Anno 18, n. 55 - Dicembre 2012 Sped. in Abb. Post. Art. 2, Comma 20/C, Legge 662/96 Filiale di Padova
Il Natale non è uguale per tutti
Il Natale non è uguale per tutti
Q
uando a Roma gli zampognari scendono dalle montagne, allietando le vie del centro storico con le loro melodie agresti, capiamo che il Natale è vicino. La città si trasforma in uno spettacolo per i sensi del corpo e dello spirito. Anche se spesso motivati da scopi prettamente commerciali, le luci, i colori, i profumi, i suoni di questo periodo parlano di festa e di speranza. La città si riempie di presepi. Come in un racconto di fate, gli alberi di Natale spuntano ovunque. Cori natalizi dilettano i passanti. E le persone si preparano a celebrare, ancora una volta, la nascita del nostro Divino Salvatore.
Si dispongono soprattutto i fedeli. La liturgia di Natale, culminando col canto “Tu scendi dalle stelle” e l’adorazione di Gesù Bambino nella mangiatoia, è sempre un momento commovente, che ci ripaga delle fatiche dell’anno appena trascorso, rincuorandoci ancora una volta con quella certezza che ci dà la forza per continuare: Gesù è con noi! Purtroppo, il Natale non è uguale per tutti.
Quella stessa Messa di Natale che per noi è motivo di gioia, di ristoro e di speranza, per tanti fratelli nella Fede si può trasformare in una trappola mortale. Da diversi anni ormai, in alcuni Paesi a maggioranza musulmana, è diventato un macabro rituale per i terroristi islamici farsi saltare in aria durante le Messe di Natale e di Capodanno, uccidendo decine di fedeli e ferendone centinaia. Molte chiese sono state date alle fiamme (foto sotto). Questo nei Paesi dove, comunque, i cristiani possono ancora riunirsi per celebrare la nascita di
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Gesù Bambino. Nella maggior parte del mondo dominato dai seguaci di Allah, la sola menzione pubblica del nome di Gesù può comportare il carcere. L’ostentazione di simboli cristiani è severamente vietata e può implicare la condanna a morte.
Tale odio nei confronti della Chiesa e della Cristianità non è nuovo. È, anzi, l’appannaggio di un certo islam guerrafondaio. Ciò che, invece, è nuovo è l’odio dell’Europa verso se stessa, un odio veramente patologico.
O l’Europa recupera la sua identità e la fierezza della sua civiltà, rinvigorendo le proprie radici, oppure, prima o poi potremo essere costretti a piangere sulle nostre rovine, in modo non molto diverso da quello in cui Isaia piangeva su Gerusalemme distrutta.
In questo Santo Natale lasciamoci avvolgere dalla luce che emana dalla mangiatoia di Betlemme, lasciamoci accarezzare, anche noi, dalla Madonna Santissima che in quest’occasione mostra tutta la sua eccelsa maternità. Non dimentichiamo, però, che in tante parti del mondo vi sono fratelli nella Fede che dovranno celebrare il Natale di nascosto, oppure con sentinelle alle porte, il cuore in gola e pronti a scappare per salvare la propria vita. Preghiamo per loro. Offriamo sacrifici e riparazioni. Soprattutto, però, recuperiamo la fierezza di essere cattolici ed europei. Solo in questo modo potremo far rispettare noi stessi, e imporre rispetto anche per i nostri fratelli che vivono in terre a maggioranza islamica. È il miglior regalo di Natale che possiamo offrirgli.
Sommario Anno 18, n° 55, dicembre 2012
Il Natale non è uguale per tutti USA: inizio di una persecuzione religiosa? Attualità Le donne non dovrebbero combattere Psicosi ambientalista Ambientalismo: molta propaganda e poca scienza L’Europa e le sue radici di fronte alle sfide contemporanee Persecuzione islamista nelle banlieu parigine Islamizzazione forzata di bambini cristiani nel Bangladesh La discriminazione contro i cristiani in Europa Estonia: libro in difesa della famiglia S. Ildegarda: l’omosessualità è la suprema offesa contro Dio Il mondo delle TFP Davanti al presepe
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Copertina: Il presepe e l’albero di Natale a piazza San Pietro, segno di gioia, di serenità e di speranza. Sotto, la chiesa della Vergine Maria a Imbaba, Cairo, incendiata durante la Messa di Capodanno nel 2010: 15 morti e 232 feriti. Il Natale non è uguale per tutti.
Tradizione Famiglia Proprietà Anno 18, n. 55 dicembre 2012 Dir. Resp. Julio Loredo
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Direzione, redazione e amministrazione: Tradizione Famiglia Proprietà - TFP, Viale Liegi, 44 — 00198 ROMA Tel. 06/8417603 Aut. Trib. Roma n. 90 del 22-02-95 Sped. in abb. post. art. 2, Comma 20/C, Legge 662/96 — Padova Stampa Tipolito Moderna, via A. de Curtis, 12/A — 35020 Due Carrare (PD) TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2012 - 3
Elezioni USA
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USA: inizio di una persecuzione religiosa?
ll’indomani dell’attacco proditorio a Pearl Harbor, rispondendo alle adulazioni degli ufficiali che lo complimentavano per la facile vittoria, l’ammiraglio Isoroku Yamamoto pronunciò quel mot célèbre: “Abbiamo solo svegliato il gigante assopito!”. Qualcosa di simile si potrebbe dire, almeno riguardo una parte degli Stati Uniti, sulla recente rielezione di Barack Hussein Obama. Al tempo della sua elezione, nel 2008, prevedendo il tipo di cambiamenti ai quali il Paese andava incontro, un opinionista aveva scritto: “Non bisogna domandarsi quali rivoluzioni potrà realizzare il nuovo presidente, lui stesso è la Rivoluzione”.
Infatti, per la prima volta nella storia degli Stati Uniti era stato eletto un presidente nero, seguace della Black Theology of Liberation, nella quale scorge “un forte potenziale rivoluzionario”, di idee
apertamente socialiste improntate a quel “socialismo populista” avanzato da Saul Alinsky, di cui è discepolo, partigiano di ogni forma di aborto, compreso l’orribile partial birth abortion (il bimbo è ucciso mentre nasce), sostenitore delle frange più estreme dei movimenti omosessualista e femminista, favorevole alla liberazione delle droghe, avversario delle sane tradizioni del Paese, e via dicendo. Per usare il gergo politico americano, per la prima volta era stato eletto non un liberal ma un radical.
Non tutti hanno intuito nell’immediato le conseguenze estreme di questo evento epocale. Obama ha praticamente mantenuto immutata la politica estera statunitense: fatto che ha indotto taluni analisti a vedervi una continuità istituzionale, mentre, in realtà, si è trattato di una vera e propria cesura storica, appunto di una Rivoluzione. È opinione di un numero crescente di analisti, sia politici sia ecclesiastici, che la gravità di tale situazione cominci ad affiorare e potrebbe degenerare in guerra civile. Perché questo giudizio non sembri esagerato, bisogna spendere due parole sulla mentalità americana.
Gli Stati Uniti si sono sempre caratterizzati per una “way of life” affabile e aperta, che considera con distacco i contrasti di opinione, una “way of life” ottimista e irenica che predilige il pragmatismo e rifugge dalla disquisizione teorica, sempre pericolosa in quanto facile premessa di idee assolute e, quindi, di perniciose divisioni. Tale “way of life” permise di stabilire un clima di tranquilla convivenza e di consenso – il famoso “American compact” – distante anni luci dall’ambiente euro-
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“Ci stiamo inoltrando in una situazione di vera e propria persecuzione religiosa” Cardinale Raymond Leo Burke, Prefetto della Segnatura Apostolica
peo, endemicamente lacerato da polemiche e da guerre. La Guerra Civile del 1861-1864, seppur molto cruenta, costituì solo una parentesi in una lunga storia di concordia nazionale.
Concessivo per natura, tale spirito poteva facilmente degenerare in un liberalismo sfrenato, atto a suscitare reazioni che avrebbero potuto dilacerare il tessuto nazionale, dando vita perfino a movimenti contro-rivoluzionari e, quindi, a guerre tipo Vandea. Per evitare tutto ciò, lo Stato assunse la difesa della religione cristiana in genere quale fondamento dell’ordine morale, sociale e politico. Donde il paradosso di uno Stato costituzionalmente aconfessionale che si proclamava tuttavia apertamente cristiano, perfino incorporando nella sua vita pubblica non poche manifestazioni religiose. Ci riferiamo alla cosiddetta “civil religion”. La salvaguardia della “way of life” presuppone l’assenza di conflitti che possano lacerarla. Presuppone quindi il mantenimento di un ampio consenso intorno alla civil religion quale fondamento dell’ordine americano. E, infatti, per più di duecento anni le polemiche dottrinali, culturali e politiche si erano sempre mantenute entro certi parametri che vedevano opposti conservatives e liberals. Le componenti radical (come d’altronde quelle tradizionaliste in senso europeo), pur presenti, erano marginali.
Facciamo un esempio. La riforma sanitaria proposta dal presidente Obama, la famigerata Obamacare, non solo introduce sostanziali modifiche nel sistema sanitario nazionale, ma pone la scure alle radici stesse della mentalità americana, fondata sull’idea di responsabilità individuale e non sull’assistenzialismo dello Stato, cosa del tutto aliena al sistema americano. Oltre agli aspetti politici ed economici, già di per sé preoccupanti, l’Obamacare implica un’immensa rivoluzione culturale che potrebbe cambiare per sempre la mentalità di larghe fasce della popolazione.
L’elezione di Obama, nel 2008, ha fatto saltare in aria questo equilibrio. I pesanti interventi governativi in aree così sensibili della realtà statunitense che nessuno avrebbe mai sognato di toccare, stanno creando spaccature e rancori non molto dissimili a quelli che precedettero il conflitto del 1861.
“Con il suo programma radicale e laicista, Barack Obama sta percorrendo la stessa strada di Hitler e di Stalin” Mons. Daniel Jenky, Vescovo di Peoria, Ill. TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2012 - 5
Elezioni USA “Io spero di morire nel mio letto. Il mio successore morirà certamente in prigione. Il suo successore morirà martire sulla piazza pubblica” Cardinale Francis George, arcivescovo di Chicago
scienza quando si tratti di eseguire interventi contrari alla morale cristiana, come l’aborto, l’eutanasia o la somministrazione di contraccettivi. La reazione dei cattolici è stata decisa e compatta.
Fatto forse unico nella storia degli Stati Uniti: la totalità dei vescovi diocesani,vale a dire 195 prelati, hanno denunciato apertamente la persecuzione religiosa scatenata dal presidente Obama.
Come è riuscito a Obama questo tour de force? Egli ha fatto leva su quei cittadini particolarmente inclini a ricorrere agli aiuti statali – gente di colore e ispanici – che, nonostante tutta la retorica sul melting pot, non si sono mai integrati perfettamente nel sistema americano, e adesso sembra che vi stiano rinunciando del tutto. Proprio coloro ai quali si riferiva Rommey quando ha dichiarato: “Costoro non voteranno mai per me”. E così è andata.
Ma, come dicono gli americani, “there ain’t no free lunch” (non c’è pranzo gratuito). Qualcuno deve pure pagare il conto. Chi pagherà? Ovviamente quella parte della cittadinanza che, nel tipico american style, non si adagia sull’assistenzialismo statale ma preferisce lavorare sodo. Sarà disposta a pagare il conto degli altri? Basta leggere i giornali e i blog americani di queste ultime settimane per accorgersi quanto questa fetta di America si senta presa in giro e stia mostrando una insofferenza crescente i cui esiti sono difficili da prevedere. L’intervento radicale di Obama ha provocato una reazione altrettanto radicale. E stiamo parlando del 48% degli americani, vale a dire coloro che hanno votato Mitt Rommey e che, in futuro, potranno votare Paul Ryan o addirittura Rick Santorum. L’area dove l’ingerenza obamista sta provocando maggiori disagi, però, è il terreno religioso.
