Anno 21, n. 67 - Dicembre 2015 Sped. in Abb. Post. Art. 2, Comma 20/C, Legge 662/96 Filiale di Padova
Plinio CorrĂŞa de Oliveira ricordato a San Paolo
A vent’anni dalla scomparsa del grande leader cattolico brasiliano
I
Non prevalebunt!
l Bambino Gesù nacque nell’auge delle tenebre: “La luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta” (Gv 1, 5).
Erano le tenebre delle false religioni pagane, dello scetticismo dei filosofi classici, della tremenda decadenza morale e culturale del mondo antico. Ahinoi, erano anche le tenebre dell’apostasia del Popolo Eletto che, con poche eccezioni, aveva smesso di sperare nel Messia. Ma sorse il Sol di Giustizia, e spazzò via le tenebre. E fu l’inizio di quella grande luce chiamata Santa Chiesa Cattolica Apostolica Romana.
Passano duemila anni e, di nuovo, le tenebre sembrano ricoprire la terra. Ricoprono anche – oh dolore! – la stessa fonte della luce: la Santa Madre Chiesa. Non siamo noi a dirlo, bensì tutti i Papi che si sono succeduti dopo il Concilio Vaticano II. Con parole diverse ma sempre pungenti, tutti hanno denunciato la terribile crisi in cui versa il Corpo Mistico di Cristo, la Luce venuta al mondo per salvarci.
L’anno 2015 ha visto un ulteriore infittirsi delle tenebre.
Siamo reduci da un Sinodo in cui cardinali si sono sollevati contro cardinali, vescovi contro vescovi. Mentre un partito voleva cambiare la dottrina perenne della Chiesa in punti intangibili del magistero morale, un altro si è dovuto alzare in difesa della Verità di Cristo. “Guerra civile nella Chiesa”, titolavano i giornali.
Come se non bastasse questa guerra civile, ecco lo scandalo dei “corvi”, seconda puntata della serie “Vatileaks”, iniziata sotto Benedetto XVI. 2 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2015
Esterrefatti, i fedeli hanno assistito al riversarsi di notizie su supposti scandali in Vaticano: scandali finanziari, politici, sessuali, perfino mafiosi... Di una tale scoria, ovviamente, la stampa anticattolica ne ha fatto un ghiotto boccone per denigrare ancor di più la Sposa di Cristo.
La domanda sorge naturale nella mente di milioni e milioni di fedeli: ma cosa sta succedendo nella Chiesa? L’enormità della crisi che sconvolge la più venerabile istituzione sulla terra sta mettendo la Fede a dura prova. Vengono in mente le parole di papa Giovanni Paolo II, oggi più attuali che mai: “I cristiani oggi, in gran parte, si sentono smarriti, confusi, perplessi e perfino delusi. (..) Sono sorti dubbi, confusioni, ribellioni”. Smarrimento, confusione, perplessità, delusione, dubbi, ribellioni… Cioè tenebre...
Ancora una volta, però, fra poche settimane, in barba alla propaganda anticattolica, potremo proclamare: La luce splende nelle tenebre!. O, se volessimo: Non prevalebunt!, perché la Chiesa ha la promessa divina dell’indefettibilità e della perennità: una volta venuta sulla terra, la Luce non si spegnerà mai! A noi spetta restare abbracciati alla Santa Chiesa, Arca della salvezza e Porta del cielo. E proclamare, contro ogni tentativo di attenuarla o di spegnerla, la perennità della Luce di Cristo. È l’augurio che rivolgiamo, in questo Santo Natale 2015, a tutti i nostri cari lettori: Fiducia, fiducia, fiducia. Non prevalebunt!
(Nella foto, Giotto, Adorazione dei Magi)
Sommario Anno 21, n° 67, dicembre 2015
Non prevalebunt! Attualità Il martirio della Chiesa cattolica in Ucraina Holodomor, l’olocausto ucraino Il Medioevo entusiasma la gioventù Confusione Ecuador: contrordine compagni! Ventennale di Plinio Corrêa de Oliveira Omelia di mons. Athanasius Schneider L’onore: il carisma della TFP Egualitarismo: il vero spartiacque fra destra e sinistra Il mondo delle TFP Un sublime dialogo spirituale
2 4 7 8 11 15 17 18 26 30 31 39 44
Copertina: Il solenne Pontificale celebrato da S.E. Mons. Athanasius Schneider nella Basilica di São Bento, nel centro storico di San Paolo, Brasile, in suffragio di Plinio Corrêa de Oliveira, 3 ottobre 2015.
Tradizione Famiglia Proprietà Anno 21, n. 67 dicembre 2015 Dir. Resp. Julio Loredo
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Direzione, redazione e amministrazione: Tradizione Famiglia Proprietà - TFP, Viale Liegi, 44 — 00198 ROMA Tel. 06/8417603 Fax: 06/85345731 Email: info@atfp.it Sito: www.atfp.it CCP: 57184004 Aut. Trib. Roma n. 90 del 22-02-95 Sped. in abb. post. art. 2, Comma 20/C, Legge 662/96 — Padova Stampa Tipolito Moderna, via A. de Curtis, 12/A — 35020 Due Carrare (PD) TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2015 - 3
Attualità
I
Cina: guerra alla Croce
l governo comunista (o comuno-capitalista che si voglia) della Cina ha intrapreso una vasta campagna per rimuovere la Croce dai luoghi pubblici. Inutili le proteste dei vescovi e dei fedeli. Dal 2014, più di duemila croci sono state rimosse con la forza da altrettante chiese cattoliche e luoghi di culto protestante. “Ci sono troppi croci in giro”, ha dichiarato sdegnato Xia Baolong, segretario del Partito comunista nella provincia di Zhejiang, giustificando l’uso dei bulldozer per abbatterle. È evidente che i dirigenti di Pechino sono preoccupati per l’esponenziale crescita del cristianesimo in Cina. “Secondo i miei
calcoli, la Cina diverrà il più grande paese cristiano in un futuro non molto lontano — ha dichiarato Fenggang Yang, professore di sociologia nella Purdue University e autore di «Religion in China» — Credo che non passerà più di una generazione. Non tutti sono pronti ad accettare questo cambiamento così drammatico”. I cristiani hanno risposto erigendo più croci di quante ne abbia distrutte il Governo. La vendetta non si è fatta aspettare: chiunque sia trovato a mettere una croce in luogo pubblico, rischia la prigione. E adesso il Governo comunista inizia a perseguitare anche i legali che difendono i cristiani. Finora più di trecento avvocati sono stati detenuti e interrogati. Una misura chiaramente intimidatoria. “La maggior parte di questi avvocati vive nel terrore di essere convocato per una ‘chiacchierata’ con la Polizia – ha detto Zhong Jinghua, un ex giudice dello Wenzhou a Radio Free Asia – È qualcosa senza precedenti. Hanno zittito tante voci della società civile”. Aveva ragione papa Benedetto XVI quando, accanto ai paesi musulmani, indicò anche quelli comunisti quali fautori di “cristianofobia”.
Sopra, le gru governative rimuovono la Croce dalle chiese A sin., fedeli in una chiesa cattolica di Pechino 4 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2015
Rivoluzione culturale contro la famiglia: peggio del comunismo
L
a dottoressa Anca-Maria Cernea (foto a dx.), medico presso il Center for Diagnosis and Treatment - Victor Babes, e presidente dell’Associazione dei Medici cattolici di Bucarest (Romania), ha presentato al Sinodo, lo scorso 17 ottobre, il seguente appello a Papa Francesco e ai padri sinodali: Santità, Padri sinodali, fratelli e sorelle,
Io rappresento l’Associazione dei Medici cattolici di Bucarest. Appartengo alla Chiesa greco-cattolica rumena. Mio padre era un leader politico cristiano che è stato imprigionato dai comunisti per 17 anni. I miei genitori erano fidanzati, stavano per sposarsi, ma il loro matrimonio ha avuto luogo 17 anni dopo.
Mia madre ha aspettato tutti quegli anni mio padre, anche se non sapeva neppure se fosse ancora vivo. Sono stati eroicamente fedeli a Dio e al loro impegno. Il loro esempio dimostra che con la Grazia di Dio si possono superare terribili difficoltà sociali e la povertà materiale.
Noi, come medici cattolici, in difesa della vita e della famiglia, possiamo vedere che, prima di tutto, si tratta proprio di una battaglia spirituale. La povertà materiale e il consumismo non sono le cause principali della crisi della famiglia. La causa principale della rivoluzione sessuale è culturale e ideologica.
Nostra Signora di Fatima ha detto che la Russia avrebbe diffuso i suoi errori in tutto il mondo. Questo è avvenuto prima con la violenza: il marxismo classico ha ucciso decine di milioni di persone. Adesso avviene soprattutto con il
marxismo culturale. Si nota una continuità dalla rivoluzione sessuale di Lenin, attraverso Gramsci e la Scuola di Francoforte, alla odierna difesa ideologica dei “diritti” dei gay.
Il marxismo classico pretendeva di ridisegnare la società per mezzo della violenta appropriazione dei beni. Adesso la rivoluzione va ancora più in profondità: pretende di ridefinire la famiglia, l’identità sessuale e la natura umana. Questa ideologia si autodefinisce progressista. Ma non è niente altro che l’offerta dell’antico serpente all’uomo di prendere il controllo, di rimpiazzare Dio, di organizzare la salvezza qui, in questo mondo. È un errore di natura religiosa: si tratta di gnosticismo.
È compito dei pastori riconoscerlo, e mettere in guardia il gregge contro questo pericolo. «Cercate prima il Regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta» (Mt 6, 33).
“Si nota una continuità dalla rivoluzione sessuale di Lenin, attraverso Gramsci e la Scuola di Francoforte, alla odierna difesa ideologica dei ‘diritti’ degli omosessuali”
TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2015 - 5
Attualità
Abolire il frac? I ragazzi dicono: NO!
N
ell’università di Oxford (Inghilterra), gli alunni hanno l’obbligo di indossare ogni giorno la tradizionale divisa nota come subfusc (dal latino subfuscus, cioè scuro), e l’academic dress nelle grandi occasioni. Rispondendo alle pressioni di una certa sinistra, che voleva abolire questo dress code di sapore aristocratico, il giornale studentesco “The Oxford Student” ha condotto un’ampia indagine tra gli iscritti al prestigioso ateneo britannico. A sorpresa, ben il 74% degli intervistati ha dichiarato di non voler rinunciare a questa tradizione. “Oxford è un laboratorio di futuro, di modernità e progresso – ha commentato il Corriere della Sera – Ma sotto sotto, sorpresa o no, l’oxoniano resta un geloso cultore dell’antico bon ton. Arriva Facebook. Arriva Twitter. Arriva di tutto, però il «subfusc» non finisce impolverato e dimenticato in cantina”.
A
Oggi Crimea, domani Roma?
ll’indomani dell’annessione della Crimea da parte della Federazione Russa, in diverse città russe sono apparsi striscioni con la frase: “Oggi Crimea, domani Roma” (foto sopra, la città di Kaluga).
La battaglia di Crimea è stata annoverata da un certo nazionalismo pan-slavo fra le più grandi vittorie militari russe, a fianco alle battaglie del lago ghiacciato (1242), Kulikovo (1380) e Borodino (1812). Queste fazioni, per niente minoritarie, non nascondono il proprio intento, allo stesso tempo politico e religioso, di sconfiggere non solo l’Occidente, ma anche la Chiesa cattolica, rea di apostasia, secondo la loro peculiare prospettiva. 6 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2015
Il martirio della Chiesa cattolica in Ucraina: ieri e oggi
R
di P. Pavlo Vyshkovskyi, OMI
ecentemente si sta parlando molto dell’Ucraina, a causa del conflitto con la Russia. Tralasciando gli aspetti politici della situazione, mi preme porre l’accento su un punto fondamentale: nelle zone sotto l’influenza russa, la Chiesa cattolica praticamente non esiste più. Alcuni edifici ecclesiastici sono stati occupati dai separatisti filorussi e adibiti ad altri usi; altri sono stati totalmente distrutti. Il Servizio Federale per la Migrazione della Russia non ha rinnovato i permessi di soggiorno per i cittadini stranieri che lavorano per le comunità religiose della Crimea e del Donbass, costringendoli quindi a lasciare il paese.
