Rivista "Tradizione Famiglia Proprietà", Marzo 2011

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Anno 17, n. 1 - Marzo 2011 Sped. in Abb. Post. Art. 2, Comma 20/C, Legge 662/96 Filiale di Padova

Plinio Corrêa de Oliveira

Una vocazione nell’ordine temporale La prima voce di allarme “Non sono più io che vivo ma la Chiesa vive in me” Nella Città Eterna Un votum dimenticato


Il Venerdì Santo della Chiesa

V

enerdì prima della Passione, festa della Madonna dei Dolori, 1967. Davanti a un pubblico attento e raccolto, l’oratore legge e commenta alcune preoccupanti notizie a proposito della grave crisi in cui versa Santa Romana Chiesa, sulla scia di un certo “post-concilio”.

Cedimenti nella disciplina ecclesiastica, apostasie in massa di religiosi, manomissione della liturgia, aberrazioni teologiche, depredazione di chiese a pretesto di “aggiornarle”... Una dietro l’altra le notizie configurano un quadro di desolazione che, un anno dopo, Paolo VI chiamerà di “autodemolizione”.

Contemplando l’immane tragedia che scuote fino dalle sue fondamenta quella istituzione divina da lui venerata come “la luce dei miei occhi”, l’emozione tradisce l’oratore. E quest’uomo forte, per cui la parola timore era sconosciuta al di fuori della sua applicazione a Dio, questo uomo pian-ge. Tra singhiozzi riesce ancora a esclamare: “Ah, la Santa Chiesa! La Gerusalemme celestiale discesa dal Cielo! Che cosa hanno fatto di Essa!”. Impossibilitato di parlare dall’emozione, egli deve interrompere la conferenza... L’oratore era Plinio Corrêa de Oliveira. Ed era la prima volta che piangeva di pubblico.

Unito alla Chiesa con vincoli di intimità che noi a malapena possiamo intravedere, Plinio Corrêa de Oliveira viveva in se stesso la crisi della sposa di Cristo, con una profondità spirituale alla quale non è forse improprio applicare il qualificativo di mistico. Nel 1943 aveva denunciato, per primo, il dilagare delle tendenze progressiste in ambienti di Chiesa col libro «In difesa dell’Azione Cattolica».

Nel 1962 si era trasferito a Roma con alcuni discepoli per aiutare i settori conservatori durante il Concilio: “Non potrei mai, in alcun modo, rinunciare a prestare alla Chiesa, alla quale ho dedicato tutta la mia vita, questo servizio in un momento sto2 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / MARZO 2011

rico così triste quasi quanto quello della Morte di Nostro Signore”.

E adesso doveva constatare con amarezza che molti dei suoi peggiori timori si erano avverati. La Chiesa cominciava a vivere il suo Venerdì Santo. Mentre il mondo sembrava camminare verso un apogeo, all’insegna di una modernità osannata perfino in ambienti ecclesiastici, per Plinio Corrêa de Oliveira la Chiesa saliva verso il suo Calvario: “La Chiesa si presenta oggi a noi come Nostro Signore Gesù Cristo nella Sua Passione, coperta di piaghe e barcollando sotto la Croce verso il Calvario”.

Non è altra la visione che, 38 anni dopo, il cardinale Josef Ratzinger presenterà della Chiesa nella meditazione della Via Crucis al Colosseo: “Non dobbiamo pensare anche a quanto Cristo debba soffrire nella sua stessa Chiesa? (...) Signore, spesso la tua Chiesa ci sembra una barca che sta per affondare, una barca che fa acqua da tutte le parti. E anche nel tuo campo di grano vediamo più zizzania che grano. La veste e il volto così sporchi della tua Chiesa ci sgomentano”.

Nel 2010, ormai Papa Benedetto XVI, egli torna a lamentarsi: “Non solo da fuori vengono attacchi al Papa e alla Chiesa, ma le sofferenze della Chiesa vengono proprio dall’interno della Chiesa, dal peccato che esiste nella Chiesa. (...) La più grande persecuzione della Chiesa non viene dai nemici di fuori, ma nasce dal peccato della Chiesa” (1).

In questa Santa Quaresima, segnata anche a livello internazionale da guerre e sciagure, dalle sanguinose ribellioni nel mondo arabo al devastante terremoto in Giappone alle incertezze sulla ripresa economica, meditiamo sulla situazione di Santa Romana Chiesa che, come Nostro Signore Gesù Cristo, vive il suo Venerdì Santo. In attesa che, dopo le austere tribolazioni della Passione, rifulga sempre l’aurora della Risurrezione!


Sommario Anno 17, n° 1, marzo 2011

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Il Venerdì Santo della Chiesa Martire della Fede Plinio Corrêa de Oliveira, una vocazione nell’ordine temporale Chiesa, fulcro della storia Roma non fu fatta in un giorno Il post-Concilio: un ‘68 ecclesiastico “La Chiesa sarà perseguitata dappertutto” “Non sono più io che vivo ma la Chiesa vive in me” Beato Francisco Palau, O.C.D “La prima voce di allarme” Nella Città Eterna Il Concilio e la lotta contro la Rivoluzione Due campagne storiche Palermo, Marcia per la vita USA: Convegno di supporters Magdi Allam: Testimoni della verità in Europa Accademia estiva 2011 La Veronica asciuga il volto di Gesù

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Copertina: veduta del Colosseo di Roma, luogo di sangue e di martirio, dove ogni anno il Papa presiede una Via Crucis.

Tradizione Famiglia Proprietà Anno 17, n. 1 marzo 2011 Dir. Resp. Julio Loredo

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Direzione, redazione e amministrazione: Tradizione Famiglia Proprietà - TFP, Viale Liegi, 44 — 00198 ROMA Tel. 06/8417603 Aut. Trib. Roma n. 90 del 22-02-95 Sped. in abb. post. art. 2, Comma 20/C, Legge 662/96 — Padova Stampa Tipolito Moderna, via A. de Curtis, 12/A — 35020 Due Carrare (PD) TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / MARZO 2011 - 3


Attualità

M ar t i r e d e l l a Fe de

L

e minacce cominciarono nel 2009. Era chiaro che Shahbaz Bhatti, 35 anni, Ministro per le minoranze del governo pakistano, dava fastidio. La sua fede cattolica, mai nascosta e anzi proclamata, non poteva essere tollerata dai settori islamici più fondamentalisti. La mattina dello scorso 2 marzo, lasciata la casa della madre per recarsi al lavoro, il veicolo su cui viaggiava fu attaccato da un gruppo di uomini armati, che aprì il fuoco sul ministro, ferendolo gravemente. Bhatti morì nel trasferimento in ospedale. L’omicidio fu rivendicato dal gruppo Tehrik-i-Taliban-Punjab.

Bhatti era un personaggio molto amato, ma anche molto odiato, nel Pakistan. Il suo impegno per i cristiani e gli emarginati, ai quali dedicava la vita, volendo “inviare un messaggio di speranza alle persone che vivono una vita di illusione e disperazione”, al contempo che gli apriva i cuori delle persone di buona volontà, gli aizzava contro l’odio dei settori islamici fondamentalisti, che non tollerano nessun’altra religione nel Dar al-Islam.

Mentre dal mondo politico ed ecclesiastico, sia pakistano che mondiale, si alzavano voci di sgomento e di protesta, la Conferenza episcopale pakistana, nella riunione plenaria del 25 marzo, ha deciso di inviare a Roma una richiesta formale per il riconosci-

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mento del martirio di Shahbaz Bhatti. Mons. Andrew Francis, vescovo di Multan, nel Punjab, ha affermato che “Bhatti è un uomo che ha dato la vita per la sua fede cristallina in Gesù Cristo”.

Tanto è bastato per fare partire, a livello mondiale, una campagna in favore dell’apertura del processo di beatificazione di questo martire della Fede. A questa campagna partecipa la Fédération pro Europa Christiana, della quale fa parte anche la TFP italiana. La FPEC ha aperto un apposito sito www.shabaz-bhatti-martyr.org attraverso il quale sta promuovendo una sottoscrizione. Invitiamo tutti i nostri amici e collaboratori a unirsi a questa campagna, tanto giusta quanto doverosa. Che l’esempio di Shahbaz Bhatti serva per illuminare questo nostro mondo, sempre più alla deriva, ma nel quale non mancano belle testimonianze di Fede, integra e risoluta. 

Sopra, la macchina di Shahbaz Bhatti dopo l’attentato. A sin., portato in ospedale ormai senza vita


Testamento spirituale

“Il mio nome è Shahbaz Bhatti. Sono nato in una famiglia cattolica. Mio padre e mia madre mi hanno educato secondo i valori cristiani e gli insegnamenti della Bibbia, che hanno influenzato la mia infanzia. Fin da bambino ero solito andare in chiesa e trovare profonda ispirazione negli insegnamenti, nel sacrificio, e nella crocifissione di Gesù. Fu l’amore di Gesù che mi indusse ad offrire i miei servizi alla Chiesa. Le spaventose condizioni in cui versavano i cristiani del Pakistan mi sconvolsero. Ricordo un venerdì di Pasqua quando avevo solo tredici anni: ascoltai un sermone sul sacrificio di Gesù per la nostra redenzione e per la salvezza del mondo. E pensai di corrispondere a quel suo amore donando amore ai nostri fratelli e sorelle, ponendomi al servizio dei cristiani, specialmente dei poveri, dei bisognosi e dei perseguitati che vivono in questo paese islamico.

“Mi sono state proposte alte cariche al governo e mi è stato chiesto di abbandonare la mia battaglia, ma io ho sempre rifiutato, persino a rischio della mia stessa vita. La mia risposta è sempre stata la stessa: «No, io voglio servire Gesù da uomo comune».

“Questa devozione mi rende felice. Non voglio popolarità, non voglio posizioni di potere. Voglio solo un posto ai piedi di Gesù. Voglio che la mia vita, il mio carattere, le mie azioni parlino per me e dicano che sto seguendo Gesù Cristo. Tale desiderio è così forte in me che mi considererei privilegiato qualora – in questo mio sforzo e in questa mia battaglia per aiutare i bisognosi, i poveri, i cristiani perseguitati del Pakistan – Gesù volesse accettare il sacrificio della mia vita. Voglio vivere per Cristo e per Lui voglio morire. Non provo alcuna paura in questo paese. “Molte volte gli estremisti hanno cercato di uccidermi e di imprigionarmi; mi hanno minacciato, perseguitato e hanno terrorizzato la mia famiglia. Gli estremisti, qualche anno fa, hanno persino chiesto ai miei genitori, a mia madre e mio padre, di dissuadermi dal continuare la mia missione in aiuto dei cristiani e dei bisognosi, altrimenti mi avrebbero perso. Ma mio padre mi ha sempre incoraggiato. Io dico che, finché avrò vita, fino all’ultimo respiro, continuerò a servire Gesù e questa povera, sofferente umanità, i cristiani, i bisognosi, i poveri.

“Voglio dirvi che trovo molta ispirazione nella Sacra Bibbia e nella vita di Gesù Cristo. Più leggo il Nuovo e il Vecchio Testamento, i versetti della Bibbia e la parola del Signore e più si rinsaldano la mia forza e la mia determinazione. Quando rifletto sul fatto che Gesù Cristo ha sacrificato tutto, che Dio ha mandato il Suo stesso Figlio per la nostra redenzione e la nostra salvezza, mi chiedo come possa io seguire il cammino del Calvario. Nostro Signore ha detto: «Vieni con me, prendi la tua croce e seguimi». I passi che più amo della Bibbia recitano: «Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi»”. TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / MARZO 2011 - 5


Il Venerdì Santo della Chiesa

P l i n i o C o r r êa d e O l i v e ir a ,

u n a v o c a z i o n e n e ll ’ o r d i n e t e m p o r a l e

“S

ono tomista convinto. L’aspetto della filosofia che più mi interessa è la filosofia della storia”.

Con queste parole il prof. Plinio Corrêa de Oliveira inizia il suo «Autoritratto filosofico», pubblicato nel 1997. Questo suo interesse per la filosofia della storia non era solo intellettuale, ma anche finalizzato all’azione: “In funzione di essa trovo il punto di unione tra i due generi di attività ai quali mi sono dedicato durante la mia vita: lo studio e l’azione”. Quest’ultima portata avanti “non solo con carattere di dialogo come pure di polemica, per quanto la nozione e la parola sembrino anacronistiche”. L’obiettivo di questa polemica viene individuato nel suo capolavoro «Rivoluzione e Contro-Rivoluzione», che egli definisce “il saggio nel quale condenso l’essenziale del mio pensiero e che spiega anche il senso della mia azione”.

