It sardegna nord orientale

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SARDEGNA


INTRODUZIONE ALLA SARDEGNA 3 Ritratto della Sardegna 15 Note storiche

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LA SARDEGNA ZONA PER ZONA Cagliari e il Sud La Costa orientale Il Centro e la Barbagia La Costa occidentale Il Nord e la Costa Smeralda

Testi e disegni tratti da LE GUIDE MONDADORI

SARDEGNA Milano, 2003


INTRODUZIONE ALLA SARDEGNA Ritratto della Sardegna


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INTRODUZIONE ALLA SARDEGNA


R I T R AT TO DI S A R D E G N A

Ritratto della Sardegna Tra le tante sensazioni che si provano quando si sbarca in Sardegna per la prima volta, forse quella che colpisce di più è dovuta all’unicità di quest’isola. Lontana, in mezzo al mare, la Sardegna è stata per millenni ai margini della storia e dei commerci del Mediterraneo: un mondo a parte, splendido e peculiare.

Poi, di colpo, il XX secolo è piombato sull’isola, con il sogno dell’industria, gli equivoci e a volte gli scempi provocati dal turismo, un afflusso di visitatori estivi in crescita inarrestabile. Ma confondere l’anima sarda con il bianco candido delle spiagge e il blu profondo del mare è un errore. Certo, le coste sono splendide, anche se a tratti l’edilizia sfrenata le ha rovinate. Ma è soprattutto l’interno dell’isola, stranamente selvaggio e impervio pur essendo privo di grandi montagne, a meritare una conoscenza più approfondita. L’ambiente naturale è ricchissimo, fatto di luoghi completamente diversi (si alternano suoli calcarei, granitici, alluvionali), di panorami che mutano dall’orizzontale al verticale in pochi chilometri. La presenza dell’uomo nell’interno ha origini millenarie: le vestigia delle antiche civiltà dei re pastori costellano l’isola, a riprova del fatto che i Sardi, da sempre, hanno preferito guardare verso l’interno della

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propria isola invece che scrutare i lontani orizzonti marini. CENTRO DEL MEDITERRANEO Dal mare, come dice un proverbio sardo, venivano ladri e predoni: “furat chie venit da-e su mare”. Sulle coste sbarcarono infatti, nei secoli, i Punici, i Romani, i Genovesi in perenne lotta con i Pisani e con gli Arabi, gli Spagnoli e, infine, i Piemontesi di casa Savoia. Tutti hanno lasciato le tracce architettoniche e culturali che fanno la ricchezza della Sardegna d’arte: chiese e ipogei, statue e affreschi che oggi rappresentano una delle grandi attrattive dell’isola-crocevia. Ma nessuno, mai, riuscì a mutare profondamente l’anima della Sardegna, fatta di pastorizia, di pietre e di foreste dove il leccio e la sughera contendono il passo al cinghiale.

Società, lingua e cultura Nell’interno il ciclo dell’agricoltura e i tempi della pastorizia scandiscono il ritmo delle stagioni. Le antiche tradizioni – in cui si fondono la religiosità cattolica e le reminiscenze


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delle altre precedenti religioni – si manifestano in una serie di feste e celebrazioni che si basano spesso sul rapporto strettissimo dell’uomo con la natura. Nell’interno dell’isola si parlano una serie di dialetti fortemente differenziati, e la lingua dei sardi deve molto al latino antico. Sopravvivono però influenze genovesi, spagnole e toscane, che fanno del sardo un vero e proprio mosaico composto da tante tessere quanti furono gli antichi conquistatori dell’isola. Le feste, i matrimoni, la vita di tutti i giorni, soprattutto nell’interno, sono accompagnati da una musica molto particolare. Definita da studiosi e musicisti – come Peter Gabriel, che ha voluto il canto dei Tenores de Bitti nella sua collana di musica etnica – “unica in Europa”, la musica tradizionale sarda attraversa oggi un momento di particolare sviluppo. Ricchissimo di voci e di strumenti, il panorama musicale dell’isola ruota attorno al suono delle launeddas e alle quattro voci che compongono il Canto a tenores, che si può ascoltare durante le feste (soprattutto nelle aree centrali dell’isola), e di cui è oramai reperibile un’ampia discografia.

LO SVILUPPO ECONOMICO Tra passato e modernità, la vicenda economica della Sardegna è stata complessa e ricca di contraddizioni. In principio furono l’agricoltura e la pastorizia a reggere il peso principale dello sviluppo. Poi, dopo l’Unità d’Italia, geologi e ingegneri diedero il via allo sviluppo minerario di molte zone, tra cui il Sulcis, ricche di carbone e di metalli. Fondamentalmente povera, l’industria mineraria isolana entrò in crisi soprattutto nel secondo dopoguerra, e oggi sembra destinata a una fine dolorosa. Lo sviluppo industriale, consistito nell’apertura di alcuni “poli” di notevole importanza, non ha dato i risultati sperati e ha influito negativamente sull’ambiente sardo. Ma, nello stesso momento, la comparsa dei potenti insetticidi degli anni Cinquanta ha ottenuto un risultato eclatante. In pochi anni le coste – evitate da sempre perché poco salubri e popolate da zanzare portatrici di malaria – sono divenute accessibili pur rimanendo selvagge e incontaminate. LA SARDEGNA OGGI: IL TURISMO Nato a piccoli passi, poi trasformatosi in una corsa senza limiti, lo sviluppo turistico dell’isola ha avuto molti difetti, ma anche alcuni pregi. Ha fatto conoscere l’isola nel mondo, ha aperto le porte della Sardegna verso l’esterno, ha fatto parlare di ambiente e ha valorizzato la cultura e la storia. Dopo l’abbuffata di cemento degli scorsi decenni sono nati o stanno per vedere la luce riserve naturali, parchi marini e un grande parco nazionale, il Gennargentu. Per chi ha conosciuto la wilderness del Golfo di Orosei – e si è reso conto che in Sardegna ci sono ancora alcuni degli angoli naturali più selvaggi d’Europa – la via da intraprendere pare oramai chiara: coniuga-


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re turismo e ambiente, uscire dal circolo vizioso delle case necessarie a ospitare un numero di turisti estivi sempre più alto, favorire l’interesse per le zone dell’interno. Dopo il momento d’oro del mare, l’intera isola merita ora di essere scoperta e valorizzata. Un viaggio in Sardegna è un’occasione per incontrare gente forse chiusa a un primo contatto, poi sempre più aperta, ospitale e affascinante; per conoscere una gastronomia ricca e varia; per scegliere tra i cento prodotti di un artigianato in grande rinascita; infine per scivolare dolcemente, tra una tappa e l’altra del proprio itinerario, all’interno di un paesaggio destinato a rimanere per sempre negli occhi e nel cuore.

Il paesaggio marino Il mare della Sardegna, secondo le analisi chimiche effettuate da ambientalisti e ASL, è tra i più puliti d’Italia. Le acque sarde sono discretamente ricche di fauna, i fondali sono in genere ben conservati e meta di subacquei e naturalisti. Le vertiginose scogliere a picco sul mare ospitano decine di specie di uccelli nidificanti e di rapaci. Nel Golfo di Orosei, dopo anni di ricerche, è stata nuovamente avvistata l’agile foca monaca, il favoloso “bue marino” che, un tempo ampiamente

diffuso, aveva dato nome a grotte e insenature. Nei mari di nord-ovest e nell’area delle Bocche di Bonifacio – per la quale da anni si parla della istituzione di una riserva marina internazionale – è frequente l’incontro con i delfini e con gli altri grandi mammiferi marini. LE COSTE DELLA SARDEGNA Le acque cristalline del Mar Mediterraneo lambiscono i 1849 km di costa che si rompono in una quantità impressionante di scogli e isolette (per la precisione 462). Piccole calette s’alternano a scogliere levigate dal vento e dalle onde; spiagge di sabbia corallina dove il mare assume tutte le tonalità del verde e del blu lasciano il posto a dune di sabbia dorata su cui fioriscono il giglio selvatico e il cisto. Le aree più attrezzate, oltre alla celeberrima Costa Smeralda, sono la costa a sud di Olbia e quella all’estremità sud-orientale, intorno a Villasimius. Solo alcuni tratti sono rimasti selvaggi: la costa Orientale, tra Orosei e Arbatax, e quella sudoccidentale, tra Baia Chia e Oristano (grazie alle servitù militari e alle concessioni minerarie).


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Le dieci migliori spiagge della Sardegna LA PIÙ CITTADINA. Il Poetto, la spiaggia di Cagliari, è la più grande e vivace dell’isola. Un tempo era molto famosa per i colorati casoni. LA PIÙ NASCOSTA Cala Domestica, protetta da una torre saracena, è invisibile dal mare, tanto che durante la Seconda guerra mondiale fu una base militare dei tedeschi. LE DUNE PIÙ ALTE. Sono quelle di Piscinas, 9 km di dune che arrivano fino a 50 m di altezza (le più alte d’Europa) coperte di macchia mediterranea. LA PIÙ CARAIBICA Is Arutas, minuscoli “chicchi di riso” di quarzo su un mare verde smeraldo. Mancano solo le palme per l’effetto tropicale. IL MARE PIÙ PULITO Bosa Marina, dal tipico aspetto un po’ retrò, è stata premiata in passato come una delle spiagge più pulite d’Italia.

IL MIGLIOR WINDSURF A Porto Pollo, Porto Puddu in sardo, c’è un’insenatura alla foce del fiume Liscia, con vento sempre fresco e teso. LA PIÙ ROSATA La spiaggia dell’isola di Budelli, formata da pezzi di conchiglia, coralli e microrganismi marini ha incredibili riflessi rosa. LA PIÙ GIOVANE La Cinta, lunga 1 km, tra mare e laguna, amata dagli under 20. Ideale per windsurf e intense abbronzature. LA PIÙ SOLITARIA Berchida, con spiaggia candida e rocce rosse; si raggiunge al termine di una lunga strada bianca attraverso la macchia. LA PIÙ INACCESSIBILE Cala Luna, ci si arriva solo in barca o a piedi. Ricca di colori: acque turchesi, spiaggia candida, laguna blu, oleandri rosa, lentisco e mirto verdi.


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Flora e fauna della Sardegna Dalle rocce del Gennargentu alle pianure del Campidano, dalle colline della Nurra alle rocce erose dal vento della Gallura, l’isola offre grande varietà di ambienti naturali e di presenze vegetali. Il leccio domina la foresta, la sughera è sfruttata da secoli soprattutto nel nord, lentisco, cisto, mirto e corbezzolo profumano la macchia. Anche dopo decenni di sfruttamento la fauna è ricca e interessante. La macchia mediterranea e le foreste ospitano cervi e cinghiali. Sulle rocce assolate si muovono gli agili mufloni, nell’area protetta di Monte Arcosu sopravvive una piccola popolazione di rari cervi sardi e all’Asinara un branco di asinelli selvatici. Nella spettacolare cornice della Giara di Gesturi i cavallini allo stato brado pascolano e galoppano ancora in libertà. Sull’isola sono presenti varie specie di rettili, ma è assente la vipera. LA MACCHIA MEDITERRANEA È un manto verde e fitto, spesso impenetrabile, che ricopre le regioni costiere e le montagne. Fiorisce in primavera e riposa in estate per riprendere a vivere in autunno. Per questo motivo, anche in inverno l’isola è verdissima e colorata di bacche

vivaci. Negli ultimi anni le aree di macchia mediterranea sono andate aumentando perché, dopo un incendio, le piante della macchia crescono più velocemente di quelle della foresta.

Il nuraghe Con la loro forma a tronco di cono, 7000 nuraghi costituiscono parte integrante del paesaggio sardo. Simbolo della civiltà fiorita tra il 1800 e il 500 a.C. (anche se sacche di resistenza continuarono a esistere dopo la conquista romana), sono situati in posizione strategica per scopi difensivi. All’inizio erano costituiti da una sola torre di grossi blocchi di pietra sovrapposti a secco. Con il tempo, ad essa si aggiunsero altre torri collegate da una cinta muraria fino a formare strutture imponenti come il nuraghe Losa di Abbasanta (OR), il Santu Antine di Torralba (SS), su Nuraxi di Barumini (CA) e il nuraghe Orrubiu a Orroli (NU). La loro funzione era quella di case-fortezza ai cui piedi si stendevano villaggi di capanne circolari, circondate da un muro di difesa. Oltre all’architettura, la civiltà nuragica ha lasciato più di 500 bronzetti, ritrovati nelle tombe e presso i pozzi sacri.


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IL CULTO DEI MORTI Per seppellire i morti il popolo dei nuraghi costruì le imponenti Tombe di Giganti. Si tratta di costruzioni formate da un lungo corridoio coperto con grandi massi. Una stele monolitica di forma ovale, con apertura alla base inferiore, forma il fronte della tomba, che continua su entrambi i lati con due filari di pietre disposte ad arco. La stele centrale, centinata, poteva essere alta anche oltre tre metri. La pianta riproduce la linea delle corna del Dio Toro. Spesso l’area della tomba è circondata da lunghe file di menhir antropomorfi.

La musica e il ballo La musica della sardegna è una delle più antiche del Mediterraneo: lo testimonia il bronzetto nuragico dell’VIII-VII secolo a.C. di Ittiri, conservato al Museo archeologico di Cagliari, che raffigura un suonatore di launeddas, strumento polifonico a tre canne tipico dell’isola, utiizzato ancora oggi in processioni e balli. Difficile da suonare – richiede una tecnica di respirazione circolare – è formato da tre canne di diversa lunghezza: su tumbu (la più lunga), sa mancosa e sa mancosedda. Senza accompagnamento è invece il canto a Tenores, una polifonica a quattro voci maschili: sa boghe (voce solista, dirige il canto); sa contra e su basso (voci d’accompagnamento, scandiscono le sillabe con suono gutturale), sa mesa boghe (mezza voce, ha il compito di amalgamare il coro). Il ballo è momento integrante di feste religiose e sagre legate all’agricoltura e alla pastorizia. A testa alta, con il

corpo rigido, i ballerini si muovono a piccoli passi tenendo immobile il corpo. IL MUSEO DELLA MUSICA A Tadasuni, un piccolo paese sulle rive del lago Omodeo, si nasconde un vero gioiello: il Museo degli strumenti della musica popolare della Sardegna, che raccoglie più di trecento strumenti musicali. Il merito è di Don Giovanni Dore, parroco del paese, che da anni setaccia l’isola alla ricerca di strumenti. I più numerosi sono i caratteristici strumenti sardi, a fiato o ad aria, che vanno dallo zufolo alle launeddas, costruiti in genere in canna palustre.


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Sono conservati anche numerosi tamburi, realizzati con membrane di pelle di cane, d’asino o di capra. Il trimpanu veniva utilizzato per spaventare i cavalli e disarcionare i carabinieri. Non manca naturalmente anche l’organetto, introdotto in Sardegna intorno alla metà dell’Ottocento e costituito da cassa del canto, mantice e cassa dei bassi.

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Note


INTRODUZIONE ALLA SARDEGNA Note storiche


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NOTE STORICHE

Note storiche Antiche, molto antiche sono le origini della civiltà della Sardegna. I primi uomini la raggiunsero attraversando un ponte di terre emerse probabilmente fra 450 e 150.000 anni fa, poi una serie di culture diverse dominò l’isola fino all’avvento della civiltà nuragica dei re pastori, che ha lasciato eccezionali testimonianze.

Tra i circa 7.000 nuraghi costruiti in terra sarda, alcuni sono giunti fino a noi in ottime condizioni, come i complessi di Barumini e di Santu Antine e il nuraghe Losa. I Fenici raggiunsero la Sardegna 1.000 anni prima di Cristo e si stabilirono sulle coste (Tharros, Nora, Bithia e Cagliari) e i Romani, al termine delle guerre puniche, si insediarono sull’isola. Il controllo romano durò 700 anni e lasciò una serie di testimonianze importanti, ma alla caduta dell’Impero l’isola divenne nuovamente terra di conquista. Vandali, Bizantini,

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Arabi si disputarono a lungo i favorevoli approdi sardi, fino a che le repubbliche marinare di Pisa e di Genova fecero la loro comparsa sugli agitati mari della Sardegna. A questo periodo risale la fioritura dello stile romanico sardo, poi tramutato, dopo la conquista aragonese, in gotico. Dopo 400 anni di dominio spagnolo, la Sardegna venne assegnata all’Austria che la cederà, nel 1718, alla casa Savoia. Il regno di Sardegna sopravviverà fino all’Unità italiana. Dopo un lento sviluppo economico,

solo al termine della Seconda guerra mondiale verranno bonificate le paludi e gli stagni costieri: questo segnerà l’inizio del turismo e della storia della Sardegna di oggi.

La preistoria Anche se il ritrovamento di alcuni utensili litici a Perfugas attesta la presenza dell’uomo sin dal Paleolitico (150 mila anni fa), è solo intorno al 9000 a.C. che la Sardegna inizia a essere popolata da popolazioni provenienti dall’Asia Minore, dalle coste africane, dalla Penisola iberica e dalla Liguria. La ricchezza dei prodotti della terra e le miniere di ossidiana di Monte Arci assicurarono contatti e sviluppo. Intorno al 3000 a.C. i Sardi


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erano divisi in tribù, vivevano in villaggi di capanne dal tetto di paglia e seppellivano i morti nelle domus de janas. Intorno al 1800 a.C. si verifica il passaggio da una società agricola a una pastorale e guerriera: la civiltà nuragica. Le capanne vengono costruite a ridosso della struttura difensiva del nuraghe. Al primo periodo (1500-1000 a. C.) risalgono le Tombe di Giganti, per il culto dei morti.

Fenici, Cartaginesi e Romani Intorno al 1000 a.C. i Fenici iniziarono a sfruttare i ripari delle coste sarde. Con l’ntensificarsi degli scambi commerciali, circa 200 anni dopo, fondarono le città di Nora, Sulcis, Tharros, Olbia e, più tardi, quelle di Bithia e Karalis, attuale Cagliari. I buoni rapporti con i capi tribù

durarono poco. I popoli nuragici, dopo un periodo di pace, attaccarono le colonie fenicie che, nel 509 a.C., chiesero aiuto a Cartagine. Nel 238 a.C. i Cartaginesi, sconfitti nella prima guerra punica, cedettero la Sardegna ai Romani, che ne fecero una loro provincia. Per oltre un secolo le popolazioni locali opposero una strenua resistenza, che si concluse solo nel 215 a.C. con la battaglia di Cornus (p 129). Ma i Romani non sottomisero mai l’intera isola: nell’interno la resistenza dei popoli nuragici continuò a lungo. Grazie ai Romani, tuttavia, l’isola ebbe una sua rete viaria, templi, terme, acquedotti e anfiteatri.

Il Medioevo dai Vandali agli Aragonesi Anno domini 456: i Vandali occupano la Sardegna. Pochi anni dopo l’isola, occupata da Bisanzio, diviene una delle sette province africane dell’Impero romano d’Oriente. Nel vuoto di potere che segue, accentuato dalle invasioni arabe, nascono quattro principati autonomi: i “giudicati” di Torres, di Gallura, d’Arborea e di


NOTE STORICHE

Cagliari. Intorno al 1000 Pisani e Genovesi, dopo aspre battaglie contro gli Arabi, occupano porzioni dell’isola. Dopo un lungo periodo di contatti con l’Aragona, nel 1295 papa Bonifacio VIII firma la bolla che nomina Giacomo II d’Aragona “Re di Corsica e Sardegna”. Il 12 giugno del 1323 l’infante Alfonso sbarca con il suo esercito in Sardegna.

La dominazione spagnola Non è facile la conquista spagnola della Sardegna: i giudici d’Arborea intraprendono una lunga guerra contro gli invasori, Alghero si ribella varie volte e la corona è costretta a dar vita, nel 1355, alle “costituzioni”, sorta di parlamento in cui sono rappresentate le sei maggiori città dell’isola. Il potere passa definitivamente nelle mani degli Aragonesi solo nel 1409 quando, dopo la sanguinosa battaglia di Sanluri, il giudicato di Arborea viene cancellato e

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sostituito dal marchesato di Oristano. Con le nozze tra Ferdinando d’Aragona e Isabella di Castiglia ha inizio, nel 1479, il periodo spagnolo dell’isola. Nascono le università sarde (1562 Sassari, 1620 Cagliari) e la peste si abbatte a varie riprese sulla Sardegna. Nel 1714 l’isola, in seguito al trattato di Utrecht, viene ceduta all’Austria che, con il trattato di Londra, la lascerà a Vittorio Amedeo II di Savoia.

Il Regno di Sardegna (1718-1860) Tra i primi atti del governo sabaudo c’è un piano per la rinascita delle università sarde. A causa di una profonda crisi economica e sociale, nell’isola si diffonde il banditismo. Dopo la Rivoluzione del 1789 falliscono gli attacchi all’isola da parte della Francia rivoluzionaria, ma nel 1795 la


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Sardegna viene percorsa da fermenti: a Cagliari scoppia la “sarda rivoluzione” poi, nel 1799, la famiglia regnante si rifugia in Sardegna dopo l’invasione francese della Savoia. A Cagliari e a Sassari, una grande folla chiede ai Savoia la “fusione perfetta” con il regno. Nel 1849 Garibaldi approda a Caprera e acquista una parte dell’isola. Dodici anni dopo la Sardegna entra a far parte del Regno d’Italia.

Fra le due guerre si sviluppa l’industria mineraria, nasce Carbonia (1938), e viene portato avanti un complesso piano di bonifica e di realizzazione di invasi artificiali importanti, come il lago Omodeo, creato da una diga sul fiume Tirso. Durante il conflitto le città costiere sono devastate dai bombardamenti. Il 31 gennaio del 1948 l’Assemblea Costituente approva lo Statuto della Regione Autonoma della Sardegna.

La Sardegna dell’Unità (1861-1948)

La Sardegna oggi

L’industrializzazione della Sardegna avanza: nel 1871 entra in funzione il primo tronco della ferrovia sarda e ferve il lavoro nelle miniere del Sulcis e dell’Iglesiente. Nascono i primi quotidiani, e a fine secolo Nuoro diviene la culla di un movimento culturale che darà i suoi frutti con Grazia Deledda. Nella Prima guerra mondiale, l’eroismo della Brigata Sassari diviene il simbolo della rinascita sarda che, nel 1921, porterà alla nascita del Partito Sardo d’Azione.

Se la Sardegna odierna ha una data di nascita, probabilmente è il 12 aprile 1946, quando fu fondato l’Ente Regionale per la Lotta Antianofelica, che porterà, nel 1950, alla bonifica delle paludi costiere. Le coste, rifuggite per millenni, divengono accessibili, e nasce la Sardegna del mare: la Costa Smeralda, invenzione dell’Aga Khan degli Ismailiti, diviene un nome famoso in tutto il mondo. Nel frattempo, la vita dei sardi cambia, diminuiscono pastori ed agricoltori, si sviluppano l’industria e il terziario causando però danni ingenti all’ambiente naturale. Oggi la Sardegna è a un bivio. Da un lato, il proseguimento dello “sviluppo” senza freni, dall’altro, una nuova, costante attenzione alla vera ricchezza dell’isola: la natura incontaminata e la diversità degli ambienti.


NOTE STORICHE

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Note


LA SARDEGNA ZONA PER ZONA Cagliari e il Sud


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LA SARDEGNA ZONA PER ZONA


CAGLIARI E IL SUD

Cagliari e il Sud Dune costiere alte fino a 50 metri, stagni salmastri dove nidificano colonie di fenicotteri rosa, foreste di macchia mediterranea in cui sopravvivono gli ultimi esemplari di cervo sardo. Ma in questa zona dell’isola ci sono anche i più interessanti siti archeologici della regione, come quelli di Nora e Barumini.

