Mensile | MAGGIO 2016 | N. 221 | Italia | Euro 3,90
Calcio
BE €8,00 | F €11,50 | PTE CONT €7,50 | E €7,50 | CHCT chf 8,50
2OOO il mensile diretto da FABRIZIO PONCIROLI
Esclusiva Diego LAXALT “GASPERINI È IL MIGLIORE”
L’ALFABETO DEI BIDONI
FABIO JUNIOR
QUELLO PIÙ FORTE DI RONALDO
SPECIALE VIVAIO JUVENTUS Tanti campioni all’orizzonte
Esclusiva Sergio BATTISTINI PRODOTTO ITALIANO DOC
Esclusiva Michele PARAMATTI ANIMA DEL BOLOGNA
ESCLUSIVA
Johan CRUIJFF
ADDIO AL PROFETA OLANDESE
foto Agenzia Liverani
Speciale Gino CORIONI OMAGGIO AD UN GRANDE PRESIDENTE
INCHIESTA STADI VUOTI
“IL PUBBLICO SE NE VA”
IL TOP DEL CALCIO MONDIALE
L'EDITORIALE di Fabrizio PONCIROLI
direttore@calcio2000.it
C’ERA UNA VOLTA IL CALCIO POPOLARE…
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N. 221 - MAGGIO 2016
Mensile | MAGGIO 2016 | N. 221 | Italia | Euro 3,90
Calcio
BE €8,00 | F €11,50 | PTE CONT €7,50 | E €7,50 | CHCT chf 8,50
L’ALFABETO DEI BIDONI
FABIO JUNIOR
QUELLO PIÙ FORTE DI RONALDO
2OOO
SPECIALE VIVAIO JUVENTUS Tanti campioni all’orizzonte
il mensile diretto da FABRIZIO PONCIROLI
Esclusiva Diego LAXALT “GASPERINI È IL MIGLIORE”
2OOO
JOHAN CRUIJFF
Esclusiva Sergio BATTISTINI PRODOTTO ITALIANO DOC
Esclusiva Michele PARAMATTI ANIMA DEL BOLOGNA
foto Agenzia Liverani
Speciale Gino CORIONI OMAGGIO AD UN GRANDE PRESIDENTE
Calcio
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lla fine abbiamo deciso di denunciare il grave fatto: il calcio, quello che accoglieva allo stadio migliaia e migliaia di persone, è vicino al trapasso. Sempre meno spettatori decidono di seguire i propri beniamini dal vivo, meglio la comodità delle quattro mura, coccolati da divano e TV. Da buon nostalgico, non riesco ad accettare questa desertificazione degli stadi. Mi fa male al cuore. Intendiamoci, il prodotto televisivo attuale mi soddisfa pienamente, mi dà un grande piacere ma rinunciare al calore dello stadio gremito è un duro colpo. Frequento da decenni gli impianti sportivi italiani, chiaro che qualcosa si è spezzato. Tardi per recuperare il tifoso vero, quello che spende soldi e tempo per vedere, con i propri occhi, live, la sua squadra del cuore? Forse no, ma bisogna darsi una mossa… Se non si farà nulla, attendiamoci il peggio, ossia 22 giocatori che rincorrono un pallone nel totale silenzio… Sto esagerando? Probabile ma forse neppure più di tanto… Speciale stadi vuoti a parte, direi che in questo numero c’è pane per i vostri denti. Due chiacchiere con Laxalt e Criscito, tanto per cominciare e un omaggio, più che doveroso, ad un grande presidente che ci ha lasciato da poco, quel Gino Corioni che ben ricordo. L’ho intervistato quando ero un ragazzotto con tanto da imparare, è stato un piacere assoluto. Spazio anche alle statistiche per capire come e quanto si corre nella nostra bistrattata Serie A… Non vi basta? Un’occhiata ai giovani talento del vivaio bianconero ci aiuterà a comprendere il perché la Juventus vince e convince. Bello aver ritrovato gente come Battistini e Paramatti, giocatori che facevano della passione la loro energia quotidiana. Poi, ovviamente, visto che l’apprezzate molto, non mi sono dimenticato dell’Alfabeto dei Bidoni… In questo nuovo numero mi sono focalizzato su Fabio Junior. Dicevano che sarebbe stato meglio di Ronaldo, quello visto in maglia nerazzurra… Non è andata benissimo… Chiudo con un desiderio privato ma che credo che alberghi anche in molti di voi. L’Europeo si avvicina. Conte ha fatto sapere a tutti che sarà il suo ultimo ballo in Azzurro. Buffon non ha mai vinto l’Europeo, per tanti sarà l’ultima chance. Nel 2006 sembravamo destinati ad una figuraccia colossale al Mondiale e l’abbiamo vinto. I miracoli accadono, soprattutto se c’è la Nazionale di mezzo… Non ho parlato di Cruijff? Ho preferito omaggiarlo con uno speciale…
ESCLUSIVA
Johan CRUIJFF
ADDIO AL PROFETA OLANDESE
INCHIESTA STADI VUOTI
“IL PUBBLICO SE NE VA”
“Preferisco morire di passione che di noia”
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IN TUTTE LE EDICOLE
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sommario n.221 6
issn 1126-1056
LA BOCCA DEL LEONE di Fabrizio Ponciroli
8 STADI VUOTI SPECIALE di Fabrizio Ponciroli 18 DIEGO LAXALT intervista esclusiva di Sergio Stanco 24 DOMENICO CRISCITO INTERVISTA ESCLUSIVA di Sergio Stanco 30 RECORD ATLETICI SPECIALE di Mirko Marcolini 34 GIOVANI BIANCONERI SPECIALE di Massimo Pavan 38 Johan Cruijff SPECIALE di Fabrizio Ponciroli 44 FABIO JUNIOR L’ALFABETO DEI BIDONI di Fabrizio Ponciroli 48 CROTONE - SERIE B
Anno 19 n. 5 MAGGIO 2016
Registrazione al Tribunale di Milano n.362 del 21/06/1997 - Iscritto al Registro Operatori di Comunicazione al n. 18246
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Redazione
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di Pasquale Romano
54 GINO CORIONI SPECIALE di Simone Bernabei 64 SERGIO BATTISTINI I GIGANTI DEL CALCIO di Fabrizio Ponciroli 74 CHAMPIONS LEAGUE ’87/’88
STORIA
di Gabriele Porri
78 ALBERTO MALESANI ACCADDE A... di Stefano Borgi 80 MICHELE PARAMATTI
DOVE SONO FINITI?
CAMPIONATI STRANIERI
NUMERO CHIUSO IL 30 MARZO 2016
IL PROSSIMO NUMERO sarà in edicola il 10 MAGGIO 2016 4
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Hanno collaborato
Mirko Marcolini,Sergio Stanco, Massimo Pavan,Pasquale Romano, Simone Toninato, Gabriele Porri, Stefano Borgi, Pierfrancesco Trocchi, Paolo Bardelli, Luca Manes, Flavio Sirna, Renato Maisani, Carletto RTL.
Fotografie
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Image Photo Agency (imagephotoagency.it), Agenzia Aldo Liverani, Federico De Luca.
Realizzazione Grafica TC&C S.r.l.
Statistiche
Redazione Calcio2000
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Tiber S.p.A. Via della Volta, 179 25124 Brescia Tel. +39 0303543439 Fax. +39 030349805
di Pierfrancesco Trocchi
84 SPAGNA di Paolo Bardelli 86 INGHILTERRA di Luca Manes 88 GERMANIA di Flavio Sirna 90 FRANCIA di Renato Maisani 92 I NUMERI DELLA SERIE A 98 SCOVATE da CARLETTO RTL
Diretto da
Fabrizio Ponciroli Marco Conterio, Luca Bargellini, Gaetano Mocciaro, Chiara Biondini, Simone Bernabei, Lorenzo Marucci, Pietro Lazzerini, Tommaso Maschio, Lorenzo Di Benedetto.
di Tommaso Maschio
di Simone Toninato
TC&C srl Strada Setteponti Levante 114 52028 Terranuova Bracciolini (AR) Tel +39 055 9172741 Fax +39 055 9170872 Michele Criscitiello
52 VENEZIA SERIE D
EDITORE
DIRETTORE RESPONSABILE
50 COSENZA - LEGA PRO
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Mepe S.p.A. Via Ettore Bugatti, 15 20142 Milano Tel +39 0289592.1 Fax +39 0289500688
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CalCiatori, finalmente!
Ci siamo, è arrivato Panini Calciatori 2015-2016, l’appuntamento da non perdere per chi ama il calcio… La 55esima edizione Calciatori, che fin dalla copertina si ammanta delle festose bandiere delle squadre di Serie A TIM, è certamente la più ricca mai realizzata. Lo è per la accresciuta completezza delle rose della Serie A TIM, per le quali ora ci sono ben 22 figurine dei calciatori da collezionare e le carriere complete di tutti gli allenatori. Lo è per il gran numero di informazioni e curiosità, anche storiche, messe a disposizione degli appassionati più esigenti. Lo è per il formato rinnovato delle figurine della Serie B ConTe.it, ognuna delle quali ritrae quest’anno due giocatori. Lo è per la ricchezza e la varietà dei materiali utilizzati, con tutte le maglie di Serie A TIM ritratte in figurine trasparenti con gli scudetti in raso. Lo è anche perché alcuni degli splendidi disegni dei collezionisti proposti nell’ambito dell’iniziativa online “RafFIGUra la tua squadra” sono diventati figurine dell’omonima sezione! Collezionisti che saranno ancora protagonisti della raccolta: infatti, sta a voi eleggere due delle figurine del rinnovato “Film del Campionato” sul sito ufficiale della collezione www.calciatoripanini. it. Per farlo, basta inserire nella sezione “Vota i tuoi Idoli” il codice alfanumerico presente all’interno di ogni bustina (escluse bustine omaggio) e selezionare il vostro idolo assoluto e la vostra giovane promessa. Calciatori Panini 2015-2016 ti aspetta in edicola con tante proposte vantaggiose, fra cui la scatola da 50 bustine al prezzo di €29,40 (anziché €35) e la confezione da 8 bustine al prezzo di €4,90 (anziché €5,60).
PER SCRIVERCI: media@calcio2000.it
LA BOCCA DEL LEONE di Fabrizio Ponciroli - foto Image Sport CRUIJFF, OGGI QUANTO VARRebbe? Buongiorno Direttore, credo che anche lei ci siamo rimasto male alla notizia della scomparsa di Cruijff. Io ho 49 anni, me lo ricordo bene e posso dire che era davvero uno di un’altra categoria. Mi chiedo quanto potrebbe valere uno come Cruiff al giorno d’oggi. Probabilmente più anche di Messi, non crede? Complimenti per l’intervista a Niang. Peccato si sia fatto male, si vede che è uno con la testa sulle spalle. Enrico, mail firmata Ciao Enrico, come avrai già notato, ho pensato anche di scrivere, di mio pugno, un servizio dedicato a Cruijff. Ti racconto un aneddoto. Nel 1981, quando è andato in scena il Mundialito, ho fatto di tutto per convincere mio papà a portarmi a San Siro. Ricordo che ero impazzito alla notizia che ci sarebbe stato anche lui. Volevo vederlo dal vivo. Niente da fare. Ma, grazie a quel no, ho visionato tantissime sue partite e posso confermare che era davvero uno speciale… Quanto varrebbe oggi? Impossibile dirlo… Ogni era ha il suo calcio e i suoi eroi. Ti faccio un quesito inverso:
Johan Cruijff
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quanto avrebbe inciso Messi in quegli anni? Come vedi è difficile dare una risposta… IBRAHIMOVIC PER LA CHAMPIONS Egregio Direttore, sono uno juventino e mi chiedo perché Marotta non faccia un tentativo per Ibrahimovic? Secondo me con lui saremmo ancora più forti e potremmo vincerla la Champions League che ci interessa tanto come primo obiettivo per la prossima stagione. Per me è l’unico fuoriclasse libero sul mercato e perché non prenderlo visto che costa anche meno di tanti altri più reclamizzati ma che non servono alla Juventus? Aspetto sua risposta. Luca, mail firmata Guarda, su Ibrahimovic mi sono espresso tante volte. Fossi presidente di qualsiasi club al mondo, proverei sempre ad averlo nella mia squadra. Se uno vince 13 Scudetti su 15 disponibili, significa che è speciale. Alla Juve, come al Milan o al Napoli o in qualunque altra big italiana, lo vedrei benissimo. Purtroppo credo che la Juventus abbia altri piani per l’attacco. Comunque mai dire mai,
Zlatan Ibrahimović
anche perché Raiola è agente, oltre che di Zlatan, anche di Pogba quindi parlerà a lungo con Marotta quest’estate. CONSULENZA CALCIATORI Direttore Ponciroli, scusi il disturbo, la contatto per una consulenza. Ho ritrovato un Calciatori Panini 1964/65. È in ottime condizioni, senza nessuna sbavatura e mancante di una sola figurina. So che è un album molto ricercato ma vorrei sapere da lei una quotazione e come dovrei muovermi per venderlo al meglio. Scusi ma so che lei è un esperto in materia, quindi mi dirà la verità. Nel frattempo, complimenti per Calcio2000, anche se faccio fatica a trovarlo in edicola ma, alla fine, lo trovo sempre. Giovanni, lettera firmata Buongiorno Giovanni, allora, innanzitutto, grazie per la definizione di esperto… Troppo buono… Comunque, lei ha per le mani davvero una reliquia e la deve trattare con la dovuta attenzione. Tenga presente che, l’album Calciatori Panini 196465, in condizioni da edicola (senza scritte o pieghe, senza strappi e
l'album panini 1964-65
completo), può arrivare a valere 700/1000 euro. Quindi, quello che farei io: cercherei la figurina mancante e lo completerei e poi lo metterei in vendita su un qualsiasi e-commerce. Se non è abile con il mondo internet, le consiglio di andare ad una fiera di fumetti/album figurine e venderlo al miglior offerente ma non scenda molto di prezzo. Ripeto è una reliquia. La figurina mancante la può recuperare con un investimento attorno ai 10 euro… Spero di essere stato utile… TRE NOMI DA TENER D’OCCHIO Buongiorno Ponciroli, la seguo sempre su Calcio2000, TMW e Sportitalia. Mi piace come parla di calcio. Non è mai irritante, come tanti altri che sento in TV. Le chiedo tre nomi che consiglierebbe ad Ausilio per migliorare la mia Inter. Secondo me ci servirebbero un centrocampista dai piedi buoni, una punta centrale ed un esterno di difesa ma sono curioso di sapere cosa ne pensa lei. Spero che ci salutino Felipe Melo e Medel. Stefano, mail firmata Allora Stefano, tre nomi… Vediamo. Partiamo da Biglia. A 30 anni,
Lucas Biglia
l’argentino ha voglia di diventare uno che fa la differenza e vince dei titoli. In pochi fanno girare la palla come lui. Problema: Lotito non lo svende. Secondo nome: Babacar. Alla Fiorentina soffre perché gioca poco, all’Inter, a mio avviso, farebbe tanti ma tanti gol. Per il terzo nome vado in difesa e dico Kolarov. Serve un giocatore di esperienza in difesa e l’ex Lazio mi pare l’uomo giusto. Ecco, diciamo che tutti e tre non costano pochissimo ma, vendendo qualcuno, credo che Ausilio riuscirà nell’intento di portare qualcosa di buono alla corte di Mancini. Felipe Melo penso proprio saluterà, Medel non credo, è un pupillo del Mancio (anche a me non fa impazzire). GALLIANI NON FARE PAZZIE Direttore, noto che ha rimesso le statistiche della Serie A, mi aspetto anche quelle dell’estero, almeno dei campionati principali. E sempre più approfondimenti storici, quello sui bidoni del calcio è il mio articolo preferito del mese, sempre. Io sono milanista e ho una paura. Ho paura che Galliani, per farsi bello con Berlusconi, possa vendere Donnarum-
Khouma el Babacar
ma. Questo è il nuovo Buffon e Buffon è costato 100 miliardi alla Juventus. Non bisogna venderlo ma ripartire d lui per una squadra di giovanissimi. Perché non lo capiscono al Milan? E’ così ovvio che con i vecchietti non si fa nulla, non corrono e non hanno più voglia. Saluti Direttore Andrea, mail firmata Caro Andrea, sono contento per la questione statistiche. Mi auguro di avere sempre più spazio per incrementarle ma non è semplice. Veniamo al Milan. No, da quanto ne so io, non ritengo possibile che Donnarumma possa partire, almeno non a breve giro. Il Milan se lo coccola da anni, Mihajlovic l’ha lanciato, sarebbe un errore privarsene proprio ora che sta diventando un top player. I vecchietti non corrono? Sai, ogni caso fa storia a sé. Nella Juventus, il miglior difensore, è un certo Barzagli che ha 35 primavere sulle spalle. Non credo che sia una questione di età ma condivido pienamente il tuo progetto: sarei estasiato all’idea di un Milan di giovanissimi, magari con un paio di fuoriclasse ad aiutarli nella crescita. Molto improbabile…
Adriano Galliani
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SPECIALE STADI VUOTI
SPECIALE / STADI VUOTI
I TIFOSI SONO SPARITI
foto Federico De Luca
La Serie A è sempre più un prodotto televisivo
MA GLI SPETTATORI?
Gli stadi italiani si stanno svuotando, le colpe sono diverse, le soluzioni? Poche… di Fabrizio PONCIROLI foto Archivio TC&C
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SPECIALE / STADI VUOTI
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on c’è nulla di più emozionante che giocare davanti a uno stadio pieno”. Musica e parole di Diego Armando Maradona. Ai suoi tempi, soprattutto se c’era lui in campo, difficilmente lo stadio era semi deserto. Per decenni, la Serie A ha offerto un prodotto di alta qualità, con tanto di cornice decisamente spettacolare. Per gli italiani, andare allo stadio, è sempre stato un “appuntamento da non perdere”. Quando le Pay TV erano ancora lontanissime dal prendere piede e, di conseguenza, ci si arrangiava con radioline e, dopo le partite, con 90° Minuto, andare a seguire la propria squadra del cuore dal vivo era normale, necessario, emozionante. E, attenzione, si sosteneva il
SPECIALE / STADI VUOTI
proprio credo calcistico a prescindere dai risultati in campo. Un esempio: campionato 1977/78, Milan. La stagione non è contraddistinta da straordinarie prestazioni. Eliminazione al secondo turno in Coppa Italia, uscita ai sedicesimi di finale in Coppa delle Coppe e magro quarto posto in campionato. Volete sapere la media spettatori di quella stagione senza alti e bassi? 48.071 anime presenti a San Siro ad ogni partita interna di Rivera e compagni… Certo, stiamo parlando, comunque, di una big del nostro calcio… Perfetto, spostiamo l’attenzione sull’Ascoli. In nove stagioni nella massima serie, tra il 1974 e il 1985, a seguire i marchigiani c’erano una media di 15.678 persone (23.523 nell’annata 1978/79). Il dato più impressionante, mantenendo l’interesse sugli anni ’70-’80, riguarda
la media spettatori totale: mai sotto i 30.000 spettatori, di media, a stagione. Pensate che, nell’annata 1984/85, si raggiunge la quota di 38.871 persone allo stadio per singola partita. Una cifra sublime, soprattutto se paragonata allo squallore dei giorni nostri. Entriamo nello specifico. La 27esima giornata del campionato in corso, quella, per intenderci, con i due big match JuventusInter e Fiorentina-Napoli, ha portato, negli stadi della massima serie, 19.784 unità di media. Meno di 20.000 unità. Peggio, nella storia del nostro calcio, è stato fatto solo nel 2006/07 (18.756 spettatori a partita) ma, in quel particolarissimo caso, il motivo è da ricercare nella mancanza, nella massima serie, di tre squadre del calibro di Juventus, Napoli e Genoa (tutte in serie inferiori), ossia circa il 28% dei “fre-
quentatori dello stadio”. Il panorama è allarmante: gli stadi italiani si stanno svuotando e, purtroppo, non è una situazione contingente. Negli ultimi anni, la disaffezione del tifoso nei confronti della “gara live” è evidente.
COLPA DELLA TV?
L'offerta televisiva offre uno spettacolo decisamente migliore
I MOTIVI DELLA CRISI Cosa sta, lentamente ma inesorabilmente, portando gli stadi italiani a trasformarsi in desertici teatri dove 22 persone rincorrono un pallone? Le cause sono diverse e, ognuna a suo modo, con una valenza notevole. Partiamo dal problema TV. Da sport popolare, il calcio è diventato un prodotto mediatico. L’approdo delle Pay TV ha portato vantaggi enormi alle casse delle società. I tanto discussi diritti televisivi, di fatto, sono la vera ragione per cui il sistema calcio italiano non è collassato. Dopo essere
SQUALLORE ALLO STADIO Vuoti e desolati, gli impianti italiani sono spesso l'anti calcio
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SPECIALE / STADI VUOTI
SPECIALE / STADI VUOTI
IL MALE DELLA CAPITALE
Roma e Lazio, due squadre che faticano a ritrovare il grande pubblico
IL CASO DELLE ROMANE Di Fabrizio Ponciroli
Olimpico spopolato e, questa volta, vale sia per la Roma che per la Lazio…
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ine anni ’90, Roma e Lazio sono due autentiche big del nostro calcio. Il pubblico, all’Olimpico, non manca di certo. Nel 1998/99, i biancocelesti sono seguiti da una media di 53.184 persone, i giallorossi da qualche centinaio di più. Nel 2001/02 la Roma fa il botto, arrivando a 64.270 spettatori di media ad ogni gara casalinga di campionato. Numeri spumeggianti che, confrontati con quelli attuali, lasciano esterrefatti. La Lazio (stagione 2015/16), forte di 14.238 abbonati, supera, a fatica, le 20.000 unità a match. Non va meglio alla Roma. Con 23.744 abbonati, si ferma a 33.384 spettatori di media. In 15 anni, oltre il 50% dei supporter ha abbandonato l’Olimpico. Oltre a tutte le motivazioni citate precedentemente, ci sono altri fattori che hanno reso Roma, intesa come Capitale, un luogo in cui il calcio ha ben poco a che fare con lo stadio. L’analisi di Pruzzo, bandiera della Roma anni ’80, è impietosa: “L’Olimpico è sempre stato uno stadio caldissimo, ora è gelido. La guerra tra Prefetto e Curva ha spezzato il tifo più caldo, il resto l’hanno fatto prestazioni non all’altezza e tanti, troppi problemi a livello di impianto. Un vero peccato”. Chiaro, chiarissimo. Sul fronte biancoceleste, invece, si danno tante colpe a Lotito. Da quando è lui il condottiero della società, tanti tifosi non si sono più riconosciuti nella squadra. In verità, l’impressione è che sia proprio l’Olimpico ad aver perso la magia di un tempo. Pallotta sogna uno stadio nuovo di zecca, Lotito ha fatto sapere di voler aspettare le mosse del “cugino americano”. Intanto una piazza storicamente caldissima come Roma si ritrova con uno stadio deserto…
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SPECIALE / STADI VUOTI
SPECIALE / STADI VUOTI
LA FORZA DELLE MILANESI
SERVE UN CAMBIO DI ROTTA Gli stadi italiani sono rimasti ancorati al passato..
Di Fabrizio Ponciroli
Negli ultimi 10 anni, Milan e Inter si sono confermate regine della media spettatori
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entrate in punta di piedi, cercando di non stravolgere le tradizioni e le abitudini dei tifosi, le Pay TV, forti dell’imperativo “pago, quindi decido”, hanno modellato il prodotto calcio a proprio piacimento. È nato così il “calcio spezzatino” con anticipi al venerdì e al sabato, gare durante l’ora di pranzo, posticipi di domenica sera e pure di lunedì. La domenica pomeriggio, per tanto tempo simbolo del calcio italiano, è diventato uno spazio da riempire con le squadre che fanno meno ascolti. Per le big, meglio posizionarle di sera, a prescindere dall’eventuale -5 a
livello di temperatura. Il big match alla domenica sera fa audience. Chi si guarda la partita comodamente seduto alla TV, non sente freddo, spende meno, non deve farsi mille code per tornare a casa e, il giorno seguente, va al lavoro fresco come una rosa e pure informato su tutto quanto accaduto sul campo. Eh sì perché, la tecnologia moderna, ha reso il calcio “analizzabile in presa diretta”. Tutto può essere rivisto da mille angolature, decisamente in antitesi con quanto accade allo stadio dove, a volte, si fatica pure a capire chi abbia segnato… Il sistema
Pay TV ha “rubato” migliaia e migliaia di spettatori ai fatiscenti stadi, rendendoli perfetti pantofolai, felici di godersi la propria squadra del cuore senza spendere tempo, soldi eccessivi e pure in un ambiente confortevole e scegliendosi pure chi avere, nel caso, al fianco. Come dargli torto? Passiamo alla questione stadi. Qui ci si apre una voragine. Juventus Stadium a parte, geniale intuizione che, finalmente, sta illuminando altre menti (Udinese, Sassuolo, si spera Roma…), gli stadi italiani sono, per così dire, tutto ciò che un vero tifoso di calcio non vorrebbe do-
ver affrontare per seguire la propria squadra. Già l’acquisto del biglietto è diventato, negli ultimi anni, una vera e propria odissea. Tessera del tifoso, documenti, divieti, limitazioni, tutto pur di non favorire l’entrata allo stadio. Pensare di acquistare il biglietto il giorno della partita, magari per fare un bel regalo al figlio, di fatto è impossibile, fantascienza pura. I pochi fortunati che, dopo mille peripezie, riescono ad avere il tagliando, devono accettare una serie di compromessi paurosi: servizi igienici maleodoranti, pochi bar, seggiolini di cemento armato, calciatori
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SQUADRA
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JUVENTUS INTER MILAN ROMA LAZIO NAPOLI FIORENTINA TOTALE MEDIA TOP CLUB
41.820 36.283 44.796 53.935 44.846 67.678 31.280
31.144 49.656 40.660 44.589 31.560 55.535 39.154
41.271 52.572 60.941 51.421 38.544 77.597 42.360
29.627 50.142 59.054 22.067 20.022 58.284 30.733
47.886 40.523 56.659 56.356 48.715 37.579 34.401
42.229 66.565 58.522 64.270 47.492 32.835 * 29.463
26.429 57.295 63.595 49.631 37.516 37.088 ** 34.202
22.924 56.195 42.809 40.975 36.154 40.797 27.428
38.553 37.270 36.661 40.135 34.949 32.266 30.309
320.638
292.298
364.706
269.929
322.119
308.541
268.668
267.282
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* Serie B - ** Serie C1 - Dati Stadiapostcards.com
presenza spettatori top club
dati non sono ancora definitivi, ci sono ancora alcuni incontri casalinghi da giocare, eppure l’Inter ha già tra le mani lo scettro di club con più presenze allo stadio. I nerazzurri, ad ogni partita di campionato a San Siro, portano, ad oggi (14 partite analizzate su 19 disputate), 45.297 persone (rilevazioni Stadiapostcards.com). Alle sue spalle Napoli (sfiora le 40.000 unità) e Juventus (38.362, praticamente la capienza dello Juventus Stadium, quindi media non migliorabile). Un risultato sorprendente quello della società di Thohir, soprattutto se paragonato alla stagione 2014/15 quando, a San Siro, si sono viste 37.230 unità di media (primo posto per la Roma con 40.135). L’anno precedente, i nerazzurri avevano chiuso al primo posto della speciale graduatoria, con 46.246 persone. Primo posto assoluto anche durante l’annata 2012/13 con 46.551. L’ultima “vittoria” del Milan risale, invece, al campionato 2011/12 con 49.020 unità ad ogni match casalingo del Diavolo. Circa 10.000 persone in meno rispetto alla stagione precedente quando San Siro, sponda nerazzurra, era quasi sempre pieno (59.697 supporter di media). Inter detentrice del trofeo anche nelle annate 2009/10 (56-195) e 2006/07 (48.284). Nel 2008/09 e nel 2007/08, lo scettro di squadra più seguita allo stadio è finito, invece, nelle mani del Milan (rispettivamente con 59.731 e 56.442 unità). Nelle ultime 10 stagioni, fatta eccezione per il colpaccio della Roma durante il campionato 2014/15, Inter
ESEMPIO MILANESE Comunque sia, San Siro resta lo stadio più frequentato
e Milan si sono dimostrate le società con più presenze allo stadio. I rossoneri sono stati anche l’ultimo club italiano
ad avere, durante la stagione, una media spettatori superiore alle 60.000 unità. È capitato nell’annata 2004/05: 63.595
per l’esattezza. L’Inter ci è riuscita, invece, nel torneo 2002/03 (61.943). Altri tempi… Calcio 2OOO
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grandi come pulci (tanti gli stadi con la pista di atletica) e nessun riparo in caso di pioggia. Nessuna organizzazione, nessuna cura nei confronti del tifoso. E, come se non bastasse, c’è poi il rischio violenza, un’altra piaga mai estirpata in maniera definitiva. Normale routine? No, allo Juventus Stadium tutto questo non accade. Il tifoso è “coccolato” e messo nelle condizioni migliori, anche a livello di parcheggi, per divertirsi al seguito della sua squadra del cuore. Meglio non addentrarsi in chi vorrebbe sostenere i propri beniamini in trasferta. Bisogna essere al pari di Rambo per riuscirvi… A tutto questo degrado, aggiungiamo anche la crisi economica che sta attanagliando il Paese, un
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motivo in più per vedersi la partita a casa ed evitare mille spese per essere lì, dal vivo. Qui giungiamo al secondo dato allarmante di questa inchiesta. In Italia, grazie al lavoro del Censis, si è scoperto che sono circa 22 milioni le persone che seguono il calcio. Di questa moltitudine, solo il 2% si reca allo stadio. Il restante 98% si affida alla TV. NEGLI ALTRI PAESI Purtroppo c’è dell’altro. Durante la stagione 2014/15, gli stadi italiani, sempre secondo i numeri raccolti da Censis, si sono riempiti per il 56,6%. Tradotto: ogni 10 seggiolini allo stadio, circa 5 sono rimasti perennemente vuoti. Volete sapere come vanno le cose all’estero?
In Germania, il 96% degli stadi è occupato, scendiamo al 95% in Inghilterra. Pure Ligue 1 e Liga fanno meglio di noi, rispettivamente con il 70% e il 68%. Entriamo nel dettaglio, vivisezionando il prodotto Premier League. SoccerStats.com monitora, giornata dopo giornata, la presenza di spettatori negli stadi inglesi. Soffermiamoci sulla stagione in corso. Tutti sanno come il Manchester United stia vivendo un’annata orrida, con risultati piuttosto scadenti. Bene, volete sapere quante persone si presentano ad ogni gara interna dei Red Devils? 75.335 persone di media a gara, su 75.731 posti disponibili, con il 99,5% di posti occupati. Non male. Quelli del West Ham fanno anche
meglio: 99,8% di seggiolini occupati con 34.930 anime sempre presenti. Il club che porta meno fan allo stadio è l’Aston Villa: 81,5% di stadio occupato (34.846 la media a match). Per essere chiari. La Roma, quest’anno, abbonamenti compresi, ha una media di 33.384 persone che frequentano l’Olimpico. L’altra romana supera, a fatica, i 20.000. Perché il sistema inglese funziona e, attenzione, con prezzi medi dei biglietti enormemente più costosi rispetto a quelli italiani? Anche in Inghilterra il peso delle Pay TV è opprimente, eppure il fan non abbandona lo stadio. Perché? Semplice, il calcio inglese è stato confezionato a misura di tifoso. Un lavoro di ristrutturazione e ammodernamento
FUTURO NEBULOSO
Senza interventi mirati, difficile avere stadi pieni nel prossimo futuro
LA MAGIA DELLO STADIO Per un calciatore, avere tanti tifosi vicino è il massimo
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avviato diversi lustri fa e sempre in divenire. Nulla è lasciato al caso. Dal pre al post match, il fan, sia della squadra di casa che di quella ospite, è sempre al centro dell’attenzione. Esempio: 18 marzo 2006, Arsenal-Charlton, quindi un match non di cartello. L’approdo all’Arsenal Stadium avviene in totale tranquillità. Tifosi di entrambe le squadre passeggiano gli uni vicini agli altri, camminando alla volta dello stadio, senza una presenza eccessiva e ingombrante della polizia. Qualche stewart a cavallo e tante “bancarelle” con prodotti ufficiali, specialmente dell’Arsenal, compreso il famoso Match Program con tutte le info sulla partita (souvenir di raro interesse). L’entrata
allo stadio avviene in maniera repentina, i controlli sono estremamente veloci. Ognuno sa dove andare e cosa fare. Una volta all’interno dello stadio, ci si può sbizzarrire: cibo, altri souvenir, sezioni dedicate al divertimento, insomma il meglio per trascorrere il pre match. Poi la gara. Violenza pari a zero. Se qualcuno si comporta in maniera sospetta, gli stewart lo allontanano in maniera discreta ma immediata. All’intervallo, rifocillarsi è un piacere, non una tortura. Secondo tempo e poi tutti prendono la via di casa (tranne coloro che restano all’interno dello stadio per qualche ulteriore cocktail o per un piatto post match). Tutti nuovamente in strada, vincitori e sconfitti (per la cro-
naca, quella gara è stata vinta dai Gunners con un netto 3-0). Proponibile in Italia? Assolutamente no. COSA DOBBIAMO ATTENDERCI… Salotti sempre più pieni e stadi sempre più desolatamente vuoti. Difficile invertire la tendenza. Il pubblico, soprattutto le nuove generazioni, si stanno abituando a seguire il calcio in maniera mediatica, senza più sobbarcarsi i mille contrattempi che comporta l’essere al fianco della squadra. Gli stadi, ad eccezione di chi riuscirà a dar vita al proprio impianto di proprietà, assomiglieranno sempre più a bacini oceanici senza vita. La TV, grazie al progressivo miglioramento dell’offerta tecnologica,
diventerà l’unica maniera per “essere sul pezzo”. Varcati i confini degli spogliatoi, i mezzi televisivi prenderanno sempre più il controllo della situazione, rendendo il prodotto calcio simile ad una serie televisiva di successo, quindi di totale proprietà del canale… E cosa accadrà a chi è ancora fortemente convinto che “seguire la partita dallo stadio è tutta un’altra cosa”? Chi avrà la fortuna di essere tifoso di una compagine tipo la Juventus, tanto per fare un esempio calzante, continuerà a beneficiare della doppia offerta stadio/TV. Chi non avrà questa fortuna sarà costretto, suo malgrado, a farsi una domanda: ma ne vale ancora la pena andare allo stadio? Calcio 2OOO
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INTERVISTA DIEGO Laxalt CON L'URUGUAY CON FURORE Laxalt ha scelto l'Italia per diventare grande
Pasiรณn Celeste Intervista a Diego Laxalt, talento uruguaiano portato in Italia dall'Inter e ora al Genoa
foto @FDLCOM
di Sergio STANCO foto Archivio TMW
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INTERVISTA / DIEGO LAXALT
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“” Credo che la fascia sia il mio habitat naturale. Quest'anno ho giocato lì, a centrocampo e come laterale offensivo e mi piace molto è il classico uruguagio DOC: serio, educato, tosto, idee chiare, maturo molto più di quanto non dica la carta d'identità. Uno che, insomma, sa quello che vuole e, probabilmente, lo otterrà proprio grazie alla sua forza di volontà. Partiamo dall'inizio: pazzo per il calcio d'inizio da piccolo? "Da sempre. Ho cominciato a giocare a pallone per strada, come fanno tutti in Uruguay, ma fin da piccolissimo sono entrato nel settore giovanile del Defensor. Fai conto che ci volevano 10 anni per entrare a farne parte e io a 9 ero già dentro (ride, ndr). Per 3 anni ho giocato sia con la mia squadra di quartiere sia con il Defensor". E il tempo per studiare? "Eh, poco, ma dovevo. Mia mamma è insegnante, ci teneva molto e mi ripeteva sempre di studiare e fino a quando ce l'ho fatta ho tenuto duro. Poi però a 16 anni, tra allenamenti e partite, è stato impossibile proseguire e ho mollato". Chissà tua mamma... "Era dispiaciuta, ovviamente, ma lei è sempre stata la mia prima tifosa, era lei che mi accompagnava ad ogni allenamento, perché mio padre lavorava. I miei genitori mi hanno sempre lasciato decidere, mi hanno sempre detto "Se sei convinto ed è quello che vuoi, noi saremo sempre
al tuo fianco". Chissà come sono felici ora di vederti in Serie A... "Siamo tutti entusiasti. Ovvio, avrebbero preferito che restassi in Uruguay, ma sappiamo che se vuoi fare il calciatore ad alti livelli l'Europa è il massimo...".
