Te s t a t a g i o r n a l i s t i c a
di
Nuove Identità
Mò tu ia dà nu tuzze!* *Adesso ti devo dare una testata!
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Neuro[ni] Anno 0 - N° 0
sp[h]ot
In attesa di registrazione Distrubuzione: Testata giornalistica a distribuzione gratuita presso i punti aderenti al circuito Neuro[ni] e online sul sito www.neuroni.org Cerca Neuro[ni] - Movimento di cervelli su Facebook Direttore responsabile: Alma Sinibaldi Direzione artistica: Tommaso Armenise Redazione: Sts. Acquedotto, 2 - 70125 Bari www.neuroni.org redazione@neuroni.org Per la pubblicità: www.neuroni.org commerciale@neuroni.org Stampa: GRAFICA 080 srl Via dei Gladioli, 6 Z.I. ASI-Lotto F1/F2 70026 Modugno (BA), Italy www.grafica080.com
Per la realizzazione di questo numero si ringraziano: Giovanni Albore, Nicola Amato, Nunzia Antonino, Archivio Fotografico Fotogramma Bari, Auditorium Diocesano Vallisa, Carlo Bruni, Agnese Bruno, Mirella Caldarone, Rocco Capri Chiumarulo, Ippolito Chiarello, Vincenzo Cipriano, Sabrina Cocco, Vittorio Continelli, Rosanna D’Abramo, Stefano D’Attoma, Stefano di Lauro, Angela Evangelista, Roberto Fatiguso, Rosanna Frisone, Anna Garofalo, Anna Giannone, Simona Gonella, Corrado la Grasta, Sergio Leonardi, Francesca Limongelli, Nino Lopez, Mario K. Vendola, Silvana Kuntz, Augusto Masiello, Paolo Mastronardi, Michele Napoletano, Piccolo Teatro di Bari “Eugenio D’Attoma”, Teresa Petruzzelli, Barbara Pizzo, Roberto Ricco, Gabriella Schiavone, Alma Sinibaldi, Michele Sinisi, Teatro Kismet OperA, Nietta Tempesta, Francesco Trafeli, Teresa Vallarella, Sabrina Vendola, Pasquale Vendola. Grafica e concept: www.tommasoilgrafico.it
Volevo semplicemente farvi gli
in maniera chiara e diretta, ma pare che ai giovani di tutto il mondo piacciano scritti così.
Ciao a tutti, sono Anna Garofalo e questo che state leggendo è uno spot.
Andate a teatro. Andate a vedere quello che volete, ma andateci. Altrimenti nessuno di voi è abilitato a lamentarsi delle falle culturali di questa città. E poi, volete mettere la segreta soddisfazione di criticare il lavoro altrui? Sosteniamoci. E stiamo attenti, è una lunga china discendente. Per tutti. Anche per voi. Grazie. Fine spot.
Otto e 34. 25 Dicembre. Tutte le consegne terminate. C’ho i piedi gonfi e mi siedo su una panca mezza ricoperta di neve. Il culo me lo sento subito gelido; a ben interpretare la situazione: bagnato. Sento accanto a me un ronzio da frigorifero e mi accorgo che quell’armadio ghiacciato alla mia destra, è un distributore di bevande. Qualcuno c’ha lasciato nel rendiresto degli spiccioli. Li recupero, li infilo nella fessura delle monete. Ho una piccola indecisione ma premo il pulsante mugugnando: una Coca Cola. Tolgo la linguetta e ne bevo un breve sorso. Poi la lascio cadere sulla neve che pare trasformarsi in uno di quei ghiaccioli a buon mercato che puoi trovare nella drogheria sotto casa. Mi tolgo il giaccone, poi il berretto e infine i pantaloni. Resto nudo. “ohhhhhh... ohhhhhhh...” - esclamo per tranquillizzare le bestie che ormai hanno preso ad agitarsi come se si debba scatenare di qui a poco un terremoto di devastanti dimensioni. Allargo le gambe e prendo posizione scavando la neve con i piedi. Poso la lattina vuota per terra e inizio a pisciare. La faccio tutta. Precisa nella lattina. Poi frugo dentro la sacca e mi piglio il cambio verde pulito e inamidato e me ne vò canticchiando... “...No More Coca Cola!”. Neuro[ni] più che una testata è un tuzzo ad una stasi troppo prolungata. Neuroni impazziti di un tessuto urbano. Unipolari, bipolari, multipolari. Circolo polare. Cerchia. Polo negativo/ polo positivo. Da ghiacciare il sangue. Come un tuzzo, che se ben assestato sul naso, rimescola tutto il contenuto della testa. Rimescoliamo le carte in tavola. Neuro[ni] è una rete. E vuole far rete. Unire, creare impulsi, far crescere la necessità di fermarsi a pensare per poi passare all’azione. Artisti? No. [N]uove [I]dentità che hanno cose da dire, fare... e sono finiti i tempi dei baci, delle lettere e del testamento. Saremo sul web, per le strade, tra le tue conoscenze, dovemenoteloaspetti. Usciremo quando ci pare e piace, ma usciremo allo scoperto. Senza filtri. Un progetto di rivista? No. A me piace pensare ad un movimento di neuroni, appunto. Materia che schizza si scontra, si incontra. Un gruppo di persone legate da un filo invisibile che mettono insieme le proprie forze all’interno di più mezzi di comunicazione. Un giornale online e offline. Perchè sfogliare un giornale online è comodo, veloce ed ha un potenziale immenso: poter arrivare ovunque. Offline quando vale la pena di esserci e perchè credo che ci sia bisogno di avere un grande buon senso per inzozzare uno dei materiali più preziosi al mondo: la carta.
Come diceva un mio caro amico: adesso è giunto il momento di offrire il proprio cuore sopra un vassoio d’argento... attenti a non farci male. Il direttore artistico
inde[x]
Prima che ci portino alla neuro vi diamo una testata.
[04]
Bari Cerca
I Percorsi Teatrali Urbani del Piccolo Teatro di Bari “Eugenio D’Attoma”
[07] Intervista a Stefano di Lauro
Incontro con l’autore di Contr’Odissea - dalle donne di Nessuno
[11]
Mondi d’ottone
Le creature di Sabrina Vendola
[17] Pe[n]ne Infernali
Racconti brevi de leggere a lungo
e ancora...