Rompendo ogni equilibrio storico, e calpestando la libertà religiosa, un principio fondamentale del sistema americano, Obama ha cancellato l’obiezione di coscienza nelle strutture sanitarie nazionali. L’Obamacare prevede, infatti, che medici e infermieri non possano più addurre un conflitto di co6 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2012
Il cardinale Raymond Burke, già arcivescovo di Saint Louis e attuale Prefetto della Segnatura Apostolica del Vaticano, è stato molto chiaro: “Ci stiamo inoltrando in una situazione di vera e propria persecuzione religiosa”.
“Il 1° agosto 2012 segna l’inizio della persecuzione religiosa contro le università e le scuole cattoliche che vorranno restare fedeli al Magistero della Chiesa”, leggiamo in un manifesto pubblicato dalla Cardinal Newman Society.
Preoccupato per la reazione dei cattolici – dai quali dipende il 40% del sistema sanitario nazionale – Obama ha sospeso fino al 2013 l’applicazione di questa clausola della riforma. Ma cosa succederà dopo? Tutto il personale sanitario cattolico, e non solo, sarà costretto a scegliere fra l’obbedienza alla legge di Dio e l’obbedienza alla legge di Obama.
Se a questo aggiungiamo una serie di disposizioni legali che, sotto il pretesto della “non-discrimazione”, praticamente vietano alla Chiesa cattolica di insegnare la sua dottrina morale, possiamo capire le inquietanti dichiarazioni del cardinale Francis George, arcivescovo di Chicago: “Io spero di morire nel mio letto. Il mio successore morirà certamente in prigione. Il suo successore morirà martire sulla piazza pubblica”. Quando si può parlare di martirio nella pubblica piazza negli Stati Uniti, è chiaro che è stato oltrepassato il limite. Da parte loro, non vi è più il rispetto per i parametri tradizionali del sistema americano. Sono disposti a calpestare qualsiasi principio pur di imporre la loro rivoluzione. Dall’altra parte cresce la consapevolezza di dover giungere al martirio pur di difendere i principi non negoziabili. Il “gigante assopito” si sta risvegliando? Con quali conseguenze? Solo il futuro lo dirà.
Attualità
Cile: centomila giovani per Santa Teresa delle Ande
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iù di centomila giovani hanno partecipato al 22 º pellegrinaggio al Santuario di Santa Teresa delle Ande, in Cile, percorrendo a piedi 27 chilometri. La Messa conclusiva è stata celebrata dall’arcivescovo di Santiago Mons. Ricardo Ezzati.
“Questo è un segno che i giovani sono con Cristo e con la Chiesa — ha dichiarato Padre Francisco Llanca, della pastorale giovanile — dobbiamo prendere più sul serio la missione dei giovani e avere fede in loro, che sono il futuro”. Organizzato per la prima volta nel 1990 da alcune realtà giovanili laicali, il pellegrinaggio cresce anno dopo anno, a riprova di quanto sempre più giovani siano assetati di soprannaturale.
A
Spagna: anarchici attaccano scuola salesiana
l grido di “Dove sono i preti? Vogliamo bruciarli sul rogo!”, un gruppo di giovani anarchici ha attaccato il collegio salesiano Maria Ausiliatrice, a Mérida, Spagna. Gli energumeni portavano una bandiera tricolore, simbolo della repubblica pro-comunista spagnola negli anni Trenta, che proprio della persecuzione alla Chiesa fece uno dei suoi capisaldi. Il fatto è avvenuto lo scorso 18 ottobre. Un insegnante è rimasto ferito.
Il preside Marco Antonio Romero ha dichiarato al quotidiano El Mundo che l’intenzione dei giovani era di strappare i crocefissi. Infatti, gridavano: “Più istruzione pubblica e meno crocefissi!”. Oltre a numerosi atti sacrilegi contro oggetti sacri, gli anarchici hanno anche cercato di rubare computer portatili.
I Salesiani hanno fatto sapere che presenteranno querela contro gli assalitori, poiché “questo tipo di comportamento non può essere consentito in uno Stato di diritto”.
Il drammatico episodio rappresenta uno degli aspetti della triste eredità lasciata dal governo socialista di Zapatero.
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Attualità
Vescovo cinese “sparisce” dopo aver criticato il regime
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utto sembrava filare liscio. In un gesto conciliatorio nei confronti del governo di Pechino, la Santa Sede aveva acconsentito alla consacrazione di mons. Thaddeus Ma Daquin come vescovo ausiliare di Shangai. Alla cerimonia avrebbe partecipato, rappresentando il regime cinese, mons. Zhan Silu, vescovo “patriottico” di Mindong. L’evento, però, ha avuto un esito del tutto inaspettato.
Dopo aver rifiutato la Comunione dalle mani di mons. Silu, nella sua omelia mons. Ma Daquin, che per lunghi anni è stato membro del Comitato Nazionale dell’Associazione Patriottica, si è permesso di criticare la vicinanza di taluni cattolici al regime comunista di Pechino. “Non mi sembra che convenga continuare a servire l’Associazione Patriottica”, ha dichiarato il prelato.
Il gesto coraggioso, applaudito a lungo dai fedeli presenti, non è stato, però, ben recepito dalle autorità. All’uscita dalla cerimonia, mons. Ma Daquin è stato prelevato da una vettura ufficiale ed è “sparito”. Un portavoce del regime ha dichiarato che egli “è in un luogo ritirato per riposarsi, giacché era molto stremato, fisicamente e moralmente”. Dichiarazione che, ovviamente, non ha convinto nessuno. Finora non si hanno notizie del valoroso vescovo. Una riflessione a margine: i media nostrani spesso e volentieri inveiscono contro le dittature di destra latinoamericane tirando in ballo i “desaparecidos”, cioè persone sparite nel corso della lotta alla sovversione comunista. Sui vescovi cinesi “desaparecidos”, però, nemmeno un accenno…
(Nella foto, una riunione della Chiesa clandestina in Cina)
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2011: record di repressione e torture in Cina
li indicatori di crescita economica non sono l’unico record che Cina sta superando. Il 2011 ha segnato anche un primato di repressione politica e torture. Secondo gli organismi dei diritti umani, 3.832 dissidenti sono stati incarcerati, tra i quali 159 sono stati anche brutalmente torturati. L’86% degli oppositori al regime incarcerati non hanno avuto nessuna possibilità di difesa legale. Nel 6% dei casi, la difesa è stata appena pro forma. Ecco alcuni dati rivelati nel 2011 Annual Report stilato dal Chinese Human Rights Defender. Secondo quest’organismo di monitoraggio dei diritti umani in Cina, 2.792 dissidenti sono finiti in “black jails”, cioè prigioni occulte, senza che familiari e avvocati potessero averne nessuna notizia. Nelle carceri “legali” sono finiti 1040 dissidenti, dei quali 72 condannati a lavori forzati in lager. 8 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2012
Venerazione di S. Giovanni Maria Vianney nel Regno Unito
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igliaia di inglesi hanno venerato le reliquie di S. Giovanni Maria Vianney nel corso del primo pellegrinaggio nelle Isole Britanniche. Il numero di pellegrini è stato più del doppio rispetto al previsto, mostrando una sorprendente vitalità del cattolicesimo inglese. Nella chiesa di St. Anthony in Manchester, per esempio, circa tremila persone hanno fatto lunghe code pur di sostare un attimo davanti ai resti sacri. A Manchester, seimila fedeli hanno sfidato la pioggia per accoglierle solennemente. Scene simili si sono ripetute a Northwich, Shrewsbury e Birmingham. In tanti hanno ricordato la profezia del Santo Curato d’Ars riguardo alla conversione dell’Inghilterra. Parlando col vescovo di Birmingham, il santo francese gli confidò: “Sono sicuro che la Chiesa in Inghilterra ritroverà il suo antico splendore”. La calorosa accoglienza delle reliquie sembra segnare un passo verso il compimento di tale profezia.
Una famiglia venera le reliquie di S. Giovanni Maria Vianney a Manchester
Plebiscito conferma la monarchia nel Liechtenstein
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l 76% dei cittadini del Liechtenstein hanno confermato il potere di veto del sovrano, anche in materie già approvate per via elettorale.
Il Liechtenstein è un piccolo paese a maggioranza cattolica (91%), dove l’aborto è ancora illegale. Nel corso del dibattito sul disegno di legge per l’interruzione di gravidanza (che avrebbe introdotto l’uccisione di innocenti) presentato dalla sinistra, il principe ereditario Alois ha dichiarato che porrà il veto a qualsiasi iniziativa volta in tal senso.
La reazione della sinistra repubblicana è stata di indire un plebiscito per abolire il potere di veto del monarca, che si è subito trasformato in un plebiscito contro la monarchia. La consultazione popolare ha invece affossato tale miraggio: ben il 76% degli abitanti ha confermato i poteri della monarchia cattolica.
“Il Principe rappresenta il Paese. Lui è la garanzia della nostra sovranità e dalla nostra stabilità – ha dichiarato Renate Wohlwend, del Partito dei Cittadini – Un piccolo paese come il nostro ha bisogno di una bandiera, e la bandiera del Liechtenstein è la casa principesca”. (Foto a sin., il Principe Hans-Adam II von und zu Liechtenstein)
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Attualità
“L
“Le donne non dovrebbero combattere”, parola di marine
e donne non dovrebbero mai diventare soldati di fanteria”. Chi scrive queste righe è Katie Petronio, capitano della fanteria di marina degli Stati Uniti, i famosi marines. La capitano Petronio è una soldatessa modello. Ammessa nei marines con il massimo dei voti, ha superato, classificandosi sempre nei primi posti, tutti i programmi di addestramento militare, iniziando così una brillante carriera che l’ha condotta fino al grado di capitano. In prima linea, in Iraq e in Afghanistan, ha comandato centinaia di missioni di combattimento. Nell’ultima campagna, però, è suonato il campanello di allarme. In un’intervista alla CNN, la capitano Petronio ha dichiarato: “L’ultima campagna mi ha fatto pensare molto. In poco tempo sono passata da una situazione in cui battevo ogni record di resi-
stenza fisica, a essere io stessa completamente al tappeto. Dopo sette mesi di combattimenti intensi, ho perso otto chili, ho cominciato a soffrire di atrofia muscolare e ho smesso di produrre estrogeno, il che mi ha provocato infertilità. Tutto ciò mentre ero sottoposta ad appena un’esigua parte dell’attività svolta dai commilitoni maschi. Mi sono, dunque, resa conto che vi sono tutta una serie di problemi legati al sesso che noi non abbiamo nemmeno iniziato a considerare”.
In un articolo apparso sul Marine Corps Gazette col titolo “Ora basta! Noi non siamo stati creati tutti uguali” la capitano Petronio difende la tesi secondo cui l’anatomia femminile non regge un lungo periodo di servizio in prima linea e, dunque, le donne non dovrebbero mai diventare soldati di fanteria:
“Capisco che ci sono donne in servizio che hanno dimostrato di essere fisicamente, mentalmente e moralmente in grado di eseguire operazioni di combattimento. (…) La mia preoccupazione principale è la longevità. Possono le donne sopportare i rigori fisici e le conseguenze fisiologiche delle operazioni di combattimento per un periodo lungo? Siamo disposte a pagarne il prezzo a livello fisico e medico?”
La capitano Petronio racconta quindi la sua esperienza personale:
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“Come giovane tenente, io presentavo tutti i requisiti per diventare una soldatessa di fanteria. Ero una stella dell’hockey su ghiaccio (…). Alta 1,62 cm, potevo sollevare quasi cento chili sulle gambe e quasi settanta sulle braccia in panchina. Ho completato la Scuola Ufficiali raggiungendo il quarto posto fra cinquantadue candidati. (…) Avevo rendimenti fisici molto al di sopra della media. (…) Per esempio, nel test di idoneità fisica ho ottenuto 292 su 300. (…) A distanza di cinque anni, però, non sono più fisicamente la donna di allora. È cambiata anche la mia opinione
“L’integrazione delle donne nella fanteria desterebbe un colpo alle fondamenta del Corpo dei Marines, indebolendolo irrimediabilmente” Cap. Katie Petronio, USMC (a dx.)
sulla possibilità delle donne di portare avanti carriere di successo a lungo termine nella fanteria. Posso dire, per esperienza diretta in Iraq e in Afghanistan e non in base a qualche emozione, che non abbiamo ancora cominciato ad analizzare e a comprendere tutta una serie di questioni mediche e fisiche legate alla fisiologia femminile, che gravano pesantemente sulle donne sul campo di battaglia.
