«Storia di un impiegato» o di un impiegato perso nella Storia Federica Ivaldi
L‟idea er a affascinante. Dar e del Sessantotto una lettura poetica, e invece è venuto fuori un disco politico. Hai presente Fo o Pasolini? Sai quanto li amo entrambi, ma hanno dei momenti in cui l‟analisi prevale sulla fantasia, mentre un artista non dovr ebbe mai rinunciar e alla sua per centuale di diritto al mistero. Ecco, a me è successo qualcosa di simile. E ho fatto l ‟unica cos a che non avr ei mai voluto fare: spiegar e a lla gente come deve comportarsi. […] è come s e mi fossi strappato di dosso qualcosa che mi apparteneva. Prima il borghese che diventa anar chico, e questo è normale, mi è accaduto natur almente, negli anni. Poi l‟individualista che diventa collettivista: e questa sì è stata dura. È stata come farsi da solo la psicoter apia 1.
1. Un album politico Costruito da Fabrizio De André con un occhio alla realtà e uno all‟allegorismo visionario della Centrale idroelettrica di Bratsk di Evtušenko 2, musicato e arrangiato da Nicola Piovani, prodotto da Roberto Dané e scritto insieme a Giuseppe Bentivoglio (già collaboratore per i testi dell‟album precedente), Storia di un impiegato offre probabilmente una delle letture più acute che siano mai state proposte del passaggio dal „68 agli anni Settanta. Dopo i moti studenteschi del „68 e l‟autunno caldo del „69 il clima sociale era teso. Il 1970 aveva portato alla conquista dello statuto dei De André in C.G. Romana, Smisurate preghiere, Fazi, Roma 2005, pp. 59-60. Come si è saputo recentemente, dietro Storia di un impiegato vi è anche la lettura di questo poema retorico celebrativo di Evgenij A. Evtušenko, il cui scopo dichiarato era ricordare ai contemporanei il dovere «di santamente difendere e continuare le tradizioni della rivoluzione» con lavoro, fatica e «fede incrollabile» (E. Evtušenko, Bratskaya GES [1965]; trad. it. La centrale idroelettrica di Bratsk, Rizzoli, Milano 1965, p. 7). 1 2
lavoratori, ma lo slogan «lotta dura senza paura » non cessava di echeggiare nelle piazze. Nel 1973 si registrarono due morti fra i manifestanti, Roberto Franceschi a Milano e Vincenzo Caporale a Napoli; intanto a Genova, nel „70, il Gruppo XXII ottobre aveva rapito Sergio Gadolla precorrendo l‟avvento delle BR; sul caso iniziò ad i ndagare il giudice Sossi, sequestrato nel „74. È in questo clima di tensioni e di attese, in questa società dicotomica dove «chi non terrorizza / si ammala di terrore» ( Bombarolo), che nasce e poi esce l ‟album sicuramente più politico di De André, a indagare il sottile confine fra la protesta, sempre legittima ed anzi ben accetta, e la lotta che può farsi violenta e poi armata. Come noto, il protagonista della vicenda è un impiegato che, immerso in una placida routine di gesti e frasi ripetitive che offrono la facile illusione della normalità («… e io contavo i denti ai francobolli / dicevo “grazie a Dio” “buon Natale” / mi sentivo normale»), cinque anni dopo il maggio francese ascolta una canzone di prote sta e, in un moto di improvvisa ribellione, si improvvisa bombarolo. Attraverso la vicenda esistenziale di questo «trentenne disperato», l ‟album narra il passaggio cruciale dal Sessantotto al terrorismo in modo insolito perché il protagonista non è membro di alcun gruppo politico o parapolitico, né è mosso da codificati moventi ideologici. Quando l‟album uscì, nel 1973, non fu particolarmente apprezzato. Era stato atteso quanto era stata attesa da parte di De André una presa di posizione sui fatti del Sessantotto, sulle proteste giovanili e sugli scioperi operai. Pochi anni prima - con l‟«allegoria non compresa » 3 della Buona Novella - era stato accusato di essersi tirato indietro dai rivolgimenti in corso e di non aver assunto una posizione precisa rispetto ai moti studenteschi. Anche nell‟album successivo , Non al denaro non all ‟amore né al cielo (1971), la critica alla società americana e le stoccate contro la guerra in Vietnam si potevano leggere soltanto in filigrana. «La Buona Novella voleva essere un‟allegoria […] paragone fra le istanze migliori e più sensate della rivolta del Sessantotto e le istanze (da un punto di vista spirituale più elevate, ma da un punto di vista etico-sociale direi molto simili) che un signore mille e novecento sessantanove anni prima aveva fatto contro gli abusi del potere e contro i soprusi dell‟autorità. In nome di un egualitarismo e di una fratellanza universale. Si chiamava Gesù di Nazareth e, secondo me, è stato ed è rimasto il più grande rivoluzionario di tutti i tempi». Così De André, nella registrazione dei concerti al teatro Brancaccio di Roma, il 13 e 14 febbraio 1998. 3
Per alcuni Storia di un impiegato fu il tributo pagato alle attese del pubblico più impegnato, per altri una reale presa di posizione , per qualcuno il segno di una deludente confusione ideologica . Il disco ebbe critiche severe sia da destra (troppo fazioso) che da sinistra (troppo poco impegnato) e venne attaccato duramente dalla stampa musicale militante e vicina al movimento studentesco : Storia di un impiegato è un disco tr emendo: il tentativo, clamoros amente fallito, di dare un contenuto “politico ” a un impianto musicale, culturale e linguistico assolutamente tradizionale, privo di qualunque sforzo di rinnovamento e di qualunque ripens amento autocr itico: la canzone Il bombarolo è un esempio magistr ale di insipienza culturale e politica 4. La musica pr esta il nome a qualcos a che a tr atti sembra la colonna sonora di un film sulla mafia (con il sintetizzator e al posto dello scacciapensieri), a volte quella di un thr illing alla Dario Ar gento (con il basso che r iproduce il battito cardiaco), altr e recuper a i toni alla Cohen e alla Guccini: ma rimane un prodotto scucito, che non ha più il vecchio incanto 5.