Di Suoni e di Danze V Gennaio al Kismet Salvate il soldato Pask [03]
te[atri]
Bari Cerca. Per non bruciare in un nuovo rogo. Quello dell’oblio. Autunno 2009, Bari cerca, seconda edizione. La rassegna è al tempo stesso una scommessa e una sfida portata avanti in condizioni assai difficili dal direttore artistico Rocco Capri Chiumarulo e dal Piccolo Teatro di Bari “Eugenio D’Attoma”. Una scommessa contro una “mattanza legale e culturale” che ormai da troppi anni si impone in un panorama che costringe gli altri Teatri alla sfida contro il sistema e contro sé stessi. La rassegna quest’anno corrisponde con la tanto attesa riapertura del Petruzzelli. Sono passati 18 anni di sangue e colpi inferti. Non è un caso forse, che nella tradizione della cabala il sangue giochi proprio diciotto. Diciotto lunghi anni in cui gli altri Teatri hanno continuato. Realtà che hanno dovuto sudare per rimanere a galla, mentre per qualcuno tutto questo ha significato il fatto di perdersi strada facendo. “..Anche il Piccolo Teatro di Bari nel suo piccolo ha dovuto continuare, oltre che voluto, con il dovere di chi si fa carico di difendere con le unghie, oltre il suo, quel palcoscenico mondiale e gli uomini che ci stavano dietro...” - recita la sinos-
si dedicata dal direttore artistico alla rassegna. E in alcuni casi, un dovere non sempre corrisponde ad un piacere, in altri, ad una missione intrisa di sangue e fatica. Ma l’echeggiare di queste sofferenze capita spesso che venga assorbito da sordi muri di palazzo. “...Beethoven, nella Nona Sinfonia, ha continuato a sentirci anche da sordo: ci piace pertanto pensare che quello stesso “Inno alla Gioia” offerto ai nuovi battenti del Politeama barese, risuoni anche per la città tutta, in cui anche un piccolo teatro in trincea continua a ricercare le sue pulsioni, i suoi palpiti, il suo pubblico… Solo una sentita speranza. Per non bruciare ancora in un nuovo rogo. Quello dell’oblìo.” Il direttore artistico Rocco Capri Chiumarulo dunque, scommette su sette teatri refrattari, tra nuove produzioni e rivisitazioni, volti noti e non. Ad aprire è il bravissimo Ippolito Chiarello con lo spettacolo per la regia di Simona Gonella “FANCULOPENSIERO - Stanza 510” tratto dal libro omonimo di Maksim Cristian edito da Feltrinelli. La storia è quella di coloro deci-
dono di non vivere più la vita che stanno vivendo, perchè non è più quello che vogliono. Il contesto è quello di una stanza d’albergo che non c’è. Un posto di frontiera immaginario che l’attore riesce a far vivere dal nulla di uno scarno palcoscenico ed in cui anche l’andarsene a “fan...” non è la più comoda delle uscite di servizio. Ottima prova quella di Chiarello. Seconda settimana: TEATRO DEI CIPIS con “M120XM90 - Spettacolo ad una voce” di e con Corrado la Grasta. Il testo nasce dall’idea di parlare di uno
Ph. Mirella Caldarone
Ippolito Chiarello in “Fanculopensiero - Stanza 510”
dei drammi più impopolari della storia, attraverso lo sport più popolare: il calcio. Spettacolo diviso in quattro quadri di eventi tragicamente avvenuti, ispirati dalle testimonianze dei sopravvissuti all’olocausto. E proprio come in un quadro, l’attore affida ad una forte identità visiva gran parte della narrazione. Una fulminante luce a neon gelida e stomachevole e il giallo atomico che si impadronisce dell’anima morta del metallo. Venti novembre ed è la volta della nuova produzione di Tubbacatubba “NERO PUTTANA”.
[04]
Anna Garofalo e Michele Napoletano in “NERO PUTTANA”
Vittorio Continelli e Michele Sinisi in “SEQUESTRO ALL’ITALIANA” Ph. Mirella Caldarone
Il testo di Teresa Petruzzelli, crudelmente messo in scena da Anna Garofalo e Michele Napoletano, racconta dell’incrocio di tre destini attorno al dramma della tratta di corpi volta a soddisfare la domanda di prostitute da parte di uomini che spesso ignorano i reali meccanismi di questo perverso mercato. A seguire il Teatro Minimo in “SEQUESTRO ALL’ITALIANA” con Vittorio Continelli, Michele Sinisi. Uno spaccato dell’attualità ma senza mettere in scena l’attualità. Bensì, i tipi umani che la fanno scaturire. Doppia prova attoriale dalle molte sfaccettature tutte estremamente convincenti.
Ph. Francesco Trafeli
Segue lo spettacolo di DIAGHILEV “PASSIONI - Diario dei giorni e delle notti” a cura di Carlo Bruni e con Nunzia Antonino e Giuliano De Cesare (banda sonora, tromba). Un gioiello di rara sensibilità e dolcezza in cui la Antonino regala le chiavi del suo mondo fatto di piccole quotidianità e ricordi. Si conclude il 29 dicembre con la produzione del Piccolo Teatro di Bari: “CREUSA” scritto e diretto da Roberto Petruzzelli e interpretato, oltre che dall’autore, da Nietta Tempesta e Giusy Salomone. Il racconto di un provino per l’allestimento di Medea. L’incontro tra l’attrice e il regista svelerà come gli stessi meccanismi di comportamento umano, rilevati e dettagliatamente raccontati da Euripide 2.500 anni fa, si possono riconoscere e rivivere anche in quest’epoca. Per tutte le informazioni visita: www.baricerca.it. T.A.
Corrado La Grasta in “M90xM120”
Ph. Giovanni Albore
Anna Garofalo e Faraualla in “CONTR’ODISSEA”
Ph. Mirella Caldarone
Nunzia Antonino [DIAGHILEV] in “PASSIONI”
Nietta Tempesta in “CREUSA”
Quattro dicembre ed è la volta di TERRAE/FARAUALLA in
“Contr’Odissea - dalle donne di Nessuno” con la regia di Stefano di Lauro. Un’edizione nuova del bellissimo lavoro che dà voce ai silenzi delle donne di Ulisse riunendole in un’epica di parole al femminile.
Ph. Silvana Kuntz [05]
[in]contro
[Ippolito Chiarello] Attore
Corsano [LE], Italy www.ippolitochiarello.it info@ippolitochiarello.it http://www.facebook.com/ ippolitochiarello
Simona Gonella e Ippolito Chiarello, regista e interprete dello spettacolo, parlano di FANCULOPENSIERO. S.G. Nasce dal forte desiderio
di parlare del disagio cui spesso ci si trova a far fronte quando ci sembra di aver perso la capacità di distinguere ciò che realmente si desidera essere e si vuole fare da ciò che, in qualche modo, si fa perché imposto o perché conseguenza di una incapacità di dire i no giusti al momento giusto. É una sorta di imbuto in cui ci si sveglia una mattina e ci si accorge che la nostra vita non ci corrisponde più. Le strategie per uscire dall’imbuto sono molte, non ultima lo stringere i denti ed andare avanti aspettando che passi. Ma cosa accade se questo “pensiero” non basta più, se si vuole agire, se si vuole pronunciare il fatidico “fanculo” e provare a “mettere in scena” un’altra vita
possibile? Nel libro da cui lo spettacolo trae ispirazione, edito da Feltrinelli, il ricco imprenditore croato Maksim Cristan (anche autore del libro stesso) prende un giorno una decisione senza possibilità di ritorno: molla tutto – casa, lavoro, macchina, amici, soldi – e parte in direzione Milano per condurre una vita da “scrittore” di strada. Quella sua scelta ci lascia un romanzo che a me – ma in particolare al protagonista dello spettacolo, l’attore Ippolito Chiarello – ha fatto nascere il desiderio di provare ad usare in teatro le sue intuizioni ed a tradurre in linguaggio drammatico parte dell’esperienza vissuta da Cristan. Fondamentale la collaborazione con il drammaturgo Michele Santeramo che ha dato alla regia e all’attore un forte punto di vista da cui partire: ha collocato cioè l’azione all’interno della camera d’albergo che è stato il primo “rifugio” di Cristan. La regia e l’interpretazione si
sono mosse per vivere questa “stanza 510” come un’invenzione del protagonista che agisce in uno spazio delimitato, costruendo via via sia l’azione che lo spazio per capire, se mai un giorno deciderà anche lui di pronunciare il fatidico “fanculo”, quali sono le emozioni, i dolori, le inevitabili ironie cui andrà incontro. Uno spettacolo che ha il sapore di un esperimento sull’anima, con tratti di commedia e con punte di amarezza e sofferenza e che può esistere grazie alla grande prova di attore di Ippolito Chiarello.
[Nunzia Antonino] Attrice
Bisceglie [BA], Italy nunzia.antonino@email.it
Nunzia Antonino ci racconta PASSIONI. N.A. C’è una bellezza che chiede
d’essere raccontata e una disperazione che invoca giustizia. Così, questa autobiografia, dicendo chi sono, esprime le passioni che mi animano e parte dall’urgenza di raccontare il disagio, per approdare a una promessa di speranza. Con molta parzialità, ho messo insieme ricordi, sapori, paesaggi abitati, incontri sognati e pezzetti
Cos’è il progetto OFF?
rubati agli autori che amo.