Per non parlare dell’archeologia industriale dell’area mineraria dell’Iglesiente che dopo anni di crisi dovrebbe essere riconvertita al turismo. Nel Sulcis e nell’Iglesiente le bellezze naturali si sposano sapientemente con gli edifici minerari del secolo scorso, simili a castelletti gotici ora invasi dalla macchia mediterranea. La storia mineraria della regione è antica e risale a 7000 anni fa, quando l’isola era abitata da un popolo che aveva scoperto come estrarre e fondere rame e argento. Poi arrivarono i Fenici che trasportarono in tutto il Mediterraneo le ricchezze del sottosuolo sardo. Nel Medioevo furono i Pisani a dare nuova linfa alle miniere d’argento, mentre il fascismo puntò tutto sul carbone, in nome dell’autonomia energetica. Poco distanti dalla costa, San Pietro e Sant’Antioco, isole non solo in senso geografico. I centri di Calasetta e Carloforte sono abitati dai discendenti di quei pescatori liguri che furono costretti a lasciare l’Africa del Nord dove erano tenuti in ostaggio dai corsari barbareschi e che, della lontana Liguria, hanno mantenuto parlata, tradizioni culinarie e architettura delle case. Alle spalle delle montagne del Sud si apre la pianura del Campidano bordata da siepi di fichi d’India e da filari di eucalipti. Questa zona da sempre è stata il

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“granaio” dell’isola, anche se oggi al lavoro dei campi si unisce quello delle fabbriche, che sono concentrate principalmente nell’area di Cagliari. Il capoluogo della regione deve la sua origine sempre ai navigatori fenici. Ma l’impronta più indelebile in questa città l’hanno lasciata i dominatori aragonesi che hanno costruito il quartiere fortificato in cima alla rupe, tuttora chiamato Castello.

CAGLIARI

Capoluogo della regione e importante porto al centro del Golfo degli Angeli, Cagliari si è sviluppata ai piedi della collina di Castello, il quartiere pisano-aragonese. Furono i Fenici, nell’VIII-VI secolo a.C., a scegliere la riva orientale della laguna di Santa Gilla come approdo per rifornire le navi nelle rotte tra Libano e Penisola iberica. Kàralis, che significa città rocciosa, diventò presto uno dei centri commerciali più importanti del Mediterraneo. A dare a Cagliari l’aspetto attuale furono i Pisani, che risiedevano in Castello. Ai Sardi, cui era consentito l’ingresso solo durante il giorno, erano riservati i borghi murati di Stampace e Villanova, oggi quartieri centrali. Nel 1862 le fortificazioni vennero abbattute. La città moderna, circondata su tre lati dal mare e dagli stagni, si è espansa solo verso nord. VISITANDO CAGLIARI Via Roma è il primo impatto con la Sardegna per chi arriva dal mare. Il viale corre parallelo alla banchina del porto, con palazzi signorili costruiti


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LA SARDEGNA ZONA PER ZONA


CAGLIARI E IL SUD

nel secolo scorso e lunghi portici d’impronta sabauda. Durante il giorno il viavai è continuo davanti ai negozi o nei caffè dove la gente sosta per chiacchiere rilassate. Alle spalle i vicoli di Marina, il vecchio quartiere abitato un tempo da mercanti e pescatori, con trattorie tradizionali, botteghe artigianali e negozi d’antiquariato. Ma anche vicoli fatiscenti e osterie da angiporto. Largo Carlo Felice è un ampio viale alberato, realizzato nella seconda metà del secolo scorso, che prende il nome dal re di Sardegna, immortalato da una statua. All’angolo con via Roma sorge il Palazzo Comunale, una costruzione di inizio secolo in stile neogotico, con bifore e torrette. È stato ricostruito dopo l’ultima guerra. Nelle sale di rappresentanza si trovano dipinti di Giovanni Marghinotti e Filippo Figari. Nella sala della Giunta interessante il Trittico dei Consiglieri. Si può visitare rivolgendosi al custode. BASTIONI DI SAINT REMY Costruiti alla fine dell’800 sui bastioni spagnoli della Zecca e dello Sperone, si raggiungono da piazza Costituzione con una scala a tenaglia che porta alla Terrazza Umberto I. La vista spazia dai quartieri lungo il mare fino agli stagni e alla Sella del Diavolo; in lontananza le cime dei Sette Fratelli e di Monte Arcosu. Tutte le domeniche mattina la spianata si riempie dei banchetti di un colorato mercatino delle pulci. Al piano intermedio la passeggiata coperta utilizzata per mostre e manifestazioni. ANFITEATRO ROMANO Viale Fra Ignazio. # estate 9-13, 15.3019; inverno 9-17. La più importante testimonianza della Cagliari romana

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risale al II secolo d.C. L’anfiteatro è stato interamente scavato nella roccia, alla maniera dei teatri greci. Era utilizzato come circo per le belve feroci e per le naumachie (gli spettacoli che riproducevano le battaglie navali,

in voga nell’antica Roma). Un sistema di canalizzazioni permetteva di riempire la fossa di acqua. Durante il Medioevo crollarono le parti in muratura e le gradinate vennero utilizzate come cava di pietra per la costruzione di Castello. Sono arrivati fino a oggi la cavea, la fossa per le belve, i sottopassaggi, i sotterranei e le gradinate. ORTO BOTANICO Viale Fra Ignazio 13. § 070 67 53 501. # 8-13.30, 15-19 apr-ott. ¢ pomeriggio nov-mar. & 7 Si estende alle spalle dell’Ospedale su una superficie di circa 5

ettari. Fondato nel 1865, raccoglie oltre 500 specie di piante tropicali provenienti da America, Africa, Asia, Oceania e le più caratteristiche piante mediterranee. L’area è piena di piccole cavità come la Grotta Gennari che nel secolo scorso fu attrezzata per la coltivazione delle felci grazie alla temperatura e all’umidità presenti al suo interno. L’Orto


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Botanico conserva anche alcune testimonianze di epoca punicoromana: cisterne e gallerie realizzate per rendere più flessibile il sistema di approvvigionamento idrico, che possono essere visitate. Come la galleria romana o la cisterna a forma di damigiana. CATTEDRALE Piazza Palazzo. # 8.30-12.30 lun-ven; 8.30-13, 16.30-20 sab, dom e fest. Museo Capitolare § 070 66 38 37. Visita su appuntamento. Dedicata a Santa Maria, venne costruita dai Pisani tra il XII e il XIII secolo e trasformata nel corso dei secoli. Nel 1930 la facciata fu rifatta nel tentativo di ridare alla chiesa l’originale stile romanico toscano, perduto durante una ristrutturazione nel XVII secolo. L’interno, a tre navate, conserva il pulpito che Mastro Guglielmo scolpì fra il 1159 e il 1162 per la cattedrale di Pisa e che la città toscana donò a Cagliari. Sotto l’altare maggiore è scavata una cripta con le tombe di principi di Casa Savoia. Nell’Aula Capitolare è conservata una raccolta di dipinti con un Cristo Flagellato attribuito a Guido Reni. Il Museo Capitolare conserva le più importanti opere del Tesoro della Cattedrale composto da anfore, calici, piatti cesellati. Al centro una grande Croce in argento dorato. IL QUARTIERE CASTELLO La parte più antica della città, fu costruito in gran parte da Pisani e Aragonesi sulla sommità del colle. Protetto da mura, racchiudeva i palazzi della aristocrazia e la Cattedrale. Col tempo ha perso la sua funzione di centro di

potere e i palazzi nobiliari hanno subito un progressivoi degrado. Il quartiere ha un andamento a fuso, con tre strade parallele che lo attraversano da sud-est a nord-ovest. Al centro piazza Palazzo su cui affacciano la Cattedrale, il Palazzo Arcivescovile, l’ex Palazzo di Città e l’ex Palazzo Reale, sede della Prefettura. A fianco della Cattedrale, la Chiesa della Speranza, cappella della famiglia Aymerich. STAGNI Attorno a Cagliari si sviluppa una rete di stagni e paludi che ospita una ricca fauna. Sul lato occidentale del Golfo degli Angeli si incontra lo stagno di Santa Gilla, con le antiche saline di Macchiareddu. A oriente della città, in piena periferia, lo stagno di Molentargius è un ottimo rifugio per gli uccelli migratori: il naturalista Helmar Schenk vi ha osservato 170 specie, numero pari a un terzo dell’intera avifauna europea. Poco oltre, lungo la costa, si trovano gli specchi d’acqua di Simbirizzi e di Quartu. Dopo anni di degrado, oggi le zone umide che circondano Cagliari sono diventate aree protette. Attive in passato, le saline lavorano adesso solo nella zona di Santa Gilla; tra agosto e marzo i fenicotteri rosa che planano sulle acque attirano decine di naturalisti. Dal 1993 i fenicotteri hanno anche iniziato a nidificare sugli argini del Molentargius. LA VITA NEGLI STAGNI Studiata da decenni, l’area degli stagni è ufficialmente protetta dal 1985. Grande interesse viene, a partire dal 1993, grazie alla nidificazione dei fenicotteri rosa. Oltre ai fenicotteri (il cui numero supera in alcune stagioni le 10.000 unità), si possono osservare il cavaliere d’Italia, l’avocetta, la pernice


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di mare, il cormorano e l’alzavola. Sulle acque di Macchiareddu, invece, germani, folaghe e codoni.

UTA

sormontata da un piccolo campanile a vela. Di grande interesse le figure alla base degli archetti: teste umane, cervi, vitelli, disegni geometrici. Per Santa Lucia è meta di una processione di carri (traccas). Dintorni: il paese-museo di San Sperate famoso per i murales di vari autori e per le sculture di Pinuccio Sciola.

SANLURI Posta tra il campidano e le montagne del Sulcis, Uta è un fiorente centro agricolo. Ai margini dell’abitato sorge la chiesa di Santa Maria, costruita nel 1140 dai Vittorini di Marsiglia. La facciata, in pietra chiara con qualche concio di colore più scuro, è decorata con cornici ad archetti pensili e

Importante paese ai bordi del Campidano, si è sviluppato intorno al Castello di Eleonora d’Arborea. L’edificio, costruito nel XIV secolo, passò di mano diverse volte prima di entrare in possesso degli Aragona. Oggi è proprietà dei conti Villasanta che lo hanno restaurato ospitando un Museo del Risorgimento. La struttura


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è massiccia, a base quadrata, con quattro torri angolari. All’interno sono conservati pregevoli mobili, dal letto cinquecentesco a sculture d’epoca come San Michele nell’atrio. Al piano superiore il Museo della Ceroplastica con miniature del Cinquecento. Su un dosso sorge il Convento dei Cappuccini. All’interno vi è un Museo Storico Etnografico con una raccolta di oggetti di lavoro, paramenti sacri e reperti archeologici.

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SERRI Centro agricolo-pastorale, sorge sul bordo di un tavolato roccioso, che domina le colline della Trexenta. Proprio sulla punta del promontorio, il Santuario nuragico di Santa Vittoria, una delle rovine più affascinanti dell’isola. Nella zona archeologica sono stati portati alla luce i bronzetti votivi (esposti al Museo Archeologico di Cagliari). Dall’ingresso si raggiunge il grande Recinto delle feste, un remoto predecessore dei santuari campestri (cumbessias o muristeni), presente nelle principali chiese di campagna della Sardegna per offrire ospitalità ai novenanti. A pianta ellittica, è formato da un’ampia corte centrale su cui si affacciano vani porticati destinati ad accogliere i pellegrini convenuti al tempio del dio delle acque. Sul promontorio, il Pozzo a Tempio, in


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ottimo stato di conservazione, è formato da una scala di 13 gradini in basalto, di sorprendente regolarità.

SÀRDARA Ai margini del Campidano, Sàrdara è un borgo che ha avuto una storia movimentata, vista la sua posizione al confine tra il Giudicato di Arborea e quello di Cagliari. Dell’epoca medievale rimangono i ruderi del Castello di Monreale, in cima a un dosso che domina la pianura. Il paese ha una pianta irregolare, dovuta alle successive fasi di espansione, ma conserva grandi case in pietra con portale ad arco nella zona intorno alla chiesa romanico-gotica di San Gregorio, dalla facciata alta e stretta, con un bel rosone scolpito. Nella parte alta, posto a pochi vicoli di distanza dalla cinquecentesca parrocchiale della Beata Vergine Assunta sorge il Tempio nuragico a pozzo di Sant’Anastasia. Risale al IX-X secolo a.C. ed è formato da blocchi di basalto e calcare non squadrati. Una sorgente di acque curative che sgorga vicino gli valse nell’antichità il nome di “Fontana dei dolori”: un canaletto in pietra portava al tempio l’acqua della sorgente sacra. Nei locali del vecchio municipio, infine, il Museo Archeologico Villa Abbas espone una serie di oggetti provenienti dall’area di Sant’Anastasia, da tombe nuragiche, fenicie e romane della zona. Interessanti anche le mostre di reperti medioevali. Dintorni: a 2 km i resti del complesso termale romano Aquae Neapolitanae. Sono visibili una vasca quadrata, le fondamenta degli edifici vicini e la

chiesetta gotica di Santa Maria is Acquas.

VILLANOVAFORRU

Centro agricolo ai piedi della Marmilla, ha la topografia tipica del Seicento, quando venne fondato sotto gli Spagnoli. La struttura delle abitazioni ha conservato i tratti tradizionali e nel palazzetto del Monte Granatico (una specie di banca del grano) è allestito un piccolo ma curato Museo Archeologico. Da vedere, al secondo piano, gli oggetti votivi dedicati al culto di Demetra e Core (epoca punico-romana). Sulla stessa piazza, in due tradizionali abitazioni ristrutturate dal Comune, si organizzano mostre temporanee. Nei dintorni, ben segnalato sulla strada verso Collinas, il complesso nuragico di Genna Maria. Il nuraghe, riportato alla luce solo nel 1977 e ancora oggetto di scavo, sorge in posizione dominante sulla cima di una collina. A pianta trilobata, ha un torrione centrale, circondato da tre grandi torri unite tra loro da spesse mura che racchiudono all’interno un cortile con pozzo a thòlos. All’esterno dell’area del villaggio corre un’altra cinta di mura con sei torri angolari.

GÙSPINI Centro del Campidano, nel cuore della regione mineraria, ha una bella chiesa del XV secolo, San Nicola di Mira, che ne costituisce il fulcro. Il borgo è


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interessante perché nei suoi pressi si trova la miniera di Montevecchio, negli anni ’50 una delle più grandi d’Europa. Nonostante il progressivo abbandono, il villaggio minerario è da visitare per vedere l’architettura delle case, il palazzo della direzione, la chiesa, le case dei dirigenti, la scuola, l’ospedale. In estate vengono organizzate visite guidate alla miniera, alla palazzina della direzione e alla mostra sulla vita dei minatori. Vicino a Montevecchio si staglia il massiccio di Monte Arcuentu con resti di un antico castello. Per la festa di Santa Maria si svolgono una processione di cavalli bardati e un concorso ippico.

ARBUS Piacevole paese dalle case in granito posto alle pendici del Monte Linas. È famoso per la lavorazione dei coltelli, a lama ricurva, arrasoias, che vengono prodotti da artigiani locali. Nei dintorni il borgo minerario abbandonato di Ingurtosu, costruito dalla

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società francese Pertusola, ex proprietaria delle miniere. Le case, la chiesa e la palazzina della direzione sono circondate dal verde della macchia mediterranea e della pineta. Una strada sterrata scende tra miniere, edifici abbandonati e gigantesche discariche fino a Narcauli con le rovine della caveria costruita nel primo dopoguerra. Un tempo un trenino decauville portava il materiale estratto fino al mare dove veniva caricato sulle navi. Alcuni tratti delle vecchie rotaie con i carrelli si possono vedere sulla spiaggia di Piscinas nei pressi dell’albergo Le Dune, ricavato da un vecchio edificio minerario. Alle spalle una catena di bianche dune, formate dal vento, ma ricoperte dal verde della macchia mediterranea. La spiaggia si estende per 9 km verso sud fino a Capo Pecora, mentre a nord lascia posto a una costa rocciosa che prende il nome di Costa Verde.

FLUMINIMAGGIORE Nella valle del rio Mannu, Fluminimaggiore è una borgata agricola che risale al Settecento. Nei dintorni, a 9 km sulla statale per


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Iglesias, un cartello turistico ben visibile porta alle rovine del Tempio romano di Antas. Dedicato al Sardus Pater, considerato dai Romani dio e progenitore del popolo sardo, venne scoperto nel secolo scorso, ma gli scavi iniziarono solo nel 1966. Il tempio fu costruito nel III secolo d.C. sul luogo di un preesistente tempio punico. Anche se della struttura restano solo sei colonne, il luogo è pieno di fascino per la posizione isolata nella macchia mediterranea. La strada che si dirige verso il mare tocca la bella spiaggia di Portixeddu, protetta da dune ricoperte da una pineta, e sale poi verso Capo Pecora, da dove si gode un ampio panorama della costa.

occasione dei primi moti operai. Nei dintorni si trova la costa più selvaggia dell’isola. Alta e dirupata, a sud si apre sulla baia di Cala Domestica, una delle più belle della Sardegna, ben protetta in fondo a un fiordo roccioso sorvegliato da una torre spagnola. Sulla piccola spiaggia un tempo venivano imbarcati i minerali estratti a Montecani, sopra Masua. La costa fino a Capo Pecora è bassa e sabbiosa, protetta da alte dune.

IGLESIAS

BUGGERRU

Ex villaggio minerario che si concentra sul fondo di una valletta affacciata sul mare, si è da poco riconvertito al turismo con l’apertura di un comodo porto turistico (l’unico tra Carloforte e Oristano). Fondato nel secolo scorso in una zona ricca di giacimenti, divenne in pochi anni un fiorente borgo minerario, centro direzionale della francese Société Anonyme des Mines des Malfidano. Nel paese, circondato oggi da cumuli di detriti, c’erano allora la corrente elettrica, un ospedale, scuole, librerie, una società di Mutuo Soccorso e un piccolo teatro dove si esibivano cantanti d’opera lirica. Nella parte bassa del paese sono esposte le sculture che Pinuccio Sciola ha dedicato ai minatori morti nel 1904, in

Iglesias, Villa di Chiesa, venne fondata nel XIII secolo dal conte Ugolino della Gherardesca, quando i Pisani riattivarono le miniere abbandonate al tempo dei Romani. La produzione di argento era allora molto alta, e la città aveva il diritto di coniare le sue monete. A metà del secolo scorso Iglesias attraversò un altro periodo di splendore grazie alla Miniera Monteponi. Oggi le discariche di detriti e i ruderi degli edifici minerari in gran parte abbandonati circondano un centro storico ben conservato, con la centrale via Matteotti, pedonale, che porta verso piazza del Municipio, una delle più belle dell’isola. Su di essa si affacciano il Vescovado, il Palazzo del Comune e la Cattedrale di Santa Chiara. Terminata alla fine del XVII secolo, ha una bella facciata romanicogotica con un rosone fiancheggiato da due finestre chiuse e una serie di archetti. Intorno si dipartono le vie tortuose con palazzetti a due piani dai


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balconi di ferro battuto. Si arriva così a San Francesco, costruita a varie riprese tra il ’300 e il ’500, a navata unica con cappelle nobiliari laterali. Da Piazza Sella, una passeggiata di mezz’ora conduce alle mura pisane e al Castello di Salvaterra, in cima alla collina. Dintorni: in località Case Marganai si trova il Giardino Botanico Linasia, novemila metri quadrati dove ammirare tutti gli esemplari della macchia mediterranea. Il Museo Casa Natura custodisce reperti naturali e dell’attività mineraria. Per scoprire le vestigia del passato minerario sono organizzate visite guidate da cooperative turistiche in collaborazione con l’Associazione Minatori. Tra le più interessanti la via dell’argento lungo un percorso che dalle miniere di San Giovanni conduce al villaggio abbandonato di Seddas Moddizzis. Lungo il tragitto s’incontra il pozzo Santa Barbara che con le sue mura merlate sembra un castello medievale. In alternativa la visita all’insediamento minerario di Monteponi, dall’elegante palazzina di Bellavista alla struttura slanciata del pozzo Sella.

MINIERA MONTEPONI La costa che dalla spiaggia di Fontanamare porta a Masua è selvaggia e molto panoramica grazie ai faraglioni di Masua e al Pan di Zucchero, uno scoglio bianco che raggiunge l’altezza di 132 m. A completare il quadro le rovine di archeologia industriale intorno a Nebida, piccolo centro minerario con i suggestivi resti della Caveria La Marmora, in bilico tra terra e mare, che può essere raggiunta con una panoramica passeggiata. Oltre Nebida si giunge a Masua, con una spiaggia dominata dalla falesia calcarea di Monte Nai.

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CARBONIA Al centro della regione carbonifera del Sulcis, Carbonia è una città recente: i lavori, durati due anni, iniziarono nel 1936. Dell’epoca è rimasto l’impianto urbanistico-architettonico fascista con strade ampie e regolari che convergono verso la centrale piazza Roma, con il Municipio, la Torre civica e la Chiesa parrocchiale di San Ponziano con un campanile in trachite, copia della cattedrale di Aquileia. L’ex residenza del direttore delle miniere, Villa Sulcis, è stata trasformata in Museo archeologico dove ammirare gioielli, ceramiche e bronzetti provenienti da domus de janas e dagli scavi archeologici di Monte Sirai. Fossili, minerali rari e la ricostruzione di una grotta naturale sono invece i pezzi forti del Museo di Paleontologia e Speleologia Martel. Nei dintorni di Carbonia una strada ben segnalata porta alla collina sulla cui cima si estende il complesso archeologico di Monte Sirai. La visita vale anche solo per il panorama che spazia fino alle isole di Sant’Antioco e di San Pietro. Interessanti le rovine, ancora oggetto di scavi. L’acropoli fortificata di Monte Sirai venne costruita dai Fenici nel IV secolo a.C. come difesa di Sulki (l’odierna Sant’Antioco). La cinta muraria, spessa fino a 4 m, proteggeva l’acropoli e gli alloggi della guarnigione.

Lo sviluppo urbanistico segue le asperità del terreno con tre vie parallele che dividono cinque isolati. Interessante l’area della necropoli: quella fenicia presenta tombe a fossa mentre quella punica è formata da una dozzina di tombe a ipogeo.

CALASETTA Secondo centro dell’isola di Sant’Antioco e porto d’imbarco per Carloforte, Calasetta è stata progettata nel 1769 da un ingegnere militare piemontese per accogliere i pescatori liguri che arrivavano da Tabarka. Le strade regolari con case a due piani portano alla piazza principale e alla Chiesa Parrocchiale dai campanili arabeggianti. La strada che si dirige a sud lungo la panoramica costa occidentale alterna scogliere a calette e spiagge.

SANT’ANTIOCO Sant’antioco è il centro principale dell’isola omonima collegata alla terraferma da un istmo artificiale; sin dall’epoca romana esisteva un ponte ad arcate di cui rimangono solo pochi resti. Fondata dai Fenici nell’VIII secolo a.C. con il nome di Sulki, fu una delle città più importanti del Mediter-


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raneo, dal cui porto transitavano i minerali, oro compreso, estratti nell’Iglesiente. Per questo Tolomeo la chiamò insula plumbaria, l’isola del piombo. Al tempo della II guerra punica, il porto fu usato come base dalla flotta cartaginese. L’alleanza le costò in seguito la punizione da parte dei vincitori Romani. Questo non fermò la sua espansione che continuò fino alla fine dell’Impero. Nel Medioevo le continue scorrerie dei pirati portarono a un progressivo abbandono. L’abitato si estende dal mare alla collina, con case dai balconcini in ferro battuto. In cima al paese, su un’altura rocciosa, il Castello Sabaudo in trachite rossa e l’Acropoli della città punica. Su una roccia trachitica che domina il mare c’è il Tophet, il santuario-necropoli dove venivano deposte le ceneri dei bambini nati morti o defunti poco dopo la nascita. In zona l’area della Necropoli punica, una quarantina di tombe ipogee, utilizzate per deposizioni di gruppi familiari e successivamente dai Romani per la deposizione di urne in pietra o piombo contenenti le ceneri dei defunti. Le tombe occupano tutta la parte alta dell’abitato, trasformate nell’epoca cristiana in catacombe paleocristiane. Sotto la chiesa di Sant’Antioco, costruita nel VI secolo con pianta a croce greca e cupola centrale ma modificata intorno al 1000, si aprono le catacombe dove la tradizione vuole fosse sepolto il santo patrono dell’isola proveniente dalla Mauritania (in periodo romano l’area del Maghreb). Se ne può visitare solo una parte aperta sotto il transetto destro. I vani sono alti meno di due metri e in alcuni punti affrescati. Nella vicina Via Regina Margherita, nella palazzina del Monte Granatico è

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stato aperto l’Antiquarium Civico in attesa che vengano ultimati i restauri del Museo Archeologico ai piedi del Tophet. All’interno ceramiche, gioielli e oggetti fenici e romani. Interessante anche la raccolta del Museo Etnografico, aperto nel luglio 1996, grazie a donazioni e a prestiti privati, in un vecchio impianto di vinificazione. Nella grande stanza sono presentati tutti gli attrezzi da cucina, quelli per fare il formaggio e quelli per coltivare la vigna. Nella sezione tessitura sono esposti fusi e telai per la lavorazione della lana e del bisso, il filato impalpabile che si ricava dalla Pinna nobilis, la nacchera, il più grande bivalve del Mediterraneo. Nel portico esterno sono esposti gli strumenti per la vinificazione e l’allevamento. A fine giugno, per la festa di San Pietro, patrono dei pescatori, si svolge una suggestiva Processione a Mare.