Il clero cattolico è stato costretto a fuggire per evitare il carcere. Chi resta, deve nascondersi. Il vescovo cattolico di Kharkov-Zaporozhe, mons. Stanislav Shirokordiuk, ha denunciato: “Nell’est del Paese ora c’è una caccia ai preti cattolici”. A farne le spese, non solo i cattolici di rito latino ma anche quelli di rito greco cattolico. “La Chiesa
Sopra, i fedeli fanno una processione attorno alla loro chiesa distrutta A dx., P. Pavlo Vyshkovskyi
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Attualità
Holodomor: l’olocausto ucraino
Conformemente alle disposizioni governative, fu inoltre vietato ogni commercio dei prodotti alimentari, con severissime pene quali reclusioni superiori a dieci anni e fucilazione, nelle zone e nei villaggi rurali che non erano riusciti a consegnare i prodotti agricoli al Governo, secondo il piano imposto da questo.
N
ella lingua ucraina “Holodomor” significa “sterminio di massa per fame”. Si riferisce alla carestia provocata artificialmente, nel ‘32 e ‘33, da Stalin per sterminare il folto ceto dei piccoli contadini proprietari.
Lo sterminio di massa dei contadini ucraini attraverso la fame artificiale fu una consapevole forma di terrore politico perpetrata da Mosca contro la popolazione civile, in seguito al quale venne eliminata un’intera generazione di agricoltori. Fu un’azione ideata e realizzata deliberatamente, visto che tutte le scorte di frumento e d’altri generi alimentari vennero requisiti e portati via nei centri industriali dell’URSS. 8 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2015
Gli storici e i demografi dissentono tuttora sul numero esatto delle vittime. Tuttavia si potrebbe affermare che, tenendo conto delle stime del censimento nel 1937, la cifra più probabile dei morti per inedia e per i fenomeni da essa provocati, quali epidemie, cannibalismo, suicidi e via dicendo, superi i sette-otto milioni.
“Questo regime [comunista] solo si può spiegare come un caso di possessione diabolica collettiva”
Servo di Dio André Sheptyskyj, arcivescovo metropolita di Lvov, in una lettera a papa Pio XII
greco cattolica oggi è paralizzata”: ha affermato padre Volodymyr Zhdan, cancelliere dell’esarcato di Odessa e Crimea.
La persecuzione contro la Chiesa cattolica in Ucraina non è cosa nuova. Per settant’anni il mio paese patì una brutale persecuzione religiosa per mano dei sovietici. Le immani sofferenze sono ancora fresche nella memoria di tutti. Proprio a questa persecuzione ho dedicato la mia tesi di laurea, pubblicata poi in Italia col titolo «Il martirio della Chiesa cattolica in Ucraina» (Luci sull’Est, Roma 2006). Le cifre parlano da sole: 45mila sacerdoti, religiose e religiosi uccisi; dieci milioni di fedeli martirizzati; trentamila chiese rase al suolo. Tutto ciò nel periodo in cui il comunismo sovietico, comandato da Mosca, governò il mio paese, cioè dal 1922 al 1990.
Le storie sono raccapriccianti. Il mio parroco, don S. Sabudzinskyy, non volendo tradire il suo sacerdozio, subì torture terribili: gli strapparono la pelle, gli tagliarono le orecchie e il naso e, dopo averlo trascinato per le strade della città, lo crocifissero come Gesù. Mio nonno fu sotterrato vivo perché trovato a pregare il Rosario.
Aveva ragione S.E. Mons. André Sheptyskyj, arcivescovo metropolita di Lvov, quando in una lettera a papa Pio XII scrisse: “Questo regime solo si può spiegare come un caso di possessione diabolica collettiva”. Non capiamo come ci possano essere persone, nell’attuale situazione politica, che inneggiano a quello sovietico come ad un periodo di grande auge nazionale. Per la Chiesa di Dio, fu solo sangue e sofferenza.
neve, di giorno e di notte. Si distesero sotto i trattori per impedirne la distruzione. Il governo inviò allora l’esercito. I militari presero i fedeli e gli perforarono la testa, uno a uno, infilandovi un filo metallico da un orecchio all’altro. Poi, come un Rosario di corpi, li legarono insieme formando un cerchio intorno alla chiesa. Essi preferirono morire piuttosto che tradire Cristo. Grazie alla loro fede, la mia chiesa è una delle poche che, in Ucraina, non sia stata distrutta nel periodo del comunismo. In questa chiesa mia madre mi conduceva sempre, nonostante il decreto del Ministero degli interni che proibiva la frequentazione della chiesa ai minori di diciotto anni. Chi trasgrediva questa legge, era punito con tre anni di prigione. Ogni domenica direttori e insegnanti delle scuole piantonavano l’ingresso delle chiese per rimandare a casa i bambini. Quelli che riuscivano a entrare erano segnalati alle autorità. Il giorno dopo venivano puniti davanti ai compagni di scuola: gli toglievano i vestiti, gli strappavano i capelli, li piz-
Quando il governo decise di distruggere la nostra chiesa, si scontrò con la forza della Fede dei fedeli, i quali la presidiarono per ben due mesi sotto la
I Missionari Oblati di Maria Immacolata (OMI) pregano sulla tomba di un loro confratello ucciso dai sovietici nel 1943
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Attualità
“Nell’est del Paese ora c’è una caccia ai preti cattolici”
Mons. Stanislav Shirokordiuk, vescovo di Kharkov-Zaporozhe
zicavano e via dicendo. Se un bambino portava al collo la croce, gli insegnanti gliela toglievano e, dopo averla calpestata, la gettavano nel gabinetto. Ai bambini che andavano in chiesa venivano tagliati i capelli a forma di croce, e tutti i colleghi dovevano sputar loro addosso. Chi frequentava la chiesa riceveva sistematicamente voti più basi, per dimostrare che i credenti erano “stupidi”. Sotto, P. Viktor Vonsovich, parroco cattolico a Donetsk, trattenuto in carcere per dieci giorni dai miliziani filorussi, e poi costretto a lasciare la città
I miei genitori mi hanno insegnato a difendere la Fede anche a costo di molte sofferenze. Nell’adolescenza ne feci esperienza sulla mia pelle. A scuola ero l’unico della classe che frequentasse la chiesa. Per questo motivo, gli insegnanti mi tormentavano alla presenza dei miei compagni. Mi mettevano in ginocchio davanti al quadro di Lenin, mi minacciavano, mi picchiavano, mi ripetevano: “Non sarai mai prete”. All’età di undici anni, nel 1986, fui accusato di essere “nemico del mio paese” perché la notte di Natale ero andato in chiesa per la Santa Messa. Le guardie mi scovarono.
Per punizione mi tolsero il giubbotto e mi costrinsero a rincasare in maniche di camicia, con la temperatura a -25 gradi. Percorsi cinque chilometri sulla neve, sotto la morsa del freddo che intorpidiva le mie membra. Irrigidito dal gelo, non riuscivo a camminare: mi rotolavo e strisciavo per terra. Dentro di me pensavo alle numerose persone della mia parrocchia che non avevano avuto paura di dare la loro vita per Gesù. Trascorsi otto mesi in ospedale. Oggi non sento con un orecchio e con l’altro molto poco, ma sono riconoscente a Dio per avermi fatto sopravvivere. Ecco perché appartengo alla Santa Chiesa Cattolica Romana.
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Purtroppo, oggi, forse con meno spettacolarità che nel periodo sovietico, la Chiesa viene di nuovo perseguitata nelle zone sotto l’influenza russa. Bisogna pregare tanto per l’Ucraina affinché il buon Dio ci preservi anche da questa prova. Grazie per le vostre preghiere!
Il Medioevo entusiasma la gioventù di Luis Dufaur
S
ono finiti i giorni in cui la massima offesa che si poteva arrecare a qualcuno era bollarlo come “medievale”. La situazione è cambiata di 180° gradi. Chi non se ne sia ancora accorto, rischia di essere protagonista di episodi divertenti, come quello accaduto a Diana Fernández Irusta, giovane giornalista argentina dell’importante quotidiano “La Nación”, che recentemente ha vinto il Premio Internazionale di Giornalismo Re di Spagna.
studi intrapresi per diventare esperta in musica e danza medievale. Le sorprese, però, non sono finite. Gli altoparlanti annunciano il momento della battaglia. Trascinata dal piccolo, Diana si avvia al campo di battaglia, convinta di trovare bambini che “lottano” con spade di plastica, come quella che ha
Un bel giorno la giornalista, infortunatasi a un ginocchio, viene gentilmente aiutata, poiché camminava con difficoltà, da una nuova vicina, Cecilia, una giovane cantante e insegnante di musica, madre di tre figli. Le due diventano amiche. Un giorno, il figlio più piccolo di Diana, affascinato dai castelli e dai cavalieri, esprime il desiderio di visitare una fiera medievale che si svolgeva a Buenos Aires. La mamma acconsente, sicura di condurlo a una sorta di parco giochi per bambini. La sua sorpresa è totale: non era un parco giochi per bambini, bensì un mega-evento internazionale di alto livello culturale: il Torneo Internacional de Combate Medieval y Recreación de Aldea, che si tiene nel famoso Hipódromo de San Isidro.
Mentre Diana girava meravigliata per le vie della città medievale, eretta per l’occasione, incontra Cecilia. Nuova sorpresa: l’amica indossa un bellissimo vestito da dama medievale, e sta insegnando a un gruppo di ragazze danze e canzoni dell’epoca. Cecilia le racconta di tutte le letture sul tema e degli
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AttualitĂ
Sopra, partecipanti al Torneo sudamericano di Combattimento medievale, Buenos Aires, Argentina, agosto 2015
Sotto, la delegazione americana al Torneo internazionale di Combattimento medievale, Cuenca, Spagna, ottobre 2015
12 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETĂ€ / DICEMBRE 2015
appena regalato al figlio. Al limite, si aspettava qualche coreografia teatrale.
Trova, invece, formidabili cavalieri medievali con tanto di armatura in acciaio e pesanti spadoni, che avrebbero fatto bella figura in qualsiasi museo. Ben protetti da moderne imbottiture sotto l’armatura, i cavalieri colpiscono per davvero, cercando di rovesciare l’avversario. Portabandiera e scudieri completano la scena. Il piccolo figlio di Diana esulta e applaude, spiegando alla mamma, allibita, ogni colpo dei cavalieri, che egli conosce bene dai molti libri letti sul Medioevo. Al suo fianco, una bambina grida: “Che bello! È come un viaggio nel tempo!”. Un giovane cavaliere, capelli lunghi e barba bionda, spiega alla giornalista: “Stiamo rivivendo per la gioventù, uno sport medievale: i tornei a piedi. La gioventù oggi vuole queste cose”.
Di formazione prettamente “moderna”, Diana è più confusa che mai. Il mondo le sembra rovesciato. In cerca di chiarimenti, qualche giorno dopo si reca a trovare l’amica Cecilia. Torna sull’argomento e sbotta: “Ma non è che si fanno male?”. Sorridente, Cecilia risponde: “Ma si fanno male anche al rugby o al calcio”.
tiplicano i restauranti Medieval Times, che oltre ai pasti offrono anche uno spettacolo di combattimento medievale. Tutto ciò sostenuto da una pletora di asociazioni culturali e gruppi storici, come le Societies for Creative Anachronism. È chiaro che un crescente numero di persone non si sente più a suo agio in questa modernità.
“Siamo, non solo rappresentiamo – spiega Cecilia alla sua amica, non ancora tornata in sé – Il grande problema è l’origine e il destino dell’uomo. Tutto ciò ci porta verso Dio”. D’un tratto, Diana si sente smarrita. Lei, pur potendo visitare i castelli quando era stata in viaggio in Europa, li aveva snobbati, scegliendo invece le cose moderne. La sua amica Cecilia, di modesta condizione, non può permettersi di visitare i castelli europei ma li sogna: ha il Medioevo nell’anima. Messa in crisi, Diana torna a casa chiedendosi se non abbia perso il treno della storia. E scrive per il noto quotidiano di Buenos Aires un lungo pezzo, dal quale è nato questo articolo.