TALENTO CRISTALLINO
Numeri da campione, ma deve crescere ancora molto
A proposito: cosa hai pensato quando ti hanno detto che saresti andato all'Inter? "Nulla, perché non ci ho creduto (ride, ndr). Fino a quando non ho firmato, non ho realizzato. Poi ovviamente è stata una grande emozione, perché l'Inter è una delle più grandi squadre d'Europa e da noi è molto conosciuta perché ci giocava Recoba. Il Chino (testuale, ndr), il mio idolo da sempre dai tempi del Nacional, squadra di cui sono tifoso, quindi puoi immaginare l'emozione...".. Mai avuto nessun dubbio o timore nel trasferirti così giovane dall'altra parte del Mondo? "No, perché avevo bene in testa quale fosse il mio obiettivo e per me era una grandissima opportunità, non potevo lasciarmela sfuggire. Ovvio, quando cambi così radicalmente vita, ci possono essere delle difficoltà, ma niente di insuperabile". Il primo impatto con l'Italia? "Direi ottimo. All'inizio non capivo la lingua, ero qui da solo, alle prese con una cultura nuova, ma mi sono ambientato piuttosto velocemente. Io sono innamorato del mio Paese, mi mancano ovviamente gli amici e la mia famiglia e appena posso ritorno a casa, ma qui sto benissimo, mi piacciono le città, il mare, la gente, sono davvero contento". La prima stagione a Bologna però non è andata benissimo... "Dal punto di vista personale non posso dire che sia andata male. Appena arrivato, dopo qualche partita in panchina, ho subito cominciato a giocare. Per me è stata una piacevole sorpresa perché non mi
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orse non tutti sanno che l'Uruguay è un piccolo paese del Sudamerica, con poco più di 3 milioni di abitanti. Un'inezia se confrontati ai 200 milioni del Brasile o ai 40 milioni dell'Argentina. Ma senza stare a fare confronti con tali mostri sacri calciatici, finanche Perù e Bolivia possono contare su un bacino d'utenza decisamente superiore (rispettivamente di 6 e 3 volte) a quello dell'Uruguay. Nel calcio, però, la Celeste ha una grande storia e non parliamo solo dei famigerati anni '30 (un campionato del mondo e due ori olimpici) o '50 (un altro mondiale), ma senza andare troppo lontano nel tempo Cavani e compagni si sono portati a casa una Coppa America nel 2011 (due edizioni fa). Per intenderci, è come se Roma, la città, facesse una nazionale in grado di vincere gli Europei. È un esempio, ovviamente, ma rende probabilmente l'idea. Cavani, dicevamo, ma non solo: l'Uruguay è in grado di produrre fenomeni calcistici senza soluzione di continuità: prendete Suarez, non uno qualsiasi, ma forse il centravanti attualmente più forte al mondo, o ancora il Forlan di qualche anno fa, o Recoba e Montero (perché il difensore tosto e tattico è un'altra specialità della casa) o il Caceres dei giorni nostri. Ci sono i giocatori già affermati, ma da Montevideo si coccolano anche una schiera di ragazzini che si sta facendo largo con l'incoscienza tipica della loro età, ma un'umiltà è un'educazione ormai rara ai giorni nostri. Di questo gruppetto, e forse a capo della truppa, c'è Diego Laxalt, 23enne centrocampista (almeno così recitano le cronache, ma dopo entreremo nel dettaglio) oggi in prestito al Genoa (che ha il diritto di riscatto) ma pescato in Uruguay dall'Inter (che si è riservata l'opzione del controriscatto) quando aveva solo 20 primavere scarse. Se ci fosse veramente uno standard per classificare le popolazioni in base al loro carattere, diremmo che Diego
INTERVISTA / DIEGO LAXALT
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INTERVISTA / DIEGO LAXALT
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Un paragone improbabile
aspettavo di cominciare subito così presto. Poi le cose si sono complicate per la squadra, è stato esonerato mister Pioli ed è stato tutto più difficile".
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Laxalt come Recoba? Giocatori decisamente diversi…
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UN GRAZIE A GASPERINI
Al Genoa sta dimostrando di avere doti importanti
Da Bologna ad Empoli, il tuo bilancio? "Non ho giocato molto, ma non sono uno che si lamenta. Se mister Sarri non mi ha schierato avrà avuto i suoi motivi, evidentemente non sono stato abbastanza bravo nel convincerlo. In ogni caso è stata un'esperienza che mi ha aiutato a crescere". A Genova, invece, sei esploso: cosa hai trovato in più rispetto alle esperienze precedenti? "Mi verrebbe da risponderti spazio e possibilità di giocare (ride, ndr). A parte gli scherzi, ti puoi allenare a mille quanto vuoi, ma niente è più utile per crescere che fare esperienza in campo. E qui a Genova ho avuto questa possibilità". Innegabile, basta guardare alle statistiche... Sei uno dei giocatori di movimento in A che ha giocato di più e che è stato sostituito di meno: te l'aspettavi? "Ovvio che ogni calciatore spera di giocare sempre, ma neanche io mi aspettavo di farlo così tanto (ride, ndr). Naturalmente sono felice, ma non mi accontento, voglio sfruttare ogni opportunità concessa dal mister per migliorarmi ancora".
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n occasione del 40° compleanno di Alvaro Recoba (17 marzo scorso), Massimo Moratti – che di calcio “qualcosina” ne capisce – ha esaltato il suo vecchio pupillo, al punto da metterlo davanti a Ronaldo, il fenomeno (uno dei più grandi di sempre), nella sua personale classifica: “Recoba non è un semplice calciatore, è il calcio – ha detto l'ex presidente nerazzurro in un'intervista a Mediaset Premium - ha fatto delle cose che i normali giocatori non fanno. Ronaldo era il più grande giocatore del mondo e lo ammiravamo per questo, mentre Recoba non ci aspettavamo fosse così forte. Allora, forse, alla fine, ami di più colui che ti ha fatto la sorpresa maggiore, quindi dico il Chino”. E chissà che gli osservatori dell'Inter, una volta individuato in Laxalt le stigmate del fuoriclasse, non abbiano ripensato anche a Recoba. In realtà, i due non hanno molti punti di contatto: estroso e fantasista il primo, giocate di qualità – sì - ma più di corsa e quantità il secondo; genio e sregolatezza il neo 40enne, un giocatore dal rendimento standard sempre assicurato il 23enne del Genoa; Recoba era il Re della discontinuità, uno che rischiava di far impazzire i suoi allenatori, era capace di rimanere fuori per tutta la partita, ma poi risolverla con una giocata da extraterrestre: i tifosi interisti ricordano ancora il suo gol nel 2005 alla Samp a San Siro, che completò una rimonta storica (dallo 0-2 al 3-2 in 4', dall'88' al suo gol decisivo al 92') o il pallonetto da centrocampo nel 1998 con il quale beffò Roccati, portiere dell'Empoli e che per anni restò uno dei gol da copertina della Serie A. Laxalt, probabilmente, non ha queste giocate nel suo DNA, ma di certo è meno “volubile” del Chino. I due, per ora, in comune hanno l'inizio della carriera (prelevati giovanissimi dall'Inter in Uruguay e poi qualche anno di prestito in Italia prima di tornare all'Inter), ma siamo certi che Diego firmerebbe per continuare il percorso, ed ottenere i risultati, del suo idolo. Che, tornato in Patria, a 36 anni (e poi 39) si è tolto la soddisfazione di riportare il Nacional sul tetto dell'Uruguay (nel 2012 e nel 2015), deliziando ancora il suo pubblico con magie indimenticabili (tra le quali diversi gol direttamente da calcio d'angolo). Tra i tanti tifosi che hanno festeggiato quei titoli, c'era anche un giovane calciatore di prospettiva che sognava di diventare come lui. E che, ora, può coronare quel sogno...
A proposito del Mister: lo conoscevi prima di arrivare e che impressione ti ha fatto? "Lo conoscevo o, meglio, conoscevo le sue squadre per averci giocato contro. Solo che quando affrontavo il Genoa da avversario mi son sempre detto: "Ma come cavolo giocano questi (ride, ndr)?". Sembrava una confusione totale, invece ora che ho modo di vederlo "da dentro" so che è tutto studiato, che è tutto preparato. È uno spettacolo vedere il mister lavorare e un grande privilegio poter imparare da lui".
“” Recoba? Il mio idolo da sempre dai tempi del Nacional, squadra di cui sono tifoso, quindi puoi immaginare l'emozione di arrivare all’Inter Per ora non sei capitato male, Pioli, Sarri e Gasperini, grandi allenatori, in qualche modo simili... "Ognuno ha il suo modo di lavorare, però sono tutti tecnici che puntano sull'organizzazione, che vogliono sempre imporre il proprio gioco, cosa molto gratificante per noi calciatori, perché si acquisisce mentalità". In un'altra intervista di questo numero, Criscito ha eletto Gasperini come il tecnico più preparato dal punto di vista tattico e forse sottovalutato nell'ambiente: qual è il suggerimento che ti ripete più di frequente? "Sono assolutamente d'accordo, mai lavorato e imparato tanto prima di oggi, sia dal punto di vista tecnico, che tattico ma anche personale. Giusto per fare un esempio, la sua raccomandazione più frequente non è "calcistica" ma "psicologica" ed è quella di non accontentarsi mai, di non considerarsi mai arrivati, di aver sempre voglia di migliorarsi". Sulla tua pagina di Wikipedia c'è scritto che sei un regista, Gasperini manca solo che ti piazzi in porta, tu sapresti dire qual è il tuo ruolo? "Domanda difficile (ride, ndr). Da ragazzino ero centrocampista centrale, nei due in mezzo, poi con
il tempo mi hanno spostato sulla fascia, ho fatto sia il terzino che il laterale del 4-4-2, sempre a sinistra. E credo che la fascia sia il mio habitat naturale. Quest'anno ho giocato lì, a centrocampo e come laterale offensivo, una posizione che mi piace molto". Da piccolino impazzivi per Recoba, come ci hai detto, oggi chi è il tuo esempio? “Ci sono tanti giocatori che mi piacciono, guardo tutti i big mondiali per strappare qualche segreto, ma se devo fare solo un nome, dico Suarez. Lo so, non è un centrocampista, ma lo ammiro per la sua fame, perché non molla mai, perché davanti alla porta è un fenomeno, non sbaglia mai”. Che effetto ti ha fatto allenarti con lui in Nazionale? “In realtà si è allenato solo lui, perché io son rimasto imbambolato a guardarlo (ride, ndr). È stata un’emozione particolare, perché fino a qualche tempo prima lo guardavo in TV e dopo poco mi sono ritrovato ad allenarmi con lui. Per me è veramente un esempio e mi son goduto ogni minuto speso in campo con lui”. Al Genoa sei in prestito dall’Inter (con diritto di riscatto Genoa e contro-riscatto Inter): come ti immagini il tuo futuro? “Il mio futuro è domani. Non sono uno che guarda tanto in là, cerco di concentrarmi sul presente, lavorare duro per migliorarmi giorno dopo giorno e, poi, quello che succederà, si vedrà”. Sei uno che guarda al presente, ma tutti hanno un sogno nel cassetto: il tuo? “Il mio obiettivo è sempre stato quello di stare bene io e far star bene la mia famiglia, che mi ha sempre affiancato e sostenuto nelle mie scelte. Sono felice di quello che ho fatto finora, ma ognuno di noi ha diritto ai sogni e il mio è sempre stato quello di migliorare. Lavoro per quello tutti i giorni”. Calcio 2OOO
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INTERVISTA DOMENICO CRISCITO SOGNI AZZURRI
Criscito vuole tornare in pianta stabile in Nazionale
Mimmo Nazionale Intervista a Domenico Criscito, difensore dello Zenit di San Pietroburgo e della Nazionale
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di Sergio STANCO foto Archivio TMW
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INTERVISTA / DOMENICO CRISCITO
Come valuti l’esperienza ad oggi: sopra o sotto le aspettative? “Assolutamente oltre ogni più rosea aspettativa, lo dimostra il fatto che sono allo Zenit da 5 anni. Mi sono trovato benissimo fin da subito, sia in campo che fuori e, dopo qualche inevitabile difficoltà iniziale, si è 26
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Lingua, costumi, vita: come ti sei ambientato? Cosa ti piace e cosa ti manca dell’Italia? “La lingua ancora oggi è un problema, ma con un po’ di inglese ce la caviamo. Frequentiamo il portoghese Dani e la sua famiglia e con loro in qualche modo ci si capisce (sorride, ndr). Per il resto, come ti dicevo, ci siamo abituati a tutto e ci troviamo molto bene. Ovviamente dell’Italia ci mancano la famiglia e gli amici, ma appena possiamo torniamo a casa o spesso ci vengono a trovare qui, perché San Pietroburgo piace anche a loro. E noi, così, sentiamo meno la nostalgia”. Se ti immagini fra qualche anno, ancora in Russia, all’estero o nostalgia dell’Italia? “Mah, non saprei, ti direi tutte e tre le cose (ride, ndr). In effetti qui stiamo benissimo, l’estero come dicevo in
“” San Pietroburgo
“” Tengo tanto
è una città bellissima, con tutti i servizi che possono servire ad una famiglia, inclusi quelli per i bambini
alla maglia azzurra e vorrei mettere da parte le incomprensioni recenti e ricominciare da capo
precedenza è sempre stata una mia fissa e quindi non escludo un’altra esperienza altrove. Gli Stati Uniti, ad esempio, mi attirano, quindi si prospettasse l’opportunità di giocare nella MLS, la valuterei. Se, invece, dovessero arrivare offerte dall’Italia, non potrei scartarle a priori, perché l’Italia è sempre l’Italia e tornare a casa fa sempre piacere”.
“Sinceramente, non ho nessun grande rimpianto dal punto di vista professionale, rifarei tutto, anche gli errori, perché mi hanno aiutato a crescere. Se proprio dovessi scegliere una partita da rigiocare, ti direi la semifinale dell’Europeo Under 21 del 2009. Abbiamo perso 1-0 contro la Germania, noi avevamo fatto venti tiri in porta, loro uno. E in quella Germania giocavano Neuer, Ozil, Boateng…”.
Una partita che vorresti rigiocare, rimpianti, sfortune che cancelleresti?
NAZIONALE DA SEMPRE Mimmo è nel giro delle nazionali fin dall'Under 17
ZENIT CHE PASSIONE
In Russia da 5 anni, Criscito ha anche vestito la fascia di capitano dello Zenit
L’hai più incontrato Totti dopo quel famoso Roma-Juve che in qualche modo ha segnato la tua carriera in bianconero? Che gli hai detto? “Certo, tante volte. Ma niente, cosa vuoi che gli dica? Ero alla quarta partita alla Juve, me la dovevo vedere con Francesco Totti, uno che in A ha segnato 260 goal. Se avessi fatto segnare qualcun altro, forse me la sarei presa, ma con uno come lui ci sta di poter commettere un errore, no?”. Qual è l’obiettivo che ti sei posto a breve? “Sicuramente quello di riconquistare la Nazionale. Tengo tanto alla maglia azzurra e vorrei mettere da parte le incomprensioni recenti e ricominciare da capo. Fino a quell’episodio della polizia a Coverciano, il mio rapporto con la Nazionale era idilliaco, poi non so cosa sia successo, ci deve esser stato qualche “problemino”. Da quella storia però sono uscito pulito, quindi mi piacerebbe
foto Image Sport
Mimmo, riavvolgiamo il nastro: nel 2011 il trasferimento allo Zenit, cosa ti ha convinto a fare un passo così importante e professionalmente rischioso? “Innanzitutto Spalletti. E, poi, il progetto. Che, se volete, sono la stessa cosa. Il mister mi ha chiamato, mi ha esposto i suoi programmi, gli obiettivi e non mi ci è voluto molto ad accettare, anche perché ho sempre avuto il pallino di un’esperienza all’estero. Quella in Russia si prospettava come un’ottima opportunità e così è stato. In più lo Zenit era - ed è - una delle squadre più forti d’Europa, per questo non è stata così difficile la scelta”.
ambientata molto bene anche mia moglie e tutta la mia famiglia. San Pietroburgo, poi, è una città bellissima, con tutti i servizi che possono servire ad una famiglia, inclusi quelli per i bambini”.
foto Federico De Luca
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n altri ambiti la chiamano “fuga di cervelli”, applicando lo stesso concetto al calcio, potremmo definirla “fuga di talenti”. Quello di Mimmo Criscito è cristallino, anche se probabilmente il fatto di giocare nella lontana Russia un po’ lo penalizza. E si parla comunque di una delle squadre più forti d’Europa, frequentatrice abituale dei salotti di Champions League, ma con scarsa copertura mediatica in quanto a campionato. Così gli ottimi risultati dell’ex terzino del Genoa, non vengono adeguatamente rimarcati: due campionati di Russia vinti da protagonista (2011-2012 e 2015-2015), con tanto di fascia di capitano indossata con orgoglio all’occorrenza. Ad una torta già farcita manca solo la ciliegina della Nazionale, con la quale c’è da riallacciare un rapporto condito da qualche incomprensione: difficoltà ampiamente superabile con la volontà di entrambe le parti. E quella di Mimmo, è certificata…
INTERVISTA / DOMENICO CRISCITO
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INTERVISTA / DOMENICO CRISCITO
Di Sergio Stanco
Un ricordo che ancora fa male…
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Italia-Germania semifinale di U21 a cui Mimmo Criscito fa riferimento è quella che si è disputata il 26 giugno del 2009 a Helsinki. Erano gli Europei del 2009 vinti dalla Germania, appunto, che in finale asfaltò l’Inghilterra 4-0. Nella gara precedente, però i tedeschi ebbero ragione dei nostri azzurrini “solo” per 1-0. Una gara che il sito dell’Uefa sintetizzò così: “La Germania pesca il jolly, Italia fuori. Azzurrini fuori a testa alta. Tante le occasioni sprecate, mentre la squadra di Hrubesch vince con un tiro dalla distanza di Beck e va in finale”. Se si guarda al tabellino di quella gara, ancora oggi la formazione tedesca potrebbe tranquillamente scendere in campo in un Mondiale: Neuer in porta, Howedes e Boateng in difesa, Ozil e Marin a centrocampo, Khedira e Hummels addirittura in panchina. Dei nostri, tutti sono arrivati a giocare in A (tra gli altri Cigarini, Acquafresca, Consigli, i “panchinari” Cerci e Ranocchia), ma a parte Criscito, solo Balotelli è arrivato a livelli almeno paragonabili a quelli degli avversari di allora. E forse questo aumenta il rammarico per una gara che avrebbe potuto cambiare la storia di molti degli azzurrini di allora…
Croce Nazionale Di Sergio Stanco
La carriera di Criscito, tra alti e bassi…
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immo Criscito è cresciuto nel settore giovanile del Genoa, che lo porta in Liguria giovanissimo. La crescita del giovane napoletano è regolare e le sue qualità sono evidentemente sopra la norma fin da subito, se è vero che veste le maglie di tutte le nazionali giovanili. Della sua esperienza in Under 21 abbiamo già parlato, ma quella nella Nazionale maggiore è – se possibile – ancor più sfortunata: nel 2010 è titolare dell’Italia che crolla in Sudafrica, nel 2012 è inserito nella lista delle pre-convocazioni per l’Europeo di Germania, ma l’inchiesta della Procura di Cremona sul calcioscommesse che lo vede suo malgrado coinvolto, induce il CT Prandelli ad escluderlo all’ultimo momento. Nella decisione, probabilmente, ha influito il clamore mediatico e la “gogna pubblica” a cui il giocatore – poi prosciolto da tutte le accuse – è stato sottoposto. Ora Mimmo aspetta solo un’altra chance. A livello di club, dopo la brutta esperienza nella Juve, solo 8 presenze nel 2008 nella squadra di Ranieri, è stata “mamma” Genoa (e “papà” Gasperini) a restituirlo ad alti livelli. Da lì, nel 2011, il passaggio milionario allo Zenit. Il resto è storia recente.
Claudio Onofri racconta Criscito Di Sergio Stanco
L'ex mister del Genoa, ora commentatore televisivo, ha scoperto Criscito quando era un ragazzino.
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icordo quel giorno come fosse ieri. Ero responsabile del settore giovanile del Genoa e avevamo organizzato una serie di provini con lo Sporting Volla. In una giornata intera non avevamo annotato neanche un nome, mancava solo una partita: ero talmente deluso che volevo andare via in anticipo e invece il mio collaboratore mi ha convinto a restare. E meno male che l'ho ascoltato. Nell'ultima partita, infatti, giocava Mimmo: dopo appena 10' eravamo già andati a firmare il contratto. Pronti via, arriva un lancio da dietro e lui, che giocava difensore centrale, anziché rinviare a caso, stoppa di petto, la mette giù e fa un cambio di campo di 30 metri con una facilità disarmante. Aveva 14 anni, ma giocava sempre a testa alta, con una personalità inusuale per ragazzi di quell'età. Era gracilino, infatti una volta arrivato a Genova, abbiamo preferito farlo cominciare dai Giovanissimi anziché dagli Allievi. Dopo poche partite, però, siamo immediatamente tornati sui nostri passi, perché, molto semplicemente, era di categoria superiore rispetto a quelli della sua età. Già ai tempi era un ragazzo serissimo, io lo consideravo un “napoletano di Udine”, perché rispetto agli altri ragazzi suoi compaesani che avevamo in rosa, era tutt'altro che esuberante: timido, schivo, professionista fin da piccolo. Si era visto già allora che avrebbe fatto una buona carriera, come poi è successo: uno non arriva a giocare nello Zenit e in Nazionale se non ha qualità. A proposito di Nazionale, la sua storia con l'Italia è stata complicata, ha pagato quella vicende del calcioscommesse in cui era stato coinvolto: appena ho sentito la notizia, ho detto “Impossibile”. Conosco troppo bene Mimmo e so che è troppo serio per fare certe cose. Poi ci sta di essere tirato in mezzo, ma io non ci ho mai creduto e i fatti mi hanno dato ragione. Messa da parte queste brutta storia, mi auguro per lui che possa ritrovare la maglia azzurra. Credo che se la meriti. E non lo dico per l'affetto che mi lega al ragazzo, ma perché, nel suo ruolo, non vedo tanti giocatori superiori a lui in circolazione: ormai ha l'età, la maturità e l'esperienza internazionale per diventare un punto di riferimento della Nazionale”. 28
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metterci una pietra sopra e ripartire”. A proposito di questo: la vicenda di Cremona e le accuse di combine e scommesse, sono un’esperienza da cancellare o, piuttosto, qualcosa che ti ha reso più forte? “Entrambe le cose. Ne sono uscito pulito e al contempo rafforzato, ma se potessi cancellarla, lo farei volentieri, più che altro perché ha fatto soffrire la mia famiglia e i miei amici. Io ero sicuro di non aver fatto nulla di male, ma la gente sparla e ti guarda storto quando ti incontra, sei etichettato prima che qualcuno ti giudichi veramente”. Abbiamo parlato dei tuoi obiettivi a breve termine, ma il sogno che vorresti ancora realizzare? “È ovviamente quello di tutti i miei colleghi, cioè vincere trofei importanti. Tipo un Mondiale o una Champions League non sarebbe male… (ride, ndr)”.
Sono sempre di più gli italiani (allenatori e calciatori) che cercano fortuna all’estero: è un’esperienza che consiglieresti ai nostri connazionali? “Sicuramente sì, perché ti forma come professionista e anche come uomo. C’è sempre tempo per tornare in Italia e se torni dopo un’esperienza all’estero, sei certamente più maturo per qualsiasi sfida”. E Mimmo oggi sarebbe pronto a tornare ed accettarne una importante, se non in una squadra di club, certamente con la maglia azzurra.
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C’è sempre tempo per tornare in Italia e se torni dopo un’esperienza all’estero, sei certamente più maturo per qualsiasi sfida GRAZIE GENOA
Mimmo è cresciuto nel Genoa, che lo ha anche rilanciato dopo la brutta esperienza alla Juve
Tra nazionale e club, sei stato allenato da tanti grandi allenatori: se dovessi citarne uno fondamentale per te? “Come giustamente dicevi tu, ne ho avuti tanti davvero importanti, da Ranieri a Villas Boas, passando per Spalletti. Ma se devo dirne uno, dico Gasperini: ha avuto fiducia in me dopo l’esperienza alla Juve, mi ha aiutato tanto e mi ha fatto crescere. Credo che tatticamente sia uno degli allenatori più preparati in circolazione, un tecnico molto sottovalutato rispetto alle sue competenze”. A proposito di tuoi ex allenatori, ti aspettavi che Spalletti ci mettesse così poco a far risorgere la Roma? “Sì, direi di sì, perché quando arriva un nuovo allenatore c’è sempre un contraccolpo. E poi perché conosco il mister, molto meticoloso e preparato. In più conosceva già l’ambiente e sono arrivati diversi giocatori nuovi importanti, c’erano insomma tutte le condizioni per fare bene. E poi Spalletti è un grande (sorride, ndr)”.
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La partita “maledetta”
INTERVISTA / DOMENICO CRISCITO
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SPECIALE
SPECIALE / RECORD ATLETICI
RECORD ATLETICI
Tutti i record atletici della Serie A
IN SERIE A BISOGNA CORRERE Fondamentale avere il polso della condizione fisica degli atleti
Dai chilometri del Bologna all’alta velocità del Napoli. Nessuno sprinta come Alex Sandro
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di Mirko MARCOLINI
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ltimamente si fa un gran parlare di dati e numeri. Talvolta per cercare di descrivere in modo oggettivo quanto avviene in campo. Talvolta usandoli a sproposito come pretesto per screditare le scelte tecniche degli addetti ai lavori. Occorre fare un po’ di chiarezza. Proprio da questa stagione, conseguenza di una diffusione fisiologica sempre più capillare delle nuove tecnologie, la Lega di Serie A si è dotata di un sistema di tracking video utilizzato per rilevare i dati atletici in tutte le partite di campionato. Di quali dati si tratta e, soprattutto, come vanno interpretati? Ricordo un amico che, qualche anno fa, superati i 30 anni, decise di terminare l'attività di calciatore. Continuò però ad allenarsi quasi tutti i giorni correndo per circa 10 km a media andatura. Dopo qualche anno decise di tornare a giocare, pensando "tanto ho continuato ad allenarmi tutti i giorni". Alla prima partita chiese il cambio dopo 20 minuti... Un errore di valutazione? Cosa aveva sbagliato? In realtà, un allenamento di oltre un’ora che prevede una corsetta mantenuta a ritmo costante, in termini di distanza percorsa produce effettivamente una prestazione in linea addirittura con i valori registrati in Serie A, da questa stagione consultabili direttamente nel sito della Lega (www.legaseriea.it).
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Calcio 2OOO
ALEX SANDRO
I record atletici in Serie A Un giocatore del Bologna, la squadra più performante da questo punto di vista, percorre mediamente circa 10,9 km a partita. La stessa che il mio amico percorreva nei suoi allenamenti. Come mai allora il rientro in campo è stato un fallimento? Facciamo un passo indietro. Sviluppare 10,9 km in 90 minuti significa correre ad una velocità media di poco superiore a 7 km/h. Sta di fatto che, chiunque segua le partite di calcio, sa perfettamente che i giocatori non si muovono ad un ritmo costante, ma producono un lavoro quantomeno “intermittente”, fatto di accelerazioni, frenate, cambi di direzione, ripartenze, sprint, allunghi e, ovviamente, fasi di recupero. È il mix di questi parametri a fare la prestazione. Va da sé che una seduta di training, per essere allenante, deve necessariamente tenere conto di tutti questi aspetti. Non solo distanza percorsa: ecco dunque l’inghippo. Scopriamo allora che è il Napoli la squadra che percorre più metri ad alta velocità (mediamente ogni giocatore ricopre
circa 2,7 km a partita). Sono ancora i partenopei a sviluppare più lavoro ad altissima velocità (circa 700 metri). Mentre sono Roma e Frosinone a produrre rispettivamente il maggior numero di accelerazioni (57) ed il maggior numero di decelerazioni (69). Potremmo proseguire elencando le classifiche di tutti i parametri allo stato dell’arte, come – solo per citarne alcuni – il numero di sprint, la potenza metabolica, il tempo trascorso ad alta potenza o la spesa energetica. Eppure è interessante constatare (sarà un caso?) che al vertice di queste speciali classifiche vi sono formazioni di tutti i livelli: c’è chi lotta per un posto al vertice, chi si trova a metà classifica e chi lotta per la salvezza. Non vi è dunque alcuna correlazione tra il volume globale di prestazione fisica sviluppato e la probabilità di vincere una partita. Si potrebbe pensare che questa considerazione sia scontata. In realtà non lo è. Ed è qui, infatti, che scopriamo il secondo inghippo. Serie A vs Messi Nessuno ha dubbi sul fatto che Messi sia fisicamente performante. Ma proviamo ad analizzare la sua prestazione basandoci sui parametri più comuni. Abbiamo iniziato introducendo la distanza percorsa. Ebbene se un calciatore di Serie A copre oltre 10km a partita, l’asso argentino si ferma a 7. Beh, fin qui niente di strano, dato che abbiamo già sottolineato il valore relativo di questo dato. Passiamo allora ad analizzare la corsa ad alta intensità. Un professionista percorre anche 2 km ad alta velocità (se con alta velocità si intende l’attività svolta sopra la soglia di 16 km/h). Messi non raggiunge gli 800 metri. Dipende dal ruolo, certo. Un difensore esterno chiamato a coprire tutta la fascia avrà più occasioni di superare certi limiti di velocità. Non a caso è il bianconero Alex Sandro il giocatore con il maggior picco di velocità mantenuto per 3 secondi (29,41 km/h), con il cugino Zappacosta detentore invece del record relativo al maggior picco di velocità mantenuto per 30 metri (28,83 km/h). Parliamo allora di accelerazioni. Abbiamo tutti in mente le serpentine ed i dribbling del campione blaugrana. Azioni che, per andare in porto, richiedono non solo destrezza ed un’abilità tecnica fuori dal comune, ma anche una significativa brillantezza fisica. Senza una rilevante capacità di accelerazione è difficile saltare l’avversario. Eppure anche in questo caso i numeri sembrano tradire l’esperienza. Messi, Calcio 2OOO
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SPECIALE / RECORD ATLETICI
Dist
Distanza percorsa (km)
100,0
40,0
Acc
Dec
Dist Pot Dec PM
110 67 90 Serie A61 120 81 Messi 90 69
Acc
100
96
Vel
90
48
11,5
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Calcio 2OOO
9,1 8,8
9
8,4
8,5
7,9
8 7,5 Serie A
Serie A
Ecc/Pro
Ecc/Pro
Allievi
Allievi
Femminile
3a Cat.
MARCO GUIDA
La distanza percorsa mediamente da giocatori ed arbitri in competizioni di diverso livello (Dati forniti da K-Sport Prozone)
perfetto, bisogna dunque essere pronti a cambiare direzione rapidamente e senza perdere velocità. Anche senza spingerci fino ad introdurre le capacità cognitive, che consentono di leggere meglio la scena ed anticipare i movimenti, è ormai chiaro che occorre distinguere tra il carico di lavoro sviluppato e l’efficienza con cui lo si è fatto. In questo caso l’efficienza cui facciamo riferimento non ha però nulla a che vedere con la quantità di energia necessaria per compiere uno sforzo atletico (nel senso che giocatori diversi consumano quantità di energia diverse per compiere lo stesso sforzo, dunque quello che consuma meno è a tutti gli effetti più efficiente). Ma con l’efficienza calcistica. Immaginiamo che il Barcellona sia in possesso palla, controllata da Neymar. Il nostro Messi, insieme ad un avversario che lo sta marcando stretto, si trova largo sulla fascia. Ad un certo punto Neymar cerca di passare la palla a Messi lancian-
NEYMAR
9,5
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I parametri fisici sviluppati mediamente dalla Serie A e da Messi in percentuale rispetto alla media delle maggiori competizioni europee
Danilo D'Ambrosio
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Legenda: Dist = Distanza percorsa Pot = Attività ad alta potenza Vel = Attività ad alta velocità Dec = Attività ad alta decelerazione PM = Potenza media Acc = Attività ad alta accelerazione
Carico totale vs efficienza Eppure sono tutti concordi nel riconoscere la sua efficienza fisica. Ecco, efficienza è la parola chiave. Infatti, la partita di calcio non è un esercizio fisico massimale. Tranne alcuni casi, come ad esempio lo sprint che si è chiamati a produrre in un contropiede per arrivare per primi sulla palla. Ma in realtà, anche in quel caso, non si corre dritto con il paraocchi o come in una pista di atletica. Ci sono gli avversari, si muovono e non sempre la traiettoria lineare è quella ottimale per superarli. Inoltre la palla non rimbalza in modo
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PM
rispetto ai compagni, sviluppa il 60% di alte accelerazioni e soltanto il 50% di azioni ad altissima accelerazione. Anche introducendo parametri più alla moda, come la potenza metabolica, scopriamo che se un giocatore di Serie A mediamente sviluppa oltre 10 W/kg, Messi non raggiunge il 70%.
