E finalmente arriviamo al rigore di Salas... “Stavo in pensiero! (Maspero scherza... ma neanche troppo, ndr.) A tutti quelli che mi parlano di quell'episodio dico: ricordatevi però anche delle oltre 400 presenze nel calcio professionistico. Oltre quel rigore, c'è di più”. Facciamo un riassunto delle puntate precedenti... “Derby Juve-Toro del 14 ottobre 2001. Negli ultimi minuti, sul risultato di 3-3, l'arbitro assegna un rigore alla Juventus. Approfittando della confusione scavo una buchetta sul dischetto, così da rendere più difficoltosa la battuta. Tra tutti se ne accorse solo Tacchinardi, che però non riuscì a rimediare. Alla fine calcia Salas... pallone alle stelle. Comunque in quella partita feci anche altro, ad esempio po-

chi minuti prima avevo realizzato il gol del pareggio. Da 0-3 a 3-3... non male mi sembra”. Niente altro da dichiarare? “Che non me ne pento assolutamente. Che il calcio è fatto anche di furbizia. Molti mi chiedono se fu un gesto antisportivo... non credo proprio! E allora le simulazioni? Chi prende un avversario per la maglia? Io finché non offendo, finché non faccio male a nessuno sono a posto. E poi c'è un arbitro che decide”.

BENISSIMO IN GRANATA Maspero ha lasciato il segno con la maglia del Torino

Insomma, nessuno gliel'ha mai rinfacciato... “Un po' Tacchinardi, ma solo perché abitava a Crema e lo incrociavo spesso. Anzi le racconto un aneddoto: la sera dopo ero a casa di Pessotto, le mogli sono amiche. Mi chiama il “Processo del Lunedì” e uscii in giardino a fare il collegamento. Questo per far capire che certe cose nascono e muoiono lì. È più una montatura mediatica che altro...”

Il Maspero migliore è stato a Cremona e con la Sampdoria. A Genova segnai 8 gol e giocai la semifinale di coppa contro l'Arsenal

Bilancio dell'esperienza granata? “Ottimo periodo, ma non il migliore. Il Maspero migliore è stato a Cremona e poi l'anno alla Sampdoria. Nel toro, oltre a Simoni, ricordo Camolese. C'era un gruppo valido, forte, una grande piazza...” Nel 2002 l'ultima tra i professionisti,

SODDISFAZIONI A CREMONA Ha giocato in tante squadre, anche alla Cremonese...

con la Florentia Viola... “Sei mesi in C2, poi un anno in Serie B. Ricordo che i Della Valle erano molto motivati, ci dicevano spesso che volevano arrivare tra le prime quattro d'Europa. Volevano diventare come il Manchester. E ci sono quasi riusciti... Oggi invece tengono la squadra tra le prime sei o sette, senza fare spese folli.” Com'è il Maspero di oggi? “Uno che vuol continuare a stare sul campo. La mia vita è il calcio, faccio il commentatore del campionato Primavera per Sportitalia, la stagione scorsa ho allenato a Mantova ma non è andata bene. Vediamo quello che viene. Allo stesso tempo dico che nella vita bisogna saper far di tutto...”. Si spieghi meglio “Che nel tempo che ho a disposizione se82

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guo l'azienda di mia moglie, a Bergamo. Produciamo sollevatori per moto e motociclo. In più ho tirato su un'attività tutta mia: metto a punto linee vita anticaduta per la sicurezza sui tetti”. Magari manda anche il muletto... “Certo, che problema c'è? A volte vado anche a lavorare con gli operai, col camioncino. Sto con i miei dipendenti, vivo con loro, è la cosa migliore. Ovviamente parliamo spesso di calcio...”. Insomma, Maspero non gioca più... “Prima giocavo, anche per beneficenza, poi ho smesso. Oggi gioco tanto a tennis, lì ci do dentro alla grande. E poi gliel'ho detto... lavoro in fabbrica”. Ricky Maspero, da Vialli e le punizioni alla Maradona... al muletto e la vita con gli operai. Anche per questo ci vuole talento. Calcio 2OOO

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LIGA SPAGNA

di Paolo BARDELLI

L'ARMA DI SIMEONE

foto Agenzia Liverani

Con il bomber francese, tutto è più semplice

TUTTI PAZZI PER IL BELL'ANTOINE Griezmann, da talento incompreso ad arma letale

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essi e Cristiano Ronaldo, Cristiano Ronaldo e Messi, a decidere i tempi dello show in Spagna sono sempre i soliti due soliti attori a farla da padrone sul red carpet della Liga, un duello eterno, negli ultimi undici anni sono stati loro a spartirsi i campionati. Con una sola eccezione. Eh sì, perché un terzo incomodo c'è e il premio come miglior attore non protagonista è dell'Atletico Madrid. Per competere con le due corazzate sono serviti grandi attaccanti nel corso degli anni, si pensi a Diego Forlán, capocannoniere nel 2009, 84

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a Radamel Falcao o a Diego Costa. Giocatori meno mediatici del duo alieno, ma calciatori di sostanza. Mentre Real Madrid e Barça possono affidarsi ai propri campioni da ormai diverse stagioni, i Colchoneros sono obbligati a vendere ciclicamente i pezzi migliori e questo complica le cose per il Cholo, bilancio e risultati vanno difficilmente a braccetto, ma al Vicente Calderón sembrano aver trovato la giusta ricetta. Simeone, da quando ha preso posto in panchina al posto di Manzano a fine 2011, ha cercato elementi che potessero offrire, sì qualità, ma prima di tutto

abnegazione e adesione alla causa, più una missione che un progetto tecnico, la dimensione umana al pari di quella tecnica. Il carattere si forma soprattutto attraverso le difficoltà e un ragazzo nato 25 anni fa nella piccola Mâcon ne sa qualcosa. Bravo, ma troppo magrolino: Antoine Griezmann ha passato i primi anni calcistici prendendo porte in faccia, cresce nel club locale, l'UF Mâconnais, dove viene allenato da suo padre ma il salto verso il professionismo non arriva. Anche la sua squadra del cuore, l'Olympique Lione, gli sbatte la porta in faccia, il ragazzo però è tosto. Antoine

le prova tutte e, durante un provino con il Montpellier, la Real Sociedad si accorge di lui e gli propone di trasferirsi in Spagna. A far scoccare la scintilla è un'amichevole con il Paris Saint-Germain e in molti drizzano le antenne, non solo i baschi. Ha appena 14 anni e una vita divisa tra tue nazioni, considerato che il ragazzo studia - svogliatamente - a Bayonne, in Francia, e si allena a San Sebastian, cinquanta chilometri circa di distanza. I suoi genitori sono perplessi circa questo trasferimento, ma la mossa è giusta e dopo quattro anni arrivano i frutti. Esordisce in prima squadra agli ordini di Lasarte nell'estate 2009 e gli basta il precampionato per convincere, con cinque gol in quattro presenze, il 2 settembre la prima ufficiale in Copa del Rey contro il Rayo. Quattro giorni dopo, Antoine rompe il ghiaccio anche in campionato. È un'ascesa inarrestabile, la sua prima stagione tra i grandi è un successo e aiuta la Real Sociedad a tornare nella massima divisione. Il primo contratto da

professionista è un premio meritato, non solo per il talento ma anche per l'ostinazione con la quale Griezmann ha cercato il successo, clausola rescissoria da ben 30 milioni per blindare il talento che piace a tante squadre, tra le quali - toh, guarda - c'è pure il Lione. Caro OL, niente da fare, il futuro di Griezmann parla spagnolo. Antoine è come la musica pop contemporanea, figlia di influenze da varie parti del mondo, il suo calcio è francese, il tocco di palla è di paternità iberica, così come è spagnolo uno dei suoi modelli, David Villa, tuttavia l'attaccante dichiara di ispirarsi anche a David Beckham. Griezmann ha un passo certamente maggiore rispetto a quello del vecchio Becks, le sue caratteristiche sono perfette per una squadra che gioca di rimessa, ma comunque ad accomunare i due c'è la maglia numero 7. Numero perfetto per un talento "dalle spalle strette", prendendo in prestito le parole di De Gregori. La Real Sociedad tra beneficio dall'estro di Antoine, i gol arrivano con continuità, particolarmente gustoso uno realizzato in rovesciata contro il "suo" Lione nei preliminari di Champions League, altrettanto spettacolare il modo in cui ha deciso il derby basco con il Bilbao nel 2014. Colpi da videogioco, cresta bionda, qualche atteggiamento da bad boy. Nel 2012, ai tempi dell'Under 21, fece una scappatella in un night club durante l'Europeo in compagnia di M'Vila, Niang e altri, bravata compiuta poco prima di un incontro decisivo. Il ragazzo esce dal fattaccio ancora più maturo, facendo un po' di pulizia nel suo entourage e cambiando agente. Con la maglia della Real Sociedad Griezmann fa tutto il possibile e oltre, portando la squadra in Champions League e realizzando ben 52 reti in 201 incontri, grandi numeri per uno che vera punta non è. Arrivato fin qui, il giocatore deve puntare una nuova sfida, ci pensa Simeone a dargliela con un contratto di sei anni e un ruolo da terminale offensivo. Investitura importante per un calciatore di 23 anni, ma il Cholo, come abbiamo detto, pesa accuratamente i nuovi innesti e sa che il francese è l'uomo adatto per lui. L'anno scorso ha spaccato le porte, con movimenti e gol da attaccante vero, è lui il vero punto di riferimento in avanti, tanto da influenzare pesantemente le scelte in sede di mercato. Mandzukic e Jackson Martinez mancano di dinamismo, il pri-

LA PAURA AL BATACLAN Griezmann era impegnato allo Stade de France…

È vivo il ricordo degli eventi dello scorso 13 novembre, quando un gruppo di terroristi è entrato nel locale parigino Bataclan uccidendo 93 persone, una serata che sicuramente Griezmann non dimenticherà mai. L'attaccante stava giocando con la nazionale allo Stade de France, luogo del secondo attentato terroristico, per il calciatore nessun problema ma è stata grande la paura per Maud, sorella alla quale Antoine è molto legato. Lei si trovava proprio al Bataclan per assistere al concerto degli Eagles of Death Metal, a dichiararlo è stato il giocatore dell'Atletico, Maud comunque è riuscita a scappare dal locale. Non ha avuto la stessa fortuna Asta Diakite, cugina di Lass Diarra, altro nazionale francese. mo lascia l'estate scorsa mentre il colombiano è volato via poche settimane fa, al francese piace un compagno con il quale dialogare e in tal senso viene buona la collaborazione di Fernando Torres. La Francia di Deschamps può contare su di lui, le intemperanze giovanili sono archiviate, il mondiale 2014 è un banco di prova ma il momento della verità sarà quest'estate agli Europei. Lui affronta la sfida con maturità (le ultime acconciature sono certamente più sobrie), ma conservando un pizzico di follia. Qual è il suo segreto? Le mutande di Spongebob, un portafortuna al quale non rinuncia mai. In Patria è soprannominato Le Petit Diable, nomignolo che ci riporta alla mente "Il Piccolo Diavolo", noto film con Benigni. Anche Griezmann è pronto a fare incetta di Oscar, le superstar della Liga sono avvisate. Calcio 2OOO

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PREMIER LEAGUE INGHILTERRA

di Luca MANES

foto Image Sport

Ranieri ci crede, i Lupi sognano in grande

LA FAVOLA LEICESTER... Che sia la volta buona per una delle sorprese più grandi di sempre?

