Guida valle del Mignone

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Valle del Mignone A CURA DI

APT

Azienda di Promozione Turistica della Provincia di Viterbo IN COLLABORAZIONE CON

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Tuscia Terra degli Etruschi

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econdo la tradizione, le antiche popolazioni etrusche che vivevano nei villaggi dell'alto Lazio, intorno all'attuale Viterbo, venivano chiamate i Tusci. La loro raffinata civiltà è testimoniata da preziosi reperti archeologici ed estese necropoli. Tuscia Viterbese è dunque il nome letterario e turistico di questa provincia a nord di Roma, nel cuore dell'Italia, tra l'Umbria, la Toscana e il mar Tirreno. I paesi che ne fanno parte, depositari di innumerevoli avvenimenti e leggende, s'appostano quasi sempre su primitivi insediamenti strategici, segnalati da inconfondibili tracce di rocche e castelli. Testimonianza di questa millenaria storia sono le numerose necropoli protovillanoviane e villanoviane (X VIII sec. a.C.) che già preannunciavano questa prima grande civiltà italica. Poi furono le grandi comunità, città proiettate in una nuova dimensione economica, pulsanti di attività diverse e di nuovi fermenti sociali, con attorno, una miriade di altri centri fortemente arroccati sui

bastioni tufacei che moltiplicarono la vita, l’uso sapiente e razionale del territorio. Tuscia, una terra dalle molteplici sfaccettature, culla della civiltà del Lazio, dove si alternano borghi medievali, valli incontaminate e numerose testimonianze d’arte. Itinerari turistici tra i più diversificati, ognuno dei quali racchiude un forte legame col territorio. L’affinità di ogni Comune con quest’area lo porta ad essere un continuum con la sua tradizione, pur evidenziandone la tipicità nei propri colori, sapori e manifestazioni. Percorsi, visite e natura che accontentano una vasta gamma di visitatori. Immergersi in atmosfere fuori dal tempo, estasiarsi di orizzonti sconfinati, recuperare tracce del passato e deliziare ogni senso si può: nella Tuscia.

Palazzo dei Papi

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Valle del Mignone

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l Mignone origina il proprio corso dalle falde nord-ovest dell’antico cratere Sabatino e più precisamente dal Monte Termini. Il fiume scorre all’interno di territori boschivi, semi boschivi o adibiti a pascolo. Il suo percorso iniziale è a carattere torrentizio e il suo corso ha scavato nel tempo profonde valli ancora oggi pressoché inaccessibili, che conservano spe-

cie vegetali ed animali altrove scomparse. L’importanza di questo fiume è antichissima: basti pensare che in alcune interpretazioni dell’Eneide di Virgilio, Enea al ritorno dalla guerra di Troia, approdò in Etruria alla foce del Linceo (il Mignone Vedi cap. XIX, 1-6) prima di colonizzare l’intera zona. L’area geografica che delinea il suo scorrere è variegata per colori, immagini, profumi e culture. Lo scenario di alcune anse incontaminate


del fiume o i crinali scoscesi tra antichi resti ne fanno certamente uno tra i paesaggi più emozionanti dell’intero Lazio. Questa è la Valle del Mignone, dove si intrecciano storie di popoli, re, papi e di un passato a volte dimenticato. Dove lo scroscio dell’acqua, il volo di una poiana o l’odore di un’Anacamptis pyramidalis ci fanno riscoprire un territorio ancora inalterato. Nel suo scorrere lento il Mignone attraversa un vasto territorio che da est ad ovest si estende per una buona parte del Lazio. Sono numerosi i paesi che questa area abbraccia. Ciascuno con il suo piccolo, indipendente passato, ma ugualmente legati dalla sorte all’esistenza di questo fiume. Comuni dalle dimensioni poco estese che raccontano, tra i vicoli del centro o nei siti archeologici, millenni di una storia spesso travagliata ma che, attraverso le numerose testimonianze, ne ha assicurato la memoria. Un misto di cultura, natura, arte e tradizioni fanno della Valle del Mignone un’area tutta da scoprire.

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Scorci della Valle del Mignone


Saluti

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a Tuscia, terra degli Etruschi e non solo. Terra di tante bellezze, paesaggistiche, storiche, artistiche e folkloristiche. Non uno ma tanti motivi per visitarla, per lasciarsi coinvolgere dai colori, dai profumi e dall’atmosfera magica che la nostra provincia emana. E’davvero difficile scegliere cosa promuovere perché il territorio offre davvero tanto, compreso l’imbarazzo della scelta. Per questo, riteniamo che sia utile proporre ogni area del viterbese, ognuna con le sue proprie specificità. La Valle del Mignone, era conosciuta ed apprezzata fin da tempi immemorabili. I fiumi da sempre costituiscono il valore aggiunto per l’importanza geografica, la morfologia e l’economia di un territorio. Il fiume Mignone, anche in questo casa ha reso con il suo corso, questa area lo spettacolo naturale che è ancora oggi. Molto cara a Virgilio che la celebra nel suo capolavoro, l’Eneide, quando Enea, a ritorno da Troia, approda in Etruria, alla foce del “Linceo”, attuale Mignone. Un’area verde per vocazione e paesaggisticamente ancora incontaminata, nella quale è possibile vivere appieno un’esperienza a stretto contatto con la natura e con le emozioni che è im grado di regalarci. Un patrimonio sempre più raro, quello naturale, che i dati turistici ci indicano invece come uno dei trincipali requisiti nella scelta di una meta turistica. Barbarano, Bassano Romano, Blera, Oriolo Romano, Vejano, Villa S. Giovanni in Tuscia sono i comuni che compongono la Valle del Mignone, veri fiori all’occhiello di questo territorio. Ognuno ricco e forte del proprio bagaglio storico-artistico, è in grado di offrire un viaggio indimenticabile, grazie al notevole lascito di un passato importante. Borghi dal sapore antico, con il caratteristico tufo rosso, le stradine e le salite che si inerpicano all’interno di ogni centro, rendono ognuno dei Comuni, un gioiello che arricchisce la bellezza della Tuscia. Una bellezza indimenticabile e che resta nel cuore. Alessandro Mazzoli Presidente della Provincia di Viterbo Commissario straordinario APT

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opo il successo della Guida all’Ospitalità nelle edizioni 2007 e 2008, la promozione della Tuscia, si arricchisce di una serie di opere monografiche che vanno ad integrare ed approfondire nelle informazioni e nei contenuti, le aree che compongono la provincia di Viterbo. Nella Guida all’Ospitalità, il territorio è stato volutamente diviso per aree, omogenee per territorio, storia, tradizioni. Ognuna delle aree è stata identificata per praticità di consultazione e quindi individuata, con un colore ad hoc. In questa sezione monografica, così come nelle altre, l’abbinamento cromatico è rimasto invariato e riprende quello esistente, al fine di creare un continuum grafico che è poi anche un continuum concettuale e territoriale. Puntare il focus e quindi lo zoom del turista su un’area in particolare consente, da un lato, una promozione più mirata e dall’altro di fornire informazioni più specifiche e quindi esaustive ai visitatori. Una sorta di viaggio più da vicino fra le bellezze della Tuscia data da questa serie di monografie che, per i turisti così come per i viterbesi più appassionati, può diventare una raccolta di pregio. La Valle del Mignone, con i suoi Comuni, rappresenta una delle aree di grande interesse turistico per la nostra provincia. La presenza di questo fiume ha storicamente caratterizzato quest’area, incidendo sul suo sviluppo, sul suo assetto territoriale e determinandone delle bellezze rare. Queste monografie si propongono di rappresentare ogni area con le sue specificità, con un’immagine ben precisa che rientra nell’immagine collettiva della Tuscia ma che non soffoca, anzi valorizza ognuna. Promuovere significa diffondere, far conoscere, esportare un prodotto di grande qualità e l’Apt si sta impegnando oltremodo in questo suo ruolo. Siamo certi di fornire ai tanti visitatori un valido strumento di supporto informativo, facile da consultare e piacevole da leggere, un compagno di viaggio silenzioso ma esaustivo da conservare come il ricordo di questa splendida terra. Marco Faregna Direttore APT di Viterbo


