Furla Packaging - Semiotica

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Daniele Bortotto Mattia Della Libera Alberto Piaia Alex Simon Riccardo Vendramin

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Testi a cura di Daniele Bortotto, Mattia Della Libera, Alberto Piaia, Alex Simon, Riccardo Vendramin Immagini a cura di Daniele Bortotto Impaginazione a cura di Alex Simon

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ANALISI SEMIOTICA DEL PACKAGING DELL’AZIENDA FURLA INDICE introduzione 5 la shopping bag relazioni intra-ogettuali immagini

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il sacchetto di raso relazioni intra-ogettuali immagini

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le scatole di cartone relazioni intra-ogettuali immagini

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la velina relazioni intra-ogettuali immagini

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i nastri e le etichette adesive relazioni intra-ogettuali etichetta il nastro immagini

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IL RUOLO DEL PACKAGING NEL DISCORSO DI MARCA FURLA conclusione 41 BIBLIOGRAFIA

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ANALISI SEMIOTICA DEL PACKAGING DELL’AZIENDA FURLA

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introduzione

L’analisi che segue si propone di studiare alcuni degli elementi più significativi relativi al packaging dell’azienda Furla, aspetto molto importante all’interno del mix di marca che, insieme alle ulteriori componenti analizzate dagli altri gruppi, contribuisce a definirne una particolare immagine, a cui rimandiamo nell’ultima parte dell’elaborato. L’ordine seguito nel presentare le singole analisi è ben preciso e fa riferimento alle diverse relazioni che vanno a instaurarsi, come vedremo, tra differenti elementi del packaging.

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ANALISI SEMIOTICA

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La shopping bag

L’azienda utilizza un unico tipo di shopping bag, declinato in tre diverse grandezze ognuna delle quali è destinata a un definito tipo di prodotto; troviamo quindi un sacchetto di dimensioni più piccole, riservato agli accessori come portachiavi e articoli di bigiotteria, uno medio per borse di dimensioni ridotte e portafogli e uno di grandezza maggiore per le borse e gli accessori più grandi. La busta presa in analisi è chiaramente un esempio di involucro, in quanto ingloba il prodotto senza un contatto diretto con esso: la mancanza di aderenza tra l’involucro e la struttura cela la morfologia della struttura, l’involucro non manifesta tale struttura, e questo avrà delle conseguenze importanti negli effetti di senso prodotti; il packaging di Furla si presenta in modo molto strutturato, con questo unico tipo di shopping bag, a cui sono sempre associati altri elementi quali veline e sacchetti di raso, nonché nastri ed etichette adesive nel caso delle confezioni regalo. Tali componenti del packaging aumentano ancor più la distanza tra prodotto e involucro esterno, eliminandone i rapporti di contiguità e creando, come successivamente vedremo, definite relazioni inter-oggettuali e inter-oggettive.

Relazioni intra-ogettuali

Sul piano della categorie cromatiche emerge la chiara dominanza all’interno della campitura della tinta nera, a cui si contrappone il bianco del marchio riprodotto sulla superficie esterna, da entrambi i lati, e quello relativo alla parte interna del sacchetto. È quindi riscontrabile una minore luminanza del nero rispetto al bianco, e il primo si presenta con alcune particolari caratteristiche: il materiale di cui è composta la busta ha infatti una superficie opaca, e la sua tinta risulta cangiante rispetto alla condizione di luce con cui osserviamo il sacchetto. Interessante è notare come inoltre si tratti di una superficie piuttosto delicata, esposta ai graffi e agli urti che lasciano su di essa segni visibili, dov’è facile notare anche la presenza delle pieghe della borsa. In chiara opposizione al resto della busta è quindi il logo bianco che fa da figura inglobata rispetto allo sfondo nero che lo contiene e che lo fa facilmente risaltare; stessa tinta nera è invece usata nelle impugnature, anch’esse nere e piuttosto cangianti per il materiale di cui sono costituite. Per quanto riguarda invece le categorie complesse notiamo


la shopping bag

come la modulazione del limite del colore sia abbastanza netta, non ci sia presenza di sfumato bensì, come già prima detto, sia le impugnature sia la superficie nera della busta siano piuttosto cangianti rispetto alla luce, al contrario di quanto accade invece per il logo che risalta comunque mantenendo le sue caratteristiche cromatiche. Analizzando le dimensioni relative emerge innanzitutto l’opposizione tra le diverse grandezze delle varie shopping bags; come già detto precedentemente l’azienda ne utilizza esclusivamente tre tipi, ognuno destinato a un preciso utilizzo. Il sacchetto più piccolo è quasi una versione miniaturizzata degli altri due, ma accostando le diverse buste ci rendiamo conto di come le dimensioni aumentino in maniera esponenziale, mantenendo gli stessi rapporti di proporzione, anche con il logo raffigurato. In questo le dimensioni dei caratteri crescono proporzionalmente, come le loro distanze dai bordi laterali della busta, mentre invariate restano le distanze tra un carattere e l’altro; osservando i fori posti alle estremità delle buste, si nota inoltre come in ognuno dei tre modelli essi siano rispettivamente disposti parallelamente rispetto al primo e all’ultimo carattere del logo. Importante è notare invece come nel caso delle impugnature ne aumenti la lughezza rispetto alla grandezza della busta, e come il loro punto più estremo, se rivolte verso il basso, giunga sempre alla stessa distanza dal logo; ma altro elemento che emerge dall’analisi dei manici è il fatto che le loro dimensioni non cambino nei diversi tipi di busta, bensì mantengano sempre la stessa larghezza e consistenza: si tratta infatti del medesimo cordoncino composto da sette fili di nylon intrecciati, e ciò crea senz’altro una diversa percezione del sacchetto più piccolo, ottenendo un ancor più decisa miniaturizzazione e un effetto quasi grottesco. Un risultato forse voluto per il contenuto a cui sono solitamente destinati tali sacchetti, e cioè i piccoli accessori dell’azienda, nei quali spesso è riconoscibile tale effetto di miniaturizzazione. Il sacchetto più piccolo, con i suoi particolari effetti di miniaturizzazione, è quello che inoltre si configura maggiormente tra le diverse shopping bag come confezione regalo, per i prodotti che usualmente

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contiene e che vengono il più delle volte acquistati proprio in qualità di regalo. Altra opposizione per quanto riguarda le dimensioni emerge nel caso del logo riprodotto sulla superificie del sacchetto, che fa da figura inglobata dallo sfondo nero, rispetto al quale non risulta però troppo piccolo e mantiene, come abbiamo prima visto, le stesse proporzioni nelle dimensioni del carattere e nelle distanze dai bordi. Rispetto ai loghi riprodotti sulle shopping bag di altri marchi di moda, ad esempio Gucci, il logo non è in rilievo rispetto alla superficie della busta bensì è stampato direttamente su di essa. Come per quanto riguarda i fori dell’impugnatura, anche i caratteri del logo sono disposti in maniera centrata rispetto ai bordi laterali della busta, ma la loro disposizione è rivolta verso il basso, scelta probabilmente voluta e rivolta alla maggior visibilità del logo: posizionata la merce all’interno della borsa la parte superiore viene infatti chiusa, mentre quella inferiore dove si trova il prodotto risulta più evidente, e di conseguenza lo è anche il logo su essa riprodotto. Ciò è anche volto a determinare una certa distanza dal polo superiore della shopping bag, dove sono situati i fori attraverso cui scorrono i lacci delle impugnature. Le categorie eidetiche mettono invece in rilievo il punto di congiunzione tra due diverse superfici; il tipo di shopping bag da noi analizzato presenta due parti diverse tra loro, la busta di cartoncino e le impugnature, collegate ad essa tramite due fori posti alle sue estremità, che ne fanno da punto di congiunzione. Nell’ambito di un’analisi semiotica di questo tipo di packaging la busta risulta essere quindi quella che viene definita la struttura, mentre individuiamo nelle impugnature l’involucro di essa. Emergono ulteriori differenze tra queste due parti sul piano della testura, dove vi è uno stacco netto tra la superficie più dura e liscia della busta di carta e quella invece morbida e ruvida dell’impugnatura, costituita da fili di nylon intrecciato; l’opposizione viene quindi a crearsi anche tra le superfici lineari del sacchetto e le forme curvilinee delle prese, che si posizionano perpendicolarmente rispetto alle prime. I contrasti analizzati fanno emergere due diverse parti in

