GIUGNO 2022
LE CERAMICHE RINASCIMENTALI DI RANGO: STORIA DI UNA SCOPERTA (1997 - 2022) Iori Tomaso, fondatore e curatore del piccolo Museo Scuola Rango, Bivedo (TN)
1997 - 2022 25 ANNI DALLA SCOPERTA DELLE CERAMICHE DI RANGO E BALBIDO
INDICE
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COPERTINA
1 . D O V E : NE L B L E G GI O S U P E R I O R E , GIU D I C A R IE . 2 . G L I S C A R T I D I F O R N A C E “B U T T O ” A R A N G O . 3 . L A G R A ND E S C O P E R TA : I R E S T I D E L L A F O R N A C E
4 . I R I T R O VA ME N T I , I R I T R O VAT O R I , L E T IP O L O GIE , L E D I S C A R I C HE . 5 . A LT R E T E S T IM O NI A N Z E E D O C UME N T I . 6 . L E TA P P E S A L IE N T I D I Q U E S TA S T O R I A . 7 . AT T E S E E P R O P O S T E . 8 . C O N S ID E R A Z I O NI . R IN G R A Z I A ME N T I
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MUSEO SCUOLA RANGO
RIASSUNTO A Rango e Balbido, piccole frazioni del Bleggio Superiore in Trentino, in una discarica di inerti, sono
venuti alla luce numerosi frammenti di ceramiche dipinte e graffite. Siamo nel giugno del 1997 e da allora Tomaso Iori, assieme ad un piccolo gruppo di giovani tiene continuamente sotto controllo il
territorio. Centinaia di frammenti cominciano a formare il primo repertorio. La comunità locale viene
informata e parecchie persone cominciano a collaborare consegnando materiali analoghi ritrovati negli orti o nei cantieri edili.
Vengono raccolti e studiati migliaia di frammenti. I materiali cominciano a “parlare”, suggerendo l’ipotesi di una fornace di cottura e di un atelier di lavorazione in loco in tempi lontani. Nel febbraio
2001, alla base di una vecchia costruzione nel borgo di Rango, durante la realizzazione di uno scantinato, viene alla luce un fronte di scavo in cui appaiono in grande quantità frammenti di cotto
accatastati in una specie di piccolo filone. Tomaso Iori provvede a salvarli ed invia una comunicazione all’ufficio Beni Archeologici della Provincia:
“…È stata identificata una platea di cotto della grandezza approssimativa di 1,45 x 1,90 metri la
cui parte sottostante era formata da un drenaggio costituito da circa 30 centimetri di scarto di fornace (butto). Il materiale presente era composto prevalentemente da olle a pugno invetriate
di diversi colori e da mattonelle da stufa con solo ingobbio (solo 1° cottura) di diversa foggia e disegno; sono presenti pure notevoli scarti di vasellame con decoro e tripunte (distanziatori per la cottura) di diverse dimensioni. Si presuppone quindi che la presenza di un ATELIER PER
LA LAVORAZIONE DELLE CARAMICHE di notevole mole e gamma produttiva, e relativo forno, possa essere un’ipotesi molto attendibile. Riteniamo che questa informazione sia per Voi di qualche interesse.”
Sui frammenti ritrovati si possono ammirare motivi floreali e geometrici, profili femminili e di putti, mattonelle incavate in tondo. In altri frammenti si osserva un cavaliere del secolo XV ed infine altri ancora “con figurina di leone passante di carattere tanto arcaico da doversi ascrivere al secolo XIV e da doversi considerare come preziosa testimonianza della continuità della tradizione locale anche 1
negli incunaboli dell'arte” .
La storia è tutt’altro che finita. Rango conserva, congelate nei suoi muri, preziose reliquie di queste
antiche lavorazioni. Ogni volta che queste vengono toccate o manomesse rischiamo di disperdere significativi frammenti di storie.
«É importante che la gente capisca la propria storia e quanta ricchezza la mancata conoscenza faccia disperdere».
GEROLA G., La stufa del castello di Merano, in: Estratto dal II fascicolo - XI anno “Dedalo”, Milano-Roma 1930, p. 94
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1IDOVE:
NEL BLEGGIO SUPERIORE, GIUDICARIE. Innanzitutto, un ringraziamento è rivolto al professore Francesco Angelelli. Grazie al Suo invito a partecipare al 3°congresso Internazionale di Sfruz questa storia piuttosto anomala, ma interessante, viene portata alla luce.
Fig. 1.1 - Territorio del Bleggio
Fig. 1.2 - Vista aerea Balbido e Rango
Tutto è nato venticinque anni fa in due piccole frazioni del Trentino molto vicine a Riva del Garda e alle Dolomiti del Brenta: Balbido e Rango. Questi borghi si trovano nel comune di Bleggio Superiore, (800 m s.l.m.) (Fig. 1.1) proprio di fronte a Fiavè, località famosa per le sue palafitte. Quasi a ridosso del monte Sera e a qualche centinaio di metri uno dall’altro (Fig. 1.2), essi conservano un magico pugno di case strette le une alle altre, immerse in un silenzio quasi sacrale. Rango è anche inserito nel club dei “Borghi più Belli d’Italia”. È a Balbido che tutto ha inizio. Per caso (probabilmente tutto nasce per caso), un giorno del lontano 1997. La domenica 15 giugno,
il giovane Leano Tosi ritrova dei frammenti di terracotta colorata in una discarica provvisoria di materiale proveniente dallo sterrato intorno al piazzale della chiesetta di S. Luigi in Balbido. In quei giorni la ditta Grazzi Ognibene stava realizzando un accesso per disabili alla vecchia canonica di Balbido in quello spazio che è chiamato Gesiol, e che fino a qualche tempo prima accoglieva il famoso cesto più grande del mondo, appunto il cesto di Balbido (Fig. 1.3). Leano, la mattina stessa del ritrovamento, mi ha telefonato e mi ha raccontato di aver raccolto un sacchetto di frammenti di piatti rotti colorati, chiedendomi se potessero avere qualche interesse. Rimasi stupito della telefonata ma poi
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pensai che se un giovane si prendeva il disturbo di telefonarmi e poco prima di raccogliere dei cocci, significava che questi avevano la loro importanza. Gli confermai, senza ancora vederli, che sicuramente erano importanti nella misura in cui noi volevamo saperne di più: di chi erano, chi li aveva messi lì e da dove venivano. La cosa da quel momento prese una piega insospettabile. Per mantenere la parola data, anch’io mi recai sul posto indicato dal ragazzo dove in mezzo alla terra appena dilavata dai temporali torrenziali di quell’estate (Fig. 1.4) spuntavano come funghi piccole guglie colorate. Ne raccolsi una sporta e tornai subito a casa a lavare quei frammenti: meraviglia! Stupore! Colori vivissimi! Disegni strani! Forme belle! Oramai anch’io ne ero stato stregato! Quella domenica ha segnato una tappa miliare della mia storia (e non solo mia). Sono ritornato sulla montagna dello sterro e ho raccolto altri
frammenti. Poi mi sono recato dal proprietario del terreno stesso dove il materiale era stato deposto e la fortuna ha voluto che il proprietario fosse Lidio Crosina, un mio amico. Mostrai a lui e ai suoi famigliari meravigliati Anna, Mauro e Alessio i frammenti ritrovati nel loro campo. Da quel momento tutti quanti sono diventati dei validissimi collaboratori in questa avventura. Ho ottenuto da Lidio il permesso di frequentare per alcuni giorni il suo campo per continuare le ricerche. Il materiale da disperdere per ricavarne un frutteto omogeneo poteva aspettare, però la cosa dipendeva dal signor Ezio Farina, titolare del movimento terra ed addetto al trasporto del materiale. Infatti, davanti a quella montagna di terra, poi successivamente denominata la Montagna Sacra dal mio amico Maurizio Miori, era già stata parcheggiata la ruspa, atta a distribuire il materiale. Spiegai al signor Ezio Farina la situazione e gli i ritrovamenti.