TRATALÌAS Piccolo centro del Sulcis, fino al 1413 fu sede vescovile, come testimonia la cattedrale di Santa Maria, in stile romanico pisano. Consacrata nel 1213, presenta una facciata divisa orizzontalmente da una cornice ad archetti pensili, sormontata da un rosone. Curioso il timpano da cui sporge l’ultimo tratto della scala d’accesso al tetto. Anche i fianchi e l’abside sono percorsi da lesene ad archetti. All’interno le tre navate sono divise da grossi pilastri a sezione ottagonale. Un retablo datato 1596 è dedicato a San Giovanni Battista e a San Giovanni Evangelista, con al centro la Vergine e il Bambino.


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SANTADI Costruita su diversi piani sulle sponde del rio Mannu, Santadi conserva esempi di architettura tradizionale in trachite e scisto. Oggetti da lavoro e arredi della casa sono raccolti nel Museo Etnografico Sa Domu Antigua, che ha all’interno un punto di vendita di prodotti artigianali del Sulcis. Nella prima quindicina di agosto vi si svolge il matrimonio mauritano o maureddino, la cui tradizione sembra risalga addirittura ad alcune popolazioni nordafricane trasferitesi nel Sulcis in epoca romana. L’area intorno a Santadi era abitata in epoca nuragica come testimoniano le ceramiche e gli oggetti in oro, rame e bronzo (come una barchetta votiva e un tripode in stile cipriota) ritrovati nella grotta Pirostu e conservati al museo archeologico di Cagliari. Vicino a Santadi è stata scoperta la fortezza fenicio-punica di Pani Loriga, su un piccolo tavoliere a sud-ovest. Interessante la grotta Is Zuddas, ricca di aragoniti, stalagmiti e stalattiti, che si può visitare con le guide della cooperativa Monte Meana. Nei dintorni, in territorio di Villaperuccio, la necropoli ipogeica di Monte Essu. Alcune domus de janas conservano sulle pareti le tracce dell’originale rivestimento in giallo e rosso. Altre erano destinate a luogo di culto, come la grotta-tempio (la prima dopo la salita) con un ingresso di 2 m per 2, un atrio e una grande camera sepolcrale.

BAIA CHIA Località della costa meridionale, è famosa per il suo sistema di dune che si stende fino a Capo Spartivento e che dovrebbe diventare il cuore di una riserva naturale della Regione. Alle spalle delle spiagge di sabbia candida

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si alza un cordone di dune alte fino a 24 m, su cui vivono contorti ginepri secolari, e uno stagno che d’inverno ospita garzette, aironi cinerini, svassi e altri migratori acquatici. Il paesino di Chia, una frazione di Domus De Maria, è formato da poche case, immerse nel verde di grandi piante di fichi, e da un paio di alberghi per le vacanze. La baia dall’acqua cristallina è chiusa da un promontorio dominato da una torre spagnola e da scogli rossi ricoperti dalla bassa macchia mediterranea. Ai piedi della torre si possono visitare i pochi resti del centro fenicio-punico di Bithia, menzionato da Tolomeo ma che non raggiunse mai l’importanza di Nora e Tharros. Della città, non ancora completamente portata alla luce e sommersa per secoli dal mare, sono rimaste alcune tombe fenicie, puniche e romane accanto alle rovine di un tempio dedicato probabilmente al dio Bes. Dintorni: il litorale fino a Capo Spartivento è tutto un susseguirsi di magnifiche baie, dune e pinete raggiungibili a piedi o lungo una strada sterrata.

PULA - NORA Centro agricolo di origine recente, è famoso per i resort turistici di Santa Margherita, per il campo di golf e per le rovine di Nora, la città più antica della Sardegna. L’area archeologica si stende ai piedi di Capo di Pula, un promontorio ammantato di macchia mediterranea con una torre eretta nel XVI secolo dagli Spagnoli per difendersi dai corsari. Fondata dai Fenici tra il IX e l’VIII secolo a.C., Nora divenne sotto Cartagine il centro più importante dell’isola. La sua supremazia continuò con Roma tanto che nel 238 fu scelta come capitale della provincia sarda romana. Nel Medioevo venne abbandonata perché esposta alle continue incursioni dei pirati arabi.


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Ma nel frattempo il progressivo abbassamento del terreno aveva già coperto di acqua i tre porti. Poco resta del periodo punico anche se i ricchi corredi delle sepolture testimoniano un’intensa attività mercantile. Della città cartaginese si può ammirare il tempio dedicato alla dea della fertilità Tanit, su un’altura che domina tutto il complesso. Ben disegnata la città romana con il teatro, le terme, le abitazioni, le strade lastricate con rete fognaria. Di grande interesse i mosaici caratterizzati dall’uso quasi esclusivo dei colori bianco, nero e ocra. Molti ritrovamenti, comprese le iscrizioni puniche con la prima attestazione del nome Sardegna, sono conservate al Museo Archeologico di Cagliari. Le ceramiche sono invece esposte nel minuscolo Museo Archeologico locale. Gli scavi continuano nella zona del macellum, a ridossodell’area militare. Nei pressi sorge la chiesetta romanica di Sant’Efisio, costruita dai monaci Vittorini nell’XI secolo, meta dell’annuale processione che parte da Cagliar.

QUARTU SANT’ELENA Cittadina alla periferia di Cagliari, è cresciuta vertiginosamente negli ultimi anni fino a diventare una delle più grandi dell’isola. Sorge ai margini delle saline e dello stagno omonimo, scelto come stabile dimora e come nursery da decine di coppie di fenicotteri che da qualche hanno vi nidificano. Davanti al moderno palazzo comunale sorge la Casa Museo Sa Dom ’e Farra, alla lettera “La casa della farina”, una grande abitazione padronale campidanese che raccoglie migliaia di attrezzi della tradizione quotidiana domestica e agricola del passato. Sono oltre 14.000 i pezzi raccolti in una vita dall’ex pastore Gianni Musiu. Gli oggetti sono ambientati in diverse stanze dedicate a lavori diversi, dalle selle e dai finimenti in cuoio dello stalliere ai carri e al mantice del fabbro. Interessante il frigorifero a neve che funzionava grazie alla neve raccolta in Barbagia, portata a Cagliari a dorso di mulo e conservata sottoterra in grandi contenitori di paglia. La casa comprendeva le abitazioni per i padroni e per un buon numero di


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dipendenti, pi첫 i locali a porticato su un grande cortile, utilizzati per le lavorazioni domestiche e agricole, come la molitura, la preparazione del pane, la riparazione degli attrezzi.

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Note


LA SARDEGNA ZONA PER ZONA La Costa orientale


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La Costa orientale All’interno chilometri e chilometri di pascoli e rocce, sul mare falesie inaccessibili che sprofondano nell’acqua turchese, dove da poco è ricomparsa la foca monaca. Per questo, il tratto di costa del Golfo di Orosei è entrato a far parte del Parco Nazionale del Gennargentu, istituito per proteggere aquile reali e mufloni. Senza città di rilievo, la Costa orientale vanta buoni centri balnerari concentrati intorno ad Arbatax e a Villasimius. Salvo in alcuni tratti, la strada corre lontano dal mare; per questo il più delle volte le spiagge sono da conquistare con lunghe escursioni a piedi o seguendo strade sterrate che sembrano perdersi nella macchia mediterranea. Anche le cittadine più importanti come Orosei, Muravera o Dorgali non sono situate lungo la costa, ma leggermente all’interno. La causa è da attribuirsi alla malaria che ha mietuto vittime fino all’ultimo dopoguerra e agli attacchi dei pirati che per secoli hanno infestato le coste.

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Le zone dell’interno sono terra di pastori che da secoli hanno condotto le greggi al pascolo lungo i tratturi oggi percorsi dai fuoristrada. Al sud, poco conosciuta e sfruttata turisticamente, la regione del Sarrabus riserva grandi sorprese a chi ama avventurarsi fuori dai circuiti tradizionali. Fino a pochi anni orsono è rimasta isolata per la difficoltà delle comunicazioni. L’unico modo per arrivare a Cagliari era il trenino a scartamento ridotto che s’inerpicava per le valli e che oggi può costituire la meta di un viaggio a ritroso nel tempo. Al centro, la regione dell’Ogliastra, con le sue spiagge sabbiose che variano dal grigio perla al rosso acceso, offre montagne dure dove la civiltà pastorale non è stata scalfita dalla modernità e la vita dei paesi scorre ancora con ritmo arcaico. Più facile la regione delle Baronie, con le cittadine di Siniscola e di Orosei, ben servite dai mezzi di trasporto e dalla superstrada. La statale 125 collega Olbia con Cagliari lungo la costa orientale. Il tratto più spettacolare è quello tra Dorgali e Baunei, 63 km di curve di montagna nel cuore del Parco nazionale del Gennargentu. Questo tratto di


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strada è stato tagliato nella roccia dai carbonai piemontesi che tra la metà e la fine dell’Ottocento frequentavano (unici stranieri) queste valli impervie, tagliando gli alberi che caricavano poi sulle navi per il Continente. Un disboscamento poi rivelatosi irreversibile.

ARBATAX Questo centro sorge ai piedi di Capo Bellavista, una falesia di porfido rosso che termina in mare con le celebri rocce del medesimo colore, di grande effetto cromatico. Il porto, protetto da una torre spagnola, è il capolinea dei treni a scartamento ridotto che arrivano da Cagliari. La costa vanta acque limpidissime e baie incantevoli, come Cala Moresca, dove il porfido rosso contrasta con alcuni blocchi di granito grigio e con l’azzurro delle acque. Più a sud Porto Frailis, protetto anch’esso da una torre spagnola, e la lunga spiaggia di Orrì. Dal Faro di Capo Bellavista si gode un bel panorama sul mare e sugli isolotti dell’Ogliastra. Nella baia una strada privata porta al club Vacanze di Cala Moresca, ricostruzione di un tipico villaggio mediterraneo, con portoni in legno massiccio e inferriate provenienti dalle case che furono abbandonate a Gairo Vecchia dopo un terremoto.

SANTA MARIA NAVARRESE Piccolo centro balneare costruito intorno a una bella chiesa campestre da cui ha preso il nome. La chiesa, a tre navate con abside semicircolare,

sembra sia stata costruita nella prima metà dell’XI secolo dalla figlia del re di Navarra come ringraziamento per uno scampato naufragio. Sul sagrato sorge un gigantesco olivastro, che dicono vecchio di oltre mille anni. La bella spiaggia è delimitata da una pineta e protetta da una torre aragonese del ’600. Di fronte il grande scoglio a forma di piramide dell’Agugliastra, o Sa Pedra Longa, un sottile pinnacolo calcareo che sporge dal mare per 128 m. Si raggiunge in pochi minuti di navigazione dal porticciolo da dove partono anche i barconi per Cala Luna, Cala Sisine e Cala Goloritzè.

IL PARCO DEL GENNARGENTU I 73.935 ettari di questo parco nazionale, i cui confini sono indicati da un’intesa del 1992, si trovano in provincia di Nuoro (esclusa l’isola dell’Asinara). I comuni interessati dall’area protetta sono Aritzo, Arzana, Baunei, Belvì, Desulo, Dorgali, Fonni, Gairo, Gavoi, Lodine, Meana Sardo, Oliena, Ollolai, Olzai, Ovodda, Orgosolo, Seui, Seulo, Sorgono, Talana, Tiana, Tonara, Urzulei, Ussassai e Villagrande. Per visitare la zona, bisogna tener presente che la diversità degli ambienti consiglia differenti stagioni. In generale, però, a meno di non aver mete esclusivamente balneari, le stagioni di mezzo rappresentano il compromesso migliore tra il caldo dell’estate e il gelo dell’inverno. Mete interessanti sono la salita ai 1834 m della Punta La Marmora e, sul Supramonte, oltre alle rovine di Tiscali, le gole di Su Gorroppu e la sorgente di Su Gologone. Verso il mare si può scegliere tra la visita alla Grotta del Bue Marino e la discesa a piedi della Codula di Luna.


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DORGALI Svilupattasi su un costone roccioso che scende dal monte Bardia, la cittadina di Dorgali dista 30 km da Nuoro e poco meno di 10 dal mare di Cala Gonone. Insediamento agricolo e pastorale, questo paese è anche un centro importante per l’artigianato del cuoio, della ceramica e della filigrana, e per la tessitura di tappeti. Per i buongustai, due tappe fondamentali sono costituite dalla cantina sociale e dal caseificio. Nel centro storico si incontrano vecchie costruzioni edificate con la scura roccia vulcanica. Molte le chiese dell’abitato, tra queste San Lussorio, la Madonna d’Itria e la Maddalena. Sulla centrale piazza Vittorio Emanuele si innalza la facciata della Parrocchiale di Santa Caterina il cui interno è ornato da un grande altare ligneo scolpito. In paese si può visitare l’interessante Museo Archeologico che raccoglie una importante collezione di reperti di epoca nuragica

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(provenienti anche dal vicino sito di Serra Òrrios), punica e romana. Qui ci si può rivolgere per avere informazioni sulle visite al villaggio di Tiscali.

OROSEI Il capoluogo storico della Baronia, in posizione arretrata rispetto al mare, ha un centro storico vivace e ben curato, con palazzetti in pietra e calce bianca su cortili lussureggianti. Chiese, archi, spiazzi e scale lo rendono molto gradevole. Fondata probabilmente nel Medioevo, visse il suo momento magico durante la dominazione pisana quando, sotto il dominio dei baroni Guiso, divenne un porto importante con ancoraggi sul fiume Cedrino. Dopo il passaggio agli Aragonesi iniziò la decadenza causata dalla malaria, dalle scorrerie dei pirati e


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dall’insabbiamento del fiume. Attraverso un intrico di stradine si arriva alla centrale piazza del Popolo su cui si affacciano tre chiese. In cima a una scalinata la Parrocchiale di San Giacomo Maggiore dalla facciata settecentesca e con più cupole ricoperte in cotto. Sul lato opposto la Chiesa Del Rosario, con una facciata barocca, e la Chiesa delle Anime, fondate dalle confraternite protagoniste dei riti della Settimana Santa. La Chiesa di Sant’Antonio Abate, un tempo santuario campestre, è stata inglobata dall’espansione della città. Nella torre pisana, all’interno del recinto, è allestita una esposizione di artigianato locale. Anche il secentesco Santuario della Madonna del Rimedio, fino a qualche anno fa isolato nella campagna, è diventato parte della periferia. È circondato da cumbessias che si riempiono nei primi giorni di settembre in occasione del pellegrinaggio. Dintorni: in prossimità della foce del Cedrino, sorge la Chiesa di Santa Maria ’e Mare, fondata nel XIII secolo da mercanti pisani. Piena di ex voto, l’ultima domenica di maggio è meta di un pellegrinaggio con la statua della Madonna che scende il fiume su una barca seguita dalle barche dei pescatori. Alla foce il fiume si divide in due rami: quello settentrionale entra in un canale artificiale, quello meridionale dà vita allo stagno Su Petrosu, una zona umida dove vivono folaghe, gallinelle, germani reali e il pollo sultano. Dove l’acqua è più bassa si trovano avocette e cavalieri d’Italia, aironi cinerini e garzette.

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GALTELLÌ Alle pendici del Monte Tuttavista, Galtellì era nel Medioevo il centro più importante della regione, fino al 1496 sede della Diocesi, come testimonia la chiesa romanica di San Pietro, l’antica cattedrale del XII secolo. Decaduto a causa della malaria e delle incursioni barbaresche, conserva tracce del passato splendore nella Parrocchiale del SS. Crocifisso, che custodisce interessanti statue lignee del ’500 e del ’600. Il nucleo centrale è molto bello con palazzetti e case in calce bianca che danno all’insieme un aspetto lindo. Dintorni: una delle escursioni più interessanti nei dintorni porta al Monte Tuttavista lungo una strada sterrata (poi sentiero percorribile solo a piedi) che porta a Sa Pedra Istampada, la Roccia Forata, un arco scolpito dal vento alto ben 30 m. Si può raggiungere anche la cima per godere di un panorama a 360 gradi. In località La Traversa, a 12 km da Galtellì, si trova l’interessante Tomba di Giganti di Sa Ena ’e Thomes. Suggestivo monumento preistorico con una stele, alta 3 m, scolpita in un unico blocco di granito.


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SINISCOLA Ai piedi del monte Albo, a poca distanza dal mare, si trova una cittadina sviluppatasi in maniera disordinata intorno alla parrocchiale settecentesca, che conserva all’interno affreschi e statue in legno di artisti locali. Un rettilineo porta a La Caletta, porticciolo turistico con una spiaggia sabbiosa lunga 4 km. Dintorni: in direzione Orosei, dopo il ponte sul rio Siniscola, si incontra la deviazione per Santa Lucia, piccolo centro di pescatori; di origine, pare, ponzese, è raccolto intorno alla chiesa e alla torre spagnola. Alle spalle una pineta arriva fino al mare dove le rocce si alternano a calette. Camminando sulla battigia si giunge alle dune di candida sabbia di Capo Comino, raggiungibili anche con una deviazione dalla strada statale. Sono le più belle dune sabbiose della costa orientale su cui crescono contorti ginepri. Il promontorio, con un faro, è un susseguirsi di scogli arrotondati dalle forme più svariate che si aprono in piccole spiagge di ciottoli. Si può raggiungere a piedi con due ore di

cammino anche la spiaggia di Berchida, con il massiccio scoglio chiamato “S’incollu de sa Marchesa” e uno stagno popolato di cefali e anguille. In alternativa una strada sterrata dal fondo sconnesso parte dalla Statale all’altezza del chilometro 243, subito dopo il rio Berchida, e s’incunea nella macchia mediterranea fino alla spiaggia di sabbia candida su un mare dall’acqua trasparentissima. Nel tragitto cartelli turistici segnalano l’insediamento nuragico di Conca Umosa e il villaggio abbandonato di Rempellos.

POSADA Arroccata in cima a una rupe calcarea ammantata di euforbie e lentisco, il paese è sovrastato dai ruderi del Castello della Fava. Costruito nel XII sec. dai giudici di Gallura, fu conquistato dai giudici di Arborea prima di passare sotto il controllo degli Aragona. La zona era già abitata in tempi lontanissimi come testimonia la colonia cartaginese di Feronia. Importante centro all’epoca dei Giudicati, decadde per le numerose incursioni saracene. Il borgo conserva la struttura medievale con vicoli tortuosi collegati da ripide scalinate, archi e piccole piazze. Le case in pietra grigia sono state via via ristrutturate. Anche il castello è stato sottoposto a lifting: una scala in legno porta alla sommità della torre quadrata da cui si gode un vasto panorama sul mare, sulla foce del fiume Posada e sulla pianura con agrumeti. Dintorni: verso l’interno, il Lago di Posada circondato da pinete, uno dei tanti bacini artificiali dell’isola.


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LANUSEI Grosso centro dall’aspetto austero costruito sul fianco della collina a 600 m d’altitudine, in posizione dominante verso il mare. Per secoli ha rivestito il ruolo di capoluogo dell’Ogliastra. Costruito su più livelli, conserva vestigia del ricco passato nei palazzetti signorili.

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bassa del paese. La festa più importante si tiene il 13 giugno in omaggio a Sant’Antonio da Padova al quale è dedicata una delle chiese della città. Dintorni: a Ulassai, si può visitare la grotta Su Màrmuri, il Marmo, una cavità di calcare bianco cui si accede per una scala di 200 gradini. Il percorso si snoda per quasi un chilometro tra laghetti e spettacolari stalagmiti.

GAIRO JERZU Ai piedi dei “tacchi”, possenti formazioni calcaree che sporgono candide dalla macchia mediterranea, Jerzu è un grande paese circondato dai vigneti, ricavati sui fianchi ripidi delle colline. Nella zona si producono ogni anno circa 100 000 quintali di uva che vengono lavorati nella Cantina Sociale famosa per il Cannonau Rosso DOC. Il paese è costruito su diversi livelli con case a più piani che s’affacciano sul corso principale. Le ripide strade laterali portano ad angoli dove si è conservata qualche abitazione tradizionale, specialmente nella parte

Gairo Sant’Elena sorge nella valle del rio Pardu, una gola profonda chiusa da imponenti pareti di calcare. Il paese fu costruito dopo il 1951 in seguito all’evacuazione del vecchio borgo che stava lentamente scivolando a valle. La sua vista è inquietante, con le case


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sventrate, senza portoni e inferriate. Tutta la zona è spettacolare, a iniziare dalla strada che porta a Lanusei. Dintorni: la strada costiera corre a poca distanza dal mare con calette di sabbia rosata e scogli dello stesso colore. Dalla baia di Gairo, protetta da un promontorio ricoperto dalla macchia mediterranea, si raggiunge la spiaggia di Coccorocci, l’unica spiaggia nera di tutta la Sardegna.

BARÌ SARDO Grosso borgo agricolo, al crocevia tra l’Orientale Sarda e la strada verso Lanusei, in una campagna lussureggiante di vigneti e frutteti. Il nome, derivato da abbari, le paludi, testimonia

che un tempo la malaria doveva essere molto diffusa. Il centro più antico si raccoglie intorno alla Chiesa di San Leonardo e alla Parrocchiale dedicata alla Beata Vergine del Monserrato, dal campanile in stile rococò. Interessante l’artigianato della tessitura con laboratori che producono tappeti, arazzi, coperte e cuscini di lino. Torre di Barì è una piacevole località balneare sviluppatasi intorno alla secentesca torre spagnola, costruita per difendere il paese dalle incursioni dei pirati. Belle la spiaggia sabbiosa e la piccola pineta. Piena di mistero la festa di San Giovanni Battista, detta Su Nenneri. Con un rituale che propizia ricchi raccolti, vengono lanciati in mare i germogli di legumi e cereali fatti germogliare al buio.


MURAVERA Il centro più importante del Sarrabus sorge alla foce del Flumendosa, al centro di una campagna coltivata ad agrumi. Sull’area nei tempi antichi sorgeva la città fenicia di Sarcapos. Il paese è quasi attaccato a Villaputzu e a San Vito, ideale punto di partenza per escursioni lungo la costa e le valli dell’interno. Verso nord il tratto di costa, fino a Porto Corallo, è una lunga spiaggia sabbiosa interrotta da piccoli promontori rocciosi. Torre Salinas domina da uno spuntone granitico la riva sabbiosa e lo stagno di Colostrai. Vicino al porto turistico un’altra torre spagnola che nel 1812 vide una delle poche vittorie dei Sardi sui pirati barbareschi. Una escursione lungo l’Orientale Sarda verso Arbatax porta ai resti del Castello di Quirra e alla chiesetta romanica di San Nicola, l’unica della Sardegna costruita in mattoni. Dirigendosi invece verso Cagliari, si risale il corso del rio Cannas dove le rocce rosse affiorano tra corbezzoli, eriche, mirti e ginepri. In estate è possibile bagnarsi nelle pozze d’acqua cristallina all’ombra degli oleandri in fiore e dei salici piangenti. Interessante anche l’escursione lungo la

valle del Flumendosa, oltre San Vito. Castiadas è una frazione di Muravera, con poche case intorno alle carceri ottocentesche, al centro di una campagna coltivata a vigneti e agrumi. Bello il tratto di costa intorno a Capo Ferrato, con rocce basaltiche che si aprono in baie dalla spiaggia candida, ombreggiate da pini. Proseguendo verso sud s’incontra Costa Rei, un centro di seconde case e di villaggi vacanze. La baia quiè chiusa a sud da Cala Sinzias: il fondale formato da lastroni rocciosi dà all’acqua una trasparenza cangiante.