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nessuno lo pensava. Noi non abbiamo problemi a cospargerci il capo di cenere e a riconoscere che non avremmo mai, e sottolineiamo mai, pensato che le Foxes potessero realmente lottare per il titolo. Un inizio di stagione scoppiettante non si nega a nessuno, ma restare al vertice, beh, quello è un altro paio di maniche. Una cosa è occupare la prima posizione a settembre, ben altra faccenda fare lo stesso a febbraio. La nostra visione era pesantemente condizionata da quanto accaduto nel 2014-15. O meglio dalla

CLAUDIO RANIERI

foto Imago/Sport Image

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otrebbe essere la classica eccezione che conferma la regola. Ma che eccezione! In un campionato, la Premier, dominato in un lungo e in largo dalle solite note, il Leicester City sta provando a diventare la prima “fuori-casta” a vincere il campionato dal 1994-95. Ovvero da quando il Blackburn Rovers di Shearer e Sherwood beffò il Manchester United sul filo di lana. Con la differenza che quella squadra, allenata da Kenny Dalglish, era data per favorita alla vittoria finale. Il Leicester proprio no. O almeno

JAMIE VARDY

foto Imago/Sport Image

prima parte della campagna, quando in pochi avrebbero scommesso sulla salvezza del Leicester. Non che la squadra giocasse così male, ma la difesa era un colabrodo e le sconfitte si susseguivano una dopo l'altra. Certo, la cavalcata finale e il quattordicesimo posto raggiunto al rompete le righe della Premier dovevano farci riflettere, tuttavia nemmeno l'arrivo di Claudio Ranieri la

E invece “basta” un gruppo di reietti e giovani promesse, quando c'è un bravo allenatore in grado di dare le giuste motivazioni. In tanti avevano una fame atavica di rivincita. A cominciare da Danny Simpson e Daniel Drinkwater, prodotti del florido vivaio del Manchester United, mai tenuti minimamente in considerazione per un posto in prima squadra all'Old Trafford. In particolare Drinkwater è ora il cardine del centrocampo delle Volpi. Oppure Kasper Schmeichel, da giovanissimo “marchiato” dalla sonora bocciatura al Manchester City, con cui ha disputato solo una manciata di gare da titolare. Poi ci sono le stelle della squadra. Un centravanti con gli occhi spiritati e che corre come un pazzo, che nel 2012 giocava ancora nei semi-dilettanti del Fleetwood Town e ora segna goal a grappoli e un fantasista franco-algerino, che quest'anno ha deciso di mandare al bar tutti i difensori del campionato. Al bomber Jamie Vardy hanno appena rinnovato il contratto (pronti per lui 5 milioni di euro l'anno), su Riyad Mahrez hanno messo gli occhi tutte le grandi di Europa. Tutti i tifosi neutrali si augurano che la favola sia a lieto fine, ben sapendo che i miracoli – perché un successo in Premier del Leicester sarebbe oggettivamente un miracolo sportivo – accadono molto di rado. Non ci scordiamo che non più tardi del 2008-09 la squadra dove i portieroni Gordon Banks e Peter Shilton trascorsero una fetta importante delle loro fantastiche carriere giocava in terza serie. Quella stagione disgraziata ha rappresentato il picco negativo della sua storia, fatta di frequenti saliscendi tra le due categorie e di buone cup runs. Tre le vittorie in Coppa di Lega (l'ultima nel 2000), mentre in Coppa di Inghilterra le Foxes hanno raggiunto

IL COLPO ALLI Ha 19 anni il dominatore assoluto del centrocampo del Tottenham…

foto @FDLCOM

scorsa estate ci ha convinto che le Foxes fossero uno squadrone. Ancora meno entusiasta era stato Gary Lineker, nato e cresciuto calcisticamente da queste parti, che anzi aveva espresso molte riserve sulla scelta della dirigenza. E poi la rosa non era stata rafforzata più di tanto. In teoria. Addio Cambiasso e benvenuti Inler, Huth, Kanté e Okazaki, ma per aggiudicarsi la Premier serviva ben altro. Sempre in teoria.

MIRACOLO IN VISTA?

DELE ALLI

È arrivato in punta di piedi, nonostante su di lui fosse appiccicata una non banale etichetta di 5 milioni di sterline, ovvero quanto aveva sborsato il Tottenham Hotspur al Milton Keynes Dons per assicurarsi i suoi servigi. Eppure ci ha messo poco, pochissimo per imporsi come dominatore assoluto del centrocampo del team del White Hart Lane. Dele Alli sta bruciando le tappe. A soli 19 anni ha già segnato più goal in Premier di quanti, alla stessa età, ne avevano fatti gente del calibro di Lampard e Gerrard. Proprio l'ex capitano del Liverpool è da sempre l'idolo di Alli, che ha già esordito in nazionale – nel 2-0 alla Francia lo scorso novembre – e si potrebbe ritagliare uno spazio importante ai prossimi Europei in Francia. Con la personalità e il temperamento che si ritrova, unite a velocità e ottima tecnica di base, potrebbe essere proprio lui il giocatore che serve a Roy Hodgson per il definitivo salto di qualità della mediana dei Tre Leoni. Nella Premier più pazza degli ultimi anni, intanto, Alli potrebbe regalarsi la gioia di riportare il Tottenham sul tetto d'Inghilterra per la prima volta dal 1961. Il ragazzino ci crede, come dargli torto... ben quattro finali (1949, 1961,1963 e 1969), perdendole tutte. Nessuna altra squadra ha disputato così tanti atti conclusivi senza mai portarsi a casa il trofeo. Per le coppe sarà un'altra volta. Ora serve migliorare la performance più brillante di sempre in campionato. Un secondo posto nel 1929. Calcio 2OOO

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BUNDESLIGA GERMANIA

di Flavio SIRNA

UN BEL MIX

foto Agenzia Liverani

Giovani e meno giovani, in Germania fanno gol tutti

I VECCHI BOMBER In Bundes c’è spazio anche per quei centravanti non di primissimo pelo…

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allina vecchia fa buon brodo’ anche in Bundesliga. Si può riassumere in questo modo la circostanza che anche in questa edizione 2015-2016 del campionato tedesco sono ancora tanti i goal messi a segno dagli 'Over 30'. In un calcio nel quale a farla sempre più da padrone è, più che la tecnica individuale e la capacità dal punto di vista tattico, la condizione fisica e l'essere prima di tutto un atleta a 360 gradi, ci sono ancora degli elementi che riescono a smentire questo andazzo. A guidare questa speciale classifica è il 88

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bomber dell'Eintracht Francoforte Alexander Meier. In squadra dal lontano 2005-2006, ha firmato recentemente un contratto 'a prestazioni' sino al giugno del 2017 (le sue 33 primavere non hanno convinto la società a dargli fiducia a prescindere). Ed è forse questo il suo segreto: dopo aver siglato 19 reti in 26 partite la scorsa stagione, il classe 1983 quest'anno è già a quota 12 in 17 presenze (1 goal ogni 123 minuti). I rossoneri sperano che da qui alla fine le sue realizzazioni possano servire alla squadra a raggiungere la salvezza. Staccati, al secondo posto, troviamo il trio formato

da Ibisevic, Huntelaar e Claudio Pizarro (a quota 6). L'ex Hoffenheim e Stoccarda, all'Hertha Berlino ha ritrovato una condizione fisica ed una fiducia che gli mancavano da qualche stagione e, complici gli infortuni dei titolari Schieber ed Allagui, è diventato uno dei punti fermi della squadra capitolina, che sta lottando per un piazzamento europeo. Classe 1984, ha un contratto sino al giugno del 2017. Diversa invece la situazione del 32enne dello Schalke 04: la rottura del legamento crociato nel 2014 ne ha fortemente condizionato il rendimento della stagione successiva (la 2014-2015, 9

goal in 28 partite). Quest'anno invece, totalmente lasciato alle spalle l’infortunio, il Cacciatore sta tornando ad essere un problema per i difensori all'interno dell'area di rigore. È quindi plausibile che il bottino di 115 reti realizzate con la squadra di Gelsenkirchen in 202 partite potrà rimpinguarsi anche nei prossimi mesi. Prossimi mesi che potrebbero essere gli ultimi della splendida carriera dell'attaccante peruviano Claudio Pizarro (il suo contratto con il Werder Brema ha scadenza nel giugno del 2016). Richiamato dagli anseatici per arrivare all'obiettivo salvezza, il 37enne non ha deluso le attese: 18 presenze e 6 goal, 1 ogni 145 minuti giocati. L'età forse non glielo consentirà, ma sarebbe sicuramente bello per un campione come lui poter lasciare il calcio giocato con all'attivo 200 goal nel campionato tedesco (sino a questo momento è a quota 182, 92 col Werder Brema e 87 con il Bayern Monaco, sue uniche due squadre in Germania). Sul gradino più basso del podio

troviamo invece l'idolo della 'Bayarena' Stefan Kiessling. 32 primavere lo scorso 24 gennaio, Kiessling quest'anno, per la prima volta da quando è a Leverkusen (dal 2006), ha visto abbassarsi il proprio minutaggio, passato da una media di 75 minuti ad una di 65 minuti. Il tutto a causa di una condizione fisica in calo e dell'esplosione del messicano Hernandez come nuovo bomber della squadra di Schmidt. Appare plausibile che da qui alla fine dell'anno potrà eguagliare i 9 goal realizzati nel 2014-2015. Contratto in scadenza nel giugno del 2017, Stefan di sicuro concluderà la sua carriera in rossonero ma altrettanto sicuramente non riuscirà ad eguagliare il suo score del 2013-2014 (15 reti) e quello del 2012-2013 (25 reti), che ha rappresentato l'apice della sua carriera. Pur non essendo un attaccante merita una menzione a parte il terzino dell'Augsburg Paul Verhaegh. Il 32enne ha infatti uno score di 5 reti in 19 partite. Sarà quindi facile per lui eguagliare il proprio record personale del 20132014, quando i goal realizzati furono 6. In Germania dal 2010 Verhaegh, ex Vitesse, ha in totale collezionato con la compagine tedesca 168 presenze e 18 reti. Oltre ai giocatori sopra menzionati, avanti con l'età ma ancora in voga, sono ahinoi da menzionare anche coloro che stanno invece risentendo pesantemente del passare del tempo. Le 36 primavere di Ivica Olic lo hanno costretto a diventare solamente un ripiego all'Amburgo: 8 apparizioni, 143 minuti e nessun goal per il croato, che con la squadra anseatica ha messo a segno 51 reti in 142 partite (in Germania ha giocato anche con Wolfsburg, Hertha Berlino e Bayern Monaco). È invece tornato senza successo in Germania Kevin Kuranyi. 273 presenze e 111 goal in Bundesliga (71 con lo Schalke 04 e 41 con lo Stoccarda), l'ex Dinamo Mosca con la maglia del Darmstadt non è riuscito mai a far esultare il pubblico di casa in 12 presenze e 448 minuti giocati. Sospeso invece, fino alla fine della stagione, il giudizio sul portoghese Hugo Almeida. Svincolato, è stato richiamato in Germania (dove ha indossato e segnato 63 reti con il Werder Brema) dall'Hannover, alla ricerca disperata di punti salvezza. Per lui, sino a questo momento, 3 presenze da titolare ed un goal. Gli accordi di Kuranyi, Almeida e Olic coi loro club hanno tutti

CHE BELLA SORPRESA JULIAN NAGELSMANN, L’ALLENATORE BAMBINO Se da un lato abbiamo appena parlato della Germania come un paese ancora capace di esaltare le prestazioni offensive degli ‘Over 30’, dall’altro appare necessario sottolineare la presenza in panchina dell’allenatore più giovane della storia del calcio tedesco (il più giovane in assoluto è stato nel 1924 Lippo Hertzka alla guida della Real Sociedad). Parliamo del neo-tecnico dell’Hoffenheim Julian Nagelsmann, in carica dallo scorso 11 febbraio. Possente dal punto di vista fisico (190 cm), Nagelsmann come giocatore, anche a causa di un grave infortunio al ginocchio, ha tutt’altro che brillato (era un difensore centrale), indossando le maglie del Monaco 1860 e dell’Augsburg, con il quale è però riuscito a scendere in campo solamente con la ‘squadra riserve’, non venendo mai convocato in prima squadra. Ritiratosi nel 2008, all’età di 21 anni, ha cominciato subito come osservatore dello stesso Monaco 1860. Prima vice allenatore e successivamente allenatore dell’Hoffenheim Under 17, dal luglio del 2013 ha preso le redini della compagine Under 19, raccogliendo successi su successi ed una media punti di grande rispetto (2,27). Per questo motivo il club, che quest’anno difficilmente raggiungerà l’obiettivo della salvezza, ha deciso di affidargli le redini della squadra e di cominciare con lui, anche se dalla Serie B, un nuovo corso a partire dal 2016-2017. A dimostrazione che non si tratta di una scelta causale e nemmeno di una trovata pubblicitaria ma di una decisione ‘pensata’ è il contratto sottoscritto da Nagelsmann, di natura triennale (sino al giugno del 2019). A Julian l’augurio di poter ripercorrere le orme di altri allenatori ‘precoci’ come Pep Guardiola, Gianluca Vialli o Vincenzo Montella. scadenza nel giugno del 2016. Per loro (ma onestamente principalmente solo per il lusitano ex Cesena) ci sono ancora 4 mesi di speranza per poter dimostrare che la Germania può continuare ad essere un paese per bomber ‘Over 30’. Calcio 2OOO