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Messi
dolo verso la porta avversaria. Ovviamente sia Messi che il diretto avversario iniziano a correre in direzione della palla con l’obiettivo di entrarne in possesso per primi. Entrambi svilupperanno dunque un’accelerazione, entrambi produrranno un’azione ad alta potenza ed uno sprint ad alta velocità. Però solo uno dei due raggiungerà per primo la palla. Quello più efficiente. Quello, almeno in quel momento, più efficiente calcisticamente. E l’efficienza, per i motivi già accennati, non può essere valutata basandosi sui comuni parametri fisici. Arbitri vs Giocatori D’altronde, per capire che le variabili più comuni siano ben lontane dal descrivere l’efficienza fisica, è sufficiente confrontare i dati dei giocatori con quelli degli arbitri. Dai dati di una ricerca sviluppata con la collaborazione del settore arbitrale, emerge infatti che in Serie A gli arbitri percorrono
gianluca rocchi
circa 1km in più rispetto alla media dei giocatori! E i valori dei campionati dilettanti (es. eccellenza e promozione) non sono da meno. Addirittura, se parliamo di alta intensità, il volume sviluppato dai giocatori non raggiunge l’80% di quello prodotto dagli arbitri. Questo è spiegato dal fatto che, in ogni azione, l’arbitro si sposta da una metà campo all’altra correndo, senza bruschi strappi ma mantenendo una velocità sostenuta. Le cose cambiano se analizziamo accelerazioni e decelerazioni. In questo caso i calciatori sono infatti costretti a sviluppare un carico più elevato. Mentre un buon arbitro, dotato di un buon senso tattico, se effettua i movimenti giusti nei tempi giusti non ha necessità di spendere energia cambiando improvvisamente direzione o velocità. È proprio la capacità tattica ad evitare inutili dispendi energetici. Chi sa correre, corre meglio, corre meno.
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Serie A
Pot
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Vel
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120,0
SPECIALE / RECORD ATLETICI
CHIELLINI e RIZZOLI Calcio 2OOO
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SPECIALE / GIOVANI BIANCONERI
SPECIALE GIOVANI
di Massimo PAVAN PAVEL NEDVED
GIANLUCA PESSOTTO
L’IMPORTANZA DELLA SOCIETà Tutti, alla Juve, lavorano al massimo, come Nedved
In Italia si dice sempre che i giovani non giocano mai, in effetti in parte è vero, anche se non vale per tutte le società. A Torino esiste una rete di osservatori, sia per l’Italia che per l’estero, finalizzata a scovare i migliori prospetti in circolazione. La società torinese ha sviluppato un progetto a 360 gradi che permette ai ragazzi di crescere, giocare, migliorare e formarsi non solo come giocatori, ma anche come ragazzi e poi uomini. Per capire bene cos'è la Juventus, la devi respirare, vivere. La Juventus non è solo la prima squadra, quella che apprezziamo tutti. Il club è costituito da persone che lavorano, senza sosta, per far rendere tutto al meglio. Se le vittorie della prima squadra le ricordiamo tutti, c'è anche chi si impegna
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Calcio 2OOO
per sfornare giovani calciatori che, un giorno, saranno campioni. L'obiettivo per la primavera non è necessariamente quello di vincere ma anche di trovare giocatori e soprattutto persone pronte ad affrontare nel modo giusto il mondo del calcio. Un progetto, quello della Juventus, che non si muove solo in Italia, ma che si estende anche all’estero. Gianluca Pessotto, di recente, ha presentato ed inaugurato la prima JAcademy in Cina, un ambizioso proposito che ha ricevuto l'appoggio della Chinese Football Association, inserendosi nel piano di sviluppo dello sport e del pallone voluto dal governo di Beijing, che prevede l’apertura di 20mila scuole calcio nel Paese entro il 2020. Il Direttore Sportivo JAca-
demy, Gianluca Pessotto, ha incontrato le istituzioni locali e gli organi calcistici per lanciare ufficialmente il progetto. Shanghai è la prima città cinese scelta per ospitare un’Academy juventina. Questa porterà in Oriente il DNA bianconero. I risultati dal punto di vista logistico devono obbligatoriamente muoversi in contemporanea con quelli del campo e quelli della Juventus in questa stagione sono di altissimo profilo. Gianluca Pessotto, Team Manager della Primavera bianconera ha confermato: “Quest'anno, soprattutto verso novembre, dopo qualche insuccesso, la squadra ha fatto quadrato, ha trovato le motivazioni per mettere in campo tante, tante tante qualità. Non dobbiamo fermarci troppo a pensare a quello che
abbiamo fatto, ma pensare alla partita successiva che è importante, forse ancora di più di quelle che abbiamo fatto in passato. È fondamentale non soltanto per l'apporto tecnico e per il senso di appartenenza che possono avere i ragazzi, ma anche per il risparmio economico delle stesse società. Per tutto il movimento calcistico italiano sarebbe bello che ci fossero sempre più ragazzi dei vivai nelle prime squadre. Pian piano ci arriveremo”. Motivazioni grandi e convinzione nei propri mezzi, questa la base per costruire i successi di oggi e di domani, soprattutto in un mondo, come quello giovanile che non è per nulla facile da gestire, in cui i ragazzi vanno sempre valutati con prudenza senza responsabilizzarli in maniera eccessiva. Un
progetto, quello dei giovani che parte dalle proprie basi societarie, solide, da Beppe Marotta a Fabio Paratici da Pavel Nedved a Cherubini e Javier Ribalta, tanto per fare alcuni nomi di persone che sono al top nel loro ruolo e che garantiscono rendimento di primo livello ed eccellenza assoluta. Sono loro lo zoccolo duro che sta alla base di tutto. Senza una società solida non si va da nessuna parte, sia per la prima squadra che per il settore giovanile. Un settore di scouting attento, la guida è affidata ad Javier Ribalta, spagnolo, capo del gruppo di osservatori esteri, che gira il mondo in lungo in largo alla ricerca di coloro che possono un giorno essere adatti alla maglia più pesante a livello italiano, un uomo con un database immenso, che
scova il talento e lo porta a Vinovo e come lui Roberto Marta fa lo stesso ruolo ma sul suolo nazionale. La struttura riporta degli osservatori poi viene sagacemente controllata e diretta da Beppe Marotta e al direttore sportivo, Fabio Paratici, senza dimenticare le opinioni di Fabio Grosso, la collaborazione del direttore sportivo, Federico Cherubini, del team manager, Gianluca Pessotto, coordinati dal organizzativo del vivaio Stefano Braghin. Sfornare talenti, a volte ci si riesce, altre no, in questi anni sono usciti dalla scuola bianconera elementi come Mattiello, Rugani, Vitale, Marzouk, Donis, tanto per fare qualche nome di giovani che in questi due anni sono arrivati nei campionati di massima divisione e provano a far
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In Italia non si punta sui giovani, alla Juve lo fanno da tempo…
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L’ECCEZIONE BIANCONERA SI GUARDA AVANTI La Juventus è proiettata al futuro, come dimostra il mercato cinese
parte del grande calcio. Per loro la Juventus è stata una scuola di vita, una famiglia, loro ce la stanno facendo, lo stesso percorso che spera di fare Filippo Romagna, il giovane calciatore che è già un esempio di come debba essere un talento del pallone: gentile, educato, disponibile, ma con delle idee chiare. Bravo lui, brava la famiglia e brava la Juventus che forma questi ragazzi non solo lato sportivo ma anche umano. Un maestro come Fabio Grosso sta insegnando molto, con la sua esperienza da campione del mondo, da uomo che ha regalato all'Italia un Mondiale e che per molti è un'icona. I giovani lo ascoltano ed imparano. Tra i ragazzi presenti oggi nella squadra bianconera almeno una decina
potrebbero arrivare tra i professionisti, alcuni, come Vitale ed Udoh, sono già al Lanciano. EMIL AUDERO - Classe 1997, Emil Audero Mulyadi è nato a Mataram, mamma italiana della provincia di Torino, segnalato da Marco Roccati, viene già inseguito da diverse squadre di Serie B per la prossima stagione, si dice che lo vorrebbe anche Thohir, non è un portiere spettacolare ma essenziale, essenzialmente molto bravo. FILIPPO ROMAGNA - Classe 1997, nazionale Under 19, da Rimini a Torino, centrocampista abile in difesa, è il capitano della Primavera. Uno dei giocatori di maggior prospettiva della primavera di Fabio Grosso.
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SPECIALE / GIOVANI BIANCONERI
SPECIALE / GIOVANI BIANCONERI
Vincenzo Chiarenza
CHIARENZA LO SA BENE Ha fatto benissimo alla Juve, conosce il valore della società
“A TORINO SI LAVORA BENE” CHIARENZA, EX TECNICO DELLA PRIMAVERA DELLA JUVENTUS, CREDE CIECAMENTE NEL PROGETTO GIOVANI…
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Calcio 2OOO
LUCA CLEMENZA Ragazzo di cui sentiremo parlare a lungo
FILIPPO ROMAGNA Uno dei prospetti bianconeri più interessanti
MATTIA VITALE Attualmente si fa le ossa al Lanciano…
piede. È molto bravo nel dribblare l’avversario in velocità ed abile nell'assist. Questi solo alcuni dei giocatori di prospettiva classe 1997 di una squadra che ne vede tanti altri, da Vadala a Kastanos, passando per Macek, Zappa e Cassata.
ragazzo, evento avvenuto lo scorso 28 febbraio, per metterlo sotto contratto, ed allontanare le grandi della Premier che già avevano bussato alla sua porta. La società bianconera però i talenti non li vuole perdere, ma coltivare e far crescere. Il metodo Juventus con i ragazzi è qualcosa che funziona, come detto, non finalizzato a vincere subito, anche se quest’anno potrebbero arrivare, del resto i trofei giovanili contano ma non in maniera definitiva, restano solo un trampolino per la vita professionale dei ragazzi che deve avere basi forti, quelle basi che la Juventus trasmette a tutti i giovani che approdano nel suo settore giovanile, basi solide che restano tue per sempre, ovunque poi il ragazzo andrà a giocare in futuro.
MATTIA VITALE - Classe 1997, nazionale Under 19, dal Bologna alla Juve ed ora a Lanciano. Ha già esordito con la maglia della Juventus, è un centrocampista completo che sa anche andare in gol, spesso e volentieri. POL LIROLA - Classe 1997, arriva dall’Espanyol, seguendo le orme dell'idolo Lahm, come esempio per lui nell'interpretare il ruolo, il giovane spagnolo si sta facendo notare come miglior esterno del campionato dei giovani, come terzino destro o esterno alto, un classico terzino capace di offendere ma anche difendere. ANDREA FAVILLI - Classe 1997, nato a Pisa, uno dei punti di forza della primavera di Fabio Grosso, uno
di quegli elementi che fa la differenza e lo abbiamo visto sia in Coppa Italia che nel derby Primavera contro il Torino. A sensazione è uno di quei giocatore che potenzialmente, un domani potrebbe giocare in Serie A, Allegri lo ha già fatto esordire e per struttura fisica sembra già pronto al salto tra i professionisti. LUCA CLEMENZA - Classe 1997, trequartista della Primavera, giocatore di grande tecnica, nato a Cittiglio, in provincia di Varese, inizia la sua carriera nel Veneto, con il Crespadoro; nel 2009 viene acquistato dal Vicenza e due anni dopo passa alla Juventus, grazie soprattutto al lavoro di Giovanni Rossi. È un sinistro naturale, ma capace di usare con naturalezza ed efficacia anche l’altro
Tra i ragazzi ancora più giovani, quello più chiacchierato è sicuramente Moise Kean, vercellese di origini ivoriane classe 2000, alto 182 cm, dotato di un fisico già molto potente per la sua età, che quando gioca con i pari categoria fa la differenza e che ha già segnato anche con i ragazzi della primavera. Qualcuno lo paragona già a Balotelli, ma la strada non solo è lunga, lunghissima. La Juve ha atteso il compimento del 16esimo anno di età del
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Qual è il percorso giusto per aumentare i giovani nelle squadre, quello attuale o le seconde squadre? “Direi che è importante individuare i giocatori che possono fare il grande salto, questa la cosa principale, con lavori extra time, se partecipassero ad un campionato più competitivo, tipo la Lega Pro, sarebbe forse meglio, per capire se vanno bene per la prima squadra o altre squadre di livello professionistico”.
VINCENZO CHIARENZA
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Chi ha fatto i maggiori miglioramenti quest’anno nella squadra bianconera? “Mah, Lirola e Zappa sono due difensori che nel loro ruolo ce ne sono pochi, spingono molto, spingono con qualità e quantità, in tanti sono migliorati, all’inizio erano così così ma con il gioco ed allenamenti specifici di Grosso, in tanti sono migliorati”.
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Quali sono i migliori talenti di questa stagione in casa Juventus? “Ce ne sono parecchi di buoni giocatori, bisogna vedere se sono pronti a livello mentale a fare il grande passo nelle prime squadre o addirittura nella Juventus, secondo me, uno dei giocatori che potrebbe far eil passo nella prima squadra è Blanco, difensore centrale della primavera, un giocatore di grande personalità, sa fare bene il difensore, salta bene di testa, imposta bene, ha una personalità e potrebbe far bene anche in prima squadra. Ci sono altri giocatori importanti nella prima squadra come
Favilli, Clemenza, Lirola, vari giocatori molto buoni sotto tutti gli aspetti”.
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Mister, da ex tecnico della Primavera, come fa la Juventus a sfornare così tanti talenti? “Basta andare al centro di allenamento a Vinovo, uno si rende conto dei risultati e delle strutture sportive ai massimi livelli, a Torino si può lavorare in modo ottimale”.
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di Massimo PAVAN
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SPECIALE Johan Cruijff
di Fabrizio PONCIROLI
SPECIALE / Johan Cruijff
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“La qualità senza risultati è inutile. I risultati senza qualità sono noiosi”
“La palla è una sola, quindi è necessario che tu ce l'abbia”
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Ci ha lasciato ma resterà per sempre con noi…
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IL PROFETA OLANDESE Calcio 2OOO
l genio non è materia di discussione. Per tanti è una chimera, un sogno irrealizzabile, per alcuni, pochi per la verità, un regalo del Signore. Solo dei privilegiati ne hanno in abbondanza e, fatto ancor più rimarchevole, ne sanno fare buon uso. Hendrik Johannes Cruijff è stato, dal punto di vista del talento, baciato dalla dea bendata. È pensiero comune che, l’avvento di Cruijff (spesso scritto anche con la dicitura Cruyff, specialmente fuori dalla natia Olanda), abbia cambiato il modo di fare calcio. Grazie a lui, tutto è cambiato, radicalmente. Le tradizioni, le certezze, i dettami su cui si basava il calcio pre Cruijff sono state cancellate dall’eleganza e dalle rivoluzionarie idee di questo ragazzotto di Amsterdam. Chi ha avuto la fortuna di vederlo danzare in campo dal vivo, lo ricorda ovunque, nel senso che poteva difendere con rara maestria e, nello stesso istante, ripartire, palla al piede, e diventare una spina nel fianco per gli avversari. Attaccante, centrocampista, esterno d’attacco, pure di difesa quando serviva, insomma il primo fuoriclasse eclettico, capace di fare tutto, ma proprio tutto, in campo. Come se non bastasse, con una mente rivoluzionaria. La sua visione del calcio è moderna, così come il suo modo di stare sul terreno verde. Eppure per diventare il Pelè Bianco (soprannome mai amato da Johan, uno che non amava essere paragonato a nessun altro), si è dovuto impegnare. Figlio, secondogenito di un fruttivendolo, cresce a Betondorp, periferia di Amsterdam. Mastica calcio sin da bambino. Curiosamente è affascinato da Di Stefano, stella del Real
Madrid, il club che odierà di più nel corso della sua carriera, complice il suo amore per il Barcellona. Nonostante un fisico gracile e delle caviglie esili, mostra immediatamente di avere una classe cristallina fuori da comune. È diverso, in tutti i sensi. A 10 anni entra, ufficialmente, nell’Ajax. L’esordio con i lancieri arriva presto: 13 novembre 1964. Si gioca allo stadio Oosterpark, di Groningen. L’Ajax perde 3-1, l’unico gol dei biancorossi porta la firma del 17enne Cruijff. La gara seguente, l’Ajax demolisce il PSV (5-0), Cruijff gioca, segna e incanta. Alla guida del club, per fare l’ultimo salto di categoria, viene chiamato Michels, colui che sarà, a detta dello stesso Johan, “…l’allenatore più importante della mia carriera”. La metodologia di Rinus è sconvolgente: 4-2-4, modulo che rende l’Ajax uno squadrone, dominante in Olanda (e, a breve, anche in Europa)… Intanto Johan conosce anche l’amore. Il 2 dicembre 1968 si sposa con Diana Margaret Coster, figlia del ricco commerciante di diamante Cor Coster. La crescita del figlio del fruttivendolo è costante e meravigliosa. Nel 1969, il 22enne ragazzino Johan conquista, con il suo amato Ajax, la sua prima finale di Coppa Campioni. Di fronte il Milan di Rivera. Tanto, troppo per i lancieri che perdono malamente. Sogni di gloria spezzati? No, solo un incidente di percorso. Nel 1970 Cruijff decide di passare, dal “normale” numero 9, al famoso 14… Cambia passo. Johan è cocciuto ma sa come trascinare i compagni. Nel 1971 si torna in finale di Coppa Campioni, contro il Panathinaikos: 2-0 per i lancieri. Vittoria e primo Pallone d’Oro per Johan. Comincia il dominio dell’Ajax in Europa. Nei due anni successivi, altri Calcio 2OOO
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SPECIALE / Johan Cruijff
L’ESPERIENZA CON IL MILAN Di Fabrizio Ponciroli
L’olandese ha indossato anche la casacca rossonera…
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SPECIALE / Johan Cruijff
“Quell'attimo di silenzio che precede il calcio di rigore, diventa eterno quando resta orfano il pallone”
“Perché non puoi battere un club più ricco? Io non ho mai visto un mucchio di soldi segnare un gol”
ra le casacche indossate dal grande Cruijff c’è anche quella del Milan. Un’avventura durata la bellezza di 45’. Nessun errore di battitura, il Pelé Bianco ha disputato, con la maglia del Diavolo, solo un tempo di una gara di calcio. La breve comparsata è andata in scena il 16 giugno 1981. In campo, per il Mundialito edizione 1981, torneo ad inviti organizzato, negli anni Ottanta, dall’emittente TV Canale 5, ci sono Milan e Feyenoord, due dei club presenti alla manifestazione (insieme a Penarol, Santos ed Inter). È la partita inaugurale, ci sono circa 30.000 persone a San Siro. L’undici titolare rossonero è il seguente: Piotti, Battistini, Maldera III, W. De Vecchi, Tassotti, Baresi II, Buriani, Novellino I, Antonelli, Cruijff, Carotti. Sì, nel Milan c’è anche il leggendario 14 olandese. Cruiff non è più giovanissimo (34 anni per la precisione). È reduce da due stagioni negli States, ai Washington Diplomats. Resta, comunque, l’attrazione del torneo. Viene ricevuto, con onori riservati ad un capo di stato, da Rivera. In tanti sognano un suo approdo proprio al Milan (invece farà ritorno all’Ajax). Per la cronaca, la prova contro il Feyenoord (sfida terminata, senza sussulti, sullo 0-0), è scialba. Nessun guizzo degno del Pelé Bianco, condizionato da un recente infortunio. Cruiff, al termine del primo tempo, decide che la sua avventura al Milan è già al capolinea. Lascia il posto a Romano e scompare… Poco importa, per almeno 45’, la leggenda olandese ha fatto parte del calcio italiano… 40
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SPECIALE / Johan Cruijff
SPECIALE / Johan Cruijff
MA PERCHÉ IL NUMERO 14? Di Fabrizio Ponciroli
Rivoluzionario anche nella scelta del numero sulle spalle, in stile Cruijff…
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purosangue, quelli che hanno l’accesso al gotha del calcio, solitamente hanno indossato numeri quali la mitica maglia 10 o il 9, simbolo del centravanti. Cruijff, pur avendo amato (e utilizzato) la numero 9, è passato alla storia per la mitica 14. Ma perché proprio il numero 14? In realtà non c’è una sola, certa, risposta. La più probabile verità è la seguente: l’Ajax, società incredibilmente all’avanguardia, decide, ad inizio degli anni Settanta, di liberalizzare i numeri, almeno in terra olandese. Si esce dalla tradizionale e cristallizzata sequenza 1-11. Nel giorno in cui si danno via le maglie, Johan è assente, in quanto infortunato. Al suo rientro, ci sono pochi numeri disponibili. Il suo 9 non c’è, decide di provare il 14. Sarà amore a prima vista, anche suffragato da risultati straordinari in campo. Buffon, nel giorno della sua morte, twitta: “L’unico che poteva dare lustro ad un semplice 14”. Verissimo. Anche in questa scelta sta la lungimiranza di un calciatore incapace di conformarsi. Sia quando correva in campo, sia da allenatore, ha sempre remato contro, forte di una personalità fuori dal comune: “Giocare a calcio è semplice, ma giocare un calcio semplice è la cosa più difficile”. Lui ci è riuscito, sempre…
“Il peggio è vincere 1-0, giocando a casaccio, tutti all’indietro, maltrattando la palla, cercando il fallo, nella convinzione che questa sia la strada, la formula, la filosofia”
“UN’EMOZIONE INDIMENTICABILE” Di Sergio Stanco
Il ricordo di Piotti, suo compagno di squadra nei 45’ rossoneri…
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l Mondiale per Club nasce solo nel 2000, ma Silvio Berlusconi con una delle intuizioni che lo hanno reso imprenditore di successo, lo aveva già anticipato nel 1981, inventando il Mundialito, Una sorta di “best of”, di torneo con tutte le migliori squadre del Mondo pronte a darsi battaglia. Nel giugno del 1981 nel Milan incontra il Feyenoord, con il “Pelé Bianco” in più. Saranno solo 45’, ma indimenticabili. Sono passati 35 anni. Ottorino Piotti in quella gara difendeva la porta rossonera e si è goduto da una posizione privilegiata il fenomeno: “E’ ancora oggi un’emozione indimenticabile, un ricordo incredibile – racconta Piotti – Era reduce da un infortunio e da un’operazione all’inguine, e anche se non riuscì ad esprimersi al meglio, si vedeva che era un giocatore di classe superiore. Quando la palla arrivava tra i suoi piedi, prendeva vita, l’impossibile diventava realtà. Era elegantissimo, aveva facilità di corsa e una capacità di condurre la palla incredibile, quando si lanciava era impossibile da recuperare. E, poi, ancor prima che gli arrivasse la palla, sapeva già cosa farne, qualità che lo rendeva un campione di livello assoluto. Tanto che San Siro, quella sera, gli riservò un’ovazione ad ogni tocco del pallone”. Piotti e i suoi compagni, hanno potuto anche conoscere l’uomo dietro al calciatore: “Restò con noi tre giorni e s’integrò perfettamente, anche fuori dal campo, senza farci pesare il suo status e la sua evidente superiorità. Era affabile e gentile, ma fui impressionato dal suo carisma, da autentico condottiero e già allora si vedeva che sarebbe diventato un grande allenatore, che avrebbe segnato la storia anche dalla panchina con le sue idee innovative”. 42
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“Alla radice di tutto c'è che i ragazzini si devono divertire a giocare a calcio”
“Una gradinata vuota molto spesso grida più forte di una gradinata piena”
due trionfi in Coppa Campioni, contro Inter e Juventus. Estate 1973, altro momento cardine della vita, sempre da protagonista, di Johan. Il Real Madrid si accorda con la dirigenza dell’Ajax per avere Cruijff. Lui, invece, va al Barcellona (di Rinus Michels, il suo mentore), grazie al lavoro da dirigente del suocero Coster. Cruijff diventa il primo giocatore azienda della storia del calcio (le sue gambe vengono assicurate per oltre due miliardi di vecchie lire). Regala, al primo anno, la Liga al Barcellona. Diventa l’Olandese Volante. Nel 1974 arriva ad un passo anche dal vincere il Mondiale. Perde, in finale, contro la Germania Ovest, anche se tutti restano ammaliati da quell’Olanda e, ovviamente, dal leggendario Cruijff. Si consola con il suo terzo Pallone d’Oro. Al Barcellona si fregano le mani, certi di avere il migliore di tutti… Qualcosa si rompe. Va via Michels, arriva Weisweiler. Rapporto non idilliaco. Torna Michels ma Montai perde le elezioni. Johan non ne vuole più sapere. Si parla di ritiro, a 31 anni… No, non si ritira, va negli States per cifre fuori dal comune. Gioca a Los Angeles e Washington, incassando fama e soldi. Nel 1981 decide di far ritorno all’Ajax. Lo fa a modo suo, da aziendalista. Nel suo contratto c’è una clausola: oltre i 15.000 spettatori, di ogni
“Nella mia squadra il portiere è il primo ad attaccare e l’attaccante il primo a difendere”
fiorino incassato in più, il 20% sarebbe finito nelle sue tasche. Da Cruijff. Chiude la carriera, facendo uno sgarbo a chi gli rema contro all’Ajax, andando al Feyenoord dove, tanto per cambiare, vince nuovamente il titolo olandese, il suo nono personale. E poi? Ovviamente decide di allenare. Capisce che, da tecnico, può decidere e fare ciò che vuole. Comincia all’Ajax dove vince subito (due Coppa d’Olanda e una Coppa delle Coppe). Poi, come fatto da calciatore, va al Barcellona dove “inventa calcio”. Resta otto anni alla guida dei blaugrana, conquistando una sequenza infinita di trofei, soprattutto la prima Coppa dei Campioni nella storia del Barcellona superando, in finale, la Sampdoria di Vialli e Mancini (gol di Koeman, ironia della sorte un’olandese come lui). Quel Barcellona è passato alla storia per essere stato il primo, originale, Dream Team. Nel 1996, decide di dire basta anche con la carriera di allenatore, a causa di problemi fisici. Tornerà nel 2009 alla guida della Nazionale della Catalogna, quasi a voler rimarcare il suo essere, sempre e comunque, agli antipodi. Resta sempre fedele al suo credo calcistico: “Ogni allenatore dice di correre tanto, io dico: non correte molto. Il calcio è un gioco in cui si gioca con il cervello”. Ci mancherai… Calcio 2OOO
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L’ALFABETO DEI BIDONI FABIO JUNIOR
di Fabrizio PONCIROLI
ER VENTICELLO
Doveva essere un Tornado Blu, ma Fabio Junior, alla Roma, non è decollato
Si ringrazia Panini per la gentile concessione delle immagini
IL FABIETTO DELLA ROMA
L’ALFABETO DEI BIDONI / FABIO JUNIOR
ono Fabio Junior e ho le mie caratteristiche. Vedendomi giocare, capirete presto cosa so fare”. Parole e musiche di Fabio Junior Pereira al suo sbarco nella capitale (per la precisione, dichiarazioni rilasciate a Rai Sport). Intrigante raccontare le gesta di questo brasiliano dalla pelata rasata a zero. A distanza di tanti anni, possiamo affermare, con assoluta certezza, che il ragazzo si è trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato. Tanta sfiga, non ci sono dubbi… Andiamo con ordine. La Dea Bendata si accorge di Fabio Junior quasi per caso. Si diletta nelle giovanili del Democrata. Il Cruzeiro decide di offrirgli una chance. Il primo anno, complice anche le poche presenze, trascorre senza troppi sussulti. L’anno seguente la Dea Bendata lo rende inarrestabile. In 32 presenze, segna la bellezza di 18 gol. In 44
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Brasile, Paese dove impiegano un nano secondo ad esaltare un giovane, sono certi: “Fabio Junior, il nuovo Fenomeno”, titola O Globo, comparando il giovinastro del Cruzeiro ad un certo Ronaldo, quello buono… È talmente “pompato” che gli vengono aperte le porte della Verdeoro. Secondo la maggior parte degli addetti ai lavori, sarà proprio Fabio Junior l’erede di Romario, sì proprio quello del Barcellona… Gennaio 1999. Zeman, il tecnico della squadra giallorossa di allora, chiede al suo presidente (Sensi) un rinforzo importante per l’attacco. Il nome suggerito dal boemo è quello di Shevchenko. Ce lo conferma, direttamente da Lugano, lo stesso Zeman: “Sì, avevo visto giocare Shevchenko nella Dinamo e mi pareva un giocatore interessante. ma c’era anche il Milan in corsa…”. Vero, infatti Sheva va al Milan mentre la Roma decide di puntare forte sul 22enne del Cruzeiro. Non viene via gratis: 15 milioni di dollari, circa 30 miliardi di vec-
foto Agenzia Liverani
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Erede di Romario, più forte di Ronaldo, purtroppo solo Fabio Junior…
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L’ALFABETO DEI BIDONI / FABIO JUNIOR
L’ALFABETO DEI BIDONI / FABIO JUNIOR
ZEMAN VOLEVA SHEVA
POCHE SODDISFAZIONI Solo qualche gol nella sua non lunga esperienza in giallorosso...
Di Fabrizio Ponciroli
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ualche mese fa siamo stati a Lugano, nuova patria calcistica di Zeman. Ne abbiamo approfittato per chiedergli anche di Fabio Junior, certi che, prima o poi, Er Venticello sarebbe diventato di attualità: “In quella squadra avevo tanti grandi attaccanti. C’era Totti, Delvecchio, Paulo Sergio, Gautieri, lui è arrivato in un momento in cui c’erano tanti altri attaccanti e non è riuscito a trovare spazio”, ci spiega l’ex tecnico della Roma. Conferme anche sulla
leggenda che voleva Zeman interessato a Shevchenko: “Già l’estate prima, poi è arrivato il Milan”. Zeman ha una sua particolare “visione” del perché Fabio Junior non sia riuscito a lasciare il segno in Italia e, più precisamente, nella Roma: “Quando arrivi in una squadra come la Roma devi essere già pronto. Non è facile per nessuno giocare in Italia, devi avere il tempo per ambientarti, per capire come si gioca in Italia. Lui è arrivato a gennaio, doveva essere subito pronto ma non lo era ancora”.
chie lire, a cui bisogna aggiungerne un altro paio “regalati” a chi, di fatto, permette il passaggio di Fabio Junior dal Cruzeiro alla Roma. Zezè Perella, presidente del Cruzeiro, brinda a lungo per il “colpo gobbo” messo a segno (geniale la mossa di mettere fretta a Sensi raccontando un “forte interessamento del Parma”). Subito è “Fabio Junior Mania”. Il Tornado Blu, soprannome del nuovo gioiello giallorosso, esalta il popolo della Maggica. Viene confezionato, vista la grande attesa, anche una videocassetta, in allegato con il Corriere dello Sport, per presentare il “nuovo Ronaldo”. Va a ruba… Nella celebre videocassetta (diventata un cult) vengono svelate alcuni segreti del ragazzo prodigio: “Il padre è stato il suo primo allenatore… Ha cominciato a giocare a 14 anni… All’inizio della carriera era fragile e mingherlino… ”, frasi non proprio incoraggianti. Ma, il vero dramma, è dato proprio dalle azioni filmate in cui è protagonista il neo romanista. Impreciso con la palla al piede, nessun dribbling ubriacante, sempre e solo il destro come piede preferito, lontanissimo dalla porta e, campanello d’allarme, di gol da cineteca neanche l’ombra, anzi si sprecano le occasioni in cui Fabio Junior non inquadra la porta. Poco importa, in Italia
farà vedere il suo vero valore. Fabio Junior sbarca così nella capitale con l’etichetta di predestinato. L’ambientamento non preoccupa, in squadra ci sono tanti brasiliani (Cafu, Zago, Paulo Sergio ed Aldair). Qualche timore c’è a livello di spazi. Zeman si fida ciecamente del tridente DelvecchioTotti-Paulo Sergio e, se deve pescare dalla panchina, si fida di Gautieri. Il boemo, nel giorno della presentazione, mostra una certa indifferenza nei confronti del neo acquisto: “Il presidente ci ha fatto questo regalo. In Brasile il ragazzo ha fatto molto bene e spero faccia altrettanto con la Roma”. Risultato? Sette presenze complessive con, comunque, tre gol all’attivo. Abbastanza per strappare la conferma per la stagione successiva, anche se circolano già diversi dubbi sulle reali doti del brasiliano. Segna contro la Samp, si divora un gol colossale contro la Fiorentina, risegna contro l’Udinese ma è scandaloso contro l’Atletico Madrid. Sparisce dai radar, per tornare protagonista contro il Vicenza, con un gol decisamente fortunoso. Chiude, appunto, a tre reti. Sulla panchina giallorossa arriva un certo Fabio Capello, uno che, in materia di talenti, ha diverse lauree. Dopo poche settimane di duri allenamenti, Don Fabio, si narra, chiede alla dirigenza di
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foto Agenzia Liverani
Zdenek Zeman
foto Agenzia Liverani
foto Federico De Luca
Il boemo avrebbe preferito il biondino della Dinamo Kiev
trovare una sistemazione, il più lontano da Roma, per Fabietto, il nuovo soprannome coniato dal popolo giallorosso per questo ragazzotto di 190 cm che, di Ronaldo, ha davvero poco… Tecnicamente improvvisato, poco disciplinato tatticamente, sempre spalle alla porta, non è neppure affidabile quando ha la possibilità di colpire. Capello gli dà fiducia in qualche occasione, poi capisce che non c’è trippa per gatti. Segna un gol, di testa, contro il Goteborg (in una partita che non conta nulla) e timbra anche contro la Reggina. Dopo nove presenze in campionato e qualche apparizione in Europa, ecco che la sua avventura romana giunge al termine. Il sosia di Aldo Baglio (l’Aldo del terzetto comico italiano) non ha più neanche la forza di provare a ribadire di essere un grande attaccante. Torna al Cruzeiro, però in prestito. Tradotto: la Roma continua a pagargli lo stipendio, lo farà fino al 2003 (circa due miliardi di vecchie lire, non proprio noccioline). E qui comincia un’altra vita per colui che una volta era chiamato Tornado Blu. Er Venticello, straordinario soprannome griffato dagli ultras giallorossi, le prova tutte per rilanciarsi. Va in Portogallo, al Vitoria Guimaraes dove non gioca qualche spezzone di gara, senza mai segnare. Fa
qualcosa di buono all’Atletico Mineiro. Decide di ascoltare il suo cuore (e il richiamo dei soldi) volando in Giappone, accettando la proposta dei Kashima Antlers. Torna all’Atletico Mineiro per poi trasferirsi all’Al-Wahda, negli Emirati Arabi. La voglia di imporsi in Europa, laddove aveva fallito con la Roma, è forte. Il Bochum, nel 2005, gli concede una nuova chance. La formazione tedesca gioca in seconda divisione. Un’occasione da non sciupare. Niente da fare, Fabio Junior non decolla: un gol nella prima stagione con il club tedesco, due nella seconda. Deve andarsene. Finisce in Israele, all’Hapoel Tel Aviv. Dopo quest’ennesima esperienza di vita, ha nostalgia di casa. Bahia, Santo Andrè, Brasiliense, America MG, Minas Boca, Boa Esporte, Guarani MG, Villa Nova. Resta uno convinto dei suoi mezzi. In una recente intervista a O Tempo, dichiara: “Ho sempre avuto il rispetto delle persone. Mi hanno sempre voluto tutti bene, il rispetto resta per sempre e io me lo sono sempre guadagnato”. A Roma la pensano diversamente… E’ trascorso oltre un decennio dallo sbarco di Fabio Junior a Roma eppure, ancora oggi, c’è chi non ha dimenticato Er Venticello, colui che doveva essere meglio di Ronaldo e prendere il posto di Romario… Calcio 2OOO
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SERIE B CROTONE
IN MISSIONE Il Crotone ha obiettivi da grande club
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rrivato nel 2010 Pietro De Giorgio non pensava di fermarsi così a lungo nella piazza calabrese. A distanza di oltre sei anni però il numero 10 è entrato nella storia del club potendo vantare oltre 200 gettoni di presenza e si appresta a scrivere il proprio nome a un'impresa che sembrava impossibile a inizio anno come la promozione in massima serie. Ai microfoni di Calcio2000 De Giorgio si racconta fra passato e presente.
