Guida Viterbo

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Tuscia Terra degli Etruschi

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econdo la tradizione, le antiche popolazioni etrusche che vivevano nei villaggi dell'alto Lazio, intorno all'attuale Viterbo, venivano chiamate i Tusci. La loro raffinata civiltà è testimoniata da preziosi reperti archeologici ed estese necropoli. Tuscia Viterbese è dunque il nome letterario e turistico di questa provincia a nord di Roma, nel cuore dell'Italia, tra Umbria, Toscana e mar Tirreno. I paesi che ne fanno parte, depositari di innumerevoli avvenimenti e leggende, s'appostano quasi sempre su primitivi insediamenti strategici, segnalati da inconfondibili tracce di rocche e castelli. Testimonianza di questa millenaria storia sono le numerose necropoli protovillaniane e villanoviane (X-VIII sec. a.C.) che già preannunciavano questa prima grande civiltà italica. Poi furono le grandi comunità, città proiettate in una nuova dimensione economica, pulsanti di attività diverse e di nuovi fermenti sociali, con attorno una miriade di altri centri fortemente arroccati sui bastioni tufacei, che moltiplicarono la vita, l’uso sapiente e razionale del territorio. Tuscia, una terra dalle molteplici sfaccettature, culla della civiltà del Lazio, dove si alternano borghi medievali, valli incontaminate e numerose testimonianze d’arte. Itinerari turistici tra i più di-

versificati, ognuno dei quali racchiude un forte legame col territorio. L’affinità di ogni Comune con quest’area lo porta ad essere un continuum con la sua tradizione, pur evidenziandone la tipicità nei propri colori, sapori e manifestazioni. Percorsi, visite e natura che accontentano una vasta gamma di visitatori. Immergersi in atmosfere fuori dal tempo, estasiarsi di orizzonti sconfinati, recuperare tracce del passato e deliziare ogni senso si può: nella Tuscia.

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Viterbo Città dei Papi

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iterbo, capoluogo dell’omonima provincia, è situata a ridosso dei Monti Cimini, tra il Lago di Vico e quello di Bolsena. La sua superficie si estende tra l’area Maremma e l’area Teverina. La Palanzana, monte alto 800 metri, domina la pianura su cui sorge il centro urbano. Città d’arte e di cultura, offre al visitatore numerose opportunità: dalle chiese medioevali ai palazzi rinascimentali, dalle aree archeologiche alle terme, dalla buona cucina alle tradizioni culturali. L’importanza storica del capoluogo della Tuscia, come città dei Papi, ha fatto sì che, proprio per volere di pontefici e ricche famiglie, si realizzassero edifici religiosi e residenze signorili tuttora visibili all’interno del centro cittadino. Una lunga cinta muraria arricchita da porte d’accesso racchiude gli antichi rioni di S. Pellegrino, Pianoscarano e Colle del Duomo, che si affaccia sulla splendida Valle Faul; passeggiando per le strade di questi quartieri, nonostante lo scorrere del tempo, il visitatore può rivivere le emozioni dell’antica atmosfera medioevale. Fuori le mura la necropoli di Castel d’As-

so e la città di Ferento testimoniano la presenza sul territorio delle due civiltà a cui è attribuita l’origine di Viterbo: etrusca e romana. Diverse località circondano il capoluogo: La Quercia, Bagnaia, S. Martino al Cimino, Tobia, Roccalvecce, Grotte Santo Stefano, Montecalvello; borghi di interesse storico, possiedono ville, chiese, palazzi e giardini di straordinario valore artistico. Rivestono particolare interesse i musei cittadini, allestiti per la maggior parte all’interno di antiche residenze storiche o di edifici religiosi, che conservano le memorie dei popoli che vissero la Tuscia. Viterbo occupa un’area prevalentemente termale: diverse le sorgenti dalle importanti proprietà curative; scoperte già ai tempi degli Etruschi, furono valorizzate dai Romani, che edificarono numerose strutture, ancora visibili, nei pressi delle sorgenti principali. Le terme, utilizzate per tutto il Medioevo e frequentate da papi e personaggi illustri, offrono cure terapeutiche ma anche opportunità di svago e relax. Tra gli eventi proposti nel capoluogo, i festeggiamenti in onore di Santa Rosa: la forte devozione dei viterbesi nei confronti della patrona cittadina ha dato vita alla tradizione del trasporto della Macchina di Santa Rosa, che si ripete ogni anno la


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notte del 3 settembre, quando una lunga spirale di luce portata a spalla da cento “facchini” percorre le vie cittadine fino al Santuario delle monache clarisse, dove è conservato il corpo della Santa. Questa guida è articolata secondo un percorso che permette al turista di visita-

re le principali bellezze storiche cittadine, consigliando un itinerario suddiviso per piazze, vie o quartieri. Nella prima parte è proposta una visita del centro urbano, in seguito sono trattati i borghi, le aree archeologiche, le terme e gli eventi culturali.


Saluti

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uscia, terra di benessere. È con questo slogan che si potrebbe racchiudere tutto ciò che offre questo straordinario territorio in cui abbiamo la fortuna di vivere, poiché uno stato di benessere si ottiene quando riusciamo a soddisfare non solo i cinque sensi, ma anche il nostro spirito. E la Tuscia ha questo potere. Dal mare ai laghi, da boschi e colline a piccoli e grandi centri, incastonati come gioielli in questa terra caratterizzata da bellissime testimonianze storiche, artistiche e monumentali. L'enogastronomia, la tradizione, il folklore, la presenza di acque termali, uniche per le loro proprietà terapeutiche, sono il valore aggiunto ad un territorio e alle sue zone speciali, che ha tanto da offrire ai visitatori che, in compagnia della Guida all'Ospitalità, potranno apprezzare ogni minimo particolare di Viterbo, “Città dei Papi”.

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mpegnarsi nella promozione e valorizzazione del territorio a 360 gradi è, per le Istituzioni, un dovere, al fine di incrementare le presenze turistiche e di sviluppare, di conseguenza, opportunità di crescita economica e occupazionale. Per noi, che operiamo nella Tuscia, di cui Viterbo è capoluogo, il dovere si converte in piacere, poiché presentare la nostra città, della quale conosciamo e amiamo le tipicità, non è soltanto una operazione istituzionale, ma un gesto d’amore. Diventa facile allora coinvolgere il visitatore nell’atmosfera suggestiva ricca di tanti aspetti, particolarità e luoghi, che meritano ognuno un approfondimento. Se poi queste aree vengono valorizzate singolarmente, pur restando nel contesto generale dell’unicità del territorio, attraverso una pubblicazione prestigiosa e ricca di informazioni come la nuova Guida dell’Ospitalità, c’è da scommettere che l’incremento del turismo diventerà presto una concreta realtà.

Giulio Marini Sindaco del Comune di Viterbo

Fabrizio Purchiaroni Assessore del Comune di Viterbo

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a Tuscia, terra degli Etruschi e non solo. Terra di tante bellezze, paesaggistiche, storiche, artistiche e folkloristiche. Non uno ma tanti motivi per visitarla, per lasciarsi coinvolgere dai colori, dai profumi e dall’atmosfera magica che la nostra provincia emana. È difficile scegliere cosa promuovere perché il territorio offre davvero tanto, compreso l’imbarazzo della scelta. Per questo, riteniamo che sia utile proporre ogni area del viterbese, ognuna con le sue proprie specificità. In questo contesto si inserisce Viterbo, città d’arte e di antiche tradizioni. Quanti sceglieranno di visitare la provincia ed il capoluogo viterbese, di certo, non resteranno delusi.

Alessandro Mazzoli Presidente della Provincia di Viterbo Commissario straordinario APT

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opo il successo della Guida all’Ospitalità nelle edizioni 2007 e 2008, la promozione della Tuscia si è arricchita di una serie di opere monografiche utili ad integrare ed approfondire informazioni e contenuti delle aree che compongono la nostra provincia tra cui si segnala Viterbo, cittadina medioevale di grande interesse turistico. Promuovere significa diffondere, far conoscere, esportare un prodotto di grande qualità e l’Apt si sta impegnando oltremodo in questo suo ruolo. Siamo certi di fornire ai tanti visitatori un valido strumento di supporto informativo, facile da consultare e piacevole da leggere, un compagno di viaggio silenzioso ma esaustivo da conservare come il ricordo di questa splendida città.

Marco Faregna Direttore APT di Viterbo


Indice

Tuscia terra degli Etruschi

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Viterbo Città dei papi

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Saluti

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Cartina geografica

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Cenni storici

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Porta Fiorentina - Piazza della Rocca

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Piazza Giuseppe Verdi

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Corso Italia - Piazza delle Erbe

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Sacrario - Piazza Martiri d’Ungheria

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Piazza del Plebiscito

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Piazza del Gesù

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Colle San Lorenzo

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Piazza della Morte

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Piazza Santa Maria Nuova

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Via Cardinal La Fontaine

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San Pellegrino

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Pianoscarano - Porta San Pietro

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Per informazioni:

Porta Romana

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Azienda Provinciale del Turismo Palazzo Doria Pamphilj - Piazza dell’Oratorio, 2 01030 S. Martino al Cimino - Viterbo, tel. 0761.291000 fax 0761.379233

Piazza Fontana Grande

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Via Cavour - Via Saffi

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Porta della Verità

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Via Mazzini

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Dintorni

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Siti Archeologici

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Terme

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Eventi

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REGIONE PROVINCIA NUMERO RESIDENTI CAP PREFISSO TELEFONICO

Lazio Viterbo (VT) 65.536 01100 0761

IAT Via Romiti (Stazione ferroviaria di Porta Romana) tel. 0761.291000 Ufficio informazioni via Ascenzi, 4 tel/fax 0761.325992 infotuscia@libero.it

Indice

Porta Faul - Piazza della Trinità - S. Faustino 10

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Cenni storici

Cenni storici

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Città di origine etrusca, ricca di arte e di storia, fu edificata su un’area compresa tra le rovine di Norchia presso Vetralla, Musarna al di sopra di Tuscania, Ferento a nord-est di Viterbo e il Vico Palanziana nei pressi del monte viterbese. Il primo nucleo cittadino sorse sul Colle del Duomo, dove gli Etruschi edificarono l’abitato di Surrena o Sorrina, il quale intorno al 310 a.C. fu conquistato dai Romani, che si stanziarono presso Surrena Nova, sulla collina di fronte (Riello) e costruirono ville patrizie nei

pressi degli stabilimenti termali lungo la Cassia. In seguito il Colle del Duomo fu occupato dai Longobardi (si stabilirono sul territorio tra il 568 e il 774 d.C.), i quali fortificarono l’antico insediamento che prese il nome di Castrum Viterbii: compariva per la prima volta il nome Viterbo. Al tempo di Carlo Magno, la cittadina, con altre località del Lazio (Tuscia), fu ceduta al papa e alla Chiesa. Più tardi la contessa Matilde di Canossa, trovandosi a Roma negli anni 1078-1080, donò a

PALAZZO PAPALE


scontri, che continuarono anche nel Trecento, accanto alle mire dei baroni della contrada volte ad estendere le signorie sulle terre vicine ed il trasferimento dei papi ad Avignone, crearono un disgregamento del potere. A riportare l’ordine sulle terre del Patrimonium , nella seconda metà del secolo, fu il cardinale Egidio Albornoz, inviato da Clemente VI. Le lotte tra casate tuttavia durarono per tutto il XV secolo, fino all’intervento di Giulio II, eletto nel 1503, il quale, promovendo una serie di matrimoni tra famiglie rivali, garantì un periodo di pace. Con Paolo III Farnese (1468-1549) Viterbo visse una fase di rinascita dal punto di vista urbanistico e culturale. Palazzi e residenze signorili, simbolo di potere delle nobili famiglie, chiese ed istituti religiosi edificati tra Medioevo e Rinascimento testimoniano il rilievo storico, politico e religioso che Viterbo assunse nel corso dei secoli. Le sorti della città negli anni successivi furono legate alle vicende dello Stato Pontificio. Tra le ultime città ad unirsi al Regno Sabaudo, divenne capoluogo di provincia nel 1927. Viterbo fu messa a dura prova durante la seconda guerra mondiale, quando, tra il 1943 e il 1944, ripetuti bombardamenti provocarono vittime e gravi danni al patrimonio artistico cittadino, in seguito in parte ricostruito.