I.C. Il progetto poi ha prodotto
Ho confidenza con questo
Fanculopensieroff, che, ove sia possibile, precede lo spettacolo vero e proprio a teatro. Un prologo per strada, nelle piazze o in luoghi non teatrali, compresi anche locali notturni, nel quale lo spettacolo viene venduto a pezzi ai passanti.
bagaglio: confidenza e rispetto. Lo disfo convinta che possa aiutarci a rimettere in gioco il desiderio di stare con gli altri: di dire che oltre lo stretto confine dell’io, c’è un noi che è importante sentire.
[06]
[Stefano di Lauro] Autore/Regista Bari, Italy
www.stefanodilauro.net
Il silenzioso ossigenare di un rosso appena stappato scandisce senza fretta l’incontro con Stefano di Lauro. Spiega la storia del vino che mi offre con fare fascinoso e lascia che sia io ad innamorarmene lentamente. Piano piano sento che non posso far altro che cedere alla lusinga dei vitigni magistralmente conservati in questa bottiglia e a voler fantasticare, sembrerebbe che un diabolico sorso si stia insinuando nel corpo del sottoscritto per opera del mefistofelico oste. Un galantuomo, ecco come appare di Lauro. Un ruvido galantuomo fuori tempo massimo per esserlo e strenuamente legato a qualcosa che sta accadendo in un’altra epoca del passato. O forse che deve ancora accadere in un quantomai misterioso futuro. T.A. A voler insinuare: Stefano di Lauro è un uomo fuori dal tempo? La scrittura e la concezione del tuo lavoro la giudichi out of sync in una ipotetica timeline spazio/temporale della società attuale? S.dL. Se sono fuori dal tempo? Certo, e con un piacere non dissimulato. In ogni caso le cose salienti sono sempre fuori dal tempo. Tranne “l’attuale”, che invece è fuori tempo e quindi “fuori luogo”. Ma chi vuoi che se accorga. Sono quasi tutti narcotizzati. Da sempre intendo. Oggi si incolpa il condominio globale, ma la stupidità non ha limiti spaziotemporali. Dalla concezione antropocentrica all’invenzione delle maiuscole: penso a tutte le efferatezze perpetrate in nome dei cosiddetti “Valori”. La civiltà è di per sé una sciagura perché si fonda sull’ipocrisia. Rispetto a tutto ciò un’indole visionaria e non competitiva non può che tendere a un salvifico isolamento. Magari lenito da occasionali condivisioni. Come in questo momento. T.A. Si legge nella tua biografia che hai una certa vocazione: “fare della vita un capolavoro” - e che - “Importante non è riuscirci, ma prendere le distanze da ciò che sicuramente capolavoro non è. Il resto, naturalmente, è silenzio...” Di sicuro tu appari come più avvezzo a sussurri che richiedono attenzione nell’essere colti che ad urla che fanno di tutto per imporsi. Come giudichi (o interpreti) la tendenza di un cer-
to ambiente culturale più dedito al presenzialismo urlato che non alla silenziosa ricerca del capolavoro? S.dL. Non la giudico. Non più. Ha senso sprecarsi quando sei giovane, quando sei a pieno regime nel sistema. Non è il mio caso. Età a parte, ho fatto scelte diverse e ho smesso da un pezzo di rivendicare l’adozione condivisa del buon senso. Ciascuno sguazzi pure nel letame che più gli aggrada. T.A. A che punto è nel percorso della sua vocazione al “capolavoro”? S.dL. Non lo so, sono stanco. Non di cercare il capolavoro. Sono stanco
e basta. T.A. Contr’Odissea – dalle donne di Nessuno. Se memoria non mi inganna questa è la terza stesura. Ossessione? Ricerca della perfezione? Cosa di nuovo in questa edizione del lavoro? S.dL. La memoria non ti inganna, questo è il terzo allestimento. Nes-
suna ossessione, è capitato e l’ho lasciato capitare. Tutto l’allestimento è nuovo. Trovo che Anna sia sempre più brava, accurata, disponibile a rimettersi in gioco. Merce rara, prosit. T.A. Sono passati molti anni da “Bianca la giostraia” (cfr www. stefanodilauro.net alla pagina regressio) i tuoi occhi oggi come vedono il mondo femminile? S.dL. Permettimi un’autocitazione: conosco abbastanza le donne per
non ostinarmi a credere che la vagina sia qualcosa di più di un semplice muscolo. Ciò nondimeno rispetto alla storia di Bianca non è cambiato molto, nel senso che “diventare l’altro” continua a sembrarmi una giostra bellissima... certo, impraticabile in toto, ma è una premessa che determina una differente qualità dell’approccio conoscitivo. Entrambi dobbiamo andare. Ci diamo la mano e ci salutiamo. La sua è una stretta energica, sicura. Poi prima di allontanarmi dimentico l’ultimo sorso di vino nel bicchiere. Prosit, maestro. T.A. [07]
te[atri] [Rocco Capri Chiumarulo]
Anno nuovo... tutta un’altra Puglia. Anzi, tre.
Attore/Autore
Bari, Italy
chiumarulo@progettoterrae.com
Rocco Capri Chiumarulo, direttore artistico della rassegna, ci parla delle altre Puglie. R.C.C. DI SUONI E DI DANZE, nella sua quinta edizione, fa sponda a quegli ambienti politico-mediatici nei quali, da qualche anno, la nostra regione si chiama laboratorio Puglia. Un’altra Puglia è possibile, facendo quindi il verso al famoso slogan globale? La risposta non può che essere un auspicio, perché un laboratorio è un luogo della ricerca dove, partendo da saperi atavici e da identità specifiche, si provano nuove chimiche e si ricercano nuove compatibilità, assumendosi anche il rischio che si modifichino. Del resto, riprendendo il plurale con cui per decenni si è chiamata questa terra, altre Puglie sono possibili. È il nostro stesso passato a suggerirlo. Ripartendo proprio da quell’antico plurale e facendocene vanto, rilanciamo l’orgoglio di un popolo che deve ripensare la sua storia e riconoscere in quel meticciato talvolta dolorosamente impostoci, una radice e una risorsa. Oggi più che mai occorre impegnarsi per una convivenza secondo ragione e non regolata dalla tolleranza. Tollerare qualcuno o qualcosa è sempre un’anomalia (nella nostra storia un’anomalia cronica); bisognerebbe invece perseguire una nuova una strada. Una strada che faccia a meno di questa concessione portatrice di subordinazione e che porti alla lucida comprensione delle differenze, assimilandole come ineluttabile patrimonio dell’umanità e suo giusto destino. Un’identità sicura di sé si rigenera quando cerca il confronto con altre identità, da cui farsi attraversare senza timori e senza paure, mettendo anche in conto una sua trasformazione. Un’identità si misura con la presa d’atto della sua differenza. Un’identità viva non può temere di essere temuta. Questa edizione della rassegna sceglie proprio in quel solco tre autentici scrigni di tradizioni così tanto eterogenee quanto testimoni di un’estetica musicale ancestrale che ancora riesce a rinnovarsi ogni qualvolta la si suona, canta e balla: tre esempi tanto radicati al passato, ma che proprio nelle rispettive differenze proseguono il presente in un continuo divenire artistico. Tante, molte, altre Puglie. [08]
te[atri]
Al Kismet di scena la danza. A gennaio al Teatro Kismet OperA torna la danza per la quarta edizione di Danza a Bari, rassegna condivisa con Gemma Di Tullio del Teatro Pubblico Pugliese, dal titolo GENERAZIONI. Il fitto programma prende il via con la compagnia di circo contemporaneo australiano, Circa. A seguire si alterneranno giovani realtà e nomi storici della danza. Dai più grandi Giorgio Rossi (qui con Paola Turci), Roberto Castello/Aldes e Antonio Carallo ai più giovani: Simona Bertozzi e i componenti del progetto Brockenhaus, costituito da alcuni giovani danzatori della compagnia di Giorgio Rossi, ma anche attori de La Regina delle Nevi, produzione di grande successo del Kismet. Ancora arriveranno sul palco dell’Opificio per le Arti i giovanissimi selezionati nell’ambito delle giornate finali del premio Giovane Danza d’Autore promosso dal coordinamento Anticorpi, rete di rassegne, festival e residenze creative che ha come suo obiettivo quello di dare visibilità, promozione e mobilità delle giovani compagnie italiane indipendenti. Infine Qualibò, la giovane ma già affermata compagnia pugliese, con una nuova coreografia ideata e danzata dalle due “allieve” del gruppo, Francesca Giglio e Maristella Tanzi.
