U-MAG Issue #1

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UMAG


all originals represent chicago 15:17

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go all in and represent your crew at adidas.com/originals


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mag è il magazine di chi mangia musica, di chi parla al contrario, di chi ha un pigiama a strisce, di chi fa le foto con la lingua di fuori, di chi è sempre in fuorigioco, di chi ha uno jedi come miglior amico, di chi ha occhiali troppo grandi e li tira su col dito, di chi sale le scale solo con lo skate, di chi si inventa un’esultanza nella partitella del giovedì, di chi ha più sneakers che santi in Paradiso e di chi vorrebbe collezionarle tutte, di chi ha tutte le edizioni limitate e ne va fiero con gi amici, di chi è sempre in strada anche quando fuori c’è un diluvio. U-mag è il magazine di chi ama vivere nella giungla urbana.

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UMAG N°1 Settembre Ottobre 2012 Magazine Catalogo di Urban Jungle Progetto grafico: Kidea Hanno collaborato a questo numero: Fabio Cufari, Diana Gianquitto, Rosa Iannuzzi, Simona Monteleone, Roberto Niro, Marco Perrone, Roberto Strino, Dario Volpe. Immagine in copertina di Fabio Abbreccia Contatti: umag@urbanjunglestore.com www.urbanjunglestore.com Questa è una copia omaggio e non è in vendita. Le foto dei capi possono subire variazioni in caso di errori tipografici. Il contenuto esplicito e implicito di testi ed immagini in quanto frutto di ricerca artistica non vuole offendere la sensibilità di nessun individuo. Le inserzioni pubblicitarie di questo volume sono a titolo gratuito, lo spazio ad essi dedicato è da intendersi come riempimento grafico e non ha alcun scopo di lucro da parte di Urban Jungle che non riceve alcun compenso dai marchi presenti.

Toys, foto di Simona Monteleone

Blazer, 40 anni e non sentirli.................................................................................................................08 A volte ritornano........................................................................................................................................10 Instagram Report.....................................................................................................................................14 Indossare la storia.................................................................................................................................16 Semaforo Wilt..........................................................................................................................................18 Be unique..................................................................................................................................................20

Invasione indierock nella tv via cavo......................................................................................................24 Dolby Underground.................................................................................................................................27 Web tv era..................................................................................................................................................29

Carne al fuoco...........................................................................................................................................32 The pop manifesto....................................................................................................................................38 Graphic fashion design...........................................................................................................................40

Famolo strano...........................................................................................................................................44 Ti amo campionato...................................................................................................................................49 Bike Polo....................................................................................................................................................50

Mustaches...............................................................................................................................................54

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e Nike Blazer hanno avuto un’infanzia felice e ricca di emozioni, appena dopo la nascita nel 1973 infatti sono state adottate con amore dalla leggenda del basket George “The Iceman” Gervin e cresciute muovendo i primi passi sui parquet dell’ABA e della NBA accompagnandolo fin nella Basketball Hall of Fame. Sin da piccole mostrarono di avere un grande carattere e la voglia di lasciare il segno, ma con grande semplicità. Il loro primo documento annotava come segno

MENTRE IL PAPÀ LASCIAVA GLI STATES ALLA VOLTA DELL’ITALIA SI AVVICINARONO A UN MONDO IN GRAN FERMENTO, QUELLO DELLO SKATE particolare un grande Swoosh che le attraversava dal tallone alla punta! Nell’adolescenza, a metà degli anni ottanta, mentre il papà lasciava gli States alla volta dell’Italia

BLAZER

40 ANNI E NON SENTIRLI La leggenda ha raggiunto l’Europa si avvicinarono a un mondo in gran fermento, quello dello skate e anche qui riscossero, grazie alla loro giusta altezza e alla suola piatta e aderente, un gran successo che continua fino ai giorni nostri. Sono passati 40 anni, ma le Nike Blazer continuano ad accompagnare gli skater, i giocatori di basket e tutti coloro che non hanno resistito a possedere un’icona dei ‘70 e basta fare un giro in strada, in uno skate park o un qualunque playground per vedere che sono in parecchi! Per questa stagione Nike ha presentato, oltre le tante classiche colorazioni, due edizioni esclusive per Urban Jungle (tomaia grigia con Swoosh Navy e tomaia Navy con Swoosh University Blu).

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NIKE BLAZER SPECIAL EDITION

URBAN JUNGLE EXCLUSIVE


THE

ICE MAN

George Gervin

George Gervin (Detroit, 27 aprile 1952) è un ex cestista e allenatore di pallacanestro statunitense, professionista nella ABA, nella NBA e in Europa. Ha militato nel ruolo di guardia ai massimi livelli sia nella ABA (con i Virginia Squires) che nella NBA (coi San Antonio Spurs e con i Chicago Bulls) per un totale di 14 stagioni. Soprannominato “Iceman” dai tifosi, fu uno dei realizzatori più prolifici nella storia della pallacanestro. È membro della Basketball Hall of Fame e della selezione dei 50 migliori giocatori della NBA. Ha guidato la classifica dei marcatori della NBA per 4 stagioni (1978, 79, 80 e 82), detiene l’ottava posizione di sempre nella media di punti a partita (26,2), fu selezionato per 12 All-Star Game (3 nella ABA e 9 nella NBA), venendo eletto MVP dell’incontro nel 1980. Wikipedia

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A VOLTE RITORNANO

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A volte migliorano

va non è solo il nome che Adamo, primo uomo secondo la Genesi 3,20, ha dato alla sua compagna dopo averla chiamata “donna”. EVA è l’acronimo di Etilene Vinil Acetato, un polimero termoplastico che ha mandato in fissa tutti. Questa plastica copolimerica viene utilizzata per la particolare flessibilità ed elasticità che riesce a conferire se adeguatamente composta. Con l’EVA

tendo tutti i comfort e la privacy necessari a chi ha bisogno di un pò di riposo. Un utilizzo probabilmente più pratico è quello che ne ha fatto Adidas Originals nel rilancio delle ZX 700. Inserendo infatti un’intersuola in EVA speciale, oltre a rinforzi sintetici su tomaia e punta, il Trifoglio ha ripescato direttamente dalla Germania dell’Est di fine ‘80

ci si fanno i pannelli solari, le protesi dentarie per lo sport e qualcuno come Forrest Jessee (eclettico designer newyorkese) l’ha impiegata per la costruzione della Sleep Suit, una tuta/bozzolo trasportabile, ideata per poter schiacciare una pennichella in qualunque luogo, in qualunque momento, garan-

