Guida via Amerina e valle Treja

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Tuscia Terra degli Etruschi

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econdo la tradizione, le antiche popolazioni etrusche che vivevano nei villaggi dell'alto Lazio, intorno all'attuale Viterbo, venivano chiamate i Tusci. La loro raffinata civiltà è testimoniata da preziosi reperti archeologici ed estese necropoli. Tuscia Viterbese è dunque il nome letterario e turistico di questa provincia a nord di Roma, nel cuore dell'Italia, tra l'Umbria, la Toscana e il mar Tirreno. I paesi che ne fanno parte, depositari di innumerevoli avvenimenti e leggende, s'appostano quasi sempre su primitivi insediamenti strategici, segnalati da inconfondibili tracce di rocche e castelli. Testimonianza di questa millenaria storia sono le numerose necropoli protovillaniane e villanoviane (X-VIII sec. a.C.) che già preannunciavano questa prima grande civiltà italica. Poi furono le grandi comunità, città proiettate in una nuova dimensione economica, pulsanti di attività diverse e di nuovi fermenti sociali, con attorno, una miriade di altri centri fortemente arroccati sui

bastioni tufacei che moltiplicarono la vita, l’uso sapiente e razionale del territorio. Tuscia, una terra dalle molteplici sfaccettature, culla della civiltà del Lazio, dove si alternano borghi medievali, valli incontaminate e numerose testimonianze d’arte. Itinerari turistici tra i più diversificati, ognuno dei quali racchiude un forte legame col territorio. L’affinità di ogni Comune con quest’area lo porta ad essere un continuum con la sua tradizione, pur evidenziandone la tipicità nei propri colori, sapori e manifestazioni. Percorsi, visite e natura che accontentano una vasta gamma di visitatori. Immergersi in atmosfere fuori dal tempo, estasiarsi di orizzonti sconfinati, recuperare tracce del passato e deliziare ogni senso si può: nella Tuscia.

Palazzo dei Papi

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Valle del Treja e della via Amerina

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a Valle del Treja, insieme con le sue pendici, le sue colline e le sue rupi, è il risultato di una lunghissima storia geologica, profondamente influenzata dalla presenza di alcuni grandi vulcani già esistenti a Nord della zona. Le varie fasi eruttive hanno ricoperto le rocce, i terreni più antichi ed è stata la forza degli agenti atmosferici insieme al lento scorrere delle acque di superficie a scavare negli strati vulcanici quelle che sono le valli di oggi. Certo,

non è facile sintetizzare in poche righe una storia così lunga e complessa. A fianco al processo generale che avrebbe portato alla Valle del Treja come possiamo ammirarla oggi, una serie di altri fenomeni ha reso più complesse le forme del paesaggio. Nella Valle del Treja, si va a “caccia” di momenti indimenticabili. Magia della storia e della natura, certamente. E anche un pizzico di sacro, nei numerosi templi etruschi e falisci, nei resti delle chiese medievali e nei boschi che stanno ridiventando impenetrabili. Vecchi sentieri che ormai non servono più per le


esigenze quotidiane di vita e di lavoro, sono però un mezzo formidabile di conoscenza del territorio e della sua storia. Lungo il corso del Treja scrosciano le acque delle numerose cataratte e cascate delle quali la più nota è situata in località Monte Gelato che, con l'omonima mola adiacente, dà luogo ad uno scenario di irripetibile bellezza. Nei brevi tratti in cui il fiume allarga il proprio letto, le acque scorrono lente e qui tale scenario si può osservare tra maestosi esemplari di pioppi, olmi, ontani e salici ed una grande varietà di specie animali che popolano le acque del fiume. Inserita in questo contesto incantato realizzata attraverso un disegno viario, che comprendeva percorsi di terra e d’acqua, troviamo la Via Amerina, che costituiva una di quelle importanti vie di comunicazione attraverso le quali Roma, per circa sette secoli, ebbe modo di controllare tutto il bacino del Mediterraneo. La strada, che prende il nome dell’antica città di Ameria, punto di arrivo del primo tratto, ven-

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Scorci della Via Amerina e della Valle del Treja

ne realizzata, intorno alla metà del III sec. a.C e doveva costituire l’asse centrale del processo di occupazione del territorio falisco, permettendo un rapido collegamento fra la sede del potere romano e le zone già sotto controllo, fino in Umbria. Comuni arroccati da sembrare presepi, necropoli che testimoniano la spiritualità di un popolo ormai scomparso, borghi medievali di incantevole bellezza e castelli ricchi di mistero sono solo alcuni dei paesaggi che si possono incontrare lungo la Via Amerina nella Valle del Treja.


Saluti

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a Tuscia, terra degli Etruschi e non solo. Terra di tante bellezze, paesaggistiche, storiche, artistiche e folkloristiche. Non uno ma tanti motivi per visitarla, per lasciarsi coinvolgere dai colori, dai profumi e dall’atmosfera magica che la nostra provincia emana. E’davvero difficile scegliere cosa promuovere perché il territorio offre davvero tanto, compreso l’imbarazzo della scelta. Per questo, riteniamo che sia utile proporre ogni area del viterbese, ognuna con le sue proprie specificità. La Valle del Treja e della Via Amerina ad esempio offre la singolare esperienza di calpestare un selciato che per secoli è stata una delle principali vie di comunicazione ed ha contribuito alla prosperità dell’antica Roma. Ancora oggi infatti, vi sono tratti viari che possono essere percorsi, circondati dal verde e dalle numerose bellezze naturali, quali le famose cascate d’acqua che rendono quest’area unica nel suo genere. I comuni che la compongono: Vasanello, Corchiano, Gallese, Fabrica di Roma, Civita Castellana, Faleria, Castel S.Elia, Nepi, Monterosi e Calcata, sono dei microcosmi di bellezza. Civita Castellana poi è il secondo comune della Provincia di Viterbo e questo ne attesta l’importanza sotto il profilo economico e territoriale. Dal punto di vista geologico, la Valle del Treja è davvero interessante visto che è stata ampiamente influenzata dalle varie attività vulcaniche. Chi amministra ha il dovere di far conoscere questa zona della provincia di Viterbo, in tutta la sua unicità. Ci sono aspetti, punti di forza del territorio e bellezze vere e proprie che meritano un’attenzione particolare, da parte delle istituzioni, degli addetti ai lavori ma anche e soprattutto dei visitatori, dei turisti che hanno il “potere” di trasformare un luogo in destinazione turistico-culturale di interesse collettivo. Quanti sceglieranno di visitare la Provincia di Viterbo e la Valle del Treja, di certo, non resteranno delusi. Alessandro Mazzoli Presidente della Provincia di Viterbo Commissario straordinario APT

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opo il successo della Guida all’Ospitalità nelle edizioni 2007 e 2008, la promozione della Tuscia, si arricchisce di una serie di opere monografiche che vanno ad integrare ed approfondire nelle informazioni e nei contenuti, le aree che compongono la provincia di Viterbo. Nella Guida all’Ospitalità, il territorio è stato volutamente diviso per aree, omogenee per territorio, storia, tradizioni. Ognuna delle aree è stata identificata per praticità di consultazione e quindi individuata, con un colore ad hoc. In questa sezione monografica, così come nelle altre, l’abbinamento cromatico è rimasto invariato e riprende quello esistente, al fine di creare un continuum grafico che è poi anche un continuum concettuale e territoriale. Puntare il focus e quindi lo zoom del turista su un’area in particolare consente, da un lato, una promozione più mirata e dall’altro di fornire informazioni più specifiche e quindi esaustive ai visitatori. Una sorta di viaggio più da vicino fra le bellezze della Tuscia data da questa serie di monografie che, per i turisti così come per i viterbesi più appassionati, può diventare una raccolta di pregio. La Valle del Treja, con i suoi dieci Comuni, rappresenta una delle aree di grande interesse turistico per la nostra provincia. La Via Amerina rappresenta una delle testimonianze dell’antico fervore culturale e commerciale di questa zona. Queste monografie si propongono di rappresentare ogni area con le sue specificità, con un’immagine ben precisa che rientra nell’immagine collettiva della Tuscia ma che non soffoca, anzi valorizza ognuna. Promuovere significa diffondere, far conoscere, esportare un prodotto di grande qualità e l’Apt si sta impegnando oltremodo in questo suo ruolo. Siamo certi di fornire ai tanti visitatori un valido strumento di supporto informativo, facile da consultare e piacevole da leggere, un compagno di viaggio silenzioso ma esaustivo da conservare come il ricordo di questa splendida terra.

Marco Faregna Direttore APT di Viterbo


Tuscia terra degli Etruschi

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Valle del Treja e della Via Amerina

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Saluti

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Cartina geografica

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COMUNI DELLA VALLE DEL TREJA E DELLA VIA AMERINA Vasanello

B&C srl - www.bec.it

Strada Teverina km 3.600 - 1 - 01100 Viterbo Tel. 0761.3931 COORDINAMENTO EDITORIALE CHIARA FAGGIOLANI, FABIANA D’ANDREA REDAZIONE E IMPAGINAZIONE ANDREA VENANZI, FRANCESCA PILLI STAMPA UNION PRINTING

Distribuzione gratuita Stampato Giugno 2008

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Gallese

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Corchiano

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Fabrica di Roma

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Civita Castellana

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Faleria

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Castel Sant’Elia

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Nepi

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Monterosi

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Calcata

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Indice

Indice

PRESENTAZIONE

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Vasanello

Vasanello

CENNI STORICI

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Vasanello, già Bassanello, nasce da un antico insediamento falisco-etrusco, e in epoca romana viene scelto da Plinio il Giovane per la sua residenza estiva. Nell’alto medioevo, stretto fra i ducati longobardi di Spoleto e di Tuscia e con le strade consolari Cassia e Flaminia rese inaccessibili ai papali, si trova al centro del corridoio bizantino che collegava Roma con Ravenna, come testimoniano le tre torri di avvistamento alto-medioevali collocate nel territorio; infatti raggiunge proprio intorno all’anno 1000 il suo massimo splendore con la costruzione di due stupende chiese di puro stile romanico-longobardo che nessun altro centro limitrofo può vantare. Da alcuni identificato come il Castrum

Vista di Vasanello

Amerinum, stazione della romana Via Amerina. Nel 1278 Orso Orsini si impadronì del feudo che era parte integrante del patrimonio di S. Pietro e su un precedente bastione falisco-romano fu edificata la prima fortificazione dell’odierno castello baronale. L’ingresso del paese era un tempo difeso da spesse mura che collegavano la torre ovest del castello alla torre quadrata delle fortificazioni (ora campanile di Santa Maria), lambendo un profondo vallo di difesa a cui si poteva accedere solo dai due fossati naturali che circondano il paese. Queste mura abbattute nel 1883 erano percorribili entro il loro spessore da un camminamento aperto. La porta di accesso, in tempi più remoti servita probabilmente da un ponte levatoio, si apriva vicino al torrione del castello e nella lunetta era


dipinta l’immagine del santo patrono, San Lanno, a protezione del paese. I due fossati laterali, che concorrevano anch’essi alle difese dell’abitato, si ricongiungono alla fine della grande Y allungata che caratterizza la struttura del borgo, disposto a schiena d’asino, da cui si dipartono numerosi viottoli che troncandosi vanno ad affacciarsi sui fossati stessi. Al centro della Y una caratteristica piazza rinascimentale delinea interessanti motivi architettonici. Altro periodo di splendore viene vissuto nel primo Rinascimento, in corrispondenza delle nozze tra Giulia Farnese ed Orsino Orsini: ad officiarle, nel 1489, Rodrigo Borgia futuro papa Alessandro VI e amante della Farnese. Il feudo passò in seguito ai Della Rovere, con le nozze di Laura Orsini e Nicolò della Rovere a cui dobbiamo la stesura dello “Statuto di Bassanello”, un codice comportamentale e sanzionatorio. I beni di Vasanello furono acquisiti agli inizi del 1900 dalla Banca d’Italia e da questa alla locale Università Agraria; mentre il castello fu acquistato dal prefetto dei Palazzi Apostolici monsignor Luigi Misciattelli. Il governo del patrimonio boschivo nei secoli ha permesso la fornitura di legnami per le numerose fornaci di terre-

cotte vasanellesi, la cui origine risale al IV secolo a.C., come testimoniato dal ritrovamento di un’antica fornace in località Cesurli-Poggio della Mentuccia.

DA VISITARE CASTELLO ORSINI (XII-XIII sec.) Ha pianta quadrilatera con imponente mastio e torri angolari, tutti cilindrici, con caditoie e merli; molto ben conservato il piano nobile aperto a visite guidate, i cui affreschi soffittali sono stati accostati alla bottega del Pinturicchio. In una delle sale è possibile ammirare il cembalo Barberini del XVII sec. All’interno del cortile si può ammirare l’antico pozzo, lo scalone esterno, porte e finestre rinascimentali. Dal cortile, per una porta angusta in fondo al torrione, si accede alla prigione dove sono ben visibili degli antichi graffiti. Il giardino medievale è stato ricostruito sulla base di antiche fonti iconografiche e presenta una ricca collezione di piante aromatiche ed officinali. Presso le scuderie adibite in fabbrica di ceramica ora musealizzata è allestita una mostra permanente della prestigiosa “Ceramica Bassanello” con i forni, torni

Vasanello

Castello Orsini

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Vasanello 10

Chiesa di Santa Maria

Interno di San Salvatore

e tutto quello che serviva al ciclo di lavorazione, conosciuta anche grazie ai lavori di maestri come Mazzacurati, Spadini, Del Drago e Guttuso. L’aranciera è stata recentemente restaurata ed offre un ampio spazio adibito a sala conferenze e/o mostre.