Tuscia

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Valle del Mignone

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Saluti

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Cartina Geografica

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COMUNI DELLA VALLE DEL MIGNONE Barbarano Romano

B&C srl - www.bec.it

Strada Teverina km 3.600 - 1 - 01100 Viterbo Tel. 0761.3931 COORDINAMENTO EDITORIALE CHIARA FAGGIOLANI, FABIANA D’ANDREA REDAZIONE E IMPAGINAZIONE ANDREA VENANZI, FRANCESCA PILLI STAMPA UNION PRINTING

Distribuzione gratuita Stampato Giugno 2008

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Bassano Romano

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Blera

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Oriolo Romano

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Vejano

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Villa San Giovanni in Tuscia

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Note

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Indice

Indice

PRESENTAZIONE

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Barbarano Romano

Barbarano Romano

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CENNI STORICI Ci troviamo in uno dei borghi più suggestivi della regione, un pugno di case in blocchi di tufo rosso arroccate su un alto costone della stessa pietra, quasi un tutt'uno immerso in una fitta vegetazione, un'isola rossastra in un mare verde. L'altura vulcanica su cui sorge l'abitato è stata probabilmente in età preistorica occupata da un villaggio dell'Età del Bronzo, come attestano i numerosi manufatti individuati ai piedi delle sue scoscese rupi. Tra i secoli VIII e VI a. C., in epoca etrusca quindi, i vari nuclei d'insediamento sembrano invece gravitare attorno al colle di San Giuliano, e ciò è dimostrato dalle varie aree di necropoli presenti nella zona. A seguito della conquista romana questo

Porta Canale

territorio viene raggiunto dalla via Clodia, un percorso che univa Roma alla Tuscia e alla Toscana meridionale, prima ancora della realizzazione delle vie consolari Cassia e Aurelia e ancora visibile in alcuni tratti. A seguito dell'annessione alla repubblica di Roma dell'89 a.C. e alla riorganizzazione dei territori, è la vicina Blera ad acquisire un ruolo di primaria importanza nell'area, divenendone il "municipio", il centro amministrativo. Si osserva uno spopolamento assai marcato e per secoli il territorio è occupato quasi esclusivamente da ville e fattorie rustiche. Un nuovo impulso demografico appare nel medioevo quando si nota la rioccupazione delle alture tufacee, ritenute più difendibili. Presumibilmente è l'altura di San Giuliano ad essere occupata da un abitato. L'odierna Barbarano vede lo spostamento degli


DA VISITARE CHIESA DI S. GIULIANO La chiesa medievale di San Giuliano, sul colle omonimo difeso da mura etrusche e medievali, era originariamente a tre navate, attualmente ridotte a due per il crollo della navata sinistra. Il muro meridionale che ancora oggi in parte la circonda, aveva chiare funzioni difensive. L’edificio è stato costruito sulle fondamenta di più antichi luoghi di culto, lo testimoniano i blocchi in tufo che fungono da base per le colonne e che rivelano dimensioni tipiche dell'età etrusca. Il suo aspetto architettonico è chiaramente romanico (capitelli, archetti penduli, l'impianto stesso), come romanica è la consuetudine di riutilizzare materiali di spoglio nella sua edificazione. Vi troviamo colonne in pietra e marmo lunense d'età romana, macine, elementi vari. All’interno sono ancora visibili degli affreschi del XIV e XV secolo. Il più recente è quello del Cristo Benedicente in trono, sito nell’abside maggiore, la cui datazione è della prima metà del XV secolo. Si rilevano altre fasi decorative ai lati dell’abside centrale. La più

Porta Romana

antica ritrae la Madonna in trono tra due figure (Santa Barbara e San Bartolomeo) ed è in rapporto con il San Giuliano posto sul muro accanto. Dalla seconda metà del XVII secolo la gestione e manutenzione del complesso fu affidata agli eremiti che vi hanno dimorato fino agli inizi del '900. La chiesa è tuttora consacrata. A poche decine di metri dal complesso, verso ovest, è possibile visitare un'interessante cisterna romana: il crollo di una delle pareti ha creato un inaspettato belvedere sotterraneo, un luminoso balcone verso la forra sottostante. PARCO MARTURANUM Esteso per più di 1200 ettari, costituisce una delle aree protette più interessanti della regione. Due gli ambienti principali presenti: a nord l'area dei profondi valloni tufacei, ricchi di animali e piante rare, in cui si possono visitare le necropoli etrusche: a sud il prato pascolo, area tipicamente maremmana, nei cui pascoli possiamo incontrare le grandi vacche ed i cavalli entrambi di razza maremmana, zona di butteri ed orchidee. Il parco è celebre per i suoi sentieri escursionistici e per la sua particolare flora e fauna: territorio di grandi

Barbarano Romano

abitanti da San Giuliano tra XI e XII secolo. Nei secoli diverrà possesso di numerose famiglie nobili tra cui i Di Vico e gli Anguillara. La sua fedeltà a Roma le varrà, analogamente ad altri centri della Tuscia, l'appellativo di "romano". Camminando per i vicoli è oggi possibile tornare nel passato. Tra le case medievali dalle scalinate esterne e gli archi, si assaporano ancora oggi i ritmi di un tempo: l'odore di mosto che ribolle nelle profonde cantine, il profumo dei fiori sulle finestre in pietra, il vociare di donne tra le strette viuzze riportano a una dimensione dimenticata, certamente più a misura d'uomo. Sarà per questo che molti "VIP" l’ hanno scelta quale dimora? Sito al centro di un'area protetta regionale, il Parco Marturanum, il caratteristico paese è rinomato per le numerose necropoli etrusche del territorio ed i sentieri escursionistici che lo attraversano.

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Barbarano Romano 10

Tumulo della Cuccumella

Tomba dei Letti

rapaci, rari anfibi, pregiate orchidee e ben salde tradizioni popolari. All'ingresso del centro abitato troviamo il Centro Visite e un Museo Naturalistico, aperti nel fine settimana.

due sarcofagi in nenfro del V-IV secolo a.C. con i defunti scolpiti sul coperchio, alcune urne cinerarie biconiche del IX-VIII secolo a.C., vasi in bronzo e vasi falisci del IV secolo a.C., ceramiche attiche a figure rosse e a figure nere del V secolo a.C., un leone in peperino d'età orientalizzante e un cippo a forma di obelisco risalente al IV secolo a.C. È aperto nei fine settimana.