Cecilia allora spiega all’amica che tutto ciò non è fatto di goliardia, o per un mero interesse culturale, bensì per profondi motivi spirituali. Studiando il medioevo, molte persone rimangono affascinate dal tenore di vita e dalla caratura spirituale di quella civiltà luminosa e cavalleresca. Le associazioni medievali si stanno diffondendo non solo in Argentina ma in tutto il mondo. I loro membri adorano quel passato mitico, fatto da santi, re, cavalieri e dame, castelli e cattedrali, musica, pittura, cucina, arte e religione.
I tornei internazionali ormai si tengono in diversi paesi, sia del Vecchio che del Nuovo Continente. A partecipare sono soprattutto i giovani. In Spagna, per esempio, il torneo nel castello di Belmonte, a Cuenca, è diventato ormai un appuntamento fisso. In Ungheria, i tornei medievali sono una tappa obbligata nei giri turistici. E negli Stati Uniti si molDiana Fernández Irusta, Premio Internazionale di Giornalismo, messa in crisi dal figlio più piccolo, si è chiesta: “non avrei mica perso il treno della storia?”
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Attualità
S
E l’Italia?
ono in Italia da quasi un quarto di secolo. Da appassionato osservatore della realtà, mi ha sempre affascinato l’incredibile varietà del Belpaese, non solo geografica ma anche culturale, razziale, linguistica, gastronomica… Credo di rendere omaggio alla verità affermando che è il paese culturalmente più ricco dell’Europa. Stiamo, però, parlando di un paese, oppure di un mosaico di popoli con storie e culture diverse e non sempre convergenti?
quasi senza eccezione, tutte le feste popolari – feste patronali, rievocazioni storiche, sagre, eventi folcloristici, processioni religiose – hanno sempre un carattere medievaleggiante. Ciò vuol dire che quando gli italiani – quelli del Friuli e della Valle d’Aosta come quelli della Sicilia o della Calabria – vogliono celebrare le proprie radici, la propria identità, si riconoscono nel Medioevo, piuttosto che in qualsiasi altra epoca storica.
Esiste un’Italia? In altre parole, esiste una realtà ideale in cui tutti si riconoscono, oltre le differenze regionali e locali?
Questo ci induce a riflettere sul fatto che il popolo italiano e tutti i popoli europei considerano il Medioevo l’epoca in cui hanno dato il meglio di sé, fino a scorgervi un ideale e a riconoscervi la propria identità. (JL)
Viene in mente la celebre frase di Massimo d’Azeglio all’indomani della proclamazione del Regno d’Italia, nel 1861: “Purtroppo s’è fatta l’Italia, ma non si fanno gl’Italiani”. E, bisogna riconoscerlo con pacatezza, quest’impresa si è dimostrata assai più ardua di quanto non ritenessero gli alfieri del Risorgimento.
Conosco la Penisola da cima in fondo, da Tarvisio fino a Pozzallo. Nei miei numerosissimi giri, ha sempre attirato la mia attenzione un fatto:
14 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2015
Mentre lo Stato commemora le ricorrenze nazionali, il popolo celebra il Medioevo, variegato e organico, vivace ed evocativo. Dalla Regata storica di Venezia, al Palio di Siena, al Corteo storico di Orvieto fino al modesto Palio di Avucat di Capunac, nel piccolo paese della Brianza dove abito, le feste popolari hanno sempre un sapore medievale.
(Sopra, il Corteo delle contrade a Legnano, MI)
“C
Confusione
onfusione” è la parola più utilizzata in autorevoli commenti per trarre un bilancio del periodo che abbraccia il prima, il durante e il dopo dei due Sinodi sulla famiglia. Infatti, questo periodo tanto denso nelle discussioni quanto nebuloso nella percezione dell’opinione pubblica, fu inaugurato dall’ormai celebre discorso pronunciato dal cardinale Walter Kasper nel Concistoro del febbraio 2014, che subito rimbalzò sui titoli dei più grandi media del mondo, alimentando in seguito una continua e crescente disputa, ad intra e ad extra dell’aula sinodale, fra quelle che il sacerdote gesuita Antonio Spadaro ha definito «due diverse visioni del rapporto tra la Chiesa e la storia».
idee contrastanti con la Verità rivelata e da sempre insegnata, creando dubbi, confusioni, ribellioni».
“Disorientamento” e “confusione” sono, infatti, parole chiave per descrivere quanto sta accadendo nelle menti e nelle coscienze dei cristiani per quanto riguarda l’insegnamento e la prassi della Chiesa sulla morale naturale e cristiana nei confronti della famiglia, tema centrale per la nostra rivista e per la nostra associazione. Questo disorientamento va dimostrando giorno dopo giorno di essere nient’altro che la continuità, terribilmente aggravata, di quel fenomeno già descritto da Giovanni Paolo II agli albori del suo pontificato, quando stilava il bilancio degli anni precedenti: «Bisogna ammettere realisticamente e con profonda e sofferta sensibilità che i cristiani oggi in gran parte si sentono smarriti, confusi, perplessi e perfino delusi, si sono sparse a piene mani
Il risultato è che con «queste tattiche offuscanti la Relatio Finalis di fatto mette delle bombe a tempo e apre una porta posteriore all’ammissione dei divorziati risposati alla Sacra Comunione, causando così la profanazione dei due grandi sacramenti del Matrimonio e dell’Eucaristia e contribuendo, almeno in modo indiretto, alla diffusione della piaga del divorzio». Per mons. Schneider questi passaggi della Relatio sono stati stesi con una «abile e sofisticata ambiguità».
“Disorientamento” è stato, del resto, il termine usato dagli oltre 850 mila fedeli che hanno firmato una Supplica Filiale a Papa Francesco sul futuro della Famiglia chiedendogli di dire una parola di chiarezza sulla situazione creatasi dopo il pronunciamento del cardinale Kasper.
Un’analisi lucida e coraggiosa
A questo “smarrimento” dei fedeli viene in soccorso la lucida e coraggiosa analisi che mons. Athanasius Schneider, vescovo ausiliare di Santa Maria di Astana, ci offre della Relatio Finalis del Sinodo. Nello studio dal titolo «Una porta posteriore per una pratica neo mosaica», mons. Schneider, pur riconoscendo che nella suddetta Relatio si riscontrano delle verità chiaramente e bellamente affermate, riferendosi ai numeri 84-86 del Capitolo III (sulla molto discussa questione dei “divorziati risposati”), asserisce che il testo rappresenta in questi punti un «serio allontanamento» dal comandamento divino di dire “sì, sì, no, no” (Mt 5, 37), optando invece per «tattiche offuscanti» che usano espressioni ambigue come “una più piena partecipazione alla vita della Chiesa” oppure “discernimento” e “integrazione”.
I novatori si rallegrano
Non sarebbe, dunque, per nulla priva di fondamento la conclusione che ne traggono alcuni dei più celebri nomi che si sono spesi apertamente in favore di TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2015 - 15
Attualità
“Certi passaggi della Relatio sono stati stesi con una abile e sofisticata ambiguità”
grafi) dicono a loro (i divorziati risposati) che il loro peccato di adulterio non è peccato e neppure adulterio o, almeno, che non è peccato grave e che non c’è un pericolo spirituale nel loro stato di vita».
una riforma della posizione della Chiesa per quanto riguarda l’adulterio e il concubinato. Scrive mons. Schneider che «i cardinali Kasper e Nichols e l’arcivescovo Forte, per esempio, affermano che secondo la Relatio Finalis si può presumere che in una certa maniera si è aperta una porta per la Comunione ai divorziati risposati», aggiungendo che esiste un buon numero di «vescovi, sacerdoti e fedeli che si rallegrano per questa porta aperta che si trova nel Rapporto Finale. Invece di guidare i fedeli con un insegnamento chiaro e univoco, la Relatio Finalis causa una situazione di oscuramento, confusione, soggettivismo e un particolarismo dottrinale e disciplinare che non è cattolico, in una materia essenzialmente connessa al deposito della fede trasmesso dagli Apostoli».
“Siate quelli che mettono in pratica la parola” (Gc 1, 22)
Il presule kazako segnala inoltre la grave incoerenza che rappresenta l’aver ommesso che un vero accompagnamento pastorale e misericordioso non può non far vedere a queste coppie di essere in una stato di “scandalo pubblico”, dal quale solo si esce con l’umiltà di riconoscere lo stato peccaminoso. Anzi il numero 84 chiede “una ammissione dei divorziati risposati a uffici liturgici, pastorale ed educativi”, mentre in realtà con la loro vita danno «una pubblica anti-testimonianza contro l’indissolubilità del matrimonio e contribuiscono alla cultura del divorzio». Tutto questo contraddice in modo netto, secondo lo studio del vescovo, l’insegnamento della Lettera di san Giacomo: “Siate di quelli che mettono in pratica la parola e non soltanto ascoltatori, illudendo voi stessi” (Gc 1, 22). «Di fatto, questi (para16 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2015
Mons. Schneider, valente patrologo, esalta la grande attualità di parole come quelle pronunciate da un san Basilio o un sant’Ireneo. In una lettera al Papa Damaso, san Basilio scrive “Le leggi della Chiesa sono nella confusione (…) ognuno cammina d’accordo ai desideri del proprio cuore. Gli uomini di autorità temono di parlare giacché coloro che hanno ricevuto il potere per interesse umano sono schiavi di quelli ai quali devono la propria carriera (…). Nel frattempo i miscredenti ridono, gli uomini di fede debole traballano, le fede diviene incerta, le anime sono imbevute dell’ignoranza a causa di coloro che adulterando le parole imitano la verità (Ep. 92,2)”.
Una parola ferma e di speranza
Conclude mons. Schneider: «tutti i periodi di confusione nella storia della Chiesa sono allo stesso tempo un’occasione per ricevere molte grazie di forza e di coraggio e una opportunità per dimostrare il proprio amore a Cristo, Verità Incarnata. Ad Egli tutti i battezzati, tutti i sacerdoti e vescovi hanno promesso inviolabile fedeltà, ognuno secondo il proprio stato: con i voti battesimali, con le promesse sacerdotali, con la solenne promessa della ordinazione episcopale»; quest’ultima impegna infatti a conservare “puro e intatto il deposito della fede conforme alla tradizione che sempre e ovunque è stata preservata dalla Chiesa”. «L’ambiguità che si riscontra nella sezione riguardante i divorziati risposati nella Relatio Finalis contraddice il suddetto voto episcopale solenne. Ciò nonostante, tutti nella Chiesa, dai semplici fedeli a coloro che detengono il Magistero, dovrebbero dire: “Non possumus!” Non accetterò un discorso offuscato né un’abilmente mascherata via di fuga per la profanazione dei sacramenti del Matrimonio e della Eucaristia. Allo stesso modo non accetterò una beffa del Sesto Comandamento di Dio. Preferisco essere ridicolizzato e perseguitato che accettare testi ambigui e metodi insinceri. Preferisco la cristallina “immagine di Cristo la Verità che quella della volpe ornata con gemme” (sant’Ireneo) perché “so infatti a chi ho creduto”, “Scio, cui credidi” (2 Tm,1, 12)».
Ecuador: contrordine compagni!
I
l presidente socialista dell’Ecuador, Rafael Correa, si è sempre presentato come grande paladino della famiglia. Aveva, addirittura, promesso che il “matrimonio” omosessuale non sarebbe mai stato approvato fino a quando avrebbe guidato lui il Paese.
Il suo rifiuto dell’agenda LGBT, però, non era dettato tanto dall’adesione a solidi principi morali, o alla Fede cattolica, quanto dalla sua posizione politica anti-americana. Correa, infatti, considera l’agenda LGBT un’avanguardia della “colonizzazione ideologica occidentale”, in altre parole un’arma dell’“imperialismo yankee”. Donde il suo fermo rifiuto. Tanto è bastato per attirargli le simpatie non solo di settori cattolici sinistrorsi, ma anche da settori di quella “destra” che vede nell’Occidente il male assoluto e, quindi, nei suoi antagonisti di qualsiasi tipo (anche di sinistra) un amico da sostenere. Sembra, però, che l’accanimento rivoluzionario di Correa abbia avuto la meglio sulla retorica anti-
yankee. Nell’ambito dell’iniziativa “Diálogo Nacional”, da lui promossa, il ministero della Giustizia ha creato la Federazione ecuadoriana di organizzazioni LGBT, alla quale si sono iscritti più di 2mila attivisti e sessanta gruppi nazionali. In altre parole, Correa ha deciso di aderire alla lista dei paesi che promuovono l’agenda omosessuale e l’ideologia gender.