(dove venivano prodotte dopo essere state disegnate in Francia) le scarpe da running più note di sempre rendendole, con questi innesti hi-tech, ancora più morbide e adatte alla corsa su strada. Per chi al solo pensiero di correre già inizia a sudare il consiglio è comunque quello di conservare uno spazietto nella scarpiera per tentare di accaparrarsi almeno uno dei 4 colori in esclusiva disponibili solo presso gli store Urban Jungle.


Adidas ZX 700 Urban Jungle Exclusive

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REPORT

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Instagram Report.1

Location: Urban Jungle Store, via Toledo 39 Outfit: Scarpe Nike Air Force 1 Olympic Pack, pantalone e felpa Nike Sportswear, T-shirt Adidas Original, Cuffie Wesc, Cappellino Trucker Cap Converse Star Player.

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INDOSSARE

LA STORIA

Nike Destroyed Jacket

Una linea d’abbigliamento celebra il più grande team di sempre e il suo primo successo olimpico

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ell’estate di 20 anni fa partiva dagli Stati Uniti con direzione Barcellona la squadra più forte di sempre, un insieme di campioni di una caratura tale che mai nessuna altra squadra di basket, ma probabilmente neanche alcun altro team sportivo è riuscito a eguagliare, il Dream Team, la Nazionale di pallacanestro degli Stati Uniti d’America. L’impatto fu talmente devastante che Dream Team è diventato un termine a sé, utilizzato per indicare non più solo la selezione olimpica che ha stravinto tutti match (che puntualmente iniziavano con gli avversari che scattavano foto ai loro idoli) con uno scarto medio di 44 punti a partita, ma quella squadra sportiva che, almeno sulla carta, schiera una rosa di giocatori considerati tra i

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Dream team 92 migliori della disciplina. Nike Sportswear ha deciso di commemorare il ventennale dalla prima vittoria olimpica del Dream Team (fino al 1989 la Federazione Internazionale di Basket impediva ai giocatori della Nba di prendere parte alle Olimpiadi) con una linea di abbigliamento realizzata ripescando alcuni dei pezzi culto degli anni 90. Il masterpiece della collezione è senza dubbio il Dream Team Destroyer Jacket, classico Destroyer Jacket nei materiali (corpo in lana e maniche in pelle) che nei particolari si presta quasi a essere un memoriale della caval-

cata statunitense alla conquista dell’oro olimpico. Su maniche e petto sono impressi i punteggi delle partite, i numeri di maglia dei titolari, la media punti per partita e sulle spalle un grosso XX celebra i 20 anni dalla vittoria. Un vero feticcio votivo disegnato dal Graphic Design Director Russell Stott che ha tra l’altro lavorato assieme al suo team anche alle riedizioni di alcune delle scarpe usate proprio dal Dream Team alle Olimpiadi come le Nike Air More Uptempo, Nike Shox BB4, Nike Air Force 180, Nike Air Zoom Huarache 2K4 and Nike Air Force 1 Hi.

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SEMAFORO

WILT

ADIDAS BASKET PROFI OG URBAN JUNGLE SELECTED

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ilton Norman “Wilt” Chamberlain è stato uno dei migliori giocatori della storia della NBA, mettendo a segno più di 31.000 punti in carriera e inanellando una serie di record paurosi: ha messo a segno il maggior numero di punti in una sola gara (100, presentandosi al palazzetto a partita già iniziata) e in una stagione (4000), è stato eletto decine di volte miglior giocatore, miglior rimbalzista e miglior marcatore della lega e la sua media punti in carriera è seconda solo a quella di Micheal Jordan. Wilt “The Stilt” grazie al suo strapotere fisico e alla sua aggressività, escluso rare eccezioni, non ha avuto rivali sul parquet, al di là del basket e di questi dati “stile Wikipedia” la sua vita fuori dal campo è stata forse ancora più intensa, portandolo a essere il primo cestista-showman della storia. Il “cannibale” infatti, oltre a essersi

dedicato con ottimi riultati ad altri sport come atletica, corsa, salto e lancio del peso, non ha esitato a sfidare pubblicamente in un incontro sul ring tale Cassius Marcellus Clay a.k.a. Muhammad Ali, che sommessamente rifiutò (qualcuno dice per non rovinare la sua immagine, altri per paura). Wilt amava sfidare gli altri e superare se stesso, ma la sua più grande passione erano le donne! Nella classifica di tutti i tempi con 20.000 donne “amate” è secondo solo a Fidel Castro (che si dice ne abbia avute 35.000). Basti pensare che si racconta che dopo ogni partita si avviasse verso la sua casa su misura di Bel Air, sempre accompagnato da 4 o 5 ragazze, e che dal suo gigantesco materasso ad acqua regolasse il traffico del letto con l’aiuto di un vero semaforo. Una vita di eccessi e di

NON HA ESITATO A SFIDARE PUBBLICAMENTE IN UN INCONTRO SUL RING TALE CASSIUS MARCELLUS CLAY A.K.A. MUHAMMAD ALI successi che sintetizzò perfettamente un suo ex compagno di squadra dicendo: “Tutto quello che Wilt fece o disse non sta dentro una vita”.