NECROPOLI SAN GIULIANO La Necropoli etrusca di San Giuliano è a circa 2 Km dall'abitato di Barbarano Romano, all'interno del Parco Regionale Marturanum. Rappresenta un'importante testimonianza delle fasi etrusche, qui rappresentate dal X al I secolo a.C. Nell'area sono infatti presenti tipologie tombali che abbracciano un arco temporale vasto, dalle tombe a pozzetto Villanoviane fino ai grandi sepolcri rupestri del III e II secolo a.C.; passeggiare nella necropoli è come sfogliare un trattato completo delle tipologie architettoniche etrusche: grandi tumuli costruiti in blocchi o ricavati nel tufo, tombe a camera, tombe a dado o semidado con terrazza superiore accessibile da scalinata. Frammiste ad esse tombe a fossa, a nicchia, a loculo, e ancora urne e sarcofagi immersi nella vegetazione. La zona interessata dai vari nuclei di necropoli è molto estesa ed è resa alquanto suggestiva dalla fitta vegetazione presente nell'area protetta, nonché dall'incombenza degli alti costoni di tufo rosso, essi stessi vero e proprio monumento all'interessante geologia della zona. MUSEO ARCHEOLOGICO Situato accanto alla Chiesa di Sant'Angelo, conserva molti reperti risalenti ad un periodo alquanto esteso, che va dal Villanoviano al III secolo a.C. Vi si possono ammirare, tra gli altri,

EVENTI E MANIFESTAZIONI La prima domenica di maggio, vicino alla Necropoli etrusca, in località Caiolo, si tiene la Festa dell'Attozzata. Manifestazioni equestri, stand gastronomici, vendita di prodotti tipici e visite guidate vi terranno piacevolmente impegnati per buona parte della giornata. È quindi d'obbligo una sosta ristoratrice: vi consigliamo di assistere alla preparazione della ricotta offerta ancora calda su "tozzi" di pane di grano duro (proprio da questo deriva il nome della Festa). Testo gentilmente fornito da A. Sasso Immagini di M. M. Berretta BARBARANO PER DATE GENNAIO I DOM MAGGIO GIUGNO AGOSTO SETTEMBRE

OTTOBRE 4 DICEMBRE

Festa S. Antonio Abate Festa dell’Attozzata, messa di S. Giuliano Festa del Tartufo e Torneo gioco della rosa Festa della Mietitura - Festa Paglia e Fieno Festa di Settembre: giochi popolari, sagra della lumaca, spettacoli musicali e di arte varia, stand gastronomici Festa della Vendemmia: con dimostrazione della produzione del vino S. Barbara festa Patronale (Processione solenne, spettacolo pirotecnico)


CENNI STORICI Le origini di Bassano sono datate attorno all’anno 1000, quando alcuni boscaioli provenienti dalla Campania e dalla Toscana si stabilirono nella zona di Largo Giuseppe Altobelli per il taglio degli alberi e la lavorazione del legno e del carbone. Qui fu costruita, allo stato embrionale, la chiesa della Madonna delle Capanne (demolita nel 1964 perché pericolante). Il luogo assume il nome di “Feudus Bassani”, rientrando così nel dominio dello Stato Pontificio: è il periodo delle più efferate lotte per le investiture papali. Il Signore di Sutri Enotrio Serco intorno all’anno 1160, vantando dei diritti sul “Feudus Bassani”, vi trasferisce la propria

Palazzo Giustiniani Odescalchi

residenza, gettando così le basi per quello che poi diventerà un palazzo principesco con affreschi di illustri artisti. Ad Enotrio Serco e ai suoi eredi succede un certo Riccardo di Puccio, comproprietario del feudo assieme ai Savelli della famiglia patrizia romana e agli Anguillara di Capranica, che compare nel 1354 nel registro del Cardinale Albornoz. Solo alla fine del XVI secolo Bassano conoscerà una stabilità governativa, con l’acquisto del feudo da parte di Giuseppe Giustiniani. Il feudo è eretto a “marchesato” da Paolo V nella persona di Vincenzo, figlio di Giuseppe, e a “principato” da Innocenzo X. Il paese, che fino a tutto il 1500 era rimasto medievale nel suo aspetto, nel secolo XVII, ad opera dei Giustiniani, fu oggetto di

Bassano Romano

Bassano Romano

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Bassano Romano

Odescalchi, e fino a qualche tempo fa era collegata ad esso tramite un passaggio con il quale i Signori di Bassano accedevano ad un balconcino per assistere alle funzioni religiose. Oggi sul balconcino è posto un organo a canne del ‘700. La struttura attuale è il risultato di un ampliamento effettuato nel 1703 sulla preesistente chiesa quattrocentesca. L’interno è ricco di affreschi settecenteschi, raffinati decori e sgarbati elementi architettonici. A sinistra: Il Cristo Portacroce di Michelangelo A destra: Chiesa di San Vincenzo

un’importante trasformazione urbanistica attraverso l’intervento di un vero e proprio piano regolatore concepito e realizzato in parte secondo il gusto del tempo. I Giustiniani posseggono il feudo di Bassano fino al 1854, data in cui viene acquistato dalla famiglia Odescalchi.

DA VISITARE 12

PALAZZO GIUSTINIANI-ODESCALCHI L'attuale aspetto del Palazzo è il frutto della trasformazione e del riadattamento dell'antico maniero feudale, operati in parte già nel XVI secolo dagli Anguillara e, in maniera più radicale, nel XVII secolo da Vincenzo Giustiniani. Elegante nella sua struttura, presenta pregevoli affreschi dei più noti artisti dell’epoca, come il Tempesta e Domenico Zampieri, detto “Il Domenichino”. Annesso al Palazzo è il giardino all’italiana, il grande parco di eccezionale patrimonio arboreo e la casina di caccia, meglio conosciuta come “La Rocca”. Nel dicembre 2002 il complesso è entrato a far parte dei beni demaniali dello Stato e affidato alla tutela del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, che nel 2007 ha avviato i lavori di restauro della Rocca e di sistemazione del tetto del Palazzo. CHIESA PARROCCHIALE “MARIA SANTISSIMA ASSUNTA” Sorge nella piazza principale del paese, Piazza Umberto I, a ridosso del Palazzo Giustiniani-

CHIESA DI SAN VINCENZO MARTIRE Voluta dal marchese Vincenzo Giustiniani come mausoleo di famiglia nel XVII secolo, oggi fa parte del Monastero dei Padri Benedettini Silvestrini. Situata su un colle panoramico, presenta una facciata monumentale, con due torri campanarie che ne completano lo sviluppo lineare. Al suo interno è conservata la statua del Cristo Portacroce o Cristo Redentore di Michelangelo Buonarroti, la cui realizzazione venne commissionata all’artista nel 1514. Michelangelo, dopo aver terminato la bozza, si accorse che sul viso compariva una venatura nera, un difetto del marmo. Abbandonò, allora, il lavoro e ne intraprese un altro, realizzando l'opera in diversa positura rispetto alla prima e che oggi è conservata presso la chiesa di Santa Maria sopra Minerva a Roma. La prima statua, dopo vari passaggi, fu acquistata dal Marchese Vincenzo Giustiniani, venne completata da artisti dell'epoca e nel 1644 fu trasferita a Bassano per collocarla sull'altare maggiore della Chiesa di San Vincenzo, dove è rimasta fino agli anni settanta. Fu poi sostituita dal complesso marmoreo del Santo Volto a cui oggi è dedicato il santuario. Dagli anni settanta al 2000 la statua era stata collocata nella cappella di sinistra, ignorando il valore reale dell'opera. Soltanto recenti ricerche hanno portato alla luce il vero artefice della statua. La storia del marmo di Michelangelo era rimasta, infatti, sconosciuta per secoli. CHIESA DI SANTA MARIA DEI MONTI Edificata nel XV secolo, sorge in posizione panoramica. Piccola ma accogliente, conserva


CHIESA DI SAN GRATILIANO MARTIRE Una volta solitaria chiesa in aperta campagna, si trova oggi al centro della zona nuova del paese. Fu eretta nel 1546, in onore del giovane martire che aveva scelto e voluto sotto la sua protezione il popolo di Bassano. All’interno, ai lati dell’abside, un ciclo di affreschi racconta la vita e il martirio del Santo patrono del paese. LA FAGGETA Distante dal centro abitato, è una riserva naturale ricca di fauna selvatica e rappresenta una vera e propria oasi di pace. È una delle poche faggete in Italia cresciuta al di sotto dei 600 metri e fa parte del Parco Naturale “Bracciano-Martignano”. L’area attrezzata, immersa nel verde degli alti faggi e dei castagni, è dotata di tavoli e di barbecue ed offre uno spazio per sfuggire al caos cittadino e alla frenesia della vita moderna.

ti, teatranti di strada, sbandieratori fanno da cornice alla manifestazione, insieme alla sfilata del corteo storico, dove personaggi in costume d’epoca interpretano la nobile famiglia dei Giustiniani. LA FESTA DELLA MADONNA DELLA PIETÀ Ha origini che risalgono alla fine del 1800 e si svolge il giorno dell’Ascensione, con una processione alla quale prendono parte tutti i confratelli in veste bianca. Chiude la processione la macchina della Madonna della Pietà con la sacra effigie costellata da ex voto, portata a spalla.