Ledy Zúñiga Rocha, ministro della Giustizia, ha sottolineato che “l’inclusione sociale è ormai un modo di decidere e di governare della rivoluzione”.
Correa ha dichiarato altresì che anche il riconoscimento dei diritti dei transessuali è una “strategia per arrivare al matrimonio gay”, e che una volta raggiunto, cercherà anche di imporre l’adozione per le coppie dello stesso sesso. Con buona pace dei suoi sostenitori “cattolici” o di “destra”.
(Sopra, il presidente Rafael Correa con rappresentanti delle organizzazioni LGBT) TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2015 - 17
Ventennale di Plinio Corrêa de Oliveira
Celebrazioni p di Plinio Corr
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er il ventennale êa de Oliveira
Con la partecipazione di soci e cooperatori delle TFP ed associazioni affini rappresentanti 27 paesi dei cinque continenti, si sono svolte a San Paolo del Brasile le solenni celebrazioni per il ventesimo anniversario della scomparsa di Plinio Corrêa de Oliveira. Il punto alto: un solenne Pontificale nella storica basilica di São Bento, seguito da un corteo per il centro storico della città
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Ventennale di Plinio Corrêa de Oliveira
L
e celebrazioni per il ventennale di Plinio Corrêa de Oliveira sono iniziate lo scorso venerdì 2 ottobre con un pranzo offerto dall’Istituto Plinio Corrêa de Oliveira nello Jockey Club ai quasi trecento soci e cooperatori delle TFP e associazioni consorelle, giunti in Brasile da 27 paesi del mondo. In tale occasione, S.A. il duca Paul von Oldenburg, direttore dell’Ufficio delle TFP a Bruxelles, ha presentato al plenario i membri giovanissimi delle varie TFP, quelli, per intenderci, che non hanno conosciuto di persona il prof. Plinio Corrêa de Oliveira, ma si sono sentiti attirati dal suo esempio e si sono impegnati nella sua causa.
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L’apice delle commemorazioni è stato, senza dubbio, il solenne Pontificale celebrato sabato 3 ottobre da S.E. Mons. Athanasius Schneider, vescovo ausiliare di Astana, Kazakistan, già vice-presidente della Conferenza episcopale dell’Asia Centrale. Il
luogo non poteva essere più simbolico: la basilica di São Bento, nel centro storico di San Paolo, proprio lì dove, nel 1928, Plinio Corrêa de Oliveira partecipò al Congresso della Gioventù cattolica, iniziando così la sua vita pubblica. Nell’omelia, mons. Schneider ha tracciato un parallelo fra il dott. Plinio e santa Teresina del Bambino Gesù, la cui festa si celebra quel giorno, secondo l’antico calendario liturgico. La basilica era affollata non solo dai membri delle TFP, ma anche dal numeroso pubblico venuto a rendere omaggio al grande leader cattolico.
La cerimonia si è avvalsa dell’augusta presenza della Madonna di Fatima pellegrina internazionale. Si tratta dell’immagine originale che, dal 1948, ha visitato quasi tutti i paesi del mondo, compresa l’allora Unione Sovietica. A termine della Santa Messa, portando i caratteristici stendardi rossi col leone rampante dorato, i
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Ventennale di Plinio Corrêa de Oliveira
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soci, cooperatori e amici delle TFP hanno sfilato per le vie del centro storico fino al Páteo do Colégio, dove nel 1554 san Giuseppe de Anchieta fondò la città di San Paolo. Luogo anch’esso simbolico, visto che Plinio Corrêa de Oliveira vi tenne innumerevoli discorsi di piazza. Una banda musicale composta da elementi delle varie TFP ha animato il corteo. Richiamavano specialmente l’attenzione del pubblico i suonatori di cornamusa delle TFP americana, scozzese e irlandese.
Introdotti da Mario Navarro, direttore del Bureau delle TFP a Washington, sono intervenuti nel Páteo do Colégio rappresentanti dei settori giovanili delle TFP di Polonia, Stati Uniti e Brasile. Di pomeriggio, nel corso di un convegno realizzatosi nel Club Homs, sono state illustrate, tramite audiovisivi, le attività delle TFP negli ultimi cinque anni: le campagne contro l’aborto, il “matrimonio” omosessuale e l’ideologia gender e le varie iniziative di apostolato giovanile, come la Student Action della TFP americana. Molto applauditi, i video delle “carovane” di giovani che percorrono i paesi facendo propaganda contro-rivoluzionaria.
Nel convegno sono state presentate anche le memorie autobiografiche di Plinio Corrêa de Oliveira, dal titolo «Minha Vida Pública», oltre all’edizione portoghese, dall’originale tedesco, del libro di Mathias von Gersdorff, «Encontro com Plinio Corrêa de Oliveira, paladino católico em tempos turbulentos», e il libro di Roberto de Mattei «Plinio Corrêa de Oliveira. Profeta del Regno di Maria», dalla casa editrice Artpress, di San Paolo.
La domenica del 4 ottobre, centinaia di soci, cooperatori e amici delle TFP si sono recati al
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Ventennale di Plinio Corrêa de Oliveira
cimitero della Consolação, davanti al tumulo di Plinio Corrêa de Oliveira, per recitare un Santo Rosario, guidato da Mons. Schneider.
Nel pomeriggio, la Santa Messa celebrata nella chiesa di santa Teresina dal canonico Louis Poucin de Wouilt, dell’Istituto Cristo Re Sommo Sacerdote, di Firenze, segnava un altro momento celebrativo importante, riportando alla memoria il profondo legame di Plinio Corrêa de Oliveira con l’Ordine carmelitano.
In una commovente cerimonia nella Sede del Regno di Maria, sede centrale dell’Istituto Plinio Corrêa de Oliveira, sono stati ricevuti quattro nuovi membri delle TFP di Estonia, Olanda, Irlanda e Polonia, mentre altri due, dell’Ungheria e della Colombia, ricevevano il distintivo.
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La sera, sempre nel Club Homs, si è tenuta la sessione di chiusura delle celebrazioni. All’ingresso della Madonna di Fatima pellegrina internazionale, portata a spalla da cooperatori delle TFP di quattro continenti, sono seguiti i discorsi dei rappresentanti delle varie TFP e associazioni consorelle, a cominciare dal dott. Adolpho Lindenberg, presidente dell’Istituto Plinio Corrêa de Oliveira, del
Brasile, anfitrione dell’evento. Dopo la relazione del dott. Eduardo de Barros Brotero, veterano della TFP brasiliana, sono intervenuti i rappresentanti delle TFP di Olanda e Lituania, di recente fondazione.
L’ultimo oratore, John Horvat, vicepresidente della TFP americana, ha sottolineato come questi vent’anni siano stati per noi un “tunnel”, nel quale, però, ha sempre brillato la luce della speranza e della certezza della vittoria, come di-
mostrano le manifestazioni commemorative.
E proprio sotto il segno della speranza, rinsaldata anche dall’espansione dell’opera di Plinio Corrêa de Oliveira in tutto il mondo, specie tra le giovani generazioni, sono terminate le celebrazioni per il suo ventennale, col canto solenne del Credo, quale affermazione della nostra fede incrolTRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2015 - 25
Ventennale di Plinio Corrêa de Oliveira
Plinio Corrêa de Oliveira e Santa Teresina Omelia di S.E. Mons. Athanasius Schneider
C
ari fratelli in Nostro Signore Gesù Cristo!
Secondo il calendario della liturgia romana tradizionale, si celebra oggi la festa di santa Teresina di Gesù Bambino. La Divina Provvidenza ha fatto coincidere questa festa col giorno della nascita di Plinio Corrêa de Oliveira alla vita eterna. Santa Teresina è stata una profetessa dei tempi moderni quando ci ha ricordato che le grazie dell’infanzia spirituale sono il mezzo più efficace per giungere alla santità personale, e per lottare contro gli spiriti maligni e i nemici
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della Chiesa. Santa Teresina era una grande innamorata della Chiesa, e siccome la Madre della Chiesa è Maria, era anche un’anima totalmente mariana. Essere figlio autentico della Chiesa significa, allo stesso tempo, essere un’anima mariana. Santa Teresina scrisse: “Nel cuore della Chiesa mia Madre, io sarò l’Amore, così sarò tutto, così sarà realizzato il mio sogno”. Queste parole di fuoco risuonano come un’eco nella seguente testimonianza personale di Plinio Corrêa de Oliveira del 1978, in occasione dell’anniversario del suo battesimo: “Questo è il mio atteggiamento di tutti i giorni, di tutti i minuti, di tutti gli istanti: cercare con lo sguardo la Chiesa Cattolica per essere permeato dal suo spirito, per averla dentro di me. E, anche se Essa dovesse essere abbandonata da tutti gli uomini, nella misura in cui ciò fosse possibile senza che cessasse d’esistere, io vorrei averla totalmente nella mia anima. Vorrei vivere soltanto per la Chiesa. Sicché, al momento della mia morte, io possa dire: Veramente, fui un uomo cattolico, tutto apostolico, romano, romano, romano!”.
Vir totus catholicus et apostolicus plene Romanus. Questo epitaffio, che possiamo leggere sulla tomba di Plinio Corrêa de Oliveira nel cimitero della Consolazione, rivela e riassume tutta la sua vita spi-
“Morire martire è bello. Offrire se stesso come vittima è bellissimo. Ma la lotta ha una sua bellezza speciale. Mai la mia vocazione è più bella di quando io devo lottare! Se mi fosse dato di scegliere, io vorrei morire lodando la Madonna e, nonostante la mia età, vorrei morire combattendo” rituale e la missione che Dio gli affidò. Essere cattolico, apostolico, romano significa essere infiammato di amore per la Chiesa, che è Cristo stesso nel suo Corpo Mistico. La Chiesa è il regno di Cristo per mezzo di Maria: “Regnum Christi per Mariam”, “Adveniat regnum Tuum per Mariam”. L’arrivo della piena realizzazione del Regno di Cristo nella Chiesa per mezzo di Maria, ecco il motto e il nucleo della dottrina e dell’apostolato di San Luigi Maria Grignion de Montfort. Si può dire che sia stato anche il cuore di tutta la vita e dell’opera del prof. Plinio.
Uno dei modi più efficaci per promuovere il regno spirituale di Cristo per mezzo di Maria è la consacrazione totale a Maria: la santa schiavitù di amore. La santa schiavitù è stata il cammino spirituale di molti santi che, alla scuola del Sacro Cuore, hanno imparato ad amare Dio e a fare la Sua santa volontà. Santi, quali san Giovanni Maria Vianney, san Giovanni Bosco, san Domenico Savio, santa Teresa, santa Gemma Galgani, san Pio X, san Pio da Pietrelcina e tanti altri santi del nostro tempo: hanno visto nella totale consacrazione alla Beata Vergine non una “semplice” devozione, ma una devozione perfetta, ciò quella voluta proprio da Gesù quando ci ha fatto figli di Sua Madre Santissima. Il prof. Plinio non solo ha vissuto fedelmente la santa schiavitù, ma è diventato un vero apostolo di questa consacrazione totale a Maria. L’espressione intima della totale consacrazione a Maria, cioè della santa schiavitù, si mostra nel desiderio di un totale e incondizionato dono della propria vita in olocausto per diffondere il regno di Cristo e respingere il regno anticristiano. La voce interiore della grazia che ha parlato all’anima del prof. Plinio lo esortò ad abbracciare la lotta controrivoluzionaria. È come se un lampo profetico avesse attraversato le nuvole del suo futuro: non doveva morire, ma vivere per combattere. In questa lotta contro il regno anticristiano il prof. Plinio era guidato, nello spirito
di santa Teresina, dal desiderio del dono totale di se stesso in olocausto per la Chiesa e per la civiltà cristiana.