BASKET PROFI OG Fino alla fine degli anni 60 le scarpe che indossavano campioni del NBA come Bill Russell, Oscar Robertson e Wilt Chamberlain erano realizzate principalmente in Canvas. Nel 1969 Adidas lanciò un nuovo modello, le Basket Profi OG, che introdussero una serie di accorgimenti che hanno rivoluzionato il mondo del basket: utilizzo di Nabuk per una maggiore stabilità del piede, imbottitura della caviglia e tomaia vulcanizzata per flessibilità e libertà nei movimenti. La scarpa finì fuori produzione nei ’70 ed è da sempre considerata dagli appassionati una scarpa unica. A distanza di 40 anni Adidas Originals rilancia la Basket Profi OG mantenendo la stessa linea e i dettagli con l’utilizzo di nuove colorazioni e di materiali moderni come il Nubuk per la tomaia e la gomma trattata. Il lancio è previsto per settembre 2012 in selezionatissimi stores.

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uando chiesero a T. Henry Ford di che colore dovesse essere la prima vettura lui rispose “di qualsiasi colore purchè sia nera!”. Se prima era il consumatore a venire plasmato a misura del prodotto, ora si cerca di adattare il prodotto stesso a qualsiasi esigenza del consumatore cercando di renderlo più versatile, più flessibile. La personalizzazione dell’oggetto d’uso contro la massificazione, dall’oggetto industriale standardizzato all’oggetto industriale modificato. La produzione viene guidata dalle indagini di mercato in modo da creare prodotti automodi-

22 DIFFERENTI MODELLI E 7 “MAKE MINE RED” NATI DALLA COLLABORAZIONE DI CONVERSE CON RED FOUNDATION. ficabili. Eugene Beauty ha osservato e scritto sul passaggio dalla società di massa a quella multi-individuale dove non ci sono più i voi, i noi o i loro, ma dove dominano gli “ii”. In questa rivoluzione darwiniana del prodotto e del consumatore, nella volontà di fuggire alla massificazione personalizzando prodotti di massa, certamente Converse ha saputo intercettare le esigenze soprattutto dei giovani con un progetto all’avanguardia come Converse One, una nuova piattaforma che permette di personalizzare le proprie sneakers liberando la vostra creatività: 22 differenti modelli e 7 “Make Mine Red” nati dalla collaborazione di Converse con Red Foundation. Potrete customizzare partendo dalla tela, con stampe e colori, fino ai lacci e alla gomma del fondo. Questo progetto è un work in progress che vedrà in seguito la possibilità di nuove opzioni da mixare per poter creare la vostra Converse davvero unica. Se nella vostra città doveste avere la fortuna di avere almeno uno store Urban Jungle allora correte lì e chiedete di customizzare la vostra Converse, il risultato esclusivo è garantito.

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BE UNIQUE Le scarpe piÚ famose del mondo diventano opere d’arte

Personalizzazione Converse

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arebbe stato inimmaginabile fino agli anni 90 avere un intero filone musicale che influisse in modo marcato sul mondo delle produzioni televisive americane. Nel nuovo millennio, la musica è diventata protagonista di intere sequenze costruite su un profilo di utenza alternativa in piena espansione demografica. Le menti dei produttori dei principali canali via cavo sono

INTERE SERIE INCENTRATE SU PROTAGONISTI BORDERLINE, SPESSO NERD, O SEMPLICEMENTE SOCIALLY AWKWARD, HANNO SDOGANATO IL NUOVO TIPO DI SFIGATO 2.0 diventate permeabili a quel trend che ha preso possesso del pubblico dei mid20s, ovvero l’indie. Intere serie incentrate su protagonisti borderline, spesso nerd, o semplicemente socially awkward, hanno sdoganato il nuovo tipo di sfigato 2.0, vincente stile Zuckerberg, come quelli che fanno il bello e cattivo tempo nella

INVASIONE INDIEROCK

NELLA TV VIA CAVO Silicon Valley: dal primo tentativo di ragazzetto appassionato di fumetti in O.C., Seth, alla sua forma evoluta Chuck, personaggio principale dell’omonima serie, appassionato di Arcade Fire e Band Of Horses. Da lì ai Phoenix e Grizzly Bear durante gli spot televisivi il passo è breve. E quando nei megastore si sente pompato nell’aria da enormi casse l’ultimo Lp dei

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Real Estate, si può sempre vedere qualche ragazzino con la camicia a quadri e gli skinny jeans stupefatto che la sua band preferita sia ascoltabile dalla massa. Lo straniamento può sopraggiungere anche quando pezzi di gruppi underground nordeuropei, che fanno elettronica sperimentale, vengono inclusi nelle colonne sonore di teenage-drama come Gossip Girl o


Super Furry Animals @ Indie Rock Festival

The Grizzly Bear

action-drama come Breaking Bad. In ogni caso l’ultimo salto da compiere è il mercato cinematografico. I primi sintomi dell’incursione nelle pellicole, da parte del sottobosco indie, sono riscontrabili dal soundtrack della saga di Twilight, pieno zeppo di artisti come St.Vincent, Death Cab For Cutie o i popolari Radiohead. Segno dell’innegabile efficacia di queste scelte stilistiche è l’enorme seguito di fan che hanno accumulato situation comedy come The Big Bang Theory, serie tv popolata da un gruppo di geek dai gusti musicali e ludici tipici degli smanettoni, o How I Met Your Mother, classico polpettone romantico pieno zeppo però di riferimenti alla cultura indiependent rock degli ultimi dieci anni.