Assunta ed il pregevole busto, raffigurante San Lanno, eseguito nel 1754 dal grande argentiere Vincenzo Belli. Questa chiesa è particolarmente cara ai Vasanellesi in quanto in un loculo ricavato nelle mura cittadine ed ora inglobato nella sacrestia, furono ritrovati nel 1628 i resti mortali del patrono San Lanno, presumibilmente ivi tumulati per preservarli dalle scorribande saracene che infestarono la penisola intorno all’850 d.C. attualmente sono gelosamente conservati nella cripta, nell’effigie del Santo riprodotta dal ceramista fiorentino Mortula.

CHIESA DI SANTA MARIA ASSUNTA (XI sec.) Edificata su un precedente tempio pagano e quindi su una pre-esistente basilica bizantina, distrutta forse durante le prime incursioni saracene. La facciata è occupata da un portico architravato retto da due colonne e dal tozzo campanile, ricavato sopraelevando una torre inserita nel sistema di fortificazione delle mura cittadine. Nel portico sono murati vari reperti della primitiva chiesa bizantina. La chiesa ha tre navate divise da due ordini di colonne; di notevole interesse è la simbologia dei capitelli delle colonne interne e di quelle collocate nel portico, legata all’evoluzione della ipsilon pitagorica che per metonimia si incarna in metafora del Cristo, bivio della vita e della storia. Interessanti le pitture delle due absidi laterali, la pala d’altare dedicata alla Madonna

CHIESA DI SAN SALVATORE (VIII-IX sec.) Pre-romanica con la facciata rivolta ad oriente come tutte le chiese esistenti nell’antico perimetro di Vasanello. All’interno un affresco raffigurante una Pietà con Santi, attribuito al Maestro di Castiglione in Teverina, è considerato come “uno dei momenti più alti che la pittura viterbese del‘400 raggiungesse mai”. L’interno presenta tre navate divise da due file di quattro colonne cilindriche in peperino sormontate da capitelli ionici che sorreggono le arcate. Notevoli gli influssi bizantini nel pregevole cippo


Vasanello

Zona Archeologica di Palazzolo

d’altare. Vicino alla parta d’ingresso laterale è murata una piccola lapide marmorea nella quale si ricorda la morte di un arciprete avvenuta nel 1038; è il primo documento scritto che nomina il paese: ”in castro Vassanello”. La precede il monumentale campanile di scuola laziale (XII sec.) che si eleva a sé stante, costruito in parte con pietre del selciato dell’antica via Amerina e aperto da un piano di bifore e cinque di trifore. Secondo una leggenda il campanile fu costruito su un mausoleo eretto per l’ultimo re etrusco Elbio, sconfitto dai romani nella battaglia del Lago Vadimone che sancì la fine del mondo etrusco. SANTA MARIA DELLE GRAZIE (XIV sec.) Pregevoli gli affreschi di scuola umbrolaziale, in particolare quello nella nicchia dell’altare dove evidenti sono i segni della scuola del Perugino e quello dell’edicola esterna raffigurante la Madonna con Bambino. CAPPELLA DI SAN LANNO Eretta sul luogo del supplizio del Santo, questa cappella conserva uno spettacolare affresco

attribuito all’anonimo Maestro di Castiglione in Teverina. PALAZZOLO/CESURLI A Palazzolo tra i secoli VI-XIV proliferò una curtis regia o palatium, nodo vitale nell’ambito del sistema fiscale longobardo. A Cesurli fin dal IV secolo a.C. sorse una fornace romana i cui manufatti sono stati ritrovati in tutto il Mediterraneo. PER INFORMAZIONI RIVOLGERSI AL NUMERO: Tel 0761.4089330 - Fax 0761.4089329 O VISITARE IL SITO: www.vasanellovt@info VASANELLO PER DATE GENNAIO 17 GENNAIO FEBBRAIO 4-7 MAGGIO MAGGIO GIUGNO 10-13 LUGLIO 10 AGOSTO 14-16 AGOSTO SETTEMBRE OTTOBRE

II dom. festa del Santo Patrono S. Lanno Festeggiamenti in onore di S. Antonio Abate Carnevale vasanellese con carri e maschere Festeggiamenti in onore del S. Patrono S. Lanno Festa Medievale Corpus Domini con infiorata Festa Banda Musicale G. Porri Ortaccio Jazz festival Passeggiata notturna tra i boschi alla scoperta delle stelle cadenti Festeggiamenti in onore di S. M. Assunta e S. Rocco I week-end presso il Castello Orsini “Oltre il giardino” esposizione di ceramiche e piante rare Ultima domenica Mostra Mercato

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Gallese

Gallese

CENNI STORICI

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Il centro storico, sorgendo su un pianoro delimitato da due corsi d'acqua, tradisce le sue origini falische, anche se la presenza umana nel territorio risale addirittura al Paleolitico Superiore, come attestano i materiali ritrovati nelle caverne situate a breve distanza dal Tevere, sulle rive dei suoi affluenti. Il benefico influsso della limitrofa Selva Cimina e dei corsi d'acqua, unitamente ai vantaggi derivanti dal passaggio di un tratturo discendente dagli Appennini, assicurarono la sopravvivenza al gruppo di individui che, nel corso del IX secolo a.C., a causa delle mutate condizioni politico-militari, preferirono occupare il pianoro tufaceo, su cui attualmente sorge il centro storico; si organizzarono in eco-

Scorcio del Comune di Gallese

nomie agricole e mercantili e svilupparono dei sistemi difensivi. Con la civiltà falisca, contemporanea di quella etrusca, si raggiunse l'apogeo, sfruttando il collegamento al Tevere e alle grandi vie del legno e dei metalli. Dopo il crollo dell'Impero Romano d'Occidente, in seguito alle incursioni barbariche, ci si riparò a monte e si recuperò l'antico borgo falisco, organizzando una nuova difesa muraria e militare. La Rocca di Gallese si configurò presto come un importante presidio della via Amerina, che collegava Roma all'Esarcato, e della via Flaminia. Il borgo bizantino si sviluppò intorno al nucleo centrale e sorsero nuove contrade, sia all'interno della cinta muraria che all'esterno, nei limitrofi campi agricoli. Nelle vicinanze delle mura, invece, si stanziavano gli abitanti provenienti dalle campagne. Nel Cinquecento e nel Sei-


DA VISITARE ARCO DI PORTA Questa imponente struttura, realizzata nel secolo XVI, costituisce oggi l'unico punto di accesso al centro storico di Gallese, mentre in passato se ne contavano almeno altri tre. Sulla sommità del portale bugnato in travertino spiccano gli stemmi della Città di Gallese e della famiglia Altemps. CHIESA DI SAN LORENZO Questa chiesa esisteva già nel XV secolo. Fu sede della Confraternita del S. Nome di Gesù, mentre attualmente viene officiata il Venerdì Santo e il 10 agosto, giorno della festa del Martire. Al suo interno si conservano alcuni dipinti del XVII secolo ed una raccolta di oggetti legati alla liturgia del Venerdì Santo. CHIESA DI SANT'AGOSTINO Originariamente dedicato a San Benedetto, questo luogo di culto era già esistente nel IX-X secolo e comprendeva un più ampio monastero che inglobava il Convento ora occupato dalle Suore del Preziosissimo Sangue e il cosiddet-

In alto: Palazzo Ducale In basso a destra: Chiesa di S. Agostino In basso a sinistra: Arco di Porta

to "Mulino del Duca". Sulla facciata, che reca evidenti i segni di numerosi rifacimenti, spicca la lunetta affrescata nel XVI secolo. All'interno sono conservati gli affreschi di San Sebastiano, San Famiano e Sant'Antonio Abate (1520), della Maddalena e di San Rocco (secolo XVI). La Cappella dell'Annunziata reca, sulle pareti affrescate da artisti della scuola di Antonio Del Massaro da Viterbo, detto il Pastura, le scene dell'Annunciazione, della Natività, dell'Adorazione dei Magi e della Strage degli Innocenti. Al centro dell'altare maggiore si trova una tavola dipinta raffigurante la Madonna del buon Consiglio, mentre ai lati sono collocati i dipinti ad olio raffiguranti San Benedetto e Sant'Agostino. Danneggiata nel corso dell'ultimo conflitto mondiale, è ora curata dal Comitato dell'Immacolata Concezione. CONVENTO DI SANTA CHIARA SEDE MUSEO CIVICO Venne realizzato agli inizi del Seicento, con l'annessa chiesa. Perse la funzione conventuale nel 1804, quando le monache, in seguito all'occupazione francese, furono costrette ad abbandonare l'edificio. Da allora ospitò l'Oratorio della Confraternita del Santissimo Rosario, l'Or-

Gallese

cento Gallese divenne feudo nobiliare e si susseguirono al potere diverse famiglie tra cui Colonna, Orsini, Borgia, Della Rovere e Altemps. Vennero eseguiti importanti lavori al castello e alle mura e venne costruita la Porta di Gallese, ora unico accesso alla città. Le rappresentanze dei cittadini si confrontavano in assemblea e vennero creati, nel 1576, gli ordinamenti che regolavano la vita della città, allora divisa in tre contrade (Santa Maria, San Lorenzo e Sant'Angelo), e governata da magistrature elettive. Oltre i già ricordati lavori, che videro il castello trasformarsi in palazzo ducale, nel Cinquecento vennero realizzati diversi palazzi nobiliari, mentre nel Settecento venne edificata la nuova Cattedrale (1796). Dopo la dominazione francese e la Repubblica Romana, Gallese, nel 1870, come gli altri centri del Lazio, venne annessa al Regno d'Italia.

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Gallese

Basilica di San Famiano

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fanotrofio, la Sede Vescovile e il Municipio. La chiesa non è più esistente, a causa dei gravissimi danni subiti nel corso della seconda guerra mondiale. Attualmente l'edificio ospita il Museo e Centro Culturale Marco Scacchi, struttura creata per rafforzare l'identità storico-artistica del territorio di Gallese e per ospitare e promuovere attività culturali. Al suo interno, unitamente ai pannelli didattici che illustrano la realtà territoriale, sono conservate raccolte archeologiche, documenti a partire dal Medioevo, opere d'arte medievali e rinascimentali, macchine industriali dei primi del '900. PALAZZO COMUNALE Sede storica dell'Amministrazione di Gallese, fu fatto costruire, come ci informa l'antica maiolica conservata sopra il portone di ingresso al primo piano, nel 1474 da Marco Galassi, "scindicus" della Città. Sulla facciata sono murati i resti di un altare reliquiario del XV secolo.

Facciata della cattedrale S. Maria Assunta

IL PALAZZO DUCALE Nella stessa area attualmente occupata dal Palazzo, probabilmente fin dal periodo falisco dovevano trovarsi delle strutture difensive, essendo in questo punto la collina priva di difese naturali. Divenuto nel corso dei secoli sempre più imponente, questo apparato difensivo nel Medioevo acquisì la forma di castello. Alla fine del XV secolo fu restaurato per volere di Alessandro VI; successivamente, dopo circa un secolo, gli Altemps lo trasformarono in palazzo su disegno del Vignola. Anche l'architetto Carlo Fontana, nel XVIII secolo, intervenne sull'edificio. Ancora oggi il palazzo, abitato dal Duca Luigi Hardouin, conserva il suo antico splendore. CHIESA CATTEDRALE "S. MARIA ASSUNTA" Sorto nello stesso luogo un tempo occupato da una più antica chiesa, il Duomo, di stile neoclassico, è opera di Pietro Camporese e figli. Venne terminato nel 1796, ma fu consacrato solo 23 anni dopo, nel 1819. Al suo interno spiccano l'altare maggiore, realizzato con marmi pregiati nel 1861, grandi pale d'altare dei primi dell'Ottocento raffiguranti San Giovanni Battista, la Consegna del Rosario, il Martirio di Sant'Aniceto papa, l'Ultima Cena, la Crocifissione, la pala dell'altare maggiore raffigurante l'Assunzione di Maria Santissima, di Cristoforo Hunterperger e una tavola di scuola veneto-cretese del XVI secolo, raffigurante l'Adorazione dei Magi, recentemente restaurata e visibile nella navata sinistra. BASILICA DI SAN FAMIANO È il luogo affettivamente più caro a tutti i gallesini, in quanto ospita le spoglie incorrotte di San Famiano, monaco pellegrino cistercense, nato a Colonia nel 1090 e morto a Gallese l'8 agosto del 1150. La chiesa, situata al di fuori del perimetro urbano, ingloba la grotta, trasformata in cripta, dove il Santo volle essere sepolto. Fu costruita in varie fasi, dal Medioevo in poi, e fu sottoposta a numerosi restauri, uno dei quali, risalente agli anni Cinquanta, le restituì


La Befana

l'antico aspetto romanico. Al suo interno si trovano, oltre il pregiato sarcofago settecentesco in marmo che raccoglie il corpo del Santo, affreschi risalenti al XVI secolo. A tre chilometri circa dal centro storico, in piena campagna, si trova l'altra chiesa dedicata a San Famiano, la cappella di San Famiano a Lungo. In essa è conservata la sorgente che il Santo, il giorno 17 luglio 1150, al termine del suo pellegrinaggio che lo aveva portato in Spagna, in Terra Santa e a Roma, fece scaturire percuotendo il suolo con il suo bastone viatorio. Ancora oggi, il 17 luglio di ogni anno, il luogo è meta di un pellegrinaggio che parte alle prime ore del mattino. Il culto del Santo e la custodia delle due chiese sono affidati all'antica Confraternita di San Famiano, ricostituitasi nel 1990.