Nel dubbio fra seguire la via della espiazione nel nascondimento, come santa Teresina che egli tanto ammirava, e la via della lotta contro-rivoluzionaria aperta, il prof. Plinio scrisse: “Decisi di abbracciare un aspetto della via insegnata da santa Teresina, che consiste nel non chiedere niente e di non negare niente a Dio Nostro Signore. Consiste nell’accettare tutto quanto Egli vorrà inviarci. ‘Si fieri potest transeat ad me calix iste’. Decisi di bere fino all’orlo qualsiasi calice Dio mi presentasse, consumando il mio sacrificio fino in fondo. Così ho smesso di chiedere checchessia per me a Nostro Signore e alla Madonna, abbandonandomi totalmente nelle loro mani”.
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Ventennale di Plinio Corrêa de Oliveira
“La Divina Provvidenza ha messo insieme due anime, due fiori sbocciati nel giardino spirituale del Carmelo: santa Teresina e il prof. Plinio, che per molti anni è stato membro, e anche priore, del Terz’Ordine Carmelitano, conservando questo spirito per tutta la vita. Queste anime erano tanto diverse nelle rispettive missioni esterne quanto vicine nella vita interiore”
Tutte le fibre dell’anima di Plinio Corrêa de Oliveira agognavano per la lotta in difesa della Chiesa e della civiltà cristiana. Questa lotta non escludeva la possibilità di morire. Lui sarebbe stato felice di morire combattendo. La sua anima, però, ripugnava una morte senza combattimento: “Morire è bello. I martiri sono morti, le vittime della Rivoluzione francese sono morte. Offrire se stesso come vittima è bellissimo! Un paziente morendo nel letto può offrirsi come vittima. Santa Teresina di Gesù Bambino si è offerta come un agnello sacrificale. Ma la lotta ha una sua bellezza speciale!”.
In un’altra occasione egli disse: “Il bello non è chiedere a Dio che ci risparmi la lotta. Proprio il contrario! Mai la mia vocazione è più bella di quando io devo lottare! Qui appare la lotta in tutta la sua grandezza. Così la lotta assume il carattere di un’affermazione dell’Assoluto. Dio passa ad abitare nell’anima che lotta. Chi lotta per la Chiesa e per la civiltà cristiana sente nell’anima il tocco dell’Assoluto di Dio. Ed è questo che lo fa diventare un eroe, anche se egli dovesse morire schiacciato”. 28 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2015
Quella del prof. Plinio non era una lotta fisica e sanguinosa, come hanno dovuto affrontare per esempio i crociati, bensì la lotta culturale e morale contro i nemici della Chiesa, tipica dell’epoca in cui visse. A questo proposito egli scrisse: “Io non sto offrendo il mio sangue, ma la mia vita intera. Sono ore ed ore di attenzione, di sforzo, di applicazione, di impegno. Questa è la mia vita! Questo è il mio sacrificio affinché ogni colpo della Contro-Rivoluzione vada a segno. Io faccio questo con l’impeto col quale un crociato si lanciava all’assalto di Gerusalemme. È questo impeto che mi dà il coraggio di fare tanti sacrifici. Io vedo ogni piccolo o grande episodio della lotta contro-rivoluzionaria non come un atto noioso, difficile da compiere, un piccolo episodio della mia vita quotidiana. No! Lottando e sacrificandomi, la mia vita quotidiana è bagnata da una luce soprannaturale, si proietta in un ambiente molto più alto, molto più bello. In questa luce io vedo la bellezza di quanto sto facendo”.
Egli combatteva per la Madonna: “Se mi fosse dato di scegliere, io vorrei morire lodando la Ma-
donna e, nonostante la mia età, vorrei morire combattendo, per esempio in difesa di una sua immagine. Vorrei essere seppellito in una chiesa, sotto l’altare, affinché ogni volta che il sacerdote vi celebrerà la Santa Messa, lo farà sopra il mio corpo”.
La Divina Provvidenza ha messo insieme due anime, due fiori sbocciati nel giardino spirituale del Carmelo: santa Teresina e il prof. Plinio, che per molti anni è stato membro, e anche priore, del Terz’Ordine Carmelitano, conservando questo spirito per tutta la vita. Queste anime erano tanto diverse nelle rispettive missioni esterne quanto vicine nella vita interiore. Un’anima era il piccolo fiore primaverile di Lisieux, l’altra il prof. Plinio Corrêa de Oliveira, un eccezionale miles Christi, un autentico cavaliere di Cristo nel nostro tempo. Solo Dio poteva accomunare un piccolo fiore primaverile e un cavaliere senza paura. Queste anime erano unite nell’ardente amore per la Chiesa, per la Beata Vergine Maria, nell’olocausto incondizionato a Nostro Signore Gesù Cristo. Erano unite nella difesa del Regno di Cristo sulla terra per mezzo di Maria: Ad Jesum per Mariam!
La chiave per capire l’intensa vita spirituale, e l’eroico zelo per il Regno di Cristo, di queste due anime elette è la mediazione di Maria. A entrambi, la Madonna sorrise già in tenera età e li scelse per essere umili strumenti per confondere i potenti di questo mondo e il regno del male.
Nella festività di santa Teresina, nel ventennale della scomparsa di Plinio Corrêa de Oliveira, sentiamo le parole della Santa di Lisieux, “Vorrei cantare, Maria, perché ti amo. Il tuo nome è così dolce da farmi rabbrividire il cuore. Ben presto sentirò l’armonia della Tua voce. Ben presto ci vedremo nel bellissimo Cielo. Tu, che sei venuta e mi hai sorriso nell’aurora della mia vita, vieni di nuovo e sorridimi ancora una volta. Madonna, il giorno tramonta. Ma io non ho più paura dello splendore della tua gloria sublime. Con te ho sofferto e combattuto, e ora voglio cantare nel tuo grembo, o Maria, perché ti amo. Vorrei ripetere per tutta l’eternità: io sono tua figlia!”. Amen.
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Ventennale di Plinio Corrêa de Oliveira
L’onore: il carisma della TFP
N
el corso della solenne sessione di chiusura, è intervenuto il dott. Eduardo de Barros Brotero (foto sopra), che a diciotto anni incontrò il prof. Plinio Corrêa de Oliveira, accompagnandolo poi nelle sue battaglie per oltre mezzo secolo. Il dott. Brotero ha scelto di trattare uno dei temi più cari al leader cattolico brasiliano, che egli definiva, addirittura, il “carisma” proprio della TFP: l’onore.
Il senso dell’onore, riteneva Plinio Corrêa de Oliveira, nasce dall’idea che ognuno ha della propria dignità. E questa dignità proviene dal fatto di essere stati creati a immagine e somiglianza di Dio, fonte assoluta di ogni onore. In altre parole, l’onore è un riflesso di Dio. Perciò, affermava Plinio Corrêa de Oliveira, “il vero onore è un dono che solo il cattolico, apostolico, romano può possedere pienamente”. Per il pensatore brasiliano, ha spiegato Brotero, “cattolicità e onore sono intimamente connessi. Si riconosce il vero cattolico dalla sua dignità. Qui, per esempio, abbiamo la gioia di avere con noi un prelato, che manifesta la propria cattolicità per la sua squisita dignità, soprattutto nella deferenza con cui celebra la Santa Messa”.
“L’onore, però, non esiste soltanto in un vescovo, oppure nei nobili – come nei nostri cari principi Orleans e Braganza, oppure nei duchi von 30 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2015
Oldenburg, qui presenti – Il dott. Plinio spiegava che ogni essere umano, per quanto modesto, ha una sua dignità naturale e inalienabile. Incommensurabilmente più elevata, è ancora la dignità dei figli della Chiesa, come battezzati e membri del Corpo Mistico di Nostro Signore Gesù Cristo”.
“Il senso dell’onore – ha continuato Brotero – è scemato man mano che avanzava la Rivoluzione, facendo penetrare dappertutto la negligenza e la volgarità. La volgarità ha penetrato – oh dolore! – perfino il Santuario, anche nell’atto più sacro che è la Santa Messa (…) In risposta alla Rivoluzione, il senso dell’onore deve essere molto vivo nelle nostre anime. Questa è una delle principali eredità che il dottor Plinio ci ha lasciato”. Il dott. Brotero ha citato poi alcuni brani di Plinio Corrêa de Oliveira, tratti da un simposio sull’onore che egli tenne negli anni Sessanta:
“La caratteristica distintiva della mia vita spirituale è l’onore; è vedere Dio, la Madonna e l’intero universo alla luce dell’onore. L’onore è per la TFP come la povertà per i francescani e l’obbedienza per i gesuiti. Noi siamo della scuola dell’onore. Alla luce dell’onore, tutte le virtù per noi si illuminano. Senza l’onore per noi nessuna virtù ha luce. [...] Nella lotta della Contro-Rivoluzione contro la Rivoluzione, noi vediamo la lotta dell’onore contro il disonore”. Brotero ha chiuso il suo intervento incoraggiando i presenti, specialmente i giovani, a seguire la “spiritualità combattiva” di Plinio Corrêa de Oliveira, che s’impegnò in una “vera crociata per ravvivare nel mondo il senso dell’onore, oggi abbandonato perfino ai più alti livelli”.
Il pensiero di Plinio Corrêa de Oliveira
E g u a l it a r i s m o : i l v er o s p a r t i a c q u e f r a d e s t r a e s in i s t r a
di Plinio Corrêa de Oliveira
Nel 1957 il prof. Plinio Corrêa de Oliveira tenne a San Paolo del Brasile una serie di tredici conferenze su un argomento che, in un certo modo, costituisce il cardine della lotta tra la Rivoluzione e la Contro Rivoluzione. Ci riferiamo al problema dell’egualitarismo. Quelle conferenze affrontavano già allora i temi che poi avrebbero costituito la struttura portante del suo capolavoro «Rivoluzione e Contro Rivoluzione», che vedrà la luce nel 1959. Queste conferenze, dattiloscritte e poi microfilmate, sono purtroppo arrivate a noi con qualche lacuna dovuta al cattivo stato di conservazione dei microfilm. Pubblichiamo oggi la prima di queste conferenze. Essa è riportata ipsis verbis e conserva, quindi, la struttura del linguaggio parlato, non rivisto dall’autore. Eventuali lacune e integrazioni redazionali sono indicate tra parentesi quadre [ ]. I titoletti sono redazionali.
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Il pensiero di Plinio Corrêa de Oliveira
Due famiglie spirituali di fronte al problema della disuguaglianza
Uguaglianza e disuguaglianza in quale campo? In tutti i campi. Ci sono, per esempio, persone che hanno antipatia per un professore che mantiene la gerarchia in aula. Il professore è antipatico perché non è amico dei suoi allievi, perché è un professore che non sa mantenere in aula un clima di familiarità, di stima, di bontà, di simpatia. Egli cerca di mettere in evidenza la differenza che esiste tra lui e gli allievi. Egli è quindi un professore antipatico.
I
n tema di destra e sinistra ci sono in giro idee superficiali, stupide e perfino insensate. Un amico mi raccontava che una persona, di Parigi, giungeva al punto di porre il problema in questi termini: “Sinistra è una certa cosa. Allora, destra è tutto ciò che non è sinistra”. Ossia, qualunque posizione, per quanto sinistrorsa, purché non sia totalmente di sinistra, è considerata una posizione di destra. Vediamo qui come esista una confusione riguardo alla distinzione tra destra e sinistra.
Il problema dell’egualitarismo delimita i campi tra destra e sinistra
Questo mi porta a tentare di stabilire un criterio alla luce del quale trattare la questione della destra e della sinistra. Io ritengo che questo criterio non possa mai prescindere dal problema dell’uguaglianza e della disuguaglianza.
Evidentemente, ci sono molte persone che passano la vita come termiti e che non arrivano a formarsi un’opinione su nulla. Persone di questo tipo ovviamente non si interessano a questo problema. Ma per coloro che hanno una certa nozione della vita, questo problema esige una presa di posizione molto seria. Come possiamo formulare il problema?
