Anno 16, n. 4 - Dicembre 2010 Sped. in Abb. Post. Art. 2, Comma 20/C, Legge 662/96 Filiale di Padova
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Te s t i m o n i d e l l a Lu c e
U
no dei momenti più commoventi nelle guerre — vissuto ancora nella II Guerra mondiale, poi totalmente scomparso in quelle successive — era la “tregua” non dichiarata in occasione del Natale.
Quella notte, un’atmosfera di pace e di serenità discendeva soavemente anche sui più atroci campi di battaglia. I cannoni tacevano, i fucili erano posati a terra, le mitragliette lasciate sole. Quella notte non si sparava. Le cronache raccontano per esempio di come, nella guerra 15-18, i soldati di ambedue i lati uscissero dalle trincee e si mettessero a giocare innocentemente con la neve, mentre cantavano vecchie musiche natalizie. I rispettivi cappellani celebravano i riti religiosi all’aperto, senza paura di venir presi di mira dal nemico. Anzi, gli ufficiali dovevano vigilare affinché non vi fosse fraternizzazione fra le truppe.
Ancora nel secolo scorso, pur in mezzo al fragore della guerra, la luce del Natale riusciva a fendere le tenebre del peccato e a sciogliere il cuore di molti uomini. Oggi, invece, di quella atmosfera natalizia non resta che un vago ricordo…
La luce si vede ancora, ma non è il Lumen Christi. È il bagliore di milioni di lampade al neon che inondano le nostre strade. Questa luce non ci invita ad adorare il Bambino Gesù, il 2 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2010
Principe della Pace, il Consigliere Ammirabile. Questa luce ci invoglia al consumismo sfrenato proprio della nostra moderna società. Questa luce non ci porta la serenità che scaturisce dalla mangiatoia di Betlemme, bensì quello “stress da acquisti” del quale ormai parlano tanti psicologi. Questa luce non ci indica il cammino della virtù, bensì quello del peccato, oggi purtroppo inseparabile dai periodi di festa. E adesso, quel poco che resta di ambiente natalizio, rischia di sparire per sempre in nome della società “multietnica” e “multiculturale”, che tutto tollera fuorché la libera espressione della Fede cattolica come essa è esistita in Europa per due millenni.
Già in molte scuole non si fa il presepe, perché potrebbe scalfire la sensibilità di qualche alunno musulmano. Da molti paesi sono spariti non solo le figure religiose ma perfino gli alberi di Natale. Le aziende non inviano più le tradizionali cartoline di Buone Feste. Si contesta perfino il messaggio natalizio che, tradizionalmente, alcuni Capi di Stato rivolgono ai cittadini.
Ma, non dimentichiamo: “La luce splende nelle tenebre” (Giov. 1,5)!
Ecco la nostra missione: rendere testimonianza alla Luce. Una testimonianza tanto più forte quanto più fitte sono le tenebre, tanto più agguerrita quanto più insolenti sono le tenebre. Ecco ciò che definisce la vita del prof. Plinio Corrêa de Oliveira, una testimonianza trasmessa poi a tutta la sua opera spirituale e che adesso noi ci onoriamo di portare avanti. In questo Santo Natale 2010, chiediamo a Maria Santissima e a Suo Divin Figliolo che ci mantenga fedeli alla Luce, fieri di essere “figli della luce”, secondo l’espressione di S. Luigi Maria Grignion da Montfort, e sempre più militanti contro le tenebre, che mai potranno spegnere la Luce poiché Colui che ne è la fonte lo ha promesso formalmente: Non prevalebunt!
Sommario Anno 16, n. 4 - dicembre 2010 Santo Natale
Testimoni della Luce “Anticattolicesimo dilagante in Europa” Il disastro del “socialismo bolivariano” Relativismo e società multietnica Brasile: la maggioranza non è più silenzionsa Insurrezione elettorale Una profezia del beato Charles de Foucauld Lux in tenebris lucet L’innocenza primeva Maria Pia delle Due Sicilie: modello di principessa cattolica Vittoria in Europa: protetta l’obiezione di coscienza L’avventura più bella del mondo Polonia: VII Congresso conservatore Sacralità nella cavalleria
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Copertina: Giotto di Bondone, Natività, ca. 1310, transetto nord, Basilica inferiore, Assisi.
Tradizione Famiglia Proprietà Anno 16, n. 4 dicembre 2010 Dir. Resp. Julio Loredo
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Direzione, redazione e amministrazione: Tradizione Famiglia Proprietà - TFP, Viale Liegi, 44 — 00198 ROMA Tel. 06/8417603 Aut. Trib. Roma n. 90 del 22-02-95 Sped. in abb. post. art. 2, Comma 20/C, Legge 662/96 — Padova Stampa Tipolito Moderna, via E. Mattei, 13 — 35020 Due Carrare (PD) TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2010 - 3
Attualità
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“Anticattolicesimo primario dilagante in Europa”
roci spaccate, scritte blasfeme sui muri di noti santuari mariani, statue della Madonna e del Sacro Cuore abbattute, chiese vandalizzate… In mezzo all’indifferenza delle autorità civili, in Francia si compie una grave profanazione ogni due giorni. Nel solo anno 2009, secondo i dati della Gendarmerie, sono state bruciate 34 chiese, distrutti 18 monumenti funerari e profanati 184 cimiteri. Ne abbiamo già dato notizia nell’edizione dello scorso giugno. Ma, secondo quanto riporta un recente servizio di Le Figaro, emergono nuovi elementi, a cominciare dalla tempistica degli attentati.
Le profanazioni aumentano esponenzialmente in certe date simboliche: il compleanno di Adolf Hitler, l’anniversario della fondazione della Chiesa di Satana negli Stati Uniti, la notte di Halloween, nonché nei solstizi di estate e di inverno.
Un altro dato inquietante è la motivazione delle profanazioni. Secondo il Bureau des affaires criminelles (BAC), “della totalità dei fatti registrati nel 2009, il numero di atti attribuibili a un’ispirazione satanista è molto elevato”. Nei primi tre mesi del 2010, sempre secondo il BAC, gli atti satanici sono stati quarantasei, il 95% dei quali ai danni della Chiesa cattolica.
Le autorità preferiscono parlare di “atti vandalici” anziché di “profanazioni”, per celarne il carattere religioso. “Altro che vandalismo! — insorge Roland Ouvrard, sindaco di Yzernay, dopo l’ennesima profanazione nel suo territorio — qui è in atto il saccheggio della Chiesa!”
Una tendenza preoccupante è l’aumento delle profanazioni compiute da musulmani. Lo scorso ottobre, per esempio, la chiesa di Saint Florent a Strasburgo, è stata coperta con grafitti inneggianti alla jihad contro Roma.
Tutto questo porta il noto filosofo BernardHenri Lévy a parlare di un “anticattolicesimo primario dilagante in Europa”. “La religione di gran lunga più bersagliata, molto più dell’islam, è proprio la religione cattolica. Io non sono cattolico, ma qui c’è un pregiudizio di enormi proporzioni”, conclude l’intellettuale.
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Crocifisso vandalizzato nella chiesa di Echillais, vicino a La Rochelle; scritte blasfeme su un santuario mariano in Vandea; cimitero profanato a Hénin-Beaumont, nel Pas-de-Calais
Il disastro del “socialismo bolivariano”
È
difficile prendere sul serio il presidente Hugo Chávez. E forse il miglior modo di trattarlo sia proprio come lo ha fatto il Re di Spagna: “¡Por qué no te callas!” (Stai zitto!). Ma per milioni di venezuelani, le cretinate dell’aspirante dittatore caraibico sono tutt’altro che uno scherzo. Il suo “socialismo bolivariano” sta buttando il Paese nel baratro.
L’insicurezza regna ovunque. Ogni fine settimana, per esempio, nella capitale Caracas si contano 50-60 morti. Con più di sedicimila morti violente nel 2009, Venezuela è di gran lunga il Paese più insicuro del continente. L’inflazione supera il 30%, la più alta di America Latina. La crescita del PIL è invece la più bassa dopo Haiti: -3%. Una vergogna a confronto della crescita del 7% annuo di Paesi come Brasile, Perù e Cile.
La competitività economica situa il Venezuela al posto 177 fra le 180 nazioni del pianeta, mentre i suoi livelli di corruzione politica lo mettono insieme al Burundi e Guinea Equatoriale, secondo i dati di organismi internazionali.
La parola che, sempre più, si sta accostando al “socialismo bolivariano” del colonnello Hugo Chávez è proprio “disastro”…
L’unica cosa che funziona meravigliosamente bene in Venezuela, e su questo sono tutti d’accordo, sono i servizi, addestrati nella scuola della KGB e della Stasi.
V
Relativismo e società multiculturale
i siete mai chiesto perché la sinistra difende la società multietnica e multiculturale, come parte del suo disegno “progressista” per l’Europa?
Il noto sociologo Francesco Alberoni ha forse messo il dito sulla piaga segnalando, sul Corriere della Sera, come la condizione per una società multietnica e multiculturale sia il relativismo culturale e, quindi, anche morale. La formazione d’una tale società passa necessariamente per la rinuncia a un sistema coerente di valori fondato su un’identità religiosa, storica e culturale ben definita. Che nel nostro caso vuol dire un’identità cristiana. Ora, è proprio questa perdita di identità cristiana uno dei segni più evidenti della decomposizione della civiltà occidentale. Il ché, commentiamo noi, solleva il sospetto che la difesa della società multietnica sia strumentale all’opera di distruzione dei resti di civiltà cristiana. E spiega anche perché la sinistra, fiera partigiana della libertà, accetti volentieri la crescente presenza di musulmani, anche quelli di stretta osservanza. Parafraseando uno slogan laicista, “meglio il burqa che la tiara”...
