Anno 22, n. 75 - Ottobre 2017 Sped. in Abb. Post. Art. 2, Comma 20/C, Legge 662/96 Filiale di Padova
La “crisi post-conciliare” prevista vent’anni prima
Editoriale
Che cosa hanno fatto della Chiesa!
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aggio 1969. Plinio Corrêa de Oliveira stava tenendo la “riunione dei ritagli” di sabato sera per soci e cooperatori della TFP brasiliana, nella quale analizzava gli avvenimenti della settimana appena trascorsa. Il tema era la situazione della Chiesa. Una dopo l’altra, le notizie confermavano, con malvagio accanimento, la terribile crisi in cui versava la Sposa di Cristo, scossa fino alle fondamenta in quei conturbati anni del post-Concilio.
A un certo punto, sopraffatto dal panorama, la sua voce si ruppe. E il leader cattolico, l’uomo forte per cui la parola “timore” non aveva senso fuori dalla sua applicazione a Dio, pianse. E pianse in pubblico. Riuscì ancora a esclamare fra le lacrime: “Ah, mia Madre la Santa Chiesa Cattolica Apostolica Romana! Che cosa ne hanno fatto!”. E dovette abbandonare il podio, impossibilitato a proseguire… Unito alla Chiesa da vincoli spirituali che noi a malapena riusciamo a intravedere, e che forse non è fuori luogo qualificare come mistici, Plinio Corrêa de Oliveira provava un profondissimo dolore per quella “autodemolizione” denunciata da Paolo VI nel 1968.
La crisi, però, non lo aveva colto di sorpresa. Anzi. Leader delle Congregazioni Mariane e presidente dell’Azione Cattolica, dagli anni Trenta Plinio Corrêa de Oliveira studiava con attenzione il crescente disfacimento della struttura ecclesiastica. Numerosi suoi scritti dell’epoca mostrano come egli fosse molto attento a questo processo, allora nelle fasi iniziali. Leggiamo, per esempio, in una sua lettera del 1930:
“Mi si accentua ogni volta di più l’impressione che siamo alle soglie di un’epoca piena di sofferenze e di lotte. Da tutte le parti, la sofferenza della Chiesa si fa più intensa, e la battaglia si avvicina sempre di più. (…) Ecco il nostro compito principale: prepararci per il combattimento, e preparare la Chiesa, come il marinaio che allestisce la nave prima della tempesta”.
La tempesta scoppiò nel 1943 quando, di fronte alla crescente infiltrazione neo-modernista e liturgicista in ampi settori del clero e del laicato, Plinio Corrêa de Oliveira scrisse il libro «In di-
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fesa dell’Azione Cattolica», la prima denuncia complessiva di ciò che, più di vent’anni dopo, sarà chiamata “crisi post-conciliare”. L’opera spaccò l’episcopato brasiliano. Mentre venti presuli difesero l’autore, altrettanti gli si schierarono invece contro, in favore del nascente progressismo. La Chiesa era, purtroppo, già largamente infiltrata. Alla luce della denuncia lanciata da Plinio Corrêa de Oliveira nel 1943, il Concilio Vaticano II appare, semmai, come risultato e punto di rimbalzo della crisi, non certo come la sua origine, come invece viene spesso presentato.
Plinio Corrêa de Oliveira pianse, ma la sua fede rimase salda. Nella summenzionata lettera, egli continuava: “A quel punto, allora, sorgeranno le forze del male che, simili ai vermi, appariranno nel momento in cui la putrefazione sarà al culmine. Tutta la feccia della società verrà a galla, e la Chiesa sarà perseguitata dappertutto. Però ‘et ego dico tibi quia tu es Petrus, et super hanc petram aedificabo Ecclesiam meam, et portae inferi non praevalebunt adversus Eam!’”. Chiarissimo nel denunciare la crisi, Plinio Corrêa de Oliveira era altrettanto chiaro nel proclamare il suo illimitato amore alla Sposa di Cristo e la sua totale fiducia nel trionfo finale. “In mezzo a questo caos, solo qualcosa non cambierà. È, nel mio cuore e sulle mie labbra, come in quello di quanti vivono e pensano in sintonia con me, la preghiera: ‘Ad te levavi oculos meos qui habitas in coelis. Ecce sicut oculi servorum in manibus dominorum suorum. Sicut oculi ancillae in manibus dominae suae: ita oculi nostri ad Dominam matrem nostram, donec misereatur nostri’. È l’affermazione dell’immutabile fiducia dell’anima cattolica, in ginocchio, ma incrollabile, in mezzo alla convulsione generale. Incrollabile con tutta la forza di quanti, in mezzo alla burrasca, e con una forza d’animo maggiore di questa, continuano ad affermare dal più profondo del cuore: Credo in Unam, Sanctam, Catholicam et Apostolicam Ecclesiam, contro la quale, secondo la promessa fatta a Pietro, le porte dell’inferno non prevarranno”.
Sommario Anno 22, n° 75, ottobre 2017
Editoriale: Che cosa hanno fatto della Chiesa! Eco fake news Lech Walesa: nuove evidenze della sua cooperazione con il regime Il primo grido d’allarme Nel 75° anniversario di «In difesa dell’Azione Cattolica» 1933: la prima Messa “versus populum” Il sacrificio è valso la pena Verso una Chiesa-Nuova La crisi nella Chiesa e la missione del Portogallo e del Brasile Einsiedeln: quando Dio rende onore alla Madonna Avvertimento miracoloso Il coraggio di Scanderberg Il mondo delle TFP S. Giovanna d’Arco: castità ed eroismo
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Copertina: Il Concilio Vaticano II, punto di arrivo e di rimbalzo di una crisi che Plinio Corrêa de Oliveira aveva denunciato nel 1943 nel libro «In difesa dell’Azione Cattolica»
Tradizione Famiglia Proprietà Anno 22, n. 75 ottobre 2017 Dir. Resp. Julio Loredo
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Attualità
Eco fake news
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Riscaldamento globale: verità scientifica o bufala?
li scienziati australiani John Abbot e Jennifer Marohasy hanno pubblicato su GeoResJ i risultati di un’approfondita analisi dei dati climatici degli ultimi venti secoli in varie regioni geografiche: «The application of machine learning for evaluating anthropogenic versus natural climate change». L’équipe scientifica coordinata da Abbot e Marohasy ha esaminato i segni lasciati dai cambiamenti climatici negli anelli di crescita degli alberi, nel polline, nei sedimenti dei laghi, nelle stalagmiti e via dicendo, misurando quindi le tendenze della temperatura globale prima della comparsa dei termometri.
Le prove raccolte suggeriscono che il Pianeta è oggi appena un grado più caldo rispetto al picco di temperatura registrato durante il periodo caldo medievale (MWP, nella sigla inglese). Gli autori concludono, perciò, che non vi è nulla di innaturale o senza precedenti nel cosiddetto “cambiamento climatico” della fine del XX secolo e l’inizio del XXI. I risultati contraddicono le affermazioni allarmistiche degli scienziati riuniti nell’Intergovernmental Panel on Climate Change – IPCC, organo politico delle Nazioni Unite, secondo cui è in corso un “pericoloso riscaldamento globale causato dall’uomo”. Questo studio mostra, invece, che i cambiamenti in corso sono nella norma storica.
Un tipico esempio di oscillazione naturale è la sequenza che va dal periodo caldo medievale (MWP), con un picco intorno al 1200, alla piccola era glaciale (LIA, in inglese), con un picco intorno al 1650, all’attuale riscaldamento, il cui picco è stato identificato nel 1980. In Inghilterra, il periodo caldo medievale favorì grandi raccolti e un arricchimento generale, mentre la piccola era glaciale produsse carestie che portarono alla morte di 75 mila persone. Lo studio mostra, per esempio, che un eventuale raddoppiamento di CO2 nell’atmosfera, aumenterebbe la temperatura globale di solo 0,6°.
Confermando le posizioni degli scienziati “scettici”, lo studio costituisce invece un appello a quegli “allarmisti” affinché non escludano ideologicamente certi dati scientifici. È scandaloso, per esempio, che i grafici ufficiali utilizzati per redigere l’Accordo di Parigi sul clima abbiano omesso di menzionare i cicli storici, attribuendoli a un “pensiero scorretto”, senza entrare nel merito scientifico. A sin., John Abbot e Jennifer Marohasy In alto, il libro «Cambio climatico: I fatti 2017» 4 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / OTTOBRE 2017
Lech Walesa: nuove evidenze della sua cooperazione con il regime comunista di Jan J. Franczak
Lech Walesa, mitizzato leader di “Solidanorsc”, era un agente dello SB (Servizio di sicurezza), un dipartimento creato dai sovietici per tenere i polacchi sottomesi al regime comunista. Ne abbiamo già parlato nel numero di giugno. E adesso emergono nuove prove, ormai inconfutabili.
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e accuse contro Lech Walesa di aver collaborato col regime comunista erano nell’aria già da molti anni. Da qualche tempo, infatti, nella Polonia post-comunista si discuteva, in articoli e in dibattiti pubblici, sul fatto che il leader di Solidanorsc fosse un informatore del Servizio di sicurezza (SB), una polizia segreta creata dai sovietici per tenere i polacchi sottomessi al regime. Immancabilmente, però, chi sollevava l’ipotesi era tacciato dalla grande stampa e dai commentatori di sinistra come maniaco, oppure nocivo agli interessi della Polonia. Né era estranea una certa stampa cattolica. Lech Walesa era intoccabile, un simbolo della transizione del sistema politico.
La svolta è arrivata nel 2008 quando due storici, Slawomir Cenckiewicz e Piotr Gontarczyk, hanno pubblicato il libro «Lo SB e Lech Walesa», edito dall’Istituto per la memoria nazionale (IPN), che promuove ricerche sulla persecuzione alla nazione polacca da parte delle dittature nazista e comunista. L’opera svelava documenti che indicavano come il più famoso cittadino polacco vivente fosse stato un informatore del Servizio di sicurezza.
Il compito degli autori non era facile. Dovevano provare l’esistenza di un agente dello SB chiamato in codice “Bolek”, e poi dimostrare oltre ogni possibile dubbio che tale agente fosse proprio Lech Walesa. Un pezzo essenziale è la cartella E-14 dello SB con la scheda di Lech Walesa, figlio di Boleslaw e di Feliksa, nato a Popowo il 25 settembre 1943, e archiviata a Danzica. La cartella contiene anche rapporti, corrispondenza e memorandum che dimostrano che, infatti, “Bolek” era Walesa.
Nonostante molti documenti dello SB riguardanti la collaborazione del leader di Solidarnosc con la polizia segreta siano stati distrutti poco dopo la caduta del comunismo, quelli pubblicati da Cenckiewicz e Gontarczyk permettono di situare esattamente l’inizio e la fine della collaborazione di “Bolek”, e quanto questa sia stata di fatto utile.
I documenti mostrano che Walesa iniziò a collaborare col regime comunista nel 1970, poco dopo che il governo aveva soffocato nel sangue la protesta dei lavoratori portuali a Danzica. I lavoratori reclamavano per l’aumento dei prezzi. Il Servizio di sicuTRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / OTTOBRE 2017 - 5
Attualità
Gli storici polacchi vogliono capire fino a che punto l’operato di Solidarnosc, e i successivi eventi della transizione politica, furono pilotati dai comunisti
A sin. Giovanni Paolo II incontra Lech Walesa in Vaticano
rezza reclutò l’allora giovane elettricista Lech Walesa come parte del suo programma di monitoraggio degli operai, potenziato proprio a causa di quella protesta.
La collaborazione stretta durò tre anni. Anche dopo, però, Walesa si mostrò “disciplinato e disposto a collaborare saltuariamente”, secondo un memorando interno dello SB. Cenckiewicz ha trovato, negli archivi dello SB, diversi rapporti di “Bolek” denunciando compagni di lavoro per attività anti-socialiste. Un altro documento dello SB qualifica “Bolek” “un collaboratore risoluto, inventivo e molto meticoloso”. Walesa fu lautamente ricompensato per la sua collaborazione. Per esempio, nel 1972 egli ricevette in premio dal governo un appartamento, il che, commenta Cenckiewicz, “mostra quanto egli fosse utile al regime”. Le sue denuncie misero in difficoltà molti colleghi, convinti anticomunisti, alcuni dei quali finirono in galera.
Negli anni 1973-1974, il Servizio di sicurezza riscontra un calo nell’attività collaborazionista di Walesa. Un documento parla addirittura di “riluttanza”. Poco a poco, il rapporto si affievolisce fino a cessare totalmente. Un fatto che, comunque, gli fa onore.
I documenti presentati allora da Cenckiewicz e Gontarczyk furono contestati dai difensori del leader di Solidanorsc. La stampa e l’intellighenzia di sinistra, per non parlare di certi ambienti cattolici, cercarono in ogni modo di confutare il libro. Perfino il Primo ministro Donald Tusk lo criticò. Ovviamente, Walesa stesso negò ogni collaborazione, a volte scivolando sulle prove presentate dai ricercatori, a volte semplicemente insultandoli. 6 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / OTTOBRE 2017
Una seconda svolta nell’identificazione della vera identità di “Bolek” arrivò nel 2016, poco dopo la scomparsa del generale Czeslaw Kiszcak, già Capo dei servizi segreti e ultimo ministro degli Interni comunista. Lasciando la carica, egli aveva portato a casa diverse scatole con documenti segreti che poi conservò durante gli anni della transizione. Dopo la sua morte, avvenuta il 5 novembre 2015, la vedova rese pubblico questo archivio. Tra i documenti c’era, per esempio, la dichiarazione originale con la quale Walesa si impegnava a collaborare con i servizi, nonché ricevute da lui firmate accettando pagamenti in contanti per le informazioni trasmesse. L’autenticità di tali documenti non può essere messa in dubbio, il che ha indotto la maggior parte dei difensori del leader di Solidarnosc a cambiare posizione.
Anche di fronte all’evidenza, Walesa continua a negare tale collaborazione, mentre la cerchia più stretta dei suoi sostenitori parla di “un momento di debolezza giovanile”, che non dovrebbe inficiare il giudizio complessivo positivo. Non possiamo, però, schivare una domanda: fino a che punto la collaborazione con il Servizio di sicurezza, ormai inconfutabile, influenzò la sua carriera prima sindacale e poi politica?
Per gli storici polacchi, la domanda è cruciale per capire fino a che punto non solo l’operato di Solidarnosc, ma anche i successivi eventi della transizione del sistema politico, furono in buona misura pilotati dai servizi comunisti. La domanda è particolarmente scottante per ciò che riguarda la presidenza di Lech Walesa (1990-1995), segnata da sostanziali concessioni alla Russia, dall’appoggio alle élite comuniste riciclatesi nel nuovo regime e da una certa freddezza con l’Occidente. Il dibattito è aperto.