Cenni storici

papa Gregorio VII tutti i suoi beni, tra cui la città e le sue terre, che entrarono a far parte del Patrimonio di S. Pietro. Tra l’XI e il XII secolo, durante le lotte tra papato ed Impero, Viterbo si dichiarò libero comune, periodo di maggior splendore per il capoluogo, che durò anche quando divenne città papale. Il primo papa, combattuto dai romani e che nel 1145 trovò rifugio nella cittadina, fu Eugenio III. Viterbo fu a lungo sede pontificia e centro della Cristianità: nel 1207 sotto il pontificato di Innocenzo III divenne capitale del Patrimonio di S. Pietro ; si tenne proprio a Viterbo l’evento storico per il quale si attribuì il termine “conclave” all’elezione del pontefice: alla morte di Clemente IV (1268), i viterbesi stanchi di attendere la scelta di un successore da parte dei cardinali, che si era protratta per 33 mesi, decisero di rinchiudere a chiave gli alti prelati ( cum clave ) nella sala in cui erano riuniti, scoperchiare il tetto e ridurli a pane ed acqua; nel 1271 venne pertanto rapidamente nominato pontefice Gregorio X. Il XIII secolo fu uno dei più turbolenti e allo stesso tempo più significativi per la cittadina, la quale, nella prima metà del secolo, fu sconvolta dalle lotte interne tra casate e le opposte fazioni dei guelfi e dei ghibellini, rappresentate rispettivamente dalle famiglie Gatti e Tignosi; gli

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Porta Faul / Piazza della Trinità 10

Porta Faul Piazza della Trinità San Faustino PORTA FAUL Risale alla metà del Cinquecento, ricavata all’interno della duecentesca Torre Faul, fu eseguita su disegno del Vignola; si affaccia sull’omonima vallata e costituisce una delle principali porte d’accesso alla città. Fu fatta aprire da Alessandro Farnese nel 1568 (dopo aver chiuso la vicina Porta Vallia), come ricorda una lapide sull’esterno della costruzione. In alto si possono ammirare gli stemmi del Comune, del vice legato Ansoino Polo e il giglio farnesiano. Secondo la leggenda, l’appellativo FAUL nacque dalle iniziali dei quattro castelli da cui ebbe origine Viterbo: Fanum, Arbanum, Vetulonia e Longola. Tale monogramma compare anche nello stemma cittadino, costituito da un leone che tiene sotto la zampa un globo su cui si leggono proprio queste lettere. Lungo la cinta muraria, poco distante da Porta Faul, si ergono la Torre di Sassovivo e la Torre – Porta Bove.

TORRE DEL BRANCA Si innalza alla destra di Porta Faul, meglio conosciuta come Torre della Bella Galiana, fu eretta alla fine del Duecento su commissione del podestà Corrado del Branca, come attesta un’epigrafe sulla torre stessa. Il cronista viterbese Niccolò della Tuccia (XV secolo) riporta la storia leggendaria di Galiana: donna di straordinaria bellezza, fu la

causa dell’assedio cittadino da parte delle truppe di Giovanni Di Vico, il quale, per un rifiuto da parte della giovane, attaccò Viterbo. Per liberare la città dall’assedio, Di Vico chiese di vedere Galiana per un’ultima volta. I viterbesi la fecero affacciare proprio in questo tratto di mura (episodio dal quale la torre prese il nome). Ed in questa occasione, la donna rimase vittima di un dardo scagliato dai seguaci del Di Vico.

PORTA DI VALLE Piccola porta collocata a fianco della Torre del Branca. Già Porta Eulalia, utilizzata dal XII secolo, fu poi denominata Porta di Valle. Percorrendo via S. Giovanni Decollato si raggiunge piazza della Trinità.

CHIESA DELLA SANTISSIMA TRINITÀ Il complesso della Santissima Trinità, costituito da una chiesa e da un convento, fu edificato per volere dei Padri Eremitani Agostiniani nel 1237. La chiesa, consacrata da Papa Alessandro IV nel 1257, è caratterizzata da una facciata barocca (1787) arricchita da statue di santi e da una grande cupola. Dalla parte destra dell’edificio si accede al chiostro realizzato nel XVI secolo dal viterbese Pier Domenico Ricciarelli. La chiesa, a croce latina, è divisa in tre navate. Affreschi e tele, di un periodo compreso tra


CHIESA DEI SANTI FAUSTINO E GIOVITA Risale al XIII secolo, ma la struttura attuale è frutto di un rifacimento settecentesco e di restauri eseguiti nel Novecento. Divisa in tre navate che terminano in un coro absidato sormontato da una cupola, custodisce per lo più dipinti barocchi di scuola viterbese. Tra le opere di maggior pregio si segnala la Madonna di Costantinopoli, donata dai Cavalieri Gerosolimitani a ricordo del loro soggiorno a Viterbo dal 1523 al 1526.

Andrea e Gemino di Mastro Francesco, come si apprende dall’incisione sulla fontana, fu più volte restaurata nel corso dei secoli. Presenta una vasca circolare, al centro della quale si sviluppa una struttura a fuso decorata da teste di leone dai cui sgorga l’acqua attraverso dei bocchettoni. Al centro del fuso si notano stemmi a bassorilievo. In cima foglie d’acanto racchiudono una pigna.

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FONTANA DI SAN FAUSTINO Realizzata nella prima metà del Duecento, dagli scultori Iacopo di

San Faustino

Trecento ed Ottocento, decorano l’interno dell’edificio. Una cappella custodisce l’immagine miracolosa della Madonna Liberatrice, alla quale, dal XVI secolo, viene dedicata una processione lungo le vie cittadine.

FONTANA DI SAN FAUSTINO


Porta Fiorentina

Porta Fiorentina Piazza della Rocca

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MUSEO NAZIONALE ETRUSCO Il museo è allestito all’interno della monumentale Rocca Albornoz, costruzione voluta dal cardinale spagnolo Gil Alvarez Carrillo de Albornoz alla metà del ‘300. L’edificio ha subito numerose modifiche nel corso dei secoli. La Rocca, edificata a scopo difensivo, ospitò diversi pontefici, come Giulio II della Rovere, che nel 1506 affidò i lavori di ristrutturazione del palazzo all’architetto Donato Bramante, il quale progettò il cortile con loggiato e fontana al centro. I lavori continuarono su commissione di Paolo III Farnese, in seguito ai quali l’edificio assunse le sembianze di una fortezza.Il museo si sviluppa su tre piani; finalità dell’allestimento è ripercorrere le fasi storiche più significative dell’Etruria Meridionale, in particolare del popolo etrusco. Al piano terra sono esposti i reperti rinvenuti nella campagna di scavo condotta dall’Istituto Svedese nei siti di S. Giovenale (Blera) e di Acquarossa (Vt), che permettono di ricostruire la storia e l’evoluzione degli abitati etruschi dei secoli VII e VI a.C. Il primo piano accoglie due sezioni dedicate agli insediamenti etrusco-romani di Ferento e Musarna; proprio da Ferento provengono le sculture delle Muse, esposte nella prima sala, che erano collocate nelle nicchie del teatro cittadino. All’ultimo piano sono conservati

corredi funerari provenienti dalle necropoli di Blera, Norchia, Barbarano Romano e Castel d’Asso. Dal loggiato che si affaccia sulla piazza cittadina, realizzato per volere di Paolo III, si accede alla sala dedicata alla tomba della biga rinvenuta ad Ischia di Castro (Vt). Indirizzo: P.zza della Rocca 21b; tel.: 0761325929. Orario di apertura: dal martedì alla domenica ore 8,30-19,30. Chiuso il lunedì, il 25 dicembre e il 1 gennaio.

PORTA FIORENTINA Porta nord d’accesso alla città, chiamata Fiorentina poiché posta in direzione di Firenze, venne sostituita all’antica Porta Santa Lucia, appellativo che risale al 1254, la quale, nel corso dei secoli, fu varcata da illustri personaggi storici quali: Federico II, Ludovico il Bavaro, Carlo VIII; fu anche sede di scontri ed

PIAZZA DELLA ROCCA


CHIESA DI S. FRANCESCO Il complesso di S. Francesco, che comprende la chiesa ed il convento ad essa adiacente, risale al XIII secolo. Si erge su un terreno che il pontefice Gregorio IX volle cedere ai Francescani. A seguito dei danni subiti dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, l’edificio venne restaurato ed in parte ricostruito riportando la chiesa all’originale struttura romanico-gotica, eliminando alcuni rifacimenti barocchi. Sul lato della facciata si scorge un pulpito eretto nel 1428, sul quale predicò S. Bernardino da Siena. La chiesa, a croce latina, termina con un’abside quadrata; il soffitto a capriate ha sostituito dopo i restauri le volte seicentesche. Gli affreschi del Trecento che decoravano le pareti sono andati perduti. Tra le opere architettoniche da menzionare: i resti dei monumenti funebri di Pietro di Vico e di Clemente IV (morto nel 1268), realizzati da Pietro di Oderisio, rispettivamente nel 1269 e nel 1270, quelli del monumento funebre del cardinale Marco da Viterbo e il mausoleo di Adriano V (morto nel 1276) attribuito ad Arnolfo di Cambio.

se, su progetto del Vignola. In un primo momento la struttura risultò poco stabile, pertanto subì nuovi interventi. Dopo i bombardamenti la fontana venne restaurata. La struttura ottagonale dell’opera è arricchita da una gradinata che conduce ad una vasca, anch’essa ottagonale, sormontata da due vasche concentriche; sulla sommità della fonte è collocato il giglio farnesiano.

PALAZZO GRANDORI Risale alla metà del XIX secolo, fu sede di un albergo voluto dall’ingegnere Luigi Grandori; all’interno del palazzo il “Cinematografo Eden” offriva spettacoli musicali e di intrattenimento.

PRATO GIARDINO Prato Giardino è il parco pubblico cittadino; situato fuori Porta Fiorentina, è ricco di alberi ed impreziosito da due laghetti ed alcuni monumenti artistici. Il parco ha origini antichissime; nel XIV secolo dopo la costruzione della Rocca Albornoz, divenne il giardino dei castellani papali. Prima di diventare di pubblica proprietà, appartenne a diverse famiglie quali: Monaldeschi, Gatti, Chigi. Recentemente è stato dedicato a Lucio Battisti in occasione del decennale della sua scomparsa: viali ed ingressi portano il titolo di canzoni dell’artista.

FONTANA DELLA ROCCA S. Pietro alla Rocca, fontana medioevale, fu restaurata nel XV secolo con l’aggiunta di una vasca; tuttavia nel Cinquecento venne totalmente sostituita con una nuova, sotto la committenza del cardinale Alessandro Farne-

CHIESA DI SAN FRANCESCO

Piazza della Rocca

assedi come quello dei Lanzichenecchi nel maggio del 1527, i quali, dopo averla abbattuta, saccheggiarono la città. La struttura attuale, realizzata sotto il pontificato di Clemente XIII, il cui stemma domina sull’estremità della porta, risale al 1768.

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Piazza Giuseppe Verdi Piazza Verdi

TEATRO UNIONE

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Inaugurato nell’agosto del 1855, la struttura ottocentesca subì alcune modifiche nel corso dei restauri eseguiti nel 1949 dopo i bombardamenti; un altro importante restauro, che ha riportato la facciata all’antico splendore, è stato eseguito recentemente. La parte esterna, ornata da una serie di colonne sormontate da capitelli dorici, in basso, e ionici in alto, termina con una terrazza. L’interno è composto da quattro ordini di venticinque palchi e sormontato da ‘piccionaia’. Il progetto si deve all’architetto Vespignani in collaborazione con l’architetto Oddi. I dipinti del soffitto della sala appartengono al Samoggia e al Dalpane, le dorature e gli stucchi al Sasselli e al Damico.

sulla sinistra, che riporta l’affresco raffigurante il Padre Eterno tra i Santi Pietro e Paolo ; nel corso dei restauri è emerso, accanto alla porta d’ingresso, un secondo affresco attribuito alla scuola del Pastura (XVI secolo), con la Vergine, il Bambino e un angelo .

PALAZZO SANTORO Sorge di fronte alla chiesetta di S. Marco, sul lato destro del Teatro Unione; di stile rinascimentale, più volte ristrutturato, è caratterizzato da una loggia a triplice arcata e sormontato dallo stemma della famiglia Santoro, a cui appartenne il palazzo. Attualmente è sede della Biblioteca degli Ardenti.