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Al contrario, ci sono allievi ai quali piace il professore autorevole, il professore che stabilisce questa differenza. Questi sono rari, ma esistono. La mia lunga esperienza di professore mi insegna che, in generale, all’allievo non piace il professore autorevole, ma quando egli non è più allievo e si ricorda del tempo in cui lo era, egli ricorda con speciale simpatia i professori che sapevano mantenere la gerarchia e sapevano stabilire la differenza. Vuol dire che una fascia della mentalità di questi ragazzi, perfino di quelli egualitari, rende omaggio alla gerarchia.
Ciò che si verifica nella scuola, si osserva anche nella vita quotidiana.
Un altro esempio è il sacerdote egualitario: quello che non porta cappello perché è più egualitario, più borghese, non usarlo; non usa la tonsura perché così si rende più simile, più uguale, agli altri uomini. Usa la veste talare corta che lascia vedere le calze. Usa l’orologio da polso moderno e fuma in pubblico. Ha modi volgari di strofinare il fiammifero e di accendere la sigaretta (perfino questi gesti, infatti, sono suscettibili di una certa laicizzazione).
Egli ha alcune abitudini molto egualitarie. Per esempio, gli piace usare la motocicletta [gli piace] lo strepito e la bruttezza della motocicletta, con voluttà lascia cantare la cacofonia della motocicletta. Con ciò dimostra che sa fare chiasso e che gli piace il chiasso. Così mostra che anche lui è un uomo. Questo tipo di prete è un prete egualitario. Questo prete
si trastulla con i chierichetti come se fossero i suoi fratellini. Tratta i congregati mariani con enorme familiarità ed ha piacere che i congregati lo trattino da pari. Segue assiduamente la radio, canticchia canzonette alla moda, e via dicendo. È un uomo egualitario. E tutto ciò che potrebbe significare una preminenza del sacerdozio è cancellato, o almeno diluito per collocarsi al livello degli altri.
A molte persone ciò fa piacere. Quindi trovano questi preti formidabili. Per noi e per tutta una famiglia di cattolici, invece, non è così. Fra i cattolici, nell’atteggiamento verso i preti, queste due famiglie spirituali si differenziano molto.
Per esempio, troviamo certi cattolici che, alla domanda se conoscono un certo prete, rispondono: “Sì, come no! È un prete molto buono. Prega con gran raccoglimento, insegna molto bene il catechismo, ha fatto un sermone incomparabile sulla Madonna. Davanti a lui si sente rispetto, fiducia. Egli è per noi una colonna. I suoi consigli risolvono ogni questione. Quello sì che è buono, quello è un vero prete!”
Altri, al contrario, diranno: “Quell’altro sì che è un vero prete. Amicone, con lui la gente si fa un sacco di risate. È un uomo democratico, simpatico, compagnone! Non ha quei preconcetti antiquati. È' sempre allegro, sempre sorridente, è incapace di dire niente che possa rattristare qualcuno. Non va dietro alle persone per dargli consigli. Al contrario, parla pochissimo di religione. È formidabile perché attrae con la sua presenza. Quando si vede un prete così, devo ammettere che sbagliavo. Anche fra i preti c'è gente brava”. Quindi conclude: “È così che mi piace!”
Due concezioni della dignità episcopale, due famiglie spirituali: Mons. Duarte Leopoldo e Silva, arcivescovo di San Paolo (1867-1938); Mons. Christian Nourrichard, vescovo di Évreux
È una famiglia spirituale cui piace vedere nel prete un eguale a sé. L’altra famiglia invece vede nel prete un superiore.
Io osservavo sovente questo fenomeno quando Dom Duarte (1) era vescovo di San Paolo. Dom Duarte era magro, magrissimo, altero, uomo dallo sguardo diritto, ben pettinato e con un tratto signorile in tutta la sua persona. Spesso, quando Dom Duarte usciva dalla chiesa, la gente andava a baciargli la mano. In un’occasione come questa si poteva distinguere perfettamente le due famiglie spirituali, a seconda delle loro reazioni di fronte a Dom Duarte. Alcuni andavano da lui estasiati per la sua superiorità, baciavano contenti il suo anello, soddisfatti di potergli rendere questo omaggio. Egli dirigeva loro una parola e quelli se la portavano a casa quasi come un “sacramentale”.
Altri gli andavano incontro solo perché l’Arcivescovo stava passando, ma con quel timore stupido di chi, in fondo, ha rabbia. Non è un vero timore, ma un timore fatto di invidia, di rabbia, di rimozione. Gli baciavano la mano come degli schiavi, perché non c’era modo di evitarlo. E poi andavano via pieni di rabbia. Ecco le due famiglie chiaramente caratterizzate.
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Il pensiero di Plinio Corrêa de Oliveira
La destra nel pensiero di un grande teologo
“La Chiesa non è di destra né di sinistra?
“Personalmente, io sono uomo di destra e non vedo perché nasconderlo. Credo che molti di coloro che si servono della frase citata, la strumentalizzano allo scopo di lasciare la destra per scivolare a sinistra; volendo evitare un eccesso, cadono in quello opposto, com’è accaduto in Francia in questi ultimi anni. Credo anche che non bisogna confondere la vera destra con le false destre, che difendono un falso ordine, non quello vero. Ma la vera destra, che difende l’ordine fondato sulla giustizia, sembra essere un riflesso di quello che le Scritture chiamano ‘la destra di Dio’, allorché proclamano che Cristo siede alla destra del Padre e che gli eletti staranno alla destra dell’Altissimo”.
(P. Réginald Garrigou-Lagrange, O.P., durante una visita al settimanale O Legionário, diretto da Plinio Corrêa de Oliveira, a San Paolo del Brasile, settembre 1938)
Possiamo notare questa differenza anche nel modo in cui le persone si mostrano. Considerando una persona, la si può classificare in due tipi diversi.
Certe persone sono consce della loro dignità e, nel modo di mostrarsi, cercano di farsi rispettare dagli altri. Perciò, assumono un atteggiamento dal quale fanno trasparire ciò che hanno di superiore.
Altre persone, al contrario, non sono consce della loro dignità e vanno per strada in un modo pseudo-naturale, con un’aria bonacciona, sorridente, di chi trova tutto buono, tratta tutto il mondo in una maniera ottusa, sprovveduta. Questa è un’altra famiglia spirituale.
Sono due famiglie spirituali che dobbiamo osservare nell’umanità. L’esistenza di queste due famiglie mette chiaramente a fuoco il problema: la presa di posizione nei confronti della disuguaglianza. All’una piace l’uguaglianza; all’altra piace la disuguaglianza.
Importanza del conoscere l’esplicitazione dottrinale delle idee che difendiamo
La questione centrale consiste nel verificare quale sia l’importanza di questo problema della disuguaglianza nella formazione dell’anima umana e della weltanschauung degli uomini, e cosa ci sia dietro questo problema che segna tanto profondamente l’uomo. È in funzione di questo che, successivamente, comprenderemo bene il problema dell’egualitarismo.
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È assai evidente che noi non abbiamo bisogno [di fare qui] un’apologia dello spirito di gerarchia. Sarebbe ridicolo pretendere di fare in questa sede una tale apologia. Ciò che ci unisce, che ci congrega qui, è proprio l’amore alla gerarchia, a tutte le gerarchie vere, legittime, possibili. Non soltanto quelle che esistono e la cui sopravvivenza desideriamo, ma quelle che sono esistite e di cui lamentiamo la sparizione, e anche quelle che esisteranno, e la cui nascita già da ora salutiamo con gioia. Tuttavia, dobbiamo tener presente per eventuali conferenze o lavori intellettuali, che il nostro apostolato esige l’esplicita conoscenza delle nostre dottrine. Non basta solo avere una sorta di “occhio magico” — cogliere la cosa in superficie e pretendere di aver capito — e neppure basarsi soltanto su uno o due argomenti mal conosciuti. Per la nostra propria formazione dobbiamo conoscere le nostre dottrine esplicitamente tanto a fondo quanto possibile. Dobbiamo conoscere tutta l’argomentazione con la quale queste dottrine si distillano. Anzitutto perché, in fin di conti, tutta la [nostra] formazione poggia su questo. In secondo luogo perché, per noi che lottiamo per delle idee, non c’è mezzo di combattimento più prezioso che gli argomenti. Per chi lotta per delle idee, un argomento ha la stessa importanza dell’arma per il militare. C’è un esempio ben caratteristico di questo nella vita di San Tommaso.
S. Tommaso stava cenando con san Luigi [IX, Re di Francia]. Ad un certo momento, durante la conversazione, egli si astrasse e cominciò a pensare a qualcosa di differente dall’argomento di cui si parlava. All’improvviso egli, uomo corpulento, diede un
“Ergo, concluso contra manichei!” S. Tommaso d’Aquino
Per chi lotta per delle idee, un argomento ha la stessa importanza dell’arma per il militare. Senza argomenti e senza idee, non esiste possibilità di apostolato pugno sul tavolo e interruppe la sua meditazione, esclamando: “Ergo, concluso contra manichei!” (Pertanto l’abbiamo fatta finita con i manichei). Aveva articolato l’argomento per sconfiggere i manichei. Fu un evento alla tavola del Re. Si mandò a cercare un amanuense per scrivere ciò che s. Tommaso aveva escogitato contro i manichei. E fu certamente l’evento del giorno nel palazzo, evento che deve essere stato commentato persino nel Consiglio di Stato come il più importante del giorno, o della settimana, o del mese: Fratel Tommaso aveva trovato un nuovo argomento contro i manichei!
Perché questa gente dava tanta importanza ad un nuovo argomento? Perché capivano che un argomento in più era un’arma in più, e che niente è più importante di un nuovo argomento. Questo era il valore di un argomento nell’epoca in cui le idee, la logica e le argomentazioni avevano veramente forza.
Per noi che siamo ultramontani (2) e consacriamo tutta la nostra vita alla difesa di determinate idee, conoscere gli argomenti sui quali queste idee si fondano e scoprire un argomento in più per giustificarle, dovrebbe essere una delle nostre preoccupazioni centrali. Non per convincere noi stessi, ma per saper lottare.
Senza argomenti e senza idee non esiste possibilità di apostolato. Se qualcuno pensa di poter essere un membro utile del nostro movimento, prestandoci molti servizi d’ordine materiale, ma ignorando le nostre dottrine, i nostri argomenti e disinteressandosi del progresso delle nostre argomentazioni, sappia che si trova sulla strada sbagliata. La vera strada consiste nel preporre anzitutto il progresso delle nostre dottrine, nel valorizzare — secondo il livello intellettuale di ognuno — lo studio delle nostre dottrine. Conoscere i vecchi ed i nuovi argomenti per i quali le nostre dottrine [...] La materia prima di una guerra ideologica sono le idee e gli argomenti. Voler fare una guerra ideo-
logica senza idee e senza argomenti sarebbe come voler fare l’ammiraglio prendendo tutte le misure necessarie, tranne quella di dirigersi verso un porto di mare per imparare a far salpare e a comandare una nave. Chi vuole fare il nostro apostolato senza preoccuparsi di imparare ad argomentare e a conoscere bene le nostre dottrine; chi ha l’illusione che con questa sorta di “occhio magico” può cogliere qualcosa, cominci ad avere la certezza che non ha colto niente. Dunque, non dobbiamo domandare se a noi conviene o meno essere egualitari o anti-egualitari. È una cosa ridicola e totalmente superata fra di noi. Il problema è un altro. Esattamente, chiaramente, distintamente, perché sono anti-egualitario? Che lo sono, lo so già. Ma, perché? E poi, come riuscirò a provare agli altri che esiste l’egualitarismo, che esso è un male, e qual è la sua portata?
