Aperiodico Anno I N.2

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tua a l r ità Pe bblic Pu BIMESTRALE SOCIO-CULTURALE Spedizione in a.p. - Comma 34 - Art. 2 - Legge 549/95 - Siracusa - Registrazione Tribunale di Siracusa n.3/1997 del 10 Marzo

Giugno/Luglio 1997 - Anno I Numero 2

Disoccupazione... verità e bugie

L’editoriale La disoccupazione. E’ il problema primario della nostra società. Forze sociali, Sindacati, Governo sono tutti impegnati per affrontare questo grave problema che affligge soprattutto il meridione dell’Italia. Non vi preoccupate, però. Non staremo qui ad affondare il coltello nella piaga ingigantendo numeri o facendo del catastrofismo. L’Aperiodico cercherà di essere un pò più riflessivo e più vero, nel senso che dirà cose che si sanno, ma che si finge di non sapere. Perchè, forse, è più conveniente così. Parlo dei dati sulla disoccupazione. Giornalmente in Tv, su giornali e riviste leggo dati preoccupanti. Leggo dichiarazioni preoccupanti dei sindacati. Guardo cortei di gente preoccupata per il lavoro. Sono preoccupato anch’io. Molto. Vorrei però andare oltre la preoccupazione che chiaramente, guai se così non fosse, ci unisce. Ricordo lo sciopero generale dei sindacati sortinesi del 7 febbraio 1996. Una giornata che mi è rimasta impressa nella memoria. Un lungo corteo, tante bandiere, tante parole. Tremila disoccupati: hanno gridato a gran voce i sindacalisti intervenuti. Dobbiamo fare questo, quest’altro. Oggi, ricordando quel 7 febbraio, mi sembra che siamo andati indietro. Sempre tremila disoccupati. E un clima molto più teso soprattutto nell’ambiente forestale, unica grande risorsa del nostro paese che non riusciamo a sfruttare. O lo facciamo male, malissimo. Tremila disoccupati ripeto, come dimostrano anche i dati che pubblichiamo di seguito. Il 30% quasi della popolazione sortinese. Quasi un sortinese su tre. Macchine nuove, vestiti firmati, pizzerie sempre piene, ecc.. Mi chiedo: è possibile? Mi rendo conto che quello che dirò qualcuno potrebbe anche non condividerlo: i numeri parlano da soli. Ma i numeri invece bisogna saperli leggere. A Sortino non ci sono tremila disoccupati. Ci sono tremila iscritti all’Ufficio di Collocamento. ... continua a pagina 2 ... continua a pagina 2

ATTUALITÀ

ESTA

HI L'INC upazione

socc La di Pag.2

Cassonetti alla California Pag.3

ATTUALITÀ Un impegno quotidiano Pag.4-5

SPORT CULTURA Pag.6

OGIA TECNOL

irtuali Mondi v Pag.10

LIBRI Pag.13

Il Sortino in prima categoria Pag.7

TRADI

ZION I Pag.8 -9

ARTE

Roberto Se quenzia Pag.11

LE IMMAGINI RACCONTAN O

Pag.14

POESIE Pag.12

L'ANGOLO OSTA DELLA P

Pag.15


2 E’ diverso dal dire “disoccupato”. Il ragazzino che a 15 anni si iscrive all’ufficio di collocamento mentre ogni mattina va a scuola a Lentini o a Siracusa (sono più di cinquecento) è forse un disoccupato? E gli studenti universitari sono disoccupati? Questo in prima analisi. Andiamo più in fondo. Quanti sono coloro che nel nostro paese lavorano, purtroppo, in nero, restando comunque per il collocamento “disoccupati”? Quanti sono i “picciotti” malpagati che ogni giorno lavorano con i “mastri”, sempre in nero? A questa domanda non è possibile dare una risposta cerca, almeno numericamente. E noi che amiamo la precisione non la diamo. Ma secondo delle stime nazionali, il 70% dei cosiddetti “disoccupati” lavora in nero. Con queste parole non voglio assolutamente sminuire il problema “disoccupazione” che ritengo invece davvero fondamentale, se vogliamo che questo paese cresca e si sviluppi in un certo modo. Il problema, tuttavia, va spostato in un’altra direzione. Non si può più dire, e non lo possono dire i sindacati forti della platea che riescono a richiamare ad ogni manifestazione, che c’è il 30% di disoccupati. Occorre invece dire: il lavoro c’è, bisogna regolarizzarlo. Attivarsi perchè i datori di lavoro, gli imprenditori che assumono in nero possano, invece, mettersi in regola, possano usufruire di agevolazioni. Lo Stato, invece di dare sussidi di disoccupazione, dia sussidi per l’occupazione, diminuendo per esempio tutte le tasse relative alle assunzioni e al mantenimento dei lavoratori per quanto riguarda la previdenza. Spenderebbe probabilmente gli stessi soldi, ma ridurrebbe di certo il lungo elenco dei disoccupati-occupati. Fra l’altro, lo Stato non è che faccia una politica molto conveniente permettendo a chi è iscritto al collocamento, di lavorare in nero , e nello stesso tempo sfruttare i turni della forestale, e sempre nello stesso tempo usufruire dei sussidi di disoccupazione. E il cosiddetto disoccupato, nel nostro paese, chiude l’anno con un bilancio... da impiegato. E i veri disoccupati, i più giovani che non rientra-

L'Aperiodico Giugno/Luglio 1997

L'inchiesta

Pubblichiamo di seguito i dati relativi alla disoccupazione nel Comune di Sortino (aggiornati a Giugno 1997) forniti dall'Ufficio di Collocamento

Iscritti

2956

ISCRITTI CON PRECEDENTI LAVORATIVI AGRICOLTURA INDUSTRIA SERVIZI MANODOPERA GENERICA TOTALE

UOMINI 544 131 75 35

TOTALE 972 133 239 46

785

1390

ISCRITTI SENZA PRECEDENTI LAVORATIVI AGRICOLTURA INDUSTRIA SERVIZI MANODOPERA GENERICA TOTALE

UOMINI 116 29 260 20

TOTALE 414 30 1058 64

425

1566

DATI COMPLESSIVI PER FASCE DI ETÀ AGRICOLTURA INDUSTRIA SERVIZI MANODOPERA GENERICA

25 ANNI 338 61 670 23

TOTALE

1092

MENO DI

A FIANCO I RECENTI ATTI INTIMIDATORI RIVOLTI ALLE SEDE DEI SINDACATI SORTINESI DI CGILCISL-UIL. IL CENTRO IBLEO VIVE MOMENTI DI TENSIONE PER LE PROBLEMATICHE RELATIVE ALLA FORESTALE E ALLA DISOCCUPAZIONE IN GENERE. no più nei turni della forestale, che non usufruiscono di nessun sussidio, subiscono tutte le conseguenze di un sistema che va davvero rivisto. Con questo, nessuna accusa ai lavoratori in nero. In qualche modo bisogna pur andare avanti. Bisogna "arrangiarsi". E’ una nostra caratteristica. Le accuse vanno fatte ai governi, alle amministrazioni, ai sindacati, che continuano a fare orecchie da mercante. Il problema non

25-29 234 4 142 12 392

OLTRE

29

814 98 485 75 1472

si risolve con le parole, con gli scioperi, o almeno non solo con essi. Ci vogliono impegni seri, trasparenti. Regole meno severe dunque per i datori di lavoro, e più controlli da parte dell’Ispettorato per il Lavoro. Smettiamo di commiserarci e ripeterci allo specchio, prendendoci in giro che qui non c’è lavoro. Come fosse quasi una giustificazione. La situazione è difficile. Ci sono realtà particolarmente difficili, ma lasciamo che i giovani credano con ottimismo nel loro futuro. Lo Stato, i Sindacati, nelle loro innumerevoli riunioni e conferenze, riflettano e siano capaci di fare scelte forti, che affrontino veramente il problema. Scelte anche impopolari. Occorre però mettere da parte scontri politici fini a se stessi, numeri di tessere, interessi di convenienza. Giuseppe Matarazzo


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Attualità

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California: bottiglie, carton-pizza, lattine, carte, lavatrici. E i cassonetti? di Cesare Salonia

P

rovate a fantasticare! Pensate di entrare a casa vostra e di trovarvi di fronte a una discarica abusi-

va. Cosa fareste? Certamente non sareste contenti della sorpresa, ma non vi rimarrebbe nessuna scelta, salvo quella di rimboccarvi le maniche per lavorare e ripulire bene tutta la casa.

Fantasia traumatica, me ne rendo conto, ma non senza fondamento. Un esempio? Il degrado ambientale di una delle zone più frequentate dai ragazzi sortinesi: la “California”. Alla California si può incontrare di tutto, dalla bottiglia vuota alla lavatrice scassata. Oltre ad essere un luogo di aggregazione per tanti ragazzi, la California è un luogo d’incontro anche per i rifiuti. Il degrado ambientale e il rischio reale per la salute dei cittadini, mal si conciliano con il ruolo che la “california” ha assunto nell’immaginario giovanile. Alla California mancano i cassonetti per l’immondizia. Nel marzo scorso sono state raccolte in poche ore quattrocento firme, esplicita richiesta di altrettanti giovani, affinchè si possa dotare tutta l’area di un adeguato numero di cassonetti e cestini per contrastare il degrado e dare un segnale di civiltà. E’ ovvio che per dare una certa armonia estetica a questo luogo, i cassonetti da soli non bastano, ma questa è un’altra storia.

