COMU NICARE LA FA COLTA DEL PRO GETTO
COMU NICARE LA FA COLTA DEL PRO GETTO
Università degli Studi di Firenze Facoltà di Architettura Corso di Laurea in Disegno Industriale Anno Accademico 2011 - 2012 Sessione di Settembre 2012
COMUNICARE LA FACOLTÀ DEL PROGETTO
Relatore_Prof. Giuseppe Lotti Correlatori esterni_Stefano Fomasi, Susanna Cerri Tesi di_Tommaso Cappelletti
INDICE
INTRO DUZIO NE
Corporate identity: concetto e tecniche.
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Il caso dell’Università degli Studi di Firenze
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CORPO RATE ID ENTITY
La “riorganizzazione del visibile”
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Scheda “Dal cucchiaio alla città”
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La comunicazione AEG Corporate identity IBM come Mtv
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Laboratorio di immagine coordinata
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Il sito web
SCHEDA L’Ateneo sotto la lente del “Laboratorio di Comunicazione” Il Corso Integrato di Progettazione Grafica L’analisi del rapporto con lo spazio.
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COMU NICARE AREA DESIGN
+ DESIGN
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Design(ers) Stories
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VIDEO DE SIGN
Nuove tecnologie, nuove strategie, nuove professionalitĂ .
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Videoambienti
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SCHEDA Viewer
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Il Video mapping
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La nuova comunicazione istituzionale del Corso di Laurea in Design
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Il motto
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Il segno
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Le texture
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Le Silhouette del Design e le aziende
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La sede
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Il progetto della supporto
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Watchout
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ai miei genitori
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INTRO DUZIO NE
INTRODUZIONE
CORPORATE IDENTITY: CONCETTO E TECNICHE.
La comunicazione nasce da un segno lasciato con consapevolezza. Un segno su di un ramo, una traccia di colore nella parete di una caverna del paleolitico, o dei segni sul corpo, frutto di un’elaborazione conscia, sono il messaggio di un uomo ad un altro. Un uomo che per lasciare un messaggio marca il proprio territorio utilizzando le proprie tecnologie ha compiuto un atto di comunicazione. È proprio agli albori della civilizzazione che nasce la prima forma di comunicazione visiva.Pensandoci bene, la comunicazione è tra i primi bisogni dell’essere umano, un’azione nata spontanea, e alla base di ogni forma di civiltà. Compiendo un notevole salto temporale, sorvolando tutti gli sviluppi dei media ma non dimenticando le varie conquiste tecnologiche come la stampa del ‘400 e i fusi (Font), la fotografia del 1787, il telefono nel’800, il cinema, la Tv nel ‘900 e gli odierni dispositivi mobili, siamo giunti in un periodo in cui l’informazione, e anche l’atto di comunicazione, è di massa. Il compito di un visual designer, quindi, è molto più complesso, poiché il suo potenziale pubblico è di massa. Scarnificando il processo di comunicazione visiva, potremmo dire che il ruolo del visual designer è quello di tradurre un’idea codificandola in un’immagine. L’attività che aziende ed enti svolgono per distinguersi dai loro competitors,i concorrenti dello stesso settore merceologico, è di grande interesse nel campo della progettazione. Nel mondo dove “basta apparire”, chi lo fa con stile e coerenza è in grado di emergere nella moltitudine di realtà produttive.
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Il problema di definire un’immagine coordinata è tra le questioni centrali nella gestione di una corporation (intesa nel senso ampio di gruppo di persone con uno stesso obiettivo). Se alcuni fanno risalire la ricerca dell’immagine coordinata alle simbologie dell’impero romano, degli stemmi araldici o delle chiese cristiane, è però solo negli ultimi cento anni che la questione ha avuto trattazioni specifiche. Da AEG fino al caso di IBM descriveremo alcuni dei casi più rilevanti di immagine coordinata che hanno aperto la porte a questa vera e propria guerriglia mediatica. Oggigiorno la ricerca di una corporate identity si sta diffondendo sempre più, tanto da suscitare l’attenzione oltre che di aziende, spinte da esigenze di mercato, anche di intere città, di enti pubblici, degli organizzatori di iniziative di tipo culturale, sportivo, gastronomico e in ultimo, non certo per importanza, anche le università. Lo sviluppo delle nuove tecnologie consente di impiegarle a fini comunicativi in modo sempre più strabiliante.In concomitanza con l’avvento di tecnologie sempre più raffinate e puntuali, si sono consolidate curiosamente nuove figure artistiche e professionali poliedriche e ambigue che, invece, intervengono su vari ambiti e su più livelli di trattazione, definendo nuove forme espressive. 2
Le tecnologie affermate e consolidate nel tempo, come la fotografia, la registrazione audio, il cinema e il computer sono diventati elementi di un collage che adesso compongono la base di una parte della produzione artistica del nuovo millennio. La figura del progettista grafico subisce una nuova estensione in un mondo sempre più invaso da schermi che per natura sono “dinamici”: si delinea, così, la figura del progettista video o video designer. La maggior parte degli interventi di corporate identity sono fatti attraverso le nuove tecnologie, che risultano più dinamiche, più poliedriche e, sotto certi punti di vista, anche più economiche rispetto ai vecchi metodi di promozione. Le nuove “immagini” (intese come identità visive - corporate identity) sono sempre più digitali, se consideriamo il sempre più comune utilizzo di schermi e proiezioni per caratterizzare o addirittura arredare uno spazio. L’industria culturale contemporanea eleva l’immagine digitale a standard estetico di produzione degli artefatti multimediali. L’immagine elettronica è per sua natura digitale, mobile, fluida e modulare, essendo riproducibile un numero infinito volte.
“L’arte elettronica si basa fin dall’inizio su un principio nuovo e diverso rispetto a quella tradizionale: la modifica di un segnale già esistente.” Manovich. 2002
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Turbinenhall, Berlino.
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Una di queste nuove forme espressive è il video mapping, una tecnica di “realtà aumentata”, attraverso cui si è in grado di alterare la percezione spaziale di un ambiente, creando illusioni ottiche e modificando virtualmente oggetti e architetture. attu.it
IL CASO DELL’UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI FIRENZE Tra le istituzioni che hanno scelto di dotarsi di un’immagine coordinata, di attuale rilevanza è il caso dell’Università degli Studi di Firenze, che ha deciso di adeguarsi agli standard odierni strutturando una vera e propria azione di corporate identity, coinvolgendo non solo professionisti del settore del design e dell’architettura, ma anche linguisti, psicologi ed esperti di marketing in un Laboratorio di Immagine Coordinata che, nell’arco degli ultimi due anni, ha compiuto ricerca per rinnovare l’identità dell’Ateneo. Il Corso di Laurea in Design dell’Ateneo fiorentino, inoltre, ha sviluppato alcune proposte nel secondo Corso Integrato di progettazione grafica durante l’anno accademico 2011/2012. Si mostrano alcuni esempi di come oggi si comunica un’identità, attraverso la fotografia e il videomaking, il report documenta l’evento +Design alla 76ª Mostra internazionale dell’Artigianato dove il Corso di Laurea ha organizzato tre eventi, parleremo di Design(ers) stories, un video-progetto in corso di sviluppo che racconta le storie di giovani designer formati nel Corso di Laurea e sarà presentatal’installazione Let’s grow design(ers). 5
Il corpo del progetto è l’installazione Let’s grow design(ers), un progetto di corporate design basato sulla forma propria del disegno industriale e sulla figura del designer come nuova forma di progettista. Saranno oggetto delle animazioni dell’installazione alcuni prodotti di aziende attive sul territorio toscano, che hanno fatto del design il motore della loro produzione. L’installazione è stata pensata per la facciata della nuova sede del Corso di Laurea in Design dell’Università degli Studi di Firenze, che per l’inaugurazione ospiterà svariati eventi legati al design, all’architettura e a nuove forme di progetto.
