Maremma Laziale
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Tuscia Terra degli Etruschi
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econdo la tradizione, le antiche popolazioni etrusche che vivevano nei villaggi dell'alto Lazio, intorno all'attuale Viterbo, venivano chiamate i Tusci. La loro raffinata civiltà è testimoniata da preziosi reperti archeologici ed estese necropoli. Tuscia Viterbese è dunque il nome letterario e turistico di questa provincia a nord di Roma, nel cuore dell'Italia, tra l'Umbria, la Toscana e il mar Tirreno. I paesi che ne fanno parte, depositari di innumerevoli avvenimenti e leggende, s'appostano quasi sempre su primitivi insediamenti strategici, segnalati da inconfondibili tracce di rocche e castelli. Testimonianza di questa millenaria storia sono le numerose necropoli protovillaniane e villanoviane (X-VIII sec. a.C.) che già preannunciavano questa prima grande civiltà italica. Poi furono le grandi comunità, città proiettate in una nuova dimensione economica, pulsanti di attività diverse e di nuovi fermenti sociali, con attorno una miriade di altri centri fortemente arroccati sui ba-
stioni tufacei, che moltiplicarono la vita, l’uso sapiente e razionale del territorio. Tuscia, una terra dalle molteplici sfaccettature, culla della civiltà del Lazio, dove si alternano borghi medievali, valli incontaminate e numerose testimonianze d’arte. Itinerari turistici tra i più diversificati, ognuno dei quali racchiude un forte legame col territorio. L’affinità di ogni comune con quest’area lo porta ad essere un continuum con la sua tradizione, pur evidenziandone la tipicità nei propri colori, sapori e manifestazioni. Percorsi, visite e natura che accontentano una vasta gamma di visitatori. Immergersi in atmosfere fuori dal tempo, estasiarsi di orizzonti sconfinati, recuperare tracce del passato e deliziare ogni senso si può: nella Tuscia.
Viterbo, Palazzo dei Papi
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Maremma Laziale
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a zona nord occidentale del Lazio compresa tra la Toscana, il fiume Marta, il mar Tirreno e il lago di Bolsena è la Maremma Laziale. Terra ricca di vestigia e necropoli che esaltano la storia degli Etruschi, di una ricca macchia mediterranea e caratterizzata da lunghe distese di sabbia selvaggia, la Maremma Laziale è ideale per qualsiasi tipologia di soggiorno, dalla vacanza rilassante a quella culturale, dal soggiorno al mare ai tour enogastronomi-
I Butteri Maremmani
ci. Il turismo balneare dei mesi estivi si trasforma in turismo archeologico e culturale grazie all’eccellenza artistica di centri come Tarquinia, Tuscania e il Parco Archeologico di Vulci che, confinante con il parco archeologico naturalistico, l’oasi del WWF, attende gli amanti della natura e, riportando alla luce lo splendore della antica città etrusca, è continua meta di visite turistiche. Il territorio interessa l'intera parte occidentale della provincia di Viterbo, comprendendo i comuni di Montalto di Castro e Tarquinia lungo la fascia costiera e le aree pianeggianti dei territori
comunali di Canino e Tuscania nell'entroterra, dove segue le valli dei fiumi Fiora, Arrone e Mar ta. La zona è caratterizzata da borghi deliziosi che conservano ancora incontaminato un paesaggio affascinante e un sapore antico, come Piansano, Arlena, Tessennano, Canino, Farnese e Cellere, da importanti eccellenze turistiche come Tuscania e Tarquinia e da comuni sulla costa estremamente attivi soprattutto nella stagione estiva come Montalto di Castro. Anche Tuscania, conosciuta principalmente come centro d'impor tanza storica e monumentale medioevale e romanica con la Basilica di S. Pietro, vanta una straordinaria presenza etrusca in un raggio di un paio di chilometri dove sono disseminate sepolture etrusco-romane; molte raccolte in necropoli, altre sparse senza apparente criterio, ma sicuramente legate al complesso abitativo e all'acropoli quale suo centro. Il paesaggio della Maremma è vario e ricco di panorami e vegetazioni diverse. La storia di questo territorio è legata all’uomo fin dai tempi che si perdono nella preistoria. Oggi la “Maremma Amara” è solo un ricordo perché la fertilità del territorio e le sue risorse turistiche, archeologiche e ambientali ne fanno uno dei territori più sviluppati del Centro Italia. Il paesaggio interno è contraddistinto dalla pre-
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Paesaggio
senza di altopiani coltivati per lo più a cereali, a colture ortofrutticole o lasciati a pascolo, mentre in prossimità della costa è presente una flora di tipo mediterraneo. La qualità del terreno è varia, si va da terreni sabbiosi in prossimità del mare, a terreni argillosi nelle zone interne. Il fiume che delinea maggiormente il profilo dell'intera regione è il Fiora, che nasce dal monte Amiata e sfocia nel mar Tirreno presso Marina di Montalto di Castro. La Maremma Laziale è conosciuta per la natura, il mare, la tradizione ippica (in particolare i butteri), e la buona cucina, i vini DOC e IGT e l'olio extravergine d'oliva DOP di Canino.
Saluti
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a Tuscia, terra degli Etruschi e non solo. Terra di tante bellezze, paesaggistiche, storiche, artistiche e folkloristiche. Non uno ma tanti motivi per visitarla, per lasciarsi coinvolgere dai colori, dai profumi e dall’atmosfera magica che la nostra provincia emana. E’davvero difficile scegliere cosa promuovere perché il territorio offre davvero tanto, compreso l’imbarazzo della scelta. Per questo, riteniamo che sia utile proporre ogni area del viterbese, ognuna con le sue proprie specificità. La Maremma Laziale si presenta come una zona di grande interesse turistico perché offre una molteplicità di possibilità che vanno dal turismo balneare di Tarquinia e Montalto di Castro dei mesi estivi al turismo archeologico e culturale grazie all’eccellenza artistica di centri come la stessa Tarquinia, Tuscania e il Parco Archeologico di Vulci. La zona è caratterizzata da borghi deliziosi che conservano ancora incontaminato il sapore di un paesaggio affascinante e antico, come Piansano, Arlena, Tessennano, Canino, Farnese e Cellere e da importanti eccellenze turistiche come Tuscania, senza dimenticare le molteplici possibilità per gli amanti del turismo eno gastronomico offerte dalle degustazioni dei prodotti tipici, dall’olio di Canino al Pane di Monte Romano. Chi amministra ha il dovere di far conoscere questa zona della provincia di Viterbo, in tutta la sua unicità. Ci sono aspetti, punti di forza del territorio e bellezze vere e proprie che meritano un’attenzione particolare, da parte delle istituzioni, degli addetti ai lavori ma anche e soprattutto dei visitatori, dei turisti che hanno il “potere” di trasformare un luogo in destinazione turistico-culturale di interesse collettivo. Quanti sceglieranno di visitare la Provincia di Viterbo e la Maremma Laziale, di certo, non resteranno delusi. Alessandro Mazzoli Presidente della Provincia di Viterbo Commissario straordinario APT
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opo il successo della Guida all’Ospitalità nelle edizioni 2007 e 2008, la promozione della Tuscia, si arricchisce di una serie di opere monografiche che vanno ad integrare ed approfondire nelle informazioni e nei contenuti, le aree che compongono la provincia di Viterbo. Nella Guida all’Ospitalità, il territorio è stato volutamente diviso per aree, omogenee per territorio, storia, tradizioni. Ognuna delle aree è stata identificata per praticità di consultazione e quindi individuata, con un colore ad hoc. In questa sezione monografica, così come nelle altre, l’abbinamento cromatico è rimasto invariato e riprende quello esistente, al fine di creare un continuum grafico che è poi anche un continuum concettuale e territoriale. Puntare il focus e quindi lo zoom del turista su un’area in particolare consente, da un lato, una promozione più mirata e dall’altro di fornire informazioni più specifiche e quindi esaustive ai visitatori. Una sorta di viaggio più da vicino fra le bellezze della Tuscia data da questa serie di monografie che, per i turisti così come per i viterbesi più appassionati, può diventare una raccolta di pregio. La Maremma Laziale è senz’altro una delle zone più interessanti del nostro territorio dal punto di vista turistico perché si configura come meta ideale per qualsiasi tipologia di soggiorno, dalla vacanza rilassante a quella culturale, dal soggiorno al mare ai tour enogastronomici. Queste monografie si propongono di rappresentare ogni area con le sue specificità, con un’immagine ben precisa che rientra nell’immagine collettiva della Tuscia ma che non soffoca, anzi valorizza ognuna. Siamo certi di fornire ai tanti visitatori un valido strumento di supporto informativo, facile da consultare e piacevole da leggere, un compagno di viaggio silenzioso ma esaustivo da conservare come il ricordo di questa splendida terra.
Marco Faregna Direttore APT di Viterbo
Indice
PRESENTAZIONE
Tuscia terra degli Etruschi
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Maremma Laziale
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Saluti
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Cartina geografica
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Arlena di Castro
B&C srl - www.bec.it
Strada Teverina km 3,600 - 01100 Viterbo Tel. 0761.3931 COORDINAMENTO EDITORIALE CHIARA FAGGIOLANI REDAZIONE E IMPAGINAZIONE ANDREA VENANZI, FRANCESCA PILLI FOTO DI RICCARDO CHIARAPINI (Per i comuni di Piansano, Tessennano, Tuscania) STAMPA UNION PRINTING
Distribuzione gratuita Stampato Marzo 2009
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Canino
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Cellere
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Farnese
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Ischia di Castro
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Montalto di Castro
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Monte Romano
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Piansano
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Tarquinia
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Tessennano
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Tuscania
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Indice
COMUNI DELLA MAREMMA LAZIALE
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Arlena di Castro
Arlena di Castro
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CENNI STORICI L’abitato di Arlena di Castro nasce sui resti dell'antico insediamento etrusco di Contenebra, distrutto dai Romani durante la conquista della Tuscia, come testimoniato da numerosi rinvenimenti archeologici. Il piccolo borgo avrebbe forse potuto avere origine proprio da Contenebra, sia come "pagus" da questa dipendente, sia come rifugio per gli abitanti scampati a un attacco saraceno che distrusse la città stessa. Nel XV secolo gli abitanti, per ragioni sconosciute, abbandonarono le loro case e si rifugiarono su un vicino colle ove sorgeva un castello che venne denominato Civitella d'Arlena: le rovine del castello risalente all'epoca ne sono la testimonianza, una delle poche realtà storiche del paese. Il borgo rima-
Veduta panoramica di Arlena
se così spopolato e in seguito il cardinale Alessandro Farnese fece arrivare, per ripopolarlo, alcune famiglie di Allerona, in provincia di Terni. Nel 1537 Arlena entrò a far parte del Ducato di Castro, istituito da Paolo III Farnese, e nel 1788 il piccolo borgo venne concesso in enfiteusi da Pio VI al conte Alessandro Cardelli e nel 1808 fu venduto dalla Camera Apostolica al principe polacco Poniatowski. Arlena di Castro si sviluppa a nord di Tuscania, su un pianoro collocato sopra alte pareti di tufo, a 260 metri sul livello del mare, donando un'impressione estremamente suggestiva. Le attività prevalenti, come nella maggior parte dei paesi vicini, sono l’agricoltura e la pastorizia; il territorio, in cui non insistono attività di tipo industriale, è caratterizzato da un paesaggio esclusivamente naturale, con
prevalenza di boschi di macchia mediterranea, intervallati da alcuni corsi d’acqua, affluenti minori del torrente Arrone.
DA VISITARE
TOMBA IN LOCALITÀ LA PIANTATA Di notevole interesse storico, in località La Piantata, nelle immediate vicinanze della strada provinciale Arlena-Piansano, è stato aperto un profondo scavo, opera di ignoti, in corrispondenza dell'ingresso di una tomba a camera ipogea con decorazione dipinta e iscrizione onomastica. NECROPOLI IN LOCALITÀ ARARELLA Importante sito da visitare, è l’area di necropoli rinvenuta in località Ararella, sul lato occidentale della strada provinciale Caninese, dove sono state scoperte numerose tombe a fossa scavate nel tufo e originariamente coperte da tegole.
Chiesa di San Rocco
CHIESA DI SAN GIOVANNI BATTISTA La chiesa di San Giovanni Battista è ospitata in un edificio risultante della trasformazione settecentesca di una struttura nata sullo scorcio del XVI secolo, a sua volta probabilmente rifacimento di un edificio più antico. La chiesa presenta all’interno una navata unica coperta da un soffitto ligneo e illuminata da due finestre semicircolari per ogni lato. La zona del presbiterio è rialzata di tre gradini e divisa dalla navata da un arcone che reca la scritta dedicatoria: "NON SURREXIT MAJOR JOANNE BAPTISTA". CHIESA DI SAN ROCCO La chiesa di San Rocco, di aspetto cinquecentesco, conserva alcuni affreschi di scuola settecentesca (Madonna del Rosario e Santissima Trinità). Tracce di affreschi seicenteschi si ritrovano anche nella sottostante cappella del Santo Sepolcro. ARLENA DI CASTRO PER DATE NATALE VENERDI SANTO SABATO SANTO
PASQUA 14-15-16 AGOSTO
Chiesa di San Giovanni Battista
Presepe vivente: all’interno del centro storico, diversi figuranti in costumi tradizionali rievocano le fasi più significative della nascita di Gesù. - Processione del Cristo Morto. - Rappresentazione della Passione di Cristo: numerosi figuranti in costumi d’epoca ripercorrono, con scenografie suggestive, tutte le principali tappe della vita di Cristo, fino all’ultima cena, il tradimento, il processo, la crocifissione e la resurrezione. - Processione del Cristo Risorto: la macchina del Cristo Risorto viene trasportata per le principali vie del paese, creando un’atmosfera altamente suggestiva. Festa del patrono (San Rocco, 16 agosto). 15 agosto: Rievocazione della vita di San Rocco, rappresentata in 5 scenografie che riproducono i momenti salienti della vita del Santo. Sagra dell’Ombrichello: nell’ambito della festa patronale viene proposta (con data non fissa), la Sagra dell’Ombrichello, con stands di prodotti tipici e l'accompagnamento di musica dal vivo.