IN ALTO A DESTRA LA "CALIFORNIA". A SINISTRA I RIFIUTI INCRIMINATI.

Diamo i numeri !!!

ti a ali pos d a r t s i ll'in rtell Due ca i di distanza a r . 10 met o del paese gress : anapo ' l l e d Valle m? 6 o 7 K 9 Km ? 14 o Melilli:

L'altra faccia della medaglia: i cestini fanno compagnia alle carte ... per terra !!


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Attualità

La scuola media "Columba" organizza la Giornata della legalità

Un impegno quotidiano Inaugurata la sala Falcone-Borsellino

I

l Preside , Giuseppe Frazzetto, ricorda una frase di PierPaolo Pasolini:”La solitudine:bisogna essere molto forti per amare la solitudine; bisogna avere buone gambe e una resistenza fuori dal comune”. E poi aggiunge:”Non tutti possiamo essere fuori dal comune. Ma non possiamo aspettare il sacrificio di altri. L’impegno di lotta deve essere più forte della rassegnazione e della sfiducia.Il senso della legalità non è un valore che si improvvisa. La sua affermazione e la sua crescita sono affidate alla collaborazione di tutti, perchè la forza della legge trionfi sulla legge della forza”.

illegalità. E’ facile chiedere di rispettare le leggi. Chiediamo di più: contrastare l’illegalità”.

Rita Borsellino:“Da quel tragico 19 luglio del 1992 ho capito che dovevo vivere insieme agli altri e per gli altri. Avevo detto che non sarei più tornata in Via D’Amelio. Invece ancora oggi abito lì. “Paolo e Giovanni non sono morti. Siete voi che li tenete vivi. Siete voi che portate con le vostre gambe le loro idee, i loro principi. Vedere i vostri occhi che brillano, per una commozione vera, mi dà la forza di Orazio Mezzio, Sindaco di Sortino:“Grazie sperare.Riappropriamoci della nostra Sig.ra Borsellino, perchè ha cambiato con co- dignità.Stiamo vicini a quelli che ci mostrano raggio la sua vita. La data di oggi è una delle la via della verità. Sosteniamoli con la nostra tappe più importanti per la crescita sociale del intransigenza. Con il nostro impegno quotidianostro paese. Le istituzioni hanno il compito no. di stimolare fiducia, soprattutto nei giovani. La “Vorrei concludere - dice con la speranza è per noi un obbligo”. voce tremante Rita Borsellino ricordando le ultime parole scritIl Prefetto di Siracusa, Elio Priore: “La pre- te da Paolo la mattina prima di senza di Rita Borsellino è già un messaggio essere ucciso, quelle che io eloquente che non ha bisogno di commenti. chiamo il “suo testamento”:”La Da sette anni sento parlare di cultura della le- lotta alla mafia, alle mafie non galità. Ma quest’ultima non è una scienza, una può essere soltanto un’opera di letteratura. Il messaggio che bisogna dare ai repressione affidata ai magistrati giovani è quello di una cultura di contrasto alla e alle forze dell’ordine. Ma è compito di tutti. Deve essere un movimento culturale, morale, reliPovera Patria gioso, che coinvolga tutti, che Povera patria! Schiacciata dagli abusi del potere tutti abitui a sendi gente infame, che non sa cos’è il pudore, tire il fresco prosi credono potenti e gli va bene quello che fanno; fumo della libertà e tutto gli appartiene. che si oppone al

falso, al compromesso, alla complicità”. “Allora - conclude - è compito di ognuno di noi, ognuno nel suo piccolo, nel suo ambiente. Paolo e Giovanni lo hanno dimostrato con la loro vita e con la loro morte. Noi abbiamo l’obbligo di sperare. In questi anni ho partecipato a migliaia di incontri e di intitolazioni a Paolo di piazze e sale. Vi chiedo di non lasciarlo solo in croce. Vi affido la sala. Andate a trovarlo. Salutate Paolo e sentitelo sempre vicino”.

Tra i governanti, quanti perfetti e inutili buffoni! Questo paese è devastato dal dolore... ma non vi danno un po’ di dispiacere quei corpi in terra senza più calore?

A Paolo e Giovanni

Non cambierà, non cambierà no cambierà, forse cambierà.

Lacrime sgorgarono dagli occhi miei di un’amarezza di inutili speranze era piena l’anima mia.

Ma come scusare le iene negli stadi e quelle dei giornali? Nel fango affonda lo stivale dei maiali. Me ne vergogno un poco, e mi fa male vedere un uomo come un animale. Non cambierà, non cambierà, si che cambierà, vedrai che cambierà. Voglio sperare che il mondo torni a quote più normali che possa contemplare il cielo e i fiori, che non si parli più di dittature, se avremo ancora un po’ da vivere... la primavera intanto tarda ad arrivare. Franco Battiato

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A? A CAS RNALE IO G IL EVERE TI! VUOI RIC ABBONA

Da quel volto di donna traspariva il dolore, il dolore di chi soffre la morte del proprio compagno. Quelle scene esaltavano l’orrore di chi si era compiaciuto a uccidere la giustizia. … l’onestà d’animo di uomini che avevano combattuto la mafia. I loro corpi dilaniati dalle bombe giacevano sotto gli occhi sgomenti di gente comune. I loro nomi si aggiungono alle migliaia di vittime di mafia, vittime dell’occulto potere politico. Dacci la forza, Dio, di esaltare i sentimenti di giustizia e di perdono. Gratifica per sempre le loro anime, i loro nomi, il loro ricordo. Dedicata a Paolo Borsellino e Giovanni Falcone

Massimo Palumbo 2 Luglio 1996


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Attualità

Giovanni Falcone Paolo Borsellino

Cinque anni "La lotta alla mafia non può essere soltanto un'opera di repressione affidata ai magistrati e alle forze dell'ordine. Deve essere un movimento culturale, morale, religioso che coinvolge tutti, che tutti abitui a sentire il fresco profumo della libertà, che si oppone al falso, al compromesso, alla complicità". Paolo Borsellino

"Si muore generalmente perché si è soli o perché si è entrati in un gioco troppo grande. Si muore spesso perché non si dispone delle necessarie alleanze, perché si è privi di sostegno. In Sicilia la mafia colpisce i servitori dello Stato che lo Stato non è riuscito a proteggere". Giovanni Falcone

ACIPAS 23 Giugno 1992-1997 5 Anni di Antiracket Tanto è stato fatto. Molto si deve ancora fare. Percorriamo insieme la strada della legalità! Tutti i cittadini che condividono questi principi sono invitati ad associarsi e a partecipare alle attività dell'Acipas

NUMERI DI PUBBLICA UTILITÀ I CITTADINI POSSONO RIVOLGERSI PER EVENTUALI SEGNALAZIONI AI SEGUENTI NUMERI TELEFONICI: CARABINIERI 952103 (ORE DI UFFICIO) VIGILI URBANI 953072 (ORE DI UFFICIO) PRONTO INTERVENTO 112 (24 ORE)


6 Vacanze intelligenti di Luigi Ingaliso

O

gni anno, in questo periodo, si ripete un rituale che, da qualche tempo, è entrato a far parte delle nostre abitudini. Radio, TV e giornali non ci ripetono altro: “Per le vostre vacanze scegliete partenze intelligenti,…orari intelligenti ecc”. La scelta di vacanze intelligenti è diventata l’ossessione degli italiani ! Si fa a gara per superare il vicino e dimostrare che la scelta compiuta, in tema di vacanze, è la più intelligente dell’intero quartiere e, non contenti di ciò, si dà maggiore credito alle proprie convinzioni citando l’onnipotente e l’onnipresente TV: “Sai, stanotte alle tre parto in vacanza ! L’ha consigliato anche la TV!”. Come accade spesso, le informazioni del tubo catodico diventano manie da soddisfare necessariamente o, nei casi più gravi, fabbisogni vitali, senza i quali anche la vita perde di significato. Basta con questa paranoia! Diciamoci la verità: le vacanze sono sempre qualcosa di intelligente si tratta di renderle anche interessanti.