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DJ IRIE, MIAMI HEAT DJ nEwERAcAp.coM/flAgbEARERs


UNDERGROUND L’occhio ha la sua parte, le orecchie pure

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ell’ultimo decennio la cuffia ha vissuto una grande evoluzione. Fino a poco fa il tipico utilizzatore medio era il 50enne padre di famiglia: divano in pelle, poggiapiedi e 40 pollici nella parete attrezzata, si immergeva nella saga di Star Wars ed evitava così i lamenti della moglie. Poi il successivo passaggio alle cuffie a infrarosso e il fruscio di sottofondo hanno portato all’accantonamento e suggerito il passaggio al Dolby 5.1. La tecnologia per un periodo ha favorito lo sviluppo dei sistemi home theathre, tentando di portare all’estinzione la cuffia. Tra i vari modelli creati però, proprio come Darwin postulò nella sua teoria, tra esperimenti e adattamenti, alcuni si sono evoluti, riprodotti e ora dominano il mercato dell’audio da passeggio, oltre a essere divenuti vere e proprie icone di tendenza. La cuffia abban-

donata la funzione “home” è divenuta un prodotto tipicamente legato all’audio portatile, e ancora più che per questa funzione, ormai ha assunto il ruolo di accessorio street-fashion: la cuffia è cappello, sciarpa e copriorecchie all’occorrenza. Esempio lampante dell’importanza che questo feticcio ha guadagnato nel mondo della tendenza sono le Chambers by RZA, le cuffie realizzate da WeSC (WeAretheSuperlativeConspiracy) in collaborazione con RZA, il fondatore del Wu-Tang Clan. Più che cuffie le Chambers sono degli stilosi dispositivi audio di elevata qualità per l’ascolto mobile, dotati di alcune chicche che in questo campo fanno la differenza. Sia nella versione Street che in quella Premium infatti sono dotate di un’uscita audio (per condividere l’ascolto) un’unità 3-touch integrata per la gestione del volume e di eventuali chiamate e riduzione attiva dei rumori esterni.

Dj in un bar di NY

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Anisland by Antje Taiga Jandrig

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WEB TV ERA dal tubo catodico ai display retina

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alla prima decade del nuovo millennio, quella dove ha iniziato a spopolare il file-sharing, abbiamo ereditato anche una rielaborazione della televisione grazie all’uso dello streaming di massa. Il semplice fatto che esistessero dei siti di videohosting invogliava il pubblico a sviluppare e condividere contenuti. Questo non avrebbe avuto effetti incredibili sul mercato e sulla promozione musicale se i video si fossero fermati a essere spezzoni di concerti o adolescenti nelle loro camere catturati a suonare cover. Nel 2006 il videomaker indipendente francese Vincent Moon filmò i The Spinto Band in un café di Parigi, dove si trovavano in tour, mentre suonavano il loro singolo diventato una hit indie-rock. Da lì nasce l’idea de LaBlogoteque, il primo mastodontico contenitore di cultura alternative in pillole video, dove tutti i nomi rilevanti del mercato indipendente statunitense sono stati filmati mentre suonavano le versioni acustiche dei loro pezzi nei luoghi più improbabili della capitale europea. L’epica hipster ha preso forma dal modo in cui Moon ha raccontato il melting pot di suoni provenienti da un continente diverso, generati però da anime affini all’antico sfondo dell’esistenzialismo e della vita bohémien. Subito dopo il colosso dell’editoria online musicale Pitchfork aprì un canale video in cui si alternavano format, dalle videointerviste alle band alle prove nei loro garage. Presto ogni sito rispettabile avrà almeno un canale youtube dove caricare i video, se non un servizio streaming privato. Sono gli stessi anni in

cui Vbs, la televisione di Vice, viene acquistata da MTV che ne mette in mano la direzione artistica a Spike Jonze, regista di videoclip e co-creatore di Jackass. La contaminazione arriva fino in Italia. Appena tre anni fa, un giornalista musicale che bazzicava nel ramo dell’informatica, Andrea Girolami, grazie a una troupe indipendente e ai finanziamenti del creatore di Vitaminic e Venture Capitalist Gianluca Dettori, crea Pronti Al Peggio, la prima webtv alternativa del nostro paese che

PRESTO OGNI SITO RISPETTABILE AVRÀ ALMENO UN CANALE YOUTUBE DOVE CARICARE I VIDEO, SE NON UN SERVIZIO STREAMING PRIVATO. non fosse un progetto partito da un’emittente straniera (vedi QOOB e FLUX). I programmi di PAP potevano partire da ricette di cucina spiegate da una signora di mezza età che contemporaneamente doveva recensire un disco stoner in sottofondo, e arrivare a cose più convenzionali, come un quiz musicale fatto agli stessi musicisti. La vera innovazione, rivelatasi anche il core-concept, fu il format FossiFigo, in cui le telecamere seguivano la vita di tutti i giorni dei musicisti underground, per svelarne i sacrifici e i lavori paralleli che dovevano svolgere per potersi mantenere.

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a persona dietro la manipolazione corporea: nei tuoi intensi ritratti, tatuaggi e piercing sono protagonisti più dell’individuo che li porta in sè. È possibile scrivere per immagini una nuova antropologia del presente, a partire dalle modifiche che ciascuno apporta al proprio corpo? Siamo il nostro corpo, la nostra carne, adoro dipingere questo. L’uomo si porta dentro da sempre il bisogno di intervenire sul proprio aspetto e il tatuaggio rappresenta un estremizzazione abbastanza forte di questa esigenza. In un’epoca in cui l’identità culturale tende a sparire a favore dell’ibridazione il tatuarsi rappresenta un ultimo gesto di appartenenza non tanto a una tradizione ma a un quanto a un’epoca. Jenny Saville, ma anche Francis Bacon: esporre la carne, i suoi segni e soprattutto le sue deformazioni. Senti la vicinanza a questi autori, nella tua pittura? Sicuramente, definisco la mia arte un “figlio di puttana” in quanto deriva da una formazione bastarda e per niente pura. Sono partito dal disegno per passare al fumetto e all’ illustrazione per approdare infine alla pittura. Quindi è impossibile non inciampare in Bacon, ha guardato l’uomo nella sua essenza mostrandone la reale natura e influenzando, insieme a Lucian Freud, tutta l’arte a venire. La Saville non è altro che un compendio dei due.