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Attualità
B r a s il e : la ma g g i o r a n z a n o n è p i ù s i l e n z i o sa
L
’attenzione mondiale è stata richiamata dalle recenti elezioni brasiliane. Questa attenzione era giustificata, vista la crescente importanza del Paese. Ma era anche strumentale alle aspettative che vincesse il candidato della sinistra, Dilma Rousseff, epigono del presidente uscente Lula. Dilma ha vinto, ma non nel modo aspettato. E, soprattutto, nel corso della contesa elettorale sono venuti fuori fattori che hanno sbaragliato i progetti della sinistra.
Demagogia
La sinistra prospettava una schiacciante vittoria già al primo turno, sospinta da diversi fattori. Il principale era la fiorente situazione economica del Paese.
Brasile è oggi la sesta economia del mondo. Ma questo non è affatto merito di Lula. Anzi. Il Brasile ha raggiunto questo sta-
L’albero di Natale allestito nella baia di Rio de Janeiro
tus malgrado i suoi disegni socializzanti. In otto anni di mandato Lula non ha potuto alterare la struttura economica del gigante latinoamericano. I successi economici del Brasile non sono da accreditare a Lula né al governo del PT (Partito dei lavoratori), come dicono molti in Italia, bensì all’enorme dinamismo dell’impresa privata.
Un altro fattore che faceva la sinistra sperare in una facile vittoria già al primo turno erano le politiche demagogiche mese in atto da Lula, come la “bolsa família”. Oggi in Brasile chi non vuole lavorare può ricevere sussidi statali che possono raggiungere l’equivalente a quasi 1.000 euro al mese. Questo ha creato, soprattutto nel Nordest povero, un’immenso bacino elettoraleclientelare per il PT.
Un terzo, rilevante fattore in favore della sinistra era la vistosa assenza di un candidato di cen-
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tro-destra, il ché ha lasciato senza espressione politica l’opinione pubblica conservatrice.
Emergono i veri problemi
La campagna elettorale era stata contrassegnata dalla mancanza di dibattito dottrinale e programmatico, inducendo il settimanale «Veja» a pubblicare una copertina totalmente in bianco.
Confidando che questo vuoto ideologico potesse attutire eventuali reazioni, Lula aveva lanciato il Terzo Piano nazionale dei diritti umani, adottato poi dalla candidato Dilma Rousseff. Si tratta di un vero progetto di legge costituzionale che, tra le altre cose, contempla l’aborto, il matrimonio fra persone dello stesso sesso, l’adozione di bambini da parte di queste coppie omosessuali, colpisce il diritto di proprietà, le libertà individuali, istituisce un regime di soviet in ogni categoria, e via dicendo.
La metamorfosi di Dilma
Già guerrigliera urbana e leader sindacale con fama di “dura”, Dilma Rousseff ha dovuto subire una vera e propria metamorfosi per poter presentarsi davanti agli elettori brasiliani, con tanto di chirurgia faciale
E allora è successo l’imprevedibile: l’opinione pubblica conservatrice, che per ben otto anni era rimasta in silenzio, è esplosa. Usando ogni mezzo a disposizione, è cominciato un tam-tam di protesta che è andato in crescendo fino a imporre i temi che veramente interessano il pubblico, in primo luogo l’aborto.
Dilma Rousseff è subito corsa ai ripari, dichiarandosi contraria all’aborto e garantendo che non avrebbe presentato nessun progetto in questo senso. Questo in barba alle sue ben note posizioni reiterate anche nel corso della campagna politica.
Questo dibattito ha squarciato dall’alto in basso il tessuto dell’opinione pubblica. Secondo recenti sondaggi, ben il 73% degli elettori è contrario alla depenalizzazione dell’aborto.
Parlano i vescovi
Ma le sorprese non erano ancora finite.
Nonostante il suo orientamento sinistrorso, il PT contava sul massiccio appoggio di settori ecclesiastici, contaminati dalla Teologia della liberazione. Questo appoggio era, anzi, il fondamento della sua forza politica. I vescovi conservatori non facevano sentire la loro voce. “Vescovi silenzio-
si” li aveva chiamato Plinio Corrêa de Oliveira nel 1976.
Questo è cambiato da quando mons. Aldo Pagotto, vescovo di Paraíba, è intervenuto affermando che i cattolici erano moralmente tenuti a difendere i valori morali anche in campo politico, dovendo quindi negare il voto ai candidati abortisti o laicisti.
Come un pianto liberatorio, diversi vescovi e sacerdoti, e perfino organismi della Conferenza episcopale, hanno cominciato ad alzare la voce denunciando il PNDH3 come fortemente nocivo ai valori cristiani. In senso contrario si sono pronunciate certe burocrazie ecclesiastiche per cercare di indebolire questi vescovi.
In questo modo, non solo l’opinione pubblica, ma anche il mondo ecclesiastico, finora presentato come favorevole al PT, o quantomeno silenzioso, si è pure spaccato da cima in fondo, facendo venir fuori energie conservatrici che più di uno aveva dichiarato ormai perse.
Si pronuncia il Vaticano
Stando così le cose, i vescovi della Regione Nordest si sono recati in Vaticano in visita ad limina. Cogliendo l’occasione, Benedetto XVI ha indirizzato alla
Chiesa in Brasile un’allocuzione che non pochi ritengono storica.
“Quando i diritti fondamentali della persona o la salvezza delle anime lo esigono, i pastori hanno il grave dovere di emettere un giudizio morale, persino in materia politica — ha detto il Papa — Sarebbe totalmente falsa e illusoria qualsiasi difesa dei diritti umani politici, economici e sociali che non comprendesse l’energica difesa del diritto alla vita dal concepimento fino alla morte naturale”.
Il Pontefice chiude con un monito: “Quando i progetti politici contemplano, in modo aperto o velato, la decriminalizzazione dell’aborto o dell’eutanasia, l’ideale democratico — che è solo veramente tale quando riconosce e tutela la dignità di ogni persona umana — è tradito nei suoi fondamenti. Pertanto, cari Fratelli nell’episcopato, nel difendere la vita «non dobbiamo temere l’ostilità e l’impopolarità, rifiutando ogni compromesso ed ambiguità, che ci conformerebbero alla mentalità di questo mondo»”.
Vittoria di pirro
Sbaragliando tutti i pronostici, Dilma Rousseff non ce l’ha fatta al primo turno, fermandosi al 46%. “La disfatta dei profeti”, titolava il settimanale «Veja». La
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Attualità Significativa vignetta del quotidiano Folha de S. Paulo: mentre la candidata del PT si affida a tutti santi, il suo oppositore sventola lo stendardo della TFP. La TFP si è affermata come un “polo di pensiero” nazionale
sinistra, che fino a quel punto aveva liquidato la mera ipotesi di un ballottaggio come “un delirio dell’opposizione”, si è dovuta piegare.
Al ballottaggio, la candidata di Lula è stata eletta col 56% dei suffragi, mentre il suo avversario, José Serra, si fermava ai 44%. Vittoria, dunque, del PT. Ma i numeri vanno presi con le molle.
Nelle elezioni del 2006, Lula aveva ottenuto un 60,83%, contro un magro 39,17% dell’oppositore Geraldo Alckmin. Il PT ha quindi sofferto un netto calo di consensi. Dilma ha ottenuto, in numeri assoluti, 47.651.434 voti, il ché rappresenta appena il 35,08% degli elettori. Ben lontano dall’80% di popolarità sbandierata dalla sinistra. L’opposizione ha vinto negli Stati del centro-sud, responsabili per l’80% del PIL nazionale, mentre il PT si è aggiudicato quelli più poveri del Nordest, beneficiari dei sussidi. Ma, soprattutto, c’è il fatto che, per spuntarla nel secondo turno, Dilma Rousseff ha dovuto proclamare ai quattro venti di non essere a favore dell’aborto, né delle unioni omosessuali, né contraria alla proprietà privata,
né ai simboli religiosi nei luoghi pubblici, ecc., ecc. Vale a dire, ha dovuto smentire clamorosamente se stessa, pagando un pesante tributo all’opinione conservatrice che nel frattempo si era fatta sentire.
La TFP: polo di pensiero
Oltre alla rinascita d’una opinione pubblica conservatrice, nella contesa elettorale brasiliana si è palesato un altro importante fattore: la continuità della TFP come polo di pensiero nazionale.
Per dipingere i due candidati correndo ai ripari davanti alla valanga conservatrice, il maggiore quotidiano brasiliano, la Folha de S. Paulo, ha pubblicato la vignetta che riproduciamo sopra. In essa, Dilma Rousseff appare come una signora un tanto bacchettona che, inginocchiata, accende candele ai santi, a simboleggiare la sua frenetica caccia al voto cattolico. Il suo oppositore, José Serra, è invece rappresentato come un militante della TFP in campagna di strada, con in mano lo stendardo rosso col leone rampante.
Questo non corrisponde affatto alle posizioni di Serra, piuttosto social-democratiche,
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ma dimostra comunque una profonda verità: nell’inconscio dei brasiliani l’idea di cattolicesimo militante coincide con quella del membro della TFP.
Ciò conferma, del resto, una convinzione del prof. Plinio, cioè che nel Brasile il suo movimento costituiva “un polo di pensiero”. Questo vuol dire che quando si pensa ai grandi problemi nazionali o della Chiesa, il brasiliano si fa quasi automaticamente la domanda: “e che posizione prenderà la TFP al riguardo?”
Un’altro esempio. Reagendo all’allocuzione di Benedetto XVI ai vescovi brasiliani sopra citata, un organo della sinistra radicale inveiva contro “questo patetico Papa il cui orizzonte mentale è quello di un attivista della TFP”. In altre parole, il criterio per definire conservatrice la posizione del Pontefice, è il paragone con la TFP.