Il pianista di Salvo Zappulla

C

i risiamo. E’ il compleanno di una delle mie figlie, la famiglia come al solito è in fervida attesa dell’avvenimento. Preparativi in grande, ovviamente, e il mio portafogli si appresta a subire un duro e forse irrimediabile salasso. “Quest’anno bisogna fare le cose senza parsimonia” mi annuncia mia moglie. Come se non lo sapessi già. E quando mai si sono accontentati di normali festeggiamenti. Tanto i soldi li caccio io. L’ultima volta invitammo tutti i compagni di scuola, più i parenti e gli amici, quasi si trattasse di un matrimonio; e in più pretesero il musicista di professione che venisse a cantare gli auguri. Ricordo che venne un tizio con la barba lunga che alla fine della serata mi chiese due bei centoni. Portò la fisarmonica, ogni tanto le si impigliava nella barbetta rimediando magre figure. “Quest’anno voglio un professionista vero” mi ordina la consorte, “basta figure meschine con gli invitati. Cerca un pianista”. “E dove lo trovo un pianista? Non mi intendo di musicisti; non so nemmeno chi siano i migliori sul mercato”. “Datti da fare!” Il tono non ammette repliche. Mentre il resto della famiglia si prepara a uscire per fare acquisti, consulto l’enciclopedia. I migliori, Mozart, Chopin, Beethoven… tutti deceduti. Urca che disastro! Ritorna mia moglie dalla cucina, le comunico la notizia con una punta di compiacimento: “I più grandi, Mozart, Chopin, Beethoven sono tutti passati a miglior vita. Ci deve essere stata un’epidemia di pianisti ultimamente”. “Ma quali Chopin, Mozart, non voglio sconosciuti a casa mia. Cerca sull’elenco telefonico piuttosto, troverai il famoso Beppe Michetta”. “E chi è?” “Non lo so, me ne hanno parlato le mie amiche; lo invitano in tutti i ricevimenti, con lui il successo è assicurato”. Escono lasciandomi solo. “Metti il tiramisù dentro il frigo”. L’ultima disposizione prima di chiudere la porta. Ci pensano sempre all’ultimo momento, la

Cultura

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La sfida potrebbe essere, se le parole hanno un senso, trasforma- re l’otium italicum nell’otium latinum. Non vi suggeriamo di rinunciare al sole delle spiagge sicule o al fresco dei monti Iblei, quanto di trovare degli spazi nella giornata da dedicare ad altre attività che mantengano in esercizio la vostra mente. Per quanto ci riguarda il consiglio che vi diamo è di scegliere un buon libro, accompagnato, perché no, da un buon tè freddo. Nel panorama locale non mancano certo spunti di lettura: per iniziare vi suggeriamo qualche libro del nostro concittadino Salvo Zappulla o, per gli amanti dell’urbanistica sortinese, lo “Zaccano con ve-

randa” di Antonio Ciaffaglione. Per coloro i quali, invece, volessero approfondire la storia del nostro territorio vi rammentiamo il volume “Nel Regno dei Siculi” di Dionisio Mollica e la guida “Pantalica” di Aresco e Sanzaro. Agli amanti della cultura nostrana ricordiamo, inoltre, che la casa editrice Prova d’Autore ha iniziato la pubblicazione di una collana economica di volumetti dedicati alla narrativa, che presto troveremo in libreria ed in edicola. Agli habitué della lettura consigliamo un classico, che, come direbbe Calvino, non guasta mai. Ed in questo caso la scelta è illimitata, da Verga ad Asimov. Infine per gli ultras della lettura, come non ricordare il padre Dante, gli intramontabili “Promessi sposi” o qualche poema dell’antichità classica; ai restanti irriducibili suggeriamo il Talmud o le Upanisad. Buone vacanze e buona lettura !

festa è stasera e loro pretendono che io in fretta e furia rimedi il musicista. Consulto l’elenco, trovo il pianista, gli telefono. Fissiamo l’appuntamento. Tra un’ora o poco più sarà a casa mia per metterci d’accordo sul prezzo. Approfitto dell’attesa per leggere un libro. La lettura è così avvincente che non mi accorgo del tempo che passa. Il trillo del campanello mi interrompe mentre sono assorto a leggere uno dei capitoli più belli. Sono contrariato. Già l’idea del musicista per una ricorrenza così ordinaria mi indispone e quindi sono prevenuto nei confronti del tizio che ancora non conosco. Apro la porta. Mi ritrovo di fronte un tipo giovanile, ben vestito. “Lei è il pianista ?”. “Non si vede ?”. “Lo squadro per bene: “Forse i pianisti ce l’hanno scritto in fronte che sono pianisti ?”. “Egregio signore, un pianista lo si riconosce dal trillo del campanello”. “A me è sembrato un comunissimo trillo, brutale e fastidioso”. “Lei è un ignorante. Non ha notato il tocco melodico, delicato, armonioso ?” “No”. “In ogni caso, anche per i non addetti ai lavori, un pianista si può riconoscere dalle dita affusolate”. “Ma lei porta i guanti !”. “Anche i guanti sono affusolati”. Mi è già antipatico, ci tengo a farglielo sapere. “Sappia che il suo arrivo mi ha distolto da una piacevolissima lettura”. Lo invito a entrare. “Ha portato con sé l’attrezzo ?” “Il pianoforte ? Certo che no !” “Allora cos’ha in quella borsetta ?” “Roba personale”. “L’anno scorso il suo collega si è portato la fisarmonica dietro”. “Signore, la fisarmonica non è un pianoforte”. “Come farà a suonare il pianoforte, visto che io in casa non ne posseggo”. “Lo acquisti”. “Quanto costa?” “Un discreto pianoforte a coda, di fabbricazione tedesca, non più di trenta milioni”. Per poco non mi prende un colpo. “Risolveremo il problema” biascico tanto per dire qualcosa. La sua attenzione viene attirata dal pap-

pagallo. “E’ un pappagallo malese?” chiede puntando le dita verso la gabbia. Jonhatan – così si chiama il pappagallo – allunga il becco e per un pelo non gliele tronca. “Ah! Maledetto pappagallo!” Saltella per lo spavento e il dolore. “Guardi mi ha perforato i guanti. Per sua fortuna non mi ha danneggiato le dita, avrebbe dovuto vendere la casa per risarcirmi, le mie dita valgono centinaia di milioni. Imbecille d’un pappagallo, e dire che li ho sempre detestati”. Lo spavento preso me lo ha reso più umano; l’avversione per il pappagallo più simpatico. Finalmente una persona che la pensa come me in materia di pappagalli. Gli offro persino il tiramisù: “Vuole gradire un po’ di tiramisù, tanto per stuzzicare l’appetito?” “Oh, non lo stuzzichi, è già arrabbiato per conto suo”. Affonda le dita della discordia nel tiramisù. Tiro fuori anche la bottiglia del wischy. Prima di sera, quando arrivano gli invitati, abbiamo fatto fuori l’intera bottiglia e il tiramisù. La festa della bambina ottiene grande successo, io e quel simpaticone del pianista abbiamo cantato e suonato la trombetta del nonno riscuotendo applausi a scena aperta. E, quel che più conta, non ho speso nemmeno una lira.

CARICATURA DI LISZT


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Calcio

La gioia dei tifosi, della dirigenza, dell'allenatore per il risultato conseguito

Il Sortino in prima categoria Dopo un'attesa lunga dieci anni di Gabriele Astuto

I

l viaggio di ritorno da Fiumefreddo fu tra i più lungi della mia vita. Dentro la Citroen AX del mio amico eravamo quasi in apnea ed in preda ad un tremendo blocco mentale; il nostro cervello era andato a sbattere sulla traversa della porta del Falcone assieme alla palla calciata da Saro Di Maria. Ci salvò solo una provvidenziale sosta in un’area di servizio, dove consumammo cornetti in quantità industriale, e dove facendoci forza iniziammo a pensare che da quel momento bisognava cercare di vincere il campionato di seconda categoria dell’anno prossimo. Era stato un grande pomeriggio, dalle forti emozioni, e restava impressa nella mia mente l’immagine dei 500 sortinesi che avevano raggiunto lo stadio messinese. Quest’anno il ritorno da San Agata li Battiati, il giorno in cui il Sortino ha vinto il campionato, è stato di tenore diverso. I sortinesi a Battiati non erano 500 ma 7 (non c’era nemmeno il mio amico con l’AX) e la gioia era quasi contenuta, quasi come se si trattasse di un atto dovuto, come se il feeling tra i sortinesi e la squadra si fosse improv-

visamente interrotto. Certo la qualità e il carisma degli avversari non ha mai invitato a trasferte oceaniche; sedermi sotto il sole a strapiombo del campetto di Nesima a mezzogiorno (stile Nino non aver paura di calciare un calcio di rigore …) non era esattamente la stessa cosa delle partite infuocate degli anni scorsi nei campi di Pachino e Floridia. Non c’è dubbio però che non farebbe male un pizzico di attenzione in più dei tifosi verso questa squadra. Anche la vittoria finale è stata una festa quasi indotta, senza cortei spontanei nel paese

alla fine della partita e con uno spettacolo finale in piazza che è servito quantomeno a ravvivare la serata. Adesso giochiamo in prima categoria. Sono sicuro che l’esperienza sarà diversa da quella precedente, conclusasi con la scomparsa del calcio da Sortino. Le basi sono sicuramente diverse. La società si è data una struttura notevole e si è dotata di un settore giovanile di livello regionale. Quindi non sarà necessario stravolgere l’intelaiatura della squadra ma andare avanti con rinforzi graduali attingendo ovviamente anche da settore giovanile, che è composto da elementi già in grado di fare parte della squadra maggiore. Certo sarà una bella lotta dato che i vecchi leoni non cederanno tanto facilmente le loro maglie.