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CORPO RATE ID ENTITY
CORPORATE IDENTITY
LA “RIORGANIZZAZIONE DEL VISIBILE”
Tralasciando “l’immagine coordinata” degli antichi romani, che marcavano i territori in cui si espandevano con la nota scritta S.P.Q.R., si possono datare al periodo della Rivoluzione industriale della seconda metà del ‘700 i primi casi storicamente rilevanti di scelta di coordinare la propria immagine non solo come semplice attività identificativa, ma come scelta strategica di distinzione dai competitors nell’ottica del libero mercato. In questo periodo il mercato era in pieno fermento, lo sviluppo di strategie commerciali comprendeva, quindi, anche lo sviluppo di un’identità capace di rendere distinguibile un prodotto da un altro. Gli esiti più completi di questa consapevolezza, però, hanno richiesto la maturazione di una coscienza grafica da parte dei progettisti nel corso del tempo. Il caso più significativo tra le prime aziende che raggiunsero un coordinamento completo è quello di AEG. L’AEG è la nota azienda tedesca di elettronica, che dal 1907 al 1914 incrementò la sua produzione nel suo complesso, sotto la guida del grande architetto Peter Behrens, che si occupò della direzione artistica dell’azienda in questo periodo. L’azienda copriva una vastissima gamma di prodotti, ma soprattutto aveva un vasto target di riferimento perché produceva sia per il privato che per il pubblico: turbine, centrali elettriche, linee di distribuzione, lampade stradali e lampadine. Behrens intuì che una così vasta distribuzione aveva bisogno di un’identità che racchiudesse la totalità della produzione per rafforzare la percezione dell’azienda da parte dei consumatori, una nuova veste in grado di identificare a colpo d’occhio l’azienda e tutti i valori che la caratterizzavano, efficenza e efficacia: la chiamò “una riorganizzazione del visibile”.
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Behrens curò il redesign delle copertine delle due riviste aziendali e rinnovò la grafica pubblicitaria dell’azienda; si occupò di architettura e di disegno industriale, progettando padiglioni espositivi alla fiera navale tedesca di Berlino, case per gli operai ed edifici industriali. La sua intuizione fu quella di creare un sistema “immagine” coerente in ogni aspetto. Peter Behrens nel suo studio.
“DAL CUCCHIAIO ALLA CITTÀ” Con il motto “dal cucchiaio alla città” Ernesto Nathan Rogers riassunse la concezione di Walter Gropius del campo di attività dell’architetto, secondo cui le sue competenze progettuali dovevano applicarsi a ogni scala (dagli oggetti di uso comune ai macro-interventi di urbanistica) per esprimere pienamente la sua attività creatrice. “Architetti, pittori e scultori devono di nuovo imparare a conoscere e a capire la complessa forma dell’architettura nella sua totalità e nelle sue parti... Impegniamo insieme la nostra volontà, la nostra inventiva, la nostra creatività nella nuova costruzione del futuro, la quale sarà tutto in una sola forma: architettura, scultura e pittura e, da milioni di mani di artigiani, si innalzerà verso il cielo come un simbolo cristallino di nuova fede che sta sorgendo!”. Su un volantino diffuso a Weimar nel 1919 si poteva leggere questa formulazione del manifesto programmatico del Bauhaus, una nuova scuola fondata in quella città da Gropius in linea con le spinte di apertura del momento, sia nelle arti, sia in politica. La scuola si ricollegava alle posizioni espresse dal Deutscher Werkbund, un movimento precedente che ricercava la collaborazione di competenze diverse nell’ambito del design industriale. Elemento essenziale del Bauhaus, infatti, era la ricerca dell’opera d’arte totale; la disciplina fondamentale era l’architettura, in quanto attività di indirizzamento della vita e della società. Fino al 1928 Gropius diresse la scuola, cercando di realizzare una comunità di lavoro ispirata ai cantieri delle cattedrali, in cui i saperi artistici e tecnici, manuali e intellettuali concorrevano alla realizzazione dell’opera. Obiettivo, sia concreto sia simbolico, era l’attività di “costruire” (bauen) come mezzo per la trasformazione della vita, da apprendere nella casa dell’edilizia (Bauhaus). L’esperienza del Bauhaus si estese ad altri Paesi (Olanda e Russia post-rivoluzionaria), fino all’emigrazione di numerosi suoi esponenti negli Stati Uniti. Il Bauhaus ebbe un’esistenza travagliata, soprattutto per conflitti politici. Già nel 1924, con il pretesto di ragioni economiche, il governo conservatore regionale sciolse il gruppo, in realtà a causa degli ideali di democrazia che lo ispiravano. Il gruppo si trasferì allora a Dessau, in una sede che lo stesso Gropius progettò e che è considerata il suo capolavoro. Lo scioglimento definitivo ebbe luogo nel 1933, dopo la presa del potere da parte di Adolf Hitler.
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L’azione di Behrens era in completa linea con la filosofia del grande meastro Walter Gropius. Uno dei suoi più grandi interventi, infatti, è proprio un’architettura, la Turbinenhall (1908). Questo edificio conteneva la produzione delle turbine di AEG; la sua funzione più importante, però, era quella simbolica di edificio-tempio dell’industria, in un’epoca in cui la fabbrica non aveva ancora una vera e propria rappresentazione architettonica. La Turbinenhall, con la sua grandezza, diventa un forte elemento di identità nel cuore di Berlino, ed un chiaro e indiscusso emblema dell’immagine aziendale di AEG, un forte segno di potenza dell’industria crescente.
LA COMUNICAZIONE AEG L’attività di Behrens investì completamente la produzione AEG: accanto alla produzione architettonica e alla progettazione d’interni, la grossa innovazione di colui che oggi definiremmo art director di AEG riguarda la veste grafica dell’azienda. 10
Ancora nel 1908, venne ridisegnato il precedente logo di Eckmann (1900), in carattere Eckmannschrift, sostituendo il lirico e floreale Jugendstil con uno schema geometrico che conserva solo le grazie con il nuovo font Beherens-Antiqua. La base della comunicazione di Behrens fu il logo inscritto e suddiviso in esagoni che contengono le iniziali AEG in Behrens-Antiqua, un logo che allude all’alveare, simbolo dell’operosità della cultura industriale dell’azienda. Furono disegnate due versioni del logo oltre a quella compatta; una nuovamente in Beherens-Antiqua, ma inscritta in un rettangolo schiacciato e allungato, e un’altra in una sorta di maiuscolo corsivo inscritta in un filetto ellissoidale, che era usata per marchiare la produzione di fabbrica.