E anche qui da noi, il Manifesto, organo di Rifondazione comunista, ritiene la TFP un criterio di destra in Brasile. “Dilma ha vinto. Per fortuna — commenta Maurizio Matteuzzi — Sarebbe stato un disastro se avesse perso e fosse passato Serra, il prestanome delle pessime destre autoctone come Tradizione Famiglia Proprietà” (il Manifesto, 2-11-10).
L
Insurrezione elettorale
a lezione inflitta dagli elettori al mondo politico e giornalistico, non eleggendo al primo turno Dilma Rousseff, come tutti invece prevedevano, è un tema che si impone.
Trascuro il palco elettorale, dove i candidati recitano i loro ruoli al fine di convincere gli elettori a votarli. Credo sia ben più importante richiamare l’attenzione su quell’ampio e dinamico settore di opinione pubblica che si è dimostrato capace di imporre un nuovo indirizzo al processo elettorale. La campagna elettorale era stata contrassegnata dall’assoluta mancanza di idee e di principi e dalla totale assenza di un dibattito sui problemi nazionali. Lo ha segnalato l’ex presidente Fernando Henrique Cardoso quando ha detto: “Il teatro elettorale si sta organizzando in maniera a nascondere ciò che veramente è in discussione”.
La rivista «Veja» (primo settimanale brasiliano, ndr) ha sintetizzato graficamente la frustrazione del pubblico davanti al vuoto, pubblicando una copertina in bianco col titolo: “Le grandi proposte per il Brasile fatte durante la campagna elettorale”.
Alla mancanza di autenticità si sommava così la mancanza di rappresentatività dei principali candidati — tutti di sinistra — lasciando l’ampio settore conservatore dell’elettorato senza un legittimo portavoce. Il quadro elettorale, pontificavano innumerevoli “specialisti”, camminava verso la vittoria
Principe Bertrand di Orleans Braganza *
schiacciante del “lulo-petismo” (cioè i seguaci di Lula e del suo partito, il PT, ndr), giacché la maggioranza della popolazione brasiliana sarebbe affascinata dai benefici di una situazione socioeconomica altamente favorevole, e quindi indifferente al dibattito su principi e valori.
Come tante altre volte, il nostro mondo giornalistico e politico – e più precisamente, preponderanti settori della sinistra – si sono ingannati quanto alla realtà del Paese. A forza di considerare appena il mondo ufficiale, hanno finito col credere che il Brasile si limiti a quella minoranza rumorosa e superficiale. Hanno quindi ignorato i brasiliani, disprezzati nelle loro convinzioni più intime – particolarmente quelle morali e religiose – che si sono mossi per preparare una “vendetta”.
Al margine delle strutture partitiche e politiche, ricorrendo a svariati mezzi, compresa Internet, quel Brasile ha trovato il modo di imporre un secondo turno. Soprattutto ha fatto irrompere come un geiser nel panorama politico, artificialmente inespressivo, le preoccupazioni che attanagliano la grande maggioranza silenziosa, pacata e conservatrice, della nostra popolazione.
apprensione in vasti settori della società. Sovvertendo le fondamenta cristiane che ancora reggono la società brasiliana, e tutelando in modo settario i diritti di certe “minoranze”, questo programma delinea una vera e propria persecuzione religiosa.
Il mondo politico-partitico, insieme ai possenti organi della propaganda, tentarono rapidamente di adattarsi alla nuova realtà, da tempo sotterrata. Una mossa di pura circostanza, è chiaro, ma che rivela comunque la debolezza sempre più evidente di quel Brasile di superficie, che pretende di relegare nell'anonimato il Brasile autentico, desideroso di essere fedele a se stesso, alle sue tradizioni, al suo modo di pensare e di vivere.
Siamo di fronte ad una vera e propria insurrezione elettorale. Qualunque sia il risultato finale dell’attuale contesa elettorale, ci serva da lezione sul grave divorzio che si viene aprendo fra il Brasile ufficiale e il Brasile profondo. Potrebbero arrivare altre sorprese... * Pronipote dell’Imperatore Pedro II.
L’argomento che è emerso in modo più irruente è stato, chiaramente, l’aborto. Ma è l’insieme del programma radicale proposto dal PT che ha provocato molta
Eloquente copertina del più importante settimanale brasiliano: il vuoto domina il dibattito elettorale TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2010 - 9
Attualità
Una profezia del beato Charles de Foucauld
“R
Forse nessun europeo è stato così vicino ai musulmani d’Africa come il beato Charles de Foucauld (1858-1916), che a loro ha dedicato la vita fino al martirio. A distanza di quasi cent’anni, una sua lettera a René Bazin, scritta due mesi prima della morte, suona come una vera profezia che fa riflettere...
La tomba del beato Charles de Foucauld nell’Oasi di El Golea, Algeria 10 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2010
itengo che se, lentamente, dolcemente, i musulmani del nostro impero coloniale del Nord Africa non si convertono, sorgerà un movimento nazionalista simile a quello della Turchia. Si formerà un’élite intellettuale nelle grandi città, educata in Francia ma senza lo spirito né il cuore francese, un’élite che avrà perso la fede islamica ma che ne conserverà il nome per influenzare attraverso di essa le masse. D’altra parte, la massa dei nomadi e dei contadini resterà ignorante, distante da noi, fermamente maomettana, portata all’odio e al disprezzo contro i francesi, contro la nostra religione, contro il nostro dominio, non sempre benevolo. Il sentimento nazionalista e barbaresco crescerà nell’élite colta. Quando troverà l’occasione, per esempio durante qualche situazione difficile per la Francia, interna o esterna, utilizzerà l’islam come una leva per sobillare le masse ignoranti e così cercare di creare un impero musulmano indipendente in Africa.
“L’impero francese in Africa — Algeria, Marocco, Tunisia, Africa occidentale — ha 30 milioni di abitanti. Grazie alla pace, potrà averne il doppio in meno di cinquant’anni. Questa crescita demografica sarà accompagnata da un grande sviluppo materiale. I paesi si arricchiranno, saranno solcati da ferrovie, popolati da persone agguerrite e addestrati all’uso dei nostri armamenti, guidati da un’élite educata nelle nostre scuole. O noi impariamo a fare i membri di questa élite dei francesi, oppure prima o poi ci cacceranno via. E l’unico modo per diventare francesi è diventare cristiani.
“Non si tratta di convertirli in un giorno, né tanto meno con la forza, ma dolcemente, in silenzio, con la persuasione, l’esempio, la buona educazione e l’istruzione, attraverso un contatto stretto e affettuoso. Questo è un lavoro soprattutto per i laici, che possono avere con i musulmani dei contatti assai più numerosi e più intimi che non i preti.
“I musulmani possono diventare dei veri francesi? Eccezionalmente sì, ma in generale no. Molti dogmi fondamentali dell’islam si oppongono ai nostri principi. Con alcuni, e penso ai musulmani liberali che hanno ormai perso la fede, ci sono accomodazioni possibili.
“Ma con altri, e mi riferisco a coloro che aspettano il Madhì, non v’è nessuna possibilità di accordo. Escludendo i liberali, i musulmani credono che, giungendo i tempi del Giudizio Universale, verrà il Madhì che proclamerà una guerra santa per stabilire l’islam su tutta la terra, dopo aver sterminato o soggiogato tutti i non-musulmani.
“Secondo la loro fede, i musulmani ritengono l’islam come la loro vera casa e i popoli non-musulmani come destinati a essere sopraffatti da loro o dai loro discendenti. Considerano la sottomissione a una nazione non-musulmana come una situazione transitoria. La loro fede li assicura che usciranno vincitori da questo scontro con gli europei che oggi li dominano. La saggezza consiglia loro di patire con calma questa prova: ‘Quando un uccello intrappolato si agita, perde le piume e si spezza le ali,
invece se resta tranquillo sarà integro il giorno della liberazione’.
“Loro possono preferire un Paese a un altro, come preferiscono la Francia alla Germania perché ci ritengono più miti; possono intrecciare amicizie con tale o tal’altro francese; possono combattere con grande coraggio per la Francia, per sentimento o per onore; possono dimostrare spirito guerriero, fedeltà alla parola, come d’altronde i mercenari dei secoli XVI e XVII. Ma, di norma, esclusa qualche eccezione, finché saranno musulmani, non saranno dei veri francesi. Aspetteranno con più o meno pazienza il giorno del Madhì, quando allora attaccheranno la Francia.
“Ecco perché sempre più musulmani algerini si mostrano così ansiosi di chiedere la cittadinanza francese. Come possono chiedere di far parte di un popolo straniero che sanno sarà irrimediabilmente sconfitto e sottomesso? Diventare francesi davvero, implicherebbe una sorta di apostasia, una rinuncia alla fede nel Madhì” (Lettera del beato Charles de Foucauld a René Bazin, dell’Accademia Francese, 29 luglio 1916)
“L’unico modo per diventare francesi è diventare cristiani”
TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2010 - 11
Natale 2010
L
ux in tenebris lucet (Gv, 1,5): sono le parole con cui il discepolo amato annunciò al suo tempo e ai secoli venturi il grande avvenimento che celebriamo in questo mese.
Formula sintetica, senz’altro, ma che esprime il contenuto inesauribilmente ricco del grande fatto: dappertutto c’erano le tenebre, e nell’oscurità di quelle tenebre si accese la Luce. Perciò la Santa Chiesa afferma, con le parole profetiche di Isaia, il suo giubilo nella notte di Natale: “Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce; su coloro che abitavano nelle tenebre una luce rifulse… Poiché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il segno della sovranità ed è chiamato: ‘Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della Pace’” (Is. 9, 1 e 5, introito della 2a. Messa di Natale). Qual è la ragione di queste metafore? Perché luce? Perché tenebre?
