GOLD SPECIAL ISSUE FOR CHRISTMAS
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L’AMORE È UNO SCANDALO, COME LA LIBERTÀ
M.P.
BEAUTY BY lorenzo zavatta
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MAC COSMETICS THIS ISSUE IS POWERED BY
photo STEFANO FERRONI I model AURORA FERRONI
BEAUTY BY lorenzo zavatta
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per
NIKELAB ACG
# L I V E L I K E Y O U L O V E
ART Andrea Fiorino
SONO ANDREA FIORINO E SONO UN ARTISTA Il mio lavoro nasce dalla necessità di raccontare: per questo motivo la narrazione è il filo conduttore che collega tutta la mia ricerca. Mi piace molto mescolare storie reali e immaginate all’interno dei miei lavori, cercando di dare una sensazione di mistero e ambiguità nel momento in cui sto narrando. La pratica del disegno per me è l’inizio: ogni quadro è preceduto da una lunga serie di disegni dove cerco di semplificare il più possibile la storia che voglio rappresentare. Porto sempre con me dei piccoli quaderni su cui, in ogni momento, prendo appunti su ciò che vedo o che ascolto. In questo periodo la mia ricerca è più introspettiva; il soggetto principale che raffiguro all’interno dei miei quadri molto spesso sono io, poiché cerco di rivivere e interpretare la storia che racconto, una storia che attinge dal quotidiano ma diventa altro. La mia ultima serie si intitola La pietra nera e si concentra sul confronto tra me, in quanto essere umano, e l’infinito, il cosmo, che rappresento sotto forma di pietra nera tangibile che diventa anche porta che conduce verso un spazio indefinito e incerto. Questa serie di lavori è raccolta nella mostra Della stessa sostanza, a cura di Arianna Beretta, che si è da poco inaugurata nella galleria Circoloquadro arte contemporanea di Milano: una doppia personale, insieme all’artista Riccardo Gusmaroli, che si pone come obiettivo il confronto tra due artisti assai diversi ma accomunati dalla riflessione sulla condizione esistenziale dell’uomo oggi. Biografia:
Andrea Fiorino, nato nel 1990 ad Augusta (SR), ha frequentato l’Istituto d’Arte con indirizzo rilievo e catalogazione dei beni culturali; si trasferisce poi a Milano, dove studia e lavora, e si laurea in Grafica d’arte e Pittura all’Accademia di Belle Arti di Brera. Ha vinto premi e ha all’attivo mostre personali e collettive sia in Italia che all’estero.
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TUTTE QUESTE COSE DELICATE
Giulia Bersani guardando il suo libro
frasi di fotografico 23
(raccolte da Davide Gori)
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«… Vorrei piuttosto morire giovane, preservando ciò che è stato fatto, anziché cancellare confusamente tutte queste cose delicate. Lo ha detto Francesca Woodman, una fotografa, una delle mie prime ispirazioni. C’era una sua mostra a Milano nel periodo in cui ho scoperto la fotografia e all’epoca era diventata un po’ il mio punto di riferimento. Adesso i miei punti di riferimento sono diventati altri. È un bel po’ che non mi fermo sulle sue foto». «Io scatto per necessità. Vivo momenti e conosco persone che mi affascinano, voglio fermarli per paura di perderli e allora scatto qualche foto, tutto qui. Cerco di catturare quello che ho davanti dal mio punto di vista in modo da poter ricordare anche come mi sentivo soggettivamente in quel momento». «Perché intitolare il mio libro 23? È più semplice di quanto immaginiate: sulle videocassette con i filmini di quando ero piccola c’è scritto, ad esempio, Giulia 6-12 mesi, Giulia 5 anni, Giulia scuola... I titoli hanno solo la funzione pratica di catalogare, mentre la magia sta nel contenuto. Non mi piace l’idea di descrivere a parole le mie fotografie. Dove possibile evito qualsiasi didascalia perché mi sembra che le immagini abbiano un potenziale comunicativo illimitato, con un titolo troppo soggettivo uno le mutilerebbe. Mi piace lasciare libertà d’interpretazione e con un titolo come 23 non faccio altro che dichiarare quello che è oggettivo, ma come li racconto rimane all’osservatore immaginarlo e ognuno lo immaginerà a modo suo». «Per me si tratta semplicemente di mostrare la mia libertà. Mi piace vedere il nudo come simbolo di libertà e naturalezza. Mi piace vedere gli esseri umani come semplici animali. Non mi piace la parola sensualità. Poi, come dicevo prima, ognuno vede qualcosa di diverso nelle mie foto, quindi sono cosciente che mostrando corpi nudi, alcune persone ci vedranno feticismi e provocazioni». «Fotografare l’amore altrui mi riempie tutte le volte di gioia e di calore umano. Questo sempre per il fatto che mi ritrovo nei soggetti fotografati , conosco bene quelle sensazioni». «La mia macchina mi aiuta ad esprimermi per ciò che sono. Non dico di essere una ragazza sempre spensierata e felice, ma anche le emozioni negative, se buttate fuori attraverso un mezzo espressivo come la fotografia, diventano meno nocive. Quindi la mia macchina non può che essere un’amica».