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Dossier: Il primo grido d’allarme
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Il primo grido d’allarme
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he vi sia una profondissima crisi in seno alla Chiesa é, purtroppo, un fatto di prima evidenza. Tutti i Pontefici recenti ne hanno parlato: dalla denuncia del “fumo di Satana penetrato nel tempio di Dio” di Paolo VI, nel 1972, alla Chiesa “ospedale da campo dopo una battaglia” di papa Bergoglio, nel 2013. La crisi è visibile a 360 gradi: dalla diminuzione delle vocazioni sacerdotali (ridotte del 60%) al crollo della frequenza alla Messa domenicale (calata in alcuni Paesi al 4,5%).
di Julio Loredo
Si è soliti parlare di “crisi post-conciliare”, scoppiata cioè dopo il Concilio Vaticano II (1962-1965). Si discute, con toni a volte assai accesi, se questa crisi sia conseguenza dell’applicazione del Concilio, oppure frutto di una sua cattiva interpretazione. Comunque sia, trattando l’odierna crisi nella Chiesa, si suole fissare come spartiacque appunto il Concilio, tanto che non è infrequente porre una divisione fra Chiesa “pre-conciliare” e Chiesa “post-conciliare”, quasi fossero due Chiese diverse. Sopra: Plinio Corrêa de Oliveira parla alla folla radunata per il Congresso Eucaristico Nazionale, nel 1942 A dx., l’edizione originale del libro «In difesa dell’Azione Cattolica» TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / OTTOBRE 2017 - 7
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Dossier: Il primo grido d’allarme Plinio Corrêa de Oliveira parla all’Azione Cattolica di Santos
D’altra parte, nel trattare il sorgere dei settori “tradizionalisti”, si usa fissare come punto di nascita, o comunque di consolidazione, le reazioni contro il Novus Ordo Missae nei primi anni Settanta, specialmente sotto l’egida di mons. Marcel Lefebvre. Ambedue le tesi sono inesatte.
Chi studia con attenzione la “crisi post-conciliare” non può non vedervi un risorgimento dell’eresia modernista della prima metà del Novecento, attraverso vari passaggi di cui fanno parte la Nouvelle Théologie e il “movimento liturgico” (1). In altre parole, le radici della crisi attecchiscono almeno un secolo prima. In questa luce, il Concilio appare, semmai, come conseguenza e punto di rimbalzo della crisi, non certo come la sua origine. D’altra parte, anche le reazioni contro la crisi hanno una storia assai più lunga. “Di fronte alle nuove tendenze eterodosse che iniziavano a diffondersi nella Chiesa, la prima voce di allarme giunse dall’America Latina”, scrive il prof. Roberto de Mattei nel suo libro sul Concilio (2). Lo storico romano si riferisce all’opera di Plinio Corrêa de Oliveira «In difesa dell’Azione Cattolica», pubblicata nel 1943, e che costituisce, appunto, la prima denuncia complessiva dell’allora nascente crisi nella Chiesa (3).
Leader delle Congregazioni Mariane, nel 1940 il prof. Plinio Corrêa de Oliveira era stato nominato presidente della Giunta Arcidiocesana dell’Azione Cattolica di San Paolo. Da tale osservatorio, egli si rese subito conto che all’interno della Chiesa e del laicato cattolico lavoravano tendenze che l’avrebbero portata verso indirizzi diametralmente opposti a quelli vigenti da sempre. Per fermare questa infiltrazione, nel 1943 egli scrisse il libro «In difesa dell’Azione Cattolica». L’opera rappresenta la prima confutazione di ampio 8 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / OTTOBRE 2017
respiro degli errori progressisti serpeggianti all’interno degli ambienti cattolici.
Il libro suscitò un’enorme polemica. Vescovi, sacerdoti e laici presero posizione a favore o contro il libro bomba. L’autore, però, godeva di autorevoli sostegni. La prefazione era stata scritta dal Nunzio Apostolico in Brasile, e poi cardinale, Benedetto Aloisi Masella. Nel corso della polemica, a fianco del prof. Plinio Corrêa de Oliveira si schierarono inoltre venti vescovi e vari superiori religiosi. Finché all’autore giunse da Roma una lettera di approvazione, scritta, in nome di Pio XII, da mons. Giovanbattista Montini, allora sostituto alla Segreteria di Stato della Santa Sede: “Sua Santità si rallegra con te perché hai saputo illustrare e difendere con acume e chiarezza l’Azione Cattolica, della quale possiedi una completa conoscenza e che tieni in grande stima”.
Nonostante le apparenze contrarie, il libro centrò il suo obiettivo. “Questo libro – secondo mons. Geraldo de Proença Sigaud – fu un grido d’allarme e un cauterio. Come grido d’allarme, impedì che migliaia di fedeli si consegnassero, in buona fede, agli errori e agli abusi del liturgicismo che avanzavano come un torrente in piena. (...) ‘In difesa dell’Azione Cattolica’ fu un libro grazia” (4).
La storia ha in seguito confermato le profetiche ammonizioni di Plinio Corrêa de Oliveira. Basti ricordare che la cosiddetta “Teologia della liberazione” – oggi molto in voga sotto papa Bergoglio – nasce proprio negli ambienti dell’Azione Cattolica latinoamericana, come sbocco diretto delle tendenze denunciate dal leader cattolico brasiliano.
Approssimandoci al 75° anniversario del libro di Plinio Corrêa de Oliveira, un suo discepolo, Juan Gonzalo Larraín Campbell, ha di recente presentato un volume che ne riassume dottrina ed efficacia strategica: «Plinio Corrêa de Oliveira denuncia sul nascere la rivoluzione progressista». Pubblichiamo, qui di seguito, un’intervista all’autore.
1. Per un’analisi storico-dottrinale della genesi e sviluppo di questi errori, si veda Julio Loredo, «Teologia della liberazione: un salvagente di piombo per i poveri», Cantagalli, Siena 2013. 2. Roberto de Mattei «Il Concilio Vaticano II. Una storia mai scritta», Lindau, Torino 2010, p. 83. 3. Plinio Corrêa de Oliveira, «In difesa dell’Azione Cattolica», Ave Maria, San Paolo 1943. 4. Dom Geraldo de Proença Sigaud, Um livro que foi uma graça para o Brasil, in “Catolicismo”, n. 150, giugno 1963.
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Nel 75° anniversario di «In difesa dell’Azione Cattolica»
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Intervista a Juan Gonzalo Larraín Campbell
La prima denuncia degli errori progressisti fu l’opera di Plinio Corrêa de Oliveira «In difesa dell’Azione Cattolica», pubblicata nel 1943. Alle soglie del 75° anniversario, un suo discepolo lancia un libro che ne riassume dottrina ed efficacia strategica: Juan Gonzalo Larraín Campbell, «Plinio Corrêa de Oliveira denuncia sul nascere la rivoluzione progressista, nel libro “In difesa dell’Azione Cattolica”. Attualità, efficacia e influenza nella storia della Chiesa» (Artpress, San Paolo 2017, 525 pp.). Membro della TFP cilena dagli anni Sessanta, Larraín Campbell risiede adesso a San Paolo del Brasile, dove lo abbiamo intervistato. Qual è stato il suo scopo nel pubblicare questo libro? Perché ha utilizzato nel titolo l’espressione “rivoluzione progressista”?
L’autore Juan Gonzalo Larraín Campbell
Purtroppo, parlare di crisi nella Chiesa è diventato quasi banale. Anzi, a volte si fa più confusione che chiarezza. Molti ne parlano, pochi però sono in grado di spiegare questa crisi, indicandone le radici e lo sviluppo storico, e identificandone i responsabili. Inoltre, molti ignorano l’odio e la persecuzione che si è scatenata contro chi vi si è opposto. Ho scelto l’espressione “rivoluzione progressista” perché l’attuale crisi nella Chiesa si inserisce, come parte integrante, nel processo storico rivoluzionario descritto dal prof. Plinio Corrêa de Oliveira nel suo capolavoro «Rivoluzione e Contro-Rivoluzione»; ossia quel processo che, iniziato con l’Umanesimo, ha come meta la distruzione della civiltà cristiana e, in ultima analisi, della Chiesa stessa.
Per capire questa “rivoluzione progressista”, nel suo spirito, nelle sue dottrine e nel suo sviluppo concreto, mi è sembrato opportuno riportare la vicenda del libro «In difesa dell’Azione Cattolica», scritto dal dott. Plinio nel 1943.
Nel Prologo, Lei afferma che il libro di Plinio Corrêa de Oliveira, scritto quasi settantacinque anni fa, continua a essere perfettamente attuale. Potrebbe spiegarsi meglio?
La domanda mi permette di completare la precedente risposta. Sono convinto, specialmente di fronte alla confusione venutasi a creare sotto l’attuale
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Dossier: Il primo grido d’allarme
pontificato, che gli errori denunciati nel 1943 dal dott. Plinio continuano a inquinare gli ambienti cattolici, costituendo anzi l’essenza dell’attuale crisi. Tali errori, che allora serpeggiavano in modo surrettizio, oggi si stagliano in tutta la loro malvagità distruttrice.
Ritengo di sommo interesse il fatto che Plinio Corrêa de Oliveira abbia saputo discernere questi errori sul nascere, analizzandoli in modo logico e concatenato, descrivendone poi con lungimiranza le conseguenze, sia nel campo spirituale sia in quello temporale, nel caso i cui le autorità religiose non li avessero combattuti. Soprattutto, egli ebbe il coraggio di denunciarli pubblicamente, pur sapendo che andava incontro a una feroce persecuzione.
Troppi membri della gerarchia ecclesiastica, perfino altolocati, non vollero dare ascolto all’ammonizione di Plinio Corrêa de Oliveira, abbassando piuttosto i ponti della cittadella, e perfino promuovendo gli errori che gli agenti della Rivoluzione mondiale volevano inoculare nella Chiesa. Il clero progressista, o neo-modernista che si voglia, non solo accolse questi errori con entusiasmo, ma ne diventò l’alfiere.
In questo senso, ritengo «In difesa dell’Azione Cattolica» un libro profetico, la cui fondatezza è sempre più evidente, e la cui efficacia si afferma nel tempo. Ecco la tesi centrale del mio libro. Secondo Lei, come si potrebbero qualificare questi errori?
È evidente che si tratta di un risorgimento – con molta più forza ed efficacia – degli errori dell’eresia modernista, sintesi e culmine di tutte le eresie precedenti, secondo le parole di papa s. Pio X. Il Santo Pontefice condannò energicamente il Modernismo nel decreto Lamentabili sane exitu e nell’enciclica Pascendi Dominici gregis, ambedue del 1907. Il Modernismo auspicava la totale sovversione della Chiesa, e anche della società temporale, in senso radicalmente rivoluzionario, ugualitario e liberale. In fondo, il Modernismo tendeva verso il socialismo anarchico. Condannato, il Modernismo si nascose in ciò che lo stesso Pontefice denunciò come un clandestinum foedus, una lega clandestina, e che il modernista Antonio Fogazzaro non dubitò nel chiamare “Massoneria cattolica”. Questa massoneria uscì allo scoperto in Europa nei primi anni Trenta. Poco dopo, essa si manifestò in Brasile nell’Azione Cattolica e nel cosiddetto Movimento liturgico. Lei afferma che, oltre al suo effetto immediato, il libro «In difesa dell’Azione Cattolica» continua a essere efficace. In cosa consiste questa efficacia?
Per dimostrare questa tesi, ho fatto tabula rasa delle mie personali convinzioni, fondandola invece nella testimonianza di autori progressisti, e quindi nemici ideologici del dott. Plinio. Pubblicando quel libro, Plinio Corrêa de Oliveira non solo smascherò i progressisti, che forse avrebbero voluto continuare ad avanzare in modo surrettizio, ma aprì anche gli occhi di innumerevoli persone che fino ad allora avevano solo un’idea vaga delle nuove idee che cominciavano a serpeggiare negli ambienti cattolici. Così, egli divise i campi. Da allora, l’ambiente cattolico in Brasile è scisso da cima a fondo. Tale scissione provocò grande danno alla rivoluzione progressista nella Chiesa, frenandone l’impulso iniziale. Secondo me, questo fu il principale scopo di Plinio Corrêa de Oliveira con «In difesa dell’Azione Cattolica». La Parte VI del mio libro è dedicata a citazioni di autori, non certo tradizionalisti, che prendono atto della divisione fra progressisti e anti-progressisti in Brasile, fino ai giorni no-
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Mons. Benedetto Aloisi Masella, futuro cardinale, allora Nunzio Apostolico in Brasile, scrisse la prefazione al libro di Plinio Corrêa de Oliveira
stri. Riconoscono, inoltre, che la marcia a sinistra nell’Azione Cattolica soffrì una fortissima battuta d’arresto col libro del dott. Plinio. Sono dunque gli stessi autori progressisti che, per così dire, presentano il “conto” dell’efficacia di «In difesa dell’Azione Cattolica». Questa divisione, però, non fermò il processo rivoluzionario nella Chiesa.
Infatti, il libro del dott. Plinio non distrusse il progressismo, né fermò il processo rivoluzionario nella Chiesa. Costrinse, però, i vescovi progressisti ad andare più piano fino al Concilio Vaticano II. Diversamente, avrebbero causato scandalo, rischiando di perdere la propria influenza sui fedeli. Ho la certezza che, salvo qualche eccezione, il dott. Plinio non si aspettava che l’episcopato nazionale lo appoggiasse in quel frangente. La denuncia, comunque, fu fatta. E adesso è chiaro su quali coscienze ricada la responsabilità della crisi post-conciliare. Lungo i decenni, questa divisione ha impedito che il Brasile precipitasse nel comunismo, tesi ampiamente documentata da autori lontani dalle nostre convinzioni ideologiche. Quali appoggi ecclesiastici ricevette allora Plinio Corrêa de Oliveira?
All’epoca, Plinio Corrêa de Oliveira era presidente della Giunta arcidiocesana dell’Azione Cattolica di San Paolo. Il più importante appoggio fu, senza dubbio, la lettera di encomio inviatagli nel 1949 a nome di papa Pio XII da mons. Giovanbattista Montini, futuro Paolo VI, allora sostituto della Segreteria di Stato. Ricordo, inoltre, che il libro si fregiava della prefazione del Nunzio apostolico in Brasile, mons. Benedetto Aloisi Masella, futuro cardinale. Il dott. Plinio ricevette ventitré lettere di altrettanti vescovi brasiliani.