EVENTI E MANIFESTAZIONI FESTA DI SAN FAMIANO E LE ZITELLE È la ricorrenza più sentita da tutti i ciittadini di Gallese, la Festa del Santo Patrono Famiano, morto a Gallese l'otto agosto del 1150. È una figura molto venerata nella cittadina viterbese ed ogni gallesino guarda con devozione e rispetto al Santo Patrono. Alla Festa è legata la tradizione delle zitelle, che sfilano la mattina dell' 8 agosto dietro la statua del Santo. Le "Zitelle" erano, secondo la tradizione antica, ragazze nubili, povere, devote e oneste che, secondo documenti del 1519, dopo essere state estratte a sorte il 17 luglio, ricevevano la promessa della dote. Secondo la volontà testamentaria di Curtio Vanni, dal 1614 iniziarono a partecipare alle processioni di San Famiano il 7 e 8 agosto, vestite di bianco, con abito ap-

LA BENGALATA DI SAN FAMIANO Dall'altro delle Cinta Muraria che circonda l'antico borgo medioevale di Gallese, in occasione dei Festeggiamenti per il Santo Patrono di Gallese San Famiano, ha luogo uno dei più spettacolari giochi pirotecnici che si conosca. Il giorno 7 agosto, infatti, appena calata la sera verso le ore 22:00, quando la statua del Patrono Famiano, portata in processione, si accinge ad entrare nel centro storico del Paese, migliaia di Bengala si accendono di colpo illuminando a giorno tutto lo spazio circostante con un'entusiasmante ed indimenticabile impatto emotivo. Per la sua peculiarità, la Bengalata di San Famiano è uno spettacolo assolutamente da non perdere. OGNI II DOMENICA DEL MESE: Mercatino Antiquariato e Modernariato GALLESE PER DATE 5 GENNAIO 17 GENNAIO

MAGGIO GIUGNO GIUGNO 17 LUGLIO LUGLIO 7 AGOSTO 7/8 AGOSTO SETTEMBRE 8 DICEMBRE

La Befana accompagnata dalla Pasquerella antica melodia distribuisce doni ai bambini S. Antonio Abate, Benedizione animali. Inizio del Carnevale a chiusura della manifestazione sfilata di carri allegorici Le Giornate dell’Arte 1 settimana Festa della birra 1 domenica di giugno Festa di S. Sebastiano 1 settimana Infiorata del Corpus Domini Festa S. Famiano a Lungo Ultima settimana: iI Suono dei giorni, Rassegna di musica popolare e della tradizione contadina La Bengalata di S. Famiano Festa di S. Famiano e le Zitelle Madonna della Vite Festval Marco Scacchi La Sveglia con la Banda dalle 05.00 del mattino per le vie del paese

Gallese

Le Zitelle

positamente confezionato e drappeggiato con tante piccole pieghe fermate con spilli ed il cingolo alla vita, la candela nella mano destra ed il volto semi coperto da un velo bianco. Nel 1669 anche Domenico Colavani lasciò erede la Compagnia perchè "dotasse", secondo la tradizione, le "Zitelle". Le Zitelle venivano estratte a sorte dal Bussolo in cui erano stati inseriti, su espressa loro richiesta ai fattori della Confraternita di San Famiano, i nomi delle ragazze con i diversi e fondamentali requisiti.

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Corchiano

Corchiano

CENNI STORICI

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Le cosiddette “cavernette falische”, una serie di ripari in grotta qui attestati con una particolare intensità, testimoniano una frequentazione dell'area già nel Paleolitico; la nascita dell'insediamento è tuttavia da porsi nell'VIII sec. a.C., come evidenziato dal ritrovamento nel sepolcreto di Caprigliano di tombe a pozzo e a fossa attribuibili a questa fase. La città doveva sorgere nel vicino pianoro del Vallone, difeso su tre lati da due corsi d'acqua - il Fosso delle Pastine ed il Rio Fratta - e protetto sul quarto da un imponente fossato artificiale: scarsi sono i resti dell'abitato, e riferibili essenzialmente a tratti stradali, pozzi, cunicoli ed opere murarie. Le origini di Corchiano possono così esser fatte risalire ad un periodo precedente a quello etrusco, quando la zona era abitata dalla popolazione di

Veduta di Corchiano

origine indo-europea, affine ai Latini per lingua e costumi, i Falisci. Nel 241 a.C. quando Faleri Veteres (Civita Castellana) tentò di riconquistare la propria libertà, i Romani la soppressero definitivamente insieme a Fescennium ed altri villaggi, costringendo gli abitanti ad abbandonare i villaggi sui dirupi. Nel 358 a.C. tutto l'Agro Falisco, invece, venne sottomesso dai Romani e l'antico insediamento prese il nome di Fescennium, proprio come i componimenti satirici che originariamente erano realizzati in occasione delle feste dedicate al raccolto, ed erano caratterizzati da invettive e scherzi tanto temuti dai Romani per la loro violenta ironia da renderli vietati con un'apposita legge. Ancora oggi, durante le feste del paese, vengono rievocati cantando episodi satirici che risalgono agli antichi ludi fescennini. Fino al medioevo il comprensorio dell'Agro Falisco visse un periodo di tranquillità, ma quando i Barbari scesero ver-


DA VISITARE CHIESA DI S. BIAGIO Fu costruita nel XIV secolo. È ad una navata, ed è caratterizzata da una serie di affreschi lungo le pareti laterali, tra cui San Giorgio e il drago, e due rappresentazioni di San Biagio, patrono del paese, di cui una con in mano il pettine metallico con il quale veniva torturato. Tra i pittori che hanno lavorato ai dipinti probabilmente anche Lorenzo da Viterbo. La chiesa subì un importante restauro nella seconda metà del XV secolo, favorito soprattutto dalla generosità del pontefice Paolo II e certamente vi parteciparono maestranze locali, visto che in quegli anni a Corchiano vi era una fiorente attività di marmorari nella bottega di Domenico Cecchi, che aveva lavorato anche a Roma nella chiesa di S. Marco ed a Palazzo Venezia.

Chiesa di S. Biagio

BORGO MEDIEVALE Molto suggestivo è il borgo medievale di Corchiano, arroccato su un alto sperone tufaceo che si affaccia sul Rio Fratta, del quale è possibile comprendere l’antico assetto percorrendo il dedalo di vicoli e stradine in pendenza del centro storico. Della rocca, le cui origini sono da ricondurre all’XI o al XII secolo, si conserva solamente un torrione che appartiene alla ristrutturazione cinquecentesca dei Farnese. Giungiamo nella piazza IV novembre, sulla sinistra troviamo la fontana Farnese a sei cannelle, ristrutturata nel 1661. Sulla destra, fino al 1979, v'era il palazzo Farnese, costruito dalla potente famiglia sopra il preesistente castello medievale di Corclanum. Divenuto fatiscente si preferì abbatterlo e costruirvi un belvedere e un parcheggio. A testimonianza del castello fu lasciata una parte di torrione. Sulla destra della piazza abbiamo il vecchio palazzo comunale, oggi divenuto sede della biblioteca. Nelle caratteristiche vie notiamo gli stemmi gentilizi sopra i bei portali, i rustici profferli, le buie arcate.

La Fontana Farnese

Corchiano

so Roma saccheggiando e devastando non soltanto Faleri ma anche Fescennium, agli abitanti non rimase altro che abbandonare le città e rifugiarsi sui precedenti siti di ripiego utilizzati i secoli precedenti. Dopo periodi di continui insediamenti ed avvicendamenti di popoli la vecchia Fescennium venne quindi riabitata intorno al 1000; furono costruiti numerosi castelli ed il paese prese il nome di Hortiano, sotto la guida del capitano Ranieri di Farolfo. Altre famiglie si avvicendarono alla guida del paese tra cui i Di Vico e gli Orsini che vi rimasero fino al 1472. Nel 1534 entrò a far parte del Ducato di Castro per volontà di Paolo III Farnese, che donò tale ducato al figlio Pier Luigi Farnese. Fu questo il periodo più prospero per l'architettura corchianese. Come in ogni loro feudo i Farnese costruirono una nuova rocca, che andò morendo nei secoli successivi alla distruzione di Castro nel 1649 e fu definitivamente abbattuta nel 1979; ne rimangono alcuni monconi. Successivamente Corchiano passò alla Chiesa e ad altre signorie, venne occupata dalle truppe francesi nel 1798 per ritornare sotto la Camera Apostolica fino all'unità d'Italia, nel 1870.

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Corchiano

EVENTI E MANIFESTAZIONI

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IL FESCENNINO D’ORO Il Fescennino d'oro nasce nel 2000 da un'idea del Sindaco, Dott. Bengasi Battisti e del Maestro Nicola Piovani, in occasione dell'intitolazione di una nuova piazza a Pina Piovani, attrice corchianese. Esso non è l'ennesimo premio istituito in Italia. La sua originalità è racchiusa nella sua non fissità. Viene infatti attribuito solo quando la Giuria individua all'unanimità un artista che abbia svolto un'attività volta a tutelare e diffondere le tradizioni e il teatro popolare, attraverso la comunione di comunicativa teatrale e nobiltà culturale. Il Fescennino d'Oro va inteso, quindi, come un premio dalla duplice finalità: il riconoscimento di radici culturali e di tradizioni che fanno la storia di una comunità, se non di un popolo intero. Ma anche la possibilità, per dirla con le parole del Maestro Piovani, di dare premi a chi ne ha ricevuti meno di quanto meritava, perché nel frattempo è cambiato il linguaggio, verbalizzato e non; sono cambiati i tempi della comicità, allineati a quelli più rapidi e incisivi della televisione. È cambiato il modo di preparare la propria tecnica recitativa, il modo di fare gavetta, di rapportarsi con il pubblico. Ma le radici e i grandi maestri sono rimasti; è racchiusa tutta qui l'importanza del Fescennino d'Oro. L'incisione del premio è affidata a Roberto Candolfi che ha ri-

Fescennino d’oro, Presepe vivente

proposto il frammento di sarcofago conservato presso la biblioteca, incorniciato da cinque elementi che ripropongono le cinque arti: musica, teatro, cinematografia, architettura e poesia. PRESEPE VIVENTE Il Presepe Vivente nacque nel Natale del 1970 ad opera di un gruppo di giovani corchianesi e venne rappresentato per la prima volta nella caratteristica piazza "Padella". Dopo tre anni, non essendo piazza Padella in grado di contenere tutto il pubblico che accorreva alle rappresentazioni, venne trasferito in un luogo più ampio attiguo alla piazzetta ed infine si decise di spostarlo sotto via "Portavecchia”.

CORCHIANO PER DATE MAGGIO LUGLIO AGOSTO DICEMBRE

Voler Bene all’Italia La Festa della piccola Grande Italia Infiorata Estate Corchianese Fescennino Presepe Vivente


CENNI STORICI Fabrica di Roma è una cittadina di circa 8.000 abitanti situata ai piedi del Monti Cimini, vicino alla Valle del Tevere, a cinquanta Km da Roma. Il territorio è di origine vulcanica (il vulcano di Vico, poi sprofondato a formare il suggestivo Lago) ed è ricco di acque sorgive e di boschi (querce e castagni). Il clima è temperato di collina (250-400 metri slm). Le principali attività economiche sono l’industria ceramica, il suo indotto e l’agricol-

tura (soprattutto nocciole). Fabrica presenta significative testimonianze storiche dal paleolitico in poi. Nel centro abitato La Rocca (XII sec.) dominata dalla imponente torre quadrata (XIII sec.), il Duomo (XII sec.) con gli importanti affreschi dei Fratelli Torresani, via Fontanella con gli stemmi delle corporazioni duecentesche ed il Palazzo dei Prefetti di Vico (XII sec.). Sempre nel territorio di Fabrica, a sei Km dal capoluogo, si erge la splendida città Falisco-Romana di Falerii Novi (III sec.a.C.) con le sue mura di ben oltre due chilometri di lunghezza fortificate da cinquanta torri ed il maestoso Arco di Giove (porta d’ingresso alla citta’). All’interno l’Abbazia di S. Maria in Falleri aperta nei fine settimana alle visite e a brevissima distanza la via Amerina con la sua suggestiva necropoli immersa nel bosco di querce.