VILLASIMIUS È la piÙ importante località balneare della costa sud-orientale, con alberghi, residence e case non sempre ben inseriti nella natura. Il centro è moderno, al margine settentrionale di un promontorio che si allunga fino a Capo Carbonara. Al centro del promontorio si apre lo stagno di Notteri, separato dal mare solo dalla spiaggia lunga e sabbiosa. In inverno ospita colonie di fenicotteri rosa. Dal Faro si gode un’ampia vista panoramica sulla costa e sulle isole dei Cavoli e di Serpentara. Intorno spiagge di quarzo e isolotti di granito su un mare dai ricchi fondali. Il tratto tra le due isole è stato teatro di numerosi naufragi: a 10 m di profondità si trova la statua della Madonna dei Fondali dello scultore Pinuccio Sciola. La si può vedere grazie ai battelli dal fondo trasparente che durante l’estate partono dal porticciolo di Porto Giunco. Il carico di una nave spagnola naufragata in queste acque nel XV secolo, reperti d’epoca classica e altri provenienti dal santuario di Cuccureddus sono esposti nel Museo Archeologico di Villasimius.

ORROLI Centro del sarcidano dedito all’allevamento, sorge in una conca dell’altopiano di Pranemuru, una landa


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dalla vegetazione rada ai margini della valle del Flumendosa. La zona è ricca di siti archeologici come la necropoli di Su Motti, con domus de janas ricavate da massi erratici di basalto. In posizione panoramica, poco distante dalla falesia, ci sono le rovine del Nuraghe Arrubiu. Si tratta di una

struttura pentalobata, a pianta assai complessa, ancora piÚ estesa di Barumini. In pietra rossa, il complesso si sviluppa intorno al torrione centrale del XI-X secolo a.C. che secondo gli esperti raggiungeva in origine l’altezza di 27 m. Intorno sono sistemate cinque torri, risalenti probabilmente al VII secolo e collegate tra loro da alti bastioni. A queste si aggiunse una


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seconda cerchia, nel VI secolo, allo scopo di perfezionare il sistema di difesa. Intorno sono visibili i resti del villaggio nuragico, con capanne a pianta circolare e rettangolare.

PERDASDEFOGU Paese montano della bassa Ogliastra, in posizione isolata al margine della

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regione dei “tacchi”, possenti formazioni calcaree che sporgono candide dalla macchia mediterranea. La strada che porta a Jerzu è una delle più panoramiche perché corre su un altopiano ai piedi di queste cime dolomitiche con vista spettacolare sul mare e sulla lontana Perda Liana. Lungo la strada si incontra la chiesa campestre di Sant’Antonio, in un bel prato ai piedi di Punta Coróngiu, il tacco più spettacolare.


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LA SARDEGNA ZONA PER ZONA Il Centro e la Barbagia


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IL CENTRO E LA BARBAGIA

Il Centro e la Barbagia La regione che occupa il centro della Sardegna è una terra del tutto particolare, in cui la natura e la gente rispecchiano più che altrove la realtà più antica dell’isola. L’orizzonte è fatto di montagne aspre su cui si intrecciano i sentieri dei pastori. Lungo le valli, i piccoli paesi arroccati tra i boschi sembrano fuori dal tempo. Con il nome di Barbagia (che deriva dal nome Barbària, con il quale i Romani indicavano le regioni inaccessibili dell’interno, contrapposte alla Romània delle coste) si indica l’insieme delle regioni che circondano a est e ovest la mole del massiccio del Gennargentu. Abitato da sempre, ricco di siti preistorici come il villaggio nuragico di Tiscali (pp 104-5), il cuore della Sardegna resistette per secoli alle invasioni romane e conservò gli antichi culti religiosi di origine

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nuragica fino all’avvento del Cristianesimo. Terra aspra ma ospitale, il centro dell’isola richiede al visitatore un certo sforzo: le strade sono lunghe e tortuose, le indicazioni talvolta insufficienti e molti i chilometri su strade sterrate. Qui però le tradizioni sono ancora vivissime, le feste popolari importanti e colorate: i santuari e i paesi si animano nella ricorrenza del santo patrono o durante la Pasqua, mentre a Mamoiada (p 102) i famosi “mamuthones” sfilano durante il carnevale coperti dalle loro maschere grottesche. La natura è dovunque al centro del paesaggio: dalle rocce del Supramonte di Oliena e Orgosolo il mare è a un passo, mentre dalla Punta La Marmora (p 82) - la massima elevazione del massiccio del Gennargentu, a 1834 m di quota - nelle fredde giornate di vento si arrivano a vedere le acque dei due mari che bagnano l’isola. La cucina è di terra ed ha i sapori della macchia mediterranea, mentre l’artigianato - da non perdere una visita alle preziose


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collezioni esposte nelle vetrine del Museo Etnografico di Nuoro (p 99) - è ispirato alla vita pastorale con tappeti, cesti, ceramiche ornate con i motivi della tradizione. Nuoro è‘ il centro dell’interno della Sardegna: a oriente si erge la catena del Supramonte, con ai suoi piedi Oliena, Orgosolo e Dorgali, mentre a occidente sono le valli che digradano verso il lago Omodeo e Macomer. In questo paesaggio fatto di colline e vette rocciose (i “tacchi” e i “tonneri”) si incontrano molti dei centri più importanti della regione, come Mamoiada, Bitti, Sarule. A sud si innalzano infine le alture che compongono il massiccio del Gennargentu, ricco di foreste, e sulle cui pendici si incontrano i paesi della montagna: Gavoi, Fonni. Verso nord-est, costeggiate le pendici del Monte Ortobene che domina la città, si scende fra ulivi, mandorli e vigne in direzione delle Baronie.

NUORO Al centro dell’isola, Nuoro divenne una città importante a partire dal XIV secolo ed è capoluogo di provincia dal 1926. La topografia della città è basata sulla presenza della dorsale montuosa che scende dal Monte Ortobene su cui crebbero i primi insediamenti umani della zona. In centro sopravvivono molti angoli pittoreschi di rioni antichi che la componevano, un tempo collegati tra loro dalla “Bia Maiore”, l’odierno Corso Garibaldi. Centro commerciale delle Barbagie, Nuoro si anima in occasione di una serie di feste: il 19 marzo in onore di San Giuseppe, il 6 agosto di San Salvatore e nell’ultima domenica d’agosto in onore del Redentore.

UN PO’ DI STORIA Al termine del periodo feudale Nùgoro, come tuttora i nuoresi chiamano la loro città, entrò in un lungo periodo di instabilità politica:


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rivolte e sommosse erano all’ordine del giorno tanto che l’intendente piemontese De Viry descrisse la città, attorno al 1750, come un “covo di banditi e assassini”. In seguito agli editti che ai primi dell’Ottocento ponevano fine al tradizionale uso comunitario delle terre, una serie di sollevazioni popolari culminarono nei moti di “Su Connottu”, nel 1868. A cavallo dei due secoli, Nuoro divenne il centro di un profondo rinnovamento culturale, che aveva origine nel confronto tra la vecchia società isolana e quella nuova espressa dal rapporto dell’isola con il continente. VISITANDO NUORO Centro della città è la piazza dedicata al poeta nuorese Sebastiano Satta (1867-1914) che, alla fine del XIX secolo animò la cultura cittadina insieme alla scrittrice Grazia Deledda (1871-1936) e al politico e saggista Attilio Deffenu (1893-1918). MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE Fusione delle raccolte paleontologiche,

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paleo-botaniche e naturalistiche del Gruppo Speleologico Nuorese, il museo si è arricchito con i reperti delle campagne di molti anni di scavi intrapresi dalla Soprintendenza nel Nuorese. Interessanti gli scheletri del Prolagus sardus e della lontra gigante e una piccola collezione di fauna cavernicola, le statue-menhir di Làconi, vari bronzetti di epoca nuragica e oggetti di epoca romana. MUSEO DELEDDIANO Varcato il portone della casa natale della scrittrice, si entra in una tipica dimora sarda di metà Ottocento. Una serie di cimeli, che ricordano le tappe del successo della Deledda, sono esposti negli ambienti, restaurati seguendo le descrizioni he la scrittrice ha lasciato nel suo romanzo Cosima. l cortile dà accesso alla zona dove un tempo c’era l’orto (e dove ora si tengono manifestazioni culturali), mentre ai piani superiori sono esposte le copertine dei libri della scrittrice, le locandine dei lavori teatrali tratti dalle opere e copia del diploma di


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conferimento del Premio Nobel per la Letteratura del 1926. IL MUSEO ETNOGRAFICO DI NUORO Per ospitare una collezione di oggetti e costumi della vita quotidiana sarda, l’architetto Antonio Simon Mossa ha progettato negli anni Sessanta la replica di un villaggio ideale, con le sue corti, le vie e le scale. Nelle sale, percorse ogni anno da 70.000 visitatori, si trovano mobili, gioielli, le forme del pane tradizionale, telai e tappeti e i costumi caratteristici della vita di tutti i giorni e delle feste. Ogni due anni, il museo ospita una rassegna di cinema antropologico ed etnografico nel mese di ottobre. MONTE ORTOBENE La città nacque sulle pendici granitiche del monte, e tutti i nuoresi hanno un rapporto speciale con questa montagna. Per salire verso i suoi boschi, bisogna uscire dalla città in direzione di Orosei, passando a fianco alla Chiesa della Solitudine, dove si trovano le spoglie di Grazia Deledda. Dopo una serie di tornanti in un ambiente fatto di boschi e grandi massi, si raggiunge la vetta, dove si erge la statua in bronzo del Redentore, che si affaccia sulla città sottostante. Nei pressi della statua si trova la chiesa di Nostra Signora del Monte che, l’ultima domenica d’agosto, diviene meta della grande processione che si

tiene in onore del Redentore cui partecipano rappresentanze in costume di tutta la Sardegna. NECROPOLI DI SAS CONCAS Percorrere la SS 131 in direzione di Abbasanta, proseguire poi per Oniferi. La necropoli è poco lontana dallo svincolo sulla destra a poche decine di metri dalla strada. Il complesso è composto da una serie di domus de janas tra cui alcune, come la “Tomba dell’Emiciclo”, sono istoriate da incisioni e bassorilievi: il sito è aperto e incustodito. Utile, quindi, una torcia elettrica.

BITTI Questo borgo pastorale deve la sua recente notorietà al gruppo musicale dei “Tenores de Bitti”, la cui interpretazione del canto polifonico tradizionale sardo ha conquistato estimatori in tutta Europa. Secondo molti studiosi, il dialetto di Bitti sarebbe la parlata sarda più simile al latino. Sulla piazza Giorgio Asproni si trova la ottocentesca chiesa di San Giorgio Martire, nella cui casa parrocchiale si può visitare una piccola collezione di reperti archeologici. Dintorni: non lontano dal paese in direzione di Orune (la strada è segnalata da cartelli ma non semplice da seguire) è il tempio a pozzo di Su Tempiesu, costituito da vari ambienti realizzati con grandi pietre basaltiche squadrate - che ospitano il pozzo sacro che attingeva a una vena d’acqua utilizzata per scopi rituali. Nelle campagne attorno a Bitti si incontrano una serie di chiese campestri (tra queste Santo Stefano e Babbu Mannu, cioè Spirito Santo) che, in occasione delle ricorrenze annuali, si animano di feste.


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BONO Ai piedi delle alture del Gocèano, Bono è un ottimo punto di partenza per piacevoli escursioni nei grandi boschi di Monte Rasu e nella Foresta di Burgos. Al centro del paese si trova la parrocchiale di San Michele Arcangelo che, anche se più volte rimaneggiata, nasconde una singolare curiosità:l’orologio della chiesa è infatti mosso dal peso di 4 palle di cannone che caddero in paese nel corso dell’assedio del 1796, durante il quale le truppe governative vennero scacciate dalla popolazione. Questo episodio viene rievocato ogni anno nel corso di una festa tradizionale che si tiene il 31 agosto, in occasione della

quale la zucca più imponente degli orti di Bono viene data in premio all’ultimo classificato nella corsa di cavalli, come ironico riconoscimento al valore dell’esercito sconfitto. Fino a qualche anno fa, la zucca veniva addirittura fatta rotolare dalla montagna verso valle, in ricordo della fuga delle truppe nemiche. A Bono si tiene, nella prima decade di settembre, l’annuale Fiera dei Prodotti Tipici Artigiani del Gocèano. Dintorni: dal valico Uccaidu, lungo la strada per Sassari, si risale a piedi il crinale sino alla sommità del Monte Rasu (m 1258), da cui si gode uno splendido panorama su buona parte della Sardegna.


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BURGOS Il piccolo paese, fondato nel 1353 dal Giudice Mariano d’Arborea, si estende ai piedi della montagna a forma di cono su cui sorge la mole del castello di Burgos, di molto precedente alla fondazione del borgo sottostante. Costruito nel 1127, il castello fu al centro di molti scontri tra principi, giudici e coloni continentali e da qui partirono nel 1478 gli uomini di Artaldo di Alagon diretti alla battaglia di Macomer che vide la fine dell’indi-

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pendenza sarda e l’inizio della dominazione aragonese. Passate le mura si raggiunge l’interno del maniero dove, circondata da altre fortificazioni,è una torre restaurata cui si accedeva in passato grazie a una scala in legno che veniva ritirata in caso di assedio. Dintorni: a metà strada tra Burgos e Bono merita una gita l’area verde della Foresta di Burgos, zona molto curata e varia di rimboschimento, meta apprezzata da turisti e abitanti della zona. Tra le piante spiccano lecci e conifere, querce e sughere, cedri e qualche castagno isolato, mentre nei recinti pascolano i piccoli cavallini della Giara.


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OTTANA Il paese sorge nella pianura della valle del Tirso, non lontano dalle pendici delle colline della Barbagia di Ollolai. Prima importante centro medievale, poi quasi abbandonata a causa della diffusione della malaria, Ottana è stata scelta, nei primi anni 70, per essere il centro di un polo di sviluppo industriale promosso dall’ENI. I risultati non sono stati brillanti: le industrie non hanno avuto i profitti che si prefiggevano e i problemi ambientali che l’insediamento ha provocato sono sotto gli occhi di tutti. Ora l’intero progetto è in via di abbandono. Dintorni: non lontano dal centro di Ottana si può visitare una chiesa di notevole interesse: è San Nicola, un tempo cattedrale della diocesi di Ottana. Di severe forme romaniche (la

fondazione risale al 1150), la chiesa, in conci di trachite nera e violacea, risente di influssi pisani e conserva al suo interno un polittico trecentesco e un crocefisso del ’500.

OLLOLAI Anticamente il piccolo borgo di Ollolai doveva essere ben più importante di oggi. Per questo divenne capoluogo della curatoria che comprendeva la parte settentrionale della Barbagia che, infatti, prese da allora il nome di “Barbagia di Ollolai”. La sua decadenza fu avviata da un incendio che distrusse gran parte dell’abitato nel 1490. Oggi nel centro del paese sopravvive qualche casa ornata da un antico portale in pietra scura e qualcuno, nei cortili, lavora ancora l’asfodelo


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per la creazione dei tradizionali cestini intrecciati. Dintorni: un’escursione breve porta alla chiesetta di San Basilio, dove si svolge il 1° settembre una tradizionale festa campestre. Dalla strada che sale verso la punta S’Asisorgiu (1127 m) si godono ampi panorami: per questo motivo la vetta è detta “finestra della Sardegna”.

SARULE Asarule, piccolo paese di origini medievali, si è conservata la tradizione della tessitura di colorati tappeti ornati da figure fortemente stilizzate. Ancora oggi, passeggiando sulla via principale del paese, si possono incontrare i laboratori in cui si lavora come un tempo su dei telai verticali, e dove si possono acquistare i tappeti. La notorietà di Sarule in terra sarda è

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però dovuta al vicino santuario di Nostra Signora di Gonare, alto su uno sperone calcareo che domina il paese. Edificata per volere del giudice Gonario di Torres, la chiesa è stata in larga parte ricostruita nel Seicento ma rimane uno dei centri di pellegrinaggio più importanti dell’isola. Lasciata l’automobile ai piedi delle rocce, in uno slargo su cui si aprono le cumbessias, si segue un sentiero che, dopo una decina di minuti di cammino nella macchia di lecci, conduce al santuario, da cui si gode uno splendido panorama. All’orizzonte appaiono il monte Ortobene che sovrasta Nuoro e vicino il monte Corrasi di Oliena. Sullo sfondo, il Gennargentu. Il monte Gonare ha una particolarità geologica: è costituito da molte rocce diverse. Dalla struttura granitica emergono infatti strati di calcare e affioramenti di scisto su cui cresce una


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vegetazione varia e popolata da molte specie di uccelli (pernici, tortore, averle, picchi e rapaci). Il bosco è composto di lecci, roverelle, aceri; nel sottobosco in primavera fioriscono ciclamini, convolvoli e peonie. Dal 5 all’8 settembre si svolgono i festeggiamenti in onore della Madonna di Gonare: gruppi di pellegrini salgono a piedi dai paesi vicini, si corre un palio equestre, si recitano poesie, si canta e l’allegra animazione della festa sconvolge la tranquillità della zona.

MAMOIADA Nel 1770 i viceré sabaudi dell’isola notarono Mamoiada a causa della grande quantità dei vigneti e per l’eccezionale numero di pecore che, tutti gli anni, transumavano sulle pendici della Barbagia di Ollolai. Oggi, il borgo nasconde ancora, tra le case moderne nate a fianco della strada principale, qualche vecchia costruzione. Ma la notorietà di Mamoiada è dovuta soprattutto alle scure maschere dei “mamuthones” che fanno la loro comparsa nelle vie del paese in varie

occasioni: il 17 gennaio, la Domenica di Carnevale e il Martedì Grasso, durante le celebrazioni più famose del carnevale barbaricino. Dintorni: a una decina di chilometri dal paese in direzione di Gavoi, il Santuario di San Cosimo è un tipico esempio di chiesa campestre sarda, con la struttura centrale circondata dalle cumbessias dove alloggiavano i pellegrini che affluivano al santuario per la novena. La chiesa attuale risale al Seicento ed è caratterizzata da un’unica navata al termine della quale recenti restauri hanno portato alla luce una nicchia con colonne e architrave in roccia vulcanica di epoca aragonese. Non lontano è da visitare anche il Santuario della Madonna d’Itria, attorno al quale si svolge l’ultima domenica di luglio la grande corsa di cavalli detta “sa carrela”.

OLIENA Per chi giunge da Nuoro sul far della sera, Oliena è uno spettacolo indimenticabile. Le luci del paese brillano ai piedi della mole bianca e vertiginosa


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del Supramonte, che da qui digrada verso oriente in direzione del Golfo di Orosei. Attorno al paese, i vigneti occupano tutti gli spazi disponibili (da queste uve si ricava un ottimo Cannonau) e in paese non mancano i luoghi interessanti per il visitatore. L’architettura di Oliena offre qua e là degli scorci interessanti: le vecchie case sono cresciute attorno alle “corti” e presentano ancora scale esterne, pergolati e soprattutto i colori vivaci di alcune stanze. In paese si svolgono due importanti feste popolari che culminano con grandi processioni: San Lussorio (21 agosto) e “S’Incontru” (la mattina della domenica di Pasqua). La chiesa di Santa Croce, rimaneggiata nel ’600, è la più antica di Oliena ed è sovrastata da un curioso campanile a vela; il complesso dei Gesuiti, su Corso Vittorio Emanuele II, conserva il ricordo dell’arrivo dell’ordine religioso che, dalla metà del XVII secolo, promosse la viticoltura e l’allevamento dei bachi da seta. La chiesa di Sant’Ignazio offre qualche interessante spunto per la visita (le statue lignee di Sant’Ignazio e di S. Francesco Saverio e il retablo di San Cristoforo). Il paese uno dei più sviluppati dell’interno per l’accoglienza turistica - offre anche alcune interessanti possibilità di acquisti: un tempo era famosa infatti per i suoi gioielli, i dolci e la tessitura. Dintorni: fuori dal paese, ai piedi della scarpata della montagna, dal Rifugio Monte Maccione sono possibili varie escursioni sulle aride e spettacolari rocce del Supramonte di Oliena. Partendo da Monte Maccione si può attraversare la catena per scendere nella piana di Lanaittu. A qualche chilometro di distanza da Oliena è infine la sorgente carsica di Su

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Gologone, da cui sgorgano le acque che hanno scavato la loro via attraverso le rocce della montagna. Attorno alla gelida sorgente, fresca nei mesi dell’estate e travolgente durante le piene invernali (la portata media è di ben 300 litri d’acqua al secondo, cifra che la pone al primo posto tra le sorgenti sarde), un piacevole boschetto permette tranquilli picnic lontano dalla calura. Per esplorare le profondità della grotta sommersa da anni gruppi di speleologi subacquei scendono ogni volta più in profondità nelle viscere invase dall’acqua delle montagne del Supramonte.

TISCALI E IL SUPRAMONTE In alto, sulla montagna che sovrasta la piana di Lanaittu, poco più di un secolo fa dei boscaioli scoprirono un villaggio nuragico, nascosto sul fondo di un’enorme voragine e popolato fino ai tempi dell’invasione romana. Sul fondo di una dolina il villaggio di Tiscali custodisce alcune capanne, con architravi di ginepro che ne sorreggono le porte. Purtroppo anni di incuria hanno portato a un serio degrado del sito che, soprattutto per la sua posizione unica, resta uno dei più emozionanti della Sardegna. La salita al villaggio di Tiscali è faticosa, ma non difficile ed è possibile prendere parte a visite guidate.


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ORGÒSOLO Orgosolo è certamente uno dei paesisimbolo della Sardegna dell’interno. “Il villaggio ha l’aspetto di un nido d’aquila” scrisse nel 1892 Pasquale Cugia “come di una fortezza a cui la natura ha gettato dinanzi baluardi e fossati. Vive l’orgolese lassù nel suo nido... e ama le sue rupi, i suoi pascoli fino alla passione, fino alla nostalgia. L’orgolese ardito, fiero, vago di avventure, ha nel sangue l’ardore bellicoso, l’irrequietezza delle razze nomadi; è ospitale nella sua rocca ed entrati nel suo territorio, voi gli siete sacri e gli son sacre le cose vostre”. Centro fondamentale della cultura della Barbagia pastorale, il paese, che si estende ai piedi delle montagne del Supramonte, divenne famoso negli anni della lotta dei contadini e dei pastori per la difesa delle terre contro l’esproprio. Il banditismo degli anni intorno al 1960 lasciò il suo segno: nel suo film Banditi a Orgòsolo il regista Vittorio De Seta narrò con stile freddo e asciutto la dura vita dei pastori e la diffidenza tradizionale nei confronti dello Stato. La passione politica e sociale ha lasciato in paese vistose tracce: sono centinaia i murales che, dal 1975 circa in poi, sono stati dipinti sulle facciate delle case e sulle rocce intorno al paese. La lunga galleria di immagini parla della vita dei pastori, degli episodi delle lotte per la terra, delle tradizioni sarde e delle ingiustizie di altri angoli del mondo. Dell’antico tracciato urbanistico del paese poco rimane in piedi: solo alcune casette appartate mostrano qualcuno dei caratteri tradizionali, mentre la chiesa di San Pietro conserva ancora il campanile quattrocentesco. La festa dell’Assunta a Ferragosto e la festa di S. Anania la prima domenica di giugno sono un forte richiamo per i turisti.