Possiamo poi parlare dell’appoggio, implicito ma sostanziale, rappresentato dalle encicliche Mystici Corporis Christi (1943) e Mediator Dei (1947), e dalla Costituzione Apostolica Bis Saeculari Die (1948). Nell’insieme, questi documenti confutavano
e condannavano gli stessi errori segnalati nel volume «In difesa dell’Azione Cattolica». Posso menzionare anche la Lettera della Sacra Congregazione dei Seminari e delle Università al Venerando Episcopato brasiliano, del 1950, in cui la Santa Sede condannava di nuovo tali errori. Questa lettera segnò una battuta d’arresto alla rivoluzione ecclesiastica in Brasile. Tutto ciò è documentato nel mio libro, per lo più con citazioni di autori progressisti. Lei ha parlato del Brasile. «In difesa dell’Azione Cattolica» ebbe qualche influenza anche all’estero?
Indubbiamente il libro ebbe una profonda influenza in America Latina e, di riflesso, nel mondo. Smascherando il progressismo, il libro impedì che parte del clero brasiliano scivolasse velocemente verso il comunismo. Nell’altra sponda, dalla reazione contro il progressismo nacque e si sviluppò il movimento di “Catolicismo”, guidato da Plinio Corrêa de Oliveira, che si trasformò nel 1960 nella Società per la difesa della Tradizione Famiglia e Proprietà – TFP.
La prima campagna della TFP brasiliana fu contro la Riforma Agraria socialista e confiscatrice, attraverso la pubblicazione del libro «Riforma agraria questione di coscienza», scritto dal dott. Plinio insieme a due vescovi e all’economista Luiz Mendonça TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / OTTOBRE 2017 - 11
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Dossier: Il primo grido d’allarme
1933: la prima Messa “versus populum”
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ontrariamente a un’idea assai generalizzata, secondo cui le innovazioni liturgiche che portarono al Novus Ordo Missae del 1969 furono conseguenza esclusiva del Concilio Vaticano II, tali innovazioni si erano già diffuse negli anni ‘30, attraverso le correnti neo-moderniste infiltrate in ampi settori dell’Azione Cattolica. Ecco, per esempio, la descrizione della prima Messa versus populum celebrata in Brasile nel 1933, descritta da un partecipante, poi ordinato vescovo, figura centrale del progressismo liturgico brasiliano: mons. Clemente Isnard, OSB. Descrivendo un ritiro spirituale per pochi “iniziati”, tenutosi in una fazenda vicino a Rio de Janeiro nel luglio del 1933, egli racconta:
“Nella sala principale, egli [Dom Martinho Michler, OSB] preparò un altare per la celebrazione della Messa. Ma, con nostra grande sorpresa, invece di accostare il tavolo alla parete, lo collocò al centro della sala, disponendo poi le sedie in semicircolo, dicendo che stava per celebrare di fronte a noi. Fu la prima Messa celebrata in Brasile di fronte al popolo! Nel salotto di una vecchia fazenda di Rio de Janeiro! Dom Martinho fece tutto ciò con naturalezza, ma in quel momento egli compiva in noi una rivoluzione, rompeva un tabù, obbligandoci a seguirlo negli altri passi che ci avrebbe fatto fare. Ci fu un’altra novità. La Messa fu dialogata. In latino, ovviamente. Tutti pregammo, per la prima volta, le parti che competevano al coro e ai cantori. Fu un colpo di fulmine! Era la prima volta in Brasile che, fuori da un convento benedettino, si dialogava la Messa” (1). Trent’anni dopo, ormai vescovo di Nova Friburgo, mons. Isnard racconterà questo episodio:
“Ricordo questa scena durante la prima sessione del Concilio. La mattina del 4 dicembre 1963 stava per essere promulgata la Costituzione Sacrosanctum Concilium sulla liturgia. (…) Mentre, commosso, attraversavo il portone della basilica di S. Pietro, incontrai provvidenzialmente l’abate Dom Martinho Michler, OSB. Ci siamo abbracciati e ci siamo congratulati. Tutto quanto egli insegnava nel lontanissimo 1933, la sua visione della liturgia nella vita della Chiesa, tutto era stato incorporato nel testo che stava per essere approvato da 2147 vescovi contro quattro, e poi promulgato dal Santo Padre. Le dottrine allora condannate come ‘liturgicismo’ stavano per essere canonizzate dalla Costituzione Conciliare! “Non credo che quella mattina il cardinale Benedetto Aloisi Masella si ricordasse della prefazione che aveva scritto al libro di Plinio Corrêa de Oliveira. (..) Era per noi un giorno di gioia e di vittoria. (...)
“Oggi, quei supercattolici di allora sono sull’orlo dello scisma [sic], mentre quelli accusati di eresia vedono invece le loro dottrine canonizzate da un Concilio ecumenico” (2). 1. José Ariovaldo da Silva, OFM, O Movimento Litúrgico no Brasil – Estudo Histórico, Vozes, Petrópolis 1983, p. 42. 2. Bernardo Botte, OSB, O Movimento Litúrgico – Apêndice de D. Clemente Isnard, OSB, Ed. Paulinas, São Paulo 1978, pp. 230, 223.
Dom Clemente Isnard, OSB
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non dà sapore e la luce non illumina, la conseguenza può essere solo caos e confusione. È quanto sta succedendo oggi, in ambito ecclesiastico e in ambito civile. È la triste conseguenza del progressismo, abbracciato oggi, con meritevoli eccezioni, dalla stragrande maggioranza del clero. Non ci possiamo meravigliare che, a Fatima, la Madonna abbia parlato di immani castighi. La domanda è terribile, ma non abbiamo il diritto di non farla: chi è ancora cattolico, nel senso pieno della parola? Dall’altro lato, però, è evidente che nel mondo di oggi vi sono potenti reazioni cariche di speranza, che trovano esponenti anche nell’alto clero. Credo che queste reazioni debbano molto all’esempio di Plinio Corrêa de Oliveira, che già nel 1943 lottava contro le infiltrazioni neomoderniste nella Chiesa, soffrendo perciò un’atroce persecuzione che egli accettò con spirito di rassegnazione cristiana.
de Freitas. Questa campagna ravvivò il sentimento anticomunista dei brasiliani, impedendo che il Paese cadesse nell’orbita sovietica. Per l’enorme importanza strategica, economica e politica, la caduta del Brasile avrebbe trascinato altri Paesi dell’area nel comunismo. Ciò avrebbe dato enorme forza politica ed economica all’URSS, postergando, o addirittura evitando, il suo collasso.
Nell’auge della persecuzione, egli scrisse una lettera all’episcopato brasiliano, dalla quale traggo questa frase, che potrebbe riassumere il senso del prossimo 75° anniversario di «In difesa dell’Azione Cattolica»: “Se questa non è la dottrina cattolica, allora condannatemi. Se, però, questa è la dottrina cattolica, vi condannate voi stessi”.
Basta pensare al profitto che l’URSS trasse dalla piccola Cuba per farsi un’idea di quanto un Brasile comunista avrebbe alterato completamente il quadro geopolitico. Qual è la conclusione del suo libro?
Nostro Signore disse agli Apostoli che erano il sale della terra e la luce del mondo. Quando il sale
“Se questa non è la dottrina cattolica, allora condannatemi. Se, però, questa è la dottrina cattolica, vi condannate voi stessi” A dx., Plinio Corrêa de Oliveira ai tempi dell’Azione Cattolica Sopra, la lettera di encomio di Pio XII, firmata da mons. Giovanbattista Montini
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Dossier: Il primo grido d’allarme
Il sacrificio è valso la pena
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di Raffaele Citterio
ggi, settantacinque anni dopo la pubblicazione di «In Difesa dell’Azione Cattolica», è lecito domandarsi col vantaggio della retrospettiva storica: è valsa la pena? In altre parole: il libro di Plinio Corrêa de Oliveira ha raggiunto il suo obiettivo? Riproduciamo in merito due testimonianze al di sopra di ogni sospetto.
La prima è di Frà José Ariovaldo da Silva, OFM, che nel 1978 presentò una tesi di laurea in Teologia presso il Pontificio Ateneo S. Anselmo di Roma sul “Movimento Liturgico in Brasile”, nome col quale era allora conosciuta la corrente neo-modernista. Documenti alla mano, padre da Silva illustra il ruolo centrale che il “Gruppo del Legionario”, cioè il movimento guidato da Plinio Corrêa de Oliveira, svolse nella condanna di questa corrente da parte del Vaticano.
L’altra testimonianza è di Alceu Amoroso Lima, letterato di fama internazionale, ritenuto il Maritain latino-americano, e che allora ricopriva la carica di presidente nazionale dell’Azione Cattolica brasiliana. Senza menzionarlo, egli si lamenta che il libro del prof. Plinio Corrêa de Oliveira abbia segnato l’inizio della fine della corrente neo-modernista in seno all’Azione Cattolica.
Per afferrare pienamente il suo ragionamento dobbiamo spendere due parole su una tesi centrale di «In difesa dell’Azione Cattolica»: l’analisi del concetto di partecipazione. Nell’atto di fondare la moderna Azione Cattolica, papa Pio XI l’aveva definita “partecipazione dei laici nell’apostolato gerarchico della Chiesa”. Questa formula, perfettamente adeguata se
letta con i canoni della teologia tradizionale, era invece interpretata dai militanti più radicali di AC alla luce della Nouvelle Théologie.
Tutto si giocava sul concetto di partecipazione. Fondamentalmente ugualitaria, la Nouvelle Théologie tendeva in vari modi a livellare clero e laicato. Secondo la lettura dei militanti radicali di AC, la “partecipazione” dei laici supponeva “un nuovo modello di Chiesa”, non più gerarchico ma “comunitario”, diverso da quello del Magistero tradizionale e affine invece al Modernismo. Per tagliare alla radice qualsiasi possibilità di equivoco, il prof. Plinio Corrêa de Oliveira proponeva di sostituire “partecipazione” con “collaborazione”, un concetto che salvaguardava pienamente la costituzione gerarchica della Chiesa. Questa interpretazione finalmente la spuntò nella riorganizzazione che dell’Azione Cattolica fece Pio XII precisamente per arginare il cedimento a sinistra.
Suonavano la tromba e Roma interveniva Scrive Frà José Ariovaldo da Silva:
“Passo a trattare di un libro tipicamente polemico, In difesa dell’Azione Cattolica, che diede molto filo da torcere e determinò una serie di misure pubbliche che intaccarono la credibilità del Movimento liturgico. (...) Il libro di P. Corrêa de Oliveira – con prefazio del Nunzio! – faceva furore, incoraggiando [i vescovi tradizionalisti] a prendere rigide misure [contro le innovazioni]. (...) Il libro ebbe enorme successo, disseminando un clima di diffidenza nei confronti del lavoro svolto dal Movimento liturgico”. (...)
“In difesa dell’Azione Cattolica va considerato una sorta di precorritore dell’enciclica Mediator Dei nella lotta contro gli errori e gli spropositi del liturgicismo”. (...) “[Quello di Plinio Corrêa de Oliveira] era un gruppo rappresentativo di tutta una linea di grande
Plinio Corrêa de Oliveira suonò la tromba in modo talmente forte, che lo stesso Vaticano dovette intervenire José Ariovaldo da Silva
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Do Le stesse autorità ecclesiastiche cominciarono a indietreggiare, e l’Azione Cattolica cominciò a morire in tutti i Paesi Alceu Amoroso Lima
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forza e influenza in Brasile, che riusciva perfino a far arrivare alla Santa Sede denunce sugli ‘abusi liturgici’ nel Paese. Infatti, poco tempo dopo le denunce di questo gruppo, Roma emise un’avvertenza per tutti i vescovi del Brasile”. (...)
“Si trattava di un gruppo molto agguerrito e influente, che faceva di tutto per eliminare, o per lo meno neutralizzare, il Movimento liturgico. (...) Si trattava, ripeto, di un gruppo molto influente, il cui intento era di estirpare dalla radice il male del liturgicismo. I suoi membri erano talmente influenti, suonarono la tromba in modo talmente forte, che lo stesso Vaticano dovette intervenire tramite la Sacra Congregazione dei Seminari, con una lettera indirizzata a tutti i vescovi del Brasile, richiamandoli alla vigilanza nella formazione dei seminaristi e contro il ‘gusto esagerato e poco prudente per ogni e qualsiasi novità’” (1).
L’Azione Cattolica cominciò a morire...
Riportiamo le parole di Alceu Amoroso Lima:
“Rio de Janeiro, 22 gennaio 1960. Entrai in quello stesso cortile dietro al Duomo che avevo tante volte attraversato ai bei tempi dell’Azione Cattolica, sì di quella Azione Cattolica che era nata liturgicamente nel 1935 proprio lì nel Duomo, e che oggi è tanto cambiata, è così diversa che non conserva nemmeno un’ombra di quello spirito che noi volevamo allora conferirle, e che potrebbe essere espresso nell’importanza che attribuivamo al termine partecipazione.
“Quando ne venni a conoscenza, provai una fortissima emozione con l’Azione Cattolica, ritenendo fosse l’inizio d’una nuova era nella vita della Chiesa. (...) Ero rimasto soprattutto impressionato dall’utilizzo della parola partecipazione nella definizione di Pio XI: ‘Azione Cattolica, partecipazione dei laici nell’apostolato gerarchico della Chiesa’. Fu per me una rivelazione. E coincise con un’altra fortissima emozione quando venni a contatto con quella teoria sul Corpo Mistico, nella quale riconobbi che noi eravamo parte di quel corpo e non semplici spettatori o aderenti. Fu per me una nuova luce. “Ebbene, poco tempo dopo, questo concetto di partecipazione cominciò ad essere abbandonato e so-
stituito con quello di collaborazione. Questo sviluppo non era fortuito, ed io ne fui profondamente colpito. Possibile che io avessi esagerato l’importanza della parola come segno d’una rinnovata rilevanza dei laici all’interno della Chiesa? Il caso è che le stesse autorità ecclesiastiche cominciarono a indietreggiare, rimettendo i laici ai loro posti. E l’Azione Cattolica cominciò a morire... “Cominciò a morire prima di tutto in me, ma anche in se stessa. E la reazione prese il sopravvento. (...) Da allora cominciai ad avvertire una regressione, una decadenza dell’Azione Cattolica in tutti i paesi del mondo. Io non voglio esagerare. (...) Sarà forse una tappa transitoria? Non lo so. Ma io non posso rigettare l’evidenza dei fatti. E il fatto è che quell’Azione Cattolica che conobbi, (...) lievito nuovo nella massa dei fedeli (...) precorritrice di un nuovo ruolo per i laici, è andata via via scemando, scemando, non restandone oggi che un vago ricordo storico. (...)
“Quando penso a questo sento un brivido nella spina dorsale. Possibile che [tutto ciò] fosse appena un capriccio, un mito della nostra immaginazione di nuovi cristiani? (...)