“In prima linea in Iraq per dieci mesi, ho partecipato a numerose operazioni di combattimento. A causa dell’eccessiva quantità di tempo trascorsa con il carico addosso, mi è stata diagnosticata una grave forma di fatica muscolare alle gambe ed una neuropatia lombare causata dalla pressione sui nervi della spina dorsale. Anche se questa lesione non è stata certamente piacevole, il servizio in Iraq è stato un’esperienza piacevole rispetto a quanto ho poi dovuto supportare durante il mio turno in Afganistan.
“All’inizio ero fisicamente in grado di condurre operazioni di combattimento per settimane, con una media di sedici ore al giorno di attività. (…) Allo sforzo fisico operativo e allo stress di essere responsabile della salvezza e incolumità dei miei uomini in un ambiente estremamente instabile, si è aggiunta la mancanza di sonno, nell’esigere dal mio corpo un tributo fisico insostenibile.
che, malgrado i successi conseguiti, non avrei potuto sopportare a lungo termine quanto viene richiesto ai marines in situazioni di combattimento. Avrei dovuto lasciare il servizio per motivi di salute molto prima dell’età della pensione. Così ho capito che non tutti reagiscono allo stesso modo alle sollecitazioni del campo di battaglia. Ciò mi porta a concludere che se il Corpo dei Marines proseguirà nell’intento di integrare pienamente le donne nella fanteria, andremo incontro a un aumento esponenziale dei crolli fisici tra le militari in servizio”.
“Nonostante tutto, ho portato a termine tutte le operazioni di combattimento, guadagnandomi il rispetto della mia unità. Posso affermare con certezza
Tutto ciò fa concludere alla capitano Katie Petronio che sarebbe un grosso errore procedere alla totale integrazione delle donne nella fanteria. Tale integrazione, secondo Petronio, “desterebbe un colpo alle fondamenta del Corpo dei Marine, indebolendolo irrimediabilmente”.
“Al quinto mese avevo sviluppato un’atrofia muscolare delle gambe che mi faceva perdere frequentemente l’equilibrio. Nel corso degli scontri a fuoco la mia agilità e mobilità erano perciò gravemente ostacolate, diminuendo i miei tempi di reazione. Indebolimento muscolare e stress colpiscono tutti i marines, indipendentemente dal sesso. Tuttavia, il mio deperimento era notevolmente più accentuato rispetto a quello dei commilitoni di sesso maschile. In sette mesi ho perso otto chili e, a causa dei cambiamenti ormonali dovuti alla permanenza in prima linea, mi è stata diagnosticata, inoltre, la sindrome dell’ovaio policistico, che mi ha provocato infertilità.
Dopo aver constatato che non esistono attualmente studi sulle condizioni fisiche delle donne dopo periodi di combattimenti prolungati, la capitano Petronio esamina alcune statistiche che mettono a confronto le prestazioni dei maschi e quelle delle femmine durante l’addestramento. Per esempio: il 14% delle donne presenta un crollo fisico durante l’addestramento, contro il 4% dei maschi; l’indice di affaticamento nelle donne è del 40%, contro il 16% nei maschi, e via dicendo, nonostante i criteri di valutazione assai più morbidi per le donne.
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Attualità
P s i c o s i am b i e n t a l i s t a
È
stato presentato presso il Nacional Club di San Paolo l’ultimo libro edito dall’Istituto Plinio Corrêa de Oliveira, Psicosi ambientalista. Nel retroscena dell’eco-terrorismo, scritto da S.A.I.R. Principe Bertrand d’Orleans e Braganza.
Ha aperto la sessione il dott. Eduardo de Barros Brotero, direttore dell’Istituto, che ha illustrato l’azione del prof. Plinio Corrêa de Oliveira contro la riforma agraria socialista. Tale riforma si presentava come un primo passo per instaurare in Brasile un regime oppressivo simile a quello che ancora oggi domina la sventurata isola cubana.
È toccato all’ing. Antonio Augusto Borelli Machado, curatore del volume, esporre, sulla base di una vasta documentazione, le analogie tra l’offensiva agro-riformista di ispirazione marxista e l’attuale offensiva ambientalista. “La rivoluzione ha cambiato colore da rosso a verde”, ha affermato Borelli.
L’economista Carlos del Campo ha sottolineato l’assurdità della legislazione ambientale promossa dalla sinistra in Brasile, con particolare riferimento al cosiddetto “Codice forestale” dell’attuale governo di Dilma Rousseff. Del Campo ha dimostrato come tale Codice criminalizza il produttore, minando gravemente la sua capacità produttiva.
Ha chiuso la sessione il Principe Bertrand, che è anche coordinatore del Movimento per la pace nel campo, richiamando l’attenzione dei presenti sulla natura visceralmente anti-cristiana di certe frange del movimento ambientalista, che oggi hanno praticamente sostituito il comunismo nella promozione di politiche ugualitarie.
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L’oratore ha ribadito la necessità di una reazione contro l’offensiva eco-terrorista al fine di evitare l’introduzione in Brasile di una pseudo-religione panteistica. Urge promuovere il rilancio dei valori della legge naturale e del Magistero della Chiesa, che
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Ambientalismo: molta propaganda e poca scienza
l 31 gennaio 1977, la rivista Time pubblicava una copertina allarmista: “Il grande gelo”. Il noto settimanale americano annunciava l’imminenza di una nuova era glaciale, conseguenza dei mutamenti climatici causati dall’azione dell’uomo sulla natura.
Venticinque anni dopo, il 9 aprile 2001, il Time pubblicava un’altra copertina allarmista, questa volta, però, di segno opposto. Col titolo “Riscaldamento globale”, il settimanale americano annunciava l’imminente pericolo di riscaldamento della Terra, provocato, neanche a dirlo, dall’azione dell’uomo sulla natura.
Nulla, forse, riesce ad illustrare meglio del clamoroso voltafaccia di Time il carattere fortemente propagandistico di un certo ambientalismo.
Ecco un altro esempio di quanto la propaganda abbia preso il sopravvento sulla verità scientifica. Tutti siamo convinti che la foresta amazzonica sia il “polmone verde” del mondo. La realtà, invece, è che l’Amazzonia non genera neanche una molecola di ossigeno. Quando una foresta raggiunge la maturità accumula una grande quantità di materiale in decomposizione sul suolo. Perciò, tutto l’ossigeno prodotto durante il giorno con la fotosintesi, viene consumato la notte con i processi di putrefazione. Risultato netto finale: zero. Il vero “polmone verde” del mondo sono gli oceani.
Il clamoroso voltafaccia di Time
Nel libro Psicosi ambientalista recentemente pubblicato a San Paolo, Dom Bertrand d’Orleans e Bragança smonta ad uno ad uno i vari miti propagandistici creati da un certo ambientalismo. E lo fa fondandosi sulle tesi di autorevoli scienziati.
Riscaldamento globale?
Il prof. Luiz Carlos Baldicero Molion, già direttore dell’Istituto Nazionale di Ricerche Spaziali del Brasile e attuale direttore dell’Istituto di Scienze Atmosferiche, confuta molti dei dati proposti dall’Intergovernmental Panel on Climate Change, affermando che “con le attuali conoscenze sul clima è impossibile identificare e comprovare un eventuale riscaldamento globale antropogenico”, cioè causato dall’uomo.
“È innegabile che la temperatura globale sia salita in questi ultimi 100 anni – prosegue il prof. Baldicero – ma ciò è successo per cause naturali e non antropiche. Il gelo artico si era già sciolto, per esempio, tra il 1920 e il 1945, quando l’uomo emetteva appena il 10% di CO2 emessa oggi. Nel 2009
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Attualità
Siamo convinti che la foresta amazzonica sia il “polmone verde” del mondo. La realtà, invece, è che l’Amazzonia non genera neanche una molecola di ossigeno. Quando una foresta raggiunge la maturità accumula una grande quantità di materiale in decomposizione. Perciò, tutto l’ossigeno prodotto durante il giorno, viene consumato la notte con i processi di putrefazione. Risultato netto finale: zero.
la copertura di ghiaccio era superiore al 2007, dopo un inverno molto severo al Nord”.
Lo scienziato ricorda che durante il Medioevo (800-1200) vi fu un riscaldamento globale più pronunciato dell’attuale, il cosiddetto “optimum climatico medioevale”. In questo periodo l’Inghilterra produceva vino e la Groenlandia era ciò che il suo nome indica: una terra verde. Dal secolo XVI al XIX, invece, vi fu la “piccola era glaciale”. Le cronache narrano che il Tamigi ghiacciava regolarmente. Poi, all’interno di questi macro-cicli vi sono micro-cicli. Per esempio, all’inizio degli anni ‘40 si diceva che la terra stava ribollendo, a causa del riscaldamento verificatosi tra il 1925 e il 1946. All’inizio degli anni ’70, si pensava, al contrario, che il pianeta stesse entrando in un’era glaciale a causa del raffreddamento tra il 1947 e il 1976. Sulla stessa lunghezza d’onda di Baldicero è il prof. José Carlos Almeida de Azevedo, del Massachusetts Institute of Technology: “Non esiste proporzione fra l’azione umana e la natura. L’uomo non ha la capacità di cambiare il clima, la sproporzione è semplicemente fantastica. (…) Io ho studiato molto questo argomento, e ho trovato una serie di contraddizioni e di incoerenze nel modo in cui è presentato al pubblico”.
Sull’argomento il prof. Gustavo Baptista, docente di Geoscienze presso l’Università di Brasilia, è
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molto esplicito: “Il riscaldamento globale sa più di religione che di scienza”.
Il modello del riscaldamento globale si fonda su previsioni climatiche a lunga scadenza. Ora, è assolutamente impossibile predire il clima nel futuro. In un manifesto firmato da decine di scienziati americani, tra cui Austin Harper, docente di Fisica a Princeton e Richard Lindzen, docente nel MIT, si legge: “La Terra si è raffreddata in questi ultimi dieci anni. Tale raffreddamento non è stato previsto dai modelli computerizzati. I migliori meteorologi del mondo non riescono a predire il clima con due settimane di anticipo, figuriamoci predirlo per il prossimo secolo. Siamo inondati da affermazioni non fondate su prove. Bisogna dirlo ad alta voce: le prove non esistono”.
Scienziati denunciano l’ambientalismo ideologico
Dom Bertrand d’Orleans e Bragança dedica due interi capitoli del suo libro alle citazioni di scienziati di risonanza mondiale che respingono i miti dell’ideologia ambientalista.
In questa sezione del volume è riportato l’Appello di Heidelberg, un manifesto firmato nel 1992 da 425 scienziati, e che oggi raccoglie il consenso di oltre quattromila luminari di tutto il mondo, compresi settantadue Nobel. “Siamo preoccupati in questo ini-
zio di secolo XXI col sorgere di un’ideologia irrazionale che si oppone al progresso scientifico e industriale”, leggiamo nel preambolo dell’Appello.
Il libro Psicosi ambientalista contiene, inoltre, le opinioni di ben novantaquattro scienziati e personaggi pubblici, ripartite in cinque argomenti-chiave:
“La sinistra è rimasta totalmente spiazzata dal fallimento del socialismo e del comunismo. Di conseguenza ha dovuto trovare un’altra via per canalizzare il suo anticapitalismo. E l’ha trovata nell’ambientalismo”
Lord Lawson of Blaby, già Segretario dell’Energia della Gran Bretagna
— Non esiste prova scientifica del riscaldamento globale — L’effetto serra non è scientificamente comprovato — Punti specifici che gli scienziati contestano — Distorsioni e frode nei rapporti dell’Intergovernmental Panel on Climate Change — Ambientalismo, una campagna propagandistica fondata sulla farsa
“Una ragione per il sorgere dell’ambientalismo radicale è il fallimento del comunismo mondiale. Quando il muro è crollato un sacco di pacifisti e di attivisti politici hanno migrato verso il movimento ambientalista, portando con loro il neo-marxismo”
“La sinistra è rimasta totalmente spiazzata dal manifesto fallimento del socialismo e del comunismo. Di conseguenza ha dovuto trovare un’altra via per canalizzare il suo anticapitalismo. E l’ha trovata nell’ambientalismo”. Ecco il pensiero di Lord Lawson of Blaby, già Segretario dell’Energia della Gran Bretagna.