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presenta
# L I V E L I K E Y O U L O V E
THE NEW
NIKELAB ACG COLLECTION
3 FREE RUNNER DI PARKOUR. 4 CREATIVI. È IL TEAM CHE NIKE HA CREATO PER LANCIARE LA NUOVA COLLEZIONE DI NIKELAB ACG. INSIEME HANNO GIRATO PER MILANO, I PRIMI COMPIENDO EVOLUZIONI ESTREME GLI ALTRI DOCUMENTANDOLE PER CREARE UN CORTOMETRAGGIO CHE POTETE VEDERE SUL NOSTRO SITO URBANMAGAZINE.IT. LI ABBIAMO INTERVISTATI TUTTI E SETTE. ED È STATA UNA FATICA, PERCHÉ SONO UNO PIÙ FUORI DELL’ALTRO testi di Lorenzo Monfredi foto di Martina Giovanna Bardot
FREE RUNNER
Presentati. Martina Pastori, faccio video per campare. Combo perfetta per l’ispirazione? Pigiama + 420 + 1album di Flying Lotus + 1 pennarello. Descrivi la tua giornata tipo. Non sono ancora riuscita a trovare un equilibrio. È sempre tutto organizzato al volo e in continua evoluzione, ho un trolley che non disfo mai del tutto pronto in corridoio. Quanto contano i social per ricevere offerte lavorative? I social sono estremamente utili per trovare offerte lavorative, sono un’ottima vetrina per mostrare il proprio portfolio al pubblico. Peccato che io sia abbastanza scostante, e intaso di meme cretini tutto. Ultimo libro letto? In Acque Profonde di David Lynch. Momento di massima vergogna mentre filmavi? Una volta ho fatto l’operatore in un film hard. Non ero tanto in imbarazzo per l’azione in atto, ma per l’assurdità dell’entourage di persone macchiettistiche che si celano dietro a quel settore. Cos’è che ti rende felice? I corgi. Cos’è che ti fa incazzare? Gli ego smisurati, le persone che si credono arrivate. La modestia e l’umiltà sono il motore che ti spinge a imparare e migliorare giorno per giorno.
FOTOGRAFA E VIDEOMAKER
Presentati. Nome, cognome, età e fedina penale. Mi chiamo Bosca Nicolai ho 16 anni. E non ho mai commesso alcun crimine. Come ti sei avvicinato al parkour? Stavo giocando al parco e ho visto questi ragazzi saltare da un ostacolo all’altro e mi sembrava troppo figo allora ho iniziato ad andare da solo al parco a saltare e così col tempo è nata la passione e ho capito che sono forte. Pensi che in Italia sia difficile far conoscere la cultura del parkour e avere le strutture idonee? Sì, purtroppo in Italia c’è ancora gente che non conosce lo sport e pensa che sia solo scappare dalla polizia o saltare dai palazzi. Outfit preferito per allenarti? Pantaloncini e maglietta. Uno stereotipo che ti dà fastidio sul parkour? Siamo sottovalutati come atleti. Che ascolti per caricarti? Trap o rap americano. Qual è il tuo spot preferito a Milano? O non ci sei mai stato prima? Non conosco posti a Milano. Sicuramente Santorini in Grecia è il posto che sogno per allenarmi. Quanto conta il viaggiare, per voi freerunner? Viaggiare conta tantissimo, infatti i più forti al mondo viaggiano continuamente e si allenano con tutti. Qual è il tuo obiettivo massimo da raggiungere entro 10 anni? Vincere la AOM. La Red Bull art of motion. E ce la farai? Speriamo...