“La crisi dell’Azione Cattolica, come noi la concepivamo, è cominciata quando hanno sostituito la parola partecipazione con collaborazione. Tutto è tornato al passato”.
1. José Ariovaldo da Silva, O.F.M., O movimento liturgico no Brasil - Estudo historico, Petrópolis, Vozes 1983, pp. 163, 194, 195, 313, 314, 336. 2. Alceu Amoroso Lima, João XXIII, José Olympo, Rio de Janeiro 1966, pp. 34-36. TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / OTTOBRE 2017 - 15
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Dossier: Il primo grido d’allarme
La denuncia del 1969
Verso una Chiesa-Nuova di Plinio Corrêa de Oliveira
Nell’aprile 1969 la rivista “Catolicismo” di San Paolo del Brasile, portavoce della TFP brasiliana, pubblicò un numero speciale doppio contenente il riassunto analitico di un saggio apparso poco prima sulla rivista “Ecclesia”, di Madrid, che denunciava l’esistenza all’interno della Chiesa di gruppi, autoproclamatisi “profetici”, che tramavano per la sua distruzione [“I piccoli gruppi e la corrente profetica”, Ecclesia n° 1423, 11 gennaio 1969]. Riportiamo l’introduzione scritta dal prof. Plinio Corrêa de Oliveira, con una dettagliata disanima della dottrina di questo movimento. Un testo di enorme attualità, che getta luce sulla “Chiesa dei poveri” che taluni settori vorrebbero costruire, anche ai giorni nostri.
Insubordinazione e disalienazione: filo rosso dei misteri “profetici”
Nell’articolo di presentazione di questo numero di “Catolicismo” (intitolato “Il perché di questo numero doppio”), vengono descritti i rapporti fra l’IDOC [Istituto di Documentazione della Chiesa Conciliare, ndr] e i cosiddetti “gruppi profetici”. È facile vedere che questi e quello costituiscono, insieme, una immensa macchina semi-segreta, inserita nella Chiesa, per realizzare il disegno malefico di trasformarla nel contrario di ciò che è stata in questi duemila anni di esistenza.
Vogliamo, adesso, aiutare il lettore nello studio dell’articolo di “Ecclesia” sui “gruppi profetici”, mettendo in speciale rilievo gli aspetti più profondi e chiarificatori di questa specie di società iniziatiche.
In questo commento non intendiamo approfondire propriamente la dottrina dei “gruppi profetici”, la coerenza interna delle diverse tesi che la integrano, i loro maestri, i loro precursori, le loro analogie o discrepanze con altri sistemi di pensiero. Né pretendiamo analizzare le condizioni culturali, politiche,
La denuncia di “Catolicismo” nel 1969: Gruppi occulti tramano la sovversione nella Chiesa 16 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / OTTOBRE 2017
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La Chiesa-Nuova non crede in un Dio “alienante”. Oggi, l’uomo, reso adulto dall’evoluzione, non accetta un Dio di cui è, in ultima analisi, un servo, e che lo mantiene nella dipendenza del suo potere paterno
sociali, economiche o altre, che favoriscono o avversano la genesi e lo sviluppo di questi gruppi.
Il nostro obiettivo è più circoscritto e anche di una utilità più immediata. Messi dinanzi alla crescita tangibile dei cosiddetti “gruppi profetici”, alla loro evidente nocività, e quindi alla necessità di sbarrargli il passo, ci domandiamo quale sia il loro programma, se contano con una struttura definita di direzione e di propaganda, com’è questa struttura, come agisce, come vedono le trasformazioni per le quali la Chiesa è passata di recente e continua a passare, quali sono le tecniche di reclutamento, formazione e sovversione usate da questi gruppi, e infine, quali sono i loro rapporti con il comunismo. È nell’articolo di “Ecclesia” che cercheremo le risposte a queste domande.
I. Disalienazione: ribellione contro ogni superiorità e ogni disuguaglianza
Il concetto-chiave della dottrina dei “gruppi profetici” è, a nostro avviso l’alienazione. Quindi, prendiamola come punto di partenza e come filo conduttore di questa esposizione. Il lettore vedrà che, in questo modo, la materia si farà limpida ed accessibile.
Alienus è un vocabolo latino che equivale alla parola alieno, cioè di un altro. Alienato è colui che non appartiene a se stesso, bensì a un altro.
Nella prospettiva comunista, ogni autorità, ogni superiorità sociale, economica, religiosa o un’altra qualsiasi, di una classe sull’altra, porta a un’alienazione. Alienante è la classe sociale che esercita l’autorità, o possiede una superiorità, sia attraverso un Re, un Capo di Stato, un Papa, un Vescovo, un Sacerdote, un Generale, un professore o un padrone. Alienata è la classe che presta obbedienza a quella
alienante. La classe alienata, per il fatto stesso di essere soggetta a un’altra classe, in misura maggiore o minore, in questa esatta misura non appartiene a se stessa, ed è alienata a quest’altra.
Trasferendo il concetto di alienazione ai rapporti tra persona e persona nella sfera religiosa, si può dire che un Papa, un Vescovo o un Sacerdote in quanto partecipano alla classe dirigente, che è il Clero, è alienante nei confronti di un semplice fedele, il quale è membro della classa guidata, cioè, il laicato.
Ogni alienazione è uno sfruttamento dell’alienato da parte dell’alienante. E siccome ogni sfruttamento è odioso, bisogna che l’evoluzione dell’umanità conduca alla soppressione di tutte le alienazioni, e perciò di tutte le autorità e disuguaglianze, poiché ogni disuguaglianza crea in qualche modo un’autorità. La formula più conosciuta e popolare della totale disalienazione sta nel motto della Rivoluzione francese: “Libertà, Uguaglianza, Fratellanza”. L’applicazione assolutamente radicale di questo motto condurrebbe a un’anarchia senza caos. La dittatura del proletariato non è altro che una tappa per la realizzazione dell’anarchismo.
L’egualitarismo radicale è la condizione perché ci sia libertà, ed affinché, cessati gli sfruttamenti e le conseguenti lotte di classi, regni tra gli uomini la fratellanza. Ecco la criminale chimera dei comunisti.
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Dossier: Il primo grido d’allarme
Una Chiesa “disalienata”...
La Chiesa-Nuova vuole disalienarsi in relazione al soprannaturale e al sacro Sopra: il cardinale Giuseppe Siri, arcivescovo di Genova; mons. Jacques Gaillot, vescovo emerito di Évreux, Francia, e il suo successore, mons. Christian Nourrichard: due atteggiamenti nei confronti del sacro... due Chiese?
II. Il supremo obiettivo “profetico”: una Chiesa non alienante né alienata
Dall’articolo di “Ecclesia” si deduce che i “gruppi profetici” vogliono trasformare la Chiesa cattolica da alienante ed alienata, come lo sarebbe ai nostri giorni, in una Chiesa-Nuova, senza nessuna forma di alienazione.
1ª disalienazione della Chiesa: in relazione a Dio
a. La Chiesa “costantiniana” (la cui era storica, secondo i “gruppi profetici”, inizierebbe con Costantino, l’Imperatore romano che nel 313 liberò la Chiesa dalle persecuzioni, togliendola dalle catacombe, e si estenderebbe sino ai nostri giorni) crede in un Dio trascendente, personale, dotato di intelligenza e di volontà, un Dio perfetto, eterno, creatore, reggente e giudice di tutti gli uomini. Questi sono infinitamente inferiori a Dio e gli devono ogni soggezione. Quindi, credendo in un tale Dio, gli uomini accettano un Dio alienante. Dunque, la Religione è pura alienazione. 18 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / OTTOBRE 2017
La Chiesa-Nuova non crede in un Dio alienante. Il Dio della Chiesa “costantiniana” corrisponde a una fase già superata dell’evoluzione dell’uomo, cioè l’uomo infantile e alienato. Oggi, l’uomo, reso adulto dall’evoluzione, non accetta un Dio di cui è, in ultima analisi, un servo, e che lo mantiene nella dipendenza del suo potere paterno, o meglio, paternalista, come dicono in modo peggiorativo i “gruppi profetici”. L’uomo adulto respinge ogni alienazione, e vuole per sé un’altra immagine di Dio: quella di un Dio che non è trascendente nei suoi confronti, ma immanente in lui. Un Dio che è impersonale, come un elemento diffusamente sparso in tutta la natura, e pertanto anche in ogni uomo. In una parola, un Dio che non aliena.
b. Ed è perché non accetta questa nuova figura di Dio, e si ostina nel mantenere la vecchia figura del Dio personale, trascendente e alienante, che la Chiesa “costantiniana” genera l’ateismo. Infatti, l’uomo adulto di oggi, non potendo accettare questa immagine infantile della divinità, si dichiara ateo. Però, se la Chiesa gli presentasse un Dio aggiornato, immanente e non alienante, egli lo accetterebbe. E smetterebbe di essere ateo.
Do Nella Chiesa-Nuova non vi è ragione che giustifichi l’esistenza di edifici destinati solo al culto, visto che è già morto il soprannaturale e il sacro. In questo mondo evoluto, adulto, contrario alle alienazioni, il culto del Dio immanente e diffuso nella natura può essere praticato in qualunque luogo profano.
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Cracovia: Basilica di Santa Maria (Mariatska) TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / OTTOBRE 2017 - 19
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Dossier: Il primo grido d’allarme
Se Dio non è più un Essere trascendente non vi è motivo che il culto pubblico della Chiesa abbia un senso del sacro e dello splendore Sotto: l’altare centrale della chiesa della Compagnia di Gesù, Quito, Ecuador Sopra: l’altare della parrocchia di Santa Lucia, Cascavel, Brasile
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c. È vero che l’affermazione di un Dio trascendente e alienante si fonda su numerosi passaggi delle Sacre Scritture. Tuttavia, secondo i “gruppi profetici” questi brani non costituiscono realtà storiche precise. Essi sono miti elaborati dall’uomo non adulto, alienato e bramoso di alienazione. Oggi, queste narrative devono essere reinterpretate secondo un concetto non alienante ma adulto, o persino rifiutate. Con ciò si purifica la Religione dai suoi miti. È propriamente ciò che si chiama demitizzazione.
d. È, per esempio, ciò che si dovrebbe fare per quanto riguarda la spiegazione della triste condizione dell’uomo, soggetto all’errore, al dolore e alla morte. Per l’uomo adulto, il rimedio per questa situazione non può decorrere da una Redenzione operata dal sacrificio del Dio trascendente incarnato, e completata dalle sofferenze dei fedeli. Il rimedio viene, invece, dall’evoluzione, dalla tecnica e dal progresso. Nel concetto dell’uomo disalienato, non c’è più ragione per le mortificazioni, alquanto masochistiche, che la Chiesa “costantiniana” promuoveva. La ChiesaNuova invita a una vita interamente volta alla felicità terrena. La Redenzione-progresso non ha come scopo condurre gli uomini verso un cielo ultraterreno, ma trasformare la terra in un cielo.
2ª disalienazione della Chiesa: in relazione al soprannaturale e al sacro
La religione cattolica “costantiniana”, coerente con la sua dottrina sulla trascendenza di Dio, ammette il soprannaturale, e con esso il sacro. Ora, il concetto di un ordine soprannaturale, superiore a quello naturale, di una sfera religiosa e sacra superiore alla sfera temporale, causa evidenti disuguaglianze. Da ciò provengono, ipso facto, molteplici alienazioni. Nella Chiesa-Nuova, disalienante e disalienata, si ammette come realtà soltanto il naturale, il temporale, il profano. È una Chiesa desacralizzata. Da qui decorrono numerose conseguenze: a. È ovvio, innanzitutto, che la Chiesa-Nuova è tutta posta nell’ordine naturale. Essa esercita la sua missione salvifica inducendo i fedeli a impegnarsi nel promuovere il benessere terreno.
b. La nozione della Chiesa come società distinta dallo Stato e sovrana nella sfera spirituale perde, quindi, ogni sua ragion d’essere. La Chiesa desacralizzata è, dentro la società temporale, un gruppo privato come un altro qualsiasi, la cui missione consiste nell’essere all’avanguardia delle forze che promuovono l’evoluzione dell’umanità.
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Nella Chiesa-Nuova anche la spiritualità cambia. Non è più un elevarsi a Dio bensì un venir incontro all’uomo nella sua umanità Sotto: un monaco benedettino nell’abbazia di Santo Domingo de Silos, Spagna Sopra: Dom Notker Wolf, OSB, Abate Primate dell’Ordine Benedettino, suona la chitarra con una banda rock
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Dossier: Il primo grido d’allarme
Sulla Croce, Nostro Signore Gesù Cristo ha sofferto anche nella previsione dei peccati che l’umanità avrebbe commesso fino alla fine dei tempi. Tra questi, la cospirazione per “riformare” la Chiesa, trasformandola in una Chiesa-Nuova panteista, desacralizzata, disalienata, ugualitaria e messa al servizio della Rivoluzione, è stata senz’altro uno dei peggiori tormenti del nostro Divino Redentore. Proprio Lui che, con la Sua vita, passione e morte, ci ha insegnato il contrario di questi errori clamorosi
c. La vita sacramentale cambia pure di contenuto. I Sacramenti hanno un senso simbolico meramente naturale. L’Eucaristia, per esempio, è una cena in cui i fratelli familiarizzano intorno a una stessa tavola. E perciò dev’essere ricevuta come un cibo qualsiasi, durante un comune pasto. d. La condizione sacerdotale non dev’essere più considerata sacra, posto che la sacralità muore con la morte delle alienazioni. Nel modo di presentarsi, di vestirsi e di vivere, i sacerdoti devono essere come un laico qualsiasi, poiché la sfera del sacro, a cui appartenevano, è sparita, e devono integrarsi senza riserve nella sfera temporale. Così pure devono comportarsi i religiosi, se ci saranno ancora i tre voti di obbedienza, povertà e castità nella Chiesa, ormai disalienante e disalienata.
e. Non vi è ragione perché esistano edifici destinati solo al culto, visto che è già morto il soprannaturale e il sacro. In questo mondo evoluto, adulto, contrario alle alienazioni, il culto del Dio immanente e diffuso nella natura può essere praticato in qualunque luogo profano. Se esisteranno edifici destinati al
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culto, siano utilizzati pure per finalità profane, in modo da evitare la distinzione alienante tra lo spirituale e il temporale.
3ª disalienazione della Chiesa: in relazione alla fede, alla morale, al Magistero e all’azione evangelizzatrice
a. La Chiesa-Nuova è una Chiesa povera. Innanzitutto nel senso spirituale del termine. Una delle ricchezze della Chiesa “costantiniana” consiste nell’affermarsi Maestra infallibile. La Chiesa-Nuova invece non si pretende Maestra. Né tratta i fedeli come discepoli, perché ciò sarebbe alienante. Ognuno riceve carismi dallo Spirito Santo, che parla direttamente all’anima. Ed è a questa voce interiore, della quale può prendere coscienza, che ognuno deve credere.