Fig. 1.3 - Il cesto più grande del mondo a Balbido.
Fig. 1.4 - Primi ritrovamenti
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Fig. 1.5 - A Balbido la Montagna Sacra
Anche lui incredulo di quanto mostrato, espresse la sua disponibilità a fermare momentaneamente i lavori, ottenendo la mia gratitudine. Bene! Questo è un esempio estremo di cosa significa avere buoni rapporti fra veri uomini! Per i nove mesi successivi, sino alla primavera seguente, la Montagna Sacra è rimase a nostra disposizione, e ci regalò altro materiale interessante (Fig. 1.5). Quell’estate il posto divenne meta continua dei ragazzini di Balbido e dintorni che venivano a scavare. Con entusiasmo e vero impegno, assieme a Leano, Maurizio Tosi, Sabrina, Lucia, Mirco, Alessio, Mauro, Andrea, Fabio, Francesca, Valentina, Nicoletta, Cristian, Luana, Stefano, Osvaldo, Luca, venne girato e rigirato il maestoso cumulo di terra! I frammenti venivano raccolti e subito lavati in un ruscello che scorreva lì vicino. Si tentavano le prime ricostruzioni sollecitato dai giovani collaboratori che desiderano vedere subito i risultati. Sono stati girati da Giovanni Tagliati e Cristian Caldera anche due filmati: Arte
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risorta2 e Forme belle3, piccoli gioiellini amatoriali. Cristian Caldera scrive anche una speciale poesia “Forme Belle”4. I dubbi, i pensieri, ed il desiderio di poter dare risposte alle domande a cui nessuno sapeva rispondere aumentavano a dismisura. Ho cominciato così a documentarmi nelle biblioteche locali e in quelle provinciali ma poco o niente. A distanza di pochi giorni dall’inizio di questa storia mi sono recato dall’ architetto Antonello Adamoli sovrintendente ai monumenti ed ai beni archeologici della provincia di Trento nella speranza di ottenere qualche lume, speranza che si è rivelata vana. Con me ho due frammenti da mostrare (Fig. 1.6). Per la limitatezza dello spazio viene ommessa la cronaca dettagliata dell’incontro, che farà parte di un lavoro più lungo. Girai per tutti i musei del nord Italia alla ricerca di tracce ed analogie. Comperai tutte le opere disponibili che trattavano della ceramica. Un bel impegno anche economico! Nel frattempo, i materiali ritrovati
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aumentavano, a modo mio provvidi ad una primitiva catalogazione. Iniziai a raggrupparli per motivi, bordi, colori, soggetti. (fig. 1.7). Le macchine fotografiche digitali erano ancora praticamente inaccessibili, utilizzai come risorsa lo scanner e realizzai un primo catalogo fotografico che avrei portato sempre con me, da mostrare agli amici e alla gente della comunità. (Fig.1.8) Contattai tutti i lavoratori dell’edilizia e del movimento terra, ad ognuno mostrai ciò che avevo trovato e le storie che via via venivo a conoscere. I meno interessati a queste storie erano gli impresari ed i capicantiere: forse temevano che avrei fatto perdere tempo ai loro subalterni! Comunque, l’informazione ebbe i suoi frutti. Per tutti fui denominato l’uomo delle ceppe5 ! Le storie crescono ed i giorni passano, parecchie persone mi raccontano particolari del nostro territorio, al paragrafo 5 sono raccolte alcune testimonianze e documenti da me ritrovati. Quell’estate del 1997, raggruppai una piccola squadra di volontari e tutti i giorni liberi, i sabati, le domeniche, le sere fino a che c’era un po’ di luce rovistammo in quella discarica.
Furono rinvenuti cocci di vasellame dai vivaci colori (ceramica, ingobbiata, graffita, dipinta, invetriata). Il recupero portò successivamente a una paziente opera di studio, di restauro e in alcuni casi di ricostruzione dei manufatti (Fig.1.9). Nelle mani dei ragazzi i cocci ripresero vita riconoscendo in queste “crape”: piatti, scodelle, ciotole e boccali6. Un giorno incontrai Bepi Caldera, grande lavoratore e ottimo muratore, anche a lui raccontai ciò che avevo trovato e mostrai il catalogo con le immagini dei pezzi ritrovati. Lui per niente meravigliato mi disse che di quella roba ne era piena Rango e di recarmi a casa sua da sua moglie che avrebbe avuto una cosa analoga da farmi vedere. Non aspetto e mi reco dall’Erina. Le spiego ciò che cercavo e Lei mi conferma che effettivamente aveva una brocca dove normalmente metteva dei fiori secchi, ma piagnucolando si scusa che in realtà le era caduta e si era un po’ frantumata. Io le spiegai che non importava e che anche dei frammenti erano per me molti importanti. Quel giorno non riuscì a ritrovarla ma mi assicurò che non era stata gettata via e appena ritrovata mi avrebbe chiamato. Puntualmente il giorno seguente mi telefona
Fig. 1.6 - Frammenti mostrati, provenienti da Balbido
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Fig. 1.7 - Primi tentativi di catalogazione
Fig. 1.8 - Primo catalogo ceramiche
annunciandomi che era stata ritrovata. Prima di recarmi al lavoro, quella mattina, mi recai immediatamente a casa sua. La sorpresa fu indescrivibile, anche la pressione sanguigna credo sia passata a valori d’allarme quando ebbi la brocca in mano. (Fig.1.10) Un oggetto praticamente inutilizzabile! Ma miracolosamente intero! Presentava due fenditure ai lati della pancia, il manico parzialmente staccato, la struttura parzialmente collassata dalla parte del manico e il labbro del versatoio attorcigliato e diviso in due parti. Una brocca che nessuno avrebbe venduto o acquistato, e che era praticamente inservibile. Cosa era successo? Giuseppe Caldera 20 anni prima, anni ’70 del secolo scorso, mentre ristrutturava una casa nel centro di Rango,
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trovò nei muri questo oggetto integro: la fortuna volle che lo consegnasse a sua moglie per metterci dei fiori secchi. Probabilmente l’Antico Proprietario, che la aveva a disposizione, o lavorava lui stesso la terracotta, non la gettò nel mucchio del “butto”7 ma la depositò con cura all’interno di un muro in costruzione, proteggendola anche con dei sassi tutt’attorno. La sua casa era in costruzione a Rango e lui lasciò una traccia, come si fa ancora oggi mettendo una bottiglia od un barattolo di vetro con dentro delle monete o qualche altro messaggio di ricordo nel cemento. Si trattava di uno scarto di fornace. Da quel momento ebbi la certezza che a Rango qualcuno in tempi antichi lavorava l’argilla e costruiva manufatti di terracotta.