MARTINA PASTORI Martina Pastori è la regista dei video del rapper Ghali, e già per questo è rispetto a palla. Ma poi, ha fatto anche un documentario trash su come gli inglesi si sfondano di alcol e droghe in vacanza, chiamato Benidorm. Ma non lo vedrete mai perché gliel’hanno censurato. E allora il rispetto va a cinquemila giri.
NICOLAI BOSCA MARTINA PASTORI
NICOLAI BOSCA Nicolai è il più piccolo dei freerunner, e a vedere i suoi video su Instagram sembra uno a cui hanno installato delle molle ultra-potenziate nei tendini.
«Molti credono che il parkour sia soltanto uno sport o addirittura un gioco per pazzi spericolati, invece dietro ai nostri salti vi è una preparazione fisica e psicologica molto scrupolosa»
A N N A V O I G A MARTIN BARDOT FOTOGRAFA
e iù da scontornar iso della rr fare, ancor di p so o reetstyle. Prim 12.00 Primo st
OT VANNA BARD MARTINA GIO dot ti rimanda subito Bar Inutile dire che qui presente a casa dai giornata Brigitte. Ma la ita er em l’attivo o 19.30, corro al en en b n lm co A alla , ? lo a? el os liv i ne… esco 18.30 C fotografa d o non mi trattie gatti. an i iv d er il p Martina è una e se on e si ti, as at miei g atti e una p li amici un’infinità di sc aperitivo con g un mio fidanzato, er p ina la serata con il d el d fe m à, fil et o e, im m Pr 23.30 me, cogno ani che tollero Presentati! No pochi essere um ei d o ie del mattino un x per le occhia 26 anni. fli . et ot N d penale. o ar zi B i ra tt ng tu 2.00 Ri nna… per ra! Martina, Giova o al venerdì se fin a, tografica? im ss dopo iti ul p l’ispirazione fo ittorio er V p a s, tt U Fedina penale r fe er Fo p t o o Comb tiva tra N t re di vino Sei l’unica crea n ha un accoun no e ch Amici + bicchie ), ri to n as no (P m na ra ti ar ag ivano Inst eM Libro o film + d e mai? In realtà m o C . n m co ra e ag tt aria no Inst Cinema in solit rando giorno e vo i la d é o' ch p er p un o lio lo us i ritag Gatto + divano cial network, m . g ta e detesti sh influencer e so ha li ag d nza, chi non Cinque cose ch lontana o ic og al an nzione, l’ignora o su p re p tem o la p e, ti in a d at inioni e chi Il disor tua giorn re le proprie op lia ia b eg m sv Raccontami la ca a a rim to p os la è disp ndo per parità. 7.30 Odio profo e se la sveglia non fosse mai crede nelle dis m co o nt se i M ami alla follia 9.30 que cose che in C sicuramente alla follia sono o suonata am e ch se o posso citare Le co ufficio le cose che am el a d Tr . ia rg 10.00 Arrivo in ue ne nq ci l’e i è d i, l’ordine meno a del caffè gatti, i tatuagg i ie fe m of 10.01 “La caric i C , et fia ck ra g Po tualità. la foto style” cit. iacale) e la pun ill life da an st m primo… street ue se id to nt ut ve tt to (sopra tta? settecen cazzuta mai fa 10.05 Ottomila Esperienza più non si possono e ut vero cazz av d e nz ie er p Le es raccontare!