CHIESA DI S. MARCO Chiesa cistercense, fino al XVIII secolo fu sotto il controllo del monastero di S. Salvatore sul Monte Amiata. Da quanto si legge sull’epigrafe della facciata, fu consacrata da papa Innocenzo III nel 1198. Edificio di modeste dimensioni, a pianta rettangolare, conserva un’abside spostata

TEATRO UNIONE


CHIESA DEL SUFFRAGIO La chiesa di Santa Maria del Suffragio si trova lungo via del Corso, tra piazza Verdi e piazza del Plebiscito. Prende il nome dalla Confraternita a cui appartenne per un lungo periodo a partire dal XVII secolo. La struttura barocca per volere del cardinale e vescovo di Viterbo Brancaccio, il cui stemma lo ricorda sulla facciata, sostituì quella medievale della chiesa dedicata a S. Quirico. L’interno ha un’unica navata ed il soffitto è interamente coperto da una tela raffigurante Dio in Gloria tra la Madonna e Gesù con le anime del Purgatorio. La chiesa conserva dipinti di Luigi Vanvitelli, Francesco Maria e Anton Angelo Bonifazi.

PALAZZO MAZZATOSTA Si trova in via dell’Orologio Vecchio, via a cui si accede da piazza delle Erbe. Risale al XIII secolo, fu acquisito dalla famiglia Mazzatosta nel Quattrocento. La scala di accesso ed il parapetto del balcone furono ricostruiti agli inizi del Novecento e i restauri degli anni Trenta hanno riportato alla luce l’arco a sesto ribassato che caratterizza l’edificio.

FONTANA DI PIAZZA DELLE ERBE La medievale fontana a fuso che abbelliva la piazza fu sostituita da quella di stile barocco

FONTANA DI PIAZZA DELLE ERBE

(1621) disegnata dal pittore viterbese Caparozzi. Nel 1625 venne rifatta la vasca dallo scalpellino Antonio Pieruzzi. Nel 1877 fu aggiunta una ringhiera in ferro ed i leoni marmorei che sovrastano la fontana, scolpiti dall’artista Pio Fedi. Dagli scalini ottagonali si accede alla fontana ornata da stemmi come quello del Comune; ne compaiono altri sotto le mensole poste a sostegno delle sculture leonine. Interessante il globo sotto la zampa dei leoni con su scolpita la scritta FAVL: iniziali dei quattro castelli da cui la città ebbe origine.

PALAZZO GATTI È situato agli inizi di via del Corso. Risale al XIV secolo, conserva sulla facciata gli stemmi della omonima famiglia. Nel XVI secolo si estendeva oltre la superficie attuale. È sede del Monte dei Paschi di Siena. Percorrendo via del Macel Gattesco, via che prende il nome da un cruento scontro avvenuto tra le famiglie Gatti e Tignosi, si giunge a piazza del Sacrario.

Corso Italia / Piazza delle Erbe

Corso Italia Piazza delle Erbe

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Sacrario / Piazza Martiri d’Ungheria 16

Sacrario Piazza Martiri d’Ungheria CHIESA DI S. GIOVANNI BATTISTA detta DEGLI ALMADIANI Fu edificata per volere del protonotaro di Leone X Giovanni Battista Almadiani nel 1510. La struttura dell’edificio ha subito nel corso del XIX secolo notevoli cambiamenti rispetto all’assetto rinascimentale: nulla si conserva dell’antico monastero che affiancava la chiesa ed il campanile originale è stato abbattuto e sostituito da una torre a bande policrome. L’interno, diviso in tre navate, attualmente è utilizzato per ospitare mostre ed eventi culturali.

TEMPIETTO DI SANTA MARIA DELLA PESTE

delle Poste è situata Santa Maria della Salute, edificata intorno al 1320 per volere di mastro Fardo d’Ugolino, esponente dell’Arte dei Notai, che alla morte fu sepolto proprio all’interno dell’edificio. Nel XIV secolo ospitò l’Arte degli Speziali ed in seguito quella degli Avvocati, Procuratori, Notari e Letterati, a cui venne affidata la chiesa. Il portale in marmo, di scuola senese, fu eseguito nel 1337 su disegno dell’architetto Lorenzo Maitani. Diverse le tematiche scolpite: dalle 14 opere di Misericordia, alla Discesa di Cristo al Limbo, alla Sepoltura dei Morti. All’interno erano custoditi dipinti, per lo più di stile barocco, di artisti viterbesi. Rimangono frammenti di affreschi, un altare centrale in peperino e pietre tombali.

Il tempietto, dal 1936 Sacrario dedicato ai Caduti, fu edificato nel 1492, segno di devozione e gratitudine dei viterbesi alla Vergine, a cui era stato attribuito il miracolo di aver liberato la città da un’epidemia pestilenziale. Di struttura ottagonale, all’interno mattonelle in terracotta smaltata coprono il pavimento. Presente un altare con ciborio ed affreschi rinascimentali.

CHIESA DI SANTA MARIA DELLA SALUTE Percorrendo via Filippo Ascenzi, sul lato destro della strada, di fronte al palazzo

SACRARIO


Conosciuta dai viterbesi come piazza del Comune, è il fulcro politico-istituzionale della città; conserva infatti importanti palazzi come quello comunale e della Prefettura.

PALAZZO DEI PRIORI Iniziato nel 1460 per ospitare la nuova sede del Governatore della Provincia del Patrimonio, nel 1510 ne presero possesso i Priori. Dopo diversi rifacimenti, assunse l’aspetto attuale verso la metà del XVI secolo. Il porticato che si affaccia sulla piazza, di stile duecentesco, è costituito da nove arcate sostenute da colonne; la facciata rinascimentale è suddivisa in due ordini di finestre: a croce guelfa quelle in basso e con mensole ad arco quelle in alto. Al centro compare lo stemma di Sisto IV della Rovere, che sovvenzionò parte dei lavori dell’edificio (1481). Si accede al palazzo tramite un giardino da cui è possibile ammirare Valle Faul; la fontana che orna il cortile fu realizzata nel 1626 su disegno del Caparozzi. Salendo lo scalone per accedere alle sale, si nota un sarcofago etrusco risalente al III secolo a.C. Sulla sommità della scala, sulla destra si trova la Cappella del Magistrato, iniziata alla fine del Cinquecento da Domenico del Fattore e Filippo Artesanta e terminata

nel 1631. Il soffitto ligneo, elegantemente intagliato e dorato è costituito da cassettoni. Gli affreschi con le Storie della Vergine appartengono a Filippo Caparozzi e a Marzio Ganassino. Da segnalare anche gli stucchi e l’altare realizzati dallo Spinzio. Continuando la visita del palazzo si attraversa la Sala della Madonna, in cui tutti gli affreschi sono riferiti alla Vergine, in particolare ai Miracoli della Madonna della Quercia. Vi è custodita la Carrozza dei Priori. Più avanti la Sala Regia conserva dipinti cinquecenteschi di Baldassarre Croce. Il soffitto affrescato da Tarquinio Ligustri mostra i territori assoggettati a Viterbo. Sulle pareti sono rappresentate le origini mitiche della città, i paesi della Tuscia ed illustri personaggi viterbesi. Nella Sala del Consiglio si possono ammirare dipinti a soggetto mitologico eseguiti nella metà del Cinquecento da Teodoro Siciliano. Il soffitto a cassettoni

PIAZZA DEL PLEBISCITO

Piazza del Plebiscito

Piazza del Plebiscito

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Piazza del Plebiscito 18

risale al XV secolo e i banchi in legno alla prima metà del Seicento; da notare gli stemmi di Paolo V Borghese, Alessandro VII Chigi e del cardinale Alessandro Farnese. La sala successiva, denominata Sala delle Bandiere, utilizzata per celebrare matrimoni civili, è decorata con dipinti che rappresentano paesaggi della Tuscia, eseguiti da Giuseppe Torriani (XVIII secolo). La Sala Rossa, che prende il nome dal colore della tappezzeria che ricopre le pareti, contiene mobili di pregio, la mazza metallica, simbolo del potere dei Priori, e il bossolo utilizzato per le votazioni. La Pinacoteca è stata allestita nel corridoio che collega Palazzo dei Priori con il Palazzo del Podestà.

secolo. Consacrata da Eugenio III nel 1145, subì diversi rifacimenti; in seguito a quello realizzato nel XVIII secolo, la chiesa mutò radicalmente struttura. L’ultimo restauro è stato eseguito recentemente. Sulla facciata, tre stemmi, appartenenti a Pio IV, Piccolomini Baldini e al Comune, sormontano le finestre. A fianco del portale è situata una riproduzione di un sarcofago romano, utilizzato come monumento funebre della Bella Galiana, figura leggendaria viterbese (cfr. pagina 10). L’interno ad un’unica navata è costituito da un transetto ed un presbiterio a pianta quadrata con abside; sui lati si aprono delle cappelle. La chiesa custodisce dipinti di artisti viterbesi.

PALAZZO DEL PODESTÀ

PALAZZO APOSTOLICO

Attualmente sede degli uffici comunali, vi si accede da via Ascenzi. Fu edificato nel 1264 come Palazzo del Capitano del Popolo; subì diversi rifacimenti e nel Settecento venne realizzato il balcone che si affaccia sulla piazza. A fianco dell’edificio si trova la Torre dell’Orologio, ricostruita alla fine del XV secolo sulle rovine di una torre più antica. È ornata da un quadrante in ceramica e da stemmi in peperino. La campana in alto risale al 1452. All’angolo dell’edificio, sotto alla torre, si trova la colonna con il leone e la palma, simboli di Viterbo; più in alto si notano gli stemmi del cardinale d’Este e del vescovo Ardinghelli.

Attualmente Palazzo della Prefettura, fu edificato nel 1247 come sede del Capitano del Popolo e dei Priori; in seguito ospitò il Podestà. Affidato nel 1546 all’Ordine dei Cavalieri del Giglio (fondato a Viterbo da Paolo III), fu anche residenza dei delegati apostolici e successivamente del Governatore dello Stato Pontificio. Il palazzo subì due importanti restauri: uno tra il XVI e il XVII secolo, il quale eliminò l’originaria struttura duecentesca e un altro nel 1779, per volere di Pio VI, come si legge sulla facciata dell’edificio.

CHIESA DI SANT’ANGELO IN SPATHA Situata tra piazza del Plebiscito e via Roma, dedicata a S. Michele Arcangelo, prese il nome dalla famiglia Spatha, che l’acquisì nell’XI

PALAZZO DEI PRIORI

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SALA REGIA


PALAZZO CHIGI Prima di raggiungere piazza del Gesù, lungo via Chigi, che si apre sulla destra di via S. Lorenzo, si può ammirare Palazzo Chigi.L’edificio, che risale alla seconda metà del Quattrocento, fu fatto costruire da Carlo d’Antonio Caetani, commerciante di allume di origine pisana. Nel primo Cinquecento venne acquisito da Francesco Mariano Chigi, famiglia da cui il palazzo prese il nome. Sulla facciata, dove compare lo stemma dei Chigi – della Rovere, finestre bugnate ornano il primo piano, quelle

a tutto sesto occupano il piano più in alto. L’interno è caratterizzato da un cortile con portico e loggia. Sotto il portico si nota un’edicola con l’immagine della Vergine col Bambino, affrescata dal Pastura. Dalla porta del cortile si accede al Giardino Chigi, in fondo al quale si trova una fontana che conserva lo stemma della famiglia proprietaria del palazzo. In piazza del Gesù sono diverse le bellezze architettoniche da segnalare, giacché nel Medioevo la piazza era sede comunale, prima che venissero edificati i palazzi a piazza del Plebiscito.

PIAZZA DEL GESÙ

Piazza del Gesù

Piazza del Gesù

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Piazza del Gesù 20

TORRE DEL BORGOGNONE

CHIESA DEL GESÙ

Risale al XIII secolo; così denominata perché alla sua base era tracciata la lunghezza del piede di Messere Angelo Borgognoni, la quale moltiplicata per dieci, formava l’unità di misura utilizzata dal Comune. Detta anche Torre Artemi, poiché vi abitò Pietro Artemi, canonico della Cattedrale di S. Lorenzo. Ha subito diversi interventi di restauro, soprattutto sulla parte frontale rivolta verso la piazza.