I commentatori affermano che le tenebre che coprivano la terra quando il Salvatore nacque
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erano l’idolatria dei gentili, lo scetticismo dei filosofi, la cecità degli ebrei, la durezza dei ricchi, la ribellione e l’ozio dei poveri, la crudeltà dei sovrani, i guadagni degli uomini d’affari, l’ingiustizia delle leggi, la difettosa costituzione dello Stato e della società, la soggezione del mondo intero alla prepotenza di Roma. Fu nella più profonda oscurità di quelle tenebre che Gesù Cristo apparve come una luce. Quale è la missione della luce?
Evidentemente, dissipare le tenebre. Difatti, a poco a poco, esse cedettero. E, nell’ordine delle realtà visibili, la vittoria della luce consistette nell’instaurazione di una civiltà cristiana che, al tempo del suo apice e malgrado le imperfezioni inerenti a ciò che è umano, fu un autentico regno di Cristo nella terra. Non è il caso di fare qui la storia del crepuscolo della Cristianità occidentale. Basti ricordare che da San Tommaso e da San Luigi Re siamo scivolati nella nostra era di laicismo e di ateismo. I ricchi sono di nuovo duri, i poveri tendono sempre più alla ribellione e all’ozio, la crudeltà è nuo-
Lu x i n t en eb r i s l u c et di Plinio Corrêa de Oliveira
vamente penetrata nelle leggi dei popoli e nei rapporti fra nazioni, i guadagni degli uomini d’affari non hanno limiti, la costituzione della società e dello Stato si rende sempre più difettosa. Il quadro che è stato fatto del mondo antico potrebbe applicarsi al mondo di oggi, con semplici cambiamenti di nomi. Queste sono le tenebre. E la luce? La luce è sempre Gesù Cristo. E la luce siamo anche noi, perché “christianus alter Christus”. Come agire per dissipare le tenebre? Come ha fatto Gesù Cristo, la luce per eccellenza.
Per il suo esempio e per le sue parole, il Signore ci insegna innanzitutto che non bisogna mai tacere la verità; che va proclamata intera, anche quando i nostri ascoltatori non dovessero applaudirci, quando anche addirittura volessero lapidarci e crocifiggerci. È necessario annunciarla con parole minacciose? È necessario annunciarla con un’espressione d’indulgenza e pietà? Nostro Signore fece una cosa e l’altra, a seconda dello stato di animo di coloro a cui si rivolgeva, e lo stesso dobbiamo fare noi. Non dovremo rinunciare né alle parole infuocate e ai toni polemici, né alle formule di dolcezza e di stimolo. E chiederemo a Gesù Cristo che ci dia il discernimento degli spiriti adatto per fare opportunamente una cosa e l’altra. Ci furono dei santi che fecero principalmente una cosa e ci furono dei santi che fecero prin-
cipalmente l’altra. Quello che non c’è mai stato, un santo che non fosse né severo, né dolce. Ognuno agiva d’accordo al soffio dello Spirito, e perciò gli uni e gli altri sono stati canonizzati dalla Chiesa. Ognuno di noi agisca secondo lo spirito che ha e non lanci pietre sull’altro perché agisce in modo diverso. A una condizione, però, e molto importante, e cioè che nell’applicazione dei principi mai si può cedere. Sorridendo o sgridando, poco importa, si dica che il bene è bene e il male è male. Non si abbia la pur minima transigenza verso il male, né verso la più piccola e nascosta sua manifestazione. E non si smetta di stimolare, di incentivare, di predicare il bene in tutti i suoi aspetti, sia che causi o non causi dolore. Agire diversamente non è propagare la luce, ma velarla e volerla estinguere. Questa è la lezione che ci ha lasciato Colui la cui nascita celebriamo inginocchiati. Sappiamo imitarlo fino alla fine della strada, anche se ripudiati e vilipesi da tutti. E che male ce ne può venire se un giorno dovessero scrivere sul nostro epitaffio “venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto” (Gv. 1,11), se così avremo imitato Colui la cui imitazione è il nostro unico ideale, tutta la nostra ragion d’essere? (Tratto da “Catolicismo”, dicembre 1953)
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Il pensiero di Plinio Corrêa de Oliveira
di Paulo Corrêa de Brito Filho
L’ i n n o c e n z a p r i m e v a e l a contemplazione sacrale d e l l ’ u n i v e r s o n e l p e n s i e ro d i P l i n i o Corrêa de Oliveira 14 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2010
A quindici anni dalla scomparsa di Plinio Corrêa de Oliveira (1908–1995), emerge dal nostro passato recente l’immagine di questo intrepido combattente contro gli errori del mondo moderno, e specialmente contro quel processo che egli denominava Rivoluzione, cioè il processo multisecolare che sta distruggendo la civiltà cristiana, come viene descritto in modo esimio nel suo noto capolavoro: «Rivoluzione e Contro-Rivoluzione». Combattente indomito in favore della Cristianità, egli è stato giustamente designato dai suoi storici come il “crociato del secolo XX”.
“Plinio Corrêa de Oliveira era un combattente in quanto contemplativo ed un contemplativo in quanto combattente”
Era un uomo di una cultura vastissima, ma non libresca, dotato di un’inconsueta capacità di penetrazione psicologica e del senso di osservazione della vita, con una grande attitudine a collegare tra loro i vari aspetti della realtà e ad esplicitare le regole che Dio ha stabilito nel Creato, particolarmente quelle che orientano il comportamento umano.
– allo stesso tempo – un contemplativo ed un efficiente uomo d’azione.
Com’è naturale, molte persone desiderano forse sapere come era Plinio Corrêa de Oliveira nell’intimità. Coloro che hanno avuto il piacere di convivere con lui, hanno potuto apprezzare il suo modo di essere e di pensare, del tutto peculiare: accessibile, sereno, di buon umore, dai modi estremamente cordiali, riflessivo in ogni cosa.
Soprattutto, si poteva ammirare in lui il cattolico fervente, mosso da una tendenza quasi innata alla contemplazione dei misteri più alti della fede, partendo a volte persino da cose molto comuni.
Presentiamo ai nostri lettori l’introduzione al libro «A inocência primeva e a contemplação sacral do universo no pensamento de Plinio Corrêa de Oliveira» (Istituto Plinio Corrêa de Oliveira, San Paolo, 2008), scritta da Paulo Corrêa de Brito Filho, discipolo di lunga data del dott. Plinio.
P
Plinio Corrêa de Oliveira, un contemplativo
ossiamo affermare tranquillamente che Plinio Corrêa de Oliveira era, in un certo senso, un contemplativo. Questo aspetto, poco conosciuto, della sua personalità non sfuggiva alla percezione di coloro che hanno vissuto a stretto contatto con lui.
Qualcuno potrebbe domandare – “Come, un contemplativo?
Un uomo d’azione come lui, pieno di socievolezza e di vigore?” E forse ci si interrogherà su come si possa dire, della medesima persona, che fu un crociato ed un contemplativo.
In effetti, la reazione di chi non lo ha conosciuto potrebbe essere di manifestare sorpresa. Il fatto è che, per Plinio Corrêa de Oliveira, un atteggiamento meditativo nei confronti della vita non significava l’opposto dell’azione, ma la sua fonte. Quindi, egli era
Proprio lui affermava che la contemplazione “è l’abc dell’azione” e segnalava che la contemplazione diviene bella quando è vista in funzione del combattimento, e che il combattimento si fa bello quando è visto in funzione della contemplazione. Allora commentava: “Come si completano splendidamente queste due cose!”
Egli era, dunque, un combattente in quanto contemplativo ed un contemplativo in quanto combattente. E le persone che pubblicano il presente libro colgono l’occasione per sfatare la possibile ma falsa impressione che, discorrendo sulla contemplazione, i discepoli di Plinio Corrêa de Oliveira, tredici anni dopo la sua morte, stiano mettendo in disparte il combattimento, per smarrirsi in considerazioni spirituali, estetiche o meramente culturali. Tutt’altro, la meditazione dei temi pliniani – come, per esempio, quelli di questo libro – stimola in noi, come in ogni persona bene orientata, la disposizione alla battaglia.
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Il pensiero di Plinio Corrêa de Oliveira
“Se il dott. Plinio è diventato un grande combattente, è perché, innanzitutto e sin dall’infanzia, è stato un grande contemplativo”
Era nella riflessione che Plinio Corrêa de Oliveira cercava la forza e la motivazione per i suoi combattimenti. Se è diventato un grande combattente è perché, innanzitutto e sin dall’infanzia, è stato un grande contemplativo. Non un mistico rivolto soprattutto agli orizzonti strettamente soprannaturali o della mistica, neanche un sognatore romantico immerso in se stesso, bensì un profondo osservatore del mondo, analizzato e assaporato nella sua concreta realtà, e utilizzato quindi come un trampolino per salire sino alle realtà superiori.
Egli metteva in risalto il fatto che è necessario avere l’abitudine di considerare tutto da una grande elevazione “… non solo i fatti della vita pubblica ma anche quelli della vita privata, ed avere uno sguardo abitualmente
contem-
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plativo e meditativo ris-petto alle cose che si vedono, per essere un contemplativo della vita terrena, cioè una persona che guarda la vita terrena ed è capace di contemplarla”.
