200911
Vogliono chiudere Telejato Aiutiamola tutti!
I Siciliani e Telejato
fratelli di libertà
www.ucuntu.org – redazione.lavoriincorso@gmail.com
Tutti insieme, si può
Forza ragazzi. Ora o mai più A Roma Bossi minaccia secessioni e le puttane rivelazioni. In Sicilia finisce a barzelletta la furibonda “battaglia” fra lombardiani e anti: tutti hanno vinto, tutto resta com'è. Questa è la loro classe dirigente. Chi salverà ' sto paese? Amici, tocca a noi
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L'appello della società civile per il giudice Salvi a Catania
Scidà Martinazzoli a Catania/ Cavalli Giornalismo contro/ Caruso/ Mazzeo/ Vitale/ || 20 settembre 2011 || anno IV n.118 || www.ucuntu.org ||
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Libertà
I Siciliani, giornalismo contro
Contro la mafia, contro i poteri mafiosi. In Sicilia e non solo
Durante il periodo natalizio del 1982 esce nelle edicole dell’isola il primo numero del mensile I Siciliani diretto da Pippo Fava. L’inchiesta principale, che accende i riflettori sul nuovo giornale, è I quattro cavalieri dell’apocalisse mafiosa in cui si attaccano i quattro principali imprenditori catanesi da diecimila posti di lavoro complessivi: Mario Rendo, Carmelo Costanzo, Francesco Finocchiaro e Gaetano Graci. Il dispiegamento pubblico delle collusioni e commistioni tra gli imprenditori e la mafia accende la curiosità della stampa nazionale, che si trova di fronte ad una realtà colpevolmente sconosciuta a soli quattro mesi dall’uccisione del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa a Palermo. Il giornalismo catanese, infatti, non si era mai occupato di raccontare e svelare gli intrecci tra mafia, imprenditoria e politica fino a quando Giuseppe e i suoi colleghi non si assunsero quest’onere decidendo di fondare un nuovo mensile che avesse come linea editoriale il “concetto etico di giornalismo”, ovvero, come diceva Fava, di “un giornalismo fatto di verità”. Ed è proprio questo nuovo modo di essere (non di fare il) giornalista che ha infastidito il sistema editoriale catanese, che ancora oggi è monopolizzato da Mario Ciancio Sanfilippo, ex presidente della Fieg, la federazioni degli editori di giornali, indagato per concorso in associazione mafiosa. Tutta l’informazione, scritta, radiofonica e televisiva è sempre passata dalle mani di Ciancio, a parte il mensile diretto da Fava. In questo contesto I Siciliani è una rivista scomoda, irriverente e preoccupante per la classe dirigente dell’isola, che invano tenta di comprare il giornale attraverso Mario Rendo, chepropone al direttore la gestione di una nuova emittente televisiva. La sera del 5 gennaio 1984, a Catania, dopo undici numeri del periodico, Pippo Fava viene ucciso.
DAI QUARTIERI SICILIANI PERCHE' RIVOGLIAMO “I SICILIANI”
Sono ormai passati ventisei anni, ma la situazione a Catania non è cambiata di molto. A parte l’accusa ex art. 416 bis per Ciancio, il monopolio informativo è rimasto lo stesso. Per questo accolgo con entusiasmo l’annuncio dell’amico Riccardo Orioles sulla rinascita de I Siciliani. Il primo numero dovrebbe debuttare già dal prossimo novembre in formato pdf e da febbraio 2012 dovrebbe uscire nelle edicole siciliane. Ringrazio anche i sostenitori del progetto, le persone che hanno convinto Riccardo a mettersi a disposizione per il risveglio di un mensile che non poteva finire tra i ricordi: i magistrati Giambattista Scidà eGiancarlo Caselli e il Prof. Nando Dalla Chiesa. Sono convinto che il concetto etico di giornalismo, che accompagna ancor’oggi Orioles egli altri redattori che daranno vita a I Siciliani, sarà la giusta cinghia di trasmissione tra lavecchia esperienza e la nuova e sarà l’ennesima occasione per dimostrare che si può essere giornalisti senza svendersi al miglior offerente. Il "risveglio" de I Siciliani è un filo rosso che qualcuno voleva nascondere sotto la sabbia e invece soffia forte. E noi soffiamo insieme perché Riccardo e I Siciliani corrano veloci. Giulio Cavalli
Perché il cinque gennaio del 1984 veniva ucciso dalla mafia il direttore e fondatore de “i Siciliani” Giuseppe Fava. La mafia uccidendo l’uomo giornalista credeva di avere ucciso le idee e il modello di un nuovo giornalismo che incominciava a fare scuola. In questi ventisette anni l'idea fare giornalismo al modo di Giuseppe Fava si è allargata fra i tanti giovani, fra i tanti giornali di carta dai nomi più diversi. Questo percorso ha formato tanti nuovi giornalisti che hanno finalmente portato avanti un giornalismo dal volto diverso. Con il progresso di internet questo fenomeno si è ingrandito e i buoni giornali on-line si sono moltiplicati, l’informazione è per tutti ed è a portata di mano. Anche a Catania, negli ultimi anni, è nata una piccola rete di giornali di carta e su internet, un po’ per arginare il monopolio dell’informazione dell’unico quotidiano catanese e poi perché Catania è la città dove nasce la scuola di Fava. Fra essi giornali di quartiere fatti di carta, come “La Periferica” o “i Cordai” che attraverso un giornalismo di strada raccontano la vita della gente. Ecco perché, oggi, ha un grande senso rifondare “i Siciliani”. Il momento è quello giusto, è il momento dove stiamo vivendo le più grandi ingiustizie sociali e dove la democrazia sta subendo gli attacchi più feroci, dove l’informazione libera, più che mai, viene sottoposta a continue censure. “I carusi di Fava “ sono diventati adulti: ecco perché “ i Siciliani” ritornano a vivere, per dare un’informazione per tutti e tutte,per dare un’informazione non nostalgica ma nuova, per combattere anche la mafia che si insinua con la sua borghesia togliendo libertà e diritti. Noi de “i Cordai” e del centro Gapa siamo orgogliosi di essere dentro questo progetto e di far parte di una rete di informazione che dopo tanti anni paga e ci restituisce il diritto di raccontare giornalisticamente il nostro tempo. E un enorme grazie va al nostro direttore ideale al nostro direttore Giuseppe Fava. Giovanni Caruso
|| 20 settembre 2011 || pagina 02 || www.ucuntu.org ||
Libertà
Rapporto 1/ Idee per un nuovo giornale
Cominciamo a tracciare il progetto del nuovo “Siciliani”. Anzi, “Siciliani Giovani”, tanto per capirci
1) “I Siciliani Giovani” è un giornale, su carta e in rete, che si propone di continuare aggiornandola l'esperienza de “I Siciliani” di Giuseppe Fava e delle varie testate che vi hanno dato seguito nel corso degli anni. Siciliani vuol dire che nasce dal luogo dove lo scontro fra mafia e antimafia è nato prima, dove tanti giornalisti hanno onorato in questo scontro, a prezzo della vita, questo nostro mestiere. Non è un'indicazione geografica ma un simbolo di lotta, da Modica a Milano, per l'intera Nazione. Giovani vuol dire che solo da una nuova e rinnovata generazione, questa generazione, può venire in tanta tragedia la rinascita del nostro Paese. Non è un giovanilismo d'accatto, un parlar d'altro: usiamo la parola giovani nell'identico senso, e per gli stessi motivi, e con la medesima urgenza, con cui a loro tempo la usarono Mazzini o Gobetti. Sappiamo che il cammino è lungo e non ci facciamo illusioni; né vogliamo crearne a chi ci verrà dietro. Ma è un cammino ragionevole, duro ma alla fine vincente. Fidando nell'aiuto dei giovani, memori di esempi altissimi che abbiamo avuto la fortuna d'incontrare, percorreremo questo cammino con tutte le nostre forze e fino in fondo, da giornalisti seri e da buoni cittadini.
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2) “I Siciliani Giovani”, nella sua versione cartacea, è un magazine di 120-150 pagine, mensile di fascia alta come “I Siciliani” di Fava; ne riprenda il ritmo e l'impostazione ma legandoli alle ultime tecnologie (oggetti interattivi in pagina, approfondimenti multimediali). Un giornale “da raccogliere e conservare”, ma parallelemente un e-book di ultima generazione, mirato a tablet, Kindle e smartphone. 3) Il giornale è diviso in tre settori: - un blocco di 5-6 servizi-inchieste (6-8 pagine) per circa 48 pagine complessive, impaginato come il classico “Siciliani”; - uninserto centrale a colori (fotografico, satirico e altro) di 24 pagine, con grafica propria (e più “creativa”); - un blocco di pezzi di cronaca (3-4 pagine l'uno, per altre 48 complessive) forniti, sui rispettivi territori, da giovani testate e gruppi (Clandestino, Periferica, Napoli Monitor, Stampo, ecc.) aderenti al progetto, e sottoposti a ulteriore controllo di qualità.
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4) Al cartaceo si affianca un prodotto elettronico in formato e-book (pdf adesso, l'anno prossimo probabilmente html5 o analoghi) che ne riprende i contenuti, e che tecnicamente si differisce da Ucuntu e dai prodotti successivi per una molto maggiore interattività. Ogni singolo contenuto, infatti, sarà corredato in linea di massima a contenuti multimediali, usufruibili su varie piattaforme, soprattutto su quelle (tablet, smartphone) di seconda generazione. 5) Il prodotto elettronico non ha per il momento un'importanza commerciale e servirà ora soprattutto al lancio e alla diffusione del prodotto di carta. E' tuttavia ragionevole pensare che il mercato editoriale elettronico, che già nei paesi anglofoni è maturo e in piena espansione, non tarderà molto (fine 2012-inizio 2013) a presentarsi in forma matura anche in Italia. E' probabile che a quel punto il nostro prodotto elettronico assuma un'importanza molto maggiore, e probabilmente determinante, specie se sostenuto da altri prodotti elettronici in formato e-book. A tale proposito, stiamo studiando attentamente – per esempio - le esperienze (entrambe vincenti) dei “Libri di Avvenimenti” e dei “Millelire” che a suo tempo s'inserirono bene, con pochi mezzi, nel nascente segmento dell'editoria a basso prezzo.
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6) Il sito dei Siciliani (per il quale dobbiamo ringraziare la generosità di un cittadino che, avendolo in suo possesso, ce l'ha donato) riprende in buona parte la meccanica (non la “carrozzeria”) di Ucuntu. E' cioè un portale di rete, in cui al prodotto principale (potenziato con le tecnulogie Issuu, che siamo stato fra i primi a usare in Italia) si affianca tutta una serie di testate collegate, che sono il nostro retroterra e il nostro serbatoio di giovani giornalisti, di notizie e di idee. Il mensile si pone così, fin dalla sua struttura allargata, come prodotto di prestigio di un circuito di testate piccole, radicate, professionali e combattive. 7) A quelle di queste giovani testate che mostreranno un adeguato livello professionale – e civile – concederemo il diritto di fregiarsi del nostro logo, come un segno comune; aiutandole così a progredire e a restare visibili, e rafforzando insieme l'impresa comune.
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8) Redazione. Non prevediamo una redazione centrale, che in questa fase rappresenterebbe più un peso che un reale vantaggio; il lavoro iniziale di un mensile può essere svolto in gran parte in rete, a condizione di avere nei vari nodi personale competente e determinato. Anche successivamente, l'idea di una redazione centrale è probabilmente tecnicamente obsoleta; più conveniente puntare su una struttura “stellare”, con cinque-sei punti forti sul territorio nazionale (orientativamente: Catania, Palermo, Napoli, Roma, Bologna e Milano) dove siamo già presenti già ora o direttamente o con efficienti gruppi amici. In ogni città dovrebbe esserci cioè non una sede, ma una “stanza” dei Siciliani, appoggiata su una struttura amica già esistente e attivamente coordinata con essa. Questo assicurerebbe una maggiore produzione di idee, una maggiore aderenza a tutti i territori, una maggiore efficienza e una più veloce circolazione di iniziative e idee. 9) Il lavoro per “Siciliani Giovani” è volontario, almeno per il primo anno. Non deve tuttavia esserci, e non sarà tollerato, alcuno scadimento nel dilettantismo, sotto nessuna forma. Il nostro “volontariato è quello dei “Siciliani” storici, di Emergency, dell'antimafia organizzata, legato all'efficienza e ai buoni risultati.
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10) L'uscita del primo numero elettronico (non semplicemente del sito) è previsto per la seconda metà di novembre. L'uscita in edicola del cartaceo per i primi giorni di febbraio. 11) Sono già in lavorazione avanzata (Luca Salici, Carlo Gubitosa, Max Guglielmino, tutti professionisti di notevole esperienza nei rispettivi settori) il prodotto elettronico e il portale. E' in corso la progettazione grafica e industriale del cartaceo. Il edazionamento del numero uno elet(tronico avr)à inizio il 15 ottobre, anche se già diversi contatti sono in corso sia con “firme” affermate che con gruppi di giovani colleghi. 12) L'assetto sociale e giuridico è in corso d'allestimento e verrà completato nelle prossime settimane, coordinato e diretto dall'avvocato antimafioso Enza Rando.
|| 30 agosto 2011 || pagina 03 || www.ucuntu.org ||
Libertà
Come vanno le cose (storie così)
Un siciliano che scappa, uno che viene a dare una mano...
Allora, il giorno dopo l'annuncio (a Modica, dai ragazzi del “Clandestino”) nel giro di quarantott'ore sono successe due cose. Uno, la tipografia ci ha improvvisamente aumentato il preventivo e quindi abbiamo dovuto sbrigarci a cercarcene un'altra. Due, ci ha scritto un tale, che non conosciamo e non sappiamo nemmeno chi sia, e qui vale la pena di fermarci e fare una lunga disgressione, così capite subito come vanno le cose. Allora: quello che ci ha scritto è un certo signor Scivoletto, che di mestiere fa il titolare di siti web (roba commerciale: turismo, case, vacanze: cose così) e che, negli anni scorsi aveva registrato i siti “isiciliani”, proprio quelli che servivano a noi. Noi, ovviamente, l'avevamo sgamato e pensavamo di andare a trovarlo con una scusa qualunque per provare a vedere, fra una chiacchiera e l'altra, a quanto casomai ce li vendeva: trecento euri? Cinquecento? MILLE? Sarebbe già al di là del nostro mondo. Insomma, francamente era un bel problema. Bene. Poco dopo l'annuncio, a mezzanotte, ci arriva una mail che vi riporto appresso: < Giambattista Scivoletto a riccardoorioles@gmail.com data 01 settembre 2011 23:26 oggetto domini isiciliani Gentile Riccardo, ho letto con piacere che "I Siciliani" risorgerà. Posseggo i domini: isiciliani.it isiciliani.com Sono vostri, se volete. Un mio piccolissimo contributo offerto con il cuore. Saluti Giambattista Scivoletto > Reply: < riccardoorioles@gmail.com a Giambattista Scivoletto Caro Scivoletto, non ho parole. La ringrazio, E' bello essere siciliani. Suo Riccardo Orioles > Reply: < Giambattista Scivoletto a me Carissimo, quando sarà il momento mi fac-
cia contattare da chi vi curerà il sito, li metterò in condizione di trasferirli sui vostri server in 5 minuti. E' bello essere uomini. Voi de "I Siciliani" avete dimostrato di esserlo sempre. Saluti >
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Insomma, io qui vi dovevo fare un lungo articolo per spiegare che succede a fare i Siciliani e che problemi s'incontano e che bisogna fare. Non serve più. L'ha scritto già Scivoletto. Un siciliano qualunque, uno come voi e me. Che senza chiedere niente, così tranquillo, ha preso quello che aveva e l'ha portato dove serviva. Non ho una parola da aggiungere e non c'è altro. Chi vuole, dia una mano. Noi siamo qua. E l'altro siciliano, quello della tipografia? Eh. Pazienza. In trent'anni, quanti ne abbiamo incontrati... Ma ne abbiamo incontrati molti di più, di Scivoletti. E basteranno. Va bene, chiso il discorso, e andiamo avanti. (E i mafiosi? Ah, quelli non importano. Sappiamo come trattarli).