Ancora a diversi anni dalla morte di De André , l‟album continua ad essere sentito come «verboso, alla fine datato» 6, ideologicamente irrisolto fra anarchia e marxismo 7. Certamente aveva ragione De André quando, facendo autocritica, sosteneva che fosse stato un errore cercare di «racchiudere nella forma canzone quello che nelle intenzioni era un saggio politico -sociale», perché «se uno vuole scrivere un saggio scrive quello e non una serie di canzoni» 8; eppure probabilmente non fu l‟impegno politico in sé a produrre cri tiche, dato che già a partire dai primi anni Sessanta il pubblico si stava abituando - prima in America, poi in Francia e Italia - a una canzone che diventava riflessione, discorso, protesta e specchio della realtà. Anche la critica ne aveva preso atto, se già nel „64 Umberto Eco parlava di canzoni colte e S. Dessì (pseudonimo di L. Manconi), in «Muzak», 1975, n. 4, ora in C‟era una volta una gatta, Savelli, Roma 1977, p. 44. 5 F. Gentile, Fabrizio De André: Un disco da leggere, in «Ciao 2001», 1973, n. 49, p. 35. 6 R. Bertoncelli (a cura di), Belin, sei sicuro? Storia e canzoni di Fabrizio De André, Giunti, Firenze 2003, p. 94. 7 «L‟album è sempre stato considerato, anche dal suo autore, come uno dei più confusi. La vena anarchica di De André deve fondersi con quella marxista di Bentivoglio, e spesso i punti di sutura e di contraddizione sono fin troppo evidenti. Non a caso è l‟ultimo episodio della collaborazione tra i due» (E. Deregibus, Traccia biografica, in R. Bertoncelli [a cura di], Belin, cit., p. 55). 8 De André cit. in R. Giuffrida, In direzione ostinata e contraria, in E. Valdini (a cura di), Volammo davvero, Rizzoli, Milano 2000, p. 88. 4
impegnate, nelle quali «le parole contano e si stanno a sentire» 9, perché propongono un messaggio che va al di là dell ‟orecchiabilità. Il vero problema di Storia di un impiegato non fu il coinvolgimento politico, ma il fatto che il messaggio di fondo – e la forma che lo doveva trasmettere – non fossero facilmente interpretabili, soprattutto all‟epoca, quando forse si sentiva più forte il bisogno di etichettare e posizionare personaggi ed atteggiamenti al di qua o al di là della barricata sessantottina . Non è facile invece definire la posizione di De André sui moti studenteschi del „68 e sui fatti successivi ; se da un lato aveva quasi simpatizzato coi carri armati che avevano soffo cato la Primavera di Praga 10, dall‟altro aveva mostrato di non concordare affatto con la posizione espressa da Pasolini nei suoi famigerati versi a proposito dei fatti di V alle Giulia 11. Come sua abitudine, lontano tanto dal politically correct quanto dal pensiero comune, mo strava simpatia e allo stesso tempo diffidenza verso i giovani contestatori, così come aveva una posizione incerta rispetto allo Stato e ai tutori dell ‟ordine. In naturale sintonia con chi cercava di scardinare la morale benp ensante e di contestare il sistema capitalistico, «condividev[a] la rivolta contro un certo modo di gestire la società che non teneva minimamente conto della società stessa» e «volev[a] diminuire la distanza tra il potere e la società», eppure non partecipò mai in maniera attiva al movimento e non fu sempre d ‟accordo con le scelte d ei manifestanti.
Per
timidezza ,
prudenza
o
innata
avversione
all‟incasellamento, De André preferì osservare i fatti simpatizzando ma senza militare attivamente , non solo perché – come confessò – «di solito un artista, indipendentemente dall ‟ideologia, è un coniglio individualista», ma anche perché «il grosso problema di ogni rivoluzione è che, una volta preso il potere, i rivoluzionari cessano di essere tali per diventarne amministratori» 12. Forse su questa diffidenza incide anche la particolare prospettiva genovese del cantautore: «Genova ha rappresentato una piazza U. Eco, Apocalittici e integrati (1964), Bompiani, Milano 2005, p. 280. «Han fatto bene, quelli non sono comunisti, sono robot», in C.G. Romana, Smisurate preghiere, cit., p. 16. 11 «Sì, ma da che parte stanno gli sbirri? Mica coi poveri delle periferie» (ibid.). 12 In R. Cappelli, Cantico per i diversi, in «Mucchio Selvaggio», 1992, n.9, ora in C. Sassi, W. Pistarini (a cura di), De André Talk, Coniglio, Roma 2008, pp. 336-337. 9
10
minore nell‟ambito della ribellione studentesca. Le mobilitazioni degli studenti sono di fatto state circoscritte nei
confini dell ‟università,
limitandosi a intercettare […] il nuovo coinvolgimento operaio che comunque segna in quegli anni le fabbriche e il porto. […] Le tragiche vicende attraversate dalla città negli anni del terrorismo hanno contribuito a una sorta di cancellazione collettiva dei movimenti che ne hanno preceduto la genesi» 13. A Genova più portuali che cuccioli avevano incarnato la contestazione e la rivoluzione culturale 14, mentre trovavano alimento negli atenei delle università alcune cellule delle nasce nti BR. In ogni caso, come racconta il produttore Roberto Dané , il disco nasce da interminabili discussioni politiche quando, a pochi anni dal maggio parigino, «si cominciava a cogliere appieno la portata di quel movimento» ma, allo stesso tempo, «non c ‟erano più quell ‟allegria, quella freschezza quella felicità – tutto il contrario, erano iniziati gli anni di piombo» 15. Da quelle discussioni e da quel clima nasce un album perfettamente in linea con i tempi, non solo per i temi trattati, non solo per l ‟oscillazione fra l‟allegra spontaneità della rivolta sessantottina e la paura della deriva violenta successiva, ma anche per i numerosi richiami alla musica del momento:
l‟armonica
e
i
fischi
degli
spaghetti
western
(l ‟assolo
dell‟armonica a bocca nella Canzone del maggio e, soprattutto, l ‟attacco alla Morricone con il fischio nell ‟Introduzione, che forse echeggia la colonna sonora di Per un pugno di dollari ); la chitarra elettrica con effetto whawha (Al ballo mascherato); il flauto traverso solista ( Sogno num ero due), marchio inconfondibile dei Jeth ro Tull; il contrabbasso al posto del basso elettrico (Bombarolo), omaggio agli arrangiamenti di Brassens; il sintetizzatore (usato in tutti i brani eccetto la Canzone del maggio ), strumento elettronico comparso sulla scena musicale proprio alla fine degli anni „60.