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la shopping bag

quanto fasci di relazioni plastiche, e l’oggetto risulta quindi scisso, composto da due zone contrapposte che trovano il loro elemento di mediazione nei fori tramite i quali sono legate le impugnature; nonostante l’emergere di due corpi il punto di congiunzione delinea una certa continuità tra questi, ed è tramite esso che la parte dell’involucro penetra in quella della struttura. Tale particolarità è determinata anche dal cromatismo, come abbiamo visto struttura e involucro hanno infatti lo stesso colore, a differenza di quanto avviene nel sacchetto di raso; ciò influisce a uniformare struttura e involucro, nonostante le due parti siano ben distinte e disposte reciprocamente in posizione perpendicolare. Il manico, parte di un oggetto che si afferra con la mano per adoperarlo o per sollevarlo, nei principi direttivi o in chi comanda, risulta quindi essere l’involucro della busta ma non la avvolge, porgendosi anzi all’esterno per interagire con la struttura e poterla trasportare, una volta impugnato; il suo PN è quindi sostenere tramite la sua impugnatura il sacchetto e si realizza tramite il suo avvolgimento da parte della mano. Il PN del sacchetto, piccolo sacco di carta, tela o plastica usato per conservare e/o trasportare cose varie, ha un doppio PN, quello di contenere e traspostare un definito prodotto (ma osserviamo come nel caso del sacchetto Furla, come in quello di molte altre shopping bag, il PN del sacchetto implichi quello del manico per completare la sua fruizione; affinchè sia possibile trasportarne il contenuto è infatti necessario che il sacchetto sia dotato del manico per poterlo afferrare). I due PN implicano quindi due azioni, il riporre l’oggetto e l’afferrare l’impugnatura per poterlo trasportare. Nel caso del packaging Furla il PN si estende mettendo in relazione ai sacchetti altri elementi quali nastri, etichette e veline, che implicano ulteriori azioni.

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Immagini

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la shopping bag

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Il sacchetto di raso Altro elemento importante del packaging Furla è il sacchetto di raso che viene utilizzato dalla ditta per confezionare i prodotti al momento dell’acquisto e in cui il comsumatore può in seguito riporli proteggendoli da polvere e usura. Diverse sono le misure dei sacchetti usati, a seconda del contenuto, come nel caso delle shopping bag, anche se in questo caso il numero è maggiore. È da evidenziare qui la dipendenza del numero di sacchetti dal rapporto di contiguità che vi è tra involucro e prodotto: nel caso dei sacchetti di carta neri non abbiamo un contatto diretto tra prodotto e involucro, bensì sempre “mediato” da, appunto, il sacchetto di raso, la scatola o la carta velina, e diverso è anche il rapporto tra le loro dimensioni: l’uso di tre soli tipi di shopping bag viene associato a prodotti molto vari, soprattutto nelle dimensioni. Una borsa di media misura verrà associata al rispettivo sacchetto, quello di medie dimensioni, ma solo perché tale borsa non entra in quello più piccolo; non ci sarà un rapporto diretto tra dimensioni del sacchetto di carta e dimensioni della borsa. Diverso è il caso dei sacchetti di raso: non solo è differente il contatto tra involucro e prodotto ma anche le dimensioni di esso dipendono direttamente da quelle del prodotto da contenere, e vi saranno quindi un numero di sacchetti pari al tipo di borse che essi andranno a contenere. Un diverso tipo di dipendenza quindi, l’involucro interno dipende se vogliamo direttamente dal tipo di prodotto che è destinato a contenere e proteggere, nel caso di quello esterno è forse lo stesso prodotto a dipendere da esso, “sistemandosi” in quello in cui entra più agevolmente. Come già detto nell’analisi delle shopping bag il sacchetto di raso, insieme alla velina, crea una maggiore distanza tra il prodotto e l’involucro più esterno, con cui ha delle precise relazioni e il cui uso è sempre ad esso abbinato. Seguirà dunque lo stesso ordine d’uso dei sacchetti di carta, e quindi il sacchetto più piccolo abbinato ai portachiavi e quelli più grandi alle borse. Relazioni intra-ogettuali

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Le caratteristiche che riscontriamo sul piano delle categorie cromatiche si oppongono chiaramente a quelle del sacchetto di carta. In questo caso infatti c’è una dominanza all’interno della campitura della tinta bianca, cui si contrappone in maniera netta il nero del marchio Furla, riprodotto qui esclusivamente da un lato, e quello dei cordoncini che chiudono le estremità del sacchetto. Si può notare una minore saturazione


il sacchetto di raso

del bianco rispetto al nero e anche in questo caso la tinta del sacchetto presenta particolari caratteristiche determinate dal materiale di cui è composto. Il tessuto di raso influisce infatti sulla sua brillantezza e sulla particolare tinta, un bianco perla piuttosto cangiante. A differenza della shopping bag riscontriamo qui un colore brillante, e il contrasto cromatico si crea sia con il logo che con i cordoncini della chiusura, entrambi di colore nero; diverse sono anche le caratteristiche materiche del logo riprodotto in superficie: nel caso del sacchetto di carta il logo Furla è stampato direttamente sulla superficie cartacea, mentre in quello di raso i caratteri sono applicati e composti da un materiale diverso. Differenza questa che porta ad avere particolari effetti sul piano percettivo: il tessuto di raso ha sicuramente un particolare effetto cangiante in ogni condizione di luce, ma ciò non vale per il logo, composto da un tessuto nero piuttosto opaco, la cui superficie mantiene intatte le proprie caratteristiche e lo fa risaltare quindi allo stesso modo di quello del sacchetto di carta, nononstante il particolare tessuto cangiante del sacchetto in raso crei senz’altro un effetto diverso da quello di cartoncino nero. Troviamo però anche delle caratteristiche analoghe tra i due loghi, uguali sono infatti i rapporti di distanza tra i diversi caratteri e tra questi e i bordi del sacchetto, con il rispettivo aumento a seconda della sua grandezza; anche la loro disposizione è la stessa, sono infatti centrati rispetto i bordi laterali ma spostati verso la parte inferiore della struttura. Diversi come già detto sono i rapporti cromatici anche con i cordoncini di chiusura: come nel caso del sacchetto di carta tali cordoncini fanno da involucro al resto della struttura ma in questo caso non hanno la sua stessa tinta. Inoltre diverso è anche lo spessore di questi, più sottili rispetto a quelli delle shopping bag; la lunghezza aumenterà anche qui in base alla grandezza del relativo sacchetto ma diversa ne è la percezione. Abbiamo visto come nel caso del sacchetto di carta più piccolo, l’impugnatura di cordoncino risulti piuttosto spessa creando un particolare effetto di miniaturizzazione su di esso; nel caso del sacchetto di raso l’effetto è senza dubbio differente, la misura del cordoncino si fa più proporzionata a quella della rispettiva struttura. Opposto forse a quello che riscontri-