EVENTI E MANIFESTAZIONI

IL CARNEVALE BASSANESE È una manifestazione molto sentita dal popolo bassanese che, per l’occasione, mette a disposizione la propria fantasia e creatività per realizzare i carri allegorici ed i costumi per le mascherate. La kermesse folcloristica inizia il 17 gennaio con la festa di Sant’Antonio Abate, nella quale le confraternite organizzano la rituale benedizione degli animali. Nelle ultime due domeniche di carnevale ed il martedì grasso si svolgono le sfilate dei carri allegorici e delle spettacolari mascherate.

I MERCATINI DEL ‘600 Si svolge durante il primo fine settimana di luglio. È la rievocazione storica di una giornata di festa-mercato del ‘600. La scenografia del centro storico è arricchita da vari addobbi che arredano le piazzette e i vicoli. Bancarelle con prodotti artigianali, taverne per la degustazione di piatti tipici, musican-

LA FESTA DI S. GRATILIANO E S. LUCIANO In onore dei santi, dall’11 al 13 agosto si svolgono i festeggiamenti, che iniziano con una processione votiva la sera del primo giorno di festa. Si prosegue nei giorni successivi con il concerto del complesso bandistico “Città di Bassano Romano”, la tradizionale tombola e un grandioso spettacolo pirotecnico. BASSANO ROMANO PER DATE 6 GENNAIO 17 GENNAIO FEBBRAIO/MARZO ASCENSIONE CORPUS DOMINI LUGLIO AGOSTO

I Mercatini del ‘600

DICEMBRE

La Befana in piazza Benedizione degli animali Carnevale Bassanese Festa Madonna della Pietà Infiorata I Mercatini del’600 Sagra della bruschetta Festeggiamenti patronali, Sagra della costarella, Rock fest Natale Bassanese

Bassano Romano

nel suo interno resti di affreschi raffiguranti due personaggi dal nobile aspetto e nell’abside una Madonna con Bambino.

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Blera

Blera

CENNI STORICI

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Le prime testimonianze di significativi insediamenti umani nel territorio di Blera risalgono al periodo neolitico e vanno a mano a mano aumentando tra XI e X sec. a.C. La nascita di una entità urbana più propriamente organizzata va collocata tra l’VIII ed il VII sec. a.C., probabilmente in seguito alla fusione, in un unico centro, di alcuni villaggi minori preesistenti. Il momento di maggiore prosperità del centro etrusco può essere collocato tra il VII ed il V sec. a.C., come ben testimoniano le numerose necropoli che lo circondano. Durante la colonizzazione romana la città accrebbe la sua potenza politica ed economica, grazie al passaggio della consolare Clodia che, a partire dal III sec. a.C., attraversava il municipium di Blera. La città divenne sede vescovile probabilmente verso la fine del V secolo d.C. ed ebbe sedici vescovi, il primo dei quali, secondo la tradizione, fu S. Vivenzio, a cui i blerani tutt'oggi sono particolarmente devoti. Durante il VII e l'VIII secolo Blera, per la sua posizione di confine tra il Ducato Romano ed il territorio sotto il dominio dei Longobardi, dovette subire notevoli devastazioni e saccheggi. Nel 607, al momento del riassetto dei confini, apparteneva al Ducato Romano; nel 739 fu conquistata da Liutprando e quattro anni dopo, fu donata dallo stesso a papa Zaccaria, costituendo, con Sutri e Gallese, il primo nu-

Chiesa della Collegiata

cleo del Patrimonio di S. Pietro nella Tuscia, che poi diverrà Stato della Chiesa. Nel 772 Blera fu assediata e distrutta da Desiderio e due anni dopo fu restituita al papa da Carlo Magno, ed ancora tale possesso è confermato, nel 1020, in un documento di Enrico II. Nell’anno 1093 la diocesi di Blera venne unita a quella di Toscanella. Dalla metà del XIII secolo a tutto il XIV, Blera è parte delle sorti della famiglia dei di Vico. Nel 1516, Leone X concesse Blera a Lorenzo degli Anguillara di Ceri, ramo collaterale dell'antica famiglia comitale romana, ed ai suoi successori. Nel 1546, a Lorenzo successe Lelio, unico figlio sopravvissuto, e che aveva intrapreso la carriera ecclesiastica. Estinguendosi con Lelio la linea degli eredi legittimi, nel 1572 Blera tornò alle dirette dipendenze della Camera Apostolica, rimanendo sotto il governo pontificio fino al settembre del 1870, con l'unione al Regno d'Italia.


DA VISITARE

MUSEO DEL CAVALLO Inaugurato nel 2002, il Museo del Cavallo “Il cavallo e l’uomo” rappresenta la sezione demo-antropologica del Museo Civico. Realizzato con finanziamenti dell’Unione Europea, ha origine dall’idea di recuperare alla conoscenza e alla fruizione aspetti culturali altrimenti destinati all’oblio. Si articola in un duplice percorso scientifico; il settore preistorico-protostorico che racconta le fasi più antiche del rapporto uomo-cavallo e il settore moderno e contemporaneo che, attraverso reperti di cultura materiale e tradizione orale, illustra le profonde e complesse relazioni dell’animale con il tessuto socio economico

Museo del Cavallo

e il territorio della maremma laziale. Gli spazi espositivi sono costituiti da un’area dimostrativa all’aperto di mq. 400 dove è stata ricostruita insieme ad altre tipiche strutture una capanna tradizionale, e dalla struttura coperta, divisa in due piani, di mq. 330. Il Museo non mira solo alla conservazione, ma vuole soprattutto trasmettere al visitatore usi, costumi ed esperienze coinvolgenti. ORARI DI APERTURA Venerdì Sabato e Domenica Orario 9.00/13.00 - 14.30/17.30 Per Informazioni telefonare allo 0761.471057 LA VIA CLODIA E IL PONTE DEL DIAVOLO Dai punti panoramici del paese si può ammirare la bellezza del paesaggio circostante caratterizzato dalla suggestiva vallata del torrente “Biedano”; ma vale la pena immergersi in questo straordinario contesto naturalistico scendendo sotto il paese, percorrendo un tratto della via Clodia, passando sotto il

Ponte del Diavolo

Blera

IL CENTRO STORICO Una passeggiata al centro storico di Blera, con i suoi portali, finestre, stemmi, murature e particolari architettonici di epoche varie, porterà il visitatore indietro nel tempo e darà l’idea della continuità della vita del paese nel corso dei secoli. Attraversando le strette vie si arriva in piazza S. Maria dove si trova la Chiesa Collegiata, restaurata nella seconda metà del XVIII secolo sia esternamente, modificandone l’originario stile romanico, che internamente dove, per volere del popolo, solo l’antica cripta dedicata a San Vivenzio venne risparmiata dal restauro. Sull’altare maggiore della chiesa è collocato un pregevole sarcofago marmoreo romano di età imperiale. Al centro della piazza antistante la chiesa si trova un elegante puteale di marmo, datato 1538 con lo stemma della famiglia Anguillara, dal quale la popolazione attingeva l’acqua che attraverso una canalizzazione sotterranea arrivava alla grande cisterna a volta ubicata sotto la piazza stessa. Sulla via centrale, via Roma, si trovano la Biblioteca Comunale con l’Archivio Storico e più avanti la ex Chiesa di San Nicola che è stata recentemente ristrutturata per ospitare le sezioni archeologiche del Museo Civico.