DIPINGERE DAVANTI AL COMPUTER È UN PÒ COME MASTURBARSI DAVANTI A UN SITO PORNO. IO HO L’ESIGENZA DEL CONTATTO FISICO Dal ritratto politico e propagandistico rinascimentale, a quello intimista del Romanticismo e all’altro, esploso e contraddetto, delle avanguardie: che senso ha la forma del ritratto, oggi? Il ritratto è stato esplorato e sventrato in tutti i modi possibili perdendo quasi la sua ragion d’essere. Sopravvive oggi per la pura vanità delle persone. Ma sono poi veri “ritratti”, i tuoi dipinti, o piuttosto “case studies” o nuovi bestiari di una umanità mutante in via di definizione? In effetti no, non nel vero senso del termine. è più un documentare un aspetto isolato di una

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CARNE AL FUOCO

FABIO ABBRECCIA Intervista con l’artista che ha deciso di dissacrare la bellezza A cura di Diana Gianquitto Fabio Abbreccia è un giovane talento napoletano formatosi artisticamente tra l’Istituto Boccioni e la Scuola italiana di Comix. Inizia la sua carriera come illustratore e dopo la sperimentazione tra tecniche digitali e acquerelli si avvicina alla pittura. Indipendentemente dal soggetto, sia esso uno sconosciuto o un personaggio famoso, i ritratti comunicano una grossa carica emotiva, trasportando l’osservatore, attraverso le ampie pennellate che li disegnano, nella storia che ogni soggetto si porta dietro.

Teschi, olio su tela, 50x70 cm

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Piercing, olio su tela, 13x18 cm


persona che è transitata nella mia vita attirando la mia curiosità. Sei espressionista nel sentire, ma anche piuttosto realista nella formalizzazione: pace o guerra tra queste tue due anime? Non amo l’eccessivo realismo, per quello c’è la fotografia, mentre la pittura ha una sua dignità. Ma non voglio nemmeno sprofondare in uno stupido atteggiamento espressionista dove l’ego la fa da padrone. Diciamo che sono alla ricerca di un equilibrio. Particolari parziali, o anche minimi, nei tuoi dipinti sono ingranditi fino a occupare l’intera area compositiva, la figura umana non compare mai nella sua interezza: la verità è nei dettagli?

Ho una bassa soglia di concentrazione, quando guardo un quadro capita spesso che la mia attenzione cada su un particolare, anche solo una pennellata magari. In quel momento mi posso perdere nel guardare, direi che quel dettaglio è un barlume di vita. La materia pittorica ti tradisce mai o è un’amante che mantiene le promesse? Tu l’hai privilegiata, ma con quanta frequenza ti capita di avvertire una sua inadeguatezza a esprimere tutto il tuo sentire? Che succede quando ti tentano altre tecniche? La pittura non ha rivali, è più facile che mi incuriosiscano altri linguaggi che altre tecniche. Continuiamo a occuparci di questa amante appassionata: quanto diventa autonoma la

Espansione, olio su tela, 13x18 cm

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materia pittorica nei tuoi dipinti? In alcuni brani sembra essa assuma valenze indipendenti, quasi informali... La materia è tutto, un quadro è fatto di misture, sono queste a dare vita autonoma al dipinto. Dipingere, dipingere, dipingere e sporcarsi le mani: cosa te lo fa fare, ai tempi dell’arte digitale?

Takeshi Kitano, olio su tela, 30x40 cm

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Dipingere davanti al computer è un pò come masturbarsi davanti a un sito porno. Io ho l’esigenza del contatto fisico. Progetti futuri. Quelli che ci vuoi rivelare, ma soprattutto almeno uno sguardo dal buco della serratura a quelli che non ci vuoi rivelare... In contrapposizione con quello che dicevamo... vorrei provare a sperimentare il rapporto tra la potenza del corpo e il vuoto che lo circonda.

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ndrè Renè Roussimoff, meglio noto come “The giant” è un wrestler francese nè bello nè talentuoso, eppure un giorno la sua buffa espressione finisce per ricoprire i muri di mezzo mondo. Le ragioni della fama di Andrè provengono da oltre oceano e risiedono nello stato del South Carolina, dove il giovane Frank Shepard Fairey, armato di Pc e una grande rete di contatti, diffonde viralmente l’immagine, stampata e affissa innumerevoli volte sino a diventare simbolo di uno dei primi fenomeni di viral street art. È così che Frank diventa Obey the Giant, street artist in ascesa dei primi anni 90. Rivoluzione comunicativa, propaganda irriverente, provocazione, l’attitudine artistica di Frank Shepard

fine moda. Da artista poliedrico Obey trasporta le sue visioni caleidoscopiche dalla strada alle shirt. Obey Clothing nasce nel 2001 come un’estensione del lavoro di Shepard Fairey: le t-shirt non sono altro per lui che un’alternativa

PERSINO IL BRAND NIKE CARPISCE LA RAFFINATA ARTE DI OBEY, E LO INGAGGIA PER UN OPERAZIONE DI MARKETING VIRALE CON FITTIZIE AFFISSIONI ILLEGALI. ai muri delle strade per diffondere la sua arte e i suoi messaggi. Toni cromatici “fedeli alla linea” che passano dal rosso al nero concedendosi raramente dei toni di grigio, tagli militari o ispirati alle linee basiche delle divise della working class. Trasposizione fashion di quel mondo visionario, sospeso tra utopia sovietica

Andre the GiantObey è intrisa di feticci vintage, che passano dalla musica alla politica, in un calderone dove tutto, da Lenin a Sid Vicious si trasforma nei toni del rosso e del nero e finisce per sovrastare una vecchia tappezzeria seventies. Il passo dalle mura di periferia a quelle della Casa Bianca è breve, e in occasione della campagna elettorale più “pop” che si sia mai vista, il candidato alle presidenziali Barack Obama commissiona all’artista un ritratto, che porterà entrambi al successo. La sua tecnica a tinte piatte, volutamente ispirata ai vecchi manifesti vintage di propaganda sovietica, ha quel retrogusto rivoluzionario tremendamente irresistibile per una società che ha voglia di cambiamento. Persino il brand Nike fiuta la raffinata arte di Obey, e lo ingaggia per un operazione di marketing virale, che vede le star del pallone, ritratte alla stregua di leader rivoluzionari, troneggiare in città con fittizie affissioni illegali. Arte, pubblicità e in