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amo negli esempi più grandi di sacchetti, dove invece i cordoncini hanno un effetto meno evidente. Interessante è notare poi come nei sacchetti di carta medi e grandi i cordoncini abbiano lo stesso spessore del carattere, mentre nei sacchetti di raso lo spessore sia la metà, con conseguente minor evidenza rispetto allo sfondo e soprattutto rispetto alla figura. Osservando le dimensioni relative troviamo anche qui la chiara opposizione tra sacchetti di diverse misure, anche se come già detto in questo caso il numero è maggiore e il rapporto tra le loro dimensioni risulta casuale, poichè dipende esclusivamente dalla grandezza del prodotto, senza quindi un aumento esponenziale delle dimensioni, seppur mantenendo gli stessi rapporti di proporzione tra dimensioni di sfondo, logo e cordoncini di chiusura. Se la disposizione del logo non cambia, nel sacchetto di raso diversa è invece la disposizione del cordoncino di chiusura, disposto parallelarmente rispetto al resto della struttura e inserito direttamente in essa: vedi qui la differenza tra impugnatura/chiusura del sacchetto di carta e chiusura del sacchetto di raso. Nel sacchetto di carta il manico di cordoncino è inserito alle estremità tramite due fori, grazie ai nodi all’interno; l’involucro non risulta quindi incorporato al resto della struttura ma semplicemente legato ad essa tramite tali fori, è sempre ben visibile, e in particolare quando il manico non viene impugnato i cordoncini si sovrappongono alla superficie del sacchetto. In tal caso l’involucro si pone quindi verso l’esterno, in posizione diversa a seconda del suo uso, ed emerge chiaramente la sua funzione, esso “si tende” verso il consumatore. Diverso è il caso del sacchetto di raso dove una parte stessa della struttura ingloba l’involucro, che viene da essa nascosto, con una minor evidenza della sua funzione. Il cordoncino è quindi coperto per gran parte quando il sacchetto è aperto; quando viene invece chiuso notiamo come i lacci in ogni modo non si sovrappongano alla parte anteriore del sacchetto, e in particolare non vadano a sovrapporsi alla scritta Furla come nel caso della shopping bag. Anche in questo caso le categorie eidetiche evidenziano il punto di congiunzione tra le due diverse superfici; analizzando il sacchetto emerge una chiara opposizione tra involucro e struttura, dovuta alla già citata differenza cromatica, non-

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il sacchetto di raso

ché alla dimensione relativa delle singole parti. L’involucro è posizionato parallelarmente al corpo della struttura ma come abbiamo riscontrato precedentemente è da esso coperto. C’è nel sacchetto di raso una decisa orizzontalità, ogni elemento è infatti disposto in maniera parallela l’uno rispetto all’altro, dal logo ai bordi superiori della borsa sino ai suoi lacci di chiusura; anche qui perciò una opposizione con la shopping bag, dove le impugnature occupano una posizione perpendicolare rispetto a struttura e logo. Nettamente diverso è anche il punto di congiunzione tra questi due, in cui emerge un terzo corpo, l’elemento di congiunzione. Interessante è notare come nel caso del sacchetto di raso il punto di congiunzione sia ricavato dalla struttura stessa, che incorpora grazie a questo l’involucro; nel sacchetto di carta non vi è un definito punto di congiunzione ma esclusivamnte dei fori tramite i quali le impugnature vengono “ancorate” alla struttura, restando comunque ben definibli (sono inoltre legate tramite due nodi rivolti verso l’interno, parte quindi dell’involucro stesso); in questo caso invece il punto di congiunzione è ben riconoscibile, anche più dell’involucro che effettivamente nasconde. A differenza della shopping bag, qui non c’è continuità tra involucro e struttura, si tratta di un oggetto scisso tenuto insieme da un elemento di congiunzione, emergono tre corpi: un primo e un terzo autonomi, mentre il secondo li tiene uniti e fa parte di uno di essi, è quasi un suo adattamento. La configurazione plastica delinea un oggetto scisso tenuto insieme da una parte mediatrice. Tale differenza emerge a livello visivo, grazie al netto contrasto cromatico, ma anche a livello materico: si oppongono qui tre diversi tipi di tessuti, il cordoncino delle chiusure, il tessuto di raso della struttura e anche il tessuto del logo. Per quanto riguarda il piano narrativo dei due diversi esempi di packaging sono riscontrabili delle analogie nel caso della struttura, il cui PN è simile. Anche in questo caso si tratta per parte di essa di un sacchetto, piccolo sacco di carta, tela o plastica usato per conservare e/o trasportare cose varie. Prima funzione è anche in questo caso il contenere l’oggetto, ma i due PN si sviluppano chiaramente in direzioni opposte, e con un’azione che dura diversamente nel tempo: la shopping bag contiene il prodotto ma serve a trasportarlo, nonché

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a confezionarlo, ma il suo uso termina alla fine del trasporto e dell’apertura del prodotto. Il sacchetto a quel punto perde ogni sua connessione con il prodotto che prima conteneva, potrà essere usato per trasportare altri oggetti ma non per forza quello per cui era stato concepito. Il PN del sacchetto di raso è contenere l’oggetto ma anche quello di conservarlo e proteggerlo; il PN implica in questo caso una durata maggiore, che si accompagna all’uso del prodotto. È il caso particolare delle borse, non dei portachiavi che implicano forse un uso costante; quando la borsa non viene usata, per determinati motivi, entra in gioco nuovamente il PN del sacchetto analizzato, pronto a proteggere il prodotto come al momento dell’acquisto. Il PN della chiusura, ciò che serve a chiudere, sistema di chiusura per abiti, borse e oggetti diversi, è invece quello di sigillare il sacchetto, permettendogli così di rispondere al suo PN. Come nel caso delle impugnature anche il sacchetto di raso può essere sollevato tramite i cordoncini ma non è questa la funzione ad esso predefinita. L’articolazione tra tali due parti fa da congiunzione e il suo PN è quello di contenere l’involucro e permetterne il movimento di chiusura. Il PN del sacchetto di raso, come abbiamo visto, ha una durata maggiore, ma implica anche un’azione meno diretta del consumatore. Il sacchetto di carta dev’essere trasportato, è necessaria un’azione duratura e costante, che termina però in minor tempo. Il PN del sacchetto in raso implica la semplice apertura e chiusura dei cordoncini per riporre il prodotto.