Tutto ciò, che è vero per le materie riguardanti la fede, lo è pure per la morale. Ognuno ha la morale che gli suggerisce la propria coscienza.
Insomma, l’uomo vive della testimonianza interiore dei carismi, dei quali prende conoscenza. Così, la Chiesa-Nuova non possiede un patrimonio di verità, di cui immaginerebbe avere il privilegio. In questo risiede il principale aspetto della sua povertà.
b. Da qui decorre un’altra forma di povertà. La Chiesa-Nuova non ha frontiere. Essa accoglie persone di qualsiasi credo, purché lavorino attivamente per la vera Redenzione, che è il progresso terreno. Essa non è, quindi, come un regno spirituale con frontiere dottrinali definite, bensì qualcosa di etereo, di fluido, che si confonde più o meno con qualsiasi chiesa. In altri termini, la Chiesa-Nuova è super-ecumenica.
c. Un altro titolo di povertà della Chiesa-Nuova, non essendo Maestra, ed essendo super-ecumenica, è quello di non avere più la necessità di opere di apostolato. Di conseguenza, le università cattoliche, le scuole cattoliche, le opere di assistenza cattoliche mantengono la loro ragion d’essere a patto che non mirino a nessun fine apostolico, né abbiano qualsiasi soggezione alienante e antiecumenica riguardo alla Chiesa: vale a dire, purché rinuncino alla nota catto-
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lica, ed assumano un carattere totalmente profano, secolare e laico.
d. La povertà della Chiesa-Nuova - essendo la cultura e la civiltà valori dell’ordine temporale e terreno, e non pretendendo esercitare più qualsiasi magistero nel plasmare a sé la società temporale risiede pure nel fatto che non si può più parlare di cultura né di civiltà cattolica. La cultura e la civiltà dell’uomo evoluto e adulto hanno ricevuto la loro carta di emancipazione: sono desacralizzate e disalienate dalla Religione.
e. Inoltre, la Chiesa-Nuova è povera nel senso materiale del termine. Essa non solo rifiuta le cattedrali e le basiliche, in cui il sacro ostentava trionfalisticamente la sua superiorità, ma, vivendo nell’era dei poveri, rigetta qualsiasi ricchezza, a qualsiasi titolo possibile.
f. Infine, la Chiesa-Nuova è povera perché è la Chiesa dei poveri. Da nemica di tutte le alienazioni, si sente anche nemica di tutti gli alienanti, di qualsiasi tipo ed ordine, e invece connaturale alla causa di tutti gli alienati. Perciò, gli sfruttati ed alienati della società attuale hanno nella Chiesa-Nuova il loro
La Chiesa-Nuova è povera. Innanzitutto nel senso spirituale del termine. Non pretende più di essere Maestra, diventando invece super-ecumenica Sotto: l’incontro ecumenico di Assisi, nel 1986
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Dossier: Il primo grido d’allarme
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Una Chiesa-Nuova animata da “carismi” e non più guidata dalla Gerarchia
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A nostro avviso, questa riforma strutturale della Chiesa, auspicata dal movimento “profetico”, è solo una tappa verso la piena realizzazione dei suoi obbiettivi. La totale disalienazione comporterebbe, in una tappa ulteriore, l’abolizione di qualsiasi gerarchia. posto. Essa è per essenza loro difensore contro i detentori dell’autorità o della superiorità terrena. Per ragioni analoghe in senso inverso, la Chiesa “costantiniana” è complice, per propria natura, di tutte le oligarchie alienanti e sfruttatrici.
4ª disalienazione della Chiesa: in relazione alla Gerarchia ecclesiastica
Dal momento che l’autorità è sempre alienante, è doveroso che non esista. E se esistesse, sarebbe soltanto nella misura in cui compiesse la volontà degli alienati, che in questo modo evaderebbero - almeno in certa misura - dal giogo dell’alienazione.
Nella Chiesa “costantiniana”, la Gerarchia è investita del triplice potere di ordine, magistero e giurisdizione. La Chiesa-Nuova, svuotando i Sacramenti del loro contenuto soprannaturale, che sono sotto il potere della gerarchia di ordine, col negare il Magistero attenta, a rigore di logica, anche contro la gerarchia di giurisdizione. Così, l’esistenza di un Papa, monarca spirituale circondato dal Collegio dei principi ecclesiastici, che sono i vescovi - di cui ognuno, nella rispettiva diocesi, è come un monarca soggetto al Papa - non è compatibile con la Chiesa-Nuova. Come pure non possono sussistere i parroci che reggono, sotto gli ordini dei vescovi, porzioni del gregge diocesano.
Per disalienarla completamente dalla Gerarchia, occorre democratizzare la Chiesa. È necessario costituire in essa un organo rappresentativo dei fedeli che esprima ciò che i carismi dicono nell’intimo della loro coscienza: chiaramente un organo elettivo che rappresenti la moltitudine. Un organo che imponga decisivamente la propria volontà sui gerarchi della Chiesa, i quali, è ugualmente chiaro, dovranno, da quel momento in poi, essere eletti dal popolo.
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Considerando soltanto la riforma che i “gruppi profetici” ora sostengono esplicitamente, si può dire che vogliono trasformare la Chiesa in una monarchia come quella inglese, cioè, un regime in realtà democratico, diretto fondamentalmente da una Camera popolare elettiva e onnipotente, nel quale va conservato pro-forma un Re decorativo (nel caso della ChiesaNuova, il Papa), dei Lord senza potere effettivo (i vescovi e i parroci), e una Camera alta da apparato (il collegio episcopale). Inoltre, affinché l’analogia tra il regime dell’Inghilterra e la Chiesa-Nuova sia completa, è necessario immaginare un Re e dei Lord elettivi (cioè, Papa e vescovi eletti dai fedeli).
Per completare il quadro della democratizzazione, bisogna aggiungere che nella Chiesa-Nuova le parrocchie costituirebbero dei gruppi fluidi e instabili, e non delle circoscrizioni territoriali definite come sono oggi. A rigore di logica, questa fluidità si estenderebbe pure alle diocesi. La Gerarchia ormai non sarebbe nella Chiesa altro che un vago nome.
5ª disalienazione della Chiesa: in relazione al Potere Pubblico
Questa disalienazione è già inclusa, a diversi titoli, nei punti precedenti. La Chiesa “costantiniana”, che ha un governo proprio e sovrano nella sua sfera, desidera l’unione e la collaborazione con il Potere temporale. Così facendo, in un certo modo si alienerebbe ad esso, e in un certo modo lo alienerebbe a sé. Per tutti i motivi sopra esposti, la Chiesa-Nuova dichiara invece di non avere bisogno del Potere pubblico, né di volere con esso relazioni da Potere a Potere. Così, la mutua alienazione sarà cessata.
Conclusione
Concludendo, la Chiesa-Nuova sarà interamente disalienata, e smetterà di essere alienante.
Intervista
La crisi nella Chiesa e la missione del Portogallo e del Brasile Intervista al cardinale Raymond Leo Burke
Il cardinale Raymond Leo Burke è nato il 30 giugno 1948 a Richland Center (Wisconsin, USA) e ha frequentato il seminario Holy Cross e la Catholic University of America, a Washington. Ha completato gli studi in Diritto canonico presso l’Università Gregoriana di Roma nel 1971. Ordinato sacerdote quattro anni più tardi, papa Giovanni Paolo II lo ha nominato vescovo di La Crosse nel 1994 e, poi, arcivescovo di St. Louis nel 2003. Nel 2010, Benedetto XVI lo ha elevato alla porpora cardinalizia. Per cinque anni, fino al 2015, è stato Prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica. Attualmente è Patrono del Sovrano Ordine Militare di Malta.
Il cardinale Burke è una voce molto apprezzata in tutto il mondo cattolico, in particolare in questioni relative alla Chiesa, la famiglia e la situazione americana. Nella sua recente visita in Brasile, il Porporato ha visitato la sede centrale dell’Istituto Plinio Corrêa de Oliveira, a San Paolo, dove ha concesso un’intervista a Mario Navarro da Costa, responsabile del Bureau delle TFP a Washington. Eminenza, grazie per averci concesso questa intervista. Potrebbe dirci la ragione di questa visita in Brasile e la sua impressione del Paese?
Questa è la mia prima visita in Brasile e il suo scopo è di presentare l’edizione portoghese del mio libro sulla Santa Eucaristia «Divino Amore Incarnato - La Santa Eucaristia come sacramento della carità». Il Paese è troppo grande e non potevo visitarlo tutto. Abbiamo quindi scelto quattro grandi città. San Paolo è proprio l’ultima tappa. Sono rimasto molto impressionato dall’entusiasmo delle persone che sono venute in gran numero alle presentazioni. Parlando con loro, ho potuto constatare che sono cattolici molto ferventi, desiderosi di conoscere più a fondo la loro fede e anche di praticarla.
Quest’anno si celebra il 300° anniversario della Madonna Aparecida, patrona del Brasile. Abbiamo saputo che Vostra Eminenza ha visitato il santuario.
Sì, ho pensato: “Non posso venire in Brasile e non visitare Nostra Signora Aparecida”. Viaggiando da Rio de Janeiro verso San Paolo, mi sono fermato nel suo santuario, in Aparecida do Norte. Il momento centrale del pellegrinaggio è stato quando ho potuto pregare davanti all’immagine. Ho pre-
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Intervista
gato in particolare per il Brasile, perché sono convinto dell’importanza del Paese nel mondo attuale, a causa della sua fede cattolica. Oltre a pregare per questa intenzione, ho potuto celebrare la Messa secondo le intenzioni dei cattolici brasiliani su un altare consacrato da papa Giovanni Paolo II.
Nei suoi viaggi Sua Eminenza visita molte parrocchie e gruppi cattolici. Quali sono le preoccupazioni che, di solito, i fedeli le esprimono sullo stato del mondo e della Chiesa?
I fedeli si mostrano molto preoccupati per la situazione del mondo sempre più secolarizzato, per i crudeli attacchi alla vita umana innocente dei nascituri indifesi attraverso l’aborto, per la diffusione della pratica dell’eutanasia, e anche per la negazione della libertà della Chiesa a esercitare con integrità la sua missione. E, più di recente, per questa enormità chiamata “teoria del genere”, per cui gente presuntuosa pensa di poter ridefinire la nostra natura sessuale che, naturalmente, può essere solo uomo e donna, che poi si uniscono fedelmente per tutta la vita, e a cui Dio concede il dono della vita umana. Con l’introduzione di questa terribile teoria, la nostra natura sessuale è ridotta a una sorta di lussuria continua.
Tutto ciò è uno scandalo per i fedeli, che vi scorgono un ostacolo per loro stessi, e una fonte di profonda angoscia nel vedere che i propri figli e nipoti devono crescere in questo mondo. Questo provoca loro non poca preoccupazione perché si domandano come fare per rimanere fedeli a Nostro Signore e non cadere in questa grande disgrazia che è il peccato. Soprattutto oggi, quando un’enorme confusione si sta facendo largo nella Chiesa. Ad 26 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / OTTOBRE 2017
esempio, crea molta confusione il fatto che persone che hanno praticato atti intrinsecamente cattivi, e che quindi sono in stato di peccato mortale, possano oggi ricevere la Santa Comunione senza confessione.
Tutt’una serie di questioni fondamentali della Fede e della Morale vengono messe in dubbio, il che provoca naturalmente grande angoscia nelle persone. Nei miei frequenti viaggi mi limito a presentare l’insegnamento fondamentale della Chiesa, e le persone sono grate di sentirlo. Io dico sempre: “Non ho nulla di nuovo da offrire. Ciò che ho da offrire, e che resta sempre nuovo, è le verità della nostra fede”.
Il viaggio di Vostra Eminenza in Brasile coincide col centenario delle apparizioni della Madonna a Fatima, alla quale i brasiliani si sentono molto vicini, non solo per i vincoli storici e psicologici che ci uniscono al Portogallo, ma anche perché abbiamo una grande devozione a Lei. E, adesso, anche per il fatto che i miracoli che hanno permesso la beatificazione e, poi, la canonizzazione dei pastorelli sono successi in Brasile. Vostra Eminenza pensa che le rivelazioni di Fatima si riferiscano solo al secolo XX, o hanno ancora una rilevanza oggi?
Queste rivelazioni sono assolutamente rilevanti per i giorni nostri, perché sono al cuore della lotta fondamentale alla quale si riferisce la Madonna nel suo messaggio: la lotta della fede e della Chiesa contro le forze del male, contro le forze della secolarizzazione, dell’ateismo, del relativismo, che non hanno fatto altro che crescere dal tempo delle apparizioni, un secolo fa. In occasione del centenario, sono tornato a studiare tutta la storia delle apparizioni e del
messaggio, e lo giudico più opportuno che mai, lo giudico di un’enorme importanza.
Soprattutto nella attuale crisi nella Chiesa, nella quale si diffondono confusione e divisioni. L’appello della Madonna è che manteniamo la Fede nell’integrità, pregando il Santo Rosario e partecipando all’Eucaristia, specialmente il primo sabato del mese, per fortificarci e restare vicini a Nostro Signore in questi tempi terribili. La Madonna ha anche detto che il Portogallo manterrà la Fede. Io penso che questa promessa si estenda anche al Brasile, vista la strettissima unione fra i due Paesi. In una recente presentazione al Rome Life Forum, ho detto che credo fermamente che i portoghesi, e specialmente i vescovi portoghesi, abbiano una missione molto importante da compiere nel mondo di oggi: proclamare e insegnare il messaggio di Fatima. Adesso dico lo stesso riguardo al Brasile.
In una lettera al cardinale Carlo Caffarra, suor Lucia ha scritto: “La battaglia finale tra il Signore e il regno del diavolo si darà sul matrimonio e la famiglia”. Ha scritto anche di non avere paura, “perché la Madonna ha schiacciato la testa del demonio”. Eminenza, Lei conferma tale valutazione? In che modo i fedeli possono essere buoni soldati di Cristo?
Penso che la battaglia sia oggi, in gran parte, la lotta per la difesa del matrimonio e della famiglia. E penso che suor Lucia, quando scrisse questo all’allora padre, oggi cardinale, Carlo Caffarra abbia chiesto di non perdere la speranza. Ma non ha detto che la lotta fosse finita! Sappiamo che la vittoria sarà del Cuore Immacolato di Maria, che sarà di Nostro Signore Gesù Cristo, ma penso che comunque ciò arriverà dopo molta sofferenza.
nelle scuole, in modo tale che i bambini di età molto precoce stanno imparando che possono cambiare il proprio genere. Queste cose sono semplicemente inimmaginabili! Quindi penso che la battaglia per il matrimonio e per la famiglia continua. Dobbiamo avere la speranza alla quale ci richiama suor Lucia, e allo stesso tempo essere consapevoli della lotta in cui siamo impegnati. Eminenza, crede che nel mondo di oggi sia importante per i cattolici la devozione della santa schiavitù alla Madonna secondo il metodo di s. Luigi di Montfort? Perché?