Una falsa apologia dell’anti-egualitarismo
La prima cosa su cui io vorrei richiamare l’attenzione è una falsa apologetica anti-egualitaria, parallela a una falsa apologetica egualitaria. Per esempio, supponiamo una discussione riguardante uno degli aspetti suscitati dall’egualitarismo: deve esserci un Re o un presidente della repubblica? Ci sono persone che ne discutono per ore, con più o meno questi argomenti:
- Deve esserci un Re, perché il Re governa per tutta la vita. - Ma se il Re è cattivo, può darsi che egli malgoverni per tutta la vita e quindi porti lo Stato alla crisi. TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2015 - 35
Il pensiero di Plinio Corrêa de Oliveira
- Difficilmente il Re è cattivo, perché egli è educato per questo. - Ma se una dinastia ha una cattiva educazione, questa dura per diverse generazioni ed allora è un disastro irrimediabile. - Ma se la plebe è cattiva può darsi che essa elegga una pessima serie di presidenti e, pertanto, anche ciò porti il paese alla crisi. - Però una pessima successione di presidenti è meno nociva di una intera dinastia di pessimi monarchi, e comunque dura meno. - Se la famiglia reale è degenere, la sua longevità sarà abbreviata ed i regni saranno di breve durata, come si è visto in occasione dei Valois e, quindi, non esiste tale pericolo.
E in questo modo discutono per ore, senza alcun risultato. Partendo dalla teoria arrivano poi ai fatti: - Guardi come fu buono il regno di Pedro II! - Ma immagini se Pedro I avesse regnato! (3) - Ma non sarebbe stato così cattivo quanto la sequenza di presidenti che noi abbiamo avuto.
Quando questa linea di argomentazione finisce, passano alle statistiche:
- Al tempo dell’Impero, il Brasile aveva la seconda marina mercantile del mondo. Con la repubblica questo finì. - Per la verità, questo può infatti essere attribuito all’imperizia amministrativa dei repubblicani. - Vediamo il caso concreto dello zucchero del Nord-est. Al tempo dell’Impero lo zucchero del nord-est dava un lucro molto maggiore di quello che si ebbe più tardi, nella repubblica. - Tuttavia, si deve rilevare che venne scoperto lo zucchero di barbabietola in Germania e così lo zucchero di canna decadde. Quindi questo non prova necessariamente che l’Impero fosse buono e la repubblica fosse cattiva.
Essi continuano quindi ad aggrapparsi a questi argomenti e non ne escono. Ed è in questi termini che si ingaggia la battaglia pro e contro l’uguaglianza.
Se la carità ordina ad ogni superiore di nascondere le sue qualità per non far soffrire l’inferiore
La questione dell’aristocrazia è discussa nei medesimi termini. Ma poi viene fuori la questione della bontà. L’argomento scorre così:
Lungi dall’essere una “cascata di disprezzi”, come pretendono i rivoluzionari, la società organicamente gerarchica è una “scala di ammirazioni” che ci portano verso l’alto. Nella foto, un bambino contempla, estasiato, la Regina Elisabetta II
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Alla presenza di un superiore, le persone soffrono per il fatto di non essere uguali a questo superiore. Per esempio, se io sono intelligente ed ho davanti a me uno più intelligente, io soffro perché non sono tanto intelligente quanto lui. Ma se ho davanti a me uno meno intelligente, allora è lui che soffre perché non è tanto intelligente quanto me. E allora la vita intellettiva sarebbe una sorta di catena di sofferenze. Vedo uno più intelligente di me, soffro. Vedo uno meno intelligente, mi rifaccio. La carità consisterebbe nel mascherare la propria intelligenza, affinché i meno intelligenti non ne soffrano tanto. Così si stabilirebbe la pace. Quanto all’educazione, succederebbe lo stesso. Io sono molto educato, ma soffro quando vedo un altro meglio educato di me. Quando invece vedo qualcuno meno educato io mi rivalgo su di lui.
Vi fu uno storico che qualificò la società francese prima della Rivoluzione come una cascata di disprezzi. Cominciava dal più alto: il re disprezzava la famiglia reale. La famiglia reale si rifaceva disprezzando l’alta nobiltà. Questa si rifaceva disprezzando la media nobiltà, e così via. Allora la società era una cascata di disprezzi.
Non è difficile scoprire chi serviva da fogna per tutta questa cascata di disprezzi: il popolino. Affinché il popolino non soffra, la carità consisterebbe nel mascherare la superiorità. Si dovrebbe quindi nascondere le qualità, diminuirle, livellarle. Così abbiamo il padrone che tratta con troppa confidenza i suoi dipendenti; il professore che tratta gli allievi come se fossero i suoi uguali; il padre che tratta i suoi figli con troppa familiarità. Tutti costoro sarebbero persone buone perché non farebbero soffrire gli altri.
Una discussione irrazionale
Questa è una problematica dalla quale non si esce. Il partigiano della bontà è un tipo eminentemente irrazionale. Con lui non si discute perché egli è irrazionale in tutte le sue pieghe. Egli si è formato una concezione nevrotica della bontà, prodotta dai suoi nervi ipersensibili e messi in combustione. Ed è impossibile smuovere quest’uomo da lì. È come persuadere una persona nevroticamente contraria alla pena di morte che essa è legittima. La persona assume nei confronti della pena di morte una posizione passionale, fatta di illogicità.
Quindi, se vogliamo porci al centro del problema dell’uguaglianza e della disuguaglianza, la nostra prima preoccupazione deve essere quella di
evitare questi campi collaterali, sui quali le battaglie si ingaggiano senza profitto, con una tremenda estenuazione di forze e per un tempo indefinito. È una battaglia in cui nessuno convince nessuno.
La vera impostazione del problema dell’ugualitarismo: la Rivoluzione
Noi dobbiamo cercare di porre la questione in termini diversi. Il grande problema è il seguente: quando discuto con persone alle quali io voglio dimostrare il punto centrale della tesi, trovo molta difficoltà. Secondo me dobbiamo cominciare col mostrare il seguente fatto oggettivo: sia nei paesi di cultura occidentale che nei paesi di cultura orientale penetrati dal soffio della cultura occidentale -quindi, praticamente in tutto il mondo -- il mondo è spazzato, come una superficie piana può essere spazzata, da un turbine di carattere egualitario.
Una Rivoluzione. [Questo turbine è una vera Rivoluzione...] ma dobbiamo prendere la parola Rivoluzione in un senso che, anzitutto, dobbiamo precisare. Non si tratta di una rivoluzione a mano armata, anche se a volte questo processo avviene a mano armata, ma non necessariamente. È una Rivoluzione in senso ampio della parola, cioè, la trasformazione di tutto un ordine di cose, in assolutamente tutti i campi della vita umana, in conseguenza di una trasformazione intima nell’uomo, di una trasformazione nello spirito umano. Lo spirito umano sta passando per una trasformazione che è una Rivoluzione, perché i valori umani vengono capovolti. Una Rivoluzione perché l’ordine è sostituito dal disordine. È questa trasformazione che si opera all’interno dell’anima umana, di tutti gli uomini del nostro ciclo di cultura, della nostra epoca, è questa trasformazione graduale, progressiva, che dobbiamo chiamare egualitarismo. TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2015 - 37
Il pensiero di Plinio Corrêa de Oliveira
La Rivoluzione è una. C’è quindi una Rivoluzione egualitaria nel mondo intero, che è una. Ma è una in che senso? Nel mondo intero essa è unitaria. Non c’è un egualitarismo birmano distinto dall’egualitarismo svizzero o brasiliano. È un solo egualitarismo che forma un solo corpo anche con l’egualitarismo russo. La Russia non è il contrario della democrazia, come si usa affermare, ma è esattamente la parte più radicale della democrazia. Se il resto del mondo è color di rosa, la Russia è rossa. Ma la Russia forma un solo blocco con questo, essa è solo la parte più evoluta di questo processo rivoluzionario.
Allora c’è un’unità che comprende tutti i campi della vita umana. Non c’è un campo della vita umana che sia estraneo a questo vento rivoluzionario.
La Rivoluzione è universale. In terzo luogo, c’è una unità di causa che consiste in questo: tutti gli uomini, vivendo in società, influenzati dalle stesse idee, mossi dalle stesse passioni, lavorati dalla stessa arte reale (cioè l’arte di manipolare l’opinione pubblica), sono spinti verso lo stesso fine. Ci sono, quindi, tutti gli elementi per attestare l’unità della Rivoluzione. Prendiamo, ad esempio, le rivoluzioni dell’America Latina, i famosi pronunciamientos di 20 o 30 anni fa. Si apriva il giornale e si leggeva: “Rivoluzione in Venezuela; deposto Tizio”. Qualche giorno dopo: “Rivoluzione in Paraguay; deposto Caio”. Ancora qualche giorno: “Rivoluzione in Brasile. Vi è stata una rivolta, gli insorti si sono fermati davanti al Flamengo ma non hanno sparato”. O ancora: “Si è sollevato il battaglione tale ed ha marciato contro tale palazzo. Per fortuna è stato possibile evitare uno spargimento di sangue, ma il governo è caduto e si è concluso un periodo storico”.
Queste rivoluzioni potevano essere considerate come rivoluzioni di uno stesso carattere? No, erano rivoluzioni personalissime, mirando a fini propri di questo o quel paese. Non erano in alcun modo articolate fra di loro. Questa Rivoluzione non è così. Questa è una Rivoluzione unica.
Torno a ripetere: siamo dinnanzi ad una Rivoluzione universale. Una perché ingloba il mondo intero, perché colpisce tutti i campi dell’attività umana. Una in quanto causa, che sono tutti gli uomini viventi in società, ricevendo [...] operando gli uni sugli altri, spinti da una causa unica, cioè la cospirazione che mira a stabilire l’eguaglianza nel mondo. La prima cosa che noi dobbiamo fare è provare che questa Rivoluzione esiste. 38 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2015
Qual è l’interesse strategico di provare l’esistenza di questa Rivoluzione, quando discutiamo con una persona che non è del nostro orientamento?
Nella loro grande maggioranza, gli egualitari hanno una specie di diffusa simpatia per l’uguaglianza, sparsa nel loro spirito, ma che non si fissa su alcun argomento. Hanno anche una certa antipatia per le disuguaglianze che gli cadono sotto gli occhi, ma in generale non vogliono arrivare alla completa uguaglianza. Al contrario, hanno ancora il sufficiente buon senso per comprendere che la completa uguaglianza è un’aberrazione.
Se gli si prova che stiamo camminando verso la completa uguaglianza, e che in ogni piccolo episodio di uguaglianza e disuguaglianza dobbiamo vedere una parte del grande piano verso l’uguaglianza completa; e che ogni questioncina di uguaglianza e disuguaglianza trascende il proprio campo per mettere a fuoco il grande problema se vi debba essere o no uguaglianza nel mondo; quando riusciremo a provare questo, avremo legioni e legioni di persone capaci di aggregarsi dalla nostra parte.
Quindi il grande argomento, il grande mezzo di affermare la nostra posizione, consiste nel sostenere questa tesi.
Si deve considerare che, nella nostra società, la lotta per l’uguaglianza si effettua attraverso le innumerevoli piccole modificazioni che osserviamo giorno dopo giorno. Saper dimostrare che l’origine del male è in questo movimento; conoscere il modo con il quale in pratica si effettua questa dimostrazione, è per noi un mezzo eccellente di condurre la nostra argomentazione. Sapremo condurre bene l’argomentazione se sapremo comprendere che in questo consiste il centro del problema, e che questo problema può essere risolto. L’esistenza di questo egualitarismo nel mondo intero lo si prova facilmente.
Mi fermo qui. Ho indicato quali sono i problemi da evitare nello studio della questione egualitaria; ho indicato qual è il centro del problema ed ho indicato l’importanza di accennare a questo problema come mezzo [il microfilm finisce qui]. 1. Mons. Duarte Leopoldo e Silva (1867-1938), arcivescovo di San Paolo del Brasile dal 1906 al 1938. Dom Duarte fu molto vicino al prof. Plinio Corrêa de Oliveira e sostenne la sua azione pubblica di leader cattolico. 2. Si riferisce al movimento attorno alla rivista Catolicismo, da cui è poi nata la Società brasiliana di difesa della Tradizione, Famiglia e Proprietà - TFP. 3. Dom Pedro II de Orléans e Bragança, Imperatore del Brasile dal 1838 al 1889. Dom Pedro I de Orléans e Bragança, Imperatore del Brasile dal 1824 al 1838.
Il mondo delle TFP
Brasile: TFP, tema di dibattito universitario
S
i è tenuto nell’Università Statale di San Paolo una tavola rotonda sul ruolo della TFP (Tradizione Famiglia Proprietà) come polo di pensiero in Brasile (foto a dx.). Vi hanno partecipato tre docenti della Pontificia Università Cattolica di San Paolo, tra cui il prof. Luis Felipe Loureiro Foresti, che proprio alla TFP ha dedicato la sua tesi di laurea.