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Credo che sia anche superfluo parlare qui di politica. E che ci sarebbe da dire? I giudici che lo inseguono, le puttane che lo ricattano, i bauscia che minacciano di fargli la secessione: ma davvero dovremmo occuparci sul serio di uno così? E qua in Sicilia, dopo tutte le rodomontate per e contro Lombardo (con annesso bailamme di giudici severissimi e giornalisti scooppettanti), com'è finita? Assolto e non assolto, vince lui e vince l'altro, muori Orlando muori Sacripante, e alla fine il puparo rimette i pupi nella scatola e tutti si sono divertiti moltissimo e tutto è di nuovo esattamente come prima. Perché? Perché non c'è Falcone. E' inutile girarci attorno, Falcone dal lato Catania non ce n'è. “Pigliatene uno di fuori - direbbe qui la voce del buon senso - se non sarà Falcone almeno non sarà uno di quelli”. Ma il buon senso lo lapidano, dalle mie parti: il buon senso – dicono loro - è communista. Salvo poi tutti a dire “io l'avevo detto”. Ma anche questo (qui in Sicilia sia-
mo esperti) fa parte dell'Opra dei Pupi, o nei casi più nobili del Gattopardo. E “i Siciliani” che c'entra? Non c'entra niente, assolutamente niente, è roba di un altro pianeta. O almeno di un'altra isola: perché “i Siciliani” stanno in Sicilia, dentro le scuole e lungo le trazzere, fra gli operai che faticano e i ragazzi che imparano la vita; ma quei signori lì non stanno in Sicilia, stanno negli ultimi piani dei loro palazzi, col loro piccolo mondo di nobili, nobilucci, cortigiani e (dicono loro) giornalisti. In realtà non esistono. Noi invece siamo vivi.
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Bene. La notizia è che, dopo lunghe e ponderose consultazioni, abbiamo deciso di non chiamarci più semplicemente “i Siciliani”, ma “i Siciliani giovani”: per dire che siamo nel duemila e undici, che non facciamo reprint e non abbiamo nostalgie. Non ce n'era bisogno, in realtà, secondo me si capiva. Ma s'è deciso così, per più chiarezza. Per il resto è lo stesso.
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Ci scusino tutti coloro a cui non abbiamo risposto subito – sono davvero tanti. Non è per superbia, ovviamente, è che il lavoro è bestiale. Lavoro proprio, non grandi elucubrazioni intellettuali. Fare un giornale è difficile, in ogni tempo, ma ora con tutta questa roba elettronica è difficile per tre volte, perché in pratica di giornali (fra rete e carta) ne devi fare due o tre. Fortuna che non siamo soli: ci sono tutti gli scovoletti e scovolettini, da Modica a Milano, che hanno le idee chiarissime e che, ciascuno dove si trova, lavorano bene e svelti più di di noi. Allora avanti così, restiamo sempre in vista, non ci perdiamo; ma sempre lavorando nei luoghi, andando avanti. Riccardo Orioles (“Ero ragazzino, avevo 17 anni e mi ricordo che a Pisa mio padre comprava e leggeva la rivista. C’era un articolo, in un numero, dedicato ai dieci Siciliani allora più potenti, tra cui figuravano anche il cardinale di Palermo e Pippo Baudo. Buon lavoro”)
|| 20 settembre 2011 || pagina 04 || www.ucuntu.org ||
Libertà
Salviamo Telejato
Mafia e governo vogliono chiudere una voce libera che trasmette dal cuore del regno della mafia e perciò dà fastidio. Telejato ogni giorno parla per tutti noi. E' la voce libera di tutta la Sicilia. I Siciliani e Telejato: chi scrive e chi trasmette, due voci, una libertà
Difendere Telejato, riprendere i Siciliani
I Siciliani e Telejato fratelli di libertà
BAVAGLIO/ 1 LA MAFIA CONTRO TELEJATO Le ennesime minacce a Pino Maniaci e il "viva la mafia" che le accompagna dimostrano la disperazione dei mafiosi, ormai incalzati dappresso nello stesso paese di Partinico, e la vittoria della famiglia Maniaci - non solo Pino - che con straordinario coraggio e bravura ha saputo impostare una battaglia giornalistica e civile che ha smascherato i potenti mafiosi e li ha reso ridicoli davanti a tutti. Nè le minacce nè le botte nè le calunnie dei collaborazionisti hanno potuto fermare un momento l'allegro e responsabile coraggio di questa famigliola di siciliani con le palle. Siamo onorati di averli con noi in prima fila nella ricostruzione de "I Siciliani" e in tutte le battaglie di civiltà e libertà della Sicilia onesta. Riccardo Orioles BAVAGLIO/ 2 LA FINANZIARIA CONTRO TELEJATO Con la Legge Finanziaria 2011 (artt. 8,9,10) sono state di fatto abolite le televisioni comunitarie (250 in tutta Italia) e il Ministero dello sviluppo economico si è riservato il diritto di assegnare, a pagamento, tutte le lunghezze d’onda del digitale terrestre, eccetto che per le tre reti RAI, per La 7, per Sky e per la telefonia mobile, le cui frequenze sono state assegnate gratis. Berlusconi si è fatto l’ennesimo regalo ed ha stabilito anche il controllo governativo su tutte le emittenti del territorio nazionale. Le altre utenze saranno assegnate dietro esborso di ingenti somme, attraverso graduatorie formulate sul numero dei dipendenti e sugli immobili. E’ la fine quindi del volontariato anche in questo campo. Il tutto con il silenzio tombale e il disinteresse dei partiti politici del centro sinistra. Di fatto Telejato è già formalmente chiusa, la banda su cui trasmette è stata venduta alle agenzie di telefonia mobile e le sue residue speranze di sopravvivenza sono assegnate alla possibilità di aggregarsi, non si sa per quale importo, ad una delle cinque bande di cui potranno disporre le emittenti che otterranno l’assegnazione della frequenza. Se si voleva chiudere la bocca ad ogni voce di dissenso non si poteva far di meglio. Prima che si arrivi alla chiusura coatta o a provvedimenti penali e pecuniari , è il momento di stringersi attorno a Telejato per salvare questa voce unica nel documentare le battaglie civili del nostro territorio. Salvo Vitale
|| 30 agosto 2011 || pagina 05 || www.ucuntu.org ||
Caso Catania Le associazioni sottoscritte,
nel momento in cui vengono da più parti riportati episodi sconcertanti che coinvolgono fra l'altro aspiranti al posto di procuratore capo al Tribunale di Catania, manifestano la propria preoccupazione per la nomina prevista in conseguenza del pensionamento del Dott. Vincenzo D’Agata e sottolineano la necessità che chi assumerà l’incarico riesca finalmente a disvelare e a rendere pubblico l’intreccio fra poteri economici, politici e mafiosi che, anche in campo nazionale, ormai è noto come il “ Caso Catania”. Come cittadini abbiamo il diritto di sperare in un futuro di legalità e giustizia per la nostra città. A questo scopo le Associazioni firmatarie del presente appello, così come già richiesto, auspicano che la nomina a procuratore capo della Repubblica presso il Tribunale di Catania ricada su una personalità di alto spessore che eserciti l'autonomia della magistratura rispetto al potere politico, che sia capace di operare al di fuori delle logiche proprie del sistema politico-affaristico della città, che possibilmente sia del tutto estranea all'ambiente cittadino, che provenga cioè da realtà lontane dall’humus siciliano e catanese in particolare, una personalità che favorisca il riscatto civile della nostra città e che contribuisca a restituirle orgoglio e dignità. Associazione Centro Astalli, AS.A.A.E., Assoc.CittàInsieme”, Assoc. Domenicani Giustizia e Pace, Laboratorio della Politica Onlus, La Città Felice, Assoc. Studentesca e Culturale "Nike", Comitato NO-TRIV, Assoc. Oltre la Periferica, Librino, Punto Pace Pax Christi Catania, Sicilia e Futuro, Associazione Talità Kum
*** La Sicilia è la regione dove si trova la maggior economia sommersa del paese, come recenti e qualificati studi hanno evidenziato, e gran parte dell’imprenditoria cheopera nell’isola usufruisce di complicità o alleanze con le organizzazioni criminali. La mafia ha esteso da tempo i suoi interessi nell'economia “legale”, dove l'accumulazione della ricchezza avviene attraverso relazioni e attività costruite sulla base del coinvolgimento diretto e dei favori scambiati con potentati economici, politici, professionali. Si è creato così uno spazio dove lecito e illecito finiscono per entrare in commistione. L'epicentro di questa "area grigia", dove si intrecciano gli interessi di mafia ed economia, è oggi Catania, come ribadito anche dal Presidente di Confindustria Sicilia.
APPELLI PER LA GIUSTIZIA A CATANIA Al Vicepresidente del CSM Alla Commissione Uffici Direttivi e p.c. Presidente Repubblica che UnaAlcittà dove, da della anni, diversamente a Palermo o Caltanissetta, l'azione di contrasto della Procura è stata assolutamente inefficace. Emblematica, da questo punto di vista, è apparsa la gestione dell’inchiesta che ha coinvolto il governatore Lombardo e il fratello Angelo. Gli inquirenti si sono divisi sui provvedimenti da assumere in merito all'esito delle indagini sul Presidente della Regione. Il Procuratore D'Agata, nelle prese di posizione pubbliche, ha dato l’impressione di un evidente imbarazzo e fastidio nei confronti dell’inchiesta; in un'intervista rilasciata a Zermo, sul quotidiano di Ciancio (a sua volta indagato in altro procedimento), sembra esprimere contrarietà per le considerazioni espresse da Ivan Lo Bello sul peso dell'imprenditoria mafiosa a Catania. Infine, una fotografia pubblicata in questi giorni ha riacceso i riflettori sul “caso Catania”, una vicenda giudiziaria nata dalla denunzia di Giambattista Scidà che lanciò l’allarme di contiguità tra criminalità mafiosa e frange della magistratura etnea. Alla luce di tutti questi fatti e alla vigilia della nomina del nuovo Procuratore della Repubblica, facciamo appello al Csm affinché la Procura di Catania abbia finalmente un Procuratore capo assolutamente estraneo ai giochi di Palazzo e all’intreccio delle poco chiare vicende catanesi. Un magistrato che non subisca le forti interferenze esterne che hanno condizionato da decenni la direzione della Procura catanese. Giolì Vindigni, Gabriele Centineo, Mimmo Cosentino, Angela Faro, Santa Giunta, Vincenza Venezia, Salvatore Cuccia, Luciano Carini, Giuseppe Di Filippo, Enrico Giuffrida, Lillo Venezia, Claudio Novembre, Massimo Blandini, Marzia Gelardi, Maria Concetta Siracusano, Francesco Duro, Margherita Ragusa, Antonella Inserra, Mario Pugliese, Giovanni Caruso, Elena Maiorana, Tuccio Giuffrè, Rosa Spataro, Paolo Parisi, Marcella Giammusso, Giuseppe Pappalardo, Raffaella Montalto, Giovanni Grasso, Federico Di Fazio, Claudio Gibilisco, Riccardo Orioles, Elio Impellizzeri, Ignazio Grima, Angelo Morales, Pippo Lamartina, Andrea Alba, Matteo Iannitti, Valerio Marletta,
Marcello Failla, Alberto Rotondo, Riccardo Gentile, Barbara Crivelli,Massimo Malerba, Enrico Mirabella, Maria Lucia Battiato, Mauro Viscuso, Sebastiano Gulisano, Aldo Toscano, Anna Bonforte, Grazia Loria, Pierpaolo Montalto, Toti Domina, Fabio Gaudioso, Giovanni Puglisi, Titta Prato, Maria Rosaria Boscotrecase, Lucia Aliffi, Fausta La Monica, Salvatore Pelligra, Anna Interdonato, Lucia Sardella, Federica Ragusa, Alfio Ferrara, Federico Urso, Paolo Castorina, Giusi Viglianisi, Laura Parisi, Gaetano Pace, Luigi Izzo, Alberta Dionisi, Carmelo Urzì, Pina De Gaetani, Giusi Mascali, Marcello Tringali, Daniela Carcò, Giulia D’Angelo, Alessandro Veroux, Ionella Paterniti, Francesco Schillirò, Francesco Fazio, Tony Fede, Antonio Presti, Luigi Savoca, Salvatore D’Antoni, Alessandro Barbera, Vito Fichera, Stefano Veneziano, Pinelda Garozzo, Francesca Scardino, Irina Cassaro, Carmelo Russo, Franco Barbuto, Maria Luisa Barcellona, Nicola Musumarra, Angela Maria Inferrera, Michele Spataro, Giuseppe Foti Rossitto, Irene Cummaudo, Carla Maria Puglisi, Milena Pizzo, Ada Mollica, Maria Ficara, Rosanna Aiello, Rosamaria Costanzo, Mario Iraci, Giuseppe Strazzulla, M. C. Pagana, Vincenzo Tedeschi, Nunzio Cinquemani, Francesco Giuffrida, Maria Concetta Tringali, Maria Laura Sultana, Giovanni Repetto, Giusi Santonocito, Marco Sciuto, Tiziana Cosentino, Emma Baeri, Renato Scifo, Luca Cangemi, Elisa Russo, Angela Ciccia, Alfio Fichera, Giampiero Gobbi, Domenico Stimolo, Piero Cannistraci, Roberto Visalli, Mario Bonica, Claudio Fava, Giancarlo Consoli, Maria Giovanna Italia, Riccardo Occhipinti, Giuseppe Gambera, Orazio Aloisi, Antonio Napoli, Giovanni Maria Consoli, Elsa Monteleone, Francesco Minnella, Antonia Cosentino, Sigismonda Bertini, Giusi D’Angelo, Lucia Coco, Fabrizio Frixa, Santina Sconza, Felice Rappazzo, Concetto De Luca, Maria Luisa Nocerino, Alessio Leonardi, Renato Camarda, Angelo Borzì, Chiara Arena, Alberto Frosina, Gianfranco Faillaci, Daniela Scalia, Lucia Lorella Lombardo, Pippo Impellizzeri, Giuseppe Malaponte, Antonio Mazzeo, Marco Luppi, Ezio Tancini, Aldo Cirmi, Luca Lecardane, Rocco Ministeri, Gabriele Savoca, Fulvia Privitera, Daniela Trombetta, Vanessa Marchese, Edoardo Boi, Stefano Leonardi, Ivano Luca, Maria Crivelli, Guglielmo Rappoccio, Grazia Rannisi, Elio Camilleri, Rosanna Fiume, Alfio Furnari, Claudia Urzi, Luigi Zaccaro, Daniela Di Dio, Gigi Cascone, Ettore Palazzolo, Nunzio Cosentino, Matilde Mangano, Andrea D'Urso, Daniela Pagana, Stefania Zingale, Concetta Calcerano, Luana Vita, Maria Scaccianoce, Costantino Laureanti, Pierangelo Spadaro, Paola Sardella, Luisa Gentile, Antonio Salemi, Antonino Sgroi...