Diventiamo schiavi della Madonna per essere fedeli discepoli di Nostro Signore Gesù Cristo. La Madonna apparteneva pienamente a Nostro Signore fin dal primo momento del suo concepimento. Ed è stata preservata da ogni macchia di peccato originale. Ha concepito Gesù per opera dello Spirito Santo e lo ha portato al mondo nel suo Cuore Immacolato. È stata il primo e il migliore discepolo di Lui. Il cuore di Lei è stato misticamente trafitto dalla lancia del soldato romano che trafisse il Sacro Cuore di Gesù. La Madonna ci insegna ad essere pienamente di Nostro Signore. Le sue ultime parole, registrate nei Vangeli nelle nozze di Cana, sono di fare tutto ciò che Egli ci dirà. Quindi, se vogliamo essere tutt’uno col Sacro Cuore di Gesù, dobbiamo essere tutt’uno col cuore della nostra Madre Santissima, diventando i suoi schiavi nel miglior senso della parola.
Per esempio, la teoria del “genere” si sta diffondendo molto negli Stati Uniti, imposta anche
Due momenti dell’intervista al cardinale Raymond Burke, nello studio che apparteneva al prof. Plinio Corrêa de Oliveira
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Religione
Einsiedeln: quando Dio rende onore alla Madonna
di Marco Giglio
Nel cuore della Svizzera, un santuario mariano consacrato dallo stesso Dio
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N
el cuore della Svizzera cattolica, nel cantone Schwyz, si trova il santuario della Madonna Nera degli Eremiti, più noto come Einsiedeln.
Per scoprire la storia di questo luogo straordinario dobbiamo andare indietro fino all’anno 803 quando, essendo imperatore Carlomagno, san Mainardo entrò nel monastero benedettino di Reichenau sul lago di Costanza. Dopo alcuni anni, nell’835, egli decise di diventare eremita ritirandosi quindi su un colle chiamato Etzel. Dopo una vita di preghiera, digiuno e privazioni, il 21 gennaio 861, venne ucciso da due malviventi, in odium fidei.
San Mainardo ebbe diversi discepoli, tra cui Eberhard, di origini nobili e già prevosto di Strasburgo. Sul luogo del martirio del maestro, egli fece costruire una cappella e, poi, un monastero del quale fu il primo abate. Dopo una visione mistica, dedicò la chiesa alla Madonna, conosciuta da allora come Madonna degli Eremiti. La costruzione della cappella iniziò nel 934.
Nel 948 la cappella doveva essere consacrata da san Corrado, vescovo di Costanza. All’inizio della cerimonia, però, proprio quando il presule stava per pronunciare la formula di consacrazione, tutti i presenti udirono per tre volte le seguenti parole: “Frater cessa, divinitus consecrata est” (Fratello fermatevi, la cappella è stata consacrata dallo stesso Dio). Alzando gli occhi, il vescovo ed i fedeli videro Gesù Cristo accompagnato da angeli e santi. Questo fatto soprannaturale è stato confermato da papa Leone VIII nel 964 con una Bolla. Eccone il testo in italiano:
“Rendiamo noto a tutti i fedeli presenti e a venire, che il nostro venerabile fratello, vescovo di Costanza, ci ha fatto sapere alla presenza del nostro caro figlio, l’imperatore Ottone, davanti ad Adelaide, sua cara sposa e a molti altri principi, che è andato, nell’anno di Nostro Signore Gesù Cristo 948, in un luogo della sua diocesi chiamato cella o eremitaggio di san Mainardo, dove era stato invitato a consacrare, il 14 settembre, giorno dell’esaltazione della Santa Croce, una cappella dedicata alla sempre Vergine Madre incomparabile di Dio, ma essendosi alzato secondo suo costume per pregare, aveva udito, come altri religiosi del monastero, un canto molto soave che aveva riconosciuto provenire da un coro di angeli che, circondando la cappella, stavano intonando le melodie prescritte per la consacrazione delle chiese. “La mattina, quando tutto era pronto per la cerimonia, gli astanti si recarono in chiesa. Il vescovo non arrivava. Si presero la libertà di andare a chiamarlo. Questi raccontò la visione che aveva avuto la
notte precedente. Sull’insistenza della folla che non credeva a questo prodigio, il Pontefice si rassegnò ad iniziare le cerimonie della consacrazione. In quel momento si udì distintamente e per tre volte: Frater cessa, divinitus consecrata est, Fratello fermatevi, la cappella è stata consacrata dallo stesso Dio. “Gli astanti meravigliati e convinti dell’autenticità della visione di cui il Pontefice era stato beneficiato e a causa della miracolosa consacrazione, passarono il resto della giornata in ferventi azioni di grazia. “Leone VIII, 964”.
A dx., il martirio di san Mainardo Sopra, la Madonna nera degli Eremiti
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Centenario di Fatima
Avvertimento miracoloso
L
di Plinio Corrêa de Oliveira
Il 13 luglio 1972, una statua pellegrina internazionale della Madonna di Fatima lacrimava miracolosamente a New Orleans, Stati Uniti. All’epoca, il prof. Plinio Corrêa de Oliveira scrisse queste riflessioni.
a Folha de S. Paulo del 21 luglio ha pubblicato una fotografia proveniente da New Orleans, in cui si vede una statua della Madonna di Fatima che piange. Il documento ha suscitato un vivo interesse nel pubblico. Penso, quindi, che alcune informazioni sull’argomento soddisferanno le legittime esigenze di molti lettori.
Non conosco fonte migliore sul tema di un articolo intitolato molto all’americana “Le lacrime della statua hanno bagnato il mio dito”. Ne è autore padre Elmo Romagosa, ed è stato pubblicato il 20 luglio sul Clarion Herald, settimanale di New Orleans di-
stribuito in undici parrocchie dello Stato della Louisiana.
I precedenti del fatto sono universalmente noti. Nel 1917, Lucia, Giacinta e Francesco ebbero diverse visioni della Madonna a Fatima. L’autenticità di queste visioni fu confermata da diversi prodigi nel sole, attestati da tutta una folla riunita mentre la Vergine si manifestava ai tre bambini.
In termini generici, la Madonna incaricò i tre piccoli pastori di comunicare al mondo che era profondamente dispiaciuta per l’empietà e la corruzione degli uomini. Se non avessero cambiato vita, sarebbe venuto un terribile castigo, che avrebbe fatto scomparire diverse nazioni. La Russia avrebbe diffuso ovunque i suoi errori. Il Santo Padre avrebbe dovuto soffrire molto. Il castigo sarebbe stato evitato solo se gli uomini si fossero convertiti, se la Russia e il mondo fossero stati consacrati al Cuore Immacolato di Maria e se si fosse fatta la comunione riparatrice dei primi sabati di ogni mese. Da tutto questo viene naturale chiedersi se le richieste siano state soddisfatte.
Nel 1942 Pio XII fece una consacrazione del mondo al Cuore Immacolato di Maria. Suor Lucia sostenne che all’atto mancarono alcune caratteristiche indicate dalla Madonna. Non intendo analizzare in questa sede il complesso argomento. Registro soltanto di passaggio che è discutibile se questa richiesta della Madonna sia stata soddisfatta o no. Quanto all’altra richiesta, cioè la conversione della Umanità, è tanto ovvio che non è stata soddisfatta, che mi dispenso dall’entrare in particolari.
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Siccome la Madonna ha posto il soddisfacimento delle sue richieste come condizione perché fossero allontanati i flagelli apocalittici da Lei preannunciati, è logico che scenda sulla umanità la collera vendicatrice e purificatrice di Dio, prima che ci
venga la conversione degli uomini e la instaurazione del Regno di Maria.
Dei tre bambini di Fatima, l’unica sopravvivente è Lucia, oggi religiosa carmelitana a Coimbra. Sotto la sua immediata direzione, un artista ha scolpito due statue, che corrispondono per quanto possibile ai tratti fisionomici con cui la santissima Vergine è apparsa a Fatima. Entrambe queste statue, dette “pellegrine”, hanno percorso il mondo, portate da sacerdoti e laici. Una di esse è stata recentemente condotta a New Orleans, e lì ha pianto. Padre Romagosa, autore della cronaca a cui ho fatto riferimento, aveva sentito parlare di queste lacrimazioni da padre Joseph Breault M.A.P., che è l’accompagnatore della statua. Però era profondamente riluttante ad ammettere il miracolo. Perciò chiese all’altro sacerdote di avvertirlo appena il fenomeno avesse cominciato a prodursi.
Padre Breault, notando una certa umidità negli occhi della Vergine pellegrina, il 17 luglio telefonò a padre Romagosa, che accorse presso la statua alle 21,30, portando con sé fotografi e giornalisti. Di fatto, tutti poterono notare una certa umidità negli occhi della statua, che fu subito fotografata. Padre Romagosa passò allora il dito sulla superficie umida e raccolse così una goccia di liquido, che fu pure fotografata. Secondo padre Breault, questa era la tredicesima lacrimazione alla quale assisteva. Alle 6,15 del giorno seguente, padre Breault telefonò nuovamente a padre Romagosa, informandolo che dalle 4 del mattino la statua piangeva. Padre Romagosa giunse poco dopo sul posto, dove, dice, “vidi una grande abbondanza di liquido negli occhi della statua, e una grande goccia di liquido sulla punta del naso della stessa”. Fu questa goccia, così graziosamente pendente, che la fotografia divulgata dai giornali ha mostrato al nostro pubblico.
Padre Romagosa aggiunge che vide “un movimento del liquido mentre sgorgava lentamente dalla palpebra inferiore”.
Ma egli voleva eliminare ogni dubbio. Aveva notato che la statua aveva una corona fissata sul capo con un’asta metallica. Gli venne spontanea una domanda: non poteva essere stata introdotta, nell’orifizio in cui penetrava l’asta, una certa quantità di liquido, che poi era scorso fino agli occhi?
Cessato il pianto, padre Romagosa tolse la corona dal capo della statua: l‘asta metallica era assolutamente asciutta. Allora introdusse nel corrispondente orifizio un filo di rame rivestito di una carta speciale,
che avrebbe per forza assorbito ogni liquido che vi si trovasse. Ma la carta uscì assolutamente asciutta.
Ancora non soddisfatto da questa esperienza, introdusse nell’orifizio una certa quantità di liquido, ma gli occhi si mantennero assolutamente asciutti. Padre Romagosa allora rovesciò la statua: tutto il liquido introdotto nell’orifizio uscì normalmente. Era assolutamente provato che dall’orifizio del capo - l’unico esistente nella statua non era possibile che filtrasse liquido negli occhi.
Padre Romagosa si inginocchiò. Finalmente credeva. Il misterioso pianto ci mostra la Vergine di Fatima che versa lacrime sul mondo contemporaneo, come in altra occasione Nostro Signore pianse su Gerusalemme. Lacrime di affetto tenerissimo, lacrime di dolore profondo, in previsione del castigo che verrà.
Verrà per gli uomini del secolo XX, se non rinunceranno alla empietà e alla corruzione. Se non lotteranno in modo particolare contro l’autodemolizione della Chiesa, il maledetto fumo di Satana che, secondo lo stesso Paolo VI, è penetrato nel sacro recinto.
Quindi, lettore, lettrice, c’è ancora tempo per arrestare il castigo! Qualcuno dirà che questa non è una meditazione ideale per una lieta domenica. Mi chiedo se non è preferibile leggere oggi questo articolo sulla soave manifestazione della profetica malinconia di nostra Madre, piuttosto che sopportare i giorni di tragica amarezza che verranno, se non ci emenderemo. Se verranno, mi pare logico che in essi vi sarà, almeno, una speciale misericordia per quanti, nella loro vita personale, avranno preso sul serio il miracoloso avvertimento di Maria.
Offro questo articolo alle mie lettrici e ai miei lettori perché possano beneficiare di questa misericordia...
(Traduzione dell’articolo Làgrimas, milagroso aviso, comparso sulla Folha de S. Paulo del 6-8-1972. Tratto da Cristianità 4 – N. 17 - 18 maggio – agosto 1976) TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / OTTOBRE 2017 - 31
Civiltà Cristiana
I
Il coraggio di Scanderberg
l principe albanese Giorgio Castriota, detto Scanderbeg (1412?-1468) aveva abbandonato un posto nell’esercito turco, dove aveva diritto al bottino di guerra e ai doni del sultano, per mettersi in una posizione decisamente meno favorevole: lottare contro lo stesso impero turco, cioè contro l’esercito più grande di allora, in grado di mobilitare decine di migliaia di guerrieri in poco tempo. Scanderberg liberò l’Albania dai Turchi e ne divenne il capo; praticò la sua fede cattolica e la difese nel suo Paese. Non a caso, papa Callisto III lo soprannominò “Scudo della Cristianità”. Però da quel momento in poi, il Condottiero in ogni combattimento, sempre con un esercito più piccolo di quello nemico, sapeva che i Turchi lo avrebbero
di Saul Finucci
trattato come un traditore se lo avessero preso: probabilmente lo avrebbero lentamente scuoiato vivo, sia per punirlo sia per spaventare altri avversari dell’impero ottomano. I Turchi erano famosi, tra l’altro, per la tattica di terrorizzare i popoli non ancora conquistati con scorrerie, violenze, impalamenti e via dicendo.
In quel periodo intendevano a tutti i costi conquistare l’intera penisola balcanica. Il loro piano era quello di invadere l’Europa e trasformarla nella casa dell’islam. Non c’era trattato di pace che avesse valore per loro, quando ritenevano fosse il caso di attaccare. E l’Albanese si era messo di traverso. Finché lui visse, i Turchi non riuscirono a prendersi l’Albania, anche se ci provarono dal 1444 al 1468, anno della sua morte, avvenuta per malattia. Ciò contribuì a impedire loro, per alcuni decenni, di attaccare l’Italia.
Per resistere e contrattaccare, il principe si circondò degli uomini migliori, più fidati e capaci e cercò tutte le alleanze e i mezzi possibili per prepararsi agli scontri col nemico. Queste alleanze, dopo la sua morte, permisero a molti albanesi, durante i dieci anni in cui dovettero resistere ai Turchi senza di lui, di emigrare in Italia e conservare la loro fede.