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PRIMA
DOPO
Fig.1.9 - Frammento di ciotola prima e dopo la ricostruzione
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Fig.1.10 - La famosa brocca rinvenuta dal sig. Giuseppe Caldera
https://youtu.be/MQzjNFE0Sq0 https://youtu.be/fBMRrHSKlOE https://www.blogger.com/blog/post/edit/4796452613827059045/7132790798391988353
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Ceppe o coccio, Trattasi di un frammento particolare di cotto o pietra che viene utilizzato nella costruzione dei muri per risparmiare calce e utilizzato come cuneo per portare a livello i sassi nell’ edilizia antica. 6
Molte persone furono coinvolte ed ognuna ha dato una sua storia in merito a questi “ritrovamenti” che fino a qualche tempo prima non avrebbero sollecitato nessun interesse, una particolare gratitudine all’amico Guido Turrini. 7
Gettato nell’immondizia, il rotto, l’imperfetto, lo sbrecciato diventa “butto”, ma anche gli scarti di lavorazione, in particolare quelli che si creano durante la cottura sono “butti”. Riemergendo a distanza di secoli essi rivelano la loro bellezza e disegnano un'epoca, un gusto, un modo di vivere, un'ispirazione.
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2IGLI SCARTI DI FORNACE “BUTTO”8 A RANGO
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In epoca rinascimentale, intorno al XV-XVI secolo, nella nostra regione, era fiorente la lavorazione di vasellame in ceramica: scodelle di forma e grandezza diversa, boccali, piatti ed altro ancora. La produzione riguardava sia le stoviglie al servizio della tavola, come i recipienti della cucina: pentolame, tegami e grandi catini. Le stesse fornaci producevano mattonelle da stufa (olle)9 , tubature, tegole, vasi da fiori, candelabri, ecc. (vedi Fig. 2.1). Nelle botteghe il vasellame veniva lavorato al tornio (ruota del vasaio). Successivamente, semi asciutto, veniva immerso in una soluzione di terra bianca (ingobbio) che copriva come un velo il colore naturale dell'argilla10. La superficie ingobbiata veniva quindi decorata con raffinati motivi sia geometrici che floreali o con figure simboliche: le belle donne, volatili, la coniglia gravida, il levriero ed altro. L'ornato, detto graffito, veniva eseguito con l'uso di una punta sottile o di una stecca, che asportava più o meno profondamente il velo dell’ingobbio che copriva il recipiente. Terminato il decoro e dopo appropriata asciugatura, il vasellame veniva accatastato nella fornace e quindi cotto a circa 900-1000 gradi (prima cottura)11 . Nel corso della prima cottura, molti manufatti si rompevano o si deformavano. Il risultato era un manufatto solo ingobbiato, di colore biancastro che, se idoneo, veniva dipinto e successivamente invetriato. Per dipingere i manufatti si usavano soprattutto due colori base: il verde ramina, ricavato dall'ossido di rame e il giallo ferraccia, ricavato dall'ossido di ferro12. Una volta dipinti i recipienti, si procedeva all'invetriatura mediante
Fig. 2.1 - Tipica fornace di cottura dal libro del vasaio del Piccolpasso: notare il numero degli addetti, solo per la cottura. Fig. 2.2 - Tipico scarto di lavorazione. Si notano i resti del distanziatore a tripunte (3 vertici a 120°) rimasto conficcato nel fondo del piatto!
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immersione in una soluzione trasparente a base di piombo o stagno (la ricetta variava da bottega a bottega)13 ; quindi, dopo asciugatura, si impilavano nel forno, per la seconda cottura, che doveva avere la stessa temperatura della precedente14. Gli scarti di fornace sia della prima che della seconda cottura erano assai abbondanti, alcune volte raggiungevano il
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50 o 60 % della produzione e non venivano dispersi, ma accantonati in alcuni spazi tipici, a Rango denominate “regiole”15. In tempi successivi, questi scarti venivano reimpiegati assieme ad altro materiale leggero nel riempimento negli estradossi delle volte murarie o nelle pavimentazioni, e li vi rimanevano “imprigionati” (vedi Fig. 2.2).
Vedi nota precedente.
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Nel Trentino per stufa ad olla s'intende una stufa a mattonelle smaltate. Ed è evidente che il termine “olla” risale alla sua genesi quando si inserivano nella muratura della stufa delle pentole, cioè delle olle. A questo proposito Ludovico Ariosto (1475-1533) scriveva: “vasi vi son, che chiaman olle”. 10
L'ingobbio è una miscela di acqua terra bianca (nel Rinascimento si usava la terra di Vicenza).
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La cottura era la fase più delicata poiché si rischiava di compromettere tutto il materiale infornato; sappiamo infatti che in molti casi si poteva raggiungere il 50% di scarto. NANNI R., Le ceramiche graffite rinascimentali, Museo Civico d'Arte Industriale e Galleria Davia Bargellini, Bologna 1988, p.14. 12
Per stendere i colori si usavano pennelli con setole dure di pelo di capra o di asino.
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La soluzione, chiamata vetrina o cristallina, fondeva in cottura con i colori, rendendo la ceramica impermeabile e lucente. 14
I diversi manufatti venivano però separati da distanziatori, affinché la vetrina non facesse saldare l'uno all'altro. I distanziatori di terracotta (chiamati anche treppiedi o zampe di gallo) dovevano avere le tre punte ben aguzze poiché, in caso contrario, al momento del distacco potevano asportare parte notevole della vetrina danneggiando la superficie del manufatto, o viceversa rimanere parzialmente attaccati allo stesso manufatto rendendolo imperfetto. 15
Spazi ristretti fra due edifici, inutilizzati, che venivano riempiti di materiali proveniente da butto casalingo o di attività artigianale. Ascoltate la testimonianza della signora Rosetta Riccadonna: https://youtu.be/qsAgnTxljWM 16
IORI T., Le ceramiche di Rango, in C. Bonn, Balbido era… Balbido è… “Gruppo Culturale la Ceppaia”, Cunevo (Tn). Non solo: la Serenissima Repubblica di Venezia usava gli scarti di fornace nel consolidamento degli argini fluviali e lagunari. COZZA F., La produzione ceramica veneta dal Basso Medioevo al Rinascimento, Este (PD) 1989, p. 66. Altro esempio: a Pordenone fu rinvenuto contro un muro, un notevole quantitativo di frammenti ceramici del XV e XVI secolo. L'ipotesi è che il materiale sia stato posto intenzionalmente nel vicolo allo scopo di attenuare la naturale pendenza. In tal caso si tratterebbe di materiale di riporto, derivato dallo scarico di una fornace situata nelle vicinanze del vicolo. RIGONI A. N. (a cura di), Vicolo delle Mura: scarti di ceramica graffita dalla Pordenone del '400, Guida alla mostra 17 marzo - 30 aprile 1995, ex Convento di S. Francesco Pordenone 1995, p. 8. 17
Altro importante esempio di utilizzo è documentato nel bellissimo Cd: Le ceramiche nel convento del Carmine, Santa Maria della Scala, Siena. Un grazie per le informazioni al dott. Vittorio Fronza.
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Fig.3.1 - Un assortimento di distanziatori ritrovato nelle discariche
Fig.3.2 - Raggruppamento di tipici scarti di fornace
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3IL A GRANDE SCOPERTA: I RESTI DELLA FORNACE
Il tempo passava e oramai avevo la certezza che 400 o 500 anni fa qualcuno a Rango svolgesse un’attività fittile e così perfezionai e allargai la ricerca. I frammenti difettosi risultavano particolarmente interessanti, poiché testimoniavano l’antica lavorazione in loco.