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Dintorni: Orgòsolo è un buon punto di partenza per numerose escursioni sulla montagna. Si può salire verso la Foresta di Montes e la sorgente di Funtana Bona, per poi decidere di arrivare fino al torrione calcareo di Monte Novo San Giovanni (1316 m).

GAVOI Il paese fu, nei secoli, famoso in Sardegna per la produzione di finimenti da cavallo. Oggi invece la produzione più caratteristica è quella dei formaggi, tra cui il pecorino “fiore sardo”. Al centro del paese è la facciata rosa della chiesa di San Gavino, edificata nel XVI secolo, che si affaccia sulla omonima piazza da cui partono alcune delle vecchie vie del borgo. Passeggiando lungo le strette strade di Gavoi si trovano alcuni palazzi storici con i balconi fioriti e le facciate di roccia vulcanica scura, come la casa a due piani all’angolo di via San Gavino. Nella chiesetta di Sant’Antioco sono conservate decine e decine di ex voto realizzati in filigrana d’oro e d’argento e la statua del santo cui è dedicata una festa nella seconda domenica dopo Pasqua.

FONNI La prima immagine che si coglie di questo paese, giungendo da Pratobello, è quella di un pugno di case che emergono dal verde, addossate al pendio della montagna. Fonni è uno


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dei paesi più alti della Sardegna (1000 m di quota) ed è a metà strada tra l’economia tradizionale e lo sviluppo di un turismo per villeggianti attratti dal clima e dalla posizione, anche se le recenti modifiche alla struttura del paese non sono state delle più felici. Interessante l’artigianato (dolci, tessuti e tappeti). Ai margini del paese è il complesso francescano della Madonna dei Martiri che risale al XVII secolo. In esso è custodita una piccola statua della Madonna realizzata frantumando e impastando tra loro antiche reliquie risalenti all’età romana. La festa che qui si celebra a giugno ricorda il ritorno dei pastori dalla lunga transumanza.

TETI In alto sulle montagne che sovrastano il lago di Cucchinadorza, Teti ospita un museo piccolo ma molto interessante, poiché il paese sorge al centro di un territorio ricco di testimonianze del lontano passato. Nei locali del Museo Archeologico Comprensoriale, gestito da una società di giovani, è illustrata con chiarezza e con attenzione la storia degli antichi insediamenti nuragici (soprattutto il villaggio di S’Urbale e il luogo sacro nuragico di Abini) e nelle vetrine dell’esposizione sono in mostra gli oggetti della vita quotidiana rinvenuti negli scavi. In una sala del museo è ricostruita una capanna di epoca nuragica (risalente a circa il 1000 a.C.) in cui sono esposti vasi di terracotta, materiali necessari alla filatura, piccole accette, macine di granito; al centro si trova lo spazio che era destinato al focolare domestico. Nelle sale del piano sottostante vengono allestite esposizioni temporanee dedicate alla


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cultura e alle tradizioni (costumi tradizionali, tessitura e intreccio). Dintorni: a un km circa, in corrispondenza del bivio per Austis, si trova l’ingresso dell’area archeologica del villaggio di S’Urbale, abitato dal 1200 al 900 a.C., con i resti di una trentina di capanne preistoriche.

poranea, inaugurato nel 2000 e dedicato ad Antonio Ortiz Echagüe, pittore costumbrista spagnolo che ha soggiornato ad Atzara dal 1906 al 1909. L’esposizione ospita una sezione moderna e contemporanea, una dedicata all’informale e infine una dedicata alla grafica.

SÒRGONO

LÀCONI

Famoso per i vini (soprattutto il Cannonau), Sòrgono è il più importante centro della regione del Mandrolisai. Vi sono i resti assai degradati di un palazzotto secentesco (la Casa Carta) e di una fonte di origine pisana. Non lontano dal paese si trova invece uno dei santuari campestri più antichi e interessanti della Sardegna: la chiesa di San Mauro. Circondata dal tradizionale recinto delle cumbessias destinate al riposo dei pellegrini, la costruzione è imponente. Lo stile è il prodotto di una ben riuscita fusione tra l’anima popolare e i tratti caratteristici della architettura gotico-aragonese. La facciata di trachite grigia si raggiunge grazie a una scala a fianco della quale vegliano le statue di due leoni mentre in alto occhieggia uno dei più riusciti rosoni scolpiti della Sardegna dei secoli gotici. Sulle pietre della chiesa non è difficile trovare iscrizioni antiche e moderne che ricordano la visita di pellegrini. L’interno della chiesa, coperto da una volta unica e separato solo dall’arco che dà accesso al presbiterio, ospita un altare barocco. Vicino al santuario si possono inoltre ammirare la Tomba di Giganti di Funtana Morta e il grande vano coperto all’interno del Nuraghe Talei. Dintorni: da vedere è il Museo Regionale d’Arte moderna e contem-

Di Làconi colpiscono due particolarità: la roccia che circonda l’abitato e la suggestiva posizione in cui sorgono le rovine del Castello Aymerich. Questa fortezza, di cui si conservano alcune parti (una torre che risale al 1053, una sala del XV secolo e un portico seicentesco), si erge al centro di un bel parco. Prima capoluogo della curatoria di Porto Valenza, poi centro di signoria e infine di marchesato, Làconi conserva il palazzo Aymerich, di gusto neoclassico, realizzato nella prima metà dell’800 dall’architetto cagliarita-


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no Gaetano Cima. Oggi paese di villeggiatura, ospita anche, non lontano dalla parrocchiale del ’500, un piccolo museo dedicato al taumaturgo Sant’Ignazio da Làconi, vissuto nella seconda metà del XVIII secolo. Il Museo Civico delle statue menhir si trova nel palazzo comunale e conserva quaranta statue di varie misure e in diversi stati di conservazione. Dintorni: la zona che circonda il paese è ricca di vestigia preistoriche. Tra queste vi sono i famosi menhir antropomorfi da vedere a Perda Iddocca, Genna ’e Aidu e non lontano dalla mole del nuraghe Orrubiu.

ARITZO Al tempo dei governi aragonese e spagnolo, questo paese aveva ottenuto il privilegio di essere amministrato da persone del luogo, scelte dalla popolazione stessa. Della Aritzo di allora, rinomata per il commercio della neve

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che, rinchiusa in casse foderate di paglia, veniva portata ai mercati più lontani e venduta a caro prezzo durante i caldi mesi dell’estate, rimangono molte tracce. Alcune case presentano ancora la facciata di pietra e i lunghi balconi tradizionali. Tra le costruzioni di maggior rilievo sono da annoverare la Casa degli Arangino (di forme neogotiche) e la cosiddetta “prigione di Aritzo”, imponente edificio secentesco in pietra. Se la neve non viene più trasportata e venduta, in paese sopravvive la tradizione della lavorazione artigianale dei mobili in legno (le “cascie” nuziali intagliate) che si possono anche acquistare presso le botteghe artigiane. Il clima, la quota e l’esposizione panoramica fanno di Aritzo una meta di villeggiatura animata e piacevole in estate. Partendo da qui è possibile scegliere tra varie gite possibili - a piedi o a cavallo - verso il Gennargentu e l’alta valle del Rio Flumendosa dove, in condizioni idriche particolarmente favorevoli, si può praticare la canoa. Dintorni: nelle vicinanze del paese si trova la sagoma rocciosa del Tacco di Texile, dal quale lo sguardo può spaziare sugli sconfinati panorami della Barbagia e da dove, nei secoli dell’Alto Medioevo, il mite sant’Efisio predicò a lungo fino a convertire gli abitanti dell’interno dell’isola.

BELVÌ Il paese di Belvì sorge in alto, a dominare la valle dell’Iscra, fittamente coltivata a noccioleti e orti. Nel passato il ruolo del paese - sia economico che come luogo di scambio commerciale doveva essere ben più importante tanto che una intera zona delle montagne barbaricine ha tuttora il nome di Barbagia di Belvì. Non lontano dalle case del paese scorrono i binari a scartamento ridotto della linea ferroviaria che collega - con mille


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curve e viadotti - Cagliari con Sòrgono. In paese si può visitare un piccolo Museo di Scienze Naturali e Archeologia, sorto una quindicina d’anni fa per iniziativa di un gruppo di appassionati (tra cui un naturalista tedesco che è vissuto per quasi dieci anni in paese) che ospita una sezione di paleontologia, una di mineralogia ed espone collezioni di insetti e animali tipici della fauna sarda.

DÈSULO Arroccato a 895 m di quota sulle pendici del Gennargentu, Dèsulo ha conservato molte tracce del suo

passato. Fino a non molti anni fa, i suoi abitanti, abili scultori e frequentatori assidui dei boschi, giravano per i mercati e le sagre di tutta la Sardegna a vendere mestoli, taglieri, oggetti di legno e castagne. Lo sviluppo edilizio - devastante in tutti i paesi dell’interno dell’isola - ha purtroppo quasi cancellato la bellezza delle case tradizionali di scisto, mentre si possono ancora incontrare frequentemente persone che indossano il costume tradizionale del paese. L’economia è strettamente legata alla pastorizia e al rapporto secolare con i boschi ricchi di castagni e i pascoli in


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quota. La parrocchiale di Sant’Antonio Abate e le altre chiese del paese come la Madonna del Carmelo e San Sebastiano meritano una visita per una serie di statue policrome di legno che risalgono alla metà del ’600. Ma la ricchezza principale del paese è e probabilmente sarà nei prossimi anni con l’entrata in funzione del neonato grande Parco Nazionale del Gennargentu - la vicinanza con gli splendidi panorami della più alta vetta sarda. Infatti, Dèsulo è una meta interessante per gli escursionisti diretti verso le quote più alte o verso la Punta La Marmora. In paese si incontrano spesso gruppi di colorati camminatori e stanno nascendo le prime pensioni e gli ostelli dedicati a un nuovo tipo di turismo.

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TONARA Un tempo l’economia di questo centro era basata solamente sullo sfruttamento dei prodotti della montagna e del bosco: castagneti e noccioleti circondano infatti il paese di Tonara. Oggi il turismo ha iniziato a fare capolino anche su questo versante della montagna ed è assai rinomata la produzione del torrone, dei campanacci per il bestiame e dei tappeti. In piazza, durante le sagre, fabbri ferrai producono i famosi campanacci di Tonara utilizzando forni, mantici e battendo il metallo su pietre sagomate. Chiedendo informazioni in paese, si possono vedere artigiani al lavoro e anche acquistare tappeti di stile tradizionale. Nei vari rioni del paese è possibile incontrare


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ancora oggi case pastorali di grande suggestione, molto simili a come dovevano apparire un secolo fa. Tonara è una delle basi di partenza più frequentate per escursioni sul massiccio del Gennargentu, tra le quali si segnala la gita alla punta Mungianeddu (1.467 m). IL TORRONE Il torrone è uno dei dolci più diffusi nella cultura e nelle tradizione sarda dell’interno. Non c’è festa o sagra in cui manchi la bancarella che offre il famoso torrone di Tonara, Dèsulo o di uno degli altri paesi della montagna. Gli ingredienti principali sono mandorle, noci, nocciole, miele di varie qualità e uova (di cui in alcuni casi si utilizza anche il tuorlo). La lunga cottura (durante la quale l’impasto va controllato e mescolato continuamente) dura più di 5 ore, e la variazione del tipo di miele, dei sapori di noci o mandorle, del numero di tuorli aggiunti all’impasto crea diverse varietà di torrone. Gli artigiani che vendono questo dolce sono molti: basta entrare in un laboratorio, grande o piccolo che sia, per assistere alla preparazione, oppure solamente per poter scegliere di persona il gusto preferito da un blocco che verrà tagliato sull’istante. Merita una visita la signora Anna Peddes che, al numero 6 di via Roma, a Tonara, produce un torrone profumato e fragrante.


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LA SARDEGNA ZONA PER ZONA La Costa occidentale

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Note


L A C O S TA O C C I D E N TA L E

La Costa occidentale All’improvviso il verde della macchia mediterranea è interrotto da una nuvola rosa. Non sono i fiori di cisto, ma i quattromila fenicotteri che eleggono lo stagno di Sale Porcus e gli altri specchi d’acqua della costa occidentale della Sardegna ad abituale dimora invernale, quando il maestrale soffia sul Golfo del Leone. Con i suoi stagni di acqua dolce, le lagune di acqua salmastra, le barene e le dune costiere, la regione intorno a Oristano rappresenta una delle più importanti zone umide d’Europa. Artefici di questo ecosistema prezioso sono le acque del fiume Tirso e il maestrale. Soffiando violento da occidente, il vento ha fatto accumulare nei secoli alte dune di sabbia che hanno ostacolato il deflusso delle acque. La pianura che si stende intorno all’ultimo tratto del fiume era un tempo infestata dalla zanzara anofele. Solo nel XX secolo, grazie soprattutto alle bonifiche degli anni Trenta e alla campagna Rockefeller contro la malaria, è stato possibile coltivare senza rischi la campagna fertilissima dove si producono primizie destinate ai mercati del continente. Anche la Vernaccia, il vino più rinomato della Sardegna, proviene dalle basse viti che si estendono alle spalle delle spiagge del Sinis. La ricchezza di questa costa ha da sempre attirato le navi degli stranieri, a iniziare dai Fenici che vi trovarono attracchi sicuri come Sulki e Tharros ma anche ricche possibilità commerciali grazie all’ossidiana estratta dalle miniere di monte Arci. Anche i Romani e gli Spagnoli hanno lasciato un’impronta inconfondibile a Bosa e trasformato Alghero in un angolo di terra catalana in Sardegna.

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La dimensione quasi familiare delle spiagge e dei centri balneari ben si sposa con le dune di sabbia ombreggiate da folte pinete o con le distese di chicchi di quarzo traslucidi dove crescono i gigli selvatici. Ci sono anche tratti impervi e rocciosi, raggiungibili soltanto dal mare o tramite lunghe passeggiate. Sentieri ben segnalati in parchi naturali, spiagge che ricordano quelle dei mari tropicali, rovine puniche e cattedrali romaniche, città fortificate e specialità eno-gastronomiche. La costa occidentale della Sardegna soddisfa le esigenze più diverse, da quelle di chi vuole riposare su una spiaggia, e ha solo l’imbarazzo della scelta tra Is Arenas, Is Arutas e Bosa Marina, a quelle di chi predilige la scoperta della tradizione e ricerca vini e specialità gastronomiche locali (dalla Vernaccia alla bottarga) senza disdegnare i musei della civiltà materiale, come il piccolo gioiello di Santu Lussurgiu. Le distanze relativamente brevi tra i centri e i dislivelli minimi, specialmente nel Sinis e nel Campidano di Oristano, ne fanno una meta ideale per i cicloturisti. Innumerevoli anche i percorsi per gli amanti del trekking e quelli che preferiscono muoversi in sella a un cavallo, partendo dal centro equestre di Ala Birdi.

ALGHERO Nei primi anni del 1100, la nobile famiglia genovese dei Doria decise di fondare due piazzeforti in terra sarda. Nacquero così Castelgenovese (oggi Castelsardo) e Alghero. A causa della grande quantità di alghe depositate dal mare, la città prese il nome di Alquerium - s’Alighera in sardo e l’Alquer in catalano. Nel 1353, dopo una brevissima parentesi di


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dominio pisano, la città venne conquistata dalle truppe aragonesi e, da allora, Alghero è sempre stata la più spagnola tra le città sarde. Il centro storico è compreso all’interno dell’antico borgo fortificato e il turismo, insieme con l’artigianato - soprattutto del corallo - è il motore principale dell’economia cittadina. Nonostante le gravi distruzioni provocate dai bombardamenti alleati della Seconda guerra mondiale, il cuore della città è ancora in larga parte integro e può essere tranquillamente visitato a piedi. Le strade che arrivano da Bosa e da Sassari portano al limite delle antiche mura. Conviene lasciare

l’automobile all’esterno e iniziare la visita a piedi, iniziando da una passeggiata lungo l’antica cerchia delle mura e delle torri. Il dialetto algherese è strettamente legato al catalano e, dal 1970, le targhe che indicano il nome di piazze e strade sono bilingui: italiane e catalane. La visita è particolarmente suggestiva di sera alla luce rosata dei lampioni. PORTA A TERRA Piazza Porta a Terra. Di origine trecentesca sorge isolata perché in questa zona buona parte delle fortificazioni verso terra è stata abbattuta e sostituita dal tracciato dell’odierna via Sassari.Un tempo era


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nota come Torre degli Ebrei, a causa del contributo della comunità ebraica cittadina allo sforzo militare del re Pietro III, ed era uno dei due ingressi della cinta muraria alla città. La porta era anche munita di un ponte levatoio che poggiava sulla grande arcata gotica, trasformata oggi in monumento ai caduti. Il piano terreno, chiuso da una volta in pietra, è un piccolo centro per mostre. TORRE DELL’ESPERÒ REAL Piazza Sulis. Sulla piazza, centro della vita cittadina di Alghero, è la mole imponente della

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torre dell’Esperò Real (il nome significa Torre dello Sperone Reale), costruita nella prima metà del XVI secolo in sostituzione di una struttura militare più antica. Alta 23 m, la torre ha un interno molto interessante, composto da ampi ambienti sovrapposti, collegati da una scala elicoidale. Il lungomaree il Forte de la Magdalena La passeggiata a mare diviene, sul far della sera, una meta piacevole e frequentata. Partendo da sud, al lungomare Dante seguono i lungomare


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Cristoforo Colombo e Marco Polo, lungo i quali sorgono una serie di antichi bastioni fortificati (torre di San Giacomo, bastione del Mirador, torre de la Polvorera, torre de Castilla) che conducono fino al porto. Non lontano dalla scalinata che porta all’antica Porta a Mare, sorge l’imponente mole del Forte de la Magdalena, importante fortificazione di epoca spagnola, sulle cui mura una lapide ricorda lo sbarco di Garibaldi il 14 agosto del 1855. PALAZZO D’ALBIS PIAZZA CIVICA (PLAÇA DE LA DRESSANA) Di origine cinquecentesca, con finestre a bifore, il palazzo, chiamato anche palazzo de Ferrera, è uno dei rari esempi di architettura civile catalana. È celebre per aver ospitato, nell’ottobre del 1541, l’imperatore Carlo V, di passaggio per Alghero con la sua flotta sulla via per Algeri. La tradizione narra che, dal balcone, il re abbia definito la città “Bonita, por mi fé, y bien assentada” (“Bella, in fede mia, e ben solida”) e abbia apostrofato gli algheresi con la lusinghiera frase “Estade todos caballeros”. Il passaggio del monarca si concluse con un’imponente requisizione di bestiame,

necessario alle truppe spagnole, e con il macello delle bestie al termine di una estemporanea corrida avvenuta proprio sulla piazza. CATTEDRALE DI SANTA MARIA Sulla piccola piazzetta Duomo si apre il portale della Cattedrale di Alghero, edificata nel XIV secolo e che assunse l’attuale aspetto intorno alla metà del ’500. Lo stile architettonico è tardogotico di ispirazione catalana e la


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struttura è sormontata da un campanile ottagonale della stessa epoca. Nell’interno si nota una differenza sensibile tra la struttura del corpo centrale (tardo rinascimentale) e le forme del presbiterio gotico cinquecentesco. MUSEO DIOCESANO D’ARTE SACRA La raccolta comprende numerosi oggetti, dipinti, marmi, gioielli, paramenti sacri e sculture di scuola catalana. VIA PRINCIPE UMBERTO Partendo dalla Cattedrale, questa stretta via fu uno degli assi principali dell’antica città murata: qui si incontrano le facciate della Casa Doria (XVI secolo), del Palazzo della Curia e, su piazza Vittorio Emanuele II, dell’ottocentesco Teatro Civico sabaudo. CHIESA E CHIOSTRO DI SAN FRANCESCO Forse la chiesa di San Francesco è il più significativo monumento catalano di tutta la Sardegna. Edificata alla fine del Trecento e poi in parte ricostruita a causa di un crollo nei primi del ’600, la chiesa mostra le diverse fasi costruttive. Il campanile è in stile gotico, con corpo esagonale su base quadrata. La cupola, rivestita di piastrelle policrome, è diventata il simbolo della città. L’interno, a tre navate in arenaria bianca, ospita ancora alcuni altari lignei d’epoca barocca e, sotto la gotica volta stellata del presbiterio, un altare settecentesco. Tra le opere vanno segnalate le statue del Cristo Morto e del Cristo alla Colonna. Dalla chiesa, attraverso la sacrestia, si può accedere al chiostro, in arenaria, costruito in diversi periodi. La parte bassa è di origine trecentesca mentre quella superiore venne aggiunta nel ’700. Le ventidue colonne sono a due ordini sovrapposti con basi circolari o

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poligonali e capitelli scolpiti. D’estate, il chiostro diventa scenario di concerti e manifestazioni culturali dell’Estate Musicale Internazionale di Alghero. Negli altri mesi le varie manifestazioni e le mostre si tengono invece nell’antico refettorio del convento. LE SPIAGGE Il porto di Alghero non fu mai molto importante, a causa della sua posizione e della conformazione delle basse coste. Senza inquinamento o grandi strutture industriali, quindi, il mare è di casa in città e gli stabilimenti si susseguono appena al di fuori del centro storico cittadino. La spiaggia più famosa di Alghero è la spiaggia delle Bombarde, una striscia di sabbia bianca su un mare dall’acqua trasparente. Piacevole anche la spiaggia del Lazzaretto che deve il nome alla presenza, ai tempi della peste, di un lazzaretto. Nelle belle giornate, davanti alle spiagge si staglia la sagoma verticale del promontorio di Capo Caccia. Dintorni: a pochi chilometri il centro di Fertilia, porticciolo turistico. Di fianco corre il canale di sbocco dello stagno di Calich dove si allevano anguille, orate e muggini. In zona si possono ancora vedere le 13 arcate del ponte romano dell’antico centro di Carbia, collegato con Portus Nympharum, l’odierna baia di Porto Conte. Di lì in pochi minuti si raggiunge il Nuraghe Palmavera.

PORTO TORRES Il principale porto della Sardegna settentrionale, nell’interno del Golfo dell’Asinara, fu in passato una fiorente colonia romana, col nome di Turris Libisonis.


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I commerci con la città di Kàralis transitavano lungo la principale via dell’isola, mentre gli stretti rapporti della colonia con Roma sono testimoniati dai mosaici rinvenuti nel Foro delle Corporazioni di Ostia. Dopo un declino che cominciò nel Medioevo, Porto Torres crebbe nell’Ottocento divenendo il porto di Sassari - e con l’industrializzazione nel Novecento. In città si trova la basilica di San Gavino, una delle chiese romaniche più importanti della Sardegna, edificata in stile pisano nel 1111. Da notare il portale sulla facciata nord, con i suoi bassorilievi quattrocenteschi e il vicino portale in stile gotico con influenze catalane. All’interno vi sono una cripta che dà accesso a una zona di resti di epoca romana, le statue settecentesche dei martiri Gavino, Proto e Gianuario e varie iscrizioni di epoca altomedievale. L’area archeologica delle Terme Centrali offre una visione abbastanza fedele di un quartiere dell’antica città romana, mentre nell’Antiquarium Turritano sono esposti i reperti provenienti dagli scavi archeologici. Non lontano vi è infine il cosiddetto Ponte Romano che, con le sue sette arcate, scavalca in 135 m la foce del Rio Mannu.

Dintorni: non lontano vi è uno dei siti più interessanti della Sardegna antica: il santuario prenuragico di Monte d’Accoddi. Da Porto Torres seguire la SS131 in direzione di Sassari: poco oltre il bivio per Platamona (al km 222,300) una strada sterrata conduce all’ingresso dell’area archeologica. Unico esempio di altare megalitico conosciuto in tutto il bacino del Mediterraneo occidentale, la costruzione risale all’Età del rame (24501850 a.C.) e ha una forma a tronco di piramide con base trapezoidale sorretta da mura di blocchi di pietra. Sul lato sud una rampa sale alla sommità, a una decina di metri d’altezza, mentre la base misura 30 m per 38. Attorno alla mole dell’altare si trovano numerose fondamenta di capanne, delle tavole sacrificali e alcuni menhir abbattuti. Un gruppo di domus de janas (non facili da raggiungere) faceva parte del complesso. I materiali scavati nella zona - soprattutto ceramiche - sono conservati nel Museo Nazionale di Sassari.