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il sacchetto di raso

Immagini

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il sacchetto di raso

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Le scatole di cartone

Al fine di contenere e confezionare determinate categorie di prodotti, in questo caso portafogli, l’azienda utilizza scatole di cartone nero, declinate in diverse misure, anche qui come nel caso dei sacchetti di raso direttamente proporzionali alle dimensioni del prodotto da contenere. Un’analogia quindi con i sacchetti di raso, anche se nel caso delle scatole prese in considerazione il tipo di prodotto e le rispettive dimensioni sono proposte in numero inferiore; come abbiamo visto i sacchetti di raso sono dedicati a contenere e proteggere non solo borse ma anche altri tipi di accessori, specialmente la piccola bigiotteria e i popolari portachiavi della casa di moda, e ne variano quindi anche le rispettive dimensioni, motivo la grande varietà di borse offerta dall’azienda. Le scatole di cartone sono destinate a contenere invece esclusivamente portafogli, prodotti in un numero limitato di dimensioni: l’azienda ne propone infatti esclusivamente tre varianti, in dimensioni molto simili tra loro: vi è quindi l’offerta di portafogli che spaziano dalle dimensioni più ridotte sino a quelli più grandi, questi con portadocumenti e portamonete e concepiti per essere contenuti nelle borse più spaziose. Anche in questo caso potremmo individuare un tipo di rapporto tra involucro e oggetto che riporta a quello già analizzato nei sacchetti di raso, ma bisogna porre attenzione al tipo di contiguità che si instaura tra tali due elementi, poiché vi è, come nel caso dei sacchetti di carta, una sorta di mediazione tra i due: all’interno delle scatole è infatti sempre presente un altro importante elemento del packaging Furla, la carta velina, qui in una configurazione differente da quella usuale. Se quindi possiamo individuare un possibile rapporto, come avevamo precedentemente fatto per i sacchetti di raso, tra le dimensioni dell’involucro e quelle del prodotto, non vi è invece contiguità tra essi, e il contatto tra le rispettive superfici è mediato dalla carta velina, che porta come vedremo ad avere particolari effetti sul piano del contenuto.

Relazioni intra-ogettuali

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Una chiara analogia emerge sul piano delle categorie cromatiche tra il sacchetto di carta e la scatola presa qui in considerazione, poiché la dominanza cromatica è anche in questo caso data dal colore nero; bisogna però porre attenzione al fatto che la scatola è composta da due parti indipenti tra loro, che presentano differenti caratteristiche. La parte inferiore è com-


le scatole di cartone

pletamente nera, e va a incastrarsi in quello che potremmo identificare come il coperchio della scatola e, come vedremo sucessivamente nel corso dell’analisi, come involucro della struttura. Tale parte si discosta in quanto emerge la contrapposizione tra la netta dominanza del nero e il colore bianco del logo riprodotto sulla sua superficie. Anche qui quindi una minore luminanza del nero rispetto al bianco del logo, figura inglobata rispetto alla sfondo che lo contiene; interessante è notare come le caratteristiche dello sfondo nero siano piuttosto simili a quelle del sacchetto di carta, anche in questo caso ci troviamo ad analizzare infatti una superficie opaca, con una tina piuttosto cangiante, mentre sul piano delle categorie complesse non emergono particolari modulazioni del limite del colore. Diverso è invece l’aspetto che contraddistingue il logo aziendale riprodotto, che in questo caso presenta delle caratteristiche differenti da quello riprodotto invece sui sacchetti di carta ma anche, in parte, da quello dei sacchetti di raso. I caratteri del logo sono infatti in questo caso rimpiccioliti e assumono un aspetto diverso, dove anche le grazie sono meno pronunciate, avvicinando maggiormente il logo qui proposto a quello delle etichette adesive.

Ciò contribuisce a conferire a tale figura caratteristiche totalmente diverse nell’immagine d’insieme dell’elemento del packaging preso in considerazione, e lo mette minormente in rilievo. Analizzando le dimensioni relative emergono poi altri aspetti interessanti, soprattutto prendendo in considerazione le diverse scatole: notiamo come infatti vi sia uno sviluppo dimensionale in relazione alla dimensioni del prodotto in senso orizzontale, mentre l’altezza resti identica per tutti e tre i tipi di scatola. Altro aspetto molto importante che emerge nell’analisi delle dimensioni relative riguarda poi il logo; da notare è il fatto che questo venga riprodotto sulle diverse scatole nelle medesime dimensioni, e mantenga la stessa distanza dai bordi inferiore e superiore. A differenza dei sacchetti di cartoncino e di raso, dove, come analizzato, vi è una disposizione decentrata del

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logo, dovuta a particolari modalità d’uso e alla presenza di definiti punti di congiunzione, il logo qui riprodotto è invece centrato rispetto ai bordi superiore e inferiore, e mantiene la stessa distanza da quelli laterali, distanza che ovviamente aumenterà proporzionalmente all’aumentare delle dimensioni della scatola. Il logo analizzato si discosta quindi da quelli precedentemente presi in considerazione, e instaura una particolare relazione anche con il resto del corpo della scatola, relazione questa che ha importanti ripercussioni anche sul piano delle relazioni inter-oggettuali: il logo definisce difatti la decisa orizzontalità della scatola, ci fornisce importanti informazioni su quello che è il suo possibile uso e sul modo, per esempio, in cui è più opportuno afferrarla. A questo punto è necessario evidenziare invece la particolare relazione che va a instaurarsi tra le due parti della scatola, totalmente indipendenti tra loro: le due componenti si discostano innanzitutto nelle dimensioni, la parte inferiore presenta un’altezza dei bordi maggiore, ma ha anche un’area minore; la parte superiore è invece più bassa, con una superficie però maggiore. Interessante è notare come non vi siano tra le due punti di congiunzione alcuni, ma bensì proprio per le determinate dimensioni la parte inferiore della scatola, quella contenente il prodotto, vada a incastrarsi direttamente in quella superiore, le cui dimensioni sono leggermente maggiori e con cui si crea un attrito tale da tenerle unite. Abbiamo quindi un elemento della scatola contenente, in cui potremmo individuare la struttura del packaging analizzato, mentre l’altro funge da coperchio e involucro; inoltre rilevante nell’analisi è riscontrare come determinate particolarità di tale coperchio forniscano alcune informazioni utili all’uso del contenitore: non solo il logo su di esso riprodotto ci indica il modo in cui afferrare la scatola, ma le sue particolari dimensioni fanno in modo che esso non vada mai a coprire completamente la struttura; parte di essa rimane sempre scoperta, e ciò risulta importante al fine di afferrare il prodotto e di sfilare l’involucro dalla struttura. Le relazioni che il consumatore instaura con l’oggetto al momento dell’uso sono piuttosto interessanti e presuppongo un

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le scatole di cartone

articolato PN, riguardante anche l’altro elemento del packaging a cui l’uso della scatola è abbinato, la velina. È utile forse in questa analisi individuare due distinti PN riferiti alle due parti della scatola di cui abbiamo appena parlato. Notiamo infatti come le due componenti siano destinate oguna a un determinato uso: la struttura della scatola, che noi abbiamo riconosciuto nella sua parte inferiore, funge da contenitore e ne definisce la funzione stessa, suo PN è quindi contenere il prodotto avvolto dalla velina. La sua particolare conformazione fa inoltre si che sia in essa inscritto anche un riferimento al suo uso; ciò emerge mettendola in relazione con l’involucro in cui è contenuta: una parte di essa resta al di fuori e si offre alla presa del consumatore, permettendo di essere impugnata e di sfilare le due parti. Emerge così anche il PN dell’involucro, che definisce invece l’oggetto stesso e modula la relazione con i corpi esterni; esso funge da coperchio e viene sfilato per aprire la scatola e scoprirne il contenuto. I due PN implicano dunque due azioni, l’impugnatura della scatola e la sua sucessiva apertura mediante la divisione di struttura e involucro; anche qui un’altra opposizione rispetto agli altri elementi del packaging precedentemente analizzati: le due componenti scisse della scatola, ove non vi è presenza di alcun punto di congiunzione, presuppongono che al termine dell’operazione di apertura involucro e struttura risultino divisi tra loro; differente è il caso delle shopping bag e dei sacchetti di raso, dove invece abbiamo riscontrato come la presenza di uno o più punti di congiunzioni (le cui caratteristiche abbiamo visto essere nettamente differenti) determino l’unione di involucro e struttura anche dopo il loro uso. La relazione tra struttura e involucro è qui diversa, e si realizza mediante un rapporto differente; nel caso di shopping bag e sacchetto di raso l’involucro è incorporato alla struttura e sempre tramite un punto di congiunzione, che è ricavato nella struttura stessa. Nel caso delle scatole invece è l’involucro a contenere la struttura e lo fa tramite una congiunzione del tutto particolare; anche qui è interessante il rapporto che si crea tra prodotto, struttura e involucro: la struttura contiene il prodotto ma è a sua volta contenuta nell’involucro, il prodotto si trova ad es-