|| 20 settembre 2011 || pagina 06|| www.ucuntu.org ||
Giustizia
Martinazzoli a Catania Ricordo di un politico onesto In dicembre del 1984 non volli aderire alla protesta che si organizzava per l'imminente apertura del nuovo anno giudiziario, contro provvedimenti riguardanti magistrati in servizio a Catania, di Uffici Giudiziari torinesi, dei quali si intendeva negare la competenza territoriale per connessione; in gennaio del 1985, con un appello al Ministro degli Interni, Scalfaro, tornai sulla necessità già affermata con un articolo su I SICILIANI, a pochi mesi dalla uccisione del fondatore: che invece di ritirarsi da questa città, come avveniva, la forza dello Stato ne riprendesse più pieno possesso. Catania – scrissi dal mio Ufficio di Presidente del Tribunale per i Minorenni – non può attendere nuove assunzioni di agenti e carabinieri: ha bisogno, anche per la lotta all'offerta di droga, di un'equità sollecita e nuova nella ripartizione delle risorse disponibili. E nello stesso gennaio, nel Palazzo Municipale, dissi chiaro al Guardasigilli, Martinazzoli, in presenza dei capi di altri Uffici Giudiziari, e in presenza di giornalisti, che Catania era stata ceduta alla malavita. Qualche giorno dopo, l'affermazione sarebbe stata seccamente contestata, sul quotidiano cittadino, da una eminente autorità culturale; nessuno, per intanto, mi contraddisse, e nessuno consentì. Quel gelo bastò, al Ministro, per confermarsi nel concetto che doveva avere già, della situazione locale; appena prima di congedarsi, mi chiamò a parte, e guardandomi negli occhi come uno che vuole essere guardato nei suoi - le spalle contro una chiara parete, e la testa china verso la mia - : “io scriverò” - mi disse e ripeté - “io scriverò con queste mie mani.........” e me le mostrava entrambe, come già intente a farlo. Quale altro politico italiano avrebbe reagito così alle angosce di un ignoto giudice della periferia siciliana? Martinazzoli era la
ASTERISCHI / 1 EX-POSTE E UFFICI GIUDIZIARI
rettitudine servita dall'ingegno e dalla cultura. Non dubito che abbia scritto. Ma nessuno, nemmeno il Ministro della Giustizia, nemmeno un Ministro come lui, poteva incidere sul sistema catanese: qui il disarmo e il correlativo protrarsi delle grandi indisturbate latitanze, incrociavano, sulla testa dei catanesi, i servizi che la mafia aveva reso e rendeva. Ne ero ormai convinto quando scrissi la relazione '88 al PG, che si legge sul mio blog; ma non per questo mi abbandonò, né allora né in seguito, il disperato ottimismo della volontà – non rinuncio all'ossimoro – col quale ho continuato a reclamare anche in faccia a Ministri dell'Interno, cattura di Santapaola e riarmo della città. Martinazzoli, nato dopo di me è morto pochi giorni fa, e tutta l'Italia ne onora la figura. Ad essa si inchina commosso, con questo ricordo, l'oscuro magistrato che Egli seppe ascoltare. Giambattista Scidà In alto: Mino Martinazzoli.
All'inizio del 2000 le Poste Italiane non erano più che una società tutta privata. L'On. Bianco, passato da Palazzo degli Elefanti al Viminale, continuò a fortemente volere ciò che aveva preparato da Sindaco: l'acquisto, da parte del Comune, delle torri di viale Africa. Sarebbero servite ad ospitare gli Uffici Giudiziari allogati qua e là, in edifici privati, con grossa spesa per canoni. Il capitale occorrente sarebbe stato fornito dal Ministero della Giustizia, o preso a mutuo. Nel corso di un'apposita riunione, alla quale intervennero il Ministro della Giustizia, Fassino, e lui, Ministro degli Interni, tutti i capi degli Uffici interessati si dichiararono favorevoli. Il Presidente del TpM (certo di poter parlare anche a nome del Procuratore della Repubblica) disse che i due Uffici sarebbero rimasti dov'erano: nello stabile comunale di via Franchetti. Le sue dichiarazioni irritarono il Presidente della Corte d'Appello. Sono passati, dall'acquisto, dieci anni. Gli Uffici che dovevano essere riuniti negli edifici acquistati sono ancora dov'erano; e il Comune continua a sborsare i canoni che allora sborsava, ovviamente aggiornati come per legge. Si è scoperto, ma solo dopo l'acquisto, ciò che sarebbe emerso prima, da un accertamento avveduto: che gli immobili comprati non possono essere adibiti all'uso in progetto, per inidoneità delle strutture portanti. È ammissibile che nessuno ne risponda, né consulenti né stimatori? è ammissibile che ancora si tardi ad informare la Procura Generale presso la Corte dei Conti? ASTERISCHI / 2 PALAZZO “BERNINI” Le ceneri dell'illustre Lorenzo fremono nell'avello, per l'irriverente applicazione che è stata fatta, del nome, ad una laida costruzione di cemento armato. E fremono quelle dei buoni catanesi che predicarono rispetto per il denaro pubblico: il cd palazzo, a suo tempo acquistato dal Comune per un bisogno che si poteva soddisfare altrimenti e senza spesa, essendo stato di li a poco abbandonato al vandalismo. Per collocarlo in vendita, deprezzato com'è, si ricorre a nuove stime in ribasso. É ammissibile che ancora si ometta di informare dei fatti la Procura Generale presso la Corte dei Conti?
|| 20 settembre 2011 || pagina 05 || www.ucuntu.org ||
Resistenza
|| 20 settembre 2011 || pagina 08 || www.ucuntu.org ||
Libertà di stampa
“Sulla strada” Ripartiremo da qui Il rettore chiude d'autorità il sito degli studenti. Va bene: la partita ricomincia ora Questo è l'ultimo editoriale del direttore di Step1. Questo giornale, dopo lo sfratto voluto dall’Ateneo, non ha più né sede né redattori. Ma non si arrende
Cari lettori, questo è il mio ultimo editoriale su Step1. Stamattina ho inviato alla Facoltà di Lingue e Letterature Straniere di Catania le mie dimissioni da direttore di questa testata. Ho preso questa decisione dal momento che mi è impossibile continuare a svolgere il mio lavoro. Come sapete, la redazione non ha più una sede. Da giugno scorso un atto firmato dal direttore amministrativo dell’Ateneo, Prof. Lucio Maggio, impedisce a chiunque l’accesso all’aula 24 dell’ex Monastero dei Benedettini di Catania prima che essa venga messa a norma. Mi duole comunicarvi che, nonostante le rassicurazioni, i lavori non sono ancora iniziati. Come ha acutamente rilevato il rettore dell’università di Catania, Prof. Antonino Recca, non è impossibile per un giornale online continuare ad esistere e ad essere aggiornato anche in assenza di una sede fissa. Il Magnifico non ha tutti i torti. Grazie alle moderne tecnologie, al giorno d’oggi molti lavori, probabilmente perfino quello di rettore, possono essere svolti da casa o da un internet point. E tuttavia, soprattutto per la redazione di un magazine – palestra di giornalismo - uno spazio fisico comune rappresenta un’esigenza più che un’opzione. L’aula 24 per anni ha ospitato riunioni, lezioni, seminari, attività di laboratorio, confronti costanti (agli orari e ai giorni più impensabili) tra i tutor professionisti e gli aspiranti giornalisti. I due computer e la linea telefonica - i soli beni che, insieme a un paio di scrivanie e qualche sedia, ci sono stati dati in uso dalla facoltà- hanno assicurato il normale lavoro redazionale che i giornalisti-studenti sono quotidianamente chiamati a svolgere. Tocca esser franchi. Sin da subito la Facoltà si è attivata per trovare una sede alternativa per l’associazione U-press, sfrattata anch'essa dall’aula 24. Insomma, non sarebbe stato di certo impossibile trovare l'ennesima soluzione provvisoria e conciliante, in attesa di un chiarimento definitivo dei
rapporti tra l'Università e questa testata. Il fatto è che, nel corso dell'estate, è sopraggiunta un’altra difficoltà, questa davvero insormontabile. Step1 ha perso la componente più importante: i suoi redattori. Stanchi di sentirsi un peso e un fastidio per l’Università che li ha formati, i dodici giovani che rappresentano ormai da tre anni il nucleo vitale della redazione, hanno deciso di non lavorare più per Step1. Non parlo per loro, che se vorranno (e vorranno, statene certi) spiegheranno da soli il motivo del loro addio. Immagino – perché li ho avuti anch’io non troppo tempo fa - che a vent’anni si sia meno disposti ad indugiare nel limbo di risposte e confronti mai avvenuti. Un limbo in cui tanti all’interno dell’ateneo catanese sembrano comodamente intrappolati. Del resto, rispetto ad altri, studenti ed ex studenti hanno ben poco da perdere e troppo poco da aspettarsi. Cari lettori, vi ringrazio per la pazienza, la costanza e l’entusiasmo con cui ci avete seguito non risparmiandoci né critiche, né lodi. Ringrazio il coordinatore della redazione Gianfranco Faillaci, che è stato il vero maestro di tutti, me compresa, e che ha condiviso con me un’enorme mole di lavoro. E grazie all’altra vulcanica tutor, Rosa Maria Di Natale: ha portato in redazione la sua professionalità, il suo occhio critico, la sua inesauribile energia. Un ringraziamento va anche allo straordinario Salvo Scibilia, ai redattori di iblalab e al loro coordinatore Marco Moriggi. E poi ancora grazie a Francesco Grasso (per noi molto più che un webmaster) e ad Antonio Pioletti, il preside che accolse con entusiasmo l’idea di Enrico Escher di far nascere dentro la facoltà di Lingue e Letterature straniere di Catania una radio e un magazine online fatti dagli studenti. Un esperimento folle e visionario (eppure dannatamente concreto e necessario) che negli anni ha visto formarsi e crescere numerosi, poliedrici, straordinari talenti. Un grazie speciale va a Luciano Granozzi. In tutti questi anni ci è stato accanto, sollecitandoci a volare alto e a non rimanere impigliati nella vischiosa ragnatela dell’attuale realtà dell’università catanese. Un prof straordinario che, insieme ad Escher e
Gianluca Reale, ha dato vita a Step1 e a Radio Zammù. Come forse saprete, i nostri “cugini radiofonici” non sono più dentro al Monastero dei Benedettini ed ora si trovano ad affrontare nuove sfide, chi da una parte, chi dall’altra. Scommetto che non farete fatica a ritrovare nell’etere o sul web la loro musica e le loro parole.Anche a loro il Rettore deve ancora delle risposte. Infine, ringrazio tutti i redattori e i collaboratori del giornale, uno ad uno. I loro progressi, le loro speranze, i loro sogni mi ripagano dei tanti pezzi di giorni e di notti che ho ritagliato alla mia vita per dedicarli a Step1. Molti di questi ragazzi sono ancora qui, a Catania. Alcuni di loro continueranno sulla strada del giornalismo (me ne assumo, in parte, la responsabilità!). E’ inevitabile, del resto: ci sono ancora troppe storie da raccontare in questa città. Ripenso alle centinaia di articoli, speciali, video, reportage e inchieste che ho commissionato o che mi sono arrivati su proposta dei redattori (i più belli). Eppure dovessi dire quanto tempo è passato dal primo che ho ricevuto non saprei dirlo. Non sono mai stata brava con le date. Non ricordo più neanche il giorno in cui sono diventata il direttore di questo giornale. Anzi la “direttora”, come la redazione ha deciso di chiamarmi sin dall’inizio. Una cosa, però, me la ricordo. Il titolo del mio primo editoriale. Si intitolava Sulla strada. Come sempre in questo mestiere, è da lì che bisogna ripartire. Ed è da lì che ripartiremo. Bene! A questo punto, non mi rimarrebbe che chiudere simbolicamente la porta dell’aula 24, ormai vuota e silente, alle mie spalle. Ma i battenti sono già da tempo sbarrati e, a guardarla da fuori, quella celletta al piano terra del Monastero dei Benedettini assomiglia a una delle tante officine artigianali costrette a chiudere dalla crisi. Il fallimento, però, non è certo di chi quel progetto l’ha fatto nascere, né dei tutor, né, soprattutto, degli studenti che, dal 2004 ad oggi, hanno fatto parte, orgogliosamente, di Step1. Roberta Marilli direttore di Step1
|| 20 settembre 2011 || pagina 09 || www.ucuntu.org ||
Summer School a Milano
Una scuola contro il crimine organizzato Dalla Chiesa: spero che i partecipanti diventino moltiplicatori di responsabilità sociale e civile Una economia mafiosa sempre più integrata nel tessuto socio economico internazionale. Vasi comunicanti che collegano i capitali dei boss agli investimenti pubblici e privati nel nostro Paese e sempre più nella finanza globale. A Milano la Summer School Organised Crime, promossa presso l'Università di Milano e coordinata dal sociologo Nando dalla Chiesa, analizza a fondo le evoluzioni e il contesto di questa economia sommersa che corrode le fondamenta democratiche e socio - economiche del Paese, mentre in tempi di recessione a pagare sono sempre i cittadini: i meno garanti e informati sul presente e sul futuro. Con dalla Chiesa una finestra sulla cinque giorni dedicata a "L'impresa mafiosa. Prospettive di analisi e strategie di contrasto".