“Abbiamo bisogno di una catastrofe per poter cambiare le cose. Parlo in senso letterale. L’unico modo di scuotere l’umanità è uno shock così profondo e doloroso che non ci lasci altra via se non cambiare le nostre strutture”
Sostituto del comunismo
Esagerato? Niente affatto. Gli stessi ambientalisti avallano tale affermazione. Sentiamo, per esempio, Patrick Moore, co-fondatore di Greenpeace: “Una ragione per il sorgere dell’ambientalismo radicale è il fallimento del comunismo mondiale. Quando il muro è crollato un sacco di pacifisti e di attivisti politici hanno migrato verso il movimento ambientalista, portando con loro il neo-marxismo. Hanno imparato a usare una lingua verde per mascherare programmi che in realtà avevano molto più a che fare con l’anticapitalismo e l’anti-globalizzazione che non con l’ecologia e con la scienza”.
Patrick Moore, co-fondatore di Greenpeace
Jonathon Porritt, ideologo dei “verdi” inglesi
“Non è importante se tutta la nostra base scientifica è falsa. Il cambio climatico ci offre la migliore opportunità per imporre la giustizia e l’uguaglianza nel mondo” Christine S. Stewart, già Ministro del Medio Ambiente del Canada
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Attualità
naturalmente, di molta copertura dei media. Per questo dobbiamo offrire scenari angoscianti, dobbiamo semplificare, fare dichiarazioni drammatiche, non dobbiamo menzionare eventuali dubbi”.
“Climagate”
Il Climatic Research Unit di East Anglia, al centro del “climagate”
Molti ambientalisti radicali sfruttano gli argomenti ecologisti per imporre la loro agenda socialista. Lo dice chiaro e tondo l’ex Ministro del Medio Ambiente del Canada, Christine S. Stewart: “Non è importante se tutta la nostra base scientifica è falsa. Il cambio climatico ci offre la migliore opportunità per imporre la giustizia e l’uguaglianza nel mondo”. Le fa eco Timothy Wirth, già assessore del vicepresidente Albert Gore e attuale presidente della United Nations Fondation: “Anche se la teoria del riscaldamento globale fosse sbagliata, noi faremo la cosa giusta in termini politici ed economici”. Non diversamente la pensa John Holdren assessore del presidente Obama per la Scienza: “Le informazioni sui cambiamenti climatici possono e devono essere utilizzate per modificare le barriere strutturali e i comportamenti nella nostra società”.
Catastrofismo voluto
Non sono pochi gli ambientalisti radicali che auspicano una catastrofe planetaria, pur di imporre la loro agenda. Jonathon Porritt, guru dei verdi britannici, non usa mezzi termini: “Abbiamo bisogno di una catastrofe per poter cambiare le cose. Parlo in senso letterale. L’unico modo di scuotere l’umanità è uno shock così profondo e doloroso che non ci lasci altra via se non cambiare le nostre strutture”.
Non meno esplicito è Maurice Strong, segretario generale della II United Nations Conference on Environment and Development: “L’unica speranza per il nostro pianeta è il collasso delle civiltà industriali. Il nostro compito è di rendere realtà tale collasso”. Un orientamento comune a buona parte della propaganda ambientalista. Afferma Stephen Schneider, docente di Biologia Ambientale presso l’Università di Stanford: “Abbiamo bisogno, 16 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2012
Alla vigilia della United Nations Climate Change Conference, tenutasi a Copenagen nel 2009, alcuni hacker violarono il sistema informatico del Climatic Research Unit (CRU) dell’Università di East Anglia, in Inghilterra, il principale centro mondiale di climatologia. Volevano prendere visione dei dati sulle temperature utilizzati dal CRU nel Rapporto sul riscaldamento globale che serviva di base alla conferenza dell’ONU, e che l’istituto si ostinava a non rivelare.
Gli hacker riuscirono a procurarsi migliaia di email trasmesse dagli scienziati del CRU, alcune delle quali estremamente compromettenti. I messaggi dimostravano, infatti, che gli studiosi avevano volutamente alterato i grafici per poter dimostrare che il pianeta si è riscaldato in modo abnorme negli ultimi 100 anni. L’email mostravano, inoltre, le tattiche intimidatorie nei confronti dei colleghi che discordavano dalle loro conclusioni. Facendo leva sulla propria autorevolezza, gli studiosi del CRU giungevano perfino a boicottare la pubblicazione di studi divergenti in riviste specializzate.
Il prof. Phil Jones, direttore del Centro di ricerche climatiche dell’Università di East Anglia, “sommo sacerdote” del dogma del riscaldamento globale e autore delle email più compromettenti, dovette fare un pubblico mea culpa, ammettendo di aver manipolato i dati per aggiustarli alla sua visione. Dichiarò, inoltre, che in due periodi della storia recente (1860-1880 e 1910-1940) si è verificato un riscaldamento globale simile a quello attuale. Dulcis in fundo, dovette ammettere che i dati del CRU mostrano che, dal 1995 ad oggi, non si è registrato nessun riscaldamento degno di attenzione.
Il libro conclude contrastando l’ambientalismo settario sopra illustrato, col vero ambientalismo ispirato allo spirito della Chiesa. Infatti, la più ingente opera di “riqualificazione ambientale” mai intrapresa dall’uomo è stata la trasformazione dell’Europa, durante il Medioevo, da palude infetta al giardino coltivato che oggi possiamo ammirare. Questa meravigliosa metamoforsi è stata opera della Chiesa, e specialmente dell’umile lavoro dei monaci, che hanno trasformato vaste estensioni pantanose in ciò che William de Malmesbury definiva nel 1122 “una replica del Paradiso”.
Dossier
L’Europa e le sue radici di fronte alle sfide contemporanee di Magdi Cristiano Allam
TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / SETTEMBRE 2012 - 17
Dossier
Persecuzione islamista nelle banlieu parigine
L
a sera del 13 ottobre scorso, sul sagrato della chiesa di Saint Augustin, a Parigi, con la partecipazione della TFP francese, si è tenuta una manifestazione per denunciare la persecuzione di cui sono vittime le, ormai, migliaia di musulmani convertitisi al cri-
stianesimo in Europa. Essi sono per lo più — ahinoi — accolti da gruppi protestanti, giacché vengono respinti da molti parroci cattolici in nome di un ecumenismo portato all’estremo.
È il caso di Saïd Oujibou, marocchino di origine, diventato predicatore evangelico. Ecco le sue parole: «È con grande emozione che vi parlo questa sera. Potete facilmente immaginare fino a che punto io sia contento d’essere in Francia, sostenuto dai nostri amici cristiani francesi. È veramente una gioia vedere che voi siete sempre più numerosi nonostante le sofferenze, la persecuzione, le vessazioni che noi subiamo ogni giorno, non solo nelle terre dell’islam, ma anche qui, nelle banlieu parigine.
«La persecuzione cristiana è una realtà in Iran, è una realtà in Egitto, è una realtà nei paesi del Nord-Africa. Oggi, però, quanti musulmani convertiti al cristianesimo sono perseguitati qui, in Francia, per la scelta che hanno fatto. Sono perseguitati da un islam sempre più militante proprio in Francia, in una terra che della libertà è l’emblema.
«Il mio cuore trema, il mio cuore geme, il mio cuore soffre. Ma allo stesso tempo ho la consolazione di essere perseguitato per causa di Cristo. Sono fiero di essere cristiano, sono fiero di appartenere a Cristo, sono fiero di proclamare qui, davanti a tutti: “Sì, io ero musulmano, ma oggi sono cristiano”. Vorrei incoraggiarvi a seguire questa strada. Siate fieri della vostra fede! Siate fieri di essere cristiani! Siate fieri di poter proclamare: “Cristo è la via, la verità e la vita!”». Foto sopra, Saïd Oujibou; foto sotto, la manifestazione davanti alla chiesa di Saint Augustin, a Parigi.
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Organizzato dalla Société française pour la Défense de la Tradition Famille et Propriété, con la partecipazione di Chrétienté-Solidarité e dell’Associazione Tradizione Famiglia Proprietà, d’Italia, si è tenuto un convegno a Parigi, nel Salon Hoche, nel quartiere degli Champs Élisées. Dopo l’introduzione dell’avv. Caio Xavier da Silveira, presidente della TFP francese, ha preso la parola l’on. Bernard Antony, direttore di Chrétienté-Solidarité. L’oratore principale è stato poi l’on. Magdi Cristiano Allam. Offriamo qui di seguito ampi stralci del suo intervento.
M
i auguro che questo mio intervento possa consentire a ciascuno di noi innanzitutto di acquisire elementi di chiarezza rispetto a una tragedia cui noi oggi stiamo assistendo. E al tempo stesso di riflettere e maturare delle valutazioni che servano a farci capire cosa oggi dobbiamo fare per affrancarci da una situazione in cui l’Europa, nel suo insieme, non è in grado di individuare una rotta da seguire e il traguardo a cui approdare.
Il fascino del cristianesimo
Parlo della verità, di conoscere qual è la verità.
La conoscenza della verità ha rappresentato nella mia vita un punto di partenza e la ragione stessa per la quale ho ritenuto di dovermi impegnare per trentacinque anni come giornalista e successivamente di scegliere un impegno nell’ambito della politica.
Sono nato musulmano, da una famiglia musulmana, in un paese a maggioranza islamica, l’Egitto. Sono nato negli anni Cinquanta quando in Egitto e nell’insieme del Medio Oriente esisteva una realtà
sostanzialmente tollerante, ereditata da un passato molto condizionato dalla presenza di comunità europee cristiane, e da un cosmopolitismo che faceva sì che tra la maggioranza islamica e le comunità cristiane, che erano parte della società, vi fosse un rapporto di rispetto. Ed è per questa ragione che mia madre non ebbe alcuna esitazione a iscrivermi in una scuola cristiana cattolica, gestita dalle suore comboniane, una scuola italiana. E per quattordici anni ho frequentato scuole e ho vissuto in collegio, prima dalle suore comboniane e poi dai sacerdoti salesiani. Ho coltivato una simpatia nei confronti del cristianesimo perché i miei educatori, che erano delle suore e dei sacerdoti cristiani cattolici, trasmettendomi un’educazione buona fatta di valori solidi, fatta di una concezione etica della vita, questi testimoni di fede cristiana mi hanno portato a coltivare un fascino nei confronti del cristianesimo come religione.
Il dato iniziale su cui vorrei concentrare la vostra attenzione è che l’attrazione nei confronti delle religioni è stata veicolata dai testimoni di fede. Sono state le persone a farmi nascere l’interesse nei confronti della religione. TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2012 - 19
Dossier
I
Islamizzazione forzata di bambini cristiani in Bangladesh
media, che non risparmiano pesanti commenti nei confronti del cristianesimo, spesso tacciono quando gli abusi sono commessi dai musulmani ai danni dei cristiani nei paesi a maggioranza islamica. Ogni giorno affiorano nuove e drammatiche storie di persecuzione. S. E. Mons. Mosè M. Costa, vescovo di Chittagong, in Bangladesh (foto a sin.), ha denunciato che, anche di recente, i bambini cristiani sono rapiti, venduti alle madrase (scuole religiose islamiche) e costretti a convertirsi all’islam. A volte finiscono nelle mani di trafficanti e venduti come schiavi agli stranieri.
“Ho parlato con alcune persone delle nostre comunità — dichiara mons. Costa — Avevano riferito alla polizia questa pratica illegale. La popolazione è spaventata. Le famiglie che riescono a ritrovare i loro figli rapiti sono quindi costrette a scappare e nascondersi per evitare rappresaglie. Chiediamo il deciso intervento di chi ha il dovere di tutelare e garantire la legalità e la libertà delle nostre comunità”.
Il processo è noto: operatori intermediari, che si nascondono dietro associazioni umanitarie, di assistenza sociale, oppure agenzie di lavoro, avvicinano le famiglie cristiane povere, offrendo loro un’educazione per i propri figli. Le famiglie sono costrette a pagare fino a 145 euro per l’iscrizione alla scuola. Gli operatori intermediari poi vendono i bambini alle madrase, dove subiscono un intenso processo di islamizzazione. In alcuni casi, i bambini sono venduti all’estero, spesso a famiglie benestanti della penisola arabica, che li riducono alla schiavitù. Un vero traffico di essere umani.