Si tratta della Rivoluzione, ovvero il processo storico che, dalla decadenza del Medioevo e attraverso tappe ben definite, viene distruggendo gradualmente la Civiltà cristiana: umanesimo, rinascimento, protestantesimo, illuminismo, rivolu6 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / MARZO 2011

zione francese, liberalismo, socialismo, comunismo, per arrivare alla presente stagione rivoluzionaria apertasi col maggio ‘68.

Una vocazione nell’ordine temporale

Oltre a diversi spunti assai originali – come l’enfasi sugli elementi tendenziali del processo rivoluzionario, piuttosto che su quelli dottrinali – dalla lettura di questo libro si evince subito una nota fondamentale: pur riconoscendo alla Chiesa la sua centralità, perfino definendola il bersaglio ultimo della Rivoluzione, l’attenzione dell’autore si verte quasi esclusivamente sull’ordine temporale. Come pure sull’ordine temporale versava la sua azione. Il ché non ha mancato di sollevare qualche perplessità.

Difatti, se la Chiesa è il Corpo Mistico di Cristo, istituita per la salvezza degli uomini, madre e maestra della verità, fulcro della vita sacramentale e spirituale, insomma l’alfa e l’omega di tutto quanto si riferisce all’uomo su questa terra, ci si chiede perché un cattolico consapevole e militante come Plinio Corrêa de Oliveira, che ha scelto una vita di perfezione, rimanendo perfino celibe per dedicarsi piena-


Il processo rivoluzionario è esploso in ambito tendenziale e culturale, sovvertendo la mentalità dell’uomo medievale. Nel sec. XVI, col protestantesimo si è scagliato contro la Chiesa

Il Re crociato san Luigi IX di Francia e, a dx, il suo discendente Luigi XIV in costume da ballo Sotto, Lutero e i riformatori

mente alla sua missione, non abbia preferito lo stato ecclesiastico.

Eppure, su questo punto egli è stato molto chiaro. Riconoscendo allo stato ecclesiastico il suo primato, tutta la sua vita si è svolta nell’ordine civile: dalla militanza nelle Congregazioni mariane e nell’Azione Cattolica, passando per la sua carriera di politico, professore e giornalista, fino alla fondazione delle Società per la difesa della Tradizione Famiglia e Proprietà, che sono associazioni civili e non canoniche. Nel primo articolo degli Statuti della TFP brasiliana leggiamo, infatti, che essa “ha carattere civico e culturale”. “Noi non ci sentiamo clero – ripeteva Plinio Corrêa de Oliveira – noi ci sentiamo appartenenti all’ordine civile”. Quali i motivi di questa scelta?

parole di Martino Lutero, figura emblematica di questa rivoluzione.

La risposta della Chiesa è stata immediata, profonda, esaustiva: una Contro-Riforma avente per nucleo il Concilio ecumenico di Trento e come guida una schiera di santi quale non si era vista da secoli, a cominciare dal Papa San Pio V. La Chiesa affrontò il problema a 360° gradi: dal campo teologico a quello liturgico, culturale, artistico e via dicendo. La vittoria è stata talmente schiacciante che la Chiesa uscita dalla Contro-Riforma è arrivata largamente intatta fino agli anni 1960.

Sconfitta, la Rivoluzione ha cambiato approccio, passando a esercitare la sua azione deleteria con più intensità nel campo temporale, salvo poi da lì insi-

Si sposta il fulcro della Rivoluzione

Il processo rivoluzionario è esploso in ambito tendenziale e culturale, con l’umanesimo e un certo rinascimento, che hanno sovvertito in radice la mentalità dell’uomo medievale, innescando il processo storico poi identificato con la “modernità”. Nel secolo XVI, forse ritenendo che il terreno fosse ormai predisposto, la Rivoluzione tenta il grande colpo: col protestantesimo si scaglia direttamente contro la Chiesa, cercando di distruggerla nella sua costituzione organica, nel suo magistero, nella sua liturgia, nella sua disciplina. “Papato, vivo io ero la tua peste! Morto sarò la tua morte!”, furono le ultime

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Il Venerdì Santo della Chiesa La riforma liturgica del 1969 è stata presentata non tanto come l’esito di maturazioni teologiche quanto “per adattarsi ai nostri tempi”. Ormai le concezioni rivoluzionarie in campo civile sono diventati la matrice delle trasformazioni in campo religioso A sin., una Messa nuova in una Comunità ecclesiale di base negli Stati Uniti

l’esito di maturazioni teologiche quanto “per adattarsi ai nostri tempi” (1), cioè come necessaria per venire incontro alla nuova mentalità che si era andata formando negli ultimi decenni tra i fedeli. Mentalità, commentiamo noi, forgiata nel 99% dei casi dalle trasformazioni rivoluzionarie nella società civile, e non dalla lettura di qualche teologo novatore.

nuarsi nella Chiesa. La mentalità dei cattolici – che al 99% vivono nella società civile – è stata gradualmente modellata dagli errori e dalle tendenze rivoluzionarie dilaganti in ambito civile, dall’illuminismo e la rivoluzione francese al comunismo e il sessantottismo.

A partire da questo ambito è stato poi facile influenzare la Chiesa. Un’analisi degli errori ed eresie che hanno funestato la Sposa di Cristo negli ultimi due secoli – dal cattolicesimo liberale al Modernismo alla Nouvelle Théologie fino al progressismo – mostra che, senza eccezioni, essi provengono da infiltrazioni di errori e di tendenze del campo temporale, e sempre col pretesto di “adattare la Chiesa ai tempi”. In altre parole, le concezioni rivoluzionarie in campo civile sono diventati la matrice delle trasformazioni in campo religioso. È attraverso la sfera civile che gli errori della Rivoluzione finiscono per incidere sulla Chiesa.

Un esempio tra mille. La riforma liturgica del 1969 – il Novus Ordo Missae – è stata presentata non tanto come

La scuola cattolica controrivoluzionaria è composta maggiormente da laici. A sin., Joseph de Maistre (1753-1821) 8 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / MARZO 2011

La giustificazione teologica del Novus Ordo Missae, in quanto scostandosi dal Concilio di Trento, è stata presentata non come verità ex se, ma come “parola che risuona in un’epoca ben diversa nella vita del mondo [rispetto al secolo XVI]”, una parola “impensabile quattro secoli prima” (2). In altri termini, l’assetto dottrinale del Concilio di Trento sarebbe ormai superato semplicemente perché “la vita del mondo” è cambiata.

Spostandosi il fulcro dell’azione rivoluzionaria, si è spostato anche quello della reazione. Se contro la prima Rivoluzione la Provvidenza aveva suscitato un Ordine religioso, i Gesuiti, e una schiera di santi ecclesiastici, contro quelle successive si sono alzati maggiormente personaggi del laicato, da Joseph de Maistre e Juan Donoso Cortés a Jean Ousset e Plinio Corrêa de Oliveira. È la luminosa scuola cattolica contro-rivoluzionaria, composta quasi esclusivamente da laici. Come laici sono stati – con la sola brillante eccezione del cardinale Fabrizio Ruffo di Calabria – coloro che hanno affrontato la Rivoluzione sul campo di battaglia: dai vandeani francesi ai briganti italiani ai carlisti spagnoli ai cristeros messicani.

Importanza dell’ordine temporale

Il cambio di fulcro dell’azione rivoluzionaria dal campo religioso a quello temporale tiene conto del meccanismo stesso per il quale si forma la mentalità delle persone.


La società propria all’uomo, alla quale egli appartiene per natura e che sta nella sua statura e proporzione, è la società temporale. È in questa società che egli forma principalmente la sua mentalità, a cominciare dall’ambiente familiare. Sopra, Giuseppe de Nittis, Colazione in giardino, 1883

La società propria all’uomo, alla quale egli appartiene per natura e che sta nella sua statura e proporzione, è la società temporale. Poi, per una misericordia divina, l’uomo è stato elevato al soprannaturale, col quale partecipa alla vita stessa di Dio. Il meglio di sé vive, dunque, nel soprannaturale. Ma la vita quotidiana si svolge nel temporale.

L’uomo vive nella società temporale, appartiene alla società temporale, e tutto ciò che riguarda la società temporale è il tema abituale dei suoi pensieri. È in questa società che l’uomo si apre alla vita, prima nell’ambiente familiare, poi in quello sociale, culturale, politico e via dicendo. E questo per una influenza tendenziale prima che dottrinale.

Poiché Dio ha stabilito relazioni misteriose e mirabili tra certe forme, colori, suoni, profumi, sapori, e certi stati d’animo, è chiaro che con questi mezzi si possono influenzare a fondo le mentalità, e indurre persone, famiglie e popoli a formarsi una condizione spirituale nel bene o nel male. Gli ambienti, le leggi, le istituzioni in cui viviamo esercitano su di noi un'influenza, svolgono su di noi un'azione pedagogica. La loro influenza ci penetra quasi per osmosi e attraverso i pori. Gli ambienti sociali, la cultura e la civiltà sono dunque mezzi for-

tissimi per agire sulle anime. Agire per la loro rovina, quando la cultura e la civiltà sono rivoluzionarie. Per la loro edificazione e la loro salvezza, quando sono cattoliche.

Ora, il compito di organizzare l’ordine temporale, orientandolo al bene spirituale, appartiene, ex natura propria, ai laici. Spetta ai laici creare un ordine politico, una società, una cultura, un’arte, insomma un habitat civile che fornisca il clima propizio affinché le anime recepiscano bene l’azione della Chiesa. Altrimenti, tutto il bene che la Chiesa potrà fare nel suo ambito sarà vanificato per un habitat civile ostico. La società temporale dovrà condurre a quella spirituale come il seminario conduce alla vita sacerdotale.

Questo è il motivo perché Plinio Corrêa de Oliveira ha dedicato il meglio del suo sforzo intellettuale a esplicitare i lineamenti di un tale habitat, cioè di una Civiltà cristiana, sacrale e ministra della Chiesa. Dal manifesto programmatico «La crociata del secolo XX» (1951), al saggio «Note sul concetto di Cristianità» (1953), alla monumentale (e purtroppo incompiuta) opera «Cristianità. La chiave d’argento», al suo ultimo libro «Nobiltà ed élites tradizionali analoghe» (1993), possiamo considerare TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / MARZO 2011 - 9


Il Venerdì Santo della Chiesa

Manifestazione della TFP brasiliana nel centro di San Paolo, luglio 1970

questo il vero leit motiv del pensiero e dell'azione di Plinio Corrêa de Oliveira.

Una vocazione temporale

In «Rivoluzione e Contro-Rivoluzione» Plinio Corrêa de Oliveira spiega che “la Chiesa è qualcosa di molto più alto e di molto più ampio della Rivoluzione e della Contro-Rivoluzione”. Ma, avendo la Rivoluzione raggiunto un auge di nocività, “è nell’interesse della salvezza delle anime, è di capitale importanza per la maggior gloria di Dio che la Rivoluzione sia annientata”.

La Chiesa è l’anima di questa reazione. Tuttavia, l’azione contro-rivoluzionaria comporta una riorganizzazione della società temporale di fronte alle rovine di cui la Rivoluzione ha coperto la terra intera. Ora, questo compito di una riorganizzazione contro-rivoluzionaria della società temporale, se da un lato deve essere tutto ispirato dalla dottrina della Chiesa, comporta d’altro lato innumerevoli aspetti concreti e pratici che riguardano propriamente l’ordine civile. E a questo titolo la Contro-Rivoluzione oltrepassa l’ambito ecclesiastico, pur rimanendo

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sempre profondamente legata alla Chiesa per ciò che riguarda il Magistero e il potere indiretto di essa.

Vista l’immensità della crisi e la capitale importanza dell’azione contro-rivoluzionaria per la salvezza delle anime, è logico che si possa concepire questa azione come una vocazione. Ed è così che Plinio Corrêa de Oliveira qualificava la TFP “un’associazione civica con finalità religiosa”, in linea con quella consacratio mundi che Pio XII stabiliva come vocazione dei laici, e che Giovanni Paolo ha definito ancor meglio nel decreto Apostolicam auctositatem, nel quale riconosce che vi sono aree di apostolato “in gran parte accessibili solo ai laici”, e non al clero. Questo spiega appieno come Plinio Corrêa de Oliveira – che diceva di sé “non sono più io che vivo ma la Chiesa vive in me”, e “la Chiesa è l’anima della mia anima” – abbia dedicato il meglio del suo sforzo intellettuale e della sua azione all’ordine temporale, sicuro che in questo modo avrebbe reso alla Chiesa un servizio insostituibile.  Note_________________________________________________ 1. Institutio Generalis Missale Romanum, n° 12. 2. Ibid., n° 10.