D. Alfonso, L. Borzani (a cura di), Genova, il „68, Fratelli Frilli Editori, Genova 2008, p. 6. Alle repliche dello spettacolo di Dario Fo dell‟autunno del 1968, L‟operaio conosce 300 parole il padrone 1000, per questo lui è il padrone, la platea – sempre esaurita – si distingue perché il numero degli operai supera quello degli studenti. 15 R. Dané, Intervista, in R. Bertoncelli, Belin, cit., p. 92. 13 14
Collocandosi al termine della serie degli “album a tema ” iniziata nel 1968 con Tutti morimmo a stento, questo
LP
è certamente il più compiuto e
perfetto concept album deandreiano, per l‟unità e l‟interazione fra i due elementi costitutivi della canzone, testo verbale e musica 16. Con l ‟Intro duzione, nonostante la br evità (1 ‟42”, dei quali 1‟10” sono di preludio musicale e solo 0‟32” sono cantati), vengono delineati i due temi principali del racconto svolto nell ‟album Storia di un im piegato : quello della lotta violenta, che trova espr essione nel fuoco, nelle bombe, nelle grida, e quello della galera, il cupo ambiente dove sono stati r inchiusi i sessantottini e dove sar à rinchiuso alla fine anche l‟impiegato- protagonista 17.
L‟apertura dell‟album getta, sotto tutti i punti di vista, le basi di un progetto unitario: qui si capisce il carattere del personaggio e si imposta la narrazione, si presentano i due ambienti, ma anche le due cellule melodiche (un tema del Lavoro o della Realtà e un tema della Storia o dell‟Utopia 18) che si ripeteranno e alterneranno fra un brano e l ‟altro, dando coesione all‟album e allo stesso tempo orientandone l‟interpretazione. La musica crea connessioni a più livelli tra i brani e garantisce l‟unità narrativa e tematica della vicenda, mentre suoni e strumenti hanno valori semantici connessi e coerenti con la dimensione verbale. L‟album si apre con il suono di una campana, che evoca la piazza, le manifestazioni, i cortei e la dimensione en plein air della vicenda. Un fischio alla Morricone sposta poi la nostra attenzione dal campo lungo della piazza alla figura intera del protagonista che, da solo, fischietta una linea melodica prima ascendente e poi discendente (il tema del Lavoro) che da qui in avanti sarà per lo più associata alla routine, alla solitudine e alle riflessioni dell ‟impiegato. Improvvisamente tre scoppi interrompono i suoi pensieri e lo costringono ad ascoltare l‟avanzare della Storia (il secondo tema, un motivetto sincopato).
Per una discussione sull‟argomento e sulla distinzione fra concept album e album a tema, cfr. C. Cosi, F. Ivaldi, Fabrizio De André. Cantastorie fra parole e musica, Carocci, Roma 2012, pp. 83-85. 17 M. Borsani, L. Maciacchini, Anima salva. Le canzoni di Fabrizio De André, TreLune, Mantova 1999, pp. 83-84. 18 Per un‟analisi più dettagliata della componente musicale dell‟album e del valore semantico delle due cellule melodiche rimando a F. Ivaldi, Storia di un impiegato, di un disco, di un libro e di molte idee, in F. Orsitto, S. Wright (a cura di), Contaminazioni culturali: musica, teatro, cinema e letteratura nell‟Italia contemporanea, Vecchiarelli, Roma 2014, pp. 41-61, e a C. Cosi, F. Ivaldi, Fabrizio De André, cit. pp. 115-118. 16
L‟impiegato riesce ancora a isolarsi tacitando quel rumore di disturbo e a riflettere, fermo sulle proprie convinzioni, sull ‟esperienza del maggio francese. «Lottavano così come si gioca, / i cuccioli del maggio», dice, e la coppia di verbi (lottare, giocare), denuncia subito la sua posizione critica e il suo timore che
le contestazioni avvengano senza
riflessione né
responsabilità. Perfettamente inserito nel sistema che i giovani del maggio contestano, con invidia mescolata a disprezzo, egli osserva che “loro”, ancora liberi dalla routine del lavoro e dai vincoli del sistema, « avevano il tempo anche per la galera» ; proprio quella punta d ‟invidia lo porta ad ascoltare con diversa attenzione e indulgenza una canzone del maggio francese.