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LIGUE 1 FRANCIA

di Renato MAISANI

foto Agenzia Liverani

In Ligue 1 è il PSG di Zlatan a dominare

SOLO PSG

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n campionato già virtualmente concluso al termine del girone d’andata, una squadra che – al momento in cui scriviamo – non ha mai perso una partita. È la Ligue 1, è il Paris Saint-Germain che, senza rivali, continua letteralmente ad uccidere il campionato, anno dopo anno. L’arrivo dei milioni di Al-Khelaifi, in un primo momento, sembrava destinato ad accrescere il prestigio del campionato transalpino, ma adesso assume sempre più i connotati di una robusta spallata volta a spingere la Ligue 1 verso la noia e il 90

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disinteresse. Del resto, se è vero che la lotta per tutte le altre posizioni della classifica resta avvincente ed emozionante, un campionato del quale si conosce sin da subito il vincitore non può far altro che perdere appeal, tanto sui tifosi quanto in tema di diritti televisivi. E allora, rieccoci al classico bivio: meglio una Ligue 1 livellata verso il basso o una Ligue 1 senza rivali per il PSG? Ognuna delle due alternative porta con sé fattori positivi e fattori negativi. Allo stato attuale delle cose, però, forse sarebbe più entusiasmante assistere ad un campionato senza PSG, quindi

Nasser Al-Khelaïfi

foto Image Sport

Ligue 1 nelle mani dei parigini, non si vedono avversari all’orizzonte…

sì, senza Ibrahimovic, Cavani e chi più ne ha più ne metta, ma per lo meno maggiormente equilibrato. Insomma, non sarebbe male un ritorno alla Ligue 1 che cambiava padrone anno dopo anno come nel breve periodo intercorso tra il dominio del Lione e lo strapotere del PSG, quando in 4 stagioni conquistarono l’Hexagoal nell’ordine Bordeaux, Marsiglia, Lille e Montpellier. Tra i due domini, però, va fatto un necessario distinguo: se è vero, infatti, che anche il Lione era capace di dominare il campionato sin dalla prima giornata, è altrettanto vero che i successi dell’OL erano frutto di un lavoro certosino condotto da proprietà e dirigenza e non di una sconfinata possibilità economica imparagonabile a quella delle altre compagini partecipanti al campionato. Il nodo è tutto qui. Alla lunga i milioni di Al-Khelaifi hanno permesso al Paris Saint- Germain di schierare un undici di primissimo livello, capace anche di ben figurare in campo europeo, ma non di

All’orizzonte, però, di alternative al PSG se ne vedono poche. O meglio, nessuna. L’Olympique Marsiglia, sempre schiavo della propria schizofrenia, non riesce a rendere come potrebbe, il Lione è in piena rifondazione, Saint Etienne, Lille e Bordeaux riescono spesso a ben figurare, ma sono ben lontane dal poter allestire squadre all’altezza del primo posto. Per qualche anno, il Monaco è parso l’unica valida alternativa ma una volta venuti meno i milioni di Dmitrij Rybolovlev, la squadra del Principato si è in fretta ridimensionata, tornando a navigare nelle zone medio-alte nella classifica. E così, dopo il +12 sul Marsiglia del 2012-2013, il +9 sul Monaco dell’anno successivo e il +8 sul Lione della stagione scorsa, quest’anno il PSG punta al record di distacco prima di mettere in bacheca il 6° titolo della propria storia, il 4° consecutivo. Ma non solo, il PSG continua a dominare ogni altra classifica. Miglior attacco nel corso delle ultime tre stagioni, miglior difesa nel 2012-2013 e nel 2013-2014 (l’anno scorso ha fatto meglio il Monaco), Ibrahimovic due volte capocannoniere (lo scorso anno il titolo andò a Lacazette): è questo ciò che recita la lettura delle classifiche finali degli ultimi tre campionati. Ed anche quest’anno il canovaccio è identico: PSG tritatutto, Ibra capocannoniere per distacco e onori e gloria soltanto sotto l’Arc de Triomphe. E gli altri? Stanno a guardare, battagliando per il 2° posto, per la piazza d’onore nella classifica dei marcatori o,

L’AUTOGOL DI AURIER Un’uscita senza senso, una cessione obbligata…

foto Image Sport

spingere la Ligue 1 verso il grande salto. Anzi, il campionato che negli ultimi anni del decennio scorso iniziava ad accrescere la propria nicchia di appassionati esteri, l’ha dapprima vista crescere ulteriormente proprio grazie al PSG e poi rapidamente decrescere. Se appare impensabile immaginare una Ligue 1 con tante squadre in grado di contendere il titolo ai parigini, sufficiente potrebbe risultare anche semplicemente trovare una singola antagonista per Ibra e compagni. Persino un duopolio simile a quello che, su altri livelli, domina da decenni la Liga, basterebbe a rendere più affascinante il campionato.

DECIDE TUTTO IBRA

Follia, delirio, autogol, suicidio, harakiri. Sono questi i termini che sono stati usati per commentare quanto accaduto dopo il match pareggiato per 0-0 dal PSG contro il Lille. Il laterale ivoriano dei parigini, Serge Aurier, è stato infatti ripreso mentre etichettava in maniera ‘poco simpatica’ compagni e allenatore. Un video che è prontamente finito sul web, mettendo e non poco nei guai il giocatore africano. “Blanc è una checca, Sirigu un incapace”, questi alcuni dei ‘complimenti’ elargiti dal giocatore che ne ha avute anche per Zlatan Ibrahimovic: “Blanc ‘se la fa’ con lui, che fa fatica a parlare il francese e viene da non so dove”. Parole che ovviamente hanno avuto delle pesanti conseguenze: il 23enne è stato messo fuori rosa, estromesso dall’elenco dei convocati per la Champions League, accusato pubblicamente da Blanc di essere ‘pietoso’ e inevitabilmente multato. magari, per essere i primi (se non gli unici) a poter vantarsi di aver battuto il Paris Saint-Germain. Il monopolio durerà a lungo? Impossibile saperlo, ma fino a quel momento per il calcio francese sarà sempre più difficile attrarre il pubblico straniero. Calcio 2OOO

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1X2

i NUMERI Della

22a GIORNATA

1X2

I NUMERI Della

23a GIORNATA

Atalanta-Sassuolo 1-1 (1-1)

Bologna-Sampdoria 3-2 (2-0)

Carpi-Palermo 1-1 (0-1)

Empoli-Udinese 1-1 (0-1)

Fiorentina-Carpi 2-1 (1-0)

Frosinone-Bologna 1-0 (0-0)

Chievo-Juventus 0-4 (0-2)

Genoa-Fiorentina 0-0 (0-0)

Milan-Inter 3-0 (1-0)

Inter-Chievo 1-0 (0-0)

Juventus-Genoa 1-0 (1-0)

Lazio-Napoli 0-2 (0-2)

Napoli-Empoli 5-1 (2-1)

Roma-Frosinone 3-1 (1-1)

Torino-Verona 0-0 (0-0)

Palermo-Milan 0-2 (0-2)

Sampdoria-Torino 2-2 (0-0)

Sassuolo-Roma 0-2 (0-1)

Udinese-Lazio 0-0 (0-0)

CLASSIFICA

MARCATORI

Verona-Atalanta 2-1 (1-1)

CLASSIFICA

MARCATORI

Data: 30-01-2016 – Ore: 18:00 ATALANTA 3-5-2: Sportiello 6; Tolói 6 (22’ pt Diamanti 6), Masiello 6, Cherubin 5,5; Conti 6, Cigarini 6, De Roon 6,5, Kurtic 6 (27’ st Migliaccio 6), Dramè 5,5; Denis 7 (36’ st Borriello ng), Gomez 5,5. Allenatore: Reja 6,5. SASSUOLO 4-3-3: Consigli 6,5; Vrsaljko 6,5, Antei 6, Acerbi 6, Longhi 6; Biondini 6, Magnanelli 7, Duncan 6; Defrel 5 (26’ st Trotta 6), Falcinelli 6 (26’ st Sansone 6), Berardi 7 (45’ st Politano ng). Allenatore: Di Francesco 6,5. Arbitro: Gavillucci di Latina 5. Reti: 27’ pt Berardi (S), 32’ Denis (A). Recupero: 5 minuti (2’ pt + 3’ st). Ammoniti: Diamanti, Conti (A); Consigli, Longhi, Defrel, Berardi (S). Espulsi: nessuno. Spettatori: 13.640 Note: Al 32’ pt Denis (A) si è fatto parare un rigore.

Data: 31-01-2016 – Ore: 12:30 CHIEVO 4-4-2: Bizzarri 6; Frey 4,5, Sardo 5, Dainelli 5, Cacciatore 5; Castro 5, Radovanovic 5 (18’ st Pinzi 5), Rigoni 5, Birsa 6 (23’ st Pellissier 5); Inglese 6, Mpoku 4,5 (28’ st Gobbi 5,5). Allenatore: Maran 5. JUVENTUS 3-5-2: Buffon 7; Barzagli 7, Bonucci 7, Cáceres 7; Lichtsteiner 7,5 (36’ st Padoin ng), Khedira 6,5 (1’ st Sturaro 6), Marchisio 7 (24’ st Hernanes 6), Pogba 8, Alex Sandro 7; Morata 7,5, Dybala 7. Allenatore: Allegri 7,5. Arbitro: Doveri di Roma 6. Reti: 6’ e 40’ pt Morata; 16’ st Alex Sandro, 22’ Pogba. Recupero: 2 minuti (0’ pt + 2’ st). Ammoniti: Frey, Radovanovic, Pinzi (C); Hernanes, Alex Sandro (J). Espulsi: nessuno. Spettatori: 25.000 circa.

Data: 31-01-2016 – Ore: 15:00 NAPOLI 4-3-3: Reina 6; Hysaj 6, Albiol 6, Koulibaly 6, Ghoulam 6; Allan 7, Jorginho 7, Hamsik 7 (41’ st David López ng); Callejón 7,5, Higuaín 7 (27’ st Gabbiadini 6), Insigne 7,5 (30’ st Mertens 6,5). Allenatore: Sarri 7,5. EMPOLI 4-3-1-2: Skorupski 5; Laurini 5, Tonelli 6, Camporese 4,5, Mario Rui 5; Zielinski 5, Paredes 6, Croce 6 (37’ st Krunic ng); Saponara 5 (13’ st Büchel 5,5); Pucciarelli 5, Maccarone 5 (23’ st Mchedlidze 5). Allenatore: Giampaolo 5,5. Arbitro: Massa di Imperia 5,5. Reti: 28’ pt Paredes (E), 33’ Higuaín (N), 37’ Insigne (N); 7’ st Camporese (E) aut., 38’ e 43’ Callejón (N). Recupero: 1 minuti (1’ pt + 0’ st). Ammoniti: Reina, Hysaj, Allan (N); Tonelli, Zielinski, Büchel (E). Espulsi: nessuno. Spettatori: non comunicati.

Data: 31-01-2016 – Ore: 15:00 UDINESE 3-5-2: Karnezis 6; Wagué 6, Danilo 5, Piris 6; Edenilson 6, Badu 7, Guilherme 5 (14’ st Lodi 6), Kuzmanovic 6 (24’ st Bruno Fernandes 6), Adnan 5; Zapata 5 (9’ st Heurtaux 6), Théréau 5,5. Allenatore: Colantuono 6. LAZIO 4-1-4-1: Berisha 6; Basta 6, Bisevac ng (8’ pt Mauricio 6), Hoedt 6, Konko 5,5; Cataldi 6; Candreva 6,5, Milinkovic-Savic 5,5, Parolo 5,5 (30’ st Klose 6), Keita 5,5; Djordjevic 5 (44’ pt Matri 5). Allenatore: Pioli 5,5. Arbitro: Celi di Bari 6,5. Recupero: 7 minuti (3’ pt + 4’ st). Ammoniti: Wagué, Danilo, Théréau (U); Cataldi, Milinkovic-Savic, Parolo, Djordjevic (L). Espulsi: 42’ pt Danilo (U) per doppia ammonizione; 40’ st Matri (L) per proteste. Spettatori: 13.611.

92

Calcio 2OOO

Data: 31-01-2016 – Ore: 15:00 BOLOGNA 4-3-3: Mirante 6; Rossettini 5,5, Oikonomou 6, Gastaldello 5, Masina 6; Donsah 7 (15’ st Rizzo 5,5), Diawara 6,5, Taider 5; Mounier 6 (21’ st Brighi 6), Destro 7, Giaccherini 6,5 (31’ st Floccari 6). Allenatore: Donadoni 6. SAMPDORIA 4-2-3-1: Viviano 6; Sala 5,5, Ranocchia 5, Moisander 5,5, Dodô 5,5 (39’ st Coda ng); Fernando 6, Barreto 5 (1’ st Silvestre 6); Ivan 6, Soriano 6 (31’ st Álvarez 5), Correa 6,5; Muriel 6. Allenatore: Montella 5,5. Arbitro: Fabbri di Ravenna 5,5. Reti: 12’ pt Mounier (B), 24’ Donsah (B); 9’ st Muriel (S), 35’ Correa (S), 43’ Destro (B) rig. Recupero: 5 minuti (0’ pt + 5’ st). Ammoniti: Oikonomou, Gastaldello, Mounier (B); Fernando, Silvestre, Ivan, Álvarez, Correa (S). Espulsi: nessuno. Spettatori: 30.777.