Arlena di Castro
CASTELVECCHIO La parte sud del paese, denominata "Castelvecchio", occupa l'area dell'antica "Rocca", di cui sono visibili notevoli porzioni, come le spesse mura perimetrali utilizzate dalle abitazioni attuali.
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Canino
Canino
CENNI STORICI
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Canino si adagia esattamente a metà strada tra le rive del Tirreno e il lago di Bolsena. Il borgo ha origini etrusche, come la maggior parte dei paesi del territorio circostante. I primi insediamenti, infatti, risalgono proprio a questo periodo. Canino assume importanza storica dopo l'avvento dei Farnese. Ciò si deve soprattutto ad Alessandro Farnese che, nato a Canino nel 1468, grazie alla nomina a papa con il nome di Paolo III, fece numerose donazioni al figlio Pier Luigi. Quest'ultimo incluse Canino, insieme ad altre terre già in suo possesso, nel Ducato di Castro. Nel 1649 Castro fu distrutta da papa Innocenzo X. Nel 1808 Luciano acquistò i terreni che la
Veduta dall’alto di Canino
Camera Apostolica possedeva a Canino. Nel periodo dei conflitti con la Chiesa, quando Napoleone fece arrestare il papa, Luciano fu costretto a fuggire in America ma, tornato dopo quattro anni, apportò al paese una serie di migliorie urbanistiche, dedicando particolare cura alla ristrutturazione delle terme di Musignano.
DA VISITARE LE BUCHE La parte più antica e caratteristica di Canino è rappresentata dal quartiere medioevale, oggi chiamato “Le Buche”, dove si possono percorrere suggestivi vicoli che conservano la pavimentazione originaria e che offrono fre-
quenti scorci con archetti, scalinate e portali decorati. Il centro del quartiere è dominato da un grande lavatoio pubblico fatto costruire dai Farnese. Percorrendo le antiche viuzze si possono cogliere da vicino, immaginandoli, momenti di vita reale andati ormai perduti. COMPLESSO DI SAN FRANCESCO Poco distante dal centro storico si trova l’ex convento di San Francesco, fatto edificare alla fine del XV secolo da Gabriele Francesco Farnese. Nell’armonioso chiostro rinascimentale sono conservati frammenti marmorei con raffigurazioni di animali e modesti affreschi settecenteschi sulla vita del Santo. Nell’annessa chiesa si possono osservare una tavola con “S. Antonio da Padova” del 1487 e un affresco raffigurante la “Madonna con il Bambino e Santi” degli inizi del XVI secolo. A sinistra dell’ingresso al convento si vede, sormontato da un rosone, il bel portale romanico della Cappella dell’Annunziata che risale al X secolo. Nella chiesetta, secondo la leggenda, sostò in preghiera il Santo di Assisi. CHIESA COLLEGIATA SANTI APOSTOLI GIOVANNI E ANDREA In piazza Costantino De Andreis svetta la facciata settecentesca della Chiesa Collegiata dedicata ai SS. Andrea e Giovanni Battista, risalente alla fine del XVIII secolo. L’edificio at-
Chiesa Collegiata Santi Apostoli Giovanni e Andrea
tuale fu costruito tra il 1783 e il 1793 in sostituzione di una chiesa più antica. Questa situata, a quanto sembra, in altra posizione, ma nella stessa zona della Collegiata attuale, nel sec. XVIII risultava essere in pessimo stato, aggravato anche dal modo antigienico con cui venivano seppelliti nel vicino cimitero i defunti. Nonostante gli interventi del duca Odoardo Farnese e del vescovo non vennero mai presi provvedimenti al riguardo e la chiesa fu abbandonata nel 1786 e quindi demolita. L’edificio, in stile neoclassico, ha un impianto basilicale a tre navate alle quali si accede attraverso un vestibolo tripartito nel quale si aprono i tre portali di ingresso. La navata centrale, delimitata da grandi pilastri, è coperta da una volta a botte decorata a cassettoni. I pilastri, collegati tra loro da arcate, sono arricchiti da paraste con capitello ionico, sormontate da trabeazioni rettilinee che sorreggono i muri laterali delle navate; in questi si aprono grandi finestroni semicircolari in vetri policromi. La due navate laterali, notevolmente inferiori in altezza a quella centrale, sono suddivise in tre campate coperte da volte a vela. Le navate minori contengono piccole cappelle laterali ricavate sotto le arcate che costituiscono la muratura perimetrale. Termina la navata centrale il presbiterio, con un’abside semicircolare e copertura a semicupola. All’estremità della navata laterale di
Canino
Complesso di San Francesco
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Canino 12
destra si trova la Cappella Bonaparte, di forma rettangolare con copertura a volta a botte, mentre la sacrestia chiude la “navata di sinistra”. La facciata neoclassica, tripartita, è articolata su due ordini: il primo, modulato da doppie paraste doriche, contiene i tre portali in pietra d’ingresso; il secondo ordine, ionico, delimita la campata centrale chiusa in alto da una trabeazione a timpano. All'interno della Chiesa Collegiata sono conservate numerose opere tra cui una tavola di scuola umbra del XIV secolo che raffigura un Presepe, una Vergine con Santi del XV secolo attribuito al pittore fiorentino Mariotto Albertinelli e donato a Canino dal principe Luciano Bonaparte, il Fonte Battesimale in marmo istoriato risalente al 1474, un San Francesco di Paola ad olio del XVII secolo ed una tela del Wicar raffigurante il ritratto di Pio VII. Da ammirare, inoltre, il bellissimo “coro in noce” al di sopra del quale è situata una “Natività” della scuola del Perugino e una “Madonna e Santi” del Monaldi. A destra dell’altare, chiusa da un’inferriata, è situata la Cappella Bonaparte, fatta costruire nel 1854 da Alexandrine de Bleschamps, seconda moglie di Luciano. La Cappella ospita i resti di Luciano Bonaparte, della sua prima moglie Cristina Boyer e del figlioletto Giuseppe Luciano. In stile neoclassico, la Cappella conserva all’interno una Regina Pacis, altorilievo in marmo del XVI secolo, e due tondi ad olio di scuola fiamminga sulle vetrate dell’ingresso principale. Sempre all’interno della Cappella sono presenti pregiate opere marmoree attribuite al
Fontanile
Pampaloni e al Labourer: si tratta di un busto raffigurante Carlo Bonaparte (padre del principe) posto sopra un elegante sarcofago, due monumenti funebri dedicati rispettivamente a Luciano e alla sua prima moglie e, infine, un pregiatissimo “Angelo” che indica il Paradiso al figlioletto di Luciano morente, attribuito al Canova o alla sua scuola. VULCI, LA NECROPOLI ETRUSCA E LA CIVITA Vulci, una delle più importanti e suggestive testimonianze etrusche, si trova al confine con il territorio di Montalto. È un'area notevolmente estesa, dove si possono ammirare le rovine della grande e potente città etrusca, distrutta dai Romani nel 280 a.C., e la necropoli che, situata nei pressi delle rive del fiume Fiora, comprende circa 30.000 tombe, molte delle quali inaccessibili. Ciò che resta della città etrusca viene conservato nel museo del Castello, mentre della città romana sono visibili un tratto di strada, il basamento di un tempio e una villa patrizia. L'Abbazia di San Mamiliano, distrutta dall'invasione dei Saraceni e ricostruita dai Cistercensi nel XII secolo, si erge solitaria nei pressi di un ponte costruito in età romana su basamenti etruschi. Il Museo, ospitato nel magnifico edificio che, sormontato da una torre cilindrica, si presenta come un vecchio castello, offre tutta una serie di reperti di inestimabile valore archeologico riconducibili a varie epoche. CASTELLARDO Insediamento fortificato ubicato nei pressi di Canino. Il suo nome deriverebbe, secondo una delle interpretazioni, dal francese Chatelard che significa “fortificazione”. Controllava la strada che nel medioevo permetteva ai viandanti di raggiungere Roma, evitando, così, le paludi che invadevano l’Aurelia. I primi feudatari di Castellardo a noi noti sono citati come "Lombardi" in un documento del 1175. Il castello fu oggetto di contese tra Viterbo e Tuscania. In seguito fu occupato dai pontefici
fino al 1337, quando papa Benedetto XII ordinò che la guarnigione rientrasse a Vulci. Nel 1354 avvenne l’assoggettamento di Castellardo a Montefiascone. In seguito divenne di proprietà degli Orsini di Bracciano che, probabilmente, dopo qualche tempo lo persero: infatti, nel 1459 i Caninesi, forse sotto l’istigazione degli Orsini stessi o forse per dispute di confine, lo distrussero. FONTANA FARNESIANA La costruzione della fontana risale alla prima metà del secolo XVI ad opera della famiglia Farnese, probabilmente a terminazione del primo acquedotto della città. Originariamente collocata nella quattrocentesca piazza del Mercato, oggi piazza Vittorio Emanuele II, venne rimossa nel 1875 e rimontata solo agli inizi del XX sec. nell’attuale piazza De Andreis. Le prime notizie relative ad una fontana, non meglio specificata, risalgono al 1503, quando Bartolomeo Mancino da Bonconvento prepara settemila condotti di terracotta per una fonte da realizzare a Canino e, ancora, nel 1506 un viterbese disegna la fontana commissionata dal cardinale Alessandro Farnese (futuro papa Paolo III). È documentato un restauro eseguito agli inizi del 1850 durante il quale vengono tagliati i vecchi gradini a piombo delle lastre della fontana, realizzati dei nuovi gradini ed una canaletta di raccolta delle acque intorno alla va-
CANINO PER DATE GENNAIO FEBBRAIO MARZO/APRILE
MAGGIO GIUGNO
LUGLIO AGOSTO SETTEMBRE OTTOBRE
NOVEMBRE DICEMBRE
17 gennaio: S. Antonio Abate (loc. Roggi). Carnevale caninese. Periodo pasquale: Via Crucis, Processione del Venerdi Santo. 25 aprile: Sagra dell'asparago. Fiera. Ass. Musicale 'A. Donati' con il patrocinio del Comune di Canino - Giugno Musicale Caninese P.zza Legnano - Ingresso gratuito. Festa dell'archeologia - Estate caninese. Torneo di calcio ‘L. Sebastiani’. Festa della birra - Primo fine settimana di agosto - Pineta Comunale - Estate caninese. II Dom. di settembre Festività in onore del compatrono S. Clemente. Manifestazione Bonaparte - Consegna del Premio 'Luciano Bonaparte' a un’opera in lingua italiana e a una in lingua straniera. Mostra biennale nazionale del cavallo maremmano (anni dispari). Ultimo fine sett. di novembre: festa ‘’Pane e olio’’. 8 dicembre: Sagra dell’olivo.
Canino
Fontana Farnesiana
sca e risarcite alcune pietre che si presentavano degradate. Nel 1875, probabilmente per le cattive condizioni in cui versa la fontana, se ne propone la rimozione con la raccomandazione di “far ben custodire i pezzi della medesima... volendo la tradizione che quelle pietre, scolpite degli stemmi dei più alti personaggi, cioè i serenissimi duchi di Castro, eminentissimi porporati della Casa Farnese, siano state trasportate da Castro dopo la sua rovina”. Questa ipotesi non è però suffragata da alcuna fonte scientifica. Quindi, dopo quasi trent’anni di oblio, la fontana viene rimontata in piazza C. De Andreis, in quanto era di impedimento allo svolgimento del mercato, su progetto dell’ing. Fausto Finzi e per opera dell’impresa Pietro Frittelli e dello scalpellino Pietro Mercati, nel luogo ove era l’Oratorio della Confraternita della Misericordia demolito pochi anni prima.
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Cellere
Cellere
CENNI STORICI
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L’antico abitato di Cellere, situato nel cuore della Maremma laziale, può essere definito un tipico “centro di sprone” poiché sorge su di uno sperone tufaceo di origine vulcanica (apparato Volsinio) delimitato da due corsi d’acqua, in posizione panoramica sulla Valle del fiume Timone. Alla antica vocazione agricola e pastorale è forse attribuibile l’etimologia del nome, citato nei primi documenti di origini medievali risalenti al IX e XII sec. (Abbazia S. Salvatore – monte Amiata) con i termini “Cellulis” e “Cellule” associati alla definizione di “fun-
Veduta panoramica di Cellere
dus”. Dominato prima da Viterbo e poi da Tuscania, Cellere risulta essere uno dei primi possedimenti della famiglia Farnese già nel sec. XIV e come tale conosce nel XVI sec. un periodo di splendore e di sviluppo urbanistico con l’ampliamento del borgo esterno al primigenio insediamento del “Castel dentro”, la trasformazione della Rocca in palazzo residenziale dei Farnese e la costruzione della chiesa dedicata al patrono S. Egidio Abate, gioiello architettonico di Antonio da Sangallo il Giovane. Dal 1537 al 1649 fa parte del Ducato di Castro, ritornando poi sotto il diretto dominio della Santa Sede fino all’unità d’Italia.
DOMENICO TIBURZI, IL BRIGANTE Cellere viene ancora ricordata perché luogo nativo di un celebre brigante dell’Ottocento: Domenico Tiburzi (1836-1896). Divenne fuorilegge giovanissimo, a 15 anni. Dominò incontrastato per circa un ventennio la Maremma al confine Tosco-Laziale. Riteneva di poter in tal modo porre riparo alle ingiustizie continuamente perpetrate a danno dei più deboli ma fu al soldo anche dei potenti della zona. Attorno alla sua figura si sono create diverse leggende. Proprio per ricordarlo è nato a Cellere il “MUSEO DEL BRIGANTAGGIO”, un museo tematico che consente una lettura particolare del territorio, del paesaggio e della storia.