2. Dal maggio parigino alla Canzone del maggio L‟atmosfera pensosa dell ‟Introduzione viene dunque bruscamente interrotta da un‟armonica a bocca che introduce la libera traduzione di Chacun de vous est concerné, una canzone scritta da Dominique Grange proprio nel clima delle contestazioni. Il 13 maggio del „68 la Francia aveva assistito al più importante sciopero generale della Quinta Repubblica, di portata tanto ampia da paralizzare per qualche settimana l ‟apparato produttivo del paese. Nel mentre, la contestazione studentesca era esplosa, accusando il sistema capitalistico di sfruttamento, ingiustizia sociale e manipolazione delle coscienze attraverso l ‟uso massiccio dei mass-media. Chacun de vous est concerné rispecchia quella realtà e dà voce alla rabbia dei contestatori nei confronti dei molti che, vedendo minacciato l ‟ordine stabilito, avevano cercato di isolarsi e allontanare da sé il problema. Rievocando con pochi tratti alcuni avvenimenti tipici di quelle manifestazioni (le barricate, l‟incendio delle auto, le cariche della polizia…) , la canzone si rivolge direttamente a tutti coloro che non hanno partecipato alla lotta e li invita a una diretta presa di coscienza: anche chi ha scelto l ‟isolamento («anche se avete chiuso le vostre porte sul nostro muso»); anche chi ha creduto di
poter sminuire l‟entità del problema («e se vi siete detti: non sta succedendo niente»); anche chi ha finto di non vedere alcune ingiustizie («lasciandoci in buonafede massacrare sui marciapied e»); anche chi si è sentito al sicuro pensando che il problema fosse altrove («se nei vostri quartieri tutto è rimasto come ieri») , deve sapere di essere «comunque» e «per sempre» coinvolto, dal momento che l ‟intero sistema sociale e capitalistico è messo in discussione. Se l‟introduzione disegnava un ‟opposizione semantica fra l ‟io del protagonista e il loro dei cuccioli del maggio, la Canzone del maggio seguendo il testo originale francese propone invece un‟opposizione forte fra il noi degli studenti e il voi dei borghesi benpensanti. Mentre però Dominique Grange riproponeva la stessa coppia di versi in chiusura di ogni strofa («Même si vous vous en foutez , / chacun de vous est concerné »), De André gioca con la variatio dei due versi di accusa («anche se voi vi credete assolti», «provate pure a credervi assolti» infine «anche se allora vi siete assolti / siete lo stesso coinvolti») e sferra così un attacco più forte al ceto medio. È una sorta di climax: se già credersi estranei alle vicende di quegli anni era sintomo di cecità , ma forse in buonafede , provare a ritenersi innocenti significa riconoscere una parte di respons abilità e tentare di occultarla; assolversi, addirittura, significa esser consapevoli della propria condizione di potere e convi nti, in nome di questa, di poter stabilire la giustizia e la legge morale. I “vizi” del ceto medio, opportunista e perbenista, già stigmatizzati nella canzone di Dominique Grange, sono ancor più amari nella traduzione deandreiana : francesi ed italiani hanno nutrito una fiducia acritica e interessata nella televisione («vous avez gobé / ce que disait la télé» o «avete preso per buon e / le verità della televisione»); intanto, la generica «voiture» che «n ‟a pas été incendiée» diventa una ben più iconica Millecento, la Fiat agognata dalla media borghesia che, quasi per antonomasia, indica quello che l ‟automobile ha rappresentato negli anni del boom economico; le francesi CRS (Compagnie Républicaine de Sécurité, corpo di polizia anti -sommossa) sono sostituite da più italiche e gergali pantere che «ci mordevano il sedere», con un gioco
di parole per cui le pattuglie volanti della polizia mordono e minacciano proprio come dei felini predatori . Al di là della mitologia nostalgica del racconto di Dané sul reperimento di Chacun de vous est concerné e dell‟innamoramento per quella «canzone di tutti» 19 che rappre sentava il clima di un momento storico e l‟umore di una generazione, certo è che De André, recuperandola e riscrivendola, ha parteggiato per quel movimento di rivolta. Come però gli verrà rinfacciato dalla sinistra militante (e come in effetti si capirà da llo sviluppo del disco), si tratta più di un ‟istintiva simpatia per il rifiuto della morale comune e per la rivolta contro i benpensanti che di una reale adesione al movimento studentesco. Mi pare lo dimostrino diversi elementi. Prima di tutto, un gioco di varianti: un‟altra versione della traduzione deandreiana proponeva un diverso distico finale («voi non avete fermato il vento / gli avete fatto perdere tempo») che non solo recriminava sul coinvolgimento e la responsabilità di tutti, ma accusava direttamente il ceto medio di aver tentato di bloccare una protesta che, comunque, avrebbe ripreso il suo corso. Di questa “minaccia di ritorno” resta ancora una traccia nella versione definitiva (« verremo ancora alle vostre porte / e grideremo ancora più forte»), ma forse, portata in Italia dopo i fatti di Piazza Fontana, deve essere parsa troppo forte al cantautore, che ritornò sulla traduzione più fedele e morbida. Secondariamente, la scelta del titolo: trasformare Chacun de vous est concerné, accusa diretta e conforme al messaggio del testo, in Canzone del maggio significa avvertire che la canzone non è già più l‟esperienza diretta ed entusiasta dei giovani student i in rivolta ma una testimonianza storica su di essi; significa sottolineare una distanza nel «Ci capitò quel dis co. Un singolo, un 45 gir i, e c ‟era una ragazza che cantava questa canzone. Un inno del maggio parigino, anzi, l ‟inno più famoso di quei giorni. Ce ne innamor ammo e pens ammo a una tr aduzione. T elefonai a Parigi, contattai amici discografici […] Be ‟, era str ano, non si rius civa a stabilir e un contatto preciso, non si trovava niente. […] Prendo l ‟aer eo, vado a Parigi e trovo appunto Wolinsky che mi consegna con fare sospetto a una persona di sua fiducia. Seguimi, sembra un film. […] E perché tutto questo segr eto? Perché era ricer cata. Io non lo s apevo, l ‟ho scoperto lì; e ho scoperto anche che lei non voleva avere dir itti su que lla canzone. Mi disse: “ve la regalo, è una canzone di tutti”. Fabrizio l‟aveva già tradotta. Io avevo portato il testo per farglielo approvare» (R. Dané, I ntervista, cit., pp. 92-93)l. 19
tempo, se pur breve, e d evidenziare un diverso stato d ‟animo: adesione e simpatia, prima, osservazione e riflessione sui fatti, dopo. Forse quella stessa distanza già consentiva di vedere come, al di là della tensione tutta italiana, anche gli esisti politico -economici del maggio francese e del „68 italiano fossero diversi 20. Infine, anche la component e musicale sottolinea la separatezza di questa canzone che, finestra nel racconto ed esplicita riscrittura, non porta alcuna traccia delle due idee musicali della Storia e del Lavoro.