Chiesa: fulcro della storia “Che cosa può dirci la terza caduta di Gesù sotto il peso della croce? — rifletteva il cardinale Josef Ratzinger nella Via Crucis del 2005 al Colosseo — Forse ci fa pensare alla caduta dell’uomo in generale, all’allontanamento di molti da Cristo, alla deriva verso un secolarismo senza Dio. Ma non dobbiamo pensare anche a quanto Cristo debba soffrire nella sua stessa Chiesa? Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a lui! Quanta superbia, quanta autosufficienza! (...) Quanto poco rispettiamo i sacramenti!”

Poiché l’universo ha come unico fine la gloria di Dio, l’asse attorno al quale gira la storia universale è la storia della salvezza. E, al centro della storia della salvezza troviamo la Santa Chiesa Cattolica, il vero fulcro della storia.

Ed ecco perché il dramma della Chiesa che, come si lamentava il futuro Papa Benedetto XVI, “sembra una barca che sta per affondare, una barca che fa acqua da tutte le parti”, è il maggiore dramma dei nostri tempi. La domanda viene naturale: come siamo arrivati a questo?

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Il Venerdì Santo della Chiesa

La “Massoneria cattolica” “Dobbiamo addattare la Chiesa, la sua costituzione, la sua dottrina, i suoi riti allo spirito moderno, alla scienza moderna, alla società moderna. Tutta la teologia cattolica, persino nei suoi principi fondamentali, dovrà comparire davanti al Tribunale della Modernità. Il vecchio edificio ecclesiastico dovrà crollare”

Alfred Loisy

“Dopo la Pascendi devo concedere che l’onda modernista ha esaurito le sue forze. Dobbiamo aspettare il giorno in cui, attraverso un lavoro silenzioso e secreto, avremo guadagnato una porzione più grande della Chiesa alla causa della Libertà”

George Tyrrell

“Vogliamo, tutti, di ogni paese, ordinare la nostra azione. Massoneria Cattolica? Sì, Massoneria delle Catacombe! Verrà il giorno in cui, per la forza dei fatti, le nostre tesi saranno accettate dal cattolicesimo del futuro, che noi ci impegneremo a preparare, ognuno nel suo campo”

Antonio Fogazzaro

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ell’opinione del sociologo americano R. Nisbet, la Rivoluzione industriale del sec. XIX provocò il peggiore sconvolgimento della storia. Mentre crollavano le strutture della società tradizionale, sorgeva una nuova mentalità secolarizzata, tecnicista e ciecamente fiduciosa nel progresso (1).

Era giocoforza che questa mentalità finisse per influenzare anche ambienti di Chiesa. Cominciano dunque a manifestarsi diverse tendenze novatrici, a pretesto di adattare la teologia alle esigenze di questo mondo nuovo. “Tutta la teologia cattolica dovrà comparire davanti al Tribunale della Modernità” proclamava Alfred Loisy, leader della corrente.

Dal Modernismo alla Nouvelle Théologie

Il secolo XX si apre per la Chiesa con la crisi modernista. Adoperando strumenti teorici reputati “moderni” — specialmente la critica storica di origine protestante e l’idealismo di stampo kantiano — una serie di studiosi si erano dati al compito di demolire la Chiesa. “Il vecchio edificio ecclesiastico dovrà crollare!”, esclamava Loisy (2). “Dobbiamo colpire e ancora colpire la vecchia carcassa della Chiesa Romana”, rincarava il gesuita inglese George Tyrrell (3).

Qualificandolo come “sintesi di tutte le eresie” (4), Papa S. Pio X condannò questo Modernismo nel 1907 in due documenti di massimo rilievo: il decreto «Lamentabili sane esitu» e l’enciclica «Pascendi Dominici Gregis», nella quale sentenzia che i modernisti “non pongono già la scure ai rami od ai germogli, ma alla radice medesima della fede”. Parallelamente, Papa Sarto portò avanti


una energica azione pastorale che sbaragliò la corrente modernista. Alcuni suoi esponenti furono perfino scomunicati.

Ma i modernisti non si sono dati per vinti. Impossibilitati a operare allo scoperto, si sono raggruppati in una “massoneria cattolica” (5). Negli anni successivi, dai tenebrosi anfratti di questa massoneria, la cricca modernista portò avanti un “lavoro silenzioso e segreto” (6), stabilendo le fondamenta di ciò che Pio XII chiamerà nel 1943 Nouvelle Théologie, in seguito condannata in vari documenti, e particolarmente nell’enciclica «Humani generis» del 1950.

“Costretti a una sorta di vita clandestina — riferisce P. Albert Besnard — i modernisti continuarono a operare in modo segreto, ispirando successivamente la maggior parte delle contestazioni religiose che oggi vediamo nella Chiesa” (7). “Il cambiamento di prospettiva operatosi dolorosamente e tragicamente con il Modernismo fu ripreso e riproposto dalla Nouvelle Théologie”, spiega a sua volta il noto teologo don Germano Pattaro (8).

Chi partecipava a questa Nouvelle Théologie che tanto preoccupava Pio XII? L’elenco dei suoi alfieri si legge quasi come un Who’s who della teologia cattolica nel secolo XX: Marie-Dominique Chenu, Henri de Lubac, Yves Congar, Jean Danielou, Karl Rahner...

Molti dei loro libri furono mesi all’Index. Alcuni furono esautorati dai rispettivi superiori. Pio XII rivolse loro pesanti avvertimenti. Ma i tempi erano cambiati, e non vi fu nei loro confronti nessuna azione pastorale energica. Nessun teologo novatore fu scomunicato, nessuna rivista sospesa, nessun convegno proibito. E, verso la fine degli anni 1950, si ritrovarono tutti non solo pienamente ria-

“Come era il caso con tutti questi documenti, c’era sempre una nota al piede di pagina, una frase nascosta, un piccolo paragrafo che lasciava una finestra aperta che ci permetteva di continuare a lavorare” Sopra, i domenicani Yves Congar e Marie-Dominique Chenu, due esponenti della Nouvelle Théologie. Sotto, uno dei primi libri della scuola, messo all’Index nel 1942

bilitati e reinseriti, ma addirittura convocati come periti in vista del grande Concilio ecumenico indetto da Giovanni XXIII.

Interrogato nel 1975 se l’enciclica «Humani generis» avesse bloccato l’avventura della Nouvelle Théologie, come la «Pascendi» aveva fatto col Modernismo, Padre Chenu rispose enigmaticamente: “Niente affatto! Come era il caso con tutti questi documenti [di Pio XII], c’era sempre una nota al piede di pagina, una frase nascosta, un piccolo paragrafo che lasciava una finestra aperta che ci permetteva di continuare a lavorare” (9).

ziale. Mentre il primo era rimasto confinato a una cricca assai ristretta di intellettuali, senza ricadute importanti sulla massa dei fedeli, la seconda riuscì invece a penetrare nel corpo vivo della Chiesa, dando origine a un movi-

Rivoluzione nell’Azione Cattolica e dintorni

Fra il Modernismo e sua creatura, la Nouvelle Théologie, vi era però una differenza sostanTRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / MARZO 2011 - 13


Il Venerdì Santo della Chiesa

Roma non fu fatta in un giorno

M

olti degli elementi che formeranno ciò che il cardinale Biffi chiama il “clima ecclesiale” del post-Concilio erano già perfettamente visibili negli anni 1930-40, in ampi settori del laicato cattolico, e in particolare nell’Azione Cattolica.

Reagendo contro ciò che qualificavano di “eccessivo spiritualismo”, gli alfieri delle nuove tendenze proponevano una “Chiesa incarnata nel mondo”, e concretamente nel mondo contemporaneo, nei confronti del quale manifestavano infatuazione. A pretesto di “portare Cristo al mondo” (invece del mondo a Cristo, secondo la formula di Pio XI), membri di Azione Cattolica cominciarono a frequentare ambienti off limits per un cattolico praticante, finendo per esserne contagiati e, non di rado, assorbiti.

D’altro canto, settori di Azione Cattolica universitaria e operaia predicavano una Chiesa

“incarnata” nel proletariato, visto come il nuovo “soggetto storico” emergente, al quale bisognava venire incontro. Donde un “apostolato sociale” sempre più vicino alle lotte della sinistra, subendone infiltrazioni e finendo, in molti casi, per esserne cooptati. In Brasile, per esempio, l’Azione Cattolica Universitaria (JUC) finirà per integrarsi nel Partito Comunista.

Lo spirito fondamentalmente ugualitario delle nuove tendenze portava inoltre a una crescente confusione fra il sacerdozio sacramentale dei preti e quello comune dei fedeli. “Anche noi, come il sacerdote, celebriamo la Messa”, leggiamo in un manuale dell’Azione Cattolica del 1940. Si cominciano a celebrare Messe nei salotti di casa, in lingua vernacola, a volte con i fedeli seduti per terra, il sacerdote in borghese, i testi liturgici improvvisati. Questo è documentato già dagli anni 1930, per esempio nelle cellule della Jeunesse Ouvrière Catholique. In Brasile la prima Messa di questo tipo risale al 1933. Un partecipante, poi diventato vescovo, dichiarò: “È stata una rivoluzione!”(1).

Questo movimento di base era giustificato e fomentato da una nuova ecclesiologia, fondata su una interpretazione faziosa del concetto di “Popolo di Dio”. “La mia visione della Chiesa questiona la sua costituzione piramidale, gerarchica e giuridica — spiegava P. Yves Congar — La mia ecclesiologia è quella del Popolo di Dio” (2). Uno dei primi a proporre questa interpretazione fu il tedesco L. Kösters, OP in «Die Kirche unseres Glaubens», nel 1938, cioè trent’anni prima del Concilio. 

1. Bernard Botte, OSB «O Movimento liturgico», Apendice di D. Clemente Isnard, OSB., San Paolo, Paulinas, 1978, p. 210. 2. Jean Puyo, «Une vie pour la verité, Jean Puyo interrogue le Père Congar», Parigi, Le Centurion, 1975, p. 102.

Sopra, una Messa “nuovo stile” celebrata in una cellula della JOC francese negli anni 1930 A sin., P. Yves Congar: “La mia visione della Chiesa questiona la sua costituzione piramidale, gerarchica e giuridica” 14 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / MARZO 2011


Dagli anni 1920 era in atto una devastante rivoluzione culturale che si manifestava nel generale abbassamento delle barriere morali, nella graduale distruzione delle gerarchie e del protocollo, nel crescente dissesto della famiglia e delle strutture sociali, nello scioglimento di ogni buon costume e tradizione Winston Churchill e Harry Truman, due mandatari, due tipi umani, due mondi...

mento che sfocerà in ciò che oggi chiamiamo progressismo.

Questa penetrazione è stata resa possibile dal fatto che molti ambienti cattolici erano già fortemente inquinati dalle tendenze rivoluzionarie provenienti dalla società civile, sull’onda sia del comunismo sia di quell’americanismo che fece irruzione a partire dagli anni 1920. Mentre a Est il comunismo espugnava un Paese dopo l’altro, allargando la sua influenza culturale sull’Europa occidentale, a Ovest si andava verso un liberalismo sfrenato, che si manifestava nel generale abbassamento delle barriere morali, nella graduale distruzione delle gerarchie e del protocollo, nel crescente dissesto della famiglia e delle strutture sociali, nello scioglimento di ogni buon costume e tradizione.

È stato piuttosto facile per i progressisti inserirsi in questa rivoluzione già in atto — con la quale si sentivano profondamente solidali, sia nei suoi esiti socialisti totalitari sia in quelli liberali — elaborando dottrine che hanno facilitato la sua

trasposizione al campo cattolico. La parola d’ordine era “adattare la Chiesa allo spirito del tempo”. Questo avrebbe comportato lo smantellamento della sua dottrina, della sua struttura, della sua liturgia, appunto per adattarle alla società che andava forgiandosi. Si parlava di sostituire la “Chiesa borghese” con una “Chiesa proletaria”, ugualitaria e desacralizzata (10).