Così, contemplando la vita terrena, egli otteneva le forze per le prodezze di combattività che lo caratterizzavano. Dice il proverbio: “È nel mezzo della tempesta che si riconosce il buon timoniere”. In effetti, egli trionfò gagliardamente su tredici campagne diffamatorie a mezzo stampa che dovette affrontare a livello nazionale e, allo stesso tempo, sull’agitazione che ne decorreva. Pur nella mischia, non perdeva la tranquillità d’animo e non smetteva di osservare, analizzare e contemplare quanto gli era possibile.
Un insieme dottrinario di notevole ampiezza
Le contemplazioni maturavano nella mente di Plinio Corrêa de Oliveira e qualche volta davano origine a complessi dottrinali. Essendo molto espansivo, egli discorreva con frequenza su ciò che pensava. In questo modo, molte sue riflessioni sono pervenute fino a noi.
Egli spiega, in modo agevole, come deve essere la contemplazione seria: “Così come un uomo, essendo bipede, non compie lo sforzo necessario a un quadrupede per stare su due zampe, così pure l’essere umano, quando è serio, non fa sforzo per esserlo. Questa serietà non è artificiosa, non è corrucciata, non è agitata; essa è, con naturalezza, quel che deve essere”. Plinio all’età di quattro anni, a Parigi, nel 1912: una precoce vocazione alla contemplazione
E aggiunge: “La serietà conduce al disprezzo di ciò che è frammentario, ridotto a pezzi, volgare, arbitrario, capriccioso; un disprezzo, tuttavia, portato fino all’esclusione del contrario. […] La serietà non deve condurre alla fantasia sentimentale: bisogna vedere la realtà come essa è. La realtà, vista così, è benigna, le piace spiegarsi; non è comparativa, non è esclusiva. Essa, di buon grado, accetta persino ogni sofferenza”.
Questa serietà sfociava in una vera e propria esecrazione “dell’effimero, del frammentario, del banale”, come già detto. Così, in maniera naturale, percorreva il cammino che separa la contemplazione dalla dottrina. La lettura dei libri – ed egli leggeva molto – aveva un certo ruolo, ma era lungi dall’essere preponderante.
Ad esempio, l’elaborazione del suo capolavoro «Rivoluzione e Contro-Rivoluzione» è stato il frutto non solo dello studio della storia – in particolare della Rivoluzione francese – ma pure dell’attenta osservazione degli uomini, dai più illustri sino al “uomo qualunque”, nonché ai modesti domestici che lavoravano nella sua residenza.
Tuttavia, molto poco di questo patrimonio è venuto alla luce, perché Plinio Corrêa de Oliveira, come fecero Neemia e i suoi compagni, secondo le parole dell’Antico Testamento “una manu sua faciebat opus et altera tenebat gladium” (“con una mano faceva il suo lavoro, e nell’altra teneva la spada” -Libro di Neemia 4,17), poiché la sua terribile lotta contro la Rivoluzione e la necessaria difesa di fronte alla persecuzione mossa dai rivoluzionari contro la sua persona e la sua opera, impegnavano tutto il tempo disponibile.
Di conseguenza, le urgenze del combattimento disuguale e molto arduo in cui era coinvolto gli impedirono di plasmare la pubblicazione di questo patrimonio di insegnamenti. Questi sono rimasti in attesa di giorni migliori, ma continuano ad essere in modo postumo uno dei principali fattori di stimolo ed alimento intellettuale per i suoi seguaci in tutto il mondo. Proviamo una speciale gioia nel riconoscerlo, per quanto riguarda i tredici anni in
“Contemplando, egli otteneva le forze per le prodezze di combattività che lo caratterizzavano”
cui, protetti da Maria Santissima, abbiamo continuato a proclamare i suoi ideali e a dare impulso alla stessa battaglia che egli aveva intrapreso nella sua vita.
Due armonie basilari del Creato: quella dell’anima umana e quella dell’universo
Quest’anno, in cui si completa il centenario della nascita di Plinio Corrêa de Oliveira, abbiamo pensato di dare alle stampe
Il suo pensiero riguardo ai problemi di attualità può essere rintracciato chiaramente nei suoi 20 libri, con numerose edizioni e diverse traduzioni, e in più di 2.500 articoli, manifesti ed altri suoi scritti pubblicati. Ma, chiudendo gli occhi il 13 dicembre 1995, egli ha lasciato, oltre a queste pubblicazioni, un insieme dottrinale di notevole portata, frutto del suo spirito meditativo. Discorso in piazza dopo la Messa per le vittime del comunismo nel duomo di San Paolo, ottobre 1970
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Il pensiero di Plinio Corrêa de Oliveira Plinio Corrêa de Oliveira pensava conversando. Perfino mentre pranzava di solito svolgeva temi dottrinali
almeno una parte di tutto questo lascito. Non pretendiamo esporre in maniera esaustiva tali temi, ma offrire al pubblico una loro primizia. Volendo sceglierne alcuni estratti, sentiamo, nel dire dei francesi “l’embarras du choix”, l’imbarazzo della scelta, poiché, se si considera soltanto il periodo in cui ha diretto la TFP brasiliana (1960-1995), vi sono migliaia di riunioni e di colloqui. Quindi, lasceremo a un’altra opportunità certi argomenti che gli piacevano tanto, come la società, l’opinione pubblica, il paradiso terrestre, e via dicendo.
Optiamo per la divulgazione del suo pensiero sulle due armonie basilari esistenti nel Creato, che sono, per così dire, una l’eco dell’altra: l’armonia dell’anima umana – che si manifesta nell’innocenza; e l’armonia dell’universo – che racchiude nel suo intimo la sacralità. A questo proposito Plinio Corrêa de Oliveira osserva: “Come dice Pio XII, l’anima umana è armonia e l’universo pure è armonia. L’estetica esistente nell’universo è una realizzazione, nell’universo, di una armonia esistente anche nell’ani-
ma umana” (Allocuzione di Natale del 1957). E aggiunge:
“L’estetica dell’universo può essere vista, quindi, da due
“Le contemplazioni maturavano nella mente di Plinio Corrêa de Oliveira dando poi origine a complessi dottrinali” poli diversi. Questi due poli non sono situati in orbite differenti; uno è il centro intorno al quale gira l’altro. L’uomo è il centro dell’universo e l’ordine esistente in lui (uomo) è come che il centro e la più alta realizzazione dei principi di ordine e di bellezza che esistono all’infuori di lui”.
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Dunque, il tema del presente libro è – anche se a tratti necessariamente brevi – lo studio di questi due poli, di queste due armonie: quella interna, dell’anima – dando risalto al suo concetto di innocenza; e quella esterna, ossia l’armonia dell’universo – che postula una contemplazione sacrale da parte dell’uomo.
La prima parte sarà, pertanto, dedicata all’analisi di certi aspetti e tendenze dell’anima umana: l’armonia dell’innocenza e la ricerca della felicità.
Nella seconda parte, saranno svolte diverse vie proposte da Plinio Corrêa de Oliveira per giungere alla contemplazione sacrale dell’armonia dell’universo: La virtù dell’ammirazione; L’analisi degli ambienti, costumi e civiltà; Il senso del simbolismo; La ricerca dell’assoluto; La trasparenza e la trascendenza;
La percezione delle sublimità del mistero; Il mondo dei possibili; La nozione di trans-sfera.
Come egli stesso osservava, si tratta di “finestre da cui lo spirito umano vede l’apice della realtà”.
Interlocuzione: ruolo fondamentale nella elaborazione dottrinale
Quali fonti sono state consultate per la realizzazione di quest’opera? La domanda si pone, visto che, come già detto, non esistono testi relativi ai temi qui approcciati, preparati direttamente da Plinio Corrêa de Oliveira per la loro pubblicazione. La risposta ci porta alla considerazione di una peculiarità della sua elaborazione dottrinale e del modo in cui conduceva l’attività
“Pur nella mischia, Plinio non perdeva la tranquillità d’animo e non smetteva di osservare, analizzare e contemplare quanto gli era possibile” dei suoi discepoli e il suo convivio con loro.
Le fonti utilizzate nella preparazione di questo libro non sono testi scritti o dettati dal proprio autore, bensì trascrizioni dei nastri registrati durante le conferenze, discorsi, conversazioni o riunioni. Plinio Corrêa de Oli-
veira aveva una grande predisposizione alla conversazione, inclusi – cosa difficile! – gli argomenti dottrinali. Questa sua attitudine alla buona conversazione fa ricordare ciò che si diceva del suo prozio paterno, il consigliere dell’Impero João Alfredo Corrêa de Oliveira: bravo nella tribuna, eccellente nella conversazione generale, incomparabile nella conversazione privata. Si direbbe che questa sua propensione alla buona conversazione l’avesse già nel sangue! Per Plinio Corrêa de Oliveira, le conversazioni non erano solo un mezzo per comunicare i suoi pensieri, ma anche per elaborarli, approfondirli, ampliarli. Per lui, l’interlocuzione era fondamentale. Ci sono diversi modi di riflettere. C’è chi pensa pensando, e chi pensa scrivendo: il che è del tutto legittimo. Aristotele pensava camminando.
Plinio Corrêa de Oliveira contempla il castello di Chambord, nella Loira, durante il suo soggiorno in Francia, nel 1988
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Il pensiero di Plinio Corrêa de Oliveira A sin., il dott. Plinio lavora con una commissione nella preparazione del suo ultimo libro «Nobiltà ed élites tradizionali analoghe» Sotto: riunione della “Commissione medica” che si riuniva ogni domenica per studiare temi di bioetica
“Persino nelle commissioni di studio il modus operandi del dott. Plinio era quello delle conversazioni”
Plinio Corrêa de Oliveira pensava conversando. Ed era così che discorreva sul senso dell’essere, sull’ordine dell’universo, sull’estetica della storia, e via dicendo. Egli era, oltre che notevole oratore e celebre scrittore, un cultore e maestro dell’arte della conversazione. La sua interlocuzione era marcata da qualcosa di aristocratico. Anche per quanto riguarda il giornalismo – quindi, la parola scritta – egli dava valore alla conversazione. Soleva dire che il pieno successo di una materia giornalistica si raggiungeva quando presentava lo stile di un dialogo con il lettore; ossia, un articolo “conversato”.