Come dimenticare l’annata del decano della squadra che però si butta su ogni pallone come se fosse la sua prima partita. Di Saro Di Maria conservo forse l’immagine più bella di quest’anno. Quel goal straordinario segnato a tempo abbondantemente scaduto contro il Battiati in un plumbeo pomeriggio di Dicembre. Fu un goal che ci fece credere che questo era l’anno buono, che la promozione sarebbe stata nostra. E allora cari tifosi, riprendiamo a seguire la nostra squadra come facevamo prima. Ci attendo tante trasferte in campi caldissimi contro squadre seguite da numerosi tifosi. Dobbiamo essere in molti. Io ci sarò sicuramente, credo ci sarà anche il mio amico, se non potrà venire spero almeno mi presti l’AX!

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SOPRA ALCUNI MOMENTI DEI FESTEGGIAMENTI. A SINISTRA LA SEDE DELL' A.S. SORTINO CALCIO

A? A CAS RNALE IO G IL EVERE TI! VUOI RIC ABBONA


8 I “cerauli” di S. Paolo di Mario Lonero

S

an Paolo fu proclamato patrono di Palazzolo nel 1689. In passato la mattina del 29 giugno, giorno della festa, una processione di fanciulli, recanti primizie e mazzi di spighe intrecciati con nastri rossi, percorrevano il paese, seguiti dai massari a cavallo. Questi reggevano “u prisenti”, un drappo di seta ricamato, su cui le donne dai balconi buttavano fiori e petali di rose. Venivano poi a centinaia i buoi e le mucche, le capre e le pecore, infiocchettati con nastri rossi e con la effige di S. Paolo sulla fronte. Sia in chiesa, sia per le strade si raccoglievano i “runa”, pani votivi offerti al Santo, consistenti in grosse ciambelle di pasta “cudduri” su cui era impresso a rilievo un serpente o una tarantola. Gli animali, terminata la processione, venivano introdotti in chiesa e fatti inginocchiare all’altare maggiore, davanti alla statua del Santo patrono. Nell’immediato dopoguerra il parroco decise di porre fine all’uso di introdurre animali in chiesa e, il giorno di S. Paolo, sbarrò il portone e lasciò tutti, animali e devoti, dietro la porta. Le proteste si fecero così forti che il popolo scardinò il portone, introdusse gli animali, portò il Santo in processione, assieme al parroco inferocito. Naturalmente la chiesa fu chiusa per un po’ di tempo e sconsacrata: il parroco la ebbe vinta e da allora scomparve l’uso della benedizione degli animali in chiesa. Ma non basta, il Pitrè nella sua raccolta di tradizioni popolari racconta di una processione che si faceva sia a Palazzolo che a Solarino ed era quella chiamata dei “cerauli”. “Lo spettacolo che essa presenta è unico ed invano si cercherà in qualsivoglia altro paese dell’isola. Parlo dei cerauli e dei loro rettili a capo della processione. Diconsi cerauli certi uomini che, nati nella notte tra il 24 e il 25 gennaio, ricorrenza della conversione di S. Paolo, hanno nella credenza popolare virtù veramente straordinarie. Dotati di coraggio che non ha limite, nel maneggiare impunemente vipere, aspidi, scorsoni e rettili velenosi d’ogni maniera, ne guariscono i morsi, tengono fronte ai lupi man-

I mestieri che scompaiono: “I Mitituri” (I Parte*) di Luigi Buccheri

I

n questa puntata sulle nostre tradizioni, illustrerò “a messa” del grano, perché esisteva anche “a messa” del fieno. Già ragazzino di scuola, quando sentivo dire: “pa messa”, “poi na messa”, “ni preparamu pa messa”, ecc., tutte queste frasi evocavano nella mia mente la S. Messa e restavo frastornato nel tentativo di comprendere il vero significato della parola dialettale. Perché, come ho avuto modo di constatare in anni successivi nel nostro mondo agricolo “le messi” del grano erano veramente il clou dei lavori agricoli, sia per la fatica fisica che comportavano, sia per lo spazio di lavoro che si apriva a tutti i “iurnatari”,

Tradizioni

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nari e non si curano neppure dei cani arrabbiati. Indizio di siffatte virtù è la impronta di ragno o di altro insetto velenoso, che essi portano sin dalla nascita sotto la lingua. Quello che importa sapere è il modo che essi tengono per apparecchiarsi alla festa e per provvedersi dei rettili necessari alla processione; e di questo vengo a parlare. Due, tre settimane prima della festa, i cerauli si recano in campagna e, in sul mezzoggiorno, quando il sole è più cocente, danno alla caccia dei serpenti. Il modo è semplicissimo. Prendono un filo d’avena, vi tirano per lungo una sottilisima fenditura e ne formano una sampogna molto primitiva. Così vi soffiano dentro cavandone un fischio, un sibilo acuto, per via del quale i colubri vengono subito fuori. Fischiano e guardano sul colubro apparso, ed il colubro è già “ciarmato”, affascinato dallo sguardo ammaliatore del ceraulo, il quale recitando mentalmente un certo scongiuro che sa solo lui, lo prende e lo mette in tasca. Questo lavoro dura tanti giorni quanti ce ne vogliono a mettere insieme un certo numero di serpi per la funzione. Si dice che lo scongiuro sia il seguente o altro simile: “San Paulu, Maccia d’addauru, Spina pungenti, ‘Un muzzicari a mia, Né mancu la genti!” Ma chi può assicurarlo? Vedeteli in mutande questi uomini misteriosi dai visi magri e lividi, dagli occhi neri e saettanti, ingrottati nelle orbite e difesi dalle folte sopracciglia. Vedeteli con una grossa cuddura sul capo, preceduti dal tamburino e aventi in mano una biscia, chi alle spalle o attorcigliato al collo un colubro dei più lunghi, dei più grossi che si siano mai visti; chi un vassoio con sopra scorsoni ed altre serpi, adorne di gingilli e di nastri multicolori, raccogliendo le offerte di quanti hanno ricevuto o promesso doni”. Quei rettili per opera dei cerauli sono innocui e non sgradevoli, nessuno ne ha paura né ribrezzo. Le cuddure che questi han portato sul capo, vanno offerte a S. Paolo e, perché ritenute sacre, si mettono all’incanto, raggiungendo prezzi talvolta favolosi. Di questo insieme di riti è sopravvissuta solo la raccolta dei pani: “i cudduri”, come nel passato, sono raccolte la mattina della festa con un carro spinto a mano, “u carru ro pani”, con la musica, lo stendardo in legno dorato, il pane viene poi venduto all’incanto davanti alla chiesa. Oggi il momento più importante della festa è “a sciuta”: all’una in punto del 29 giugno in

piena canicola, il simulacro del santo (opera dello scultore Lorefice del 1507) esce dalla porta principale della bellissima basilica, già dedicata a S. Sofia, portato sulla “vara” da centinaia di uomini a “spadda nura”, con un fazzoletto annodato sul collo (in origine alla fronte). Segue un numeroso corteo di donne scalze mentre dall’alto del campanile piovono “’nzaiareddi” fettucce di carta colorata a mò di nastri recanti la scritta “W S. Paolo patrono di Palazzolo”. Quindi vengono fatti scendere dal campanile fin giù alla strada due angeli in carta pesta: questo lancio è importante ed è considerato di buon auspicio se durante il percorso non inciampa e si ferma. Particolarmente contesi dai giovani sono i lunghi stendardi di velluto rosso con ricamato lo stemma di S. Paolo; una spada su cui si attorciglia il serpente. Nonostante la sua popolarità, il santo patrono deve stare attento a non oltrepassare, durante la processione, i confini della sua parrocchia, che nel passato vennero descrittti anche in pubblici documenti: ogni piccola trasgressione provoca furibonde liti con gli abitanti del quartiere alto di S. Sebastiano.

anche forestieri, ed infine perché era la premessa del raccolto ormai prossimo. “A messa” in pratica si preannunciava sin dalla semina, perché ogni singola ditta organizzava la quantità di terreni da mettere a coltura ed il quantitativo di sementi da adoperare. Man mano che l’anno agrario si snocciolava tutta la fraseologia era adeguata, ad esempio: “poi ne misi ranni”, ossia via via che il sole dal solstizio d’inverno si avvicina all’equinozio di primavera ed al solstizio estivo, le giornate di pari passo si allungano e di conseguenza creano “i misi ranni” che erano il viatico per un crescendo di lavori che si susseguivano senza sosta dall’alba al tramonto ed anche prima e dopo, perché chi si recava in paese a per-

nottare, all’alba doveva essere all’”antu” fino al tramonto. “A messa del grano” nell’ordine è preceduta da quella del fieno che a parte la