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sere contenuto in tre diversi elementi quali velina, struttura e involucro. Ciò porta ad avere senz’altro dei particolari risvolti sul piano delle categorie inter-oggettive e presuppone anche definite operazioni di selezione; la conformazione della scatola implica l’adoperare su di essa un movimento di impugnatura, e la sucessiva estrazione della struttura dall’involucro, movimenti ai quali si aggiunge l’apertura della velina e la sucessiva estrazione del prodotto. I diversi movimenti, con le relative estrazioni delle singole parti, presuppongono un’azione piuttosto durativa, e un relativo stato passionale, che si discosta anche da quello degli altri elementi del packaging. L’apertura della scatola viene messa in relazione non solo all’apertura della shopping bag e alla sua estrazione, ma anche alla velina da essa contenuta e dalla quale il prodotto è avvolto; i vari elementi rappresentano quindi una serie maggiore di istanti e la necessità di scomporre il movimento in più fasi: tutto ciò porta a creare stati passionali differenti e suscitare una maggiore curiosità nel consumatore.

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le scatole di cartone

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le scatole di cartone

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La velina

Altro elemento importante del packaging Furla è la velina utilizzata per avvolgere alcuni prodotti nelle diverse confezioni; in particolare viene utilizzato un determinato formato di velina per confezionare alcuni accessori, quali bustine porta trucchi e specchietti da borsa, accessori per i quali non è destinato l’uso delle scatole o dei sacchetti di raso, mentre lo stesso tipo di velina, in altri formati e in un’altra configurazione, viene abbinato alle scatole di cartone che abbiamo precedentemente analizzato. I due tipi di velina si differenziano in base al rapporto che instaurano col prodotto che sono destinati a contenere: interessante è notare come nel primo caso ci sia un unico tipo di velina associato a accessori di dimensioni diverse, sorge quindi una relazione particolare tra essi. Nel caso del sacchetto di carta nero abbiamo riscontrato per esempio come non vi sia contiguita’ alcuna tra prodotto e packaging e come le dimensioni di quest’ultimo non dipendano da esso: tre soli sacchetti vengono abbinati a una ampia quantita’ di prodotti di diverse dimensioni. Diverso invece è il caso dei sacchetti di raso, dove è differente il rapporto col prodotto contenuto e le stesse dimensioni del packaging variano in base ad esso. In questo caso vi è un solo tipo di velina associato a prodotti di varie dimensioni: non è il formato a mutare ma il risultato del suo impiego. Nell’altro caso vengono utilizzati esclusivamente tre tipi di velina, abbinati ai tre tipi di scatole analizzati, e quindi le dimensioni finali dipenderanno anche in questo caso dal prodotto contenuto.

Relazioni intra-ogettuali

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Analizzando le categorie cromatiche notiamo come la velina si discosti dagli altri elementi del packaging analizzati fin ora, in cui emergeva solitamente una diversa relazione d’opposizione tra le tinte bianco e nero. Per definire chiaramente le categorie cromatiche della velina dobbiamo prendere in considerazione le particolari caratteristiche che ne contraddistinguono consistenza e composizione. Notiamo infatti come le categorie cromatiche siano piuttosto variabili rispetto alle condizioni in cui osserviamo la velina. Lo sfondo individuato è determinato da una tinta bianca caratterizzata da una particolare trasparenza, che suggerisce l’idea di un bianco desaturato. La relazione d’opposizione si instaura


la velina

con la tinta della struttura, rappresentata dal logo Furla, riprodotto più volte sulla superficie. Anche questo logo è caratterizzato da una tinta bianca ma contraddistinta da una maggior saturazione, non vi è alcuna trasparenza. Come già detto le particolarità qui analizzate mutano a seconda delle condizioni in cui osserviamo la carta e degli elementi esterni con cui la mettiamo in relazione. Innanzitutto lo sfondo, per la sua particolare trasparenza, assume caratteristiche cromatiche diverse da quelle precedentemente analizzate in relazione alle superifici con cui si trova a contatto. Rilevante però è notare come diverse relazioni si creino anche tra sfondo e struttura: in determinate condizioni di luce il logo non è percepibile chiaramente, e quindi risalta in maniera minore. Quando invece mettiamo a contatto la velina con altre superfici il logo assume una rilevanza maggiore: notiamo quindi come in condizioni normali sia lo sfondo ad avere una particolare rilevanza rispetto alla struttura da esso inglobata, mentre una volta messa in relazione la velina con altri prodotti o elementi del packaging la situazione si inverta. Proprio il contatto con un elemento esterno determina la maggiore rilevanza della struttura, che si pone ora in relazione differente con lo sfondo. La trasparenza dello sfondo, come vedremo, creerà particolari effetti sul piano dell’espressione e nel coinvolgimento che determinerà nel consumatore. Proseguendo l’analisi emerge poi un’altra differenza sostanziale dagli altri elementi del packaging Furla, in questo caso riguardante il logo e il modo in cui esso è riprodotto. Abbiamo già visto come esso instauri una particolare relazione sul piano delle categorie cromatiche con lo sfondo da cui è inglobato; diversa è in questo caso anche la disposizione del logo, riprodotto più volte sulla superficie della velina ad intervalli regolari. La disposizione di tali loghi è organizzata diagonalmente, su più livelli orizzontali che definiscono inoltre un’ulteriore relazione d’opposizione con lo sfondo; tale relazione è definita dalla disposizione dei loghi, che crea la verticalità stessa dello sfondo. Vi è quindi un’opposizione tra l’orizzontalità dei loghi e la verticalità dello sfondo definita dagli stessi: diverso, come abbiamo visto, è il caso degli altri elementi del packaging, dove il logo con la sua disposizione orizzontale definisce invece l’orizzontalità stessa dello sfondo.