Secondo i dati forniti dalla Banca d'Italia, infatti, il riciclaggio incide sull'economia nazionale per il 10%del Pil. Qual è la situazione attuale in materia di antiriclaggio? L'attuale governo, in questi anni, è andato nella direzione di una graduale facilitazione delle diverse forme di riciclaggio. Lo ha fatto con provvedimenti correlati che incidono su queste operazioni che permettono di ripulire capitali mafiosi, con l'ingresso nell'economia legale. Provvedimenti come lo "scudo fiscale", meno controlli e tracciabilità del denaro. Allo stesso tempo leggi come quella del falso in bilancio e tutte le altre volte a depenalizzare questo reato, aiutano a nascondere e far entrare in circolo, capitali di provenienza sconosciuta e spesso illecita.
Dalle ultime ricerche sociologiche e economiche sul tema emerge un dato: al modello dell'infiltrazione mafiosa nell'economia si sta sostituendo un modello di integrazione delle imprese mafiose nel tessuto socio-economico. Come avviene questo passaggio e perchè? L'economia, come la società, è fatta di vasi comunicanti. E' una zona che è continuamente in relazione con altre aree. Così l'economia mafiosa beneficia della possibilità di costruire reti, relazioni e muoversi con una certa dimestichezza in questo contesto. Si tratta, dunque, di un meccanismo molto naturale rispetto al quale bisognerebbe mettere in campo provvedimenti che intensifichino i controlli sui meccanismi dei mercati.
Un ruolo importante, a volte centrale, è svolto dai professionisti. Questa parte della società civile ha preso coscienza del proprio ruolo nella lotta all'economia sommersa e le mafie? E' necessario ridurre gli spazi in cui i capitali mafiosi possano muoversi. In tutti gli ambiti, compreso quello dei professionisti, si tratta sempre di cultura, di responsabilità civile e sociale. Spero a tal proposito, che la Summer School, che vede proprio la partecipazione di professionisti, studenti e persone già sensibilizzate all'argomento, possa essere l'occasione per una riflessione proprio su questo tema e sulla responsabilità di ciascuno di noi. Spero i partecipanti possano farsi moltiplicatori di responsabilità sociale.
In questi giorni è stata approvata la manovra finanziaria con provvedimenti urgenti in materia economica. Si ha la sensazione che a pagare i costi della crisi e dell'economia sommersa siano sempre le stesse fasce di cittadini. Dove si potevano prendere i soldi? L'abbiamo detto molte volte: basta guardare le cifre della Corte dei Conti sulla corruzione nel nostro Paese. Lì c'è già la cifra necessaria per fare questi interventi urgenti in economia, senza incidere sui cittadini onesti. Quei soldi collegati all'evasione fiscale, alla corruzione, all'economia sommersa, appunto, sono "invisibili". E' necessario, dunque, che il Governo ammetta che esistano, dica dove sono collocati e poi li usi per risanare le casse dello Stato. Questo sarebbe un atto "rivoluzionario" che avrebbe costi alti in termini di consenso elettorale da parte degli "amici del mercato". Queste valutazioni politiche e elettorali bloccano l'uso di quel denaro. La Summer School Organised Crime ha scelto da subito un approccio internazionale all'argomento. A che punto si trova il dibattito pubblico su questi temi all'estero, in Europa in particolare? E' un dibattito in crescita. C'è una qualità sempre più alta e un interesse in termini di ricerche e riflessioni sempre maggiore. Non si riesce ancora a far diventare dominante questo tema nell'agenda pubblica, dei mass media, delle istituzioni e della società civile. Ma è un percorso che va nella direzione giusta. Norma Ferrara Liberainformazione.it
|| 20 settembre 2011 || pagina 10 || www.ucuntu.org ||
Movimenti
Milano chiama, la politica risponda Pisapia: e poi? Le domande della società civile
A pochi giorni dal varo della commissione antimafia in consiglio comunale si dibatte ancora sulla sua composizione. Mentre fuori la società civile milanese chiede a gran voce che il vento del cambiamento promesso dalla giunta Pisapia non sia solo un vago ricordo.
Cosa serve alla mafia? Le serve che la politica abbia paura - paura di capire - , che i partiti antepongano giochi di scambi e condizionamenti al raggiungimento di un obiettivo d’interesse collettivo e che la società civile si dia una linea dell’orizzonte il più possibile limitata. Ecco. Delle tre condizioni siamo di fronte alle prime due e lo dimostra l’esito del dibattito di giovedì sera organizzato dalle associazioni Stampo Antimafioso, Qui Milano Libera e Le Girandole presso la Casa della Cultura di Milano. “Loro proprio non capiscono”, ripete con disperata insistenza Nando dalla Chiesa; perché sia chiaro, c’è un abisso tra complicità e ignoranza. “Ricalcare l'esempio della commissione Smuraglia? Se la mettessimo al voto, solo cinque, massimo sei consiglieri darebbero voto favorevole”, afferma Basilio Rizzo. Ciò significa che, come il consigliere del PD David Gentili, presente al dibattito, molti altri in giunta, evidentemente, sostengono l’idea di una commissione di tipo consigliare. Non si vuole qui accusare il consiglio comunale di Milano di complicità con la mafia. Qui si tratta solo di riconoscere le competenze che (non) ci sono e per farlo non ci si può nascondere dietro i paraventi di una commissione che deve essere consigliare per poter esprimere il mandato dei cittadini e di una politica che, per quanto detto pocanzi, “deve assumersi le proprie responsabilità”. O meglio: certo che la poli-
tica deve assumersi le proprie responsabilità e farsi carico della gravità della posta in gioco; ma occorre che questa dia retta al materno consiglio dell’esame di coscienza e si domandi cosa significhi responsabilità verso la città che l’ha scelta e come vada assunta tale responsabilità. Non è in alcun modo vero che esistano margini di confusione tra due sfere che sono invece perfettamente definite in termini di funzione. Al comitato, sul modello Smuraglia, spetta il ruolo d’indagine, osservazione e studio delle modalità di contrasto; alla politica, per sua natura, spetta di misurarsi sul campo delle decisioni, dell’applicazione di quelle stesse modalità suggerite da chi conosce a fondo il fenomeno mafioso per averlo studiato e approfondito per anni. La sinergia e la collaborazione tra chi il potere lo esercita e chi può consigliare sull’esercizio dello stesso: questo è il senso ultimo di una commissione mista che ricalchi l’esperienza Smuraglia, dotando così la città di Milano “del comitato d’indagine più forte che possa avere”. Pare dunque necessario che il consiglio comunale si ponga l’interrogativo cruciale, se davvero di contrasto efficace alla criminalità mafiosa vuole parlare: cosa serve alla mafia? Ribaltando: come la si ostacola? Come la si sconfigge? Sempre che la si voglia sconfiggere, è ovvio. E pensare che la partenza era buona, specie durante la campagna elettorale: tutte le dichiarazioni sull’argomento avevano come parola d’ordine “Commissione Smuraglia”. Il sindaco Giuliano Pisapia, il presidente del Consiglio Basilio Rizzo, l’assessore con delega all’Expo Stefano Boeri e il consigliere Mirko Mazzali, tutti concordi a tessere lodi su quel precedente che ha funzionato. Ha funzionato perché era un comitato misto con
prevalenza di esperti (4 consiglieri e 11 esperti) quindi competente, dunque anche indipendente dalla politica. Ma questo modello non è (più) la proposta della giunta, che ora propende invece per una commissione interamente consigliare, quindi politicamente controllata, aiutata da un comitato ristretto di esperti che, di fatto, sarà un secondo livello subordinato alla commissione. I 200 presenti al dibattito di giovedì si sono sentiti spiegare da David Gentili che non è possibile che “il consiglio comunale voti la sua inadeguatezza politica” e che quindi anche se “non c’è nessun consigliere comunale all’altezza dei primi 100 esperti che possiamo fare oggi, il consiglio comunale non si può dichiarare inadeguato a trattare l’argomento”. *** Una dose di umiltà a questa sinistra del cambiamento, questo ci vuole. Mettersi in discussione vuol dire, in primis, essere davvero disposti e inclini a cambiare uno status quo – quello milanese, in questo caso – politicamente paralizzato dalle varie amministrazioni di centrodestra; in secondo luogo, vuol dire - così sì – rispettare il volere degli elettori che hanno chiesto e che pensavano di aver respirato il vento del cambiamento. La società civile è attenta e vigile: il dibattito di giovedì, le reazioni appassionate del pubblico hanno dimostrato che lei non lo fa, non lo vuole fare il gioco della mafia. A breve si dovrebbe capire se la linea della maggioranza sarà per la commissione interamente consigliare o per una proposta di mediazione che il presidente Basilio Rizzo sta perorando. La politica ha gli occhi puntati addosso: forse è questo l’alito fresco di un vento nuovo. La Redazione di Stampo Antimafioso www.stampoantimafioso.it
|| 20 settembre 2011 || pagina 11 || www.ucuntu.org ||
Armi & Affari
La Russa l'amico americano Certo, è folkloristico: il “fascista cattivo”... Ma davvero Ignazio Benito La Russa è solo questo? Un ministro da adulare, vezzeggiare, sostenere, consigliare, orientare. Una “rarità” di politico con un cuore tutto per Washington e gli interessi a stelle e strisce in Europa e nel mondo. Sacerdote del pensiero atlantico e strenuo paladino delle crociate contro il terrorismo in Africa e Medio oriente. Il più fedele dei Signorsì per piegare le ultime resistenze all’occupazione del territorio da parte di ecomostri e dispositivi di morte. Lui è Ignazio La Russa, ministro della difesa dell’ultimo governo Berlusconi, leader politico cresciuto nelle organizzazioni di estrema destra. A farne un’icona del filo-americanismo in salsa tricolore sono invece i più alti funzionari dell’ambasciata degli Stati Uniti in Italia nei cablogrammi inviati a Washington, da qualche giorno on line sul sito di Wikileaks. Roma, 5 ottobre 2009. Fervono i preparativi per il viaggio del ministro La Russa negli States dove incontrerà il segretario della difesa Robert Gates. Il vertice è fissato per il 13 ottobre e l’ambasciata di via Veneto emette il cablo top secret, classificato 09ROME1132. Destinatario proprio mister Gates.“Il tuo incontro con Ignazio La Russa giunge in un momento cruciale, con l’Italia che ritiene possibili i tagli al budget destinato alle missioni militari all’estero”. L’establishment USA è preoccupato per i riflessi che ciò potrebbe avere sulla missione NATO-ISAF in Afghanistan, ma per fortuna a dirigere il ministero della difesa del paese partner c’è “un buon amico degli Stati Uniti, forte sostenitore dei comuni interessi per la sicurezza transatlantica”. “La Russa – continua il cablo - a differenza di suoi molti colleghi di governo, è stato un rumoroso sostenitore di un forte sistema difensivo e di robuste operazioni all’estero, sin da quando il governo Berlusconi è giunto al potere nel maggio 2008. Sebbene non appartenga allo stretto circolo di Berlusconi, egli è un importante politico alla sua destra – la seconda figura più potente del partito di Alleanza Nazionale che recentemente si è incorporato nel Popolo della Liberta (PdL). Di professione avvocato, La Russa è un accorto stratega politico, il cui aspetto e comportamenti piuttosto bruschi nascondono un’intelligenza acuta e piena padronanza per i dettagli. Sebbene sia spesso accusato di essere più attento ai partiti politici che alle leadership militari, La Russa è uno strenuo difensore dell’aumento delle spese
militari e di maggiori protezioni per le truppe italiane impegnate sul campo, ed è popolare tra le forze armate. Egli tiene tantissimo alla sua personale relazione con te e lo ha dimostrato nei passati meeting, negli incontri interministeriali e nelle dichiarazioni alla stampa”. “La Russa, una rarità in Europa, è un grande sostenitore della missione NATO in Afghanistan e non teme di esporre pubblicamente la necessità di continuare l’impegno dell’Italia in questo paese. Grazie in buona parte alla sua ferma difesa pubblica, la missione ISAF rimane una priorità italiana di massimo livello. L’obiettivo principale della sua venuta a Washington è di ascoltare da te la posizione assunta dagli Stati Uniti sul futuro della missione in Afghanistan alla luce del report di McChrystal. Il vostro incontro gli darà l’orientamento e gli argomenti per continuare a sostenere efficacemente la causa in Parlamento, sulla stampa, e all’interno del governo. Subito dopo, dovrà ottenere il consenso in consiglio dei ministri per un nuovo decreto che finanzi l’attività all’estero di 9.000 militari italiani, 3.100 dei quali da destinare alla missione ISAF, 2.300 a UNIFIL e 1.900 a KFOR. Per ottenerlo, dovrà respingere le richieste del ministero delle finanze di maggiori tagli al bilancio della difesa e trattare con un partner minore della coalizione del presidente Berlusconi, Umberto Bossi, leader della Lega Nord, che ha espresso scetticismo sulla missione afgana a seguito dell’attentato del 17 settembre a Kabul in cui sono stati uccisi sei soldati italiani. La Russa vorrà essere rassicurato da te sul fatto che gli Stati Uniti hanno implementato una chiara strategia sulla scia delle valutazioni fatte da McChrystal, dato che dovrà sostenere l’aumento del numero dei militari italiani e delle risorse, come richiesto dalla NATO”. Secondo i diplomatici statunitensi, il ministro potrebbe pure avere un ruolo importante per impedire il ritiro o il drastico ridimensionamento del contingente italiano schierato in Libano nell’ambito della missione UNIFIL. “La Russa – scrivono - come molti nel centro-destra italiano, tende a considerare UNIFIL come una missione “soft” ereditata dal governo Prodi di centro-sinistra, ma un tuo segnale che gli Stati Uniti non vogliono la riduzione della missione e preferirebbero che l’Italia mantenesse l’odierno livello
delle truppe – anche se no al costo dell’impegno militare in Afghanistan – lo aiuterebbe a sostenere la causa in consiglio dei ministri. Con sufficienti volere politico e risorse finanziarie, l’Italia può continuare a mantenere in vita entrambe le missioni con la forza di oggi o meglio”. La Russa viene inoltre ritenuto l’uomo chiave per conseguire gli obiettivi di potenziamento qualitativo e numerico delle installazioni militari USA presenti sul territorio italiano. “L’Italia è il nostro più importante alleato in Europa per proiettare la potenza militare nel Mediterraneo, in Nord Africa e in Medio oriente. I cinque maggiori complessi militari (Napoli, Sigonella, Camp Darby, Vicenza e Aviano) ospitano approssimativamente 13.000 tra militari statunitensi e personale civile del Dipartimento della difesa, 16.000 familiari e 4.000 impiegati italiani. Miglioramenti o cambiamenti di queste infrastrutture potrebbero generare controversie con i politici locali e noi contiamo sul sostegno politico ai più alti livelli, così com’è stato in passato”. “L’approvazione e il sostegno del governo italiano al progetto di espansione dell’aeroporto Dal Molin di Vicenza per consentire il consolidamento del 173rd Airborne è un esempio positivo di questo tipo di collaborazione” prosegue il cablo. “A breve termine, possiamo richiedere l’aiuto di La Russa su una serie di problemi relativi alle basi militari, ad esempio per la nostra richiesta di riconoscimento formale, da parte del governo italiano, del sito di supporto US Navy a Gricignano (Napoli) quale base militare nell’ambito del NATO SOFA del 1951 (l’accordo sullo status delle forze militari straniere ospitate in un paese in ambito alleato) e del Bilateral Infrastructure Agreement del 1954, e per l’approvazione della costruzione del nuovo sistema di comunicazione globale satellitare Mobile User Objective System (MUOS) della marina militare USA all’interno del Navy Radio Transmitter Facility di Niscemi, in Sicilia. In passato La Russa ha fatto, su nostra richiesta, utili dichiarazioni pubbliche sulla questione MUOS. Un tuo segnale di apprezzamento per il suo sostegno su questo punto aiuterebbe a focalizzare la sua attenzione sulle arcane questioni tecniche e legali che ruotano attorno alla nostra presenza miliare in Italia”.