STINTINO Salendo in direzione del Capo Falcone, si raggiunge Stintino (dal sardo


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“s’isthintinu”, cioè il budello, nome tradizionale dello stretto fiordo su cui sorse il paese di pescatori). Oggi centro di vacanze, Stintino fu importante per le sue tonnare. Ogni estate si organizza al porto una esposizione sulle tradizioni legate alla pesca del tonno. Mentre il Museo della Tonnara espone una raccolta di documenti, oggetti, foto e modellini che riproduce il ciclo di vita del tonno e illustra la vita della tonnara. I due porti - Portu Mannu e Portu Minori sono attrezzati per il turismo nautico. A nord la strada prosegue lungo la costa fino a raggiungere Capo Falcone, con la torre nel punto più alto e le due fortificazioni spagnole della Pelosa e dell’Isola Piana.

ASINARA Chiusa al pubblico fino a poco tempo fa, a causa della presenza del carcere di massima sicurezza di Fornelli, l’Asinara fa parte del Parco Nazionale del Gennargentu, di recente istituzione. Lunga poco meno di 18 km e larga al massimo 6, l’isola culmina nella punta della Scomunica a 408 m di quota e rappresenta un ambiente naturale unico nel Mediterraneo occidentale per la presenza di specie

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animali rare o in via di estinzione. Le sue coste integre e le pochissime strade realizzate sui 50 kmq dell’Asinara la rendono un rifugio ideale per rapaci, uccelli marini, mufloni e cinghiali. Sopravvive ancora un branco di asinelli bianchi, la presenza dei quali ha certamente dato in passato il nome all’isola. Tra le rocce vulcaniche sopravvive ancora un piccolo bosco di lecci e, tra la bassa vegetazione mediterranea, meta di appassionati e studiosi del settore, sono presenti varie rarità botaniche. La splendida isola è oggi visitabile con gite organizzate.


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ARGENTIERA Molti luoghi, in Sardegna, riconducono alla storia delle antiche miniere. All’Argentiera, non lontana dal moderno borgo di Palmadula, Romani e Pisani si dedicarono a lungo all’estrazione del prezioso minerale che avrebbe dato il nome alla zona. Affacciati sul mare, da dove provenivano navi e barche da carico necessarie al trasferimento e al commercio del minerale, gli stabilimenti minerari ottocenteschi sono imponenti, con le loro costruzioni in legno e in muratura. Negli ultimi anni una serie di restauri e rifacimenti (non ancora portati a termine) ha cambiato il colpo d’occhio sul complesso minerario, che resta tuttavia uno dei più affascinanti esempi di archeologia industriale che è possibile visitare in Sardegna. Durante l’estate la baia è frequentata dai bagnanti che qui più che altrove trovano tranquillità e acque cristalline.

CAPO CACCIA

Altissimo sul mare, il promontorio di Capo Caccia è sormontato da un faro, e dall’alto delle scogliere il panorama verso Alghero è eccezionale. Negli anfratti della vertiginosa scogliera nidificano i piccioni selvatici, i rondoni, i falchi pellegrini e i gabbiani reali. Sul versante occidentale del promontorio al largo del quale si trova la sagoma rocciosa dell’isola Foradada - una ripida scala scende verso l’ingresso della Grotta di Nettuno. I 656 gradini (che scendono per 110 m di dislivello) della Escala del Cabirol - la Scala del Capriolo - conducono alla grotta, raggiungibile anche in barca in 3 ore partendo da Alghero, oppure in 20

minuti partendo da Cala Dragunara (Porto Conte).

MONTELEONE ROCCA DORIA Arroccato sulla cima dell’altura di Su Monte (421 m), il piccolo paese di Monteleone Rocca Doria vive giorni tranquilli nella memoria di un passato nobile e bellicoso. Sull’altura, i Doria edificarono nel XIII secolo una fortificazione che nel 1436, dopo tre anni di feroce assedio, venne completamente


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distrutta dalle truppe coalizzate di Aragona, Sassari, Bosa e Alghero. Allora gli abitanti emigrarono e fondarono il borgo di Villanova Monteleone. I pochi rimasti vissero sull’alto della loro rupe, da cui lo sguardo spazia sul lago artificiale del Temo e sulla piana della Nurra. Il paese fu escluso dallo sviluppo della regione, tanto che negli anni Cinquanta gli abitanti tentarono di risollevarne le finanze mettendo in vendita l’intero paese. In

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alto, tra le case, la piccola parrocchiale di Santo Stefano del XIII secolo.

MACOMER Edificata su un gradino di antiche rocce vulcaniche, Macomer è uno dei nodi commerciali più importanti della Sardegna dell’interno. Cresciuto attorno alle vie di comunicazione - la Carlo Felice e la ferrovia - il paese deve la sua fortuna all’agricoltura, all’allevamento, ai formaggi e alle piccole industrie,


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e conserva qualche traccia interessante del passato. La parrocchiale di San Pantaleo è un esempio di architettura gotica secentesca chiara ispirazione spagnola. Sul piazzale della piccola chiesa di Santa Croce, la sera del 17 gennaio in occasione della festadi “Sa Tuva”, in onore di Sant’Antonio Abate viene acceso un grande falò. Dintorni: non lontano dal centro, a poca distanza dalla strada Carlo Felice, una breve passeggiata porta fino al Nuraghe Santa Barbara, dalla mole imponente che sovrasta una serie di torri minori e di bastioni.

SEDILO La roccia dell’altopiano di Abbasanta è stata la materia prima usata dagli abitanti di Sedilo: le vecchie case del paese sono caratteristiche di un’edilizia che, oramai, va scomparendo. Il centro del paese non presenta particolari motivi di interesse, a parte la chiesa di San Giovanni Battista. Sedilo è però famosa in tutta la Sardegna per il grande santuario di Santu Antine (San Costantino, paladino del Cristianesimo, molto venerato nell’isola). La chiesa sorge su un’altura che domina lo specchio del lago Omodeo e, all’interno del suo recinto - dove si trovano le cumbessias destinate ai pellegrini sono state sistemate anche numerose


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sculture di epoca nuragica, tra cui la cosiddetta “perda fitta”, monolito che, secondo la leggenda, altro non sarebbe che il corpo di una donna trasformata in pietra a causa della sua irriverenza nei confronti del santo patrono. Nello spazio antistante al santuario si svolge “S’ardia”, la spericolata cavalcata che conclude la festa che dal 5 all’8 luglio viene celebrata per ricordare la vittoria di Costantino su Massenzio nella battaglia di Ponte Milvio del 312. Le pareti interne della chiesa sono ricoperte da un’enorme quantità di ex voto.

GHILARZA Al centro del paese si trova una tozza e incompiuta torre aragonese, ma

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Ghilarza è particolarmente noto per essere il paese in cui visse Antonio Gramsci. Una piccola porta che si affaccia su corso Umberto dà accesso alla casa di Gramsci, dove ha sede un centro studi e dove sono esposti materiali storici sulla figura del dirigente comunista ucciso dalle carceri del regime fascista. Al secondo piano vi è una piccola stanza da letto, spoglia e tranquilla, che fu quella in cui visse Gramsci dal 1898 fino al 1908. Dintorni: non lontano da Ghilarza, seguendo la strada per Nuoro, si può ammirare la bella chiesa di San Pietro di Zuri, spostata insieme al villaggio omonimo nella posizione attuale in seguito all’allagamento artificiale che ha dato origine al lago Omodeo nel 1923. La chiesa ricostruita risaliva al 1291 ed era stata commissionata dal giudice Mariano d’Arborea all’architetto Anselmo da Como: l’architettura è di stile romanico, anche se in alcuni particolari si intravede già la transizione verso il gotico.

ABBASANTA Il piccolo paese, con il suo centro dove ancora si incontrano le vecchie case della tradizione fatte di pietra basaltica scura, ruota attorno alla ottocentesca chiesa parrocchiale di Santa Cristina, ispirata a imponenti forme architettoniche rinascimentali. Al centro di una regione dove è molto sviluppata l’agricoltura, Abbasanta deve la sua importanza alla posizione rispetto alle principali vie di comunicazione, antiche e moderne, che attraversano il centro dell’isola. Non lontano da Abbasanta vi sono due dei siti di rilevante interesse archeologico dell’isola: il Nuraghe Losa e il complesso nuragico di Santa Cristina (p 137). Per raggiungere il Nuraghe


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Losa, seguire la Carlo Felice in direzione di Cagliari fino a che, in corrispondenza del km 123, un bivio sulla destra conduce all’ingresso dell’area archeologica recintata. Insieme ai monumenti di Barumini e Torralba, questo complesso nuragico è uno dei più importanti della Sardegna immediatamente precedente al periodo punico. Al centro della imponente struttura è un mastio che risale al II millennio a.C., mentre il bastione e l’antemurale sono posteriori e ultima in termini di tempo è la cinta esterna, edificata nel VII secolo a.C. All’interno del nuraghe sono accessibili tre ambienti coperti in cui si possono osservare ancora numerose nicchie che

servivano come ripostiglio e una scala a spirale che sale al piano superiore, coronato da un terrazzo. Attorno alla struttura principale si possono vedere le basi di una serie di costruzioni che vanno dall’Età del Bronzo fino al periodo altomedievale. Interessante, infine, la breve visita al piccolo antiquarium edificato a un centinaio di metri di distanza dal nuraghe: qui sono esposte planimetrie e immagini di una serie di monumenti di epoca nuragica della zona.

BOSA Dominata dal castello dei malaspina, Bosa si stende, con le sue case dai


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colori pastello, sulla riva destra del fiume Temo, l’unico navigabile della Sardegna, un paio di chilometri prima della foce. Le origini della città risalgono ai Fenici, anche se il centro era più arretrato, sulla riva sinistra. In epoca medievale, per sfuggire alle incursioni piratesche, il borgo si spostò alle pendici del colle di Serravalle cercando la protezione dei Malaspina. Dichiarata dagli Spagnoli città reale, Bosa ha sempre mantenuto stretti contatti con la Penisola iberica. Il suo fascino è indiscutibile, con i fabbricati di Sas Conzas che si specchiano nelle acque calme del fiume e il quartiere di Sa Costa tutto stradine e scalinate dove ancora qualche donna siede sull’uscio a lavorare il filet. Il suo mare è stato dichiarato dalle associazioni ambientaliste tra i più puliti d’Italia.

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CATTEDRALE Via De Gasperi. Dedicata all’Immacolata, è stata ristrutturata nell’Ottocento in tardo stile barocco piemontese di cui conserva tutta la maestosità. All’interno la statua policroma della Madonna col Bambino di scuola catalana, risalente al XVI secolo. Ai lati dell’altare due leoni di marmo che uccidono i dragoni. Gli altari laterali hanno decorazioni in marmi policromi. CORSO VITTORIO EMANUELE II La via principale di Bosa, dal fondo lastricato in pietra, corre parallela al fiume. Su di essa si affacciano palazzetti signorili e i negozi degli artigiani orafi che lavorano la filigrana d’oro e il corallo.


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PINACOTECA CIVICA Casa Deriu rappresenta un esempio di abitazione bosana del secolo scorso trasformata in uno spazio espositivo. Al primo piano sono raccolti i prodotti (dolci, vino, pane) della tradizione insieme a foto d’epoca in bianco e nero. Al secondo piano si può visitare la ricostruzione dell’appartamento signorile con parquet in ulivo, soffitti a volta decorati, piastrelle in maiolica di Ravenna e tende a filet. L’ultimo piano ospita la Pinacoteca Civica con la raccolta Melkiorre Melis, artista bosano, uno dei principali promotori delle arti applicate del Novecento in Sardegna. Le opere in mostra coprono un arco di 70 anni con opere grafiche, dipinti a olio, ceramiche, manifesti. Interessanti i lavori d’influenza araba prodotti dal Melis nel decennio in cui diresse la Scuola Musulmana di Arti e Mestieri a Tripoli. CASTELLO MALASPINA Costruito nel 1112 dai marchesi di Malaspina dello Spino Secco, ha un aspetto imponente nonostante restino solo le torri e il muro di cinta. Ampliato e ricostruito nel ’300, racchiude una superficie di diecimila metri quadrati. Del castello vero e proprio rimangono in piedi solo alcuni muri nell’angolo nord-est del recinto, ai piedi della Torre maestra. Costruita in blocchi di trachite ocra chiaro agli inizi del Trecento, è oggi in fase di ristrutturazione. All’interno delle mura l’unica costruzione rimasta in piedi è la chiesa di Nostra Signora di Regnos Altos, costruita nel Trecento e

restaurata nel 1974-75. Al suo interno è stato ritrovato un ciclo di affreschi di scuola catalana, uno dei pochi rimasti in Sardegna. Dai bastioni della torre, la vista spazia sulla chiesa di San Pietro, la bassa valle del Temo e i tetti rossi di Sa Costa. Piacevole la discesa verso il centro attraverso la ripida scalinata in pietra lungo i pochi resti della cinta che un tempo proteggeva a est tutto l’abitato. SAS CONZAS Sulla riva sinistra del fiume Temo, questi grandi magazzini erano un tempo adibiti alla concia e alla lavorazione delle pelli. Caduti in disuso con la crisi del settore, aspettano da anni una risistemazione. Per ora ospitano un piccolo ristorante affacciato sul fiume. Il punto migliore di osservazione è dal Lungotemo De Gasperi, una passeggiata ornata di palme dove i pescatori ormeggiano le proprie imbarcazioni.


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SAN PIETRO Circa un chilometro a est sulla sponda sinistra del Temo, sorge la ex cattedrale di San Pietro, una delle più interessanti opere romaniche sarde. In trachite rossa, è stata costruita nella seconda metà dell’XI secolo, mentre l’abside, il campanile e le murature laterali vennero aggiunti nel secolo successivo. La facciata unisce elementi romanici a elementi gotici importati dai monaci cistercensi. Sull’architrave del portale, una singolare Madonna col Bambino e i santi Pietro, Paolo e Costantino. L’interno, a tre navate, è difficilmente visitabile. Dintorni: Bosa Marina, a poco più di due chilometri dal centro, ha una bella spiaggia riparata, con sabbia scura. La rocciosa isola Rossa è collegata alla terraferma da un lungo molo di protezione. Nella Torre aragonese, aperta in luglio e agosto, vengono allestite esposizioni temporanee. La costa tra Bosa e Alghero è una delle più spettacolari della Sardegna. Un’escursione interessante è quella sul Trenino verde da Bosa Marina a Macomer costeggiando la spiaggia di Pedras Nieddas (Pietre Nere) prima di risalire la valletta del Rio Abba Mala verso Modolo, Tresnuraghes e Sindia.

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SANTU LUSSURGIU A 500 metri di altitudine, sul versante orientale del Montiferru, Santu Lussurgiu si stende ad anfiteatro sul bordo di un cratere vulcanico circondato da uliveti. Interessante il centro storico con strade in salita e piccole piazzette su cui si affacciano belle case in pietra a più piani, intonacate con colori vivaci dal rosso vinaccia al giallo zafferano. Alcune hanno architravi decorate e balconi in ferro battuto. In via Roma, in una casa padronale del XVIII secolo, si aprono le 11 stanze del Museo della Tecnologia contadina, realizzato dal Centro di Cultura Popolare e visitabile su appuntamento. Artefice della raccolta “Su mastru Salis”, Maestro Salis, che in venti anni ha raccolto più di 2000 oggetti appartenuti alla civiltà e alla tradizione del paese. Visitare il museo con la sua guida, o con quella dei volontari che lo aiutano, è come fare un viaggio a ritroso nel tempo. Sala dopo sala riemergono oggetti usati quotidianamente dai contadini, dai pastori e dai carbonai che lavoravano ai piedi del Montiferru. Particolarmente interessanti la sezione della filatura e della tessitura, la cucina e la sezione dei mestieri con un insolito ellissografo. Interessante anche la stanza del vino con una gualchiera, lo strumento


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preindustriale utilizzato per ammorbidire e infeltrire il tessuto. Nel territorio di Santu Lussurgiu ne funzionavano più di quaranta. Nella parte alta del paese si trova la chiesa di Santa Maria degli Angeli, che conserva al suo interno un bell’altare di legno intagliato. In paese esistono ancora artigiani specializzati nella fabbricazione dei coltelli o nei finimenti per cavalli (morse, selle e stivali di cuoio). A Carnevale la strada di fronte al museo, chiamata “Sa Carrela ’e Nanti”, è teatro di una sfrenata corsa a pariglia di cavalli guidati da cavalieri in costume. Dintorni: a pochi chilometri c’è un bosco di pini, lecci e querce che circonda il paesino di San Leonardo de Siete Fuentes, famoso per la presenza di sette sorgenti dalle acque radioattive e diuretiche che sgorgano da sette fontanelle a temperatura costante di 11 gradi. I sette ruscelli attraversano un boschetto meta di scampagnate domenicali. Al centro dell’abitato si trova la piccola chiesa di San Leonardo appartenuta ai Cavalieri di Malta. In trachite scura, è stata costruita nel XII secolo ma l’aspetto attuale romanico-gotico è dovuto a una ristrutturazione del secolo

successivo. L’interno, a navata unica, conserva le insegne della Congregazione. Di fronte alla chiesa c’è una piccola biblioteca comunale. All’inizio di giugno, San Leonardo ospita una fiera di cavalli da sella.

CUGLIERI Sul versante occidentale del Montiferru, in posizione panoramica sul mare, Cuglieri è un grosso borgo agricolo e pastorale a 500 m d’altitudine. Il paese si stende ai piedi della imponente chiesa di Santa Maria della Neve, dalla facciata settecentesca affiancata da due campanili. Si


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raggiunge con una bella passeggiata in salita che dalla via principale si snoda tra vicoli e scalinate strette tra alte case in pietra. Dal piazzale del Colle Barodus, davanti alla chiesa, la vista spazia dai tetti rossi del paese alla costa tra Santa Caterina di Pittinuri e Porto Alabe.

Santa Caterina di Pittinuri E una località balneare sorta intorno alla caletta di sassi bianchi, chiusa da una scogliera calcarea dominata dalla Torre del Pozzo, costruita dagli Spagnoli. Questo tratto di costa è molto panoramico con promontori calcarei e spiagge di sabbia e sassi bianchi. Il punto più famoso è S’Archittu, un grande arco scavato nella scogliera dalla forza delle acque. Una strada sterrata, che parte dalla statale 292 tra Santa Caterina di Pittinuri e S’Archittu, porta alle rovine della città punico-romana di Cornus dove, nel 215 a. C., si combatté l’ultima battaglia tra i Romani e i Sardo-punici guidati da Amsicora. Nel IX secolo la città venne abbandonata a causa delle continue incursioni saracene e gli abitanti si spostarono in collina fondando una nuova cittadina, Curulis Nova, l’attuale Cuglieri. La strada termina poco prima dell’insediamento paleo-cristiano di Columbaris, mentre l’acropoli di Cornus sorge sul colle a sud-ovest. La zona archeologica sembra abbandonata, ma si possono individuare alcuni sarcofagi e i resti di una basilica a tre navate probabilmente risalenti al VI secolo.

CABRAS A pochi chilometri da Oristano, Cabras è un paese dalle case a un piano che ha conservato l’impianto antico. Sorge ai bordi dello stagno, esteso per 2.000 ha, che è il più grande stagno di acqua dolce della Sardegna e comunica col mare attraverso una serie di canali. La presenza contempo-


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ranea di acqua dolce e salata attira falchi di palude e folaghe, polli sultani e falchi pellegrini. Le acque sono ricche di anguille e muggini. Un tempo sullo stagno si andava a pesca con imbarcazioni dalla forma appuntita, is fassonis, costruite con erbe palustri essiccate al sole, avvalendosi della stessa tecnica usata dai Fenici. Sempre ai Fenici sembra risalire sa merca: i muggini vengono avvolti in erbe lacustri e lasciati a macerare in acqua salata. Dintorni: al limite settentrionale del golfo di Oristano c’è la Laguna di Mistras. Separata dal mare da due cordoni litorali, inserita nelle zone umide di importanza internazionale previste dalla convenzione di Ramsar, rappresenta l’habitat ideale per fenicotteri rosa, cormorani, aironi cinerini e falchi pescatori. Ricco di avifauna anche il vicino stagno Mar ’e Pontis, dove visitare la Peschiera Pontis, un’antica costruzione per la itticoltura, con chiuse e lavorieri.

SAN SALVATORE Le bianche case dei pellegrini, le cumbessias, circondano la chiesa

campestre di San Salvatore. Esse vengono abitate per nove giorni all’anno, a cavallo tra agosto e settembre, in occasione della novena per la festa del santo. La grande piazza centrale è stata utilizzata negli anni Sessanta del Novecento come set dei film western all’italiana. La chiesa è sorta alla fine del XVII secolo nell’area di un santuario pagano di origine nuragica, incentrato sul culto delle acque e ricostruito nel VI secolo come chiesa sotterranea. Attraverso una scala nella navata sinistra si scende all’ipogeo formato da sei vani: due rettangolari ai lati di un corridoio che conduce a un atrio circolare con un pozzo intorno al quale sono disposte tre camere. L’ipogeo è parzialmente scavato nella roccia; i soffitti a botte sono in arenaria e mattoni. Sulle pareti si sono conservati diversi graffiti di animali (elefante, pantera e pavone) e di divinità (Ercole che lotta con il leone Nemeo, Marte e Venere con un piccolo Eros alato). Interessanti le scritte arabe che parlano di Allah e Maometto, nonché le numerose raffigurazioni di navi, che gli studiosi ritengono potessero essere


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dei probabili ex voto. Le lettere latine RVF intrecciate come in un monogramma e ripetute più volte sembrano derivare dalla lingua fenicia e significare “guarire, salvare, dare salute”. Il primo sabato di settembre si celebra la festa di San Salvatore con la corsa degli Scalzi in ricordo dell’impresa di alcuni giovani che, dopo avere abbandonato il villaggio per sfuggire ai Saraceni, ritornarono per mettere in salvo la statua del santo. Appena fuori dell’abitato, in direzione est, ci sono le rovine delle terme romane di Domu ’e Cubas.

SAN GIOVANNI DI SINIS Al limitare della penisola del Sinis, vi è una località balneare un tempo famosa per le caratteristiche baracche dei pescatori costruite in legno e giunco. Oggi ne rimangono solo alcune: il gruppo più numeroso è a oriente della statale, poco distante dagli scavi di Tharros. All’ingresso del paese sorge la chiesa paleocristiana di San Giovanni, insieme a San Saturnino di Cagliari, più antica della Sardegna. Risale infatti al V secolo, anche se gran parte dell’aspetto attuale è dovuto a interventi del IX e X secolo. L’interno a tre navate coperte da volte a botte è suggestivo. Dintorni: a poca distanza c’è l’Oasi Torre ’e Seu del WWF che conserva una delle ultime macchie spontanee di palme nane rimaste nella zona. Si raggiunge con una strada sterrata che parte dalla periferia settentrionale di San Giovanni di Sinis. Dal cancello si prosegue a piedi fino al mare e a Torre ’e Seu costruita dagli Spagnoli. NELLA TERRA DELLA VERNACCIA La campagna a nord di Oristano è una delle più fertili di tutta l’isola, un’oasi di viti, aranci e olivi. La coltivazione dei mandarini risale al Trecento e all’opera dei monaci camaldolesi che avevano un grande convento a

Bonacardo. Ben più antica la coltivazione della vite: a Tharros (pp 132-3) sono stati ritrovati vasi vinari, anfore, bicchieri. La Vernaccia di Oristano è il vino più famoso della Sardegna e viene prodotta nei comuni di San Vero Milis, Cabras, Zeddiani, Narbolia, Riola, Baratili. È un vino forte, con gradazione alcolica di almeno 15 gradi e un invecchiamento minimo di 3 anni in barrique di rovere. Piacevole una gita nella zona di produzione, magari fermandosi per degustazioni e acquisti nella Cantina sociale della Vernaccia. Molto belli i portali settecenteschi che segnavano l’accesso ai fondi.