IL SOGNO DI PIETRO
Pietro De Giorgio
di Tommaso MASCHIO
Bandiera del sorprendente Crotone, De Giorgio è estasiato: “Non ci rendiamo conto di quello che stiamo facendo”… 48
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foto Image Sport
Prima di sbarcare a Crotone ha girato molto, restando al massimo due anni nella stessa squadra. C'è un club che a cui è rimasto particolarmente affezionato? “A due piazze in particolare sono rimasto affezionato. La prima è Cava dei Tirreni dove sono rimasto due anni e ho fatto molto bene, la seconda invece Empoli dove sono molto legato allo staff dai magazzinieri ai massaggiatori. Credo che ogni club debba prendere a modello quello toscano per come lavora, lì è davvero come essere in una famiglia”. Da queste esperienze diverse, anche geograficamente, cosa si è portato dietro? Cosa le anno insegnato? “Per fortuna mi sono fermato a Crotone altrimenti il mio curriculum sarebbe infinito. Quando si è giovani però è normale girare molto sopratutto in un calcio come quello italiano dove nessuno ti aspetta specialmente se arrivi in prestito da un altro club. O riesci ad avere subito un impatto importante oppure scivoli magari ai margini e inizi a cambiare squadra ogni anno ripartendo da zero. Solo dopo aver imbroccato 2-3 stagioni buone riesci a uscire da questo circolo vizioso”. Nel 2010 è arrivata la chiamata del Crotone. Ci racconta come è nata quella trattativa? “Avevo ancora un anno di contratto a Empoli quando mi chiamo il direttore Ursino che mi aveva già cercato in passato, spiegandomi di volermi fare un triennale per giocare con i rossoblù. Dopo essere andato via da casa a 14 anni riavvicinarmi alla mia famiglia era una cosa che mi stuzzicava e poi il Crotone già allora era un club di tutto rispetto con alle spalle una società seria e solida”. Si aspettava di restare così a lungo in
SERIE B / CROTONE questo club? “Sinceramente no anche perché non ero abituato a fermarmi a lungo, allora avevo fatto al massimo due anni in un club anche perché a volte mi mancavano gli stimoli e sentivo il bisogno di ripartire da un'altra realtà. A Crotone però ho trovato l'ambiente giusto, una maturità che prima mi mancava e mi ha permesso di restare a lungo e diventare uno dei punti di riferimento per i compagni più giovani che annualmente arrivavano qui”. Un anno fa vi salvaste in maniera miracolosa. Si aspettava un cambio così radicale nei risultati quest'anno? “All'inizio dell'anno no, nessuno se lo aspettava soprattutto perché venivamo dall'anno più difficile per il Crotone da quando sono qui. In tanti parlano di miracolo per commentare questa stagione, ma credo che il vero miracolo sia stato fatto lo scorso anno quando ci salvammo pur girando a 21 punti dopo l'andata. Una salvezza incredibile. Quest'anno c'era uno zoccolo duro formatosi la stagione precedente e quindi mi aspettavo di poter fare un campionato più tranquillo, conquistando una salvezza in anticipo. Poi è arrivato mister Juric e stiamo sorprendendo tutto, noi per primi”. Juric appunto è una delle rivelazioni nella rivelazione. Cosa può dirci sul suo modo di allenare? “Il suo approccio iniziale non è stato diverso rispetto agli altri allenatori che ho avuto qui, ha subito spiegato la propria mentalità e cosa voleva da noi. Poi sul campo ci ha fatto capire chi è realmente. È uno dei pochi che davvero crede nella meritocrazia e nel lavoro, crea grande competizione in ogni reparto per far si che tutti diano il 100% in ogni occasione. Con lui davvero giocano quelli che durante la settimana hanno lavorato meglio di tutti senza guardare in faccia nessuno. Inoltre è un mister con grandissime qualità e credo che sia un predestinato e abbia davanti un futuro importante. Qui da giocatore aveva lasciato ottimi ricordi e credo che questo l'abbia anche aiutato nel calarsi in questa piazza nel migliore dei modi”. La Serie A sarebbe un traguardo storico. Per lei che è la bandiera ed è calabrese cosa significherebbe centrarlo?
“Per assurdo al momento viviamo in un contesto surreale, in cui non ci rendiamo conto di quello che stiamo facendo. Bisogna dire che c'è un pizzico di paura nel buttare via quanto fatto finora, ma anche la voglia di continuare su questa strada”. Dall'esterno si vede una piazza molto calda e appassionata. Qual è il suo rapporto? “Per forza di cose Crotone è molto attaccata al calcio e alla squadra. La situazione non è facile, la disoccupazione è molto alta e questo fa si che la gente si leghi molto al Crotone calcio. Noi siamo contenti di poter regalare gioia e soddisfazioni ai tifosi, a rendere le cose più belle e vogliamo continuare così. Personalmente sono qui da tanti anni e ho un rapporto normale con la piazza, ci sto bene, conosco la gente e sono contento di far parte di questa realtà”. C'è un fioretto che ha fatto in caso di promozione? “No, nessun fioretto, non sono un tipo scaramantico che pensa a queste cose. Credo che ognuno di noi abbia quello che si merita, nessuno ti regala nulla in fondo e quindi se saremo promossi il merito sarà solo nostro”. Come obiettivo personale quale si pone? “Vorrei contribuire come ho fatto in tutti questi anni al successo del Crotone in una stagione dove ho giocato un po' meno da titolare subentrando spesso a gara in corso e ricoprendo più ruoli a seconda delle partite e delle necessità. Mi piacerebbe segnare qualche gol, quello sicuramente”. C'è infine uno dei suoi compagni che ritiene già pronto per il grande salto in una big? “Ci sono tanti ragazzi bravi e forti che si stanno mettendo in luce, ma devo ammettere che ho un debole per Yao. Si è calato in questo campionato in maniera strepitosa, con una personalità e maturità rare per un giocatore così giovane e alla prima esperienza da professionista. Ha qualità davvero importanti sia a livello tecnico sia a livello mentale e da questo punto di vista mi ricorda molto Florenzi e Bernardeschi, giocatori che stanno avendo una carriera importante”.
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LEGA PRO COSENZA
Giorgio Roselli
foto per gentile concessione Ufficio Stampa Cosenza / Franco Trani
VOGLIA DI TORNARE A Cosenza il calcio è passione vera
COSENZA, TI RICORDI DOV´ERI ? di Pasquale ROMANO
Una società dalla storia travagliata ma con tanta voglia di far bene… 50
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osenza sogna il ritorno in Serie B. Particolarmente travagliata la storia calcistica vissuta dal club rossoblu negli ultimi quindici anni. Nel 2003, la retrocessione dalla B alla C, ha dato via a una serie di fallimenti, delusioni, rinascite ingloriose e 'sdoppiamenti' societari. Un decennio abbondante di amarezze per il popolo rossoblu, ingabbiato in una spirale negativa apparentemente senza fine. Nel 2011 la fondazione del Nuovo Cosenza Calcio, con Guarascio alla presidenza è partita una nuova era, la speranza è quella di rivivere i fasti degli anni '80-'90, quando il club calabrese era un punto fermo del campionato cadetto. Nello scorso campionato la formazione rossoblu navigava nei bassifondi del girone C di Lega Pro, l'arrivo di Giorgio Roselli, l'impulso vitale che ha invertito la tendenza. Dal rischio Serie D alla salvezza festeggiata con una 'ciliegina' particolarmente gustosa, ovvero la Coppa Italia di Lega Pro vinta in finale contro il Como. Roselli l'uomo della rinascita, il tecnico umbro il 'lupo' capace di rimettere in carreggiata una squadra in evidente difficoltà: "È stato premiato il mio coraggio, ho dovuto compiere scelte in fretta che fortunatamente si sono rivelate esatte. L'esperienza ti aiuta a gestire i momenti complicati, a Cosenza ho fatto cose che 15 anni fa non sarei stato in grado di fare". Cosenza ai primi posti della classifica sin dall'alba della stagione, è davvero possibile contendere sino in fondo la promozione diretta a corazzate come Benevento e Lecce? "Il calcio è bello perché capace di far accadere cose incredibili -assicura Roselli- e noi vogliamo giocarcela fino alla fine. Siamo in ballo per la promozione diretta e i play-off, siamo coscienti di non essere tra le favorite e proprio per questo lotteremo ancora di più". Il tecnico rossoblu è alla prima esperienza al Sud dopo aver girato in diverse piazze del centro-nord… "È un mondo completamente diverso, si tratta di una sfida appassionante che cercavo. Dentro di me è scattata la voglia di misurarmi con un qualcosa di nuovo, ci sono stimoli e pressioni superiori. Alla mia età, dopo aver trascorso 40 anni dentro e fuori il rettangolo verde, ho bisogno di adrenalina (sorride, ndr)".
LEGA PRO / COSENZA Particolare la carriera da allenatore di Roselli. Ad una lunga gavetta in Lega Pro e diverse esperienze positive non è mai seguita una vera chance nel campionato cadetto, opportunità che avrebbe probabilmente meritato… "Con Grosseto e Viterbese ho fatto solo 3 partite, presidenti 'vivaci' come Camilli e Gaucci non mi hanno dato il tempo per lavorare. Con la Cremonese era finito un ciclo dopo le due promozioni consecutive, con il senno di poi, dico che non sarei dovuto rimanere anche per la terza stagione, la squadra era svuotata. Ho vissuto un paio di esperienze negative, anche per colpa mia, non ho saputo sfruttare nel migliore dei modi il momento d'oro". Da calciatore, Roselli ha potuto contare su 'maestri' di assoluto rilievo. Ad appena 18 anni, l'allora centrocampista spiccò il salto dalla Fortis Spoleto all'Inter… "Come compagni avevo campioni del calibro di Mazzola, Facchetti e Boninsegna. Fu una scuola incredibile, s’impara in maniera clamorosa da giocatori del genere. Ci tengo a sottolineare che erano fuoriclasse dentro e fuori dal campo, pensavo di dover portare le valigie e invece quasi lo facevano loro". Con le maglie di Sampdoria e Bologna le parentesi più lunghe nel corso di una carriera che forse avrebbe potuto avere qualche soddisfazione in più… "Ai tempi dell'Inter non ero pronto, mi mancava la giusta personalità. Attorno ai 26-27 anni sentivo di meritare una nuova occasione in Serie A, il treno però era già passato. Non ho rimpianti, ho avuto quello che meritavo, anzi posso dire di aver esaudito il mio sogno da bambino, ovvero giocare a livello professionistico". Appese le scarpette al chiodo, è iniziata una lunga gavetta ("Ai miei tempi era obbligatoria, non si poteva pensare di esordire in Serie A come accade oggi. Guardiola ha fatto scattare il fenomeno dell'emulazione, ma uno come lui nasce ogni 20 anni") che ha portato Roselli a Cosenza. Uno dei primi giocatori chiesti dal tecnico umbro alla società calabrese, è stato Giuseppe Statella, centrocampista classe '88. Assieme a Pavia, la coppia si è ricomposta qualche centinaio di chilometri più giù: "Sono venuto a
Cosenza grazie a mister Roselli - ammette Statella - già a Pavia avevo notato le sue qualità. Grazie agli anni trascorsi in Serie A da calciatore, sa come gestire una squadra, aiutare ogni singolo giocatore. I risultati ottenuti in carriera parlano per lui". Esterno di centrocampo rapido e duttile, Statella si è visto 'benedire' da un padrino d'eccezione, vale a dire Antonio Conte… "Mi ha fatto esordire nella stagione 2006-2007, vestivo la maglia del Bari. Posso assicurare che già all'epoca si capiva che avrebbe fatto una grande carriera, sono orgoglioso di aver debuttato grazie a lui. È un martello, con Conte in panchina se non ti danni l'anima non giochi (ride, ndr)". Sino al 2014 di proprietà del Bari, Statella in Puglia non è mai riuscito a ritagliarsi un ruolo da protagonista, diverse invece le cessioni in prestito: "Benevento, Torino, Salernitana e Pavia, ho sempre chiesto io di andare via. In Serie B avrei dovuto mostrare più maturità, avessi una chance oggi sarebbe completamente diverso. Il calcio talvolta è strano, ti regala l'occasione quando non sei pronto e non quando la meriteresti". Kakà il campione ammirato da ragazzino, Statella però ha avuto esempi più 'raggiungibili' da imitare… "Da esterno di centrocampo, mi piaceva particolarmente la qualità di Gasbarroni e Leon e la loro capacità di saltare l'uomo. Li ho avuti entrambi come compagni di squadra, spero di aver rubato loro qualcosa". Lupi in zona play-off da inizio stagione, arriva il momento clou della stagione a misurare ambizioni e possibilità di Statella e compagni… "Noi abbiamo l'obbligo di pensare ad una partita per volta, la classifica corta non permette passi falsi. Vogliamo giocarci le nostre carte fino all'ultima giornata, dopo la seconda parte della seconda stagione abbiamo convinzione nei nostri mezzi". La piazza chiude gli occhi e si rivede in Serie B, l'abitudine degli anni '80-90 è diventata un miraggio nell'ultimo decennio… "I tifosi ci chiedono la promozione e noi vogliamo regalargliela, sappiamo di essere già andati oltre le aspettative ed è proprio questo a caricarci ulteriormente".
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SERIE D VENEZIA
MATTEO SERAFINI
foto per gentile concessione dell'Ufficio Stampa e Comunicazione Venezia FC
SI PENSA IN GRANDE A Venezia si sta lavorando con giusta causa
V COME VITTORIA, V COME VENEZIA di Simone TONINATO
I LAGUNARI SONO PRONTI A TORNARE TRA I PROFESSIONISTI, CON I GOL DI SERAFINI 52
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hi lo ha detto che Venezia è “solo” Piazza San Marco, “solo” una gondola, “solo” un quadro di Canaletto? Sia chiaro, basterebbe questo per assegnare ai Leoni Alati quantomeno uno scudetto ad honorem, ma Venezia è anche la squadra che ha lanciato Valentino Mazzola (vi dice niente il Grande Torino?), che ha conquistato una Coppa Italia e un terzo posto in Serie A. È anche vero che tutto ciò è accaduto più di settant’anni fa e da quel momento ad oggi, tolta la coppia Maniero-Recoba, sulla laguna le ombre sono state più delle luci. Ma il nuovo progetto, sembra partito col piede giusto: il destro da gol di Matteo Serafini. A trentasette anni ha ancora voglia di mettersi in gioco, tanta da accettare la D dopo quasi un ventennio di professionismo. Chi la porta qui? "Un progetto ambizioso e un Direttore Sportivo che avevo già avuto a Siena (stagione 2004/2005, ndr): Perinetti". Tutto il campionato è stato un testa a testa con il Campodarsego, poi lo scontro diretto ha cambiato le cose. Pronti al salto? "Di sicuro la vittoria nello scontro diretto è stata una tappa fondamentale, adesso dobbiamo cercare di mantenere fino alla fine il vantaggio che abbiamo accumulato". E se dessimo la promozione per certa. È già il momento di pensare al futuro? Magari strizzando l’occhio a un’esperienza in panchina… "Mi piacerebbe, ma è ancora presto. Cerco di lavorare giorno dopo giorno per riuscire a dare il massimo e tento di essere da esempio per i giovani che si approcciano a questa professione. Il futuro non mi preoccupa, ho scelto Venezia e se ci saranno le condizioni continueremo".
SERIE D / VENEZIA quelle sono cose da attaccanti (sorride, ndr). L’unico obiettivo reale è vincere il campionato col Venezia". “Nascita” da centrocampista, poi trequartista, punta, ma anche esterno. Esistono ruolo e modulo preferiti? "È fondamentale trovare un allenatore in grado di capire il ruolo più congeniale per il proprio calciatore. Se ci riesce, può trarre dal giocatore il meglio dal punto di vista psicologico e dal punto di vista fisico. Se devo scegliere un modulo dico 4-2-3-1, agendo dietro l’attaccante, mi sono trovato molto bene in quel ruolo. Negli ultimi anni ho fatto la prima punta in un 4-3-3 o in 4-4-2, ma cercando di fare un po’ da raccordo con il centrocampo, senza rimanere isolato in avanti". Torniamo un po’ indietro. Nove anni fa, Brescia-Juventus, si ricorda? Oggi segnare a Buffon sembra impossibile, lei gliene fece tre… "Una giornata che ricordo con grande piacere e che probabilmente è rimasta nella memoria anche dei meno appassionati, perché quel sabato accadde qualcosa di anomalo, tutto in un tempo. Per me è la ciliegina sulla torta di una carriera. In porta c’era Buffon, e i suoi numeri danno ancora più valore alla mia impresa. Lui è un campione che ancora oggi continua a incidere sul calcio italiano e mondiale". Di nuovo al presente. Dicevamo che questo è il primo anno da dilettante, ma avendo vissuto la Lega Pro fino alla scorsa stagione, è possibile fare un paragone tra le due categorie? La differenza c’è o, come dicono, è diminuita da quando è stata eliminata la C2? "Io penso che a parte le prime tre
o quattro squadre che lottano per vincere il campionato di Lega Pro, il livello non sia troppo diverso. Voglio dire che una rosa in grado di vincere la Serie D, può salvarsi tranquillamente anche in C. In Lega Pro alcune società puntano solo sui giovani e questo a volte va a discapito della qualità. Motivo per cui le squadre di vertice di Serie D possono fare bene anche nella categoria superiore". Adesso: città e tifosi… "Qui c’è l’ambiente ideale per fare calcio, ci sono strutture ottime e persone splendide. La città è conosciuta in tutto il mondo, chiunque ha negli occhi Venezia perché è troppo particolare rispetto a tutte le altre. Per quanto riguarda i tifosi, ci auguriamo che possano aumentare per sostenerci nelle ultime giornate. Il Penzo è uno stadio storico e, come la città, è particolare e per i tifosi non è facile da raggiungere. Anche quando il Venezia gioca in casa, per seguirlo devi prendere un traghetto ed è un po’ come se andassi in trasferta. Il tanto desiderato stadio sulla terra ferma semplificherebbe le cose a livello logistico". Chiudiamo con una fonte di ispirazione calcistica e Matteo Serafini oltre il campo. Se la sente? "Non c’è davvero un calciatore a cui mi sono ispirato. Da giovane mi dicevano che per l’inserimento e le leve lunghe assomigliavo a Nicola Berti. Io posso dire che il calciatore che mi faceva impazzire era Zidane: riusciva a rendere semplici le cose difficili e lo faceva con una facilità disarmante. Su di me fuori dal campo c’è poco da dire, mi piace vivere la famiglia. Ho due bambini piccoli e io e mia moglie viviamo in funzione di loro due".
Parliamo di obiettivi: quello del Venezia è chiaro, quello di Serafini? "Migliorarsi sempre, lavorare bene e trovare nuove motivazioni ogni anno". Per quanto riguarda i gol segnati e quelli da segnare? "Sono vicino ai 19 realizzati in un campionato a Busto Arsizio (Pro Patria, ndr), ma io nasco centrocampista e non ho particolari esigenze,
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SPECIALE GINO CORIONI INNAMORATO DEL CALCIO Corioni ha dato tantissimo al mondo del pallone
UN UOMO DI CALCIO Gino Corioni, un presidente che ha lasciato un segno nella storia del pallone
di Simone BERNABEI
foto Image Sport
foto Archivio TC&C
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SPECIALE / GINO CORIONI
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assionale, coraggioso, ruvido. Ma anche diretto, un po' sognatore e soprattutto amante del bello. Era questo e tanto, tanto altro Gino Corioni, indimenticato presidente di un meraviglioso Brescia che fu. L'ironia poi, anche questa raffinata dote era propria dell'uomo che fece sognare i sostenitori delle Rondinelle, grazie ad acquisti che per altri sarebbero stati pure e semplici utopie. Non era un magnate, Corioni, e non aveva neanche alle spalle facoltosi sceicchi pronti a trasformare il petrolio in calciatori dagli stipendi astronomici. Era semplicemente un imprenditore legato alla sua terra animato dall'amore per il calcio nella sua forma più sublime, quella veicolata dall'estetica. A chi, per curiosità o per diletto, gli chiedeva quale fosse stato l'affare della vita, magari pensando a Baggio piuttosto che a Guardiola, lui rispondeva semplicemente 'i cessi'. Sì, i cessi. O wc, se preferite le sigle. Ovvero quanto di più lontano possa esistere dagli educati piedi dei succi-
SPECIALE / GINO CORIONI
“” Gino Corioni ha legato il suo nome, per sempre, alla squadra del Brescia, le sue Rondinelle tati campioni. Il riferimento è ovviamente tutto per i suoi inizi da imprenditore e all'azienda di famiglia produttrice di articoli e arredamenti da bagno. Da lì, dai suoi 'cessi', Corioni ha iniziato la scalata verso il mondo del calcio. GLI INIZI Iniziò da lì, da casa sua, la storia di Ginaccio (questo uno dei tanti soprannomi che si portò dietro per tutta la vita) col
mondo del pallone. Fra l'83 e l'84 infatti divenne presidente dell'Ospitaletto, club dell'omonimo paese del bresciano, ed in poco tempo lo portò ad essere, per importanza, la seconda squadra della provincia. I successi sportivi furono veicolati dal lavoro del rampante Gigi Maifredi, anch'egli agli inizi di una importante carriera pallonara. Il piccolo impianto della campagna lombarda, però stava particolarmente stretto all'ambizioso Corioni, che già da diversi mesi si era avvicinato alla società Milan vestendo i panni di consulente esterno. Grazie allo spirito imprenditoriale che da sempre lo aveva contraddistinto e alla forza delle idee riuscì addirittura a sfiorare la presidenza del club rossonero alla fine dell'era Giussy Farina, ruolo che solo poche settimane dopo sarebbe stato occupato da un altro zelante imprenditore in rampa di lancio. Un certo Silvio Berlusconi. L'opportunità Milan insomma svanì con qualche rimpianto, ma la vicenda contribuì a rafforzare nella sua testa ciò che oramai era chiaro a tutti. Il futuro di Corioni doveva essere nel calcio che conta. E così fu, effettivamente.
IL SUO BRESCIA Le Rondinelle sono state il suo vero amore
UN GRANDE PRESIDENTE
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Qui con Berlusconi, due signori del dio calcio
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SEMPRE IN PRIMA LINEA
QUANTI CAMPIONI
è partito tutto da Castegnato, il suo paese d'origine...
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Corioni ha portato a Brescia fuoriclasse assoluti...
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IL RILANCIO FELSINEO Chiusa la parentesi Milan, Corioni non perse tempo e si mise alla ricerca di una squadra tutta per sé. L'occasione non tardò ad arrivare e nell'85 ecco le firme sul passaggio di proprietà del Bologna, club acquistato da Giuseppe Brizzi, a fronte di un esborso di 7 miliardi di lire. Non proprio noccioline, all'epoca dei fatti. A Corioni servirono un paio d'anni per conoscere il setting e le dinamiche di questa nuova avventura nel pianeta calcio, ma alla fine i risultati furono dalla sua. La prima decisiva svolta arrivò nell'87-'88 quando chiamò in panchina Gigi Maifredi, tecnico sconosciuto ai più ma non all'ex presidente dell'Ospitaletto. Il suo arrivo in realtà creò non pochi malumori fra i tifosi rossoblù ma grazie al gioco spumeggiante, alle reti di Marronaro, alla regia di Pecci e alla personalità del Mitico Villa, quella squadra vinse in scioltezza il campionato di Serie B e si conquistò con pieno merito la promozione nella massima categoria. Vinto lo sfrenato scetticismo iniziale della piazza, il suo Bologna arrivò addirittura all'inattesa qualificazione in Coppa UEFA. Rilancio europeo. La stagione seguente fu segnata dalla cinica crudeltà del calcio e il club felsineo andò incontro 58
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Tantissimi i campioni che ha portato a Brescia, tra cui Roby Baggio e Guardiola prima alla dura contestazione da parte di quei tifosi, che solo pochi mesi prima osannavano la società e poi alla retrocessione. Quello fu l'ultimo anno, e atto, sotto le Due Torri per l'imprenditore lombardo, che la stessa estate passò il testimone vendendo il club al trio formato da Gnudi-Wanderlingh-Gruppioni. IL SUO BRESCIA Dopo 6 anni passati lontano da casa Corioni decise di tornare in Lombardia. Già nella primavera del 1990 aveva acquisito l'intero pacchetto azionario del Brescia dall'architetto Claudio Cre-
monesi ma la sua figura emerse definitivamente solo nell'estate del '92, dopo l'addio certificato al Bologna. La prima stagione fu difficilissima e vide le Rondinelle guidate dalla coppia Lucescu-Moro retrocedere in Serie B all'ultima giornata, ma già l'anno successivo ci fu la riscossa. In Italia, ma soprattutto in Europa. Il Brescia infatti riuscì a centrare l'immediata promozione in A e addirittura trionfò in ambito continentale, vincendo l'oramai estinta Coppa Anglo-Italiana nella finale di Wembley del 20 marzo '93 contro il Notts County. Gol vittoria di Gabriele Ambrosetti. D’un tratto, arriviamo al 2000. Sì perché le stagioni successive, nonostante i tentativi impegnati e disparati dei vari Lucescu, Maifredi, Reja, Materazzi, Baldini e Nedo Sonetti, le Rondinelle continuano a far su e giù fra la A e la B. Millennio nuovo, vita nuova, pensò Ginaccio, che intanto aveva assoldato lo scalpitante Gianluca Nani. Al Rigamonti arriva Carletto Mazzone, uno tosto come e forse più del presidente. E fu proprio il tecnico romano l’apripista per l’affare, almeno sportivamente parlando, del secolo. A Brescia arriva lo svincolato Roberto Baggio, un sogno. Inizialmente legato proprio a Mazzone, visto che in caso di esonero il Calcio 2OOO
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IL RICORDO DI NANI Di Simone Bernabei
Il ds ha iniziato a muoversi nel grande calcio proprio con Corioni
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no dei più stretti collaboratori del presidente Corioni negli anni del Brescia è stato senza discussione alcuna Gianluca Nani, direttore sportivo oggi all'Al-Jazira che ha iniziato la carriera da dirigente proprio con le Rondinelle. Nei quattro anni di lavoro al Rigamonti, i due riuscirono a portare a Brescia campioni del calibro di Roberto Baggio e Pep Guardiola: “Per me è stato davvero un secondo padre, l'ho apprezzato in tutta la sua umanità e mi ha insegnato tutto del mondo del calcio”. Che tipo era, per lei che lo conosceva bene, il presidente? “Con lui ho creato un'unione forte che andava al di là del classico rapporto tra presidente e direttore sportivo. Nel tempo abbiamo mantenuto e coltivato questo rapporto, aveva davvero grandi qualità a livello umano e soprattutto ottime capacità imprenditoriali”.
Lo ricorda come una persona intensa e mai banale 60
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dal Real Madrid. E dopo due stagioni fu acquistato dal Barcellona. Mica male, il fiuto di Corioni. Eppure i talenti scoperti, lanciati, scovati o fatti esplodere dal carismatico presidente bresciano mica finiscono qua. La lista è lunga e variegata e inizia da Andrea Pirlo, prodotto 100% doc uscito dal vivaio delle rondinelle che ha segnato la storia recente del calcio. Del ruolo, almeno. Sotto le sue mani passarono, in epoche diverse, Luca Toni, Andrea Caracciolo, Eder, Alessandro Diamanti e Marek Hamsik, oggi capitano del Napoli. Messi insieme, con un calci-
COMPETENTE E PRESENTE
Corioni ha seguito il calcio sempre da vicino...
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NANI L'HA SEMPRE STIMATO
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Mai banale, a volte criticato ma sempre con una visione speciale e unica del calcio
stico sforzo di immaginazione, verrebbe fuori un undici, anzi una rosa, davvero niente male. Roba da Champions League, almeno o comunque di classe, come piaceva a lui. De Biasi, Zdenek Zeman, Somma, Serse Cosmi, Cavasin e Iachini scivolarono sulla panchina del Brescia con un'impressionante senso di impotenza, saltando ancora dalla B alla A. Dopo anni sonnacchiosi, nel 2010 ci fu il nuovo tentativo di stabilizzazione nel massimo campionato con una campagna acquisti da Europa. Posizione che la squadra di Beretta e Iachini mantenne però per pochissime giornate per poi retrocedere, mestamente, a fine anno. Dal pantano la squadra lombarda non è mai riuscita a tirarsi fuori e nel 2014 ecco il crack. UBI Banca, principale sponsor della squadra, decide di concedere il prestito per l'iscrizione al campionato a patto che il presidente lasci la carica e si faccia da parte. Corioni accetta. È il preambolo alla cessione societaria, che arriva nel febbraio 2015 dopo 22 anni di assoluto protagonismo all’insegna del divertimento: “Io non sono ricco, ma chi lo è ha il dovere di far felice gli altri”, confessò un giorno. La sintesi perfetta della sua filosofia applicata al mondo del pallone.
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Ci racconta un aneddoto che porterà per sempre in testa? “Ce ne sono stati tanti ma la maggior parte sono personali. Così come ci sono stati tanti ricordi sportivi bellissimi, su tutti gli arrivi di Guardiola e Baggio. Corioni era una persona intensa e viva, mai banale. Vivere accanto a lui è stato un grande arricchimento e non ti annoiava mai".
Divin Codino avrebbe potuto rescindere il contratto. Il resto sarebbe altra storia, ma regalargli spazio è forse il modo migliore per omaggiare il colpo targato Nani-Corioni-Mazzone che ha scritto una pagina tanto bella quanto inedita del calcio moderno. Si parte dalla perla contro la Juventus dell’aprile del 2001. Van der Sar probabilmente si starà ancora chiedendo come diavolo ha fatto, a stoppare quella palla scodellata da Pirlo. Era il primo di aprile ma quello non era uno scherzo. E si arriva agli 11 gol nelle dodici partite a fine 2002 che non bastarono a convincere l’esigente Trap a portarlo ai Mondiali. Nel mezzo, il grave infortunio ai legamenti. La sua avventura, a Brescia e nel calcio, si chiuderà due stagioni dopo, ultimo gol datato 9 maggio 2004. Ah, nel mezzo ovviamente c’era molto altro. C’era Pep Guardiola, arrivato nel 2001 dopo 17 anni di Barcellona. “Mi ha preso quando nessuno mi voleva più, e conoscerlo è stato un enorme piacere”, la recente confessione del tecnico catalano, rimasto legato più che mai al Brescia e a Brescia soprattutto per merito del lottatore, come lo chiamava lui. Visto che siamo in tema di mercato, tanto vale… vi ricordate George Hagi? Nel ’92-’93 arrivò a Brescia
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IL RICORDO DI MAIFREDI
IL SALUTO A GINO La sua scomparsa ha lasciato un vuoto nel mondo del calcio
Di Simone Bernabei
Tanti i suoi ricordi legati al grande presidente delle Rondinelle
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uigi Maifredi ha vissuto la propria carriera parallelamente a Corioni. Gli inizi all'Ospitaletto, l'affermazione a Bologna e la consacrazione a Brescia, tutto fianco a fianco allo storico presidente delle Rondinelle. "Quando passi circa 10 anni con una persona è chiaro che si leghi a te oltre la carriera, e Corioni è stato parte integrante della mia vita", il primo pensiero dello stesso Maifredi.
CHE RIMPIANTO… In oltre vent’anni di carriera, è impossibile non fare errori. O prendere decisioni che in futuro potrebbero rivelarsi sbagliate. Sicuramente successe una sera d’estate, era il 2001. Nani chiamò Corioni e più o meno gli disse le parole che Bob Bishop fece scrivere sul telegramma per Matt Busby: “Ho trovato un genio”.
Che ricordi ha degli inizi al fianco del presidente? "Ci siamo proiettati nel calcio che conta direi quasi parallelamente. In certe situazioni eravamo amici, eravamo della stessa terra, venivamo da famiglie non abbienti: insomma, eravamo legati da tante cose. Ho vissuto il calcio provinciale quando lui si è affacciato al calcio provinciale portando l'Ospitaletto ad essere la seconda squadra più forte della provincia di Brescia".
La TOP 11 di Corioni
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Bonera
Baggio
Pirlo
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Corioni ha sempre avuto un debole per Gigi...
Hagi
Zambelli
C'è un ricordo, un aneddoto che ricorda con particolare emozione? "Mi ha spalleggiato in tutto e per tutto e mi ha fatto allenare il Bologna senza che io avessi il patentino. Questo basta e avanza per me".
MAIFREDI GLI DEVE MOLTO
All’epoca lo scout del Manchester United si riferiva a George Best, in quel caso Nani aveva scoperto il talento infantile e cristallino di Kaka. Giocava nel San Paolo e il presidente decise di accollarsi metà delle spese, ingenti per altro. L’altra metà sarebbe dovuta arrivare dagli imprenditori bresciani che ruotavano attorno alla società, ma la cifra necessa-
Filippo Galli
Guardiola
ria non arrivò mai. Il Milan piombò sul giocatore due anni più tardi, il resto è storia più che nota. L’ennesima dimostrazione, se mai ce ne fosse stato bisogno ulteriore, della lungimiranza spericolata ma vincente di un imprenditore, un personaggio, che ha segnato in modo indelebile la storia del calcio a cavallo fra gli anni 2000. Del Brescia, ma non solo.