3. Storia di un «trentenne disperato » Nel seguito dell‟album, quest‟oscillazione fra il punto di vista critico dell‟impiegato
e
quello
dei
giovani
entusiasti,
con
le
conseguenti
interpretazioni dei fatti, resta attiva. Chiusa la parentesi della Canzone del maggio , la Bomba in testa è di nuovo giocata sull ‟opposizione io-loro. L‟impiegato paragona la propria vita ripetitiva e ossessiva a quella degli studenti e improvvisamente si accorge che il sistema contestato dai “cuccioli” sta stretto anche a lui. Consapevole di essere fuori tempo e di non potersi più unire a quei gruppi, trova un‟inaspettata riserva d ‟odio e vendetta in se stesso («Ormai sono in ritardo per gli amici / per l ‟odio potrei farcela da solo») , e in sogno inizia a progettare un gesto estremo e solitario. Come il filo della narrazione , anche quello del discorso musicale viene ripreso: La bomba in testa si apre con tre scoppi simili a quelli con cui la realtà irrompeva nei pensieri dell ‟impiegato nell‟Introduzione, di cui ripropone, identica, la linea melodica fischiettata ed
Le differenze si osservano già a distanza di pochi anni: la Francia resta un paese di stabile governo conservatore, mentre l‟Italia vede una crescente partecipazione della sinistra e dei partititi del movimento operaio al governo, e dei sindacati alla definizione della politica economica; oltralpe si sviluppa una delle fasi di espansione industriale più prolungate e intense della storia francese, del tutto eccezionale nell‟Europa a cavallo del 1970, mentre in Italia l‟economia entra in una fase di ristagno. La differenza non va ricercata solo nella diversa politica economica ma anche in diverse «variabili di natura non-economica – la diversa dinamica dei movimenti collettivi, la diversa struttura del sistema politico, il diverso ruolo in essi dei sistemi di interesse, in particolare i sindacati» (A. Gigliobianco, M. Salvati, Il maggio francese e l‟autunno caldo italiano: la risposta di due borghesie, il Mulino, Bologna 1980, p. 81). 20
entrambe le cellule musicali che rappresentano il protagonista sospeso fra la rassicurante routine e la tentazione della lotta . Nella canzone successiva, Al ballo mascherato, il tema della Storia parte in
minore
e
quasi
in
sordina
come
preannunciando
il
fallimento
dell‟impresa per poi modulare al maggiore: i n uno scoppio di ottimismo, il protagonista sogna di gettare una bomba ad un ballo mascherato al quale partecipano tutti miti e valori della cultura e del potere borghese (Cristo e Maria, Dante con Paolo e Francesca, Nobel, il generale Nelson, la Statua della Libertà). Anche se oniricamente, ormai l‟adesione al flusso della Storia è avvenuto. In Sogno numero due la voce di un giudice accusa l‟impiegato non tanto della strage, quanto di essersi messo al di sopra degli uomini e della giustizia credendo che la propria «urgenza di potere» fosse vendetta. E subito, paradossalmente, l ‟accusa diventa un ringraziamento : i «soci vitalizi del potere» lo assolvono perché sono grati all‟impiegato per aver eliminato i vecchi poteri ed aperto la strada ai nuovi ; «tu sei il potere», dicono. È nella forma dell ‟incubo che si palesa dunque il più grande timore di De André, ovvero la possibilità che i rivoluzionari smettano di essere nel giusto una volta scardinato il potere, diventando espressione di un potere nuovo ma non diverso. Le parole del giudice, un melologo accompagnato da un estenuante basso che batte i quarti come il battito cardiaco dell‟imputato, sono inframmezzate da un flauto traverso alla Ian Anderson che ripropone ancora una volta il tema musicale della Storia. Nel dialogo col giudice della Canzone del padre, ancora in sogno, prende forma il conflitto interiore del protagonista che, convinto da sempre che sia naturale prendere il posto del padre (con funzioni sociali e ruoli annessi), comincia ora a interrogarsi sulla possibilit à di uscire dal cerchio: la lotta generazionale del „68, in ritardo, è rivissuta a livello esistenziale. D‟altra parte, osserva da storico Guido Crainz, nel movimento sessantottino «l‟elemento generazionale diventava rilevante proprio perché quella generazione si era trovata a vivere fra la risoluzione di un ‟Italia arcaica e il discutibile profilarsi di un ‟Italia moderna: e quella dimensione “privata” che diventava improvvisamente oggetto di discussione collettiva
rimandava a mutamenti più generali» 21. Come i coetanei, anche il nostro trentenne disperato pensa probabilmente «voglio essere orfano », ma quando il sogno della ribellione diventa un incubo, si sveglia e cerca riscatto in un gesto concreto: «ora aspettami fuori dal sogno» , dice al giudice, «ci vedremo davvero, io ricomincio daccapo». Ormai convinto, il Bombarolo 22 – che assume ora su di sé il tema musicale della Storia, usato sia come ritornello che nell ‟introduzione – costruisce un ordigno artigianale, pronto ad andare a gettarlo sul Parlamento per colpire i veri rappresentanti del potere. Il passaggio dalla sfera onirica a quella della realtà è marcato in modo netto dal tempo in 2/4 che, scandito da chitarra e contrabbasso, evoca il passo regolare e determinato dell ‟impiegato. Dirigendosi verso il suo obiettivo , l‟uomo riflette sul gesto che sta per compiere; alla fine di ogni strofa, in un graduale crescendo (della condotta melodica, dell‟intensità vocale e del testo poetico), si raggiunge il punto di più alta tensione semantica ed emotiva proprio nel momento in cui il trentenne esprime e ribadisce la propria autonomia («io son d ‟un‟altra razza», «io son d‟un altro avviso») e la propria volontà di agire da solo («oggi farò da me / senza lezione»), in fervente antagonismo tanto rispetto al potere («potere troppe volte / delegato ad altre mani») quanto rispetto agli «intellettuali d ‟oggi / idioti di domani» e ai «profeti mol to acrobati della rivoluzione». Nonostante la determinazione, il protagonista è ancora turbato da quanto ha vissuto in sogno, come mostra il tormentato tragitto armonico del periodo e il ricorso a diversi accordi di prestito modale , che rendono la tonalità di la- “dubbiosa” e instabile, come la condizione emotiva del protagonista. La bomba in testa , in cui si immaginava lo scoppio della bomba, era costruita su una tonalità maggiore, Il bombarolo invece è in minore: la buona riuscita dell ‟azione resta confinata nella dimensione del sogno, mentre la bomba finirà per esplodere su un chiosco di giornali .