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Blera

grande ponte moderno in cemento armato (inaugurato nel 1936) per raggiungere il Ponte del Diavolo. Si tratta di un ponte a tre archi di epoca romana costruito intorno al I sec. a.C.; accuratamente realizzato in blocchi di peperino, messi senza calce che presentano un bugnato rustico sulla faccia esterna. Largo originariamente quasi 5 metri e lungo oltre venti, è attraversato dalla consolare via Clodia della quale, in direzione opposta al paese, poco distante dal ponte si possono vedere ancora in alcuni punti i grandi basoli ancora in situ.

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NECROPOLI ETRUSCA PIAN DEL VESCOVO La necropoli di Pian del Vescovo si può raggiungere partendo dal centro storico percorrendo la via Clodia fino ad oltrepassare un ponte in opera quadrata di tufo, il “Ponte della Rocca”, datato tra il III ed il II secolo. La necropoli, di tipo rupestre, presenta tombe di tipo arcaico, dislocate sul pianoro mentre sul ciglio della rupe si affacciano i tumuli e lungo il pendio si trovano tombe a dado. LUNI SUL MIGNONE Luni sul Mignone non è facilmente raggiungibile, ma l’impegno fisico che l’escursione richiede è ampiamente ripagata dalle importanti emergenze archeologiche e dalla bellezza che l’ambiente naturalistico offre. Sui

bordi dell’acropoli sono ancora visibili a tratti le fortificazioni della città etrusca mentre sul pianoro sono state riportate alla luce resti di numerose capanne dell’età del bronzo; tra queste una in particolare si distingue per le sue enormi dimensioni e si pensa fosse stata l’abitazione di un importante personaggio o un luogo di culto. Nel corso delle campagne di scavo sono stati inoltre ritrovati frammenti di ceramica micenea che testimoniano importanti contatti culturali con le antiche civiltà dell’Egeo. AREA ARCHEOLOGICA DI S. GIOVENALE È stato grazie al qualificato lavoro degli archeologi svedesi, portato avanti fin dal 1956 con intense campagne di scavo, che i molteplici aspetti di questo antico insediamento umano sono oggi riconosciuti a livello internazionale. Ai lavori ha partecipato spesso il Re di Svezia Gustavo VI Adolfo al quale venne conferita la cittadinanza onoraria di Blera ed intitolato il Museo Civico. Gli archeologi hanno preso in esame la viabilità, le necropoli, le costruzioni, le opere idrauliche ed in particolare il complesso dell’abitato etrusco arcaico. Il sito di origine preistorica e di grande importanza nel periodo etrusco, viene abbandonato in epoca medievale. Sono del XIII secolo il castello dei di vico e la piccola chiesa adiacente. La necropoli si estende nel vasto e suggestivo territorio circostante con varia tipologia di tombe, alcune delle quali opportunamente restaurate e protette. BLERA PER DATE

Luni sul Mignone

17 GENNAIO CARNEVALE VENERDÌ SANTO LUNEDÌ DI PASQUA PRIMO MAGGIO II DOM. DI MAGGIO IV DOM. DI AGOSTO II DOM. DI SETTEMBRE 11 NOVEMBRE 11 DICEMBRE

Festa S. Antonio Abate Carri allegorici e sfilate Processione del Cristo Morto Pellegrinaggio alla Grotta di S. Vincenzo Scampagnate all’aperto II Pellegrinaggio alla Grotta di S. Vincenzo Festa popolare di S. Ermete Madonna della Selva Festa di S. Martino Festa di S. Vincenzo


CENNI STORICI Non si hanno particolari notizie storiche su Oriolo Romano. Certo è che, trovandosi sulla via consolare Clodia, fosse un punto di passaggio e una zona strategica per civiltà etrusche e romane. I primi segni tangibili della storia di Oriolo sono riscontrabili solo a partire dal 1560, epoca in cui gli Orsini cedono il feudo ai Santacroce, promotori di un eccellente sviluppo urbanistico. Il governo della città passò alternativamente in mano agli Orsini, che per mancanza

Palazzo Altieri e Fontana del Vignola

di eredi maschi della famiglia Santacroce lo ottennero di diritto, agli Altieri, che detennero il potere fino al 1922. La particolarità che rende il paese unico in Tuscia è data dal fatto che sia uno dei pochissimi insediamenti razionalmente pianificati dal punto di vista urbanistico. Infatti, Giorgio di Santacroce, ottenuto il feudo dagli Orsini, decise di dar vita a una sorta di città ideale e affidò al Vignola il compito di progettare un piano regolatore che poi si rivelò perfetto. Il borgo, infatti, appare razionalmente diviso, con la piazza centrale ricca e completa di palazzi governativi, abitazioni e una fontana (ope-

Oriolo Romano

Oriolo Romano

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Oriolo Romano

ra del Barozzi), e le vie che si snodano in maniera regolare, lasciando spazi aperti e vivibili. Sulla facciata del palazzo Santa Croce, oggi noto come Palazzo Altieri, si leggono alcune parole che possono essere considerate l'atto di nascita del paese: "Giorgio Santa Croce quinto signore di Viano, figlio di Onofrio, disboscò la selva di Manziana, e condottovi i coloni nell'anno 1562, rese frequentata la strada Claudia, dotò di mura il castello di Oriolo, edificò la chiesa di S. Giorgio (1570), edificò questo palazzo.

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DA VISITARE PALAZZO ALTIERI Il Palazzo Santacroce (poi Altieri), fu edificato nel corso degli anni 1578–1585. Esso risulta un tipico palazzo–villa che sviluppa in senso manieristico lo schema cinquecentesco di edificio a corpo centrale con loggiato tra corpi laterizi elevati in forma di torre; i quali, tuttavia, qui non ne delimitano l’assetto in forma chiusa, proseguendo la costruzione in altri due elementi laterali che ne esaltano la propensione ad una spazialità aperta, protesa verso l’ambiente esterno. Il loggiato centrale è a cinque arcate e poggia sul sottostante vano rettangolare di pietra basaltica; i pieni e i vuoti della facciata costituiscono nel complesso un insieme armonico e signorile. La tradizione attribuisce la paternità del palazzo, così come l’intero quadro urbanistico, a Jacopo Barozzi detto il Vignola; cosa che risulta impossibile per la morte dello stesso nel 1573. Il