Di stile romanico, dai documenti già menzionata nell’XI secolo. La chiesa è legata ad uno degli episodi più cruenti che la storia ricordi: l’uccisione di Enrico di Cornovaglia, il 13 marzo 1271, per mano di Guido di Montfort. In quell’anno infatti giunsero a Viterbo Carlo I d’Angiò, re di Sicilia e Filippo III, re di Francia, per accelerare i tempi dell’elezione pontificia, giacché il conclave in atto da anni tardava a concludersi; al seguito del d’Angiò era Enrico di Cornovaglia, cugino di re Edoardo I d’Inghilterra. Arrivarono a Viterbo anche Guido e Simone de Montfort, figli del conte di Leichester, ucciso pochi anni prima da Edoardo I. Durante un rito religioso all’interno della chiesa, Guido e Simone de Montfort, per vendicare l’uccisione del padre, assassinarono il principe Enrico. Nel XV secolo l’edificio fu sede delle Arti degli Ortolani e dei Calzolai ; nel XVI secolo passò poi ai Carmelitani e nel 1643 il cardinale Brancaccio l’affidò alla Confraternita del SS. Nome di Gesù e di Sant’Anna. La facciata è sormontata da un campanile a vela e due leoni. All’interno si trova un affresco del 1450 con il Noli me tangere tra Sant’Andrea e S. Silvestro e l’Eterno tra angeli musicanti . La chiesa è stata più volte restaurata.

FONTANA DI PIAZZA DEL GESÙ Probabilmente già esisteva una fonte nel XIV secolo; da quanto si apprende dai documenti, nel 1450 fu stipulato un contratto tra Mastro Cecco da Mugnano ed il Comune per il restauro ed il rifacimento della fontana. Nel XVIII secolo divenne di proprietà della famiglia Chigi, che provvide a farla riparare. Agli inizi del Novecento la Soprintendenza decise di sostituire la fontana con una nuova realizzata con le parti della fonte del convento di S. Domenico; si scelsero i progetti di Giovanni Pizzichetti e della Cooperativa dell’Arte Edilizia. La struttura che si può ammirare attualmente è il risultato di tali progetti ed è costituita da vasche sovrapposte: la prima, più grande, è sostenuta da un pilastro sormontato da un capitello corinzio, la seconda, di minori dimensioni, è caratterizzata da un sostegno decorato con sculture di animali.


Sorge sul Colle del Duomo il primo nucleo cittadino, abitato fin dal tempo degli Etruschi, come testimoniano alcune pietre sul lato destro dell’accesso alla piazza.

PALAZZO FARNESE Lasciata piazza del Gesù, percorrendo via dei Pellegrini ed attraversando il ponte, innalzato su basamenti etruschi, si raggiunge Palazzo Farnese. La costruzione, realizzata sulle fondamenta di un edificio duecentesco, voluta da Ranuccio Farnese, capitano della Chiesa, risale al XV secolo; è caratterizzata da un cortile e sulla facciata compare un doppio ordine di bifore ornate da gigli farnesiani. Un liocorno decora la porta di accesso.

CASA DI VALENTINO DELLA PAGNOTTA Occupa il lato sinistro della piazza. Residenza di Valentino della Pagnotta, priore della città nel 1458, ha uno stile duecentesco anche se risale al XV secolo. Anni dopo il Palazzo passò alla famiglia Erculei. La facciata è costituita da due archi a tutto sesto sorretti da una colonna e da finestre a bifora, più in alto. I bombardamenti della seconda guerra mondiale causarono il crollo di una parte dell’edificio.

MUSEO COLLE DEL DUOMO Il museo è situato accanto alla cattedrale ed ospitato presso le strutture medioevali che un tempo furono sede capitolare. Al suo interno il giardino archeologico accoglie manufatti di diverso tipo, rinvenuti durante i lavori di allestimento del museo. La galleria espone opere di importanti artisti viterbesi come Bartolomeo Cavarozzi, Domenico Corvi e Pietro Vanni. Tra i dipinti da segnalare una Madonna con Bambino detta Madonna della Carbonara (XIII sec.); vi sono poi paramenti sacri, reliquiari e calici appartenuti a papi e cardinali. Indirizzo: P.zza S. Lorenzo 8A; Tel.: 3477010187 - 3381336529 - 3207911328. Orario di apertura: estivo: 10,00-13,00 e 15,00-20,00; invernale: 10,00-13,00 e 15,00-18,00.

CATTEDRALE DI S. LORENZO Costruita sulle rovine di un tempio pagano dedicato ad Ercole. Già pieve nel 775, nel 1192 cominciarono i lavori che trasformarono la chiesa in edificio romanico. Il campanile, costruito nel 1369, presenta le caratteristiche del gotico toscano. La facciata fu realizzata per volere del Cardinale Giovan Francesco De Gambara nel 1570. La cattedrale fu più volte ristrutturata, in particolare i rifacimenti seicenteschi eliminarono l’originaria struttura medioevale. Anche il duomo, come molti edifici storici viterbesi, fu colpito dai

Colle San Lorenzo

Colle San Lorenzo

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Colle San Lorenzo 22

PALAZZO PAPALE

bombardamenti del 1944, pertanto parte della chiesa è stata ricostruita. L’interno è suddiviso in tre navate. La parte centrale è ricoperta da un pavimento cosmatesco. Nella navata destra si possono ammirare: il fonte battesimale del XV secolo, le Cappelle di Santa Caterina verso l’entrata e quella dei Santi Valentino ed Ilario a metà della navata, e diversi dipinti del XVII secolo, tra cui quello di Giovan Francesco Romanelli con la Sacra Famiglia e S. Bernardino. Nel Cappellone, che si apre dietro il presbiterio, si trova la volta affrescata da Giuseppe Passeri (XVII secolo) con il Giudizio Universale e le Virtù Cardinali e una tela del Romanelli con S. Lorenzo in gloria. La navata sinistra conserva il monumento funebre di Giovanni XXI e le lastre tombali di Alessandro IV (1261) e Clemente IV (1268). Da menzionare anche la riproduzione della Madonna della Carbonara, conservata in originale al Museo Colle del Duomo. Seguono: la Cappella di S. Lucia con affreschi barocchi ed altre tele eseguite tra XVII e XVIII secolo. Alla fine della navata è collocata la tavola del Redentore Benedicente tra S. Giovanni Evangelista, S. Leonardo,

S. Benedetto e S. Giovanni Battista (1472).

PALAZZO PAPALE Costruito nel 1266 su commissione del capitano del popolo Raniero Gatti, come dimora - fortezza per i pontefici, divenne il centro della vita religiosa e diede fama e prestigio alla città. Più volte rimaneggiato tra Quattrocento e Cinquecento, furono i restauri eseguiti nel 1897 a ridonare al palazzo l’antico aspetto medioevale. Notevoli differenze si riscontrano tra il lato rivolto verso la piazza e quello interno che si affaccia su Valle Faul: più signorile il primo, caratterizzato dall’aspetto di fortezza il secondo. Tramite una scalinata, si accede sulla sinistra alla Sala del Conclave e al palazzo vescovile, sulla destra alla loggia, la quale in origine era circondata su tutti i lati da archetti intrecciati a traforo e probabilmente coperta. Nella Sala del Conclave sono stati eletti ben cinque papi: Urbano IV (1261), Gregorio X (1271), Giovanni XXI (1276), Niccolò III (1277) e Martino IV (1281).


PALAZZO DI S. TOMMASO Lasciata piazza S. Lorenzo, dirigendosi verso piazza della Morte, si giunge al Palazzo di S. Tommaso, il quale, realizzato su commissione della famiglia Tignosi (XIII secolo), è abbellito da una loggia.

FONTANA DELLA MORTE O DI S. TOMMASO Prende il nome dalla piazza che la ospita, costruita nel XIII secolo, è una delle più antiche della città. Possiede la struttura a fuso tipica delle fontane viterbesi. Specchiature rettangolari circondano la vasca. Il fuso, sostenuto da una colonna, nella parte in basso è decorato da protomi leonine da cui sgorga l’acqua, in alto da sculture a foglia stilizzata; è sormontato da un ornamento a forma di pigna.

CHIESA DI SANTA GIACINTA E MONASTERO DI S. BERNARDINO Il monastero e la chiesa, dedicati a S. Bernardino, furono edificati nella seconda metà del Quattrocento. Nel Cinquecento il complesso monastico si ingrandì con l’acquisizione di diversi edifici fino a piazza S. Carluccio. Lavori di ristrutturazione vennero eseguiti nel secolo successivo; poco rimane dell’antica struttura, bombardata durante la guerra. La chiesa in seguito fu dedicata a Santa Giacinta (secolo XVII), nobildonna ospitata nel convento, le cui spoglie sono conservate in una cappella proprio all’interno della chiesa.

FONTANA DELLA MORTE

Piazza della Morte

Piazza della Morte

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Piazza Santa Maria Nuova 24

Piazza Santa Maria Nuova Lasciata piazza della Morte, attraversando un breve tratto di via Cardinal La Fontaine, si giunge a piazza Santa Maria Nuova.

CHIESA DI SANTA MARIA NUOVA La chiesa, fondata nel 1080, sostituì una costruzione precedente; Santa Maria Nuova pertanto è uno degli edifici religiosi più antichi della città. Importante il ruolo istituzionale che la chiesa ricoprì nel Medioevo: custodiva le casse con le finanze comunali, i documenti riguardanti le esenzioni pontificie ed imperiali di dazi e gabelle, accoglieva adunanze popolari, elezioni di priori ecc. Nel Cinquecento le casse vennero trasferite nella nuova sede del Comune e la chiesa passò ai Carmelitani. La facciata è ornata nella parte in alto da un’immagine di Giove; il portale laterale è caratterizzato da una lavorazione a punta di diamante. All’angolo si trova un pulpito reso celebre dalla predicazione di S. Tommaso d’Aquino nel 1266. L’interno è diviso in tre navate. Santa Maria Nuova conserva importanti testimonianze pittoriche come l’icona del Santissimo Salvatore del XIII secolo: tavola con un Cristo Benedicente al centro, ispirato all’immagine “acheropita” del Sancta Sanctorum; ai lati la Vergine e S. Giovanni e i Santi Pietro e Paolo negli sportelli. Interessanti gli affreschi sulle pareti laterali: nella navata di destra, all’interno del-

la prima nicchia è raffigurato Cristo in croce compianto dagli angeli tra Maria, Giovanni, Sant’Ambrogio e un altro santo, affresco attribuito al Balletta (XV secolo). La seconda nicchia conserva il Cristo crocifisso, tra Maria, Giovanni, S. Nicolò e Santa Barbara del 1293; le nicchie della navata sinistra: Madonna in trono con il Bambino, Giovanni Battista e il Cristo Eucaristico, attribuito al Balletta, Cristo crocifisso tra Maria, la Maddalena, S. Giovanni Battista, S. Giovanni Evangelista e S. Giacomo Maggiore, di Matteo Giovanetti, artista viterbese della scuola di Simone Martini, infine S. Giovanni Battista, S. Girolamo, S. Lorenzo e il committente, del Pastura. Dietro la chiesa è possibile visitare il chiostro di cui sono rimasti soltanto due dei quattro lati, quello più lungo caratterizzato da colonne con capitelli a forma di stampella.


CHIESA DEL GONFALONE

PALAZZO GATTI

Dedicata a S. Giovanni Battista, di stile barocco, fu fatta costruire dalla Confraternita del Gonfalone, alla metà del XVII secolo. La facciata, realizzata su disegno di Francesco Ferruzzi, a forma concava, è divisa in due ordini. Sul portale, a cui si accede tramite una scalinata, si trova lo stemma di Adriano Sermattei, vescovo di Viterbo (XVIII secolo), e, più in alto, quello di Benedetto XIII. L’altare maggiore divide la chiesa in due ambienti differenti: quello per i fedeli e quello dell’Oratorio dei confratelli. Nella lunetta dell’altare S. Giovanni Battista davanti ad Erode, dell’artista Falaschi; nella lunetta sopra l’organo la Decapitazione d e l B a t t i s t a , di Domenico Cor vi. L’Empireo, di Vincenzo Strigelli, domina il soffitto a volta. Altari in stucco adornano le pareti della chiesa.

PALAZZO GATTI Costruito nel 1266 per volere del capitano del popolo Raniero Gatti. In origine il palazzo comprendeva almeno sei torri, di cui ne è pervenuta solo una, la quale, divisa su tre livelli, termina con un terrazzo. Finestre a bifora e stemmi delle famiglie Gatti ed Anguillara decorano l’esterno dell’edificio. Sul lato destro un profferlo conduce al primo piano del palazzo.