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Alcune grafiche delle pubblicazioni AEG. *Peter Behrens, manifesto per la lampadina a filamento metallico della AEG. 1907 New York, Museusm of Modern Art
In secondo luogo, dopo aver ridisegnato il marchio, fu di grande rilevanza lo studio sull’impaginazione dei cataloghi di fabbrica. L’impaginazione è semplice ed organizzata simmetricamente. Le pagine hanno una struttura versatile, con l’immagine del prodotto al centro, racchiusa in una cornice. La struttura non rigida consentiva anche agli altri grafici dell’AEG di realizzare l’impaginato senza dover ridisegnarne uno nuovo. I prodotti erano introdotti da una pagina di copertina che con un simbolo rappresentava la categoria alla quale facevano parte: ad esempio, una maschera da teatro per il catalogo delle lampade da teatro. All’interno i prodotti erano raffigurati in vista frontale, senza ombre, né ambientazioni: fu applicata una forte semplificazione formale. I prodotti erano rappresentati con fotografie, disegni o silhouette, rigorosamente isolati, senza alcuna figura umana o antropomorfa.
Non era più il tempo della piccola produzione: Behrens voleva eliminare ogni idea di pezzo unico, per esaltare il prodotto in sé, astratto da qualsiasi contesto, frutto della produzione in serie. Un elemento chiaramente presente nella corporate identity di AEG è il connubio verde-oro con lo scopo di distinguersi e di rendersi facilmente riconoscibili. L’uso del colore verde con bordature, profili e ribatti dorati è un tipico elemento ricorrente del continuo simbolismo volto a mitizzare l’elettricità: il fine di tale dettaglio decorativo è infatti sottolineare il ruolo dell’azienda come portatrice del “dono” dell’energia elettrica. In quei sette anni fu compiuta un’operazione che ancora oggi è esempio per i progettisti e le aziende. Seguendo le intuizioni del maestro Walter Gropius, Behrens definì una sorta di “opera totale”, un processo di restyling e di design a 360° che determinò l’affermazione di AEG come azienda leader del settore elettricità fino ai giorni nostri.
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“Una corporate image è la totalità delle immagini, delle idee, delle valutazioni su un’azienda, che si formano nella mente di coloro che entrano in contatto con essa.” 14
F.H.K. Henrion, A.Parkin, Design Coordination and Corporate Image (1967)
CORPORATE IDENTITY Uno dei rami in cui la comunicazione è più in fermento è quello delle Identità aziendali, definito anche come corporate identity o corporate image. Con il termine corporate identity si intende letteralmente “immagine” o “identità” di una corporation (corporazione, intesa come insieme di persone con lo stesso obiettivo), ovvero la percezione che il pubblico ha di una società, di un’azienda o di un ente pubblico. Di particolare rilevanza è la distinzione tra i concetti di Corporate Image e Corporate Identity definiti da E.Burdek Corporate image “L’immagine che il pubblico ha di un’impresa, di una organizzazione o di un municipio” Corporate identity “L’unità di contenuti, dichiarazioni e comportamenti di un’azienda o di un’organizzazione” La sottile distinzione ha alla base il principio di unità che una corporate identity vuole definire, e disambigua anche il termine “immagine coordinata” che erroneamente viene utilizzato in italiano per descrivere solo gli elementi grafici che caratterizzano un’azienda. L’immagine di un’azienda è, invece, da intendersi come il complesso di contenuti, aspetto estetico/grafico, locali di produzione e di vendita, eventi organizzati, presentazione del prodotto (il packa ging), valori e sensazioni trasmessi che caratterizzano una corporation rispetto a un’altra.
IBM COME MTV Dopo il caso AEG, innumerevoli sono state le aziende che hanno seguito l’intuizione di Behrens, vedendo con altri occhi l’aspetto del loro brand. Molti sono i casi di grandi restyling passati alla storia, la London Transport, con bar and circle (barra e cerchio), o il caso Olivetti, che ha scelto di puntare sullo sviluppo culturale e sull’eccellenza tecnologica. Ma la storia di Paul Rand con IBM è di spunto per evidenziare un particolare modo di comunicare e fare corporate identity.
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“Una notte, all’inizio degli anni cinquanta, passeggiando per la 5° Avenue, sono stato attratto da alcune macchine da scrivere disposte davanti alla vetrina di un negozio. Poggiavano su piedistalli e vi erano inseriti rotoli di carta perché il pubblico potesse provarle. Erano di colori diversi e progettate in modo molto attraente (all’epoca era possibile avere una macchina da scrivere IBM “di qualunque colore purché nera”, per citare le frase di Henry Ford a proposito della sua Tin Lizze). Entrai nel negozio e trovai altrettanto attraenti i mobili moderni, in colori vivaci, trasmettevano il senso di appartenere a una stessa famiglia di prodotti. Sulla targa sopra la porta c’era il nome: Olivetti.” Thomas J. Watson, figlio del fondatore dell’International Business Machines, meglio conosciuta come IBM. [Cit. in AA. VV., Design Process. Olivetti 1908-1983, Olivetti & C. Spa, Ivrea 1983, p.46] Pubblicità delle macchine per scrivere Olivetti con Dante Alighieri.
Il caso di Olivetti fu illuminante per IBM: il design accattivante di Olivetti, i vivaci colori dei prodotti, l’arredo d’interni dei punti vendita furono il segnale per Thomas Watson che il design era la strada da seguire con decisione. Vennero chiamati tre grandi progettisti del tempo a coordinare tre settori di punta. Eliot Noyes come corporate design director, Charles Eames come coordinatore del product design dell’azienda e Paul Rand per il graphic design. L’esperienza di Rand con IBM inizia con il restyle del logo d’azienda. Il logotipo non viene cambiato, ma ridisegnato: la lettera B viene rappresentata con i fori quadrati. Questa versione però non convince molto l’azienda ed è ritenuta non in linea con la nuova visione di rinnovamento di Watson.