DA VISITARE LA ROCCA È nel 1177 che Papa Alessandro III in una sua bolla cita il “Castello di Fabrica”. La presenza dello stesso è probabilmente da riferirsi ad una serie di progetti di “incastellaVeduta della Torre dal nuovo comune

Fabrica di Roma

Fabrica di Roma

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Fabrica di Roma 20

mento” che vennero realizzati tra l’XI ed il XIII secolo nel comprensorio. Probabilmente a Fabrica quest’opera fù dovuta alla famiglia gentilizia dei Di Vico, opera poi ampliata dagli Orsini (inizio XIV sec.) e restaurata da Pietro Matteo De Capoccini, precettore dell’Ospedale di Santo Spirito (1454). Ulteriori modifiche vennero fatte per ordine del Card. Alessandro Farnese (1590) e dalla Camera Apostolica, che intorno alla metà del 1600 sistemò la parete sud e ancora dalla Fam. Cencelli che alla fine del 1800 restaurò la splendida torre. Questa venne realizzata agli inizi del XIV secolo con muri spessi oltre due metri e con una altezza originaria di oltre 40 metri, poi ridottisi agli attuali 34 a seguito di crolli e mancanza di manutenzione. L’interno, di pregevole fattura, è stato restaurato negli anni‘90 dalla attuale proprietaria e nella occasione sono stati rinvenuti e riportati al loro antico splendore molti pregevoli affreschi della seconda metà del 1400 nascosti per secoli da spessi strati di calce bianca. Importanti sale ed una architettura movimentata ed originale ne fanno, assieme agli affreschi, una fondamentale testimonianza della storia di Fabrica.

Santa Maria in Falleri

SANTA MARIA IN FALLERI S. Maria di Falleri fu eretta nel XII secolo dall’Ordine dei Cistercensi; perfettamente orientata con la facciata ad Ovest e l’abside ad Est, presenta un suggestivo interno a tre navate e, oltre all’abside maggiore, altre quattro absidi minori corrispondenti ad altrettante cappelle. Essenziale come le architetture Cistercensi offre una interessante facciata a membrature marmoree con colonne a capitelli compositi, frutto del grande genio artistico di Jacopo e Lorenzo Cosmati. CHIESA DI SANTA MARIA DELLA PIETÀ S. Maria della Pietà fu eretta intorno ad un’edicola raffigurante la Vergine col Bambino, risalente probabilmente al tardo ‘400. A pianta ottagonale che richiama la tipologia delle architetture locali realizzate da Antonio da Sangallo. Nella metà del 500 venne affidata ai padri dell’ordine di S. Agostino, che vi rimasero per oltre 100 anni. Nel 1560 gli affreschi delle cappelle a nicchia della navata e della tribuna ottagonale vennero commissionati a Bartolomeo e Alessandro Torresani, appartenenti ad una famiglia di abili pittori. Nella loro opera unirono il gusto semplice delle decorazioni, realizzate con una vasta gamma di colori, al movimento e luminosità delle figure. IL DUOMO La prima notizia che si ha di questa chiesa risale al 1177; nel 1400 però doveva esser stata ampliata e ripristinata. Fu completata con la realizzazione della facciata in stile romanico nel 1630 ad opera dei Duchi Farnese. Bartolomeo e Lorenzo Torresani affrescarono il catino absidale con uno sfondo di cielo azzurro cosparso di stelle in cui il Cristo raffigurato nell’atto di benedire è contornato da una schiera di angeli di grande effetto scenografico. Lungo il sottarco absidale sono affrescati numerosi personaggi biblici. Nel tamburo sottostante, un magnifico trittico rappresenta l’Ultima Cena, la Fla-


PALAZZO DEI PREFETTI DI VICO L’antico palazzo si affaccia su di uno stretto vicolo (via della Fontanella), ha una facciata semplice ma abbellita da splendide bifore finemente scolpite nel peperino, adorne di motivi floreali e rosoni. Altre aperture invece a monofora sono decorate con cornici arabeggianti di chiaro influsso meridionale risalente ai primi anni del XV secolo. Lo stemma dei Prefetti di Vico, l’aquila, appare al disopra dell’elegante portale, anch’esso abbellito da numerosi rilievi di pietra.

Palazzo Cencellii

Palazzo dei Prefetti di Vico

PALAZZO CENCELLI Importante palazzo nobiliare sito nel cuore del centro storico, risalente al XVI secolo. L’edificio, più volte rimaneggiato, conserva tuttora all’interno numerose pitture ad affresco, dipinti pregevoli e gran parte dell’arredo originale. Adiacente al palazzo si trova anche un ampio giardino storico, un tempo

Fabrica di Roma

gellazione ed al centro la Crocifissione. L’anno di esecuzione del ciclo pittorico è il 1556, i lavori di restauro sono stati realizzati nel 1955. Sotto l’altare maggiore è deposto il corpo ricoperto di cera di S. Giustino Martire. Nei due altari laterali gli affreschi , precedentemente ricoperti, sono stati in parte recuperati con i restauri del 1959. Di grande valore il tabernacolo antico in marmo artisticamente lavorato. L’ultimo restauro risale al 1998. Nel lato sinistro la statua lignea del Patrono di Fabrica S. Matteo Ap. Ev.

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Fabrica di Roma 22

Porta Giove

“all’italiana”, che ha conservato parte delle originali siepi di bosso e alcuni dei monumentali cipressi. Il giardino è inoltre abbellito da alcune fontane artistiche e pergole. Attualmente il palazzo, ristrutturato, è sede del Comune di Fabrica di Roma. FALERII NOVI Faleri Novi fu fondata dai Romani dopo la distruzione di Falerii Veteres nel 241 a.C. ed ospitò la popolazione sconfitta dei Falisci in un luogo aperto e privo di difese. Venne quindi munita, per proteggerla dai frequenti attacchi esterni, di una poderosa cin-

Tramonto sulle mura di Falerii Novi

ta muraria di oltre 2 Km di lunghezza e m5 di altezza e di cinquanta massicce torri a pianta quadrata poste ad intervalli regolari. Le porte di accesso alla città sono in corrispondenza del Cardo e del Decumano massimo. Tra queste particolarmente importante è la cosiddetta “Porta di Giove”, denominata in tal modo dalla testa giovanile inserita nella chiave dell’arco dell’ingresso principale alla città. All’interno della cinta muraria sono visibili l’area del foro romano, con vie basolate, una grande struttura, forse di uso pubblico, e l’Abbazia di S. Maria di Falleri. Vicino alla città tutto un fiorire di altri siti con particolare interesse da rivolgere alle vicine catacombe di S. Gratiliano e S. Felicissima ed alla adiacente necropoli di Pian di Cava. Foto e testi forniti da: D. Pedica FABRICA DI ROMA FEBBRAIO FEBBRAIO/MARZO PASQUA APRILE/MAGGIO GIUGNO II SETT. DI LUGLIO LUGLIO/AGOSTO SETTEMBRE OTTOBRE/NOVEMBRE DICEMBRE/GENNAIO

Carnevale Rassegna teatrale Nazionale Processione del Venerdì Santo, Concerti Primavera Celebrazione del 25 Aprile, Mostre storiche, Visita guidata a Faleri Novi Via Amerina Tornei estivi, Sagra della zucchina in fiore, Festa Rionale di Faleri Raduno amatorialre Mountain Bike Rassegna cinematografica concerti e spettacoli Festa della Birra Festa Patronale SS Matteo e Giustino Palio S. Matteo corsa dei cavalli Feste rionali Natale a Fabrica, Rassegna Musicale


CENNI STORICI La storia millenaria di Civita Castellana inizia con quella dei Falisci, un popolo guerriero che si scontrò inevitabilmente con la vicina Roma. Sconfitti, i Falisci furono letteralmente cacciati dal sito fortificato di Falerii Veteres e costretti a fondare un'altra città su di una piana distante. Il nuovo insediamento si chiamò Falerii Novi. Dieci secoli dopo, i Falisci iniziarono a tornare nella città abbandonata, in seguito alle guerre gotiche e alle invasioni longobarde, dando vita a uno sviluppo urbanistico che ancora oggi conserva il suo tessuto medioevale. Falerii Veteres divenne così Civita

Forte Sangallo

Castellana. Nel corso dei secoli successivi, Civita sarà il luogo dove papi come Clemente III e Adriano IV, troveranno rifugio in situazioni di estremo pericolo. Durante il periodo del Rinascimento ci furono delle lotte tra due famiglie: i Di Vico e i Savelli fino a quando, nel 1426, la Santa Sede non riaffermò la propria giurisdizione. Da quel momento la città seguì le sorti dello Stato della Chiesa e molti furono i papi che nel corso degli anni la visitarono e vi soggiornarono. Tra questi non possiamo non menzionare Alessandro VI, Giulio II, Pio VI. È sotto il pontificato di Alessandro VI Borgia che iniziarono i lavori nel forte Sangallo. L'evento più importante del XVI secolo, invece, fu l'attacco che i Lanzichenecchi sferrarono a Civita Castellana nel 1527. Questi per ben due volte cercarono di impossessarsene, avendone compreso l'importanza strategica. Questa però riuscì a resistere, ma fu in tale occasione che l'archivio cittadino venne bruciato. I secoli XVII e XVIII furono sostanzialmente di pace finchè le idee della rivoluzione francese

Civita Castellana

Civita Castellana

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Civita Castellana

raggiunsero anche Civita Castellana. Nel dicembre del 1798 le truppe francesi, guidate dal generale MacDonald sconfissero le truppe napoletane e l’anno seguente gli Aretini si unirono agli altri nemici dei francesi, ed attaccarono Civita Castellana. I francesi ben presto si riappropriarono della città e la controllarono fino al 1815. Nel 1860 i garibaldini diretti a Mentana, si fermarono a Civita. Il 12 Settembre del 1870 vi sostò lo stesso Vittorio Emanuele II, diretto verso Roma con il suo esercito, che liberò la città, annettendola a quello che poi sarebbe divenuto il Regno d'Italia. È nel secolo XIX che a Civita Castellana inizia una svolta economica con i primi impianti per la fabbricazione di ceramiche, dovuta anche alla facile reperibilità dell'argilla presente nel luogo, che avrà il suo massimo sviluppo nel secondo dopoguerra fino a farne, ai nostri giorni, una vera e propria città della ceramica.

DA VISITARE 24

FORTE SANGALLO Voluto da Papa Alessandro VI, come roccaforte a difesa dello Stato Pontificio, venne edificato ad opera di Antonio da Sangallo il Vecchio. I lavori iniziarono nel 1494 e terminarono nel 1503. La fortezza, costruita in pianta pentagonale, sorge sull'area della vecchia rocca medievale di Civita Castellana. La tecnica di costruzione, innovativa per il periodo, è stata realizzata con blocchi tufacei angolati rispetto al piano di campagna, in modo da attutire i

Borghetto, ruderi

Museo della Ceramica

colpi dell'artiglieria nemica che venivano sferrati sulle mura. Nel 1504 la fortezza fu potenziata con la costruzione del mastio ottagonale, che aumentatò la visibilità sul territorio circostante. Successivamente fu completati il porticato e la "Rotonda", l'originario corpo di guardia. Nel 1870, con la costituzione del Regno d'Italia, venne trasformata in casa di reclusione. Nel 1977, la fortezza ristrutturata nel suo antico splendore è diventata sede di uno dei più importanti musei archeologici dell'Agro Falisco. MUSEO DELLA CERAMICA La cospicua donazione di opere ceramiche avvenuta nel 1996 per volontà della Sig.ra Masaniella Santarelli Marcantoni, che insieme al marito Casimiro le aveva collezionate, consente di costituire il primo nucleo del Museo della Ceramica, che trova inizialmente sede

Chiesa di S. Pietro


DUOMO DEI COSMATI Conosciuto anche come chiesa di Santa Maria Maggiore, venne costruito verso la fine del XII secolo. Gli architetti che vi lavorarono, appartenevano ad una delle più importanti famiglie di marmorari dell'epoca; quella dei Cosmati. La facciata del Duomo è preceduta da un portico, scandito da colonne. Sull'architrave poi, in origine doveva esserci una decorazione a mosaico blu con una scritta in oro, di cui restano poche lettere. Al centro del porticato si può ammirare un arco sostenuto da due pilastri. Su quello di sinistra compare il nome Jacobus Laurentii, che insieme al figlio Cosma, si occuparono della realizzazione del portico. Ai pilastri su menzionati, se ne aggiungono altri due. Su tutti e quattro figurano i simboli dei quattro Evangelisti, mentre sull'arco centrale si può vedere l'immagine dell'Agnello, simbolo di Cristo, e nei pennacchi laterali invece vi sono due aquile. Epigrafi romane e medievali, insieme a reperti di varie epoche, sono raccolti sotto il portico. All'interno del Duomo si accede tramite un portale centrale, ornato da quattro colonne corin-