Abbiamo ritrovato ceramiche con attaccati piccoli frammenti (rimasugli) di argilla che appartenevano ai distanziatori (detti anche tripunte) o zampe di gallo (Fig. 3.1) usati come separatori dei manufatti nella fornace in modo da caricare il forno il più possibile utilizzando tutto lo spazio disponibile. Le immagini sono molto esplicite e mostrano appunto questi oggetti che hanno subito degli incidenti durante la cottura. Per esempio, può accadere che la pila del vasellame frani e gli oggetti si saldino fra di loro, oppure possono scoppiare, contaminando con piccoli frammenti parte dei manufatti in cottura. Sul fondo di alcune ciotole si possono notare frammenti di parete di altri recipienti, accoppiati durante il processo di cottura (Fig. 3.2). I materiali aumentavano ed anche i segni di queste storie. Il 2001 è stato un anno importante, A quei tempi, il mio impegno lavorativo era solo pomeridiano, permettendomi di dedicare più tempo alle ricerche. Tutte le mattine, prima di andare al lavoro, mi recavo in una discarica dove veniva depositato del materiale proveniente da scavi. (Fig. 3.3)
Fig. 3.3 - Discarica di Marazzone
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Fig. 3.4 - Il borgo di Rango in una foto degli anni ’30 del secolo scorso
Fig. 3.5 - L'antico caseggiato prima dell’apertura dello scantinato
A Rango (Fig. 3.4) è in corso la ristrutturazione della vecchia casa dei “Gaetani” e stanno ricavando un piccolo garage alla base della casa. Il 7 febbraio 2001, dopo aver visitato la discarica, mi reco sul posto da dove proviene il materiale. È sempre un incontro cordiale quello con gli operai addetti alla realizzazione del garage seminterrato (Fig. 3.5 e Fig. 3.6). Vengono scambiati i normali convenevoli e mi assicurano che se fosse venuto alla luce qualche frammento sarebbe stato tenuto in disparte per me (ovviamente nel limite di quello che uno può vedere lavorando con una ruspetta; infatti, la maggior parte dei reperti viene ritrovata in discarica). Al momento del commiato ci auguriamo buona giornata e Angelo, addetto alla ruspa, mi chiama e mi mostra un fronte di scavo in cui appaiono una quantità di frammenti di cotto tutti accatastati in una specie di piccolo
filone. Decido di trascorrere tutta la giornata sul cantiere. Prego il mio datore di lavoro di concedermi un giorno di ferie. Inizio così la raccolta e la documentazione fotografica del ritrovamento. (foto raggruppamento fornace) (Fig. 3.7) “È stata identificata una platea di cotto della grandezza approssimativa di 1,45 x 1,90 metri la cui parte sottostante era formata da un drenaggio costituito da circa 30 centimetri di scarto di fornace (butto). Il materiale presente era composto prevalentemente da olle a pugno invetriate di diversi colori e da mattonelle da stufa con solo ingobbio (solo 1° cottura) di diversa foggia e disegno; sono presenti pure notevoli scarti di vasellame con decoro e senza e tripunte di diverse dimensioni. Si presuppone quindi che la presenza di un forno di cottura di ceramiche di notevole mole e gamma produttiva è molto attendibile.17”
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Fig. 3.6 - L'antico caseggiato durante lo scavo dello scantinato
Fig. 3.7 - Alcune fasi del recupero del 7 febbraio 2001 a Rango casa Luigio Brunelli, tutto il materiale era in posizione caotica
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Fig. 3.8 La casa alla base della quale è stata trovata la fornace “casa Gaetani” Fig. 3.9 Particolare della scritta del 1637 parete sud Fig. 3.10 Trascrizione leggibile Fig. 3.11 mappa della zona Fig. 3.12 Alcuni resti ceramici appena raccolti (butto)
Su un fianco del muro esterno di questo vetusto caseggiato in restauro18, parete sud, vi è un piedritto con un antico graffito che ricorda il restauro fatto da Luigio Bruneli nel 163719. (Fig. 3.8, 3.9, 3.10, 3.11). I materiali provenivano dalla rimozione dei detriti dello scantinato in fase di trasformazione in garage, facciata est. Lo svuotamento dello scantinato aveva messo in luce una platea di cocci, ricoperti da un accumulo di terreno misto dello spessore di circa un metro20. Il materiale era composto prevalentemente da olle del tipo “scalda pugno” con invetriature a colori diversi, e da altre in basso rilievo con decori differenti, però solo ingobbiate, che testimoniano la prima cottura; non mancavano dei residui di vasellame graffito con ornati dissimili e molte tripunte di varia forma e dimensione (Fig. 3.12). L'insieme usato come intercapedine alla base delle fondazioni, su un terreno argilloso e umido, giungeva sicuramente
da una vicinissima fornace, e il piano di calpestio era costituito per l'appunto dal vasellame di scarto21. Ho trovato abbondanti tracce di materiale bruciato, quindi non è da escludere che addirittura questo piano fosse la base stessa di una fornace di cottura. In questa ipotesi l’attuale costruzione muraria non esisteva ancora e questo spazio era libero e periferico al borgo di Rango. Qui sarebbero avvenute le operazioni di cottura dei manufatti, vedi fig. 2.1. Ciò rispondeva anche alle più ovvie ed elementari precauzioni per garantirsi dagli incendi. Tecnicamente la nostra intercapedine o deposito secondario si può definire “butto” trattandosi degli scarti di una fornace del XV-XVI secolo. Le coordinate della zona22 sono: 46.019084, 10.811627 I materiali salvati sono moltissimi. Di estremo interesse sono le mattonelle rinvenute nel “butto”. Ci riferiamo a quella in bassorilievo raffiguranti un cavaliere ricoperto da un'armatura del secolo XV.
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Alle conoscenze attuali è il primo “butto” con ceramica rinascimentale rinvenuto nel Trentino. Si precisa che in data 21 marzo 2001, avvisai dell'eccezionale rinvenimento, la Soprintendenza ai Beni Archeologici, con una mappa e una documentazione fotografica (Protocollo N° 002442 - 26 marzo 2001). Lettera che non ebbe mai nessuna risposta. 18
Su un fianco del muro esterno vi è un piedritto con targa che ricorda il restauro fatta da Luigio Brunelli nel 1637. Questo ci fa arguire che l'edificio doveva essere una costruzione che a quel tempo doveva avere almeno un secolo di vita. La platea dello scantinato doveva essere stata realizzata prima della costruzione dell’edificio stesso avvalorando l’ipotesi che sia stata veramente la base di una fornace. 19
La scritta: “Lano 1637 Luigio Bruneli fece fare Giuseppe C.” Proprio la stessa casa che ebbe per natali i nonni di Louis Caesar Brunelli ora a New York.
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Fig. 3.13 Tre mattonelle da stufa, il cavaliere, il leone, la semisfera concava
Soggetto che è una preziosa testimonianza della continuità locale degli incunaboli dell'arte rinascimentale23. Altrettanto pregevoli sono quella con figura del leone, come quelle a tema geometrico con il piano a vista incavato a semi sfera. (Fig.3.13) Queste tre mattonelle sono le stesse che compongono una stufa proveniente dalle Giudicare ed esposta nelle sale di Castelvecchio (Castello del Buonconsiglio) (Fig. 3.14) Nel 1930 le mattonelle che ora compongono questa stufa erano tipologicamente solo tre, “[…] il Museo nazionale di Trento è riuscito di recente ad acquistare tre mattonelle che si assicura provenienti da una stufa delle Giudicarie: l'una incavata in tondo, l'altra con rappresentazione di un cavaliere del secolo XV, la terza riutilizzata certo da un fornello più antico, con figura di leone passante di carattere tanto arcaico da doversi assegnare al secolo XIV e da doversi considerare come preziosa testimonianza della continuità della
tradizione locale anche negli incunabuli dell'arte. [...]” (GEROLA 1930 pp. 93-94).24 Sicuramente dopo la breve nota del Gerola furono acquistate altre mattonelle uguali che ora si trovano assemblate formando una ipotetica stufa ad olle così descritta: “Stufa medievale ricomposta con formelle originali da antiche demolizioni in Val Giudicarie, e databile fine XV secolo. Vi sono raffigurati soldati a cavallo, con lancia ed altre con leoni a zampa alzata […]”25. Dopo questi rinvenimenti si può affermare con certezza, quanto segue: le mattonelle che formano la stufa giudicariense del Buonconsiglio sono state prodotte nell'antica fornace di Rango, lo comprovano gli scarti sia della prima che della seconda cottura recuperati nel “butto”. Pure al Castelletto di Merano esiste una stufa medioevale con mattonelle sia a cassetta sia ad olle analoghe a quelle ritrovate nel “butto” di Rango26. (fig. 3.15)
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L'edificio è costruito su un terreno leggermente pendente con le fondamenta del seminterrato sotto il livello stradale. Un’apertura può aver favorito l'ingresso del terriccio che lentamente portò alla saturazione dello spazio. 21
Il riempimento ha notevoli analogie con l'uso che si faceva a Venezia e altrove degli scarti di fornace. Vedere
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Ringrazio il dott. Luigi Cantelli (Jerry) dell’Università di Bologna per l’incoraggiamento, i consigli e le informazioni sulla geologia del territorio. 23
GEROLA G., La stufa del castello di Merano, in: Estratto dal II fascicolo - XI anno “Dedalo”, Milano-Roma 1930, p. 94.