Museo del Brigantaggio
DA VISITARE IL MUSEO DEL BRIGANTAGGIO Il museo presenta un allestimento da ascoltare, scoprire, manipolare e guardare, installazioni audio, video e informatiche, cassetti, botole e nascondigli, libri e schedari, riproduzioni di quotidiani e vignette d’epoca.Offre inoltre testimonianze e racconti leggendari, poesie e canti: il brigantaggio maremmano restituito attraverso le testimonianze dell’epoca e l’immaginario d’oggi. Per Informazioni: Sede: Via Marconi, 20 - tel. 0761 451556 www.museobrigantaggiocellere.it info@museobrigantaggiocellere.it Aperture: Venerdì - Sabato - Domenica Estivo: 10.00 - 13.00 / 15.00 - 19.00 Invernale: 10.00 - 13.00 / 14.00 - 18.00 Prenotazioni e aperture straordinarie: 328 9195232 LA CHIESA DI S. EGIDIO Prima opera chiesastica di Antonio da Sangallo il Giovane la costruzione di S. Egidio risale ad una commissione del
Cardinale Alessandro Farnese (papa Paolo III) intorno all’anno 1513. La pianta originaria (n. U 1050 A - Gabinetto dei disegni della Galleria degli Uffizi – Firenze) ha subìto una significativa trasformazione all’atto della esecuzione. La concezione architettonica della pianta a croce greca, che determina in alzato tre avancorpi uniti da un ottagono, tamburo e tetto conico, con abside esterno, ne fanno una delle opere più particolari e suggestive del Sangallo. L’armonia tutta rinascimentale delle linee prosegue all’interno con la completa copertura a “fornice”, uno splendido pavimento esagonale, affreschi cinquecenteschi e seicenteschi: il tutto messo in evidenza da un sapiente gioco luce-ombra. La chiesa-tempio sorge nelle immediate vicinanze di una precedente chiesetta medievale demolita già nel 1581, anch’essa dedicata all’antico culto di Sant’Egidio festeggiato il primo settembre con giochi, corse di cavalli barberi e grande partecipazione dei popoli circonvicini. PARCO DEL TIMONE Il parco è situato a 3 km da Cellere, sulla strada verso Pianiano. Tipico ambiente della Maremma Laziale, presenta delle bellezze naturalistiche ancora integre e misteriose. Il percorso infatti passa attraverso
Cellere
Veduta della Chiesa di S. Egidio
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Cellere
un querceto, costeggia una splendida cascata ed esplora le sorgenti del Timone, affluente del fiume Fiora. Si possono anche trovare i segni di antiche popolazioni: in un antro, scavato dall'acqua, probabilmente una abitazione antica, si scopre un focolare ed alcuni attrezzi da lavoro. Nell’area del Parco è presente un’area attrezzata per pic nic e un percorso trekking che dal museo del brigantaggio arriva fino a Pianiano. LA ROCCA FARNESE Tra i sontuosi palazzi che i Farnese edificarono nella Tuscia, quello di Cellere è forse il meno conosciuto. L’edificio, restaurato e riaperto al pubblico, è costruito in grossi blocchi squadrati di tufo ed oggi sede di interessanti mostre ed eventi.
Scorcio
BORGO MEDIEVALE DI PIANIANO
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Borgo Medievale di Pianiano
Piccolo antichissimo borgo, situato sulla strada che dalla zona di Vulci conduce a Ischia di Castro a 4 km da Cellere, rappresenta una vera e propria scultura nel tufo. È un esempio ancora integro di insediamento medievale. Le origini del piccolo borgo sono probabilmente da ricercare nell'antico culto di Apollo/Diana connesso alla caccia (Plandianum, Plandiana, Castrum Planiani, Pianiano). Al patrono S. Sigismondo è dedicata la chiesa di origine medievali, ampliata dopo l'arrivo degli immigrati di origini albanese colà stabiliti per volere del Governo Pontificio nell'anno 1757. In essa è conservata una pregevole acquasantiera in nenfro decorata da tre gigli farnesiani che denotano l'appartenenza del borgo alla casa Farnese e al Ducato di Castro. Pianiano ha in linea di massima condiviso le vicende storiche di Cellere; nell'anno 1729, per volere delle due Comunità, ne è stata disposta l'unione con Breve del papa Benedetto XIII. La struttura del castello (anticamente esisteva anche un borgo esterno alle attuali mura) è stata quasi interamente costruita dagli Albanesi dopo un lungo periodo di completo abbandono. Ad esso si accedeva attraverso un Ponte che immetteva nel portale di ingresso difeso da una Torre, oggi adibita a residenza privata, e dalla Rocca adiacente già diruta nel XVIII sec. e non più ricostruita.
CELLERE PER DATE 17 GENNAIO
1° MAGGIO AGOSTO 1°Dom di SETTEMBRE Dalla III sett di AGOSTO alla II sett di SETTEMBRE 30 NOVEMBRE
Festa S. Antonio Abate - Accensione fuoco di S. Antonio - Benedizione degli animali Degustazione prodotti tipici. Festa del 1° Maggio (Presso “ Parco Timone”). Agosto Cellerese. Festa del S. Patrono S. Egidio Abate. “Cellere tra natura e tradizione” Mostra/Mercato - Corteo storico Convivio medievale nel Borgo di Pianiano Palio dei sapori della Maremma Tosco-Laziale Festa di S. Andrea. Rumorosa sfilata per le vie del paese delle “sant’andree” (lunghe file di barattoli legati insieme da una corda).
CENNI STORICI Farnese è un tipico abitato di altura della Tuscia, il cui centro storico è posto su un vasto pianoro, circondato da due fossi confluenti, le cui ripide pareti tufacee rispondevano naturalmente alle esigenze di difesa dei tempi passati. La prima frequentazione dell’uomo, documentata dal ritrovamento di resti di fori di palificazione e frammenti di vasi ceramici, ascrivibili ad un agglomerato proto-urbano di una certa importanza, è riferibile all’Età del Bronzo Finale (XII-X sec. a.C.). Da quel periodo, fino al Basso Medioevo, non si hanno notizie o documentazioni archeologiche che possano indicare l’esistenza del paese. Il territorio di Farne-
Veduta dall’alto di Farnese
se, sotto Ludovico il Pio, nell’817, andò a far parte della “Tuscia Longobardorum”, sotto la diretta influenza degli imperatori franchi. Verso la fine dell’XI secolo probabilmente si ebbe il fenomeno di incastellamento, con la nascita del “Castrum” di Farnese. Si presume che il nome di Farnese, o Farneto, come anticamente si diceva, derivi dalla presenza nel territorio di boschi di farnie (Quercus robur), specie di quercia oggi pressoché scomparsa. Farnese è anche il nome della potente famiglia che ha dato il pontefice Paolo III, i duchi di Latera, di Castro e di Parma e Piacenza. Con probabilità il primo personaggio ascrivibile a questa stirpe si può individuare in Giovanni, gastaldo degli Aldobrandeschi, che nel 1222 rinnovò
Farnese
Farnese
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l’omaggio feudale ad Orvieto per i castelli di Ischia e Farnese. Dediti al mestiere delle armi, i Farnese brillarono al comando di vari eserciti e truppe di mercenari e, ben presto, andarono a scontrarsi tra loro, con lotte feroci che culminarono nell’assedio di Farnese, nel 1389, e nella strage di Ischia, in cui vennero massacrati tre esponenti della famiglia.
Farnese
DA VISITARE
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LA ROCCA DEI FARNESE Realizzata nel corso di cinque secoli, si presenta oggi come palazzo fortificato, abitato da molti cittadini, con la sua bella facciata secentesca, i cunicoli interni, le poveraglie (abitazioni della servitù), i piani nobili, gli stemmi delle famiglie che vi hanno dominato. L’accesso alla Rocca, ed al centro storico, avviene attraverso la cosiddetta Porta Nuova, realizzata su disegno dell’architetto Ettore Smeraldi negli anni attorno al 1615, affiancata dalle agili arcate del “corridore”, che collegava l’abitazione dei signori con il parco della “Selva”. PALAZZO CHIGI-CECCARINI Costruito nella seconda metà del Settecento, sede del Comune, dove si trovano affreschi staccati dalla Chiesa campestre di Santa Maria di Sala e notevoli soffitti lignei, dipinti, attualmente in fase di restauro. Sempre nella piazza, fa bella mostra di sé la fontana monumentale, realizzata nel 1886, su disegno dell’ingegner Tuccimei. LA CHIESA PARROCCHIALE Dedicata al Santissimo Salvatore presenta una facciata degli anni Cinquanta del secolo scorso e racchiude al suo interno notevoli opere d’arte come gli oli e gli affreschi dovuti al pittore bolognese di fine Cinquecento Antonio Maria Panico (San Giacomo Maggiore, San Giovanni Battista, San Sebastiano, la Messa di Paolo terzo o Miracolo di Bolsena e l’altare del Rosario), il bellissimo capolavoro giovanile di Orazio Gentileschi, raffigurante San Miche-
le Arcangelo, ed un notevole tabernacolo donato nel 1603 da Mons. Ferrante Farnese, vescovo di Parma, primogenito di Pier Bertoldo e fratello di Galeazzo, Fabio e Mario. LA CHIESA DEL MONASTERO DELLE CLARISSE Presenta una luminosa pala d’altare realizzata nel 1750 dal pittore romano Agostino Masucci e gli affreschi cinquecenteschi, recentemente riscoperti e restaurati, in cui il matrimonio della vergine celebra le glorie della famiglia Farnese, rappresentando gli sponsali di Galeazzo il Vecchio con Isabella dell’Anguillara, con il celebrante che presenta il volto di papa Paolo terzo. CHIESA DEL CONVENTO DI SANT’UMANO Possiamo trovare la tela di Sant’Antonio da Padova di Giovanni Lanfranco ed il crocifisso ligneo, scolpito da fra Vincenzo da Bassiano, artista secentesco che lavorava solo di martedì e venerdì dopo aver digiunato ed essersi flagellato. CHIESA DEL CONVENTO DEI CAPPUCCINI Nasconde tra i banchi un pavimento istoriato con marmi preziosi con la tomba della famiglia Farnese. CHIESA CAMPESTRE DI SANT’ANNA O MADONNA DELLA CAVARELLA Struttura di notevole interesse, nata come ex voto della Comunità per un’invasione di cavallette nel 1577 e abbellita, a seguito di un altro voto dei signori del luogo, per un parto difficile, con bellissimi stucchi ed affreschi di Antonio Maria Panico, in cui tra ariosi paesaggi, storie della Vergine e grottesche, si sviluppa un vero e proprio Mutus Liber alchemico. MUSEO CIVICO FERRANTE RITTATORE VONVILLER Anche sede del Centro Visite della Riserva naturale Selva del Lamone. In esso vi sono rac-
colti, con un’esposizione didattica, reperti provenienti dal paese, da tutto il territorio della riserva e circostante, dal Paleolitico medio al tardo Rinascimento. Punti forti sono i settori dedicati agli scavi dell’abitato protovillanoviano di Sorgenti della Nova e della fortezza etrusca di Rofalco, nonché la notevole collezione di ceramica medievale e rinascimentale proveniente dai butti del centro storico di Farnese. Completa l’allestimento una piccola sezione naturalistica. LA RISERVA NATURALE SELVA DEL LAMONE Istituita con L.R. n. 45/94, la Riserva Naturale Parziale Selva del Lamone occupa circa 2000 Ha nel territorio del comune di Farnese al confine con la Toscana. Essa fa parte del Sistema dei Parchi e delle Riserve della Regione Lazio. La Selva del Lamone è percorsa da una serie di strade sterrate, che si sviluppano per circa 50 Km e sono percorribili anche con l'automobile. Più complessa e lunga è la rete dei sentieri, alcuni dei quali sono stati destinati ad uso turistico. Essi si inoltrano nel fitto del bosco e s'inerpicano sulle murce, per cui sono percorribili solamente a piedi.
Arco
SENTIERO DEI BRIGANTI É L'itinerario più importante che segue il tracciato della strada sterrata principale della R.N. e fa parte di un circuito di circa 100 Km che collega la Riserva Naturale di Monte Rufeno, con il lago di Bolsena, la Selva del Lamone e le rovine di Vulci. Il percorso è segnalato con apposite frecce indicatrici e descritto da pannelli illustrati. Si può percorrere a piedi, a cavallo, in mountain bike o con automezzi. Lunghezza, nell'area della R.N., circa 15 Km. Grado di difficoltà: molto basso.
A cura di Giovanni Antonio Baragliu Foto a cura di Antonio Biagini FARNESE PER DATE 17 GENNAIO 10 MAGGIO III DOM. DI MAGGIO I DOM.DI GIUGNO 19 GIUGNO 18-19-20 LUGLIO
9-10 AGOSTO 15 AGOSTO
S. A. Abate - Giochi popolari e sagra della bruschetta. Festa patronale S. Isidoro con Processione. Festa della Primavera. Festa al Lamone in località Roppozzo. Fiera. Pellegrinaggio al SS. Crocifisso di Castro. XIII Mostra dell’Artigianato - Itinerario mostra all’interno del Centro Storico - III Mostra del Gioiello del Brigante - Mostra di gioielli ispirati all’arte antica, nel Museo Civico. Il ritorno di Pinocchio, manifestazione. Festa popolare in onore di Maria SS. Assunta.
Farnese
Scorcio
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Ischia di Castro
Ischia di Castro
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CENNI STORICI La parte più antica di Ischia di Castro, dove oggi sorge il centro storico, si trova su una rupe tufacea alla confluenza di due torrenti, posizione che denota, secondo il parere degli esperti, la sua origine etrusca. In questo pianoro, dotato di buona posizione e di difesa naturale, vi posero stabile dimora i suoi primi abitanti che vi praticarono l'agricoltura e la pastorizia. Il territorio circostante, nella sua vastità e varietà, è oggi in grado di offrire uno straordinario connubio di storia, archeologia e natura. Il nucleo abitativo più antico del paese conserva ancora oggi l'impianto urbanistico, la fisionomia tipica dell'epoca medievale, con il castello e
Palazzo Farnese
le sue solide porte, i resti delle mura, le abitazioni addossate le une alle altre, che rivelano, per le caratteristiche architettoniche, la condizione sociale degli antichi proprietari.