In alto: La Regina delle Nevi
[Teatro Kismet OperA] Opificio per le arti
Bari, Italy
www.teatrokismet.org
Danza a Bari/GENERAZIONI sab 23/dom 24 gen h 21.00 By the light of stars that are no longer Compagnia Circa
dom 31 gen h 22.30 Re-play Antonio Carallo
ven 29 gen h 21.00 Scene da un matrimonio Aldes/Roberto Castello
sab 6 feb h 21.00 Terrestre Simona Bertozzi
ven 29 gen h 22.00 Anticorpi eXpLo. Tracce di giovane danza d’autore
sab 6 feb h 22.00 Non facciamone una tragedia Progetto Brockenhaus
sab 30 gen h 21.00 Nel disastro Aldes/Roberto Castello
dom 7 feb h 21.00 Cielo Paola Turci e Giorgio Rossi
sab 30 gen h 22.30 (dueperdue)perdue Qualibò
domenica 7 febbraio h 22.00 Anticorpi eXpLo. Tracce di giovane danza d’autore
dom 31 gen h 21.00 Scene da un matrimonio Aldes/Roberto Castello
Scene da un matrimonio Aldes/Roberto Castello
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[in]tervalli [Sabrina Vendola] Pittrice/Artigiana
Terlizzi [BA], Italy
sabra.cadabra1983@libero.it
Mondi legati ad un filo. Entrare nel posto in cui lavora Sabrina, vuol dire entrare in un mondo in cui si incontrano piccoli esseri che apparentemente appaiono inanimati. Può capitare però che non ci si fermi alla superficiale inattività della materia e che si possano iniziare a percepire sussurri di vita. Ci sono echi che arrivano da un angolo e poi ti volti incrociando con lo sguardo degli uomini più simili ad una linea contorta che proiettano la loro esile sagoma sul muro, o dipinti che sfidano la bidimensionalità trascinandoti in spazi inattesi. Sabrina Vendola è nata a Terlizzi dove vive e crea. Le sue creature (perchè di questo si tratta) partono dai materiali più diversi: ottone, ferro, legno, carta, vetro… materia che diventa forma, colori che diventano festa. L’artista anima di leggerezza il fil di ferro e nascono fiori, farfalle, alberi, uomini fluttuanti e donne gravide. Reinventa oggetti del quotidiano, così una grattugia si trasforma in lampada e una biglia appare un gioiello prezioso, la realtà si muta in un gioco di fantasia.
In alto:
[Ottone primo]
Fili di ottone e legno
A destra:
[Ma-terna - parte di trittico]
Filo di ottone [11]
[Rosanna D’Abramo] Pittrice/Designer
Terlizzi [BA], Italy
arte.ros@libero.it www.myspace.com/rosannadabramo
Segreti. Avete mai avuto l’impressione, conoscendo una persona, che questa avesse un segreto? E che questo segreto fosse simile ad una preziosa pianta da giardino dimenticata da tempo sotto delle foglie secche? Rosanna D’Abramo, in arte “Ros” è ed ha in sé quel segreto. L’ho conosciuta in un momento in cui, come capita a molti, aveva sospeso di dar vita alle sue opere; di annaffiare la sua pianta da giardino. Ma ci sono terreni in cui le piante preziose non muoiono mai e anche molto tempo dopo, offrono linfa vitale a chi ne è ospite. Rosanna ha una personalità poliedrica. Estremamente imprevedibile. Seguirla è un salto temporale continuo avanti e indietro, in cui solo lei conosce la velocità di crociera e dove esattamente ci si trova in quell’istante. Negli anni ha sviluppato uno stile personalissimo, avulso da contaminazioni esterne, ma profondamente legato alla sua interiorità. I suoi lavori si caratterizzano per l’uso di colori vivi e pulsanti, mentre la tela è un campo di battaglia su cui si schierano eserciti di tecniche diverse: dalla pasta modellante che abilmente piega e lavora con le mani, spatola e pennelli, all’impiego di acrilici, malte, paste sabbiose, spray dai colori metallizzati e glitterati. Restare qualche minuto a guardare uno dei suoi lavori, significa compenetrarsi con il mondo che lo ha creato. Un processo creativo che è stato specchio della sua sfera emozionale, lontano dall’essere pensato e mentalmente costruito. Un viaggio che non manca di sfociare in territori lontani in cui risuonano appassionate sonorità etniche, al fine trasposte in gran parte delle sue opere. Tra i suoi interessi artistici, anche la lavorazione del cernit, tessuti, ceramica, vetro e legno, oltre che il design d’arredamento di interni. Tante, nel corso degli anni, le partecipazioni a mostre e manifestazioni artistiche che, testimoniando un’attività fervente ed instancabile, l’hanno fatta sempre più apprezzare al pubblico appassionato d’arte. Manifestazioni ed esposizioni 2009 “Percorsi d’Arte 2009”, “Arte Donna 2009”, una bellissima esposizione durante la sesta edizione di “Argo Jazz”. In alto:
[Incontri d’amicizia] Materico su tela cm 100x50
A sinistra:
[Silenzio notturno] Materico su tela cm 70x100 [12]
[Roberto Fatiguso] Pittore/Attore
Acquaviva delle Fonti [BA], Italy robyfati@libero.it
Pomeriggio di provincia. Immaginate quelle piccole realtà di provincia dove la luce ha ancora dieci anni di meno. Dove gli azzurri hanno una saturazione che può farti sperare nel futuro e i verdi possono ancora vibrare sotto i raggi del sole e gli schiaffi del vento. Dove un professore dopo aver trasmesso ai propri ragazzi la sua esperienza, trascorre i suoi pomeriggi dedicandoli alle sue passioni. Fatiguso nasce a Sesto S. Giovanni (MI). Inizia a dipingere da autodidatta, ma subito dopo frequenta per 5 anni un laboratorio artistico in cui affina l’uso della tecnica ad olio, della matita, del carboncino e dei gessetti. La sperimentazione lo spinge a cimentarsi con vari stili pittorici, preferendo comunque lavori simbolisti, cubisti, impressionisti ed espressionisti. Contemporaneamente sperimenta la tecnica in acrilico. La pittura dell’artista Roberto G. Fatiguso, svela una costante e maniacale ricerca di “...ritmo serrato ed equilibrato tracciato che valorizzano un linguaggio mai fine a se stesso, interpretato con autonomia ed intenso lirismo...” (Malì) In alto:
[Maternità]
Acrilico su tela cm 70x100
A sinistra:
[Paesaggio con lago] Acrilico su tela cm 80x100
[13]
A sinistra:
[Sensi blu] acrilici su tela cm100x77
[Agnese Bruno] Pittrice/Grafica
Andria [BA], Italy
www.equilibriarte.org/ agnesebruno
Le donne di Agnese. Appena ti soffermi davanti alle donne di Agnese Bruno, sembra che una chitarra inizi a piangere dolcemente nelle tue orecchie.
sempre ben demarcato e riconoscibile. Sperimenta tecniche e nuovi elementi da scomporre, creare e assemblare.
conseguendo il Diploma di Master in Counseling Espressivo e ArteTerapia all’ASPIC di Roma.