21 22
G. Crainz, Il paese mancato: Dal miracolo economico agli anni Ottanta, Donzelli, Roma 2003, p. 240. Per un‟analisi più dettagliata di questa canzone cfr. C. Cosi, F. Ivaldi, Fabrizio De André, cit., pp. 119-122.
Fallita l‟azione eversiva, l‟impiegato scrive alla fidanzata una lettera amara: come la Canzone del maggio, anche Verranno a chiederti del nostro amore è una finestra che interrompe il flusso narrativo e la coesione musicale dei brani, non presenta ndo tracce evidenti delle due idee melodiche. L‟album e la narrazione si chiudono poi sulle riflessioni dell ‟impiegato ormai chiuso in carcere e forzatamente lontano dalla propria routine; come volevano suggerire l e note di copertina dell ‟album, egli scopre «la realtà della parola “collettivo” e della parola “potere”» e «per la prima volta in bocca al personaggio e per la seconda nel disco, l ‟io passa al noi mentre si prepara una nuova rivolta o sta continuando la stessa della canzone di maggio» 23. Dal punto di vista musicale, Nella mia ora di libertà recupera il tema della Storia come era stato presentato nella Bomba in testa: la tentazione dell‟azione che aveva iniziato ad affacciarsi in quella canzone si è concretizzata e, ormai, rivelata un fallimento. Il tema ripreso identico isola dunque l‟azione fra il momento della speranza e quello del bilancio : il bombarolo che sperava ancora in un ‟azione isolata («per l ‟odio potrei farcela da solo») scopre ora che il suo gesto solitario era fuori tempo massimo. Il testo verbale è invece legato alla Canzone del maggio dalla ripresa letterale del ritornello («Per quanto voi vi crediate assolti / siete per sempre coinvolti») e dalla scelta di un lessico meno metaforico e più realistico, legato alla storia 24: là la Millecento, la televisione e la guerriglia (bandiere, tritolo, pantere, lotte ed arresti, feriti, barricate e granate…) , qui le dinamiche carcerarie (secondino, piantone, prigione, cortile, ora di libertà, tribunale, aula, galera) . In effetti le due canzoni, entrambe in maggiore, segnano l ‟inizio e la fine della vicenda e sono le più narrative del volume, le più distese sia nella versificazione che nella melodia. Si tratta in entrambi i casi di due momenti di consapevolezza, mentre il resto della vicenda oscilla fra dubbi, resistenze, scelte, rivelazioni traumatiche e contraddizioni , e si riflette in ritmi più duri e sincopati e in un linguaggio più visionario , metaforico e Note di copertina di Roberto Dané. «De André e Bentivoglio hanno differenziato con particolare cura il linguaggio della canzone del carcere e della traduzione della canzone del maggio in rapporto a quelle delle altre canzoni del disco». Ibidem. 23 24
onirico (si pensi al Ballo mascherato e al Bombarolo). Sono inoltre le due canzoni in cui l‟opposizione noi (rivoluzionari)-voi (borghesi) è più forte e disegna un significativo slittamento semantico: se all ‟inizio della vicenda erano i cuccioli del maggio a opporsi al voi del potere costituito e del buon senso borghese, alla fine il trente nne disperato si include a pieno titolo nel noi di un gruppo di carcerati contestatori.