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Negli altri elementi del packaging analizzati abbiamo inoltre riscontrato come il logo sia riprodotto singolarmente sullo sfondo, in posizione centrata rispetto ai bordi superiori e inferiori nel caso delle scatole e rispetto a quelli laterali nei sacchetti di raso e nelle shopping bag. La disposizione multipla del logo nella velina è data probabilmente dal particolare uso a cui essa è destinata: come abbiamo visto un uso diverso viene fatto della velina in relazione al prodotto da confezionare e alle sue dimensioni; nel caso delle scatole la velina avvolge superiormente il prodotto, ma è soprattutto nel caso del formato usato singolarmente che l’uso di essa e il suo avvolgimento implica una maggior o minor visibilità del logo. Interessante poi è evidenziare la particolare relazione che viene a crearsi al momento dell’utilizzo tra packaging, soprattuto logo su di esso riprodotto, e il prodotto confezionato: si crea qui, più che in ogni altro elemento del packaging analizzato fin ora, uno speciale rapporto tra essi. Lo sfondo fa emergere determinate caratteristiche del prodotto che avvolge, come forma e colore, e avvicina maggiormente l’utilizzatore ad esso. Il PN della carta velina, di cui troviamo solitamente una definizione quale carta particolarmente sottile usata per incartare oggetti molto delicati, si concentra nell’avvolgere i prodotti Furla prima menzionati; tale PN si articola diversamente a seconda delle configurazioni di velina presenti: la velina contenuta nelle scatole avvolge certamente in diverso modo i prodotti rispetto all’altra e implica inoltre un diverso uso. Essa è in un certo senso già pronta per essere utilizzata, al momento del confezionamento è già contenuta all’interno della scatola e implica il semplice avvolgimento del prodotto tramite i suoi lati superiori; scartando il prodotto è necessario solo aprirla, e la carta resta totalmente integra. L’altro tipo di velina viene usato in maniera diversa, poichè avvolge si il prodotto ma deve anche proteggerlo maggiormente; non vi è in questo caso una relazione con un altro elemento del packaging come la scatola, il prodotto è confezionato esclusivamente dalla velina, e verrà poi contenuto nella shopping bag. Ciò implica l’uso di ulteriori materiali come nastro adesivo per poterla sigillare, con la conseguente usura dell’imballaggio; quest’ultimo subisce infatti una prima

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la velina

trasformazione al momento del confezionamento, quando viene piegato e avvolto attorno alla superficie del prodotto, e un’ulteriore quando il prodotto viene scartato strappando la carta stessa. Il tutto comporta ovviamente, nel caso di scatole, la necessità di scomporre in una serie maggiore di movimenti l’apertura del packaging, con un conseguente aumento di quella che è la distanza tra utilizzatore e prodotto, e il relativo stato passionale: l’utilizzatore, in particolare nel caso di una confezione regalo, si trova a eliminare alcune componenti del packaging esterno come nastro ed etichetta, e ora, aperta la scatola che vi ha trovato all’interno, un ulteriore soglia lo divide dal contenuto, anticipandone però le caratteristiche. La curiosità dell’utilizzatore sarà certamente in questo momento maggiore, ma può già, come detto, individuare alcune caratteristiche del prodotto per la particolare trasparenza della velina. Anche qui Furla distingue un elemento del suo packaging da quello proposto da altre marche, che utilizzano nelle proprie confezioni tipi di veline dalla tinta uniforme, che seguono molto spesso il colore della scatola in cui sono contenute. Emerge qui invece una netta relazione d’opposizione sia con la scatola, sia con la shopping bag; in entrambi i casi si realizza infatti un contrasto tra la tinta nera degli altri elementi e la particolare tinta bianca della velina, dove non vi è però lo stesso contrasto tra struttura e sfondo.

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la velina

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I nastri e le etichette adesive

L’analisi del packaging si concentra infine su due elementi molto importanti che si discostano in maniera particolare da quelli precedentemente analizzati, per le loro caratteristiche e la loro destinazione d’uso. Non ci troviamo infatti ad analizzare elementi del packaging volti a contenere un determinato prodotto, bensì a determinare alcune ulteriori caratteristiche di altri componenti, in questo caso le shopping bag. Furla utilizza infatti nastri ed etichette per distinguere e sigillare le confezioni regalo: il nastrino viene applicato legando le impugnature della shopping bag, mentre l’etichetta viene posta centralmente su di essa per sigillarne i bordi.

Relazioni intra-ogettuali L’etichetta

L’etichetta adesiva usata dall’azienda riprende, sul piano delle categorie cromatiche, le caratteristiche che abbiamo già trovato nella scatola e, in particolare, nella shopping bag. Si tratta infatti di un’etichetta contraddistinta da una tinta nera, anche qui in relazione d’opposizione con il bianco del logo, con la relativa minor luminanza del nero rispetto al bianco. Tale caratteristica cromatica fa si che si instaurino, tra shopping bag e etichetta, particolari relazioni; le due tinte predominanti si ripetono e ciò fa in modo che l’etichetta sia in un certo senso inglobata dal resto della shopping bag. Diversa è invece la caratterizzazione della figura che essa ingloba, il logo Furla; questo è riprodotto in maniera molto simile a quella che abbiamo analizzato nella scatola, e quindi con dimensioni molto contenute e grazie poco pronunciate. Ma è esso, la struttura dell’etichetta, a creare particolari relazioni con l’altro componente del packaging con cui è messo a contatto, e in particolare con il logo su esso riprodotto. Il logo Furla viene in questo modo ripetuto su ogni lato del sacchetto, questo grazie anche alla particolare forma dell’etichetta adesiva ma anche alla sua destinazione d’uso. Essa è proposta infatti in forma rettangolare, con gli angoli arrotondati, e il logo Furla è riprodotto centralmente a ogni sua estremità in maniera speculare; ciò perché l’etichetta viene poi attaccata centralmente ai bordi del sacchetto, con la conseguente ripetizione del logo da entrambi le parti di esso. L’immagine del logo della shopping bag viene perciò rafforzata nelle confezioni regalo dalle etichette, che lo ripropongono in dimensioni minori e in posizione ad esso parallela.


i nastri e le etichette adesive

L’etichetta si discosta poi dagli altri elementi del packaging in quanto, al momento dell’uso, viene strappata e non risulta quindi nuovamente utilizzabile. Il suo PN è proprio quello di sigillare il sacchetto e di essere strappata per poterne scoprire il contenuto; il tutto porta ad avere delle modifiche sul piano del contenuto della shopping bag: aumentano infatti i movimenti che il consumatore deve adoperare per scoprire il prodotto, soprattutto considerando l’ulteriore presenza del nastrino. Lo stato passionale delle confezioni regalo Furla è come vediamo molto particolare e accentuato dalla presenza di elementi come etichette e nastrini; il consumatore si trova a “oltrepassare” un’ulteriore barriera, forse proprio perchè dinnanzi a un regalo. Per scoprire il prodotto interno non dovrà semplicemente aprire il sacchetto ed estrarre, ad esempio, una scatola; a tutto questo si aggiunge lo strappo dell’etichetta e la slegatura del nastrino. Proprio questo elemento costituisce un componente di parti-Il nastrino colare interesse per le sue caratteristiche cromatiche, che costituiscono una sorta di mediazione tra tutte le altre parti del packaging analizzate fino ad ora. Dal punto di vista cromatico possiamo notare infatti come nella parte anteriore, che potremmo considerare lato positivo del nastro, ci sia una minor saturazione del bianco rispetto al nero, caratteristica che lo pone in stretta relazione con il sacchetto di raso; anche qui infatti lo sfondo bianco ingloba la struttura, il logo Furla, riprodotto in una tinta nera. In particolare il nastrino presenta un motivo a fibre inclinate a trenta gradi nel quale si intrecciano una fibra sintetica di colore bianco opaco e un’ulteriore fibra, in questo caso bianco lucido. Il nastrino quindi non presenta un colore uniforme, bensì si crea sulla sua superficie una particolare luminescenza, simile a quella dei sacchetti di raso, evidenziata dalla presenza di bordi con un motivo orizzontale e una consistenza maggiore. Centrati rispetto ad essi e disposti a una distanza regolare l’uno dall’altro sono i loghi riprodotti in esso, ricamati con un filo dalla tinta nera piatta, che crea un particolare contrasto con lo sfondo: anche qui emerge una particolare relazione con shopping bag e sacchetti di raso, in ogni caso distinti da uno sfondo dalla superficie piuttosto luminescente sulla