Galleria dei Papi

Scorcio di Oriolo Romano

palazzo raggiunse l’attuale configurazione nei secoli XVII–XVIII ad opera degli Altieri sotto la direzione di Carlo Fontana. Ai corpi esterni vennero aggiunte le due ali di direzione nord, così da creare un ampio cortile. Fu elevata in posizione asimmetrica la torretta dell’orologio, abbellito l’ingresso con il ponte in pietra basaltica e rifatta la bella fontana al centro della piazza antistante il palazzo. L’interno è articolato in ampi e ben distribuiti ambienti, decorati con stucchi, affreschi e pitture di buona fattura, alcune attribuite alla scuola di Taddeo Zuccai. L’arredo del palazzo è andato in gran parte disperso; ciò che attualmente resta è originale del ‘600. LA GALLERIA ALTIERI In varie sale contigue di un lungo braccio rettilineo di Palazzo Altieri, così da formare una suggestiva fuga prospettica di oltre 65 metri, è raccolta una collezione di quadri, dipinti a olio su tele, raffigurante in ordine cronologico tutti i Papi che si sono succeduti nella storia da San Pietro a Benedetto XVI. Iniziatore di questa collezione fu il cardinale Paluzzo Albertoni Altieri. Nella seconda metà del XVII secolo cominciò a commissionare ad artisti la realizzazione delle effigi Papali, tratte in parte da antiche fonti iconografiche. Non sono conosciuti i nomi di coloro che eseguirono questo primo numero di 241 quadri. La raccolta è particolarmente importante perché è l’unica completa esistente al mondo. Ogni ritratto è corredato dallo stemma araldico – gentilizio di ciascun Papa. Nei quadri dei primi 166 Pontefici è riportato un cartiglio con il


CONVENTO S. ANTONIO DA PADOVA È la più moderna delle Chiese di Oriolo. Il principe Don Gaspare Altieri, che fu signore di Oriolo dal 1671 al 1721, costruì nel 1675, la chiesa con l’annesso convento per i PP. La costruzione e la definitiva sistemazione avvenne dopo che fu ultimata la Chiesa Parrocchiale di S. Giorgio, che per la morte del papa Clemente (1676) era stata sospesa, e ripresa dopo 80 anni. La fornitura avveniva a spese del principe don Gaspare che, a sua volta, retribuiva in natura. Infatti il principe, in compenso, dava generi alimentari, come la pizzicheria delle dispense baronali, con grano ed altri prodotti agricoli, affinché venisse terminata l’opera costruttoria. C’è tramandato che, per la costruzione, il principe abbia fornito il terreno e tutti i materiali, mentre i frati, da parte loro, abbiano pensato alla costruzione e ciò, da una parte fu meglio perché poterono costruire secondo criteri pratici conventuali. Il Convento fino al 1873 fu abitato ininterrottamente dai Frati Minori. La casa principesca degli Altieri è sempre stata tra i primi a venire incontro alle necessità dei Religiosi. Nel 1708, il principe don Gaspare Altieri, affittando il macello, faceva obbligo all’affittuario di dare della carne, ogni mese, ai Frati del Convento di S. Antonio. Nel 1875, in seguito alla legge della soppressione degli Ordini Religiosi, i Frati di

Convento di Sant’Antonio da Padova

Oriolo dovettero, a loro malincuore, abbandonare il convento; ma in tale circostanza si manifestò la grande bontà del principe don Emilio (III) Altieri che li volle ospitare nel suo castello, riservando a loro tutto il primo piano, all’ala sinistra e precisamente sulla scuderia, dando pure in uso parte dell’orto e del giardino. Ritornarono poi, quando il principe ricomprò, dal demanio, il convento; ma furono ancora costretti, nel 1888, per un banale pretesto inventato dagli anticlericali e massoni, a chiudere la chiesa che sarebbe dovuta servire come magazzino di deposito, dovendo passare, in quei pressi, la ferrovia. Dopo quattro anni, per le preghiere e le petizioni del buon popolo oriolese, poterono tornare i Francescani ad officiare la chiesa. Durante la prima Grande Guerra (1915-1918) i Frati del Convento furono chiamati a prestare servizio nell’esercito italiano; e misero a disposizione del governo il loro convento che fu adibito come infermeria per i soldati feriti sul fronte. Anche durante la seconda guerra, il convento, requisito dalle truppe tedesche, ospitò per più di un mese la celebre corazzata Goering, prima di marciare per Cassino. ORIOLO PER DATE 23 APRILE 25 APRILE GIUGNO LUGLIO 2008 DAL 12 AL 16 AGOSTO 12-13-14-19-20-21 SETTEMBRE 2008

Processione di San Giorgio, Patrono di Oriolo Anniversario della Liberazione Commemorazione in Piazza Umberto I I settimana Fiera delle Energie Rinnovabili Music-Festival - Largo Santacroce Madonna della Stella V Sagra del fungo porcino

Oriolo Romano

sunto degli eventi più rilevanti del suo pontificato; ciò rappresenta anche un’ interessante documentazione del pensiero storico dominante nel secolo XVII, periodo nel quale furono dipinti i quadri. Nelle tele dei successivi Papi, al posto del sunto storico, è posto un motto latino. La collezione ha inoltre una uniformità stilistica e di impianto progettuale; ogni tela ha un formato rettangolare (cm120 X 70). Per i Papi vissuti nel periodo del 500–600, si hanno copie pregevoli di ritratti famosi, quali quello di Raffaello per Giulio II, di Tiziano per Paolo II, di Caravaggio per Paolo V. ORARI DI APERTURA Museo e Pinacoteca - Tel 06.99837145 Tutti i giorni 9.00 / 18.00

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Vejano

Vejano

CENNI STORICI

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Vejano è una piccola comunità con poco più di 2000 abitanti; sorge su una collina a circa 400 metri s.l.m. posta tra i monti Cimini e i monti della Tolfa. I reperti rinvenuti fanno risalire le prime comunità alla media età del bronzo (1800-1700 a.C.). A tutt’oggi esistono degli insediamenti come Alteto, Torre dell’Ischia e Fontiloro che hanno ospitato Etruschi e Romani. In particolare Vejano fu uno dei centri agricoli che garantivano i rifornimenti alla Roma Imperiale. Fino all’alto medioevo le notizie sono scarse e solo dal 1213 si cominciano a trovare informazioni sulla piccola comunità di Viano (originario nome di Vejano). Tra il 1213 e il 1465 si alternarono, nel dominio del piccolo feudo, dapprima i Vico poi gli Anguillara ai quali successe, dopo varie vicende, la nobile famiglia degli Orsini. Successivamente il feudo venne donato dagli Orsini ai Santacroce, che durante la loro reggenza dettero un notevole impulso all’economia del paese. Importante è ricordare che fu di questo periodo la ricostruzione della Rocca (Distrutta dai Borgia) e l’edificazione del Sacello Funerario dei Santacroce, attribuito alla scuola di Sangallo il Giovane. In seguito Vejano ritornò fra i possedimenti degli Orsini per poi passare definitivamente, nel 1671, nelle mani dei Principi Altieri. Quest’ultima nobile famiglia è stata quella che ha dominato più a lungo il territorio, infatti la sua dominazione è arrivata alle soglie del XX secolo, quando le ter-

Vejano dall’alto

re dei nobili vennero assegnate ai cittadini di allora, incentivando così lo sviluppo di questa piccola comunità, fino a quel momento bloccato da una staticità di tipo medioevale. Durante l’ultima guerra il paese ha subito un pesante bombardamento che lo ha segnato profondamente, ma questo non ha inciso sull’animo della gente, che conserva le sue caratteristiche più belle, la semplicità e il suo spirito di ospitalità.