A I L G I R A C E DAVID cuni ragazzi i scappare da al d to ita p ca è i Sì, m iei amici, LIA ubare me e i m er d no DAVIDE CARIG userei le mie abilità atletiche va le vo e me la sono che ur, no stato svelto ranto. so Ta i te d a en in Facessi io parko am ar at m fortun In questi casi il villette della o dei cancelli. nd ca al av per rubare nelle iglia, 18 anni, scappa dai sc ta cava Car di molto utile. Invece Davide arlo. Che spreco nning si rivela ru ub er ee d fr far conoscere no lio g vo ia sia difficile al It in malavitosi che e ch si strutture Pen kour e avere le ar p el d superpoteri! a ur lt la cu ale età, fedina pen e, m idonee? no arkour è sempre g co e, m per fortuna il p zi an o, Presentati: no ed cr ne che non lo Non … che tra le perso sono alcune ulita. p an e to al iu en pulita o meno sc p a no in co d più , 18 anni, fe ire però che ci Davide Cariglia nato al parkour? ano. Resta da d e sia soltanto uno sport tic ra p ci vi edono ch o questa Come ti sei av persone che cr spericolati, cosa i che praticavan ic am re ue ia d ioco per pazzi iz g a in e i un d a o ur Grazi is tt ec iri d d ietro ai nostri o ad mpo, così ho n vera perché d mi no ni te an li en disciplina da te m eg d ta lu re asso azione fisica e e col passa vi è una prepar endo te id en ec d anch’io con loro am iù lit p i so d salti ato sempre o rupolosa. sono appassion logica molto sc mio tempo liber co el si d p te ar p na er allenarti? di dedicare buo fit preferito p pantaloni ut O di solito indosso no le ? al i re m allenandomi. io o g nd eg Qua astanza larghi nfortunio p tte e felpe abb solo lie o st ag re m ccio. , il Qual è stato l’i ta er tu p , la del ovimenti che fa m alla caviglia i ne ne io o rs od to m is d Una per sentirmi co che detesti. sui freerunner primo o il p ti so iu eo no da botte e graffi. ch er i st ha Uno quando pazzi che salta ei to d va o ro on p i sc ni ha Cosa Quando ci defi ozionato, o. em e backflip? o tt fa is d leni? un tetto all’altr olto sod m ito o. nt nd se lti quando ti al ce co no fa as o a av ic Mi so st us e m ch Che o in quello house. davvero motivat scono il freerunner o il Hip hop o bassri fe re p ze Milano? az g to Le ra ot preferi a Sp . gazza, io calciatore? Sant’Ambrogio ngere entro da dal tipo di ra no i free en ip d e simo da raggiu ch o as d m o io Cre iv cc tt ia p ie b li L’o te alle qua e ne conosco mol ente ci sono anche quelle ch dieci anni? entro 10 anni am da raggiungere o iv tt ie dere runner, ma ovvi ob io m Il precision e chiu sport. i g tr in al nn o ru on i er g d nn ili si d pre freeru è fare 18 pas le tue skillz da rondata 720. lcuno in ua q Hai mai usato a d o ti trick come la , ol ia m liz o p la al d per scappare generale?
R
FREE RUNNE
VITTORIO MARCHETTI BURTEA ROBERT NOT FOR US
FREE RUNNER
DJ
NOT FOR US Se dici di frequentare la scena clubber (che brutta parola) e non conosci Not for Us allora puoi anche andare a tagliare ceppi nella Maremma. Non che ci sia qualcosa di male, nel tagliare ceppi di legno. E poi uno che durante una rissa continua a suonare, anzi, mette su canzoni di Celentano è un grande a priori. Con quale artista ti piacerebbe fare una serata, e in che locale? Andrei a una serata Karaoke con Yung Lean. Cosa ti ispira maggiormente nelle tue produzioni? La texture di un suono. Leggi libri? Qual è l’ultimo libro che hai letto? Ultima serie tv che ti ha fatto fleshare? I Buddenbrook di Thomas Mann. Mi ha mandato fuori di testa Utopia: bravi attori, fotografia allucinogena, colonna sonora mega inquietante, e colpi di scena ogni 20 min. Descrivi la tua giornata tipo. Mi alzo, vado in studio, suono, leggo, ascolto musica, partita a fifa con qualche collega dello studio, suono, se c’è qualcosa di interessante faccio serata altrimenti suono ancora e dormo quasi niente. Quando esci per un aperitivo, cosa bevi in prima battuta? Bevo solo Negroni. La situazione più assurda in cui ti sei trovato a suonare. Ero in Puglia per una data, va tutto bene fino alla fine del mio set, tolgo gli occhi dalla pista per selezionare le ultime tracce da suonare e quando li rialzo non c’è più nessuno. Praticamente c’era stata una rissa in pista, hanno spaccato la faccia a un tipo e c’era sangue per terra. Sono tutti usciti per assistere allo scontro al di fuori del locale. Allora ho chiesto agli inservienti che si occupavano di pulire cosa volevano che suonassi e abbiamo passato gli ultimi 10 minuti a cantare sulle canzoni di Celentano. Cosa pensi delle droghe in discoteca? Sei favorevole all’uso? Mi lascia abbastanza indifferente. Basta che non fai del male ad altre persone e per me puoi fare davvero tutto ciò che vuoi. Se hai bisogno di drogarti per apprezzare una serata boh fallo, se non ne hai bisogno non farlo. Com’è nata la collaborazione con Nike? E com’è lavorare in sincronia con altri creativi? Mi hanno contattato raccontandomi il progetto, e mi ha subito coinvolto tantissimo. È sempre stimolante avere a che fare con gente creativa, con voglia di fare, soprattutto quando lavorano in ambiti diversi dal tuo, perché possono influenzarti per vie non direttamente associate al tuo contesto artistico.