Paragonando le conversazioni di Plinio Corrêa de Oliveira con quelle dei salotti dell’Ancien Régime si possono riconoscere certe analogie, ma anche una differenza degna di menzione: il suo colloquiare era molto caratteristico del modo di essere dei brasiliani, il che gli conferiva
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un tocco originale. Ciò consisteva specialmente nell’amenità e nel carattere cordiale con cui trascorrevano i colloqui, anche quando, negli argomenti opinabili e circostanziali, sorgevano divergenze di punti di vista.
Salvaguardando sempre i principi, primeggiava in lui la tendenza a conciliare le differenze, mediante un’inclinazione al capire bene le posizioni degli altri partecipanti al convivio.
Inoltre, nelle conversazioni che davano fascino ai salotti dell’Ancien Régime, anteriormente alla Rivoluzione francese, gli argomenti, benché di norma elevati, non trascendevano, in via di regola, il campo naturale, mentre nelle conversazioni pliniane predominava la focalizzazione soprannaturale, anche quando venivano trattati banali temi quotidiani. Questa angolatura della sua conversazione spiega il concetto che l’illustre pensatore cattolico aveva dell’arte del conversare: era una forma di “elevatio mentis ad Deum” (elevazione della mente a Dio); cioè, una forma di preghiera.
Persino nei gruppi o nelle commissioni riunite per finalità specifiche – e ve n’erano tante attorno a Plinio Corrêa de Oliveira – il modus operandi era quello delle conversazioni. Nel suo studio di lavoro non c’erano tavoli, ma soltanto poltrone, il che è un dato di per sé eloquente.
Così, mentre le tempeste di sabbia della Rivoluzione imperversavano nell’ambiente brasiliano, lui e i suoi discepoli riflettevano e conversavano, mossi da una nobile non conformità e da nobili desideri. Erano, in questo modo, conversazioni tranquille ed elevate in mezzo a uno strenuo combattimento contro-rivoluzionario.
Riunioni di conversazione su temi dottrinali
Certe conversazioni su argomenti dottrinali erano denominate genericamente “riunioni”. Alcune avevano giorni ed orari precisi. Altre sorgevano in maniera imprevista secondo le circostanze. In genere Plinio Corrêa de Oliveira vi andava senza una speciale previa preparazione. Anche le sue conferenze e riunioni erano raramente preparate in anticipo. E, quanto ai discorsi, non erano mai letti; nella sua vita ne lesse uno solo: il primo! Era, allora, un giovane debuttante nella Congregazione mariana di Santa Cecilia, a San Paolo.
Le conversazioni, molte volte portate à bâtons rompus (cioè, a ruota libera, senza una sequenza e secondo l’appetenza dei partecipanti), non obbedivano a nessun tipo di pianificazione. Eppure, a volte ritornavano a galla argomenti simili. In quel caso, si formavano delle sequenze concatenate di certe tematiche, che potevano durare diversi giorni, a volte settimane e persino mesi. Quindi, come è già stato rilevato, Plinio Corrêa de Oliveira, tramite la conversazione, esplicitava il suo pensiero sul tema messo a fuoco. Venivano parimenti denominate “riunioni” le esposizioni – sempre con qualche tocco di chiacchiera – rivolte
“Per l’illustre pensatore cattolico l’arte di conversare era una forma di elevatio mentis ad Deum, cioè una forma di preghiera” al pubblico interno della TFP, o ancora le sessioni mirate a rispondere a svariate domande.
Per quanto riguarda questo libro, si è ricorsi soprattutto alle riunioni, da lui cosiddette, en petit comité, cioè, indirizzate a gruppi vari, ma non troppo numerosi; d’abitudine erano costituiti da cinque a dieci persone, particolarmente interessate a un genere di tema.
binario”, e ciò bastava per riprendere i commenti, debitamente concatenati alla riunione precedente. Plinio Corrêa de Oliveira, perché sempre molto occupato, temeva di non ricordarsi a che punto dell’argomento si fosse fermato; la rievocazione de “l’estremità del binario” evitava appunto questo inconveniente.
Mentre le conversazioni erano il veicolo, i temi variavano tanto. Plinio Corrêa de Oliveira dedicò diverse serie di riunioni svolgendo svariati temi, tra i quali i due di cui ci occuperemo in questo libro: l’innocenza primeva e la contemplazione sacrale.
In quest’opera abbiamo cercato di conservare, per quanto possibile, il carattere colloquiale di quelle dissertazioni, tanto saporito, autentico e pieno di charme. Ovviamente, il testo risente delle necessarie limitazioni di questo stile di comunicazione.
A volte, Plinio Corrêa de Oliveira indicava, alla fine della riunione, secondo una sua pittoresca espressione, “l’estremità del binario”, cioè l’anello di aggancio con la riunione seguente. In questa, qualcuno leggeva “l’estremità del
Plinio Corrêa de Oliveira bacia lo stendardo della TFP brasiliana prima d’una campagna pubblica
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Il pensiero di Plinio Corrêa de Oliveira
Dunque, il causeur – soprattutto se è il buon causeur – non dice sempre tutto quel che vuole dire, ma sceglie di preferenza l’argomento che ai suoi interlocutori piacerebbe ascoltare oppure che vorrebbero chiedergli in quella concreta occasione. Così, specialmente nei temi teologici e filosofici, una conversazione non ha – né potrebbe avere – la precisione terminologica, l’ordine logico, la preoccupazione didattica di una classe, di una conferenza, di un libro o di un trattato. Questa peculiarità deve essere presa in considerazione.
Nel suo libro «In difesa dell’Azione Cattolica» Plinio Corrêa de Oliveira diceva che: “ogni insegnamento corretto non deve dare all’alunno il solo possesso della verità, ma educarlo allo sforzo intellettuale, abituare la sua intelligenza all’ampio panorama delle esposizioni dottrinali di grande respiro, ai vasti sistemi di idee concatenate tra loro al fine di costituire delle strutture ideologiche imponenti e feconde”.
Era precisamente ciò che egli presentava in quelle conversazioni.
“Vir catholicus, totus apostolicus, plene romanus”
Plinio Corrêa de Oliveira ammirava particolarmente – come raccomandato dai Pontefici – gli insegnamenti di san Tommaso d’Aquino, cosa che egli ha voluto rendere palese, già nella prima fase del suo autoritratto filosofico: “Sono un tomista convinto”.
Si aggiunga che la preoccupazione predominante di Plinio Corrêa de Oliveira era che la sua elaborazione dottrinale fosse sempre interamente in accordo con il Magistero ecclesiastico. Sulla sua lapide funeraria si legge la frase che riassume la sua vita: “Vir catholicus, totus apostolicus, plene romanus” (Uomo cattolico, tutto apostolico, pienamente romano).
La stessa fedeltà va notata pure nel suo testamento, trascritto nell’appendice finale di questo libro. Spesso, nelle riunioni, egli si dichiarava disposto a rinuncia-
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re prontamente a tutte le sue tesi che “si allontanassero, anche leggermente, dall’insegnamento della Santa Chiesa, nostra Madre, Arca di Salvezza e Porta del Cielo”.
Le peculiarità di questo lavoro
È, dunque, con grande gioia che pubblichiamo, nel centenario della sua nascita, una parte espressiva di questa raccolta verbale. Una commissione composta da Leo Nino Daniele (relatore), Antonio Augusto Borelli Machado (revisore) e Josè Antonio Ureta (ricercatore), ha analizzato, selezionato e compilato parte di queste conversazioni, esplicitandole quando necessario per facilitarne la comprensione.
Quindi, in questo libro il pensiero di Plinio Corrêa de Oliveira viene così esposto in maniera concatenata e continua. D’altronde, lui stesso desiderava che si facesse quest’opera quando, in futuro, si sarebbero pubblicati i contenuti di queste conversazioni.
Dialoghi non interamente sfaccettati, come un “cabochon”
Questa raccolta di inediti, affiancata ai libri mirabilmente redatti che egli pubblicò, potrebbe essere paragonata a un cabochon, cioè ad una pietra preziosa lavorata ma non sfaccettata, non interamente rifinita, ma comunque con una forma regolare che, secondo gli intenditori, possiede un fascino tutto speciale, superiore – per certi aspetti – alla stessa gemma sfaccettata. Il cabochon, appunto perché non sfaccettato, è autentico, forte ed originale. È come uno zampillo d’acqua che scaturisce dalla sua fonte. Conserva qualcosa della ricchezza della miniera da cui proviene. Per questo, diceva Plinio Corrêa de Oliveira, il cabochon grezzo, paragonato ai gioielli comuni, abituali “a distanza brilla meno, però conserva più luce all’interno. Queste pietre sono piccoli serbatoi di luce”. È ciò che succede esattamente con questi dialoghi pliniani, non interamente “sfaccettati” – per la loro natura – ma sostanzialmente densi di luce. Quelli che adesso vengono qui stampati, pur non essendo rivisti da lui – e, pertanto, non avvallati dalla sua piena responsabilità intellettuale – sicuramente sorprenderanno molti, poiché riflettono un pensiero notevolmente chiaro, profondo e, in molti punti, nuovo ed originale. Soprattutto molto opportuno per i nostri giorni. Dunque, la peculiarità del presente volume non impedisce che l’autorevolezza intellettuale della dottrina qui esposta sia attribuita, come di diritto, a Plinio Corrêa de Oliveira, e non ai discepoli che hanno avuto la gioia di lavorare a questa raccolta. Se dovesse essere riscontrata qualche inesattezza, procederemo volentieri alla dovuta rettifica.