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quale spicca sempre una struttura dalla tinta piatta. Inoltre analizzando tale logo notiamo come, nonostante le dimensioni molto contenute, i caratteri siano comunque ben definiti e pronunciate siano anche le grazie, a differenza di quanto abbiamo invece visto in scatole ed etichette. Il logo ricamato è alto un terzo del nastro stesso e viene ripetuto anche nella parte posteriore del nastro; qui troviamo lo stesso motivo frontale, riproposto però come ovvio in negativo, e più in particolare noteremo come vi sia lo stesso intreccio a trenta gradi, dove lo sfondo è ora di tinta nera e lascia intravedere la base bianca, mentre il logo specchiato è bianco e bianchi restano anche i bordi laterali del nastro. Le dimensioni dei diversi nastri sono molto simili tra loro, in quanto essi vengono tagliati alla stessa lughezza; ciò anche per lo stesso tipo di impugnature che sono destinati a legare. La dimensione rimane quindi invariata ma è differente senz’altro l’effetto che tali nastrini creano nelle diverse borse: lo stesso nastrino porterà ad avere un effetto certamente differente se legato alle impugnature dei sacchetti più piccoli, rendendo ancor più grande il loro effetto di miniaturizzazione, mentre risulterà esso stesso molto piccolo una volta legato alle shopping bag più grandi. Il PN del nastrino è, come risulta facilmente comprensibile, l’essere slegato, ma ciò non porta a un effettivo risultato nell’apertura della shopping bag. Si può forse trovare in esso l’intenzione di aumentare la distanza tra consumatore e prodotto; il primo troverà nel nastrino un ulteriore ostacolo ma non avrà un particolare risultato: una volta tolto, il nastrino permette semplicemente di slegare le impugnature, ma non di scindere i lati del sacchetto, ancora uniti dall’etichetta. È forse però la particolare determinazione cromatica e la sua posizione, rivolta verso l’esterno, che porta il consumatore ad agire per primo su di esso. Il colore bianco lo pone poi senz’altro in relazione di contrapposizione con il resto della shoppin bag, e lo fa efficacemente risaltare rispetto all’etichetta, che si confonde invece con la struttura del sacchetto. Il consumatore individua nel nastrino un primo elemento da eliminare, e solo dopo questo istante rileva la presenza di un ulteriore ostacolo quale l’etichetta, che non gli permette an-

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i nastri e le etichette adesive

cora di accedere al contenuto del sacchetto. Altra caratteristica particolare del nastrino è senz’altro la presenza in esso di un lato negativo, dove le caratteristiche cromatiche in parte si invertono; tale particolarità non deve essere forse ritenuta scontata, la presenza di due lati diversi tra loro non è individuabile in molti altri nastri usati da marchi d’accessori alla stregua di Furla, che utilizzano invece nastri in raso dove il logo è stampato esclusivamente su un lato. Il nastrino crea una sorta di mediazione dal punto di vista cromatico con gli altri elementi del packaging, poiché instaura una particolare relazione con il sacchetto di raso ma anche con la scatola nera, per quanto riguarda il lato negativo, e la carta velina per il colore bianco. Esso racchiude in sé gli elementi predominanti di tutto il packaging Furla, ne rappresenta le due tinte base, il bianco e il nero, e il logo aziendale, e quindi fa da punto di congiunzione tra tutte le componenti fin ora analizzate.

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i nastri e le etichette adesive

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IL RUOLO DEL PACKAGING NEL DISCORSO DI MARCA FURLA

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conclusioni

Il packaging Furla produce una chiara significazione mitica “creando” il prodotto, il cui discorso, ciò che di tale prodotto si dice, non deriva da una qualità ad esso intrinseca ma dal “risultato dell’attività creatrice del soggetto enunciante” [Ventura Bordenca 2007]. Il discorso mitico messo in atto dal packaging Furla fa prevalere la dimensione dell’essere e la marca diventa istanza del discorso, che si afferma rispetto al prodotto. Nella shopping-bag Furla, per esempio, spicca infatti solo il nome della marca e non c’è riferimento alcuno al contenuto, con l’effetto di portare il consumatore nel mondo di tale marca, dove il prodotto acquisisce un senso: nella busta Furla non vi è la presenza di alcuna immagine, ma solo del logo dell’azienda che diventa il referente oggettivo e crea così un rapporto basato esclusivamente sulla fiducia data alla marca. A differenza di altri tipi di packaging, Furla non usa quindi alcun tipo di immagine e non manifesta la struttura, ma anzi la occulta; il consumatore non risale al prodotto grazie a un’informazione chiara come può essere una foto, un disegno o una semplice scritta che fornisca determinate informazioni, bensì vi arriva grazie al packaging stesso, che si afferma indipendentemente dal suo contenuto. Possiamo conoscere determinate informazioni perché conosciamo il packaging Furla, e per alcune caratteristiche in esso inscritte. In questo senso anche il colore nero ha certamente un ruolo rilevante, nel caso della shopping bag, in quanto iperbole dell’occultamento sulla base di tratti semantici culturalmente stabilizzati connessi a tale colore; struttura e involucro mantengono lo stesso colore, non abbiamo informazione alcuna riguardo il contenuto del packaging se non quelle derivanti dal logo bianco che su esso risalta e da cui otteniamo ulteriori informazioni decisamente essenziali. Si ripropone anche qui l’idea proposta dal packaging mitico, grazie al quale si affermano fiducia e conoscenza del marchio: il sacchetto completamente nero non ci fornisce informazione alcuna riguardo al contenuto, possiamo definire determinate caratteristiche del prodotto come dimensioni e peso, ma è grazie al logo Furla bianco che risaliamo all’immagine di tale azienda, immagine che ci darà una serie di ulteriori informazioni più definite, che ci indicherà il tipo di contenuto, la categoria a cui appartiene(vedi a questo proposito i sacchetti associati a

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RUOLO DEL PACKAGING

determinati prodotti). Più grande sarà anche l’effetto di curiosità causato da tale tipo di packaging, che non fornisce informazioni sul tipo di prodotto contenuto al suo interno ma rimanda al mondo della marca a cui esso appartiene, con le rispettive particolarità e con le aspettative che vanno a crearsi nel consumatore, e i relativi stati passionali. In realtà il marchio Furla risponde a una precisa e limitata categoria di prodotti e a determinate caratteristiche con cui l’azienda li vuole distinguere; colui che si appresta quindi ad aprire la confezione, se a conoscenza dell’universo di tale marca, riesce anche a cogliere il tipo di prodotto che sta per scoprire, o almeno alcune delle sue particolarità. L’effetto sorpresa è inoltre attenuato dalla scelta dell’azienda di utilizzare esclusivamente tre dimensioni di sacchetti, ognuna destinata a una definita categoria di prodotti; conoscendo il “mondo” Furla, il consumatore conosce precedentemente anche il tipo di oggetto, sempre appartenente alla categoria di prodotti del rispettivo marchio, contenuto nel sacchetto. Aprendo quindi il sacchetto più piccolo l’effetto sorpresa sarà minore conoscendo il genere e anche il tipo di prodotto in esso contenuto, che farà per forza parte dei piccoli accessori prodotti dall’azienda, mentre il sacchetto di dimensioni maggiori non potrà contenere altro che una borsa, categoria di prodotto che tale elemento del packaging Furla è destinato a contenere. Se l’effetto curiosità è attenuato dalla conoscenza del mondo Furla e dai tipi di shopping bag da esso utilizzati, l’azione per scoprire il prodotto sarà però di tipo durativo per gli ulteriori elementi del packaging legati alle buste di carta. Il sacchetto cela sempre un altro “ostacolo”, una carta velina che avvolge il prodotto da scartare, o una scatola o un sacchetto di raso da aprire; azione durativa ancor più lunga nel caso delle confezioni regalo, dove vengono apposti sul sacchetto un’etichetta adesiva per richiuderlo e un nastro legato all’impugnatura. Lo spazio che viene a crearsi tra consumatore e prodotto, specialmente nelle confezioni regalo, è ampio e determinato da elementi organizzati secondo una precisa relazione reciproca, relazione dove abbiamo visto emergere anche interessanti