THARROS La città di tharros venne fondata dai Fenici intorno al 730 a.C. sul promontorio di Capo San Marco, che offriva ancoraggi sicuri in qualsiasi condizio-


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ne atmosferica alle navi che arrivavano cariche di merci da tutto il Mediterraneo. Già nel VI e V secolo a.C. Tharros era diventata un fiorente centro portuale e l’espansione continuò anche con i Romani, dal 238 d.C. Dell’antica città sono stati riportati fino a oggi alla luce i tre quinti. L’area archeologica, sospesa tra i due mari, è una delle più affascinanti del Mediterraneo. Una visita nella parte meridionale porta alla città punica e romana con le abitazioni, le terme e i santuari; più a nord, permette di visitare il tophet, le capanne nuragiche del villaggio Murru Mannu e la cinta muraria di età romana.

ORISTANO Al limite settentrionale del Campidano, tra la foce del Tirso e lo stagno di Santa Giusta, Oristano è il centro più importante della Sardegna occidentale. La sua origine risale al 1070, e all’abbandono della ricca e potente Tharros, troppo esposta alle incursioni dei pirati. Il periodo tra il 1100 e il 1400 vede una città guidata da sovrani illuminati come Mariano IV e la figlia Eleonora che arrivarono a controllare quasi tutta l’isola. Al centro di una pianura fertilissima e di un sistema di stagni che producono grandi quantità di pesce, è diventato capoluogo di provincia solo nel 1974. Il centro storico, corrispondente ai quartieri

all’interno delle mura, ormai abbattute, è piccolo e facile da girare a piedi, anche perché in buona parte isola pedonale. CATTEDRALE Dedicata alla Beata Vergine Assunta, venne realizzata nel 1228 per volere di Mariano di Torres con l’apporto di maestranze lombarde. Ricostruita completamente nel XVII secolo in stile barocco, si presenta oggi come un mix di diversi elementi. Dell’epoca giudicale rimangono il campanile ottagonale, staccato dal corpo centrale sul sagrato, con cupola a cipolla e maioliche dai colori brillanti, e anche i battenti in bronzo e la Cappella del Rimedio dalla balaustra in marmo con bassorilievi pisani raffiguranti Daniele nella fossa dei leoni. Importante anche il coro in stile rinascimentale sardo dietro l’altare maggiore. Ricco e vario il Tesoro del Duomo, conservato nell’aula Capitolare: argenterie, paramenti sacri e antichi codici miniati si possono ammirare su richiesta. La piazza del Duomo è chiusa dal Palazzo Arcivescovile e dal Seminario Tridentino. TORRE DI MARIANO II Chiamata anche torre di San Cristoforo o Porta Manna, è una torre in blocchi di arenaria fatta erigere nel 1291 dal giudice Mariano II che allora guidava il Giudicato d’Arborea ed è, insieme allatorre opposta di Portixedda, l’unica traccia dell’antica cerchia muraria. Sovrastata da una grande campana del 1430, è aperta sul lato interno. Ai suoi piedi si stende piazza Roma, il punto più animato della città, con negozi alla moda e bar all’aperto.


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CORSO UMBERTO Chiamato via Dritta, è l’isola pedonale, salotto buono di Oristano, con edifici imponenti come il Palazzo Siviera, un tempo sede del marchese d’Acrisia, che termina con una cupola, e Palazzo Falchi, risalente agli anni 20. Vi si concentrano le vetrine dei negozi più eleganti e al tramonto diventa teatro del quotidiano rito del passeggio. PIAZZA ELEONORA D’ARBOREA Alberata, irregolare e lunga, è dedicata alla giudichessa che promulgò la famosa Carta de Logu. Sulla piazza si affacciano il Palazzo Carta, il Palazzo Mameli, il Palazzo Corrias e il Palazzo Comunale, un tempo convento degli Scolopi, che ingloba la chiesa di San Vincenzo, a pianta ottagonale. Al centro la statua di Eleonora d’Arborea, realizzata nell’Ottocento.

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CHIESA DI SAN FRANCESCO In stile neoclassico, venne costruita sui resti di una chiesa gotica, completamente distrutta all’inizio dell’800. La facciata è a sei colonne con capitelli ionici. All’interno una delle più interessanti sculture in legno di tutta l’isola: il Crocefisso policromo detto “di Nicodemo”, opera di ignoto autore catalano della fine del XIV secolo. Interessante anche San Francesco che riceve le stimmate, opera del pittore cagliaritano Pietro Cavaro, sistemata nella Sacrestia. SANTA CHIARA In stile gotico, la chiesa di Santa Chiara risale al XIV secolo. Lineare la facciata in conci di arenaria con sobrio rosone centrale e piccolo campanile a vela. All’interno sono interessanti le mensole in stile gotico in legno intagliato con figure di animali.


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ANTIQUARIUM ARBORENSE All’interno del neoclassico Palazzo Parpaglia, il museo ospita diverse collezioni archeologiche provenienti dagli scavi di Tharros, una pinacoteca e una sezione dedicata alla città all’epoca dei Giudicati. Nella pinacoteca sono da segnalare il retablo di San Martino (XV secolo) attribuito alla scuola del pittore catalano Ramon de Mur. Del retablo di Cristo (1533), opera della scuola di Pietro Cavaro, si sono conservate solo nove tavole. Il retablo della Madonna dei Consiglieri (1565), opera del cagliaritano Antioco

Mainas, rappresenta i consiglieri della città di Oristano inginocchiati intorno alla Madonna. Della ricca collezione archeologica sono da notare gli oltre duemila raschiatoi in ossidiana del periodo neolitico, i fermacapelli in osso, le anforette provenienti dalla Grecia e dall’Etruria, vetri e lucerne romani. Tutti i reperti fanno parte della Collezione Efisio Pischedda cui si affiancano collezioni minori (Pau, Carta, Sanna-Delogu). Tra i pezzi più importanti una maschera in terracotta, scarabei in diaspro verde e gioielli con incisioni di epoca romana. I CAVALIERI DELLA STELLA La Sartiglia si tiene l’ultima domenica di Carnevale e il Martedì Grasso secondo un rituale secolare. Fu introdotta probabilmente nel 1350 da Mariano II per festeggiare le sue nozze. Il 2 febbraio viene scelto il capocorda, su Componidori, che, il giorno della gara, viene vestito da un gruppo di ragazze in costume. Gli viene cucita addosso una camicia bianca, il volto viene avvolto con bende e coperto con una maschera femminile, in testa gli vengono posti un velo da sposa e un cilindro nero. Così bardato guida il


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corteo di cavalieri, trombettieri e tamburini che attraversa la città fino alla piazza della giostra. A un segnale convenuto si lancia al galoppo per la via che costeggia l’Arcivescovado e la Cattedrale. Nella corsa il capocorda deve infilare la spada nel foro al centro di una stella appesa a un filo. Se ci riesce il raccolto dell’anno sarà abbondante.

SANTA GIUSTA Sulle sponde dello stagno omonimo, è un borgo agricolo che sorge sui resti della città romana di Ottona. Su un rilievo all’ingresso del paese si trova la Cattedrale di Santa Giusta, gioiello dell’architettura romanico-pisana che risente di influssi arabi e lombardi. Costruita nella prima metà del XII secolo, presenta una facciata slanciata, il cui effetto risulta amplificato dalla scalinata, con triplice arcata, che inquadra il portale e una finestra a trifora. Nell’interno, a tre navate, le colonne hanno stili e forme divesi perché provengono dai resti delle vicine città romane di Neapolis, Tharros e Othoca. Dal sagrato si gode

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una bella vista sullo stagno, uno dei più pescosi dell’isola, solcato ancora da is fassonis, le lunghe imbarcazioni di falasco, di lontana origine fenicia; durante la sagra di Santa Giusta gareggiano in una spettacolare regata. La specialità locale è la bottarga, costituita da uova di muggine essiccate.

ARBOREA Al centro di una piana bonificata in epoca fascista, Arborea è sorta nel 1930 con il nome di Mussolinia. Immerso nel verde dei campi, il paese ha la tipica struttura regolare degli insediamenti recenti. Gli edifici pubblici (la scuola, la parrocchia, l’albergo e il palazzo del Comune) si affacciano su piazza Maria Ausiliatrice, da cui partono le vie principali che seguono uno sviluppo ortogonale. I viali sono alberati, le case a due piani in stile neogotico sono circondate dal verde. Nel Palazzo


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Comunale si trova la Collezione Civica Archeologica: una raccolta di reperti archeologici, provenienti dalla necropoli romana di S’Ungroni. A circa 9 km si trova il borgo di pescatori di Marceddi sui bordi dello stagno, dominato dalla cinquecentesca Torrevecchia.

FORDONGIANUS Nella bella valle del Tirso, l’antica Forum Traiani è la più importante città romana dell’interno, avamposto fortificato contro le popolazioni barbaricine. Le case del centro sono in pietra rossa e grigia. Una delle meglio conservate è casa Madeddu, l’antica

“casa aragonese” del primo ’600, con portali e finestre in stile catalano. Sulla stessa via, la cinquecentesca parrocchiale di San Pietro Apostolo in trachite rossa, quasi interamente rifatta in epoca moderna. In riva al fiume ci sono le Terme Romane, oggi visitabili dopo un lungo restauro. La piscina rettangolare raccoglie ancor oggi l’acqua calda (a una temperatura di circa 50 gradi) proveniente dalle sorgenti termali e utilizzata dalle donne del paese per il bucato. All’interno un porticato e belle


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sale con pavimento a mosaico. A pochi chilometri dal paese sorge la chiesetta campestre di San Lussorio, costruita dai monaci Vittorini verso il 1100 su una cripta Paleocristiana.

PAULILĂ€TINO Circondata da oliveti e boschi di sughere, questa borgata agricola sorge ai margini dell’altopiano basaltico di Abbasanta. Le case sono in pietra scura, con portali in stile aragonese e balconcini in ferro battuto. Scura anche la parrocchiale di San Teodoro del XVII secolo in stile gotico-aragonese, con un rosone dai vetri colorati e campanile a cipolla. Nel Palazzo Atzori è aperto un Museo etnografico che raccoglie oggetti di uso quotidiano e utensili domestici tipici della zona. Dintorni: a 4 km dal centro, sulla superstrada 131, deviando si arriva al villaggio nuragico di Santa Cristina. Un muro a secco delimita la zona


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archeologica costituita da un tempio a pozzo dedicato al culto della dea madre risalente al I millennio a.C. Il pozzo, a imboccatura trapezoidale, è in ottimo stato di conservazione. Una scala dagli ampi gradini scende alla camera a volta. Poco distante sorge un recinto che doveva servire come sala di riunione. La sacralità del luogo è sopravvissuta nei secoli, tanto che in epoca cristiana venne edificata una chiesa dedicata a Santa Cristina. Come nell’antichità, i devoti continuano ad affluire alla chiesetta circondata da un villaggio di muristenes, le case dei novenanti, in occasione della festa della santa che si celebra la seconda

domenica di maggio. A destra della chiesa, nel bosco di ulivi, si apre un’altra area archeologica che comprende un piccolo nuraghe ben conservato e due capanne in pietra, dalla pianta rettangolare. La meglio conservata è lunga quattordici metri e alta due.

ÀLES Alle falde orientali di Monte Arci, è il centro principale della Marmilla. Nella parte alta del borgo sorge la Cattedrale di San Pietro, costruita nel 1686 dal genovese Domenico Spotorno che utilizzò per la costruzione i ruderi di


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una preesistente chiesa del XII secolo. Due campanili con cupole in ceramica chiudono la facciata. L’interno, in stile barocco, ha una sagrestia arredata con mobili intagliati e un raro crocifisso del Trecento. Nell’Archivio capitolare si trovano raffinate opere di oreficeria. Sulla stessa piazza si affacciano il Palazzo vescovile, il Seminario e l’Oratorio della Madonna del Rosario. Àles è il paese natale di Antonio Gramsci (1891-1937), come ricordano il monumento di Giò Pomodoro e la targa apposta sulla sua casa natale. Dintorni: il paese è il punto di partenza per salire ai panoramici

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torrioni di Trebina Longa e Trebina Lada, le cime più alte di Monte Arci, punte residue dell’antico cratere. Lungo i sentieri si possono notare le schegge di ossidiana, il prezioso vetro naturale che, ridotto in sottilissime lastre, serviva per la fabbricazione di punte di frecce, lance e raschiatoi. L’ossidiana di Monte Arci non riforniva soltanto la Sardegna ma, tra il VI e il III millennio a.C., veniva esportata in tutto il Mediterraneo.



LA SARDEGNA ZONA PER ZONA Il Nord e la Costa Smeralda


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Note


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Il Nord e la Costa Smeralda Le coste frastagliate, il turchese delle acque, le spiagge di sabbia candida sono gli elementi che compongono una delle immagini più classiche della Sardegna. Le isole che affollano lo stretto delle Bocche di Bonifacio, a un passo dalla Corsica, sono da qualche anno una meta prediletta dal turismo internazionale. Nel 1962 un gruppo di finanzieri - tra cui l’Aga Khan diede vita al “Consorzio Costa Smeralda”, promuovendo l’idea di uno sviluppo turistico delle coste della Sardegna. Dopo 40 anni poche sono le zone sarde cambiate così profondamente, nel bene e nel male, come queste coste, oggi tutte costellate di ville, residence e porti turistici. Attorno è il quadro affascinante della natura e del mare: scogliere scolpite dal vento come a Capo d’Orso e Capo Testa, spiagge bianche e il profumo della macchia mediterranea che ancora sopravvive all’invasione delle seconde case. Oramai, dopo anni di discussioni, è però chiaro che allo sviluppo turistico deve essere posto un limite, oltrepassato il quale i vantaggi del turismo rischiano di trasformarsi negli svantaggi della distruzione dell’ambiente. Vicino, ma profondamente diverso dalla costa, l’interno della Gallura è un mondo ancora ricco di suggestioni. Le foreste in cui brilla il colore chiaro delle

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querce da cui è appena stato staccato il sughero, le rocce granitiche che creano paesaggi ipnotici, come la Valle della Luna nei pressi di Aggius, le sagome dei nuraghi sono ancora i punti di riferimento per interpretare il paesaggio. Qui sono di casa la buona cucina di terra, l’artigianato tradizionale e la storia, come quella raccontata dall’eccezionale sfilata di chiese romaniche del Logudoro che, partendo da Sassari, portano fino alle pietre bianche e nere della Santissima Trinità di Saccargia. Visitando il Nord e la Costa Smeralda Il porto e l’aeroporto di Olbia accolgono la gran parte dei turisti diretti non solo in Costa Smeralda, ma in tutta l’isola. La lunga e bellissima costa, con le sue spiagge e le sue scogliere, sale verso nord fino a Santa Teresa di Gallura; poi volge a occidente, oltre la rocca di Castelsardo, fino a raggiungere Porto Torres. All’interno, Tempio Pausania, capoluogo della Gallura, che costituisce il punto di partenza per affascinanti itinerari alla scoperta dell’arte, delle tradizioni e della natura del Nord della Sardegna, e la bella città di Sassari.

OLBIA Dalle banchine del porto di Olbia il continente, con il porto di Civitavecchia, dista solo 125 miglia, poco meno del doppio della distanza tra Cagliari e il continente. Per questo motivo, la città è stata sempre il centro dei collegamenti esterni dell’isola, ruolo confermato dall’apertura dell’aeroporto Costa Smeralda. Città moderna, Olbia è solo una tappa, in genere, verso altre destinazioni, ma vale la pena di visitare la chiesa romanica di San Simplicio, edificata a partire dall’XI secolo e ampliata nel XIII.


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Dintorni: vi sono due siti preistorici molto interessanti, il complesso nuragico di Cabu Abbas e il pozzo sacro Sa Testa. Per raggiungere il primo, dal porto vecchio di Olbia seguire prima Corso Umberto, poi Via d’Annunzio e oltrepassata la ferrovia raggiungere la chiesa campestre di Santa Maria Cabu Abbas. Dalla chiesetta una strada sterrata sale verso la cresta rocciosa e sono poi necessari 15 minuti a piedi. In alto sulla cresta, con il panorama che si apre sull’isola di Tavolara, il sito è composto da una torre con pozzo centrale (dove vennero rinvenuti nel 1937 resti di sacrifici: ossa bruciate e frammenti ceramici) e da un ampio recinto megalitico che si sviluppa per circa 200 m. Per raggiungere invece il pozzo sacro di Sa Testa bisogna percorrere la SP 82 verso Golfo Aranci fino all’Hotel “Pozzo Sacro”. Il complesso archeologico è composto da un ampio cortile lastricato nel quale si apre l’ingresso a una scala coperta di 17 gradini che scende nella camera del pozzo dove sgorgava una vena d’acqua.

GOLFO ARANCI Non cercate aranceti sulle rive del golfo: Golfo Aranci deve il suo nome all’errata interpretazione del toponimo locale “di li ranci” che sta a significare dei granchi. Fino a qualche tempo addietro frazione di Olbia, il paese è divenuto comune autonomo solo nel 1979, e la sua importanza sta nel fatto che, a partire dal 1882, qui fanno scalo molti dei traghetti provenienti dal continente. Golfo Aranci è lo scalo marittimo delle Ferrovie dello Stato.

PORTO ROTONDO Più‘ che di un vero e proprio paese si tratta di un ben progettato insediamento turistico, nato dal nulla negli anni d’oro del grande sviluppo della Costa Smeralda. Le costruzioni, sorte attorno all’indispensabile porto turistico, sono state progettate per essere il più possibile inserite nell’ambiente circostante. Il risultato è


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piacevole, confortato da un successo che ha fatto di questa località una meta prestigiosa, anche se l’aspetto decisamente “di maniera” riflette la nascita a tavolino. Lungo le banchine e sulla piazzetta San Marco si aprono molti negozi famosi. Le possibilità di mangiare, bere o ascoltare musica sono molte anche se, passata la stagione balneare, Porto Rotondo appare un po’ abbandonata. Nella chiesa di San Lorenzo, progettata da Andrea Cascella, una serie di statue in legno di Mario Ceroli rappresentano scene sacre. Piacevole è l’escursione in direzione della Punta della Volpe, che separa il golfo di Marinella dal golfo di Cugnana.

PORTO CERVO Cuore della Costa Smeralda e paradiso dei Vip, Porto Cervo ruota attorno ai due porti turistici che ospitano alcune delle più spettacolari barche private del mondo. I mesi estivi sono scanditi da una serie di eventi mondani e sportivi: sfilate di moda, regate e

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tornei di golf.Una passeggiata lungo le banchine del porticciolo non si può evitare: con un occhio alle vetrine e l’altro ai panfili ormeggiati si raggiunge la chiesa Stella Maris che, affacciata sul paese, conserva un quadro attribuito a El Greco. Dintorni: molte le spiagge famose tra le quali Liscia Ruja, confinante a nord con Cala di Volpe.

PALAU Punto d’imbarco obbligato per le isole dell’arcipelago della Maddalena, il paese deve la sua fortuna anche alla ferrovia a scartamento ridotto SassariTempio-Palau. La vita ruota attorno ai moli e agli ormeggi del porto turistico. Da Palau vale la pena visitare i luoghi più rinomati e affascinanti della costa: il promontorio di Capo d’Orso, che culmina in una grande roccia scolpita dal vento che ricorda la sagoma di un plantigrado. La Punta Sardegna è raggiungibile percorrendo la strada che sale verso il Monte Altura per poi scendere fino alla spiaggia di Cala Trana, sull’estremità della punta. Il


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panorama da qui è eccezionale, anche se la continua espansione delle aree edificate sta rovinando la bellezza dei luoghi. Dintorni: la Batteria del Monte Altura, in posizione panoramica, è raggiungibile attraverso la strada che conduce a Porto Raphael.

SANTA TERESA DI GALLURA Popolata in epoca romana, la zona dove sorge Santa Teresa fu importante anche per i Pisani che dagli affioramenti granitici cavavano pietra da costruzione. Il paese odierno è stato creato ex novo durante la presenza sabauda ed è ordinatamente scandito da strade rettilinee che si

incrociano ad angolo retto, con al centro la piccola piazza dove sorge la chiesa di San Vittorio. La pesca (anche del corallo) e il turismo sono le basi dell’economia locale. Sul promontorio roccioso che si affaccia sul mare sorge la torre Longosardo, eretta nel XVI secolo in età aragonese, da cui lo sguardo abbraccia sia la baia di Porto Longone che, sullo sfondo, le chiare scogliere che circondano la città corsa di Bonifacio. Sulla sinistra la costa scende verso la spiaggia di Rena Bianca che termina a poca distanza dallo scoglio dell’Isola Monica su cui rimangono le tracce di una cava abbandonata. Dintorni: Capo Testa, uno scoglio collegato alla terraferma da una striscia di sabbia, al quale si può arrivare percorrendo un tragitto molto panoramico aperto sulle baie di Colba e di Santa Reparata. Tra le cave moderne e antiche - qui i Romani scelsero la pietra per le colonne del Pantheon - e il profumo della vegeta-


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zione della macchia si raggiunge infine il faro di Capo Testa.

ARZACHENA Fino a quarant’anni fa, Arzachena era un pacifico borgo pastorale dell’interno. Oggi, trasformato nel capoluogo di una regione turistica tra le più note del mondo, la Costa Smeralda, il paese è cambiato molto. In alto, sopra le case, vi è una curiosa roccia scolpita dal vento che per la sua forma viene chiamata il Fungo, e nei dintorni molte sono le tracce della preistoria. Tra i siti più interessanti per un’escursione nell’interno sono il Nuraghe Albicciu, la Tomba di Giganti Coddu Vecchiu e la Necropoli Li Muri. NURAGHE ALBUCCIU Uscire da Arzachena in

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direzione di Olbia e, dopo 600 m, alla fine dell’abitato, seguire un bivio e un sentiero sulla destra; una volta raggiunta la costruzione, con una scala che sale al livello superiore si può raggiungere un corpo laterale. Sono ancora visibili le mensole sporgenti di pietra necessarie a sorreggere l’antica struttura in legno. TOMBA DI GIGANTI CODDU VECCHIU Percorrere la SS427 in direzione Calangianus e poi, dopo circa 3 km, seguire il bivio verso destra in direzione di Luogosanto. Dopo circa 1,800 km, ci si immette sulla strada di Capichera e poche centinaia di metri più avanti (un breve sentiero deve essere percorso a piedi), sulla destra si incontra la tomba. Al centro del monumento funerario vi è una stele alta 4 m circondata da una quinta


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semicircolare formata da grandi lastre di pietra conficcate nel terreno. NECROPOLI LI MURI Si esce da Arzachena in direzione di Calangianus (SS 427) e si volta a destra per Luogosanto. Dopo circa 4,5 km un bivio a destra (strada sterrata) conduce verso la necropoli Li Muri. Il sito comprende molte tombe di età neo-eneolitica: si tratta di sepolture circondate da pietre (fino a 5 cerchi concentrici). Questi circoli tombali sono il più importante complesso monumentale lasciato da quella che gli archeologi hanno denominato Cultura di Arzachena.

ARCIPELAGO DELLA MADDALENA Sette isole (Maddalena, Caprera e Santo Stefano a sud-est, Spargi, Budelli, Razzoli e Santa Maria a nordovest) costituiscono l’Arcipelago della Maddalena, oltre il quale si apre lo stretto delle Bocche di Bonifacio diventato parco marino dall’inizio del 1997. Coste frastagliate, rocce erose dal vento e il tenace rigoglio della

macchia mediterranea sono le caratteristiche principali delle isole, conosciute in epoca romana con il nome di Cuniculariae, cioè “isole dei conigli”. Dal Settecento in poi l’isola della Maddalena è diventata una base militare a causa della facilità dell’approdo e della posizione favorevole. Il giro di quest’isola può essere completato da una breve escursione a quella di Caprera, per visitare i luoghi dove visse e venne sepolto Giuseppe Garibaldi.