(4-4-2) A DISPOSIZIONE Sereni
Giunta
Diamanti
Raducioiu
Hubner
Eder
Toni Caracciolo ALLENATORE
Aimo Diana
Hamsik
Mircea Lucescu Calcio 2OOO
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I GIGANTI DEL CALCIO SERGIO BATTISTINI TALENTO PRECOCE
Battistini, a 17 anni, era già titolare nel Milan
“CHE ONORE L’AZZURRO” Protagonista con Milan, Inter e Fiorentina, ma giocare con la Nazionale è stato il top, parola di Sergio Battistini
di Fabrizio PONCIROLI foto Agenzia Liverani
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ra, di mestiere, fa l’allenatore ma Sergio Battistini è stato un grande difensore, di quelli che hanno lasciato il segno. Per indossare le maglie di Milan, Fiorentina ed Inter bisogna, necessariamente, essere dei giocatori di primo livello, proprio come il buon Sergio… Lo abbiamo intervistato per ripercorrere una carriera prestigiosa in cui è arrivata anche la chiamata della Nazionale… Allora Sergio, apriamo il libro dei ricordi… Tutto è partito dalle giovanili al Milan… “Il Milan, per me, è stata una seconda famiglia. Lì ho iniziato a giocare a calcio, sono cresciuto come ragazzo, ho esordito in A, insomma sono diventato un vero giocatore di calcio al Milan”. Insomma, un ricordo piacevole… “Sicuramente. Eravamo un bel gruppo, vivevamo a Milanello, tutti insieme. Si andava a scuola insieme, si giocava insieme, si faceva tutto insieme. Eravamo un gruppo di soli italiani, impensabile al
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“” Al Milan ho giocato con Baresi, Collovati, Di Bartolomei, Virdis, Hateley… Baresi è stato un po’ il mio mentore
di chi? “Di Mister Galbiati, il secondo, per tanti anni, di Capello. Mi ha aiutato moltissimo. Mi ha migliorato come persona e come giocatore. L’ho avuto a 14 anni come tecnico e sono arrivato in A, a 17 anni, grazie a lui. Pensa che ho saltato anche la Primavera…”.
FINALMENTE SI VINCE
Con l'Inter arrivano i tanto attesi trofei...
Poi, nel 1985, avviene il passaggio alla Fiorentina. Come mai? “Avevo qualche problema al Milan. Ho avuto qualche screzio con l’allora presidente Farina. Così, alla fine, ho preso altre strade”.
giorno d’oggi”. Al Milan hai avuto la fortuna di giocare con tanti grandi campioni… “Sono stato fortunato. Baresi, Collovati, Di Bartolomei, Virdis, Hateley… Comunque direi che Baresi è stato un po’ il mio mentore. Aveva un carattere riservato ma, quando c’era da divertirsi, non si tirava indietro. Ricordo che gli piaceva molto giocare a carte. Per me è stato un punto di riferimento costante, una fonte di ispirazione”. A 17 anni titolare nel Milan, merito
Alla Fiorentina ci sei stato fino al 1990… Che ricordi hai di questa avventura in viola? “Il primo anno non sono andato tanto bene. Ero abituato alla nebbia, a Milanello, un luogo isolato, quasi un collegio. A Firenze sono finito in centro, in una città molto aperta e gioviale. All’inizio è stata dura per me. Poi, però, ho iniziato ad abituarmi e, alla fine, ho conquistato anche la fascia di capitano a Firenze”. Purtroppo non è arrivata la vittoria nella finale di Coppa Uefa contro la
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Da Collovati a Baresi, Battistini ha avuto diversi modelli al Milan
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I GIGANTI DEL CALCIO / sergio battistini
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A FIRENZE HA SFIORATO LA COPPA UEFA
Potevo andare alla Roma. I miei fratelli mi dissero che la Roma mi voleva a tutti i costi. Ma poi arrivò la chiamata dell’Inter…
Nell’estate del 1990, ecco il passaggio all’Inter ma potevi andare altrove, vero? “(Ride, ndr). Vero… Potevo andare alla Roma. I miei fratelli che, ai quei tempi, curavano i miei interessi, mi dissero che la Roma mi voleva a tutti i costi. Si incontrarono anche con il patron dei giallorossi Viola. Tuttavia, quando venne fuori l’inserimento dell’Inter, decisi che sarei tornato a Milano”. Perché? C’è stata una ragione particolare che ti ha fatto scegliere l’Inter rispetto alla Roma? “La nebbia… No, scherzo, anche se, onestamente, Milano era la mia città, mi piaceva l’idea di tornarci. Poi non si poteva dire di no all’Inter, con tutto il rispetto per la Roma…”. All’Inter, finalmente, inizi a vincere… “Ho alzato due volte la Coppa Uefa e sono arrivato, per ben due volte, al secondo posto in campionato. Sono stati gli unici anni in cui ho giocato per le posizioni alte della classifica. E, comunque, vincere è stato importantissimo per me”. Ti sei sentito realizzato? “Guarda, quando vinci un trofeo, è normale che scatti qualcosa. Senti che, tutti i sacrifici fatti fino a quel momento, sono stati ripagati. Soprattutto stai bene con
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te stesso perché sai che hai fatto felici tanti tifosi. Ricordo quando ho vinto la prima Coppa Uefa. Siamo tornati a Milano, siamo usciti a festeggiare con le moglie e le compagne, è stato bellissimo. Si vedeva che eravamo tutti felici, in città c’era un entusiasmo pazzesco”. Conclusa la parentesi nerazzurra, finisci al Brescia di Corioni… “Ci tengo a parlare di Corioni che è scomparso poco tempo fa… Mi ha voluto lui, ha insistito tanto. Lo ringrazierò sempre per avermi portato a Brescia. Sono stati due anni bellissimi. Certo, a livello sportivo potevamo fare molto di più ma, a livello di vita, mi sono trovato benissimo a Brescia. Due anni indimenticabili”. Mi dici il gol al quale sei più legato?
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Li hai citati tu… Che mi puoi dire di questi due campionissimi? “Difficile dire qualcosa di originale su Baggio. Qualità enorme, ragazzo eccezionale. Dunga era già un leader a quell’età in campo. Guarda, io ero il capitano di quella Fiorentina ma, in realtà, in campo si sentiva tanto la leadership di Dunga. Non a caso, poi ha vinto un Mondiale e è diventato il Ct del Brasile… Comunque, se posso aggiungere, direi che
ho avuto la fortuna di giocare con tanti altri campionissimi e non solo all’Inter. Oltre a quelli di cui abbiamo parlato al Milan, ricordo Diaz, Passarella e, ovviamente, Matthaus…”.
Si ringrazia Panini per la gentile concessione delle immagini-4
Juventus (1989/90, ndr)… “Mi pesa ancora tanto. Credo che, nelle due partite, noi avevamo fatto bene, potevamo anche vincere ma è andata così. Purtroppo avevamo qualche problema, nonostante dei giocatori importantissimi in rosa, penso a gente come Roby Baggio e Dunga…”
Solo la Juve gli ha impedito di vincere alla Fiorentina
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I GIGANTI DEL CALCIO / sergio battistini BEI RICORDI IN NERAZZURRO Negli anni all'Inter gioca tanto e vince due Coppa Uefa
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LA CARRIERA DI SERGIO Di Fabrizio Ponciroli
CHIUSURA AL BRESCIA Grazie a Corioni, gioca ancora in A, con le Rondinelle
Dalle giovanili del Milan alla magica serata di Roma…
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o cominciato giovanissimo al Milan… Ero davvero un ragazzino, con una grande voglia di giocare a pallone e, per fortuna, sono riuscito a fare il calciatore”. Parole e musica di Sergio Battistini. Classe 1963, nativo di Massa, muove i primi passi da attaccante ma, ben presto, inizierà ad arretrare la propria posizione, fino a diventare un difensore, anche se con il vizio del gol (32 nella massima serie). Esordisce, tra i professionisti, a 17 anni, con il Milan in cadetteria (stagione 1980/81, 37 presenze con anche cinque reti all’attivo). L’anno seguente è in Serie A, sempre con il Diavolo. La prima gara ufficiale nella massima serie avviene in Friuli, il 13 settembre 1981: Udinese-Milan 0-0. Non passa neanche molto tempo per festeggiare la prima perla in A: 3 gennaio 1982 - Milan-Cagliari 1-0 - decide una rete di Battistini al 73’. L’avventura con i rossoneri si conclude nel 1985, causa qualche problema con la dirigenza di allora. In tanti si chiedono, ancora oggi, come sarebbe stata la carriera di Battistini se fosse rimasto nel nuovo Milan di Berlusconi… Nell’estate del 1985 approda alla Fiorentina. Ci resta per cinque stagioni, giocando da libero e sfiorando il suo primo trofeo. Nell’annata 1989/90, infatti, perde la finale di Coppa Uefa contro la Juventus. È la fine di un ciclo. Finisce all’Inter, per circa sette miliardi di vecchie lire. Al suo primo anno in nerazzurro vince, finalmente, la Coppa Uefa. Non sarà l’unica visto che, nel 1993/94, alla sua ultima stagione alla Pinetina, la rivince nuovamente. A 31 anni passa al Brescia di Corioni. Non gioca tantissimo ma si toglie la soddisfazione di segnare altri due gol in Serie A, prima di retrocedere in B. Resta con le Rondinelle anche
Stagione
Squadra
1980-81 1981-82 1982-83 1983-84
Milan Milan Milan Milan Milan Fiorentina Fiorentina Fiorentina Fiorentina Fiorentina Inter Inter Inter Inter Brescia Brescia Spezia
1984-85 1985-86 1986-87 1987-88 1988-89 1989-90 1990-91 1991-92 foto Agenzia Liverani
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1993-94 1994-95 1995-96 1996-97 Calcio 2OOO
SERIE PRESENZE RETI B 37 5 A 30 3 B 37 11 A 29 5 A 29 5 A 28 1 A 21 1 A 20 1 A 28 1 A 30 3 A 28 2 A 20 0 A 34 5 A 30 3 A 19 2 B 18 0 C1 17 1
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LA carriera DI BATTISTINI
in cadetteria, prima di chiudere la carriera con lo Spezia in C1 (una sola stagione, con una rete in 17 gare complessive). Appena appesi gli scarpini, si dedica immediatamente al ruolo di allenatore. Pietrasanta, Massese, Viareggio, Versilia, oltre a diverse esperienze con i giovani, in particolare a Firenze e Spezia… Tuttavia, il momento cardine della sua carriera, come ci conferma, è la magica serata del 4 febbraio 1984. Sergio Battistini è in campo per la gara amichevole Italia-Messico. Subentra, ad inizio secondo tempo, a Dossena. Gli Azzurri di Bearzot si impongono con un secco 5-0 (Conti, Bagni e tripletta di Rossi), per Battistini è la prima di quattro presenze con la Nazionale (con pure una rete, contro il Canada). Calcio 2OOO
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I GIGANTI DEL CALCIO / sergio battistini ORA PENSA AD ALLENARE Battistini, da tempo, si è dato al mestiere del tecnico
I GIGANTI DEL CALCIO / sergio battistini “Domanda difficile… Forse quello segnato al Genoa ai tempi del Milan. Un grande colpo di testa su cross di Icardi (campionato 1983/84, Milan-Genoa 1-0, ndr). Ricordo che Brera scrisse: ‘Battistini ha preso l’ascensore’. Sembrava, infatti, dalla foto, che avessi saltato tantissimo. Se non ricordo male, feci gol a Martina (corretto, ndr). Sai, ero sempre stato bravino di testa, anche perché, da piccolo, ho giocato come attaccante. Un’esperienza che poi mi è tornata utile durante la mia carriera visto che, spesso, ho fatto gol proprio di testa”. Riguardando indietro, qual è stata la tua più grande soddisfazione? “Quando ero bambino, sognavo di indossare la casacca della Nazionale. Per mia fortuna, dopo il Mondiale del 1982, sono entrato nel giro dell’azzurro… Poi, nel 1984, a Roma, a febbraio, sono stato convocato per giocare contro il Messico. È stato un momento indimenticabile. Mi sentivo realizzato, contento di aver
“” Ricordo quando ho vinto la prima Coppa Uefa. Siamo tornati a Milano, siamo usciti a festeggiare con le moglie e le compagne, è stato bellissimo raggiunto la Nazionale, quello che ho sempre voluto. Pensa che ho anche avuto la fortuna di segnare in Nazionale, contro il Canada ma, quella partita a Roma contro il Messico (5-0 il finale, ndr) la considero il mio momento top, un sogno che è diventato realtà”.
Ora sei passato dall’altra parte della barricata, fai l’allenatore… Più semplice o più complicato? “Scherzi? Sicuramente molto più complicato rispetto al mestiere del calciatore. Quando sei un giocatore, fai il tuo allenamento e tutto poi finisce lì. Quando fai l’allenatore, sei sempre concentrato, attivo. Devi essere un esempio, hai la responsabilità di tutti i giocatori, devi essere sempre aggiornato tatticamente. Insomma, un mestiere difficile, non ci sono dubbi. A me piace allenare ma, da calciatore, tutto era più facile, immediato”. Per chiudere: contento di quanto fatto in tutta la tua carriera? “Certamente, ho giocato per grandi squadre, sono riuscito a vincere e, come dicevo, ho avuto la soddisfazione di conquistare anche la maglia della Nazionale. Difficile chiedere di più…”. Niente da aggiungere…
“NON ERA UN RAGAZZO DA DISCOTECA” Di Fabrizio Ponciroli
Collovati, compagno di Battistini al Milan, ha solo ricordi piacevoli…
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foto Federico De Luca
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ulvio Collovati ricorda perfettamente Sergio Battistini. Hanno giocato insieme, per un paio d’anni, al Milan (nello specifico, fino al 1982, anno in cui Collovati ha lasciato il Diavolo)… “Ho solo ricordi piacevoli di Sergio. Era un bel frutto del settore giovanile del Milan. Credo sia stato, per certi versi, il primo grande giocatore polivalente della storia del nostro calcio. In campo sapeva fare di tutto, tanto che, in alcune partite, ha giocato anche da centravanti… Tecnicamente era molto bravo ed era fortissimo di testa, insomma un grande giocatore”. Ci si sofferma anche sugli aspetti extracalcistici: “In quegli anni, arrivando dal settore giovanile, avevi anche certi valori che, ormai, non ci sono più. Sergio era uno che sapeva stare al suo posto, non era sicuramente un ragazza da discoteca. Un bravissimo ragazzo, di quelli che non si montano mai la testa”. Il Campione del Mondo 1982 ha una sua personale opinione: “Forse è stato un peccato che non abbia proseguito con il Milan. Poteva diventare una bandiera del club, aveva davvero tutto per esserlo. Comunque, come il sottoscritto, ha giocato con Milan e Inter, non proprio da tutti, no?”. Chiusura con nostalgia per il passato: “Giocatori come Battistini farebbero molto comodo al calcio di oggi. Sono l’esempio che, dal settore giovanile, possono nascere grandi campioni. L’importante è valorizzarli, come accadeva ai nostri tempi dove, se uno era bravo, giocava titolare a 16/17 o 18 anni, senza problemi”. Calcio 2OOO
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COPPA DEI CAMPIONI / 1987-1988
di Gabriele PORRI
Non incanta ma porta a casa la Coppa, ecco la cavalcata degli olandesi di Hiddink…
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IL COLPO DI HIDDINK Capolavoro di Guus, Coppa Campioni ad Eindhoven...
IL CONCRETO PSV 74
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a sanzione inflitta dalla UEFA ai club inglesi prosegue anche per la stagione 1987-88 e la squadra più penalizzata è l’Everton, costretta a rinunciare alla Coppa dei Campioni per la seconda volta in tre anni. I Blues non avranno più occasione di partecipare alla Champions e l’unica volta in cui si affacceranno nel palcoscenico europeo più importante, nel 200506, verranno eliminati dal Villarreal nei preliminari. In compenso, il Portogallo presenta due squadre, Porto e Benfica, bissando il 1961-62 e il 1962-63, quando in Coppa Campioni andarono Benfica e Sporting. Bayern, Real Madrid e le due portoghesi sono le favorite della nuova stagione, che vede al via il debuttante Napoli, portato al primo, storico scudetto dal “Pibe de Oro”, Diego Armando Maradona. Il sorteggio, beffardo, accoppia i campioni d’Italia con il Real Madrid di Butragueño e Michel, l’esordio è al Bernabeu in un silenzio quasi irreale, vista la squalifica del campo madridista per gli incidenti nella semifinale dell’anno precedente. Nonostante manchi l’effetto “bolgia” che spesso ha contraddistinto lo stadio pieno, il Napoli scende in campo intimidito, a seguito anche della tattica di Ottavio Bianchi, che infarcisce la squadra di mediani e stopper, escludendo Careca appena arrivato alla corte di Ferlaino. Un rigore di Michel in avvio e un gol di Tendillo nel finale condannano il Napoli a dover effettuare una rimonta clamorosa al San Paolo e fortuna che Garella compie interventi decisivi, altrimenti il ritorno sarebbe stato proibitivo. A Napoli è tutta un’altra storia e lo si vede subito, quando Francini dimezza le distanze al 9’. I partenopei dominano, ma le punte sprecano molto e sul finire del primo tempo Butragueño gela il San Paolo. Con tre reti da segnare in un tempo, il Napoli torna in campo nel secondo tempo senza mordente e saluta così la sua prima Coppa dei Campioni dopo un solo turno. I sedicesimi di finale non registrano grosse sorprese, nessuna sfida termina oltre i canonici 180’, anzi il Benfica disputa solo l’andata contro gli albanesi del Partizani, che terminano con sette uomini e quattro gol al passivo, subendo l’estromissione dal torneo. Molto equilibrata la sfida tra PSV e Galatasaray, con i turchi che mettono paura al ritorno ai campioni d’Olanda, che pensavano a una passeggiata dopo il 3-0 dell’andata. A Eindhoven, la squadra allenata da Hiddink con Ronald Koeman, Lerby, van Breukelen e altri campioni, era riuscita nel finale ad aumentare il vantaggio nei confronti dei turchi, ma ad Istanbul il risultato all’intervallo è di 2-0. Fortunatamente per gli olandesi, la squadra di Jupp Derwall non riesce a pareg-
giare i conti nella ripresa e il PSV va avanti. Notevole la rimonta dei Rangers, che ribaltano lo 0-1 in casa della Dinamo Kiev con un gol per tempo (Falco e McCoist). Fallisce invece la rimonta dell’MTK Budapest nei confronti degli ex campioni della Steaua, 2-0 in Ungheria dopo lo 0-4 a Bucarest. Non è un cammino facile per il Real Madrid, al quale le palline estratte dalle urne non sorridono certo. Dopo il Napoli, infatti, le Merengues devono scontrarsi con i campioni uscenti del Porto, che al primo turno hanno disposto facilmente del Vardar Skopje. I macedoni sono giunti secondi nella Prima Divisione jugoslava, dopo la restituzione dei sei punti di penalizzazione al Partizan su pressione dei politici serbi. Tuttavia, l’UEFA ha riconosciuto il Vardar come legittimo rappresentante jugoslavo, ammettendolo alla Coppa dei Campioni. Il Madrid col Porto gioca con il pubblico, ma al Mestalla di Valencia, dove Rabah Madjer porta in vantaggio i detentori a inizio ripresa. Le reti di Sanchez e Manolo Sanchis nel finale ribaltano il punteggio, ma la sfida resta ancora in bilico. Quando al ritorno Paulo Sousa su punizione regala il vantaggio ai Dragoni, la sfida sembra cambiare padrone, ma ci pensa Michel con una doppietta nella ripresa a chiudere i conti. Nonostante i difficili sorteggi, la corsa del Real prosegue e i madridisti sono senza dubbio i favoriti per la loro settima coppa. Resta in gioco anche il Bayern, che, dopo avere perso 2-1 in casa del Neuchatel Xamax, trova il gol qualificazione a tre minuti dalla fine con Pflügler e raddoppia con Wegmann al 90’. Con il Porto fuori dai giochi, spagnoli e tedeschi sembrano poter raggiungere – sorteggi permettendo – la finale di Stoccarda. Resiste il Benfica, che però stenta dopo un 1-0 complessivo contro l’Aarhus, stesso risultato con cui il Bordeaux supera il modesto Lillestrӧm. Dilaga la Steaua contro l’Apoel Nicosia, il PSV batte due volte il Rapid Vienna e passa ai quarti senza problemi. Passano anche i Rangers Glasgow sui polacchi del Gornik Zabrze. Ai quarti, ancora una volta il Real pesca nel mazzo la carta peggiore, il Bayern, nella riedizione della semifinale dell’anno prima. La sfida potrebbe andare nella stessa direzione, quando all’85’ della partita di andata il Bayern conduce 3-0, ma i gol di Butragueño e Hugo Sanchez rimettono le cose in gioco. Il timore degli incidenti dell’anno precedente è fugato dal risultato che stavolta è a favore del Real, col 2-0 firmato da Jankovic e dal “Buitre”. La squadra di Beenhakker trova quindi in semifinale il PSV, rivale delle sue ex squadre, Feyenoord e Ajax. Gli olandesi superano il turno senza vincere, grazie all’11 in casa del Bordeaux a cui fa seguito lo 0-0 in Olanda. In semifinale va anche la Steaua, che sconfigge 2-0 i Rangers a Bucarest e sistema le cose con un gol di Lacatus dopo due
minuti e anche se alla fine i Rangers vincono 2-1, non riescono a raggiungere il penultimo atto. Ultima semifinalista è il Benfica, che supera l’Anderlecht, 2-0 in casa e 0-1 in Belgio. Già dalle semifinali, con la concorrenza rimasta, a Madrid si preparano a festeggiare la settima coppa: tutte e tre le avversarie sembrano inferiori. Le tocca forse la migliore di queste, il PSV e il gol su rigore dopo 5’ di Sanchez fa pensare a una goleada, ma al 19’ pareggia Linskens con un tiro che spiazza Buyo e gli olandesi riescono a non subire ulteriori gol fino alla fine dei 180 minuti, anche per le grandi parate di van Breukelen al Philips Stadion. Quasi incredibilmente, il Real si trova fuori dalla coppa, in finale a Stoccarda ci va il PSV. Lì trova il Benfica, che elimina la Steaua dopo un pareggio a reti bianche in Romania, il 2-0 di Lisbona davanti a 120.000 spettatori è firmato da Rui Aguas con una doppietta di testa, un gol in tuffo e uno in elevazione. Dopo vent’anni, dopo la sconfitta 4-1 per mano del Manchester United di Matt Busby, le aquile lusitane sono in finale, il Portogallo potrebbe fare il bis di vittorie consecutive con due squadre diverse come accaduto a italiane, olandesi e inglesi prima di loro. A giocarsela con il Benfica sarà una squadra che ha iniziato a dominare in patria con un calcio totale ma, diversamente dalle altre “big” olandesi, ha optato per acquisti esterni, anziché sul settore giovanile. Se n’è andato Gullit al Milan, ma sono arrivati Lerby, Kieft e soprattutto Ronald Koeman, leader della squadra insieme al veterano belga Eric Gerets. La finale di Stoccarda è forse una delle meno memorabili della storia della competizione. Due squadre timorose di prendere gol si affrontano, chi con l’emozione dell’esordio e chi a tanti anni dall’ultimo successo. Il Benfica ha perso per infortunio il suo capitano e leader Diamantino e si adegua giocando per quasi 90 minuti dietro la linea della palla. Il PSV fa possesso, ma l’unico tiro degno di nota del primo tempo è dell’olandese Vanenburg al 37’. Nella ripresa gli attacchi dei campioni d’Olanda si intensificano e Silvino è chiamato a diversi interventi. L’occasione più grossa capita a un difensore, Nielsen, che sbaglia da pochi metri. Si va ai supplementari, ma non ci sono gol e quindi si passa ai rigori. A differenza di due anni prima, a Stoccarda i tiratori sono precisi e dopo la serie classica di penalty le squadre sono sul 5-5. Si va a oltranza, Janssen segna e Antonio Veloso tira alla destra di van Breukelen, che si butta bene e para. La coppa va al PSV, ma non è una vittoria che passa alla storia: tre vittorie su nove partite, nessuna dai quarti in poi, in cui gli olandesi segnano due gol in cinque pareggi ottenendo, grazie ai gol in trasferta e ai rigori, il massimo risultato col minimo sforzo. Al Benfica non rimane altro che la persistente “maledizione di Guttman”. Calcio 2OOO
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SEMIFINALE 1
SEMIFINALE 2
FINALE
STEAUA BUCAREST-BENFICA 0-0
REAL MADRID-PSV EINDHOVEN 1-1 (1-1)
PSV EINDHOVEN-BENFICA 0-0 d.t.s., poi 6-5 ai rigori
Mercoledì 6 aprile 1988, ore 17 BUCAREST (Stadio "Steaua") Arbitro: Karl-Heinz TRITSCHLER (GER) Spettatori: 21.789
Mercoledì 6 aprile 1988, ore 21 MADRID (Stadio "Santiago Bernabeu") Arbitro: George COURTNEY (ENG) Spettatori: 90.000
Mercoledì 25 maggio 1988, ore 20:15 STOCCARDA (Neckarstadion) Arbitro: Luigi AGNOLIN (ITA) Spettatori: 64.000
STEAUA BUCAREST: Gheorghe LILIAC, Stefan IOVAN, Dan PETRESCU [77' Ioan COJOCARU], Adrian BUMBESCU, Tudorel STOICA (cap.), Miodrag BELODEDICI, Marius LACATUS, Gavril BALINT [63' Lucian BALAN], Victor PITURCA, Gheorghe HAGI, Gheorghe POPESCU Commissario tecnico: Anghel IORDANESCU.
REAL MADRID: Francisco BUYO, CHENDO, José Antonio CAMACHO (cap.) [72' Ricardo GALLEGO], Miguel TENDILLO, Manuel SANCHIS, Rafael GORDILLO, Emilio BUTRAGUEÑO, MICHEL, Hugo SANCHEZ, Milan JANKOVIC [66' Francisco LLORENTE], Rafael MARTIN VAZQUEZ Commissario tecnico: Leo BEENHAKKER.
PSV EINDHOVEN: Johannes VAN BREUKELEN, Eric GERETS (cap.), Ivan NIELSEN, Ronald KOEMAN, Jan HEINTZE, Søren LERBY, Humbertus VAN AERLE, Gerald VANENBURG, Edward LINSKENS, Willem KIEFT, Hans GILLHAUS [107' Anton JANSSEN] Commissario tecnico: Guus HIDDINK.
PSV EINDHOVEN: Johannes VAN BREUKELEN, Eric GERETS (cap.), Jan HEINTZE, Ronald KOEMAN, Ivan NIELSEN, Søren LERBY, Humbertus VAN AERLE, Gerald VANENBURG, Edward LINSKENS, Willem KIEFT, Frank ARNESEN [29' Anton JANSSEN] Commissario tecnico: Guus HIDDINK.
BENFICA: SILVINO, Antonio VELOSO, DITO, ALVARO, MOZER, ELZO, Francisco Carlos CHIQUINHO, Antonio Manuel PACHECO, RUI AGUAS [57' WANDO], Han SHEU (cap.), Mats MAGNUSSON [112' Redouane HAJRY] Commissario tecnico: Antonio OLIVEIRA.
Ammonito: 55' DITO.
Reti: 5' rigore Hugo SANCHEZ, 19' Edward LINSKENS. Ammoniti: 55' Humbertus VAN AERLE, 68' Willem KIEFT.
PSV EINDHOVEN-REAL MADRID 0-0
Mercoledì 20 aprile 1988, ore 21 LISBONA (Stadio "da Luz") Arbitro: Michel VAUTROT (FRA) Spettatori: 120.000
Mercoledì 20 aprile 1988, ore 19:30 EINDHOVEN (Stadio "Philips") Arbitro: Bruno GALLER (SUI) Spettatori: 26.500
BENFICA: SILVINO, Antonio VELOSO, DITO, ALVARO, MOZER, ELZO, Francisco Carlos CHIQUINHO, Antonio Manuel PACHECO [88' Fernando CHALANA], RUI AGUAS, Mats MAGNUSSON [72' Han SHEU], DIAMANTINO (cap.) Commissario tecnico: Antonio OLIVEIRA.
PSV EINDHOVEN: Johannes VAN BREUKELEN, Eric GERETS (cap.), Humbertus VAN AERLE, Ivan NIELSEN, Jan HEINTZE, Søren LERBY, Gerald VANENBURG, Edward LINSKENS, Willhelmus VAN DE KERKHOF [66' Adick KOOT], Willem KIEFT, Hans GILLHAUS [73' Frank ARNESEN] Commissario tecnico: Guus HIDDINK.
Reti: 23' e 33' RUI AGUAS. Ammoniti: 85' ALVARO, 9' Tudorel STOICA.
GARA DI RITORNO
GARA DI RITORNO
BENFICA-STEAUA BUCAREST 2-0 (2-0)
STEAUA BUCAREST: Gheorghe LILIAC, Stefan IOVAN, Nicolae UNGUREANU, Adrian BUMBESCU, Tudorel STOICA (cap.), Miodrag BELODEDICI, Marius LACATUS, Gavril BALINT [60' Lucian BALAN], Victor PITURCA, Gheorghe HAGI, Gheorghe POPESCU [69' Mihail MAJEARU] Commissario tecnico: Anghel IORDANESCU.
Sequenza dei rigori: Ronald KOEMAN (realizzato), ELZO (realizzato), Willem KIEFT (realizzato), DITO (realizzato), Ivan NIELSEN (realizzato), Redouane HAJRY (realizzato), Gerald VANENBURG (realizzato), Antonio Manuel PACHECO (realizzato), Søren LERBY (realizzato), MOZER (realizzato), Anton JANSSEN (realizzato), Antonio VELOSO (parato). Ammonito: 106' Søren LERBY.
REAL MADRID: Francisco BUYO, CHENDO, Manuel SANCHIS, Miguel TENDILLO [65' Francisco LLORENTE], MICHEL, Rafael GORDILLO, Emilio BUTRAGUEÑO, Milan JANKOVIC, Hugo SANCHEZ, Ricardo GALLEGO, Rafael MARTIN VAZQUEZ [73' SANTILLANA] Commissario tecnico: Leo BEENHAKKER. Ammoniti: 75' Gerald VANENBURG, 75' Manuel SANCHIS.
foto Agenzia Liverani
BENFICA: SILVINO, Antonio VELOSO, DITO, ALVARO, MOZER, ELZO, Francisco Carlos CHIQUINHO [69' Mats MAGNUSSON], Antonio Manuel PACHECO [69' Fernando CHALANA], RUI AGUAS, Han SHEU (cap.), DIAMANTINO Commissario tecnico: Antonio OLIVEIRA.
GARA DI ANDATA
GARA DI ANDATA
COPPA DEI CAMPIONI / 1987-1988
GERALD VANENBURG
Eric Gerets
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ACCADDE A...
Alberto MALESANI
Q
di Stefano BORGI
MALESANI GIALLOBLù
foto Agenzia Liverani
Il tecnico ha guidato il Parma dal 1998 al 2001
LA RIVINCITA DEL “MALE” Coppa Italia, Uefa e Supercoppa col Parma, tutto in cento giorni. E l'immancabile corsa sotto la curva... 78
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uella sera Alberto Malesani si prese la sua rivincita. Su Firenze, sugli scettici, su Vittorio Cecchi Gori. Firenze, a dir la verità, lo aveva eletto suo beniamino fin da subito: arrivato nell'estate 1997, portato da Antognoni, che lo aveva visto allenare il Chievo: ne era rimasto folgorato. Proprio nel quartiere veronese gli avevano affibbiato quel nomignolo, il "Male", la versione breve del suo cognome: una giusta sintesi tra carattere e atteggiamento tattico, capace di annichilire le squadre avversarie. In una parola, il calcio di Malesani sapeva far male per davvero. Ahilui, non si era mai "preso" con Vittorio Cecchi Gori. Il padre padrone della Fiorentina mal sopportava l'ingerenza di un carneade che, fino a poco prima, vendeva macchine fotografiche. E poi il patron era un nostalgico di Claudio Ranieri che aveva chiuso un quadriennio in viola fatto di successi, di vittorie, ma anche di contrasti insanabili con la tifoseria. La stessa tifoseria che, invece, accolse Malesani come un messia. Galeotta fu quella fuga sotto la curva, ad Udine, in pantaloncini e maglietta dopo il terzo gol di Batistuta. Era il 31 agosto 1997, e quel giorno nacque il grande amore tra Malesani e Firenze. Quella sera invece, il 5 maggio 1999, proprio a Firenze il "Male" ripensò a tutte quelle cose, ai momenti belli, ai momenti brutti. E (ne siamo certi) provò il gusto irresistibile della rivincita. Ma andiamo con ordine. CAMBIO DI LOOK – Alberto Malesani lasciò la Fiorentina al 5° posto, una qualificazione UEFA, gioco e spettacolo a piene mani. Immagine? Zero. Bon ton? Quello può attendere. Tanto che, in curva Fiesole, campeggiava uno striscione: "Non porta i pantaloni con le pence, ma ha portato il calcio a Firenze". A Parma, invece, Malesani cambiò radicalmente il suo look: divisa sociale, giacca e cravatta, capello sempre in ordine. Del resto la linea Tanzi aveva le sue regole, ed anche un ribelle come il "Male" dovette adeguarsi. Unica concessione, la prima esultanza, quasi un talismano a cui aggrapparsi. Successe alla
terza giornata, contro la Juventus. Due scialbi 0-0 nelle prime due, fino a quel 27 settembre '98, fino al gol di Dino Baggio. Malesani (sempre in giacca e cravatta) non ce la fece, prese ed andò sotto la curva del Tardini a festeggiare. A Firenze aveva funzionato, hai visto mai? Ed il Male, infatti, sembrava averla azzeccata. Parma avanti tutta, Parma in testa alla classifica alla 16° dopo un roboante 6-3 al Piacenza. Poi il calo, fisiologico, classifica finale che reciterà 4° posto, utile comunque per la qualificazione in Champions League. RE DI COPPE - Il meglio, il Parma di Malesani, lo dette nelle coppe. Coppa Italia e Coppa Uefa. Il cammino nel trofeo nazionale inizia dai sedicesimi di finale: un 4-0 totale sul Genoa, facile facile. Poi Bari negli ottavi, Udinese nei quarti (sconfitta per 3-2 al Friuli, goleada al Tardini per 4-0), Inter in semifinale. Anche qui nessun problema: doppia vittoria, 2-0 a San Siro, 2-1 in casa. Ben diverso l'andamento della finale, ironia della sorte contro la Fiorentina di Trapattoni. I viola, delusi da un campionato condotto in testa per lunghi tratti, avevano concluso terzi dietro Milan e Lazio. L'andata si giocò il 14 aprile 1999: vantaggio per i ducali di Crespo (su errore marchiano di Repka), pareggio di Batistuta che riprende una respinta di Buffon su tiro di Edmundo. Ritorno il 5 maggio, con i favori del pronostico tutti dalla parte dei viola. Fu una finale grandi firme: oltre a Buffon in porta, Thuram, Cannavaro, Veron, Chiesa e Crespo per gialloblù. Dall'altra parte Toldo, Padalino, Torricelli, Rui Costa, Batistuta, Edmundo per i viola. C'è l'imbarazzo della scelta. Apre le marcature Crespo al 42': cross di Fuser, basso, teso, l'argentino anticipa Repka e di tacco mette in rete. Coppa (per il momento) al Parma. Passano tre minuti della ripresa, lo stesso Repka riprende una respinta della difesa e piazza il destro dell'1-1. Così si andrebbe ai supplementari. Un salto al 66': punizione liftata di Rui Costa, testa di Cois, Buffon non ci arriva. 2-1 e coppa stavolta alla Fiorentina. Ma non è finita. Al 71' Chiesa giostra dalla destra, crossa nel mezzo, Vanoli anticipa Torricelli e di testa mette alle spalle di Toldo. Fioren-
tina-Parma 2-2, sarà anche il risultato finale. Sommato all'1-1 del Tardini vuol dire la seconda coppa Italia della storia del Parma. Malesani? Il "Male" è pazzo di gioia, corre sotto il "settorino" dei tifosi, si agita, si sbraccia, la sua rivincita è completa. Sotto gli occhi di Firenze, sotto gli occhi di Cecchi Gori. UNA SETTIMANA DA DIO - Alberto Malesani non si ferma più. Mutuando il film di Jim Carey, il Male si appresta a vivere... "Una settimana da Dio". Il 5 maggio la Coppa Italia contro la Fiorentina, sette giorni dopo la vittoria in Coppa Uefa contro l'Olimpique Marsiglia. Fenerbache, Wisla Cracovia, Rangers di Glasgow, Bordeaux (storico il 6-0 del ritorno in casa), Atletico Madrid gli avversari spazzati via nei turni eliminatori. Fino al 3-0 di Mosca datato 12 maggio 1999. Crespo, Vanoli e Chiesa i marcatori, quasi una riedizione della finale di coppa Italia. Come dice il proverbio? Non c'è due senza tre. E allora il 21 agosto, a San Siro contro il Milan, il Parma di Malesani si aggiudica anche la supercoppa italiana. 2-1 finale grazie ai gol di Crespo e Boghossian nei supplementari. Per Malesani, per il Parma, tre coppe in poco più di cento giorni. Altro che rivincita...