ART DIRECTOR
VITTORIO MARCHETTI Vittorio ha baffi e capelli che lo fanno sembrare un ragazzo della Comasina anni 70, ha stile, inutile ricamarci su. A 21 anni ha fatto più di quello che tanti supposti blogger di chiara fama hanno fatto in 57 ere geologiche. Presentati! Nome, cognome, età, fedina penale… Vittorio Marchetti, 21 anni, designer e art director. Nato a Porto Recanati, cresciuto in una famiglia d’arte, con mio padre fotografo e mia cugina sand animator. Sand che? Animator, fare animazioni con la sabbia. Ah, ok. Ho iniziato a studiare Graphic Design & Art Direction alla NABA e capendo le mie potenzialità ho subito cominciato a lavorare nel settore della grafica con Drew Editorial dove tuttora ricopro il ruolo di senior designer, occupandomi di tutta la guida della versione stampata del magazine. Sono stato premiato in Germania al DRUPA per il secondo miglior packaging del futuro e quest’anno ho vinto un concorso di Vogue talent e Illy dove ho realizzato la nuova veste grafica del famoso barattolo. Prima di lavorarci, che opinione avevi della Nike, parlando dal punto di vista di un designer/creativo? Ho sempre sottolineato che per me gli uffici stile di Nike sono i migliori al mondo, hanno un design pazzesco. Quanto contano i social nel tuo lavoro? Uso molto Instagram, ma in generale utilizzo molto i social: facebook, Behance, Linkedin. Ma non penso che senza questi non riuscirei a lavorare o a farmi conoscere… Pensi che Milano sia il place to be del momento? Penso che Milano sia il posto dove ci si può lanciare, è una vetrina con molte possibilità dal punto di vista di un creativo. Ho 21 anni e questo è il terzo anno che sono a Milano... WOW sono cresciuto tantissimo qui.. In Italia penso sia l’unico posto. Ti vergogni se ti chiamano social influencer? Non mi piace esser definito così, sono un creativo, con delle basi e della cultura.. Purtroppo questa cosa del social influencer sta sfuggendo un po’ di mano a tutti secondo me… 5 cose che ami. Le giornate milanesi con 0 gradi e con un sole accecante e farmi una bel giro sopra la mia bicicletta da corsa. Svegliarmi la domenica molto presto e andare a fare colazione fuori. I momenti in cui rifletto sul mio lavoro e sulla vita. Cantare, ogni tanto intono qualche opera, sono un baritono. L’ordine. 5 cose che detesti. La maleducazione. Il disordine. Le droghe, ultimamente sono diventate un must e purtroppo rovinano le persone senza che se ne rendano conto. Il solletico che soffro tantissimo. Una parte del corpo, i nostri piedi, non solamente i miei… Li trovo veramente di cattivo gusto.
ROBERT BURTEA Robert, 17 anni, come gli altri freerunner ascolta trap e salta come un dannato canguro. Come ti sei avvicinato al parkour? Guardando video su YouTube. Come ti sei procurato l’infortunio più grave? Con un monkey precision difficile fallito per colpa della stanchezza. L’ho fatto senza usare la testa e mi sono spaccato. Pensi che in Italia sia difficile far conoscere la cultura del parkour e avere le strutture idonee? Con i soldi le strutture si possono avere tranquillamente, il parkour è in crescita. Outfit preferito per allenarti? Mi sento più a mio agio con i vestiti oversize. Che musica ascolti per caricarti? Rap ed electro house. Spot preferito a Milano? Il mio spot preferito si trova a Romolo, dove ho iniziato a praticare parkour. Il tuo obiettivo massimo da raggiungere entro dieci anni? Fare un film. E ce la farai? Perchè no, chissà... Un giorno potrebbe accadere.