4. Conclusioni La chiusa dell ‟album ha provocato forti discussioni perché in questo passaggio dall‟io al noi qualcuno ha visto una contraddizione con l ‟ideale anarchico individualista stirneriano
prediletto da De André 25 e una
forzatura in senso marxista , attribuita alla collaborazione con Bentivoglio. In effetti, anni dopo, fu De André a raccontare che il lavoro di scrittura dei testi aveva generato discussioni e messo in luce alcune discrepanze col collaboratore:
De
André
voleva
fare
«un discorso umano», mentre
Bentivoglio, marxista dichiarato , sembrava orientato a una visione più “dottrinaria” del disco. Nell‟Archivio Fabrizio De André , oggi depositato presso la Biblioteca dell‟Area Umanistica dell ‟Università degli Studi di Siena 26, è conservata la copia della Centrale idroelettrica di Bratsk appartenuta al cantautore e usata durante la lavorazione dell‟ L P con Bentivoglio. Sulle pagine del volume, ispirazione pe r alcuni temi e qualche verso dell‟album, sono visibili sottolineature di tre colori: due diverse penne blu, a volte sovrapposte, che risalgono a due fasi successive del lavoro di De André, e alcune segnature a matita che potrebbero essere di Bentivoglio. Annotazioni e sottolineature mostrano che nell‟approccio al poema si gioca quello stesso conflitto fra Per un‟analisi dell‟individualismo libertario di Fabrizio De André, si veda F. Premi, Fabrizio De André, un‟ombra inquieta, Il Margine, Trento 2009. Sulle letture politiche dell‟opera deandreaiana e dell‟album si vedano anche E. Grassani, Anche se voi vi credete assolti… Fabrizio De André. Attualità del messaggio politico e sociale, Pavia, Selecta 2002, e C. Sassi, O. Semellini, Il maggio di Fabrizio De André, Aereostella, Milano 2012. 26 Cfr. M. Fabbrini, S. Moscadelli (a cura di), Archivio d‟Autore: le carte di Fabrizio De André. Inventario, Ministero per i beni e le attività culturali, 2012. http://www.archivi.beniculturali.it/index.php/news-home/bibliotecadigitale/item/1063-biblioteca-digitale-%7C-archivio-d%E2%80%99autore-le-carte-di-fabrizio-deandr%C3%A9. 25
scetticismo e fede, tematizzato pure da Evtušenko, che il cantautore probabilmente viveva nelle discussioni con il suo collaboratore: il marxista Bentivoglio guardava forse alle sezioni più ideologiche del poema, mentre l‟anarchico individualista De André ne traeva altro: la struttura di base della narrazione nell‟alternarsi miscellaneo e visionario di voci, sogni e realtà; singole parole o concetti gnomici; spunti per la costruzione del protagonista; idee poi rimaneggiate, come quella dello sciopero dell ‟ora d‟aria contro i carcerieri . I segni a penna (più episodici e più attenti all‟aspetto fonico e metaforico delle parole che ai contenuti ideologici e narrativi del poema) mostrano infatti che De André ha lavorato anche su questo volume come era sua abitudine 27: cercando parole e suoni per i propri versi; creando un repertorio di immag ini metaforiche; usando gli spazi bianchi del libro - fogli di guardia, margini, angoli vuoti - come block-notes. Su una coppia di pagine, ad esempio, ha annotato una prima scaletta per la composizione dell ‟album (solo in parte mantenuta) e alcune riflessione sul valore e sull ‟efficacia di una rivoluzione collettiva o individuale; secondo quegli appunti il protagonista dell ‟album avrebbe dovuto iscriversi a qualche gruppo extraparlamentare ed uccidere un poliziotto, cose delle quali non resta traccia nell ‟album. Sembrerebbe che, a dispetto di quanto indicato da Dané nelle note di copertina, il percorso andasse qui dalla coscienza collettiva all ‟individualismo, non viceversa. All‟epoca De André difese – pur ammorbidendola – la visione collettivista 28 che emergeva da lle note di copertina di Roberto Dané 29, che davano dell‟album una lettura marxista; lui stesso però, parlò vent‟anni dopo di un «pasticcio», con «numerosi punti discordanti» 30. Forse, come osserva Floris, le due cose non sarebbero davvero in contraddizione se il Sull‟argomento si veda M. Marruci, Il “mosaicista” De André, in Centro Studi Fabrizio De André (a cura di), Il suono e l‟inchiostro, Chiarelettere, Milano 2009, pp. 171-213. 28 «[Alla fine l‟impiegato] capisce soprattutto che la rivolta individuale è solo un fatto estetico, che è necessaria un‟azione collettiva per cercare di cambiare le cose. La conclusione come vedi non è amara, è positiva. E riguarda me […] nel senso che io non credo più all‟individualismo ma spero solo nel collettivismo, [anche se] per me il discorso collettivo abbraccia sei sette persone» (in G. Speroni, De André si arrabbia con Gaber, in «Domenica del Corriere», 1974, n.1, ora in C. Sassi, W. Pistarini, Talk, cit., p. 140). 29 «È proprio in una realtà collettiva che si impara un altro modo di agire […] facendosi un tutto con gli altri fino a cambiare l‟io col noi, ripetendo la stessa posizione di lotta ma questa volta con la coscienza di appartenere alla stessa classe di sfruttati» (Note di copertina, corsivi miei). 30 F. De André, Cantico per i diversi, cit., p. 337. 27