DA VISITARE LA ROCCA La Rocca, una delle più antiche residenze di casa Farnese, si presenta oggi nella forma datale dalla ricostruzione cinquecentesca, purtroppo incompiuta, attribuibile ad Antonio da Sangallo il Giovane, architetto di fiducia dei Farnese. Nella struttura del monumento si evidenziano tipologie costruttive diverse, connesse alle varie fasi di edifi-
Chiesa di San Rocco
cazione del castello. La struttura più recente infatti risulta addossata e in parte sopraelevata su quella originale risalente al sec. XI, la quale venne ulteriormente fortificata nel XIV sec. Di questa fase rimangono in parte tre torri incorporate nell'opera rinascimentale. Delle tre, quella dell'orologio a sud-est, in epoca medievale difesa dal ponte levatoio, trasformato poi in porta d'ingresso al centro storico, venne probabilmente mozzata, poi sopraelevata nel sec. XVIII, per installarvi l'orologio. La centrale fu riempita per sostenere la spinta della nuova costruzione, l'ala destra del palazzo rinascimentale. Anche la terza, dove si trova l'accesso al palazzo, si presenta mozzata. La ristrutturazione del Sangallo determinò una trasformazione tipologica ed estetica della severa costruzione medievale, dando alla primitiva struttura il nuovo aspetto di palazzo nobile ed elegante del Rinascimento, connotato da un'ariosa loggia, poi tamponata, raffinato esempio di residenza civile di una delle famiglie più importanti dell'epoca. IL DUOMO S. ERMETE Il duomo S. Ermete, edificato nel '700 a opera dell'architetto Prada di Viterbo, pre-
IL SANTUARIO DELLA MADONNA DEL GIGLIO Il Santuario della Madonna del Giglio, patrona del paese, fuori dell’abitato, nascosta tra il verde presenta una navata unica, completamente aperta nella parete d’entrata. Nella cappellina absidale è dipinto l’affresco con l’immagine della Vergine in atto di allattare il Figlio, risalente agli inizi del‘400. Nella parete di fondo, sovrastante la cappellina, è raffigurata una possente crocifissione di scuola umbra, databile tra la fine del XV e gli inizi del XVI secolo. LA CHIESA DI S. ROCCO Ed inoltre la Chiesa di S. Rocco, in stile romanico a navata unica con bellissimi affreschi cinquecenteschi, è stata recentemente restaurata. MUSEO COMUNALE Infine il prezioso Museo Comunale ci racconta con i suoi numerosi reperti la storia e le vicende del territorio dalle lontane epoche preistoriche fino al Rinascimento.
ISCHIA DI CASTRO PER DATE VENERDI SANTO GIUGNO
LUGLIO 28 AGOSTO 8 SETTEMBRE
Processione e Sacra Rappresentazione della Passione. Pedalata a Castro. Raduno delle biciclette nella piazza principale e percorso di circa 20 km in un ambiente naturale, suggestivo ed incontaminato. AMA. Artigianato, Musica e Arte a Ischia. Manifestazioni musicali e mostre nel centro storico. S. Ermete Martire, Festa Patronale. Madonna del Giglio, Festa Patronale.
Ischia di Castro
senta una facciata in stile barocco e l'interno diviso in tre navate, con numerose cappelle laterali nelle quali sono presenti pregevoli opere di varie epoche. Di particolare interesse il Fonte Battesimale del 1538, in travertino, l'affresco della Madonna del Popolo, opera di scuola senese, e due amboni di travertino provenienti dal duomo di S. Savino di Castro (sec. IX).
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Montalto di Castro
Montalto di Castro
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CENNI STORICI Secondo la leggenda, Montalto fu fondata nel V secolo d.C. dagli abitanti di una città della costa che si ritirarono sulla piccola altura, dove sorge il centro antico, per difendersi dalle scorrerie dei pirati. Le incursioni dei Saraceni tormentarono le nostre coste dal secolo ottavo al secolo dodicesimo d.C. Montalto esce dalla leggenda ed entra nella storia nel 853 d.C.: in una bolla di papa Leone IV diretta a Virobono, vescovo di Tuscania, compare, per la prima volta, il nome di Montis Alti. Nel documento papale si legge che il castrum Montis Alti appartiene alla Diocesi di Tuscania, alla quale serviva anche da porto. ll Castrum Montis Alti fu
Vulci: Laghetto del Pellicone
luogo di confine, sia verso il mare infestato dai Saraceni, sia verso la Toscana occupata dai nemici Longobardi e, “come pure per il suo sterminato, incolto, pestilenziale territorio divenne ben presto un prezioso luogo di difesa, un castello, un castrum”. Anche il castello Orsini, il monumento più notevole di Montalto, ha un’origine leggendaria. La costruzione si fa risalire a Desiderio (VIII sec.), duca di Tuscia, poi re dei Longobardi, ma non esiste alcun documento storico sull’edificazione del primo castello in Montalto. Per secoli, il territorio montaltese fu devastato dalla lotta sostenuta contro i Pontefici e gli Stati loro alleati, dai potenti baroni di Vico, che furono signori feudali di Montalto sin dalla metà del secolo XII. Questa lunga lot-
Castello Guglielmi
Castro venne reincamerato tra i beni della chiesa amministrati dalla camera apostolica. Si spezzò l’unità del territorio che fu concesso in enfiteusi, per tempi brevi, a diversi signori. Ciò non consentì interventi rilevanti. Nel 1870, con la presa di Roma, termina il dominio dei papi. Montalto entra nello stato unitario.
DA VISITARE CASTELLO GUGLIELMI L'abitato è dominato dal Castello Guglielmi, il cui nucleo più antico è costituito dall'imponente torre quadrangolare. Costruito probabilmente nel XV secolo dagli Orsini, come ricordato dalla lapide posta sulla torre, il castello subì in seguito numerose ristrutturazioni. Alla fine del XVIII secolo venne rialzato di un piano e nel secolo scorso vennero aggiunte la loggia e la merlatura attuale. Percorrendo via Vulci si giunge a una porta ricavata nel tratto settentrionale delle mura; da qui si accede alla piazza Felice Guglielmi, su cui prospetta la facciata neoclassica di Santa Croce. L'interno è a navata unica e al di sopra dell'altare, custodito entro una teca in vetro, si conserva un pregevole dipinto, raffigurante "La Madonna della Vittoria".
Montalto di Castro
ta tra i papi e i baroni di Vico, quasi annichilì il castello di Montalto: le campagne in rovina, le case abbandonate, una rarefazione paurosa della popolazione. Papa Martino V, per impedire che Montalto fosse cancellato dalla storia, il 28 febbraio 1421 pubblicò una bolla a favore dei pochi montaltesi rimasti nel nostro territorio. La bolla predetta prevedeva che i pochi abitanti rimasti, non fossero “molestati” per due, ovvero quattro anni per i delitti commessi nei luoghi della chiesa. Il papa si interessò anche delle condizioni dei terreni, delle case diroccate e delle vigne abbandonate. La bolla di Papa Martino V del 28 febbraio 1421 è di importanza fondamentale per conoscere la storia di Montalto. Dopo la sconfitta dei potenti signori di Vico nel 1359, il Castello di Montalto cominciò a passare di mano in mano. Fu dominato dagli Orsini, da Angelo Ventura detto Tartaglia, da altri signori e, naturalmente, dai Papi. Con la costituzione del Ducato di Castro, nel 1537, voluta da papa Paolo III Farnese a favore del figlio Pier Luigi, Montalto (e gli altri paesi compresi nel ducato) godette di un periodo di discreta tranquillità. Con la distruzione di Castro nel 1649, voluta da papa Innocenzo X, il Ducato di
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Montalto di Castro 24
Chiesa di Santa Maria Assunta
Marina di Montalto
SANTA MARIA ASSUNTA Percorrendo via Soldatelli si giunge davanti alla bella facciata settecentesca della chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta. L’edificio mostra sopra il portale di travertino lo stemma di papa Pio VI Braschi, che ne promosse il completo rifacimento nel 1783. L’interno, a unica navata, è decorato con interessanti dipinti della fine del XVIII secolo. In una teca, sulla destra, sono conservate le reliquie di Quirino e Candido, santi patroni di Montalto. In piazza Giacomo Matteotti si trova il Palazzo del Comune. La struttura, sorta in origine come convento francescano, venne successivamente trasformata in fortezza dai Farnese e inglobata nella cinta muraria. Fuori del centro storico, in prossimità della via Aurelia, si incontrano le settecentesche fontane delle Tre Cannelle e del Mascherone, entrambe con lunghe epigrafi sormontate dallo stemma del comune. Lungo la strada per Marina di Montalto si può notare, sulla sinistra, la Chiesa di San Sisto, costruita dai frati Agostiniani forse nel XIII secolo, e in seguito trasformata prima in lazzaretto e quindi in ospedale. Percorrendo l'Aurelia, dopo aver superato la frazione di Pescia Romana, si arriva al Palazzo del Chiarone, l'ex dogana pontificia. Munito di circa 90 stanze, con tanto di appartamento papale, stalle e prigione, risulta oggi, purtroppo, completamente abbandonato. Nei dintorni del centro abitato è possibile
ammirare i settecenteschi Archi di Pontecchio. Infine, nei pressi del Castello della Badia (Vulci) è conservato il Casale dell'Osteria, pregevole esempio di architettura colonica risalente al tempo della riforma fondiaria. I DINTORNI Marina di Montalto Attrezzata località turistica situata a due chilometri da Montalto, Marina di Montalto si è sviluppata a partire dagli anni Cinquanta. Le ampie spiagge sabbiose, le vaste pinete e le funzionali strutture ricettive fanno di questo centro un luogo ideale per la villeggiatura. Nei pressi della foce del Fiora si trovano un massiccio edificio che fungeva, probabilmente, da magazzino del grano e una torre a pianta quadrata, recentemente restaurata, costruita forse nel XV secolo. Più a sud, in località Punta delle Murelle, affiorano a breve distanza dalla riva le antiche strutture del porto di Regisvilla. Pescia Romana Nel territorio del comune di Montalto di Castro, a dodici Km dal capoluogo, è situato il centro abitato di Pescia Romana (2.500 abitanti ca), il cui territorio si trova a confine con quello del comune di Capalbio e quindi con la Toscana. L’abitato è costituito da due nuclei principali: “Il Borgo Nuovo” ed “il Borgo Vecchio”, oltreché di una miriade di case coloniche sparse nella
IL PARCO NATURALISTICO ARCHEOLOGICO DI VULCI Una straordinaria avventura archeologica ambientale Il Parco Naturalistico Archeologico di Vulci è un’affascinante integrazione tra un incontaminato paesaggio maremmano ed imponenti resti archeologici di quello che fu uno dei più importanti centri dell’Etruria Antica. Scegliendo un itinerario fra i tanti possibili, si può entrare in un mondo che già stupì i grandi viaggiatori dell’ottocento, ripercorrendo ambienti naturali nella loro integrità. La singolarità del Parco consiste nel presentare un panorama completo: città etrusco e romana, necropoli, agro pressoché incontaminato, museo dei reperti vulcenti nel Castello della Badia con il maestoso Ponte sul fiume Fiora, uno dei monumenti che più affascinano il pubblico. Da non perdere la tomba François, monumento tra i più famosi della civiltà etrusca, nonché la Cuccumella: tumulo funerario di imponenti dimensioni. Vi suggeriamo di seguire i sentieri che si inoltrano nel paesaggio attraversato dal Fiume Fiora che aprendosi un varco tra le rocce vulcaniche si tuffa nel limpido laghetto del Pellicone in un ambiente di rara suggestione. Potrete vivere da protagonisti una esperienza unica per contenuti culturali e naturalistici. Da non dimenticare i prodotti particolari che questa terra offre e che potranno essere degustati presso il panoramico Casaletto del Parco di Vulci. Il Parco è aperto tutti i giorni. Ci sono aree di sosta attrezzate e la possibilità di prenotare visite guidate al Parco, agli scavi, alle necropoli, al laboratorio di restauro. PER INFORMAZIONI Tel. +39 0766-879729 oppure +39 0766-89298 sito web: www.vulci.it e-mail: info@vulci.it
Km di spiaggia, tutta allo stato naturale, con alle spalle un “tombolo” assolutamente intatto, quale ormai si può ritrovare soltanto qui; e dalla limpidezza e pulizia delle acque del mare sono ormai ben note ovunque le spiagge: “di Marina di Pescia”; “del Casalaccio”; “di Costa Selvaggia”. MONTALTO DI CASTRO PER DATE Sagra del Melone. Dal giovedì alla domenica, a Pescia Romana, degustazione del delizioso frutto estivo e dei numerosi prodotti tipici locali, con bancarelle e mercato fieristico, concerti, spettacoli di intrattenimento vario. Palio delle Contrade di Pescia Romana. I DOM. DI AGOSTO Vulci Festival - Rassegna di musica, teatro, danza e AGOSTO cultura all'interno delle straordinarie scenografie del Parco Archeologico Naturastico di Vulci. www.vulci.it www.atcllazio.it info: info@vulci.it Festa del Mare - Messa in pineta per celebrare 15 AGOSTO le Solennità di Santa Maria Assunta; a seguire processione in mare e spettacolo pirotecnico. Mezza Maratona "Città di Montalto". I DOM. DI OTTOBRE www.montaltosport.it www.comune.montaltodicastro.vt.it - turismo@comune.montaltodicastro.vt.it II WEEK END DI LUGLIO
Montalto di Castro
bellissima campagna circostante. Dei due borghi, quello più antico si sviluppò, presumibilmente dopo l’anno 1700, intorno ad una piccola chiesa edificata dai gesuiti ed intitolata al loro fondatore, Sant’Ignazio. Il nucleo più recente, a ridosso della Statale Aurelia, fu inaugurato nel 1961 e costituisce senz’altro uno fra gli esempi più belli ed armoniosi di comunità rurale, sorta in seguito alla riforma agraria attuata a partire dai primi anni 50, con il tramite dell’Ente Maremma. Nucleo centrale del Borgo Nuovo è la Chiesa di San Giuseppe Operaio, a pianta esagonale, con cupola anch’essa esagonale sul cui soffitto si trovano affreschi di notevole pregio, così come di altrettanto pregio è l’altare centrale e la bella fontana all’esterno dell’edificio. La storia di Pescia si è sviluppata in modo sostanzialmente diverso rispetto a quella del capoluogo. Infatti, mentre Montalto di Castro, intorno all’anno 1300 diviene proprietà della famiglia Orsini, entrando, in seguito, a far parte del Ducato di Castro, Pescia Romana rimane nell’ambito della Camera Apostolica. Intorno all’anno 1820, la “Tenuta di Pescia” viene concessa alla famiglia Boncompagni-Ludovisi, principi di Piombino, che ne rimase proprietaria fino alla riforma agraria. Per decenni il territorio di Pescia Romana fu caratterizzato dalla presenza di acquitrini e di estese zone paludose. La scarsa popolazione dovette subire le conseguenze della presenza della “malaria”. Oggi, dopo il risanamento, effettuato con la riforma agraria, lo stesso territorio è caratterizzato da un clima estremamente salubre e da una grande fertilità, che consente una agricoltura avanzata e di grande pregio. Alcuni dei prodotti ortivi di Pescia, in special modo meloni, ma anche pomodori e cocomeri, sono noti in tutti i mercati per le loro elevate qualità. In tempi più recenti, in modo sempre più accelerato, si è venuto sviluppando il settore turistico. Si contano ormai a migliaia i turisti che frequentano Pescia Romana, attratti, oltre che dalla bellezza della campagna, e dalla possibilità di effettuare molte escursioni, sia di carattere naturalistico, sia artistico culturale, anche e soprattutto dagli otto
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Monte Romano
Monte Romano
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CENNI STORICI Nel cuore della Tuscia viterbese e a pochi chilometri dalla costa tirrenica, sorge Monte Romano, un piccolo borgo dall'aspetto sei-settecentesco, custode di storie importanti e di grandi civiltà, etrusca e romana, che con le sue testimonianze medievali e rinascimentali contribuisce a creare luoghi di grande pregio e bellezza. Il paese è situato ai piedi della “Rotonda”, una caratteristica collina sormontata da querce secolari disposte a corona, il cui fascino è stato immortalato come simbolo del Comune nel suo stemma ufficiale. È all'interno di questo sito che si è sviluppato il primo nucleo abitativo del paese (l'Arx Montis Romani, XIII secolo). Con l'acquisto delle terre monteromanesi da parte dell'I-
Veduta di Monte Romano
stituto Santo Spirito in Sassia di Roma (1456) inizia lo sviluppo vero e proprio del centro abitativo come colonia agricola; infatti, i prodotti della campagna erano diretti a Roma per il sostentamento degli ospedali gestiti dall'ente. Il maggior sviluppo si ha nei secoli XVII-XVIII, dove vengono attuate le più interessanti realizzazioni del centro storico; ”il Borgo Nuovo” con le sue vaste piazze, gli edifici ariosi, l'andamento regolare delle vie rappresenta una peculiarità del territorio in quanto la sua struttura architettonica moderna si distingue dai centri limitrofi, tipicamente medievali. In questo contesto i monumenti più significativi sono il Granaio Agucchi (1602) usato dalla popolazione come deposito di grano nei periodi di carestia e una chiesa dedicata alla Madonna Addolorata
DA VISITARE ANTIQUARIUM COMUNALE Allestito nell'edificio delle Carceri, che conserva reperti archeologici dell'età etrusca e romana risalenti fino al VII secolo a.C. Il nucleo centrale della collezione è composto dai corredi della tomba “Grotta delle Statue” (III-I sec. a.C.), rinvenuta in località Rio Secco-Prato Piscino. Tra i reperti etruschi si segnalano due maschere fittili (di cui una con volto di satiro del II-I sec. a.C.); una oinochoe trilobata (VI sec. a.C.); un'anfora e un'olpe etrusco-corinzie (VII-VI sec. a.C.); una borraccia in bucchero (VII-VI sec. a.C.); un coperchio di sarcofago femminile e un sarcofago maschile in nenfro (III-II sec. a.C.); bracciali e fibule bronzee (VII-VI sec. a.C.). Tra i reperti romani sono esposti una macina per grano e un peso in marmo con due iscrizioni latine, oltre ad un vasto campionario di ceramica.