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RANGO
MERANO
MERANO il castelletto e la sua stufa
Fig. 3.15 - Analoga stufa del 1480 a Merano al Castelletto , le mattonelle sono analoghe a quelle ritrovate a Rango Fig. 3.14 - La stufa proveniente dalle Giudicarie presente nelle sale di Castelvecchio al Castello del Buonconsiglio
Sulla base dei ritrovamenti abbiamo la certezza che a Rango la produzione fittile fosse sicuramente un'attività primaria, che accompagnò per alcuni secoli (XV-XVI/XVII)27 la crescita economica del piccolo borgo28. Fin dal 1997 sono stati sensibilizzati tutti gli addetti alle costruzioni ed al movimento terra, nonché i loro responsabili. Con grande puntualità vengo tuttora informato se è in corso qualche demolizione, scavo o sbancamento e contemporaneamente in quale posto il materiale viene alienato29. Va aggiunto che molte persone della comunità di Rango, conoscendo queste ricerche,
22
hanno attivamente collaborato e stanno tutt'ora collaborando con la donazione30 di cocci trovati nei campi e negli orti. È sottinteso che i frammenti ceramici vengono tenuti divisi per località, su molti di questi si possono ammirare motivi floreali di vario genere, disegni geometrici, profili di belle donne, testine di putti. Non mancano all'appello frammenti di mattonelle da stufa sia del tipo “scalda pugno”, sia a cassetta con decori in bassorilievo; vedi insiemi al paragrafo 5. In conclusione, è doveroso riflettere sul fatto che a Rango passava l'antica strada Imperiale (Fig. 3.16)
MUSEO SCUOLA RANGO
Fig. 3.16 - Antica cartina della zona. La strada che attraversa Rango è denominata “strada imperiale”
24
IORI T., PASQUALI T: “Tre mattonelle da stufa dell'antica fornace di Rango” Judicaria, N°84, pp 26 -38
25
CAPORILLI M. “L’Arte del Calore” Trento 1986, p. 58, fig. 7. Mentre Aldo Bernardi la descrive in questo modo: “Stufa di produzione altoatesina, provenienza delle Giudicarie […]”. BERNARDI A., “Tepore trentino. Caminetti, stufe e stue nella tradizione” Longo Editore, Rovereto (Trento) 1986, p. 128. 26
idem
27
Nel 1709 a Rango esisteva la fabbrica Ferrari che produceva tegole. ZIGHER A., Castelcampo, Trento 1915, p. 88. E sicuramente altro materiale in terracotta. 28
Non va dimenticato che la materia prima per fare dei manufatti ceramici, è l'argilla e nel territorio di Rango si trova una località denominata Credole, con un’argilla quasi allo stato puro, ora celata da una spanna di terriccio erboso. E la presenza di una fornace è anche confermata da un atto di compravendita del 1847 dove si accenna a un prato in località Fornace nel territorio di Rango. Abbiamo in corso contatti con l’ISTITUTO DI SCIENZE E TECNOLOGIA DEI MATERIALI CERAMICI del CRN di Faenza, per la classificazione delle argille ed eventuali datazioni. Di questi ed altri documenti ritrovati parleremo più avanti 29
Tutti i particolari di questi avvenimenti verranno descritti in un altro momento.
30
Particolare grazie ad Albino e Alessandro Grazzi, a Paolo e Guido Fenice, a Santo Fenice nonché ad Anna Berasi in Baroldi e a tutta la sua famiglia, per la raccolta di frammenti da scavo. Ringrazio la ditta Ognibene Grazzi ed i suoi collaboratori Angelo Caldera, Agostino Farina, Marco Francescotti, Silvio Brochetti e Sergio Caliari per la grande disponibilità dimostrata.
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4II RI T ROVAMEN T I, I RI T ROVAT ORI, LE TIPOLOGIE, LE DISCARICHE Come già detto, i materiali raccolti sono migliaia. Ognuno ha una sua storia, Mi piace ricordare qui le parole del mio caro amico Guido che sempre mi ha sostenuto e incoraggiato, in particolare nei momenti di sconforto, difronte all’indifferenza ed al silenzio di chi… È anche merito suo se questa ricerca continua “Questi frammenti sono l’estrema eredità del loro creatore. Tutto il resto si è dissolto, e solamente loro rimangono a testimoniare la vita di un uomo.”
Mi è difficile raccontare tutti i particolari, vuoi per la mole, vuoi per la mia limitatezza dell’esprimermi. In ogni caso in internet su You Tube al canale “Museo Scuola Rango “è possibile vedere e riascoltare la relazione presentata a Sfruz il 13 settembre 2018, essa è parte integrante della presente. Basta cliccare: https://youtu.be/vjcjI2ycJRg
24
Per ora ho preferito riunire in forma fotografica e per gruppi omogenei alcuni momenti, in modo che venga resa l’idea della mole, della qualità tipologica della scoperta, delle modalità, dei posti visitati, e dei collaboratori. La descrizione di ogni cosa farà parte di lavori successivi, se ci sarà la volontà e lo spirito di farlo.