Le sue opere sono da leggere. Sono racconti istantanei di donne che mostrano il proprio corpo con malizia e geometria. Già, perchè quello che colpisce, è proprio l’armonia sinuosa dei corpi che è capace di lasciarsi raccontare dalle linee grafiche spigolose e nette. Agnese ha uno stile che fonde diversi linguaggi ma che si muove su un limite stilistico
Diploma Artistico con specializzazione in arte dei metalli e oreficeria. Opera nel campo della grafica, della moda e della comunicazione.
Attualmente, nel suo laboratorio espressivo, applica arte e creatività alla comunicazione, con l’obiettivo di coniugare componente artistica ed espressioni figurative.
Affianca a queste attività la passione per l’arte e la pittura, profondamente affascinata dall’utilizzo terapeutico di questa disciplina. Approfondisce la conoscenza dell’Arte in psicologia,
Una scelta che nasce dalla volontà di applicare l’arte non solo alla professione, ma anche alla vita quotidiana, con la convinzione che essa completi e migliori l’arte del vivere.
Sopra:
[Sensi 1]
ecoline e acquerelli 210x300
A sinistra:
[Arco d’amore] acrilici su tela cm100x45 [14]
pe[n]ne infernali [Anna Garofalo]
Storia piatta.
Attrice/Autrice
Bari, Italy
anngarofalo@virgilio.it
Sono solo note. Note che pizzicano in gola. Note che sono un respiro involontario. Una storia che mischia nei colori la gente, che non ricorda chi ha iniziato e perché. La musica si nutre di sé e ama solo sé. È una strana storia e comincia con un accordo marginale. É un fatto che inizia in una giornata ordinaria, neanche di sole o di pioggia, anche se le storie afflitte sono tutte un po’ umide e muffose. Anzi, era sera… Scavalcando un guard-rail, lei si stracciò le calze. Lui, da un’altra parte, cercava di ubriacarsi ad un bancone di legno con una chitarra sospesa sulla testa e dei girasoli finti e un po’ vergognosi di quella plastica ostinatamente gialla. Un uomo parecchio grosso, cibava il suo fegato di grassi insaturi pescando in una pozza di salsa rosata con intorno una ciotolina intanto che il suo piloro gridava (e non s’è mai capito a che servisse il piloro, che di per sé sembra un cibo messicano… piloro e tacos!). Ennesima birra. In quel mentre, che fa molto olivetti 32, lei era sempre vicina a quello stramaledetto guard-rail. E se qualcuno si domandasse che ci facesse vicino a quel ferraccio taglia - strada - calze, risponderei che la nuova macchina si era fermata nella nuova strada senza nuova benzina. Verde. Come il completo appena messo: carino, costoso un po’, molto femminile. Cellulari non ce ne sono in questa storia, che non ha onde. Né elettromagnetiche, né marine. È una storia a calma piatta. Calma. Devo stare calma. Lui mi aspetta già da mezzora. Dove sono non lo so. Io mi perdo pure in casa mia. Se ne sarà andato… se mi fossi schiantata, almeno la soddisfazione di vedere la sua faccia domani spalmata sulla cronaca nera! No. Danni: 15 euro di autoreggenti 20 den in filo di seta con disegno sul malleolo… quanto siamo cretine! Pattuglia. Caramba. Buonasera, problemi? Buonasera no, nessun problema. A parte le calze che già basterebbero perché se non lo sapete stamattina mi hanno sbattuta fuori dalla società che io avevo creato dal nulla di questa città senza speranza di futuro per chiunque voglia non dico vivere ma sopravvivere e siccome le disgrazie hanno il pessimo vizio di andare sempre accoppiate beate loro quel porco del mio fidanzato mi ha confessato anzi l’ho scoperto che ha una tipa neanche tanto bella che fa la gatta morta e gli uomini scusate sono deboli da schifo ma noi di più già che stasera dovevamo vederci per parlare in fondo è meglio che la macchina si sia fermata cosa vuoi dire a uno di cui non ti potrai più fidare sono cretina cretina cretina e a proposito… mi dite dove sono? Quattro occhi, due azzurri e due marroni, la guardarono muti senza sapere se chiederle i documenti o un certificato di sana e robusta costituzione mentale. La lasciarono in quel locale coi girasoli giallo-plastica, poco lontano da lì, con un bah! stampato sulle divise d’ordinanza. Il locale non era quel locale del porco-gatta morta e lui non era quel lui ma sempre quel lui che cercava di ubriacarsi con la chitarra in testa che magari cade mi uccide poi voglio vedere la faccia della stronza quando domani mi vede spalmato sulla cronaca nera! Le storie piatte hanno sempre forti similitudini… [15]
Buonasera signorina, posso esserle utile? …qual è la cosa più tossica che avete in questo posto? …quel signore grosso al bancone. …okay. Allora o me lo fate a pezzi o mi date una doppio malto e qualsiasi cosa di fritto nello strutto. I barman sono selezionati da una etnia scelta, caratterizzata da lunghi millenni di intuizione, discrezione, tatto e cocktail da leggenda. Le servì una doppio malto potenziata di Jack Daniel’s. Servì. Servì a farla sprofondare sul divanetto sembroverapelle. Accavallò le gambe. Non male. Belle. Almeno depilate… Me le tolgo queste calze jellate… Ma tanto non si vedono da sotto il tavolino... Hai le calze sfilate, forse questo legno… Sono completamente stracciate, comunque scusa, ma non è serata… E questo sarebbe bastato per chiudere qualunque trama ad un punto di non ritorno. Ma un buon malto fermentato in quantità da coma etilico, prese le veci dell’apparato fonatorio e rispose: mi chiamo Regolo e se i nomi hanno un karma, io non sono nell’elenco. Ti offro un altro giro di birra e qualche chiacchiera. Ma se vuoi mi dai la metà. Della birra e della chiacchiera. E si sedette al tavolino non invitato ma molto convinto. L’uomo grosso intinto di salsa barrì qualcosa alla cameriera. In fondo a sinistra… Le cameriere sanno sempre quanto liquido può trattenere una vescica. Mi chiamo Alberta. Ma che canzone è questa? Bellissima e disperata come me… no, solo disperata come me… mi sono stancata, sono stanca di essere stanca. Voglio essere un oggetto che uno lo prende, lo spolvera, gli cambia posto… ecco, quella chitarra lì sopra. Che problemi ha? Esiste. Magari si scorda… Io voglio scordare… tu che vuoi essere? Un sottobicchiere. Per sentire le storie delle persone… ti va di parlare? No… Altro punto di non ritorno. Io lavo i cani (risata a seguire di lei, leggermente maltata). Davvero… è il mio mestiere… tutto quello che ho bevuto finora, vale un cocker spaniel completo ed una pettinata di maltese. Senza contare il rischiomorsicatura dei cani di piccola taglia. Hai presente quando ti addenta un piraña?