DA VISITARE LA ROCCA Il Castello di Vejano fu scavato nel tufo e si distingueva dagli altri castelli proprio per questo, ma anche perché è a forma di triangolo. La parte bassa del castello, la più antica, era adibita a prigioni e scantinati. In seguito fu costruita la parte superiore in muratura, delimitata dalla parte in tufo, da un cornicione di peperino. Il castello è formato da tre torrioni; il destro, guar-


CHIESA DELL’ASSUNTA Le notizie che riguardano questo luogo di culto, non sono numerose. Alcuni autori fanno risalire la sua costruzione già prima dell'anno 1334, presumibilmente dagli Anguillara. Nei secoli successivi, è stata più volte restaurata, prima dai Santacroce poi in maniera più consistente dai Principi Altieri. Sotto il suo pavimento, utilizzato, fino al 1872, come cimitero cristiano, giacciono tutt'ora innumerevoli resti di fedeli sepolti. Dal punto di vista architettonico la chiesa è, nella sua ultima stesura, di un sobrio stile barocco. Originariamente, la forma, era a "croce latina" ,che in seguito è stata ampliata in senso longitu-

La Rocca - Ponte levatoio

dinale dagli Altieri, che hanno inteso attestare il loro intervento di restauro ponendo sei stelle, simbolo della loro casta, sui capitelli di stucco delle paraste. La particolarità operata con il restauro, consiste nell'aver ricavato delle aperture, in prossimità dell'abside, che permettono di illuminare, in modo obliquo e traversale, l'interno della navata. La chiesa è composta da un altare maggiore e da due altari laterali. Nel primo si trova una tela in cui è rappresentata la Madonna Assunta in Cielo con ai suoi piedi S. Orsio e forse Santa Monica; nei due laterali gli affreschi ottocenteschi sono fatiscenti e bisognosi di restauro. Del periodo cinquecentesco, un discreto valore artistico è espresso dal portale, dal ciborio, dal fonte battesimale e dall'acquasantiera, sul basamento della quale sono raffigurati tre stemmi tra i quali si distinguono chiaramente quelli degli Orsini e dei Santacroce. CAPPELLA SANTACROCE La cappella funeraria Santacroce fu costruita per ospitare le salme dei membri della famiglia. Il Sacello Funerario dei Santacroce costituisce una costruzione a sè, rispetto alla Rocca dimora dei Signori del feudo e rispetto alla Chiesa dell’Assunta. Sorge, infatti, tra le case del paese medievale sul bordo di un dirupo. Esso è costituito da due ambienti nettamente distinti: nel fondo c’è il Sacello funerario vero e proprio, mentre davanti una specie di atrio di pianta quadrata con le pareti intonacate ma completa-

Vejano

dandolo dall'ingresso principale, è più grande rispetto agli altri due che sono uguali tra loro. All'entrata del castello, un tempo c'era il ponte levatoio che, in caso d'emergenza, era sollevato e chiuso, e che in seguito è stato sostituito da due corrimano. Sotto il ponte levatoio e tutto intorno al castello scorreva un fossato che impediva ai nemici di entrare. Nelle prigioni c'erano delle finestre grandi in modo da dare luce, però erano fatte ad imbuto, così da impedire ai prigionieri di scappare. Il Castello era munito di feritoie che si utilizzavano per la difesa in caso d'attacchi nemici. Ai lati del castello, nella direzione dei torrioni c'erano tre piccole torri, dove si rifugiava la popolazione in caso di pericolo. Nella prima metà del 1600 ormai le guerre tra feudi erano terminate, così il castello, da fortezza fu trasformato in abitazione e si pensa che furono distrutti dei merli per lasciare spazio alla nuova costruzione. Così fu costruita una nuova parte, più alta, tra il torrione sinistro e quello verso la strada e tuttora ci sono stanze e camere abitate dal principe. Dal torrione, che adesso si trova sulla strada, partiva una serie di archi che arrivavano nel giardino del principe e che poi furono distrutti, quando nel 1800 fu costruita la strada principale. Il castello di Vejano, anche se ha perso importanza, ha comunque uno stemma, simboleggiante sei stelle a otto punte, che è lo stendardo dell'ultima famiglia regnante in Vejano, gli Altieri.

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Vejano 22

mente disadorno. Questo vestibolo si presenta sulla strada con una semplice facciata realizzata in tufo, posta sul filo delle case adiacenti. Il solo elemento di tale facciata degno di un certo interesse è il portale d’accesso, costruito in peperino. La parte più importante dell’intera costruzione è rappresentata dal Sacello funerario. Quest’ambiente ha una pianta rettangolare. Il sacello appare risolto architettonicamente attraverso l’inserzione di un ordine di piastre ioniche su piedistalli in peperino, che tripartiscono ciascuna superficie inquadrando al centro un arco. Lo stesso è ripetuto sulle 4 pareti, anche su quelle più corte, sia pure con modificazioni conseguenti al minor spazio disponibile, ed ancora ritorna sulla facciata esterna, che dà sul vestibolo, in modo identico a quello posto ad organizzare le pareti interne corrispondenti.

EVENTI E MANIFESTAZIONI IL PRESEPE VIVENTE Nato nel 2001 dall’idea di uno sparuto gruppo di persone, che partendo dai piccoli della scuola dell’infanzia, è riuscito a “stregare” un intero paese e a rivalutare la bellezza di una parte del vecchio borgo ormai quasi del tutto disabitato. Negli anni successivi, la popolazione si è messa a disposizione degli ideatori adoperandosi in tutti i modi possibili: riaprendo i vecchi locali, fornendo manodopera e apparecchiature tecniche, esprimendo fantasiose ricostruzioni di antichi mestieri (mulini, fornai, fabbri, falegnami) e situazioni (mercati, campi militari, ovili, vecchi palazzi, un vero lago, una piscina romana, una colonia di lebbrosi e tanto altro) e, dulcis in fondo, partecipando come figuranti. Tutto questo ha permesso di trasformare buie e fredde sere d’inverno in vere e proprie manifestazioni di allegria e serenità. Nel tempo si è ormai consolidata una tradizione, nella quale il paese si riconosce sempre di più, con la speranza che tutto abbia una continuità negli anni a venire.

Presepe vivente

CURIOSITÀ Il 7 luglio 1872, il Consiglio comunale presieduto dal sindaco Montebovi, deliberò il cambiamento di nome da Viano a Veiano con la ‘I’ “al fine di togliere disguidi postali che dannosi riescono alle corrispondenze ufficiali che private. Pertanto il signor Presidente propone di assegnare al Comune il nome di Veiano perchè denominazione che riteneva per l'antico". In seguito con Regio decreto dell'11 Agosto 1872 veniva decretato che "Il Comune di Viano nella provincia di Roma, è autorizzato ad assumere la denominazione di "Vejano" (con la "j"). Ordiniamo che il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sia inserito nella raccolta ufficiale delle Leggi e dei Decreti del Regno d'Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare. Dato a Valsavaranche addì 11 agosto 1872" VITTORIO EMANUELE VEJANO PER DATE GENNAIO FEBBRAIO APRILE GIUGNO LUGLIO AGOSTO SETTEMBRE OTTOBRE NOVEMBRE DICEMBRE

Presepe vivente, Festa S. Antonio e S. Orsio Carnevale Processione del Venerdì Santo Vejano città del Tartufo Giornata dell’Acquaforte Festa: della Banda, della Racchia, di S. Orsio (d’estate) Sagra del Ceciarello Festa della Misericordia Madonna del Rosario San Martino Corsa dei “cornuti” Presepe Vivente


CENNI STORICI Le origini del paese quale comunità organizzata risalgono al XVI secolo quando il pontefice Leone X, in segno di riconoscenza per i numerosi servigi prestati alla Chiesa, concesse questi territori al condottiero Renzo di Ceri della famiglia Orsini – Anguillara i cui discendenti fondarono il Borgo di San Giovanni in onore di un componente della famiglia stessa. Prima di allora, molti secoli prima, e precisamente nel III – IV sec. d.C., il territorio era occupato da una grande villa romana sui resti della quale sorge oggi il centro storico del paese. La villa era originariamente circondata da mura di cinta con torri ed aveva un complesso sistema idrico ed impianto termale, come testimoniano i resti rin-

Veduta di Villa San Giovanni

venuti in varie zone del paese e soprattutto in via delle Fortezze. Così come in tutta l’Etruria Meridionale, anche Villa San Giovanni in Tuscia presenta interessanti resti che testimoniano il passaggio della civiltà etrusca, quali le necropoli di Ponton Graziolo e Grottone – Martarello. L’abitato odierno è adagiato tra le colline Poggio Aguzzo e Le Querciole ad un’altitudine di 329 mt sul livello del mare. La natura circostante presenta le peculiarità tipiche della Tuscia con un’alternanza di oliveti e boschi di cerro e castagno.