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4 . 1 I Insiemi mattonelle da stufa del tipo a cassetta
Fig. 4.1 - Insiemi mattonelle da stufa del tipo a cassetta
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4 . 2 I Insiemi di olle (a pugno) per stufa
Fig. 4.2 - Insiemi di olle (a pugno) per stufa
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4 . 3 I Insieme di vasellame con ornati vegetali
Fig. 4.3 - Insieme di vasellame con ornati vegetali
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4 . 4 I Insieme di vasellame con ornati geometrici
Fig. 4.4 - Insieme di vasellame con ornati geometrici
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4 . 5 - 1 I Insieme di vasellame con volti antichi
Fig. 4.5 - 1 - Insieme di vasellame con volti antichi
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4 . 5 - 2 I Insieme di vasellame con volti antichi
Fig. 4.5.2 - Insieme di vasellame con volti antichi
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4 . 6 I Insieme di alcuni restauri ed integrazioni
Fig. 4.6 - Insieme di alcuni restauri ed integrazioni
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4 . 7 I Insieme di altri ritrovamenti paralleli
Fig. 4.7 - Insieme di altri ritrovamenti paralleli
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4 . 8 I Insiemi di alcune discariche del Bleggio
Fig. 4.8 - Insieme discariche del territorio del Bleggio
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4 . 9 I Insieme ritrovatori
Fig. 4.9 - Insieme ritrovatori
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Fig. 5.1 - Periferia sud di Rango: scavo con evidente presenza di argilla
5IALTRE TESTIMONIANZE E DOCUMENTI
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5.1. - Pochi sanno che Rango poggia su uno strato di argilla (vedi foto) e nei dintorni è possibile ritrovare ancora tracce della presenza d'argilla o creta che è la materia prima usata per la fabbricazione della ceramica e terrecotte. Alla periferia di Rango c’è una località Credole, che significa creta o argilla. La foto a fianco mostra uno scavo a sud di Rango in cui appare con tutta evidenza uno strato omogeneo e purissimo di argilla. Fino agli anni ’30 del secolo scorso era attiva ancora una copera in località Pra de Gesia per la fabbricazione dei coppi per i tetti. Le persone attente possono ancora trovare resti di cotto disperso in campagna o ai limiti del bosco. Al Museo della Scuola di Rango è possibile vedere parecchi di questi coppi, salvati dalle discariche, dopo il rifacimento dei tetti. Alcuni recano scritte e messaggi di quelli che erano gli antichi operai. A sottolineare quanto fossero diffusi i frammenti ceramici nel nostro territorio ho raccolto le testimonianze di Severino e Rosa Riccadonna riportate qui di seguito. 5.2. - Un amico, il prof. Severino Riccadonna mi raccontò questa storia. A Rango, nella piazzetta della trattoria “Al Durone”, ma anche nella piazza grande della fontana e in altri vicoli sparsi per il paese si giocava spesso al “gioco delle crape”. Le “crape” in dialetto bleggiano erano dei minuscoli pezzi di ceramica smaltata colorata di verde muschio, ocra gialla, blu cobalto…, trovati nella terra smossa dell’orto o nei resti dei lavori di ristrutturazione di qualche volta a botte o di qualche cucina. In paese, soprattutto attorno alla vecchia canonica (ex trattoria al Durone), dietro la casa dei “Gaetàni” o lungo certe grondaie, le regiole, era più facile il ritrovamento dei preziosi cocci. A seconda della colorazione o del decoro che si intravedeva sulla superficie esisteva una graduatoria di valore delle
Fig. 5.2 - Insieme di piccoli frammenti per il gioco delle “crape”.
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“crape” (ricercatissime erano quelle di color verde brillante). Maschi e femmine, tra i cinque e i dodici anni, ma anche qualche grandicello, si sfidavano in un esercizio di abilità che aveva come premio il ricco frammento dai colori iridescenti. Si poteva gareggiare in due o più, tirando a sorte chi doveva iniziare per primo o invertendo l’ordine di lancio ad ogni turno. Con maestria si scagliava la pietruzza contro la parete liscia di una casa in modo da farla ricadere sopra quella dell’avversario o ad
una distanza massima di una spanna. In tal caso il giocatore intascava la “crapa” del rivale, sempre che non ci fossero contestazioni sulla misurazione o sulle modalità del tiro. Alla fine del gioco, che talvolta coincideva con l’esaurimento delle “munizioni” degli altri concorrenti, il campione abile e fortunato si allontanava soppesando il tesoro multicolore, mentre gli sconfitti, invidiosi ma non rassegnati, riprendevano ad esplorare i siti “segreti” alla ricerca di nuove “crape”.
5.3. - “Intorno agli anni ’50 del secolo scorso, così mi racconta la signora Rosa (Rosetta) Riccadonna, giravano per Rango periodicamente dei rigattieri in cerca di cose povere (a loro detta) come ferri vecchi, pelli di coniglio, arredi: che loro scambiavano con dei palloncini gonfiabili, semplici dolciumi o arredo moderno. Erano pure ricercatissimi pezzi di vasellame cotto colorato che venivano barattati con carrube.” Ricorda ancora l’entusiasmo e la furbizia nell’andare a scovare questi pezzi preziosi. (Fig. 5.3)
Fig. 5.3 - Insieme di frammenti molto ricercati dai rigattieri negli anni ’50 del secolo scorso
5.4. - Nell’estate del 2017 Suor Paolina Reversi (Bruna) e la signora Fiorina Reversi si sono rincontrate casualmente al Muso della Scuola di Rango, cioè nella loro vecchia scuola, ora museo! È stato un incontro veramente commovente, a distanza di ottant’anni si sono risiedute nei vecchi banchi e hanno riprovato le antiche emozioni di quando erano scolarette. Mi hanno raccontato anche che uno dei giochi preferiti consisteva nel creare delle composizioni floreali o paesaggi utilizzando frammenti di cotto tutto colorato che loro andavano a cercare in certi posti nascosti, le regiole, e loro sceglievano opportunamente realizzando così dei veri e propri mosaici!
Fig. 5.4 - Esempio di uso didattico dei frammenti ceramici per creazioni a mosaico anni ’40 del secolo scorso a scuola
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Fig. 5.5 - L’antica casa della Marcellina a Rango, ancora uguale agli anni ’50 del secolo scorso
5.5. - Siamo a Rango intorno agli anni '50 del secolo scorso (1950). La famiglia Reversi (Frati di scotum) è composta dal papà, dalla mamma e dai figli Antonio, Maria Assunta, Angelo e Marcellina. Intorno al 1955 muore la mamma e il papà per lavoro si trasferisce a Novara con tutti i figli. La casa rimane chiusa ed è chiusa tuttora. Ogni tanto la figlia Marcellina ritorna. Un giorno nel 2011, Marcellina capita al Museo della scuola di Rango. In quel momento al museo c'era la mostra "Frammenti di Storie”, con un'esposizione dei ritrovamenti ceramici e dei documenti salvati fino a quel momento. La signora Marcellina rimane colpita e sgomenta dalla mostra. Dopo qualche tempo, che osserva emozionatissima, mi si avvicina e mi confida commossa, quasi piangendo, che da bambina suo fratello Angelo la invitava in un angolo segreto della sua casa e gli mostrava con orgoglio e fascino una sua collezione di piccoli e grandi frammenti ceramici che lui aveva raccolto con pazienza, giorno dopo giorno, andando a cercare intorno a casa e negli orti. Erano volti di putti, donne e cavalieri,
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ma anche fiori, geometrie, strali, soli e frutta meravigliosamente colorata. Anche alcune mattonelle intere facevano bella mostra assieme a tutta questa meraviglia! Ora Angelo è morto da tempo e lei rivive questo bellissimo ricordo per merito di questa mostra. Grazie Marcellina (Fig.5.5) 5.6. - Antonio Zieger nel suo libro “Castel Campo” stampato a Trento nel 1915 a pag.88 narra: “fra il 1709 e 1710 furono eseguite radicali riparazioni a seguito della presenza dell’esercito francese e di intemperie eccezionali…furono acquistate 6000 tegole grandi e 1000 piccole dai luganesi Domenico Lion e Giuseppe Bertolla, nonché di altri minori quantitativi dalla fabbrica Ferrari di Rango”31 5.7. - In un atto di compravendita del 14 agosto 1847 presso il tribunale di Stenico compare nella descrizione del fondo: “un prativo alla Fornace situato nel regolario di Rango”. Era la denominazione di una località alla periferia di Rango tutt’oggi ricordata dai più anziani col toponimo “alla Fornas”32