Circa 105 bambini cristiani sono stati ritrovati negli ultimi mesi, dopo essere riusciti a fuggire dalle madrase.
Nonostante la pratica sia ben nota e accertata dalle autorità locali, dietro precise denuncie dei vescovi e dei fedeli cristiani, poco o nulla si fa per contrastarla. Tutto questo nel silenzio complice dell’Occidente che, anzi, sceglie di appoggiare le “rivoluzioni arabe”, che altro non sono che il veicolo con cui le fazioni islamiste stanno conquistando il potere. (Heitor Buchaul, Ufficio delle TFP a Bruxelles)
Ogni anno migliaia di bambini cristiani del Bangladesh sono venduti alle scuole coraniche per essere islamizzati, spesso finendo come schiavi nella Penisola arabica 20 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2012
“Il cristianesimo è la religione del Dio che si fa uomo e si incarna in Gesù Cristo. L’islam, invece, è la religione del Dio che si fa testo e che si ‘incarta’ nel Co-
Dialogo impossibile
La distinzione fra la dimensione delle persone e quella delle religioni è fondamentale. Oggi noi commettiamo degli errori che ci portano ad assumere posizioni sbagliate e controproducenti perché sovrapponiamo queste due dimensioni. Ad esempio, spesso sentiamo parlare di dialogo fra islam e cristianesimo e di dialogo fra musulmani e cristiani, come se si trattasse della stessa cosa. Sono, in realtà, due cose radicalmente diverse. La dimensione della religione è definitiva nel tempo e nello spazio perché la religione fa riferimento a un testo sacro immutabile e fa riferimento al pensiero e all’azione di un profeta che rappresenta una realtà immutabile nel tempo e nello spazio. La dimensione delle persone, invece, è mutevole, cambia nel tempo e nello spazio. Ciascuno di noi esprime una specificità che è la sintesi della complessità del nostro percorso personale, familiare, comunitario, sociale, educativo, economico, politico e anche religioso.
non ha nulla a che vedere con l’Allah islamico. Sono due realtà completamente diverse. Anche gli islamici credono in un solo Dio, ma il dio islamico non ha nulla a che fare con Gesù Cristo.
La confusione fra la dimensione delle persone e quella della religione ci porta, soprattutto in Europa, a due tipi di errori.
Il pericolo del relativismo
Dobbiamo quindi essere consapevoli di questa differenza, a maggior ragione quando nel caso dell’islam ci troviamo in una realtà molto particolare.
Il primo si lega alla diffusione dell’ideologia del relativismo. Il relativismo diventa ideologia nel momento in cui ci nega l’uso della ragione per non entrare nel merito dei contenuti, per non usare i parametri della critica e dell’interpretazione, per far sì che aprioristicamente, ed è questa la dimensione ideologica, tutte le religioni, tutte le culture, tutti i valori vengano considerati uguali, a prescindere dai loro contenuti.
Il cristianesimo, invece, è la religione che concepisce l’uomo a immagine e somiglianza di Dio, dove la vicinanza fra uomo e Dio fa sì che fede e ragione siano parte integrante della fede e della cultura cristiana. Sono differenze sostanziali. Gesù Cristo
Ma questo amore non deve automaticamente tradursi nel legittimare la religione del prossimo, soprattutto se, entrando nel merito dei contenuti di questa religione, noi prendiamo atto che è incompatibile con il rispetto dei diritti fondamentali della persona e con la condivisione di quei valori che correttamente Benedetto XVI definisce “non negoziabili” in quanto
Il cristianesimo è la religione del Dio che si fa uomo e che si incarna in Gesù Cristo. Si è cristiani non perché si crede in una dottrina ma perché si crede nella verità storica del Dio incarnato. L’islam, invece, è la religione del Dio che si fa testo e che si “incarta” nel Corano. Per i musulmani, il Corano è Dio, è della stessa sostanza di Dio, opera increata al pari di Dio, dove pertanto, fede e ragione mal convivono e mal si conciliano.
Il relativismo ci porta a mettere sullo stesso piano tutto e il contrario di tutto e ciò porta all’equivoco che, per amare i musulmani come persone, si debba sposare l’islam come religione. L’amore per il prossimo rappresenta il fondamento del cristianesimo ed io lo considero il fondamento della nostra comune umanità.
TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2012 - 21
Dossier
sostanziano l’essenza della nostra comune umanità, a partire dalla fede nella sacralità della vita, dalla considerazione che la dignità della persona è il fulcro della costruzione sociale e che il rispetto della libertà di scelta, in primis quella religiosa, rappresenta un pilastro della nostra civiltà.
Il secondo errore in cui s’incorre è di segno opposto e vede l’Europa a rischio perché si ispira ad un’altra ideologia, quella del razzismo dove, partendo dalla condanna della religione si arriva alla condanna delle persone indiscriminatamente. Per cui, partendo dalla condanna dell’islam come religione in quanto incompatibile con il rispetto dei diritti fondamentali della persona, si condannano tutti i musulmani per il semplice fatto di far riferimento all’islam come religione.
Da qui la necessità di distinguere fra le due dimensioni. Noi possiamo dialogare e convivere con i musulmani come persone, restando totalmente noi stessi come cristiani, senza relativizzare la religione cristiana, senza pensare che, per amare il prossimo, dobbiamo mettere tutte le religioni sullo stesso piano.
Questo approccio oggi in Europa è diffuso laddove si è affermato un modello di convivenza noto come “multiculturalismo”. La multiculturalità, al contrario, è un dato di fatto. Essa significa semplicemente che all’interno dello stesso spazio fisico vivono persone che provengono da Paesi diversi, hanno religioni diverse, culture diverse e parlano lingue diverse.
Il multiculturalismo è, invece, un approccio ideologico che ritiene che il governo della pluralità etnica, linguistica, culturale e religiosa possa realizzarsi limitandosi a elargire a piene mani diritti e li-
bertà, senza chiedere in cambio l’ottemperanza dei doveri e il rispetto delle regole, e senza che ci sia un comune collante identitario e valoriale.
Il multiculturalismo arriva a immaginare che, per favorire il dialogo e agevolare la convivenza, sia addirittura preferibile che noi ci presentiamo come se fossimo una landa deserta, senza la certezza della nostra fede, negando le nostre radici, senza la certezza della nostra identità, senza affermare delle regole che valgano indistintamente per tutti. Ed è proprio nel momento in cui noi ci presentiamo in questo modo che gli altri, gli islamici, ci percepiscono come una terra di conquista. Una conquista che è già in atto.
Terra di conquista
Quello che accade oggi sulla scena internazionale evidenzia una realtà simile a quella che, a partire dal settimo secolo, ha portato all’islamizzazione della sponda meridionale e orientale del Mediterraneo. Dall’altra parte del Mediterraneo oggi le comunità cristiane sono diventate il bersaglio prediletto di una guerra santa islamica, legittimata dal Corano, legittimata dal pensiero e dall’opera di Maometto che vuole sradicare definitivamente la loro presenza. Dobbiamo innanzitutto conoscere la realtà e la verità della storia.
Oggi quando parliamo di cristianesimo pensiamo all’Europa. Dobbiamo ricordare che per i primi sette secoli tutto il Mediterraneo è stato cristiano. Solo a partire dal VII secolo, a seguito di guerre, di stragi, ma anche di connivenza da parte di taluni all’interno delle comunità cristiane, dall’altra parte del Mediterraneo, si è arrivati alla sottomissione all’islam di quelle popolazioni e di quelle terre. Là dove i cristiani e il cristianesimo sono la “realtà autoctona”. I cristiani del Medio Oriente sono le radici profonde di quelle terre. Quelle chiese ne rappresentano la realtà viva. Noi oggi
Nella seconda parte del convegno, nel corso di un animato dibattito moderato da Julio Loredo, della TFP italiana, i partecipanti hanno potuto porre domande a Magdi Cristiano Allam 22 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2012
“Quello che accade oggi sulla scena internazionale evidenzia una realtà simile a quella che, a partire dal settimo secolo, ha portato all’islamizzazione della sponda meridionale e orientale del Mediterraneo”
lo abbiamo dimenticato e guardiamo ai cristiani dall’altra parte del Mediterraneo come se fossero una realtà che non ci riguarda, come se fosse un fatto interno a quelle popolazioni che oggi sono a maggioranza islamica.
E commettiamo un doppio errore madornale. Non ci rendiamo conto che difendere il diritto alla vita, il diritto alla libertà religiosa dei cristiani nei Paesi a maggioranza islamica significa salvaguardare un valore non negoziabile, un diritto fondamentale della persona che, nel momento in cui viene meno, finisce per legittimare a livello internazionale l’arbitrio e affermare la legalità di una guerra santa islamica destinata a non fermarsi solo al di là del Mediterraneo.
Il nemico in casa
L’altro errore è quello che compiamo qui in Europa. Non ci rendiamo conto che ciò che succede dall’altra parte del Mediterraneo si collega profondamente con una strategia finalizzata all’isla-
mizzazione dell’Europa. Ci sono delle situazioni che evidenziano come l’Europa odierna può essere effettivamente sottomessa all’islam perché si realizzano condizioni simili a quelle che hanno portato all’islamizzazione di una parte del Mediterraneo nel VII secolo.
C’è un radicalismo, un estremismo e un terrorismo islamico che si annida all’interno di una rete sempre più capillare di moschee dove si predica un’ideologia di odio, di violenza, di morte, si inculca la fede nel cosiddetto martirio islamico, si trasformano le persone in robot della morte, si legittima la guerra santa islamica. Abbiamo scoperto, soltanto dopo il trauma dell’11 settembre 2001, che l’Europa, più in generale l’Occidente, si sono trasformati nella nuova Mecca del radicalismo e del terrorismo islamico, perché qui da noi possono permettersi ciò che nei Paesi islamici non viene consentito loro. E questo accade perché siamo relativisti, buonisti, laicisti e perché siamo profondamente e sempre più diffusamente scristianizzati. Del relativismo già si è detto, il buonismo è un altro apTRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2012 - 23
Dossier
proccio ideologico che ci porta a immaginare che il rapporto con il prossimo debba limitarsi ed esaurirsi nel concedere al prossimo ciò che il prossimo esige senza preoccuparci delle conseguenze.
Il buonismo si rivela come l’esatto opposto del bene comune che è invece un parametro etico. Il “bene comune” si fonda sulla consapevolezza che ci sono diritti e doveri che valgono per me e per il prossimo. Esso è ben espresso nell’esortazione evangelica “ama il prossimo tuo così come ami te stesso” dove l’amore per il prossimo e quello per se stessi si bilanciano, si equilibrano, dove la ragione ci porta a comprendere che se non abbiamo l’amore in noi, se non ne siamo pieni, non possiamo donarlo.
Un Occidente che odia se stesso
Il cardinale Ratzinger, prima ancora di diventare Papa, in una Lectio Magistralis pronunciata a Roma proprio sull’Europa nel 2004, denunciò l’Occidente che odia se stesso, spiegando che quest’Occidente è più incline a salvaguardare le istanze altrui che non a difendere la propria fede, i propri valori, la propria identità e fece il caso concreto, riferendosi all’islam, di come se viene oltraggiata l’altra religione, tutti si indignano e tutti condannano, mentre se vengono oltraggiati il cristianesimo, la Chiesa e il Papa, e solo in questo caso, si parla di “libertà d’espressione”. Noi, in Europa abbiamo avuto l’occasione di verificare la fondatezza di questa realtà quando, a fronte di una sentenza emessa dalla Corte per i Diritti dell’uomo del Consiglio d’Europa, che ingiungeva all’Italia di non esporre crocefissi nelle aule scolastiche, c’è stato un silenzio assordante da parte di tutti i governi dell’UE, come se il divieto di esporre il Crocefisso non riguardasse questa Europa.