La penetrazione progressista ebbe per bersaglio specialmente l’Azione Cattolica, trascinandola verso indirizzi talmente opposti a quelli voluti dai Romani Pontefici, che Pio XII ebbe a lamentarsi nel 1952: “L’Azione Cattolica, per la quale sono stati fatti tanti sacrifici, non è più nostra!” (11). Alcuni teologi novatori non erano affatto estranei alla manovra. Ecco come

“La nuova Azione Cattolica sorta negli anni 1920-1930 ha stravolto il metodo [teologico] tradizionale. Noi siamo stati intimamente collegati a questa rivoluzione” (M-D Chenu)

se ne vantava P. Chenu: “La nuova Azione Cattolica sorta negli anni 1920-1930 ha stravolto il metodo [teologico] tradizionale. Noi siamo stati intimamente collegati a questa rivoluzione” (12). Il progressismo si manifestava in due grandi correnti, intimamente collegate fra loro. Da una parte la deriva liturgicista che cercava di creare un “nuovo tipo di cristiano” artefice di una “nuova religione comunitaria”, che desse origine a una “nuova Chiesa” (13). D’altra parte

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Il Venerdì Santo della Chiesa

Cardinale Martini: il postconcilio, un ‘68 ecclesiastico

I

n un convegno organizzato dall’Azione Cattolica di Milano, in coincidenza col 30° anniversario della rivoluzione del maggio ‘68, il cardinale Carlo Maria Martini ha rievocato questo episodio dal suo personale punto di vista. Rammentando i primi anni d’insegnamento al Pontificio Istituto Biblico, del quale nel ‘69 sarebbe divenuto rettore, il card. Martini confidò: “Per noi era difficile distinguere tra quello che era puramente ‘68, il maggio francese, e ciò che era post-Concilio. Perciò ho vissuto elementi molto positivi in quegli anni”.

Secondo l’arcivescovo emerito di Milano, il maggio ‘68 parigino fu “un grande movimento storico” che, in campo temporale, attuò una rivoluzione di analoga matrice a quelle che alcuni settori cercavano di portare avanti in campo ecclesiastico. Sicché fra i due movimenti ci sarebbe stata una convergenza: “Penso

ci sia stata una vera fusione, in parte anche felice, fra istanze conciliari e post-conciliari e istanze sessantottine”.

Dopo aver affermato che “il ‘68 ha messo in rilievo questo bisogno di autenticità, verità, libertà, spontaneità che trova tanta rispondenza con le pagine evangeliche”, il cardinale ha incitato i giovani ad “accettare le sfide di allora” perché “trent’anni fa abbiamo vissuto dei grandi valori”. (Corriere della Sera 22-11-98). È chiaro che sia il maggio ‘68 che certe istanze post-conciliari sorgono dalla stessa aspirazione all’uguaglianza radicale e alla libertà illimitata. In fondo, entrambi i fenomeni sono manifestazioni, in campo diverso, di uno stesso processo rivoluzionario. 

Sopra, l’Università Cattolica del Sacro Cuore a Milano occupata dagli studenti nel novembre 1967: era l’inizio della rivolta A sin., due suore partecipano al mega-concerto rock a Woodstock, nell’agosto 1969. Secondo il cardinale Martini “c’era una vera fusione fra istanze conciliari e post-conciliari e istanze sessantottine” 16 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / MARZO 2011


“Aggiornamento”... A sin., il cardinale Giuseppe Siri, arcivescovo di Genova (1906-1989). Sotto, mons. Jacques Gaillot, vescovo emerito di Évreux, Francia. Nel tondo, mons. Christian Nourrichard, suo successore

l’“apostolato sociale” che induceva settori dell’Azione Cattolica a collaborare sempre più strettamente con la sinistra. Non pochi di questi settori finiranno per essere assorbiti dai partiti socialista e comunista (14).

Ha ragione lo storico Adrien Dansette nel dire che questo periodo segna “un deciso cambio di indirizzo nella Chiesa” (15).

Negli anni 1950 il processo rivoluzionario soffre una accelerazione. Mentre in campo cattolico i teologi novatori sono pienamente riabilitati e rimessi al centro della vita intellettuale della Chiesa, nella società civile era in atto una profonda rivoluzione culturale.

Sbarcano nuovo ritmi musicali, come il rock’n roll, e nuovi tipi umani, come i beatnik, espressioni di un’intera generazione che non si riconosceva più nei canoni tradizionali e voleva cambiamenti fondamentali. Era come un’onda di piena, immensa e minacciosa, che saliva dagli abissi della società civile. Ignorata da molti come una pazzia passeggera, per gli osservatori più avveduti quest’onda indi-

cava invece che qualcosa di epocale stava per esplodere.

Erano infatti i prolegomeni di quell’immane stagione rivoluzionaria che raggiungerà l’acme nel maggio ‘68. È in questo contesto, fosco e frastornato, che si inserisce l’episodio più sconvolgente della storia della Chiesa nel secolo XX: il Concilio ecumenico Vaticano II.

“Una storia mai scritta”

Che cosa è veramente successo nel Concilio? Per contribuire alla riflessione in merito, il prof. Roberto de Mattei ha recentemente pubblicato la sua ultima opera «Il Concilio Vaticano II. Una storia mai scritta» (16). Utilizzando documenti talvolta inediti, de Mattei — che è ordinario all’Università Europea di Roma e vicepresidente del CNR — ricostruisce l’evento conciliare dai sui prolegomeni fino al 1978, data dell’elezione di Giovanni Paolo II. Il libro vuole collocarsi sul piano storico, proponendo “una storia del Concilio ‘mai scritta’,

non tanto per la novità delle testimonianza e degli episodi che ne emergono, quanto per la nuova ricostruzione e interpretazione dei fatti che viene offerta” (17).

Dalle sue 630 pagine si evince come i progressisti avessero un piano ben definito, contando per la sua realizzazione non soltanto con una squadra di teologi e di periti, con agganci anche nei vertici, ma anche con una vasta e ben finanziata macchina propagandistica che, al di là della filigrana dei documenti, trasformò il Concilio in un immenso evento massmediatico che finì con l’adombrare il Concilio stesso. Nel campo opposto, i tradizionalisti sono arrivati a Roma isolati, disorganizzati e non sempre animati. Solo nel corso delle assise si sono collegati nel Coetus Internationalis Patrum, le cui vicende sono riferite nel libro.

Una soluzione di fondo

Non è infrequente raccogliere in taluni ambienti cattolici conservatori l’opinione secondo

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Il Venerdì Santo della Chiesa

L

e parole pronunciate dalla Madonna a Fatima nel 1917 contengono un giudizio fortemente negativo sulla situazione spirituale dell’umanità e sul corso generale degli avvenimenti.

“La [Prima] guerra sta per finire — ammoniva la Madre di Dio — ma se non smetteranno di offendere Dio, nel regno di Pio XI ne comincerà un’altra peggiore. (...) Dio si appresta a punire il mondo per i suoi delitti, per mezzo della guerra, della fame e di persecuzioni alla Chiesa e al Santo Padre. (...) Russia diffonderà i suoi errori nel mondo, promuovendo guerre e persecuzioni alla Chiesa, i buoni saranno martirizzati, il Santo Padre dovrà soffrire molto, diverse nazioni saranno annientate...”

Ma la Madonna non si lascia mai vincere in misericordia. Oltre la tristezza e le punizioni verso le quali avanziamo, abbiamo davanti a noi le luce sacrali dell’alba del Regno di Maria: “Infine il mio cuore immacolato trionferà, la Russia si convertirà e sarà concesso al mondo un tempo di pace”.

cui la soluzione alla crisi odierna consisterebbe in un ritorno allo status quo ante, vale a dire sostanzialmente alla situazione sotto Pio XII. Niente di più utopico.

Come una visione obiettiva della storia dimostra, questa crisi è conseguenza di un processo rivoluzionario ormai plurisecolare. Un processo già trattato in diversi documenti del Magistero Pontificio e magistralmente sintetizzato dal prof. Plinio Corrêa de Oliveira in «Rivoluzione e Contro-Rivoluzione», che Roberto de Mattei assume come punto di riferimento (18). Nel secolo XX, questa Rivoluzione ha contagiato gravemente la Chiesa prima col Modernismo, poi con la Nouvelle Théologie e finalmente col progressismo. E questo decenni prima del Concilio. Qualsiasi tentativo di soluzione che si situi comunque nel flusso di questo processo sarà, nel migliore dei casi, un mero palliativo, una frenata momentanea. “Malgrado i germi positivi di rinascita che negli ultimi tempi è dato intravedere — scrive de Mattei — la crisi della Chiesa

non si è purtroppo arrestata nell’ultimo trentennio, né potrà arrestarsi finché non ne saranno rimosse le cause profonde” (19).

Ora, è proprio a questa rimozione delle cause profonde della crisi che un cattolico veramente “aggiornato” dovrebbe anelare. Diciamo aggiornato poiché non si tratta di aggrapparsi a un processo rivoluzionario ormai in declino, ma di guardare verso il futuro, verso quel trionfo del Cuore Immacolato promesso dalla Madonna a Fatima, nel 1917.  Note______________________________ 1. Robert Nisbet, «Twilight of Authority», Oxford University, 1975, pp. 78-79. 2. Lettera a P. Marcel Hébert. Citato in Alec Vidler, «The Modernist Movement in the Roman Catholic Church. Its origins and Outcome», Gordon Press, New York, 1976, p. 78. 3. Lettera del 28 novembre 1907. Citata in id., p. 78. 4. L’originale latino è assai più forte: omnium haeresum collectaneum, la cloaca dove sfociano tutte le eresie. 5. Antonio Fogazzaro, «Il Santo», Milano, Baldini e Castoldi, p. 44. 6. Citato in E. Rivière, “Modernisme”, «Dictionnaire de Théologie Catholique», Vol XX, col. 2042. 7. Albert Besnard, O.P., “Modernisme”, in «Les Religions. Les dictionnaires du savoir moderne», a cura di Jean Cheva-

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lier, Centre d’Etude et de Promotion de la Lecture, Parigi, 1972, p. 306. 8. Germano Pattaro, «Corso di teologia dell’ecumenismo», Editrice Queriniana, Brescia, 1985, p. 344. 9. Jacques Duquesne, Un théologien en liberté. Jacques Duquesne interrogue le Père Chenu, Le Centurion, Parigi, 1975, p. 131. 10. Cfr., per esempio, Yves Congar, «Vraie et fausse réforme dans l’Église», Les éditions su Cerf, Parigi, 1950; Jean Danielou, «Essai sur le mystère de l’histoire», Seuil, Parigi, 1953. 11. Luigi Gedda, «18 aprile. Memorie inedite dell’artefice della sconfitta del Fronte Popolare», Mondadori, Milano, 1998, pp. 153-154. 12. Jacques Duquesne, «Un théologien en liberté», pp. 58-59. 13. André Latreille, «Histoire du Catholicisme en France», Spes, Parigi, 1962, Vol. III, pp. 600-601. 14. Cfr. Luiz Alberto Gomez de Sousa, «A JUC. Os estudantes catolicos e a politica», Editora Vozes, Petropolis, 1984; Georges Suffert, «Les catholiques et la gauche», Maspero, Parigi, 1960; JeanFrançois Kesler, «De la gauche dissidente au nouveau Parti Socialiste», Toulouse, Privat, 1990. 15. Adrien Dansette, «Destin du Catholicisme Français» 1926-1956, Flammarion, Parigi, p. 5. 16. Roberto De Mattei, «Il concilio Vaticano II. Una storia mai scritta», Torino, Lindau, 2010. 17. Ibid., p. 23. 18. Ibid., p. 23. 19. Ibid., p. 591.


P

“La

Chiesa sarà perseguitata dappertutto”

linio Corrêa de Oliveira comincia a lottare contro i germi del progressismo nel 1928, anno del suo ingresso nelle Congregazioni Mariane. Il panorama gli era, sin da allora, perfettamente chiaro. Leggiamo in una sua lettera del 1930:

“Mi si accentua ogni volta di più l’impressione che siamo alle soglie di un’epoca piena di sofferenze e di lotte. Da tutte le parti la sofferenza della Chiesa si fa più intensa e la battaglia si avvicina sempre di più. Ho l’impressione che stiano calando le nuvole. Non tarderà la tempesta, che dovrà avere una guerra mondiale come sola prefazione.