Data: 31-01-2016 – Ore: 15:00 GENOA 3-4-3: Perin 6; Muñoz 6,5, Burdisso 6, Izzo 6,5; Ansaldi 7, Rincón 6,5, Dzemaili 6, Laxalt 6; Suso 6,5 (19’ st Capel 6), Pavoletti 5,5 (47’ st De Maio ng), Perotti 5,5 (19’ st Cerci 6). Allenatore: Gasperini 6,5. FIORENTINA 3-4-1-2: Tatarusanu 7; Roncaglia 5,5, Rodríguez 6,5, Astori 6; Bernardeschi 6,5, Vecino 6, Borja Valero 6, Pasqual 5,5 (33’ st Alonso 6); Ilicic 5 (10’ st Tino Costa 6); Zárate 5 (10’ st Kalinic 6), Babacar 5. Allenatore: Paulo Sousa 5,5. Arbitro: Giacomelli di Trieste 5,5. Recupero: 6 minuti (0’ pt + 6’ st). Ammoniti: Ansaldi, Pavoletti (G); Roncaglia, Vecino, Tino Costa (F). Espulsi: nessuno. Spettatori: 20.832.

Data: 30-01-2016 – Ore: 20:45 ROMA 3-4-2-1: Szczesny 6; Manolas 6,5, De Rossi 6, Zukanovic 6 (28’ st Maicon 6); Rüdiger 6,5, Pjanic 6, Keita 5,5, El Shaarawy 7; Salah 5 (38’ st Vainqueur ng), Nainggolan 6,5; Dzeko 5 (15’ st Totti 6). Allenatore: Spalletti 6,5. FROSINONE 4-3-3: Leali 6; Rosi 5 (45’ st Ciofani M. ng), Ajeti 5, Blanchard 6, Pavlovic 6; Chibsah 6 (32’ st Gucher ng), Sammarco 6, Frara 5 (32’ st Paganini ng); Soddimo 6, Ciofani D. 6,5, Dionisi 6. Allenatore: Stellone 6. Arbitro: Guida di Torre Annunziata 5,5. Reti: 18’ pt Nainggolan (R), 24’ Ciofani D. (F); 3’ st El Shaarawy (R), 39’ Pjanic (R). Recupero: 4 minuti (0’ pt + 4’ st). Ammoniti: Manolas (R); Ajeti, Dionisi (F). Espulsi: nessuno. Spettatori: 29.799.

Napoli Juventus Fiorentina Inter Roma Milan Sassuolo Lazio Empoli Bologna Torino Chievo Atalanta Palermo Udinese Genoa Sampdoria Carpi Frosinone Verona

50 22 15 5 2 50 19 48 22 15 3 4 42 15 42 22 13 3 6 39 21 41 22 12 5 5 26 17 38 22 10 8 4 40 25 36 22 10 6 6 32 25 33 22 8 9 5 26 24 32 22 9 5 8 29 30 32 22 9 5 8 28 31 29 22 9 2 11 27 29 27 22 7 6 9 27 28 27 22 7 6 9 27 30 27 22 7 6 9 22 25 25 22 7 4 11 24 35 25 22 7 4 11 19 35 24 22 6 6 10 24 27 23 22 6 5 11 33 39 19 22 4 7 11 21 37 16 22 4 4 14 23 48 11 22 0 11 11 14 33

Data: 30-01-2016 – Ore: 15:00 CARPI 4-4-1-1: Belec 6; Zaccardo 6, Romagnoli 6, Gagliolo 5,5, Poli 5,5 (25’ st Crimi 6); Letizia 6, Bianco 6, Cofie 5 (1’ st Lasagna 6,5), Di Gaudio 6; Lollo 5,5; Mbakogu 5 (15’ st Mancosu 7). Allenatore: Castori 6. PALERMO 4-3-3: Sorrentino 6; Struna 6, Goldaniga 5, González 6, Lazaar 6; Hiljemark 6,5, Jajalo 6, Chochev 5,5; Vazquez 6,5, Gilardino 6,5 (23’ st Cristante 5,5), Quaison 5,5 (12’ st Trajkovski 6). Allenatore: Tedesco 6,5. Arbitro: Rizzoli di Bologna 6. Reti: 24’ pt Gilardino (P); 29’ st Mancosu (C) rig. Recupero: 6 minuti (2’ pt + 4’ st). Ammoniti: Letizia, Cofie (C); González, Vazquez, Quaison (P). Espulsi: nessuno. Spettatori: 6.835.

Data: 31-01-2016 – Ore: 20:45 MILAN 4-4-2: Donnarumma 7; Abate 6,5, Alex 7, Romagnoli 6,5, Antonelli 6; Honda 7 (43’ st Boateng ng), Kucka 7, Montolivo 7, Bonaventura 7; Niang 7 (34’ st Balotelli ng), Bacca 7 (40’ st Bertolacci ng). Allenatore: Mihajlovic 7,5. INTER 4-4-2: Handanovic 6; Santon 4,5, Miranda 5, Murillo 5, Juan Jesus 5; Perisic 5 (33’ st Felipe Melo ng), Brozovic 4,5, Medel 5, Ljajic 4,5 (42’ st Telles ng); Eder 5, Jovetic 4,5 (19’ st Icardi 5). Allenatore: Mancini 4,5. Arbitro: Damato di Barletta 4,5. Reti: 35’ pt Alex; 28’ st Bacca, 32’ Niang. Recupero: 4 minuti (1’ pt + 3’ st). Ammoniti: Alex, Kucka, Balotelli (M); Jovetic (I). Espulsi: nessuno. Spettatori: 77.043. Note: Al 25’ st Icardi (I) ha calciato sul palo un rigore.

Data: 31-01-2016 – Ore: 15:00 TORINO 3-5-2: Padelli 6,5; Maksimovic 5,5, Jansson 6,5, Moretti 6; Bruno Peres 5,5, Acquah 5 (13’ st Baselli 5,5), Gazzi 6, Benassi 6, Molinaro 5 (13’ st Zappacosta 6); Immobile 6 (43’ st Martínez 5), Belotti 5,5. Allenatore: Ventura 5. VERONA 4-4-2: Gollini 6,5; Pisano 6, Moras 6,5, Helander 5, Albertazzi 5,5 (33’ st Fares ng); Wszolek 5 (35’ st Bianchetti ng), Ionita 6, Greco 6, Jankovic 5; Gomez 5 (11’ st Pazzini 5,5), Toni 5,5. Allenatore: Del Neri 6. Arbitro: Mariani di Aprilia 6. Recupero: 4 minuti (0’ pt + 4’ st). Ammoniti: Helander, Greco, Jankovic, Pazzini (V). Espulsi: nessuno. Spettatori: 15.838.

22 reti: Higuaín (Napoli, 1 rig.) 12 reti: Eder (0 Inter/12 Sampdoria, 3 rig.); Dybala (Juventus, 3 rig.) 11 reti: Bacca (Milan, 1 rig.) 10 reti: Ilicic (6 rig.), Kalinic (Fiorentina); Pavoletti (Genoa); Insigne (Napoli, 1 rig.) 9 reti: Maccarone (Empoli) 8 reti: Paloschi (Chievo, 1 rig. trasf, Swansea); Icardi (Inter); Pjanic (Roma, 1 rig.) 7 reti: Destro (Bologna, 2 rig.); Théréau (Udinese)

Data: 3-02-2016 – Ore: 15:00 EMPOLI 4-3-1-2: Skorupski 6,5; Laurini 6, Tonelli 6, Camporese 5 (26’ st Bittante 6), Mario Rui 6; Zielinski 6,5, Paredes 6,5, Croce 6,5; Saponara 5 (34’ st Mchedlidze ng); Pucciarelli 6,5, Maccarone 6. Allenatore: Giampaolo 6,5. UDINESE 3-5-2: Karnezis 7; Heurtaux 6, Felipe 6, Piris 6; Widmer 6, Bruno Fernandes 6 (12’ st Badu 6), Lodi 6 (23’ st Kuzmanovic 6), Hallfredsson 6, Adnan 6; Matos 7 (32’ st Théréau ng), Zapata 6,5. Allenatore: Colantuono 6,5. Arbitro: Abbattista di Molfetta 6,5. Reti: 23’ pt Zapata (U); 46’ st Pucciarelli (E). Recupero: 5 minuti (1’ pt + 4’ st). Ammoniti: Paredes, Croce, Mchedlidze (E); Widmer, Bruno Fernandes, Badu, Kuzmanovic, Hallfredsson, Zapata (U). Espulsi: nessuno. Spettatori: 7.581. Note: Al 23’ st Saponara (E) si è fatto parare un rigore.

Data: 3-02-2016 – Ore: 15:00 INTER 4-3-3: Handanovic 6; Nagatomo 6, Miranda 6, Murillo 6, Telles 6,5; Brozovic 5,5 (45’ st Felipe Melo ng), Medel 6, Kondogbia 6; Palacio 6 (32’ st Juan Jesus ng), Icardi 7, Eder 6 (39’ st Ljajic ng). Allenatore: Mancini 6. CHIEVO 4-3-1-2: Seculin 8; Frey 5, Cesar 5,5, Spolli 6, Gobbi 5; Pinzi 5 (13’ st Castro 6), Radovanovic 5 (37’ st Costa 6), Rigoni 5; Birsa 5 (27’ st Mpoku 5,5); Inglese 5, Pellissier 5. Allenatore: Maran 5,5. Arbitro: Valeri di Roma 6. RetE: 3’ st Icardi. Recupero: 3 minuti (0’ pt + 3’ st). Ammoniti: Nagatomo, Miranda, Eder (I); Spolli, Castro, Rigoni, Inglese, Pellissier (C). Espulsi: nessuno. Spettatori: 31.494.

Data: 3-02-2016 – Ore: 15:00 PALERMO 4-3-3: Sorrentino 6,5; Struna 4,5 (1’ st Morganella 6), Goldaniga 4,5, González 6, Lazaar 5; Hiljemark 6, Jajalo 5, Chochev 5; Vazquez 6, Gilardino 5 (13’ st Djurdjevic 5), Quaison 5,5 (1’ st Trajkovski 6). Allenatore: Tedesco 5. MILAN 4-4-2: Donnarumma 6; Abate 6,5, Zapata 7, Romagnoli 6, Antonelli 6; Honda 7, Kucka 6, Montolivo 6 (10’ st Bertolacci 6), Bonaventura 6; Niang 6,5 (30’ st Balotelli 6), Bacca 7 (39’ st Poli ng). Allenatore: Mihajlovic 6,5. Arbitro: Mazzoleni di Bergamo 6. Reti: 19’ pt Bacca, 33’ Niang. Recupero: 3 minuti (0’ pt + 3’ st). Ammoniti: Goldaniga, Jajalo, Vazquez (P). Espulsi: nessuno. Spettatori: 17.605.

Data: 3-02-2016 – Ore: 15:00 VERONA 4-4-2: Gollini 7; Pisano 6, Moras 5, Helander 6,5, Albertazzi 6 (23’ st Gilberto 7); Wszolek 7, Marrone 6, Ionita 6 (42’ st Gomez 6,5), Siligardi 6,5 (1’ st Emanuelson 6); Toni 6,5, Pazzini 7. Allenatore: Del Neri 6,5. ATALANTA 3-4-2-1: Sportiello 6; Tolói 5, Masiello 6, Cherubin 5,5; Conti 6,5 (23’ st Raimondi 6), Migliaccio 6, De Roon 6, Dramè 5; Diamanti 6, Gomez 6 (31’ st Brivio 5,5); Borriello 6 (37’ st Pinilla ng). Allenatore: Reja 5,5. Arbitro: Di Bello di Brindisi 6. Reti: 30’ pt Conti (A), 42’ Siligardi (V); 38’ st Pazzini (V). Recupero: 6 minuti (2’ pt + 4’ st). Ammoniti: Albertazzi, Ionita (V); Migliaccio, De Roon, Dramè, Pinilla (A). Espulsi: 9’ st Dramè (A) per doppia ammonizione. Spettatori: 15.490.