Civita Castellana

nel Palazzo Petroni-Andosilla. Il Museo, intitolato per tale motivo a “Casimiro Marcantoni” nel 2007 trova collocazione adeguata nel complesso dell’Istituto Statale d’Arte “U. Midossi” in virtù della collaborazione con codesta istituzione scolastica al fine di realizzare una concreta integrazione tra formazione, analisi e studio di opere di valore storico-culturale ed unificare in un’unica struttura il patrimonio di arte tradizionale e manifestazioni di arte moderna. Sono esposte al pubblico opere ceramiche di vari periodi, prevalentemente appartenenti agli anni tra il 1920 e il 1960. All’interno del Museo sono esposti vasi, piatti, manufatti, piastrelle dipinte che testimoniano la bravura dei più importanti maestri ceramici locali. MUSEO DELLA CERAMICA “C. MARCANTONI” Via A. Gramsci, 1 c/o Istituto Statale d’Arte “U. Midossi” ORARIO: tutti i giorni (escluso il martedì) dalle ore 9,00 alle ore 17,00

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Duomo dei Cosmati. Cripta - Facciata esterna - Navata centrale

zie; due delle quali posano su leoni stilofori, uno per ogni lato, rappresentanti il male e che stringono fra le zampe due figure maschili che simboleggiano il fedele al quale è impedito di accedere alla salvezza. Al portone centrale se ne aggiungono due laterali. All'interno solo la pavimentazione e la cripta sono del XII-XIII secolo, il resto risale al restauro settecentesco, voluto dal vescovo Mons. Tenderini, che stravolse l'aspetto originario dell'intero edificio. Oggi il Duomo si presenta con una pianta ad


Civita Castellana 26

aula unica, e ben otto cappelle si snodano lungo tutto il suo perimetro. Dietro all'altare maggiore campeggia una tela con l'immagine dell'Annunziata, opera di Pietro Nelli, del XVIII secolo. Lateralmente, invece, ci sono a destra il Martirio dei Santi Giovanni e Marciano, a sinistra la Resurrezione di Giovanni. Ai lati del presbiterio ci sono due porte che conducono, quella di destra alla sacrestia, l'altra invece, all'Oratorio del Sacro Cuore, costruito nel XIV secolo come cappella dedicata a S. Giovanni Battista. Al suo interno compaiono, murati, due plutei ed un sarcofago medioevale che illustra una scena di caccia. Si possono ancora ammirare alcuni affreschi del XIV secolo sulla parete sinistra. Altri ce ne sono anche nel catino absidale. Nella cripta posta sotto l'altare e coperta da volte a crociera sorrette da colonne con capitelli di varie epoche, oltre ai due cibori realizzati da Pietro da Siena per l'allora governatore Rodrigo Borgia, c'è anche un piccolo altare sormontato da un medaglione del Settecento con l'effigie dei SS. Gratiliano e Felicissima. Quest'ambiente venne utilizzato come sepolcreto dei vescovi della diocesi. Molto bello è anche l'organo, anch'esso del '700, recentemente restaurato. Sembra che nel 1770 Mozart andando via da Roma si sia fermato a

Manifestazione Civita Festival

Civita e in quell'occasione suonò l'organo sopra citato. ORARI DI APERTURA Tutti i giorni Orario invernale 9:00/12:00 - 15:30/18:30 Orario estivo 9:00/12:00 - 16:30/19:30

EVENTI E MANIFESTAZIONI CIVITAFESTIVAL La manifestazione denominata CIVITAFESTIVAL è giunta ormai alla XX edizione, registrando un consenso di pubblico e di critica senza precedenti. Il rigore e la qualità delle scelte artistiche connotano il CIVITAFESTIVAL come uno degli appuntamenti estivi di maggior prestigio nella provincia di Viterbo, inserendolo nei circuiti nazionali. La storia del Festival parte da lontano: originariamente la manifestazione era chiamata “MUSICA DAI BORGIA” poiché i concerti (tutti con repertorio cameristico) si tenevano all’interno del Cortile Minore della Fortezza del Sangallo. Successivamente la manifestazione fu spostata nei luoghi più suggestivi della città (piazza Duomo, piazza Matteotti, Chiesa Cattedrale, Chiesa di S. Gregorio) mantenendo però parte della programmazione all’interno della Fortezza. In seguito a questa trasformazione la manifestazione cambiò nome e fu appunto indicata

Scorcio del Comune


come CIVITAFESTIVAL, assumendo una posizione di punta nelle proposte culturali della città. Venne introdotto il grande repertorio sinfonico oltre ad altre forme e comportamenti musicali (jazz, contemporanea e di ricerca, tradizione popolare ed etnica), coinvolgendo autorevoli esponenti del panorama musicale internazionale. Formazioni orchestrali, di canto Popolare e formazioni corali fino alle nuove introdotte formazioni bandistiche e la sezione Danza. La struttura della manifestazione percorre una prassi consolidata: indagare le varie epoche della storia della musica in occidente con particolare attenzione ai repertori sommersi e di rara esecuzione oltre che verificarne le connessioni con altre forme d’arte. Il successo del festival, sempre in crescita, ha consentito alla città di diffondere un’immagine di qualità oltre i confini regionali, diventando volano di una nuova dimensione tutta ancora da scoprire. CARNEVALE DI CIVITA CASTELLANA L’unica festa che ha conservato la sua carica vitale, la sua matrice originaria, ed una parte-

CIVITA CASTELLANA PER DATE 6 GENNAIO 17 GENNAIO 27 GENNAIO 3-5 FEBBRAIO 25 MARZO 30 MARZO 25 MAGGIO 21 GIUGNO 5-31LUGIO 7-21 SETTEMBRE

17 SETTEMBRE DICEMBRE 23 - 06/01

Arriva la Befana Apertura Carnevale Festa S. Antonio Abate e Benedizione degli animali Maratonina dei 3 Comuni Carri allegorici giovedì e martedì grasso Rogo “O Puccio” Festa S. Leonardo in Borghetto Domenica in Albis Festa della Madonna delle Piagge Corpus Domini suggestiva infiorata per le vie del Centro Storico Festa S. Luigi Gonzaga Frazione di Sassacci Civitafestival Festeggiamenti in onore dei S. Martiri Marciano e Giovanni Patroni di Civita Castellana Ludi Borgiani-Rievocazione in abiti d’epoca. I Ludi si concludono con il Palio dell’Anello presso il Fossato del Forte Sangallo Grandiosa Fiera di merci e bestiame “Presepe dell’anno”

Civita Castellana

Carnevale di Civita Castellana

cipazione di massa è il Carnevale, che nel territorio falisco ha radici storiche e culturali antichissime. Il carnevale inizia ufficialmente il 17 gennaio, festa di Sant’Antonio Abate. In questo giorno si celebra l’intronizzazione, cioè l’investitura ufficiale del re Carnevale scegliendo una figura ispirata a situazioni contingenti: si tratta di un enorme “puccio” di cartapesta, cioè di un pupazzo panciuto e rubicondo, che troneggia nel suo effimero regno dei bagordi e di baldoria sulla piazza del Comune. La coreografia è completata dalla più strampalata banda che si conosca, la Rustica, gruppo folcloristico istituito da un gruppo di buontemponi nel 1956, che trasforma, mediante strane metamorfosi, in strumenti musicali gli oggetti più inusitati. Un sapore veramente tradizionale si trova nelle specialità gastronomiche che vengono preparate in ogni famiglia secondo ricette secolari e che il visitatore può degustare in qualche locale caratteristico del centro storico: gli “scroccafusi”, castagnole di pasta dolce fritte e condite con il miele, le “frappe”, losanghe o strisce di pasta dolce fritte nell’olio bollente, i deliziosi “ravioli” ripieni di ricotta condita con rum, ed infine i “frittelloni”, sottili diaframmi di pastella passati velocemente in padella ed incaciati in abbondanza con formaggio pecorino.

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Faleria

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CENNI STORICI

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Le origini di Faleria si perdono nel tempo, sono stati rinvenuti alcuni materiali che testimoniano l'esistenza di insediamenti urbani relativi all'età del bronzo. Dopo i falisci, popolo laborioso che ha abitato la zona, fu la volta dei romani che, con la costruzione della via Flaminia, nel III secolo a. C. diedero a tutto l'agro falisco un'impronta nuova. Grazie a questa arteria viaria anche Faleria acquistò un ruolo centrale, in quanto importante stazione di posta da cui probabilmente deriva l'etimologia dell'antico nome del paese, Stabulum. Nel periodo medievale si avvicendarono al potere diverse famiglie signorili, le più

Affresco interno Chiesa S. Giuliano

importanti delle quali furono Anguillara e Farnese. Dopo la realizzazione del castello degli Anguillara il borgo assume l’aspetto di nucleo fortificato. Nel XVI secolo l’abitato si amplia e viene costruita una nuova cinta muraria con torri e due porte d’accesso. Nel 1660 tutti i beni Anguillara e con essi il feudo di Stabia furono venduti al principe Borghese. Nel XIX secolo il nucleo conserva ancora intatto il perimetro difensivo, ma all’esterno delle mura si sviluppa il paese nuovo. Nel catasto urbano del 1873 compare la denominazione Faleria. All’inizio del XX secolo la cinta muraria rinascimentale e le porte d’accesso vengono demolite, viene realizzato il palazzo comunale.


CHIESA DI S. GIULIANO Non vi sono documenti scritti circa l'origine e l'anno di costruzione della chiesa. Per avere un attestato scritto, bisogna risalire all'anno 1257. La chiesa di S. Giuliano ha pianta basilicale a tre navate; la centrale, più ampia, termina nell'abside con coro in legno, che circonda l'altare principale. Vari indizi fanno pensare che non avesse sempre avuto il nome attuale. Si chiamava chiesa della Collegiata, come la piazza adiacente e i primi originari protettori furono i S.S. apostoli Pietro e Paolo, dei quali la chiesa conservava memoria con un altare eretto a loro nome. Della primitiva chiesa del XII secolo rimangono i massicci muri perimetrali, visibili nella mole esterna, nei quali sono aggregati tasselli di fini marmi lavorati, provenienti da monumenti di epoca romana, inseriti come elementi decorativi. Nel secolo XIIl la chiesa aveva un magnifico pavimento cosmatesco con intarsi di marmi che formavano disegni geometrici, del quale rimane un rosone posto proprio dietro il portale centrale. Con la ristrutturazione del XIV secolo, venne costruita la conca absidale sull’area della sacrestia, rialzato il pavimento dell'altare maggiore e creata una cripta nel sotterraneo dello stesso. Nel XV secolo furono erette le prime cappelle laterali: quella del Santissimo Salvatore e quella dedicata a S. Giuliano, proclamato nuovo protettore di Stabia. Nel XVI secolo la chiesa subì un vistoso rifacimento che mutò l'ordine architettonico fondamentale. Furono chiuse le finestre parietali ed eretti quattro nuovi altari. Una particolare menzione merita la cappella di S. Giovanni Battista, per le sue delicate sagome architettoniche, sorrette da colonne e capitelli tutte in marmo pregiato. Della famiglia Anguillara, porta ancora oggi gli stemmi araldici ai fianchi dell’altare e al centro dell’affresco è sicuramente anteriore alla cappella. In questo secolo furono costruiti anche i portali di travertino che si inseriscono mirabilmente nella facciata della chiesa. Il campanile romanico fu costruito probabilmente nel 1504. Le campane, la più grande risale al 1343 e la più piccola al 1504,

Chiesa di Sant’Agostino

sono tuttora funzionanti. Al XVII secolo risale la costruzione delle altre cappelle interne e delle volte delle navate laterali, nel 1610 per opera della compagnia del S.S. Sacramento fu rinnovato l’altare maggiore dedicato a S. Giuliano con una tela raffigurante il santo ai piedi della Vergine con il bambino, adornata tutta intorno da una cornice a stucchi con figure angeliche. Questo altare è quello che fino ad oggi i faleriani hanno ammirato perché un intervento del 2006, volto ad restaurare la tela seicentesca, ha portato alla luce un importante affresco ad essa sottostante. In primo piano c’è l’immagine di S. Giuliano, facilmente distinguibile per la presenza dei suoi simboli: il cane alla sua destra, il falco posato sull’avambraccio sinistro e la spada. In secondo piano c’è Faleria, come si poteva ammirare intorno al XV secolo (data ipotizzata dell’affresco); si distinguono chiaramente lo sperone tufaceo con sopra il borgo medioevale, la chiesa di S. Giuliano ed il castello degli Anguillara con ancora le sue torri merlate. CHIESA DI S. AGOSTINO Di fronte alla Chiesa dedicata a S. Giuliano, sul lato est del castello degli Anguillara sorge la Chiesa di S. Agostino. Costruita nel XIV secolo, fungeva da Cappella Gentilizia del Palazzo An-