“Questa guerra spargerà in tutto il mondo tanta confusione, che le rivoluzioni sorgeranno ovunque, e la putrefazione del triste secolo XX raggiungerà il suo apogeo. A quel punto, allora, sorgeranno le forze del male che, simili ai vermi, appariranno nel momento in cui la putrefazione culminerà.

“Siamo alle soglie di un’epoca di sofferenze e di lotte. Ecco il nostro compito principale: prepararci per il combattimento, e preparare la Chiesa, come il marinaio che allestisce la nave prima della tempesta” Plinio Corrêa de Oliveira, 1930

“Tutta la feccia della società verrà a galla, e la Chiesa sarà perseguitata dappertutto. Però ‘et ego dico tibi quia tu es Petrus, et super hanc petram aedificabo Ecclesiam meam, et portae inferi non praevalebunt adversus Eam!’. Ecco il nostro compito principale: prepararci per il combattimento, e preparare la Chiesa, come il marinaio che allestisce la nave prima della tempesta”.

Plinio Corrêa de Oliveira aveva la certezza che, animata dalle promesse divine, la Chiesa era perfettamente in grado di affrontare questa tempesta, uscendone vittoriosa e rinvigorita. Ma, come egli spiegherà più tardi: “Il mio dolore più grande fu quando vidi che quelle stelle, poste nel cielo per illuminare la notte in mezzo alla tempesta, si spegnevano una dopo l’altra. Non solo, ma cominciavano a cascare sopra la mia testa”. Era il 1944 ed era cominciata la persecuzione nei suoi confronti per causa di «In Difesa dell’Azione Cattolica». Dalla sua bocca mai uscì un lamento, mai un reclamo e, tanto meno, un movimento di ribellione. “Come agnello portato al macello, io non ho aperto bocca”, scriveva all’arcivescovo di San Paolo nel 1945. Anche lui aveva cominciato a vivere il suo Venerdì Santo... 

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Il Venerdì Santo della Chiesa

“Non sono più io che vivo ma la Chiesa vive in me”

Com’eranno i vincoli spirituali che legavano Plinio Corrêa de Oliviera al Corpo Mistico di Cristo? Leggiamo le sue parole di risposta ad un omaggio dei suoi discepoli in occasione del 69° anniversario del suo battesimo, il 7 giugno 1978

I

o amo smisuratamente il dono di appartenere alla Chiesa, ricompensa molto grande che mi è stata concessa prima di meritarlo.

Io mio atteggiamento di tutti i giorni, di tutti i minuti, di tutti gli istanti è di cercare con lo sguardo la Chiesa Cattolica per essere permeato dal suo spirito, per averla dentro di me, per diventare uno con Lei. E, anche se Essa dovesse essere abbandonata da tutti gli uomini, nella misura in cui ciò fosse possibile senza che cessasse d’esistere, io vorrei averla totalmente nella mia anima. Vorrei vivere soltanto per la Chiesa. Sicché, al momento della mia morte, io possa dire: Veramente, fui un uomo cattolico, tutto apostolico, romano, ro-

20 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / MARZO 2011


mano, romano, nonostante tutte le mie miserie e tutte le sofferenze che l’essere romano oggi comporta.

Se volete conoscermi, se volete seguirmi, cercate di capire come lo spirito della Chiesa vive nella mia anima. Di voi io solo chiedo una cosa: cercate di vedere in me ciò che ho di cattolico, ciò che esiste della Santa Chiesa in me. Cercate di capire come questo Battesimo, che ho ricevuto tanti decenni fa, ha lasciato in me un segno, si è sviluppato lungo la mia vita. Cercate di capire come io appartengo alla Chiesa, come la mia anima riflette la Santa Chiesa Cattolica Apostolica Romana. Cercate di capire come io amo questa Chiesa. Come potrebbe esistere questo amore senza che io veda la Chiesa in un certo modo?

Io amo la Chiesa perché l’ho conosciuta. Io amo la Chiesa perché l’ho capita. Io amo la Chiesa perché vi ho aderito con tutta la mia anima. La amo con tale forza che la parola “aderire” mi pare debole. Io mi sono radicato nella Chiesa! La Chiesa è penetrata in me! Ho stabilito con Lei un connubio spirituale talmente intimo quanto la debolezza umana lo consente. Un connubio completo, indissolubile, per la vita e la morte, per il tempo e per l’eternità! Questa è la mia appartenenza alla Chiesa Cattolica. Si potrebbe dire di questa appartenenza ciò che S. Paolo disse di Signore Gesù Cristo: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me”. Noi siamo chiamati a realizzare questa unione con la Chiesa fino a poter dire: “Non sono più io che vivo, ma la Chiesa Cattolica Romana vive in me”.

Ed è anche questo il modo in cui la Madonna vive in me. La Madonna è la madre della Chiesa. Se io voglio che la Madonna viva in me, devo far vivere in me lo spirito della Chiesa. La Madonna è il tempio dello Spirito Santo. Se io voglio che Nostro Signore

“Se volete conoscermi, cercate di capire come lo spirito della Chiesa vive nella mia anima” Gesù Cristo viva in me, devo far sì che lo spirito di Santa Romana Chiesa viva in me. E quando dico che non sono più io che vivo, ma la Chiesa Cattolica vive in me, implicitamente dico che la Madonna e Nostro Signore Gesù Cristo vivono in me.

A tutti, continuamente, io non ho fatto altro che dire: amate la Santa Chiesa Cattolica Apostolica Romana! È questo l’ideale della mia vita spirituale, della mia vita intellettuale, del mio apostolato, il substrato di tutta la mia esistenza. Io contemplo continuamente la Santa Chiesa, e dal fondo della mia anima sgorga continuamente questa considerazione:

“Finché ci sia la Chiesa sulla terra, la mia vita ha una ragion d’essere. E se un giorno Essa dovesse morire, io vorrei morire con Lei, dandole un amore che partecipi in qualche modo al culto di latria. Vorrei morire perché la mia vita non avrebbe più senso. Le mie ossa si disgregherebbero, tutto il mio essere si scioglierebbe perché non c’è più la Santa Chiesa Cattolica Apostolica Romana!”  TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / MARZO 2011 - 21


Il Venerdì Santo della Chiesa

Beato Francisco Palau i Quer, O.C.D.

I sentimenti di Plinio Corrêa de Oliveira nei confronti della Santa Chiesa trovano interessanti riscontri nella ecclesiologia di un beato del quale si celebra quest’anno il bicentenario: Francisco Palau i Quer, O.C.D., che il leader brasiliano inserì fra i patroni della TFP nelle preghiere ufficiali.

C

on una solenne cerimonia nella cattedrale di Barcellona, presieduta dall’arcivescovo Cardinale Lluis Martínez Sistach, si è inaugurato ufficialmente l’Anno Giubilare Palautiano, per celebrare il secondo centenario della

nascita del Beato Francisco Palau i Quer, O.C.D. (1811-1872).

Nato ad Aytona, Lérida, ai quattordici anni entra nel Seminario diocesano, che lascia per diventare novizio nel convento dei Carmelitani Scalzi. Dopo la professione solenne, nel 1834 si trasferisce nel convento di San José, a Barcellona, che viene preso d’assalto e distrutto dalle orde liberali il 25 luglio 1835. Francisco riesce a fuggire giusto in tempo.

Ordinato sacerdote nel 1836, egli si dedica alle missioni popolari e alla direzione spirituale di diverse Case religiose. Questo non gli impediva di fare anche una vita eremitica.

Simpatizzante del Partito Carlista, portabandiera del tradizionalismo spagnolo, deve abbandonare il Paese dopo la disfatta del 1840, esiliandosi in Francia. Ritorna in Spagna nel 1851 e fonda a Barcellona la Scuola della Virtù, un’impressa educativa assai innovativa che alla formazione spirituale e catechetica univa l’analisi dei problemi del tempo. Accusata dalle auA dx, l’arcivescovo di Barcellona, cardinale Lluis Sistach inaugura solennemente l’Anno Giubilare Palautiano 22 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / MARZO 2011

torità liberali catalane di essere un “covo di contro-rivoluzionari” sarà soppressa nel 1854. Frà Francisco è bandito da Barcellona e confinato in Ibiza, dove fonda diverse comunità di eremiti. Risalgono a questo periodo alcuni dei suoi più bei scritti mistici e, in particolare, «I miei rapporti con la Chiesa», stilato nel corso di lunghi ritiri spirituali sull’isolotto di Es Vedrà. Tornato a Barcellona, egli fonda la congregazione delle Carmelitane Terziarie, oggi Missionarie Teresiane, e dirige per alcuni anni il settimanale El Hermitaño, col quale porta avanti una lotta contro le tendenze liberali e socialiste dell’epoca.

Pratica anche l’esorcismo, poiché convinto che molti dei mali dell’epoca fossero frutto dell’azione del Maligno. In questo senso consegna personalmente un Messaggio a Pio IX e ai Padri riuniti a Roma nel Concilio Vaticano I, sollecitando l’ordinazione di esorcisti in ogni diocesi. Muore a Tarragona il 20 marzo 1882. Sarà beatificato da Giovanni Paolo II nel 1988. 


“Vedendo che le forze umane non bastano per porre freno ai gravissimi mali che affliggono la Chiesa, in certe occasioni mi ritiro su un isolotto, a strapiombo sul profondo blu del mare Mediterraneo, e vi resto per alcuni giorni per unirmi alla Chiesa in fede, speranza e amore, e per eseguire i suoi ordini. (...) La presenza della Chiesa in me, in fede e amore, in forma e figura, nella mia anima e nel mio corpo, in una parola nella mia persona, mi ha trasformato in Essa. Il mio essere, informe senza la fede e l’amore della Chiesa, ha acquisito la sua forma. Sono stato trasformato nella Chiesa”

“Mi sono spogliato di me, facendone dono alla Chiesa e dicendole: ‘Ricevi, o Chiesa santa, accetta, o Vergine bella, questo segno del mio amore per te, questo segno del mio dono a te in sacrificio sopra questo altare. E tu, altare, sii testimone che io non sono più mio, io non appartengo più a me stesso. Io sono proprietà ed eredità della mia Amata Chiesa’ (...) Mangiando la carne di Cristo suo Capo, mi sono fatto con Essa carne della sua carne, ossa delle sue ossa, mi sono unito con Essa ed Essa con me in un vero matrimonio spirituale, tale che la carne e il mondo non conoscono. Chi potrà capire questo mistero?”

“Che missione mi affidi, oh Chiesa, eccelsa Regina e Sovrana, nei confronti dei figli della perdizione che tengono il mondo intero sedotto e che tutto dominano? Come può la Figlia del Padre Eterno, militante sulla terra, vivere in pace con loro? Può forse patteggiare con questi traditori? Possiamo forse sperare che, nel corso degli avvenimenti, costoro si convertano? Che il campo si divida in due opposti schieramenti! Che ognuno prenda la sua bandiera! E combatteremo fino alla morte!” *

* B. Francisco Palau, «Mis relaciones con la Iglesia», in «Obras Selectas», Editorial Monte Carmelo, Burgos, 1988, p. 459, 356, 381-382, 560 Nella foto, l’isolotto di Es Vedrà, Ibiza, dove il beato Palau ha redatto «I miei rapporti con la Chiesa» TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / MARZO 2011 - 23


Il Venerdì Santo della Chiesa

“D

i fronte alle nuove tendenze eterodosse che iniziavano a diffondersi nella Chiesa, la prima voce di allarme giunse inaspettatamente dall’America Latina”, scrive Roberto de Mattei. Si tratta del libro di Plinio Corrêa de Oliveira «In Difesa dell’Azione Cattolica» (1943) che “costituiva la prima denuncia del progressismo” (1).

Due strategie antitetiche

Quando, nel 1940, Plinio Corrêa de Oliveira è nominato presidente della Giunta arcidiocesana dell’Azione Cattolica, egli già aveva alle spalle dodici anni di militanza cattolica, come leader delle Congregazioni Mariane, direttore del maggiore settimanale cattolico del Brasile e deputato per la Lega Elettorale Cattolica. La disanima dei suoi scritti all’epoca, prima in A Ordem e poi in O Legionário, mostrano una visione sorprendentemente lucida del momento storico. Osservatore attento, discerneva l’azione deleteria di un processo rivoluzionario che aveva appena travolto tre monarchie secolari e istaurato in Russia un re-

“La prima voce di allarme” gime comunista. In Occidente, faceva strage di ciò che restava dei vecchi tempi. Mentre allontanava sempre di più la società dalla pratica religiosa e diluiva l’influenza della Chiesa, minava nella mentalità delle persone le stesse fondamenta della fede. Si delineava ciò che più tardi sarà chiamato “secolarizzazione”.