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Obey


THE POP

MANIFESTO “The streets are our brashes, the squares our palettes” (Art Of The Commune, Giornale ufficiale dell’IZO, Russia 1920) e pop art. In occasione della Fall 2012 Obey Clothing rende omaggio a un talento dell’arte contemporanea: Keith Haring. L’obiettivo è quello di riportare alla luce il lavoro dell’artista scomparso a un nuovo pubblico, rivisitando l’opera in una prospettiva differente. Come ciliegina sulla torta la collezione include un’illustrazione che Shepard Fairey ha realizzato basandosi sullo scatto di Patrick McMullan,

che ritrae l’artista al lavoro. C’è un legame naturale tra le carriere artistiche di Haring e Shepard Fairey: la capacità di saper portare la propria arte dalle strade fino alle più importanti gallerie, seguendo il principio fondamentale di ogni street artist che si rispetti, rendere l’arte accessibile a tutti. Insomma, se la strada non va in galleria, sarà la galleria a finire per strada e perché no, su qualche t-shirt.

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GRAPHIC FASHION

DESIGN I Quando lo stilista è in vacanza

l graphic designer francese di origine armena Vahram Muratyan, collabora con Prada, Olimpia Zagnoli (illustratrice italiana che il mondo ci invidia) firma una Capsule Collection per 55DSL: ma se è il designer a dettare tendenza, lo stilista che fine fa? La moda riflette sempre i tempi in cui vive e questi sono senza dubbio tempi in cui l’attenzione per la “forma” supera di gran lunga quella per il contenuto. Articoli dal design ricercato, sdoganati da brand un tempo di nicchia oggi superpopolari, hanno

modificato la percezione del design, divenendo oggetti del desiderio trasversali alla società. Il web poi ha fatto il resto, trasformando intuizioni creative in fenomeni di massa; è questo il caso di Vahram Muratyan, che in bilico tra due città, mette sù un blog. Il tratto grafico raffinato e l’impressionante capacità di sintesi hanno fatto di Paris versus New York un grande successo formato 2.0 con 4 milioni di visite. In breve Muratyan presenta la sequenza di tavole sulle due città nel web store Colette, dopo poco fanno seguito gadget e riproduzioni stampa su

Illustrazione di Olimpia Zagnoli

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Vahram-Muratyan, Paris VS New York vario formato. E la moda? Non sta di certo a guardare. Nel giro di qualche anno il brand Prada ingaggia Muratyan per il progetto Universi

Paralleli, un tentativo di riciclo della semiotica di Paris vs New York, una contrapposizione di

mondi paralleli, finemente illustrata, che dal web, finisce su t-shirt. Analoga avventura quella di OZ, Olimpia Zagnoli, italiana, italianissima illustratrice, che vanta nel suo portfolio clienti quali The New Yorker e The New York Times. Questa volta il brand è DSL55, marchio spin off del gruppo Diesel e il progetto più ampio. Olimpia, in compagnia del musicista Lorenzo Senni, selezionato tra tanti, gira l’Italia presentando negli store la capsule collection realizzata per il progetto Show’n’Tell. Inutile dire che le t-shirt, rimbalzate sul web da un blog all’altro, sono già introvabili. La formula design/moda sembra dunque funzionare, il fatturato e tam tam web parlano chiaro. Eppure, da aspirante stilista, qualcosa in questo ordine nuovo mi lascia un pò di amaro in bocca, sarà forse la consapevolezza di trovarmi di fronte a una moda passeggera, che sfrutta l’onda e va avanti per celare la mancanza di creatività o di forti personalità in alcune sartorie di fama internazionale. La moda passa, ma lo stile resta, e questa è decisamente una moda. Coco Docet

Progetto Parallel Universes di Vahram-Muratyan per Prada

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TRISTAN EATON, ARTIST & TOY DESIGNER

NEwERAcAp.cOm/flAGbEARERS

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FAMOLO STRANO Gli sport pi첫 assurdi del pianeta cercano riscatto

Extreme Ironing

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vevate mai pensato che trasportare in spalle la vostra compagna sofferente per un tacco 12 o che la vostra abilità a spostarvi velocemente sulle rotelle della sedia in ufficio vi potesse trasformare in dei campioni di sport? Dopo un’estate in cui abbiamo ammirato i campioni di calcio agli Europei e ci siamo fatti una scorpacciata di super atleti alle Olimpiadi di Londra, potremmo pensare di raccogliere anche noi un pò di gloria partecipando alle competizioni degli sport più assurdi del mondo. “La corsa sulla sedia a rotelle d’ufficio”, per esempio, è una strana competizione che si è diffusa in Europa, non ha regole precise, ma è obbligatorio avere una sedia a rotelle, modificabile a piacimento del concorrente, e una buona dose di coraggio per lanciarsi giù da una discesa ripida. Sperando che la sedia resti comoda anche all’arrivo. In Lituana e in Finlandia i mariti devono percorrere 253,5 metri portando la moglie sulle spalle, nella posizione ritenuta più comoda, evitando ogni sorta di ostacolo, il più velocemente possibile. La moglie deve avere almeno 17 anni, pesare minimo 49 kg (in caso contrario viene zavorrata con uno zaino). Il vincitore avrà in premio una quantità di birra pari al peso della moglie. Questa dura competizione simboleggia metaforicamente le difficoltà che una coppia è portata a superare per mantener vivo il proprio matrimonio. All’Unspunnen Festival in Svizzera, che si svolge ogni dodici anni, c’è una competizione che ha una storia antichissima considerando che è nata nel 1805: Il lancio del sasso. L’obiettivo è lanciare un masso più lontano possibile sempre salvaguardando la propria incolumità fisica, evitando uno svenimento o

un attacco d’ernia. In realtà la pietra che viene lanciata rappresenta metaforicamente la storica pietra di Unspunnen simbolo dell’unità di tutti gli svizzeri. In Afghanistan e Turkmeninstan, c’è uno sport nazionale il Buskashì che letteralmente vuol dire “Acchiappa pecora”. È uno sport di squadra che vede impegnate due compagini a cavallo all’interno di un campo della lunghezza minima di 2 km che si contendono la carcassa di un animale. Una volta recuperato ciò che rimane della povera bestia, vince chi riesce a centrare un secchio lanciandola all’interno. Non vi sono altre regole, vale ogni sorta di irregolarità. Il gioco è molto violento e ancora praticato. Un altro sport