FESTA DI SAN PAOLO


L'Aperiodico Giugno/Luglio 1997 fatica e l’impegno è completamente diversa nella tecnica. “A messa” era preceduta da una fase preparatoria molto meticolosa: 1) le donne provvedevano in paese a “fari a ‘nchiusa ri ‘ncucciatu”, una sorta di ditalini piccolissimi, tipo cuscus, presso i pastifici locali: nella Via Mida quello “dei Carpinteri”, ove operava in qualità di pastaro il rinomato “Don Ignazio Puglisi”, il quale si era premurato a mettere nei locali una targhetta che diceva: “la bestemmia è un reato”. In Piazza S.Sofia vi era il pastificio dei Serges. 2) dovevano provvedere a preparare gli indumenti tipici delle “messi”: “manichetri”, dei bracciali che venivano legati sopra il gomito rinforzati nella parte superiore con delle pelli. Da qui il detto “s’attaccau i manichetri” per indicare una persona energica. 3) “u pittularu o pitturali”, per proteggere tutto il corpo sia durante la mietitura o la “‘nfasciatura ‘de legni”. 4) l’ombroso cappello, doveva essere fornito da due asole per essere legato al mento. I compiti dell’uomo: 1) provvedere a far preparare dal fabbro: “fauci che renti e fauscigghiuni che renti”, che in seguito sono state sostituite “da fauci a tagghiu”. Questa si diffuse per l’opera di abili artigiani nel lentinese, in quanto essendo terreni pianeggianti e meno pietrosi ne consentivano l’uso e si ispiravano ai falcioni molto usati nel nord. Le falci con i denti dovevano essere “ridentellate” e ritemprate dal fabbro, magari dopo un giorno di lavoro, duravano di più i “fauscigghiuni”, comunque erano abbastanza noiosi per l’andirivieni che bisognava fare dal fabbro. Quindi appena apparse la “fauci a tagghiu” fu subito apprezzata in quanto poteva essere affilata sovente sul posto, con una pietra smeriglio. Infatti la falce, appena sul taglio forma una patina di sporco per la polvere e l’umidità dell’erba inizia a non tagliare più, mettendo a dura prova il lavoratore. Però le prime “fauci a tagghiu” erano pesanti e bisognava fare uno sforzo tipo sollevamento pesi per reggerla, quindi si sollecitava l’abilità dell’artigiano per renderla più sottile e meno pesante. Tant’è che “u mitituri” alternava “fauci a tagghiu” con “fauci che renti”, leggerissime. Finché i “fauci a tagghiu” furono prodotte in serie dall’industria e rese leggerissime “commu na frinnula”. 2) Preparare i “cannetri” che servono a proteggere le dita della mano sinistra, escluso il pollice, eccezionalmente si può fare a meno dell’indice. 3) Durante le “messi” ci si concedeva un sorso di vino, che asciuga il su-

Tradizioni dore, il quale andava sistemato “nò varriletru” e si attingeva attraverso un buchino tappato da un nodo di paglia. In pratica bisogna succhiare dando dei “bacetti”, ciò crea molto gusto e refrigerio. Il vino è vietato ai ragazzi, perché “ci crisci u baffu”. Dopo tutta questa meticolosa preparazione si iniziavano i primi assaggi dando la precedenza alle fave, (le quali

vanno mietute con la tecnica del fieno), poi “alena” (avena) e dopo “l’oriu”(l’orzo), il quale va mietuto molto secco altrimenti fa “a palummetra”, mentre l’avena ed i grani si possono mietere “ntiniri”. Non soffrono di questi guai. Se l’orzo non era pronto ci si dedicava ai primi grani “chiù prummintii”, oppure in terreni “‘ca fanu chiù marina”, ossia terreni a quote inferiori o più caldi, in parole semplici le zone di Siracusa sono “marina”, mentre nelle zone di Sortino, Ferla, Cassaro e Buccheri le “messi” sono più tardive. Però nella stessa zona vi sono differenze particolari che davano modo di giostrare l’organizzazione del lavoro. Infatti i “iurnatari” mietitori di professione venivano da Avola, poi facevano 20-25 giorni qui e salivano verso Ferla, assommando circa due mesi di mietitura. Per noi a Sortino la mietitura era circa un mese. Dopo questa lunga spiegazione sulla preparazione bisogna passare alla descrizione della tecnica vera e propria, che ovviamente è completamente scomparsa è resta nella mente dei nostri anziani, che se fossero in grado di descriverla sarebbero una fonte inesauribile di informazioni sulle nostre tradizioni. “L’antu” del grano era amato e temuto nello stesso tempo per vari motivi. Intanto ci si presentava bardati di tutto punto, con tutto l’ar-

9 mamentario che mi sono dilungato a descrivere. Inoltre, se andiamo indietro in tempi più remoti, era quasi proibito togliersi la camicia per una sorta di pudore frammisto a morale intriso di ipocrisia, tant’è che se qualche soggetto era a lutto portava una pettorina nera, la lunghissima giornata ed il caldo facevano il resto. La tecnica può essere spiegata semplicemente. Una volta che il giovane mietitore ha indossato i “cannetri” nella mano sinistra, con la destra impugna la falce ed in contemporanea con la falce raccoglie un gruppetto di spighe, le quali riunite vengono agguantate dalla sinistra, molto impacciata dai “cannetri”, qui immancabilmente si commette l’errore di tirare con entrambe le mani,facendo venire le piantine di grano con tutte le radici cosa imperdonabile, perché il terriccio andando a finire nella produzione la deprezzava. Quindi bisognava imporsi la disciplina di tenere ferma la sinistra tirando la destra con la falce. Si stentava un po’ a coordinare i movimenti, ma dietro l’attenta guida dell’adulto alla fine si apprendeva la tecnica, mentre l’adulto spaziava sull’”anto”, il ragazzo restava in un angolino a perfezionare la propria tecnica con qualche urlaccio che tuonava: “ci nà dari picca ravanti a fauci”. Frase che simboleggia anche una persona che parla molto, magari a vanvera. Appunto: “chissu mi pari cà assai ci ni runa ravanti a fauci”. Quando il ragazzo iniziava a sentirsi sicuro e si lasciava prendere dall’entusiasmo nasceva il pericolo che la falce che doveva sempre finire sotto la mano sinistra andava a finire leggermente più alta andandosi ad infilare tra le dita protette dai “cannetri”, ma la stessa andando a lambire la nuda carne faceva la prima ferita. In alcuni casi il ragazzo si metteva a piangere o più stoicamente abbozzava una smorfia, l’adulto con vari metodi provvedeva a frenare il sangue che grazie al caldo estivo si raggrumava subito. 2° pericolo: non dosando opportunamente lo sforzo nei coordinamenti la gamba che sostava più avanti, di solito la destra veniva colpita dalla falce sotto il ginocchio, creando vari tagli. Quindi è facile capire che il coordinamento e lo sforzo ha tutta una sua tecnica particolare che va perfezionata sul campo, ma il tempo c’era ed i campi anche. *La seconda sarà pubblicata nel prossimo numero

Nunzio Bonnici, dipingere un sogno: una realtà migliore! Nunzio Bonnici, nato a Siracusa nel 1929, un pittore antiaccademico, un autodidatta che è riuscito ad imporsi nel panorama artistico non solo siracusano. Le sue origini sono sortinesi. Un artista che ha dipinto una realtà “desiderata”. Contro una realtà che ci circonda, fatta di compromessi e di condizionamenti. Ha partecipato nel 1957 alla Mostra Nazionale di Trieste. Nel 1967 una personale alla Galleria d’arte internazionale di Firenze. Presente in numerose Collettive Nazionali e a varie Estemporanee di pittura. Tra le sue opere ricordiamo la Ma-

donna Negra, Il Venerdì Santo, Donne al Sole, Le Colline, Mareggiata, Villaggio al Sole, A Sera... Ad alcuni mesi della scomparsa, ci siamo trovati a parlare con il figlio Salvo, che ha seguito le orme del padre, intraprendendo una grande carriera artistica che lo ha portato ad esposizioni internazionali in Giappone, in Argentina, inserendosi nel panorama artistico nazionale. Il prof. Salvo Bonnici ci ha rivelato un sentimento di attaccamento al paese di Sortino, confidandoci di avere il piacere di creare una mostra permanente dei quadri del padre. Tra l’altro ricordiamo che Nunzio Bonnici nel 1985 vinse il primo premio nella mostra organizzata in occasione della Sagra del Miele (nella foto con il sindaco Pippo Parlato).