FOLLOW THE FLOW
Giacca Levi’s
T-shirt Dockers
MODA UNA CAMERA D’ALBERGO, TRE NEW DREAMERS E UN’ATMOSFERA CHE SA SEMPLICEMENTE DI LIBERTá
photo SIMON I make up CLAUDIA MALAVASI I hair VALERIO SESTITO @FREELANCER AGENCY using BUMBLEANDBUMBLE I models ALASTAIR @FASHIONMODEL ANNABIANCA @WONDERWALLMANAGEMENT SOFIIA @BRAVE MODELS I fashion assistant DAVIDE RUDELLO
Lui Maglia Never Enough
Stivali Cult
Lei Slip Calvin Klein Underwear
Lui Pelliccia Dirk Bikkembergs Sport Couture
T-shirt Levi’s
Denim Never Enough
Lei Calvin Klein Underwear
Lei Maglione Levi’s
Lui Giacca Calvin Klein Jeans Lei Abito Vivetta
Si ringrazia per la location Top Vivetta
l’Hotel Vittoria
Via Pietro Calvi 32 Milano
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Le immagini di queste pagine fanno parte di Maxi News, magazine di Maxi Sport. A sinistra muta Arena, scarpe
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Ugg, occhiali Oakley. A destra occhiali Oakley a mascherina. Foto di Andrea Benedetti. Make up Martina Bolis.
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14/09/16 10:40
CDQC I CHRISTMAS MARKET (Versione FIGa) o MERCATINI DI NATALE (Versione CHEAP) WUNDER MRKT
DI giorgia dell’orto Non c’è più bisogno di andare fino a Parigi o Londra per fare del buon thrift shopping: da qualche tempo, a Milano, è scoppiata la mania dei mercatini vintage – dall’abbigliamento second hand e di ricerca, ai rigattieri più pettinati, agli espositori di handmade, i market milanesi sono pieni di chicche da scoprire e di vibes da città cosmopolita. Una di queste nuove realtà, che uniscono alla dimensione del mercato anche quella della musica e degli eventi mondani, è Wunder Mrkt. Wunder come la meraviglia nello scoprire cose sempre nuove, incontrare persone, gustare buon cibo, bere qualcosa, ascoltare musica, partecipare a workshop o assistere a performance; Mrkt (market) come luogo dove perdersi tra le bancarelle e acquistare oggetti bizzarri, memorabilia, creazioni artigianali, accuratamente selezionati per un pubblico eterogeneo, sempre e comunque alla ricerca del pezzo unico. Fresco del successo delle edizioni estive all’Ippodrono del Galoppo, Wunder continua a stupire come ha sempre fatto fin dai primi passi al Club Haus. Sarà infatti l’eclettico spazio BASE, nuovo fulcro artistico milanese, ad ospitare Wundermrkt per questa edizione natalizia. L’idea dei creatori è quella di offrire più che un semplice market, uno spazio trasformato di volta in volta che ospita sì vintage, espositori di handmade, artisti, oggettistica ma anche dove, per usare le loro parole «la creatività non è solo in vendita ma anche il centro di un dialogo». Abbiamo fatto due chiacchere con gli organizzatori Paola Riviera, Silvia Colombo, Cesare Ferarro, Marco Greco e Albert Hofer per capire come sia nata l’idea e come Milano abbia accolto questo nuovo entusiasmante tipo di market. Come e quando è nata l’idea di Wunder Mrkt? Il primo Wunder Mrk prende vita nel novembre 2015, a seguito di svariati anni di esperienze di mercati con i nostri precedenti brand, e rappresenta lo sviluppo naturale di essi: è il risultato di un lungo percorso di ricerca e sperimentazione nell’ organizzazione di mercati, party ed eventi culturali che si è sedimentato negli anni, che ha poi trovato nel Wunder la sua espressione più completa e matura. Avete background diversi? Cosa porta al progetto ognuno di voi? La nostra forza sta proprio nell’avere dei background diversi, ma allo stesso tempo perfettamente complementari! L’esperienza nell’organizzazione di mercatini e nel dialogo con i giovani creativi del collettivo New Girls si mescola alla perfezione con l’affermata realtà del brand Le Cannibale, che da anni offre intrattenimento di qualità nel campo dell’eventistica ed è uno dei punti di riferimento dell’entertainment e del clubbing milanese. Qual è il valore aggiunto di Wunder rispetto ad altri market? Sicuramente la creatività, ma ancor di più il fatto di non nascere come semplice market, ma come evento che include anche la parte di mercato. Wunder Mrkt vuole essere una esperienza lunga uno o più giorni, un happening capace di coinvolgere grandi e