Taluni, in ambito cattolico, accettavano e perfino applaudivano questa secolarizzazione. Uno di questi era Jacques Maritain, filosofo dell’Azione Cattolica. Secondo Maritain “l’intrinseca irreversibilità del processo storico” fa sì che “l’esperienza storica della Cristianità (...) non possa essere ripetuta”. Assumendo “la verità nascosta” nei processi rivoluzionari moderni, tra cui egli menziona esplicitamente il socialismo, Maritain proponeva una “Nuova cristianità” umanista, secolarizzata, anticapitalista e antiborghese (2). L’approccio della “Nuova cristianità” ebbe profonde influenze non solo nel laicato, ma anche fra le gerarchie, rafforzando quella tendenza di adeguarsi al mondo che successivamente porterà tanti mali alla Chiesa.

D’altro canto c’era la sfida dei movimenti totalitari, anch’essi “secolarizzati” nel senso che offrivano false soluzioni fondate su ideali nazionalistici o razzisti e non sulla restaurazione dei principi cristiani.

24 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / MARZO 2011

Davanti a questa doppia sfida, Plinio Corrêa de Oliveira difendeva l’autonomia della Chiesa: “I cattolici devono essere anticomunisti, antinazisti, antiliberali, antisocialisti... appunto perché cattolici”. E proponeva un apostolato forte e deciso che sfidasse questi movimenti sul loro terreno, per esempio attraverso marce di giovani cattolici con tanto di bandiere e banda musicale. Egli così interpretava correttamente la domanda di simboli che evocassero ordine e gerarchia, ed era sicuro che questo avrebbe attirato alla Chiesa folte schiere di giovani idealistici. In questo, però, fu poco seguito dai vertici, già allora più inclini a dialogare irenisticamente che a insegnare. Resterà nella storia la negativa dell’arcivescovo di San Paolo, mons. Duarte Leopoldo, di fare sfilare i quindicimila ragazzi riuniti in occasione del Congresso regionale delle Congregazioni Mariane, nel 1935.

È difficile fare congetture storiche. Ma è lecito domandarsi, come hanno fatto diversi studiosi (3), quale sarebbe stato l’esito se fosse stata seguita la “linea pastorale” proposta da Plinio Corrêa de Oliveira: cioè un cattolicesimo forte e definito all’interno e decisamente militante all’esterno. Il leader cattolico era convinto che un tale approccio avrebbe potuto non solo fermare, ma anzi ribaltare, la crisi ormai incombente.


Di fronte alla doppia sfida del comunismo e dei totalitarismi, Plinio Corrêa de Oliveira proponeva un cattolicesimo deciso e militante Sotto la sua leadership, le Congregazioni Mariane di San Paolo arriveranno a contare 150mila membri A dx., raduno dei giovani mariani paulisti nel 1935

Un “libro kamikaze”

Ma il problema era più profondo. Mentre si facevano largo le tendenze irenistiche e arrendevoli nei confronti degli errori moderni, cresceva anche l’infiltrazione di questi errori, addirittura giustificati dalle nuove scuole teologiche. Eletto presidente dell’Azione Cattolica nel 1940, Plinio Corrêa de Oliveira si rende conto dell’ampiezza di questa infiltrazione. Cerca inizialmente di arginarla, intervenendo nel movimento per riportarlo sulla linea voluta da Pio XI. Ma viene fortemente ostacolato. A questo punto prende una decisione:

“Fu proprio in questo momento che scoppiò la tragedia provocata dai germi di progressismo infiltrati nel movimento cattolico. (...) Il male veniva disseminato da una folta schiera di proseliti con arte sopraffina e facondia. Bisognava assolutamente lanciare un grido di allarme che svegliasse il mondo cattolico! E fu così che pubblicai il librobomba «In difesa dell’Azione Cattolica». Era un gesto da kamikaze. O saltava in aria il progressismo o saltavamo in aria noi”. Senza sottostimare l’analisi prettamente teologica, il prof. Plinio Corrêa de Oliveira era soprattutto intento a denunciare la crisi come essa era concretamente vis-

suta nelle fila del movimento cattolico brasiliano, con speciale attenzione alla nuova mentalità che ne era alla base.

Di particolare interesse è la terza parte (“Problemi interni dell’Azione Cattolica”), nella quale il leader brasiliano denuncia il crescente lassismo, evidente per esempio nell’ammissione incauta di nuovi membri, privi dei requisiti statutari, nonché nella resistenza a espellere i membri che si erano resi indegni. I fautori della nuova mentalità si rifiutavano di condannare le dottrine erronee o di punire gli atteggiamenti sconvenienti, giustificando questo liberalismo come obbligo di carità. Il carattere militante della Chiesa era esplicitamente respinto, mentre si affermava invece un “buonismo” tendente al relativismo.

Le pratiche devozionali tradizionali erano sdegnate, per lasciare passo a una spiritualità tutta centrata sulla liturgia, intesa come partecipazione comunitaria.

Diverse pagine sono dedicate poi al problema delle mode, gli ambienti, i gusti, la buona educazione e così via, mostrando quanto il dott. Plinio avesse già la sua attenzione rivolta agli aspetti “tendenziali” del fenomeno rivoluzionario. Particolarmente biasimato, l’apostolato detto “di conquista” per il quale i membri

“aggiornati” di Azione Cattolica frequentavano ambienti normalmente non raccomandabili a un cattolico. Il libro chiude con un appello: “L’Azione Cattolica corre il rischio di rivoltarsi contro le sue stesse finalità se non fermiamo il passo, in maniera risoluta, a quei gruppi per fortuna ancora piccoli, nei quali l’errore viene abbracciato da seguaci entusiasti”.

Purtroppo, come constata Massimo Introvigne, “l’analisi dei mali dell’Azione Cattolica proposta da «Em defesa da Ação Católica» non sarà capita (...) dalla maggioranza dei vescovi e dei sacerdoti” (4). I risultati sono lì, alla vista di tutti...

Non possiamo a questo proposito non ricordare il lamento del cardinale Bernardino Echeverría in occasione della scomparsa del leader cattolico nel 1995: “Ah! Se questa voce fosse stata ascoltata...” 

Note______________________________

1. Roberto de Mattei, «Il Concilio Vaticano II», pp. 83, 85. 2. Jacques Maritain, «Humanisme Intégral», Aubier, Parigi, 1947, pp. 100, 146, 147, 246. 3. Cfr. Massimo Introvigne, «Una battaglia nella notte. Plinio Corrêa de Oliveira e la crisi del secolo XX nella Chiesa», Milano, Sugarco, 2008. 4. Ibid., p. 48.

TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / MARZO 2011 - 25


Il Venerdì Santo della Chiesa

Con mons. Antonio de Castro Mayer, mons. Romolo Carboni e mons. Geraldo de Proença Sigaud

Prendendo l’automobile a piazza S. Pietro

“Questo viaggio è frutto di lunghe riflessioni. (...) Nel mio stato di stanchezza attuale, rimarrei qui [in Brasile] di buon grado, senza sovraccaricarmi di tutte le occupazioni e preoccupazioni cha avrò a Roma. Ma se non andassi adesso a Roma, avrei la coscienza più sporca di quanto lo sarebbe se fossi un soldato disertore. E, mettendo il dovere al di sopra di tutto — soprattutto il dovere nei confronti della Chiesa — ho deciso di partire. (...) Non potrei mai, in alcun modo, rinunciare a prestare alla Chiesa, alla quale ho dedicato tutta la mia vita, questo servizio in un momento storico così triste quasi quanto quello della Morte di Nostro Signore” (Plinio Corrêa de Oliveira, lettera alla madre, 1962)

Ai Fori Imperiali e, sopra, con alcuni membri della rappresentanza della TFP a Roma

Plinio Corrêa de Oliveira arriva a Roma nel 1962 26 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / MARZO 2011


M

Nella Città Eterna

osso dal “senso del dovere nei confronti della Chiesa (...) in un momento storico così triste quasi quanto quello della Morte di Nostro Signore”, fin dal mese di ottobre 1962, Plinio Corrêa de Oliveira aveva installato a Roma un segretariato, comprensivo di quattordici persone, tutti membri della TFP brasiliana. Insieme ai due vescovi a lui vicini — mons. Geraldo de Proença Sigaud e mons. Antonio de Castro Mayer — il leader brasiliano intraprese una fitta serie di contatti col mondo conservatore. Nacque il “Piccolo Comitato”, seme del Coetus Patrum che avrà in seguito una brillante attuazione nel Concilio. È in questa occasione che Plinio Corrêa de Oliveira conobbe mons. Marcel Lefebvre.

Un libro polemico e due petizioni scomode

Sin dall’inizio il Concilio si era definito pastorale e non dogmatico. Ed è proprio in questo campo che Plinio Corrêa de Oliveira decide di intervenire, da laico e uomo d’azione e non certo da teologo. Nella logica di «Rivoluzione e Contro-Rivoluzione», gli sembrava che il problema pastorale più urgente fosse il comunismo, e in particolare le sue infiltrazioni in ambienti cattolici.

Nell’agosto 1963, egli pubblica il saggio «La Libertà della Chiesa nello Stato Comunista», in seguito riprodotto sul quotidiano Il Tempo di Roma e distribuito ai 2.200 Padri conciliari e ai 450 giornalisti accreditati. L’autore vi dimostra che i cattolici non possono accettare alcun modus vivendi con il comunismo, che supponesse la rinuncia ad aspetti del Magistero. Il libro suscita una forte polemica a livello europeo, a riprova di quanto il tema fosse scottante, ricevendo una lettera di encomio della Sacra Congregazione dei Seminari e delle Università.

La distribuzione a Roma di questo saggio è seguita da altre due importanti iniziative ispirate dal prof. Plinio Corrêa de Oliveira. Nel dicembre 1963 mons. de Castro Mayer consegna una petizione firmata da 213 padri conciliari, in cui si chiedeva al Papa di disporre la elaborazione di uno schema di costituzione conciliare dove “si esponga con grande chiarezza la dottrina sociale cattolica, e si denuncino gli errori del marxismo, del socialismo e del comunismo”, e “siano fugati quegli errori e quella mentalità che preparano lo spirito dei cattolici alla accettazione del socialismo e del comunismo”.

L’esplicita menzione alla mentalità, e non solo agli errori mostra, ancora una volta, come si tenesse in vista concretamente il campo apostolico.

Da parte sua, mons. Proença Sigaud consegna, nel febbraio 1964, una petizione sottoscritta da 510 cardinali e vescovi di tutto il mondo, in cui si implorava che il Pontefice, in unione con i vescovi presenti a Roma, consacrasse il mondo, e in maniera esplicita la Russia, al Cuore Immacolato di Maria, secondo quanto richiesto dalla Madonna a Fatima nel 1917. Questo in vista della conversione della Russia e affinché non diffondesse più i suoi errori. Nel suo recente libro sul Concilio, Roberto de Mattei racconta in certo dettaglio le peripezie di queste petizioni, mostrando come abbiano ostacolato se-

“Occorre parlare del materialismo dialettico come della peste dell’odierna società e condannarlo come si deve, perché i secoli futuri non abbiano a considerarci responsabili di timore e pusillanimità” S.E. Mons. Nicholas Elko, vescovo cattolico bizantino di Pittsburgh, Stati Uniti

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Il Venerdì Santo della Chiesa “Un fatto sconcertante. Un’assise riunita per parlare dei problemi della Chiesa nel mondo contemporaneo non ha avuto il coraggio di condannare il comunismo, il grande avversario, allora, della fede. La storia ci giudicherà. Ne sono certo” Cardinale Silvio Oddi

riamente i disegni progressisti, perfino rischiando di fargli deragliare. Inspiegabilmente, nei documenti finali, il Concilio evitava qualsiasi riferimento al pericolo comunista. Delle due petizioni di cui sopra, neanche il minimo accenno...

Un giudizio critico in campo pastorale

Proprio riguardo a questa mancata condanna del comunismo, col conseguente venir meno dell’aspetto pastorale che lo stesso Concilio si era prefisso come definitorio, il pensatore brasiliano esprime nel 1976, nella terza parte di «Rivoluzione e Contro-Rivoluzione», un giudizio molto chiaro:

“Nella prospettiva di «Rivoluzione e Contro-Rivoluzione», il successo dei successi conseguito dal sorridente comunismo post-staliniano è stato il silenzio enigmatico, sconcertante e spaventoso, apocalitticamente tragico, che il Concilio Vaticano II ha osservato a proposito del comunismo. “Questo concilio si volle pastorale e non dogmatico. Infatti non ha avuto portata dogmatica. Inol-

tre, la sua omissione a proposito del comunismo può farlo passare alla storia come il concilio a-pastorale per eccellenza. “Spieghiamo il senso specifico di questa affermazione.