“Fiutavo che avrebbero accettato soltanto un marchio simile a quello che avevano già [...] Avevano un slab-serif,e io ho usato uno slab-serif, seppure leggermente diverso [...] All’epoca non avrei mai azzardato il logo a strisce: se lo avessi fatto, il mio progetto non sarebbe mai andato in porto. Non ho cambiato ciò che era evidente a tutti ma soltanto ciò che potesse essere notato da coloro che si intendevano di tipografia” [Paul Rand, cit. in S. Heller, Paul Rand, Phaidon, London 1995, pp. 150-51, - Trad. it. in Pasca Russo, Corporate Image]
Logo IBM. Paul Rand 1956
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Una volta ridefinito il marchio, Rand creò un alfabeto di regole e indicazioni raccolte in quello che oggi chiameremmo Manuale di Immagine coordinata, e che egli chiamò, appunto, Design Guide: un manuale che serviva ad orientare i designer dell’azienda per garantire la costanza nell’immagine al pubblico. Nel 1962, dopo aver consolidato la sua figura all’interno dell’azienda, Rand fu libero di ridisegnare il logo, che, a suo avviso, aveva un grave problema di ritmo. Il logotipo passava troppo repentinamente da un segno stretto (la I) ad uno largo (la M). “Le lettere non legavano bene le une con le altre”, quindi le ridisegnò, rendendo la campitura del logotipo a strisce in due versioni, da otto e da tredici strisce. Il nuovo logo sarà la versione più conosciuta ed utilizzata da IBM, anche se i dirigenti dell’azienda lo accolsero con molto scetticismo, ritenendo addirittura che somigliava troppo al tessuto zebrato delle uniformi di una prigione.
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La grande diffusione dei prodotti IBM negli anni sessanta rende le strisce di Rand il simbolo della rivoluzione tecnologica in atto. Gli standard di corporate identity vanno sempre più a consolidarsi, definendo loghi e caratteri tipografici: la forza dell’immagine IBM fu quella di unire qualità con innovazione. Sul piano grafico, questo si traduce in immagini semplici, simboliche e in grado di veicolare immediatamente un’idea, con un tocco di ironia, proprio come nel caso del poster-rebus Eye-bee-M, che costituì l’apice del successo di Rand (anche se l’azienda non lo accettò immediatamente).
Logo IBM. Paul Rand 1962
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“Il Design deve riflettere la nostra qualità ed essere sempre contemporaneo” [D.R.McKay (vicepresidente dell’IBM nel 1961) cit. in F.H.K. Henrion, A.Parkin, Design Coordination and Corporate Image (1967) Studio Vista-Reinhold Publishing Corporation, London New York, 1967, p.60 - Trad. it. in Pasca Russo, Corporate Image p.40]
Eye-Bee-M rompe ogni schema con la classica comunicazione coordinata. Rand progetta il poster con l’occhio (in inglese eye, che si legge come la lettera“I”), con l’ape (bee, che si legge come “B”) e con la M a otto strisce, che formano con un gioco-rebus il logo IBM. I dirigenti dell’azienda, decisamente rigidi e non innovativi, ebbero il timore che l’immagine di Rand potesse confondere i consumatori e legittimasse gli altri dipendenti a sovvertire gli standard di comunicazione: impedirono così la diffusione del progetto grafico. Un anno dopo, il rebus di Rand fu diffuso internazionalmente, contribuendo alla mitizzazione dell’immagine di IBM.
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Il caso di Rand rompe gli schemi della coerenza e della rigidità di immagine, proponendo un poster dove l’identità aziendale è posta a un secondo livello di lettura. La complessità del gioco visivo (visual pun) conferisce, al tempo stesso, un forte carattere distintivo al progetto grafico, facendo emergere IBM dalla massa. L’impiego del gioco grafico è stato ripreso spesso: uno fra i casi più noti è quello di Mtv, che negli anni ’80-’90 scomponeva il proprio logo iniziando a realizzare i famosi stacchi pubblicitari, dove in veri e propri mini-corti il logo Mtv è composto ogni volta in modo totalmente diverso, utilizzando in ciascun corto linguaggi comunicativi diversi, dall’animazione 2D allo stop motion 3D. Il concetto di fondo è, quindi, stupire lo spettatore, cercando di veicolare il messaggio nel modo più originale possibile.
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Logo Mtv - music television, nello sfondo le svariate declinazioni.
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CORPORATE IDENTITY L’IMMAGINE DELL’UNIVERSITÀ DI FIRENZE IL LABORATORIO DI IMMAGINE COORDINATA I progetti oggetto di tesi, realizzati nell’ultimo anno di studi, sono nati all’interno della fase di restyle dell’Ateneo fiorentino, che LA “RIORGANIZZAZIONE nel 2011 ha fatto partire DEL un’attività VISIBILE” di ricerca e di studio finalizzata allo sviluppo di una propria corporate image. Negli anni precedenti, infatti, si erano verificati molti casi di denuncia delle forti carenze a riguardo dell’immagine dell’Università fiorentina: Tralasciando primo “l’immagine su tutti,coordinata” il caso deldegli sito web, antichi primaromani, vetrina che di ogni marcavano ente pubblico i territori e quindi in cui primo si punto espandevano di contatto, con lasenota pur scritta virtuale, S.P.Q.R., di ogni si studente possono datare italiano al o periodo estero. della Rivoluzione industriale della seconda metà del ‘700 i primi casi storicamente rilevanti di IL scelta SITOdi WEB coordinare la propria immagine non solo come semplice atSvariati tività identificativa, sono i punti di ma debolezza come scelta delstrategica sito web di di Ateneo: distinzione dai -Nessun competitors riferimento nell’ottica fotografico del libero alla mercato. città di Firenze. -Nessun collegamento ai social network. -Grafica In questodebole periodo e non il efficace. mercato era in pieno fermento, lo sviluppo -Pessima di strategie usabilità, commerciali sia percomprendeva il personale quindi dipendente anche che lo per sviluppo gli studi denti. un’identità capace di rendere distinguibile un prodotto da un altro. -Utilizzo Gli esiti di piùuncompleti font vecchio di questa e nonconsapevolezza, emozionale. però, hanno rich-Header iesto lacon maturazione Logo Università di una di coscienza Firenze schiacciato grafica da parte e non dei valorizzato proget-Nessuna tisti nelphotogallery, corso del tempo. nessun Il video caso che più potrebbe significativo invecetra comunicare le prime aziende un grande chesenso raggiunsero di appartenenza un coordinamento e di community completo universitaria. è quello di AEG. Tralasciando L’AEG è la nota l’assenza azienda dell’Ateneo tedesca di elettronica, dai social Network, che daluna 1907 questione al 1914 molto incrementò dibattuta la sua all’interno produzionedel nel Laboratorio suo complesso, di Immagine sotto la Coordinata guida del è l’assenza grande architetto di riferimenti Peter Behrens, che colleghino che si occupò la struttura della direzione universitaria aralla tistica città dell’azienda di Firenze. in Altro questopunto periodo. di forte L’azienda debolezza copriva è la una scarsa vaspotenza tissima grafica gamma didel prodotti, sito e,ma più soprattutto in generale, aveva di un tutta vasto la target corporate di identity riferimento di perché Ateneo,produceva ele-mentisia cheper impediscono il privato la chedefinizione per il pubblico: di un vero turbine, e proprio centrali senso elettriche, di appartenenza linee di in distribuzione, ogni utente. lampade Lo scopo stradel Laboratorio dali e lampadine. è stato proprio quello di creare le basi per la definizione di una nuova immagine di Ateneo, un’immagine nuova e in linea Behrens con intuì le esigenze che una del cosìtempo. vasta distribuzione aveva bisogno di un Il identità Laboratorio che racchiudesse di Comunicazione la totalità ha riunito della saperi, produzione competenze per raffore professionalità zare la percezione operanti dell’azienda all’interno da parte dell’Ateneo dei consumatori, fiorentino una sui nuova temi della veste comunicazione in grado di identificare istituzionale, a colpo per affiancare d’occhio l’azienda l’area organizzae tutti tiva i valori di Ateneo che lasulla caratterizzavano, Comunicazione efficenza al fine die creare efficacia: un reale la chiamò senso di “una appartenenza riorganizzazione nei singoli del visibile”. utenti: personale, studenti e cittadini.