Scanderbeg aveva imparato dai Turchi quanto valesse un esercito permanente. I Turchi avevano i giannizzeri, il corpo di soldati più efficiente e temuto di quell’epoca. Soldati di professione, ma ciecamente devoti al sultano, che consideravano come un padre. Avevano la paga più alta e il meglio del bottino di guerra. Non avendo famiglia, non avevano nemmeno radici. Oppure provenivano da famiglie nobili e cercavano la gloria nelle armi. La guardia personale di Scanderbeg riprendeva l’idea dei giannizzeri. Molti venivano dal principato di Scanderbeg: i duemila cavalieri erano della sua città; tra loro, i seicento tra i più fedeli e migliori erano di antiche famiglie, ben conosciute dai Castriota. Tutti erano cattolici; giurarono di non sopravvivere a Scanderbeg, se questi fosse morto in battaglia. Erano i meglio armati, i meglio nutriti, i me-
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glio pagati. Scanderbeg ne conosceva i nomi a memoria. Formavano un’élite alla quale tutti desideravano appartenere.
Il Castriota venne nominato comandante in capo dell’esercito della Lega albanese appena formata. I principi gli giurarono fedeltà, promisero di mandargli più uomini che di norma se ne avesse avuto bisogno, e si impegnarono a pagargli un contributo di 200mila ducati d’oro all’anno. Sembra che anche Napoli, Roma e Venezia abbiano offerto delle somme per aiutare gli albanesi. La Lega ebbe la benedizione apostolica. Dopo un Te Deum, Scanderbeg tornò a Kruja, dove lo aspettava Mosè di Dibra, che intanto aveva espugnato la fortezza di Sfetigrad. Il Castriota organizzò una rete di sentinelle militari, distribuita in tutti i nodi di comunicazione tra l’Albania e Adrianopoli, capitale turca. Così riuscì sempre a sapere il numero dei nemici diretti verso di lui.
I Turchi decisero di attaccare. Il sultano Murad II mandò un esercito di 25mila uomini, di cui 15mila cavalieri, al comando di Alì Pascià, il suo miglior generale. Entrarono nell’Albania dal Kossovo.
Dei 18mila uomini che poteva reclutare subito, Scanderbeg ne chiamò 15mila, di cui settemila cavalieri. Si accampò a Torvioll, vicino a Tirana, in una piccola valle di sette miglia per tre, circondata da monti coperti di foreste. Tra gli alberi fece nascondere metà dei suoi cavalieri, lasciò in campo aperto una piccola parte dei suoi guerrieri appiedati e, con la sua guardia personale, si mosse verso Alì Pascià. Lo attirò con delle manovre nel piccolo campo dove aveva deciso di combattere. Il 28 giugno 1444, tornò nella piccola valle e schierò l’esercito. Tanush Topia a destra, con i montanari di Dukagjini e i guerrieri di Arianit Comneno. Mosè di Dibra a sinistra, con guerrieri bulgari e montanari del suo feudo. Scanderbeg al centro, con la propria guardia. In riserva, dietro agli altri, Vrana Conti con tremila uomini. Tra i boschi c’era Hamza Castriota con altrettanti guerrieri. La valle era troppo stretta per permettere ai Turchi di circondare l’esercito di Scanderbeg. Intanto, si era fatto già buio.
turchi avessero colpito e superato i cavalieri albanesi della prima fila, sarebbero stati infilzati, uccisi o feriti dai guerrieri appiedati, montanari kossovari e krujani. L’ingorgo formato dai cavalieri turchi, bloccati anche solo per poco dai guerrieri appiedati, avrebbe dato il tempo a Hamza Castriota di uscire dai monti boscosi con i suoi cavalieri e di colpire con una veloce carica, ai lati e alle spalle, i turchi appiedati. Perché il piano riuscisse, i cavalieri turchi dovevano attaccare per primi. Scanderbeg se lo aspettava, perché conosceva personalmente Alì Pascià. Doveva però impedire ai suoi albanesi di lanciarsi per primi e a caso: dovevano restare compatti. Fece fare loro colazione. Un’ora dopo, erano schierati in silenzio. Guardavano davanti a sé. I Turchi suonarono tamburi e trombe. I 25mila lanciarono il loro grido di guerra. I cavalieri iniziarono a correre verso gli albanesi per distruggerli.
Scanderbeg si fece il segno della croce e gridò: “Ah, valorosi, et fedelissimi miei soldati, et fratelli, seguitemi!”. Fu il primo ad entrare in battaglia. Che durò fino alle tre del pomeriggio. Andò come lui aveva previsto. I cavalieri turchi furono bloccati. Thopia, a destra, fu messo in difficoltà, ma intervenne Hamza alle spalle dei Turchi, i cui superstiti a sinistra furono cacciati. Dall’altro lato, Mosè di Dibra corse col suo cavallo in mezzo ai Turchi che aveva di fronte e li mise in fuga. Scanderbeg, visto che le due ali dell’esercito albanese vincevano, caricò insieme alla sua guardia verso il cuore dell’esercito turco. Alì Pascià si diede alla fuga. La battaglia di Torvioll era vinta. Ottomila Turchi morirono, mentre duemila furono fatti prigionieri; 24 bandiere furono perse e l’accampamento finì nelle mani degli albanesi.
Il mattino seguente, tra le file dei cavalieri, Scanderbeg aveva schierato gruppi di robusti guerrieri appiedati, con lunghe picche, lunghe spade e asce. Se i cavalieri Membri della comunità arbereshe in Italia
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Il mondo della TFP
Il mondo delle TFP
“La Contro-Rivoluzione – scrive Plinio Corrêa de Oliveira – non è e non può essere un movimento che vive tra le nuvole, che combatte fantasmi. Deve essere la Contro-Rivoluzione del nostro secolo, diretta contro la Rivoluzione così come oggi in concreto essa esiste e, quindi, contro le passioni rivoluzionarie come oggi divampano, contro le idee rivoluzionarie come oggi sono formulate, contro gli ambienti rivoluzionari come oggi si presentano, contro l’arte e la cultura rivoluzionaria come oggi appaiono, contro le correnti e gli uomini che, a qualsiasi livello, sono attualmente i fautori più attivi della Rivoluzione. La Contro-Rivoluzione non è, dunque, una semplice retrospettiva dei danni causati dalla Rivoluzione nel passato, ma uno sforzo per sbarrarle la strada nel presente”. Presenti in ventotto Paesi dei cinque continenti, le TFP e associazioni affini portano avanti una crociata globale in difesa della Fede e della Civiltà cristiana, auspice ed afflante Beatae Mariae Virgo, seguendo l’esempio del nostro indimenticabile fondatore. Seguono alcune notizie flash sulle attività svolte dalle varie TFP durante i mesi estivi.
(Nella foto, lo stendardo delle TFP sventola sulla rocca del castello di Pieskowa Skala, Polonia)
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TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / OTTOBRE 2017 - 35
Il mondo della TFP
Università estiva 2017
Foto centrale: davanti al Santuario della Madonna di Czestochowa In senso antiorario:
L’alzabandiera solenne che, ogni giorno, inaugurava i lavori col canto del Credo; Una veduta del plenario; Il circolo di studi italiano; Mons. Schneider celebra la Santa Messa nella chiesa parrocchiale di Niepolomice; La solenne processione con la Madonna di Fatima per le vie del paese
“I
l centenario delle apparizioni della Madonna di Fatima”, questo il tema dell’Università estiva organizzata dalle TFP di Europa nel castello di Niepolomice, presso Cracovia. Centoventi giovani, provenienti da ventuno Paesi europei, ma anche dalla Cina e dal Messico, hanno partecipato all’evento, che è stato presieduto da S.E. Mons. Athanasius Schneider, vescovo ausiliare di Astana, Kazakhstan.
Per speciale concessione dell’Apostolato mondiale di Fatima, abbiamo potuto contare sulla celeste presenza della statua pellegrina internazionale della Madonna di Fatima, la stessa che nel 1972 pianse miracolosamente a New Orleans, negli Stati Uniti.
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Nelle conferenze, i relatori hanno analizzato il messaggio della Madonna di Fatima in ogni suo aspetto: dalla sua natura teologica – una rivelazione privata di carattere profetico – alla sua concreta incidenza sulla storia contemporanea, specialmente alla luce della denuncia degli “errori della Russia”, un chiaro riferimento al comunismo sovietico. Emeterio Ferrés, della TFP portoghese, e José Antonio Ureta, della TFP francese, hanno
trattato con dovizia di documentazione un tema spinoso tra i tanti: la mancata consacrazione della Russia al Cuore Immacolato di Maria.
Mentre Mathias von Gersdorf, della TFP tedesca, aggiornava gli “errori della Russia” per abbracciare anche il post-comunismo e il marxismo culturale, Julio Loredo, della TFP italiana, passava in rassegna il panorama delle persecuzioni contro i cristiani. Le serate erano invece dedicate a vivaci presentazioni audiovisive sulle attività delle varie TFP, fatte dai più giovani. Ha chiuso il congresso S.A. il Duca Paul von Oldenburg, della TFP tedesca, trattando il tema “Come dobbiamo rispondere all’appello della Madonna”.
Una giornata è stata dedicata al Santuario della Madonna di Czestochowa, punto focale del cattolicesimo polacco dove, nel 1655, furono sconfitte le truppe protestanti svedesi, salvando così il Paese dal protestantesimo. Non sono mancate le attività culturali, come le visite guidate ai castelli di Bobolice e di Pieskowa Skala, e una cena tipica nella tenuta rurale Chocholowy Dwor, preceduta da un concerto.
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Il mondo della TFP
L
Le mie impressioni sull’Università estiva
a Divina Provvidenza ha voluto che partecipassi, assieme a mio fratello, all’International Student Conference delle TFP, tenutosi in Polonia, nel castello di Niepolomice. Dopo una calorosa accoglienza, la mattina del primo giorno nel cortile del castello abbiamo professato la nostra Fede cattolica, cantando il Credo in gregoriano.
Si può affermare che questo evento è stato un perfetto accordo di Fede e ragione. Infatti, nelle varie conferenze si scorgeva nei relatori una profonda conoscenza dei fatti storici e delle dottrine che analizzavano. “Profonda” nel senso di “globale”, ossia che nessuna loro analisi scadeva in semplici visioni materialistiche, ma tutto racchiuso nella globale visione che la Fede offre. Per esempio, il comunismo oltre ad essere stato magistralmente analizzato, è stato visto alla luce dei messaggi di Nostra Signora di Fatima, come parte di quegli errori dei quali la Russia è stata la fonte di diffusione.
La nostra Fede è certamente progredita, specialmente con il sostegno spirituale ricevuto dal sacerdote lì presente e da S.E. mons. Athanasius Schneider,
di Aurelio Meli
molto chiaro nelle questioni morali, che ha risposto alle nostre domande nel corso d’una riunione. In generale, si respirava un’abbondante aria cattolica. La liturgia quotidiana nella forma straordinaria del Rito Romano e le preghiere in lingua latina hanno evidenziato l’universalità della Chiesa. Erano presenti, infatti, le nazionalità più variegate, dai polacchi agli americani, e persino un messicano e un cinese.
Memorabile la processione serale con la Madonna di Fatima, iniziata con il canto del Credo, continuata con la recita del Santo Rosario e terminata con il Magnificat. Degna di nota anche la possibilità di farsi imporre lo scapolare, potendo così usufruire del Privilegio Sabatino.
Oltre alle conferenze e al culto divino non sono mancate le uscite. Come prima tappa ci siamo recati a Jasna Gora, nella città di Czestochowa, dove è venerata l’icona della Madonna Nera, che ha aiutato i polacchi in vari episodi della loro storia, come ad esempio contro i Tartari al tempo del Principe di Opole, e contro i protestanti svedesi al tempo della Guerra dei Trent’anni.
Un’altra visita ci ha portato al castello di Pieskowa Skala, che custodisce al suo interno un museo di opere d’arte polacche. Siamo poi andati alla tenuta rurale di Chocholowy Dwor, dove prima della grigliata ha avuto luogo un concerto di musica classica. Udendo quelle sane e genuine melodie, tra Bach, Vivaldi e Mozart, si può notare come le più moderne musiche (house, metal, rock ecc.) siano solo lamenti e rumori, portati a culto satanico in molti casi.
Una delle ultime conferenze ha sottolineato la necessità di aver fiducia in Dio, parlando di santa Faustina e della Divina Misericordia.
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Il cardine di questa indimenticabile Università estiva è stato, però, la veglia di fronte alla statua della Madonna pellegrina internazionale di Fatima, che pianse miracolosamente nel 1972. Lo scopo della veglia era di affidarsi totalmente alla Madre Celeste, consapevoli (come veniva puntualmente detto alla fine di ogni conferenza) che il Suo Cuore Immacolato alla fine trionferà.
Campeggi giovanili in Francia e Irlanda
A
luglio si è tenuto il campeggio estivo giovanile organizzato dalla Fédération pro-Europa Christiana, che raggruppa le TFP europee. Il luogo scelto è stato la Villa Notre Dame de la Clairière, a Creutzwald, in Francia. I partecipanti, provenienti da sette Paesi, erano ragazzi dai dodici ai vent’anni.
Il tema è stato “La dolce primavera della Fede”, celebre frase di Leone XIII in riferimento al Medioevo. Nelle riunioni, vivacizzate con mezzi multimediali, i relatori hanno illustrato personaggi, episodi e monumenti di questo periodo: Carlo Magno, s. Luigi di Francia, s. Giovanna d’Arco, la Riconquista spagnola, le cattedrali e via dicendo. Una giornata è stata dedicata al messaggio della Madonna di Fatima, nell’anno del suo centenario.
Abbondanti le attività sportive e agonistiche, dalla scherma al canottaggio. Senza dimenticare i giochi “medievali” nell’ampio parco della Villa. La vita spirituale era assicurata da diversi sacerdoti della zona, che ogni giorno celebravano la Messa nella cappella, rendendosi poi disponibili per il Sacramento della confessione.
“L’attualità del messaggio di Fatima”: ecco il tema del Call to Chivalry Summer Camp organizzato dalla TFP irlandese. Con la partecipazione di una trentina di ragazzi, provenienti per lo più dall’Irlanda, l’incontro si è tenuto al Carne Beach, presso Wexford.
In occasione del centenario delle apparizioni della Madonna di Fatima, i relatori hanno spiegato il messaggio della Santa Vergine ai tre pastorelli e la sua importanza per i giorni nostri. Altre riunioni sono state dedicate alla storia della cavalleria. Le riunioni dottrinali erano intercalate da giochi adatti all’età dei partecipanti. Il più gradito è stato sicuramente la caccia al tesoro, nel quale due squadre hanno dovuto decifrare successivi messaggi criptati, fino ad arrivare al “tesoro”: un baule pieno di dolci.