10 Mondi virtuali

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Tecnologia

Si pensi alle aree che traggono maggior beneficio da questa tecnologia come la manipolazione molecolare, la modellizzazione e la prova di operazioni e procedure mediche, oppure di Vincenzo Mosca la possibilità di visitare luoghi inaccessibili quali l’interno di un vulcano, lo spazio estremo, il n anno fa la realtà virtuale Internet, chia- corpo di un paziente vivo, visitare luoghi che mata VRLM in virtù del Virtual Reality non esistono più, creare visualizzazioni artiModeling Language su cui si basa, ap- stiche impossibili, creare poesia virtuale, creparteneva ancora al futuro. Oggi ha raggiunto are mondi che sfidano la fisica … uno stadio in cui sono emerse numerosissime La realtà virtuale è senza dubbio l’argomento applicazioni scientifiche, commerciali e di che più stimola la fantasia, l’immaginazione, intrattenimento, nonostante i mezzi tecnologi- la creatività di chi opera nel settore informatico. ci e gli standard di programmazione del setto- Nell’intento di appagare, perlomeno parzialre siano ancora agli albori. mente, la curiosità del lettore che si accinge La realtà virtuale è un sistema computerizzato per la prima volta a tali tematiche, ritengo utile che può immergere l’utente nell’illusione di un ed interessante considerare un’applicazione mondo generato dal computer e permette ad online sviluppata da un gruppo di studiosi itaesso di navigare in questo mondo a suo liani, per celebrare e valorizzare il monumento piacimento. “simbolo della fusione tra tecnica e arte”: la Cupola del Brunelleschi della Cattedrale di S. Maria del Fiore di Firenze, la [ProArt Home Page] cui realizzazione e bellez[Cupola Live] za è ancora oggetto di me[I Segreti di Firenze - The Secrets of Florence] raviglia e di fascino miste[Archeologia-Archaeology] rioso. [Arti Figurative-Arts: painting, architecture] L’iniziativa Cupola Live, che [Arti Letterarie-Literature] lo studio Proposte Artisti[Musei - Accademie-Museums - Academies] che di Firenze ha realizza[Fondazioni - Istituti Culturali-Foundations - Cultural to in occasione dei 700 anni Istitutes] della costruzione del Duo[Arti dei metalli preziosi-Metal Arts and Mosaics] mo di Firenze (8 Settem[Restauro-Restoration Art] bre 1296-1996), mira a far [Arti del tessuto antico-Antique Textile Arts] conoscere, sotto un nuovo [Musica-Music] aspetto, un’opera che vive [Danza-Dance] nel cuore di Firenze. Gli ele[Teatro-Theater] menti del progetto fanno [Links] leva proprio sulle nuove tec[Spiders] nologie: Internet, Realtà [Premi e Recensioni-Awards & Review] Virtuale, Multimedialità e WebCam. La sfida consiste nel riuscire a fondere strumenti innovativi rispettando la natura profondamente umana di un’opera d’arte. Entrando nel sito http:// w w w. d a t a . i t / p r o p a r t / cupola.htm si può visitare, in maniera interattiva ed in tre dimensioni, la Cupola del Brunelleschi, entrare all’interno della Lanterna e, attraverso la Colonna Cava, nel cuspide (o pergamena)

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e successivamente nella Palla. Il progetto Cupola Live comprende anche un View Point System (un sistema per visite dal vivo in tempo reale) che invia immagini da una Webcam, una piccola telecamera, posizionata a circa 110 metri di altezza nella parte finale della cuspide del Duomo, permettendo una vasta panoramica in tempo reale della parte più significativa della città. Inoltre le innumerevoli informazioni, corredate anche da suoni, immagini e filmati, rendono il sito web davvero avvincente ed interessante. Chiudendo la connessione al sito di Firenze l’immaginazione vola verso una realtà più vicina alla nostra vita quotidiana: Pantalica. Immaginiamo un sito internet su Pantalica, con informazioni storiche, immagini dei luoghi più suggestivi, suoni tipici del luogo, filmati e passeggiate virtuali nelle grotte o lungo il fiume, notizie su Sortino e i suoi monumenti, sulle maggiori attività artigianali, sulle tradizioni popolari … Fantasie virtuali o reali ? NELLA

FIGURA A SINISTRA SONO INDICATE ALCUNE INFORMAZIONI OFFERTE DAL SITO. IN ALTO È INDACATA LA POSIZIONE DELLA WEBCAM SUL DUOMO DI FIRENZE.


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Roberto Sequenzia tra sacralità e surrealismo

L

a pittura di Roberto Sequenzia ci porta in un mondo irreale e suggestivo e pone una tematica psicologica profonda emanando nell’insieme una ispirazione poetica e delicata. Il pittore nelle sue opere da un profondo scoramento e sconforto, che esprime con tinte abbrunite, ad un accenno di fiducia nel futuro per il risorgere dell’umanità, sino a raggiungere la speranza di un barlume di gioia colorata di tenui rosa o di azzurri profondi. Il silenzio che è sintomo di riflessione profonda è il substrato che permea tutte le opere del Sequenzia; silenzio e meditazione, interrogazione con se stesso sul presente e sul mistero dell’inconscio e del futuro. Le figure umane vengono portate a simbolo di una umanità che si pone come anelante ad un avvenire fondato sui valori primari della vita: la cultura, la civiltà, l’ordine democratico. Al di fuori, in- teressata al destino dell’uomo, c’è una Entità Suprema che il pittore non raffigura ponendola come Entità astratta ed immateriale, una Divinità sacra o pagana che col tratto della mano poggiato sul libro della scienza e della vita umana indica all’umanità straziata dalla guerre nucleari e dal letale progresso tecnologico un nuovo spirito di verità assoluta ed incomparabile, vero ed unico valore umano: la scienza a servizio dell’umanità. S’appare in alcune opere una forma di ellenismo che riporta ad una lontana civiltà felice e colta che è nel subcosciente del pittore in cui si indugia con piacere. In una opera si intravede la mano della Divinità ignota che s’accinge a scrivere e segnare il destino dell’uomo che è totalmente assente accanto ad un edificio vuoto e disabitato. E’ l’alba della creazione, è il subconscio che ancora si cela nell’animo umano, è il futuro destino della creatura che è ancora da tracciarsi. Ogni opera di Roberto Sequenzia dimostra una maturità di pensiero e nello stesso tempo arte e poesia, filosofia e realtà, materia e spirito, sentimento e gestualità, il tutto in una simbiosi perfetta che lascia molto alla immaginazione ed alla riflessione. M. Ferrauto

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Arte CURRICULUM Roberto Sequenzia è nato a Sortino, dove vive e lavora. Svolge attività artistica fin dal 1970. Ha esposto a mostre e rassegne nazionali ed internazionali di pittura conseguendo ambiti premi e riconoscimenti. Tra i più importanti da ricordare, il 2° premio al concorso internazionale di pittura-grafica-scultura “Salvatore Dalì” milano, 1985, il riconoscimento per l’arte e la letteratura trofeo “Venus”, l’oscar di Montecarlo ’85, il primo premio collettiva “Arte e Amicizia” Siracusa, medaglia e diploma alla 17° Mostra internazionale ASLA ’84, Palermo, 1° premio al concorso di pittura “La settimana Santa” 1986, Sortino. “… La peculiare sua caratteristica è la capacità tecnica espressiva, proveniente dalle doti innate messe a frutto dall’assidua e scrupolosa metodica esercitazione applicata alla riproposizione fedele dei grandi capolavori ed alla realizzazione di una rittrattistica iperrealistica, cui, del resto, hanno corrisposto gli approcci impegnativi con l’arte moderna, soprattutto delle pittura metafisica e della simbolistica; arte moderna intravista, tuttavia, con l’occhio di chi sa distinguere l’essenziale dal fatuo e superfluo per coglierne i tratti positivi e rivalutarli in un’ottica superiore, di fusione tra contenuto e forma, tra linea e colore, che motivizzino ed esaltino il messaggio polival e n t e soggettivistico moderno inquadrato nel linguaggio intramontabile e inderogabile dell’obiettività ontologica …”

Inno a Santa Sofia Dall’oriente un prodigio divino Ti condusse in quest’umile suolo A indicarci il più retto cammino, o fanciulla con la treccia d’oro. Rit.

O Vergine e Martire Santa Sofia nei tempi oscuri non ci lasciare! Sii buona guida al nostro errare, chiedi per noi le Tue Virtù. O Vergine e Martire Santa Sofia nostra Patrona, con noi rimani, dà Luce a quei sentieri arcani che fino a Dio giungano, ognor!

Qual Mirabil Sapienza sorprese e infiammò di quel popol i cuori! Quelle dotte parol tanto attese, qual sostegno e conforto ai dolori! Una povera grotta Ti accolse Per sfuggire al furore paterno, dove un raggio di Luce Ti avvolse, dove assorta pregavi l’Eterno. Sul Tuo fragile corpo indifeso man di rozzi soldati pagani Ti reciser la treccia. Ma illeso Il Tuo Credo li rese inumani. Qual miracolo in quel luogo amato! Sgorgò acqua d’incanto che profetici segni ha donato ai devoti dal cuore infranto! Al cospetto del padre furente Tu non fosTi giammai ardita. Per la fede Tua forte e vincente accettasTi di dar la Tua Vita. Roberto Sequenzia IN ALTO A SINISTRA R. SEQUENZIA. IN BASSO IL GRUPPO FOLCLORISTICO "LA ZAGARA" COSTITUITO NEL 1977 DA SEQUENZIA. NELLA PAGINA ALCUNE SUE OPERE.


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Poesie

Ciumi zzà Pasqua

Nostalgia

Quanti fimmini ca t’hannu vantatu pì l’acqua tò biniritta e bedda quanti robbi nni tia hannu lavatu vinennu ddocu cu la truscitedda.