DA VISITARE CHIESA SAN GIOVANNI BATTISTA Il periodo in cui si concretizzano i primi passi della Chiesa Parrocchiale di San Giovanni

Villa San Giovanni in Tuscia

Villa San Giovanni in Tuscia

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Villa San Giovanni in Tuscia 24

Battista vede il paese e la popolazione in una situazione di permanente disagio. La piccola comunità aveva sofferto durante il XVII sec. sia per la scarsità dei terreni sia per le eccessive pretese dei feudatari. Siamo agli inizi dell’anno 1700 e già allora il paese aveva due luoghi di culto: la Chiesa figliale della Madonna della Neve e la Chiesa di San Giovanni Battista, il luogo di culto ufficiale voluto dalla famiglia Orsini. A causa del lievitare della popolazione grazie ai tanti “forestieri” che vi si erano trasferiti attirati dal miraggio della disponibilità di terreni da coltivare e da adibire a pascolo, la piccola Chiesa non riusciva più a contenere i fedeli durante le funzioni e l’Arciprete di allora decise di sostenere la giusta causa della costruzione di una nuova e più grande Chiesa. La prima pietra del nuovo tempio fu posta il 26 maggio del 1717, così come riportato nell’iscrizione lapidaria posta sopra la porta alla sinistra dell’Altare Maggiore. Dopo nove anni, precisamente il 29 maggio 1726, la Chiesa Parrocchiale di San Giovanni Battista fu consacrata. Il popolo di San Giovanni ce l’aveva fatta, era riuscito a donarsi un tempio nuovo e più grande, in grado di accogliere i fedeli nel frattempo aumentati notevolmente di numero. Il tempio è a navata unica con volta a botte e quattro cappelle che si aprono ai lati, due sulla destra e due sulla sinistra. L’arredo della Chiesa richiese ancora qualche anno e la pala dell’altare maggiore, raffigurante la nascita di San Giovanni Battista, fu inserita nell’attuale nicchia nel 1756, opera del pittore Francesco Guerrini, così come la pala dei santi compatroni Sant’Albano e Santa Benedetta, inserita sull’altare della seconda cappella di destra. Da segnalare l’acqua santiera in peperino posta all‘entrata della Chiesa, in cui si notano lo stemma degli Anguillara e il basamento datato 1563. Degno di attenzione, per la sua delicatezza pittorica, il dipinto murale del battistero raffigurante il battesimo di Gesù con lo sfondo del paese come era nel 1865. L’edificio risente dell’influenza che la cosiddetta “ Accademia d’Arcadia” esercitò su gran parte dell’architettura sviluppatasi tra la fine del Seicento e la pri-

Vista di Villa San Giovanni in Tuscia

ma metà del Settecento, soprattutto nel centro Italia. Una linearità fatta di momenti semplici e spontanei e una sobrietà dove è visibile una misura razionale e classica: queste sono le caratteristiche principali di questo edificio che si collega a molti altri sorti all’intorno nello stesso periodo. RESTI ROMANI NEL CENTRO STORICO I resti monumentali visibili in via delle Fortezze rappresentano solo la piccola parte del patrimonio archeologico di epoca imperiale romana, sul quale si è impostato il centro storico del paese di Villa S. Giovanni in Tuscia. I resti antichi sono poco al di sotto del piano di campagna (circa un metro), spesso inglobati nelle cantine o nel pianterreno delle abitazioni e, al di sotto del piano di calpestio delle costruzioni antiche, è anche presente una fitta rete di cunicoli, che costituivano l’impianto idrico del complesso abitativo romano. Le strutture pavimentali visibili presentano due vani comunicanti con mosaici a tessere bianche e nere di cui quello più ampio, purtroppo lacunoso al centro, raffigura un motivo floreale con uccelli, incorniciato da una fascia esterna con motivi geometrici e da una fascia più interna con un tema decorativo a serpentina. Il secondo ambiente, non completamente


EVENTI E MANIFESTAZIONI IL PRESEPE ARTISTICO Il presepe artistico di Villa San Giovanni in Tuscia viene realizzato all'interno della Chiesa della Madonna della Neve, databile intorno al 1500, che si trova nella caratteristica via del Poggetto, uno dei luoghi più suggestivi del borgo. Si sviluppa lungo l'unica navata, nell'antica sagrestia e all'esterno della chiesa, nella zona, opportuna-

Interno della Chiesa di S. Giovanni Battista

mente coperta, antistante il portone d'ingresso. Il presepe propone la ricostruzione fedele di un villaggio medio orientale animato da una serie di botteghe artigiane. Le statue, circa quaranta, sono di gesso e materiali argillosi, modellate a mano, riprodotte a grandezza naturale, abbigliate con costumi fedeli dell'epoca. Il visitatore potrà quindi, prima di giungere alla capanna della Natività, ammirare, attraverso un affascinante percorso, le botteghe del vasaio, dell'arrotino, del venditore di tappeti; potrà inoltre apprezzare la ricostruzione di una locanda e del forno del panettiere, si stupirà del fabbro al lavoro e potrà osservare i pastori che contemplano la stella cometa. Un presepe particolare ed originale, animato ma non vivente, che emoziona e fa rivivere spaccati di vita di duemila anni fa. VILLA SAN GIOVANNI IN TUSCIA PER DATE VENERDÌ SANTO CORPUS DOMINI 15 GIUGNO LUGLIO LUGLIO AGOSTO 25 DIC AL 6 GENNAIO

Processione del Cristo Morto, Rievocazione della Passione di Cristo Processione e tradizionale infiorata Marcialonga dei prati (gara podistica internazionale) II fine settimana Sagra della trippa Ultimo fine settimana Sagra della pezzata III fine settimana Festa di San Giovanni Battista Presepe Artistico

Villa San Giovanni in Tuscia

messo in luce, esibisce un pavimento musivo che ha un riquadro con parte di un mostro marino, incorniciato da complesse cornici geometriche con rombi e “nodi di Salomone” alternati. È verosimile che l’intero ambiente fosse campito analogamente da vari riquadri con soggetti marini alternati a cornici geometriche. L’insieme dei resti sopradescritti è unitario ed è verosimilmente pertinente agli ambienti termali di una villa, tenuto conto sia del soggetto marino di uno dei due ambienti, sia delle strutture con sottofondo a suspensurae per il riscaldamento, viste in una cantina adiacente ai resti antichi. Nello scavo di questi ambienti furono rinvenute due lucerne che sono state utili, oltre alla tecnica musiva, per la datazione del complesso all’inizio del III sec. d.C. Nel 1960 nella piazza del Comune, nel corso di lavori per l’acquedotto, furono rinvenute strutture murarie in calcestruzzo ortogonali fra loro, costituenti l’angolo di un vano con un pavimento in intonaco a tenuta idraulica, dove si reperì anche un notevole frammento di un gruppo statuario di Eros e Psiche, copia romana del IV sec. d.C. di un originale ellenistico del III–II sec. a.C. Questo importante reperto è conservato e valorizzato nella sala del Consiglio all’interno dell’edificio comunale.

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