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Fig. 5.8 - Il documento di matrimonio a Rango “filium magistri Dominici Fenici figuli”
5.8. - Dalle ricerche d’archivio33 sono emersi documenti che testimoniano l’attività di una famiglia di vasai.- Giovanni Domenico figlio di mastro Benvenuto Fenice, vasaio, abitante nel villaggio di Rango... (26 settembre 1599) - Atto di matrimonio di Giovanni Domenico Fenice con Biagia Gusmerotti... (13 novembre 1608) - Atto di nascita di Giuseppe Fenice figlio di mastro Gioan Domenico e Biagia... (23 novembre 1637) - Atto di matrimonio di Giuseppe Fenice con Margherita Riccadonna... In ecclesia Sancte Marie de Rango contractum fuit matrimonium per verba de presenti S.S.C.T. decreto inter-Josephum filium magistri Dominici Fenici figuli e Malgaritam filiam quondam Petri Richadone ambobus de dicto Rango per reverendum dominum Antonium Formaini de Cavrasto capellanum, presentibus infrascriptis testibus vocatis ser Andrea filio quondam magistri Donati Bertagnini et Antonio
31
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filio domini Nicolai Brunelli ambobus de dicto Rango. / Nella chiesa di S. Maria si Rango fu contratto subito matrimonio con la formula di rito secondo i decreti del Sacro Concilio di Trento tra Giuseppe figlio di mastro Domenico Fenice vasaio e Margherita figlia del defunto Pietro Riccadonna, entrambi del detto Rango, dal reverendo don Antonio Formaini da Cavrasto cappellano, presenti gli infrascritti testimoni chiamati ser Andrea figlio del defunto mastro Donato Bertagnini e Antonio figlio del signor Antonio Brunelli, entrambi dal detto Rango. (23 novembre 1637) Interessante spunto di riflessione può venire anche dal fatto che a Rango passava l’antica strada imperiale per il passo del Duron, che collegava Bleggio alla Val Rendena e alla Val del Chiese, vale a dire il Tirolo e la Lombardia, e quindi fondamentale per commerci e scambi grazie ai quali i vasai riuscivano a piazzare i propri prodotti. (Vedi cartina Fig. 3.16)
Grazie a Giovanni Sicheri Grazie ad Ezio Brunelli
33
Grazie al dott. Claudio Andreolli dell’archivio Diocesano ed al sig. Lorenzo Fleck Trenti di Nosellari ritrovatore del documento
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6ILE TAPPE SALIENTI DI QUESTA STORIA
1997
15 giugno la scoperta; prime tracce a Balbido per merito del giovane Leano Tosi. Incontro con soprintendente arch. Antonello Adamoli. (una storia a parte) Prima catalogazione. Preparato primo catalogo: Forme Belle (Fig.1.8) Realizzazione filmati: Arte risorta34, e Forme Belle35, a cura rispettivamente di Giovanni Tagliati e Cristian Caldera. Contatti con prof. Luigi Cantelli università di Bologna
1998
Ritrovata la “brocca” del sig. Giuseppe Caldera. 1° maggio a Revere (MN) alla mostra: “La ceramica graffita del Rinascimento, tra Po, Adige e Oglio” con Lidio, Alessio e Leano. Portati tre pezzi per confronti. Preparata una copia personalizzata di documentazione ritrovamenti per Giuseppe Šebesta
1999
A Castel Restor, lavati tutti i reperti ceramici ritrovati durante i lavori di consolidamento dello stesso. Collaborato alla catalogazione.
2000
Idem c.s. Ritrovato documento di Zeiger descritto più sopra al paragrafo 5.
2001
7 febbraio scoperta del butto. Comunicazione del ritrovamento alla Sovrintendenza. A maggio, realizzata la prima mostra: “Le ceramiche di Rango e Balbido”. Luglio, seconda mostra: “Le antiche ceramiche di Rango”
2002
A Balbido realizzata terza mostra “Incantesimo del quotidiano”
2003
Alla scuola Archimede di Bolzano la quarta mostra “Il fascino delle scoperte”36
2004
Testimonianza di Severino Riccadonna sul “gioco delle crape”37
2005
Contatti con Faenza prof. Rino Casadio. Fatta lettera al comune e alla sovrintendenza.
2006
Portati a Faenza frammenti ceramici per studio. Contatti con prof. Rino Casadio dell’istituto Ballardini (Faenza). A Campo Lomaso realizzata quinta mostra: “Forme belle”38
2007
Ritrovamento documenti atto di matrimonio, provenienti da Rango, del 1599 in latino: “filium mastri Dominici Fenici figuli...”
40
MUSEO SCUOLA RANGO
2008
Testimonianza Sig.a. Rosetta Riccadonna39. Al 1° Convegno Ceramiche di Sfruz40 con Caporilli e prof. Francesco Angelelli
2009
Il cavaliere della mattonella di Rango diventa anche il logo del Museo della Scuola. Realizzato restauro e filmato con Guido Omezzoli: “Integrazione e ricostruzione ceramica rinascimentale proveniente da Rango (ciotola di cm 36)”41
2010
4 settembre a Faenza tenuta relazione “Scarti di lavorazione nella produzione ceramica di Rango” al convegno “La Ceramica d’uso comune Arte Tecnica Funzione”42. Fatta lettera Soprintendenza
2011
11 febbraio ad Arco serata: “Le antiche ceramiche del piccolo borgo di Rango”. Lavori per la nuova Fognatura a Rango. Fatta lettera al comune e alla sovrintendenza. Al Museo della Scuola di Rango realizzata sesta mostra: “Frammenti... di storie”43
2012
A Roncone nella ex Chiesa della Disciplina realizzata settima mostra: “Frammenti... di storie”44
2013
Pubblicato: IORI T., PASQUALI T: “Tre mattonelle da stufa dell'antica fornace di Rango” Judicaria, N°84, pp 26 -38 https://issuu.com/tomasoiori/docs/le_tre_mattonelle_da_stufa_dell_ant/10_
2014
20 febbraio a Bologna consegnati campioni al prof. Luigi Cantelli e al prof. Giorgio Gasparotto per analisi ceramiche e argille di Rango. 27 giugno a Rango serata: "Le ceramiche rinascimentali di Rango e Balbido”
2015
Pubblicato: IORI T., PASQUALI T: “Le ole e le mattonelle da stufa dall'antica fornace di Rango” Judicaria, N°90, pp 21 -35 https://issuu.com/tomasoiori/docs/le_ole_e_le_mattonelle_da_stufa_di_
2016
Preparati alcuni filmati sulla ricostruzione virtuale delle ceramiche45. Al Museo della Scuola di Rango realizzata ottava mostra: “Tesori dalle discariche”46
2017
Individuato nuovo sito ritrovamenti
2018
Preparata presentazione per 3° Convegno Ceramiche Sfruz il 13 settembre la relazione.47
2019
Con sofferenza ed impegno preparo gli atti del Convegno di Sfruz. In agosto altra lettera alla soprintendenza Un appello...
2020
A giugno ancora ritrovamenti vedi: https://youtu.be/WxMhxB_6j2Y
2021
A dicembre escono gli atti del 3°convegno; presentati a San Michele all’Adige https://youtu.be/lWWgxMu45es
2022
Preparati piccoli filmati promozionali: Preparazione nuova locandina e comunicato per i 25 anni dalla scoperta. Vedi:48 Al Museo della Scuola di Rango realizzata 10° mostra:
41
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Fig. 6.1 - Le locandine delle mostre delle ceramiche di Rango
34
Vedi: https://youtu.be/MQzjNFE0Sq0
35
Vedi: https://youtu.be/fBMRrHSKlOE
36
Vedi: https://youtu.be/TgS_8LqgknU
37
Vedi: https://youtu.be/AtpseQ0Ge3M
38
Vedi: https://youtu.be/hSE3HcYYlaQ
36
Vedi: https://youtu.be/qsAgnTxljWM
40
Vedi: https://youtu.be/SWi48gTOTW8
41
Vedi: https://youtu.be/cDQYnGGOBo0
42
Vedi: http://www.archeobologna.beniculturali.it/mostre/faenza_convegno040910.htm
43
Vedi: https://issuu.com/tomasoiori/docs/libretto_mostra_2011
44
Vedi: http://news.giudicarie.com/en/valle-del-chiese/1100-mostra-archeologica-frammenti-di-storie-a-roncone.html
45
Vedi: https://youtu.be/JgYhgPpcQ_Q
46
Vedi: https://www.youtube.com/watch?v=phTT9HOqOts
47
Vedi: https://youtu.be/vjcjI2ycJRg
42
MUSEO SCUOLA RANGO
7IAT TESE E PROPOSTE
> Studio delle argille e dei reperti di Rango per classificarne specificità e datazione. È noto che ogni tipo di argilla si distingue per caratteristiche proprie come un DNA. Allo scopo ho avuto dei contatti con il prof.