Via Cardinal La Fontaine

Via Cardinal La Fontaine

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San Pellegrino

San Pellegrino

Percorrendo via Cardinal La Fontaine, attraverso via S. Pellegrino si accede all’omonimo quartiere, in cui profferli (elemento tipico dell’architettura viterbese, costituito da una scala che costeggia la facciata dell’edificio), torri e palazzi riportano alla Viterbo del Duecento.

CHIESA DI S. PELLEGRINO 26

Documenti storici attestano la presenza della chiesa a partire dall’XI secolo. Ristrutturata nel XV secolo, affidata all’Arte degli Albergatori, passò in seguito alla Confraternita del Santissimo Sacramento. La facciata fu eseguita nel 1899 su commissione del vescovo Antonio Maria Grasselli: l’interno di un arco a sesto acuto è decorato da un rosone e da un portale con lunetta. La chiesa è stata ricostruita a seguito dei bombardamenti, che colpirono il tetto ed il presbiterio. Da segnalare un affresco del XV secolo con l’Annunciazione, rinvenuto durante i restauri del dopoguerra.

dalizio dei Facchini, espone alcuni modellini in scala delle macchine che si sono succedute dal 1924 ed una mostra fotografica. Indirizzo: Via S. Pellegrino 60; tel.: 0761345157. Orario di apertura: estivo: dal martedì alla domenica ore 10,00-13,00 e 15,00-20,00; invernale: 10,00-13,00 e 15,00-18,00.

PALAZZO DEGLI ALESSANDRI Di proprietà della famiglia Alessandri, risale al XIII secolo. Ristrutturato nel corso del Novecento, è caratterizzato da un profferlo chiuso ad arco, forma ripresa dalle finestre in alto ed ornato da una

MUSEO DEL SODALIZIO DEI FACCHINI DI SANTA ROSA Custodisce materiale relativo al trasporto della Macchina di Santa Rosa, l’evento più significativo della tradizione viterbese. Il museo, allestito nella sede del So-

UNO SCORCIO DI SAN PELLEGRINO IN FIORE


San Pellegrino PIAZZA SAN PELLEGRINO

decorazione a stella. Un edificio successivo venne collegato a quello principale attraverso un arco rampante, la cui facciata è costituita da un portico formato da archi a tutto sesto, sorretti da colonne. Sul retro si scorgono la Torre Alessandri e la Torre Scacciaricci.

VIA S. PELLEGRINO Proseguendo il percorso lungo via S. Pellegrino, si attraversa piazza Scacciaricci, dove si possono ammirare l’omonima torre, appartenuta alla famiglia Scacciaricci, e due profferli. Di seguito, lungo la strada si scorgono: l’arco di un’abitazione, Palazzo Faerni (XVI secolo) e più avanti il palazzo di Niccolò Perotti, governatore della città (1480).

PIAZZA S. CARLUCCIO Sulla destra è collocata una fontana del XIII secolo, addossata ad un palazzo che appartiene alle suore Venerini, ornata da un leone da cui sgorga l’acqua e da stemmi delle famiglie Gatti ed Anguillara. Più avanti la chiesa che fu detta di S. Carluccio, da cui prese il nome la piazza, ed un chiostro, retro, un tempo, del complesso monastico di Santa Giacinta.

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Pianoscarano

Pianoscarano Porta San Pietro

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Via delle Piaggiarelle congiunge S. Pellegrino al quartiere di Pianoscarano, un tempo Vico Squarano. Si presenta come un piccolo borgo racchiuso entro le mura cittadine, dove edifici ed abitazioni mantengono l’antico aspetto medioevale.

colonne con capitelli a corona. Del monastero medioevale rimane soltanto il chiostro adiacente.

FONTANA DI PIANO

Denominata del Carmine nel 1268, quando furono edificati la chiesa ed il convento (adiacenti alla porta stessa) dedicati alla

Oltrepassato il Ponte di Paradosso, proseguendo sulla salita di Pianoscarano, si raggiunge piazza Fontan di Piano, conosciuta proprio per l’antica fonte che vi si erge al centro. La fontana fu costruita nel 1376, in sostituzione della precedente, distrutta a seguito di uno scontro cittadino. Restaurata nel XIX secolo, subì altri interventi dopo la guerra. Da tre scalini si accede alla vasca decorata da riquadri intervallati da colonnine; al centro si innalza il fuso a forma esagonale sorretto da una colonna, in cui sono incassati dei leoni. I bassorilievi più in alto rappresentano dei santi, probabilmente S. Nicola e Sant’Andrea.

PORTA DI PIANOSCARANO O DEL CARMINE

CHIESA DI S. CARLO Attualmente il complesso di S. Carlo ospita la facoltà di Scienze Politiche dell’Università della Tuscia. La chiesa, di origine medioevale, fu sede nel Seicento dell’Ospizio dei Convalescenti. La chiesa è caratterizzata da una semplice facciata sormontata da un campanile a vela; l’interno, a tre navate, è diviso da

FONTANA DEL PIANO


CHIESA DI SANT’ANDREA Costruita alla fine del XII secolo, fu sede dell’Arte degli Ortolani nel Trecento e degli Speziali nel secolo successivo. Nei primi anni del Novecento, per volere del vescovo Grasselli venne recuperata la cripta. Ben poco rimane dell’originale struttura medioevale; la chiesa infatti è stata quasi del tutto ricostruita dopo i bombardamenti. La facciata, che presenta tracce di stile romanico, abbellita da un portico, è sormontata da un campanile a vela. L’interno è ad un’unica navata; una scalinata conduce al presbiterio che termina in tre aperture absidali illuminate da strette monofore. Due ingressi ai lati del presbiterio conducono alla cripta: ambiente ben conservato, presenta caratteristiche tipiche dello stile gotico. Nel catino dell’abside centrale sono visibili resti di un affresco raffigurante l’ Agnello Eucaristico ed i simboli degli Evangelisti.

CHIESA DELLA VISITAZIONE Si trova in via San Pietro. Consacrata nel 1614, edificio ad un’unica navata, conserva dipinti eseguiti tra XVII e XVIII secolo, come la pala con il Martirio di S. Bartolomeo, copia del Guercino, attribuita ad Annunziata Verchiani (1774) o la tela del Falaschi con la Madonna e il Bambino con S. Benedetto e S. Bernardo. Da menzionare anche l’opera seicentesca di Filippo Cavarozzi con la Visitazione della Vergine a Santa Elisabetta.

PALAZZO PAMPHILI Sorge accanto a Porta S. Pietro; edificato nel 1220 per volere dei monaci cistercensi che lo utilizzarono come rifugio, prese il nome di Palazzo dell’Abbazia di S. Martino al Cimino; fu poi denominato Palazzo dell’Abate, poiché vi alloggiò l’abate Baldassarre Gatti. Con il cardinale Francesco Todeschini Piccolomini (papa Pio III nel 1503), la costruzione venne ampliata nel tratto tra la torre merlata e Porta S. Leonardo. Dal 1645 fece parte del principato di Donna Olimpia Maidalchini Pamphili e nel XVIII secolo passò ai Doria Landi. La facciata, ornata da finestre a bifora, è stata rifatta nel 1899.

PORTA S. PIETRO Già Porta Salicicchia, quando venne costruita la chiesa di fronte prese il nome di Porta S. Pietro. Merlature con feritoie testimoniano che la porta doveva difendere Viterbo da attacchi nemici.

CHIESA DI S. PIETRO È situata fuori Porta S. Pietro. La sua struttura attuale risale al XVII secolo, quando furono eseguiti i lavori di restauro per volere del cardinale Scipione Cobelluzzi, ricordato da uno stemma sulla facciata della chiesa. L’interno, a croce latina, è coperto da un soffitto a volta; nelle vele della cupola si scorgono le figure degli Evangelisti. Nella prima cappella di destra si trova un dipinto del Settecento con la Madonna e S. Giuseppe con il Bambino tra Santa Elisabetta, S. Zaccaria e S. Giovanni Battista. Da segnalare anche gli affreschi che decorano la terza cappella con una Crocifissione, la Vergine incoronata dalla SS. Trinità, la Decollazione del Battista e la Madonna delle Grazie. Sull’altare maggiore è posta una tela del Cinquecento con la Crocifissione di S. Pietro.

Porta San Pietro

Madonna del Carmine. Nel Medioevo vi si accedeva tramite un ponte levatoio. Costituita da un arco a tutto sesto ed uno a sesto ribassato, presenta un affresco seicentesco con la Madonna in trono con S. Nicola e Sant’Andrea.

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Porta Romana

Porta Romana

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CHIESA DI SANTA MARIA DELLE FORTEZZE Sorge lungo via delle Fortezze, nel tratto tra Porta S. Pietro e Porta Romana. Poco rimane del rinascimentale edificio, distrutto durante i bombardamenti. La chiesa è stata edificata su pianta a croce greca; nell’abside a sinistra è un affresco con la Madonna in preghiera tra angeli e santi. Il catino conserva l’Incoronazione della Vergine.

TORRE S. BIELE Eretta a scopo difensivo, i lavori iniziarono intorno al 1220 e furono portati a termine nel 1270 per volere di Raniero Gatti. La struttura è costituita da un basamento caratterizzato da due archi a tutto sesto e dalla torre.

COMPLESSO DI SANTA MARIA IN GRADI Si trova fuori Porta Romana, è sede dell’Università degli Studi della Tuscia. Il complesso religioso risale al XIII secolo; comprendeva all’epoca un monastero ed una chiesa. Adibito a lazzaretto per far fronte alle numerose ondate epidemiche che colpivano la città, subì importanti interventi di restauro tra Settecento ed Ottocento. Dopo i bombardamenti la chiesa venne ricostruita solo in parte. Il complesso di Gradi

è stato infine restaurato di recente. La chiesa odierna è a croce latina, caratterizzata da una triplice apertura absidale, tre cappelle per lato ed un portico. L’interno del complesso conserva il chiostro del XIII secolo.

PORTA ROMANA Fu realizzata nel XVII secolo, quando venne chiusa Porta S. Sisto e nel Settecento abbellita con decorazioni. Osservando la Porta dal lato esterno si nota in alto la statua di Santa Rosa, patrona di Viterbo, e gli stemmi di Clemente XI e Innocenzo X.

CHIESA DI S. SISTO Eretta nel IX secolo su un preesistente tempio pagano, fu più volte ristrutturata e ricostruita dopo i bombardamenti. Da notare il campanile diviso in due parti: in basso si aprono finestre a tutto sesto, in alto trifore formate da colonnine con capitelli a stampella. L’abside è inserita nelle mura cittadine; l’interno è diviso in tre navate (un tempo erano quattro). Il presbiterio, al quale si accede tramite una lunga scalinata, custodisce nella parete destra una tavola (XV secolo) di Neri di Bicci con la Madonna col Bambino tra angeli e santi. Si può inoltre visitare il chiostro situato sotto la chiesa.


Piazza Fontana Grande

Piazza Fontana Grande FONTANA GRANDE Realizzata nel 1212, per volere del Comune, dai maestri Bertoldo e Pietro di Giovanni, come si legge dall’epigrafe posta sulla vasca inferiore della fontana. Restaurata più volte tra Duecento e Quattrocento, fu in parte modificata nel XIX secolo. Composta da una vasca a croce greca, circondata da una gradinata, su cui si innalza uno stelo con due coppe sovrapposte, la fonte termina con un pinnacolo da cui sgorga l’acqua.

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CHIESA DEI SANTI GIUSEPPE E TERESA Edificata nel XVII secolo dai frati Carmelitani, nel 1814 fu sconsacrata e ceduta al Governo del Comune di Viterbo che la destinò a Corte d’Assise. La chiesa, a croce latina, aveva tre navate con tre cappelle per lato e nicchioni con statue.