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DOVE SONO FINITI SIMBOLO ROSSOBLU Paramatti ha legato il suo nome alla squadra del Bologna
Michele PARAMATTI
BOLOGNA È UNA REGOLA foto Image Sport
Paramatti è stato un capitano vero, di quelli che lasciano il segno… di Pierfrancesco TROCCHI
S
iamo nella splendida cornice di Piazza Santo Stefano, in una Bologna ringalluzzita da un sole sublime. Sotto le Due Torri, però, ci sono pure monumenti che non sono fatti di pietre, che non sono testimoni di centinaia di anni. Qui ci sono memorie fatte di erba, spalti e pallone, quel pallone che è sempre stato un’identità da preservare, anche quando il calcio dei grandi salutava beffardo da migliaia di punti di distanza. Oggi il monumento cammina e viene da Salara, timido paese del rodigino, con un sorriso tranquillizzante ed inusuale nella sua vivace saggezza, guadagnata centimetro per centimetro. Porta con sé un cielo intero di ricordi, i più belli per un bolognese da vent’anni a questa parte. Il suo nome è Michele Paramatti, capitano e anima pulsante di quei rossoblu che fecero sognare i cuori emiliani.
foto Agenzia Liverani
Giochiamo subito: dimmi il primo ricordo che ti viene in mente se dico “Bologna”. “Io continuo a vivere tutt’ora Bologna. Dentro me ho tantissime immagini vive, tra cui la più lampante è quella della semifinale di ritorno di Coppa UEFA contro il Marsiglia al Dall’Ara, quando segnai anche una rete. Era la stagione 1998-99 e fummo ad un passo dalla storia. Ci sono, comunque, molte altre situazioni che ricordo con piacere”.
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Non è stato tutto rose e fiori, però. Iniziamo dalle origini: dopo molte stagioni alla S.P.A.L., ti ritrovi all’Equipe Romagna, squadra formata da svincolati. “Sì. Arrivai all’ultimo anno di contratto con i ferraresi e la società mi comunicò che Calcio 2OOO
non sarei più rientrato nei piani. La legge Bosman, però, a quei tempi non aveva creato lo svincolo e chi voleva comprarmi avrebbe dovuto pagare e la S.P.A.L voleva il parametro intero, un po’ alto. In questo modo, mi furono precluse molte alternative. Così, mi trovai ad allenarmi con l’Equipe per un mese e mezzo. Ad un certo punto, la società ferrarese necessitò di comprare un difensore: ripensarono a me, ma a condizioni molto sfavorevoli. Non accettai”. D’un tratto, arriva la chiamata di Oriali, allora DS del Bologna. “Dopo 10 anni di S.P.A.L., che era ed è acerrima rivale dei rossoblu, dicevo: “A Bologna non andrò mai a giocare!”. Poi, invece, cambiai idea e fu la svolta”. Quindi, nel 1995, a 27 anni, approdi sotto le Due Torri. La squadra, allora in Serie B, incomincia una cavalcata mozzafiato. “L’ambiente fu davvero accogliente nei miei confronti, anche perché non sono mai stato un individualista e ho dimostrato fin da subito di voler dare tutto per il gruppo. Arrivai in una società che aveva già vinto la Serie C con Ulivieri in panchina, grazie ad un metodo che prevedeva la partecipazione attiva di tutti noi, la cosiddetta “Cooperativa del goal”. Nel mio primo anno, il mister creò le condizioni per vincere la B e, in seguito, consolidarci in A, fino ad arrivare alla semifinale di cui abbiamo già parlato”. I tifosi ti avevano dedicato un coro: “Gioca bene o gioca male, Paramatti in Nazionale”. “Dopo il fallimento di qualche anno prima, i risultati iniziarono ad essere soddi-
Dopo 10 anni di S.P.A.L., acerrima rivale dei rossoblu, dicevo: “A Bologna non andrò mai a giocare!”. Poi, invece, cambiai idea sfacenti e ciò portò grande entusiasmo, molto simile a quello che si vive ora con il nuovo presidente Saputo. Si creò un forte legame con il pubblico, soprattutto per merito di Ulivieri, che con la tifoseria teneva un dialogo continuo, magari a tratti brusco, ma sempre sincero. Basti pensare alle grigliate a bordo campo…” Grigliate? “Alla fine dell’allenamento, incontravamo i tifosi e cenavamo assieme a loro per intensificare il rapporto. Il contesto, in generale, era ottimo, con un connubio virtuoso tra noi, il presidente Gazzoni e tutto lo staff. Inoltre, la città di Bologna offre tranquillità, ci si vive bene: insomma, c’erano tutte le condizioni per dare il meglio”. In quegli anni hai giocato, tra gli altri, con Baggio e Signori. Chi ti ha colpito di più tra i tuoi compagni? “Mi colpì tantissimo la professionalità deCalcio 2OOO
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DOVE SONO FINITI
Appunto, tu eri l’operaio instancabile di quella squadra. Una perseveranza, fisica e mentale, che ti ha portato molto lontano. “Alla fine il lavoro paga sempre, è indiscutibile. Alla fine di ogni allenamento, mi fermavo e facevo 20 cross di destro e 20 di sinistro, che in una settimana sono 240,
A proposito: cosa pensi quando vedi giovani che si “buttano via”? È colpa dei tempi o del loro approccio? “È in parte colpa dei tempi, perché i ragazzi ora sono abituati ad avere tutto e subito, mentre prima ci s’ingegnava molto di più per trovare una soluzione. Di certo, l’assenza di sacrificio non aiuta ad apprezzare quello che si ha. Ci sono giocatori davvero molto fortunati ad essere molto dotati tecnicamente, ma sono deboli di carattere o, forse, non guidati nel modo giusto. Quelli non mi piacciono e non rientrerebbe nella mia squadra tipo”. Torniamo a te. Nel 2000 ricevi la chiamata della Juventus, mica una squadra qualunque. Saluti Bologna con una conferenza d’addio dove non riesci a trattenere le lacrime. “A fine stagione, il DS di allora mi disse: “Ti abbiamo venduto”. Non ebbi voce in capitolo, insomma, rimasi spiazzato, perché ero molto legato ai rossoblu. Figurarsi, ero pronto a sottoscrivere il rinnovo, di cui avevo già discusso con la società. Fui costretto a scegliere tra le varie proposte,
fino a quando si fece avanti anche la Juventus. Fin da bambino sono stato tifoso bianconero e quindi decisi di andare a Torino. Lasciai una situazione che per me era ottimale, dove avrei potuto ancora dare moltissimo, ma fui obbligato ad andare. Credo, però, di aver fatto la scelta migliore ed ero davvero ricco d’orgoglio”.
CON TANTI CAMPIONI Al Bologna ha giocato a fianco di giocatori di primissimo livello
Incarnavi il famigerato “modello Juve” alla perfezione. “Sì, perché questo impone una mentalità di un certo tipo, caratterizzata da un profilo basso, impegno instancabile e fame di vittoria”. Due anni in bianconero, poi il ritorno al Bologna e la Reggiana, una stagione per ciascuna. Concludi la carriera nel 2004, ma non rimani nel mondo del calcio. Come mai? “Ora ho una società immobiliare e il mio lavoro è questo. Non ho proseguito, essenzialmente, per passare più tempo con i miei figli, Lorenzo e Ludovica, perché, quando ancora giocavo, non avevo la possibilità di stare loro vicino. Già mentre ero ancora in attività, diverse squadre mi proposero il ruolo di allenatore, ma rifiutai. L’anno scorso ho comunque ottenuto il patentino, in modo da non poter escludere di sedermi in panchina più avanti”. Lorenzo, 21 anni, ha seguito le tue orme e fa il calciatore.
“L’anno scorso era a Bologna, ma un brutto infortunio gli ha fatto saltare tutto il campionato: sfortunato, perché avrebbe potuto giocare qualche partita in B, come è successo anche a Masina e Ferrari. Ora è in prestito al Siena, dove sta facendo abbastanza bene”. Sarebbe davvero curioso vedere un altro Paramatti correre sulla fascia con la maglia bolognese. “Eccome! Nella passata stagione, speravo in una sua presenza per vedere che effetto facesse guardare la scritta Paramatti sulla schiena, nome che di solito vedevo soltanto a fine partita quando mi toglievo la maglia. Gli auguro un cammino soddisfacente, ha ancora molto tempo davanti a sé”.
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foto Agenzia Liverani
foto Agenzia Liverani
Insomma, lavoro e famiglia. E poi? “Poi c’è il golf, uno sport che amo praticare. Non richiede un grande dispendio fisico ed è molto coinvolgente”.
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Com’è nata questa passione? “Capitò ai tempi della Juve, galeotto fu Van Der Sar: aveva iniziato da poco a praticare ed un giorno decisi di andare con lui. Mi appassionai subito. Edwin riusciva a tirare un drive in corsa, gesto tecnico pressoché impossibile, spedendo,
Mi piace il golf, uno sport che amo praticare. Non richiede un grande dispendio fisico ed è molto coinvolgente...
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gli stranieri, soprattutto quella degli svedesi Andersson e Ingesson, che ricordo con affetto. Il loro modo di interpretare il calcio prevedeva sacrificio, sportività, lealtà, senza mai risparmiarsi in campo: una mentalità che condividevo in pieno”.
al mese quasi mille, in un anno 10.000: alla fine, qualche traversone mi veniva bene (ride, ndr). Credo che soltanto chi dà tutto possa uscire dal campo soddisfatto. Gli errori tecnici ci possono stare, ma mi sono inconcepibili quelli d’atteggiamento”.
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Ora ho una società immobiliare e il mio lavoro è questo. Non ho proseguito, essenzialmente, per passare più tempo con i miei figli
Michele PARAMATTI
con le leve che aveva, la pallina a distanze siderali (ride ndr). Poi, quando Van Der Sar cambiò squadra, il mio compagno di gioco divenne Del Piero”.
Sar. Insomma, più di uno, ma anche qualche allenatore. Non mi piace l’esclusività”.
Cosa lega calcio e golf? “In entrambi questi sport c’è l’erba, c’è una palla, sebbene molto più piccola. L’erba è un elemento costante”. Si diceva, a tal proposito, che a fine allenamento ti togliessi le scarpe e camminassi a piedi nudi per sentire il contatto con l’erba. “Sì, lo facevo sempre, fino da quando ero giovanissimo, per ristorare un po’ i piedi e massaggiarli. Era davvero piacevole, ho sempre amato il contatto con l’erba. Però, nel golf debbo tenermi le scarpe indosso.. C’è una certa etichetta da rispettare (ride, ndr)”. Insomma, il pallone è lontano, ormai. Il calcio, però, ti ha lasciato un migliore amico? “Non un solo amico in particolare, ma tanti che ancora frequento: ad ogni incontro, anche a distanza di tempo, è come se ci fossimo visti il giorno prima. Non ho mai avuto un “compagno di merende”, ma, tra gli altri, mi vengono in mente Marocchi, Andersson, Zambrotta o lo stesso Van Der
Sfreghiamo la lampada. Qual è il tuo sogno? Lorenzo titolare nel Bologna o nella Juve? “Non sono un sognatore molto esigente, andrei più sul pratico. Vorrei semplicemente che mio figlio fosse contento, non importa come. Potrebbe diventare anche il capitano del Mezzolara, per intenderci. Spero solo che sia felice di quello che sta facendo e di quello che farà”. Chiudiamo con filosofia: che cos’è l’ambizione per Michele Paramatti? “Non bisogna mai cercare di raggiungere obiettivi che non si sentono propri, poiché non gratificano. Quando uno ha dato tutto ed è soddisfatto, non serve altro. Non mi interessa lo yatch da 50 metri, perché poi vorresti quello da 100 metri e, in seguito, quello da 200. Guarda, a me basta anche il pedalò (ride, ndr)”. Perché sì, Michele ha ragione: con il pedalò, si vive più lentamente, con più passione, il mare; se ne sente l’odore e la paura di finire tra le sue onde aumenta l’eccitazione di navigarlo. Si può andare al largo anche con la sola forza dei propri piedi, proprio come nel 1999. Calcio 2OOO
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LIGA SPAGNA
di Paolo BARDELLI
foto Imago/Sport Image
Siviglia, LA PICCOLA REGINA DI COPPE dalla retrocessione ai successi europei
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ei salotti che contano si fa gran parlare di SuperLega, un club riservato alle società più prestigiose che già dettano legge in Europa. Basta guardare l'albo d'oro della Champions League per rendersi conto che le possibilità di vittoria sono in mano ai soliti noti, le sorprese sono pochissime e sono destinate a diventare sempre meno, con o senza SuperLega. Ben diverso invece è il discorso relativo alla seconda competizione continentale, un circolo meno esclusivo ma da non sottovalutare. A fare la voce grossa sono le spagnole, in 84
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Champions ci sono Real Madrid e Barcellona, negli ultimi dieci anni il nome ricorrente in Europa League è quello del Siviglia. Parliamo di un club coi tradizione ma non di un big (un titolo nazionale nel 1946 con Ramón Encina in panchina, vincente pure a Valencia). Acuto di una storia iniziata nel 1890 e che solo nell'ultimo decennio è riuscita a scintillare nell'Europa che conta. Eppure gli anni duemila non si erano aperti nel migliore dei modi, con i conti in rosso e un'economia "di guerra" promossa dal neopresidente Roberto Alés, che dovette addirittura pagare di tasca propria i
palloni per gli allenamenti, via campioni del calibro di Marchena per rimettersi in carreggiata. La retrocessione del 2000 al seguito della scellerata gestione finanziaria, che costrinse il club a mettere in vendita anche lo stadio, obbliga a un realismo quasi brutale, anzi virile, tanto che il motto del neotecnico Joaquín Caparrós divenne "hombres, y no nombres", "uomini, non nomi". Spesso le origini di politiche sportive vincenti sono da ritrovare proprio nei momenti più cupi, uno spirito post-bellico che riporta alla mente il successo del 46. Il timone viene affidato alle mani di Monchi, storico dodi-
Jorge Andújar Moreno - COKE
ague. È l'anno del centenario, in quanto la registrazione del club risale al 1 ottobre 1905, quale migliore occasione per festeggiare? La stagione 2005/2006 è gloriosa, con il quinto posto in campionato e una cavalcata continentale che regala agli andalusi il primo trofeo internazionale della propria storia. È la squadra di Saviola e Luis Fabiano, con l'ex juventino Maresca a farsi valere in mezzo al campo, nell'undici che ad Eindhoven battè il Middlesbrough in finale figurano nove dal grande avvenire quali Dani Alves, Jesús Navas e Adriano, tre uomini del nuovo corso, fatti crescere e rivenduti a peso d'oro (Alves, due anni dopo, porta oltre trenta milioni). È la finale di Coppa Uefa con il maggior numero di gol di scarto (Fabiano, doppietta di Maresca e Kanouté, quest’ultimo per sette stagioni all'Estadio Ramón Sánchez-Pizjuán). Tre mesi dopo arriva un altro alloro internazionale, la Supercoppa vinta ai danni del Barcellona con un roboante tre a zero. Altro successo da record, fa strano pensare a quanto poco tempo sia passato dalla retrocessione in Segunda Division ma il successo del Siviglia ha basi solide e le conferme non tardano arrivare. In campionato le cose vanno sempre meglio, il terzo posto regala il biglietto Champions e, come se non bastasse, arriva la seconda finale di Coppa Uefa consecutiva. Non vi basta? Aggiungiamo allora anche il successo in Copa del Rey sul Deportivo. L'Europa porta ancora bene ai biancorossi, impegnati a Glasgow in un derby spagnolo con l'Espanyol, giunto all'atto conclusivo del torneo senza aver subito nemmeno una sconfitta. I biancoblù sono tostissimi, infatti agli andalusi non bastano 120 minuti di battaglia per imporsi, servono i rigori. A Siviglia c'è aria di festa, purtroppo la prematura scomparsa di Puerta alla prima di campionato uccide l'entusiasmo nonostante il buon gioco mostrato dalla squadra, nonostante questo continuano ad arrivare risultati positivi: Supercoppa di Spagna nel 2008 e un'altra Coppa del Re nel 2010. Cambiare pelle continuando a vincere, cambiano anche i mister, con Jimenez a succedere al glorioso Ramos per poi lasciare spazio ad Álvarez, che non convince e viene sostituto da Manzano. La creatura di Monchi non crolla mai, presenza fissa nelle coppe e nuovamente vincente nel 2014 e nel 2016. La dop-
UNAI, NESSUNO E CENTOMILA
Emery: il perfezionista versatile
foto Imago/Sport Image
A Siviglia si continua a migliorare, anno dopo anno...
cesimo di Unzué. L'ex estremo difensore assume il ruolo di amministratore delegato. Chiara la strategia: sviluppo del settore giovanile e l'incessante attività di scouting, dentro e fuori i confini nazionali. Facile a dirsi, ma sviluppare un piano che sappia coniugare esigenze tecniche alla crescita economica è complicato, il presidente Alés punta a saldare i debiti quanto prima e le cessioni sono figlie di un "metodo tedesco" - per dirla con le sue parole - che tanto richiama l'austerity che imbriglia l'Eurozona. Come detto, i big salutano e al loro posto arrivano giocatori sconosciuti o quasi, parametri zero come se piovessero, Sudamerica come terra di conquista di una rete scouting che arriva a contare circa settecento osservatori. L'uruguayano Nicolás Olivera riporta a suon di gol il Siviglia nella massima categoria, 66 reti complessive realizzate un record ancora da battere, Caparrós riesca a tirare fuori il massimo da giocatori non di primissimo livello. Altro personaggio chiave nella rinascita rojiblanca è José María del Nido, vicepresidente che passa al comando nel 2002, il primo anno nella Liga regala una tranquilla salvezza e una base economica finalmente stabile. I tempi delle vacche magre sono finalmente finiti, ma la dirigenza prosegue sulla strada dell'oculatezza. I risultati finanziari procedono di pari passo con quelli della squadra, che nel 2004 raggiunge un invidiabile sesto posto, che vale l'accesso alla Coppa Uefa. Il Siviglia esce agli ottavi col Parma, ma il ghiaccio è rotto e gli andalusi vogliono riprovarci. Nell'estate del 2005 si chiude l'era Caparros e arriva Juande Ramos. Dopo aver accarezzato il sogno Champions per quasi tutta la precedente stagione, gli andalusi si ritrovano nuovamente in Europa Le-
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UNA REALTà IN CRESCITA
Unai Emery
Una carriera da calciatore non certo sfavillante, giusto una manciata di presenze nella massima categoria con la maglia della Real Sociedad, le migliori soddisfazioni Unai Emery se le è tolte in panchina. Almeria per entrare nel calcio che conta, poi la vetrina di Valencia, dove il giovane allenatore impara a vincere nonostante la partenza dei pezzi pregiati. Una caratteristica che fa drizzare le orecchie a Monchi, mente delle strategia sivigliana, il flop in Russia non inganna ed Emery viene chiamato a Siviglia nel 2013. Un inizio così così, la fiducia della società resta immutata e viene ripagata con due Europa League consecutive. Non c'è uno schema feticcio, gli schemi li fanno gli interpreti, Unai li sa leggere e li spinge al massimo. La parola chiave è intensità, su quella non si transige. Emery è un lavoratore ossessivo, caratteristica maturata durante una carriera calcistica fondata sulla volontà d'acciaio, più che sul talento. Lui, però, il talento sa riconoscerlo, non ha fatto fatica a puntare tutto su quello di Rakitic, esempio della capacità del mister di valorizzare il materiale che quel geniaccio di Monchi gli mette a disposizione. Con una coppia simile al comando il destino del Siviglia si prospetta ricco di ulteriori gioie. pietta della gestione Emery non stupisce chi conosce il modello Siviglia, non ci sono più i Rakitic o i Bacca, ma resta una realtà capace di mutare senza tradire se stessa, l'Europa non è solo per i ricchi: i grandi che sognano la fantomatica SuperLega se ne facciano una ragione. Calcio 2OOO
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PREMIER LEAGUE INGHILTERRA
di Luca MANES
PASSIONE INFINITA
foto Agenzia Liverani
Annate storte? Non fa nulla, la fede resta la stessa...
I GATTI NERI NON MOLLANO Il Sunderland non se la passa bene ma l’entusiasmo è quello di sempre
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o, il Roker roar non si ode più. Si è ormai dissolto nelle nebbie del passato, romantico ricordo di altre epoche del calcio inglese. Però allo Stadium of Light la passione e l'intensità dei tifosi del Sunderland non è mai mancata e mai mancherà, nonostante la squadra non sia sempre all'altezza. Benvenuti nel Nord-Est dell'Inghilterra, in una città per decenni famosa per i suoi cantieri navali (il vecchio simbolo del club era dominato da una nave mercantile), le miniere di carbone e il suo tempio del football, il Roker Park. 86
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Il vecchio impianto di mille battaglie è stato abbandonato a malincuore nel 1997, dopo 99 anni di onorato servizio e ruggiti (il già citato roar) di generazioni di supporter biancorossi. Rimangono solo un paio di balaustre, salvate dalla demolizione e piazzate a ridosso della tribuna centrale della nuova casa dei Black Cats. A proposito, anche l'adozione del soprannome “ufficiale” è recente, prima si preferiva chiamarli Mackems, dal termine dialettale che indica gli abitanti della zona, e non gatti neri. Dal centro di Sunderland ci vogliono 10 minuti a piedi per raggiungere
FABIO BORINI
lo Stadium of Light (49mila posti di capienza, quasi 8mila in più dello Stadium juventino...). Basta attraversare lo storico Wearmouth Bridge sul fiume Wear e siamo arrivati. L'unica difficoltà consiste nel resistere al vento, che spira fortissi-
Sam Allardyce
mo specialmente sul tratto centrale del ponte. Come i cugini del Newcastle, anche i Gatti Neri sono impegnati nell'ennesima lotta per la salvezza, perfetta fotografia di un calcio, per l'appunto quello del Nord-Est, da decenni ormai sprofondata in una crisi apparentemente senza ritorno. Il match a cui assistiamo dal vivo, contro i londinesi del Crystal Palace, mette in evidenza la pochezza tecnica soprattutto del centrocampo, dove la meteora interista Yann M'Vila è a tratti tragicamente imbarazzante. Mancano la fantasia e l'imprevedibilità di Adam Johnson, licenziato in tronco dopo lo scandalo di natura sessuale, che negli ultimi mesi lo ha catapultato costantemente sulle prime pagine dei tabloid. Allora non si capisce perché Sam Allardyce faccia entrare Fabio Borini solo nei minuti finali. Peraltro l'ex attaccante della Roma toglie le castagne dal fuoco a Big Sam, segnando da posizione quasi impossibile il punto del definitivo 2-2. Ma a brillare è pure un altro italiano, quel Vito Mannone che al Sunderland è arrivato nel 2013 e che tra periodi buoni e meno buoni ha spesso vestito la maglia da titolare. Una sua fantastica parata su un colpo di testa ravvicinato è degna del prodigioso e celeberrimo intervento di Jimmy Montgomery nella finale di coppa d'Inghilterra del 1973, vinta a sorpresa dalla compagine biancorossa contro il grande Leeds di Bremner e Revie. Qui, è bene tenerlo in mente, il ruolo di estremo difensore ha sempre rivestito un'importanza particolare. A Sunderland la maglia numero 1 vale quanto quella numero 7 al Manchester United o la numero 9 dai grandi rivali del Newcastle. Oltre a Montgomery, da queste parti tutti ricordano il grande Johnny Mapson, vincitore a soli 17 anni della FA Cup del 1937 e poi icona assoluta per circa due decenni. Indimenticabile, ma per ben altre ragioni, il predecessore di Mapson, Jimmy Thorpe. Durante un match contro il Chelsea, Thorpe subì un terribile infortunio, che gli costò la vita. Quando occorse l'incidente, mancavano solo due match alla fine del campionato, poi appannaggio del Sunderland. Quello del 1936 fu il sesto titolo conquistato dagli allora Mackems e, continuando di questo passo, temiamo possa rimanere ancora per tanto tempo l'ultimo...
L’ALTRA IMPRESA Se non ci fosse il Leicester, si parlerebbe solo del Bournemouth…
Eddie Howe, allenatore Bournemouth
Nella Premier più pazza di sempre non va certo sottovalutata l'impresa dell'AFC Bournemouth, a un passo dalla clamorosa permanenza nella massima serie. In pochi credevano che il team allenato dal giovane Eddie Howe potesse conquistare la salvezza, specialmente dopo che in estate l’acquisto milionario Tyrone Mings e Max Gradel si erano subito infortunati in maniera grave. Ma i protagonisti della prima storica promozione nella massima serie hanno subito serrato i ranghi, dimostrando che le Cherries non erano per nulla la squadra materasso pronosticata dagli addetti ai lavori. Oltre al gioco, di ottima qualità per una matricola, sono giunti risultati importanti come le vittorie allo Stamford Bridge e il 2-1 interno al Manchester United. A gennaio, più che la mossa Iturbe (anche al Dean Court relegato costantemente in panchina), è sembrato essere decisivo l'inserimento dell'ex Wolverhampton Benik Afobe in attacco. Il momento chiave della campagna 201516 del Bournemouth si potrebbe rivelare il 3-1 al St James' Park di Newcastle, a vendicare l'immeritata sconfitta dell'andata. Una favola bellissima, quella delle Cherries, specialmente se pensiamo che era iniziata nell'ultimo match del 200809, quando una tribolata affermazione per 2-1 sul Grimsby Town aveva garantito al club della costa sud dell'Inghilterra la permanenza nella Football League. Calcio 2OOO
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BUNDESLIGA GERMANIA
di Flavio SIRNA
NON SOLO PEP
foto Image Sport
Guardiola è stato il top ma altri hanno fatto benissimo
PANCHINE TEUTONICHE GUARDIOLA&TUCHEL, NON SIETE SOLI: TANTA ROBA ALLA GUIDA DELLE SQUADRE DELLA BUNDESLIGA
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a stagione 2015-2016 di Bundesliga, che sta come sempre vedendo il dominio del Bayern Monaco di Pep Guardiola (leggermente insidiato solamente dal rigenerato Borussia Dortmund guidato da Thomas Tuchel), si sta inoltre caratterizzando per l’ottimo lavoro svolto anche da altri tecnici ‘Under 50’. Sul gradino più alto del podio non può che andare il 44enne allenatore del Borussia Monchengladbach, André Schubert. Chiamato dalla società nel settembre del 2015 a prendere il posto di Lucien Favre (dimessosi dopo sei sconfitte 88
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André Schubert
nelle prime sei partite stagionali), André doveva essere semplicemente un traghettatore. In poco tempo è invece diventato un vero e proprio condottiero di Herrmann e compagni, che ha guidato a sette vittorie ed un pari nelle prime otto partite della sua gestione, guadagnandosi in questo modo la conferma ed un contratto sino al giugno del 2017. Attualmente il suo Borussia, arrivato all’ultimo posto nella fase a gironi della Champions League (unica nota negativa dell’annata), è più che in corsa per conquistare l’ennesima qualificazione alla ‘coppa dalle grandi orecchie’ (con Favre nel 2014-2015 ha
concluso al terzo posto). A differenza dei nuovi allenatori di scuola teutonica Schubert non predilige, come modulo, il 4-2-3-1, ma preferisce che la squadra giochi con un più classico 4-4-2. Cresciuto nel ‘secondo’ Borussia, Schubert vanta anche 3 presenze come capo selezionatore della nazionale Under 15. E non è utopia pensare che se continuerà a lavorare in questo modo si potrebbe pensare a lui come prossimo selezionatore dei campioni del mondo in carica una volta terminata l’era Low. Ed a proposito di nazionali, la piazza d’onore spetta all’ex CT (anche se solamente per 7 partite) della nazio-
nale ungherese Pal Dardai, attualmente tecnico del sorprendente Hertha Berlino. Chiamato a sostituire Luhukay nel febbraio del 2015, l’ex centrocampista capitolino è riuscito a guidare la squadra ad una faticosa salvezza e, nonostante una campagna di rafforzamento estiva (quella del 2015) tutt’altro che trascendentale, a rinvigorire l’ambiente ed a condurlo addirittura nelle zone altissime della classifica. Sono proprio il suo Hertha Berlino ed il sopra menzionato Monchengladbach di Schubert le outsider che potrebbero escludere dalla partecipazione alla prossima Champions League degli
‘habituè’ come Bayer Leverkusen, Schalke 04 e Wolfsburg. La medaglia di bronzo deve invece essere assegnata al 48enne svizzero Martin Schmidt, attuale allenatore del Mainz. L’ex squadra di Tuchel, detto addio a quest’ultimo, tentato dall’avventura al Borussia Dortmund, aveva deciso in un primo momento di optare per il danese Kasper Hjulmand, che in patria tanto bene aveva fatto con il Nordsjaelland. Nel febbraio del 2015 però, con la squadra in piena zona retrocessione, è arrivata la decisione di dare il benservito a Hjulmand e di promuovere Martin, già allenatore della selezione B. Nel 20142015 è arrivata una salvezza tranquilla (11° posto finale). Nella stagione in corso il suo 4-2-3-1 sta invece andando a gonfie vele, come dimostra la vittoria ottenuta sul campo del Bayern Monaco (1-2) ed anche la posizione in classifica, in piena corsa per un piazzamento europeo. Non è quindi difficile ipotizzare che il Mainz possa raggiungere per la terza volta nella sua storia (le prime due ovviamente con Tuchel) la qualificazione all’Europa League. A prescindere da ciò la dirigenza di Magonza, soddisfatta del lavoro svolto sino a questo momento, ha fatto firmare a Schmidt un contratto sino al giugno del 2018. La medaglia di legno, in questo caso tutt’altro che poco gratificante, la merita il 44enne tedesco Jurgen Krammy. Allo Stoccarda dal 2010 (sia allenatore delle giovanili che della seconda squadra), Jurgen è stato chiamato dalla dirigenza ad occuparsi della prima squadra nel dicembre del 2010, cioè al termine del girone di andata concluso al 15° posto in classifica, con 15 punti in 17 giornate. I numeri gli stanno dando pienamente ragione: nel girone di ritorno disputato sino a questo momento, in termini di punti conquistati, solo Bayern Monaco ed Borussia Dortmund hanno fatto meglio dei biancorossi, ormai lontani dalle zone calde della classifica. Sognare un piazzamento europeo appare azzardato ma ora c’è tutto il tempo per lavorare affinché il 2017 sia celestiale, sempre con Krammy come guida tecnica (gli è stato fatto sottoscrivere un accordo sino al giugno del 2017). Infine, meritano sicuramente una menzione, ma devono ancora dimostrare di saper fare un buon lavoro a lungo termine, il 42enne dello Schalke 04 André Breitenreiter e il neo-allenatore dell’Eintracht Francoforte, ossia il 44enne ex nazionale croato Niko Kovac.