noi finale si leggesse come il segno di una ribellione collettiva ma portata avanti in nome di una necessità comune, una «somma di egoismi» stirneriana più che una coscienza di classe 31. È anche possibile, io credo, che la lettura marxista sia stata sovrapposta all‟intenzione dell‟autore non tanto dalla collaborazione con Bentivoglio – se è vero che «a De André nessuno dava nessun tono, marxista o che altro» 32 – quanto dalla temperie del momento, che ha portato De André stesso, il pu bblico e la critica del 1973 a dare del pezzo e dell‟album una lettura che sottolineasse l ‟annullamento dell‟individuale in nome del collettivo. Probabilmente è questo il nodo in cui si giocano le incoerenze e le difficoltà di interpretazione del disco: l ‟impiegato non è politicizzato, eppure simpatizza per i cuccioli del maggio, è «di un‟altra razza» e perciò agisce da solo, ma fallisce e quindi scopre il bisogno della collettività. La trama ideologica del disco sembra faticosa perché non è unitaria, ma f orse il punto è stato cercare di leggere in modo univoco un album che invece incanalava in un‟unica vicenda le anime e gli umori sfaccettati di un periodo complesso e di un movimento multiforme . Lo dissero gli stessi studenti del „68: «il movimento ci tras cina e spesso ci supera. Partiamo da un comune disagio e per via ci differenziamo, ad alcuni basterebbero alcune concessioni, altri vorrebbero addirittura una rivoluzione […] Però una cosa è chiara […]: basta con l ‟autoritarismo» 33. Il disagio generazionale accomunava giovani in realtà diversissimi e la protesta convergeva con i disagi e le rivendicazioni del movimento operaio, anche se, a ben vedere, molte richieste diverse si muovevano contemporaneamente, molte esigenze ed altrettante chiavi di interpretaz ione ideologica: l‟unità del movimento si giocava principalmente nel bersaglio comune e, soprattutto all ‟inizio, in quella tensione più morale che politica che aveva mosso migliaia di giovani: In Storia di un impiegato «si contesta l‟individualismo fine a se stesso – che, volto esclusivamente al tornaconto personale, diventa strumento di potere, in quanto espressione di chi è affine al potere – per proporre una ribellione collettiva che non annulla l‟individuo ma lo porta a crescere insieme agli altri. Il carcere, luogo simbolico in cui vengono rinchiusi gli emarginati, consente al bombarolo di acquisire una nuova coscienza nel suo rapporto con gli altri» (A. Floris, Non ci sono poteri buoni, in A. Cannas, Cantami di questo tempo, Aipsa, Cagliari 2007, p. 63). 32 R. Dané, Intervista, cit., p. 94. 33 Questa la testimonianza di uno studente bolognese riportata in G. Crainz, Il paese mancato, cit. p. 235. 31
«Una rivolta studentesca ispirata quasi esclusivamente da consi derazioni morali appartiene agli avvenimenti completamente imprevisti di questo secolo» 34, scriveva Hannah Arendt. Io non credo che De André intendesse scegliere una univoca interpretazione o “scrivere un saggio ”, né sull‟anarchia né sul marxismo, né a favore delle contestazioni del „68 né contro. Come ha sempre fatto, da bravo cantastorie 35, credo volesse fissare cronaca e personaggi o, senza giudizio, perché diventassero emblemi di un momento . «Il mito nasce sicuramente dal la cronaca», annota De André su una pagina del Mito di Parigi di Giovanni Macchia, e poi «gli avvenimenti eccezionali devono essere fissati in musica e rime, perché non se ne perda il ricordo. Ed è il solo modo per non soffrire del fatto che le cose sono provvisorie. E quando vorremmo conservarle, se ne vanno in fumo» (il volume annotato è conservato presso l ‟archivio di Siena). Probabilmente De André voleva semplicemente fotografare il momento, ma l ‟album è stato scritto quando la distanza dal „68 era sufficiente a rimpiangerne l‟entusiasmo spontaneo, a vederne l ‟eccezionalità e a temerne le derive, ma non ancora abbastanza da poterlo guardare con distacco. Al momento di arrangiare, anche la musica gioca con l ‟interpretazione del testo. L‟analisi dei pezzi in maggiore e in minore e del rapporto fra le tonalità
e
le
due
cellule
melodiche
suggerisce
chiavi interpretative
interessanti . Il disco parte in minore e chiude in maggiore, mostrando l‟apparente volontà di una chiusa assertiva , ma i brani alternano in modo quasi perfetto pezzi in minore e in maggiore . Se è vero, come è stato osservato,
che
le
canzoni
in
tonalità
minore
sembrano
disegnare
l‟acquisizione di consapevolezza del pers onaggio attraverso il conflitto, non è del tutto vero che in quelle in maggiore «il dramma del protagonista si risolve » perché «non c‟è dialettica, ma prese di posizione ed azioni concrete» 36: la Canzone del maggio è la protesta che lo risveglia dal torpore, ma è cantata da altri; nel Ballo mascherato l‟azione raggiunge il suo scopo, H. Arendt, On Violence (1970); trad. it. La violenza, in Ead., Politica e menzogna, SugarCo, Milano 1985, p. 187. Sulla figura del cantastorie si vedano C. Cosi, F. Ivaldi, Fabrizio De André, cit., pp. 27-39, e F. Ivaldi, Il Medioevo secondo de André, in G. Guastella, P. Pirillo (a cura di), Menestrelli e giullari. Il Medioevo di De André e l‟immaginario medievale nel Novecento italiano, Edifir, Firenze 2012, pp. 119-146. 36 S. Giannini, Storia di un impiegato di Fabrizio De André, La riflessione, Cagliari 2005, p. 44. 34 35
ma solo in sogno; Verranno a chiederti del nostro amore non mostra tentennamenti, ma solo perché è l‟ammissione della sconfitta ; Nella mia ora di libertà segna un deciso passaggio da io a noi, ma è forzato dalla situazione di necessità. Contemporaneamente il tema del Lavoro (o della Realtà) compare nell‟album tendenzialmente in maggiore e quello della Storia (o dell‟Utopia) in minore: il movimento ha fallito e la bomba è esplosa sull‟edicola dei giornali. Lungi dal trionfalismo di una acquisizione forte e radicata, la presa di coscienza del bombarolo apre un quadro più desolante di prima : sul piano della realtà non solo esce sconfitto, come in fondo cinque anni prima i cuccioli del maggio, ma si trova anche diviso dal resto della socie tà con cui prima era concorde. Mentre il testo verbale rivela la volontà di una chiusa positiva, la componente
musicale
un‟interpretazione
dell ‟album
univoca
del
svela
i
tentennamenti
Sessantotto
e
degli
nel
anni
definire
succe ssivi,
lasciando emergere lo scetticismo di fondo di De André, poco interessato a schierarsi, ma anche la disillusione , a distanza di pochi anni, rispetto alle reali conquiste del movimento studentesco e la paura degli incombenti anni di
Piombo.
È
il
linguaggio
della
musica,
fluido
e
perciò
meno
semanticamente controllabile, a lasciare emergere nella costruzione formale dell‟album quel tentennamento ideologico che il testo poetico aveva a tenuto più a freno.