FONTANA GRANDE


Via Cavour / Via Saffi

Via Cavour Via Saffi

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MUSEO DELLA CERAMICA MEDIEVALE E RINASCIMENTALE Si trova all’interno del cinquecentesco Palazzo Brugiotti. L’edificio, oltre ad ospitare il museo, è anche sede della Fondazione Carivit. Attraverso la scalinata del cortile interno si accede al piano nobile, le cui sale sono riccamente decorate da affreschi barocchi. Il Viterbese si distingue per l’importante ed antica tradizione della lavorazione artigianale di ceramiche, il Museo della Ceramica ne è la testimonianza; occupa il pianterreno dell’edificio e conserva reperti altolaziali medievali e rinascimentali. Vi sono custodite ‘panate’ (brocche utilizzate per la panatella: minestra di pane) del XII secolo, manufatti della famiglia verde e decorati a ‘zaffera’ blu del XV secolo. Ai secoli successivi appartengono il gruppo della ceramica castrense e vasi da farmacia. La maggior parte degli oggetti esposti è stata rinvenuta all’interno di ‘butti’: nel Medioevo pozzi di scarico presenti nelle abitazioni cittadine. Indirizzo: Via Cavour 67; tel. 0761346136. Orario di apertura: estivo: dal giovedì alla domenica ore 10,00-13,00 e 16,00-19,00; invernale: 10,0013,00 e 15,00-19,00.

PALAZZO POSCIA È situato di fronte alla scalinata che congiunge via Cavour a via Saffi. Tipico esempio di edilizia privata viterbese del Trecento, come si nota dal profferlo, accesso all’abitazione. Lo stemma con uno scudo, un’aquila e otto pani, doveva appartenere ai primi proprietari della dimora, probabilmente i Di Vico, anche se le fonti sono discordanti.


Si raggiunge percorrendo via della Pace e via della Verità. Anticamente detta dell’Abate, perché sorgeva nei pressi dell’Abbazia della Verità. Dominano la porta gli stemmi di Benedetto XIII, del governatore Oddi, del vescovo Sermattei e del Comune di Viterbo.

Porta della Verità

Porta della Verità

CHIESA DI SANTA MARIA DELLA VERITÀ

PORTA DELLA VERITÀ

Costruita dai Servi di Maria nel XIV secolo su un preesistente edificio, fu ampliata nel XV secolo e ricostruita dopo i bombardamenti dell’ultimo conflitto mondiale. L’interno è a croce latina; il transetto è sormontato da un arco ogivale che poggia su colonnine. Sul lato destro della chiesa si apre la Cappella Mazzatosta, la quale, eseguita nel Quattrocento su commissione di Nardo Mazzatosta e affrescata da Lorenzo da Viterbo, è stata gravemente danneggiata dai bombardamenti. Nel sottarco compaiono figure di profeti e santi; nelle vele della volta il simbolo dell’ Evangelista Matteo, un profeta e l’Evangelista fra santi. Sulla destra si scorge l’Angelo, unico frammento rimasto di un’Annunciazione, ed in basso l’Adorazione del Bambino. Tra gli altri dipinti: l’ Assunta venerata da Angeli ed apostoli, la Presentazione della Vergine al tempio e lo Sposalizio di Maria. Nel braccio destro del transetto è il monu-

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Porta della Verità

MUSEO CIVICO

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mentale organo a trasmissione meccanica realizzato da Guido Pinchi di Foligno; il braccio sinistro è decorato da un ciclo di affreschi raffigurante la Vergine e Santi.

MUSEO CIVICO Il Museo Civico è allestito all’interno del chiostro e del convento adiacenti alla chiesa di S. Maria della Verità ed è articolato su tre piani, secondo un criterio cronologico: al primo sono esposti reperti dall’Età del Ferro all’Età Romana, ai piani superiori opere del periodo medievale e moderno. La sezione archeologica, costituita in parte da una serie di sarcofagi disposti attorno al chiostro, in parte da utensili e vasellame provenienti dalle necropoli del viterbese, si compone di reperti che vanno dall’VIII secolo a.C. al III d.C. Interessante la collezione di manufatti etruschi raccolti da Luigi Rossi Danielli e donata al Comune di Viterbo nel 1912. La se-

zione storico-artistica presenta dipinti e sculture medioevali provenienti da chiese e conventi cittadini, tra cui si segnalano la Sfinge marmorea (1286) di Pasquale Romano e la Madonna con Bambino di Vitale da Bologna; dell’Età Moderna si ricorda la Pietà (1515-16) eseguita per la chiesa di S. Francesco da Sebastiano del Piombo, accanto ad altre opere di artisti viterbesi come Balletta, Pastura e Romanelli. Il terzo piano conserva un tesoretto medioevale del Cinquecento, un corredo di ceramiche da farmacia del XVIII secolo e disegni della Macchina di Santa Rosa. Il percorso museale si conclude con la Galleria dei Ritratti, omaggio ad illustri personaggi storici locali. Indirizzo: P.zza F. Crispi 2; tel.: 0761348275. Orario di apertura: dal martedì alla domenica ore 9,00-19,00 orario estivo; ore 9,00-18,00 orario invernale. Chiuso il lunedì.


CHIESA DI S. GIOVANNI EVANGELISTA detta IN ZOCCOLI

sono scolpiti musi di leone che gettano acqua. Termina una piramide ad otto facce.

È situata tra via Mazzini e piazza Dante; incerta la datazione che la farebbe risalire all’XI o al XII secolo. Nell’Ottocento l’edificio fu ristrutturato e dopo i bombardamenti del ’44 fu ricostruito. Originali sulla facciata i due archi a sesto ribassato, con funzione di contrafforte, che uniscono la chiesa ad una torre. Il rosone in alto, del XIII secolo, riporta i simboli degli Evangelisti, tra cui l’aquila che identifica S. Giovanni. L’interno è diviso in tre navate; il presbiterio, rialzato da gradini, termina in un’abside tripartita. Tra i dipinti va menzionato quello su tavola, eseguito dal Balletta (XV secolo), che rappresenta la Vergine in trono col Bambino e Santi.

Piazza della Crocetta FONTANA DI SANTA MARIA IN POGGIO

Piazza Dante FONTANA DI S. GIOVANNI IN ZOCCOLI

Nell’XI secolo chiamata Santa Maria in Poggio, poiché si innalzava su un luogo elevato, poi denominata nel XVII secolo della Crocetta, perché vi officiavano il culto i Padri Crociferi. Si accede al portale cinquecentesco tramite una scala a due rampe a semicerchio, realizzata nel 1738. L’interno è ornato da altari in marmo policromo e dipinti in parte eseguiti di recente. Un’epigrafe ricorda il luogo dove in origine fu sepolta Santa Rosa, patrona della città. Il corpo della Santa fu traslato nel 1258 per volere di Alessandro IV nel vicino complesso monastico.

Tramite via Niccolò della Tuccia e via Mazzini si raggiunge piazza Dante Alighieri. La fontana di S. Giovanni in Zoccoli, meglio conosciuta come fontana di piazza Dante, venne costruita nel 1268, come si legge dalla scritta sulla cuspide della fonte. La vasca circolare è contornata di specchiature rettangolari abbellite da archetti trilobati. Il cilindro centrale si allarga assumendo una struttura a fuso, su cui

Risale al XIII secolo; denominata anche di Santa Rosa, la fontana è costituita da un parapetto ornato da specchiature e caratterizzata da una vasca entro la quale si innalza una struttura a fuso, decorata da sculture umane e leonine. In alto è ricordato l’evento miracoloso di Santa Rosa che risana una brocca.

CHIESA DI SANTA MARIA IN POGGIO O DELLA CROCETTA

Via Mazzini

Via Mazzini

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Via Mazzini 36 SANTUARIO DI SANTA ROSA

Via Casa di Santa Rosa MUSEO DELLA CASA DI SANTA ROSA Si trova a fianco della Basilica di Santa Rosa; l’esposizione fa riferimento al culto ed alla tradizione della Patrona viterbese. Indirizzo: Via Casa di Santa Rosa 33; tel.: 0761342887. Orario di apertura: giovedì e festivi: invernale: ore 9,30-12,00 e 16,00-17,00; estivo: ore 9,30-12,00 e 16,00-18,00.

Via di Santa Rosa SANTUARIO DI SANTA ROSA Documenti attestano la presenza di un complesso monastico, appartenuto all’ordine di S. Damiano (poi di Santa Chiara) già dal XIII secolo. Nel 1258 la chiesa accolse il corpo di Santa Rosa, traslato, per volere di Alessandro IV, dalla chiesa di Santa Maria in Poggio. Il complesso reli-

gioso venne pertanto dedicato alla Santa di cui custodiva la salma. In diversi periodi storici si eseguirono lavori che ampliarono e modificarono la struttura iniziale. L’edificio odierno è il risultato di rifacimenti del XIX secolo. La facciata in peperino è decorata con pilastri in stile ionico; la cupola fu eseguita nel 1913. All’interno, sulla destra, si apre la cappella di Santa Rosa che custodisce, dentro un’urna del XVII secolo, il corpo della Patrona di Viterbo; accanto all’urna, nel reliquiario donato da Pio XII, si conserva il cuore. Diversi i dipinti che arricchiscono il Santuario: sull’altare maggiore è collocata una tela del XIX secolo con Santa Rosa accompagnata in cielo da Angeli . Sulla parete sinistra, il polittico del Balletta risalente al 1441, con la Vergine in trono col Bambino tra Santa Rosa e Santa Caterina.


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CHIESA DI SANTA MARIA DEL PARADISO Lasciato il centro cittadino, percorrendo viale Trieste per giungere alla Quercia, girando sulla destra verso via del Paradiso, è possibile visitare Santa Maria del Paradiso. La chiesa, già dal XIII secolo parte di un complesso monastico, fu ristrutturata nel corso dei secoli e ricostruita dopo i bombardamenti della seconda guerra mondiale. Attualmente alcuni locali della struttura ospitano l’Università della Tuscia. Da segnalare il chiostro accanto alla chiesa, il quale, di forma quadrata e caratterizzato da archetti sorretti da colonne, contiene affreschi seicenteschi. Al centro si trova un pozzo sormontato da una statua della Vergine.

LA QUERCIA Il borgo, sorto accanto alla Basilica di Santa Maria della Quercia, è frutto di un progetto eseguito nel 1538 per volere di Fra Athanasio Altobelli di Viterbo e controfirmato da Antonio da Sangallo il Giovane. La fontana situata sulla piazza di fronte alla chiesa risale alla fine del Quattrocento. Fu papa Leone X nel 1518 a far realizzare delle condutture che alimentassero la fonte, attingendo l’acqua dalle sorgenti del Respoglio.

Santuario della Madonna della Quercia Secondo fonti locali, nel 1417, in località Campo Graziano, il viterbese Battista Juzzante aveva collocato sui rami di una quercia una tegola dipinta con l’immagine della Vergine con il Bambino, a cui molti fedeli, passando, rivolgevano preghiere. Nel 1467 Viterbo venne colpita da una violenta pestilenza, la quale nel mese di agosto di quell’anno, a seguito di numerose invocazioni rivolte alla Madre di Cristo, cessò. I viterbesi ritennero che fu la Madonna della Quercia, con un intervento miracoloso, a liberare la città. Il mese seguente, pertanto, si tenne una processione per ringraziare la Vergine della grazia concessa. Nel luogo in cui si trovava la quercia, venne costruita una cappella per esporre la tegola miracolosa;

Dintorni

Il ricco patrimonio artistico viterbese non è racchiuso solo all’interno delle mura cittadine: a pochi chilometri dalla città, presso le frazioni della Quercia, Bagnaia, S. Martino e Grotte Santo Stefano, è possibile visitare chiese, ville e palazzi di eccezionale valore storico-culturale.