Antiquarium Comunale
IL MUSEO CIVICO SEZIONE DEL “PAESAGGIO AGRARIO” La sede, finanziata nell'allestimento dall'Amministrazione provinciale di Viterbo, è ospitata presso uno dei locali del Borgo Calino, realizzato tra il 1760 ed il 1776. Il visitatore potrà comprendere i caratteri e l'evoluzione del paesaggio del comune di Monte Romano, attraverso una sequenza di pannelli, con numerose foto del territorio, supportata da un'esposizione di materiali di studio. Per una maggiore conoscenza del territorio di Monte Romano all'esposizione sono abbinati una serie di itinerari di visita ai luoghi descritti, seguendo i percorsi delle antiche strade delle tenute, accessibili dall'abitato, a sud, o da Rocca Respampani, a nord. ROCCA RESPAMPANI Meta incantevole e selvaggia per escursioni a piedi, in mountain-bike e a cavallo. Ex tenuta dell'Istituto Santo Spirito in Saxia di Roma si estende per circa 2.500 ettari nel territorio nord-est del comune di Monte Romano in un luogo che, per un insieme di suggestioni legate al paesaggio, alla storia ed alla tradizione
Monte Romano
(1615) costruita con l'aumentare della popolazione con annessi alloggi per i lavoratori stagionali. Nel Settecento il paese raggiunge il massimo sviluppo arricchendosi di nuove costruzioni che andranno a definire l'attuale assetto urbanistico: le Carceri (1731), completate ed arricchite dalla realizzazione della Torre dell'Orologio (1767), disegnata da Antonio Cavalletti, formando la cosiddetta “Isola dell'Orologio”; posta al centro del paese ne è la costruzione più significativa: le facciate scandite da lesene angolari e partiture orizzontali in muratura conferiscono all'insieme una omogeneità estetica che viene uniformata dalla messa in opera dell'orologio meccanico a quattro quadranti, tuttora funzionante, di rara fattura. Recentemente restaurata, l'Isola dell'Orologio è tornata a risplendere della sua originaria bellezza, la Chiesa di Santo Spirito (1765), la monumentale Fontana del Mascherone (1770), il Borgo Calino e le case in linea concorrono a definire il centro storico nel suo attuale aspetto.
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Rocca Respampani
agricola, risulta tra i più affascinanti della Tuscia Meridionale. L'uso prevalentemente agricolo delle terre (cereali e foraggi) si alterna allo sfruttamento dei boschi cedui di cerro, rovere, sughero e leccio, mentre i vasti pascoli accolgono ogni giorno il faticoso lavoro dei “Butteri” a cavallo. Il vero gioiello della tenuta è il Castello, esempio di architettura rurale seicentesca, costruito per volontà dei precettori dell'Ospedale del Santo Spirito in Sassia; questa costruzione, che si presenta agli occhi dei turisti in tutta la sua imponenza e gravità, rappresenta il perno su cui si snoda un affascinante itinerario che porta alla visita di altri suggestivi siti storici conservati nella zona: la Rocca Vecchia (XI), il Ponte di Fra Cirillo, la strada Clodia. Quest’ultima è una antica arteria consolare romana che attraversava il territorio di Monte Romano per collegare i grandi traffici tra Roma e Saturnia e che fu per tanti secoli attraversata dai pellegrini diretti all'Urbe. È all'interno di questa meravigliosa cornice che il Comune di Monte Romano ha avviato da qualche anno una serie di iniziative: progetto della “Fattoria Didattica” per le scuole, visite guidate al Castello di Rocca Respampani e alla Rocca vecchia, pranzi con prodotti tipici organizzati dall'Associazione Pro-Loco di Monte Romano; passeggiate a piedi, in mountain-bike ed a cavallo organizzate in particolari momenti dell'anno (Pasquetta al Castello, la Giornata d'autunno a Rocca Respampani; progetto Parco flu-
viale del fiume Marta, in collaborazione con la Provincia di Viterbo, per la riqualificazione naturalistico-turistica del territorio, con escursioni lungo percorsi da realizzare a piedi, in mountain-bike e a cavallo.
PRODOTTI TIPICI Il territorio di Monte Romano si presenta come un vero giacimento di prodotti di qualità e di specialità gastronomiche che spesso rappresentano una delle motivazioni più forti che spingono i turisti alla scelta di questo luogo per il loro soggiorno; questa consapevolezza ha spinto il Comune di Monte Romano ad investire su questo settore determinando una notevole crescita del flusso dei visitatori con ricadute positive anche in altri contesti, ad esempio commerciale, ma anche storico, museale, ambientale ecc.. Con l’istituzione della “Festa del Pane e dei Buoni Sapori” (giugno-luglio) e la “Sagra della Carne maremmana e dei prodotti tipici locali” (agosto), entrambe realizzate in collaborazione con l’Associazione Pro-Loco, è stato possibile richiamare nel paese migliaia di turisti che hanno potuto apprezzare la qualità e la bontà della carne maremmana, nonché degli altri piatti e prodotti tipici locali: il “pane nero” (di grano duro) e il ”pane bianco” (di grano tenero) di tipo casereccio, nonché dei tipici dolcetti monteromanesi come: le “ciambellette al vino”, i “tozzetti”, gli “amaretti” ecc.. Il pane di semola di grano duro (“pane nero”) di Monte Romano con D.M. del 14/06/2002 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n° 167 del 18/07/2002 è stato riconosciuto come prodotto di qualità nell’ambito della Provincia di Viterbo. MONTE ROMANO PER DATE 17 GENNAIO: PASQUETTA APRILE 1 MAGGIO 14-15 MAGGIO GIUGNO/LUGLIO III WEEK END AGOSTO II DOM SETTEMBRE OTTOBRE
Festa di S. Antonio Abate. Pasquetta al Castello di Rocca Respampani. Pellegrinaggio a cavallo a Rocca Respampani. Festa della Merca. Festa patronale dei Ss. Corona e Isidoro. Festa del Pane e dei Buoni Sapori. Sagra della carne maremmana e dei prodotti tipici locali. Festa della Madonna Addolorata. Giornata d’autunno presso Respampani.
CENNI STORICI Nell'entroterra maremmano, tra il mare Tirreno e il lago di Bolsena, sorge il borgo di Piansano, che con il suo nome ci fa immaginare un "piano sano” come ricordano i cronisti del posto concordi nel definire la zona “buona e bella e assai comodamente fertile". Abitato fin dalla preistoria, come dimostrano reperti di armi in selce risalenti all'età neolitica ed esposti anche al museo preistorico Pigorini di Roma, il territorio presenta abbondantissime tracce dell'età etrusco-romana, particolarmente a cominciare dalla fine del IV secolo e gli inizi del III secolo a.C. Sulle numerose tombe ricche di suppellettili e sui resti di insediamenti sparsi
Veduta di Piansano
e tracciati viari, spiccano le vestigia di una cittadina etrusco-romana sviluppatasi un poco a sud-est dell'attuale centro abitato, in località Poggio di Metino per ben nove secoli, ossia dalla fine del IV a.C. a metà del VI d.C., e che molti identificano in Maternum, il misterioso centro abitato che la tavola peutingeriana pone sulla importante via Clodia come stazione intermedia tra Tuscania e Saturnia. Scomparso quasi di colpo il centro abitato, soltanto in epoca carolingia ritroviamo le tracce di un agglomerato rurale dal nome di Platjanula, o anche Plautjanu, che fin dall'anno 838 risulta appartenere al vasto patrimonio del monastero di San Salvatore sul monte Amiata. Le cronache medievali parlano di un Castrum
Piansano
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Planzani, o direttamente di Pianzano, nell'orbita di Tuscania, ma conteso dalle varie signorie dell'epoca, con ripetuti interventi diretti della Chiesa. Dal 1560 il borgo assistette ad una rapida e inarrestabile espansione, che lo portò in breve tempo ad eguagliare e superare quella di altri centri vicini. Nel 1649, con la distruzione di Castro, Piansano fu di nuovo incamerato dalla Santa Sede e per tutto il '700 seguì la sorte di tutti gli altri paesi dell'ex ducato, concessi in blocco in affitti novennali a vari appaltatori.
Piansano
DA VISITARE
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CHIESA PARROCCHIALE L'attuale assetto urbanistico risale agli inizi del Cinquecento per iniziativa del cardinale Alessandro Farnese, che affidò la bonifica delle terre a una colonia di Aretini; a loro si deve, tra l'altro, l'introduzione del culto per San Bernardino da Siena cui è dedicata la Chiesa Parrocchiale, come si può leggere nell’iscrizione sulla facciata, e così pure nella tela dell’altare maggiore. Una cappella laterale conserva la statua del Santo, portata in processione il 20 maggio. La chiesa accoglie inoltre una cappella intitolata a Lucia Burlini, vissuta nel XVIII secolo nell'umiltà e nell'amore per il prossimo. Il culto di San Bernardino sostituì quello dei vecchi patroni San Ercolano e San Giovanni Battista e al Santo fu dedicata una festa, nella ricorrenza del 20 maggio. PALAZZO COMUNALE Il monumento maggiormente caratterizzante l'architettura storica di Piansano è senz'altro il Palazzo Comunale, già Palazzo Fabrizi nobili romani che avevano in enfiteusi dalla camera apostolica i territori di Piansano e Arlena - con la sua tipica ed insolita loggia. Quest'ultima, databile al XVIII secolo, è un tipico episodio dell'artificio barocco e si pone all'attenzione degli spettatori per la
Chiesa Parrocchiale
sua bizzarria: i pilastri e le colonne che sostengono le tre arcate sono accompagnati da altrettanti pilastri scolpiti a forma di figura umana, posti a sostegno di capitelli corinzi portanti due leoni e due figure di paggi semiaccovacciati. I due pilastri all'esterno, sormontati da due leoni, presentano una coppia di figure femminili poste schiena contro schiena, rozzamente panneggiate. La figura più esterna, sul lato destro, è in atto di mordersi le dita della mano destra come in un gesto di terrore. I due pilastri centrali sono, invece, singole figure maschili, il cui panneggio lascia il corpo in gran parte nudo; i due paggi che li sormontano sembrano esprimere un sentimento di terrore indotto da qualche misteriosa ragione che rimane a noi preclusa.