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Il Laboratorio è organizzato per gruppi di ricerca afferenti a diverse facoltà (Economia, Architettura, Lettere, ecc.), ciascuno dei quali applica le proprie competenze a progetti orientati a sviluppare una comunicazione integrata di Ateneo. L’ATENEO SOTTO LA LENTE DEL “LABORATORIO DI COMUNICAZIONE”
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Mercoledì 20 giugno in Aula Magna si parla di idee e progetti per una nuova immagine dell’Università Come rinnovare il “vecchio” Salomone”? Il restyling del logo dell’Università di Firenze è diventato da qualche mese oggetto di studio di un gruppo di 30 allievi del Corso di Laurea in Disegno Industriale, insieme ai docenti e tutor. Intanto, altri gruppi di studenti e professori, in vari corsi di laurea, si stanno esercitando su come rendere efficace il linguaggio istituzionale, rinforzare il brand “Università di Firenze”, promuovere l’immagine coordinata dell’Ateneo. Sono alcune delle attività varate dal Laboratorio di Comunicazione, che riunisce competenze e professionalità operanti all’interno dell’Ateneo fiorentino sui temi della comunicazione istituzionale e punta a sviluppare nuovi progetti attraverso un percorso partecipato e condiviso. Il Laboratorio, coordinato dal delegato del rettore per la comunicazione Carlo Sorrentino, è nato nel 2011 come officina e luogo di sperimentazione: presenta i risultati del primo anno di lavoro nel corso di un incontro mercoledì 20 giugno (Aula Magna, piazza San Marco, 4 - inizio ore 9). Dopo il saluto del Rettore Alberto Tesi, si terranno le relazioni dei gruppi di lavoro, coordinati da Gaetano Aiello e Simone Guercini (Dipartimento di Scienze aziendali), Luca Toschi (Dipartimento di Scienze dell’Educazione e dei Processi Culturali e Formativi), Marco Biffi (Dipartimento di Italianistica), Carlo Sorrentino (Dipartimento di Scienze della Politica e Sociologia), Saverio Mecca e Giuseppe Lotti (Dipartimento di Tecnologie dell’Architettura e Design “Pierluigi Spadolini”). [tratto dalla pagina web del sito dell’ateneo fiorentino]
IL CORSO INTEGRATO DI PROGETTAZIONE GRAFICA Il compito del Dipartimento di Tecnologie dell’Architettura e Design “Pierluigi Spadolini” all’interno del Laboratorio è stato quello di proporre concretamente delle soluzioni grafiche come il risultato
delle ricerche e degli studi fatti da tutte le varie sezioni del laboratorio. Il Corso integrato di Progettazione II del Corso di Laurea in Design è stato dedicato a visualizzare delle proposte grafiche, sotto la direzione di Giuseppe Lotti e Gianpiero Alfarano, e con l’impiego di professionalità quali la Dott. Susanna Cerri e la Dott. Arch. Antonella Serra come tutor. L’obiettivo del corso era definire la basi per una nuova comunicazione di Ateneo: le proposte fatte dagli studenti sono state essenziali per consentire all’intero gruppo di poter visualizzare passo dopo passo gli sviluppi della ricerca. Il percorso prevedeva di affrontare ed analizzare tutti gli elementi attraverso i quali si articola e di definisce un progetto di comunicazione. La prima fase del corso è stata di benchmarking, un’operazione atta ad analizzare lo stato di fatto delle corporate identity dei concorrenti. È stata fatta una ricerca che ha schedato tutti i sistemi di comunicazione utilizzati dagli altri atenei italiani e internazionali: loghi, architetture, siti web, esperienze promosse, materiali o prodotti proposti al pubblico. Sono state realizzate delle schede di valutazione da ogni studente per organizzare le informazioni e valutare ogni singolo progetto coordinato. Oggetto di ogni scheda erano: il logo di Ateneo, la comunicazione web e le declinazioni o applicazioni dell’immagine di Ateneo. Ogni elemento era valutato secondo dei criteri di valutazione quali la leggibilità, l’incisività e la riproducibilità, l’accessibilità, la navigazione e la dinamicità, la chiarezza e l’utilità. L’ANALISI DEL RAPPORTO CON LO SPAZIO. La seconda fase ha visto l’analisi della comunicazione di una compagnia, di un’azienda o di un Ateneo in relazione allo spazio che li circonda. L’ambiente che circonda un prodotto è importante tanto quanto il prodotto stesso, come nel caso Olivetti: l’arredo del “punto vendita” è importante perché mezzo stesso di comunicazione, lo spazio stesso è quindi medium del messaggio aziendale. Svariati sono gli strumenti che oggi sono veicoli di comunicazione, e quindi oggetto di studio per designer e progettisti più in generale. L’uso del lettering come segno grafico è sempre più frequente a scopi di orientamento, di informazione e di distinzione degli spazi da abitare.