Il pensiero di Plinio Corrêa de Oliveira
Fatte queste riserve, siamo convinti che, sebbene non sia stato scritto da lui, nel senso già sopraddetto, il presente lavoro esprima fedelmente – tanto quanto ci fu possibile cogliere – il pensiero di Plinio Corrêa de Oliveira. Quindi, era un punto d’onore per noi che questo fatto risultasse, con il debito risalto, nell’Introduzione al presente volume.
Tre aspetti dell’apostolato di Plinio Corrêa de Oliveira: riunioni informali, conversazioni, conferenze pubbliche Nella pagina a fianco: l’affollata riunione del sabato sera per ragazzi, nell’auditorio S. Michele a San Paolo del Brasile
Non ci stupirebbe se, con lo svolgersi del XXI secolo, si assistesse ad un grande incremento degli studi pliniani, poiché la portata di quel che fu il suo pensiero, esorbita l’epoca in cui è vissuto. Prevedendo questa possibilità, offriamo al pubblico il presente volume, sotto l’egida del recentemente fondato Istituto Plinio Corrêa de Oliveira. (Traduzione di Umberto Braccesi)
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Il pensiero di Plinio Corrêa de Oliveira
Maria Pia delle Due Sicilie: modello di principessa cattolica
L
a famiglia del prof. Plinio Corrêa de Oliveira era molto legata alla Famiglia Imperiale del Brasile, che riceveva volentieri nella villa Ribeiro dos Santos, a San Paolo. Nel 1918, vi si recò per una visita di cortesia la Principessa Maria Pia di Borbone delle Due Sicilie, figlia di Alfonso Conte di Caserta, figlio ed erede di Francesco II, l’ultimo Re delle Due Sicilie. Donna Maria Pia aveva sposato Luiz d’Orleans Braganza, sopranominato il “Principe Perfetto”, Capo della Casa Imperiale del Brasile. Trascriviamo qualche brano di una riunione in cui il prof. Plinio Corrêa de Oliveira rievocava questo episodio, spiegando il ruolo che ebbe nella sua formazione:
“Mi ricordo che avevo più o meno dieci anni. Ero un fervente monarchico e leggevo tutte le riviste che riportavano fotografie di re, regine, principi e nobili. Le analizzavo con molta attenzione.
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“Per me, il modello era la favola. Dunque: un re da favola, una principessa da favola e via dicendo. Questo non era un semplice sogno infantile. O una monarchia è capace di suscitare un sentimento che evochi la favola di se stessa, o non vale niente. Purtroppo, la maggior parte delle figure mi deludevano tremendamente. Giorgio V d’Inghilterra, per esempio.
“Avevo un album dove incollavo fotografie della Famiglia Imperiale del Brasile, prese dai giornali e dalle riviste. In fondo stavo cercando qualcuno che potesse approssimarsi a questo ideale.
“Un giorno la mia governante venne nella stanza per annunciare che stava per arrivare a casa la principessa Donna Maria Pia d’Orleans e Braganza. Veniva a visitare mia nonna. Io avevo già visto alcune sue fotografie, che avevo anche ritagliato e aggiunto alla mia collezione. E avevo sempre pensato: ‘questa è una vera Principessa!’
“Adesso avevo l’occasione di scoprire se le fotografie coincidevano con la realtà.
“Dovetti cambiarmi d’abito e mettere quello di gala. Quando fui introdotto nel salotto e fui davanti a lei per salutarla, pensai con me stesso: ‘Eccola lì! L’ho trovata! Questa sì mi dà la sensazione di essere una vera principessa!’
“Era la personificazione stessa della grandezza, ma con moltissima dolcezza. Una persona che emanava un’aria molto materna, molto degna e, allo stesso tempo, molto cattolica. Perfetta da ogni punto di vista. Era anche molto bella. “Questo incontro ebbe non poca influenza sulla mia formazione. Mi permise di affinare tutta una serie di nozioni politiche e anche religiose. In fondo, avevo finalmente trovato un modello di principessa cattolica”.
(Pagina a fianco, foto sopra: il Principe Luiz d’Orleans e Braganza e la Principessa Donna Maria Pia al tempo del loro matrimonio. Foto sotto, Donna Maria Pia con i due figli Pedro Henrique e Luiz Gastão.)
Il mondo delle TFP
Vittoria in Europa: protetta l’obiezione di coscienza
C
on un voto 56-51con quattro astensioni, il Consiglio d’Europa ha approvato un provvedimento in tema di aborto e obiezione di coscienza che tutela in modo assai idoneo i diritti degli operatori sanitari che non vogliono partecipare al massacro degli innocenti.
La versione originale della risoluzione, stilata dalla deputata socialista Christine McCafferty, puntava in senso esattamente contrario, in quanto praticamente toglieva al personale sanitario il diritto all’obiezione di coscienza. È stato lo sforzo combinato di varie associazioni per la vita, unito alle pressioni del governo italiano e alla decisa azione di alcuni deputati, a modificarne sostanzialmente il contenuto.
Tra i maggiori cambiamenti introdotti, la cancellazione del richiamo all’obbligo per i medici di informare i pazienti su tutte le opzioni di cura disponibili, indipendentemente dal fatto che tali informazioni possano indurre il paziente a seguire una cura a cui l’operatore sanitario obietta. È stato poi inserito un paragrafo che afferma che “nessuna persona o ospedale o istituzione può essere obbligata o ritenuta responsabile o discriminata se rifiuta per qualsiasi motivo di eseguire o assistere un aborto, anche quello spontaneo, interventi di eutanasia o un altro atto che possa causare la morte di un feto o di un embrione”. In altre parole, una vittoria significativa.
Diverse TFP hanno preso parte in questo sforzo comune, tra cui quella austriaca, che ha realizzato un’ingente campagna di mailing che ha generato un’ondata di petizioni da tutto il mondo germanofono, recapitate poi direttamente agli europarlamentari. Mentre il Partito verde inviava una lettera protestando contro questa “assurda campagna”, il vicepresidente del Parlamento austriaco, Martin Graf, elogiava la TFP per la sua grande efficacia. TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2010 - 25
Il mondo delle TFP
L’ a v v e n t u r a p i ù bella del mondo
Una “carovana” della TFP brasiliana 26 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2010
“L
a gioventù non è fatta per il piacere ma per l’eroismo”, diceva il celebre scrittore cattolico francese Paul Claudel.
Questa frase, spesso ricordata dal prof. Plinio Corrêa de Oliveira, delinea anche un aspetto fondamentale del suo apostolato, appunto il richiamo all’eroismo, ravvisabile per esempio nelle ormai leggendarie “carovane” ispirate da lui.
Dagli anni 1960, vista l’impossibilità di diffondere gli ideali della TFP con i normali mezzi di comunicazione di massa, di solito schierati a sinistra, il dott. Plinio ideò le campagne pubbliche: esibendo simboli caratteristici, i volontari della TFP scendono in piazza per prendere direttamente contatto col “pub-
La “carovana” Terra de Santa Cruz, Brasile
blico della strada”, diffondendo libri, riviste o manifesti e scandendo slogan propagandistici.
Questo metodo ha permesso a molte pubblicazioni delle TFP di raggiungere tirature da record.
Ma non basta mostrarsi nelle grandi città, bisogna anche raggiungere i posti più sperduti, il “Paese profondo”. Il ché, specie in alcune zone dell’America Latina, a volte implica viaggi assai impegnativi e non sempre sicuri. Così nascono le “carovane”: un pullmino con 7-8 ragazzi che, in modo perfettamente autosufficiente, percorrono immense distese proclamando gli ideali della Tradizione Famiglia e Proprietà nelle città minori e nei paesini. Si dorme dove capita (spesso in tende), si mangia quello che si riesce a procurarsi, si prega tanto e si fa campagna.
Già in vita del prof. Plinio Corrêa de Oliveira, le sole “carovane” brasiliane avevano percorso 4.767.270 chilometri, equivalenti a più di cento giri attorno alla terra, oppure a otto viaggi andata e ritorno alla luna. Spronate da tale esempio, anche altre TFP hanno dato vita a “carovane”, alcune permanenti altre invece operative solo nel periodo delle ferie, per permettere la partecipazione dei ragazzi.
Carovana Terra de Santa Cruz
Recentemente, un gruppo di trentasei giovani sotto l’egida dell’Istituto Plinio Corrêa de Oliveira ha percorso diversi stati del Brasile con la “Caravana Terra de Santa Cruz”, un riferimento al nome originario del
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Brasile, appunto Terra della Santa Croce.
Il tema era la denuncia del disegno di legge noto come 3° Piano Nazionale dei Diritti Umani (PNDH-3), proposto dal presidente Lula. Gli analisti hanno individuato in questo disegno nientemeno che 500 minacce: legalizzazione dell’aborto, delle coppie di fatto e della prostituzione; indebolimento della polizia e del potere giudiziario; graduale dissoluzione del diritto di proprietà, con la creazione di uno Stato socialista, e un lungo, lunghissimo eccetera, che comprende, forse come il suo elemento più insidioso, la proibizione dei simboli religiosi in luoghi pubblici e, quindi, la sostanziale cessazione del Brasile come Paese cattolico.
La “carovana” ha percorso gli stati di San Paolo e Minas Gerais distribuendo un pamphlet illustrativo e raccogliendo firme di protesta su apposite cartoline che si sarebbero poi inviate al governo. In poco meno di un mese i ragazzi hanno raggiunto quasi sessantamila sottoscrizioni.