PIANSANO PER DATE 20 MAGGIO LUGLIO 3 OTTOBRE
Festa patronale di San Bernardino da Siena con manifestazione storico-folkloristica. Trofeo della Città. Gara coreografica di Giochi di Bandiera tra i più importanti gruppi storici d'Italia. Festa della Madonna del Rosario. AllL’interno della festa viene organizzata la Sagra del Tortello.
CENNI STORICI L’odierna città di Tarquinia prende il nome da quella etrusca, in origine situata su un colle a levante dell'attuale. Nel Medioevo il suo nome era quello di Corneto; infatti, mentre dai sinodi romani del 465, 487, 499, si rilevano firme dei vescovi di Tarquinia e dal 504 quelle dei vescovi di Corneto e Gravisca, dal 649 sono presenti solo quelle dei vescovi di Corneto. Molte le ipotesi sull'origine del nome Corneto, la più attendibile lo fa derivare dall'albero di corniolo (corpus arbor), pianta dalle piccole foglie verdi e frutti rossi, di cui c'era grande quantità dove è sorto l’attuale abitato ed è rappresentata sullo stemma della città al centro di una croce bianca in campo rosso.
Veduta panoramica di Santa Maria in castello
L’agglomerato urbano di Corneto si forma come conseguenza dello spopolamento della città di Tarquinia etrusca e del porto di Gravisca. Ciò è causato, come in tutta Italia, dalle numerose invasioni barbariche che si hanno con la caduta dell'impero romano. Intorno all’anno mille, Corneto era una città marinara, prospera e aperta a tutte le esperienze culturali che le giungevano da terra e da mare. La comunità sperimentò soluzioni architettoniche sempre più audaci nelle pregevoli chiese romaniche che costruì per fede e per orgoglio: San Martino, San Salvatore, San Giacomo, l’Annunziata, affacciate su dirupi di sasso vivo verso la valle del fiume Marta e le colline dell’entroterra. Tra tutte si distingue Santa Maria in Castello, la chiesa romanica più grande
Tarquinia
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della città, con l’abside rivolta verso il mare. Nel periodo comunale, Corneto si dotò del Palazzo civico e sperimentò precocemente alcuni elementi fondamentali del gotico, inserendoli negli impianti romanici delle chiese che stavano sorgendo nel cuore della città: San Pancrazio, San Giovanni Gerosolimitano e San Francesco, il suo tempio più grande, i cui archi acuti del transetto si ergono ad altezze quasi vertiginose. Intorno a queste chiese si aggrega ancora un intrigo di stradine che recano intatto il loro tessuto medievale, un vero e suggestivo percorso nel passato, tra archetti, case, profferli, palazzetti, monasteri e torri. Molte sono le torri che costituiscono la caratteristica più spettacolare del panorama tarquiniese. Alcune sono mozze, altre intatte; alcune si ergono isolate nelle piazze o nei prati, altre sono inglobate nelle dimore di antiche e potenti famiglie. Il solo Palazzo dei Priori, massiccia fortificazione urbana, ne ostenta almeno sei. Intorno alla prima metà del 1400 Giovanni Vitelleschi, cardinale e condottiero, potentissimo plenipotenziario e massimo stratega della curia romana, eresse due opere che connotano fortemente l’aspetto urbanistico della città: una sofisticata fortificazione nella cinta muraria e soprattutto il suo palazzo gotico-rinascimentale. Nel Rinascimento, il Palazzo Vitelleschi visse l’opulenta atmosfera della corte romana, perché ospitò spesso i papi del tempo che riempivano la città col loro largo seguito di alti prelati, dame, principi, paggi e falconieri per dedicarsi alla caccia e alle lunghe galoppate fino al mare. Camminare oggi per Tarquinia, percorrere cioè le strade della vecchia Corneto, di volta in volta città marinara, libero comune, protosignoria vitelleschiana, residenza papale significa rivivere la sua storia.
vale. In alto, sopra la prima porta, è visibile un avancorpo, da dove venivano gettate pietre e acqua bollente sui nemici intrappolati dalla chiusura delle due porte. La torre circolare che fa parte di questo complesso è conosciuta come il Torrione della Contessa Matilde di Canossa. All'uscita della seconda porta, in fondo alla via, si staglia verso il cielo una torre quadrata della notevole altezza di 43 metri, che domina la piazza antistante alla Chiesa di S. Maria in Castello. Questa chiesa di stile romanico, la più rappresentativa di Tarquinia, sorge sulla rupe a strapiombo che domina la valle del fiume Marta. La costruzione fu iniziata il 25 dicembre 1121, come testimonia una lapide al suo interno, finita e consacrata nel 1207. Il lungo tempo impiegato per l'edificazione la fa apparire con un certo disordine decorativo e planimetrico. Nel corso della sua storia la chiesa ha subìto deturpazioni architettoniche da parte degli ordini religiosi ai quali fu affidata e gravi profanazioni. In ultimo, nel 1800, le truppe francesi la utilizzarono come caserma e stalla, privandola di preziosi marmi, mosaici e decorazioni auree. Nonostante tutto, la chiesa esprime an-
DA VISITARE CHIESA DI SANTA MARIA IN CASTELLO Prima di giungere alla Chiesa di Santa Maria in Castello si entra in una doppia porta del sec. XV, notevole esempio di fortificazione medioe-
Palazzo Comunale e Torre dell’orologio
PALAZZO VITELLESCHI Autentico capolavoro architettonico del Rinascimento con elementi in stile gotico e catalano, venne realizzato per volontà dei Cardinale Giovanni Vitelleschi tra il 1436 ed il 1439 su progetto di Giovanni Dalmata. II palazzo appartenne alla nobile famiglia, senz'altro la più insigne tra quelle che, tra alterne vicende, dominarono la vita politica, economica, sociale e religiosa di Cometo, sino al XVII secolo, allorché, ritiratisi definitivamente a Roma, gli ultimi
Chiesa dell’Annunziata
eredi posero in vendita tutti i loro beni. Il palazzo venne posto all'asta nel 1892, a seguito del fallimento dell'ultimo proprietario, il Conte Soderini, e comprato dal Comune che in seguito lo cedette allo Stato. Il portone principale sulla piazza Cavour immette in un arioso cortile a pianta trapezoidale, il cui lato di fondo e quello di destra sono caratterizzati da un porticato a duplice ordine ad arco acuto con decorazioni bicrome in macco e nenfro. Nel mezzo del cortile si trova un pozzo ottagonale, sul cui lato posto verso l'ingresso è scolpito in bassorilievo lo stemma dei Vitelleschi. Al secondo piano sono collocate la cappella e l'anticappella, con interessanti affreschi del ciclo delle Storie di Lucrezia, databili al XV secolo. Attualmente il palazzo ospita il Museo Nazionale Etrusco, considerato tra i più importanti d'Italia: nelle sale al pianoterreno è esposta un’imponente collezione di sarcofagi in pietra e una sala dove si può ammirare la ricostruzione, in dimensioni reali, di una tomba con le sue suppellettili, databile ad VII secolo a.C. Al primo piano è esposta una ricca collezione di reperti, ordinati cronologicamente in sale, che iniziano con la collezione dei reperti del periodo villanoviano, orientalizzante, arcaico, classico, ellenistico-romano, e documentano l'evoluzione della pittura vascolare greca ed etrusca. Tutti i reperti raccolti nel museo provengono da scavi effettuati
Tarquinia
cora la sua originaria grandiosità e bellezza. La facciata presenta tre portali con archi a tutto sesto; quello centrale conserva resti di decorazioni a mosaico, meglio visibili nella bifora soprastante. Sui fianchi della chiesa si notano monofore e lesene, oltre ad archetti pensili su mensolette che rivelano influenze lombarde. Il rosone è situato sul lato sinistro, il campanile a vela venne aggiunto in epoca successiva. Sul retro si hanno le tre absidi, quelle minori a pianta semicircolare, la maggiore a pianta poligonale con pseudocolonne. La pianta è a tre navate, scandite da colonne aggregate e sormontate da capitelli che richiamano quelli del Duomo di Pisa. L'altare maggiore, rialzato su quattro gradini, presenta un ciborio composto da quattro colonne (che sostituiscono quelle originali di più alto pregio prelevate dal cardinale Altieri nel 1672), che sorreggono l'architrave. Alla sinistra dell'altare si trova un bel pulpito marmore, una volta riccamente decorato da mosaici policromi. Il fonte battesimale, probabilmente più antico rispetto alla chiesa, è di forma ottagonale e decorato da rari marmi policromi con una croce greca su ogni lato. Al centro della campata centrale si apre la cupola, di foggia totalmente diversa dall'originaria innalzata nel 1207. Tale cupola era di notevole interesse architettonico, di forma emisferica, sostenuta da un doppio ordine di colonne e con una lanterna coperta da un cupolino di derivazione arabo-sicula. Nel 1819, a causa di un terremoto, si ebbe il crollo della suddetta cupola, che danneggiò il pavimento a mosaico policromo cosmatesco.
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Rosone della Chiesa di San Giovanni
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nelle necropoli del territorio tarquiniese. Al secondo piano si trovano gli affreschi distaccati negli anni sessanta dello scorso secolo per motivi di conservazione da quattro tombe (delle Bighe, del Triclinio, delle Olimpiadi, della Nave), provenienti dalla Necropoli di Montarozzi. Adiacente all'anticappella si trova la magnifica Sala delle Armi, dove si può ammirare la scultura fittile dei cavalli alati, famosa in tutto il mondo, rinvenuta nel 1936 nella località denominata Ara della Regina, e facente parte della decorazione del frontone del tempio databile alla fine del IV secolo a.C. e situato sull'Acropoli etrusca. In questa grande sala, con una moderna esposizione, sono raccolti anche reperti provenienti da scavi recenti in necropoli villanoviane, orientalizzanti ed ellenistiche e i reperti provenienti dagli scavi della città etrusca curati dall’Università degli Studi di Milano. Sotto al loggiato è collocato lo splendido monumento funebre del 1500, appartenente ad Aurelio Mezzopane, traslato in questa sede dopo la sconsacrazione della vicina Chiesa di san Marco. PALAZZO COMUNALE Il palazzo si trova nella parte alta della città. Venne edificato nel secolo XIII, sopra il tracciato della vecchia cinta muraria, in stile romanico, con elementi che preludono al
gotico. Si sviluppa orizzontalmente presentando sul retro, nella via di San Pancrazio, un corpo massiccio a tre piani mosso da una serie di arcate a tutto sesto, cieche, poggianti su pilastri. Le finestre del secondo piano furono realizzate, a seguito della radicale ristrutturazione dell'edificio nel secolo XVI, chiudendo le preesistenti bifore con arco a tutto sesto, delle quali rimangono tracce nella muratura. Un grande arco ogivale che passa sotto l'intero edificio congiunge via San Pancrazio alla piazza del Comune, sulla quale si affaccia il fronte principale che, seppur strutturalmente omogeneo, è in realtà composto da due corpi di fabbrica contigui che, fin dal secolo XIV, vengono indicati come Palazzo del Podestà, dove risiedeva appunto il Podestà con poteri giurisdizionali e militari e Palazzo dei Priori, dove risiedevano il Gonfaloniere, il Capitano dei Cinquecento ed i Consoli, ai quali spettava il potere amministrativo. Come quello posteriore, il fronte principale presenta una serie di arcate a tutto sesto che un tempo incorniciavano bifore, chiuse nel XVI secolo, sostituite da finestre. La loggia, della quale si ha notizia sin dall'anno 1366, era originariamente priva della scala di accesso esterna e della copertura: la scalinata, impostata su due grandi archi rampanti, in origine a sesto rialzato, venne realizzata nel XIV secolo, mentre la copertura è documentata a partire dalla metà del XVI secolo. La torre civica ed il corpo di fabbrica ad esso contiguo, verso nord, costituiscono la fase saliente degli interventi effettuati nel XVI secolo. II portone principale dell'edificio è posto all'estremità destra di questo. A meta della prima rampa di scale si apre un piccolo chiostro, dove un tempo era situata la cisterna dell'acqua ad uso del palazzo. Le pareti della sala che si apre al termine della scalinata, un tempo adibita ad aula consiliare, sono coperte di affreschi, databili intorno ai secoli XVI e XVII, con scene e personaggi che si riferiscono ad episodi salienti della storia Cornetana.
CHIESA DI SAN PANCRAZIO La chiesa, in stile gotico-romanico, presenta una facciata a capanna semplice; sul lato sinistro, addossato, sporge il campanile; nei suoi due ultimi piani si aprono bifore a tutto sesto. Ne slanciano la forma le cornici di peperino grigio e la sommità conica rostrata. Gli archi ogivali, posti sull'architrave marmoreo, formano il portale, con stipiti decorati da resti di mosaico rosso, nero e dorato. Il rosone è a doppio ordine di foglie grasse. Sui fianchi si aprono strette monofore e sul lato sinistro vi è un'edicola gotico-normanna con fascia a cordone spezzato; sul retro le tre absidi. L'interno, in origine ad un'unica navata, oggi ci appare diviso in tre zone longitudinali e in due parti trasversali. Notevole differenza di quota esiste tra il pavimento della prima parte, riservato ai fedeli, e il pavimento del coro. Alcune cronache riportano che, in questa chiesa, il 21 novembre 1204, Pietro re d'Aragona fu unto dal vescovo Portuense e quindi incoronato re da papa Innocenzo III. CHIESA DI SAN FRANCESCO La leggenda dice che San Francesco, di passaggio a Corneto, compì un miracolo e sullo stesso luogo fu eretta una chiesa a lui dedicata. Di stile romanico con influenze gotiche, la chiesa venne costruita verso la seconda metà del 1200 e subì varie trasformazioni nei secoli successivi. Sulla facciata sono visibili il portale principale, a rientranza, che si presenta con pilastri ornati da capitelli sormontati da archi a sesto acuto e il bel rosone, ad oc-
chio centrale, dal quale partono dodici colonnine tortili. La struttura centrale è fiancheggiata da due ali più piccole, anch'esse rettangolari, di severa arte romanica, con portali ad arco a tutto sesto. La pianta è a tre navate, una centrale e due laterali più strette, tutte a cinque campate. Sul lato destro si ha una sequenza di cappelle del XVI secolo. Il campanile è successivo alla chiesa e venne innalzato nel 1612 ad opera dei Frati Minori, che risiedono nel convento adiacente, dove alloggiò papa Urbano V nel 1367, di ritorno da Avignone, e dove si può ammirare un suggestivo chiostro. IL DUOMO Conosciuta in passato come Chiesa di S. Maria e S. Margherita, l'antica cattedrale, distrutta da un incendio nel 1643, è stata ricostruita nel 1759, restaurata e ampliata nel 1875. Della struttura precedente rimane, all'interno, la cappella maggiore del XV sec. con una serie di affreschi opera di Antonio da Viterbo detto il Pastura. Si è salvata dall'incendio la lastra marmorea con la figura di Bartolomeo Vitelleschi, del quale copriva il sepolcro. Il campanile, appartenente all'originaria cattedrale, separato dalla chiesa, è alto 35 metri ed è ornato da cornici in nenfro. CHIESA DELLA MADONNA DI VALVERDE La Chiesa della Madonna di Valverde (patrona di Tarquinia) è situata al di fuori delle mura
Interno Palazzo Vitelleschi
Tarquinia
Nell'attuale sala consiliare, che venne utilizzata dal XVII secolo sino ai primi anni del '900 come teatro comunale, si notano, in alto sulla parete di ingresso, tracce di un affresco rappresentante la crocifissione, databile al secolo XIV. Sulla parete di fondo sono poste tre tele dipinte dal celebre Maestro cileno Sebastian Matta e un affresco del XV secolo, proveniente dal Convento Agostiniano di San Marco.