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DA VISITARE

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Faleria 30

guillara e sul lato ovest era collegata con esso da un ponte sospeso, per mezzo del quale i Conti potevano accedervi direttamente. Visibile fino ai primi del 1900, del ponte non rimane altro che marcate tracce di attacco ai muri. La facciata presenta due nicchie laterali ornamentali con due finestroni centrali ed ampi costoloni laterali che danno alla Chiesa, costruita tutta in pregiati laterizi di colore rosso-marrone, un aspetto armonioso e piacevole. L'interno, a navata unica, ha un unico altare centrale, che era sormontato da una tela raffigurante S. Agostino e S. Monica, ora dispersa. Sul lato sinistro è rimasto un grande affresco raffigurante una serie di Santi tra i quali si riconosce la presenza del S. Patrono Giuliano. Dietro l'altare vi è la cripta Gentilizia della famiglia Anguillara, chiusa da una botola di marmo bianco. Detti sepolcri sono rimasti intatti sino al 1977, quando ignoti vandali e profanatori di tombe, nel tentativo di scendervi spezzarono la lapide in due parti. È di vivo interesse, anche, la sacrestia, completamente restaurata con un intervento che alla fine degli anni ’90 ha riguardato tutta la Chiesa di S. Agostino. CASTELLO DI PATERNO A qualche chilometro dal centro abitato di Faleria, sull’antica via che conduceva a Civita Castellana (Falerii Veteres), rimane il Castello di Paterno. Purtroppo i secoli ci hanno lasciato solo pochi resti; imponenti avanzi della cinta muraria ed una larga porta d’accesso ad arco (l’antica posterla dei Sassoni). Nel 1549 la convenzione tra Flaminio ed Everso Anguillara, che cita “castrum

Castello di Paterno

diruti Paternum” presso i confini di Stabia, ci dà una cognizione temporale di quando è avvenuto l’abbandono del sito. Il Castello sorge sopra un colle di tufo, in posizione fortissima, isolato tra un Fosso e le valli del fiume Treja, che scorre in profondi e pittoreschi burroni. Fortemente difeso dalla poderosa cinta muraria, Paterno si opponeva validamente al passaggio degli eserciti che provenivano da nord per la conquista della città di Roma. La storia di Paterno è legata alla figura dell’imperatore del Sacro Romano Impero, Ottone III, che si ritirò “apud oppidum qui appellatur Paternum, non longe Civitacastellana”, il 1 gennaio 1002 e dove, qualche giorno dopo, all’età di 22 anni mori. Storici pensano che l’imperatore fu avvelenato da una sua concubina, Stefania, moglie di Crescenzio Patrizio Romano, fatto decapitare dall’imperatore. Voci certamente leggendarie, ci hanno tramandato che il corpo dell’imperatore fu sepolto vicino alle sponde del fiume, con un ricco corredo funebre, il quale avrebbe compreso una chioccia con sette pulcini d’oro. CASTELLO DEGLI ANGUILLARA Il Castello degli Anguillara è un gioiello di fortificazione edilizia medievale, fatto costruire alla fine del Duecento dalla famiglia Anguillara e ampliato nel corso dei secoli. Gli Anguillara, nel XI sec. erano i padroni di Anguillara (sul lago di Bracciano), Calcata e Faleria. Enrico VII, figlio di Federico Barbarossa, li elevò a conti, premiando la loro fedeltà al Sacro Romano Impero. La magnificenza del palazzo fa capire quanto grande fosse la potenza di questa antica casata, il cui stemma, le caratteristiche bisce incrociate, si ripete più volte nei vari complessi architettonici di Faleria. L'aspetto attuale risale al tempo più glorioso: il XVI sec. Flaminio Anguillara nel 1549, dopo il ritorno a casa dalla battaglia di Lepanto, trasforma la corte in residenza signorile; la presenza delle tre logge in peperino, che si affacciano elegantemente sulla piazza della Chiesa, attestano l’intervento rinascimentale. Nel 1300 il Castello, molto più basso di quello attuale, era completamente merlato e possedeva quattro torrioni rotondi. Nell’unica torre


superstite, a sud ovest del Castello, vi era applicata la forca. L’ingresso principale è adiacente alla Chiesa di S. Giuliano, in piazza della Collegiata, e ci si accede per due larghe cordonate, alle cui basi emergono grossi monconi di antiche colonne di granito egiziano. Attraversando il portone principale si entra in un ampio cortile interno, in parte porticato, cui al centro si trovava, prima di essere trafugato, un artistico pozzo di travertino. Di tale pozzo, recentemente, si è ritrovata la base ottagonale. A destra del cortile, la rinascimentale scalinata ci conduce ai piani superiori e in particolare alla Sala del Camino, forse la più bella. Detta anche Sala “dell’Ammasso”, era adibita a granaio, dove si portava parte del raccolto come onere per la coltivazione delle terre signorili prima, e comunali dopo. Sotto c’è la Sala della Mola, chiamata così per la presenza di un antico mulino per la macinazione del grano; essa, ad oggi, è l’unica sala accessibile, grazie all’interessamento nel 2006 dell’amministrazione comunale, che ha dato nuova speranza per il recupero di tutto il complesso. La facciata del Castello prospiciente piazza degli Anguillara (giàpiazza dei Pozzi) presenta una grande loggia

EVENTI E MANIFESTAZIONI Nel 1993 dall'associazione musicale "Giuseppe Verdi" di Faleria, nasce il gruppo folk la "Frustica". Composto inizialmente solo da poche persone ha raggiunto, adesso, il ragguardevole numero di ottantatré elementi, tra suonatori di strumenti a fiato e suonatori di strumenti caratteristici, realizzati con i materiali più semplici e bizzarri. Agli esordi la "Frustica" suona solo per la piccola comunità di Faleria, ma la consacrazione definitiva, degno premio per così tanta dedizione e intraprendenza, arriva finalmente nell'Ottobre 1998, quando la "Frustica" viene invitata a New York, per il " Columbus Day". I riconoscimenti, gli inviti, i successi riscossi dalla "Frustica" sono andati aumentando sempre più negli ultimi anni, grazie alla tenacia, alla dedizione, alla professionalità e alla cooperazione che c'è tra i membri del gruppo e i comitati organizzatori. FALERIA PER DATE 6 GENNAIO II WEEK END DI GEN. 17 GENNAIO MAGGIO

Castello degli Anguillara

III DOM. DI MAGGIO MAGGIO GIUGNO GIUGNO/AGOSTO DICEMBRE

Arriva la Befana doni per tutti i bambini Festa patronale di S. Giuliano Giochi popolari di S. Antonio, Carnevale Faleriano Aperture cantine del borgo con varie esposizioni, Gara podistica Festa patronale di S. Giuliano Corpus Domini Festa della Frustica Faleria Estate Babbo Natale, banda, capodanno del nonno

Faleria

La Frustica

coperta, fatta costruire al tempo della Contessa Maddalena Strozzi. In un armonioso equilibrio di volumi si innalza sopra l’alta torre sovrastante tutto il Palazzo. A nord est è situata, internamente, la scala a chiocciola, interna ad un’atra torre, che dai piani inferiori porta fin su le soffitte; spiragli in peperino, con arco tondo verso l’alto, illuminano il suo interno. Il Palazzo, oltre ad essere simbolo della potenza dell’antica casata degli Anguillara, è stato anche il cuore pulsante della comunità di Faleria, per questo l’attuale Amministrazione Comunale sta facendo ogni sforzo per recuperare il castello ed il centro storico di Faleria.

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Castel Sant’Elia

Castel Sant’Elia

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CENNI STORICI Tra due delle più importanti vie consolari, la Cassia e la Flaminia, a metà strada tra Roma e Viterbo, sorge il Comune di Castel Sant’Elia. Sui pianori tufacei, alla confluenza delle valli sottostanti, si notano i primi insediamenti etrusco-falisci quali i “pagi“, ossia villaggi con le caratteristiche grotte abitative collegati lungo le vallate attraverso le “tagliate“ delle rupi. Su detti pagi, abbandonati nel periodo romano, sono sorti in quello medioevale insediamenti con mura e torri di avvistamento; si assi-

Veduta aerea della Basilica Sant’Elia

ste così al fenomeno dell’incastellamento dei cui castelli, costruiti con i caratteristici blocchetti di tufo, rimangono resti di mura e le imponenti rocche. Al confine con il Comune di Nepi sorge il Castello Medioevale di “Isola Conversina“, a poca distanza c’è il castello di “Pizzo della Iella“, a sud est del paese. Verso il comune di Faleria, si innalza il castello “d’IschiI“; quasi dirimpetto a quest’utlimo c’è il Castello di Filissano e all’estremo confine di Castel Sant’Elia verso Nepi c’è quello di Porciano. Fra le profonde valli che segnano il territorio del paese la più suggestiva quanto più misteriosa è la Valle Suppentonia. Essa accolse i primi Anacoreti, che conducevano


Grotta Maria SS ad Rupes interno

una vita eremitica in grotte scavate lungo le rupi ancora oggi visibili. Tra queste Castel Sant’Elia vanta quella di San Leonardo, in cui avvenne lo storico incontro nel 592 tra Papa Gregorio Magno e Teodolinda, regina cattolica dei longobardi, che riuscì a piegare l’animo del Re Agilulfo ottenendo così la salvezza di Roma. Altra grotta è quella di San Nonnoso, scavata nel mezzo della rupe sovrastante la basilica di Sant’Elia, al di sotto della chiesetta di San Michele Arcangelo e anche quella di San Anastasio sita sopra un'altra grotta, quella più venerata, di Santa Maria ad Rupes, che costituisce l’odierno santuario. Dopo un lungo periodo di dipendenza dai Pontefici, il paese divenne feudo e vide susseguirsi le famiglie dei Colonna, degli Orsini e dei Farnese; a questi ultimi si deve il merito di aver costruito il nuovo castello con le mura castellane e i torrioni intorno al 1540. Nel 1663, a seguito della vendita dei Farnese a Papa Innocenzo X, il paese passa di nuovo sotto il controllo papale e alla fine del ‘700 i beni di Castel Sant’Elia passano al

Marchese Mezzani, il cui palazzo è attualmente la sede comunale.

DA VISITARE SANTUARIO SANTA MARIA AD RUPES La sua storia ha inizio con il 6 aprile 1777, data di arrivo a Castel Sant’Elia del pio eremita fra Giuseppe Andrea Rodio (Locorotondo 1743 – Castel Sant’Elia 1819), al quale fu affidata la custodia della grotta “ad rupes“, nella quale si conosceva una effigie della Madonna. Alla grotta si accedeva per un sentiero, la “Strada dei Santi“, che si dipartiva dal Monastero benedettino di Sant’Elia. Prima preoccupazione di fra Rodio fu di rendere più agevole il posto selvaggio e realizza in 14 anni, con l’uso di mazza e piccone, una galleria di 144 gradini che unisce la grotta al piano superiore. Accanto alla sua amata Madonna, fra Rodio scavò una nicchia dove ora il suo corpo riposa. Il Santuario nel 1892 fu affidato ai Francescani Irlandesi di Sant’Isidoro di Roma, sotto la guida di P. Giuseppe Ber-

Castel Sant’Elia

Facciata della Chiesa Parrocchiale

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Castel Sant’Elia 34

Torretta, ingresso al centro storico

Ingresso alla grotta della Madonna ad Rupes

nardo Doebbing, e attualmente ai padri polacchi dell’ordine di San Michele Arcangelo. Il Santuario può vantare tra le molte visite quella del Santo Padre Giovanni Paolo II avvenuta il I maggio del 1988.

ce costruire il tempio di Diana cacciatrice, si eleva la Basilica di Sant’Elia in stile romanico, testimonianza di una gloriosa arte lontana e del famoso e antichissimo Monastero benedettino di cui le origini sono attribuite a San Benedetto da Norcia sul cadere del sesto secolo ma di cui sono scarsi i documenti. La Basilica è nel carattere più puro delle basiliche romane antiche. Di semplici, nitide forme, mostra nettamente già all’esterno la sua pianta basilicale a tre navate con l’alto transetto e l’abside semicircolare, mentre all’interno apre una bella prospettiva longitudinale di colonnati continui, chiusa in fondo dagli arconi che delimitano il transetto. Lo spazio è unitario e luminoso, in pittorico contrasto con la penombra diffusa delle navate. Nella Basilica furono impiegate sculture dell’alto Medio Evo dei secoli VII-XI con funzioni decorative e ornamentali; i capitelli corinzi provenienti dai monumenti romani, insieme a fusti di colonne. L’ambone è opera delle maestranze cosmatesche particolarmente operose nella zo-

MUSEO DEI PARAMENTI SACRI Nella zona più antica del paese, ai margini di una rupe, Pizzo Sant’Anna, il museo. Si tratta di una raccolta antica di paramenti e tessuti liturgici del Medio Evo di fine seta e lino pregiato databili dal decimo al quattordicesimo secolo. La pregevolissima e rara raccolta, oggetto di studi approfonditi, si compone di 12 pianete, 7 camici, 3 tunicelle, 2 mitre, 2 paia di sandali, 1 cofanetto in legno e lamine di metallo di lavorazione siculo-saracena, 1 antipendio, 1 frammento di stoffa copta, 1 testa lignea dell’abate Anastasio. BASILICA DI SANT’ELIA Su un pianoro, al centro della Valle Suppentonia, nel luogo dove l’imperatore Nerone fe-