Data: 3-02-2016 – Ore: 15:00 FIORENTINA 3-4-2-1: Tatarusanu 5; Tomovic 5,5, Rodríguez 6,5, Astori 6; Blaszczykowski 5,5, Vecino 6, Borja Valero 7, Tello 6,5 (15’ st Bernardeschi 6); Ilicic 6,5 (31’ st Zárate 7), Fernández 5,5; Kalinic 5 (41’ st Babacar ng). Allenatore: Paulo Sousa 6. CARPI 3-5-2: Belec 6; Poli 5, Suagher 6, Gagliolo 6; Pasciuti 6, Crimi 5,5 (26’ st Di Gaudio 6,5), Cofie 6 (9’ st Bianco 6), Lollo 5, Letizia 6; Mancosu 6 (18’ st Lasagna 7), Mbakogu 6. Allenatore: Castori 6. Arbitro: Cervellera di Taranto 5,5. Reti: 2’ pt Borja Valero (F); 28’ st Lasagna (C), 48’ Zárate (F). Recupero: 6 minuti (1’ pt + 5’ st). Ammoniti: Tatarusanu, Blaszczykowski, Vecino, Kalinic, Babacar (F); Suagher, Gagliolo, Lollo (C). Espulsi: nessuno. Spettatori: 22.791.

Data: 3-02-2016 – Ore: 15:00 JUVENTUS 3-5-2: Buffon 6; Cáceres 6 (18’ st Rugani 6), Bonucci 6, Barzagli 7; Cuadrado 7, Padoin 6, Marchisio 6, Pogba 6, Evrà 6 (41’ pt Alex Sandro 6); Morata 5 (9’ st Zaza 4), Dybala 6. Allenatore: Allegri 6,5. GENOA 3-5-2: Perin 6; Muñoz 5,5, De Maio 6, Izzo 5; Ansaldi 6, Rigoni 6, Ntcham 6 (13’ st Capel 5,5), Dzemaili 6 (36’ st Matavz ng), Gabriel Silva 5,5; Pavoletti 5,5, Cerci 5,5 (9’ st Suso 5). Allenatore: Gasperini 6. Arbitro: Russo di Nola 6. RetE: 30’ pt De Maio (G) aut. Recupero: 5 minuti (1’ pt + 4’ st). Ammoniti: Bonucci (J); Muñoz, Rigoni, Capel (G). Espulsi: 45’ st Zaza (J) per gioco scorretto. Spettatori: 37.151.

Data: 3-02-2016 – Ore: 15:00 SAMPDORIA 3-4-2-1: Viviano 6,5; Cassani 5,5, Ranocchia ng, Moisander 5; Sala 6 (25’ pt Diakité 5,5, 1’ st Christodoulopoulos 6), Palombo 6, Ivan 6, Dodô 6; Soriano 7, Correa 5 (34’ st Quagliarella ng); Muriel 6,5. Allenatore: Montella 5,5. TORINO 3-5-2: Padelli 6; Maksimovic 6, Glik 6, Moretti 6; Zappacosta 6, Acquah 6 (1’ st Baselli 6), Gazzi 6, Benassi 5,5 (26’ st Maxi López 6), Gastón Silva 5; Belotti 7, Martínez 5 (18’ st Immobile 5,5). Allenatore: Ventura 5,5. Arbitro: Guida di Torre Annunziata 5,5. Reti: 21’ st Muriel (S), 26’ Belotti (T), 39’ Soriano (S), 49’ Belotti (T). Recupero: 6 minuti (2’ pt + 4’ st). Ammoniti: Ranocchia, Diakité, Correa (S); Glik, Baselli, Gazzi (T). Espulsi: nessuno. Spettatori: 20.223.

Napoli Juventus Fiorentina Inter Roma Milan Sassuolo Empoli Lazio Bologna Torino Chievo Atalanta Udinese Palermo Genoa Sampdoria Carpi Frosinone Verona

53 23 16 5 2 52 19 51 23 16 3 4 43 15 45 23 14 3 6 41 22 44 23 13 5 5 27 17 41 23 11 8 4 42 25 39 23 11 6 6 34 25 33 23 8 9 6 26 26 33 23 9 6 8 29 32 32 23 9 5 9 29 32 29 23 9 2 12 27 30 28 23 7 7 9 29 30 27 23 7 6 10 27 31 27 23 7 6 10 23 27 26 23 7 5 11 20 36 25 23 7 4 12 24 37 24 23 6 6 11 24 28 24 23 6 6 11 35 41 19 23 4 7 12 22 39 19 23 5 4 14 24 48 14 23 1 11 11 16 34

Data: 3-02-2016 – Ore: 18:30 FROSINONE 4-3-3: Leali 6,5; Ciofani M. 6, Ajeti ng (11’ pt Russo 6), Blanchard 6, Pavlovic 5,5 (24’ st Crivello 6); Gori 6, Chibsah 6 (12’ st Dionisi 7), Sammarco 6,5; Tonev 6, Ciofani D. 6, Soddimo 5,5. Allenatore: Stellone 6,5. BOLOGNA 4-3-3: Mirante 6; Ferrari 6, Oikonomou 4, Rossettini 5, Morleo 6; Brighi 6, Diawara 6, Taider 5 (36’ st Brienza ng); Mounier 6 (23’ st Mbaye 6), Floccari 6, Rizzo 5 (14’ st Giaccherini 5). Allenatore: Donadoni 5,5. Arbitro: Gervasoni di Mantova 6,5. RetE: 32’ st Dionisi rig. Recupero: 5 minuti (1’ pt + 4’ st). Ammoniti: Russo, Blanchard (F); Ferrari, Oikonomou, Rossettini, Diawara, Taider (B). Espulsi: 19’ st Oikonomou (B) per doppia ammonizione. Spettatori: 6.177.

Data: 3-02-2016 – Ore: 15:00 LAZIO 4-3-3: Marchetti 5,5; Basta 5, Mauricio 5, Hoedt 5, Konko 6; Parolo 5, Onazi 5, Lulic 6; Candreva 6 (38’ pt Keita 6), Klose 5 (25’ st Mauri 5), Felipe Anderson 4,5 (43’ st Djordjevic ng). Allenatore: Pioli 5. NAPOLI 4-3-3: Reina 6; Maggio 6, Albiol 6, Koulibaly 7, Strinic 6; David López 6, Jorginho 6,5, Hamsik 6 (44’ st Chalobah ng); Callejón 7, Higuaín 7 (26’ st Gabbiadini 6), Insigne 7 (20’ st Mertens 6). Allenatore: Sarri 7. Arbitro: Irrati di Pistoia 6,5. Reti: 24’ pt Higuaín, 27’ Callejón. Recupero: 6 minuti (1’ pt + 5’ st). Ammoniti: Mauricio, Hoedt, Lulic, Keita (L); Koulibaly, Jorginho (N). Espulsi: nessuno. Spettatori: 34.419.

Data: 2-02-2016 – Ore: 20:45 SASSUOLO 4-3-3: Consigli 6,5; Vrsaljko 6, Cannavaro 6, Acerbi 6, Peluso 5; Biondini 6 (23’ st Pellegrini 6), Magnanelli 6, Duncan 5 (38’ st Politano ng); Berardi 5, Trotta 5 (21’ st Falcinelli 6), Sansone 6,5. Allenatore: Di Francesco 6. ROMA 4-3-3: Szczesny 7; Maicon 6 (35’ st Emerson ng), Rüdiger 6, De Rossi 6 (43’ pt Gyömber 6), Zukanovic 6,5; Pjanic 7 (17’ st Vainqueur 6), Keita 6, Nainggolan 5; Salah 7, Perotti 7, El Shaarawy 6,5. Allenatore: Spalletti 6,5. Arbitro: Calvarese di Teramo 5,5. Reti: 11’ pt Salah; 49’ st El Shaarawy. Recupero: 6 minuti (2’ pt + 4’ st). Ammoniti: Duncan (S); Vainqueur, Keita, Nainggolan (R). Espulsi: 42’ st Nainggolan (R) per doppia ammonizione. Spettatori: 11.102 Note: Al 43’ st Berardi (S) ha calciato un rigore sulla traversa.

23 reti: Higuaín (Napoli, 1 rig.) 12 reti: Dybala (Juventus, 3 rig.); Bacca (Milan, 1 rig.); Eder (0 Inter/12 Sampdoria, 3 rig.) 10 reti: Ilicic (6 rig.), Kalinic (Fiorentina); Pavoletti (Genoa); Insigne (Napoli, 1 rig.) 9 reti: Maccarone (Empoli); Icardi (Inter) 8 reti: Paloschi (Chievo, 1 rig. trasf. Swansea); Pjanic (Roma, 1 rig.) 7 reti: Destro (Bologna, 2 rig.); Dionisi (Frosinone, 1 rig.); Soriano (Sampdoria); Théréau (Udinese)

Calcio 2OOO

93


1X2

i NUMERI Della

24a GIORNATA

1X2

I NUMERI Della

25a GIORNATA

Atalanta-Empoli 0-0 (0-0)

Bologna-Fiorentina 1-1 (0-0)

Frosinone-Juventus 0-2 (0-0)

Carpi-Roma 1-3 (0-0)

Chievo-Sassuolo 1-1 (1-1)

Empoli-Frosinone 1-2 (0-1)

Genoa-Lazio 0-0 (0-0)

Milan-Udinese 1-1 (0-1)

Napoli-Carpi 1-0 (0-0)

Fiorentina-Inter 2-1 (0-1)

Juventus-Napoli 1-0 (0-0)

Lazio-Verona 5-2 (1-0)

Roma-Sampdoria 2-1 (1-0)

Sassuolo-Palermo 2-2 (1-1)

Torino-Chievo 1-2 (1-1)

Milan-Genoa 2-1 (1-0)

Palermo-Torino 1-3 (1-2)

Sampdoria-Atalanta 0-0 (0-0)

Verona-Inter 3-3 (2-1)

CLASSIFICA

MARCATORI

Udinese-Bologna 0-1 (0-0)

CLASSIFICA

MARCATORI

Data: 7-02-2016 – Ore: 18:00 ATALANTA 4-3-3: Sportiello 6; Conti 6, Tolói 6, Masiello 7, Brivio 6; Kurtic 6, De Roon 6, Freuler 6; Diamanti 6 (35’ st Gakpé ng), Pinilla 6 (15’ st Borriello 6), Gomez 5,5 (25’ st D’Alessandro 5,5). Allenatore: Reja 6,5. EMPOLI 4-3-1-2: Skorupski 7; Laurini 5,5 (19’ st Zambelli 6), Tonelli 6, Ariaudo 6, Mario Rui 6; Zielinski 6, Paredes 6,5, Büchel 6,5; Saponara 6 (40’ st Mchedlidze ng); Pucciarelli 5, Maccarone 5 (25’ st Livaja 5,5). Allenatore: Giampaolo 6,5. Arbitro: Fabbri di Ravenna 6. Recupero: 3 minuti (0’ pt + 3’ st). Ammoniti: De Roon, Diamanti, D’Alessandro (A); Laurini, Tonelli, Büchel, Livaja (E). Espulsi: nessuno. Spettatori: 12.352.

Data: 6-02-2016 – Ore: 20:45 GENOA 3-4-1-2: Perin 6; Izzo 6, Burdisso 6,5, Muñoz 7; Ansaldi 6,5 (13’ st Rigoni 6), Rincón 6, Dzemaili 6,5, Laxalt 6; Suso 5 (34’ st Lazovic 6); Cerci 5 (24’ st Tachtsidis 6), Pavoletti 5,5. Allenatore: Gasperini 6. LAZIO 4-1-4-1: Marchetti 6,5; Basta 6 (1’ st Patric 6), Mauricio 6,5, Hoedt 6,5, Konko 6,5; Cataldi 6 (33’ st Lulic 6); Felipe Anderson 5, Milinkovic-Savic 6, Parolo 6, Mauri 6,5 (20’ st Keita 6); Djordjevic 5,5. Allenatore: Pioli 6. Arbitro: Orsato di Schio 6. Recupero: 6 minuti (2’ pt + 4’ st). Ammoniti: Muñoz, Rincón, Suso (G); Cataldi, Lulic, Parolo (L). Espulsi: nessuno. Spettatori: 19.670.