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COMU NICARE AREA DESIGN
CORPORATE IDENTITY COMUNICARE AREA DESIGN
L’azione LA “RIORGANIZZAZIONE di restyle lanciata DEL dalVISIBILE” Laboratorio di Immagine coordinata ha avuto un’eco anche sugli altri Corsi di Laurea. È sempre più vivida, infatti, l’idea di quanto sia importante avere una coerenza di linguaggio anche in una realtà come quella universitaria, che pure Tralasciando non è guidata “l’immagine solo da coordinata” strategie commerciali degli antichi basate romani, sulle leggi che del marcavano mercato. i territori in cui si espandevano con la nota scritta S.P.Q.R., si possono datare al periodo della Rivoluzione industriale +DESIGN della seconda metà del ‘700 i primi casi storicamente rilevanti di scelta di coordinare la propria immagine non solo come semplice atArea tività Design identificativa, e il Corso ma di come Laurea scelta in Disegno strategica Industriale di distinzione quest’anno dai hanno competitors partecipato nell’ottica alla 76° del libero Mostra mercato. Internazionale dell’Artigianato con una serie di eventi incentrati sul design come plus, come valore aggiunto In questoall’artigianato. periodo il mercato era in pieno fermento, lo sviluppo di strategie commerciali comprendeva quindi anche lo sviluppo di un’identità capace di rendere distinguibile un prodotto da un altro. Gli esiti più completi di questa consapevolezza, però, hanno rich+DESIGN: Artigianato/Design/Innovazione iesto la maturazione una coscienza da parte di dei progetLe nuove prospettivedidel “saper fare” grafica come patrimonio qualità tisti corso del tempo. Il caso più significativo tra le prime per nel la competitività del Made in Italy aziende che raggiunsero un coordinamento completo è quello di AEG. A cura di: Area Design Facoltà di Architettura di Firenze in collaborazioL’AEG è laFirenze nota azienda ne con Fiera tedesca di elettronica, che dal 1907 al 1914 incrementò sua produzione nel suo complesso, sottoLotti la guida del Direzionela scientifica: Francesca Tosi con Giuseppe grande architetto Peter Behrens, che si occupò della direzione arDirezione artistica: Stefano Follesa e Alessandra Rinaldi tistica dell’azienda in Mariasole questo periodo. L’azienda copriva una vasCollaboratori: Donata Betti, Alessia Brischetto, Irene tissima gamma di prodotti, ma soprattutto aveva un vasto target di Bruni, Valentina Frosini. riferimento perché produceva sia per il privato che per il pubblico: turbine, centrali elettriche, lineel’evento di distribuzione, lampade straSi è concluso domenica 29 aprile +DESIGN, nuova sezione dali e lampadine. della Mostra Internazionale dell’Artigianato dedicata ai rapporti tra ArtiBehrens intuì che una così vasta distribuzione aveva bisogno di un gianato e Design. identità che racchiudesse la totalità della produzione per rafforL’iniziativa, ideata e promossa da un gruppo di lavoro interno zare la percezione dell’azienda da Architettura parte dei consumatori, nuova all’Area Design della Facoltà di di Firenze una in colveste in grado di identificare a colpo d’occhio l’azienda e tutti laborazione con Firenze Fiera, è nata con l’obiettivo di promuoi valori la caratterizzavano, efficenza e efficacia: la chiamò vere la che cultura del Design come valore aggiunto per le attività “una riorganizzazione del visibile”. manifatturiere, generatore di innovazione e conseguentemente di
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competitività, mettendo in luce tematiche e realtà produttive che trovano le loro radici proprio nella miscela tra Design e Artigianato. Il tema di questa prima edizione “Artigianato, Design, Innovazione: le nuove prospettive del “saper fare” come patrimonio di qualità per la competitività del Made in Italy” è stato affrontato all’interno di quattro differenti sezioni: Mostra Culturale divisa in tre sezioni: “Artigianato e Luoghi del saper fare”, “Artigianato Impresa e Innovazione”, “Artigianato e Altrove” presso il Padiglione Cavaniglia. Convegno (23-24 Aprile- Teatrino Lorenese) Progettisti, artigiani e ricercatori si sono confrontati sui temi generali dell’iniziativa e sugli approfondimenti specifici della mostra. Area Autoproduzioni con la partecipazione di trenta giovani designer e architetti italiani e stranieri che autoproducono i propri progetti. 28
Workshop progettuale che ha coinvolto gli studenti della Facoltà di Architettura sul tema “Il tessile per l’arredo tra tradizione ed innovazione”. L’evento ha riscosso grande successo sia per quanto riguarda il livello culturale e l’attualità dei temi affrontati nel Convegno e dei prodotti esposti nella Mostra +Design, che per l’elevata partecipazione e la qualità proguettuale dei giovani designer nell’Area Autoprduzioni e Workshop. Da sottolineare la forte unitarietà dell’evento +Design, che presenta le diverse prospettive del rapporto tra Design e Artigianato. Le esperienze già consolidate di aziende affermate a livello nazionale e internazionale presentate nella Mostra Culturale; i temi più attuali della ricerca e dell’innovazione trattati nel Convegno da esperti delle diverse aree di ricerca oggi più attive sul tema del rapporto tra Design Artigianato e innovazione, posti a confronto con le esperienze di innovazione sviluppate da aziende, artigiani e designer; l’area dedicata ai giovani designer nel settore delle Autoproduzioni ed infine il Workshop che ha visto coinvolti gli studenti dei Corsi di laurea
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triennale e magistrale in Design della Facoltà di Architettura di Firenze, guidati dai docenti dell’Area Design della stessa Università. Al Convegno, aperto dall’Assessore alle attività produttive della Regione Toscana, Gianfranco Simoncini e dal Vicesindaco del Comune di Firenze Dario Nardella, hanno partecipato il Prorettore Marco Bellandi, il responsabile dell’Area ricerca della Regione Marco Masi, i presidenti delle associazioni di categoria, CNA e Confartigianato, il presidente di ADI Toscana, il Direttore di Artex, il Coordinatore del Polo di competenza sugli interni CENTO, numerose personalità della ricerca italiana nel campo del Design, dell’Economia e della Psicologia del lavoro, aziende, designers ed artigiani che operano da anni nel campo dell’innovazione che nasce dalla sintesi tra Design e Artigianato. Il progetto di report +Design si integra all’interno di questo flusso innovativo che l’Ateneo sta compiendo, documentando le varie parti dell’evento, tramite video documentativi. Le interviste al direttore di Firenze Fiera Leonardo Sorelli, Beatrice Simonetti sempre per Firenze Fiera, i vari curatori e la direzione scientifica Francesca Tosi descrivono le immagini della fiera, e dei vari eventi. Seguendo la scia del progetto +DESIGN è stato avviato un progetto video con lo scopo di ampliare i contenuti del sito web di Ateneo. [Comunicato stampa dell’evento + Design]
Sono stati realizzati tre video documentativi dell’esperienza +DESIGN: uno introduttivo al limite tra un making of e un backstage, uno a riguardo della mostra culturale e un ultimo che racconta il resto degli eventi. Sono consultabili sul canale Youtube del corso di laurea: www.youtube.it +DESIGN - Gli eventi di Area Design alla 76° Mostra dell’Artigianato +DESIGN - La Mostra tematica
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DESIGN(ERS) STORIES Il progetto DESIGN(ERS) STORIES è una raccolta dei volti che compongono il Corso di Laurea, una serie di documentari costituiti di interviste che raccontano le realtà dei giovani designer formati da Area Design e inseriti nel mondo del lavoro. DESIGN(ERS) STORIES è un progetto video in corso di sviluppo, nato dall’esigenza di documentare le realtà del territorio toscano nell’ambito del design e dell’autoproduzione. La struttura del progetto è una serie di interviste, in ognuna delle quali l’intervistato spiega il ruolo della propria professione e delle proprie attività di designer: una sorta di showreel dove, con degli effetti di motion graphic, si sottolineano e si evidenziano gli elementi chiave dell’intervista.