… No. Ecco, esattamente così… un dolore che ti arriva al cervello. Io amo i cani, Alberta, non fraintendermi… ma quando ti morsicano capisci i loro padroni… (…ora io non so il porco che sta facendo ma di sicuro sarà nel suo doppiopetto a far finta di soffrire per avermi persa per sempre chiamerà la gatta morta perché la sua storia prevede il cellulare - e lei lo raggiungerà anche se stava già in pigiama e mai sarebbe uscita anzi gli porterà la maglietta scelta pensando guarda caso a lui nel suo ultimo viaggio in Spagna e che lui metterà peccato che il porco non usa t-shirt e a proposito di animali... ma che nome è Regolo?...) …ma quando ti morsicano, capisci i loro padroni. Ti spiego… Stop. Intermezzo musicale. La musica è bastarda. È un’arte subdola che si introduce tuo malgrado perché una corporazione di note decide di tracimarti nella testa. Striscia viscida e scivola nel posto che più le piace. Salato. Evidente. Debole. Umido. Re minore… …ti sta colando il rimmel… …no, sarà il fumo… …veramente nessuno sta fumando… Signorina, in fondo a sinistra. Le cameriere sanno sempre quando il rimmel cola alle soglie del dramma. Lei in bagno finalmente offrì agli dèi del cestino il suo tributo di calze massacrate da una serata sbagliata. Delle due righe di nerocolato ebbe pietà un foglio di carta igienica. Un po’ oscillante come una goletta alle Bocche di Bonifacio, governò la prua sino al tavolo. Attraccò. Regolo. Ma che nome è, Regolo?... La proboscide del pachiderma guadagnò un fondo di bionda e trangugiò l’uscita (a quest’ora, aveva le idee un po’ confuse). Buonanotte… disse la cameriera che sapeva sempre cosa dire. …scusami. Ridimmi un po’ la storia dei cani che mordono... …eh, capisci un sacco di cose… I dieci minuti e ventisette secondi a seguire, furono un concentrato di padroni che ammorbano i cani e di cani nauseati dai padroni. E di una [16]
ferita che Regolo esibiva come inconfutabile prova della sua apologia animale. Nel completino verde lei ebbe un sussulto, che solo la chitarra recepì. Avete mai fatto caso che tutte le situazioni negative della gente, vengono battezzate coi peggiorativi del mondo animale? Fra il porco, la gatta morta, il pachiderma, la musica bastarda, quel cane che la suona e quella zecca di Regolo, lei chiuse in un recinto tutto il suo sconforto e aprì la pesante cancellata della buona educazione. Franò in un roboante rutto che recapitò al discreto locale la rabbia, l’impotenza, la noia, i soldi, le calze e parecchi gradi alcolici. Silenzio. Un tacet da partitura musicale si fermò a mezz’aria. Sospeso il barista con lo shaker su una spalla. Sospesa la cameriera che eccezionalmente non sapeva cosa dire. Sospeso il chitarrista su un accordo che non venne. Sospesi tre signori ad un tavolo con un menu in mano. Salute, disse Regolo. Finalmente un sospiro dell’anima! E lo shaker shakerò, la cameriera camerierò, il chitarrista chitarrò e il menu menò. Fuori dal Mouse Pub, l’insegna color blu neon sussultava sotto la pioggia. Il pastore maremmano pressoché puro del garage accanto, schiacciò il suo tartufo sul vetro dell’entrata. Odore di arrosto e di… Risate. Di una cosa strana che usciva da un buco con delle corde intorno e un tipo che le pestava. Di una strana che ballava sul tavolo. Senza calze. Strano! Con questo freddo! Rabbrividì, e andò ad accucciarsi sotto una Volvo calda appena parcheggiata. …grazie, Regolo. È stata una… bella, non so… ma di sicuro è stata una serata importante. Io non ti ho chiesto niente… perché sei qui da solo a parlare di cani… la tua donna dov’è? …chi, la stronza?… …suppongo di si… …la stronza ha fatto un sacco di stronzate con uno più stronzo di me, ma siccome alla fine uno non può campare da stronzo tutta la vita, ho detto alla stronza di continuare a stronzare lontano da me… sono uno stronzo? …non credo… …bene. Io vado. Stanotte vomiterò tutto il cocker spaniel e i peli del maltese. Domani alle otto mi aspettano un alano e tre golden retrivier. Hai presente? I cuccioli della carta igienica…. …ho presente la carta igienica! Beh… ciao, Alberta. E’ stato un piacere. Anzi scusa… ma che nome è Alberta?… Di mia nonna… Disse lei con la memoria impregnata di una vecchia che non aveva mai visto in piedi e che mostrava di nascosto le sue ferite ai nipoti impressionati. Hai bisogno di un passaggio? No, grazie. Disse pentendosi immediatamente ripensando al guard-rail. Ti lascio il mio numero?… No, grazie… disse non pentendosi affatto… Non farti mordere… Se parli dei cani, poi passa… ciao. Ah… balli benissimo! E questa, è l’ultima bugia della serata. Sola, con due dita di birra nel bicchiere, lei si guardò intorno. Il chitarrista smontava l’impianto con uno sbadiglio stampato sulla faccia. Il barman lavava i bicchieri con insolita delicatezza. Tintinnavano appena, stanchi di tutte quelle labbra soddisfatte. Una sola domanda si fece largo fra le briciole del tavolo… Prendo un’altra birra?… L’epica intuizione del barman, lo indusse a spegnere l’insegna. Per favore, potrei chiamare un taxi?… Il telefono è fuori servizio… risposero i bicchieri che sgocciolavano sul bancone. La chitarra appesa, confermò. Le do uno strappo io… Disse la cameriera che sapeva sempre quando una storia sta per finire… mi dia il tempo di cambiarmi, ho la macchina qui fuori. Grazie… Disse lei, pagando almeno due cocker spaniel e tre maltesi. Un’auto con due donne, di cui una sapeva perfettamente dove andare, si allontanò sotto la pioggia. I girasoli giallo plastica quella notte, ma solo quella notte, si richiusero aspettando il sole.
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pe[n]ne infernali [Mario K. Vendola] Operaio pulp
Terlizzi [BA], Italy
m.k.vendola@hotmail.it
Emicrania. Credevo fosse andato tutto per il meglio. Mi feci prestare una Renault Clio da un mio amico perchè la mia auto non è altro che un rottame vergognoso. Cristina rideva, mostrando tutti i suoi denti perfetti, quando mi proponevo di far ridere. L’ho vista riflessiva su alcune mie considerazioni ed ha gradito alcuni miei gesti da galateo: “io adesso ti apro lo sportello, però dopo tu mi apri le gambe...” - avevo pensato scherzosamente.
Cristina lascia squillare un po’ di volte poi chiude e fa cadere la linea.
Quando l’ho riaccompagnata nella sua lussuosa dimora l’ho baciata e prima di rientrare m’ha detto: “Ci vediamo presto, allora!”.
Parafrasando uno striscione dedicato al presidente del Bari mi lascio sfuggire dalla bocca: “Costruisci palazzi e distruggi sogni”. Un passante si volta di scatto per guardarmi.
“Lo ha detto! Voi siete testimoni!” Avevo una Jeep e una Mercedes S600 alla mia destra e una Ferrari alla mia sinistra. I miei testimoni. Lei ha sorriso ancora una volta. Quei bolidi erano roba sua. Quella famiglia nei quattrini c’era immersa fino al collo: il padre costruttore, la madre medico chirurgo. In questo giorno, è la mia quinta telefonata di fila.
“Perchè stai facendo questo?...” - penso molto seriamente. Scrivo un messaggio: CI VEDIAMO TRA MEZZ’ORA AL BAR DEL CORSO. Cristina non mi risponde, io però ci vado lo stesso e aspetto un’infinità di tempo.