Data: 7-02-2016 – Ore: 20:45 ROMA 4-3-1-2: Szczesny 7; Maicon 6 (21’ st Dzeko 5,5), Manolas 6, Rüdiger 6, Zukanovic 6 (1’ st Digne 6); Florenzi 6,5, Keita 6, Pjanic 6; Perotti 7; Salah 6, El Shaarawy 6 (41’ st Iago Falqué ng). Allenatore: Spalletti 6,5. SAMPDORIA 3-5-2: Viviano 6; Ranocchia 5,5, Silvestre 5,5, Cassani 6,5; Ivan 6, Soriano 6, Fernando 6, Barreto 6 (26’ st Álvarez 5), Dodô 6,5; Correa 6 (32’ st Cassano 7), Muriel 6 (11’ st Quagliarella 6). Allenatore: Montella 6. Arbitro: Celi di Bari 6. Reti: 43’ pt Florenzi (R); 4’ st Perotti (R), 12’ Pjanic (R) aut. Recupero: 3 minuti (0’ pt + 3’ st). Ammoniti: Zukanovic, Keita (R); Ranocchia, Barreto, Correa (S). Espulsi: nessuno. Spettatori: 28.301.

Data: 7-02-2016 – Ore: 12:30 VERONA 4-4-2: Gollini 7; Pisano 6, Helander 6, Moras 6, Albertazzi 5; Wszolek 6 (36’ st Romulo ng), Ionita 7, Marrone 7, Fares 6 (15’ st Gilberto 6); Toni 6 (23’ st Gomez 5), Pazzini 6. Allenatore: Del Neri 6,5. INTER 4-3-3: Handanovic 6; Nagatomo 5,5, Murillo 6, Juan Jesus 5, Telles 5,5 (38’ st Biabiany ng); Brozovic 6, Felipe Melo 5 (1’ st Perisic 7), Kondogbia 5; Palacio 6, Icardi 6, Eder 5 (45’ st Ljajic ng). Allenatore: Mancini 5,5. Arbitro: Giacomelli di Trieste 5,5. Reti: 8’ pt Murillo (I), 13’ Helander (V), 16’ Pisano (V); 12’ st Ionita (V), 16’ Icardi (I), 33’ Perisic (I). Recupero: 3 minuti (0’ pt + 3’ st). Ammoniti: Wszolek, Marrone, Fares (V); Telles, Felipe Melo (I). Espulsi: nessuno. Spettatori: 21.104.

94

Calcio 2OOO

Data: 6-02-2016 – Ore: 18:00 BOLOGNA 4-3-2-1: Da Costa 6; Mbaye 6,5, Gastaldello 6, Maietta 6, Masina 6 (31’ st Constant 6); Donsah 7, Diawara 6,5, Taider 6,5 (37’ st Brienza ng); Mounier 6 (20’ st Floccari 6), Giaccherini 7; Destro 5. Allenatore: Donadoni 6,5. FIORENTINA 4-2-3-1: Tatarusanu 6,5; Roncaglia 6, Rodríguez 6,5, Astori 6, Pasqual 6; Borja Valero 6, Vecino 5,5; Bernardeschi 7 (45’ st Tomovic ng), Fernández 4, Tello 6,5 (36’ st Zárate 6); Babacar 5 (1’ st Kalinic 5,5). Allenatore: Paulo Sousa 6. Arbitro: Banti di Livorno 6. Reti: 14’ st Bernardeschi (F), 18’ Giaccherini (B). Recupero: 4 minuti (0’ pt + 4’ st). Ammoniti: Diawara, Giaccherini (B); Roncaglia, Astori, Fernández (F). Espulsi: 12’ st Fernández (F) per doppia ammonizione. Spettatori: 19.591.

Data: 7-02-2016 – Ore: 15:00 MILAN 4-4-2: Donnarumma 7; Abate 5,5, Alex 6, Romagnoli 6, Antonelli 6; Honda 5,5, Montolivo 6,5, Bertolacci 6, Kucka 5 (1’ st Balotelli 5); Bacca 6, Niang 6,5 (17’ st Boateng 5,5). Allenatore: Mihajlovic 6. UDINESE 3-5-2: Karnezis 6,5; Wagué 6, Danilo 7, Felipe 6; Edenilson 6, Badu 6, Lodi 6 (19’ st Guilherme 6), Kuzmanovic 6, Armero 6,5 (29’ st Widmer 6); Matos 6 (21’ st Zapata 5), Théréau 5. Allenatore: Colantuono 6,5. Arbitro: Irrati di Pistoia 6. Reti: 17’ pt Armero (U); 3’ st Niang (M). Recupero: 5 minuti (1’ pt + 4’ st). Ammoniti: Montolivo (M); Edenilson, Badu, Lodi (U). Espulsi: nessuno. Spettatori: 27.656.

Data: 7-02-2016 – Ore: 15:00 SASSUOLO 4-3-3: Consigli 6; Vrsaljko 6 (1’ st Gazzola 6), Antei 5,5, Acerbi 6, Peluso 6; Pellegrini 6 (17’ st Duncan 6), Magnanelli 6, Missiroli 7 (35’ st Sansone ng); Defrel 6,5, Falcinelli 5,5, Berardi 6,5. Allenatore: Di Francesco 6. PALERMO 4-3-3: Sorrentino 7; Morganella 5,5, Goldaniga 5, González 6, Lazaar 5; Chochev 6, Brugman 6, Hiljemark 6 (45’ st Cristante ng); Vazquez 7,5, Djurdjevic 6,5 (35’ st Rispoli ng), Trajkovski 6 (28’ st Quaison 6). Allenatore: Tedesco 6. Arbitro: Mariani di Aprilia 6,5. Reti: 30’ pt Vazquez (P), 46’ Defrel (S); 5’ st Missiroli (S), 8’ Djurdjevic (P). Recupero: 4 minuti (0’ pt + 4’ st). Ammoniti: Gazzola, Antei, Pellegrini (S); Lazaar (P). Espulsi: 30’ st Laazar (P) per doppia ammonizione. Spettatori: 8.719.

Napoli Juventus Fiorentina Inter Roma Milan Sassuolo Empoli Lazio Chievo Bologna Torino Atalanta Udinese Palermo Genoa Sampdoria Carpi Frosinone Verona

56 24 17 5 2 53 19 54 24 17 3 4 45 15 46 24 14 4 6 42 23 45 24 13 6 5 30 20 44 24 12 8 4 44 26 40 24 11 7 6 35 26 34 24 8 10 6 28 28 34 24 9 7 8 29 32 33 24 9 6 9 29 32 30 24 8 6 10 29 32 30 24 9 3 12 28 31 28 24 7 7 10 30 32 28 24 7 7 10 23 27 27 24 7 6 11 21 37 26 24 7 5 12 26 39 25 24 6 7 11 24 28 24 24 6 6 12 36 43 19 24 4 7 13 22 40 19 24 5 4 15 24 50 15 24 1 12 11 19 37

Data: 7-02-2016 – Ore: 15:00 FROSINONE 4-3-3: Leali 7; Rosi 5, Russo 5,5, Blanchard 6, Crivello 5; Chibsah 5 (26’ st Frara ng), Gori 6 (36’ st Soddimo ng), Sammarco 6; Tonev 5, Ciofani D. 6 (41’ st Longo ng), Dionisi 5. Allenatore: Stellone 5,5. JUVENTUS 3-5-2: Buffon 6; Barzagli 7, Bonucci 6, Chiellini 6 (32’ st Rugani 6); Cuadrado 7, Sturaro 6 (21’ st Pereyra 6), Marchisio 6,5, Pogba 6, Alex Sandro 7; Morata 6 (48’ st Favilli ng), Dybala 6,5. Allenatore: Allegri 6,5. Arbitro: Massa di Imperia 6. Reti: 28’ st Cuadrado, 46’ Dybala. Recupero: 4 minuti (0’ pt + 4’ st). Ammoniti: Crivello, Soddimo, Sammarco (F); Morata (J). Espulsi: nessuno. Spettatori: 7.954.

Data: 7-02-2016 – Ore: 15:00 NAPOLI 4-3-3: Reina 6; Hysaj 6, Albiol 6, Koulibaly 6,5, Ghoulam 6; Allan 6, Valdifiori 5,5, Hamsik 6; Callejón 6,5 (28’ st Mertens 6), Higuaín 7 (36’ st Gabbiadini ng), Insigne 6 (39’ st El Kaddouri ng). Allenatore: Sarri 6,5. CARPI 5-3-2: Belec 6,5; Pasciuti ng (13’ pt Zaccardo 6), Letizia 6, Romagnoli 6, Poli 5,5 (15’ st Daprelà 5), Sabelli 6; Crimi 6, Bianco 5,5, Martinho 6; Mancosu 5 (34’ st Verdi 5,5), Lasagna 5,5. Allenatore: Castori 6. Arbitro: Doveri di Roma 4. RetE: 24’ st Higuaín rig. Recupero: 6 minuti (2’ pt + 4’ st). Ammoniti: Albiol (N); Romagnoli, Poli, Crimi, Bianco, Martinho (C). Espulsi: 11’ st Bianco (C) per doppia ammonizione. Spettatori: non comunicati.

Data: 7-02-2016 – Ore: 15:00 TORINO 3-5-2: Padelli 6; Maksimovic 5, Glik 5, Moretti 6; Bruno Peres 6, Benassi 6,5 (27’ st Vives 5,5), Gazzi 6, Obi 5,5 (11’ st Farnerud 5), Avelar 5; Belotti 5,5 (15’ st Maxi López 5), Immobile 5,5. Allenatore: Ventura 5. CHIEVO 4-4-2: Seculin 6; Frey 6, Dainelli 6 (1’ st Spolli 6,5), Cesar 7, Gobbi 6; Birsa 6,5 (35’ st Costa ng), Pinzi 6,5, Radovanovic 6,5, Castro 6,5; Mpoku 5,5 (16’ st Floro Flores 6), Inglese 6,5. Allenatore: Maran 7. Arbitro: Rocchi di Firenze 6. Reti: 19’ pt Benassi (T), 34’ Bruno Peres (T) aut.; 27’ st Birsa (C) rig. Recupero: 7 minuti (3’ pt + 4’ st). Ammoniti: Benassi, Gazzi, Immobile (T); Dainelli, Gobbi, Floro Flores (C). Espulsi: nessuno. Spettatori: 14.327.

24 reti: Higuaín (Napoli, 2 rig.) 13 reti: Dybala (Juventus, 3 rig.) 12 reti: Bacca (Milan, 1 rig.); Eder (0 Inter/12 Sampdoria, 3 rig.) 10 reti: Ilicic (6 rig.), Kalinic (Fiorentina); Pavoletti (Genoa); Icardi (Inter); Insigne (Napoli, 1 rig.) 9 reti: Maccarone (Empoli) 8 reti: Paloschi (Chievo, 1 rig. trasf. Swansea); Pjanic (Roma, 1 rig.) 7 reti: Destro (Bologna, 2 rig.); Dionisi (Frosinone, 1 rig.); Soriano (Sampdoria); Théréau (Udinese)

Data: 12-02-2016 – Ore: 20:45 CARPI 3-5-2: Belec 6; Suagher 5,5, Romagnoli 6, Gagliolo 5,5 (39’ st Verdi ng); Sabelli 6, Crimi 6, Cofie 6, Lollo 5,5, Letizia 5,5; Mbakogu 7 (34’ st Di Gaudio ng), Mancosu 5 (9’ st Lasagna 6,5). Allenatore: Castori 6. ROMA 4-2-3-1: Szczesny 6; Florenzi 6,5, Manolas 6,5, Rüdiger 5, Digne 7; Vainqueur 6, Nainggolan 6; Salah 7 (47’ st Emerson ng), Perotti 6, El Shaarawy 5,5 (1’ st Pjanic 7); Dzeko 7. Allenatore: Spalletti 7. Arbitro: Tagliavento di Terni 6. Reti: 11’ st Digne (R), 15’ Lasagna (C), 39’ Dzeko (R), 40’ Salah (R). Recupero: 3 minuti (0’ pt + 3’ st). Ammoniti: Suagher, Gagliolo, Mbakogu, Mancosu, Lasagna (C). Espulsi: nessuno. Spettatori: 9.166.

Data: 14-02-2016 – Ore: 20:45 FIORENTINA 4-2-3-1: Tatarusanu 6; Roncaglia 6, Rodríguez 7, Astori 6, Alonso 5; Vecino 6 (42’ st Tino Costa ng), Borja Valero 7; Tello 5 (13’ st Zárate 6), Ilicic 6 (42’ st Babacar 6,5), Bernardeschi 6,5; Kalinic 5. Allenatore: Paulo Sousa 7. INTER 4-3-3: Handanovic 5,5; Nagatomo 5, Miranda 6, Murillo 5, Telles 6; Brozovic 6,5, Medel 6, Kondogbia 6; Palacio 6,5 (39’ st D’Ambrosio ng), Icardi 5, Eder 5 (26’ st Perisic ng). Allenatore: Mancini 5,5. Arbitro: Mazzoleni di Bergamo 4. Reti: 26’ pt Brozovic (I); 15’ st Borja Valero (F), 46’ Babacar (F). Recupero: 6 minuti (0’ pt + 6’ st). Ammoniti: Alonso, Kalinic (F); Telles, Brozovic, Medel, Palacio, Icardi (I). Espulsi: 37’ st Telles (I), 48’ Zarate (F), Kondogbia dopo il fischio finale. Spettatori: 30.486.