|| 20 settembre 2011 || pagina 12 || www.ucuntu.org ||
Armi & Affari
Il 22 gennaio 2010 è l’ambasciatore David H. Thorne a tessere in prima persona le lodi del ministro italiano in un secondo cablogramma inviato direttamente al segretario Gates in procinto di raggiungere l’Italia a febbraio. “Mi sono incontrato con La Russa il 19 gennaio, poco prima che egli inviasse la portaerei Cavour ad Haiti con un carico di aiuti umanitari ed elicotteri per il loro trasporto. Il suo approccio sulla crisi di Haiti è tipica del suo stile: è un leader orientato all’azione che fa le cose con poco rumore o ostentazione”. “La Russa – aggiunge il diplomatico - è felice che tu abbia accettato il suo invito e sta lavorando alacremente per assicurare che il vostro meeting a Roma dia visibilità nel migliore dei modi la relazione bilaterale Italia-Stati Uniti nel campo della difesa che lui sta cercando di rafforzare ed espandere in tutti i modi. La Russa, con l’attivo supporto del ministro degli esteri Frattini, è stato il nostro campione nell’interazione con l’Italia (…) Egli è stato la voce più forte in consiglio dei ministri a favore dei nostri comuni interessi nell’ambito della sicurezza…”. Thorne rileva che la vista di Gates “dimostrerà pubblicamente che l’Italia è all’interno del più stretto circolo dei nostri partner europei”, “faciliterà l’approvazione parlamentare per l’invio di altri 1.000-1.200 militari in Afghanistan” e “consentirà a La Russa di pronunciarsi su altri obiettivi chiave USA”. “Egli ha risposto immediatamante alla tua telefonata del 25 novembre per uno sforzo concertato in vista di un maggiore impegno delle truppe in Afghanistan. La Russa e il ministro Frattini hanno convinto il premier Berlusconi ad approvare ed annunciare l’aumento di 1.000 militari prima di aver consultato il Parlamento, assicurando in tal modo che l’Italia fosse il primo paese della NATO a farlo”. Per l’ambasciatore, La Russa non si risparmierà pure nel sostenere le posizioni USA in merito al procedimento giudiziario contro il colonnello dell’aeronautica militare statunitense Joseph Romano, già comandante del 31st Security Forces Squadron di Aviano, implicato nel vergognoso affaire del rapimento CIA-servizi segreti italiani dell’ex imam di Milano, Abu Omar. “La Russa è stato di grande aiuto per persuadere il ministro della Giustizia a sostenere le nostre asserzioni affinché venga applicata la giurisdizione prevista dal NATO
SOFA per il caso che vede imputato il colonnello Romano. La Russa, un avvocato di successo ed esperienza, in qualità di ministro della difesa non è un attore chiave nelle questioni giudiziarie e, come il resto del governo, ha pochissima influenza sul potere giudiziario italiano, assai indipendente. Noi abbiamo sollevato ripetutamente la nostra posizione con i leader italiani più importanti e La Russa comprende che la questione continua a essere rilevante per i militari USA. La Russa ti vorrà offrire l’aiuto che può dare, ma potrebbe riconoscere la propria impotenza di fronte ad un ordinamento giudiziario testardo che resta rinchiuso in un amaro e lungo conflitto con il presidente del consiglio Berlusconi per vecchi casi di corruzione”. A conclusione del lungo cablogramma, Mister Thorne auspica che il viaggio in Italia del segretario Gates possa essere l’occasione per risolvere le due questioni che stanno più a cuore ai comandi USA ospitati in Italia, lo status giuridico della nuova stazione US Navy di Gricignano e il progetto del MUOS di Niscemi. “Sentire che le consideri come due importanti priorità per gli Stati Uniti d’America conferirà a La Russa il potere di fare il meglio per la loro risoluzione”, scrive il diplomatico. “Abbiamo investito più di 500 milioni di dollari per realizzare a Gricignano, che è l’hub di supporto logistico per tutti i comandi US Navy nel Mediterraneo, la sede del principale ospedale navale per la regione europea, due scuole DOD e gli alloggi residenziali per circa 3.000 membri di US Navy e i rispettivi familiari. Nel 2008, durante i negoziati per attualizzare l’accordo sulle installazioni ospitate nell’area di Napoli, lo staff generale del ministero della difesa italiano c’informò che non avremmo più potuto proteggere a lungo il sito con le forze di sicurezza della marina militare USA, poiché sorge su un’area presa in affitto (o meglio, ceduta dal ministero della difesa) e US Navy non ha ottenuto l’autorizzazione specifica che le conferisce lo status d’installazione militare. I legali di US Navy hanno rifiutato le argomentazioni italiane, mostrando la serie di autorizzazioni che gli Stati Uniti hanno ottenuto per il trasferimento della base dall’ex sito di Agnano (che la marina USA ha occupato a partire dal 1950, con tutti i pri-
vilegi garantiti dal NATO SOFA), ma i legali dei militari italiani si sono mantenuti fermi nelle loro considerazioni. La loro posizione minaccia non solo la viabilità della base dal punto di vista della sicurezza, ma anche lo status di esenzione fiscale del commissariato, del cambio valute, dell’ospedale e di altre attività al suo interno. Ho chiesto a La Russa di rompere l’empasse con una dichiarazione politica che affermi che Gricignano è un’installazione militare, e lui ha promesso di trovare una soluzione, ma un segnale da parte tua che la sicurezza del nostro personale militare non è negoziabile lo aiuterà a dare massima priorità alla questione…”. Ancora più “cruciale” l’aiuto che il ministro può fornire per consentire alle forze armate USA d’installare a Niscemi l’antenna del nuovo sistema di telecomunicazione satellitare MUOS. “Una campagna dell’opposizione politica locale in Sicilia ha impedito che US Navy ottenesse l’approvazione finale a realizzare la quarta e ultima stazione terrestre. Quando entrerà in funzione nel 2012, il MUOS consentirà alle unità militari statunitensi (e NATO) presenti in qualsiasi parte del mondo di comunicare istantaneamente con i comandi generali negli Stati Uniti o altrove. Dato che il progetto è seriamente in ritardo (US Navy deve iniziare la costruzione nel marzo 2010 o prevedere di trasferire il sito altrove nel Mediterraneo), ho chiesto a La Russa di aiutarci a fare un passo in avanti con il presidente regionale siciliano Lombardo, il cui ufficio ha negato le necessarie autorizzazioni. La Russa si è detto disponibile, ma ascoltare da te che il MUOS è una priorità USA lo spronerà a spendere il consistente capitale politico nella sua regione d’origine e assicurare che il progetto vada avanti”. Considerazioni profetiche. Dopo un’offensiva a tutto campo di La Russa e capi militari, Raffaele Lombardo ha ribaltato il suo “No, senza se e senza ma” in un “Sì subito al MUOS!”. Così, l’11 maggio 2011, l’Assessorato Regionale Territorio ed Ambiente ha autorizzato i militari USA ad installare il terminal terrestre MUOS all’interno della riserva naturale “Sughereta” di Niscemi. I lavori sono stati avviati immediatamente. L’EcoMUOStro sorgerà nel nome e per grazia di La Russa e dell’“autonomista” Lombardo. Antonio Mazzeo
|| 20 settembre 2011 || pagina 13 || www.ucuntu.org ||
Il Muos di Niscemi
Fra mezze verità e misteri Iniziano i lavori dell'ecomostro che mortifica la Sicilia Si chiama Muos ( Mobile User Objective System) il nuovo e potentissimo ecomostro che fa (o dovrebbe fare) inorridire e agghiacciare, oggi, la Sicilia sud-orientale. Il progetto di telecomunicazione satellitare della Marina Militare degli Stati Uniti che sta per vedere la luce a Niscemi, Caltanissetta. Nel torpore di un caldo vento di scirocco che sembra aver avvolto tutti in una specie di nuvola di incoscienza “il mio paese vive la sua storia, silenziosa ed anonima”, scriveva Mario Gori più di quaranta anni fa. Ebbene le cose non sembrano cambiate di molto. Quanti ancora in Sicilia, ma soprattutto in Italia e nel resto del mondo, non ne hanno mai sentito parlare, e ancora peggio quanti lo ignorano ancora? In una situazione in cui un intero Stato avrebbe dovuto sobbalzare per la portata del fenomeno e fremiti di gelo avrebbero dovuto percuotere certe comode poltrone delle capitale, nessuno scandalo è saltato agli onori della cronaca in Italia. Nessuno, neppure per sbaglio. Tre grandi antenne circolari con un diametro di 18,4 metri e due torri radio alte 149 metri. Questi gli elementi chiave della stazione terrestre MUOS. L’impianto trasmetterà VHF-UHF, con frequenze che raggiungono valori compresi tra i 244 e i 380 Mhz. Altri tre i siti di MUOS al mondo: Norfolk, Hawaii e Geraldton, zone per lo più isolate. Le onde VHF-UHF attraversano la ionosfera senza venire riflesse e per questo vengono usate per le trasmissioni extraspaziali con i satelliti artificiali, ma non solo, vengono utilizzate per le trasmissioni terrestri oltre l’orizzonte utilizzando le irregolarità della troposfera, che permettono una dispersione delle stesse su vaste aree geografiche. Il sistema Muos consentirà di propagare universalmente gli ordini di guerra convenzionale, chimica, batteriologica e nucleare. Non poche le connessioni e le analogie presenti tra il MUOS e il c.d. HAARP (High
Frequency Active Auroral Researche Program), un programma supersegreto portato avanti dal 1994 dall’US Air Force e la US Navy nella base di Gakona, Alaska. Questo, un sistema composto da centinaia di antenne che trasmettono in “banda bassa” (da 2,8 a 7 MHz) e “banda alta” ( da 7 fino a 10MHz), cioè lo stesso range di frequenza del MUOS. Un programma, che dietro la facciata di studi sulle telecomunicazioni, sta eludendo qualsiasi controllo internazionale alla volta della scoperta e della costruzione di armi geofisiche capaci di danneggiare satelliti e apparecchiature missilistiche nemiche, questo quanto denunciato da numerosi scienziati “possibili, oltre alle interferenze sulle comunicazioni radio, televisive e radar, delle probabili modificazioni ambientali (siccità, uragani, inondazioni etc) grazie a forti campi elettromagnetici e scie chimiche che intervengono direttamente sulla ionosfera o sul nucleo terrestre”. Insomma, una vera e propria arma di distruzione di massa che riceve segnali direttamente da casa nostra. Lo scenario è a dir poco allarmante. La stazione di telecomunicazioni della Marina USA di Niscemi è attiva dal 1991 e da allora è stata implementata con i più sofisticati sistemi di comunicazione. Le onde emesse dalle antenne della base coprono lo spettro compreso tra le UHF e le VHF alle ELFVLF-LF (Extremely and Very Low Frequency dai 300 Hz a 300 kHZ), le ultime in grado di penetrare in profondità le acque degli oceani e contribuire alle comunicazioni con i sottomarini a capacità e propulsione nucleare. Con il sistema di trasmissione “AN/FRT-95” le forze navali USA hanno accresciuto la loro copertura nelle regioni del Nord Atlantico e del Nord Pacifico. Nel settembre 2006 un “addizionale” Sistema di Processamento e Comunicazione Automatico e Integrato con i Sottomarini (ISABPS) ha permesso collegamenti con i sottomarini strategici della regione atlantica. Come se tutto questo non bastasse nel-
l’ottobre 2008 si sono conclusi i lavori per gli impianti di trasmissione a microonde, le onde comprese tra i 300MHz e i 300Ghz di frequenza che vengono utilizzate per le trasmissioni spaziali e satellitari, nella telefonia cellulare e nei “forni a microonde”. Impianto successivamente esteso anche alla base di Sigonella e di Augusta. Già così, anche senza il MUOS, le emissioni delle antenne superano i “limiti di attenzione” fissati dalle normative per l’esposizione ai campi elettromagnetici, Decreto n.381 del 10 settembre 1998 e il DPCM dell’8 luglio 2003 relativamente all’intensità della componente elettrica delle emissioni. Un progetto dissennato che non piace ai cittadini e agli amministratori delle provincie di Caltanissetta, Catania e Ragusa e di altre decine di comuni del sud- est della Sicilia. In molti si sono mobilitati a livello locale con manifestazioni e proteste soprattutto nell’ultimo anno. Una mobilitazione forte che non si registrava dai tempi delle storiche manifestazioni pacifiste dei primi anni ’80 “NO Cruise” contro la base di Comiso. Un’eredità importantissima fatta di ricchezza ideologica e forza sociale. Si trova il coraggio di schierarsi apertamente contro il Muos, un coraggio che prorompe forse tardi, ma che sembra essersi spento un po’ troppo in fretta. Perché, mi sono chiesta? Perché forse a volte battaglie più grandi di noi, e condotte verso protagonisti indiscussi del globo ci spaventano o forse perché in questa battaglia ci siamo sentiti, o ci hanno fatti sentire.. “soli”? Una cosa è certa: dobbiamo riprendere le redini del nostro paese, ma dobbiamo farlo tutti assieme, formando una rete tra nord e sud, e spingerci molto oltre, coinvolgere i movimenti pacifisti in primis, ridisegnare il perimetro della nostra dignità di uomini e di cittadini, quella stessa che ci stanno portando via a furia di detonarci il cervello. Sara Spartà
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Piccole grandi Italie