AGGIUS La natura ha dato la forma al paese e al suo circondario. La roccia granitica domina nel paesaggio di Aggius, sia tra le alture del Parco Capitza che sovrastano il paese, che nel fantastico labirinto di massi della vicina Valle della Luna. In passato sotto il dominio dei Doria e poi degli Aragonesi, il


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paese deve oggi la sua prosperità all’estrazione e alla lavorazione del granito, anche se l’artigianato (soprattutto la produzione di tappeti che viene eseguita in ogni sua fase utilizzando tecniche tradizionali) è in notevole sviluppo. Il centro del paese ha un aspetto gradevole per la cura con cui vengono conservate le antiche case in pietra, forse tra le più belle dell’intera Gallura. Durante i festeggiamenti della prima domenica di ottobre si svolge anche la festa “di li ’agghiani”, cioè degli scapoli, nella quale si può gustare la “suppa cuata”, tipica minestra gallurese. La strada che da Aggius va verso Isola Rossa raggiunge in breve il fondo della Valle della Luna, paesaggio impressionante a causa dell’enorme quantità di affioramenti rocciosi, resti dell’antico modellamento glaciale. In corrispondenza di una curva a sinistra, si stacca dalla strada sulla destra un viottolo sterrato che va abbandonato poco prima di un ponte per seguire la stradina che, sulla destra, conduce al Nuraghe Izzana, nel centro della valle.

BERCHIDDA Sulle pendici meridionali del massiccio del Monte Limbara, in un paesaggio di colli che culminano nel Monte Azzarina, Berchidda è un paese dall’economia basata sulla pastorizia, la lavorazione del sughero e la viticoltura. Tra i vini, va ricordato il Vermentino, mentre, tra i cibi, il pecorino. In paese si può visitare il Museo del Vino (tel. 079 29 91 31) con laboratorio vinicolo all’aperto.A circa quattro chilometri dal centro del paese si possono visitare, dopo una ripida salita a piedi, i pochi resti del Castello di Montacuto, che fu la rocca di Adelasia di Torres e

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del consorte Ubaldo Visconti, prima di divenire feudo delle nobili famiglie italiane dei Doria e dei Malaspina. Su tutto domina la sagoma articolata del Monte Limbara, il vero centro geografico delle alture della Gallura.

BUDDUSÒ Grosso borgo che deve la sua prosperità alla pastorizia, all’estrazione del granito e alla lavorazione e commercializzazione del sughero, Buddusò ha un centro storico le cui strade lastricate si snodano davanti alle facciate di palazzetti di pietra scura. In epoca romana, qui passava la grande strada commerciale da Kàralis (Cagliari) a Olbia e il paese aveva il nome di Caput Thirsi. Interessante una visita alla parrocchiale di Santa Anastasia (e ai dipinti conservati nella sagrestia) e da non perdere la gita attraverso i Monti di Alà. Dintorni: non lontano il Nuraghe Iselle (verso Pattada) e il Nuraghe Loelle, in direzione di Mamone.

SAN TEODORO A sud del promontorio di Capo Coda Cavallo, proprio davanti alla mole rocciosa dell’Isola di Tavolara (vedi box), San Teodoro è un paese che, negli utimi anni, sta crescendo sull’onda del turismo. Dal paese, però, si possono compiere escursioni interessanti verso la spiaggia della Cinta, una lunga striscia di sabbia che separa lo Stagno di San Teodoro dal mare. Vicinissimo alla carreggiata dell’Orientale Sarda, questo specchio d’acqua di più di 200 ha di estensione è


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uno dei pochi superstiti della serie di stagni costieri che si stendeva a sud del golfo di Olbia. Sull’acqua non è difficile osservare i germani reali e le folaghe che, se avvistano un rapace o un pericolo, si radunano in gruppi scuri e vocianti. Aironi cenerini, aironi rossi e fratini si aggirano in cerca di preda, mentre non è raro osservare il volo del gheppio, uno dei rapaci più piccoli dei nostri cieli.

e lentisco. Si racconta che nel secolo scorso Carlo Alberto, re di Piemonte e Sardegna, sbarcato sull’isola a caccia delle mitiche capre dai denti d’oro (fenomeno causato da un’erba che lascia quei riflessi), rimanesse affascinato dal posto tanto da nominare il suo unico abitante, Paolo Bertolini, “re della Tavolara” con tanto di carta protocollare. D’estate si raggiunge facilmente da Olbia.

ISOLA DI TAVOLARA

ALÀ DEI SARDI

È una montagna di calcare alta 500 m che spunta dal mare con pareti verticali. Il settore orientale, zona militare, è inaccessibile, al contrario di una striscia bassa, chiamata Spalmatore di Terra, dove si trovano spiagge, un porticciolo, due ristoranti tipici e qualche casa. Insieme alle vicine isole Molara e Molarotto su cui vivono 150 esemplari di mufloni, oggi è un parco marino. I suoi bordi granitici sono traforati da grotte e nicchie. Sulla striscia sabbiosa Spalmatore di Terra crescono gigli di mare mentre la roccia è ricoperta da cespugli di ginepro, elicriso, rosmarino

Rocce e macchia, boschi di enormi querce su cui spiccano chiari i segni dell’ultima raccolta del sughero. Questo è il paesaggio di Alà dei Sardi e del suo altopiano, ultima propaggine dell’interno roccioso che si affaccia a balcone verso il mare di Olbia. Piccole case di pietra granitica sono allineate lungo la strada principale di Alà, il cui territorio è stato popolato per secoli prima dell’era moderna.


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gli artigiani che lavorano acciaio e corno per produrre lame e impugnature, decine e decine, oramai, le imitazioni italiane del famoso coltello sardo. Dintorni: non lontano dal paese vi sono l’area verde di Fiorentini - nata attorno al rimboschimento di un vivaio forestale - e i ruderi del castello medievale di Olomene.

OZIERI

Dintorni: non lontano dal paese, in direzione di Buddusò, vi è la mole del nuraghe Ruju, con il suo villaggio preistorico che emerge dalla vegetazione.In direzione di Monti, invece, dopo una lunga traversata sull’altopiano costellato di grossi massi di tutte le forme e dimensioni, una deviazione conduce al santuario di San Pietro l’Eremita, lungo un percorso che a tratti si apre verso il mare con in lontananza la mole della rocciosa Tavolara. La chiesa, romanica, è stata recentemente restaurata e tutti gli anni, il giorno di Ferragosto, si affolla di numerosi pellegrini provenienti dai dintorni.

PATTADA Al centro di un territorio ricchissimo di nuraghi e di testimonianze dell’antichità, Pattada è famosa in tutto il mondo per l’artigianato dei coltelli, nato proprio qui a causa della presenza di un ricco giacimento di minerale ferroso sfruttato fin dall’antichità. Molti

Adagiata sul fondo di una conca naturale, Ozieri è una delle mete più accattivanti della Sardegna del nordest. Interessanti le tradizioni e l’architettura del paese, affascinante la storia millenaria che, andando indietro nel tempo di millenni, ci porta a conoscere la cultura di cui Ozieri fu la culla, la più recente delle culture neolitiche. Il tessuto urbanistico del paese è vario, e si adatta al pendio dei colli: tra le case alte spunta di quando in quando un’altana adorna di fiori. Ai margini della parte antica del paese - i cui punti di maggiore interesse sono le piazze Carlo Alberto e quella dell’antica Fonte Grixoni - vi è la cattedrale che ospita uno splendido polittico del ’500 sardo realizzato dal “maestro di Ozieri”, il più importante pittore del XVI secolo. Il polittico, che rappresenta la miracolosa apparizione del Santuario della Madonna di Loreto, mostra influenze spagnole e spunti di maniera fiamminga. Il complesso del convento secentesco di San Francesco, invece, ospita il Museo Archeologico, nelle cui sale sono esposti materiali provenienti dagli scavi nella zona e precedentemente esposti nel museo di Sassari. Buona parte dei reperti è riferibile alla cultura detta di Ozieri - o di San Michele dal nome della grotta nella quale sono stati effettuati i più importanti ritrovamenti - che, tra il 3.500 e il 2.700 a.C., ha dominato nell’isola.


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SASSARI Seconda città sarda per importanza commerciale, politica e culturale, Sassari sorge su un tavolato che digrada dolcemente verso il mare tra oliveti, valli fertili e ben coltivate. Ha una lunga storia di invasioni, conquiste e razzie, ma anche una forte tradizione di ribellioni e sommosse dovute allo spirito combattivo e individualista dei suoi abitanti. Pisani, Genovesi e Aragonesi tentarono di sottometterla, ma sempre lo spirito indomito dei Sassaresi riuscì a riconfermare la propria autonomia e indipendenza. Non a caso, l’eroe simbolo è Carlo Maria Angioj, capo della rivolta del 1796 da un gruppo di radicali contro il governo dei Savoia che volevano imporre un sistema feudale. La città ha dato i natali a due presidenti della Repubblica, Antonio Segni e Francesco Cossiga, e al segretario del PCI, Enrico Berlinguer.

La zona circostante il paese è ricca di testimonianze storiche e archeologiche, come le domus de janas di Butule, la necropoli di San Pantaleo, il dolmen di Montiju Coronas. La grotta di San Michele si apre in uno spiazzo alle spalle dell’ospedale di Ozieri, presso il campo sportivo; proprio nel corso della costruzione di questo una parte della grotta è andata distrutta. Nella cavità sono stati rinvenuti numerosi frammenti di ceramica decorata, ossa umane, una Dea Madre e frammenti di ossidiana di Monte Arci. Tutti reperti che avvalorano la teoria che ci sia una continuità fra la cultura di Bonu Ighinu e quella di questo periodo.

VISITANDO SASSARI La città vecchia, dai vicoli tortuosi e intricati che partono dalle arterie principali, era un tempo delimitata da una cerchia di mura che correvano lungo gli attuali corso Vico, corso Trinità, via Brigata Sassari e corso Margherita. Ora della cinta muraria esistono solo pochi frammenti (come quello all’inizio di corso Trinità), ma la città conserva un centro storico che, seppur degradato, mantiene una fisionomia ben precisa. Il nucleo storico si può visitare tutto a piedi nel corso di una mattinata. Le tappe fonda- mentali sono costituite dal Duomo, da piazza Italia, dalla fonte del Rosello, dalle chiese di Sant’Antonio, Santa Maria di Betlem e San Pietro in Silki e dal museo Sanna.


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IL DUOMO Dedicato a San Nicola, presenta un’imponente facciata barocca che contrasta con la sua mole e con le linee semplici ed eleganti della piazzetta settecentesca dalla caratteristica forma semicircolare sulla quale si affaccia. Frutto di sovrapposizioni operate nei secoli, sorge su una primitiva chiesa romanica di cui rimangono la parte inferiore del campanile e la base della facciata. Alla fine del Quattrocento, la struttura originaria subì trasformazioni radicali che ne modificarono la sagoma, ampliandola fino a farle assumere proporzioni inusuali. I fianchi vennero rinforzati da pesanti contrafforti decorati con doccioni dalle forme di animali mostruosi, mentre l’interno venne ricostruito in stile gotico. Alla fine del Settecento, venne modificata la parte superiore della facciata che fu abbellita da pesanti quanto sfarzose decorazioni barocche: volute, fiori, angioletti e figure mostruose. Al centro, la statua di San Nicola è sovrastata dalle rappresentazioni dei tre martiri turritani Gavino, Proto e Gianuario racchiuse in tre nicchie. Alla parte inferiore del campanile, in stile lombardo, venne aggiunta, sempre nel Settecento, una sopraelevazione ottagonale decorata con maioliche policrome. L’interno della chiesa (che è stato completamente restaurato) conserva la semplicità delle linee gotiche, nonostante la presenza di alcuni altari barocchi. Notevole il coro, frutto del lavoro di artisti sardi del Settecento. Il Museo del Duomo, cui si accede tramite la “cappella aragonese” sulla destra, conserva lo Stendardo processionale di un anonimo del Quattrocento e la statua di San Gavino in argento, sbalzato secondo la tecnica messicana in voga nella seconda metà del Seicento. FONTANA DEL ROSELLO Sul lato destro della chiesa della Santissima Trinità in piazza Mercato,

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una piccola scalinata in pietra che un po’ pomposamente prende il nome di via Col di Lana porta alla Fontana del Rosello in fondo al vallone di Valverde. In realtà, della valle e del boschetto che un tempo dovevano costituire lo sfondo naturale di questo piccolo gioiello in stile rinascimentale, è


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rimasto ben poco. Questo non significa però che l’amore che i sassaresi nutrono per la fonte sia diminuito: un tempo ritrovo della borghesia illuminata e centro della raccolta dell’acqua che sgorgava dalle otto bocche di leone alla base della fontana per gli acquaioli della città, è ora uno dei simboli della città. La fonte, opera di artisti genovesi, risale ai primi anni del XVII secolo ed è formata da due parallelepipedi sovrapposti in marmo bianco e verde. Le bocche di leone sono circondate dalle statue che simboleggiano le quattro stagioni, i cui originali andarono distrutti durante i moti del 1795-96. Al centro, una divinità barbuta e un po’ arcigna, conosciuta come Giogli, è circondata da piccole

torri, che sono il simbolo della città; il tutto è sormontato da due archi incrociati che proteggono l’immagine di San Gavino. SANT’ANTONIO ABATE L’imponente facciata barocca della chiesa, che risale ai primi anni del Settecento, domina con le sue linee semplici e la struttura ben proporzionata la piazza alberata che si apre al termine di corso Trinità. Il portale reca ancora nella parte superiore l’emblema della confraternita che la fece costruire, mentre l’interno conserva uno dei più raffinati altari in legno della città, sormontato da un retablo in


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legno intagliato e dorato a più pannelli dipinti da un artista genovese. Un tempo, questa piazza, sulla quale sorgeva l’omonima porta settentrionale, era un punto vitale per la vita commerciale e politica della città. Del passato rimangono solo un frammento della cinta muraria medievale e una torre merlata sul lato sinistro della chiesa. SANTA MARIA DI BETLEM La chiesa sorge sulla piazza omonima, all’ingresso nord-ovest della città. Eretta dai benedettini nel 1106, passò in seguito all’ordine dei francescani. Purtroppo, la struttura originale, un tempo molto lineare, ha

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subito numerose sovrapposizioni nel corso del Settecento e dell’Ottocento che ne hanno appesantito le linee e la purezza originali. La parte più antica e l’unica intatta è la facciata che si apre sulla piazza: il portale (del ’200), adorno di colonnine e capitelli, è sormontato da un bel rosone del ’400. L’interno gotico, un tempo spoglio e severo, è stato appesantito da decorazioni e altari barocchi: intatte sono invece le cappelle laterali, dedicate ognuna a un gremo diverso (le antiche corporazioni degli artigiani) a ricordo dell’antica funzione sociale della chiesa. Ancor oggi, infatti, il 14 di agosto, data della “festa de li Candareri”, vengono portati qui in processione dalla chiesa del Rosario i


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ceri votivi donati dalle corporazioni. Nel chiostro, purtroppo in parte murato ma ancora visitabile, sorge la trecentesca fontana di pietra granitica del Brigliadore che un tempo riforniva di acqua gran parte della città. SAN PIETRO IN SILKI La chiesa romanica di San Pietro in Silki si apre su un bel piazzale alberato e porta il nome dell’antico borgo medievale su cui fu eretta nel XII secolo. La semplice facciata secentesca presenta un ampio atrio che conduce alla navata interna in stile gotico su cui si affacciano quattro cappelle. La prima venne dedicata nella seconda metà del Quattrocento alla Madonna delle Grazie, in seguito al ritrovamento

di una statua della stessa all’interno di una colonna posta sul piazzale e rimane uno degli esempi migliori dello stile gotico-catalano dell’isola. Dall’altra parte della piazza, proprio di fronte alla chiesa, il convento dei Frati Minori ospita una delle biblioteche più ricche della Sardegna: più di 14.000 volumi recuperati dai Francescani al momento della chiusura di molti dei loro conventi. CORSO VITTORIO EMANUELE Arteria principale della città, il corso collega piazza Sant’Antonio con piazza Cavallino, attraversando il cuore della città vecchia. Antiche case ottocentesche e palazzi aragonesi cinquecenteschi lasciano spesso


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intravedere scorci di cortili e interni un tempo sontuosi: è la via dello shopping su cui si aprono negozi di ogni genere, da quelli d’abbigliamento ai ferramenta. MOSTRA PERMANENTE DELL’ARTIGIANATO

Affacciato sui giardini pubblici dell’Emiciclo Garibaldi, un moderno edificio ospita la Mostra dell’Artigianato Sardo che espone i pezzi migliori delle varie cooperative artigiane sparse in tutta l’isola. Le sale corrono lungo un giardino interno che dà luce alle vetrine nelle quali sono esposti gli oggetti più preziosi: collane, orecchini e braccialetti in filagrana, gioielli in

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corallo eseguiti secondo gli antichi disegni tradizionali, vasi e terrecotte antiche riprodotte dagli artigiani moderni secondo le tecniche in uso all’epoca. Sulle pareti, i bei tappeti sardi dai caratteristici disegni geometrici sembrano quadri di pittori moderni. Non mancano poi i merletti tessuti al tombolo e, forse meno preziosi ma sempre interessanti, cesti in palma nana, pentole in terracotta, oggetti di uso quotidiano i cui modelli si perdono nella notte dei tempi. MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE “G. A. SANNA” Donato allo Stato dalla famiglia Sanna che lo fece erigere nel 1931 per conservare i reperti archeologici raccolti da Giovanni Antonio Sanna, il museo rappresenta una tappa fondamentale per chiunque voglia avvicinarsi a comprendere la storia dell’isola. Due piani sono infatti dedicati ai vari periodi della storia della civiltà sarda dal Neolitico al Medioevo: frammenti di frecce, bronzi nuragici, anfore, suppellettili, armi, ceramiche, utensili e gioielli sono esposti secondo un ordine cronologico preciso; al pianterreno, ampie tavole sinottiche illustrano l’evoluzione storica della Sardegna mentre ogni sala è corredata dalle relative tavole cronologiche e didattiche. Interessante la ricostruzione dei vari ambienti (capanne, domus de janas, tombe dei giganti). Nell’ultima sala, tra piante, sarcofagi e statue è stato ricostruito il pavimento in mosaico di una villa patrizia romana, proveniente dalla vicina Turris Libisonis (l’attuale Porto


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Torres): aragoste, cavallucci marini e foche dai colori delicati sembrano rincorrersi in un gioco senza fine. Dalla sezione archeologica si passa in una piccola pinacoteca che raccoglie una cinquantina di opere di artisti sardi dal ’300 al ’900. Il museo dispone anche di una sezione etnografica divisa in quattro sale, dove si possono ammirare gioielli, costumi, oggetti folcloristici, strumenti musicali, attrezzi relativi all’attività artigianale, quasi tutti ancora in uso nelle regioni della Sardegna centro-settentrionale. PIAZZA D’ITALIA La grande piazza (un ettaro di superficie) sorge proprio all’inizio della città ottocentesca. Circondata da eleganti quanto armoniosi edifici in stile neoclassico, costituisce un ambiente omogeneo: al centro, fra alte palme e aiuole ben tenute, troneggia la statua di Vittorio Emanuele II. Tra gli edifici, spicca il Palazzo della Provincia, dalle pure linee neoclassiche. Al primo piano è possibile visitare l’aula consiliare: lungo le pareti corrono dipinti ottocenteschi che illustrano momenti importanti della vita politica cittadina, come La proclamazione degli Statuti Sassaresi e L’ingresso di Carlo Maria Angioj a Sassari. È inoltre possibile visitare l’attiguo appartamento reale realizzato nel 1884 in occasione della visita del re di Sardegna. Nelle serate estive il cortile è a disposizione per rappresentazioni teatrali e concerti. Belli i portici Bargone e Crispi che portano, sul lato nord-ovest della piazza, a piazza Castello. Di


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epoca ottocentesca, ospitano i bar e le pasticcerie più antiche della città. SANTA CATERINA Nella chiesa, eretta alla fine del XVI sec. per la Compagnia di Gesù, mescola elementi di tradizione gotica con forme rinascimentali. Pregevole la decorazione a intagli di pietra. All’interno sono custoditi dipinti di Giovanni Bilevelt.

CASTELSARDO In alto su un promontorio vulcanico Castelsardo ha cambiato nome più volte nel corso della sua storia. Fondato nel 1102 dalla nobile famiglia genovese dei Doria, il paese si chiamò inizialmente Castelgenovese, nome che mantenne fino al 1448 quando, dopo la conquista spagnola, divenne Castellaragonese. Solo nel 1776 assunse il nome attuale. A dominare il panorama è il castello, che ospita un museo dedicato all’arte dell’intreccio, mentre sul mare si affaccia la cattedrale di Sant’Antonio Abate. È consigliabile una visita accurata, anche per la possibilità di acquistare oggetti d’artigianato nei numerosi negozietti che si aprono sui vicoli del centro. La cucina di mare è basata sul pesce e sulle aragoste. Il lunedì della Settimana Santa, il paese di Castelsardo è teatro


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di una spettacolare processione del “Lunissanti”. Nelle vie del centro, illuminate dalle fiaccole, si muovono le figure incappucciate della tradizione mentre risuonano le note dei tre cori de Lu Stabat, Lu Jesu e Lu Miserere. I canti sono molto antichi, probabilmente anteriori alla dominazione catalana, e sono stati tramandati oralmente fino a oggi. La processione termina davanti alla chiesetta di Santa Maria, dove i Misteri vengono esposti alla venerazione della folla dei fedeli. IL CASTELLO Costruita tra il XII e il XIV secolo, la fortezza è composta da diversi ambienti in cui sono esposti oggetti intrecciati realizzati con i vari materiali della tradizione: palma, asfodelo, giunco. Dalle terrazze del castello il panorama è aperto sul golfo dell’Asinara con, sullo sfondo, nelle giornate limpide, i monti della Corsica. CATTEDRALE DI SANT’ANTONIO ABATE Costruita nel Seicento sulla struttura di una precedente chiesa romanica, la cattedrale di Castelsardo è sormontata da un campanile che termina in un tetto coperto da maioliche colorate che offre uno splendido colpo d’occhio con lo sfondo del mare. L’interno della chiesa è caratterizzato da un notevole arredo ligneo che risale al XVI secolo.


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CHIESA DI SANTA MARIA Nel cuore del paese vecchio, la parte alta dell’abitato, sorge la chiesa di Santa Maria che non ha una facciata, ma vi si accede da un’entrata laterale. Nell’interno è conservato il crocefisso trecentesco noto come il Cristo Nero. LA ROCCIA DELL’ELEFANTE Non lontano da Castelsardo, in località Multeddu, a fianco della strada si erge l’imponente mole della Roccia dell’Elefante, un blocco di trachite scura scolpita dal vento; si tratta di una delle rocce scolpite più famose della regione, utilizzata anticamente come luogo di inumazione. Alla sua base infatti si trovano i piccoli imbocchi scolpiti di alcune domus de janas.

ISOLA ROSSA Le ultime colline della Gallura scendono verso il mare in un paesaggio caratterizzato dalle bizzarre forme delle rocce rosate erose dal vento. Isola Rossa, piccolo insediamento di pescatori, sorge su un promontorio ai piedi di una imponente torre d’avvistamento cinquecentesca. Al largo della costa vi è l’isolotto che, per il suo colore rossiccio, diede il nome al paese, mentre in una piccola cala vengono tutti i giorni tirati in secco i pescherecci di ritorno dal mare. La costa dei dintorni è di notevole interesse, soprattutto verso oriente, dove merita una deviazione il monte Tinnari, affacciato sul mare. A occidente, invece, la costa si abbassa in corrispondenza della foce del Rio Coghina, a poca distanza dalla mole di Castelsardo.


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Dintorni: non molto lontano si trova il borgo di Trinità d’Agultu, un piccolo paese agricolo sviluppatosi alla fine dell’Ottocento attorno alla chiesa omonima. Il santuario campestre divenne, come spesso è accaduto nell’isola, un importante centro di scambio e commercio, soprattutto in occasione delle feste religiose.


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