Data: 14-02-2016 – Ore: 12:30 MILAN 4-4-2: Donnarumma 5,5; De Sciglio 6, Alex 6, Romagnoli 6, Antonelli 6,5; Honda 7, Montolivo 7 (38’ st Poli ng), Bertolacci 6, Bonaventura 6; Bacca 7 (43’ st Balotelli ng), Niang 5,5 (32’ st Menez 6). Allenatore: Mihajlovic 6,5. GENOA 3-4-3: Perin 5; Izzo 6 (20’ st Lazovic 5,5), Burdisso 6, De Maio 5; Fiamozzi 5,5, Rigoni 5,5, Dzemaili 5 (32’ st Ntcham 5,5), Gabriel Silva 5; Suso 5 (1’ st Cerci 6), Matavz 5, Laxalt 5,5. Allenatore: Gasperini 5. Arbitro: Calvarese di Teramo 6. Reti: 5’ pt Bacca (M); 19’ st Honda (M), 47’ Cerci (G). Recupero: 5 minuti (1’ pt + 4’ st). Ammoniti: Romagnoli (M); Rigoni (G). Espulsi: nessuno. Spettatori: 30.547.

Data: 14-02-2016 – Ore: 15:00 UDINESE 3-5-2: Karnezis 6; Heurtaux 5, Danilo 5,5, Felipe 6; Edenilson 5, Kuzmanovic 6 (19’ st Bruno Fernandes 6), Lodi 5,5, Hallfredsson 6,5, Armero 6; Matos 6 (13’ st Zapata 5), Théréau 6 (32’ st Di Natale 6). Allenatore: Colantuono 5,5. BOLOGNA 4-3-3: Da Costa 6,5; Mbaye 6, Gastaldello 7, Maietta 7, Morleo 6; Donsah 6 (30’ st Floccari 6), Diawara 7, Taider 6; Mounier 6 (10’ st Rizzo 6), Destro 7 (39’ st Brighi ng), Giaccherini 6,5. Allenatore: Donadoni 7. Arbitro: Russo di Nola 6. RetE: 34’ st Destro. Recupero: 6 minuti (0’ pt + 6’ st). Ammoniti: Gastaldello (B). Espulsi: nessuno. Spettatori: 14.975.

Data: 13-02-2016 – Ore: 18:00 CHIEVO 4-3-1-2: Bizzarri 6; Frey 6 (10’ st Sardo 6), Spolli 7, Cesar 7, Gobbi 6; Pinzi 6, Radovanovic 6, Rigoni 6; Birsa 6 (23’ st Costa 6); Inglese 6, Floro Flores 6 (36’ pt Mpoku 6). Allenatore: Maran 6. SASSUOLO 4-3-3: Consigli 6; Vrsaljko 6, Cannavaro 6, Acerbi 6, Peluso 5,5; Missiroli 6, Magnanelli 6, Duncan 6; Berardi 5 (34’ st Politano ng), Falcinelli 5,5 (27’ st Trotta 5,5), Sansone 7 (34’ st Defrel ng). Allenatore: Di Francesco 6. Arbitro: Ghersini di Genova 6. Reti: 29’ pt Birsa (C) rig., 30’ Sansone (S). Recupero: 5 minuti (1’ pt + 4’ st). Ammoniti: Radovanovic, Rigoni, Birsa (C); Peluso, Missiroli (S). Espulsi: nessuno. Spettatori: non comunicati.

Data: 13-02-2016 – Ore: 20:45 JUVENTUS 4-4-2: Buffon 7; Lichtsteiner 7, Bonucci 7 (7’ st Rugani 6), Barzagli 7,5, Evrà 6,5; Cuadrado 6,5, Khedira 6, Marchisio 7, Pogba 6; Dybala 6 (41’ st Alex Sandro ng), Morata 5 (13’ st Zaza 7). Allenatore: Allegri 7. NAPOLI 4-3-3: Reina 5,5; Hysaj 6, Albiol 6, Koulibaly 5, Ghoulam 6; Allan 6 (45’ st Gabbiadini ng), Jorginho 6,5, Hamsik 6; Callejón 5, Higuaín 5, Insigne 5 (31’ st Mertens ng). Allenatore: Sarri 6. Arbitro: Orsato di Schio 7. RetE: 43’ st Zaza. Recupero: 4 minuti (1’ pt + 3’ st). Ammoniti: Marchisio, Pogba (J); Koulibaly, Callejón (N). Espulsi: nessuno. Spettatori: 41.305.

Data: 14-02-2016 – Ore: 15:00 PALERMO 4-3-3: Sorrentino 6 (37’ pt Alastra 7); Morganella 5, Goldaniga ng (14’ pt Andelkovic 5), González 4,5, Rispoli 5,5; Hiljemark 5 (31’ st Trajkovski 5), Brugman 5, Chochev 5; Vazquez 6, Gilardino 6,5, Quaison 5. Allenatore: Bosi 6. TORINO 3-5-2: Padelli 7; Maksimovic 6, Glik 6, Moretti 6,5; Zappacosta 6 (25’ st Gastón Silva 6), Benassi 6,5, Vives 6, Baselli 6, Bruno Peres 5 (14’ st Molinaro 6); Belotti 6, Immobile 8 (37’ st Martínez ng). Allenatore: Ventura 7. Arbitro: Cervellera di Taranto 6,5. Reti: 2’ pt Gilardino (P), 19’ Immobile (T) rig., 31’ González (P) aut.; 24’ st Immobile (T). Recupero: 8 minuti (5’ pt + 3’ st). Ammoniti: González (P); Glik, Vives (T). Espulsi: nessuno. Spettatori: 13.820.

Juventus Napoli Fiorentina Roma Inter Milan Lazio Sassuolo Empoli Bologna Torino Chievo Atalanta Udinese Palermo Genoa Sampdoria Frosinone Carpi Verona

57 25 18 3 4 46 15 56 25 17 5 3 53 20 49 25 15 4 6 44 24 47 25 13 8 4 47 27 45 25 13 6 6 31 22 43 25 12 7 6 37 27 36 25 10 6 9 34 34 35 25 8 11 6 29 29 34 25 9 7 9 30 34 33 25 10 3 12 29 31 31 25 8 7 10 33 33 31 25 8 7 10 30 33 29 25 7 8 10 23 27 27 25 7 6 12 21 38 26 25 7 5 13 27 42 25 25 6 7 12 25 30 25 25 6 7 12 36 43 22 25 6 4 15 26 51 19 25 4 7 14 23 43 15 25 1 12 12 21 42

Data: 13-02-2016 – Ore: 15:00 EMPOLI 4-3-1-2: Skorupski 6; Zambelli 5,5 (34’ st Mchedlidze 6), Tonelli 6, Ariaudo 5, Mario Rui 5; Zielinski 6, Paredes 6,5, Büchel 6 (33’ st Bittante 6); Saponara 7; Pucciarelli 6, Maccarone 6. Allenatore: Giampaolo 6. FROSINONE 4-3-1-2: Leali 7; Rosi 5,5, Russo 6, Blanchard 6, Pavlovic 6,5; Sammarco 6, Gori 6, Frara 6; Dionisi 7 (43’ st Paganini ng); Ciofani D. 7 (33’ st Longo 5), Tonev 6 (24’ st Ajeti 6). Allenatore: Stellone 7. Arbitro: Di Bello di Brindisi 6. Reti: 17’ pt Ciofani D. (F); 15’ st Maccarone (E), 26’ Ciofani D. (F). Recupero: 5 minuti (0’ pt + 5’ st). Ammoniti: Mario Rui, Büchel (E); Rosi, Blanchard, Sammarco, Gori, Longo, Tonev (F). Espulsi: nessuno. Spettatori: 7.897 Note: .

Data: 11-02-2016 – Ore: 20:45 LAZIO 4-3-3: Marchetti 6; Konko 6, Mauricio 5,5, Hoedt 5, Lulic 6; Cataldi 7, Biglia 6, Milinkovic-Savic 6; Felipe Anderson 6,5 (39’ st Candreva 6), Matri 7 (35’ st Klose 6), Mauri 6,5 (28’ st Keita 7). Allenatore: Pioli 6,5. VERONA 4-4-2: Gollini 5; Pisano 5, Moras 5,5, Helander 5,5, Fares 5 (6’ st Romulo 5); Jankovic 5 (6’ st Gilberto 6), Ionita 6, Greco 6,5, Wszolek 5; Toni 6, Pazzini 6 (25’ st Gomez 6). Allenatore: Del Neri 5,5. Arbitro: Gervasoni di Mantova 5,5. Reti: 45’ pt Matri (L); 5’ st Mauri (L), 24’ Felipe Anderson (L), 27’ Greco (V), 34’ Toni (V), 37’ Keita (L), 45’ Candreva (L) rig. Recupero: 3 minuti (0’ pt + 3’ st). Ammoniti: Mauricio (L). Espulsi: nessuno. Spettatori: non comunicati.

Data: 14-02-2016 – Ore: 15:00 SAMPDORIA 3-4-1-2: Viviano 6; Cassani 5, Ranocchia 5,5, Silvestre 5; Ivan 6, Soriano 5 (41’ st Barreto ng), Fernando 5, Dodô 6; Correa 5 (30’ st Muriel 5); Cassano 5 (16’ st Álvarez 5), Quagliarella 5. Allenatore: Montella 5,5. ATALANTA 4-3-3: Sportiello 6; Conti 6, Tolói 6, Masiello 6,5, Dramè 6; Kurtic 6, De Roon 6, Freuler 6 (13’ st Cigarini 6); Diamanti 6 (35’ st Raimondi 6), Pinilla 5,5 (20’ st Borriello 5), Gomez 5,5. Allenatore: Reja 6. Arbitro: Damato di Barletta 5. Recupero: 6 minuti (1’ pt + 5’ st). Ammoniti: Silvestre, Ivan (S); De Roon, Diamanti, Borriello, Gomez (A). Espulsi: nessuno. Spettatori: 20.341.

24 reti: Higuaín (Napoli, 2 rig.) 13 reti: Dybala (Juventus, 3 rig.); Bacca (Milan, 1 rig.) 12 reti: Eder (0 Inter/12 Sampdoria, 3 rig.) 10 reti: Maccarone (Empoli); Ilicic (6 rig.), Kalinic (Fiorentina); Pavoletti (Genoa); Icardi (Inter); Insigne (Napoli, 1 rig.) 8 reti: Destro (Bologna, 2 rig.); Paloschi (Chievo, 1 rig. trasf. Swansea); Pjanic (Roma, 1 rig.) 7 reti: Ciofani D. (2 rig.), Dionisi (Frosinone, 1 rig.); Candreva (Lazio, 4 rig.); Gilardino (Palermo); Salah (Roma); Soriano (Sampdoria); Théréau (Udinese)

Calcio 2OOO

95


1X2

i NUMERI Della

26a GIORNATA

Atalanta-Fiorentina 2-3 (0-0)

Bologna-Juventus 0-0 (0-0)

Frosinone-Lazio 0-0 (0-0)

Genoa-Udinese 2-1 (0-1)

Inter-Sampdoria 3-1 (1-0)

Napoli-Milan 1-1 (1-1)

Roma-Palermo 5-0 (1-0)

Sassuolo-Empoli 3-2 (1-1)

Torino-Carpi 0-0 (0-0)

Verona-Chievo 3-1 (1-0)

CLASSIFICA

MARCATORI

Data: 21-02-2016 – Ore: 15:00 ATALANTA 4-3-3: Sportiello 6; Conti 6, Tolói 6, Masiello 5,5, Dramè 5,5; Kurtic 5,5 (35’ st Borriello ng), De Roon 6, Cigarini 6; D’Alessandro 6 (24’ st Gakpé ng), Pinilla 5,5, Gomez 6 (15’ st Diamanti 5,5). Allenatore: Reja 6. FIORENTINA 4-2-3-1: Tatarusanu 6; Roncaglia 6, Rodríguez 6, Astori 5, Pasqual 6; Vecino 6, Badelj 6; Tello 7 (39’ st Tomovic ng), Fernández 7, Bernardeschi 6 (21’ st Borja Valero 7); Babacar 5 (15’ st Kalinic 7). Allenatore: Paulo Sousa 6,5. Arbitro: Celi di Bari 5,5. Reti: 22’ st Fernández (F), 36’ Tello (F), 39’ Conti (A), 42’ Kalinic (F), 46’ Pinilla (A). Recupero: 5 minuti (2’ pt + 3’ st). Ammoniti: Conti, Dramè, Cigarini, Pinilla (A); Pasqual, Babacar (F). Espulsi: 47’ st Conti (A) per doppia ammonizione. Spettatori: 15.415.