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conclusioni

rapporti dal punto di vista cromatico. In particolare il nastrino e l’etichetta costituiscono un preciso ostacolo nella scoperta del prodotto, comportando la necessità di scomporre il movimento in una serie maggiore di fasi; tali elementi del packaging Furla nascono con una precisa intenzione, oltre quella di distinguere le confezioni regalo. Tale intenzione trova dei particolari risvolti sul piano passionale e nella curiosità che viene a crearsi nell’utilizzatore. Sono essi in effetti a influire maggiormente sulla dimensione della curiosità, poiché costituiscono esclusivamente un ulteriore ostacolo. Una volta slegato il nastro e strappata l’etichetta non si hanno effetti consistenti se non la possibilità di aprire il sacchetto, che cela però sempre un ulteriore ostacolo, il quale implica un’altra serie di movimenti da parte dell’utilizzatore e mantiene la distanza tra esso e il prodotto. In particolare un’azione maggiormente durativa si avrà nel caso in cui la shopping bag contenga una scatola, che abbiamo visto implicare un PN piuttosto articolato e la relazione con un altro elemento del packaging, la velina. Tale organizzazzione del packaging si articola poi sul piano delle relazioni cromatiche che si instaurano tra i vari componenti, dove sempre emerge la presenza delle due tinte predominanti nel packaging Furla, il bianco e il nero, che contribuiscono a evidenziare la sua immagine di packaging mitico e portano a individuare l’opposizione predominante in tutto l’insieme delle sue componenti. Ogni elemento è rapportato con l’altro secondo precise relazioni cromatiche, e si crea sempre una particolare relazione di opposizione tra le due tinte. Il nastro costituisce come abbiamo detto una sorta di sintesi di tale opposizione, ma presenta in particolare una minor luminanza del nero rispetto al bianco, elemento che lo mette in particolare risalto una volta rapportato alla shopping bag; l’etichetta ripete invece la composizione di questa, ed è da essa inglobata. Ciò perché i due elementi sono sempre combinati insieme, nelle confezioni regalo, e l’attenzione viene riportata sul nastro, elemento distinto dalla diversa tinta e posto verso l’esterno, per cui primo ad essere interessato dall’uso del consumatore.

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RUOLO DEL PACKAGING

L’etichetta si confonde invece con il resto del sacchetto, ne rafforza l’immagine del logo ma porta ad adoperare un’azione su di essa in un secondo momento. La shopping bag instaura poi un’ulteriore relazione con gli altri elementi; potremmo riconoscere in tale componente il fulcro dell’intero packaging analizzato, le cui relazioni si articolano sia con elementi esterni che interni. Relazione d’opposizione dal punto di vista cromatico si crea tra essa e il sacchetto di raso, dove emerge sempre la contrapposizione tra tinte nera e bianca dei rispettivi sfondi e strutture, mentre una sorta di continuità emerge invece con le scatole, che ne riprendono come abbiamo visto le categorie cromatiche. L’insieme delle relazioni cromatiche che si instaurano tra i vari elementi del packaging Furla sono del tutto particolari, e oltre a contribuire a determinarne le caratteristiche di packaging mitico, lo differenziano da molto altri esempi di packaging, dove non vi è tale uniformità, e si creano maggiori contrasti cromatici; prendiamo ad esempio il caso delle shopping bag Mandarina Duck, ove non vi è uniformità tra involucro e struttura, oltre che tra sfondo e figure, per le differenti caratteristiche cromatiche che in essa sono inscritte e che contribuiscono a formare un’immagine molto diversa da quella di Furla. Anche sul piano delle relazioni inter-oggettive i tipi di packaging utilizzati dalle diverse aziende tendono a definire nel consumatore differenti stati passionali e una relativa curiosità: il packaging Furla, come abbiamo visto, tende a scomporre il movimento dell’utlizzatore in più fasi, occulta il prodotto attraverso il packaging ampiamente strutturato e articolato, che non ne lascia trasparire alcuna caratteristica sino a quando ogni elemento d’ostacolo viene “eliminato”; diverso è anche qui il caso di Mandarina Duck, che presenta elementi del packaging molto diversi, come diverse sono le relazioni che tra essi vanno a instaurarsi. In particolare notiamo la relazione d’opposizione che si crea tra sacchetto di raso utilizzato da Furla e quello utilizzato da Mandarina Duck, le cui caratteristiche materiche fanno si che il prodotto contenuto al suo interno sia in parte visibile, e siano definibili quindi alcune

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conclusioni

sue caratteristiche, cosa che non avviene nel sacchetto Furla. Questo è solo uno degli esempi delle particolari relazioni che si instaurano nei diversi tipi di packaging, e che tendono a definire non solo stati passionali opposti nell’utilizzatore, ma anche un’immagine generale della marca molto distante. Le caratteristiche fin ora riportate contribuiscono infatti a fornire non solo l’immagine complessiva del tipo di packaging usato dall’azienda, ma anche dell’immagine dell’azienda stessa. Soprattutto guardando al passato possiamo riconoscere come il tipo di packaging usato da Furla e le relative caratteristiche siano profondamente mutati; l’immagine stessa dell’azienda è negli ultimi anni andata a modificarsi, e con essa anche il tipo di prodotti proposti. La stessa ricerca di continuità che identifichiamo in questi viene riproposta come abbiamo visto tra i vari elementi del packaging, che riportano ora determinate caratteristiche, soprattutto a livello cromatico, e presentano una certa uniformità, tipica dei packaging mitici, nonché negli altri elementi facenti parte del mix di marca, che hanno particolari connessioni con quelli del packaging e che con essi contribuiscono a definirne l’immagine generale piuttosto coerente e uniforme.

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Marrone, Gianfranco 2007 Il discorso di marca, Bari-Roma, Laterza.

BIBLIOGRAFIA

Ventura Bordenca, Ilaria 2007 “Di che packaging sei? Generi discorsivi e confezioni dei prodotti, sulla scia di J.M. Floch”, in Rivista dell’Associazione Italiana di Studi Semiotici on-line.

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ARTICOLI BORTOTTO

Ventura Bordenca, Ilaria DELLA LIBERA 2006 “Parole in bottiglia. Analisi lessicale delle forme di tre pack di vino”, in Rivista dell’Associazione Italiana di Studi Semiotici on-line. Ferraresi,Mauro 2003 “Il caso Svelto”

PIAIA

Vannoni, Davide 1998 “Il velo di maya. Semiotica e grafica editoriale”

SIMON

Ventura Bordenca, Ilaria VENDRAMIN 2006 “Parole in bottiglia. Analisi lessicale delle forme di tre pack di vino”, in Rivista dell’Associazione Italiana di Studi Semiotici on-line.

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FURLA DANIELE BORTOTTO | MATTIA DELLA LIBERA | ALBERTO PIAIA | ALEX SIMON | RICCARDO VENDRAMIN SEMIOTICA DEL DISEGNO INDUSTRIALE PROFESSOR ALVISE MATTOZZI I | U | A | V 2 0 0 8


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