I soci teanesi di Lavitola consulenti del Comune Fra Roma e Pignataro Maggiore (Caserta): una storia esemplare I soci teanesi del latitante Valter Lavitola, in carcere perché accusato di estorsione ai danni di Berlusconi, sono da molti anni consulenti Comune di Pignataro Maggiore, per le pratiche edilizie relative agli eventi sismici, nell'ambito di rapporti con l’Ufficio tecnico comunale consolidatisi durante le due Amministrazioni dell'ex sindaco Giorgio Magliocca, detenuto per altre vicende dall'11 marzo 2011 con l'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa (con la sanguinaria cosca Lubrano-Ligato). Tali collegamenti hanno come epicentro proprio Teano, dove opera la famiglia De Francesco e dove ha sede legale la “Socobi 2000 srl” (Strada Statale 608, chilometro 5, località Borgonuovo). Lavitola è azionista, ed è stato amministratore, della Socobie; Carla De Francesco, è nella stessa srl. Valter Lavitola e Carla De Francesco hanno avuto sicuramente modo di collaborare nella “Socobi 2000 srl”. Magari fra un viaggio e l'altro di Lavitola (business del pesce), o fra un'incombenza pignatarese e l'altra della De Francesco. I rapporti di Valter Lavitola con Teano compaiono nell'ordinanza di custodia a carico del direttore dell'“Avanti”, del faccendiere Giampaolo Tarantini e della moglie di questi,Angela Devenuto, emessa dal Gip di Napoli Amelia Primavera, su richiesta dei Pm Curcio, Piscitelli e Woodcock. A pagina 78: “In primo luogo giova sottolineare come non sia possibile individuare con certezza il luogo di consumazione del reato di estorsione, essendo la relativa condotta estremamente fluida ed articolata e posta in essere in diverse città dello Stato italiano (Napoli, Roma, Bari, Pomezia, Brescia, Teano), tutte significativamente citate nelle conversazioni richiamate in precedenza”. I rapporti tra la famiglia De Francesco e l’Amministrazione di Pignataro Maggiore sono cominciati sette anni fa, quando con deliberazione n.151 del 23.9.2004 veniva conferito incarico di consulenza esterna alla “Sidicina Consulting s.a.s di De Francesco Gianni e C.” (sede legale Teano, Largo Croci, 15) per aggiornamento, monitoraggio e rendicontazione e quanto altro necessario per le pratiche edilizie relative agli eventi sismici. Con Gianni De Francesco, figurano nella storia della “Sidicina Consulting”, tra gli altri, Vincenzo De Francesco, Gemma De Francesco e Carla De Francesco (come si è visto, socio di Valter Lavitola nella “Socobi
2000 srl”). Fino al 10 febbraio 2004 la società era denominata “Sidicina Consulting di De Francesco Carla e C.”; e fino al 12 novembre 2001 aveva avuto sede legale a un altro indirizzo di Teano, Piazza Municipio, 15, quasi un quartier generale della famiglia De Francesco, con la denominazione originaria di “Sidicina Consulting di De Francesco Vincenzo e C.”. Allo stesso indirizzo di Piazza Municipio 15, fino al 3 agosto 2000, c'era anche la sede legale della “Socobi”. La “Sidicina Consulting” collabora con l’Ufficio tecnico comunale di Pignataro Maggiore, diretto dall'ing.Girolamo Parente (responsabile unico del procedimento per le pratiche relative agli eventi sismici l'arch. Baldo Marcello), fino alllo scioglimento il 31 dicembre 2008. Si pone quindi il problema di chi debba occuparsi delle pratiche riguardanti gli eventi sismici, visto che l'ing.Parente con nota del 4 marzo 2009 sottolinea la necessità di avvalersi ancora di consulenti esterni perché il personale dell'Ufficio tecnico sarebbe “sottodimensionato”. Il sindaco Giorgio Magliocca provvede subito e con deliberazione di Giunta n.30 del 4 marzo 2009 e successiva deliberazione di Consiglio n.17 del 2 aprile 2009 approva il via libera alla selezione pubblica per ingaggiare di nuovo consulenti esterni per le pratiche relative agli eventi sismici. Nella discussione (2 aprile 2009) l'allora capogruppo di minoranza ed attuale sindaco Raimondo Cuccaro illustrò i motivi contrari a una consulenza esterna, contrastato dal vicesindaco Piergiorgio Mazzuoccolo. Con determinazione numero 267 dell’8 maggio 2009 l’ing.Parente indice quindi una “selezione pubblica di professionisti in forma singola ed associata e di società specializzate, mediante avviso pubblico, per il conferimento di incarico di consulenza relativo alla definizione pratiche sisma anni 1980-81 e seguenti”. Con verbale dell'Ufficio tecnico (26 maggio 2009) si dispone l'affidamento della consulenza esterna alla società specializzata “Sunshine srl”. Ma da dove vengono i professionisti qualificati della “Sunshine srl”? Sempre da Teano, e sempre i soci di Lavitola nella “Socobi 2000 srl”: la famiglia De Francesco è evidentemente molto fortunata nei suoi rapporti col Comune. La “Sunshine srl”, che nella strategia dei De Francesco prende il posto della disciolta “Sidicina
Consulting”, è costituita il 18 giugno 2008 (sede legale Teano, località Monaco, Masseria Cantina); e ha un ufficio in una zona di Teano già visto per la sede legale della “Sidicina Consulting”, Largo Croci. Sembra lo stesso ufficio anche se nella visura della Camera di commercio di Caserta relativa a “Sunshine srl” il numero civico (che era il 15 per la “Sidicina Consulting”) non è indicato. Comunque, nelle fatture emesse da “Sidicina Consulting” e “Sunshine srl” figura sempre lo stesso numero di telefono fisso. Il pagamento delle fatture a “Sunshine srl” (vedi determinazione del servizio tecnico comunale n.102 del 25 febbraio 2011) avviene su richiesta del legale rappresentante geometra Vincenzo De Francesco, amministratore unico, titolare di quote della società insieme a Carla De Francesco. La famiglia De Francesco (a cominciare da Carla De Francesco, socio di Valter Lavitola nella “Socobi 2000 srl”) non risulta in alcun modo coinvolta negli altri affari del discusso editore dell'“Avanti”, nemmeno in quelli non oggetto di indagini della magistratura. Gli unici rapporti sono quelli relativi alla “Socobi 2000 srl”. Né Valter Lavitola risulta aver intrecciato rapporti (tramite i De Francesco) con esponenti del Comune di Pignataro Maggiore o con suoi funzionari, a cominciare dal dirigente dell’Ufficio tecnico, ing.Parente. Insomma, Valter Lavitola non c’entra nulla col Comune di Pignataro. Anche se piace ai buontemponi del paese chiacchierare sulla fuga di notizie che in qualche occasione ha permesso all’ex sindaco Giorgio Magliocca di venire a conoscenza delle intercettazioni a suo carico nell’ambito di inchieste della magistratura. I buontemponi scherzino pure su Lavitola, ma saranno smentiti quando (forse) scatteranno le manette ai polsi della misteriosa talpa che davvero aveva permesso all’ex sindaco Magliocca di farla franca per altre vicende, prima che la scottante pratica Magliocca (da cui è nato l’arresto dell’11 marzo 2011 con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa) passasse nelle invalicabili stanze della Sezione anticamorra della Squadra Mobile della Questura di Caserta e della Direzione distrettuale antimafia di Napoli. Una pratica da terremoto. Terremoto giudiziario. Rosa Parchi http://pignataronews.myblog.it
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Sicilia antica
E l'acqua dello Jato si fa sempre più cara A Partinico il contadino è ancora alle prese col problema dei secoli: l'irrigazione Come ogni anno il Consorzio di Bonifica 2 di Palermo ci riprova. Dopo avere distrutto l’agricoltura delle campagne partinicesi, dopo avere ridotto alla siccità e alla desertificazione un intero territorio che sulla possibilità di disporre dell’acqua dello Jato aveva impostato la sua economia e investito denaro per impiantare culture fruttifere, dopo avere abbandonato al proprio destino i 15 lavoratori della vecchia Cooperativa che, nel bene e nel male conoscevano tutta la rete e garantivano un minimo di servizio, adesso si prova, come ogni anno, a spremere qualche altro soldo dalle tasche di coloro che, fidandosi e sperando di potere ancora avere l’acqua, nel 2007 e nel 2008, allorchè iniziò la sciagurata gestione palermitana , sottoscrissero una richiesta di attingimento e non l’hanno ancora disdetta. A costoro è stato comunicato che il vice-commissario straordinario geometra Benedetto Palazzolo ha fatto una delibera con cui “è stata approvata la variazione delle tariffe forfettarie applicate dall’ente per la fornitura di acqua ad uso irriguo”. Le tariffe applicate sono le seguenti: 1^ fascia: (uliveto e vigneto), euro 142,55 per ettaro 2^fascia: (Frutteto, agrumeto giovane, ortive invernali, Melone, Mais) euro 266,50 3^fascia: (Agrumeto adulto, melone, erbai, ortive estive) euro 371,84 4^ fascia (fragoleti, serre) euro 495. Un breve riscontro con quanto si pagava in passato ci mostra un aumento delle tariffe di più di un terzo. Balzano agli occhi alcune inconcludenze su cui si potrà molto giocare, al solito, sia da parte dei coltivatori che da parte degli impiegati del Consorzio, su Agrumeto giovane o agrumeto vecchio, sul Melone, che risulta in due fasce, sulle ortive invernali e su quelle estive, che risul-
tano anch’esse in fasce diverse: chi le produce entrambe quale tariffa dovrà pagare? Ma il colpo di genio del vice-commissario, il quale fa la delibera, l’approva e la firma, senza osare disturbare il Commissario Straordinario, il quale, nel suo ufficio megagalattico che una volta fu di Felice Crosta, oggi in pensione con 1.500 euro al giorno, ha altro cui pensare, è dato dall’invito a recarsi presso gli uffici di zona, siti in via Cesare Rossarol n.45 a Partinico, o in via Genova, angolo via 4 giugno, Trappeto entro 15 giorni dalla ricezione postale della comunicazione, per sottoscrivere la nuova richiesta di attingimento con applicazione delle nuove tariffe. Tale invito è rivolto anche a coloro che hanno sottoscritto richieste di attingimento per acqua ad uso idrico non potabile, cioè le utenze a rubinetto per l’orto intorno alla casa. In mancanza di tale atto, cioè andare a rinnovare o a disdire il contratto , l’ente provvederà ad inserire d’ufficio il nominativo del povero utente negli elenchi dei ruoli dell’anno 2011, poiché, è scritto, le richieste sottoscritte nel 2007 e 2008 mai disdettate, sono formalmente attive. E così chi non ha ricevuto mai acqua, ma è stato annualmente invitato a pagare la tariffa, se
non corre alla piccola bottega di via Rossarol a disdire, si troverà d’ufficio iscritto nei ruoli con le nuove tariffe. In pratica, oltre a una gestione disgraziata della distribuzione dell’acqua, che in gran parte si perde tra i guasti di una tubazione in amianto che andrebbe interamente rinnovata, i poveri contadini si vedranno scaricare addosso un aumento di tariffe, da aggiungere all’aumento della nafta, a quello dei concimi, a quello delle tariffe INPS per la messa in regola della manodopera, a quello del pagamento della giornata, oggi sui 60 euro, e ai costanti abbassamenti del prezzo dei prodotti, a causa delle grandi quantità di merce provenienti da paesi in cui il la manodopera e tutto quello che è necessario per la coltivazione hanno costi molto più ridotti, (Tunisia, Egitto, Spagna). Tutto questo renderà sempre meno remunerativo lavorare in campagna: intere partite di vigneti e di uliveti sono state abbandonate, perché il ricavato del prodotto non copre le spese. Abbiamo un ministro dell’agricoltura, il nostro bravo Saverio Romano, indagato per mafia, ma voluto da Berlusconi, perché ha abbandonato Casini ed ha fondato un partito nuovo, l’Italia del Domani, senza tenere conto dell’Italia di oggi. Costui forse non ha mai messo piede in una campagna e ignora i problemi in cui si dibatte oggi l’agricoltura, proprio in quella Sicilia da cui lui proviene .Ma anche l’Assessorato Regionale all’Agricoltura non scherza, sommerso com’è da una serie di enti inutili e da una pletora d’impiegati dediti a fare parole crociate. In compenso nascono e continueranno a nascere supermercati e centri commerciali. Ci pensano loro a dar lavoro ai nostri giovani, a 500 euro al mese. Salvo Vitale
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Immigrati
Una ragazza in fuga Storia (comune) di M. Dall'Etiopia alla Libia all'Italia, sempre inseguita o rinchiusa, mai col diritto di vivere come tutti noi Dal c.a.r.a. di Mineo. settembre 2011 E’ da marzo che insieme ad altre organizzazioni, passo alcuni sabati al c.a.r.a. (centro accoglienza richiedenti asilo). Tunisini, Afgani, Pakistani, Africani dell'area sub sahariana, e del nord Africa in rivolta, si trovano nel cosìddetto "villaggio della solidarietà". Circa duemila persone, fra uomini, donne e bambini accompagnati, vivono in questo villaggio alle porte del piccolo paese di Mineo. Durante le nostre iniziative, che prendono vita nell'antistante spiazzale del villaggio, abbiamo incontrato tanti emigranti, un po' per capire come vivono in quel posto e se i loro diritti vengano rispettati, un po' semplicemente per farci raccontare le loro storie. Durante una di queste visite, mi è capitato, di essere "scelto" da una ragazza Eritrea, una ragazza che subito cerca un dialogo. Più volte, forse per curiosità giornalistica, le ho chiesto la sua storia e come mai una donna di ventidue anni, è da sola e si trova in quel posto. Forse per paura o per riservatezza, ha sempre evitato di parlarne. Da marzo sono passati diversi mesi, e con M. si è instaurato un vero rapporto di fiducia e di affetto. Oggi M. ha ottenuto lo "stato di rifugiata politica" dalla commissione che ascolta le ragioni degli emigranti, che fuggono, dalle guerre e miseria, ed è così che M. mi racconta la sua storia: "Sono nata in Etiopia, quando questa era ancora unita all’Eritrea, ma quando scoppiò la guerra tra i due paesi tornai in Eritrea. Mio padre è un soldato e mia madre fa la casalinga, badando a me e mia sorella. Una notte, la polizia ci viene ad arrestare, accusando mio padre di tradimento. A noi sorelle ci rilasciano dopo qualche giorno, mia madre dopo qualche mese, e di mio padre da allora non ne sappiamo più nulla. Mia madre, temendo ritorsioni, decide di fuggire in Sudan e dopo un periodo prende la decisione di andare in Libia.