TUTTI CONTRO LE AMMONIZIONI ‘AD HOC’
KRUSE ‘SMEMORATO DI WOLFSBURG’ In Bundesliga si discute di una novità capitale. Tutta colpa di Junuzovic e Fritz del Werder Brema, che hanno ammesso di aver cercato deliberatamente di farsi ammonire durante un match di Bundesliga per saltare la sfida col Bayern Monaco ed essere così disponibili e non in diffida in occasione delle successive gare salvezza. I due, in virtù di quanto accaduto, sono stati semplicemente multati con 20.000 euro di ammenda. Al contempo però la Federcalcio tedesca sta studiando una clamorosa novità regolamentare, che stopperebbe le squalifiche automatiche per i diffidati e l’introduzione di un sorteggio che stabilirebbe quale sarebbe la gara da saltare tra le successive tre della propria squadra. Idea rivoluzionaria e sicuramente destinata a fare discutere non solo in Germania dove, già qualche tempo fa, ben quattro giocatori del Darmstadt si fecero ammonire negli ultimi cinque minuti con il deliberato intento di saltare sempre la gara contro il Bayern Monaco. Non il massimo della sportività. Di diverso tenore invece l’inconveniente occorso all’attaccante del Wolfsburg, Max Kruse. Dopo aver vinto ben 75.000 euro a poker, il giocatore tedesco ha dimenticato la cifra vinta all’interno di un taxi. Resosi conto di quanto accaduto al momento del suo arrivo a casa, Kruse ha subito avvertito la polizia. Dell’episodio è stato però avvertito anche il club che, beffa delle beffe, gli ha comminato una multa di 25.000 euro. Questo il commento del direttore sportivo dei Lupi Klaus Allofs: "Quando sei nel tuo letto puoi avere la tua privacy, ma in altre circostanze devi ricordarti che sei un impiegato del club. Abbiamo spiegato a Kruse che comportamento ci aspettiamo dai nostri tesserati. Spero abbia imparato la lezione". Kruse è un buon giocatore di poker, tanto da aver partecipato alle WSOP a Las Vegas in seguito alla mancata convocazione per il Mondiale brasiliano vinto dalla Germania nel 2014. Calcio 2OOO
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LIGUE 1 FRANCIA
di Renato MAISANI
foto Imago/Image Sport
Nessuno ha tenuto testa al PSG di re Zlatan
La Ligue 1 non ha già nulla da dire, evidente la superiorità della squadra di Blanc…
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l 13 marzo, in Francia, il campionato è già finito. Definitivamente. No, non ci stiamo preparando ad una rivoluzione dei calendari, ma stiamo semplicemente prendendo atto dell’ennesima dimostrazione di forza di una squadra che sembra disputare un campionato a parte. Si tratta del Paris Saint Germain di Laurent Blanc che per la sesta volta, la quarta consecutiva, si è portato a casa l’Hexagoal. A dirla tutta, quanto accaduto nel corso di questa stagione non rappresenta un’eccezione, bensì la regola, 90
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tenuto conto dei distacchi netti imposti di volta in volta dai parigini alle rivali di turno, ma stavolta – probabilmente – Ibrahimovic e compagni sono andati oltre. Per sciorinare i numeri e i record aspetteremo il termine del campionato (perché, sì, in Ligue 1 restano ancora tante gare da disputare), ma per analizzare la stagione del PSG, è sufficiente fermarci all’eloquente – e definitivo – 9-0 rifilato al Troyes nel giorno della matematica conquista del titolo. Una dimostrazione di forza esagerata, devastante, secondo qualcuno persino eccessiva. Ma il PSG ha fame, tanta fame,
e sembra intenzionato a prendersi in patria ciò che, fin qui, non è riuscito a conquistare fuori dai confini francesi. E così non si accontenta di vincere, ma vuole stravincere. E lo fa stabilendo record su record. 24 vittorie, 5 pareggi e 1 sola sconfitta: recita così lo ‘score’ dei parigini nel giorno della matematica certezza del titolo, con 77 goal fatti e 15 subiti. Miglior attacco e miglior difesa, neanche a dirlo. E poi c’è Zlatan Ibrahimovic: 27 goal nel giorno della conquista dell’Hexagoal, quasi il doppio rispetto a quelli realizzati dal suo immediato inseguitore, lontanissimo
Edinson Cavani
foto Imago/Image Sport
TROPPO PSG
a quota 14. Ah, a proposito, si tratta del suo compagno di reparto, Edinson Cavani. Se non bastassero questi numeri per evidenziare lo strapotere del PSG, ecco un altro record: mai, nei 5 tornei considerati all’unanimità i principali campionati europei, una squadra è
stata capace di aggiudicarsi matematicamente il titolo con 8 giornate ancora da disputare. C’è riuscito appunto il PSG, che nonostante i 24 punti ancora da assegnare, si è ritrovato a quota 77 già alla 30° giornata, quando il Monaco ne poteva vantare soltanto 52, cioè 25 in meno. Tuttavia, la stagione che si avvia verso la conclusione sembra destinata a rappresentare anche una parziale conclusione del primo ciclo targato Al-Khelaifi. A giugno, infatti, il contratto che lega il club del magnate qatariota a Zlatan Ibrahimovic scadrà e lo svedese lascerà Parigi. E sostituire uno che, al momento in cui scriviamo, può vantare un bottino di 102 reti in 117 partite disputate in Ligue 1 e 141 nelle 168 gare ufficiali disputate complessivamente con addosso la maglia del PSG, non sarà affatto facile. Numeri da capogiro e che, è innegabile, hanno contribuito in maniera determinante ai successi della squadra. Ma anche l’altra stella, Edinson Cavani, ha già le valigie pronte. Sebbene l’addio di Ibra potrebbe finalmente concedere al ‘Matador’ quel ruolo di primadonna che ha sempre anelato, appare tuttavia probabile che l’avventura dell’ex bomber del Napoli sotto la Tour Eiffel sia prossima alla conclusione. I rapporti con ambiente e compagni, infatti, non sono mai stati idilliaci e a Cavani non mancano certo le offerte per mettersi nuovamente in gioco altrove. Inoltre, come spesso accade nelle estati degli anni ‘pari’, vale a dire quelle che fanno seguito ai Campionati Mondiali o agli Europei, si profila una sessione di calciomercato particolarmente attiva, anche in merito alle panchine. Persino Laurent Blanc, infatti, nonostante i trionfi in patria e i discreti risultati ottenuti in Europa, sembra destinato a cambiare aria. Dopo i 3 titoli conquistati in altrettante stagioni, la sua strada e quella del PSG potrebbero dividersi. Ed anche Marquinhos, Pastore, Sirigu, Aurier e Rabiot sembrano già con le valigie in mano. Insomma, squadra che vince… si cambia! Ma non risulta difficile immaginare che lo strapotere del PSG, pur cambiando gli interpreti, rimarrà immutato dato che i nomi degli indiziati che sarebbero chiamati a sostituire gli eventuali partenti sono quelli di Pjanic, Ribery, Diego Costa e… Cristiano Ronaldo.
IBRA PENSA IN GRANDE
BOTTA E RISPOSTA CON… LA TOUR EIFFEL, ZLATAN NON SI SMENTISCE
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CON IBRA è TROPPO FACILE
Zlatan Ibrahimović
I numeri di Zlatan Ibrahimovic li abbiamo già elencati, e non è certo questa la prima volta. È innegabile che il contributo dello svedese nei recenti successi del PSG sia stato determinante, come testimoniano i 102 goal realizzati in Ligue 1, i 3 titoli di capocannoniere conquistati, i tanti riconoscimenti ricevuti e i record polverizzati. Ma proprio nel giorno della conquista del titolo (quando, per non smentirsi, ha messo a segno 4 goal), Ibra si è guadagnato le prime pagine anche per un’uscita per lo meno singolare. “Al momento, posso dirvi che il prossimo anno non giocherò nel PSG. – ha detto nell’immediato dopogara - Mi resta un mese e mezzo qui, mi sto divertendo ma non so cosa accadrà dopo. Ripeto, non credo di rimanere. Qui mi vogliono bene, ma non credo che possano sostituire la Tour Eiffel con la mia statua. Non possono farcela. Ma se dovessero farlo, prometto che rimarrei qui”. Una battuta divertente che ha generato un tamtam mediatico sfociato nei classici ‘meme’ che in poche ore hanno invaso il web. Puntuale, però, è arrivata la risposta… proprio da parte della Tour! “Mi piace molto il tuo umorismo, Ibra, e la vista di Parigi è molto bella da qui. Ma la torre sono io…”, è stato il divertente messaggio apparso sul profilo Twitter della Tour Eiffel. Calcio 2OOO
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i NUMERI Della
27a GIORNATA
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I NUMERI Della
28a GIORNATA
Data: 28-02-2016 – Ore: 15:00 CARPI 4-4-2: Belec 6; Letizia 5, Romagnoli 6, Gagliolo 6, Poli 6; Martinho 6 (43’ pt Pasciuti 6), Lollo 5,5, Bianco 6, Di Gaudio 5 (18’ st Verdi 7); Mbakogu 5,5, Lasagna 5 (24’ st Mancosu 5). Allenatore: Castori 6. ATALANTA 4-3-3: Sportiello 6,5; Bellini 6, Masiello 6, Paletta 6, Dramè 6; Kurtic 6, De Roon 6, Cigarini 5,5 (27’ st Migliaccio 6); Diamanti 5,5 (41’ st Gakpé ng), Pinilla 5 (22’ st Borriello 5), D’Alessandro 7. Allenatore: Reja 6. Arbitro: Calvarese di Teramo 6. Reti: 7’ st Kurtic (A), 30’ Verdi (C) rig. Recupero: 6 minuti (1’ pt + 5’ st). Ammoniti: Gagliolo, Poli, Lollo (C); Bellini, Diamanti, Borriello (A). Espulsi: nessuno. Spettatori: 6.699.
Chievo-Genoa 1-0 (0-0)
Data: 28-02-2016 – Ore: 15:00 CHIEVO 4-3-3: Bizzarri 6; Cacciatore 6, Dainelli 6,5, Cesar 6, Gobbi 6,5; Castro 7 (36’ st Frey ng), Radovanovic 6, Rigoni 6 (22’ st Hetemaj 6); Birsa 6 (25’ st Meggiorini 6), Pellissier 6, Mpoku 6. Allenatore: Maran 6,5. GENOA 3-4-3: Perin 6; De Maio 5, Burdisso 6, Ansaldi 6; Rincón 5, Rigoni 5, Dzemaili 5,5 (14’ st Tachtsidis 5,5), Laxalt 6; Cerci 5,5 (17’ st Lazovic 5,5), Matavz 5, Suso 5 (11’ st Capel 5). Allenatore: Gasperini 5,5. Arbitro: Fabbri di Ravenna 5,5. RetE: 6’ st Castro. Recupero: 5 minuti (1’ pt + 4’ st). Ammoniti: Gobbi, Radovanovic (C); De Maio, Ansaldi, Dzemaili (G). Espulsi: nessuno. Spettatori: non comunicati.
Empoli-Roma 1-3 (1-2)
Atalanta-Juventus 0-2 (0-1)
Bologna-Carpi 0-0 (0-0)
Frosinone-Udinese 2-0 (1-0)
Fiorentina-Napoli 1-1 (1-1)
Juventus-Inter 2-0 (0-0)
Lazio-Sassuolo 0-2 (0-1)
Genoa-Empoli 1-0 (0-0)
Inter-Palermo 3-1 (2-1)
Napoli-Chievo 3-1 (2-1)
Milan-Torino 1-0 (1-0)
Palermo-Bologna 0-0 (0-0)
Sampdoria-Frosinone 2-0 (1-0)
Roma-Fiorentina 4-1 (3-1)
Sassuolo-Milan 2-0 (1-0)
Torino-Lazio 1-1 (1-0)
Udinese-Verona 2-0 (1-0)
CLASSIFICA
MARCATORI
Verona-Sampdoria 0-3 (0-3)
CLASSIFICA
MARCATORI
Carpi-Atalanta 1-1 (0-0)
Data: 29-02-2016 – Ore: 21:00 FIORENTINA 4-2-3-1: Tatarusanu 7; Roncaglia 6, Rodríguez 6,5, Astori ng, Alonso 7; Vecino 6, Badelj 6,5 (45’ st Ilicic ng); Tello 6,5, Fernández 6,5 (24’ st Bernardeschi 5,5), Borja Valero 6,5; Kalinic 6,5. Allenatore: Paulo Sousa 7. NAPOLI 4-3-3: Reina 6,5; Hysaj 6, Albiol 5,5, Koulibaly 5,5, Ghoulam 5,5; Allan 5 (22’ st David López 6), Jorginho 5, Hamsik 5,5; Callejón 5,5 (32’ st Mertens ng), Higuaín 6 (45’ st Gabbiadini ng), Insigne 5. Allenatore: Sarri 6. Arbitro: Tagliavento di Terni 6,5. Reti: 6’ pt Alonso (F), 7’ Higuaín (N). Recupero: 4 minuti (1’ pt + 3’ st). Ammoniti: Albiol (N). Espulsi: nessuno. Spettatori: 31.469.
Data: 27-02-2016 – Ore: 20:45 MILAN 4-4-2: Donnarumma 6; Abate 6,5, Alex 6, Zapata 7, Antonelli 7; Honda 7, Kucka 7, Bertolacci 6, Bonaventura 6; Bacca 5,5 (44’ st Balotelli ng), Niang 5 (24’ st Boateng 5,5). Allenatore: Mihajlovic 6,5. TORINO 3-5-2: Padelli 6; Maksimovic 5, Glik 6, Moretti 7; Zappacosta 6 (41’ st Martínez ng), Acquah 6, Vives 6, Baselli 5,5 (33’ st Maxi López 5,5), Bruno Peres 5; Belotti 5,5, Immobile 6. Allenatore: Ventura 5,5. Arbitro: Celi di Bari 5,5. RetE: 44’ pt Antonelli. Recupero: 4 minuti (0’ pt + 4’ st). Ammoniti: Abate, Boateng (M); Glik (T). Espulsi: nessuno. Spettatori: 33.748.
Data: 28-02-2016 – Ore: 15:00 UDINESE 4-3-3: Karnezis 6; Piris 6,5, Danilo 6,5, Felipe 6, Adnan 6,5; Badu 7, Guilherme 6, Kuzmanovic 6,5; Bruno Fernandes 6 (35’ st Edenilson ng), Di Natale 7 (27’ st Zapata 5,5), Théréau 7 (42’ st Widmer ng). Allenatore: Colantuono 7. VERONA 4-4-2: Gollini 6; Pisano 5,5, Bianchetti 5, Helander 5,5, Fares 5; Wszolek 5 (18’ st Gomez 6), Marrone 6, Ionita 6, Siligardi 5 (1’ st Romulo 6); Toni 6, Pazzini 5 (10’ st Rebic 5,5). Allenatore: Del Neri 6. Arbitro: Doveri di Roma 5,5. Reti: 31’ pt Badu; 11’ st Théréau. Recupero: 4 minuti (1’ pt + 3’ st). Ammoniti: Felipe (U); Bianchetti, Fares, Pazzini (V). Espulsi: nessuno. Spettatori: 14.776.
92
Calcio 2OOO
Data: 28-02-2016 – Ore: 20:45 JUVENTUS 3-5-2: Buffon 6,5; Barzagli 6,5, Bonucci 7, Chiellini 6 (36’ st Rugani 6); Lichtsteiner 6, Khedira 6 (33’ st Sturaro 6), Hernanes 6, Pogba 5,5, Alex Sandro 7; Dybala 6,5 (37’ st Morata 7), Mandzukic 6,5. Allenatore: Allegri 7. INTER 3-5-2: Handanovic 6,5; Murillo 5,5, Miranda 5,5, Juan Jesus 6; D’Ambrosio 5, Felipe Melo 5, Medel 5 (11’ st Ljajic 6), Kondogbia 6, Telles 6 (28’ st Perisic ng); Icardi 5 (40’ st Eder ng), Palacio 6,5. Allenatore: Mancini 5. Arbitro: Rocchi di Firenze 6. Reti: 2’ st Bonucci, 38’ Morata rig. Recupero: 7 minuti (1’ pt + 6’ st). Ammoniti: Lichtsteiner, Khedira, Hernanes (J); Juan Jesus (I). Espulsi: nessuno. Spettatori: 40.204.
Data: 28-02-2016 – Ore: 12:30 PALERMO 3-5-2: Posavec 7; Vitiello 6, González 6, Andelkovic 6; Morganella 5,5, Hiljemark 6, Maresca 6, Chochev 5 (20’ st Quaison 5,5), Pezzella 6,5; Vazquez 6 (29’ st Trajkovski 5,5), Gilardino 6 (39’ st Djurdjevic ng). Allenatore: Iachini 6. BOLOGNA 4-3-3: Mirante 6,5; Mbaye 6, Gastaldello 6,5, Maietta 6,5, Masina 6 (21’ st Constant 6); Donsah 6,5, Diawara 6, Taider 6 (39’ st Brighi ng); Destro 5,5, Floccari 5,5 (30’ st Brienza 6), Giaccherini 6,5. Allenatore: Donadoni 6,5. Arbitro: Di Bello di Brindisi 6,5. Recupero: 5 minuti (2’ pt + 3’ st). Ammoniti: Vitiello, Morganella, Chochev (P); Diawara (B). Espulsi: nessuno. Spettatori: 15.566.
Juventus Napoli Roma Fiorentina Inter Milan Sassuolo Lazio Bologna Chievo Empoli Torino Atalanta Udinese Genoa Sampdoria Palermo Frosinone Carpi Verona
61 27 19 4 4 48 15 58 27 17 7 3 55 22 53 27 15 8 4 55 28 53 27 16 5 6 48 27 48 27 14 6 7 34 25 47 27 13 8 6 39 28 41 27 10 11 6 34 31 37 27 10 7 10 34 36 35 27 10 5 12 29 31 34 27 9 7 11 32 36 34 27 9 7 11 33 40 32 27 8 8 11 33 34 30 27 7 9 11 26 31 30 27 8 6 13 24 40 28 27 7 7 13 27 32 28 27 7 7 13 39 46 27 27 7 6 14 27 47 23 27 6 5 16 26 53 21 27 4 9 14 24 44 18 27 2 12 13 24 45
Data: 27-02-2016 – Ore: 18:00 EMPOLI 4-3-3: Skorupski 5; Laurini 5,5, Cosic 5,5, Ariaudo 6, Mario Rui 5,5; Zielinski 5,5, Paredes 6, Croce 6 (19’ st Livaja 5); Krunic 6 (6’ st Büchel 6), Maccarone 7 (28’ st Mchedlidze 5,5), Pucciarelli 6. Allenatore: Giampaolo 5,5. ROMA 4-3-3: Szczesny 6; Maicon 6 (28’ st Manolas 6), Rüdiger 6, Zukanovic 6, Digne 6,5; Pjanic 7, Keita 6, Nainggolan 6 (35’ pt Iago Falqué 6); Salah 6, Perotti 6, El Shaarawy 7,5 (33’ st Dzeko ng). Allenatore: Spalletti 6,5. Arbitro: Gervasoni di Mantova 5,5. Reti: 5’ pt El Shaarawy (R), 21’ Zukanovic (R) aut., 26’ Pjanic (R); 29’ st El Shaarawy (R). Recupero: 6 minuti (2’ pt + 4’ st). Ammoniti: Mario Rui, Pucciarelli (E); Pjanic, Perotti (R). Espulsi: 48’ st Mario Rui (E) per doppia ammonizione. Spettatori: 19.501.
Data: 29-02-2016 – Ore: 19:00 LAZIO 4-3-3: Berisha 6,5; Konko 6, Bisevac 4,5, Mauricio 4, Lulic 5; Milinkovic-Savic 5, Biglia 5,5, Parolo 5 (18’ st Keita 5,5); Felipe Anderson 5 (31’ st Mauri 5,5), Klose 5 (31’ st Djordjevic 5,5), Candreva 5. Allenatore: Pioli 5. SASSUOLO 4-3-3: Consigli 6,5; Vrsaljko 6, Cannavaro 6,5, Acerbi 6,5, Peluso 6; Biondini 6,5 (41’ st Pellegrini ng), Magnanelli 6, Duncan 7; Berardi 7, Defrel 7 (37’ st Trotta ng), Sansone 7 (31’ st Politano 6). Allenatore: Di Francesco 7. Arbitro: Damato di Barletta 5,5. Reti: 41’ pt Berardi rig.; 22’ st Defrel. Recupero: 4 minuti (1’ pt + 3’ st). Ammoniti: Mauricio (L); Consigli, Magnanelli (S). Espulsi: nessuno. Spettatori: 13.995.
Data: 28-02-2016 – Ore: 15:00 SAMPDORIA 4-4-1-1: Viviano 6,5; Cassani 6, Ranocchia 6,5, Moisander 6, Dodô 6; De Silvestri 6,5 (23’ st Silvestre 6), Soriano 6, Fernando 7, Correa 6,5 (32’ st Krsticic ng); Álvarez 6 (39’ st Christodoulopoulos ng); Quagliarella 7. Allenatore: Montella 6,5. FROSINONE 4-3-3: Leali 6; Rosi 5, Ajeti 6, Blanchard 6 (38’ st Longo ng), Pavlovic 5,5; Sammarco 6, Gori 5,5, Frara 6 (23’ st Kragl 6); Tonev 5,5 (34’ st Paganini ng), Ciofani D. 5,5, Dionisi 5,5. Allenatore: Stellone 6,5. Arbitro: Orsato di Schio 6. Reti: 44’ pt Fernando; 24’ st Quagliarella. Recupero: 4 minuti (1’ pt + 3’ st). Ammoniti: Moisander, Silvestre, Correa, Krsticic, Quagliarella (S); Sammarco, Frara (F). Espulsi: nessuno. Spettatori: 20.062.
25 reti: Higuaín (Napoli, 2 rig.) 13 reti: Dybala (Juventus, 3 rig.); Bacca (Milan, 1 rig.) 12 reti: Eder (12 Sampdoria, 3 rig./0 Inter) 11 reti: Maccarone (Empoli, 1 rig.); Kalinic (Fiorentina); Icardi (Inter); Insigne (Napoli, 1 rig.) 10 reti: Ilicic (Fiorentina, 6 rig.); Pavoletti (Genoa) 9 reti: Pjanic (1 rig.), Salah (Roma) 8 reti: Destro (Bologna, 2 rig.); Paloschi (Chievo, 1 rig.); Théréau (Udinese)
Data: 6-03-2016 – Ore: 15:00 ATALANTA 3-5-2: Sportiello 5; Tolói 5, Paletta 5, Masiello 6; Conti 5 (9’ st D’Alessandro 6), Kurtic 5, De Roon 5, Cigarini 5,5 (31’ st Diamanti 6), Dramè 5; Borriello 6, Monachello 5 (21’ st Raimondi 6). Allenatore: Reja 5,5. JUVENTUS 4-3-1-2: Buffon 6; Lichtsteiner 6,5, Bonucci 6,5, Barzagli 7, Evrà 6; Khedira 6,5 (23’ st Lemina 7), Marchisio 6,5, Pogba 6,5; Pereyra 6 (36’ st Alex Sandro 6); Mandzukic 7, Dybala 7 (43’ st Morata ng). Allenatore: Allegri 6,5. Arbitro: Valeri di Roma 6,5. Reti: 24’ pt Barzagli; 41’ st Lemina. Recupero: 7 minuti (1’ pt + 6’ st). Ammoniti: Tolói, Paletta, Cigarini (A); Marchisio, Pogba (J). Espulsi: nessuno. Spettatori: 19.770.
Data: 6-03-2016 – Ore: 15:00 GENOA 3-5-2: Perin 6; Izzo 6, Burdisso 6,5, De Maio 6; Ansaldi 6,5, Rigoni 6,5, Rincón 6, Tachtsidis 5,5 (37’ st Gabriel Silva ng), Laxalt 6; Suso 5 (1’ st Cerci 6,5), Pandev 7 (43’ st Capel ng). Allenatore: Gasperini 6,5. EMPOLI 4-3-1-2: Skorupski 6,5; Laurini 6, Cosic 5, Ariaudo 6, Zambelli 5 (29’ st Bittante 6); Zielinski 6,5, Paredes 6, Büchel 5,5 (7’ st Saponara 6); Croce 6; Mchedlidze 6, Maccarone 5 (7’ st Pucciarelli 5,5). Allenatore: Giampaolo 6. Arbitro: Mariani di Aprilia 6,5. RetE: 3’ st Rigoni. Recupero: 5 minuti (1’ pt + 4’ st). Ammoniti: Cerci (G); Cosic, Zambelli, Paredes, Büchel (E). Espulsi: nessuno. Spettatori: 21.134.
Data: 4-03-2016 – Ore: 20:45 ROMA 4-3-1-2: Szczesny 6; Florenzi 6,5, Manolas 7, Rüdiger 6, Digne 6; Nainggolan 7, Keita 7, Pjanic 7,5; Perotti 7 (17’ st Vainqueur 6); Salah 8 (41’ st Dzeko ng), El Shaarawy 7,5 (31’ st Totti 6). Allenatore: Spalletti 8. FIORENTINA 4-4-1-1: Tatarusanu 6; Roncaglia 5, Rodríguez 5, Astori 4, Alonso 4; Bernardeschi 5, Vecino 5,5 (34’ pt Badelj 5,5), Tino Costa 5, Borja Valero 6 (28’ pt Tello 6); Ilicic 5 (22’ st Fernández 5,5); Kalinic 5. Allenatore: Paulo Sousa 5. Arbitro: Irrati di Pistoia 5. Reti: 22’ pt El Shaarawy (R), 25’ Salah (R), 38’ Perotti (R), 48’ Ilicic (F) rig.; 13’ st Salah (R). Recupero: 5 minuti (3’ pt + 2’ st). Ammoniti: Nainggolan, Pjanic, Salah (R); Bernardeschi, Badelj, Tino Costa (F). Espulsi: nessuno. Spettatori: 36.263.
Data: 5-03-2016 – Ore: 18:00 VERONA 4-4-2: Gollini 6; Pisano 5, Moras 5, Helander 5, Fares 4 (27’ pt Gilberto 5,5); Wszolek 5, Marrone 5, Ionita 5, Siligardi 5 (10’ st Gomez 5,5); Rebic 5 (25’ st Romulo 5,5), Toni 5. Allenatore: Del Neri 4,5. SAMPDORIA 3-5-2: Viviano 6; Moisander 6, Ranocchia 6,5, Cassani 6; De Silvestri 7, Álvarez 6,5, Fernando 6,5, Soriano 7 (28’ st Barreto 6), Christodoulopoulos 7 (12’ st Silvestre 6); Cassano 7 (33’ st Muriel ng), Quagliarella 7. Allenatore: Montella 6,5. Arbitro: Cervellera di Taranto 6. Reti: 6’ pt Soriano, 11’ Cassano, 30’ Christodoulopoulos. Recupero: 4 minuti (1’ pt + 3’ st). Ammoniti: Gilberto, Marrone (V); Ranocchia, Fernando, Christodoulopoulos (S). Espulsi: nessuno. Spettatori: 18.930.
Data: 6-03-2016 – Ore: 15:00 BOLOGNA 4-3-3: Mirante 6; Mbaye 6, Gastaldello 6,5, Maietta 6,5, Constant 5 (20’ st Masina 6); Donsah 6 (32’ st Brienza 6), Diawara 6, Taider 6,5; Mounier 5,5 (1’ st Floccari 5), Destro 5, Giaccherini 6. Allenatore: Donadoni 5,5. CARPI 3-5-2: Belec 6,5; Zaccardo 7, Romagnoli 6, Gagliolo 5; Letizia 6, Crimi 6, Bianco 6 (20’ st Lollo 5,5), Cofie 5,5, Poli 6; Verdi ng (22’ pt Lasagna 5,5), Mancosu 6 (29’ st Mbakogu 5). Allenatore: Castori 6. Arbitro: Mazzoleni di Bergamo 5. Recupero: 8 minuti (3’ pt + 5’ st). Ammoniti: Giaccherini (B); Romagnoli, Gagliolo, Crimi (C). Espulsi: nessuno. Spettatori: 16.820.
Data: 6-03-2016 – Ore: 20:45 INTER 4-2-3-1: Carrizo 6,5; Nagatomo 5,5, Miranda 6, Murillo 6, D’Ambrosio 5; Medel 6,5 (43’ st Felipe Melo ng), Kondogbia 6; Ljajic 7 (21’ st Brozovic 6), Palacio 7 (34’ st Biabiany ng), Perisic 7; Icardi 7,5. Allenatore: Mancini 6,5. PALERMO 3-5-2: Sorrentino 6; Vitiello 5, González 5, Andelkovic 5,5; Rispoli 6 (39’ st Balogh ng), Hiljemark 6, Maresca 5, Chochev 5,5 (23’ st Quaison 6), Pezzella 5,5; Gilardino 5 (26’ st Djurdjevic 6), Vazquez 6,5. Allenatore: Iachini 5,5. Arbitro: Russo di Nola 6,5. Reti: 11’ pt Ljajic (I), 23’ Icardi (I), 45’ Vazquez (P); 9’ st Perisic (I). Recupero: 5 minuti (1’ pt + 4’ st). Ammoniti: Medel (I); González (P). Espulsi: nessuno. Spettatori: 32.455.
Data: 6-03-2016 – Ore: 15:00 SASSUOLO 4-3-3: Consigli 7; Vrsaljko 6,5, Cannavaro 6 (10’ st Antei 6), Acerbi 7, Peluso 6; Missiroli 6 (18’ st Biondini 6), Magnanelli 6, Duncan 7; Berardi 6,5 (41’ st Falcinelli ng), Defrel 5,5, Sansone 7. Allenatore: Di Francesco 7. MILAN 4-4-2: Donnarumma 6,5; De Sciglio 5, Alex 5,5, Zapata 5 (24’ st Romagnoli 5,5), Antonelli 6; Honda 5 (37’ st Boateng ng), Kucka 5,5, Bertolacci 5,5, Bonaventura 5; Bacca 5, Balotelli 4 (10’ st Menez 4,5). Allenatore: Mihajlovic 5. Arbitro: Giacomelli di Trieste 5. Reti: 27’ pt Duncan; 27’ st Sansone. Recupero: 5 minuti (0’ pt + 5’ st). Ammoniti: Berardi, Defrel (S); Bertolacci, Bonaventura (M). Espulsi: 32’ st Defrel (S) per doppia ammonizione. Spettatori: 17.697.
Juventus Napoli Roma Fiorentina Inter Milan Sassuolo Lazio Bologna Chievo Empoli Torino Sampdoria Genoa Atalanta Udinese Palermo Frosinone Carpi Verona
64 28 20 4 4 50 15 61 28 18 7 3 58 23 56 28 16 8 4 59 29 53 28 16 5 7 49 31 51 28 15 6 7 37 26 47 28 13 8 7 39 30 44 28 11 11 6 36 31 38 28 10 8 10 35 37 36 28 10 6 12 29 31 34 28 9 7 12 33 39 34 28 9 7 12 33 41 33 28 8 9 11 34 35 31 28 8 7 13 42 46 31 28 8 7 13 28 32 30 28 7 9 12 26 33 30 28 8 6 14 24 42 27 28 7 6 15 28 50 26 28 7 5 16 28 53 22 28 4 10 14 24 44 18 28 2 12 14 24 48
Data: 6-03-2016 – Ore: 15:00 FROSINONE 4-4-2: Leali 6; Rosi 6, Ajeti 7, Blanchard 7, Pavlovic 6; Paganini 7, Frara 6,5 (36’ st Chibsah ng), Gori 6,5 (45’ st Gucher ng), Kragl 6; Ciofani D. 7, Dionisi 6,5 (44’ st Carlini ng). Allenatore: Stellone 7. UDINESE 4-1-4-1: Karnezis 5; Piris 5,5, Danilo 5, Felipe ng (14’ pt Heurtaux 5), Adnan 5; Guilherme 5; Bruno Fernandes 6, Badu 5 (13’ st Matos 5), Kuzmanovic 6, Théréau 5 (25’ st Perica 5,5); Di Natale 5. Allenatore: Colantuono 5. Arbitro: Rizzoli di Bologna 6,5. Reti: 12’ pt Ciofani D.; 15’ st Blanchard. Recupero: 5 minuti (2’ pt + 3’ st). Ammoniti: Blanchard, Paganini (F); Piris, Matos, Théréau (U). Espulsi: nessuno. Spettatori: 6.510.
Data: 5-03-2016 – Ore: 20:45 NAPOLI 4-3-3: Reina 6; Hysaj 6, Chiriches 6, Koulibaly 7, Ghoulam 7; David López 6 (22’ st Allan 6,5), Jorginho 6, Hamsik 7 (41’ st Chalobah ng); Callejón 7, Higuaín 7, Insigne 6 (26’ st Mertens 6). Allenatore: Sarri 7. CHIEVO 4-3-3: Bizzarri 7; Frey 5, Dainelli 5, Cesar 5, Cacciatore 5,5; Castro 6, Radovanovic 5,5, Rigoni 6 (22’ st Hetemaj 5); Birsa 5 (19’ st Meggiorini 5,5), Pellissier 6 (10’ st Floro Flores 5), Mpoku 5. Allenatore: Maran 5,5. Arbitro: Di Bello di Brindisi 6. Reti: 2’ pt Rigoni (C), 6’ Higuaín (N), 38’ Chiriches (N); 25’ st Callejón (N). Recupero: 3 minuti (0’ pt + 3’ st). Ammoniti: Cesar, Castro, Meggiorini (C). Espulsi: nessuno. Spettatori: Note: 33.239.
Data: 6-03-2016 – Ore: 12:30 TORINO 3-5-2: Padelli 6; Maksimovic 6, Glik 7, Moretti 6; Bruno Peres 6 (35’ st Zappacosta 5), Acquah 6,5, Vives 6 (41’ st Obi ng), Benassi 5,5 (33’ st Baselli ng), Molinaro 6; Belotti 7, Immobile 5,5. Allenatore: Ventura 6. LAZIO 4-3-1-2: Marchetti 6; Konko 6, Bisevac 6, Hoedt 6, Lulic 5 (40’ pt Braafheid 6); Cataldi 5 (40’ pt Milinkovic-Savic 7), Biglia 6, Parolo 6; Felipe Anderson 5; Djordjevic 5, Klose 5,5 (27’ st Keita 7). Allenatore: Pioli 5,5. Arbitro: Massa di Imperia 6. Reti: 12’ pt Belotti (T); 33’ st Biglia (L) rig. Recupero: 5 minuti (2’ pt + 3’ st). Ammoniti: Bruno Peres, Acquah, Vives (T); Konko, Parolo (L). Espulsi: nessuno. Spettatori: 18.863.
26 reti: Higuaín (Napoli, 2 rig.) 13 reti: Dybala (Juventus, 3 rig.); Bacca (Milan, 1 rig.) 12 reti: Icardi (Inter); Eder (12 Sampdoria, 3 rig./0 Inter) 11 reti: Maccarone (Empoli, 1 rig.); Ilicic (7 rig.), Kalinic (Fiorentina); Insigne (Napoli, 1 rig.); Salah (Roma) 10 reti: Pavoletti (Genoa) 9 reti: Pjanic (Roma, 1 rig.) 8 reti: Destro (Bologna, 2 rig.); Paloschi (Chievo, 1 rig.); Ciofani D. (Frosinone, 2 rig.); Soriano (Sampdoria); Théréau (Udinese)
Calcio 2OOO
93
1X2
i NUMERI Della
29a GIORNATA
Carpi-Frosinone 2-1 (1-0)
1X2
I NUMERI Della
30a GIORNATA
Data: 13-03-2016 – Ore: 15:00 CARPI 4-4-1-1: Belec 6; Zaccardo 6, Romagnoli 6, Gagliolo 6, Letizia 6; Pasciuti 6, Bianco 7 (20’ st Crimi 7), Cofie 6, Di Gaudio 6; Lollo 6,5 (13’ st Lasagna 6); Mancosu 5 (31’ st De Guzman 7). Allenatore: Castori 6,5. FROSINONE 4-3-3: Leali 5; Rosi 5, Ajeti 6, Pryima 6, Pavlovic 5; Gori 6 (18’ st Soddimo 5), Sammarco 6, Frara 6; Kragl 5 (18’ st Carlini 6), Ciofani D. 6, Dionisi 6,5 (32’ st Chibsah 6). Allenatore: Stellone 6. Arbitro: Banti di Livorno 6,5. Reti: 27’ pt Bianco (C); 27’ st Dionisi (F), 45’ De Guzman (C) rig. Recupero: 10 minuti (5’ pt + 5’ st). Ammoniti: Letizia, Pasciuti, Bianco (C); Rosi, Gori, Soddimo (F). Espulsi: nessuno. Spettatori: 8.147.
Chievo-Milan 0-0 (0-0)
Data: 13-03-2016 – Ore: 12:30 CHIEVO 4-3-1-2: Bizzarri 6; Cacciatore 6, Dainelli 6,5, Cesar 6, Gobbi 6; Castro 6,5, Radovanovic 6, Hetemaj 6; Birsa 6 (28’ st Pepe 6); Floro Flores 6 (17’ st Pellissier 5,5), Meggiorini 6 (43’ st Mpoku ng). Allenatore: Maran 6,5. MILAN 4-4-2: Donnarumma 6 (19’ pt Abbiati 7); Abate 7, Alex 6, Romagnoli 6, Antonelli 6; Honda 5,5, Poli 5 (40’ st Mauri ng), Bertolacci 5,5, Bonaventura 6; Bacca 5, Menez 5 (16’ st Luiz Adriano 5). Allenatore: Mihajlovic 5. Arbitro: Damato di Barletta 5,5. Recupero: 7 minuti (3’ pt + 4’ st). Ammoniti: Cacciatore, Dainelli, Gobbi, Castro (C); Abate, Bonaventura, Menez (M). Espulsi: nessuno. Spettatori: non comunicati.