La mia infanzia è sepolta laggiù, tra le colline, ove, d’estate, l’aria s’impregna dell’odore di zagara sbocciata e un lindo cimitero custodisce gli affetti e le speranze. La vita matrigna m’ha costretto assai lontano da quei luoghi di sogno e sento dentro che qualcosa s’è rotto: ho lasciato laggiù, tra le stoppie bruciate, una parte di me, la migliore. Eppure, chissà, forse un giorno

’Sti fimmineddi tutti ddunucchiati attornu la tò sponda pì lavari accussì passavunu li jurnati accurzannu travagghiu cò cantari. ’St’acqua sirviva poi p’abbivirari li giardini d’aranci da cuntrata t’avivunu pì forza apprizzari la vita era tantu travagghiata. Oggi nun viri cchiù ddri lavannari, nun senti cchiù mancu la sà cantata sai ca lu travagghiu tu l’ha fari cu la tò acqua sempri cchiù ‘nquinata.

passerò da quei luoghi senza una stretta al cuore, ignoto a tutti, come uno straniero.

Giuseppe Rio 1988

Giuseppe Briganti

VIDEO & MUSIC

Sintiti sciurtinisi Sintiti ‘sta storia sciurtinisi vu riurdati primma lu paisi ca di tutta la pruvincia era ammintuatu picchì era sempri frequentatu. Tutti li siri c’era la genti soprattuttu a li quattru canti e l’amici e li cumpari ‘ddrocu si iunu a ‘ncuntrari e quannu ‘cca tutti erunu aiunti si cuntaunu li so cunti parrannu di li fatti di la iurnata ci passava la sirata e pi livarisi de quattru cantuneri si iunu a fari lu biccheri ma almenu finu all’una peri peri c’era sempri la pirsuna. Ora lu paisi va canciannu i picciotti vanu sbambannu a sira c’è picca genti

picchì ci su strani muvimenti cu si punci cu s’affummazza e scumparunu di la chiazza e si a qualcunu voi truvari ne locali ta iri a ‘nfilari e nun sapennu unni iri unu sempri ‘ddra va a finiri e macari a dritta a dritta ognunu si fa la so filitta. Ma riturnannu a discussioni facemu sta riflessioni commu si fa a nun sciri pi simani e simani ‘nteri? Commu si fa a stari boni virennisi a televisioni? pi passari la sirata nun c’è megghiu di na passiata parrari cu l’amici e li pirsuni e non stari rintra comu tanti minchiuni. Fabio Franzò

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Libri

Pantalica l’eterno fascino del tempo Nel continuo ed eterno gioco del susseguirsi delle stagioni, la primavera gode di alcuni vantaggi che la rendono eternamente vincente. I colori, i profumi, il clima e, soprattutto, lo scacco alla precedente e perennemente errata “manche” invernale, risvegliano la curiosità e l’attenzione assopitesi nei freddi e bui mesi che via via si allontanano. In particolare, l’individuo continuamente attratto ed affascinato dalla natura risente maggiormente di tale cambiamento e, pertanto, con estrema facilità si ritrova, già nelle prime ore delle giornate dedicate al riposo dall’attività lavorativa, a dover maneggiare attrezzature utili all’escursionista. Zaino, giacca a vento, mappa e macchina fotografica costituiscono l’equi-

Aspetta ca tu cuntu Scuola Media Statale di Lentini “Riccardo da Lentini”. Gli alunni della 2 sez.E “Quest’opera rappresenta un’esperienza didattica particolare: è nata dall’affetto e dall’affiatamento che lega tra loro gli insegnanti e questi con la classe che si è impegnata nel lavoro; ha segnato un momento di crescita, di cammino, di scoperta. Insieme, educatori ed alunni, hanno unito le loro esperienze, hanno voluto capirsi e capire la loro realtà, hanno voluto esprimere un atto d’amore per la città nella quale sono nati, vivono ed operano; dalla quale si aspettano accoglienza per le loro speranze”. Il Preside Prof. Sebastiano Catalano

Zàccano con veranda di Sebastiano La Pila “…scelte le migliori pietre di calce, si lasceranno macerare per molto tempo prima di adoperarle acciocchè, se mai vi sarà qualche pietra poco cotta nella fornace, col lungo fermento ridotta dall’acqua a spegnersi, si lieviterà ugualmente anch’essa. In percciocche’, se si adopererà fresca e non macerata, stesa che sia, getterà fuori delle [bullette], per le pietruzze crude rimastevi nascoste: le quali pietruzze sono quelle, che messe in opera, quando vanno a stemperarsi, rompono e guastano il liscio dell’intonaco…”. E’ il De Architectura di Marco Vitruvio Pollione, architetto della Roma augustea (I sec. a.C.), geniale precursore degli intonaci perfetti. Marco Vitruvio Pollione, probabilmente, non conosceva gli zaccani, né con veranda né senza veranda. Tony Ciaffaglione, antiArchitetto del “2000 A.C.”, nel pieno epicentro “del dibattito architettonico degli ultimi anni”, avrebbe il suo bel da fare a spiegare all’illustre collega che cos’è lo Zaccano con Veranda. o “il fenomenale minizaccano”. Tony Ciaffaglione nel suo originale Zaccano con Veranda, scrive, con l’intelligenza dell’ironia, del “paese che si avvia a percorrere i viali della

paggiamento essenziale di colui che ha scelto il trekking quale principale e salutare attività sportiva. Nella nostra esperienza, uno degli scenari più suggestivi, facilmente raggiungibile, esempio di fusione tra archeologia e natura e, pertanto, meta preferita è la Necropoli di Pantalica. La scelta viene dettata non soltanto dai motivi appena specificati, ma soprattutto dalle diverse possibilità escursionistiche offerte da tale zona. Come proposto in una recente pubblicazione (E. Sanzaro – C. Aresco, PANTALICA – Guida completa per conoscere la Necropoli, Il Ponte Edizioni, 1997), gli Autori identificano alcuni itinerari, al fine di fornire ai visitatori un’utile indicazione per la loro scelta, secondo le difficoltà oggettive che stagionalmente il terreno presenta ed in base “Non vogliamo produrci nelle solite p r e s e n t a z i o n i iconograficamente scontate. Vogliamo solo dire che lavorando tutti insieme ci siamo divertiti. Abbiamo ritrovato l’entusiasmo, la voglia di “giocare” dei nostri anni lontani. Anche per noi quest’opera è stata il pretesto per un viaggio a ritroso: ma dentro di noi. Aiutando i ragazzi, esseri puri senza passato, a ritrovare il passato degli altri, ci siamo fatti un po’ bambini noi stessi, ritrovando la fresca gioia della “scoperta”. Gli insegnanti

gloria patinata da rivista “à la mode”, di minizaccani e zaccani incappellati, pluviali arancioni e fasce marcapiano pluricromatiche, descrive un’architettura urbana che, improvvisamente, diventa rupestre. E lo fa in maniera spumeggiante, ironica, opportunamente mordace e non poco dilettevole, dedicando il frutto delle sue argute osservazioni “a tutti coloro che hanno a cuore il problema dell’ambiente urbano modificato dall’uomo”. Nel saggio, tra il serio (la pochezza delle soluzioni architettoniche oggi usate a Sortino) ed il faceto (le interviste Doxa concluse in birreria o “a mangiare ricotta”), l’autore ripercorre le tappe dell’evoluzione della specie tipologica abitativa sortinese: una sorta di adattamento del tempio greco alle individuali esigenze del “cliente”. Nasce così, nell’“apoteosi del gesto creativo” quel clone che è lo zaccano con veranda. Un clone partorito dai “virtuosi dell’Autocad”, tecnici dello zaccano e figli dei

13 al punto di partenza raggiunto per l’escursione. Dei quattro percorsi consigliati (A Pantalica da Sortino – Itiner. 1, a Pantalica da Ferla – Itiner. 2, la Valle dell’Anapo – Itiner. 3, il giro della Rocca – Itiner. 4) il più elementare, ma certamente non meno importante, è l’antico tracciato della ferrovia SiracusaVizzini (Itinerario 3) che, costeggiando il fiume Anapo, infonde suggestive immagini anche al turista più distratto. La guida, completa di fotografie a colori, mappa della necropoli e traduzione in lingua inglese, offre l’opportunità di far conoscere ed apprezzare uno degli angoli più interessanti ed affascinanti della nostra terra. C. A. E. S.

Aspetta ca tu cuntu” è un libro che suscita diverse sensazioni, e dal quale si possono tirare fuori moltissimi aspetti della nostra realtà: le tradizioni, il folklore, i gesti, i detti. E’ una ricerca che va premiata. Ancor più perchè a promuoverla è la scuola e gli autori sono i ragazzi. “Aspetta ca tu cuntu” è un’esigenza di comunicare, di scoprire la storia di un paese, del proprio paese. Di scoprire che in Sicilia non c’è solo mafia. Di scoprire con orgoglio la ricchezza del nostro passato. In queste pagine i ragazzi hanno percorso un viaggio nella memoria, facendo della parola un messaggio, un gioco, un canto, una favola. g.m.

nuovi strumenti informatici che creano in serie, vittime inconsapevoli di infiniti “registra col nome”. Ciaffaglione si sofferma, così, sugli elementi costruttivi ed antropologici che definiscono formalmente e nella propria naturale realtà lo zaccano: dalla radice tipologica del tempio greco [sic!] ai distruttivi interventi di maquillage cui “sovrintendono le maestranze locali“. Sortino si colloca, in tal modo, con l’indispensabile contributo di Ufficio Tecnico Comunale e Commissione Edilizia, nonché di “tecnici zaccaneschi” profondi conoscitori del locale Regolamento Edilizio, “… tra i maggiori centri minori siciliani con più alta percentuale di zaccani con veranda…”. Tradotta in astrazione matematica, la filosofia urbanistica dell’“homo xutiniensis” diventa una surreale equazione di primo grado: “UTC/ 2+(CE) - 1= ZX dove X è la variabile e Z è la costante che naturalmente sta per zaccano”. “La saggistica”, conclude Ciaffaglione, non ha il il potere di “intaccare il processo zaccanesco…”. Ed è vero. Ma almeno coinvolge il lettore, lo trasporta in una novella urbanistica moderna e gli insinua il dubbio.