Castel Sant’Elia 35

Quadro della Madonna Maria SS. ad Rupes

na. Appena entrati nel tempio l’occhio del visitatore viene subito attratto dagli affreschi spartiti in grandi riquadri che, pur se in parti mutili, rappresentano uno dei più completi esempi di unitaria decorazione pittorica del Medio Evo in analogia con le più importanti pitture della scuola romana che si esprime come stile proprio intorno all’anno 1000 con i pittori romani Giovanni, Stefano e Nicola. Foto a cura di: AEMME PRODUZIONI VISIVE

CASTEL SANT’ELIA PER DATE

LUGLIO/AGOSTO

La Befana, concerto dell’Epifania Festa di S. Antonio Abate Il Carnevale Castellese Maratonina dei tre comuni Processione del Venerdì Santo Pellegrinaggi presso il Santuario di S. Maria ad Rupes Concerti Musicali Festa Madonna di Castelluccio Festa presso il Santuario S. Maria ad Rupes della diocesi di Civita Castellana Infiorata Corpus Domini S. Antonio di Padova Rievocazione storica incontro tra S. Gregorio Magno e la Regina Teodolinda Estate Castellese

ORARI DI APERTURA ESTIVO: Da martedì a venerdì dalle 17.00 alle 19.00 Sab., Dom. e festivi dalle 10.00/12.00 e dalle 17.00/19.00 INVERNALE: Da martedì a venerdì dalle 15.00/17.00 Sab., Dom. e festivi dalle 10.00/12.00 e dalle 15.00/17.00

10 AGOSTO 2/3 SETTEMBRE 7 SETTEMBRE 12 SETTEMBRE DICEMBRE 10 DICEMBRE

Festa di S. Lorenzo a San Lorenzo SS. Patroni Anastasio e Nonnoso Festa della Madonna dell’Immagine Festa di S. Maria ad Rupes Esposizione Presepi Processione notturna della Madonna di Loreto

6 GENNAIO 17 GENNAIO GENNAIO APRILE 31 MAGGIO MAGGIO

GIUGNO 13 GIUGNO GIUGNO


Nepi

Nepi

CENNI STORICI

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Secondo la tradizione locale, Nepi sarebbe stata fondata 548 anni prima di Roma da Termo Larte. Le testimonianze archeologiche collocano però la data di fondazione di questa città nell’VIII sec. a.C., ad opera di popolazioni falische. L’abitato assurse a notevole importanza durante il V-IV secolo a.C., come testimoniano i resti della possente cinta muraria, ancor oggi visibili, inglobati all’interno delle mura medievali. Entrata precocemente nell’orbita romana (383 a.C.), divenne un’importante stazione lungo il

Scorcio del Comune di Nepi

tracciato della via Amerina. Dopo il crollo dell’Impero iniziò per Nepi un periodo travagliato e la città venne saccheggiata dai Longobardi. Costituitasi come libero comune nel 1131, fu teatro di lotte e di intrighi fra le principali famiglie aristocratiche fino al XV secolo, quando passò definitivamente al Papato. Il Cardinale Rodrigo Borgia, divenuto papa nel 1492 con il nome di Alessandro VI, donò alla città un periodo di pace e di benessere; ricostruì la Rocca dove, per qualche tempo, dimorò anche la figlia Lucrezia. Furono però i Farnese che segnarono la città con meravigliose opere architettoniche quali il Palazzo Comunale, le Fortificazioni, la Cripta di S. Tolomeo, affidando i lavori all’architetto Antonio da Sangallo il Giovane. Con la partenza del Duca Pierluigi Farnese per il ducato di Parma e Piacenza, nel 1545 la città ritornò sotto il


dominio della Santa Sede e non rivisse più momenti di così grande splendore. Nel 1798 le milizie francesi in ritirata dalla capitale transitarono per Nepi e, in seguito a disordini, la incendiarono. Nel 1870 Nepi entrò a far parte del Regno d’Italia.

DA VISITARE Numerose sono le necropoli di epoca falisca e romana disseminate sul territorio. Fra queste si

Veduta del Forte dei Borgia da Porta Romana

Nepi

Veduta della Corte del Forte dei Borgia

segnala la Necropoli dei Tre Ponti situata lungo la strada per Civita Castellana (Km 10) e connessa tramite il tracciato della via Amerina alla città romana di Falerii Novi. Numerosi reperti provenienti dalle necropoli sono conservati nelle sale del Museo Civico, che occupa il piano seminterrato del Palazzo Comunale. L’edificio, splendido esempio di architettura rinascimentale, fu ordinato dal Duca Pierluigi Farnese, che affidò il progetto all’architetto Antonio da Sangallo il Giovane. La sua costruzione fu iniziata nel 1542 ma terminò, con la realizzazione della parte superiore, solamente alla fine del 1700. Inglobata in quella che fu l’arcata centrale del portico, vi è la splendida fontana realizzata dall’architetto Filippo Barigioni nel 1727. Il Castello dei Borgia prende il nome dall’importante famiglia spagnola che vide nel cardinale Rodrigo (Papa Alessandro VI) l’artefice delle prime e più importanti modifiche nel 1479. Di notevole interesse i rinvenimenti fatti all’interno di uno dei sotterranei dove è venuto alla luce un tratto di strada basolata romana e sono visibili tre porte di accesso alla città, di epoche diverse. Le evidenze più antiche sono databili intorno al III-II secolo a.C. Imponenti e mirabile opera di architettura militare del Cinquecento sono le Fortificazioni fatte erigere, su progetto di Antonio da Sangallo il Giovane, per volere del Duca Pierluigi Farnese figlio del Papa Paolo III (Alessandro Farnese), nel

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NEPI PER DATE GENNAIO

Arriva la Befana. Festeggiamenti S. Antonio Abate. XXX ed. Fiera delle macchine agricole e industriali Carnevale Nepesino con carri allegorici.

FEBBRAIO

Chiusura del Carnevale. Replica del Corso di Gala del Carnevale Nepesino.

APRILE

“L’uovo delle Meraviglie” rottura in Piazza dell’uovo di Pasqua gigante. S. Pasqua: la Colomba della pace dona le uova. Pasquali a tutti i bambini. 27- Inaugurazione della piazza dei Bersaglieri con la partecipazione di fanfare di Bersaglieri.

MAGGIO

2 – alle ore 17,00 1° conferenza della serie “Archeologia e Storia del territorio”. 3–4 - “Festa dei Fiori di Maria” concerti. 2° settimana del mese – 6° Sagra del Pecorino Romano e dei prodotti tipici della Tuscia con stands per degustazioni enogastronomiche, intrattenimento musicale. 16 - alle ore 17,00 2° conferenza della serie “Archeologia e Storia del territorio”. Da fine maggio alla 2° settimana di giugno 13° edizione del “Palio del Saracino”.

GIUGNO

8 – alle ore 11,00 3° conferenza della serie “Archeologia e Storia del territorio”. Corpus Domini: caratteristica “Fiorita per le vie del paese”. 13° edizione del “Palio del Saracino”. Rievocazione storica con grandioso corteo, tornei di arcieri e cavalieri per la conquista del palio. Degustazioni piatti tipici nelle taverne delle quattro contrade. Giochi popolari legati alla tradizione medievale .

LUGLIO

13 – “Festival giovanile rock-blues”. Estatissima 2008 - Ultimi 2 fine settimana con concerti, musica rock, sfilate di moda, esibizioni scuole di ballo.

AGOSTO

7–10 – Settimana jazz (concerti in collaborazione con “Tuscia jazz” con artisti italiani e stranieri). 15–16 e 17 “Festa Ambiente”. Dal 22 al 28 Feste Patronali in onore dei SS. Patroni Tolomeo e Romano con ricco programma di celebrazioni e festeggiamenti.

SETTEMBRE

“Lirica sotto le stelle”. - Fiera macchine agricole e industriali ed altro.

OTTOBRE

1° domenica - in occasione della Madonna della Vittoria festeggiamenti di tipo folkloristico-religiosi.

NOVEMBRE

“Le strade del vino, dell'olio d'oliva e dei prodotti tipici nepesini” esposizione di prodotti tipici

DICEMBRE

“Dicembre in festa” con mostre di pittura, presepio vivente, esposizione di presepi artigianali per la cosiddetta “Via dei presepi”. Concerto di S. Stefano con la Banda Musicale Comunale “E. Gay”.

Nepi

Palazzo Comunale

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1537. Del periodo dei primi cristiani nepesini sono le monumentali Catacombe di Santa Savinilla (IV-V secolo) situate nei pressi del cimitero cittadino. Restituite recentemente al pubblico, sono formate da tre gallerie principali e da alcune diramazioni secondarie interamente scavate nel tufo. Al suo interno vi sono più di mille sepolture ed oltre a semplici loculi si possono trovare numerosi arcosoli e “formae” pavimentali. Rimarchevole è anche l’Acquedotto alla cui realizzazione furono chiamati vari architetti, tra cui Giacomo Barozzi detto il Vignola. I vari tentativi di far giungere l’acqua alla città ebbero però esito negativo fino al 1702, quando l’architetto Filippo Barigioni progettò il sistema delle grandi arcate, che ancora oggi si possono ammirare. I lavori terminarono solo nel 1727. Fra le numerose chiese meritano particolare menzione il Duomo con la Cripta, le chiese di San Tolomeo, San Rocco, San Vito, San Biagio e Santa Maria delle Grazie.

Corteo Storico Palio del Saracino


CENNI STORICI L’origine del nome del paese, di un toponimo così dolce ed evocativo, deriva dalla pianta di rosa canina assai diffusa sulle alture che lo circondano, come anche è rappresentato nel suo emblema comunale: tre monti sormontati da tre rose canine. Sia i Falisci che i Romani si resero conto dell’importanza di questo territorio per i contatti con il Nord della penisola e sempre ne

Facciata del comune di Monterosi

sfruttarono la posizione e le risorse, facendone uno dei più importanti luoghi di sosta della via consolare. Da ricordare è senz’altro l’incontro che avvenne tra il Pontefice Adriano IV e Federico Barbarossa. Si racconta che il 9 Giugno del 1155 l’imperatore, con il suo comportamento poco osservante l’“etichetta” dell’epoca, avesse irritato a tal punto il papa che quest’ultimo si sarebbe rifiutato di concedergli il bacio della riconciliazione. Il piccolo incidente diplomatico si risolse poi in tutt’altra sede in bre-

Monterosi

Monterosi

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Monterosi 40

ve tempo ed il Barbarossa riconosciuto, finalmente, come imperatore. Nel periodo medievale il borgo fu conteso tra le più potenti famiglie feudali del Lazio come i Vico, gli Anguillara e gli Orsini. Nel XIV sec. Federico di Svevia, mentre era impegnato nella guerra contro Innocenzo IV e le sue truppe, fece erigere un maniero su di una collina sovrastante il paese, Monte della Torre. Anche l’abitato fino al ‘400 era sul colle che attualmente lo sovrasta, poi in un periodo di relativa calma si trasferì più a valle. Molti altri fatti, però, degni di nota avvennero in questi luoghi, come l’assassinio di Monsignor Giarda che, incaricato dal papa di chiedere la destituzione del Ducato di Castro a Ranuccio Farnese, cadde in un agguato tesogli dai sicari del signorotto. Fu anche questo, sicuramente, uno dei motivi che spinsero il pontefice ad ordinare la destituzione del ducato in questione. Nel periodo delle invasioni napoleoniche, invece, Monterosi fu al centro di una sanguinosissima battaglia tra le truppe francesi e quelle di re Ferdinando. Ultimo avvenimento storico da ricordare, in ordine cronologico, il sacrificio eroico di Ettore Rosso e dei suoi soldati nel fermare l’avanzata delle truppe tedesche il 9 Settembre del 1945.