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Il mondo della TFP
TFP Student Action
I giovani della TFP sulla cima dei monti Adirondacks
T
FP Student Action, questo il nome del settore giovanile della TFP americana. Poggiando sulla Saint Louis of Montfort Academy, una scuola media nello stato di Pennsylvania, e sul Sedes Sapientiae Institute, di studi superiori, la TFP Student Action svolge un’azione continua di formazione della gioventù. Ogni anno, per esempio, realizza diversi Call to Chivalry Camp, campeggi estivi per ragazzi giovanissimi. Nella foto sotto, a destra, l’ultimo campeggio giovanile in Louisiana. I giovani della TFP portano avanti anche coraggiose campagne pubbliche in difesa del matrimo-
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nio naturale e della famiglia, scontrandosi spesso con le minoranze LGBT, soprattutto nei campus universitari. Nella foto sotto, a sinistra, la campagna nell’Università di Berkeley, in California, contro l’ideologia del genere.
Il raggio d’azione della TFP Student Action si estende sempre di più, e non solo degli Stati Uniti, a riprova che molti giovani di oggi, ormai sazi di questa modernità, si aprono all’appello della Tradizione, e vogliono impegnarsi, concretamente, in una crociata per la restaurazione della Civiltà cristiana. La TFP offre loro un valido sbocco e una ragion d’essere.
Nuove edizioni di «Rivoluzione e Contro-Rivoluzione»
“I
l libro nel quale condenso l’essenziale del mio pensiero e che spiega anche il senso della mia azione”, così definiva Plinio Corrêa de Oliveira il suo capolavoro «Rivoluzione e Contro-Rivoluzione», pubblicato originariamente nel 1959, e poi aggiornato nel 1976. Intere generazioni di cattolici tradizionali sono state educate con questo libro fondamentale, che ha avuto più di cinquanta edizioni in 25 lingue.
Le più recenti edizioni sono quelle in lingua finlandese, estone e ucraina, senza dimenticare una riedizione in lingua polacca.
“Da qualche tempo in Ucraina si è formata una scuola di pensatori di destra di importanza internazionale, associata all’idea di tradizione – commenta Igor Zahrebelny – I contorni generali di questa scuola corrispondono a simili correnti nei paesi occidentali. Uno dei principali intellettuali occidentali di questa scuola, il cui nome dovrebbe essere più conosciuto in Ucraina, è il giornalista e attivista politico brasiliano Plinio Corrêa de Oliveira (1908-1995). Ardente anticomunista, il pensatore brasiliano aveva molta simpatia per l’Ucraina. (...) Egli ebbe un atteggiamento critico nei confronti dei cambiamenti nella vita della Chiesa cattolica dopo il Concilio Vaticano II, contestando particolarmente la politica di distensione del Vaticano col comunismo. In questo, il pensatore brasiliano entrava in perfetta consonanza con i vescovi ucraini guidati dal cardinale Josef Slipyj, che egli conobbe personalmente”. Le edizioni finlandese ed estone, invece, si collegano direttamente all’espansione degli ideali della TFP nei Paesi baltici, con la conseguente formazione di associazioni affini.
In senso antiorario: le edizioni polacca, finlandese, estone ed ucraina
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Il mondo della TFP
Malta: contro il “matrimonio” omosessuale
L
o scorso martedì 11 luglio, la coalizione “Maltesi per la Vita, il Matrimonio e la Famiglia” ha realizzato una manifestazione di protesta davanti al parlamento di Malta, a La Valletta. I manifestanti protestavano contro un disegno di legge del governo socialista, con il sostegno dell’opposizione democristiana, per legalizzare il “matrimonio” omosessuale. Alla manifestazione hanno aderito gruppi cattolici, sacerdoti e il Movimento Patriottico Mal-
tese, l’unico partito politico che si è espresso contro l’introduzione di questa legge.
Davanti alla folla, il coordinatore della coalizione, prof. Philip Beattie, docente universitario e rappresentante delle TFP, ha tenuto un discorso in cui ha criticato fortemente questa legge anti-cristiana e anti-democratica. Secondo Beattie, tale legge minaccia la famiglia naturale e tradizionale, aprendo le porte ad altre forme di “unioni” molto pericolose per la società maltese. Inoltre, ha condannato i due partiti rappresentati nel parlamento maltese per aver tolto ai propri deputati il diritto al voto libero secondo la coscienza. Un modo di procedere che, in fondo, mostra un’estrema debolezza, un’ammissione implicita che la legge non conta con l’appoggio popolare.
Il giorno dopo, saltando tutte le procedure parlamentari, e senza nemmeno un dibattito in aula, il disegno è stato approvato col solo voto contrario del deputato Edwin Vasallo, del Partito Nazionalista (democristiano).
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(Foto sopra, la manifestazione a La Valletta. Foto sotto, Philip Beattie, rappresentante delle TFP e coordinatore della coalizione Maltesi per la Vita, il Matrimonio e la Famiglia, parla alla folla davanti al Parlamento).
Texas: NO ai bagni “gender-neutral”
“U
na pietra miliare nella guerra culturale americana”. Così JoDee Winterhof, dell’Human Rights Campaign, ha qualificato la recente vittoria in Texas contro la “Bathroom Bill”: una legge lasciata in eredità dal presidente Obama, e che avrebbe proibito la divisione delle toilette in base al sesso. Grazie alla fortissima opposizione, e nonostante una martellante campagna delle lobby LGBT, la legge si è arenata in Commissione.
Dalla propria sede a Houston, la TFP americana è stata sempre presente nella battaglia, partecipando alla maggior parte delle manifestazioni e portando avanti una vasta campagna di mailing.
(Nella foto, membri della TFP americana partecipano alla protesta davanti al Parlamento del Texas, ad Austin.)
A
Olanda: cancellata cerimonia ecumenica / LGBT
maggio era stato annunciato che si sarebbe celebrato nella cattedrale di Amsterdam un cosiddetto “Pink Saturday”, un Sabato Rosa, una cerimonia ecumenica/LGBT presieduta dal parroco del Duomo e “concelebrata” da due “ministre” protestanti, una delle quali lesbica. Alla fine della cerimonia, ci sarebbe stata la benedizione del vescovo diocesano.
“Ringraziamo la Madonna per la vittoria contro questa orribile cerimonia”, ha dichiarato alla stampa Ugo Bos, dirigente della TFP olandese, “la reazione è stata veramente incredibile, il che mostra che l’Olanda non è il deserto spirituale che taluni dipingono”.
Immediata la reazione della TFP olandese che, insieme ad altre realtà cattoliche, ha condotto una grande campagna pubblica di protesta, risultata nella cancellazione della cerimonia un giorno prima.
Il giorno previsto, comunque, volontari della TFP dei Paesi Bassi si sono radunati di fronte al Duomo per ringraziare la Madonna per la bella vittoria (foto a dx.). Sul marciapiede opposto, una mini-manifestazione LGBT mostrava, invece, il proprio disappunto. TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / OTTOBRE 2017 - 43
Il mondo della TFP
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Perù: vittoria contro l’ideologia del gender
a anni le lobby LGBT stanno provando a imporre in Perù l’ideologia del gender. Prima ci provò la sindaco di Lima, Susana Villarán, tipica rappresentante di ciò che da quelle parti si usa chiamare “sinistra caviale”. Risultato: perse pesantemente le elezioni successive contro il candidato del centro-destra. Poi ci provò il ministro dell’Istruzione Jaime Saavedra, all’epoca del presidente socialista Ollanta Humala. Risultato: dovette rinunciare di fronte all’enorme ondata di protesta. Ed ora, incurante di tali precedenti, ci sta provando l’attuale ministro dell’Istruzione Marilú Martens. Infischiandosene dell’enorme reazione popolare, puntellata da autorevoli voci ecclesiastiche, in primis quella dell’arcivescovo di Lima, cardinale Juan Luis Cipriani, la ministro è andata avanti, approvando un curriculum scolastico, che comprende l’educazione gender nelle scuole del Paese.
L’associazione Tradición y Acción por un Perú Mayor, consorella peruviana delle TFP, è stata sempre al centro della reazione contro l’ideolo-
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gia di genere. Il suo libretto «L’offensiva ‘gender’minaccia le nostre famiglie» ha raggiunto in poco tempo i cinquantamila esemplari. L’opera è stata presentata nel corso di un incontro tenutosi lo scorso 4 agosto nella propria sede, a Lima (foto sotto). Sono intervenuti Georges Martin, dirigente dell’associazione pro-vita francese Droit de Naître, e l’argentino Nicolás Márquez, autore del best seller continentale «El libro negro de la nueva izquierda» (Il libro nero della nuova sinistra).
Col lemma “Con mis hijos no te metas” (Giù le mani dai miei figli), le associazioni pro-famiglia hanno convocato diverse manifestazioni popolari, sempre con folta partecipazione di pubblico. Tradición y Acción è stata presente in tutte. Sull’onda della reazione contro il gender si è costituto il raggruppamento “Padres en Acción”, che a gennaio ha presentato nei Tribunali, insieme ad altre realtà civiche e politiche, una domanda di incostituzionalità contro il curriculum approvato dal ministero dell’Istruzione. Finalmente, lo scorso 29 agosto, la Corte Superiore ha dato loro ragione, sentenziando che il curriculum del ministro Martens lede la Legge Generale dell’Educazione e va, quindi, ritirato dalle scuole.
Infuriate, le lobby LGBT hanno annunciato che si appelleranno alla Corte di Cassazione. Il che, comunque, nulla toglie alla bella vittoria dei peruviani. Un esempio che potrebbe benissimo essere replicato in altri Paesi.
Polonia: convegno su Fatima
L
o scorso 20 maggio, nell’imponente Centro Internazionale Convegni di Cracovia, in Polonia, si è tenuto il 1° Congresso degli Apostoli di Fatima, organizzato dall’Associazione Padre Piotr Skarga, consorella polacca delle TFP. La mattina, in preparazione all’evento, quattrocento persone hanno riempito la Chiesa del Sacro Cuore di Gesù, nel centro storico dell’antica capitale del Regno, per una solenne Messa in rito romano antico, celebrata da un giovane sacerdote diocesano (foto a dx.)
Il pomeriggio, invece, si è tenuto il convegno, al quale hanno partecipato più di milleduecento persone. Dopo l’introduzione di Slawomir Olejniczak, della TFP polacca, e di Boguslaw Bajor, direttore degli Apostoli di Fatima della TFP, ha parlato S.E. mons. Jan Pawel Lenga, arcivescovo emerito di Karaganda, Kazakhstan. L’intervento centrale è stato affidato al cardinale Raymond Leo Burke, in un video previamente registrato, con traduzione simultanea (foto sotto a dx.). Dopodiché è intervenuto, tramite collegamento video, il brasiliano Antonio Augusto Borelli, uno dei principali “fatimologi”, autore del best seller mondiale «Fatima, messaggio di tragedia o di speranza?», con oltre sette milioni di copie vendute.
Dopo la preghiera del Santo Rosario, un’orchestra ha allietato i partecipanti con un concerto di musica classica e tradizionale polacca.
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Il mondo della TFP
Ecuador: Rosario dell’Aurora
D
al 1588 al 1634, nella città di Quito, oggi capitale dell’Ecuador, la Madonna apparve diverse volte alla badessa del monastero dell’Immacolata Concezione, madre Mariana de Jesús Torres. La Celeste Visitatrice si definì in questo modo: «Sono Maria del Buon Successo, regina dei Cieli e della terra». Oltre ad alcune promesse concernenti le sue figlie spirituali, le monache Francescane concezioniste, la Madonna rivelò impressionanti profezie sui tempi futuri. Sul secolo XX, per esempio, disse: “Satana regnerà quasi completamente attraverso delle sette massoniche. Queste si concentreranno principalmente sui bambini per mantenere questa corruzione generale. Guai ai bambini di quest’epoca! Quanto al sacramento del matrimonio, che è simbolo dell’unione di Cristo con la sua Chiesa, sarà attaccato e profondamente profanato. La massoneria, con il suo potere, promulgherà delle inique leggi al fine di eliminare questo sacramento, facilitando la vita peccaminosa di ciascuno e incoraggiando la procreazione di bambini illegittimi, nati
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senza la benedizione della Chiesa. Lo spirito cattolico diminuirà rapidamente; la preziosa luce della fede si spegnerà progressivamente, fino a quando si giungerà ad una pressoché totale corruzione dei costumi”.
Dalla sua fondazione nel 1971, la TFP ecuadoregna è stata strettamente legata alla Madonna del Buon Successo, promuovendo la sua devozione nel Paese e all’estero. I membri dell’Associazione, per esempio, hanno il singolare privilegio di portare la sacra statua dal coro delle monache fino alla chiesa, in occasione delle sue feste, a febbraio e maggio.
Da qualche anno, il Círculo Beato Pío IX, che continua in Ecuador il benemerito apostolato della TFP, ha ripreso un’antica tradizione ispana: il Rosario dell’Aurora. Si tratta di una processione che, portando un simulacro della Madonna del Buon successo, percorre le vie del centro storico di Quito poco prima del sorgere del sole. Dalle poche decine
di fedeli nelle prime edizioni, si è man mano arrivati alle decine di migliaia di partecipanti, compresi tanti sacerdoti, soprattutto giovani. È chiaro che, oltre al suo fine primario, cioè rendere omaggio alla Madre di Dio, il Rosario dell’Aurora serve anche per proclamare pubblicamente la propria Fede cattolica, in contrasto con coloro che, invece, stanno attuando la terribile rivoluzione profetizzata dalla Madonna. Ecco perché, nonostante il suo carattere prettamente religioso, l’atto non è stato esente da polemiche di sapore ideologico.
Nei giorni precedenti, giovani volontari del Círculo svolgono vistose campagne pubbliche per tutta la città, invitando i fedeli a parteciparvi. Nelle foto: i volontari del Círculo Beato Pío IX mentre fanno campagna nel centro storico di Quito; una veduta della processione; la statua della Madonna del Buon Successo sull’altare principale della chiesa dell’Immacolata Concezione. TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / OTTOBRE 2017 - 47
S. Giovanna d’Arco: castità ed eroismo di Plinio Corrêa de Oliveira
La congiunzione fra castità ed eroismo è bellissima. Il più grande esempio di tale congiunzione è stato, senza dubbio, Santa Giovanna d’Arco, la vergine guerriera ed eroica nata nella Lorena. La castità è una virtù fatta di delicatezze e di fragilità. Il coraggio, al contrario, è una virtù piena di forza e di intraprendenza. La congiunzione di queste due virtù è un vero capolavoro morale. Sono come due parti di un’ogiva che si uniscono al vertice in modo armonioso e bellissimo.