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Le immagini raccontano

L'Aperiodico Giugno/Luglio 1997

Si è concluso il corso di “Educazione agroalimetare L’ape e il miele” rivolto ai bambini della scuola elementare di Sortino

Alla Calif ornia Sto p all'alta v elocità !!

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Hai curiosità fotografiche su Sortino ? Inviale all'Aperiodico ! Utilizza la cassetta postale situata al Circolo Rinascita.

Rally Mare Monti 1997

Consegnato

"L'ape d'Oro '97" ai Cappuccin i

Ancora chiusa !


L'Aperiodico Giugno/Luglio 1997

Via i vetri da piazza S. Pietro Caro Giuseppe, sono una bambina di 21 mesi e ti scrivo perchè mi vedo costretta, in così tenera età, a rivolgermi al direttore di un giornale per cercare di risolvere un problema. Tutto è iniziato quando è arrivato il bel tempo, quando papà e mamma hanno cominciato a portarmi nella piazza antistante la Chiesetta di S.Pietro. E’ accaduto che essendo ancora molto piccola e quindi ancora insicura nel camminare sono caduta. Il fatto in sè non ha niente di particolare (cado decine di volte al giorno), però quando mamma mi ha tirato su avevo le gambette piene di una cosa rossa. Io non capivo cosa era, ma poi mamma mi ha spiegato che era sangue ed il sangue usciva dalle mie gambe perchè cadendo mi ero tagliata con i vetri che ci sono nella piazza. (E’ una vergogna!!!!). Questa prima spiegazione io non l’ho capita tanto, infatti, non riuscivo a spiegarmi come mai nelle centinaia di cadute “casalinghe” non mi era mai uscito sangue ed invece alla prima caduta al “chiano” (io lo chiamo così) si. Due giorni dopo sono tornata al chiano, stavolta con mio zio, ma anche con lui sono caduta e nuovamente mi è uscito sangue. Quando sono tornata a casa, piangendo ho detto a papà di togliere i vetri dal chiano (stavolta avevo capito cosa era stato a tagliarmi le ginocchia e la manina), ma papà mi ha risposto che non era compito suo farlo, ma era dovere di chi amministra Sortino. Cosa volesse dire non l’ho capito, però ho sentito subito dopo papà che diceva a mamma che aveva parlato già tre volte con il sindaco e due volte con il Presi-

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L'angolo della posta dente del Consiglio. Io chi sono questi due, francamente, non lo so, ma immagino che devono essere due persone importanti. Purtroppo poverini, visto che da allora è già passato parecchio tempo, e niente è stato fatto, ho capito che i due o sono sordi o sono scemi. Il chiano resta pieno di vetri. Ora, visto che fa più caldo e mamma insiste sempre più nel vestirmi con gonne e pantaloncini ho pensato fra me e me: se questo problemino (per chi cammina tranquillamente e bene), che per me è un problemone, non lo risolvo da sola, va a finire che al termine dell’estate sarò combinata un “Santo Lazzaro” (cosa vuol dire non lo so, ma lo dice spesso

riamente, fin quando il chiano non sarà pulito, in campagna. Dove? O in quella del Sindaco o in quella del Presidente del Consiglio. Marta

Piccola Marta, non posso che ringraziarti per la lettera che mi hai inviato. L’ho letta con particolare attenzione e molta emozione. E’ la prima che ricevo come Direttore dell’Aperiodico. Sono lieto di poter inaugurare questo spazio dedicato ai lettori, con la tua lettera, con la lettera di una bambina. Ritengo sia significativo. Il problema che hai sollevato sarà, come hai scritto, un problemino per qualcuno, ma non per te. Questo è uno dei tanti problemini del nostro, e ti assicuro, anche di tanti altri paesi e città. Eppure sono proprio i problemini a dare, a volte, più fastidio. E poi - ti chiederai - se si tratta UNA BIMBA GIOCA IN PIAZZA S. PIETRO. di problemini non dovrebSOTTO I VETRI SPARSI PER LA PIAZZA. be essere più facile anche risolverli? Certo. Solo che sono talmente piccoli che se non si è attenti, non si vedono.Figuriamoci se si è sordi o scemi, come tu dici. Mi auguro che quando avrai il giornale in mano, gli amministratori abbiano fatto il loro dovere e il “chiano “ sia pulito. In caso contrario ci penserà il nostro giornale a ricordarglielo.E magari potrai leggere queste pagine (o ascoltarle da nonna). Quindi ho deciso di scriverti nella speranza che mamma e papà) proprio al “chiano” di S.Pietro. tu questa lettera la pubblichi sul prossimo nu- Ringrazio i genitori di Marta per l’attenzione e mero, non per rimproverare i due che diceva il senso civico che hanno dimostrato; per gli papà (poverini loro sono sordi o scemi) ma per auguri, l’incoraggiamento, il sostegno alla noavvisare tutti i miei coetanei di non farsi porta- stra iniziativa espresso nelle righe successive re al chiano di S.Pietro perchè è pieno di vetri. alla lettera. Ci riempie di entusiamo e di enerSe poi in famiglia qualcuno insiste dissuade- gia il sapere di non essere soli. telo e convincetelo invece a portarvi, provviso-

Scuola elementare di via Specchi. A lezione...di umidità! Cinquanta genitori di alunni della Scuola elementare di Sortino hanno scritto una lettera al Sindaco di Sortino, alla Direttrice Didattica, al Presidente del Consiglio Comunale, al Presidente del Consiglio di Circolo all’Ufficiale Sanitario del Comune di Sortino, per evidenziare un problema che riguarda la struttura scolastica dell’Istituto di via Specchi. Il cosiddetto “Castello” che poco si addice ad una scuola, necessiterebbe di una grande ristrutturazione. Il problema principale che i genitori fanno notare è relativo alle aule ubicate al piano terra, assolutamente non idonee ad ospitare dei bambini, per una umidità davvero insopportabile. Un problema che da diverso tempo si sottolinea, anche da parte delle stesse insegnanti. “Siamo in grado di documentare -scrivono i genitori - una serie eccessiva di malanni inerenti l’apparato respiratorio e le frequenti assenze per malattia di molti bambini. Ambienti poco accoglienti che non motivano e stimolano l’alunno nell’apprendimento e nella socializzazione. È tempo che le istituzioni mettano al primo punto del proprio ordine del giorno il problema scuola. Ognuno per le proprie competenze e responsabilità”. Il sindaco, Orazio Mezzio, ha detto di aver attenzionato la situazione. “E’ chiaro purtroppo, che non abbiamo attualmente soluzioni alternative per la scuola elementare all’istituto di via Spec-

chi. Dobbiamo quindi cercare di risolvere il problema all’interno. Spostando per esempio le biblioteche al piano terra e trasferendo al primo piano alcune aule, quelle più colpite dall’umidità”. Una soluzione che necessita comunque di lavori di adeguamento delle aule. Che tutto si svolga in estate, per consentire ai bambini di vivere, sin da settembre, un sereno anno scolastico.

Centro Applicazioni lenti a contatto Piazza G. Verga 11 Sortino Tel. 0931/952053


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L'Aperiodico Giugno/Luglio 1997

Progetto "L'Aperiodico"

19 Aprile 1997 Presentazione dell'Aperiodico. Ringraziamo le numerosissime persone che con la loro partecipazione hanno reso più viva ed interessante la serata inaugurale del nostro periodico. Un particolare ringraziamento al Circolo Ricreativo Giovanile di Sortino.

GRAZIE GRAZIE IN ALTO LA SALA DEL CIRCOLO RICREATIVO GIOVANILE DI SORTINO. A SINISTRA VINCENZO MOSCA, MARIO MATERA, LUIGI INGALISO, EGIDIO ORTISI, GIUSEPPE FRAZZETTO E GIUSEPPE MATARAZZO.

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SORTINO Via Libertà, 40/78

Direttore responsabile Giuseppe Matarazzo Redazione Luigi Ingaliso Vincenzo Mosca Grafica ed impaginazione Vincenzo Mosca Stampa Tipolitografia Tumino Sortino Hanno collaborato a questo numero: Gabriele Astuto,Giuseppe Briganti, Luigi Buccheri, Fabio Franzò, Sebastiano La Pila, Mario Lonero, Massimo Palumbo, Giuseppe Rio, Cesare Salonia, Salvo Zappulla.

Tel. (0931)952178

Reg. Trib. Siracusa n.3/1997 del 10 marzo 1997


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