Seguendo un cerimoniale ormai consolidato, la campagna inizia con la recita di tre Ave Maria seguita da un inno alla Madonna e dal grido “Per il Brasile! Tradizione Famiglia Proprietà!”. Dopodiché i partecipanti si disperdono fra il pubblico, avvicinando le persone per spiegar loro il tema e sollecitarne l’adesione.
L’iniziativa non era esente di rischi. Mentre la stragrande maggioranza dei passanti seguiva con attenzione la spiegazione dei volontari, firmando poi di buon grado la cartolina di protesta, non sono mancati militanti omosessuali e comunisti che hanno cercato di disturbare la campagna. L’atteggiamento invariabilmente pacifico e misurato dei nostri ragazzi ha, però, evitato che questi piccoli incidenti potessero degenerare. Anzi, la “carovana” ha ottenuto decine di lettere di autorità civili attestando il normale svolgimento dell’azione.
La campagna ha avuto molta eco sulla stampa locale. Un cronista ha forse colto l’essenza quando ha parlato di “cavalieri
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erranti della Tradizione”. “Io sono di sinistra e sono contrario a voi – esclamava un signore di mezza età in Riberão Preto – ma ammiro il vostro coraggio di scendere in piazza per denunciare questo disegno di legge. Non tutti possono vantare lo stesso coraggio”.
In Arizona, la campagna ha toccato specialmente le città di Phoenix e Yuma, dove il caldo era tale che il computer portatile è andato in tilt… I ragazzi dovevano bere fino a cinque litri d’acqua al giorno solo per mantenersi idratati. Anche il pullmino si è surriscaldato, piantandoli in asso in mezzo al deserto.
Sulla mitica Route 66
Anche i giovani della TFP americana si sono dati da fare durante le vacanze estive.
Mentre un gruppo percorreva gli stati di Maine, New York, New Hampshire e Rhode Island, una “carovana” si è lanciata sulla mitica Route 66, che collega Chicago con Los Angeles, percorrendo Texas, New Mexico, Arizona e California, salvo poi tornare indietro più a sud per toccare anche la Florida.
coordinatore dell’operazione Ma la gente della strada è fermamente contraria e difende la morale cristiana. Abbiamo trovato tantissimo appoggio. Laddove si è realizzato un referendum, il ‘matrimonio’ omosessuale ha sempre perso”.
Nell’Arizona State University, l’opposizione più dura è arrivata dal… cappellano cattolico: “Non voglio che il mio centro pastorale sia identificato con questa campagna! Chiamerò la polizia!”. Infatti, la polizia è venuta, ma solo per confermare che i ragazzi della TFP potevano restare lì quanto volessero. Più perfido, mentre gridava “viva l’omosessualità!”, uno studente ha cosparso un nostro volontario con una sostanza caustica, provocandogli forti irritazioni cutanee. In California la campagna ha toccato la grande Los Angeles (compresso Hollywood) e San Diego. Mentre nella San Diego State University la campagna ha
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I volontari della TFP distribuivano un libretto intitolato “Dieci motivi perché il ‘matrimonio omosessuale’ è dannoso e va respinto”. “Le lobby omosessualiste sono molto attive nella distruzione della famiglia tradizionale - spiega John Ritchie, In queste pagine, scene della “Caravana Terra de Santa Cruz” in Brasile. A dx, le zone visitate
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Conferenza a Bruxelles
I
l Bureau delle TFP a Bruxelles ha ospitato una conferenza dell’eurodeputata Anna Záborská intitolata “La famiglia cristiana: modello superato o trampolino per la rigenerazione dell’Europa?”.
Forse non per coincidenza, la città celebrava la “settimana arcobaleno”, inducendo la rappresentante slovacca a commentare: “mentre noi qui stiamo cercando di salvare la famiglia, questi signori la vogliono distruggere”.
La famiglia, rilevava Záborská, è formata dal matrimonio tra un uomo e una donna ed è inciso nella legge naturale. Oggi, invece, in nome della non discriminazione, si vuole ampliare il concetto di “famiglia” fino a comprendere qualsiasi due persone che convivano. Una parola di forte rimprovero è stata poi rivolta alla “dittatura degli esperti”.
Di fronte a questa vera “nuova dittatura”, l’eurodeputata a lanciato un proclama affinché i cristiani reagiscano in difesa della vita e della famiglia.
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provocato una fortissima polemica, con studenti che appoggiavano o attaccavano i volontari della TFP, nella University of San Diego alcuni ragazzi si sono aggregati alla campagna, sfidando i loro compagni.
Dopo due mesi di campagna, avendo percorso più di ottomila chilometri, questa “carovana” è rientrata nella sede centrale di Spring Grove, in Pennsylvania. Dimagriti, con la pelle bruciata dal sole e gli abiti distrutti dalla sabbia e dal sudore, i giovani volontari provavano tuttavia quella profonda allegria del dovere compiuto fino in fondo. “Veramente, l’avventura più bella del mondo è la nostra!”, esclamava un ragazzo di Chicago, parafrasando il lemma dei cavalieri Templari.
Nel “rovescio del mondo”
Mentre i giovani della TFP americana percorrevano le bollenti terre della California e del Texas, uno stuolo di undici volontari della TFP australiana iniziava un periplo che li avrebbe portati a toccare sia alcune città principali – Sydney, Melbourne, Adelaide e Canberra – sia, come si legge in un loro comunicato stampa, “i paesini più sperduti e polverosi, dove le vecchie maniere ‘aussie’ continuano ad animare una vita ancora tranquilla e amichevole”.
La “carovana” è iniziata con un pellegrinaggio al santuario della beata Mary McKillop, successivamente canonizzata e dichiarata Patrona del Paese.
Durata un intero mese, questa “carovana” aveva come tema la diffusione del messaggio della
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Madonna di Fatima, all’interno della campagna Australia needs Fatima. “Che bello vedere giovani cattolici che testimoniano la Fede sulle piazze! Questo ci dà tanto entusiasmo!”, dichiarava una signora a Melbourne, interpretando quello che era un sentimento diffuso fra il pubblico.
La “carovana” è stata conclusa da un incontro col cardinale George Pell, arcivescovo di Sydney e Primate dell’Australia, che ha voluto esprimere la sua soddisfazione per l’azione della TFP. Dopo un periplo di quattromila chilometri con 56mila volantini distribuiti, i ragazzi hanno ancora avuto fiato per organizzare un campeggio di apostolato, al quale hanno partecipato una ventina di giovani. Neanche a dirlo, l’attività più “gettonata” è stata il lancio di boomerang...
Polonia: VII Congresso conservatore
“C
erchiamo con coraggio di testimoniare la verità di Nostro Signore Gesù Cristo in un mondo sempre più relativista”. Con queste parole, Slawomir Olejniczak, presidente della Fondazione Piotr Skarga, consorella delle TFP, ha aperto il VII Congresso conservatore, dal titolo “La dittatura del relativismo: di fronte alla nuova persecuzione religiosa”. Alla dittatura marxista crollata nel 1989 è subentrata quella del relativismo, ha spiegato, ma siamo sempre di fronte a una persecuzione anticattolica. Ha poi parlato il prof. Roberto de Mattei, docente presso l’Università Europea di Roma, che ha rivolto uno sguardo alle persecuzioni nella storia della Chiesa. Suor Michaela Pawlik, O.P., ha descritto l’invasione del neopaganesimo nel mondo occidentale, con il conseguente affievolimento della fede e, quindi, della Chiesa e della civiltà cristiana.
Il prof. Grzegorz Kucharczyk ha svolto una dotta conferenza dal titolo “Il laicismo, una nuova religione militante, nel passato e nel presente”. L’attuale trionfo del secolarismo, ha spiegato, è cominciato con la caduta del Medioevo cristiano, sviluppandosi poi per tappe ben definite. José Antonio Ureta, della TFP francese, ha parlato della tolleranza, o meglio di ciò che i laicisti intendono per tale, che certamente non abbraccia la tolleranza nei confronti dei cattolici fedeli.
Dopo la conferenza, i partecipanti sono stati allietati da un bel concerto del Cracov Horn Quartet.
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Sacralità nella cavalleria
I
di Plinio Corrêa de Oliveira
n epoche di grandi crisi, la Provvidenza suscita grandi uomini. Uno di essi fu S. Ignazio di Loyola (1491-1556), fondatore della Compagnia di Gesù. Riproduciamo di seguito brani d’una conferenza pronunciata dal prof. Plinio Corrêa de Oliveira il 30 luglio 1966, nella quale il pensatore brasiliano mette in luce un aspetto centrale dell’opera ignaziana: il suo carattere militante. *
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“Sant’Ignazio di Loyola volle fondare una cavalleria che contrastassi la degradazione della Cavalleria, che si trovava allora in uno stato lamentevole. Egli volle restaurare l’ideale della lotta per il Re Sacro contro l’eretico, suo avversario. Era il ritorno della sacralità nella Cavalleria.
Questa era l’idea di Sant’Ignazio: una sublimazione della Cavalleria. Perciò egli concepì il suo Ordine in termini militari. Egli fondò una Compagnia, che in quel tempo voleva dire un esercito, un esercito di Gesù del quale egli era il Generale, che comandava sull’insieme dei soldati con una gerarchia di tipo militare e un’obbedienza di tipo militare.
Lo stile del suo apostolato era fondamentalmente militante, combattivo, guerriero. La Compagnia di Gesù era molto battagliera e, allo stesso tempo, molto combattuta. Essa viveva come un vero Ordine di Cavalleria”. Dall’alto: il Cid Campeador, modello del cavaliere spagnolo; stemma della Compagnia di Gesù; la “vera effige” di S. Ignazio di Loyola