“Il lettore immagini un immenso gregge che langue in campi poveri e aridi, attaccato da ogni parte da sciami di api, da vespe e da uccelli rapaci.

“I pastori si pongono a irrigare la prateria e ad allontanare gli sciami. Questa attività può essere qualificata come pastorale? In tesi, certamente. Ma nell’ipotesi che, nello stesso tempo, il gregge fosse attaccato da branchi di lupi feroci, molti dei quali con pelli di pecora, e i pastori omettessero completamente di smascherare o di mettere in fuga i lupi, mentre lottano contro insetti e uccelli, la loro opera potrebbe essere considerata pastorale, ossia propria di buoni e fedeli pastori? “In altre parole, hanno agito come autentici Pastori quanti, nel Concilio Vaticano II, hanno voluto spaventare gli avversari ‘minores’ e hanno imposto — con il loro silenzio — di lasciare via libera all’avversario ‘maior’? “Con tattiche aggiornate — delle quali, peraltro, il minimo che si può dire è che sono contestabili sul piano teorico e si vanno rivelando catastrofiche nella pratica — il Concilio Vaticano II ha tentato di mettere in fuga, per così dire, api, vespe e uccelli rapaci. Il suo silenzio sul comunismo ha lasciato tutta la libertà ai lupi. L’opera svolta da questo concilio non può essere scritta, come realmente pastorale, né nella storia, né nel Libro della Vita.

“Il tacere su questo punto [del comunismo] credo che sarebbe una lacuna imperdonabile, anzi un peccato collettivo. (...) Questa è la grande eresia teorica e pratica dei nostri tempi; e se il Concilio non si occupa di essa, può sembrare un Concilio mancato” Cardinale Antonio Bacci

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“Il comunismo è il problema dei problemi, infatti riguarda la stessa esistenza del Cristianesimo”

S.E. Mons. Ngo DinhThuc, arcivescovo di Saigon

“È duro dirlo. Ma l’evidenza dei fatti indica, in questo senso, il Concilio Vaticano II come una delle maggiori calamità, se non la maggiore, della storia della Chiesa. A partire da esso è penetrato nella Chiesa, in proporzioni impensabili, il ‘fumo di Satana’, che si va ogni giorno sempre più diffondendo, con la terribile forza di espansione dei gas. A scandalo di innumerevoli anime, il Corpo Mistico di Cristo è entrato in un sinistro processo che potrebbe essere chiamato di autodemolizione” (1).

Si tratta di un giudizio storico che, come scrive Roberto de Mattei, incide “non sul merito teologico dei documenti conciliari, ma sulla realtà dei fatti e alle loro conseguenze storiche” (2).

Ed è così che, dopo aver esternato questo giudizio specifico, Plinio Corrêa de Oliveira chiude il libro ribadendo la conclusione originale del 1959: “Non vorremmo considerare concluso questo studio senza un omaggio di filiale devozione e di obbedienza illimitata al ‘dolce Cristo in terra’, colonna e fondamento infallibile della Verità, Sua Santità Papa Giovanni XXIII”.

“Il Concilio deve organizzare, a livello mondiale, la lotta contro la Rivoluzione”

Alla convocazione del Concilio Plinio Corrêa de Oliveira aveva reagito con circospezione. Consapevole, però, della sua portata storica, ispirò uno schema, poi presentato da un vescovo amico

I

n preparazione al Concilio ecumenico Vaticano II fu chiesto ai vescovi del mondo di presentare suggerimenti e proposte. Erano i cosiddetti vota. Tra quelli pervenuti a Roma, come rileva Roberto de Mattei, ve ne è uno che spicca per l’ampiezza del quadro che presenta e per i rimedi che propone. Si tratta del votum di mons Geraldo di Proença Sigaud, arcivescovo di Diamantina. “Il testo di mons. Sigaud — spiega de Mattei — rivela chiaramente l’ispirazione, e forse la mano stessa, di Plinio Corrêa de Oliveira, di cui era appena apparso il testo princeps «Rivoluzione e Contro-Rivoluzione»” (1).

Questo votum, ispirato e forse parzialmente scritto da Plinio Corrêa de Oliveira, costituisce un documento di eccezionale importanza, che ci permette di conoscere i suoi auspici riguardo al Concilio. Vediamone alcuni punti:

D’altronde, simili giudizi negativi riguardo alla mancata condanna del comunismo sono stati espressi anche da alti prelati, come i cardinali Antonio Bacci e Silvio Oddi.

Plinio Corrêa de Oliveira resta a Roma per tutta la durata della prima sessione del Concilio e parte della seconda. La volatile situazione politica brasiliana richiede, però, il suo tempestivo rientro. Il segretariato della TFP continuerà invece a funzionare fino alla conclusione dei lavori.  Note________________________________________________

1. Plinio Corrêa d Oliveira, «Rivoluzione e Contro-Rivoluzione», Roma, Luci sull’Est, 1998, pp. 146-147. 2. Roberto de Mattei, «Il Concilio Vaticano II», p. 587.

Mons. Geraldo de Proença Sigaud TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / MARZO 2011 - 29


Il Venerdì Santo della Chiesa

Il Venerdì Santo della Chiesa

In netto contrasto con lo spirito festante e ottimista che animava i progressisti — infatuati col mondo moderno — il votum presenta la situazione della Chiesa come molto angosciante: “Se il Concilio vuole ottenere effetti salutari, deve in primo luogo considerare lo stato odierno della Chiesa, che a similitudine di Cristo, vive un nuovo Venerdì Santo, consegnata ai suoi nemici senza difesa”.

Chiesa militante

Come conseguenza diretta di questa premessa fondamentale, il votum propone una Chiesa non irenista né cedevole con gli errori del tempo, bensì militante: “Occorre vedere la battaglia mortale che avviene in ogni campo contro la Chiesa, conoscere il nemico, distinguere la strategia e la tattica della battaglia, la sua logica (...) per organizzare il contrattacco e guidarlo con sicurezza”.

Il grande problema: la Rivoluzione

Il grande problema che la Chiesa deve affrontare nel secolo XX non è tanto il Modernismo e la Nouvelle Théologie ma, più ampiamente, la Rivoluzione — cioè un processo globale di crisi — della quale queste scuole erano espressioni in campo teologico: “Il nostro nemico implacabile della Chiesa e della Società Cattolica, già da cinque secoli (...) ha

sovvertito e distrutto quasi tutto l’ordine cattolico. (...) Il suo nome è Rivoluzione”.

Rivoluzione nel clero

La Rivoluzione non si presenta come un fenomeno esterno alla Chiesa, cioè esistente appena nella società temporale, bensì e purtroppo ormai infiltrata anche nel Corpo Mistico di Cristo.

Alcuni nel clero semplicemente non se ne accorgono: “Molti del clero non vedono ancora gli errori della Rivoluzione, e ancora non vi si oppongono”.

Altri, tuttavia, ne sono pienamente consapevoli, simpatizzavano con la Rivoluzione e si adoperano per il suo trionfo: “Altri tra il Clero amano la Rivoluzione come principio ideale, la diffondono, vi collaborano. (...) Hanno abbracciato gli errori e lo spirito della Rivoluzione e apertamente e occultamente la favoriscono”.

Infine, vi sono i soliti silenziosi: “Molti Pastori tacciono...”

Un processo già in atto

Contrastando l’ingenua idea che la crisi sia iniziata negli anni 1960, il votum denuncia l’infiltrazione rivoluzionaria come in atto ormai da decenni e, anzi, già trionfante in molti settori della Chiesa: “Dai seminari della stessa Roma tornano seminaristi pieni di idee della Rivoluzione”.

Questa infiltrazione è accompagnata da una vera e propria persecuzione contro coloro che vi si oppongono: “Osteggiano gli avversari della Rivoluzione, denigrano ed impediscono il loro apostolato. (...) Coloro che accusano e rifiutano gli errori sono perseguitati dai colleghi. (...) Raramente un sacerdote che si oppone alla Rivoluzione viene elevato all’episcopato, frequentemente coloro che la favoriscono”.

Il ruolo delle tendenze

Seguendo lo schema di «Rivoluzione e ControRivoluzione», oltre agli aspetti prettamente dottrinali della Rivoluzione, il votum pone l’enfasi su quelli tendenziali, non solitamente mesi in risalto: “La

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Plinio Corrêa de Oliveira nel 1959, con mons. Geraldo de Proença Sigaud e mons. Antonio de Castro Mayer


“Se il Concilio presentasse un programma positivo di azione contro-rivoluzionaria e di costruzione della Cristianità, e convocasse a tal fine i cattolici, ritengo che ci sarebbe l’aurora del Regno del Sacro Cuore di Gesù e dell’Immacolato Cuore di Maria”

grandissima forza della Rivoluzione proviene dal sapiente uso delle passioni umane. (...) Le sue armi basilari sono: le passione umane sfrenate incitate con metodo. La Rivoluzione si serve di due vizi come forze distruttive della società cattolica e costruttive della società atea. La sensualità e la superbia”. Perciò, per superare questa situazione non basterebbe apena un nuovo Sillabo degli errori, ma anche “una nuova cristianizzazione dei costumi”.

La soluzione: una battaglia organizzata

Di fronte a questo cupo panorama, il votum propone una soluzione: “È necessaria una battaglia organizzata contro gli errori e contro i fautori e coloro che propagandano errori. Una battaglia organizzata, come un esercito ordinato e metodico”. Questa battaglia va indirizzata non solo contro gli errori, ma anche “contro le forme larvate di Rivoluzione e contro lo spirito che la propaga”.

Prosegue il votum: “Deve essere creata una strategia cattolica e un centro della battaglia metodica contro la Rivoluzione in tutto il mondo, ed i cattolici devono essere chiamati a questo. Allora vi sarebbe la speranza dell’aurora di un vero mondo

migliore. (...) Dovrebbe essere creata una vera scienza della guerra controrivoluzionaria”.

Il Papa: cuore della reazione

In questa guerra controrivoluzionaria alla Santa Sede spetta il ruolo di guida: “La forza della Santa Sede è immensa. Se i fedeli venissero chiamati a raccolta e fossero diretti all’azione in modo energico, chiaro, metodico, con una vera battaglia mondiale, sotto la guida del Romano Pontefice, il cammino trionfale della Rivoluzione verrebbe interrotto”.

Il votum chiude con un concreto appello al Concilio Vaticano II: “Se il Concilio presentasse un programma positivo di azione contro-rivoluzionaria e di costruzione della Cristianità, e convocasse a tal fine i cattolici, ritengo che ci sarebbe l’aurora del Regno del Sacro Cuore di Gesù e dell’Immacolato Cuore di Maria”.

La storia registrerà, invece, come i decenni successivi siano andati nella direzione diametralmente opposta a quella auspicata da Plinio Corrêa de Oliveira...  Note__________________________________________________ 1. Roberto de Mattei, «Il Concilio Vaticano II», p. 138.

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Il Venerdì Santo della Chiesa

1968: due milioni di latinoamericani chiedono a Paolo VI misure contro l’infiltrazione progressista nella Chiesa

Una delle iniziative di maggiore ripercussione di Plinio Corrêa de Oliveira è stata la straordinaria petizione del 1968, con cui si chiedeva a Paolo VI di intervenire contro l’infiltrazione progressista negli ambienti cattolici in America Latina. La petizione raggiunse in Brasile 1.600.368 firme che, sommate a quelle raccolte in altri paesi, arriva a un totale di 2.025.201, allora la più grande sottoscrizione della storia nell’America del Sud

Nelle foto: aspetti della raccolta di firme nel centro di San Paolo

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1969: denuncia della cospirazione progressista

Nel luglio 1969 le TFP lanciano la campagna di diffusione dello studio «Gruppi occulti tramano la sovversione nella Chiesa», denunciando la “trama segreta ordita da possenti ambienti cattolici per ‘riformare’ la Chiesa, trasformandola in una Chiesa nuova, panteista, desacralizzata, ugualitaria e posta al servizio del comunismo”. Lo studio è pubblicato in 10 Paesi, per un totale di 256.000 copie

Nelle foto: copertina di Catolicismo, organo della TFP brasiliana; scene della campagna; un capitolo dello studio nel quale si collega il progressismo al Modernismo; Plinio Corrêa de Oliveira partecipa alla campagna di strada

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Il mondo delle TFP

Palermo: Marcia per la vita

I

giovani del Circolo Plinio Corrêa de Oliveira di Sicilia hanno partecipato alla Marcia per la vita svoltasi nel capoluogo siculo lo scorso febbraio. Convocato dal “Forum Vita Famiglia Educazione”, l’evento ha contato sulla partecipazione di diverse realtà cattoliche.