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VIDEO DE SIGN
VIDEO DESIGN CORPORATE
IDENTITY
LA “RIORGANIZZAZIONE DEL VISIBILE”
Tralasciando “l’immagine coordinata” degli antichi romani, che marcavano i territori in cui si espandevano con la nota scritta S.P.Q.R., si possono datare al periodo della Rivoluzione industriale della seconda metà del ‘700 i primi casi storicamente rilevanti di scelta di coordinare la propria immagine non solo come semplice attività identificativa, ma come scelta strategica di distinzione dai competitors nell’ottica del libero mercato. In questo periodo il mercato era in pieno fermento, lo sviluppo di strategie commerciali comprendeva quindi anche lo sviluppo di un’identità capace di rendere distinguibile un prodotto da un altro. Gli esiti più completi di questa consapevolezza, però, hanno richiesto la maturazione di una coscienza grafica da parte dei progettisti nel corso del tempo. Il caso più significativo tra le prime NUOVE TECNOLOGIE, NUOVE STRATEGIE, NUOVE PROFESSIONALITÀ. aziende che raggiunsero un coordinamento completo è quello di AEG. L’AEG è la nota azienda tedesca di elettronica, che dal 1907 al 1914 incrementò la sua produzione nel suo complesso, sotto la guida del grande architetto Peter Behrens, che si occupò della direzione arLa fotografia, il cinema e la televisione sono staticopriva media di grande tistica dell’azienda in questo periodo. L’azienda una vasimportanza perdiilprodotti, mondo della comunicazione visiva. Tutti i loro tissima gamma ma soprattutto aveva un vasto target di linguaggi sono nati dalla volontà di creare macchine capaci di riferimento perché produceva sia per il privato che per il pubblico: fornire riproduzione del visibile fedele estrapunturbine,una centrali elettriche, linee diprospetticamente distribuzione, lampade tuale rispetto a quella reale. L’avvento delle nuove tecnologie ha dali e lampadine. consentito di perfezionare questa riproduzione e di renderla sempre più fruibile sempre tutto il mondo. facilità di Behrens intuìache una più cosìutenti vasta in distribuzione aveva La bisogno di un utilizzo tecnologie ha consentito raggiungere sucidentità di che queste racchiudesse la totalità della di produzione per un rafforcessivo livello di elaborazione di tali mezzi espressivi, permettenzare la percezione dell’azienda da parte dei consumatori, una nuova do di fondere provenienti da ambiti differenti. veste in gradopiù dicompetenze identificare a colpo anche d’occhio l’azienda e tutti i valori che la caratterizzavano, efficenza e efficacia: la chiamò “una riorganizzazione del visibile”.
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I programmi di montaggio video hanno ricalcato le tradizionali convenzioni del montaggio analogico, dove una pellicola veniva tagliata e rimontata sequenzialmente secondo le direttive e il volere del regista. After Effects, e dopo di esso molti altri software, hanno innovato tale convenzione, compiendo una vera e propria rivoluzione concettuale del metodo esecutivo. Si abbandonano la concezione sequenziale e lineare,i tagli,le dissolvenze; non si opera piĂš sul video in termini di sequenze o blocchi determinati di immagini in movimento, ma si utilizzano strumenti tipici della manipolazione grafica e tipografica: riquadri, lay-out, livelli, maschere, trasparenze, tracciati, ecc...
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Il video diventa un materiale da manipolare, schiacciare, colorare, espandere, mescolare, tagliare, diventa vera e propria materia. Alcuni avvicinano questo nuovo modo di fare video ai processi pittorici, o addirittura a processi artigianali. Prende cosÏ il sopravvento sulla logica del montaggio la logica della composizione. L’uso di software digitali per la creazione di artefatti video presuppone che ogni immagine consista in una serie di livelli separati interattivi, in un quadro da comporre di volta in volta e non di un flusso da captare. I quattro strati sovrapposti di pittura che Zygmunt Bauman descrive come canone della pittura rinascimentale si ri-territorializzano nei layer dei software di composizione digitale.
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VIDEOAMBIENTI L’arte elettronica nasce da una complessità di orientamenti che negli anni sessanta si confrontano con le ricerche artistiche che ricercavano “l’uscita dal quadro” e la partecipazione attiva del pubblico. L’opera non è più solo un oggetto compiuto e immodificabile, ma si identifica come un’azione-reazione nello spazio e nel tempo, che coinvolge tanto l’autore quanto lo spettatore. Le prime videoinstallazioni nascono quando arte, video e teatro (o, più semplicemente, performance) si uniscono a definire nuovi spazi animati da performer. Si definiscono così video-ambienti, dove lo spazio e il video sono fusi dall’elemento-luce: luce che, una volta proiettata su di una superficie, conferisce al video un carattere “corporeo” in grado di alterare l’ordinamento spaziale percepito dallo spettatore. Il punto di forza delle installazioni diventa il continuo modificarsi del video-ambiente che coinvolge lo spettatore in uno spettacolo unico ogni istante.
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VIDEODESIGN EXPERIENCE IN THE LIVING ROOM (SONY PLAYSTATION)
Le installazioni di Gary Hill, come ad esempio Viewer, creano uno spazio mentale che è in grado di coinvolgere il visitatore e trasportarlo all’interno del concetto e dell’opera stessa. Viewer (tradotto in italiano Spettatori, coloro che guardano) propone una serie di videoritratti integrali di uomini e donne comuni che guardano in camera. Lo spettatore (il visitatore dell’opera) si ritrova ad osservare ed ad essere osservato dall’opera stessa.ia
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IL VIDEO MAPPING
Il video mapping è una nuova tecnologia che consente di dare vita a infine possibilità comunicative. Questa tecnologia consente di alterare la realtà, modificando la percezione di un volume, di una superficie e quindi di uno spazio. Il video mapping è una tecnica di “augmented reality” per creare illusioni ottiche attraverso la luce: si utilizza per modificare virtualmente oggetti ed architetture. È un’interazione tra il reale e la ricostruzione digitale della realtà, una sovrapposizione che crea particolari effetti visivi modificando sensibilmente la percezione di un ambiente.
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La tecnica del video mapping con tutte le sue declinazioni di scala, dalla proiezione su di un modellino fino alla proiezione su di un‘architettura, può essere utilizzata in vari settori artistici, nella comunicazione e nel marketing. Essendo percepita come spettacolo, è attualmente molto utilizzata anche in ambito pubblicitario per eventi live di forte impatto emozionale. Altri settori interessati sono le performance artistiche e teatrali, i concerti, mostre, esibizioni e live set Vj. Dal punto di vista tecnico, il video mapping è una proiezione. È il termine stesso che ne definisce la particolarità: la proiezione si “mappa” sul disegno del prodotto oggetto della proiezione. Lo studio e la realizzazione del progetto comunicativo, il video, è quindi fatto appositamente sul disegno della facciata o sul prospetto dell’oggetto sul quale sarà proiettato. La “mappatura” diventa così il nuovo supporto, il nuovo media che veicola il messaggio, conferendo un elemento di totale originalità al progetto visivo. Il prodotto sul quale si proietta diventa uno schermo tridimensionale totalmente unico attraverso il quale comunicare le immagini, le idee e gli elementi artistici.