DOVE POSSONO ECCELLERE LE CASALINGHE È L’EXTREME IRONING, UNO SPORT ESTREMO CHE CONSISTE NELLO STIRARE IN LUOGHI E CONDIZIONI ASSURDI molto praticato è il Cheese Rolling che consiste nel far rotolare una forma di formaggio giù da una collina con l’obiettivo di arrivare ai piedi di quest’ultima prima del formaggio stesso. La competizione più famosa si svolge annualmente sulla collina di Cooper, nei pressi di Cheltenham in Inghilterra, ma anche in Italia a Pontelandolfo in provincia di Benevento è possibile assistere al torneo della Ruzzola del formaggio che si svol-

Cheese Rolling

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Royal Shrovetide Football ge nel mese di Febbraio. Nella piccola cittadina inglese di Ashbourne esiste una competizione, il Royal Shrovetide Football, che dura dal XII secolo che coinvolge l’intero paese in lotta per una palla. La cittadina si divide in due fazioni: gli abitanti al lato sud del fiume e quelli al lato nord che da più di otto secoli si contendono una palla lanciata nella piazza principale da un’importante figura istituzionale. Obiettivo di ogni fazione è portare la palla nella propria parte di città, in un luogo distante 3 miglia dal punto in cui è stata scagliata. Vi sono però alcune importantissime regole: È proibito nascondere la palla in una borsa o sotto il maglione. È proibito caricarla su un mezzo motorizzato. È proibito attraversare gli spazi sacri (chiesa, cimitero, giardino alla memoria dei caduti). È proibito giocare dopo le 22. È proibito uccidere. Molto conosciuto è anche il Mud Pit Belly Flop Contest, una sfida all’ultimo sangue in una gara di tuffi in pozze di fango, vince chi fa più schizzi e maggior rumore. È addirittura sport ufficiale degli Artic Winter Games che si svolgono in Alaska il “Dito di ferro” una competizione tradizionale dei paesi nordici. Uno sport che coinvolge forza, tecnica, resistenza e velocità ma bisogna tirare con un dito d’acciaio il più possibile per laurearsi campione. Uno sport invece dove possono eccelle-

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re le casalinghe è l’Extreme Ironing, uno sport estremo o per qualcuno una performance art, che consiste nello stirare in luoghi e condizioni assurdi: dal tetto di una casa, passando per la vetta di una montagna, per concludere negli abissi. L’Extreme Ironing è nato dalla fervida mente di Phil Shaw, signore inglese, che nel 1999 provò a stirare facendo free climbing. Vi sembrerà una assurdità ma intanto, gli appassionati si sfidano in tornei di portata internazionale sponsorizzati dalla Rowenta. Un tempo in Norvegia si riteneva assurdo il lancio dello stivale destro e pure in Australia il passatempo preferito era già una disciplina che muove ancora opinioni contrastanti, tanto da essere proibito in Illinois e Michigan: Il lancio del nano. Il nano doveva essere munito di tuta, casco, protezioni per gomiti e ginocchia e due maniglie poste sulla schiena per permettere il lancio. Le regole sono semplici: durante il volo e al momento dell’impatto col terreno il nano non deve emettere alcun suono per evitare la squalifica. Il record è di Jimmy Leonard che ha lanciato Lenny the Giant a 9 metri e 15 centimetri. A dirla tutta però anche il Curling ci sembrò uno sport assurdo e pure ormai è una disciplina olimpica, pertanto potremmo sperare di vedere una di queste competizioni magari alle prossime Olimpiadi.


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festival indipendente a Napoli. CORTILE DEL MASCHIO ANGIOINO

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TI AMO CAMPIONATO Top ten delle 10 città italiane con più scudetti negli 11 sport di squadra maschili 134 CALCIO BASKET PALLAVOLO RUGBY PALLANUOTO PALLAMANO HOCKEY SU GHIACCIO

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HOCKEY SU PISTA

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entre ancora si discute sul numero esatto di scudetti vinti dalla Juventus, siamo agli inizi dei nuovi campionati italiani di 11 sport di squadra (calcio, basket, pallavolo, rugby, baseball, pallanuoto, pallamano, hockey sul ghiaccio, hockey su pista, hockey su prato e football americano) e, considerando solo le squadre maschili, la città con più scudetti in quasi tutti questi sport è Milano che ha

addirittura il triplo dei tricolori rispetto alla seconda città più titolata che è Roma (46), che però come Milano li ha vinti in 8 specialità differenti. Novara invece al settimo posto in questa speciale classifica ne ha vinti 32 ma tutti nell’hockey pista, così come Recco che ha 26 titoli nazionali ma solo nella pallanuoto. Tra le prime dieci con più tricolori Genova è la città che non vince da più tempo, l’ultimo scudetto infatti risale a quello della Sampdoria di Vialli e Mancini 21 anni fa.

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Bike polo European Hardcourt Bike Polo Championship 2011 foto di Francesco Dolfo

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BIKE POLO La bicicletta salverà il cavallo, parola di Quang Nguyen Tri Quang Nguyen Tri è nato in Vietnam ma è praticamente un romano “de Roma” se si considera che vive nella capitale da più di 35 anni. Oltre a giocare a bike polo, ama le due ruote in generale, dalla bici ovviamente alla moto con quale gli piace scorazzare con gli amici. Laureato in sociologia, dopo gli studi, ha deciso però di lavorare come grafico creativo per passare in seguito a un’altra sua grande passione il web design e allo sviluppo delle applicazioni. Attualmente quando non cavalca un due ruote lavora presso una fondazione come information architect e visual designer.