“La TFP costituisce in Brasile un marchio, una sorta di griffe sinonimo di spirito conservatore – ha esordito Loureiro Foresti – Ciò non va confuso con le false destre di stampo fascista o nazista. Plinio Corrêa de Oliveira ha, anzi, condannato queste correnti in tempi non sospetti”. Dopo aver spiegato, da una prospettiva di sinistra e quindi critica, il pensiero di Plinio Corrêa de Oliveira, Loureiro Foresti ha concluso: “In questi ultimi anni abbiamo assistito a una ripresa sconvolgente del suo pensiero, portato avanti soprattutto dall’Istituto Plinio Corrêa de Oliveira”.
San Paolo: vittoria contro il “gender”
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on un’ampia maggioranza, il Consiglio comunale di San Paolo, Brasile (foto sopra), ha approvato in terza lettura il Piano di educazione, senza nessuna menzione alla teoria del “gender”. Uno a uno, tutti gli emendamenti della sinistra, che cercavano di introdurre il gender nel testo della legge, sono stati respinti. Questa importante vittoria è frutto di una vasta campagna popolare che ha visto impegnato in prima linea l’Istituto Plinio Corrêa de Oliveira. L’Istituto ha fatto pervenire ai consiglieri circa 50mila lettere di cittadini paulisti con la richiesta di non introdurre il gender nell’educazione dei bambini. Dopo la vittoria in sede comunale, inizia ora la battaglia regionale. È al vaglio dell’Assemblea legi-
slativa dello Stato di San Paolo, il Piano regionale di educazione, che contiene diversi articoli ispirati all’ideologia gender. Insieme ad altre realtà pro famiglia, l’Istituto Plinio Corrêa de Oliveira ha già avviato un’iniziativa di largo respiro, che comprende anche la raccolta di firme nelle piazze (foto sopra). TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2015 - 39
Il mondo delle TFP
Peggio delle droghe care online, al giovane peruviano ucciso dal rivale per l’amore di una “donna” virtuale. Si moltiplicano, poi, i casi di morte per video-dipendenza. Il numero di giovani deceduti, a causa delle intere giornate passate davanti allo schermo, è in drammatica crescita. È il caso di Chris Staniforth, ventenne inglese morto per trombosi polmonare dopo 72 ore ininterrotte davanti alla sua Xbox.
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uando si parla di “dipendenza”, saltano subito in mente le droghe, tutte pericolosissime. Vi è, però, una dipendenza per certi versi molto peggiore della marijuana o della cocaina: i videogiochi su internet. Lo dicono gli esperti – psicologi, educatori, sociologi – sempre più preoccupati per questa che, da più parti, comincia a essere chiamata la “dipendenza del secolo XXI”.
Proprio a questo problema così attuale, Tradición y Acción por un Perú Mayor, consorella delle TFP, ha dedicato un libro recentemente pubblicato a Lima: «Internet y videojuegos. La “adicción del siglo XX”. Ver, juzgar, actuar».
Il gioco ha un ruolo essenziale nello sviluppo dei bambini e degli adolescenti. Serve per distrarre, mentre intrattiene, istruisce, diverte e aiuta a sviluppare le capacità intellettuali e fisiche. Favorisce anche la socializzazione. È soprattutto nel gioco, infatti, che il bambino impara a interagire con gli altri. I videogiochi, oggi, diffusi in rete hanno l’effetto esattamente contrario: generano ansietà, squilibri, depressione, isolamento, tristezza, aggressività… L’aggressività può giungere alla violenza. Il libro cita molti esempi: dal ragazzo dell’Ohio che assassinò i genitori perché gli avevano proibito di gio-
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Dopo una prima sezione dedicata al “vedere”, il libro dedica alcuni capitoli al “giudicare”. Tanto per cominciare, i videogiochi distruggono il tessuto della famiglia. Poi, producono un isolamento dal mondo reale che sfocia in depressione e mancanza di capacità di attenzione. Spesso la depressione provoca, o aggrava, la sindrome di Attention Deficit Hyperactivity Disorder.
Nel 2003, uno studio condotto su oltre centomila ragazzi di 31 paesi giunse alla conclusione che “il computer rende i giovani meno intelligenti”. Più recentemente, nel 2012, uno studio condotto dall’Università di Ulm, in Germania, è giunto alla stessa conclusione: “Se l’uso del computer continua ad aumentare, la prossima generazione sarà di scemi”. Gli studiosi stanno parlando del popcorn brain, il cervello popcorn. “L’uso incontrollato del computer – spiega il brasiliano Gilberto Dimenstein – provoca nel cervello un’agitazione simile al popcorn che salta nell’olio bollente nella pentola”. L’ultima sezione del libro – “agire” – è dedicata alle soluzioni. L’opera passa in rivista i consigli proposti dagli esperti per aiutare genitori e insegnanti ad affrontare il problema: limitare l’uso del computer, accompagnare i programmi scaricati, restare vicini ai figli, sostituire i videogiochi con altre attività e via dicendo. Un punto cardine è ripristinare la conversazione in famiglia. I genitori e gli insegnanti non devono aver paura di controllare i giovani. Anzi, è quello il loro compito. L’essenziale, afferma il libro della TFP peruviana, è impegnarsi seriamente nell’educazione dei giovani, insegnando loro il valore del bene e del bello.
Tre libri di Plinio Corrêa de Oliveira
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linio Corrêa de Oliveira è stato uno scrittore prolifico: venti libri e 2500 tra saggi e articoli. Egli, però, ha sviluppato il suo pensiero soprattutto in conferenze, conversazioni e interventi in commissioni di studio, la cui trascrizione riempie nientemeno che un milione di pagine. “Plinio pensava conversando”, scrisse un suo biografo. Nel corso delle celebrazioni per il ventennale della sua scomparsa, a San Paolo del Brasile, sono stati presentati tre volumi, in portoghese, che contengono testi dell’indimenticabile maestro.
Il primo, «La mia vita pubblica. Compilazione di racconti autobiografici di Plinio Corrêa de Oliveira», raccoglie narrazioni in cui il leader cattolico racconta alcuni episodi della sua vita pubblica, iniziata nel 1928 con la partecipazione al Congresso della gioventù cattolica. Sono ben 830 pagine, corredate da 2308 note, che abbracciano quasi settant’anni di lotta pubblica per la Chiesa e per la Civiltà cristiana.
Un’enfasi speciale è data alla cronaca delle sue azioni in difesa della Santa Chiesa, e contro le tendenze di “autodemolizione” (Paolo VI) che l’hanno funestata nel secolo scorso. Dalla lotta in difesa dell’Azione Cattolica, alla denuncia degli errori della cosiddetta Nouvelle Théologie, alla sua rilevante attuazione durante il Concilio Vaticano II, fino alle massicce campagne contro l’infiltrazione sinistrorsa negli ambienti cattolici, Plinio Corrêa de Oliveira è stato sempre al centro della vita della Chiesa nel secolo XX. Il secondo, dal titolo «De Maria nunquam satis» (Di Maria non si ci sazia mai), presenta trentanove testi del dott. Plinio sulla Madonna, a cominciare da un suo discorso radiofonico nel maggio 1938 sulla Virgo Potens, fino al manifesto «Attualità del messaggio di Fatima», pubblicato nel maggio 1992. “La Madonna è stata sempre la luce dei miei giorni, e spero che Ella nella sua clemenza sia la mia luce e il mio ausilio fino alla fine della mia esistenza”, scrisse Plinio Corrêa de Oliveira nel suo Testamento spirituale.
Il terzo volume, «La calma e la sua gentile superiorità», annovera scritti su quello che Plinio Corrêa de Oliveira riteneva fosse il tratto caratteristico della sua personalità, la calma: “La calma è lo stato temperamentale inerente all’innocenza. La calma produce l’innocenza, e l’innocenza produce la calma”. La calma non va confusa con l’immobilità o la noia. Anzi, è il suo contrario: “Io mi sento enormemente vivace. Non è, però, la vitalità degli agitati, bensì una vitalità dal flusso forte e deciso, propria dei calmi”.
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Il mondo delle TFP
USA: 14.108 raduni contro l’aborto
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ieci ottobre, festa della Madonna del Rosario. Organizzati dalla TFP americana, si sono tenuti ben 14mila e 108 Rosary Rallies, ovvero Raduni del Rosario, in altrettante località statunitensi. Quasi mezzo milione di persone ha preso parte alle manifestazioni di piazza per recitare il Santo Rosario in riparazione per il crimine abominevole dell’aborto, supplicando la Madonna Immacolata, celeste patrona degli Stati Uniti, che faccia cessare quanto prima questa piaga.
Il raduno più importante, al quale hanno partecipato i vertici della TFP americana, si è tenuto a New York, sulla 5th Avenue, di fronte al Rockefeller Center, e vicino alla sede centrale di Planned Parenthood, la più potente lobby abortista del mondo. Si è scoperto di recente che, oltre a promuovere la pratica dell’aborto, Planned Parenthood opera un lucrativo commercio di organi umani. Un fegato di bambino abortito, per esempio, è venduto a cinquecento dollari. Il commercio di organi umani costituisce un reato federale.
“Nella misura in cui le persone si allontanano da Dio diventa più difficile risolvere i problemi morali del nostro Paese”, ha dichiarato James Slobodnik, coordinatore nazionale della 2015 Public Square Rosary Crusade, iniziativa della TFP americana. “Siamo sulla strada sbagliata. Stiamo soffrendo le conseguenze di questa crisi morale, per esempio, con l’aborto, il matrimonio omo-
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sessuale, l’ideologia del genere e altre nefandezze – ha continuato Slobodnik – Sono convinto che dobbiamo chiedere a Dio, attraverso Sua Madre Santissima, un aiuto soprannaturale. Gli americani debbono cambiare vita, e per questo dobbiamo pregare e fare penitenza, come chiese la Madonna a Fatima. Solo così otterremo il coraggio per uscire da questa crisi”.
I Rosary Rallies intendono anche rivendicare il diritto dei cattolici di praticare la propria fede in pubblico. Una certa sinistra, in effetti, vorrebbe interpretare il laicismo dello Stato americano come una proibizione a qualsiasi manifestazione pubblica di Fede religiosa. Cosa che i cattolici non possono assolutamente accettare. Ecco perché questi raduni non si tengono in chiese o a porte chiuse, bensì sulla pubblica piazza, in spirito di aperta sfida al laicismo imperante.
Foto, in senso orario: la manifestazione a New York di fronte al Rockefeller Center e alla sede centrale di Planned Parenthood; uno striscione di protesta contro il commercio di organi umani; giovani della TFP, in ginocchio nel centro di New York, pregano il Rosario per la conversione del Paese; l’immagine della Madonna di Fatima viene portata solennemente da cooperatori in abito di gala davanti alla cattedrale di New York, sulla 7th Avenue
TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2015 - 43
Un sublime dialogo spirituale
e
di Plinio Corrêa de Oliveira
iposate, o Signore, nella vostra mangiatoia, poverissima ma allo stesso tempo augustissima, sotto lo sguardo della vostra Santissima Madre che vi regala i tesori ineffabili del suo rispetto e del suo amore. Mai una creatura ha adorato con tanta profondità e tanto rispetto il suo Dio. Mai un cuore materno ha amato con più tenerezza il suo figlio.
Reciprocamente, mai Dio ha amato tanto una semplice creatura. Mai un figlio ha amato così pienamente, così sovrabbondantemente la sua madre.
Tutta la sublimità di questo dialogo spirituale è contenuta nelle parole che, in un’occasione molto diversa, Voi avreste pronunciato: “Madre, ecco il tuo figlio. Figlio, ecco la tua madre” (Gv 19, 26). Contemplando la perfezione di questo rapporto fra Voi e la vostra Madre, sentiamo il cantico degli angeli che sorge dalle profondità di ogni anima cristiana: “Gloria a Dio nell’alto dei cieli, e pace sulla terra agli uomini di buona volontà” (Lc. 2, 14).