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cittadine. Non si conosce l'epoca esatta della sua fondazione, ma si pensa possa risalire al 1211, data incisa sulle sue campane. Ormai è scomparsa la sua struttura originaria a causa dei continui rifacimenti: restaurata nel 1506 da papa Giulio II, venne ricostruita quasi interamente nel 1846. All'interno, oggi mancanti, erano custoditi un interessante monumento in marmo scolpito del 1450 circa, dove erano raffigurati i quattro santi protettori della città, e un'immagine bizantina della Madonna di Valverde dipinta su legno. Il 20 maggio 1403, per ordine del cardinale Vitelleschi, veniva istituita la "Fiera di Valverde", durante la quale venivano esposte le merci lungo la via antistante il Palazzo Comunale e il bestiame nei pressi della chiesa. La Fiera si svolge ancor oggi i primi giorni del mese di maggio, con risonanza nazionale. CHIESE DI S. GIACOMO E DEL SALVATORE Prima di arrivare a S. Giacomo, sulla destra, si nota la piccola Chiesa del Salvatore, che presenta delle decorazioni sull'abside e un piccolo campanile a vela. La Chiesa di San Giacomo sorge sullo strapiombo a nord della città; notevole il panorama visibile da questo punto. All'interno è composta da un'unica navata, con in fondo un'abside e due transetti, che conservano parte degli affreschi originari. La copertura del corpo centrale è risolta da una cupola a profilo islamico di derivazione arabo-sicula. Il pavimento interno, in origine, era di circa cm 70 più basso dell'attuale. La facciata originale è del tutto scomparsa ed incorporata ad un ninfeo del XVII sec. utilizzato come cimitero. NECROPOLI ETRUSCA Le tombe dipinte rappresentano un aspetto peculiare della cultura artistica etrusca, unico esempio della pittura parietale antica, conosciuta attraverso la testimonianza delle fonti; infatti gli affreschi presenti all’interno delle tombe dipinte di Tarquinia sono l’unico esem-
pio coevo, contemporaneo alla grande pittura greca pervenuto fino a noi. Attualmente si è a conoscenza di 180 tombe etrusche con pitture parietali e 140 si trovano a Tarquinia. Soltanto Tarquinia ci offre dunque una cospicua serie di monumenti che dall’età arcaica (VI secolo a.C.) scendono sino alla fine dell’età repubblicana romana (metà I secolo a.C.), rivelando in questa città l’esistenza di una fiorente ed ininterrotta tradizione pittorica. Questo enorme patrimonio, non solo artistico, ma anche storico, rappresenta uno spaccato sulla vita di 3.000 anni fa ed è stato inserito dal 2004 dall’Unesco nel Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Attualmente 5cropoli in località Calvario. Nei mesi da marzo ad ottobre sono aperte straordinariamente, con la collaborazione del Comune, quattro tra gli ipogei più conosciuti: tomba dei Tori, degli Auguri, del Barone e il fondo Scataglini, accessibili con visite guidate.
Foto a cura di Roberto Ercolani
TARQUINIA PER DATE DOM DI PASQUA I FINE SETTIMANA DI APRILE MAGGIO
Processione del Cristo Risorto. Festa della Merca. In località Roccaccia si rinnova ogni anno la tradizionale marcatura delle mandrie. Mostra Mercato delle Macchine Agricole. Convegno Nazionale di ufologia.
MAGGIO/GIUGNO
Game Fair Italia la grande manifestazione di vivere la natura. Infiorata del Corpus Domini. - Estate Tarquiniese: Spettacoli musicali, teatrali, culturali e di intrattenimento, visite guidate nel centro storico. - Giostra degli sponsali e cena medievale. È la rievocazione, in costume d’epoca, delle nozze, avvenute il 20 luglio dell’anno 1451, tra Costanza dell’Anguillara e Sante Vitelleschi. - Festa di ferragosto. L’immagine della Madonna viene portata in trionfo sul mare in una suggestiva processione di barche. Al termine fuochi d’artificio sulla spiaggia. A Porte Aperte: un Museo nella città. Tarquinia, come un museo all’aperto, apre le sue porte a cittadini e turisti che possono così ammirare la bellezza di chiese ormai chiuse al culto o aperte solo in rare occasioni. Sagra del Fungo Ferlengo. Natale a Tarquinia. Concerti di musica sacra nelle chiese e rappresentazione presepistica “Adorazione della Natività nel 1400 a Tarquinia”, presso la Chiesa di Santa Maria in Castello.
LUGLIO/AGOSTO
SETTEMBRE/OTTOBRE
FINE OTTOBRE DICEMBRE/GENNAIO
CENNI STORICI Arroccato su di un colle si tratta di un vero e proprio gioiellino architettonico che trova espressione anche nell'etimologia del nome: dal latino "Tuscia Nanun" piccola Tuscia, anticamente era chiamato anche Tessano. È uno dei comuni più piccoli della provincia di Viterbo e del Lazio a soli 6 chilometri per raggiungere la via Castrense, si trova in una posizione piuttosto ottimale dal punto di vista climatico. Tessennano fu, nei tempi antichi, importante stazione di posta, passaggio obbligato per coloro che da Tuscania si recavano a Canino. Nel registro del cardinale Albornoz, Cecco di Ranuccio Farnese figura tra i condomini
di Tessenano che nel 1354 giurarono fedeltà al Legato a Montefiascone. Incerte sono le vicende del castello durante lo scisma. Figura dato per una metà a Nicola Orsini da Gregorio XII. Nell'anno 1537, Paolo III erigeva il Ducato di Castro che comprendeva, oltre alla Contea di Ronciglione, le comunità di Montalto, Canino, Musignano, Tessennano, Arlena, Cellere, Piansano, Ischia, Valentano, Marta, Capodimonte, Bisenzio, Gradoli, Grotte e Borghetto. Il pontefice investiva e concedeva il Ducato di Castro e la Contea di Ronciglione a Pier Luigi Farnese e suo figlio Ottavio, il quale, succeduto al padre, dominò dall'anno 1547 fino al 1586. Tessennano seguì sempre le sorti del Ducato di Castro, del quale fece lungamente parte. Nel 1644 Ranuccio II, figlio di Odoardo Farnese, oberato da ingenti debiti, cedette il Ducato ad Innocenzo X: Tessennano passò così di fatto sotto la giurisdizione della Camera Apostolica. Il terreno è particolarmente fertile, adatto soprattutto alla coltivazione dell'ulivo, dei cereali, dei vigneti e all'allevamento di bovini, ovini e cavalli.
DA VISITARE PALAZZO BARONALE Tra i monumenti di maggior rilievo a Tessennano ci sono il Palazzo Baronale, costruito dagli Orsini nel corso del XV secolo, ora sede del Municipio. Chiesa Parrocchiale di San Felice
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comune ad avere un notevole interesse storico artistico.
Porta di entrata nel vecchio Borgo
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CHIESA DI SAN LORENZO Eretta nel XIII secolo, probabilmente sopra le rovine di un preesistente edificio del IX secolo, è stata ristrutturata nel corso del '600: conserva al suo interno affreschi votivi e reperti di età romana.
LA COLLEGIATA DI TESSENNANO La Collegiata di Tessennano è sicuramente l’edificio di culto più bello da vedere. Sorge fuori dalle mura del centro storico e si offre al visitatore con un originale porticato a colonne bianche. L'esistenza di un antico centro abitato nella zona dove sorge l'attuale paese di Toffia è attestata, come avviene per la maggior parte dei centri storici della Sabina, dai documenti conservati nell'enorme archivio dell'Abbazia di Farfa, a cui si rifà gran parte della storiografia locale. L'abbazia aveva chiaramente steso la sua longa manus su questi territori, che vantano comunque una storia anteriore legata al periodo romano. Lo stesso nome attuale è, con ogni probabilità, una derivazione del termine latino tophium, che indicava il particolare tipo di pietra presente nella zona. Le successive dominazioni, tra cui quella particolarmente significativa degli Orsini, hanno provveduto a lasciare all'abitato un'eredità di testimonianze artistiche ed architettoniche particolarmente abbondante, oltre che di notevole valore.
CHIESA DELLE STIMMATE O DELLA CONFRATERNITA Vi è inoltre la Chiesa delle Stimmate o della Confraternita, ricordata per la tela raffigurante una Madonna col Bambino incastonata in una bella cornice di legno dorato a festoni che si trova al suo interno. Monte Santa Maria infine è un piccolo centro abitato creato dai monaci dell'Abbazia di Farfa nei pressi di Toffia. CHIESA PARROCCHIALE DELL'ASSUNTA Interessante la Chiesa parrocchiale dell'Assunta, risalente al XV secolo, dove sono conservate tracce di antichi affreschi. Tra i luoghi più caratteristici da visitare nella zona di Tessennano c'è la zona dove si trovano le grotte del Bize, ma è nel complesso tutto il territorio limitrofo il
Fontana nella Piazza Principale TESSENNANO PER DATE AGOSTO 24-26 AGOSTO
Sagra della pasta e fagioli. festa patronale dei Santi Felice e Liberato.
CENNI STORICI Il toponimo “Tuscania” si può rintracciare solo in epoca romana e sta ad indicare, dal latino, un aggettivo sostantivato che significa l’Etrusca. L’interesse degli studiosi si è andato sviluppando fino ad oggi, tanto da collocare Tuscania tra i centri più importanti dell’Etruria Meridionale. Gioiello di arte e cultura antica, Tuscania si presenta come un vero e proprio scrigno di tesori e monumenti, la cui visita sarà sicuramente in grado di sorprendere e colpire per la loro bellezza architettonica e per il loro immenso fascino. La cittadina di Tuscania si colloca nella Maremma Laziale, in un territorio estremamente interessante sotto molti punti di vista, tra
Veduta panoramica
colline e montagne, in un insieme ambientale affascinante. Il paese si erge su di una collinetta, dalla quale domina tutti i sottostanti territori, godendo della splendida presenza di panorami e viste molto suggestive. La storia del popolamento di Tuscania ha inizio dalla fase finale del Bronzo. Il corso del fiume Marta e dei suoi affluenti sono il polo di attrazione dei primi stanziamenti arcaici nella zona, che si insediano sui rilievi naturali formati dall'erosione delle acque. Con l'espansione cristiana lo sviluppo economico di Tuscania è in continuo aumento. Agli inizi del Medioevo essa appare come una fiorente diocesi, il cui vescovo esercita la sua giurisdizione in un territorio corrispondente al quadrilatero formato dal fiume Fiora, dal la-
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go di Bolsena, dal lago di Vico e dal fiume Mignone. La vita economica e sociale mantiene per lungo tempo un'impronta tipicamente longobarda. Ancora nel IX sec., Tuscania presenta l'aspetto urbanistico che aveva durante il Basso Impero, ma, dopo la rinascita del X secolo, la cinta muraria si allarga raggiungendo un perimetro di Km 4,700 e l'abitato ricopre una superficie di 62 ettari. Esautorato il vescovo dei poteri civili, inizia lentamente a funzionare il libero Comune tuscanese, con i suoi statuti e le tipiche magistrature comunali. Il XIII secolo vede Tuscania in fermento anche per le lotte intestine tra le famiglie ghibelline, i Cerasa, gli Albonetti, e quelle guelfe capeggiate dai Della Rocca, ma vede anche sorgere nuovi monumenti pubblici come il palazzo comunale del Rivellino, oggi ridotto a rudere a causa dei terremoti. Un pullulare di numerosi castelli, sparsi nel territorio tuscanese (Montebello, Carcarella, Canino, Civitella, Ghezzo, Tessennano, Ancarano), stimola l'iniziativa economica dei nobili locali, che si incontrano e si scontrano senza tregua. Nel maggio del 1300 Tuscania viene occupata dalle forze del Campidoglio: è questo un episodio decisivo per la storia del Trecento tuscanese; la città passa dalla sottomissione alla Chiesa a quella del Campidoglio, fino al
Chiesa di San Pietro
1354, allorché il cardinale Egidio Albornoz la recupererà alla Chiesa. Ma con le carestie del Trecento e con la peste nera nel 1349, la popolazione diminuisce, tanto che la cerchia muraria si deve restringere, tagliando fuori il quartiere della Civita. Dal Quattrocento Tuscania diviene un modesto centro dello Stato Pontificio. La sua attività agricola, caratterizzata dalla produzione di cereali e dall'allevamento ovino e bovino, e la sua vivace attività artigianale e commerciale ricevono un colpo brutale con il sacco operato dalla retroguardia del re di Francia Carlo VIII, di ritorno dalla spedizione nel Napoletano. Il Cinque e Seicento vedono affluire una grande quantità di ricchezza derivante dalla terra e dall'allevamento. I ricchi proprietari di terre e di bestiame investono notevoli somme per costruire i loro palazzi tardo-rinascimentali. Parallelamente gli amministratori comunali decorano la città con artistiche fontane barocche e le strade vengono quasi totalmente pavimentate. Se nel Settecento non si realizzano grandi opere pubbliche, nell'Ottocento si avverte una certa ripresa economica, che si riflette anche nel campo degli scavi archeologici, ad opera di Vincenzo Campanari ed i suoi tre figli, Carlo, Domenico e Secondiano (storico della città, oltre che erudito archeologo).