Tanta è la voglia di passare un po’ di tempo con lei che prendo il mio catorcio e mi dirigo sul lungomare delle lucciole, cercando qualcuna che possa in qualche maniera assomigliarle. Chissà che non capiti. Chiamo ancora Cristina, si attiva la sua segreteria del cazzo... “Vodafone...” Guardo una che un po’ la ricorda, ha soltanto il naso più grosso e i capelli più lunghi (gli occhi e la bocca però son identici), io mi fermo e lei mi sorride con tutti i suoi denti guasti. Nel frattempo compongo nuovamente il numero di Cristina, con una forte emicrania venutami forse per lo stress. “Vieni! Vieni bello che ci divertiamo!” “Ok, Cristina, allora chi di cellulare ferisce di cellulare perisce”. “Ma che cos’è che dici?” L’antenna è alzata, gliela ficco in un occhio e spingo finchè non vedo la povera meretrice accasciarsi a terra. Tutti i cellulari hanno un unico tasto rosso, quello della chiusura, ma se codesto aggeggio viene usato in malo modo, per così dire, accade che anche gli altri tasti unoduetrequattro si tingano di rosso. Sangue. Guardo la reazione delle sue colleghe. Prima c’erano e adesso no. Posso finire l’opera quindi. Cos’è questa sensazione di smarrimento che tutt’a un tratto m’assale? Qui nel pieno centro della città. Mi caccio dentro il primo pertugio che trovo: ovunque commesse con un cartellino in petto. “La vita fa schifo”, confido a bassa voce ad una di loro. “La vita è uno schifo, di Leo Malet, in alto su quello scaffale giovanotto”.
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sound[trek] [Tommaso Armenise] Grafico Pubblicitario/Storyteller
Bari, Italy
www.tommasoilgrafico.it tommaso.armenise@tommasoilgrafico.it http://www.facebook.com/tommaso armenise
Tom vs. Rabbit Ground control to major Tom... La strada è bagnata. Frigge sotto le ruote. Sto tornando a casa. I giochi di luce sull’asfalto non mi divertono, non hanno nulla di ludico. Risultano ipnotici. Mi hanno incantato per tutta la sera e per due volte ho rischiato una sodomia meccanica senza orgasmo e da pagare a caro prezzo. Take your protein pills and put your helmet on... Più che altro il guerriero se ne torna alla sua amata dimora del cazzo e non ha più voglia di ingerire nulla... di solido. Impugno il collo di una bottiglia come una spada pronta a fendere tra un esercito di parole da mandare a morte. Ho tirato il freno a mano prima di pacheggiare e la macchina si è messa a sobbalzare suggerendomi che sarebbe meglio vomitare prima di tirare giù un altro sorso. Improvvisamente avevo tutto chiaro in mente: scriverle qualcosa. Voglia irrefrenabile di pigiare tasti. “Che differenza c’è tra quelli bianchi e neri di un pianoforte e quelli neri e bianchi di una tastiera? ...Lettere! E allora batterò le lettere di una canzone grigia. Una di quelle cose che sta nel mezzo di una terra di confine tra il bene e il male. E te la dedicherò...”. Ground control to major Tom... L’abitacolo è fumoso. Una sorta di narghilè su quattro ruote, ed io a crogiolarmi nel mezzo come un bruco in una mela. Continuo ad ascoltare questa maledetta canzone. “Non ci sono, cazzo! Non lo avete ancora capito che ci ho lasciato una quantità allucinante di neuroni in quelle birre? Torre di controllo dei miei stivali. Anzi, dei miei anfibi. Sto qui che sono più liquido che sangue: questione di coerenza.” Check ignition and may gods love be with you... “Seh!... Siete tutti dei pezzi di merda. Che volete? Che cazzo volete? Mi avete spedito così in alto che ora le mie urla ci metteranno anni luce per essere ascoltate. E tu? Tu, dove cazzo sei? Hai chiesto parole e te le ho date. Hai rubato sguardi ed ho fatto finta di nulla. Finchè un giorno sei traboccata fuori dal tuo cazzo di contenitore (esteticamente perfetto, per carità) incapace di assorbire qualsiasi emozione e mi hai trascinato con te. Vaffanculo. V A F F A N C U L O. A letto senza canzone stasera.” ...And the papers want to know whose shirts you wear... “Ho voglia di prepararti una scatola con le foto di questa giornata. Chiederti: Vuoi vedere le foto? Ti dovrebbe interessare, no? Una di quelle cose che si farebbe intimamente a tarda notte mentre il respiro diventa lento e affannoso: la condivisione delle impressioni di una lunga giornata. Si. Credo che ti possa interessare il contenuto della scatola. Al massimo quando avrai finito di guardare le foto il fondo farà boom.” ...And I’m floating in a most peculiar way... 1) Il mio gatto strizza gli occhi di fronte a me e miagola dolcemente “Buongiorno”; 2) Devo pulire la cucina; 3) Loop della solita traccia cd (oggi 13 volte consecutive); 4) La mia gatta mi segue mentre mi ritiro in bagno; 5) Strada di campagna desolata dietro casa mia. Sole fintamente estivo subito smascherato; 6) Ritorno a casa con la pioggia. Mi addormento dolcemente con suadenti rivoli d’ac[19]
qua che cascano fuori dalla finestra della camera da letto; 7) Caffè alle 19. Mi sento bohemien; 8) Al buio di un teatro con un ghigno complice; 9) birra... birre... 10) Una sola persona in penombra davanti al carrozzone degli hot dog. Forse Jimmy che chiede patatine con l’aceto. Mentre sono a pochi metri da casa e a molte ore dalla fine dell’emicrania. E poi eccomi... Polaroid a sviluppo istantaneo: Ground control to major Tom... La strada è bagnata, la strada frigge sotto le ruote, l’abitacolo è fumoso... e blà blà blà. Ad’un tratto l’asfalto si spegne. Diviene monocromatico. Nero pesto che si mischia col cielo. La strada è deserta e illuminata solo dai fari della mia auto. So bene dove sono; dove mi sono portato. Riconosco la casa di mia madre. Quella dei primi anni della mia vita. Un viale da percorrere a piedi, al buio. Solo con la luce della luna. Una luce che non ti permette di sapere se dietro l’albero si è nascosto l’uomo nero e devi illuminare la tua mente facendoti coraggio. Lassù vedo accesa la lampada nella mia stanza. Quella delle malattie dell’infanzia: le grandi febbri. Vorrei salirci, ma ho improvvisamente paura che il solo mettere piede lì dentro, mi faccia ricordare il sapore acre di quelle pillole che mi dava e che non facevano nessun effetto. La sento nella mia testa. Impossessarsi della mia immaginazione e delle visioni che riesce a produrre. Sono daccapo dentro quella stanza a dormire con il coniglietto di peluche che ogni tanto di notte mi parlava. Proprio come fanno adesso gli alberi. Tutto è rimasto come allora. I corridoi rossi, le candele ancora tutte accese. I quadri che dipingevo per trascorrere le ore lunghissime delle degenze. Dalla finestra della stanza potevo vedere le altre galassie o vicoli sconosciuti in cui assassini e stupratori erano nascosti dentro ogni ombra. Mi sono fatto coraggio. Sono sceso dal letto. Una mano mi ha afferrato la gamba destra, ma io l’ho scacciata. Sono uscito dalla stanza e sono sceso al piano di sotto senza far scricchiolare il vecchio legno polveroso della scala. La cucina. Il tavolaccio bianco. Il mio coniglio di peluche mi ha indicato quale tra i due cassetti fosse quello giusto: “Cassetto che vince, cassetto che perde! Un cassetto ti fa diventare più grande, uno ti rimpicciolisce.” Ho aperto quello con il coltello. Lui mi ha sorriso solo con un movimento dei suoi occhi rossi e luminosi. Ho capito che era quello giusto. Ho sentito la musica della mia auto da lontano. Si mischiava ai rumori dei ghiri nel bosco. Manco fosse anch’essa un animale, feroce si è messa a ruggire con la ciclicità dei grilli nei campi di grano. Can you hear me, major Tom? Can you hear me, major Tom? Can you hear me, major Tom? Can you... Il coniglio si è staccato la testa buttandola sul pavimento a quadri neri e bianchi della cucina. Intanto il suo corpo dissociato percorreva velocemente la scala. L’ho seguito salendo daccapo la rampa con una nuova canzone nella testa. …And the red queen’s off with her head… Sono all’ultimo gradino. …Remember what the dormouse said… Apro la porta della stanza e vedo la mia ombra appuntita terminare proprio in cima alla testata del suo letto. …Feed your head… Lei dorme. …Feed your head… Io no. …Feed your head… Il coniglio non lo vedo più. Forse un coniglio è difficile da riconoscere senza orecchie. …Feed your head… Lo trovo ad aspettarmi davanti alla porta della mia camera. Mi indica la via. …Feed your head… Mi spalanca la porta ed io sono a letto. Ad aspettarmi. Proietto la mia ombra appuntita proprio in cima alla testata del mio letto. Di preciso sulla mia testa poggiata al cuscino. …Feed your head… Mi chiedo: “Can you hear me, major Tom?...” Da dentro il letto mi rispondo: “Feed your Head”.