Dietro un enorme striscione con lo slogan “Difendere la vita sempre”, il corteo si è snodato per via Libertà, fino a piazza Politeama, dove diversi oratori si sono succeduti sul palco. Da tutti un fervente appello alle istituzioni e alle associazioni per la vita perché si impegnino nell’abrogazione della Legge 194 che ha introdotto questa piaga nel nostro Paese. I numeri sono agghiaccianti: cinque milioni e mezzo di bambini sono stati trucidati nel grembo materno dal 1978.

Massiccia la presenza di giovani, molti in divisa scout del Gruppo San Benedetto, che hanno curato il servizio d’ordine.

“In Italia e in Sicilia non esiste una politica in favore della famiglia — ha dichiarato Diego Torre, portavoce del Forum — Bisogna avere il coraggio di investire sul futuro, sui figli”.

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In uno sviluppo parallelo, i giovani del PDL della Sicilia, in questo staccandosi dai vertici, si sono schierati contro un disegno di legge regionale per il riconoscimento delle “unioni di fatto”. “Riteniamo estremamente pericoloso l’introduzione di leggi volte all’equiparazione tra famiglia naturale fondata sul matrimonio tra uomo e donna e unioni tra omosessuali”, ha dichiarato Mauro La Mantia, Presidente Regionale di Giovane Italia. u


Stati Uniti: Convegno di supporters

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on la partecipazione di 350 persone si è realizzato il Convegno annuale di supporters della TFP americana, nella sede centrale dell’associazione a Spring Grove, Pennsylvania. L’incontro, durato tre giorni, ha avuto come tema “Coraggio e speranza, due virtù per il cattolico militante di oggi”.

Dopo la Santa Messa inaugurale, diversi relatori hanno sviluppato le idee centrali: le nozioni di società organica e di gerarchia, l’autorità secondo la dottrina cattolica, la missione sociale delle élites. Soffriamo oggi di una mancanza di leadership sociale dei cattolici, causata dalla perdita di una visione militante della Chiesa e, di conseguenza, dall’assenza di coraggio nella testimonianza. Nel corso del convegno sono stati presentati due libri: «Plinio: un uomo per i nostri tempi», scritto da Andrea Phillips; e «L’istituzione cristiana della famiglia: una forza dinamica per rigenerare la società», pubblicato della TFP britannica.

L’intervento conclusivo è stato a cura del Principe Bertrand d’Orleans e Braganza, che ha ripercorso la vita del prof. Plinio Corrêa de Oliveira.

Una cena conviviale, servita dai giovani della Saint Louis of Montfort Accademy, della TFP americana, ha chiuso in un’atmosfera di grande entusiasmo queste meravigliose giornate.

Qualche giorno dopo, i giovani della TFP americana hanno partecipato con uno stand al CPAC 2010, il grande raduno annuale dei movimenti conservatori a Washington, D.C. 

Dall’alto: Convegno Annuale di amici della TFP americana I giovani della TFP partecipano al CPAC 2010, il grande raduno dei movimenti conservatori che si tiene ogni anno a Washington, D.C. Il libro presentato durante il Convegno della TFP TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / MARZO 2011 - 35


Il mondo delle TFP

Magdi Cristiano Allam:

Essere testimoni della verità in Europa “L’Europa e le sue radici di fronte alle sfide contemporanee”, ecco il titolo della affollatissima conferenza tenuta dall’eurodeputato Magdi Cristiano Allam nella sede della Fédération pro Europa Christiana a Bruxelles. Ha presentato l’oratore Jean Goyard, della TFP francese. Riportiamo alcuni brani dell’importante intervento, che può essere visionato su YouTube sul canale della FPEC.

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i auguro che questo mio intervento possa aiutare a ciascuno di voi ad acquisire elementi di certezza rispetto a una tragedia a cui noi oggi stiamo assistendo, che ci aiuti a capire cosa oggi dobbiamo fare per affrancarci da una situazione dove l’Europa, nel suo insieme, non è in grado di individuare una rotta da seguire e il traguardo a cui approdare. Parlo della verità. È fondamentale distinguere fra la dimensione delle persone e quella della religione. Oggi noi commettiamo degli errori che ci portano ad assumere posizioni sbagliate perché sovrapponiamo queste due dimensioni. Per esempio, non è per niente la stessa

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cosa parlare di dialogo fra islam e cristianesimo e di dialogo fra musulmani e cristiani.

Il cristianesimo è la religione del Dio che si fa uomo con Gesù Cristo. Si è cristiani non perché si creda in una dottrina ma nella verità storica del Dio incarnato. L’islam, invece, è la religione del Dio che si fa testo e che si “incarta” nel Corano. Per i musulmani, il Corano è Dio, della stessa sostanza di Dio, opera increata al pari di Dio, dove pertanto, fede e ragione non possono mai convivere.

Il cristianesimo, invece, è la religione che concepisce l’uomo a immagine e somiglianza di Dio, dove la vicinanza fra uomo e Dio fa sì che fede e ragione siano parti integranti della cultura cristiana. Gesù Cristo non ha nulla a che fare con l’Allah islamico.

La confusione fra la dimensione delle persone e quella della religione ci porta in Europa a due tipi di errori. Il primo è quello del relativismo. Il relativismo diventa ideologia nel momento in cui ci nega l’uso della ragione per arrivare alla verità. Secondo il relativismo, aprioristicamente — ed è questa la dimensione ideologica — tutte le religioni, tutte le culture, tutti i valori vengono considerati pari, uguali a prescindere dai loro contenuti.


Il relativismo ci porta a mettere sullo stesso piano tutto e il contrario di tutto. L’errore a cui ci porta questo relativismo è l’idea che, per amare i musulmani come persone, si debba accettare l’islam come religione. L’amore per il prossimo rappresenta il fondamento del cristianesimo. Ma questo amore non deve automaticamente tradursi nel legittimare la religione del prossimo, soprattutto se, entrando nel merito dei contenuti di questa religione, noi prendiamo atto che è incompatibile con la verità e con quei valori che Benedetto XVI ha definito “non negoziabili”. Il secondo errore in cui si incorre è di segno opposto, ed è l’ideologia del razzismo dove, partendo dalla condanna della religione si arriva alla condanna delle persone.

Da qui la necessità di distinguere fra le due dimensioni. Noi possiamo dialogare con i musulmani come persone, pur restando sempre noi stessi come cristiani, senza relativizzare la religione cristiana, senza cadere nella trappola che, per amare il prossimo, dobbiamo mettere tutte le religioni sullo stesso piano. Questo approccio oggi in Europa è diffuso laddove si è affermato un modello di convivenza noto come “multiculturalismo”. Si tratta di un approccio ideologico che ritiene che il governo della pluralità etnica, linguistica, culturale e religiosa possa realizzarsi limitandosi a elargire a piene mani diritti e libertà, senza chiedere in cambio doveri e il rispetto delle regole, e senza che ci sia un comune collante identitario e valoriale.

Il multiculturalismo immagina che, per favorire il dialogo e agevolare la convivenza, è preferibile che noi ci presentiamo come se fossimo una landa deserta, senza la certezza della nostra fede, negando le nostre radici cristiane, senza la certezza della nostra identità. Ed è proprio nel momento in cui noi ci presentiamo in questo modo che gli altri, gli islamici, ci percepiscono come una terra di conquista. E questa conquista è già in atto.

come se fossero una realtà che non ci riguarda. In questo modo noi legittimiamo, a livello internazionale, una guerra santa islamica che, a quel punto, non si fermerà soltanto al di là del Mediterraneo. L’altro errore madornale è che non ci rendiamo conto che ciò che succede dall’altra parte del Mediterraneo fa parte di una strategia finalizzata all’islamizzazione dell’Europa. (...)

L’assumere la consapevolezza che l’affermazione della verità, salvaguardando la libertà, rappresenta il primo passo da compiere in un percorso che ci deve portare ad essere autentici testimoni della verità in un’Europa che può costruire un futuro dignitoso e libero per tutti coloro che scelgono di venire in Europa per migliorare la propria vita, in un ambiente di fraternità, però dove i valori non negoziabili, insegnati da Benedetto XVI, e le regole devono valere per tutti senza nessuna eccezione. 

Quello che accade oggi sulla scena internazionale evidenzia una realtà che è simile a quella che a partire dal settimo secolo ha portato all'islamizzazione del Mediterraneo. Sull'altra sponda del Mediterraneo, le comunità cristiane sono vittime di una guerra santa islamica, legittimata dal Corano, che vuole sradicare definitivamente la presenza dei cristiani.

Di fronte a questa situazione noi commettiamo un doppio errore madornale. Il primo è di non venire incontro ai bisogni di queste comunità cristiane,

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Il mondo delle TFP

Auguri di Santa Pasqua

Tutto sembrava finito. Invece tutto ricominciava. È il radunarsi degli Apostoli. È il rinascere delle dedizioni, delle speranze. Siamo in Pasqua! Brilla il mattino della Risurrezione! Signore Gesù, possa io non aver paura. Non aver paura quando tutto sembrerà irrimediabilmente perduto. Non aver paura quando tutte le forze della terra sembreranno nelle mani dei tuoi nemici. Non aver paura perché sono ai piedi della Madonna, vicino alla quale si raduneranno sempre, e sempre di nuovo, per nuove vittorie, gli autentici seguaci della tua Chiesa!

Plinio Corrêa de Oliveira

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Accademia estiva 2011

L a C r i s ti a n it à : q u e ll a “ do lc e pr i ma v e r a d e ll a F e d e ”

Consolidando una tradizione oramai decennale, la TFP italiana sta organizando l’annuale Accademia Estiva -che si svol ger in Scozia dal 29 Luglio al 7 Agosto 2011. Incentrata sul tema La Cristianit , quella- dolce pri mavera della Fede , l accademia includer- confe renze, visite culturali guidate e attivit ricreative. (Per informazioni: 06-8417603 info@atfp.it)

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A

La Veronica asciuga il volto di Gesù

di Plinio Corrêa de Oliveira

prima vista si direbbe che non vi è mai stato un premio maggiore nella storia. Infatti, che re ha avuto in mano un tessuto più prezioso di quel velo? Che generale ha avuto una bandiera più augusta? Che gesto di coraggio e di dedizione è stato ricompensato con un favore più straordinario? Ma vi è una grazia che vale molto di più del possedere miracolosamente stampato su un velo il santo volto del Salvatore. Sul velo la rappresentazione del volto divino è stata fatta come in un quadro.

Nella santa Chiesa cattolica, apostolica, romana è fatta come in uno specchio. Nelle sue istituzioni, nella sua dottrina, nelle sue leggi, nella sua unità, nella sua universalità, nella sua insuperabile cattolicità, la Chiesa è un autentico specchio nel quale si riflette il nostro divino Salvatore. Ancora di più, è lo stesso corpo mistico di Cristo. E noi, tutti noi, abbiamo la grazia di appartenere alla Chiesa, di essere pietre vive della Chiesa!

Come dobbiamo ringraziare di questo favore! Ma non dimentichiamo che “noblesse obblige”: far parte della Chiesa è cosa molto elevata e molto ardua. Dobbiamo pensare come pensa la Chiesa, sentire come sente la Chiesa, agire come la Chiesa vuole che agiamo in tutte le circostanze della nostra vita. Questo suppone un senso cattolico reale, una purezza di costumi autentica e completa, una pietà profonda e sincera. In altri termini, suppone il sacrificio di tutta un’esistenza! E qual è il premio? “Christianus alter Christus”. Sarò una riproduzione di Cristo stesso in modo eccellente. La somiglianza di Cristo si imprimerà, viva e sacra, nella mia stessa anima.

Signore, se la grazia concessa alla Veronica è grande, quanto maggiore è il favore che mi prometti!

Ti chiedo forza e risolutezza per conseguirlo realmente attraverso una fedeltà a tutta prova.


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