Eppure quando poco dopo, a seguito dell’esercizio della democrazia con un istituto che è democratico, il referendum, in uno stato democratico, la maggioranza del popolo elvetico si è pronunciata contro la proliferazione dei minareti, e voglio evidenziare che si è trattato di un referendum contro i minareti, ma che non metteva in discussione né la presenza delle moschee, né la libertà religiosa dei musulmani, (si tratta solo del bando di un simbolo identitario che viene concepito come contrario al simbolo identitario del cristianesimo, il Crocifisso), ebbene tutti i governi della Ue, il presidente della Commissione europea, il presidente del Parlamento europeo, persino il Segretario Generale delle Nazioni Unite, si sono sentiti in dovere di intervenire per con24 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2012
dannare l’esito di quel referendum dicendo che metteva a repentaglio la convivenza tra cristiani e musulmani.
È evidente che nel momento in cui quest’Europa si vergogna delle proprie radici, svende i valori non negoziabili, tradisce la propria identità cristiana, questa Europa finisce per essere sempre più succube dell’ideologia dell’islamicamente corretto, che significa non dire e non fare nessuna cosa che possa urtare la suscettibilità degli islamici. Significa essere sottomessi all’ideologia del terrorismo islamico che io ho qualificato come il “terrorismo dei taglia lingua” cioè di coloro che sono riusciti ad imporci preventivamente il silenzio. Al punto che la Commissione europea “vieta” l’uso dell’espressione “terrorismo islamico”, anche se a commetterlo sono degli islamici che dicono di compiere quegli attentati terroristici nel nome dell’islam, facendo riferimento a versetti coranici e al pensiero e alle opere di Maometto. Questa è un’Europa che ha paura di affermare la verità salvaguardando la propria libertà.
L’esortazione che noi leggiamo in un passo tratto dal vangelo di San Giovanni “Conoscerete la verità e la verità vi renderà liberi” non va dimenticata. Questa è un’Europa pavida, asservita a interessi che la rendono incapace di essere se stessa a casa propria.
Quando Benedetto XVI il 12 settembre 2006 fu pesantemente criticato dagli europei, (che sono occidentali), oltre che condannato da tutti i governi islamici per aver detto la verità storica nel discorso pronunciato all’Università tedesca di Ratisbona, per aver detto cioè, evocando le parole dell’imperatore bizantino Manuele II Paleologo, che l’islam è una religione che si è diffusa attraverso la spada, queste critiche gli sono state fatte per aver detto la verità, salvaguardando la libertà, qua, in Europa, a casa nostra.
Una paura paralizzante
La tragedia è che noi non siamo più in grado di essere pienamente noi stessi, e non dico in Afganistan, in Arabia Saudita o nel Sudan, ma qui in Europa.
Abbiamo paura di dire la verità in Europa. E questo accade perché abbiamo perso i nostri valori, le nostre radici e la nostra identità. Di qui la necessità di occuparci anzitutto di noi stessi. Io non mi preoccupo tanto dell’arbitrio, dell’arroganza, della violenza, del terrorismo degli islamici, io mi preoccupo principalmente della nostra pavidità, del nostro
“C’è qui un odio di sé dell’Occidente che è strano e che si può considerare solo come qualcosa di patologico. L’Occidente non ama più se stesso”
vuoto interiore, della nostra incapacità di dare una risposta esauriente alla domanda fondamentale “chi siamo”. Se non sappiamo chi siamo non potremo mai individuare la rotta da seguire né definire il punto di approdo del nostro percorso.
Perciò l’Europa tende a essere sempre di più sottomessa all’arbitrio degli islamici.
Un anno fa il settimanale americano Time, ha pubblicato in copertina un mappamondo senza l’Europa. Nel servizio interno, evidenziando la curva discendente dei parametri demografici, gli esperti ritenevano che non ci sia più la possibilità di risalire questa china discendente e che quindi l’Europa sia destinata a scomparire. Si evidenzia che il tasso di natalità è talmente al di sotto del tasso di mantenimento dell’equilibrio demografico che l’Europa non potrà più salvaguardare la propria popolazione autoctona.
Il tasso di mantenimento dell’equilibrio demografico è 2,1. Tutti i 27 Paesi dell’UE hanno un tasso al di sotto, con dei Paesi, tra cui l’Italia, che hanno tassi di natalità molto bassi, 1,34. Questo evidenzia come già nei prossimi 20-30 anni in Italia, a meno che non si riesca miracolosamente a risalire la china, rischiamo di divenire minoranza all’interno del nostro stesso paese, in un contesto in cui continuiamo a praticare una politica buonista nei confronti dell’immigrazione. Dovremmo volerci più bene. E qui torna il discorso dell’amore per se stessi necessario per poter amare il prossimo, torna il monito di Benedetto XVI allora cardinale Ratzinger che ci spiega come oggi questa Europa si illuda di poter amare il prossimo odiando se stessa, non salvaguardando il proprio bene. Ebbene il rischio è che noi oggi finiamo per essere sopraffatti dalla nostra stessa democrazia.
Recentemente un leader religioso turco ha affermato che l’islam trionferà in Europa dove gli islamici grazie alla democrazia riusciranno a penetrare, mentre grazie alla legge islamica riusciranno a sottometterla.
Questo percorso oggi è agevolato dal nostro stesso atteggiamento. Proprio in Belgio nella primavera del 2008 si è svolto uno degli ennesimi incontri di dialogo interreligioso con la partecipazione di una delegazione del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso e una delegazione di esponenti di cosiddette comunità islamiche provenienti da diversi Paesi europei.
Al termine dell’incontro è stato emanato un comunicato che doveva rappresentare una svolta storica rispetto al principio della reciprocità. Fino a quel momento per reciprocità s’intendeva che così come ai musulmani è consentita la costruzione di moschee e l’esercizio della libertà religiosa in Europa, ai musulmani si chiedeva il rispetto della libertà religiosa dei cristiani nei Paesi a maggioranza islamica. In questo comunicato si è affermato un concetto diametralmente opposto. Esso recita: “I cristiani riconoscono la libertà religiosa dei musulmani in Europa. I musulmani riconoscono la libertà religiosa dei cristiani in Europa”.
È come se il principio della reciprocità, si fosse ridotto all’interno dell’Europa, è come se i confini del principio della reciprocità si fossero assottigliati restringendosi alla sola Europa, è come se fossimo arrivati al punto in cui noi negoziamo con i musulTRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2012 - 25
Dossier
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La discriminazione contro i cristiani in Europa
a discriminazione contro i cristiani in Europa. Ecco il tema di un convegno tenutosi lo scorso 2 ottobre presso il Parlamento europeo a Bruxelles, su iniziativa della Comece (Commissione degli episcopati dell’Unione europea), in collaborazione con membri dei gruppi parlamentari PPE ed ECR.
Il rappresentante dell’Osservatorio sull’intolleranza e la discriminazione contro i cristiani in Europa, Martin Kugler, ha citato statistiche allarmanti: l’84% degli atti di vandalismo in Francia nel 2011 sono stati commessi contro luoghi cristiani, mentre nello stesso periodo il 48% del clero nel Regno Unito ha subito una forma di violenza. Kugler ha poi aggiunto: “Nel Regno Unito i cristiani si sentono più emarginati che mai, il 74% afferma che i cristiani sono maggiormente discriminati rispetto agli appartenenti ad altri culti”.
La persecuzione dei cristiani in Europa è un dato di fatto, ed è spesso perpetrata per vie giudiziarie. È quanto dichiara il magistrato spagnolo Javier Borrego, ex giudice della Corte europea dei diritti umani. Il giurista ha iniziato il suo discorso facendosi
un gran segno della croce, salvo poi commentare: “Questo gesto fatto nel Parlamento europeo di sicuro stupirebbe più di uno. Se, invece, un musulmano iniziasse il suo discorso invocando Allah, sarebbe accolto con simpatia”. Secondo il magistrato iberico, la Magistratura europea è sempre più ideologizzata, a volte emettendo sentenze frivole a volte sovvertendo la legge: “Invece di applicare la legge, i magistrati europei la stanno creando, in una sorta di ingegneria sociale totalmente al di fuori delle loro attribuzioni”. Borrego ha citato il caso del crocifisso, nel quale è stata coinvolta l’Italia. Anche dopo la sentenza favorevole, più di un giudice europeo ha dichiarato con ironia: “Non vi preoccupate, in un anno non ci saranno più crocifissi nei luoghi pubblici in Europa”.
Molto sentito il discorso di mons. Florian Kolfhaus, della Segretaria di Stato della Santa Sede, che ha messo in evidenza le martellanti campagne pubblicitarie contro la Chiesa, contrastandole con il trattamento benevolo riservato ai musulmani: “Quando si fa un dispetto alla figura di Maometto, c’è sempre un gran chiasso sui media. Invece abbondano le mancanze di rispetto, e addirittura gli insulti, nei confronti di Nostro Signore e del Santo Padre (…) Noi cristiani non solo abbiamo il diritto di esistere ma dovremmo anche essere in grado di lodare apertamente Nostro Signore Gesù Cristo, proclamando che Egli è l’unico Salvatore”. Nel suo intervento, l’eurodeputato lituano Laima Liucija Andrikiené si lamentava: “Le feste cristiane stanno scomparendo dai nostri calendari, mentre sussistono quelle ebree e musulmane. Dove stiamo andando? Cosa dobbiamo fare per difendere “La Magistratura europea è sempre più ideologizzata, a volte emettendo sentenze frivole a volte sovvertendo la legge. Invece di applicare la legge, i magistrati europei la stanno creando, in una sorta di ingegneria sociale totalmente al di fuori delle loro attribuzioni” Giudice Francisco Javier Borrego
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mani l’esercizio della libertà religiosa dei cristiani in terra cristiana. Questo è fatto grave.
Civiltà cristiana
Il cristianesimo non è soltanto una questione di fede. Goethe definì il cristianesimo “la lingua comune dell’Europa”. Se noi dovessimo eliminare i simboli del cristianesimo dai paesi europei non resterebbe granché.
i nostri valori? I cattolici hanno il diritto di protestare. La libertà di parola non può giungere al punto di permettere di insultare la fede cattolica”.
L’eurodeputato britannico Charles Tannock non ha risparmiato critiche all’Unione europea: “Nell’Unione europea la peggiore persecuzione è ai danni dei cristiani, anche se la discriminazione dei cristiani sia un tabù nel Parlamento europeo”. Egli ha citato casi di discriminazione nel Regno Unito, dove molte persone hanno perso il lavoro per aver osato portare una piccola croce al collo, mentre l’uso di simboli religiosi è perfettamente tollerato a musulmani e induisti.
Sullo stesso tono l’intervento dell’eurodeputato Anna Záborská, della Slovacchia: “È ora che i cristiani si mobilitino. La libertà religiosa non è la stessa per tutti. C’è uno squilibrio nel modo in cui l’Unione europea tratta la persecuzione ai cristiani. (…) La persecuzione può essere fatta anche in modo sottile. Per esempio, quest’anno il Parlamento ha soppresso dal calendario Pentecoste e Assunzione. Sono piccole cose che si accumulano, e sono sintomi di persecuzione”.
Fra gli interventi del pubblico, merita risalto quello di un professore belga picchiato più di una volta dai musulmani del suo paese perché portava il crocifisso al collo.
Il seminario si è concluso con le parole di mons. Piotr Mazurkiewicz, segretario generale della Comece, che ha evidenziato il problema della laicità, definita “una vera religione della non-religione”. “Non può essere considerata neutra la decisione di togliere i crocifissi dai luoghi pubblici — ammoniva il prelato — Questo significa prendere una posizione religiosa”. (Heitor Buchaul)
Il cristianesimo è stato il pilastro di una civiltà che ha saputo accogliere l’eredità della filosofia greca, del diritto romano.
Le università, gli ospedali, tutto il sistema sociale che si fonda sul principio della solidarietà nei confronti dei bisognosi ha origine all’interno del cristianesimo, esprime l’anima dal cristianesimo. Ecco perché il venir meno della fede cristiana, la diffusione della scristianizzazione in Europa e in Occidente, non è soltanto una perdita della dimensione della fede, è una perdita della nostra civiltà.