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res[cue]
Cronache dalle nebbie. Per la liberazione di tutti i figli del sud costretti ancora oggi ad emigrare alla ricerca di un impiego. Affinchè possano tornare presto per riassaporare polpi crudi, caffè e gazzosa, arancini... Vuoi salvare un nostro fratello? Caro soldato Pask, ti ho conosciuto all’Università. Ho subito pensato che fossi una bellissima persona. Siamo diventati molto amici perchè eri uno di quelli nei confronti dei quali mi vengono subito meno le sovrastrutture (del cazzo). Eri uno di quelli che saltava fuori da quella informe massa di fighettini da corridoio di facoltà. Una bella testa - come piace dire a me. Non ti sei mai limitato alla preparazione accademica, ma spinto da una grande curiosità, hai sempre avuto voglia di accrescere la tua cultura. Mai ostentata, sempre condivisa. Alcuni dicevano di te: “ha davvero una cultura immensa”. Ed è vero! Poi finiti gli studi ti sei sbattuto un bel po’ di precariato (ma pare che questa generazione debba sguazzarci) e poi un giorno: “mi sto trasferendo al nord”. Niente più birre il venerdì, niente più suonate insieme, niente più... Bisogna accontentarsi di quel paio di volte all’anno in cui scendi o di qualche telefonata. Io credo che non sia giusto. Oh, magari è utopia, ma io voglio indietro il mio soldato Pask. Sogno che in un giorno non molto lontano apparirai luminoso e scenderai dalla costellazione del Grande Carrello. Quel giorno lo svuoterai e dirai “Affanculo il carrello pieno con soli xyz euro!...”. Regalerai una banconota da 20 al primo magazziniere appassionato dei Talking Heads e poco dopo sentirò il citofono che suona... come ai vecchi tempi. Abbracci sudisti. Tuo fratello. 7 dicembre 2009 ore 2.23 [E - mail]
[Pasquale Vendola] Nato a Terlizzi [BA], Italy pasquale.vendola@alice.it
Attualmente sequestrato vicino Verona. Vive a sprazzi tra S.Donà di Piave e Bari. Titoli di Studio
1996 Maturità scientifica 2001 Diploma Universitario in Marketing e Comunicazione d’Azienda conseguito presso l’Università degli Studi di Bari - Facoltà di Economia con votazione di 110 2001 Corso professionalizzante in Economia e Comunicazione d’impresa presso l’IFOA
Posizione militare
Caro amico mio, come cantavamo una volta?... mi sono sviluppato abbastanza non ne posso più/mi sono sviluppato anche troppo anche di più/ma tu cosa mi dai?... Sono appena tornato e vorrei un poco di focaccia calda e una peroni gelata, meno produttività e qualche amico in più e scoprire di essere un po’ meno solo. Sono giunto a definirmi e sai che non lo avrei mai fatto. A sentirmi l’ingranaggio di una definizione... Definizione: soggetto economico che entra in relazione con gli altri soggetti economici nell’ambito delle vigenti leggi di mercato e di libero scambio. Lavoro=denaro=soddisfazione di desideri=+desideri=+lavoro TOTALE: - vita La mia esistenza non è che una prestazione salariata a tempo pieno finalizzata all’acquisizione di mezzi destinati ad alimentare i consumi grazie ai quali avere l’illusione sentirsi vivi... Ad aggravare la situazione, l’assenza del mare. Oggi facevo una riflessione resto basito davanti alla quantità di alcol che ingurgitiamo. Ma poi quasi quasi giustifico e mi dico: “Cosa dovremmo farne del denaro guadagnato nel così poco tempo restante se non investirlo in stordimento?...” Lavoro=denaro=desideri Da “laborare” che significa soffrire. La cultura della sofferenza, però senza salvezza. L’aria ferma lontana dal mare senza vento impone la cultura del lavoro. Amico mio, come cantavamo una volta?... tu menti/tu menti/tu menti/conosco chi conosci /so dove vai/ti sei preso in giro/ti sei rovinato/ti hanno fottuto/fregato/fregato/eri così carino/eri così carino/ pigro di testa/e ben vestito... Saluti dal fiume sacro alla patria. Pask. P.s. in questo momento la mia colonna sonora è Jimi Hendrix – Machine gun, e tu? 9 dicembre 2009 ore 3.54 [E - mail]
assolta
Esperienze lavorative 2000 - 2001 ricercatore Internet e correttore di bozze
2002 - 2004
operatore front-office dell’URP-Informagiovani presso l’Ufficio Relazioni con il Pubblico del Comune di Bari. Addetto all’aggiornamento del sito internet e delle pagine Televideo del Comune di Bari
2004 - 2009
presso l’azienda LIDL Italia srl con sede ad Arcole (VR) con le mansioni di Responsabile Entrata Merci (dal febbraio 2005 al maggio 2006), addetto ufficio Revisione Magazzini (dal giugno al novembre 2006) e coordinatore Ufficio Organizzazione (dal dicembre 2006 al gennaio 2008), assistente Ufficio Magazzini (dal febbraio 2008) [21]
sc[atti] [Nicola Amato] Fotografo
Bari, Italy
fotogramma.bari@tiscali.it
Nato a Bari nel 1958, è fotografo dal 1978 ed esercita la professione presso lo studio Archivio Fotografico Fotogramma di Bari (insieme a Sergio Leonardi). Collabora con case editrici nazionali ed estere con produzione di servizi fotografici a tema e fornitura d’immagini d’archivio. Dal 1982 al 2008 ha partecipato a diverse mostre, sia con immagini di documentazione del territorio che con reportage d’impronta paesaggistica; da segnalare la partecipazione al Festival Mediterraneo della Cultu-
ra Giovanile di Barcellona nel 1987. Nell’ambito della catalogazione dei beni culturali, collabora fin dall’inizio della sua attività, con le Soprintendenze Archeologiche, Archiviste e Architettoniche della Puglia, realizzando diverse pubblicazioni dell’argomento. Tra le ultime pubblicazioni, un volume sui fari d’Italia (Edizioni Laterza e Marina Militare) con cui vince il Premio Sanremo 2006, Ulivi di Puglia, Grano di Puglia (Adda Editore); alcuni servizi sul National Geographic e riviste specializzate.
Socio e promotore di iniziative culturali con l’Associazione Culturale Terrae, ha realizzato spettacoli teatrali come Verso Itaca e Indie Italiane. Dal 1985 si dedica anche alla pittura, sperimentando un’ideale fusione tra questa e l’immagine fotografica, realizzando videoclip con musiche originali. Ha realizzato diverse installazioni fotografiche e sistemi multimediali su opere di sua produzione.
In alto:
[CROMOgrafie 4215] Location: Bari, Italy
Sotto:
[CROMOgrafie 4220] Location: Bari, Italy
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“Le idee sono simili a pesci. Se vuoi prendere un pesce piccolo, puoi restare in acque basse. Se vuoi prendere il pesce grosso, devi scendere in acque profonde.� [D.Lynch]
www.tommasoilgrafico.it tommaso.armenise@tommasoilgrafico.it