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unque Quang, solitamente immaginiamo il Polo come uno sport da fighetti a cavallo con caschetto e polo, ora sentiamo parlare di campi spesso improvvisati, bici e lividi… Bike Polo: abbiamo capito male? No nessun errore, bici e Polo sono un connubio perfetto, e il Bike Polo è uno sport che richiede precisione, abilità di guida e ovviamente tante cadute. Vivi praticamente da sempre in Italia e sei nell’età giusta per la classica partitina del martedì tra scapoli e ammogliati, come ti ritrovi a rincorrere una palla in sella alla bicicletta? Tutto ebbe inizio tre anni fa quando un amico mi parlò di questa nuova pratica da fare in bici. Incuriosito dal suo racconto lo andai a trovare poco dopo in un garage sotto una pioggia battente. Dal nulla improvvisammo una partita di Bike Polo con altri ragazzi della capitale al di là delle contusioni fu veramente divertente, e da quel giorno non ho più smesso di appassionarmi a questo sport. Il continuo paralallelismo con il Polo “classico” è d’obbligo, le sue origine si rintracciano in Asia nel V secolo a.C. e si racconta e si racconta addirittura che la cavalleria di Dario il Grande addestrata con il polo, abbia poi forgiato il Secondo Impero iraniano della dinastia degli Achemenidi… Dove e quando nasce invece il Bike Polo? E dove ha attecchito maggiormente in Italia? E

inoltre c’è qualche speranza che qualche esercito formato da Polo Biker sistemi le cose qui da noi? Il Bike Polo, o meglio, l’Hardcourt Bike

SE AVESSI UN CAVALLO DI SICURO NON CI GIOCHEREI A POLO, MEGLIO UNA CAVALCATA PER LE CAMPAGNE QUI INTORNO. Polo è una variante urbana e moderna del “Cycle Polo”. Quest’ultimo nasce nel 1891, inventato dal ciclista in pensione Richard J. Mecredy, e viene praticato da 4 o 5 giocatori per squadra su prato. Il Bike Polo invece si gioca su un campo spondato con una superficie liscia e tre giocatori per squadra. I club principali d’Italia oltre quello di Roma sono Milano, Catania, Vicenza e Torino, Pordenone vanta una delle squadre migliori e Fano non è da meno. Per quel che riguarda l’esercito, vedendo la situazione attuale dell’Iran, forse è meglio che pensiamo a giocare! Hai iniziato in un garage, ma ora il Bike Polo inizia a emergere anche in Italia, esistono tornei ufficiali di Hardcourt Bike Polo? Assolutamente si, il torneo ufficiale a livello nazionale è l’IHBPC (Italian Hardcourt Bike Polo Championship),

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l’EHBPC a livello europeo e il WHBPC è il campionato mondiale. Quest’anno si è tenuto a Ginevra dal 14 al 18 agosto. Il Polo è uno sport considerato nobile ed esclusivo praticato dai sultani arabi e dalla famiglia reale tanto per fare un esempio. Dove si colloca il Bike Polo? Lo si può considerare una risposta che viene dal “basso”? Non penso che sia uno sport che parte dal basso e credo svolga una funzione sociale pari a tutti gli altri sport. L’essere umano è per natura sociale quindi tutto ciò che fa in gruppo ha un rapporto diretto con il sociale. Perchè una bici, quando puoi avere un cavallo tra le gambe? Personalmente non possiedo un cavallo, ho diverse bici ma il cavallo mi manca. Se avessi un cavallo di sicuro non ci giocherei a polo, meglio una cavalcata per le campagne qui intorno. Il Bike Polo non è ancora riconosciuto come sport ufficiale alle Olimpiadi, il curling lo è già da qualche anno e sono stati sport olimpici alcune discipline quantomeno discutibili come il duello con pistole, la ginnastica con i birilli da bowling, il tiro al piccione vivo e il tiro alla fune. Come mai questo sport stenta a essere riconosciuto ufficialmente? Non essendo stata ancora creata una federazione, vedere il Bike Polo alle Olimpiadi non sarà semplice almeno nel breve termine. La

maggior parte dei Club non si è costituita come associazione sportiva, quindi non ha accesso a fondi o a infrastrutture per poter crescere e guadagnare maggiore visibilità per se stessa e per il Bike Polo in generale. Convinci un italiano a lasciare il calcio per il Bike Polo. Non lo farei mai, e nel caso volesse farsi una partita di Bike Polo perché abbandonare il calcio? Il mio appello è questo: Se non sei in 10 per una partita a calcetto, vieni a trovarci che ci sono bici e mazze a volontà (non è una minaccia ndr). Porta qualche birra e sarai il benvenuto!

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LA VOCE DEL PIANETA.

Greenpeace esiste perché il nostro fragile Pianeta merita di avere una voce. Servono soluzioni, cambiamenti, azioni. Greenpeace è indipendente e non accetta fondi da enti pubblici, aziende o partiti politici. Sostienici con il tuo 5x1000.

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MUSTACHES

John Astin, “Gomes”

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Freddie Mercury

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Steve Prefontaine

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Carlos Alberto Valderrama Palacio

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Charles Bronson

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Tom Selleck

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Terrence “Terry” Eugene Bollea, Hulk Hogan

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Carl Weathers, Apollo Creed

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Chia Hui Liu, Pai Mei

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Ronald Jeremy Hyatt, Ron Jeremy

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Frida Kahlo

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Salvador DalĂ­

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presenta

By 66

mix

Lascia la tua traccia, vota il tuo remix preferito, vinci un MPC5000 e sali sul palco.


La prima fase di Reemix è ufficialmente chiusa, Dopo gli Aucan, ora è il turno di Sine, la sua traccia è online e aspetta solo di essere

bellissimo upgrade tecnico, e di viaggiare per una data insieme al producer romano. In attesa dell’evento del 4 ottobre presso lo

rimaneggiata. Ascoltatela, scaricatela, remixatela. Rischiate di aggiudicarvi un

store Urban Jungle di Napoli, continuate a seguire il contest su reemix.it per saperne di più.

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