Empoli-Sampdoria 1-1 (0-1)
Atalanta-Bologna 2-0 (2-0)
Empoli-Palermo 0-0 (0-0)
Frosinone-Fiorentina 0-0 (0-0)
Fiorentina-Verona 1-1 (1-0)
Genoa-Torino 3-2 (2-2)
Inter-Bologna 2-1 (0-0)
Milan-Lazio 1-1 (1-1)
Napoli-Genoa 3-1 (0-1)
Roma-Inter 1-1 (0-0)
Juventus-Sassuolo 1-0 (1-0)
Lazio-Atalanta 2-0 (0-0)
Palermo-Napoli 0-1 (0-1)
Sampdoria-Chievo 0-1 (0-1)
Data: 20-03-2016 – Ore: 15:00 SAMPDORIA 3-4-2-1: Viviano 6,5; Silvestre 5, Ranocchia 6, Moisander 5; De Silvestri 6,5, Soriano 5, Fernando 5 (36’ st Krsticic 5), Dodô 5; Álvarez 5 (26’ st Muriel 5), Cassano 4 (13’ st Correa 5); Quagliarella 6. Allenatore: Montella 5. CHIEVO 4-3-1-2: Bizzarri 7; Cacciatore 6, Spolli 7, Cesar 6, Gobbi 6; Castro 6, Radovanovic 6,5, Hetemaj 7; Pepe 6,5 (36’ st Pinzi 6); Meggiorini 7 (33’ st Mpoku 5,5), Birsa 6 (23’ st Floro Flores 5,5). Allenatore: Maran 7. Arbitro: Pairetto di Nichelino 5. RetE: 24’ pt Meggiorini. Recupero: 7 minuti (2’ pt + 5’ st). Ammoniti: Moisander, De Silvestri, Soriano, Fernando (S); Bizzarri, Castro, Hetemaj (C). Espulsi: nessuno. Spettatori: 20.754 Note: Al 31’ pt Birsa (C) si è fatto parare un rigore.
Sassuolo-Udinese 1-1 (0-1)
Data: 20-03-2016 – Ore: 15:00 SASSUOLO 4-3-3: Consigli 7; Vrsaljko 5,5, Antei 5,5 (35’ pt Terranova 6), Acerbi 6, Peluso 6; Pellegrini 5 (15’ st Falcinelli 6), Magnanelli 6, Duncan 6; Politano 6,5 (37’ st Berardi ng), Defrel 5,5, Sansone 6. Allenatore: Di Francesco 6. UDINESE 3-4-1-2: Karnezis 6; Heurtaux 6 (35’ st Piris ng), Danilo 6,5, Felipe 6; Widmer 6,5, Kuzmanovic 6, Hallfredsson 6 (41’ st Lodi ng), Armero 5,5; Bruno Fernandes 6,5; Zapata 6,5 (28’ st Di Natale 6), Théréau 6. Allenatore: De Canio 6,5. Arbitro: Di Bello di Brindisi 6. Reti: 8’ pt Zapata (U); 19’ st Politano (S). Recupero: 6 minuti (2’ pt + 4’ st). Ammoniti: Antei, Defrel (S); Heurtaux, Danilo, Felipe, Hallfredsson (U). Espulsi: nessuno. Spettatori: 10.344.
Torino-Juventus 1-4 (0-2)
Udinese-Roma 1-2 (0-1)
CLASSIFICA
MARCATORI
Verona-Carpi 1-2 (0-1)
CLASSIFICA
MARCATORI
Data: 13-03-2016 – Ore: 15:00 FIORENTINA 3-5-1-1: Tatarusanu 6; Tomovic ng (7’ pt Roncaglia 5,5), Astori 5,5, Alonso 6; Tello 6, Tino Costa 5 (11’ st Bernardeschi 6), Fernández 6, Borja Valero 5,5, Pasqual 5; Zárate 6; Babacar 4,5 (30’ st Kalinic 6). Allenatore: Paulo Sousa 5. VERONA 4-5-1: Gollini 7; Pisano 7, Bianchetti 6, Helander 6, Fares 6; Wszolek 6 (27’ st Pazzini 6), Marrone 6 (34’ st Emanuelson 6), Greco 6 (14’ st Siligardi 6), Ionita 6, Rebic 6,5; Toni 6. Allenatore: Del Neri 6,5. Arbitro: Gavillucci di Latina 5,5. Reti: 40’ pt Zárate (F); 41’ st Pisano (V). Recupero: 6 minuti (2’ pt + 4’ st). Ammoniti: Astori, Fernández (F); Helander (V). Espulsi: nessuno. Spettatori: 27.094.
Data: 11-03-2016 – Ore: 20:45 JUVENTUS 4-4-2: Buffon 7; Barzagli 6, Bonucci 6, Rugani 6,5, Alex Sandro 7; Cuadrado 7, Khedira 6 (27’ st Pogba 6), Marchisio 6, Asamoah 6; Mandzukic 7 (44’ st Lichtsteiner ng), Dybala 8 (35’ st Morata 6). Allenatore: Allegri 6,5. SASSUOLO 4-3-3: Consigli 7; Vrsaljko 5,5, Antei 5,5, Acerbi 5, Peluso 5; Biondini 6 (24’ st Pellegrini 6), Magnanelli 6, Duncan 6; Politano 5 (45’ st Adjapong ng), Falcinelli 5 (32’ st Trotta ng), Sansone 6,5. Allenatore: Di Francesco 6. Arbitro: Celi di Bari 6. RetE: 36’ pt Dybala. Recupero: 5 minuti (1’ pt + 4’ st). Ammoniti: Vrsaljko, Duncan, Sansone (S). Espulsi: nessuno. Spettatori: 39.420.
Data: 13-03-2016 – Ore: 15:00 UDINESE 4-1-4-1: Karnezis 6; Widmer 5, Danilo 5, Felipe 5, Adnan 5; Lodi 6; Edenilson 4 (1’ st Zapata 6), Badu 5,5 (33’ st Kuzmanovic ng), Hallfredsson 5, Bruno Fernandes 6; Théréau 6 (28’ st Matos 5,5). Allenatore: Colantuono 5. ROMA 4-2-3-1: Szczesny 6,5; Florenzi 7, Manolas 6,5, Zukanovic 6, Digne 6; Nainggolan 6, Keita 6; Salah 6,5 (46’ st Strootman ng), Perotti 7, El Shaarawy 6 (25’ st Pjanic 6,5); Dzeko 6,5. Allenatore: Spalletti 6,5. Arbitro: Mazzoleni di Bergamo 6. Reti: 15’ pt Dzeko (R); 29’ st Florenzi (R), 40’ Bruno Fernandes (U). Recupero: 2 minuti (0’ pt + 2’ st). Ammoniti: Danilo, Zapata (U); Nainggolan, Keita, Dzeko (R). Espulsi: nessuno. Spettatori: 17.626.
94
Calcio 2OOO
Data: 13-03-2016 – Ore: 15:00 GENOA 3-4-3: Perin 6; Izzo 6, Burdisso 6, De Maio 5,5; Ansaldi 7, Rincón 6, Dzemaili 5,5 (31’ st Tachtsidis 6), Gabriel Silva 5,5; Cerci 7 (12’ st Suso 6,5), Pandev 6,5, Laxalt 6 (1’ st Rigoni 6,5). Allenatore: Gasperini 6,5. TORINO 3-5-2: Padelli 6; Maksimovic 6, Glik 6, Moretti 6; Bruno Peres 6, Acquah 6, Vives 6, Benassi 6 (30’ st Maxi López 5), Molinaro 5 (31’ st Zappacosta 6); Belotti 6 (15’ st Martínez 5,5), Immobile 7,5. Allenatore: Ventura 6. Arbitro: Doveri di Roma 5. Reti: 4’ e 15’ pt Immobile (T), 20’ rig. e 47’ rig. Cerci (G); 21’ st Rigoni (G). Recupero: 6 minuti (2’ pt + 4’ st). Ammoniti: Tachtsidis (G); Padelli, Moretti, Acquah, Vives, Benassi (T). Espulsi: nessuno. Spettatori: 20.225.
Data: 13-03-2016 – Ore: 20:45 LAZIO 4-2-3-1: Marchetti 6; Patric 6, Mauricio 5,5, Hoedt 6, Braafheid 5; Onazi 5,5 (36’ st Parolo ng), Cataldi 5,5 (28’ st Biglia 6); Felipe Anderson 6, Mauri 6, Kishna 5 (12’ st Keita 7); Klose 7. Allenatore: Pioli 6,5. ATALANTA 4-3-3: Sportiello 6; Masiello 5,5, Tolói 5,5, Paletta 5,5, Brivio 6; Cigarini 6 (26’ st Gakpé 6), De Roon 6, Kurtic 6; D’Alessandro 6,5, Pinilla 6 (13’ st Borriello 5,5), Gomez 6 (26’ st Diamanti 5,5). Allenatore: Reja 5,5. Arbitro: Guida di Torre Annunziata 5,5. Reti: 22’ e 50’ st Klose. Recupero: 5 minuti (1’ pt + 4’ st). Ammoniti: Patric, Cataldi (L); Sportiello, Masiello, Tolói, Cigarini (A). Espulsi: nessuno. Spettatori: 16.553.
Juventus Napoli Roma Fiorentina Inter Milan Sassuolo Lazio Bologna Chievo Empoli Genoa Torino Sampdoria Atalanta Udinese Palermo Frosinone Carpi Verona
67 29 21 4 4 51 15 64 29 19 7 3 59 23 59 29 17 8 4 61 30 54 29 16 6 7 50 32 54 29 16 6 7 39 27 48 29 13 9 7 39 30 44 29 11 11 7 36 32 41 29 11 8 10 37 37 36 29 10 6 13 30 33 35 29 9 8 12 33 39 35 29 9 8 12 34 42 34 29 9 7 13 31 34 33 29 8 9 12 36 38 32 29 8 8 13 43 47 30 29 7 9 13 26 35 30 29 8 6 15 25 44 27 29 7 6 16 28 51 26 29 7 5 17 29 55 25 29 5 10 14 26 45 19 29 2 13 14 25 49
Data: 12-03-2016 – Ore: 18:00 EMPOLI 4-3-1-2: Skorupski 6; Laurini 7, Ariaudo 6 (16’ st Bittante 6), Costa 6, Mario Rui 6,5; Zielinski 6,5, Paredes 6 (34’ st Livaja 5,5), Croce 7; Saponara 6; Maccarone 6 (10’ st Mchedlidze 6), Pucciarelli 6. Allenatore: Giampaolo 6,5. SAMPDORIA 3-4-2-1: Viviano 6; Cassani 6, Ranocchia 6, Moisander 6; De Silvestri 6, Fernando 6,5, Soriano 6, Dodô 6 (34’ st Christodoulopoulos 5); Álvarez 6, Cassano 6,5 (20’ st Correa 5); Quagliarella 7 (44’ st Barreto ng). Allenatore: Montella 6. Arbitro: Fabbri di Ravenna 5,5. Reti: 42’ pt Quagliarella (S); 37’ st Laurini (E). Recupero: 4 minuti (0’ pt + 4’ st). Ammoniti: Costa, Mario Rui (E); De Silvestri, Christodoulopoulos, Álvarez (S). Espulsi: nessuno. Spettatori: 15.492.
Data: 12-03-2016 – Ore: 20:45 INTER 4-4-2: Handanovic 6; D’Ambrosio 7, Miranda 7, Juan Jesus 6, Nagatomo 6; Ljajic 5,5 (26’ st Palacio 6), Medel 6, Brozovic 6, Perisic 7; Eder 6 (44’ st Murillo ng), Icardi ng (11’ pt Kondogbia 6). Allenatore: Mancini 6,5. BOLOGNA 4-1-4-1: Mirante 6; Mbaye 5 (14’ st Zuñiga 5), Gastaldello 6,5, Maietta 6, Masina 5; Diawara 6; Rizzo 6, Donsah 5,5 (32’ st Brienza 6), Taider 5, Giaccherini 5; Destro ng (17’ pt Floccari 5). Allenatore: Donadoni 5,5. Arbitro: Calvarese di Teramo 5,5. Reti: 27’ st Perisic (I), 31’ D’Ambrosio (I), 45’ Brienza (B). Recupero: 7 minuti (4’ pt + 3’ st). Ammoniti: Palacio, Medel (I). Espulsi: nessuno. Spettatori: 40.267.
Data: 13-03-2016 – Ore: 20:45 PALERMO 4-3-2-1: Sorrentino 6,5; Struna 5,5, González 6, Andelkovic 5, Pezzella 6; Chochev 5, Jajalo 5, Hiljemark 5 (36’ st Balogh ng); Quaison 6 (46’ st Trajkovski ng), Vazquez 6; Gilardino 5 (8’ st Djurdjevic 6). Allenatore: Novellino 6. NAPOLI 4-3-3: Reina 6,5; Hysaj 6, Albiol 6, Koulibaly 6,5, Ghoulam 6; Allan 6, Jorginho 7, Hamsik 6 (27’ st David López 6); Callejón 6 (20’ st Mertens 6), Higuaín 7, Insigne 6 (43’ st El Kaddouri ng). Allenatore: Sarri 6,5. Arbitro: Rocchi di Firenze 5,5. RetE: 23’ pt Higuaín rig. Recupero: 5 minuti (1’ pt + 4’ st). Ammoniti: Chochev, Quaison (P); Albiol, David López (N). Espulsi: nessuno. Spettatori: 14.628.
27 reti: Higuaín (Napoli, 3 rig.) 14 reti: Dybala (Juventus, 3 rig.) 13 reti: Bacca (Milan, 1 rig.) 12 reti: Icardi (Inter); Eder (12 Sampdoria, 3 rig./0 Inter) 11 reti: Maccarone (Empoli, 1 rig.); Ilicic (7 rig.), Kalinic (Fiorentina); Insigne (Napoli, 1 rig.); Salah (Roma) 10 reti: Pavoletti (Genoa) 9 reti: Pjanic (Roma, 1 rig.)
Data: 20-03-2016 – Ore: 12:30 ATALANTA 4-2-3-1: Sportiello 6,5; Masiello 6, Paletta 6, Stendardo 6, Dramè 6; De Roon 6, Cigarini 6; Kurtic 6 (26’ st Migliaccio 6), Diamanti 7 (9’ st Raimondi 6), Gomez 7,5 (44’ st D’Alessandro ng); Pinilla 5,5. Allenatore: Reja 7. BOLOGNA 4-3-3: Mirante 7; Mbaye 4, Gastaldello 5, Maietta 5, Morleo 6 (26’ st Masina 5,5); Brighi 6, Diawara 5, Brienza 5 (1’ st Mounier 5,5); Rizzo 5 (19’ st Acquafresca 5), Floccari 5, Giaccherini 5,5. Allenatore: Donadoni 5,5. Arbitro: Giacomelli di Trieste 5,5. Reti: 27’ pt Gomez, 46’ Diamanti. Recupero: 4 minuti (1’ pt + 3’ st). Ammoniti: Pinilla (A); Gastaldello, Rizzo, Giaccherini (B). Espulsi: 33’ st Mbaye (B) per gioco falloso, 40’ Gastaldello (B) per doppia ammonizione. Spettatori: 18.258. Note: Al 32’ st Pinilla (A) si è fatto parare un rigore.
Data: 20-03-2016 – Ore: 20:45 MILAN 4-4-2: Donnarumma 7; Abate 6, Zapata 6, Romagnoli 6, Antonelli 5; Honda 5 (39’ st Menez ng), Montolivo 6, Bertolacci 6, Bonaventura 6,5; Bacca 6,5, Luiz Adriano 6 (29’ st Balotelli 6). Allenatore: Mihajlovic 6. LAZIO 4-1-4-1: Marchetti 7; Patric 6, Bisevac 5, Hoedt 5, Braafheid 5; Biglia 6; Candreva 6 (44’ st Mauricio ng), Parolo 6,5, Lulic 5, Felipe Anderson 6; Matri 5 (35’ st Djordjevic ng). Allenatore: Pioli 6. Arbitro: Tagliavento di Terni 5,5. Reti: 9’ pt Parolo (L), 15’ Bacca (M). Recupero: 3 minuti (0’ pt + 3’ st). Ammoniti: Abate (M); Biglia, Lulic (L). Espulsi: 39’ st Lulic (L) per doppia ammonizione. Spettatori: 33.481.
Data: 20-03-2016 – Ore: 15:00 VERONA 4-4-2: Gollini 6; Pisano 6, Moras 5, Helander 6, Fares 6; Wszolek 5, Ionita 6, Marrone 5 (25’ st Gomez 5), Siligardi 4,5 (1’ st Viviani 6); Toni 5,5, Pazzini 5 (1’ st Rebic 5). Allenatore: Del Neri 5,5. CARPI 4-1-4-1: Belec 7; Poli 6, Romagnoli 6,5, Suagher 6,5, Gagliolo 6; Cofie 6,5; Pasciuti 6 (46’ st Letizia ng), Lollo 6 (8’ st Crimi 6), Bianco 7, Di Gaudio 7; Mbakogu 6 (19’ st Lasagna 7,5). Allenatore: Castori 6,5. Arbitro: Russo di Nola 5,5. Reti: 42’ pt Di Gaudio (C); 18’ st Ionita (V), 22’ Lasagna (C). Recupero: 7 minuti (1’ pt + 6’ st). Ammoniti: Pisano, Rebic (V); Poli, Suagher, Crimi (C). Espulsi: 45’ st Rebic (V) per somma di ammonizioni. Spettatori: 17.707.
Data: 19-03-2016 – Ore: 18:00 EMPOLI 4-3-1-2: Skorupski 6; Laurini 6 (42’ pt Bittante 6), Tonelli 7, Costa 6, Mario Rui 6; Zielinski 5 (18’ st Büchel 5,5), Paredes 6, Croce 6; Saponara 6; Pucciarelli 5,5, Maccarone 5 (40’ st Mchedlidze ng). Allenatore: Giampaolo 5,5. PALERMO 4-1-4-1: Sorrentino 6; Struna 6, González 6, Andelkovic 6, Pezzella 5,5 (1’ st Lazaar 6); Jajalo 6; Quaison 6 (33’ st Bentivegna ng), Hiljemark 6, Brugman 6 (40’ st Maresca ng), Trajkovski 6; Vazquez 6. Allenatore: Novellino 6. Arbitro: Massa di Imperia 6. Recupero: 3 minuti (1’ pt + 2’ st). Ammoniti: Paredes (E); Jajalo, Bentivegna (P). Espulsi: nessuno. Spettatori: 8.643.
Data: 20-03-2016 – Ore: 18:00 NAPOLI 4-3-3: Reina 6; Hysaj 7, Albiol 6,5, Koulibaly 5,5, Ghoulam 6; Allan 6, Jorginho 6, Hamsik 6,5; Callejón 6 (14’ st Mertens 7), Higuaín 8 (43’ st El Kaddouri 6,5), Insigne 6,5 (29’ st Gabbiadini 6). Allenatore: Sarri 6,5. GENOA 5-3-2: Perin 7; Izzo 6,5, Burdisso ng (16’ pt Fiamozzi 6), De Maio 6,5, Gabriel Silva 6, Rincón 7; Dzemaili 6, Rigoni 5,5 (20’ st Tachtsidis 5,5), Laxalt 6; Pavoletti 5,5 (12’ st Cerci 6), Pandev 6. Allenatore: Gasperini 6,5. Arbitro: Gervasoni di Mantova 6. Reti: 10’ pt Rincón (G); 6’ e 26’ st Higuaín (N), 46’ El Kaddouri (N). Recupero: 6 minuti (2’ pt + 4’ st). Ammoniti: Koulibaly, Jorginho, Insigne (N); Fiamozzi, Dzemaili (G). Espulsi: nessuno. Spettatori: 43.917.
Juventus Napoli Roma Fiorentina Inter Milan Sassuolo Lazio Chievo Bologna Empoli Genoa Torino Atalanta Sampdoria Udinese Carpi Palermo Frosinone Verona
70 30 22 4 4 55 16 67 30 20 7 3 62 24 60 30 17 9 4 62 31 55 30 16 7 7 50 32 55 30 16 7 7 40 28 49 30 13 10 7 40 31 45 30 11 12 7 37 33 42 30 11 9 10 38 38 38 30 10 8 12 34 39 36 30 10 6 14 30 35 36 30 9 9 12 34 42 34 30 9 7 14 32 37 33 30 8 9 13 37 42 33 30 8 9 13 28 35 32 30 8 8 14 43 48 31 30 8 7 15 26 45 28 30 6 10 14 28 46 28 30 7 7 16 28 51 27 30 7 6 17 29 55 19 30 2 13 15 26 51
Data: 20-03-2016 – Ore: 15:00 FROSINONE 4-5-1: Leali 7; Ciofani M. 6 (44’ st Pryima ng), Ajeti 6, Blanchard 6, Pavlovic 6; Paganini 6, Sammarco 6, Gori 6, Frara 6 (23’ pt Gucher 6), Kragl 6; Ciofani D. 6 (29’ st Tonev 6). Allenatore: Stellone 6,5. FIORENTINA 3-4-2-1: Tatarusanu 6; Roncaglia 5,5, Rodríguez 6, Astori 5; Bernardeschi 6 (18’ st Tello 6), Badelj 6 (26’ st Zárate 5), Vecino 6, Alonso 5; Ilicic 5 (41’ st Babacar ng), Borja Valero 6; Kalinic 6. Allenatore: Paulo Sousa 6. Arbitro: Valeri di Roma 5,5. Recupero: 5 minuti (1’ pt + 4’ st). Ammoniti: Ajeti, Sammarco, Gori, Kragl (F); Roncaglia, Astori, Alonso, Kalinic (F). Espulsi: nessuno. Spettatori: 10.000 circa.
Data: 19-03-2016 – Ore: 20:45 ROMA 4-3-3: Szczesny 5,5; Florenzi 5, Manolas 5,5, Rüdiger 6, Digne 6 (37’ st Emerson ng); Pjanic 6, Keita 6 (12’ st Dzeko 6), Nainggolan 7; Salah 6, Perotti 6, El Shaarawy 6,5 (47’ st De Rossi ng). Allenatore: Spalletti 6. INTER 4-2-3-1: Handanovic 7; D’Ambrosio 6, Miranda 6, Murillo 6, Nagatomo 6,5; Medel 6, Brozovic 6,5; Biabiany 6 (37’ st Manaj ng), Ljajic 6 (41’ st Felipe Melo ng), Perisic 7; Eder 5,5. Allenatore: Mancini 6,5. Arbitro: Orsato di Schio 5. Reti: 8’ st Perisic (I), 39’ Nainggolan (R). Recupero: 4 minuti (1’ pt + 3’ st). Ammoniti: Manolas, Keita (R); Handanovic, Medel (I). Espulsi: nessuno. Spettatori: 47.049.
Data: 20-03-2016 – Ore: 15:00 TORINO 3-5-2: Padelli 5; Maksimovic 5, Glik 4,5, Moretti 5,5; Bruno Peres 6,5, Acquah 5, Vives 5,5, Benassi 6 (37’ st Baselli ng), Gastón Silva 6 (30’ st Zappacosta 6); Immobile 6 (1’ st Maxi López 6,5), Belotti 6,5. Allenatore: Ventura 6. JUVENTUS 3-5-2: Buffon 7; Barzagli 6, Bonucci 6, Rugani 7; Lichtsteiner 6 (5’ st Cuadrado 6), Khedira 6, Lemina 6,5, Pogba 7,5, Alex Sandro 5; Mandzukic 6 (40’ st Zaza ng), Dybala 6 (32’ pt Morata 7,5). Allenatore: Allegri 7. Arbitro: Rizzoli di Bologna 4,5. Reti: 33’ pt Pogba (J), 42’ Khedira (J); 3’ st Belotti (T) rig., 18’ e 32’ Morata (J). Recupero: 6 minuti (2’ pt + 4’ st). Ammoniti: Glik, Acquah, Gastón Silva, Belotti (T); Bonucci, Lichtsteiner, Alex Sandro (J). Espulsi: 42’ st Khedira (J) per proteste. Spettatori: 24.428.
29 reti: Higuaín (Napoli, 3 rig.) 14 reti: Dybala (Juventus, 3 rig.); Bacca (Milan, 1 rig.) 12 reti: Icardi (Inter); Eder (12 Sampdoria, 3 rig./0 Inter) 11 reti: Maccarone (Empoli, 1 rig.); Ilicic (7 rig.), Kalinic (Fiorentina); Insigne (Napoli, 1 rig.); Salah (Roma) 10 reti: Pavoletti (Genoa) 9 reti: Pjanic (Roma, 1 rig.)
Calcio 2OOO
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statistiche alla 30ª GIORNATA i più utilizzati Calciatore Karnezis (Udinese) Skorupski (Empoli) Viviano (Sampdoria) Reina (Napoli) Tatarusanu (Fiorentina) Sportiello (Atalanta) Moretti (Torino) Handanovic (Inter) Buffon (Juventus) Albiol (Napoli) Laxalt (Genoa) González (Palermo) Vazquez (Palermo) Consigli (Sassuolo) Hysaj (Napoli) Glik (Torino) Leali (Frosinone) Bizzarri (Chievo) Acerbi (Sassuolo) Hamsik (Napoli) Bonucci (Juventus) Mario Rui (Empoli) Borja Valero (Fiorentina) Higuaín (Napoli) Moras (Verona) De Roon (Atalanta) Manolas (Roma) Fernando (Sampdoria) Bacca (Milan) Padelli (Torino) Bonaventura (Milan) Vrsaljko (Sassuolo) Letizia (Carpi) Rodríguez (Fiorentina) Peluso (Sassuolo) Rincón (Genoa) Pogba (Juventus) Zielinski (Empoli) Sorrentino (Palermo) Astori (Fiorentina) Castro (Chievo) Mirante (Bologna) Soriano (Sampdoria) Magnanelli (Sassuolo) Szczesny (Roma) Murillo (Inter) Nainggolan (Roma) Pucciarelli (Empoli) Diawara (Bologna) Digne (Roma) Gomez (Atalanta) Koulibaly (Napoli) Miranda (Inter) Ghoulam (Napoli) Théréau (Udinese) Gobbi (Chievo) Danilo (Udinese) Romagnoli (Milan) Hiljemark (Palermo) Jorginho (Napoli) Maccarone (Empoli) Ciofani D. (Frosinone) Burdisso (Genoa) Pisano (Verona) Izzo (Genoa) Cesar (Chievo) Allan (Napoli) Pjanic (Roma) Callejón (Napoli) Vives (Torino) 96
Calcio 2OOO
minuti pr. 2848 30 2847 30 2846 30 2836 30 2825 30 2765 29 2765 29 2761 29 2745 29 2743 29 2729 29 2727 29 2699 29 2692 29 2686 29 2673 28 2666 28 2661 28 2660 28 2658 30 2657 29 2656 28 2649 30 2643 30 2633 28 2632 29 2602 29 2595 28 2581 30 2580 27 2577 28 2577 28 2563 29 2546 27 2539 27 2537 27 2532 28 2516 28 2493 27 2492 27 2482 27 2480 26 2479 29 2475 26 2463 26 2437 27 2436 28 2426 30 2411 28 2407 26 2403 28 2392 26 2368 26 2363 26 2358 28 2353 27 2348 26 2346 26 2344 30 2339 27 2336 30 2327 29 2313 25 2304 26 2301 27 2301 25 2300 28 2297 27 2293 30 2258 27
I MIGLIORI Calciatore Higuaín (Napoli) Dybala (Juventus) Borja Valero (Fiorentina) Cuadrado (Juventus) Barzagli (Juventus) Handanovic (Inter) Alex Sandro (Juventus) Sorrentino (Palermo) Ilicic (Fiorentina) Insigne (Napoli) Meggiorini (Chievo) Missiroli (Sassuolo) Giaccherini (Bologna) Pjanic (Roma) Gomez (Atalanta) Bonaventura (Milan) Hamsik (Napoli) Keita (Lazio) Mirante (Bologna) Bizzarri (Chievo) Sansone (Sassuolo) Buffon (Juventus) Mandzukic (Juventus) Jorginho (Napoli) Khedira (Juventus) Allan (Napoli) Acerbi (Sassuolo) Magnanelli (Sassuolo) Saponara (Empoli) Rodríguez (Fiorentina) Marchisio (Juventus) Koulibaly (Napoli) Szczesny (Roma) Ansaldi (Genoa) Perin (Genoa) Rincón (Genoa) Sportiello (Atalanta) Croce (Empoli) Leali (Frosinone) Gastaldello (Bologna) Donnarumma (Milan) Kalinic (Fiorentina) Consigli (Sassuolo) Gollini (Verona) Paredes (Empoli) Pogba (Juventus) Dionisi (Frosinone) Mertens (Napoli) Reina (Napoli) Duncan (Sassuolo) Maccarone (Empoli) Bonucci (Juventus) Nainggolan (Roma) Donsah (Bologna) Belec (Carpi) Castro (Chievo) Di Gaudio (Carpi) Zielinski (Empoli) Chiellini (Juventus) Manolas (Roma) Skorupski (Empoli) Badelj (Fiorentina) Bernardeschi (Fiorentina) Berardi (Sassuolo) Miranda (Inter) Albiol (Napoli) Diawara (Bologna) Tonelli (Empoli) Pavoletti (Genoa) Benassi (Torino)
I PEGGIORI media pr. 6,83 30 6,70 29 6,52 30 6,48 22 6,46 24 6,45 29 6,44 18 6,41 27 6,40 23 6,40 29 6,38 21 6,38 22 6,36 21 6,35 27 6,34 28 6,34 28 6,33 30 6,30 24 6,29 26 6,29 28 6,27 29 6,26 29 6,26 20 6,26 27 6,25 17 6,25 28 6,25 28 6,25 26 6,24 25 6,24 27 6,23 20 6,23 26 6,23 26 6,22 18 6,22 23 6,22 27 6,21 29 6,21 20 6,21 28 6,20 23 6,20 22 6,19 29 6,19 29 6,19 18 6,18 26 6,18 28 6,17 27 6,17 26 6,17 30 6,17 25 6,16 30 6,16 29 6,16 28 6,15 17 6,15 23 6,15 27 6,14 23 6,14 28 6,14 21 6,14 29 6,13 30 6,13 20 6,13 26 6,13 22 6,12 26 6,12 29 6,11 28 6,11 23 6,11 18 6,11 26
Calciatore Struna (Palermo) Djordjevic (Lazio) De Sciglio (Milan) Chochev (Palermo) Mauricio (Lazio) Andelkovic (Palermo) Moisander (Sampdoria) Bianchetti (Verona) Jajalo (Palermo) Nagatomo (Inter) Basta (Lazio) Luiz Adriano (Milan) Ferrari (Bologna) Goldaniga (Palermo) Lazaar (Palermo) Edenilson (Udinese) Gucher (Frosinone) Lulic (Lazio) De Maio (Genoa) Mpoku (Chievo) Hoedt (Lazio) Silvestre (Sampdoria) Frey (Chievo) Felipe Anderson (Lazio) Rossettini (Bologna) Cataldi (Lazio) Matri (Lazio) Tolói (Atalanta) Gagliolo (Carpi) Parolo (Lazio) Kondogbia (Inter) Iago Falqué (Roma) Adnan (Udinese) Bertolacci (Milan) González (Palermo) Cassani (Sampdoria) Piris (Udinese) Capel (Genoa) Gomez (Verona) Livaja (Empoli) Roncaglia (Fiorentina) Klose (Lazio) Siligardi (Verona) Wagué (Udinese) Maksimovic (Torino) Rosi (Frosinone) Peluso (Sassuolo) Helander (Verona) Souprayen (Verona) Kurtic (Atalanta) Rizzo (Bologna) Sturaro (Juventus) Cofie (Carpi) Honda (Milan) Hiljemark (Palermo) Dzeko (Roma) Barreto (Sampdoria) Correa (Sampdoria) Rispoli (Palermo) Pavlovic (Frosinone) Felipe Melo (Inter) Quaison (Palermo) Cacciatore (Chievo) Fernández (Fiorentina) Tomovic (Fiorentina) Gilardino (Palermo) Zapata (Udinese) Trajkovski (Palermo)
media pr. 5,33 20 5,38 21 5,41 17 5,45 23 5,50 21 5,50 16 5,50 20 5,54 15 5,55 20 5,56 16 5,56 18 5,56 20 5,57 16 5,57 16 5,58 25 5,58 26 5,59 16 5,59 23 5,60 22 5,61 17 5,61 20 5,63 20 5,64 19 5,65 28 5,66 22 5,66 16 5,66 18 5,67 19 5,67 24 5,67 25 5,68 21 5,68 20 5,68 23 5,69 23 5,69 29 5,69 19 5,69 23 5,70 16 5,70 26 5,71 18 5,71 24 5,71 18 5,71 23 5,72 16 5,73 15 5,74 22 5,74 27 5,74 21 5,74 17 5,75 25 5,75 19 5,75 15 5,76 22 5,76 25 5,76 30 5,76 25 5,76 25 5,76 19 5,77 17 5,78 18 5,78 20 5,78 24 5,79 22 5,79 18 5,79 18 5,79 26 5,79 18 5,80 24
Per le classifiche sono stati presi in considerazione soltanto i calciatori con almeno 15 presenze
scovate da
CARLETT
BONUCCI In verità la foto è stata scattata e postata da Zaza durante il viaggio in treno Torino- Coverciano per rispondere alla convocazione in Nazionale, ma è stata ripostata sia da Bonucci che da Barzagli.
BUFFON È lui il nuovo portiere dei record italiano. Il goal di Belotti su rigore è arrivato troppo tardi per interrompere il record e soprattutto per superare Rossi dopo più di vent'anni.
FALCAO Continua il calvario per il campione colombiano che qui si gode un po' di neve con la famiglia.
ICARDI Sempre in giro con la compagna Wanda, i figli di lei avuti da Maxi Lopez e la loro piccola Francesca. Qui sono a Disneyland Paris.
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PINILLA Torna al successo l'Atalanta dopo 4 mesi e Pinilla festeggia con questo collage fotografico.
PIRLO Il campione italiano ormai trasferitosi negli USA per giocare a New York condivide con i propri followers di Instagram il suo diventare ambasciatore per l'Onu.
SUAREZ Ha sfiorato la Serie A con la Fiorentina, adesso gioca nel Watford in Inghilterra e festeggia il compagno dell'ex compagno di squadra Fernando Torres così...
VERRATTI Scorcio romantico di Parigi per il talento italiano che non ha mai giocato in Serie A.
Il DJ/Speaker di RTL 102.5 Carlo CARLETTO Nicoletti seguirà i profili Instagram e Twitter dei giocatori più importanti del pianeta Calcio e ci segnalerà le foto e i tweet più divertenti e particolari. Segnalate quelle che magari potrebbero sfuggirgli scrivendogli al suo profilo Instagram e Twitter: @carlettoweb