Le mura di Tuscania presentano un perimetro di forma poligonale irregolare, che si sviluppa interamente attorno al nucleo medievale della città, giungendo in prossimità dei resti della primordiale cerchia etrusca nella parte sud-orientale del perimetro murario. I resti delle mura etrusche sono visibili in prossimità della chiesa di Santa Maria Maggiore e della chiesa di San Pietro: si presentano sotto forma di blocchi poligonali di tufo, tipici del periodo tardoetrusco. Anche la cerchia medievale si presenta prevalentemente costituita da cortine murarie in conci di tufo, lungo le quali restano alcune strutture fortificate riconducibili alle antiche torri di avvistamento, come la Torre di San Marco presso l'omonima porta ed i più imponenti ruderi del Castello del Rivellino, paragonabile alle coeve rocche aldobrandesche che caratterizzano altri centri controllati in epoca medievale dall'omonima famiglia. Le cortine murarie presentano alcuni tratti coronati da merlature sommitali, soprattutto in prossimità dell'antico castello, mentre le torri di avvistamento si presentano generalmente a pianta quadrangolare, se risalenti al periodo medievale, e a pianta semicircolare o circolare, se erette dall'epoca rinascimentale in poi. CHIESA DI SAN PIETRO La Chiesa di San Pietro sorge sull'omonimo colle già probabile sede dell'acropoli etrusca. Il fronte della chiesa si affaccia su uno spiazzo erboso tra il Palazzo dei Canonici e le possenti torri di difesa (ne sono rimaste tre, memoria dell'importanza strategica dell'area) mentre l'altissima abside si staglia verso il vicino centro abitato. La collocazione storica, e quindi la valenza artistica, di questa basilica medievale è al centro di un dibattito iniziato da Pietro Toesca. Secondo questo critico la costruzione di San Pietro, ad opera di maestri comacini, risalirebbe all'VIII secolo, quando Tuscania fu donata da Carlo Magno a papa Adriano I: se questa ipotesi fosse vera, San Pietro sarebbe un caposaldo nella storia dell'architettura italiana in quanto segnerebbe il
Tuscania
DA VISITARE
Chiesa di Santa Maria Maggiore
punto di trapasso dalle forme paleocristiane a quelle romaniche. La facciata, avanzata nel corpo centrale, presenta quali elementi principali il portale maggiore, il rosone circondato da una moltitudine di elementi decorativi e gli ingressi laterali. Il portale maggiore, incassato nel muro a conci di nenfro, è opera di un marmoraro romano di scuola cosmatesca. È caratterizzato da tre rincassi con colonne lisce, capitelli e rispettivi archivolti, di cui il maggiore con mosaici laterali e bugne decorate da segni zodiacali e figurazioni dei lavori stagionali. La lunetta è decorata da un mosaico a motivi stellari. La porta è incastonata in una cornice in marmo con decorazioni a mosaico. Le colonnine dei rincassi sorreggono capitelli di varie forme, alcuni con figure simboliche, come quella a mani alzate in un annuncio salvifico. Sopra il portale si trova una loggetta cieca formata da dieci colonnine con capitelli ionici e undici arcatelle in marmo. Ai lati della loggetta due grifoni alati che tengono fra gli artigli una preda. Sopra la loggetta il rosone cosmatesco, formato da tre cerchi concentrici che
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Tuscania Portale della Chiesa di Santa Maria del Riposo
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rimandano alla Santa Trinità; agli angoli del rosone sono posizionati quattro sculture che richiamano gli Evangelisti (Aquila, Angelo, Leone e Toro a rappresentare rispettivamente Giovanni, Matteo, Marco e Luca) mentre ai lati troviamo due draghi che inseguono una preda. L'interno della chiesa è diviso in tre navate: quella centrale, in cui spicca un pavimento cosmatesco a decorazioni geometriche, che indica gli spazi della prima costruzione, risulta separata dalle altre attraverso un basso muro in cui sono ricavati dei sedili in pietra. Nella navata di destra un ciborio risalente al XIII secolo e l'ingresso principale alla cripta. Nella navata di sinistra l'ingresso secondario alla cripta sovrastato da un nicchione affrescato e diversi sarcofagi etruschi. CHIESA DI SANTA MARIA MAGGIORE La chiesa sorge alle pendici del colle di San Pietro che ospita, sulla sua cima, anche l'omonima basilica. Nominata per la prima volta nell'852 in una bolla di papa Leone IV al vescovo di Tuscania, Urbano (si ha notizia di un
vescovo a Tuscania già dal 595, quando un tale Virbono compare nell'elenco dei partecipanti ad un concilio), fu consacrata il 6 ottobre 1206. Secondo Pietro Toesca, Santa Maria Maggiore sarebbe stata costruita in due riprese verso la fine del XII secolo; Karl Noehles pensa che sia invece antecedente a San Pietro, mentre la Raspi Serra pensa a una collocazione fra la fine dell'XI e il principio del XII secolo. Quale che sia la verità, la lettura di Santa Maria Maggiore è resa ancora più difficile dai tanti avvenimenti storici che ne hanno segnato la lunga vicenda. Si prendano ad esempio le decorazioni della facciata, che mostrano una varietà di derivazioni e una molteplicità di interventi, forse causati da i numerosi terremoti che hanno colpito questa zona, rivelandola disordinata ed assimetrica, probabile assemblaggio di pezzi rimontati e riadattati al bisogno, come fa supporre la singolare postura della Madonna nella lunetta del portale di accesso: i suoi piedi pendono sull'architrave suggerendo che questo pezzo sia stato ricollocato in una posizione che non gli risulta consona. Staccata dalla chiesa, la poderosa, seppur mozza, torre campanaria di cui restano l'alto basamento e due ordini di finestre separati da lesene e file di archetti ciechi. La sua costruzione dovrebbe risalire al XII secolo, anche se alcune sue caratteristiche farebbero piuttosto pensare ad una sua precedente fondazione. Sulla facciata si aprono tre portali finemente decorati. Quello centrale, in marmo bianco, è molto strombato e fiancheggiato da due colonne scanalate a tortiglione. Presenta due leoni sovrastati da una lunetta con quattro archi sorretti da doppie colonne e con differenti capitelli. Negli stipiti sono scolpite le figure degli apostoli Pietro e Paolo, in parte ricostruite dopo un atto vandalico. Il portale di destra è decorato con fogliami di ispirazione classica, mentre l'arco di quello sinistro presenta un ornamento di stile normanno-siculo. Nella parte superiore si sviluppa, tra un leone e un grifo, la loggia con le sue nove colonne e dieci archetti. Infine, il ricco rosone con due ordini di dodici colonne, ai cui angoli si trovano quattro sculture
LA FONTANA DELLE SETTE CANNELLE La fontana fu realizzata nel 1545 per volere del conte Gianfranco Orsini, all'epoca a capo della Contea di Pitigliano, presso la testata dell'Acquedotto Mediceo. All'epoca, la testata dell'acquedotto risultava essere già terminata, nonostante la rimanente opera monumentale di ingegneria idraulica venisse conclusa soltanto nel secolo successivo. L'attuale denominazione fu conferita attorno alla metà del Settecento, quando risultavano oramai aperte le sette cannelle che da allora hanno contraddistinto la fontana. In passato, l'opera monumentale era utilizzata come fontana pubblica. La fontana delle sette cannelle si presenta come un'opera imponente e monumentale, grazie alla presenza della testata dell'acquedotto da cui attinge l'acqua necessaria al suo funzionamento. La testata è costituita da cinque imponenti arcate rivestite in conci di tufo, di cui la centrale risulta più elevata e ad arco tondo, differenziandosi da quelle laterali (due per lato) che presentano archi ribassati. La parte sommitale della testata è ulteriormente arricchita dalla presenza di una serie di cinque pinnacoli, di cui due a delimitare le due estremità laterali (uno per ciascun lato) e tre ad ornare la cornice alla sommità dell'ampia arcata centrale. Le cannelle, da cui attualmente sgorga l'acqua che poi viene scaricata nella sottostante vasca di reflusso, sono pregevolmente decorate da opere scultoree, realizzate in epoche e stili diversi, ciascuna delle quali raffigura la testa di un animale.
CHIESA DI SANTA MARIA DEL RIPOSO Sul colle alla fine della passeggiata fuori le mura si trovano la Chiesa di S. Maria del Riposo e l'ex convento francescano ora adibito a museo nazionale etrusco. La chiesa, di impianto benedettino, fu ricostruita in forme rinascimentali alla fine del XV sec., al tempo in cui era occupata dai padri carmelitani, e completata tra il 1495 e il 1522. È ricca di pitture cinquecentesche. Conserva un polittico d'altare, attribuito a certo Maestro Pellegrino, diviso in quattro parti: tre lunette superiori, di cui la laterale di sinistra raffigura l'angelo annunciante, quella di destra la Madonna e al centro il Padre Eterno. Altri pregevoli affreschi sono presenti in nicchie di altari laterali fra cui una bellissima natività di Gesù. IL MUSEO ARCHEOLOGICO Nell'ex convento adiacente alla Chiesa di Santa Maria del Riposo, recentemente restaurato (elegante il chiostro arricchito da affreschi seicenteschi sulla vita di San Francesco), è allestito il Museo nazionale archeologico; per ora presenta quattro sale con gli arredi tombali delle famiglie Curunas e Vipinana. Nella prima sala i sarcofagi (Curunas) risalgono al 310-240 a.C. Gli uomini e le donne, dalle espressioni sorridenti, semisdraiati a banchetto, appaiono come in una galleria di famiglia. Fra i corredi sono di pregevole esecuzione uno stamnos falisco con figurine di Afrodite e un elmo di bronzo del IV secolo a.C. Nella seconda sala i sarcofagi (Curunas) comprendono cinque generazioni dal 320 al 190 a.C.; in quello più antico la defunta è supina avvolta in un mantello. Nella vetrina sono apprezzabili alcune maschere e statuette di attore e due specchi con scene del mondo mitologico. Nella terza sala si ammira, tra l'altro, il raffinato sarcofago delle Amazzoni rinvenuto presso la necropoli della Madonna dell'Olivo, mentre nella quarta sala sono riuniti i sarcofagi provenienti dalla tomba Vipinana, utilizzata da cinque generazioni dal 310 al 170 a. C.
Tuscania
che richiamano gli Evangelisti (Aquila, Angelo, Leone e Toro a rappresentare rispettivamente Giovanni, Matteo, Marco e Luca). L’abside semicircolare è percorsa da lesene e da fasce di archetti. L’interno, a pianta basilicale con tetto a capriate, è a tre navate divise da sei campate. Vi si trovano colonne e pilastri affrescati, capitelli romanici scolpiti per arconi a tutto sesto, ornati nel sott’arco da fiori stilizzati a quattro petali, sopra una cornice in pietra su mensole con motivi architettonici e zoomorfi.
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CHIESA DI SANTA MARIA DELLA ROSA La Chiesa di Santa Maria della Rosa, capolavoro dell'arte romanico-gotica, venne ricostruita su una primitiva edicola che sorgeva a ridosso delle mura castellane. La semplice facciata (fiancheggiata da un campanile iniziato a torre quadrata e compiuto a vela) si apre con tre portali: quello mediano, sovrastato da un'elegante rosa, è decorato da colonne tortili e originali capitelli; sulla destra, sotto un occhio finemente scolpito, si apre una lunetta gotica trilobata. L’interno, a tre navate divise da ampie arcate, accoglie una grande ancona lignea di Giulio Pierino d'Amelia; nella parte absidale sono visibili le antiche mura castellane e il basamento della primitiva edicola. CHIESA DI SAN MARCO Nella Chiesa di San Marco si ammirano alcuni affreschi trecenteschi, tra cui una Annunciazione e una Madonna con il Bambino e un Santo Vescovo. CATTEDRALE DI SAN GIACOMO La Cattedrale di San Giacomo, di impianto rinascimentale con interno settecentesco, custo-
Porta d’ingresso al centro storico
disce un pregevole tabernacolo marmoreo del XV secolo, un polittico di scuola senese di Andrea di Bartolo (XIV secolo), un San Bernardino di Sano di Pietro, del XV secolo e un trittico quattrocentesco del Balletta.
TUSCANIA PER DATE GENNAIO
VENERDÌ SANTO
I FINE SETTIMANA DI MAGGIO
Sagra della Frittella: Festeggiamenti in onore di S. Antonio abate, comprendenti: sfilata dei butteri a cavallo, cottura delle frittelle di cavolfiore in una grande padella e la loro distribuzione e il Falò di S. Antonio. Processione del Venerdì Santo: Il Cristo Morto in grembo alla immagine della Madonna Addolorata portati in processione da rappresentanti delle confraternite, penitenti, pie donne e clero. Fiera di Maggio: due giorni di mercato, manifestazioni sportive e spettacoli. L'11 maggio è la ricorrenza della Madonna Liberatrice di Tuscania.
II FINE SETTIMANA DI MAGGIO (tre giorni)
"NITRITI DI PRIMAVERA" Fiera nazionale del cavallo Italiano: vetrina regionale del cavallo maremmano, gare e spettacoli.
LUGLIO - AGOSTO
Estate Tuscanese: Spettacoli musicali, teatrali, mostre d'arte, cinema e manifestazioni sportive; da metà luglio a metà agosto.
7-8-9 AGOSTO
Feste Patronali: comprendono un calendario di manifestazioni popolari e folcloristiche culminanti nella Processione con le Immagini dei Santi Patroni.
15 SETTEMBRE
Processione: con l'immagine della Madonna Addolorata.
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