La recente decisione di Benedetto XVI di dar vita ad un nuovo dicastero per la rievangelizzazione dell’Occidente rappresenta un fatto storico, epocale. Si prende atto del fatto che quest’Europa in modo particolare è a tal punto scristianizzata da dover essere rievangelizzata. Dove la scristianizzazione è anche una perdita della nostra civiltà, della nostra identità.
Ed è la ragione che ci deve riportare alla consapevolezza che se noi non recuperiamo la certezza della nostra fede cristiana, la certezza dei valori non negoziabili a cui si approda anche attraverso la ragione e che sono parte integrante della fede cristiana, noi perderemo non solo la fede cristiana, ma anche la nostra civiltà che è la civiltà cristiana dell’Europa. È sufficiente, per poter immaginare la prospettiva a cui noi andiamo inesorabilmente incontro se non avremo la capacità di riscattarci, rileggere la verità storica di come le sponde del Mediterraneo orientale e meridionale a partire dal VII secolo sono state scristianizzate e sottomesse all’islam.
La Turchia in Europa? No grazie
E se proprio non vogliamo andare così lontano nella storia, a poco meno di un’ora in aereo, andiamo a vedere quello che sta accadendo oggi in un territorio dell’Europa, nella parte di Cipro occupata dai turchi, dove le chiese sono state profanate, talune distrutte, talune trasformate in moschee. Dove anche quest’anno è stato vietato ad alcuni cristiani di parteTRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2012 - 27
Dossier
“Il cristianesimo non è soltanto una questione di fede. Goethe definì il cristianesimo ‘la lingua comune dell’Europa’. Se noi dovessimo eliminare i simboli del cristianesimo dai Paesi d’Europa non resterebbe granché. Il cristianesimo è il pilastro di una civiltà”
Il Duomo di Colonia, in Germania 28 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / SETTEMBRE 2012
cipare alla messa di Natale. Il fatto che l’Europa corteggi la Turchia affinché entri a far parte dell’Unione Europea, è un’ennesima dimostrazione di come siamo a tal punto succubi della paura dell’islamicamente corretto, che ci illudiamo, corteggiando il nostro prossimo carnefice, di poter salvare la pelle.
Il corteggiamento della Turchia è avvenuto nonostante che dal 1974 l’esercito turco occupi una parte di territorio dell’UE, perché Cipro fa parte dell’UE. È un caso unico nel nostro mondo, che nonostante l’occupazione del proprio territorio, una nazione chieda all’occupante di far parte della propria realtà e civiltà.
Se noi guardiamo la carta geografica scopriremo che il 97% del territorio turco è in Asia. La Turchia non fa parte dell’Europa. Se noi dovessimo assumere questo precedente, dovremmo dire che la Tunisia fa parte dell’Europa e che l’Italia fa parte dell’Africa, perché la punta più settentrionale della Tunisia è più a nord della punta più meridionale dell’Italia.
La Turchia non ha nulla a che fare con l’Europa. È una realtà sempre più islamizzata, dove a oggi parlare del genocidio di un milione e mezzo di cristiani armeni è un reato che porta diritto in galera, dove sono violati i diritti fondamentali della persona, dove negli ultimi anni sono stati uccisi sacerdoti e missionari cristiani, dove l’esercizio della libertà religiosa dei cristiani è sempre più arduo. Eppure sembriamo
come incapaci di affermare la verità e comportarci come persone libere.
Il caso della Turchia è emblematico e dimostra come l’ Europa non agisca per scelta ma per paura. Siamo incapaci di essere noi stessi e sempre più succubi della paura.
Tracciare una linea rossa
Ecco perché noi dobbiamo innanzitutto essere protagonisti di verità e di libertà, dobbiamo essere capaci di affermare la verità salvaguardando la libertà a partire da casa nostra. Dobbiamo essere testimoni di fede e di ragione evidenziando come i valori non negoziabili, che sono tali per la fede cristiana e per la ragione che accomuna tutti senza distinzione, non possono essere in nessun modo violati.
Se noi assumiamo che ci sono dei valori non negoziabili e che tra questi c’è il valore della dignità della persona, non possiamo accordare alcuna deroga nel nome di qualsivoglia specificità religiosa e culturale. Se noi relativizziamo i valori non negoziabili, noi perdiamo la nostra civiltà, perdiamo la nostra umanità.
Ci devono essere delle linee rosse oltre le quali non consentire deroghe.
Il rischio è quello di trovarsi in una situazione simile a quella della Gran Bretagna che, all’insegna del multiculturalismo e di una concezione relativista delle religioni, delle culture e dei valori, è arrivata a TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / SETTEMBRE 2012 - 29
Dossier “La Turchia non ha nulla a che fare con l’Europa. È una realtà sempre più islamizzata” A sin. il Primo Ministro Recep Tayyip Erdogan
cito della guerra santa islamica impegnato per abbattere il cristianesimo e la civiltà dell’Europa e di dover essere leali nei confronti di questo stato islamico e non della civiltà britannica. Questo è accaduto qui in Europa e non è un fatto isolato. Si tratta piuttosto della punta dell’iceberg, ma dove c’è la punta c’è anche l’iceberg. Esso esiste ovunque in Europa ed è una rete capillare e diffusa di moschee, di scuole coraniche, di enti assistenziali e finanziari islamici, che di fatto rappresentano già una roccaforte dell’integralismo, dell’estremismo e del terrorismo islamico presente in Europa.
legittimare la presenza sul suo territorio di tribunali islamici, accordando a questi tribunali lo status di enti arbitrali (che nel diritto internazionale ha una connotazione legittima specifica). Tribunali islamici che operano sulla legge della sharia, della legge coranica, pur essendo essa profondamente in contrasto con i diritti fondamentali della persona.
Quindi si è riconosciuta la presenza, all’interno di uno stesso stato di diritto di una legge che vale per i britannici e di una legge che vale per i soli musulmani ed è una legge esercitata nell’ambito del diritto familiare e del diritto patrimoniale, evidenziando una discriminazione tra uomo e donna che è considerata intollerabile dal diritto dei britannici ma riconosciuta come legittima dai musulmani. Si è creato così uno stato teocratico islamico all’interno dello stato di diritto britannico. È evidente che si tratta di una realtà che finisce per far implodere le società in cui le comunità islamiche si concepiscono non solo come diverse, ma come in conflitto con la società che le accoglie Questo conflitto inevitabilmente, prima o dopo, sfocia nella violenza.
I britannici hanno aperto gli occhi tardivamente. Era il 7 luglio 2005 quando quattro ragazzi con cittadinanza britannica si sono fatti esplodere nel centro di Londra. Erano considerati ragazzi normali, ragazzi come tanti, ma avevano subito un lavaggio mentale nelle moschee della Gran Bretagna dove si era fatto credere loro di essere dei soldati dell’eser30 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2012
È dalla seconda metà degli anni ’90 che dall’Europa partono decine di migliaia di combattenti islamici sia originari europei, sia immigrati residenti in Europa. Essi sono andati a combattere le loro guerre sante in Afghanistan, nel Kashmir, in Cecenia, negli anni ’90 nei Balcani, nello Yemen, in Somalia, e si tratta di una realtà che individua l’Europa come la loro terra promessa, perché qui possono permettersi di fare ciò che nei paesi islamici non è consentito loro. Per concludere. I cristiani oggi hanno una missione da compiere e ciascuno di noi ha una parte da svolgere all’interno di questa missione ed è una missione che deve partire da dentro di noi, assumendo la consapevolezza di chi siamo. E lo dobbiamo fare mettendoci nella condizione di affermare la verità salvaguardando la libertà. Lo dobbiamo fare recuperando la nostra capacità di affermare il primato della nostra fede cristiana, senza relativizzarla.
E ci dobbiamo mettere nella condizione di essere costruttori di una civiltà in cui i valori non negoziabili e la certezza delle regole rappresentino dei pilastri. Regole che devono garantire, ma al tempo stesso vincolare tutti senza alcuna eccezione. Non vogliamo discriminare nessuno ma non vogliamo neppure arrivare al punto di autodiscriminarci, consentendo agli altri di fare ciò che noi non faremmo mai. Ed è questo purtroppo l’atteggiamento che si sta affermando qui in Europa. Noi non saremo credibili se in Europa non avremo la capacità di affermare la verità, se non avremo il coraggio di dire che amiamo i musulmani
Il mondo delle TFP
Estonia: libro in difesa della famiglia
razione sessuale. Lo vogliamo o no, è una rivoluzione morale”. A sua volta, questa rivoluzione si inserisce nel più vasto quadro della IV Rivoluzione o Rivoluzione culturale, secondo le note categorie elaborate dal prof. Plinio Corrêa de Oliveira.
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’ultimo tentativo di realizzare in Estonia la “Baltic Gay Pride” rischiò di finire in tragedia quando masse di cittadini inferociti si opposero a tale indecente ostentazione (foto sotto). Nonostante la bassissima pratica religiosa (il 49% degli estoni si dichiara “ateo”), nel Paese baltico sussiste una forte reazione nei confronti del peccato contro natura. “La discriminazione e l’ostilità contro i GLBT rimane molto alta”, avverte about.com, una cosiddetta “agenzia di viaggi per gay e lesbiche”. Recentemente, la Fondazione per la protezione della Famiglia e della Tradizione, vicina alle TFP, ha pubblicato in merito il libro «Kõrgemat seadust kaitstes» (Difendendo una legge superiore). Il volume contiene, tra l’altro, lettere di encomio di vari prelati, tra cui il cardinale Janis Pujats, arcivescovo di Riga.
Secondo quanto sostenuto nell’opera, non siamo semplicemente di fronte al problema “omosessualità”, che è, purtroppo, sempre esistita in quanto vizio umano, bensì a un ben organizzato movimento omosessualista, cioè una vasta rete di associazioni, gruppi di pressione politica, intellettuali liberal e attivisti di sinistra che intendono sovvertire non solo l’ordine stabilito, ma la stessa mentalità dei cittadini. Nelle parole dell’attivista omosessualista Paul Varnell: “Il movimento gay non è un movimento per i diritti civili, non è nemmeno un movimento di libe-
Non a tutti è noto: il movimento omosessualista americano, la madre di tutti i movimenti consimili nel mondo, è nato da una società semi-segreta con radici sia nel partito comunista USA sia nel satanismo esoterico. Tale società, chiamata The Mattachine Society, fu fondata nel 1950 dal padre del movimento omosessualista, Harry Hay.
Comunista militante e membro della setta satanica di Aleister Crowley, Hay adattò la teoria marxista alla situazione degli omosessuali. Secondo lui, gli omosessuali costituivano una “minoranza culturale” oppressa dalla “maggioranza eterosessuale”. Assimilando questa minoranza al proletariato e la maggioranza alla borghesia, Hay proclamava quindi la necessità di una rivoluzione liberatrice. Col passare del tempo, Hay scivolò sempre di più verso posizioni esoteriche, fondando nel 1979 un movimento mistico-omosessuale, il Radical Faeries. L’opera dedica alcuni capitoli all’analisi delle dottrine del movimento omosessualista, particolarmente riguardo ai suoi punti di contatto col mondo dell’esoterismo gnostico. Conclusione: “Questa ‘rivoluzione morale’ è parte integrante di uno sforzo molto più ampio per distruggere la Cristianità soppiantandola con un misticismo di tipo gnostico e erotico. Più che con una rivoluzione culturale, sembra dunque chiaro che siamo alle prese con una autentica, anche se in parte velata, guerra di religione”.
«Kõrgemat seadust kaitstes» è stato presentato a Tallin, capitale della Estonia, e poi diffuso in campagne di piazza da volontari della TFP.
TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2012 - 31
Religione
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Santa Ildegarda: l’omosessualità è la suprema offesa contro Dio
apa Benedetto XVI ha proclamato “Dottore della Chiesa” Santa Ildegarda di Bingen (10981179), la “Sibilla del Reno”. Con ciò, ovviamente, le sue opere acquistano più autorevolezza di quanto non avessero prima. Lo stesso Pontefice ha più volte citato la mistica tedesca nelle sue allocuzioni. Commentando, nel Liber divinurom operum, il versetto 6,8 dell’Apocalisse, la Santa scrive:
«Il serpente antico gioisce per tutte le punizioni con cui l’uomo è castigato nell’anima e nel corpo. Lei, che ha perso la gloria celeste, non vuole che nessun uomo possa raggiungerla. In realtà, non appena si rese conto che l’uomo aveva accolto i suoi consigli, iniziò a progettare la guerra contro Dio, dicendo: “Attraverso l’uomo porterò avanti i miei propositi”.