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basso. L’opera principale conservata all’interno della basilica è il tabernacolo in marmo di Carrara, o Tempietto. Realizzato da Andrea Bregno, custodisce la tegola con l’immagine miracolosa ed è decorato con sculture ed affreschi seicenteschi. Le navate laterali, su cui si aprono alcune cappelle, custodiscono dipinti, in parte di scuola viterbese, che SANTUARIO DELLA MADONNA DELLA QUERCIA vanno dal XVI al XIX secolo. Gli armadi e le porte in legno che ornano la sagrestia fuin seguito, poiché il culto e la devozione dei rono eseguiti nel 1622, i dipinti nel secolo fedeli crescevano di anno in anno, venne successivo. Da visitare anche il Chiostro del costruita una chiesa. Il progetto fu affidato a Bramante, che fa parte del complesso archiGiuliano da Sangallo, che realizzò, accanto tettonico progettato da Giuliano da Sangallo all’edificio religioso, anche un convento per ed è caratterizzato da due ordini: in basso i Padri Domenicani. I lavori iniziarono nel coppie di colonnine sostengono archi di stile 1470 e terminarono nel 1538. Sul timpano gotico, in alto arcate a tutto sesto conferiscodella facciata è scolpita una quercia sormonno alla struttura un aspetto rinascimentale. Al tata da una corona e circondata da leoni; centro è collocata una cisterna (XVI secolo). più in basso tre rosoni e lo stemma di Giulio II della Rovere, sotto il cui pontificato venne costruita la chiesa. Ad Andrea della Robbia Museo degli Ex Voto sono attribuite le lunette in terracotta che soSanta Maria della vrastano i tre portali. Il campanile, innalzato Quercia alla fine del XV secolo, conserva rifacimenti barocchi. L’interno del Santuario è diviso in Il museo si trova presso il Santuario e custotre navate. Fu Cesare Nebbia nel XVII secodisce doni votivi di vario genere, libri corali lo ad affrescare le immagini degli Apostoli con miniature del XVI secolo, pergamene e documenti originali di pontefici e vescovi, che decorano le vele degli archi. Il soffitto liantichi registri di cronaca e di contabilità del gneo a cassettoni, ricoperto d’oro zecchino, convento. Particolarmente interessante la raccon l’immagine della Vergine e gli stemmi di colta di 206 tavolette lignee (sec. XVI-XVIII) Paolo III e del Comune, fu eseguito su disetutte dedicate alla Madonna della Quercia. gno di Antonio da Sangallo. A Filippo Prosperi si devono i dipinti con i santi domeniIndirizzo: P.zza del Santuario, La Quercia (Vt); cani (1867) che decorano la cupola e i metel.: 0761303430. Orario di apertura: su richiesta. daglioni con i Dottori della Chiesa più in


Viale Fiume collega la località della Quercia a Bagnaia; il piccolo centro è costituito da una parte più antica, “Bagnaia di dentro”, a cui si accede da una porta a fianco del castello, ed una più moderna, Bagnaia “di fuori”, che include la piazza principale dell’abitato. Il borgo fu edificato su un promontorio detto Castrum, documentato a partire dal 963, il quale nel XII secolo passò sotto il controllo di Viterbo; a seguito di un attacco da parte dei Romani, il paese fu distrutto. I viterbesi allora decisero, per sottrarre l’abitato ad ulteriori minacce nemiche, di donarlo al vescovo di Viterbo (1202): come feudo ecclesiastico avrebbe goduto di rispetto. Bagnaia si costituì Comune, anche se il Podestà era nominato dall’autorità vescovile. Nel 1498 divenne vescovo il cardinale Raffaele Galeotti Sansoni Riario, nipote di Sisto IV, il quale, amante della caccia, pensò di far costruire un barco a sud del castello, sotto i Cimini. Molti furono gli interventi edilizi ed architettonici eseguiti in momenti diversi: nel 1532 fu realizzato il ponte che congiunge la Quercia a Bagnaia, nel 1567 invece venne approvato il piano regolatore della “Bagnaia di fuori”, progettato dall’architetto senese Tommaso Ghinucci; l’anno successivo su committenza del cardinale Giovanni Francesco Gambara, vescovo di Viterbo, venne trasformato il Barco in villa ed ampliato il Palazzo delle Logge. Bagnaia passò sotto il controllo di altre nobili famiglie tra cui si ricordano: Ludovisi, Barberini e Lante della Rovere.

Bagnaia ‘di dentro’ Vi si accede dalla porta voluta dal cardinal Ridolfi nel 1541, sormontata dallo stemma di Alessandro VII Chigi. A fianco una torre cittadina. All’interno delle mura si apre una piazza con una fontana, la quale, disegnata

dal Vignola, è stata ricostruita in epoche successive. La maggior parte degli edifici del borgo è di epoca medievale. Importante la presenza del Palazzo della Loggia, palazzo vescovile, inizialmente detto palazzo delle logge perché ce n’erano due: quella tuttora visibile esposta verso Viterbo e l’altra sulla piazza del castello. È il risultato di numerosi rifacimenti dell’originario palazzo comunale medievale, rifacimenti eseguiti tra il 1510 ed il 1590 per volere del cardinal Riario e dei suoi successori. La chiesa di Santa Maria, conosciuta come chiesa della Madonna del Rosario, risale al XIII secolo. Tuttavia ha subito delle modifiche a seguito dell’ampliamento del palazzo delle logge; l’edificio attuale è frutto di un disegno del XIX secolo. Da segnalare anche la chiesa della Madonna della Porta, così chiamata poiché nel 1616 vi fu trasferita l’immagine di una Madonna con Bambino (XV secolo) dipinta su un’edicola fuori delle mura castellane, che si trovava di fronte alla porta attuale del castello quando essa fu aperta nel 1541. Il Palazzo del Comune risale al XVI secolo, fu donato dalla famiglia Gallo alla Comunità di Bagnaia, che la utilizzò come sede comunale. All’interno vi sono interessanti affreschi del ‘500. Da ricordare infine la chiesa di Santo Stefano, che possedeva dipinti con immagini ex voto di Madonne e Santi (XV-XVI secolo).

Bagnaia ‘di fuori’ Nel XVII secolo Bagnaia venne ampliata con l’aggiunta del nucleo compreso tra il borgo medievale e la villa, su progetto del già citato architetto Ghinucci. La parte moderna si apre a ventaglio secondo tre assi viari che conducono a Villa Lante, partendo da piazza XX Settembre. All’entrata del paese si nota il Tempietto di S. Rocco, cappella esagonale del 1569.

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BAGNAIA

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VILLA LANTE

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Sulla piazza principale si trova una fontana eseguita da Tommaso Ghinucci, che, terminata nel 1568, è caratterizzata dallo stemma del cardinal Gambara. Da segnalare la chiesa di Sant’Antonio Abate (XVI secolo), la chiesa di S. Giovanni Battista e la chiesa di San Carlo.

Villa Lante Costituisce uno dei principali esempi di giardino manieristico (XVI secolo). L’atmosfera è suggestiva, quasi irreale, creata da fontane con giochi d’acqua, immerse nel verde del parco. Raffaele Sansoni Riario, vescovo di Viterbo, nipote di Sisto IV, alla fine del Quattrocento volle far recintare una zona boscosa, per recarsi a caccia. Fu poi il nipote Ottaviano Riario nel 1505 a far costruire il casino di caccia, primo edificio innalzato all’interno della villa. Nella seconda metà del Cinquecento il cardinal Gambara fece eseguire la parte principale della villa stessa e del giardino all’italiana, che i critici hanno attribuito al Vignola. Con il cardinal Montalto, Bagnaia visse uno dei momenti di massimo splendore; fu allora che vennero affrescate da Agostino Tassi e dal Cavalier D’Arpino la

loggia e le sale della palazzina che prende proprio il nome del Montalto. Ultima signoria fu quella dei Lante che ottennero la villa prima in enfiteusi (1656) poi in proprietà fino al 1933. Si accede a Villa Lante da via Jacopo Barozzi. All’entrata del parco la Fontana del Pegaso, così chiamata per il cavallo alato al centro di essa circondato da sculture di Nereidi; in alto Muse e Grazie gettano acqua al centro della vasca. Salendo la scala a sinistra si giunge al giardino all’italiana, proseguendo la strada sulla destra si arriva al parco dove si possono ammirare: il Conservone, la Fontana dei Leoncini, il casino di caccia e la Neviera. Indirizzo: Via Jacopo Barozzi 71; tel. 0761.288008. Orario di apertura: dal 1/11 al 28/02 dalle ore 8.30 alle 16.30 (chiusura biglietteria ore 16.00); dal 1/03 al 31/03 dalle ore 8.30 alle 17.30 (chiusura biglietteria ore 16.30); dal 1 al 15/04 e dal 16/09 al 31/10 dalle ore 8.30 alle 18.30 (chiusura biglietteria ore 17.30); dal 16/04 al 15/09 dalle ore 8.30 alle 19.30 (chiusura biglietteria ore 18.30). Chiuso il lunedì.

GROTTE SANTO STEFANO Frazione del comune di Viterbo, dista circa 16 km dalla città e si può raggiungere percorrendo la Strada Teverina in direzione di


Montecalvello Il borgo di Montecalvello, nel territorio di Grotte Santo Stefano, è dominato da un enorme castello costruito dal re longobardo Desiderio nell’VIII secolo. Appartenuto nel ‘200 a messer Alessandro Calvelli, passò in seguito ai Monaldeschi. Tra Quattrocento e Seicento, con l’aggiunta di una parte dell’edificio, acquisì le sembianze di un palazzo. Nel XVII secolo passò da Urbano III ai Doria Pamphilij. Nel 1970 fu di proprietà dell’artista Balthus. All’esterno dell’edificio si possono visitare la corte e le prigioni.

Chiesa di S. Rocco Nei pressi del castello sorge la chiesa dedicata a S. Rocco, protettore dei malati di peste. Viterbo durante il Medioevo fu infatti ripetutamente colpita da epidemie pestilenziali. L’edificio è formato da due parti: una quattrocentesca, l’altra seicentesca. L’interno possiede interessanti affreschi con immagini di santi, tra cui: Santa Rosa, S. Vincenzo e Santa Caterina d’Alessandria.

S. MARTINO AL CIMINO Il borgo di S. Martino, situato sui Monti Cimini, dista circa 7 km da Viterbo. La storia del paese è legata all’abbazia, attorno alla

quale nacque l’antico centro medievale modificato nel corso del XVII secolo. Il cenobio benedettino di S. Martino, per volere di Innocenzo III nel 1206, passò alla comunità cistercense di Pontigny. Nel corso del XIII secolo vennero eseguiti i lavori di costruzione non solo dell’abbazia ma anche del complesso monastico ad essa adiacente. Tra Trecento e Quattrocento il monastero subì un progressivo degrado, tanto da rimanere quasi del tutto abbandonato. Le sorti del borgo mutarono con Innocenzo X, il quale nel 1645 donò le terre di S. Martino alla cognata Olimpia Maidalchini Pamphilij; iniziava così la completa ristrutturazione dell’abitato: si eseguirono interventi sulla chiesa e sul palatium Parvum dell’abbazia, inoltre si progettò un nuovo piano regolatore del paese. Al Borromini fu affidato l’incarico di realizzare Porta Viterbo, la porta di accesso al paese venendo proprio da Viterbo, su cui si trovano lo stemma di Innocenzo X ed una lapide che ricorda la ricostruzione del borgo su iniziativa dei Pamphilij. Dalla parte opposta del centro abitato, dietro l’abbazia, si apre Porta Montana, sormontata anch’essa dallo stemma della famiglia che promosse la ricostruzione del piccolo centro.

Abbazia Esempio di gotico cistercense, venne costruita nel XIII secolo dai monaci di Pontigny. La facciata, circondata da due torri campanarie seicentesche sormontate da cuspidi piramidali, presenta una polifera gotica ed è dominata dallo stemma di Innocenzo X. Sul lato dell’edificio si notano alcune colonne, unici resti dell’antica struttura che componeva il chiostro. La pianta della chiesa è a tre navate, divise da pilastri a croce. La navata centrale è caratterizzata da quattro campate, alle quali corrispondono otto campate delle navate laterali; in alto un soffitto a crociera. Ai lati dell’abside si aprono due cap-

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Bagnoregio. Fu fondata nel 1172 da alcuni abitanti di Ferento che, scampati all’assalto notturno alla cittadina da parte dei viterbesi, trovarono rifugio presso alcune grotte non lontane dalla Valle del Tevere. Con il tempo si formò una comunità che venne annessa alla parrocchia di Santo Stefano dal vescovo di Bagnoregio. Nei pressi delle grotte fu costruita un’edicola dedicata a quel santo, pertanto la località assunse il nome di Santo Stefano. Fu a lungo feudo della famiglia Doria Pamphilij.

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ABBAZIA DI SAN MARTINO

pelle. La chiesa termina con un coro poligonale, tipologia assai rara per l’architettura cistercense. Nel transetto di sinistra è collocato un organo dei primi anni del Novecento. Nella navata destra un fonte battesimale è custodito all’interno di una cancellata barocca. Il presbiterio conserva la tomba di Donna Olimpia Maidalchini, morta di peste nel 1657. L’abbazia è collegata al palazzo Pamphilij tramite un corridoio esterno.