Ci arrivo come clandestina e vengo arrestata. Sto nelle prigioni libiche per qualche mese, poi vengo rilasciata e, per fortuna, incontro una donna mia connazionale che mi fa trovare un lavoro presso l'ambasciata del Ghana. Lavoro presso una famiglia Ghanese, dove imparo l'inglese e dove mi trovo bene per circa due anni. Ma a febbraio 2011 scoppia la rivolta in Libia e in marzo arrivano le bombe della Nato. L'ambasciata del Ghana chiude, e noi stranieri veniamo prelevati dalla polizia Libica e portati sulla costa. Lì la polizia ci imbarca a forza su dei battelli diretti verso le coste Italiane, ed è così che arrivo a Lampedusa. Quasi subito mi portano al c.a.r.a. di Mineo; qui cerco di adattarmi pensando che in breve tempo potrò essere ascoltata dalla Commissione che decide sul nostro stato. Al campo tutti i giorni sono uguali: si fa la fila per mangiare, per le visite mediche, per avere qualche informazione, per telefonare (solo per una manciata di minuti). Sì, i giorni sono tutti uguali e non passano mai, e sono solo interrotti il fine settimana quando le organizzazioni di società civile e la rete antirazzista ci vengono a trovare non solo per ascoltare musica o per conoscerci ma anche per informarci, per darci assistenza medica e assistenza legale. Dalla primavera all’estate al campo ci sono stati diversi disordini e tensioni: dapprima i tunisini, che volevano sapere quale fosse la loro sorte, poi tutti gli altri rimasti al campo che premevano affinchè la commissione anziché ascoltare due persone al giorno ascoltasse più persone più frequent-
emente. Più volte la statale Catania-Gela è stata occupata per protesta con grande disppunto delle forze dell’ordine. La più grossa di queste manifestazioni si è avuta nei primi giorni di agosto e anche dentro il campo ci sono stati scontri e violenze, dove la polizia non ha saputo gestire l’ordine pubblico, fino a quando per gestire meglio la cosa è riuscita a mettere contro africani e asiatici provocando uno scontro violento fra questi. Le stesse forze dell’ordine, aumentando la tensione, sono andati in giro per Mineo dicendo agli abitanti di barricarsi dentro e chiudere i negozi perché in giro c’erano gli emigranti del campo”. Giovanni: “E adesso tutto è tranquillo? E a te cosa ti manca di più al campo?” M.: “Sì adesso è tutto un po’ più tranquillo, dopo che hanno portato via quattrocento emigranti in altri campi sparsi per l’Italia”. Quello che mi manca più al campo è fare qualcosa, essere impegnata in qualcosa, mi piacerebbe imparare l’italiano, ma soprattutto mi piacerebbe andare via, ma adesso finalmente la Commissione mi ha ascoltata e l’altro giorno mi hanno dato il risultato. Da questo momento sono una rifugiata politica e ho un permesso di tre o cinque anni, e appena avrò i documenti verrò a Catania. Desidero riflettere su tutto quello che è successo pensare al mio futuro e a quello che voglio fare e sono sicura che le persone che mi sono venute a trovare in questi mesi mi daranno una mano”. Questa non è una storia straordinaria, sono sicuro che di queste storie ce ne saranno a migliaia, storie di ordinaria emigrazione storia di sofferenza, provocate dalle guerre e dalle miserie dei paesi di origine, ma aggravate dai paesi occidentali che molte volte sono ostili poco ospitali e duri verso questi uomoini e queste donne che secondo me potranno restituirci tanto: la loro cultura, la loro umanità, la loro forza di giovani che vogliono vivere in pace anche se in un altro paese che non è il loro ma potrebbe essere il loro. Giovanni Caruso
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Leggi & Mangia
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Nord, Sud... che vuol dire?
Polentoni & Terroni uniti nella lotta Una delegazione di Piacenza arriva a San Cristoforo. E trova il Gapa... “A che serve vivere, se non c’è il coraggio di lottare?” non è farina del mio sacco, ma una citazione di uno dei tanti coraggiosi giornalisti che hanno avuto la sfacciataggine di vivere e di lottare per avere un mondo migliore… quantomeno di sognarlo. La citazione non è mia dicevo, ma è ciò che mi è rimasto incastrato nella carne, sottopelle, come polvere sottile che proprio no, non ci si riesce a scrollasi di dosso. L’impatto con Catania è stato forte. No, meglio essere precisi: l’impatto con San Cristoforo è stato forte. Mica te l’aspetti, soprattutto dopo una giornata passata nella tranquillità del mare blu del ragusano. Ci siamo arrivati di sera, spaesati e stanchi. La prima cosa che balza all’occhio del turista è che qui non sei in una città, ma in un mondo a parte dove imparare nuove regole e nuovi codici. Motorini impazziti che sfrecciano in qualsiasi direzione - senza casco ovviamente - lenti biroccini trainati da cavalli auto che saettano sulle strade parcheggi selvaggi semafori non rispettati clacson strombazzanti negozi sempre aperti profumo di carne alla griglia vicoli stretti palazzi fatiscenti gente che urla da ogni dove persone sedute sul marciapiede come fosse in salotto persone frenetiche che camminano … bè, per noi “polentoni del continente” non è punto facile, capire! Il benvenuto ce lo danno “quelli del GAPA”, fra loro c'è Giovanni Caruso, un omone barbuto dalla parlantina inesauribile, che si presenta a noi armato di bastone bianco sotto un cappellaccio di paglia - a vederlo sembra uscito da Cervantes (scoprirò nei giorni successivi che in effetti il mio richiamo al Don Chisciotte non è del tutto errato…) - scortato da Elena, Domenico, Marcella e Paolo, il piccolo Salvuccio, da due giovanissime volontarie, Giusy e Miriana, e l’immancabile fedele Ugo. Facciamo un passo indietro: chi siamo noi? E perché il GAPA ci accoglie? In tutto siamo nove piacentini (7 giovani e… 2 meno giovani!) e stiamo partecipando ad un viaggio di conoscenza, fil-rouge è la
LEGALITÀ: “Siamo venuti per incontrare persone che si confrontano continuamente con una mafia che agisce in modo esplicito, per imparare a tenere gli occhi aperti su un fenomeno che dove noi viviamo agisce in modo più subdolo ma che ci avvolge ugualmente” spiega Giovanni Castagnetti, assessore di Piacenza e promotore del viaggio. “Kamlalaf”, è questo il progetto nel nome del quale stiamo girando mezza Sicilia per incontrare realtà diverse dalla nostra e con le quale fare un pezzettino di strada (di vita) per vedere sentire capire elaborare vivere, trasmettere agli altri, poi. Io non faccio parte dei giovani, diciamo che sono un po' la “zia” del gruppo e questo mi permette di beneficiare maggiormente della compagnia di Giovanni e Elena. Loro ci (a me e all’assessore, l’altro meno giovane) aprono le porte della casa e degli amici… in pratica ci “adottano” per tre giorni e ci fanno scoprire una Catania diversa: sì turistica, ma anche viva e dolorosa. Mi piace ascoltare Giovanni, è una fonte inesauribile di notizie, idee e nostalgici ricordi di un mondo politico un poco più nitido e non così confuso... E così tra cene in terrazza, grigliate ai piedi dell’Etna, bagni in lidi carinissimi e visite in giro, Giovanni ed Elena ci spiega no le idee che muovono il Gapa e tutti i volontari che agiscono nella stessa direzione. Già il nome GAPA è uno slogan bellissimo e pieno di significato, un acronimo importante che sta per BASTA PARLARE PASSIAMO AI FATTI, SIAMO GIOVANI E CI CREDIAMO (così lo intendo io) e infatti entrando nella sede (nel GAPAnnone rosso, per esempio) già l’aria che si respira è forte e attiva, allegra ma determinata. Qui mica si scherza: teatro, doposcuola, arti marziali, danza… e c’è persino una redazione di quartiere che ha il coraggio di denunciare mancanze, colpe e necessità. I volontari prevalentemente lavorano con i minori e le famiglie, e il concetto che passa è: educare il giovane per arrivare ad educare la famiglia. Tu, ragazzino, vuoi parte-
cipare alle attività del Gapa? Bene, allora ti devi iscrivere (gratuitamente), devi garantire la tua presenza, devi garantire un tuo comportamento corretto e il rispetto delle regole, ma soprattutto devi creare un ponte tra il Gapa e i tuoi genitori. “Normalmente è la mamma che viene alle riunioni” spiega Marcella (presidente Gapa) con un sorriso complice, e in effetti è sempre così – penso - sono poi le donne le artefici dei cambiamenti, a piccoli passi certo, ma tutto passa sempre attraverso noi … eh, sì... faccio fatica a reprimere il mio IO femminista. Attenzione a non confondersi: NON è fare la carità, uno se la deve meritare la vita al GAPA! E questo vuol dire insegnare a vivere, a dare delle regole comportamentali; e questo vuol dire insegnare a diventare grandi, a sviluppare un senso critico, imparare ad avere un ruolo attivo e a non accettare tutto passivamente; e questo vuol dire diventare uomini. Responsabili di un cambiamento, oso aggiungere. E questo vuol dire: FARE LA DIFFERENZA. L’impatto con Catania è stato forte. No, meglio essere precisi: l’impatto con San Cristoforo è stato forte… ma ora, dopo il mio breve soggiorno guidata dai ragazzi del GAPA, posso finalmente capire (che pretese… meglio dire intuire) le bellissime parole lette nel fumetto dedicato a Fava: “[…] Io amo questa città con un rapporto sentimentale preciso: quello che può avere un uomo che si è innamorato perdutamente di una puttana, e non può farci niente, è volgare, sporca, traditrice, si concede per denaro a chicchessia, è oscena, menzognera, volgare, prepotente, e però è anche ridente, allegra, violenta, conosce tutti i trucchi e i vizi dell'amore e glieli fa assaporare, poi scappa subito via con un altro; egli dovrebbe prenderla mille volte a calci in faccia, sputarle addosso "al diavolo, zoccola!", ma il solo pensiero di abbandonarla gli riempie l'animo di oscurità” […]. E io ho già nostalgia, di quel posto. Sara Marenghi Piacenza
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In questo Stato
La mafia nel Lazio
Lombardo e il bene comune La decisione del facente funzioni di Procuratore della Repubblica di Catania Patanè, e dell’aggiunto Zuccaro , di prosciogliere Raffaele Lombardo e il fratello Angelo dall’accusa di associazione mafiosa, vanifica un’inchiesta che, con ampia documentazione, ha prospettato l’intreccio indissolubile che lega borghesia mafiosa, ceti politici e criminalità organizzata. Si riconferma, ancora una volta, la convinzione che a Catania, diversamente che a Palermo, i potentati politici ed economici sono intoccabili. Infatti, da Grassi a Di Natale, dalle sentenze di Russo a quelle di D’Angelo, fino ai comportamenti di D’Agata che sono apparsi platealmente schierati con la difesa degli indagati, la gestione della Procura ha sempre dato l’impressione di fungere da garante degli equilibri politici e della grande imprenditoria dei cavalieri vecchi e nuovi. Il caso Catania non è chiuso, anzi è più aperto che mai, e tocca al Csm ristabilire le condizioni del rispetto della legalità e dell’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, attraverso la nomina di un esterno a capo della Procura, una figura totalmente libera da condizionamenti, per come richiesto ripetutamente con un motivato appello da un significativo schieramento della società civile e dell’antimafia sociale. Un appello reso ancora più pregnante dopo i pronunciamenti degli organi giurisdizionali di considerare illegittima la nomina di Patanè a reggente, che di fatto, anche se non de iure, priva di credibilità il salvataggio di Lombardo. Rimane il dato acclarato delle frequentazioni di Lombardo e dei suoi con personaggi e pregiudicati accusati e condannati per mafia. Si conferma che la sua scalata ai vertici della regione, oltre che con l’appoggio di Berlusconi, Alfano, Dell’Utri e Cuffaro, è stata favorita dalla moltiplicazione delle clientele e dal voto di scambio. Mimmo Cosentino
Il Coordinamento regionale del Lazio di “Libera associazioni, nomi e numeri contro le mafie” ha appreso con preoccupazione dell’attentato incendiario all’interno del Parco Nazionale del Circeo verificatosi nel centro visitatori. Le modalità del crimine ambientale lasciano chiaramente intendere la volontà di perseguire nella eliminazione dell’ultimo impedimento a speculazione edilizia, malapolitica e criminalità organizzata di tipo economico, riassumendo quello che è stato definito “il sacco di Sabaudia” ma che riguarda l’intero litorale laziale, isole comprese. “Il gesto - afferma il referente di Libera per il Lazio Antonio Turri – va ad aggiungersi a tutta una serie di azioni mirate ad aggredire l’area protetta del Circeo come le mancate demolizioni delle centinaia di opere edilizie abusive su cui pendono sequestri nonché ordinanze di abbattimento o come quella del rilascio delle autorizzazioni e nulla osta ad edificare un mega centro commerciale a poche decine di metri dallo stesso centro visitatori del Parco rilasciate da Comune ed Ente Parco. Segno inconfutabile dell’immobilismo di una politica che basa spesse volte la ricerca del consenso sul permissivismo finalizzato ad eludere le norme a tutela dell’ambiente. Non può sottacersi come a Sabaudia e non solo, la violazione delle norme ambientali o che regolano la corretta edificabilità dei suoli siano violate da rappresentanti della pubblica amministrazione o dai loro familiari. L’episodio – continua Turri – deve essere letto come il concomitante agire di quanti in spregio alle leggi dello Stato intendono utilizzare l’unico Parco Nazionale presente nella regione Lazio ed ubicato a poche decine di chilometri da Roma, per illeciti arricchimenti in spregio al diritto dei cittadini alla bellezza dei luoghi in cui vivono e alla salvaguardia dell’unico tipo di sviluppo possibile che è quello turistico. Del resto le recenti polemiche riguardanti i tentativi della regione Lazio di sanare gli abusi edilizi riconducibili ad un noto esponente politico di Fondi, cosi come l’assurda idea di realizzare un tunnel sotterraneo nella piccola isola di Ventotene, sono tutti fatti ascrivibili a quell’humus di irresponsabilità politica che rappresenta il terreno in cui nascono e si sviluppano comportamenti mafiosi che fanno del basso Lazio la terra di origine di una quinta mafia che Libera definisce mafia autoctona o da contaminazione. Maria Sole Galeazzi