«Nel suo odio, il serpente ha ispirato gli uomini a odiarsi fra loro e, con lo stesso cattivo sentimento, li ha indotti a uccidersi gli uni gli altri.
«E il serpente disse: “Manderò il mio soffio affinché la successione dei figli degli uomini si spenga, e allora gli uomini bruceranno di passione per gli altri uomini, commettendo atti vergognosi”.
«E il serpente, provandoci godimento, gridò: “Questa è la suprema offesa contro Colui che ha dato all’uomo il corpo. Che la sua forma scompaia perché ha evitato il rapporto naturale con le donne”.
«È quindi il diavolo che li convince a diventare infedeli e seduttori, che li induce a odiare e a uccidere, diventando banditi e ladri, perché il peccato di omosessualità porta alle più vergognose violenze e a tutti i vizi. Quando tutti questi peccati si saranno manifestati, allora la vigenza della legge di Dio sarà spezzata e la Chiesa sarà perseguitata come una vedova». 32 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2012
Il mondo delle TFP
Perù: campagna nell’Amazzonia
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na “carovana” di giovani volontari dell’associazione Tradición y Acción, consorella delle TFP, ha percorso una parte dell’Amazzonia meridionale peruviana, distribuendo libri e materiale stampato. Eccellente l’accoglienza del pubblico, meravigliato nel vedere i simboli della TFP sventolare anche in paesini a volte sperduti. (Nella foto, la campagna a La Merced)
Palermo: adorazione eucaristica
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l 28 ottobre scorso si è svolta a Palermo un’Adorazione eucaristica in occasione della festa di Cristo Re. Organizzata da Don Andrea Di Paola, Cappellano della Guardia di Finanza, l’adorazione si è svolta nella chiesetta dell’Immacolatella, nel centro storico della città.
La TFP è stata coinvolta nella guida dei Vespri solenni, meditando le parole del nostro fondatore, Plinio Corrêa de Oliveira, tratte da un suo testo intitolato “Cristo, Re delle anime”. La predica conclusiva è stata affidata al reverendo Frate Giacobbe, dei Francescani Minori di Enna, che ha parlato sull’importanza della regalità di Gesù Cristo nei nostri giorni.
Polonia: proiezione di film nelle scuole
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n uno sforzo per informare le giovani generazioni sulla realtà del comunismo, la Fondazione Piotr Skarga, consorella della TFP, sta proiettando nella scuole il film The Soviet Story, che documenta la storia del comunismo, specialmente nella prima fase della Guerra, in cui l’URSS era alleata del III Reich. La presentazione è preceduta da una conferenza su “I due socialismi”, vale a dire nazismo e comunismo. Alla fine viene distribuito ai ragazzi un portachiave con scritta la frase: “Gesù io no mi vergogno di Te!”
TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2012 - 33
Davanti al presepe
di Plinio Corrêa de Oliviera
on ho resistito. Avevo intenzione di scrivere su qualche argomento a proposito degli avvenimenti rivoluzionari di attualità. Ma ho sentito che né dentro di me, né attorno a me, c’erano le condizioni per farlo. Dal fondo della mia anima emergevano i ricordi armoniosi e distensivi dei miei Natali di una volta. Attorno a me – nello sguardo di molta gente che conosco, ma anche degli sconosciuti che incrocio per le vie, nei riflessi degli amici a fianco dei quali combatto e lavoro, nonché delle persone più intime la cui amicizia mi accompagna da tanti anni – noto una sete spirituale non appagata, un desiderio muto e forse persino subcosciente, di ritrovare un po’ della vera gioia del vero Natale.
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A questo punto, mi sembrava riprovevole privare me stesso e tante altre persone, di una occasione per liberare dalle carceri dell’oblìo tanti ricordi dorati, e di appagare la sete di meraviglioso, di dolce, di sacrosanto, di cui risplende il Natale. Via, quindi, le visioni tetre di popoli oppressi, di tiranni furibondi, di masse elettrizzate da demagoghi, di scribi sinuosi che modellano notiziari tendenziosi per ingannare il pubblico. Per qualche momento, apriamoci alla luce del Natale, affinché si ravvivino le nostre anime esauste e desolate. Dopo, riprenderemo con maggior coraggio il fardello quasi insopportabile... Beninteso, non parlo della contentezza propagandistica e contraffatta che domina il Natale
odierno. Esso ha perso nelle nostre abitudini sociali quasi tutto il suo profumo di prima. E divenne una funzione commerciale. Una propaganda frenetica non permette quasi alla gente la libertà psichica di dispensarsi da certi acquisti, sia quelli che rientrano nel preventivo che quelli che lo esorbitano. Bisogna “obbligare” il pubblico a comprare, per facilitare lo smaltimento degli stoccaggi accumulati ed aumentare il volume degli affari.
Il Natale ha assunto così, da anni, l’aspetto affannoso e trepidante di una immensa corsa della gente al servizio dell’apparato espansionista. “Ipso facto”, la psicologia del regalo e delle feste è cambiata. Il regalo perde, sempre più, il suo carattere affettivo, disinteressato e intimo. Adesso è diventato una appendice degli affari. La sua principale ragion d’essere è di creare, conservare o ampliare i rapporti che servono agli affari.
Al soffio di questa mentalità, anche il regalo disinteressato prende un aspetto commerciale: ognuno cerca di prevedere quanto costerà il regalo che riceverà dall’amico, per dargliene uno dello stesso prezzo. Perché, se il regalo dato varrà più di quello ricevuto, il donatore si sentirà beffato e frustrato. Insomma, il regalo è diventato un oggetto da baratto, calcolato in base al valore economico. Quanto alla festa – preparata di solito con immense difficoltà – tante volte è l’interesse economico che, al posto dell’amicizia, motiva la stesura della lista degli invitati, l’ammontare delle spese.
“Gloria a Dio nell’alto dei Cieli, e pace in terra agli uomini di buona volontà”. Come questo cantico angelico incontrò un ambiente adeguato nelle vastità deserte dei campi di Betlemme, e nei cuori retti dei pastori che si svegliavano dal sonno pesante e tranquillo! Come, al contrario le parole del coro angelico sembrano strane, senza risonanza, senza affinità con le cogitazioni degli uo-
mini in queste megalopoli moderne, dominate dall’ossessione dell’oro, cioè, della materia.
Il Natale autentico è morto? Con un po’ di esagerazione, si potrebbe dire di sì. È morto nell’anima metallizzata di tanti milioni di uomini. È morto persino in certi presepi. Sì, nei presepi progressisti, che ci mostrano la Sacra Famiglia con le fattezze e la fisionomia sfigurate dall’arte moderna, e con connotazioni che inducono alla rivoluzione sociale.
Però, se c’è qualche esagerazione nel dire che il Natale è morto, in realtà conserva pure alcuni barlumi di vita. Cerchiamoli. Li troveremo innanzitutto – zampillanti – per il fatto stesso che è Natale. Ogni festa del calendario liturgico porta con sé un’effusione di grazie peculiari. Che gli uomini lo vogliano o meno, la grazia bussa loro alla porta dell’anima, in modo più sublime, più tenero, più insistente in questi giorni natalizi. Si direbbe che, nonostante tutto, aleggia nell’aria una luce, una pace, un respiro, una forza di idealismo e dedicazione, che è difficile non percepire. Inoltre, in numerose chiese, in molti focolari, il presepe autentico ci mette ancora davanti agli occhi l’immagine del Dio-Bambino, che venne a spezzare le catene della morte, per calpestare il peccato, per perdonare, per rigenerare, per aprire agli uomini nuovi e illimitati orizzonti di fede e di ideale, nuove e illimitate possibilità di virtù e di bene.
Iddio, eccolo compassionevole e alla nostra portata, fatto uomo come noi, avendo presso a Sé la Madre perfetta. Madre di Lui ma anche Madre nostra. Attraverso Lei, persino i peggiori peccatori possono chiedere e sperare ogni cosa. Lì c’è anche San Giuseppe, l’uomo sublime che raccoglie in sé la meravigliosa antitesi delle più svariate qualità. È principe della Casa di Davide ed è pure falegname. È il difensore intrepido della Sacra Famiglia. Però, nel contempo, è padre tenerissimo e sposo pieno di affetto. Sposo perfetto, è tuttavia lo sposo castissimo di Colei che fu sempre Vergine. Padre vero, ma non secondo la carne. Modello di tutti i guerrieri, di tutti i principi, di tutti i sapienti e di tutti i lavoratori che, in futuro, la Chiesa avrebbe suscitato in questa terra per il Cielo, egli non fu principalmente nulla di questo. I suoi titoli più alti sono due: padre di Gesù e sposo di Maria. Titoli piccoli e immensi, che allo stesso tempo, paradossalmente, polverizzano e comunicano vita, nobiltà e splendore a tutti i titoli della terra. I pastori si presentano in quel luogo in un’amabile intimità con gli animali… nonché con
la Madonna, San Giuseppe e lo stesso Bambin Gesù. È l’immagine commovente di un Dio eccelso, che porta l’irradiazione della sua grandezza sino all’estremo toccare ed elevare perfino quel che c’è di più umile e piccolo tra gli uomini. E che, non contento di questo, attira e copre di benedizioni persino le creature irrazionali.
Contemplando tutto questo, le nostre anime tese si rilassano. I nostri egoismi si disarmano. La pace penetra in noi e intorno a noi. Sentiamo che nel nostro prossimo qualcosa pure si nobilita e addolcisce. Fioriscono i doni dell’anima: il dono dell’affetto. Il dono del perdono. E, come un simbolo, ecco l’offerta delicata e disinteressata di qualche regalo. Affinché non manchi nulla, anche il fratel corpo – come diceva San Francesco – ha la sua parte nella gioia. Fatta la preghiera presso al presepe, tutti si siedono alla stessa tavola. Si mangia senza ghiottoneria, si beve senza ubriachezza. È la festa in cui splende la gioia di aver fede, di essere virtuosi, di avere agito e posto le cose in ordine sacrale. L’allegria del Natale? Sì. Ma molto più di questo. L’allegria dei 365 giorni dell’anno, per il vero cattolico. Perché nell’anima in cui, mediante la grazia, abita il Salvatore, questa allegria dura sempre e mai si spegne. Né il dolore, né la battaglia, neanche la malattia e neppure la morte la eliminano. È l’allegria della fede e del soprannaturale. L’allegria dell’ordine sacrale.
“Oh voi che passate per la via, fermatevi e vedete se c’è un dolore simile al mio”, esclamò il Profeta Isaia, prevedendo la Passione del Salvatore e la compassione di Maria. Ma egli avrebbe potuto anche dire, profetizzando le gioie cristiane perenni e indistruttibili che il Natale porta all’apogeo: oh voi che passate per la via, fermatevi e vedete se c’è una gioia simile alla mia. – Oh voi che vivete avidamente per l’oro, oh voi che vivete stoltamente per la vanagloria, oh voi che vivete turpemente per la sensualità, oh voi che vivete diabolicamente per la rivolta e il crimine: fermatevi e vedete le anime veramente cattoliche, illuminate dalla gioia del Natale: che cos’è la vostra gioia paragonata alla loro? Non vedete in queste parole una provocazione o uno sdegno. Esse sono molto più di questo. Sono un invito al Natale perenne, che è la vita del vero fedele: “Christianus alter Christus” – il cristiano è un altro Gesù Cristo. No, non v’è un’allegria equivalente. Nemmeno quando il cattolico, come Nostro Signore Gesù, è inchiodato sulla croce…
( “Folha de São Paulo” – 27/12/1970)
Ancora una volta, la Cristianità si appresta a venerare il Bambino Gesù nella mangiatoia di Betlemme, sotto il brillare della Stella e sotto la luce, ancora più luminosa e fulgente, degli occhi dolci e materni di Maria. Porgiamo ai nostri gentili lettori e amici i più fervidi auguri di Santo Natale.
Dicembre 2012 (Adorazione dei Re Magi, Jan Gossaert “Mabuse”, 1530)