Palazzo Doria Pamphilij Sorge sulle rovine del “palatium parvum”, costruzione facente parte dell’antico complesso monastico cistercense. I lavori, realiz-

zati per volere di Donna Olimpia Maidalchini Pamphilij, che fece del palazzo la sua residenza, iniziarono nel 1648. Le prime consulenze tecniche sulla stabilità dell’edificio furono del Bernini. Al piano terra le colonne del Cantinone dell’antico fabbricato vennero rafforzate creando dei veri e propri pilastri e il palazzo fu rialzato di un piano. L’edificio ha forma trapezoidale e l’accesso principale si trova al centro della facciata. Dell’originale “scala a lumaca”, che conduceva al piano nobile, realizzata dal Borromini, rimangono soltanto delle nicchie in stucco; nel Settecento venne costruita la “scala romana”. Il salone principale conserva affreschi e stucchi a soggetto mitologico.

Museo dell’Abate Sorge all’interno dell’antico scriptorium accanto all’abbazia. Custodisce paramenti sacri, reliquiari, calici, crocifissi e dipinti. Tra le opere principali si segnala lo stendardo con il Salvator Mundi di Mattia Preti (XVII sec.). Indirizzo: P.zza dell’Oratorio 2, S. Martino al Cimino (Vt); tel.: 0761379803. Orario di apertura: su richiesta.


Le aree archeologiche, che sorgono nei pressi di Viterbo, costituite di necropoli ed abitati, testimoniano la presenza di una delle più importanti civiltà della storia: la civiltà etrusca. Non mancano tuttavia insediamenti di epoca romana, nella maggior parte dei casi nati sui preesistenti siti etruschi.

Tetnie, degli Urinates Salvies e la Tomba Grande. Accesso libero. Per informazioni: Promotuscia: tel.: 0761304643

Siti archeologici

Siti archeologici

CASTEL D’ASSO A pochi chilometri dalle Terme dei Papi è situato il sito di Castel d’Asso. Necropoli rupestre etrusca, caratterizzata da tombe disposte su due o tre ordini sovrapposti, presenta scarse testimonianze del periodo arcaico; il centro infatti raggiunse il massimo splendore tra il IV e il II secolo a.C. Sottomesso dai Romani, in epoca tardo imperiale rimase abbandonato, per essere ripopolato nell’alto Medioevo, quando fu eretto un castello di cui rimangono delle rovine.Prevalgono tombe a dado; sulle facciate è raffigurata la “Finta Porta”, che simboleggia la porta dell’Aldilà. Le sepolture più celebri sono: la Tomba Orioli, che porta il nome dell’archeologo che scoprì la località, la Tomba dei

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FERENTO


costituito da una cavea circondata da ventisei arcate; i nicchioni sulla scena erano decorati con statue di Muse, attualmente conservate, accanto alla maggior parte dei reperti rinvenuti nel sito, al Museo Nazionale Archeologico di Viterbo. Per informazioni: Promotuscia tel.: 0761304643

Siti archeologici

ACQUAROSSA

44 CASCATA DELL’ACQUAROSSA

FERENTO Si raggiunge tramite la Strada Teverina. La zona fu sede a partire dal IV secolo di un insediamento etrusco conquistato dai Romani nel 310 a.C. Municipio romano legato ad attività agricole, commerciali e alla lavorazione di metalli, raggiunse il massimo splendore in età augustea, quando vennero costruiti i principali edifici cittadini. Intorno al VII secolo d.C. il centro subì un declino che durò fino al X secolo, periodo in cui la città cominciò a ripopolarsi. Ferento fu sconfitta dalla vicina rivale Viterbo nel 1172. I Viterbesi sottrassero ai Ferentani la palma, loro simbolo, che divenne, accanto al leone, emblema del capoluogo altolaziale. Da visitare il teatro e le terme. Il teatro è

Oltrepassato il bivio di Ferento lungo la Teverina, seguendo le indicazioni, si giunge presso la località Acquarossa. L’area archeologica risulta particolarmente significativa per lo studio degli insediamenti urbani etruschi, giacché a seguito di una campagna di scavo condotta dal 1966 al 1975 dall’Istituto Svedese di Studi Classici, a cui partecipò anche re Gustavo Adolfo di Svezia, è stato rinvenuto un abitato risalente all’VIII secolo a.C. Sono state individuate strade, piazze, palazzi ed una tipologia di abitazione piuttosto uniforme, caratterizzata da due o tre stanze quali: cucina, camera e deposito, spesso precedute da un portico. Al Museo Albornoz sono esposte ricostruzioni a grandezza naturale di edifici che un tempo sorgevano presso l’insediamento di Acquarossa. Accesso libero. Per informazioni: Promotuscia tel.: 0761304643


Terme

BULICAME Il Bulicame, una delle sorgenti principali, sorge lungo la strada omonima. Dante Alighieri, a seguito di un viaggio a Viterbo nell’anno giubilare 1300, lo ricordò componendo alcuni versi dell’Inferno. Da sempre considerato un luogo affascinante e misterioso, è stato citato da fonti storiche e in diverse occasioni legato a credenze popolari o a eventi prodigiosi. All’interno del parco termale, il bacino principale da cui affiora acqua bollente è recintato da

una struttura trasparente; al lato una lapide riporta i versi danteschi della Commedia. Si segnalano i due complessi termali, che offrono servizi terapeutici, ristorativi e ricreativi: TERME DEI PAPI Strada Bagni, tel.: 07613501 www.termedeipapi.it - Apertura: tutto l’anno. GRAND HOTEL TERME SALUS Pianeta Benessere Resort spa Strada Tuscanese, 24/26, tel.: 07613581 www.grandhoteltermesalus.com Apertura: tutto l’anno. Segnaliamo il Centro Interdipartimentale dell’orto botanico dell’Università della Tuscia che si trova nei pressi delle terme, ed è costituito dall’Orto Botanico, dall’ Erbario della Tuscia e dalla Banca del Germoplasma, presso il quale è possibile ammirare collezioni vegetali e ricostruzioni ambientali. Indirizzo: Strada Bulicame s.n.c; tel.: 0761357028

Terme

Viterbo è ricca di sorgenti termali, concentrate per lo più in un’area compresa tra la Cassia nord e la Cassia sud. Di origine antichissima, furono scoperte già dagli Etruschi ed in seguito valorizzate dai Romani che edificarono le strutture, in parte ancora visibili, nei pressi della città. Tra Medioevo e Rinascimento diversi pontefici ricorsero a cure termali. Accanto a zone libere, dove poter sperimentare le benefiche proprietà delle acque, vi sono stabilimenti che offrono servizi terapeutici e ricreativi. Le acque viterbesi sono: ipertermali per la maggior parte (alla sorgente 40-65°C), chimicamente classificate del tipo sulfureo-solfato-bicarbonato-alcalino-terrose; termali (30-40°C) ed ipotermali (20-30°C) di tipo bicarbonato-solfato-alcalino-terrose, carboniche e carbonico-ferruginose; risultano indicate per disturbi vascolari, respiratori, dermatologici e non solo. Il fango, prelevato al Bagnaccio, è utilizzato sia per la fangoterapia che per trattamenti estetici.

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Eventi

Eventi

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Molte le proposte culturali della cittadina viterbese: festeggiamenti patronali, concerti, spettacoli teatrali, esposizioni costituiscono occasioni di intrattenimento per tutto l’arco dell’anno.

FESTE TRADIZIONALI RELIGIOSE SANTA ROSA Viterbo deve fama e prestigio, in primo luogo, ai festeggiamenti in onore di Santa Rosa, patrona cittadina: il 2 settembre, un lungo corteo storico seguito dalla processione in cui viene trasportato il cuore della Santa, si snoda lungo le vie di Viterbo; la sera seguente ogni anno si ripete il trasporto della Macchina. Evento assai singolare, si lega alla tradizione storico culturale viterbese ed è per i cittadini un atto di fede e devozione. Lo spettacolo suscita forti emozioni di curiosità, attesa e stupore. Dopo aver ricevuto una benedizione presso la chiesa di S. Sisto, cento “facchini” trasportano a spalla una torre luminosa attraverso le principali vie e piazze cittadine fino a raggiungere il santuario di Santa Rosa. Il trasporto si conclude con un suggestivo spettacolo pirotecnico. La Macchina, che supera in altezza i tetti degli edifici della città, è alta circa 30 metri e pesa 5 tonnellate, in alto è posta la statua della Santa, che sembra vigilare

su Viterbo. Con questa tradizione si vuole evocare la traslazione del corpo di Rosa dalla chiesa della Crocetta a quella della Patrona, avvenuta nel XIII secolo per volere di Alessandro IV. Il progetto della Macchina viene sostituito ogni cinque anni, diversi pertanto i modelli che si sono susseguiti nel corso dei secoli (basti pensare che il termine “macchina” è stato utilizzato per la prima volta nel XVII secolo per indicare il baldacchino sul quale veniva trasportata in processione l’immagine del-

LA MACCHINA DI SANTA ROSA


Oltre al culto di Santa Rosa, la tradizione storico-religiosa viterbese è legata anche alla Vergine Maria, in onore della quale si tengono diverse processioni nell’arco dell’anno, dai mesi primaverili a quelli estivi; le principali: la processione della Madonna Liberatrice, a ricordo dell’intervento miracoloso della Madre di Cristo, che nel XIV secolo avrebbe allontanato figure demoniache dalla città; della Madonna del Carmelo (l’ordine carmelitano infatti ebbe ampia diffusione a Viterbo); della Madonna della Quercia, in onore della quale ogni anno nel mese di settembre si celebra il Patto d’Amore, cerimonia in cui si rinnova la devozione dei viterbesi alla Vergine, che nel XV secolo avrebbe messo fine ad una tremenda epidemia pestilenziale. Da menzionare anche S. Lorenzo, compatrono di Viterbo, che ricorre il 10 agosto ed i Santi Valentino ed Ilario. A metà settembre, un carro trainato da buoi trasporta in processione il dipinto del Santissimo Salvatore, custodito durante l’anno presso la chiesa di Santa Maria Nuova.

INIZIATIVE CULTURALI Interessanti iniziative si svolgono tra i mesi di dicembre e gennaio, quando a Palazzo dei Priori vengono allestite mostre per lo più d’arte contemporanea. In occasione dei festeggiamenti dell’Epifania la Calza più lunga del mondo percorre le vie di Viterbo, intrattenendo adulti e bambini. Da menzionare anche il Mercatino dell’Antiquariato, che si tiene in città ogni terza domenica del mese, dove collezionisti o appassionati dell’”antico” possono ac-

quistare libri, stampe, mobili e giocattoli d’epoca. Altro evento culturale da segnalare è la Stagione Teatrale presso il Teatro Unione, dal mese di gennaio a quello di giugno e da ottobre a dicembre, durante la quale accanto alle vere e proprie rappresentazioni teatrali, sono proposti concerti e spettacoli di danza. Nel periodo primaverile oltre Vitarte , esposizione d’arte moderna e contemporanea, si tiene ormai da diversi anni S. Pellegrino in Fiore: allestimento di fiori e piante lungo le vie del centro, in particolare dell’antico quartiere di S. Pellegrino; profferli, fontane e gradinate di chiese e palazzi accolgono colorate decorazioni floreali. A pochi chilometri dalla città, presso l’antico teatro di Ferento, si svolge l’omonima Stagione Teatrale, che allieta le calde serate estive con spettacoli teatrali e musicali. Tra luglio ed agosto il Tuscia Operafestival, iniziativa di ampio valore artistico, propone, a Viterbo e nei paesi della provincia, concerti lirici, jazz, danza, cinema. Ancora nel periodo estivo nel quartiere S. Pellegrino si tiene un evento all’insegna della “creatività”: nel corso di Caffeina vengono presentati libri, proposte letture con accompagnamento musicale, concerti, mostre pittorico-fotografiche. Altra manifestazione da segnalare il Tuscia Film Fest, rassegna cinematografica che nel mese di luglio nel cortile della Rocca Albornoz propone i protagonisti del cinema italiano. Tra agosto ed ottobre è la volta del Festival Barocco, una delle principali attività culturali dell’intera Tuscia, in cui, protagonista la musica classica, si eseguono concerti presso chiese, palazzi, ville e giardini del viterbese ed in particolar modo del capoluogo. Tra ottobre e dicembre è allestita Antiquaria, mostra d’antiquariato.

Eventi

la Santa) e alcuni dei quali proposti in scala all’interno del Museo del Sodalizio dei Facchini.

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