Giorgio Gasparotto ed il prof. Luigi Cantelli dell’Università di Bologna che mi hanno fatto delle analisi di alcuni frammenti e di alcuni campioni di argilla locale. Si tratterebbe di continuare lo studio e di estenderlo. (Vedi tabella ) Fig. 7.1
Fig. 7.1 - Tabella analisi di alcuni frammenti ceramici effettuata dall’università di Bologna
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Fig. 7.2 - Lo scavo a Balbido dietro la chiesa di S. Luigi da dove probabilmente arrivavano i primi reperti (1997)
> Stabilire se tutti i reperti sono stati costruiti con materiale locale o se alcuni provenivano da fuori. Si tratterebbe di verificare se tutti i manufatti sono strati eseguiti con argille locali. In particolare, quelli ritrovati nella fase iniziale a Balbido, provenienti dalle adiacenze della chiesetta di S. Luigi. Si ricorda che anticamente proprio Balbido fu patria dei Crosina, autorevole famiglia padovana, esule nel Bleggio. Non è quindi da escludere che i primi ritrovamenti fossero parte di un loro corredo. (provenivano dallo scavo nei pressi dell’antica canonica appunto di Balbido). (Fig.7.2) > Raccogliere informazioni sulla distribuzione di questi manufatti ed eventuali scambi commerciali.
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Ristudiare i ritrovamenti già presenti nelle collezioni e nei Castelli alla luce di questa nuova scoperta. A Malcesine esistono dei reperti con analogie del tutto simili.
> Condividere queste informazioni con altri appassionati. > Ricercare documenti. > Cercare altre storie parallele. Interessare giovani studenti e ricercatori affinché si innamorino di queste storie (tesi di laurea?) > Trovare nuovi volontari per la catalogazione di tutti i reperti ritrovati. I materiali ritrovati sono così abbondanti e diversificati da giustificare e promuovere una scuola per lo studio ed il restauro.
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8ICONSIDERAZIONI Per concludere vorrei presentarvi i miei pensieri. Chi erano questi artigiani? Abbiamo visto sopra che al matrimonio del Mastro Figulus Domenico Fenice nel 1599 erano presenti anche signori provenienti dai dintorni di Ferrara, certo Mazzocco Ferrarensis. Ferrara, famosa nella lavorazione delle argille. Un amico ha riconosciuto in alcuni dei frammenti da me ritrovati una tipica analogia con le ceramiche di Argenta, vicino a Ferrara (vedi foto). Sono certo che questi signori si scambiassero doni, consigli e informazioni. Da dove venivano questi artigiani? Forse qualche garzone proveniente da lontano ha abbandonato il suo lavoro e la sua terra, per non fare concorrenza al suo padrone, forse qui ha trovato l’amore oltre che l’argilla, l’acqua, e il fuoco. Magari proprio dall’Emilia o dal Veneto, regioni ricche di tradizioni e di cultura. Alcuni di noi siamo i loro eredi, abbiamo una genetica da vasai senza nemmeno saperlo. Questa storia mi affascina, questi pezzi ci tendono una mano e ci dimostrano riconoscenza per non averli abbandonati!
Dove hanno imparato le tecniche? Come testimonia l’atto di matrimonio sopra citato, non sono da escludere scambi di conoscenze tra persone che vivono in luoghi lontani. Chi erano gli acquirenti e da dove provenivano? La bellezza e la cura dei materiali ritrovati, fanno supporre che fossero destinati a signori di alto lignaggio, a prelati, a conventi o ad istituzioni religiose. La gente comune di Rango e dintorni non avrebbe potuto permettersi tali oggetti con siffatti decori. Infatti, nelle umili case contadine sovente le suppellettili erano di legno ricavate al tornio. Dove andavano a finire i prodotti? Probabilmente venivano eseguiti su richiesta della committenza. Le tre mattonelle da stufa, il cavaliere, il leone e la semisfera le troviamo a Trento al Castello del Buonconsiglio. A Merano al Castelletto sono presenti le mattonelle ad olle e quelle a semisfera. A Innsbruck in museo è presente il cavaliere, il leone. Riva, Malcesine, Salò, Brescia, Bergamo, ma anche Mantova potevano rappresentare luoghi dove valesse la pena tentare la vendita. Come vivevano gli abitanti di Rango? L’attività della fornace nella sua complessità (reperimento, purificazione, lavorazione, decoro e cottura dell’argilla) richiedeva certamente un numero rilevante di persone. Basta pensare che soltanto per la cottura venivano impiegate almeno cinque persone. Tali materiali richiedevano anche una catena di trasporto e di vendita, inoltre Rango doveva ospitare anche eventuali committenti che periodicamente frequentavano gli ateliê di lavorazione. Quindi è presumibile che quell’ artigianato fosse un’attività prevalente nella Comunità.
Fig. 8.1 - Il frammento analogo a quelli di Argenta (Fe)
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Questi frammenti ceramici raccolti in oltre 25 anni rappresentano una fetta importante della mia esistenza. In ogni caso fin d’ora affermo che tutti i materiali da me salvati sono a disposizione degli studiosi e dei cittadini che vorranno proseguire nella ricerca, per aumentare la conoscenza sulle nostre origini. La Comunità dovrebbe essere orgogliosa di riscoprire una fetta, rimasta per secoli celata, della propria storia. La storia è tutt’altro che finita: Rango conserva, congelate nei suoi muri, preziose
Fig. 8.1 - Un coppo con iscrizione
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reliquie di queste antiche lavorazioni. Ogni volta che questi vengono toccati o manomessi rischiamo di disperdere questi frammenti di storie. «É importante che la gente capisca la propria storia e quanta ricchezza la mancata conoscenza faccia disperdere». Vorrei concludere con un umile messaggio ritrovato inciso su un coppo di cotto, utilizzato come colmo di copertura del tetto, che è stato salvato dalla distruzione. “Se ti a stima go stima di ti”
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36 video su Youtube Le ceramiche rinascimentali di Balbido e Rango Ultimo aggiornamento in data 27 mag 2022
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RINGRAZIAMENTI
Ing. Giorgio Crosina (Balbido) Dott. Luigi Cantelli (Unibo) (Bologna) Dott. Giorgio Gasparotto (Unibo) (Bologna) Prof. Rino Casadio (Faenza) Preside dott. Cav. Rolando Giovannini (Faenza) Sig. Romano Rubbi (Faenza) Sig. Tommasino Gabrielli (Rovigo) Sig. Tullio Pasquali Sig. Ognibene Grazzi Sig. Leano Tosi (Balbido) A tutti i ragazzi che hanno collaborato.
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1997 - 2022 25 ANNI DALLA SCOPERTA DELLE CERAMICHE DI RANGO E BALBIDO