Data: 21-02-2016 – Ore: 15:00 GENOA 3-4-3: Perin 6; Muñoz 6 (1’ st De Maio 7), Burdisso 6, Izzo 6; Rincón 6, Rigoni 6, Dzemaili 6, Laxalt 7; Cerci 7 (35’ st Marchese 6), Matavz 6, Suso 6 (22’ st Tachtsidis 6). Allenatore: Gasperini 6,5. UDINESE 3-5-2: Karnezis 7; Piris 5,5, Danilo 5,5, Felipe 6; Edenilson 5, Badu 6, Guilherme 6 (29’ st Di Natale 5), Hallfredsson 6 (22’ st Kuzmanovic 5,5), Adnan 6; Zapata 4,5 (16’ st Matos 6), Théréau 6. Allenatore: Colantuono 5,5. Arbitro: Gervasoni di Mantova 6,5. Reti: 33’ pt Adnan (U); 12’ st Cerci (G) rig., 25’ Laxalt (G). Recupero: 5 minuti (2’ pt + 3’ st). Ammoniti: Burdisso, Izzo, Suso (G); Guilherme, Hallfredsson, Zapata (U). Espulsi: nessuno. Spettatori: 19.061 Note: Al 45’ st Di Natale (U) si è fatto parare un rigore.

Data: 21-02-2016 – Ore: 20:45 ROMA 4-3-1-2: Szczesny 6; Maicon 6 (33’ st Strootman 6), Manolas 6,5, Rüdiger 6, Digne 6; Florenzi 6,5, Keita 7, Nainggolan 7; Pjanic 7 (27’ st Iago Falqué 6); Salah 8 (41’ st Perotti 6), Dzeko 7. Allenatore: Spalletti 7. PALERMO 3-5-1-1: Alastra 5; Struna 4, González 5, Andelkovic 5; Morganella 5, Hiljemark 5,5, Brugman 5 (12’ st Trajkovski 6), Jajalo 5, Pezzella 5; Vazquez 5 (22’ st Maresca 5,5); Gilardino 5 (27’ st Djurdjevic 5). Allenatore: Iachini 5. Arbitro: Giacomelli di Trieste 6. Reti: 30’ pt Dzeko; 7’ st Keita, 15’ e 17’ Salah, 44’ Dzeko. Recupero: 2 minuti (0’ pt + 2’ st). Ammoniti: Struna (P). Espulsi: nessuno. Spettatori: 25.000 circa.

Data: 20-02-2016 – Ore: 18:00 VERONA 4-4-2: Gollini 6; Pisano 6,5, Moras 5,5, Helander 6, Fares 7 (23’ st Emanuelson 6); Wszolek 7, Ionita 7,5, Marrone 7, Siligardi 7 (15’ st Albertazzi 6); Toni 7, Pazzini 7 (29’ st Bianchetti 6). Allenatore: Del Neri 7. CHIEVO 4-3-1-2: Bizzarri 6,5; Cacciatore 5,5, Spolli 5, Cesar 6, Frey 5,5; Pinzi 5,5 (22’ st Costa 6), Rigoni 6, Castro 6; Birsa 5 (1’ st Mpoku 6); Inglese 6, Pellissier 6 (30’ st Floro Flores 5,5). Allenatore: Maran 5,5. Arbitro: Guida di Torre Annunziata 5. Reti: 29’ pt Toni (V); 12’ st Pazzini (V), 26’ Pellissier (C) rig., 50’ Ionita (V). Recupero: 6 minuti (1’ pt + 5’ st). Ammoniti: Moras, Wszolek (V); Spolli, Frey, Pinzi, Rigoni (C). Espulsi: 25’ st Moras (V), 34’ Spolli (C) entrambi per doppia ammonizione. Spettatori: 22.469.

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Calcio 2OOO

Data: 19-02-2016 – Ore: 20:45 BOLOGNA 4-3-3: Mirante 6,5; Mbaye 6, Gastaldello 7, Maietta 7, Masina 6 (28’ st Constant 6); Donsah 7, Diawara 7, Taider 6 (35’ st Brienza ng); Rizzo 5,5 (20’ st Mounier 6), Destro 6,5, Giaccherini 6,5. Allenatore: Donadoni . JUVENTUS 4-3-1-2: Buffon 6; Lichtsteiner 6, Bonucci 6, Barzagli 6, Evrà 6; Sturaro 5, Marchisio 6, Pogba 5; Pereyra 5 (1’ st Cuadrado 5,5); Zaza 5 (23’ st Dybala 6), Morata 6. Allenatore: Allegri 5,5. Arbitro: Irrati di Pistoia 5,5. Recupero: 3 minuti (0’ pt + 3’ st). Ammoniti: Gastaldello, Diawara (B); Sturaro, Marchisio (J). Espulsi: nessuno. Spettatori: 29.463.

Data: 20-02-2016 – Ore: 20:45 INTER 4-4-2: Handanovic 6; Nagatomo 6, Miranda 7, Murillo 6, D’Ambrosio 7; Biabiany 7 (34’ st Gnoukouri ng), Felipe Melo 6,5, Brozovic 6 (43’ st Jovetic ng), Perisic 5; Icardi 7, Eder 5,5 (18’ st Ljajic 5,5). Allenatore: Mancini 7. SAMPDORIA 3-4-2-1: Viviano 5; Cassani 5, Ranocchia 4,5, Silvestre 5; Ivan 5 (23’ st Muriel 6), Fernando 5,5, Soriano 5,5, Dodô 5,5; Álvarez 6,5 (40’ st Christodoulopoulos ng), Correa 6 (34’ st Krsticic ng); Quagliarella 6. Allenatore: Montella 5. Arbitro: Massa di Imperia 5. Reti: 23’ pt D’Ambrosio (I); 12’ st Miranda (I), 28’ Icardi (I), 47’ Quagliarella (S). Recupero: 3 minuti (0’ pt + 3’ st). Ammoniti: Nagatomo, Miranda, Brozovic (I); Ranocchia, Dodô (S). Espulsi: nessuno. Spettatori: 39.055.

Data: 21-02-2016 – Ore: 15:00 SASSUOLO 4-3-3: Consigli 6; Vrsaljko 6,5, Cannavaro 6, Acerbi 6,5, Peluso 5,5; Missiroli 6, Magnanelli 7, Duncan 6,5; Berardi 8 (37’ st Biondini ng), Defrel 7,5 (41’ st Falcinelli ng), Sansone 6 (30’ st Politano 6). Allenatore: Di Francesco 6,5. EMPOLI 4-3-1-2: Skorupski 6; Laurini 5,5, Tonelli 6, Cosic 5,5, Zambelli 6; Zielinski 6,5, Paredes 6 (23’ st Dioussè 6), Croce 6 (12’ st Bittante 6); Saponara 6 (12’ st Piu 6); Maccarone 6,5, Pucciarelli 6. Allenatore: Giampaolo 6. Arbitro: Valeri di Roma 4. Reti: 36’ pt Zielinski (E), 41’ Berardi (S); 3’ e 5’ st Defrel (S), 25’ Maccarone (E) rig. Recupero: 5 minuti (0’ pt + 5’ st). Ammoniti: Peluso, Missiroli (S); Tonelli, Saponara (E). Espulsi: 31’ pt Missiroli (S), 38’ Tonelli (E) entrambi per doppia ammonizione. Spettatori: 10.243.

Juventus Napoli Fiorentina Roma Inter Milan Sassuolo Lazio Bologna Empoli Torino Chievo Atalanta Genoa Udinese Palermo Sampdoria Frosinone Carpi Verona

58 26 18 4 4 46 15 57 26 17 6 3 54 21 52 26 16 4 6 47 26 50 26 14 8 4 52 27 48 26 14 6 6 34 23 44 26 12 8 6 38 28 38 26 9 11 6 32 31 37 26 10 7 9 34 34 34 26 10 4 12 29 31 34 26 9 7 10 32 37 32 26 8 8 10 33 33 31 26 8 7 11 31 36 29 26 7 8 11 25 30 28 26 7 7 12 27 31 27 26 7 6 13 22 40 26 26 7 5 14 27 47 25 26 6 7 13 37 46 23 26 6 5 15 26 51 20 26 4 8 14 23 43 18 26 2 12 12 24 43

Data: 21-02-2016 – Ore: 18:00 FROSINONE 4-3-3: Leali 7; Rosi 6, Ajeti 7, Blanchard 6,5, Pavlovic 6; Gori 6, Sammarco 6, Frara 6 (42’ st Chibsah ng); Dionisi 6,5 (38’ st Kragl ng), Ciofani D. 6, Soddimo 5 (24’ st Tonev 6). Allenatore: Stellone 6,5. LAZIO 4-3-3: Marchetti 6; Konko 6,5, Bisevac 6, Hoedt 6, Lulic 6; Cataldi 5,5, Biglia 6, Parolo 5,5 (30’ st Milinkovic-Savic 6); Candreva 5, Djordjevic 5 (21’ st Klose 6), Mauri 6 (7’ st Keita 6). Allenatore: Pioli 5,5. Arbitro: Russo di Nola 6. Recupero: 4 minuti (0’ pt + 4’ st). Ammoniti: Rosi, Chibsah (F). Espulsi: nessuno. Spettatori: 7.954.

Data: 22-02-2016 – Ore: 21:00 NAPOLI 4-3-3: Reina 6; Hysaj 5,5, Albiol 6, Koulibaly 6, Ghoulam 6; Allan 5 (36’ st Gabbiadini ng), Jorginho 6, Hamsik 5; Callejón 5,5 (20’ st Mertens 6), Higuaín 5, Insigne 6 (44’ st El Kaddouri ng). Allenatore: Sarri 5,5. MILAN 4-4-2: Donnarumma 6; Abate 6,5, Alex 6,5, Zapata 6,5, Antonelli 5,5; Honda 6, Montolivo 6 (38’ st Bertolacci ng), Kucka 6,5, Bonaventura 6,5; Bacca 5 (28’ st Menez 5,5), Niang 6 (41’ st Balotelli ng). Allenatore: Mihajlovic 6,5. Arbitro: Banti di Livorno 6. Reti: 39’ pt Insigne (N), 44’ Bonaventura (M). Recupero: 5 minuti (1’ pt + 4’ st). Ammoniti: Donnarumma, Montolivo (M). Espulsi: nessuno. Spettatori: 54.758.

Data: 21-02-2016 – Ore: 15:00 TORINO 3-5-2: Padelli ng; Maksimovic 6, Glik 6, Moretti 6; Bruno Peres 6, Benassi 5 (28’ st Maxi López 5), Vives 5, Baselli 5 (40’ st Obi ng), Gastón Silva 5 (44’ st Zappacosta ng); Immobile 6, Belotti 6. Allenatore: Ventura 5. CARPI 4-4-1-1: Belec 7; Zaccardo 6, Romagnoli 6, Gagliolo 5, Letizia 6; Sabelli 6, Lollo 6, Bianco 6,5, Di Gaudio 5,5 (21’ st Cofie 6); Crimi 6 (6’ st Lasagna 5,5); Mbakogu 5 (30’ st Mancosu ng). Allenatore: Castori 6,5. Arbitro: Gavillucci di Latina 5,5. Recupero: 4 minuti (0’ pt + 4’ st). Ammoniti: Glik, Bruno Peres, Benassi, Immobile (T); Zaccardo, Sabelli, Lollo, Crimi (C). Espulsi: nessuno. Spettatori: 22.891 Note: Al 33’ st Maxi López (T) si è fatto parare un rigore.

24 reti: Higuaín (Napoli, 2 rig.) 13 reti: Dybala (Juventus, 3 rig.); Bacca (Milan, 1 rig.) 12 reti: Eder (0 Inter/12 Sampdoria, 3 rig.) 11 reti: Maccarone (Empoli, 1 rig.); Kalinic (Fiorentina); Icardi (Inter); Insigne (Napoli, 1 rig.) 10 reti: Ilicic (Fiorentina, 6 rig.); Pavoletti (Genoa) 9 reti: Salah (Roma) 8 reti: Destro (Bologna, 2 rig.); Paloschi (Chievo, 1 rig. trasf. Swansea); Pjanic (Roma, 1 rig.)


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