Lago di Monterosi

DA VISITARE LAGO DI MONTEROSI Il nome del lago di Monterosi, Janula, risale probabilmente all'antichità, dal nome romano di Giano, dio degli interessi. Fu menzionato per la prima volta in una bolla di Papa Innocenzo III del 1203, come "piscaria in Janula". Il lago di Monterosi, per le sue particolari caratteristiche, è stato oggetto di studi da parte di geologi sia Italiani che stranieri e il suo interesse è tale che il Ministero dei Beni Culturali ed Ambientali ha dichiarato La "Conca del lago di Monterosi" area di notevole interesse pubblico. Situato al bivio tra la via Cassia Cimina e la SS. Cassia, in una conca dalle brulle sponde degradanti a nord-ovest, e piatte e incorniciate da vegetazione acquatica a sud-est, dalla superficie variegata per il contorto affiorare di una flora invadente, si presenta, nel pieno dell'estate, con l'aspetto di uno stagno agonizzante. Ma nella stagione invernale, tonificato dalle piogge, che affondano la vegetazione galleggiante, dal freddo che fa andare in letargo il tappeto delle ninfee, in una giornata di lieve tramontana o magari dopo uno spruzzo di neve, eccolo di nuovo azzurro nel suo nitore di laghetto vulcanico che offre imma-


La chiesa: Madonna della Centura

ri che solo sporadicamente si fermano per una breve sosta nelle acque pur limpide e non inquinate del lago. I mestoIoni e addirittura i fistioni turchi, specie ora scomparsa praticamente anche in Italia, e che da queste parti chiamavano i cardinali per il bel becco color amaranto cardinalizio, trovavano il loro rifugio nel lago. CHIESE E MONUMENTI Eretta nel XVI sec., la chiesetta della Madonna della neve, in via Cavour, è il fulcro del borgo Aldobrandino; anticamente a ridosso delle sue mura era sorto un “hospitaletto”, oggi adibito ad abitazione. Sopra l’altare maggiore campeggia una Madonna col Bambino di notevole esecuzione. Al lati, ex voto per grazie ricevute, adornano le pareti. Al XVII sec. risale, invece, S. Croce, edificata in sostituzione dell’antica chiesa curata. Essa conserva le reliquie dei Santi patroni, Vincenzo ed Anastasio, assieme al trittico del Salvatore, pregevole dipinto di scuola viterbese, un tempo portato in processione, ora annualmente esposto alla pubblica devozione. La chiesa include, tra le altre opere, una splendida crocifissione di autore incerto. La Madonna della Centura è una piccola struttura di tufo di origine medievale che si trova sul ciglio della via Francigena. La chiesa di S. Giuseppe, edificata nel XVI sec., è ubicata in Piazza garibaldi e si erge dall’originaria pianta a croce greca con fiancate e cupola ottagonale. Nata come cappella cimiteriale venne completata in tempi diversi. Sorto sull’originario perimetro abbaziale ed ampliato nel XVI sec., il palazzo del Cardinale fu diverse volte ampliato e modificato su commissione dal Farnese stesso. La fontana del Papallione è una fontana che risale al XVI sec. e voluta da Papa Leone X che in una sosta di caccia, ospite a Monterosi, ne apprezzò le acque. Il sacrario militare, in località laghetto, omaggia l’eroico gesto che Ettore Rosso ed i

Monterosi

gini di altre epoche. La varietà originaria del lago di Monterosi è la "Njmphaea alba", indigena dei nostri climi e di tutta Europa. Circa 50 anni fa, secondo le testimonianze, una fascia rigogliosa di ninfee bianche cingeva completamente il lago, ma già verso il 1960 molte di esse erano scomparse, probabilmente a causa della progressiva diminuzione del livello delle acque. La successiva introduzione di una specie esotica di Njmphaea, la Njmphaea lotus, di colore rosa, originaria del Nilo, ha fatto regredire la Nifea bianca, meno rustica, che oggi appare quasi del tutto sostituita dalla nuova specie. A Marzo, tempo di migrazione, sul lago di Monterosi volteggiano branchi di marzaiole e martin pescatori, mentre in canneto appartato una coppia di germani reali canta sommessamente alla primavera incipiente. Non è un sogno, era la realtà di trenta-quaranta anni fa. Ora non è più così: le strade, le luci delle automobili, l'assenza di canneti disturbano questi animali migrato-

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Monterosi Facciata della Chiesa

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Monumento ai caduti

suoi compagni d’armi fecero nel Settembre 1945 per evitare l’avanzata del nemico.

EVENTI E MANIFESTAZIONI Entità vestite di nero, forse gli aiutanti della Befana, forse spiriti pagani, tornano per le strade di Monterosi, con i loro inquietanti cappelloni e con i loro chiassosi barattoli. I Befanoni vengono ad annunciare l'arrivo della Befana e a spaventare i bambini per spingerli ad andare a letto. La festa di S. Antonio è un momento di aggregazione per tut-

to il paese. La tradizionale benedizione degli animali è preceduta dalla processione del Santo per le vie del paese e da una sfilata di animali di tutti i tipi. Pranzi e cene in onore del santo sono organizzate dalla congregazione. In concomitanza con la festa dei patroni, c’è la Sagra della pizzantiella. Il centro del paese si riempie di banchi dove eccellenti cuochi preparano le pizzantielle da offrire ai partecipanti alla sagra. La pizzantiella è una crepe realizzata secondo la tradizione viterbese. Poco più spessa rispetto alle classiche crepes francesi, può essere salata e farcita con salsiccia, prosciutto e formaggio oppure dolce. Appuntamenti gastronomici e culturali si intrecciano nella manifestazione “Festa dei Borghi” nella III settimana di giugno. L’evento inizia il giovedì e termina la domenica con il maestoso corteo in abiti storici a partire dai primi del 900 fino al 500. Nello stesso contesto si sfidano con giochi popolari i tre borghi per contendersi il Palio. Molto sentita è la festa di San Nicola. Ogni anno una famiglia del paese si incarica di conservare nella propria casa la reliquia di San Nicola, che è venerato protettore dei bambini, e proprio a questi è dedicata la festa con dolci e cioccolata offerti dalla famiglia in carica durante l'anno. MONTEROSI PER DATE 5 GENNAIO 6 GENNAIO 17 GENNAIO 22 GENNAIO FEBBRAIO 2 MAGGIO 8 GIUGNO 25 MAGGIO 6-7-8 GIUGNO 8 GIUGNO III SETT. DI GIUGNO FINO AL 31 LUGLIO 5 AGOSTO 8 SETTEMBRE 14-15 SETTEMBRE 6 DICEMBRE 8 DICEMBRE DICEMBRE

Arrivano i Befanoni Presepe vivente Festa S. Antonio Abate Festa dei Santissimi Patroni Vincenzo e Anastasio Sagra della Pizzantiella Festa del Carnevale Festa Arte Moto Corpus Domini Primo Concorso Nazionale Bande III Raduno Motociclistico Festa dei Borghi Estate con Noi Madonna della Neve Commemorazione di Ettore Rosso Festa della Santissima Croce San Nicola Mercatino di Natale, Natale in piazza Concerti, Spettacoli e manifestazioni durante il periodo natalizio, Monterosi sotto l’albero


CENNI STORICI Calcata, isola rocciosa che s’innalza solitaria dalla boscaglia lussureggiante ed impenetrabile. Il borgo, da molti archeologi considerato uno degli esempi più significativi di piccoli abitati fortificati medievali oggi esistenti in Italia, sorge su una formazione tufacea che risale all’ultima grande eruzione vulcanica dell’apparato vicano, che produsse il tufo rosso a scorie nere.

Vista panoramica sul borgo di Calcata

Difficile stabilire se in origine l’attuale Calcata fosse un sito falisco; certo è che la grande estensione delle numerose necropoli scoperte nel territorio, attesta la presenza di un insediamento dei Falisci, popolazione italica apparteneNte al mondo etrusco, il cui nucleo più antico è stato individuato nella vicina collina di Narce. Nonostante la continua presenza abitativa sulla sua rupe, il nome Calcata appare per la prima volta in un documento papale del 780, quando il territorio fu istituito

Calcata

Calcata

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come “domusculta”, o tenuta papale, da Adriano I. Nel 1180 la famiglia Sinibaldi figura quale proprietaria di innumerevoli fattorie nei pressi del paese chiamato allora Castrum Sinibaldorum. Nel 1291, dopo essere stata ridotta a rudere per intense attività belliche, viene riedificata dai Conti Anguillara. Tornata nel 1432 ai vecchi proprietari, per i successivi 400 anni passò in continuo alternarsi di ipoteche, riscatti, vendite e riacquisti tra i Sinibaldi e gli Anguillara. Nel 1828 Calcata fu trasferita in eredità ad un ramo della famiglia Massimo, parte del Ducato di Rignano e Calcata, ed in seguito in proprietà ai f. Fino alla recente “scoperta” di Calcata il mondo esterno incideva ben poco sui suoi ritmi quotidiani. Le attività principali erano la tipica coltivazione mediterranea di uva, verdura, cereali e nocciole, l’apicultura ed il pascolo di pecore e capre. Dopo l’ultima guerra il borgo inizia a spopolarsi, ma da circa venti anni

Il Palazzo Baronale Anguillara

l’inaspettata solitudine delle scoscese valli che la circondano ed il suo aspetto fiabesco, attirano l’attenzione di molti visitatori, artisti, registi e giornalisti in cerca di luoghi che possano appagare lo spirito.

DA VISITARE IL PALAZZO BARONALE ANGUILLARA Le origini del palazzo dovrebbero risalire all’XI secolo. La consistenza del palazzo, fino al XVI secolo circa, era limitata ai due piani seminterrati, di cui restano alcune tracce originarie e il solo piano terra. Nel corso del Cinquecento gli Anguillara, che vivono il momento di maggior splendore, rafforzano il palazzo e lo ingrandiscono, come testimonia lo stemma bianco sovrastante l’arco d’ingresso al borgo su via degli Anguillara. Nel 1724 muore nel castello uno dei fratelli Anguillara, Lorenzo; come testimonia la lapide che troviamo nella chiesa del SS. Nome di Gesù e


Calcata

Scorci di Calcata

come si deduce dalla povertà delle suppellettili inventariate nel 1725, la famiglia è ormai in decadenza. Nel 1734 Carlo degli Anguillara vende il feudo a Fabrizio Sinibaldi; dei nuovi possidenti troviamo traccia nello stemma di famiglia della sala con la volta a padiglione lunettata, e successivamente, nell’ultimo ventennio del XVIII secolo, nella costruzione del primo piano con due stanze e un sottotetto abitabile, di un oratorio e di una “sala di compagnia” affrescata. Risale proprio a questo momento la trasformazione del castello in palazzo, con la facciata che nasconde la metà inferiore della torre. Dal 1805 Calcata passa ad Angelo Massimi dei duchi di Rignano, che tiene ufficialmente il feudo fino al 1816, quando rinuncia ai diritti baronali. Il palazzo viene dato in affitto fino al 1925 quando viene venduto a Giovanni Ferrauti. Ospita nel tempo scuola e uffici comunali. L’Ente Parco Valle del Treja acquista il palazzo nel 1987 e lo fa ristrutturare dall’architetto

Paolo Portoghesi nel 1995. Oggi viene utilizzato come spazio espositivo, ospita convegni e corsi di formazione. BORGO Il fascino di Calcata si scopre nelle sue vetuste pietre e nei selciati consumati, nelle aspre e verdeggianti forre tufacee che la circondano, negli scenari selvaggi e di irripetibile bellezza. Centro nevralgico della sua notorietà è senza dubbio il borgo, vivace ed attraente. Sulla piazza, nelle sue stradine tortuose, che all’improvviso svelano panorami mozzafiato, nascoste sotto archi ricoperti d’edera, le attvità più curiose, tipiche, artistiche trovano la loro naturale collocazione: restauro mobili, artigianato del cuoio, della ceramica, del vetro, studi d’arte, creazioni di monili, associazioni culturali dove ascoltare musica, gustare dolci genuini o leggere libri. In un mondo quasi fuori dal tempo la vita ferve ed il visitatore può apprezzare offerte culturali di qualità, rivivere il folclore del pas-

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sato o immergersi nei ritmi veloci del moderno, scoprire la tranquillità di un ambiente incontaminato e suggestivo. Ad ogni fine settimana il borgo medievale, ai numerosi ospiti, offre nuove iniziative culturali come convegni, concerti, spettacoli teatrali o momenti più frivoli e moderni come i mercatini dedicati allo shopping più strano e creativo. MUSEO DI ARTE NELLA NATURA Scoprire il cuore della Valle del Treja attraverso un percorso di arte nella natura. Opera Bosco è un Museo laboratorio all’aperto di arte contemporanea su tre ettari di bosco dove gli artisti, nella realizzazione delle opere, estendono il concetto di estetica all’ecosistema. Un itinerario di opere d’arte ed istallazioni realizzate con il materiale naturale del bosco; fonti, stagni, anfiteatro, sculture monumentali, massi di tufo scolpiti, grotte preistoriche, muri a secco, terrazze interpretati da artisti internazionali con il gusto della contempora-

neità in simbiosi con l’ambiente. Ogni anno, in collaborazione con il Ministero della Cultura Francese e per iniziativa della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma e della DARC, il Museo organizza delle manifestazioni di livello europeo. ORARI DI APERTURA Domenica e festivi dalle 11:00 al tramonto, con prenotazione gli altri giorni. Area picnic attrezzata. Cataloghi. Chiuso da Dicembre a fine Marzo. Tel. 0761 588048 CALCATA PER DATE 1-2 GENNAIO 6 GENNAIO FINE SETT. SUCCESSIVO AL 17 GENNAIO I SETT. DI APRILE FINE MAGGIO INIZIO GIUGNO III DOM DI SETTEMBRE 31 OTTOBRE 9-10 DICEMBRE 8-31 DICEMBRE

Festa dei SS. Patroni Cornelio e Cipriano Festa della Befana Festaggiamenti in onore di S. Antonio Abate Fiera delle Arti Creative Festa del Parco Regionale Valle del Treja Festa SS. Patroni Cornelio e Cipriano Halloween a Calcata Manifestazione musicale notturna per il tradizionale passaggio della Madonna di Loreto Festa di fine anno a Calcata


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