A lato* e nello sfondo Bertrand Plane
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LET’S GROW DESIGN(ERS)
Il progetto dell’installazione LET’S GROW DESIGN(ERS) si inserisce nella serie di eventi volti a rinnovare e valorizzare l’Area Design dell’Ateneo fiorentino. L’installazione è stata studiata per la facciata della nuova sede del Corso di Laurea in Disegno Industriale di Calenzano, come un’insegna del nuovo millennio,in occasione dell’inaugurazione della nuova sede in coordinato con la nuova immagine istituzionale. LA COMUNICAZIONE ISTITUZIONALE DI AREA DESIGN La nuova comunicazione istituzionale del Corso di Laurea in Design centra la sua potenza sull’uso grafico del lettering, conferendo al prodotto comunicativo un accento dirompente, in perfetta linea con l’attuale grande volontà di cambiamento e di innovazione nel ramo della comunicazione d’Ateneo. Dalla prima frase (MAKE SHAPE TO DESIGN), il progetto grafico di Susanna Cerri è stato sviluppato in maggiore dettaglio sul ruolo della struttura come luogo di formazione, creando una nuova proposta grafica ed utilizzando il motto “LET’S GROW DESIGN(ERS)”. IL MOTTO Il titolo è costituito dal motto: “LET’S GROW DESIGN(ERS)”, cioè: facciamo crescere il design e i designer. Il progetto grafico gioca sulla doppia lettura della frase; è un motto che diventa icona.
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“All’origine di ogni sequenza formale vi è dunque un oggetto primo, un archetipo, apparso all’improvviso nella storia come soluzione a un problema. Gli oggetti primi producono duplicati formali, copie,variazioni, mentre il prototipo è un’invenzione radicale che differisce per singole innovazioni progressive. Nasce così un insieme di forme legate da strette parentele.” [Andrea Branzi, Capire il design, 2007]
IL SEGNO Lo scritto di Branzi ci fa notare come quasi ogni forma, ogni oggetto e ogni progetto sia in sintesi derivato da una modifica di una versione precedente. Il design è quindi inteso come un’evoluzione formale (non esclusivamente estetica), finalizzata al progressivo perfezionamento, e il disegno è la guida che ne consente la realizzazione.
Il disegno, o più semplicemente il segno, diventa, come per il processo comunicativo, il primo strumento attraverso il quale ci si esprime. LET’S GROW DESIGN(ERS) è basato sulla forma propria del disegno industriale e sulla figura del designer come nuova forma di progettista. L’installazione è composta da una linea che disegna costantemente qualcosa, una linea che man mano disegna l’intero palazzo interagendo con l’architettura. La linea costituisce un segno che, anche se sempre diverso, è il simbolo stesso del design e del designer, figura sempre in movimento, che descrive punto dopo punto la realtà che lo circonda. Questa linea disegnerà alcuni dei prodotti di aziende toscane attive sul territorio, che hanno fatto del design il motore della loro produzione, simboli che verranno animati dalla motion graphic. LE TEXTURE Una volta terminato il disegno di ogni oggetto, l’installazione continua decorando la facciata con le texture, riferite ai materiali più utilizzati da ogni azienda. La facciata diventa di corda, acciaio, vetro, cotto e argento proprio come ogni singolo oggetto.
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LE SILHOUETTE DEL DESIGN E LE AZIENDE Il progetto è incentrato sulla forma del design intesa come sintesi di un processo evolutivo determinato da molteplici fattori, uno di questi è sicuramente il territorio. Il successo di molti prodotti nel mercato globale è spesso correlato alla capacità del design di richiamare concetti, valori aggiunti derivanti dal territorio che ne ha consentito la nascita, la definizione e il disegno. La forza di un territorio come quello toscano, particolarmente presente nell’immaginario collettivo, connota non solo la forma ma anche aspetti maggiormente strutturali come qualità etiche o materiche. Sono state scelte quindici aziende attive sul territorio, emblemi della grandezza del design toscano. I ventidue oggetti saranno disegnati, attravrso la proiezione, sulla nuova sede che ospiterà il Corso di Laurea in design e saranno animati grazie alla motion graphic. 47
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Smoke Joe Colombo per Arnolfo di Cambio
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Tatlin Mario Cananzi - Roberto Semprini per Edra
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Tulipano Poggi Ugo
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Bombice Francesco del re
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Piggy Bank Carlo Vannicola Paloa Palma per Pampaloni
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Riflessi Biagio Cisotti per RCR Cristalli
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Rio Oscar Niemeyer per Fasem
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Brass Massimo Imparato e Emre Cetinköprülü per Fasem
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Laika
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The Maltese Falcon Perini Navi
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Mineral Light Simone Micheli per Marioni
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Trono Ettore Sottsass per Segis
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Baccus David Palterer per Vilca
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Flute Carlo Bimbi per Bosal
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Blablabla Parri
LA SEDE
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SEDE
ALIMENTAZIONE
VIA PERTINI
proiettore 1
proiettore 2
proiettore 3
proiettore 4
COMPUTER
IL PROGETTO DEL SUPPORTO La proiezione sara relizzata sulla facciata dell’edificio. L’impianto di proiezione sarà suddiviso su quattro proiettori che simnultaneamente proietteranno sulla facciata l’animazione suddivisa in quattro video dal software Watchout. WATCHOUT Dataton WATCHOUT è un sitema multiscreen molto versatile che consente, integrandolo con specifiche interfacce (show controller), di realizzare allestimenti con il totale controllo delle luci, effetti speciali, come fumo o giochi d’acqua o parti meccaniche. Watchout consente di gestire multivisioni, show e presentazioni con un numero illimitato di display, tutti controllati e gestiti da un’unico computer di produzione. Sfruttando i soft-edge che genera il sistema, si possono utilizzare videoproiettori per formare un’unica immagine senza che sia percepibile la fusione tra una proiezione l’altra. COMPONENTI DEL PROGETTO: 4 PROIETTORI 4 TRABATTELLI 1 COMUPUTER (SUL QUALE SARÀ ESEGUITA LA FUSIONE DEI 4 VIDEO TRAMITE WATCHOUT) ALIMENTAZIONE
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Prospetto su Via Nuova
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PROSPETTO SU VIA NUOVA
Prospetto su Via Pertini
VIA PERTINI 67
LE ANIMAZIONI
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BIBLIO SITO GRAFIA GRAFIA Vanni Pasca - Dario Russo, Corporate Image - Un secolo d’immagine coordinata dall’AEG alla Nike, 2011, Lupetti Editori di Comunicazione, Srl, Milano Andrea Branzi, Capire il Design, 2007, Giunti Editore SpA, Firenze Marco Inglese, Total people scanning, Tesi di Laurea dell’Università degli Studi di Firenze, Facoltà di Architettura, Corso di Laurea in Disegno Industriale, Anno Accademico 2008/2009, Firenze Pasquale Napolitano Alessandro Laudanna Guglielmo Tozzi, Video-Design: progettare lo spazio con il video, Università degli Studi di Salerno, 2010, Salerno
www.unifi.it www.interactive-performance.it www.videodesign.it www.csm.toscana.it www.dataton.com/watchout
ai miei genitori, sicuro porto della mia persona
ai pasti della nonna ai consigli della zia alla festa Bulli e Pupe [sai che parlo di te Gianni] alla puntuale correzzione di bozza di Roberto al sostegno professionale di Marco alle telefonate con Eleonora [instant messagge negli ultimi giorni :( ] alla poesia di Morena alla forza di Marco e Serenella a tutti i miei amici
GR ZIE
RA E
a Giuseppe a Stefano a Susanna