La campagna contro Dario Montana Dario Montana (fratello di Beppe Montana, il commissario di polizia ucciso da Cosa Nostra) è stato recentemente oggetto di una campagna di discredito in relazione al suo lavoro come Commissario del Consorzio industriale di Catania. “La calunnia è un venticello un'auretta assai gentile che insensibile sottile leggermente, dolcemente, Incomincia a sussurrar”. Le parole ovviamente non sono mie ma del librettista Cesare Sterbini per il Barbiere di Siviglia di Gioacchino Rossini. Ben si adattano però a quanto sta accadendo a Dario Montana, commissario del Consorzio industriale di Catania e fratello di Beppe Montana, il commissario di polizia ucciso da cosa nostra il 28 luglio 1985. Due vite, una spenta dalla mafia, spese per la legalità. Eppure a Catania in questi giorni c’è chi comincia ad attaccare Dario Montana, che da quando si è insediato, il 13 dicembre 2010, ha fatto quel che nessuno aveva fatto prima: installato un servizio di video sorveglianza, riammesso nei lotti del consorzio un’impresa che ha denunciato i boss e che era stata esclusa per motivi burocratici, denunciato alla Corte dei Conti alcune aziende per presunti danni di oltre 14 milioni, aperto un dialogo continuo con prefettura, forze dell’ordine e magistratura. Insomma, ha rotto il fronte dell’omertà che fino al suo insediamento era la regola. E allora il sospetto è che, bocciata la legge siciliana che avrebbe dovuto riformare i consorzi industriali, si riaffaccino con forza in tutta l’isola appetiti mafiosi inconfessabili. “Vorrei sapere, dice l’assessore regionale all’industria Marco Venturi, se è stato sbagliato sostenere che i consorzi si sono trasformati in carrozzoni clientelari, e luoghi dove si fanno affari con soggetti collusi con la mafia, che invece di sostenere lo sviluppo delle imprese, lo ostacolano. Per esempio si dovrebbe sapere che l’area di Catania sorge in siti con forti problematiche ambientali e idrogeologiche. Quali interessi si annidavano su quei terreni?” Forse anche su questo, se avrà tempo, farà luce Dario Montana, una vita spesa per la legalità. Roberto Galullo Gruppo Informazione Libera Ct Info: Renato Camarda 335 7023241
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In questo Stato
Contro i lavoratori e chi li difende
Le scelte vergognose del sindaco di Villabate Il Centro Impastato ritiene semplicemente vergognosa la decisione del sindaco di Villabate di dedicare due strade a dei nazisti e di bilanciare tale scelta intitolando un'altra strada a Peppino Impastato. Una convivenza che si spiega con l'ignoranza e, peggio, con la malafede. Il Centro si dissocia da qualsiasi iniziativa che avalli queste scelte. Negli ultimi anni sono stati intitolati a Peppino Impastato strade, comitati, centri, associazioni, ma abbiamo dovuto constatare che il più delle volte si è trattato di atti formali a cui non corrisponde una conoscenza del Peppino Impastato reale e da cui non scaturisce nessuna iniziativa significativa. Per fortuna ci sono state e ci sono scelte e attività positive e apprezzabili, come le manifestazioni svoltesi a Ponteranica, dopo la decisione della giunta leghista di revocare l'intitolazione a Impastato della biblioteca comunale. Il Centro continua la sua attività, iniziata nel 1977, nelle scuole e nella società per affermare un'antimafia consapevole e coerente, che faccia riferimento alla radicalità e alla lucidità che caratterizzarono la vita e l'impegno di Peppino Impastato. Umberto Santino Presidente del Centro Impastato
La Digos di Catania ha notificato un avviso di conclusione delle indagini, a firma del PM Dott. E. Serpotta, al segretario del PRC Pierpaolo Montalto, ad Emanuele Saluzzo dell'esecutivo provinciale dei Giovani Comunisti e a due lavoratori Dusman militanti nella Fiadel. Le accuse sono di resistenza, oltraggio ed istigazione a delinquere nel corso delle giornate di protesta dei pulizieri scolastici della Provincia di Catania. Premessso che rifiutiamo ogni vittimismo e che ci rivendichiamo ogni momento di una lotta straordinaria e vincente, crediamo tuttavia che sia paradossale che in una vicenda simbolo del degrado istituzionale e sociale in cui siamo sprofondati gli accusati siano coloro che si sono battuti per difendere il salario di oltre 450 lavoratori e chi con coraggio ha lottato per salvare il futuro della propria famiglia. Per mesi abbiamo infatti denunciato corruzione, gravissime violazioni dei diritti dei lavoratori e saccheggio delle risorse pubbliche, ma sotto accusa finisce la lotta per i diritti e la dignità. Annunciamo pertanto che faremo ricorso a tutti gli strumenti previsti dalla legge per affermare la verità ma che per noi legalità non vuol dire rimanere in silenzio davanti a sfuttamento, disoccupazione e povertà.. Per nulla intimoriti dalle accuse comunichiamo infatti che se gli accordi siglati in Prefettura per i pulizieri non verranno rispettati riprenderà la nostra protesta perchè sui diritti di lavoratrici e lavoratori non faremo alcun passo indietro. Pierpaolo Montalto
Spiagge “libere”? Ma quando mai! Catania, 5 settembre 2011 L'art. 1, comma 251 della Legge 296/2006 prevede l'«obbligo per i titolari delle concessioni di consentire il libero e gratuito accesso e transito, per il raggiungimento della battigia antistante l'area ricompresa nella concessione, anche al fine della balneazione». Ma quanti dei titolari degli stabilimenti balneari della Playa di Catania rispettano questa norma? I Giovani di CittàInsieme hanno voluto realizzare una breve inchiesta per verificarlo. L'esito non è confortante: in relazione a quelli nei quali ci siamo recati, soltanto una media di un lido su tre ha consentito il libero e gratuito accesso e transito per il raggiungimento della battigia. Probabilmente ad avere contribuito sono le parole che vengono utilizzate: adoperare la locuzione "spiaggia libera" per indicare gli stabilimenti gestiti direttamente dal pubblico (le famose "Spiagge libere" n. 1 ... n. 2 ...) rischia di far passare come "private" quelle gestite in regime di concessione pubblica. Non è infatti un caso che nel corso della nostra inchiesta diverse volte ci siamo sentiti rispondere «questo è un lido privato. La spiaggia libera è più avanti». La stagione balneare 2011 è ormai giunta al termine. L'auspicio che i Giovani di CittàInsieme si sentono di esprimere alla luce di quanto "scoperto" è che le Autorità competenti possano assumere tutti gli opportuni provvedimenti affinché l'anno prossimo non si verifichino violazioni di un preciso obbligo di legge. Le spiagge appartengono a tutti e nessuno deve essere obbligato a pagare un biglietto d'ingresso per potersi fare un bagno. CittàInsiemeGiovani
|| 29 agosto 2011 || pagina 21 || www.ucuntu.org ||
Satira
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Satira
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Satira
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Satira
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Tutti insieme: si può?
Lettera aperta ai giornali di base Un giovane giornalista scrive a tutti noi Gentili testate di base di Sicilia, Il mio rispetto per il lavoro che avete svolto nelle nostre sperdute province è immenso. Conosciamo tutti gli stenti delle strade schifose, le lunghe notti sul computer, i montaggi di filmati o le impaginazioni che provano i nervi. Sappiamo della miseria dei pochi spicci, se non del volontariato, che su cui si basa questo lavoro, quello del giornalista indipendente. Diciamo pure il lavoro dell’essere persone libere o di provare ad esserlo. Ecco, tutto questo noi lo conosciamo meno di molti delle testate indipendenti siciliane, che fanno quello che facciamo noi da molto più tempo. Molti più anni, molti più rimorsi e molte più delusioni. Forse, anche più soddisfazioni. Ci potremmo convincere che le cose meglio di così non sarebbero potute andare. Ma a me non sembra. Non credo sia questo quello che doveva uscire da anni di discussioni, di tentativi di “fare rete”. Questa maledetta espressione, “fare rete”, è quella che risuona più spesso in questi ambienti. Si presenta sempre carica di un entusiasmo svampito, eco di qualcosa che non c’è più. Oppure vuole farsi largo con goffaggine e non ci riesce. E tutto questo non fa piacere a nessuno. Spesso, non ci conosciamo bene; oppure non ci conosciamo affatto. Ci sono realtà diverse e una dispersione d’informazioni e opportunità immensa. E’ vero, ci sono qualche volta casi in cui la militanza civile sovrasta la professionalità delle testate; ci sono anche situazioni del tutto opposte. Ma si potrebbe fare qualcosa, qualcosa di concreto, per darci tutti quanti uno spazio maggiore e più credibile: dove ci sia coscienza
civile e professionalità. E dove ci si formi come giornalisti di frontiera e come esseri umani. Non mi è chiaro da dove nasca l’incapacità di scambiare informazioni e come si perda l’interesse nel costruire insieme qualcosa di comune, ma mi pare ovvio che il tempo è sempre scarso per fare qualsiasi cosa, anche per mettersi in contatto decentemente con altri colleghi. Poi, non andrebbe mai sottovalutata la questione della gelosia, della voglia di occuparsi solo del proprio territorio, della paura di sacrificare spazi, di concederne troppi agli altri. Insomma, è una vecchia storia: manca il tempo, si ha paura di perdere la propria indipendenza.
Una volta tutto ruotava attorno alle pagine, al numero di battute: la paura era quella di perdere tracce della località, spendere troppo denaro per finanziare grandi progetti, distribuire il materiale cartaceo in maniera errata. Poi venne il web. Si disse che era la carta giusta, si discusse parecchio su come fare, si mise su pure un forum dei giornali siciliani, perché non si investisse sulla gloria personale dei pochi, ma sull’an-
dare avanti insieme. Restò uno dei tanti progetti campati in aria. Qualche mese fa al festival del giornalismo di Modica, grandiosa iniziativa de “Il Clandestino con Permesso di soggiorno”, Riccardo Orioles ha lanciato la riscossa dei “ISiciliani”. E’ stata una cosa molto bella. Ha dato speranza ha qualcuno e ha fatto arrabbiare qualcun altro. Ma, nota amara, al workshop tenuto dallo stesso Orioles, durante il festival, eravamo quattro gatti: si trattava di giornalismo e web. Sembrano argomenti da appestati, a volte, quasi si parlasse di un giornalismo di serie B. Ed è cosa molto triste. Mi venne da pensare che i giornalisti giovani sono un po’ come quelli vecchi, ma sono meno presuntuosi. Non sanno usare bene il mezzo informatico; colpa della mancanza di tempo, colpa della pigrizia. Certo, i grandi vecchi nelle redazioni aborrono completamente l’uso di internet. Odiano i giornali online. I giovani, invece, amano l’idea dei new media, ma non li sanno usare veramente, così come non li so usare bene io. E’ un problema. Un problema grave. Ma si può risolvere. Il vero problema è la volontà: il suo esercizio è l’unico esercizio rivoluzionario in questo frangente. E’ questa la questione più spinosa. Il mio appello è questo: approfittate di spazi come quello di “Generazione Zero Sicilia”, con la sua comunità di blog e di forum; approfittate de “I Siciliani”. Oppure fate in modo che ci sia una valida alternativa, ma fatelo sul serio. Non continuiamo a lasciare le cose senza concretezza, a spendere parole al vento: siate fattivi. Se potete farlo, fatelo.
|| 25 settembre 2011 || pagina 26 || www.ucuntu.org ||
Tutti insieme: si può?
Ucuntu.org - supplemento telematico a “i Cordai” - Dirett.respons. Riccardo Orioles Reg. Trib. Catania 6/10/2006 nº26 Progetto grafico: Luca Salici e R.Orioles da un'idea di Piergiorgio Maoloni
Scrivete un pezzo anche adesso, contattate i colleghi. E, se potete, perdonate l’entusiasmo giovanile con il quale ho sporcato la vostra giornata, ma non se ne poteva fare a meno. Quest’isola è piena di materia prima, di notizie e fatti da raccontare, cose che le televisioni schiavili e i giornalacci non sanno fare, cose che possiamo fare noi in maniera molto migliore. Entriamo nel mercato e investiamo su noi stessi, almeno su di noi, se proprio non riusciamo a scommettere sulla possibilità di migliore le condizioni di vita della Sicilia Se perderemo ancora tempo, non ci dovremo lagnare dei risultati con nessuno, se non con noi stessi. Sia per le opportunità lavorative che stiamo perdendo oggi, sia per la questione etica, quella del poter fare giornalismo libero. Giulio Pitroso
*** Caro Giulio, la tua lettera mi trova perfettamente d'accordo, ed è parecchi anni che lavoro esattamente su questo. SicilianiGiovani negli anni '80, L'Alba, con Avvenimenti, negli anni '90; i giornali di base e i fogli operai dei Siciliani; ancora i Siciliani nuovi e la rete attorno; e poi Casablanca, con i due congressi delle testate di base "Sbavaglio"; e poi "Ucuntu", e poi "Lavori in corso"; e adesso, di nuovo, i Siciliani. In tutti questi anni abbiamo accumulato un patrimonio enorme di conoscenze, di esperienze, di contatti, di soluzioni tecniche appropriate. Se analizzi tecnologicamente
Ucuntu trovi ad esempio alcune soluzioni, studiate nel corso degli anni, come la pagina Issuu (Repubblica l'ha adottata prima di noi), l'uso di Open Office per l'impaginazione, le pagine modulari, ecc. Ognuna di queste innovazioni, per arrivare a regime, è costata (non solo a me: ai nostri ragazzi) anni di studio e di sperimentazione. E alla fine funziona.
Ora, la domanda "forte" che ti pongo è la seguente: sei disposto a "metterti agli ordini"? Il lavoro che tu proponi non comincia ora, ha anni di pratica alle spalle. Ora vogliamo portarlo avanti, con un salto di qualità che si chiama i Siciliani. Vuoi ricominciare da zero, tu pioniere solitario, o vuoi farlo insieme ad altri? Questo devi decidere, ed è una risposta che ti puoi dare soltanto tu. I Sioux, gli Apache, gli Cheyenne, lottano valorosamente contro l'uomo bianco, ognuno nella sua valle e ognuno per la sua tribù. "Ho ucciso un viso pallido!", "Abbiamo fatto scappare i soldati!", "Guardate che centro con l'arco!". Bene. Intanto i visi pallidi hanno l'Esercito degli Stati Uniti, diviso in compagnie, battaglioni e reggimenti, che agisce come una cosa sola. Gli indiani sono
più valorosi. Ma alla fine hanno vinto i soldati. Ora noi ci battiamo da anni per organizzare l'esercito indiano :-). E andiamo predicando: "unitevi! scambiatevi le conoscenze e le forze, siate una forza sola!". Di solito inascoltati ma petulanti; e alle volte con successo. Adesso siamo impegnati esattamente su quel che dici tu; però, alcuni anni più avanti. Vuoi unirti a noi? Da noi non comanda nessuno, abbiamo capito alcune cose sulla rete e sappiamo che essa è policentrica, non piramidale. Non stiamo mettendo in mare una corazzata, ma una flottiglia di navi: dalla barca da pesca al galeone pirata, dal brigantino olandese alla caravella spagnola. Ognuno con la sua bandiera e coi suoi capitani, ma su una rotta comune e dandoci la voce. La marina dei poveri, certo con meno cannoni della flotta del re, ma che sparano tutti insieme e sono serviti dai marinai più coraggiosi. Ecco, pensaci su. Non ricominciamo da zero ogni anno. Qui camminiamo già. Non egemonizziamo nessuno, ma siamo umilmente al servizio, nessuno superiore all'altro, tutti uguali; però disciplinati e coesi, perché lottiamo per cose per cui vale la pena di lottare. E in ogni caso, un abbraccio di cuore, fratellino. Comunque sia, sei uno che vuol combattere e dunque uno come me. Tuo riccardo
|| 20 settembre 2011 || pagina 27 || www.ucuntu.org ||
Siciliani
“A che serve essere vivi, se non c'è il coraggio di lottare?”
|| 25 settembre 2011 || pagina 28 || www.ucuntu.org ||