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piccoli, artisti, artigiani, giovani, tutti sotto lo stesso tetto. Strizza l’occhio a chi predilige lo shopping di qualità, a chi cerca un luogo diverso per la merenda o l’aperitivo, a chi desidera ascoltare ottimi dj ed a chi semplicemente vuole stare in compagnia. Come selezionate gli espositori? La selezione è uno degli aspetti a cui teniamo di più, perché caratterizza fortemente la nostra immagine e ci differenzia dagli altri mercati. E la creatività è il suo fattore determinante. Tutti i nostri espositori sono selezionati per l’apporto creativo e artigianale delle loro proposte, che devono essere oggetti unici, frutto del loro ingegno e della loro sensibilità, in grado di raccontare una storia unica e irripetibile. Non a caso il nostro sottotitolo è “Il Mercato delle Meraviglie” ovvero un luogo dove trovare oggetti meravigliosi e sorprendenti, in grado di stimolare la fantasia ed esaltare l’immaginazione. Nelle ultime edizioni vi siete spostati in location più grandi e prestigiose, ci saranno altri cambiamenti rispetto al modello iniziale? Nell’ultimo anno Wunder Mrkt è cresciuto tantissimo, ed abbiamo cercato di puntare sempre più sull’aspetto culturale del progetto, rendendo il nostro evento un luogo di incontro e visibilità per le eccellenze creative del nostro territorio. Per questo vogliamo che anche le location siano coerenti con questa mission, e la scelta dell’Ippodromo Del Galoppo prima e del Base ora vogliono appunto rafforzare questo messaggio. Perché la scelta di fare questa edizione al BASE? Crediamo che il Base sia uno spazio con cui abbiamo molti punti in comune, essendo una location innovativa al centro di discorsi di sviluppo culturale cittadino, un luogo che ha dimostrato una spiccata sensibilità per la creatività e le arti visive in generale. Ad esempio la presenza di due mostre gratuite in location, Seismographic Sounds – Visioni di un nuovo mondo e Signs Grafica Italiana Contemporanea, confermano questa scelta, che ha come obiettivo di offrire al pubblico contenuti sempre nuovi. Infine, cosa c’è nel futuro di Wunder? Ci sono sicuramente tante sorprese meravigliose ed un costante impegno ad offrire un format sempre innovativo e ricco di contenuti, che esprima al meglio tutte le potenzialità di un vero Mercato delle Meraviglie trasformandolo sempre più in ‘esperienza meravigliosa’ a tutto tondo. Wunder Mrkt 17 e 18 Dicembre allo Spazio BASE in Via Bergognone 34, Milano. DJ set dalle 11.00 alle 21.00.
DA SEGNARE SULL’AGENDA Mercatino del Gusto - city life fino al 24 Dicembre Botteghe e Fattorie Sotto i Grattacieli - ISOLA 18 DicembrE I
I
CDQC I SHOPPING la strana coppia di fatto (mica tanto...) griffin studio ed element
cosa ci fanno insieme un’azienda di moda che possiede un rifugio con bufali d’acqua asiatici e un brand di skate? Black Sky Project, la nuova capsule dedicata all’outerwear che comprende anche La giacca a vento che diventa sacco a pelo. chiacchierata con jeff griffin, tra cieli neri e citazioni di mandela DI marco cresci Element presenta Black Sky Project, una capsule collection disegnata in collaborazione con Griffin Studio, gli specialisti inglesi dell’outerwear. La linea comprende alcune giacche tecniche, zaini e anche una scarpa, il tutto caratterizzato da una grande attenzione a materiali, design e funzionalità. Abbiamo intervistato Jeff Griffin, fondatore e designer dell’omonimo brand. Qual è il nucleo comune tra Element e Griffin Studio? Element è un marchio skateboard e Griffin un marchio di moda, ma io e Johnny Schillereff, il fondatore di Element, non la vediamo così, siamo entrambi entusiasti quando l’esperienza lifestyle è completa, lo dimostrano gli skate camp che Element ha nei boschi alla costa atlantica e la sede di Griffin, entrambi abbiamo un modo di osservare le cose in maniera diversa alla norma. Quale altra azienda di moda possiede un rifugio a basso impatto con cupole geodetiche e bufali d’acqua asiatici? Perché il lifestyle e lo skating sono qualcosa che vanno oltre le foto cool da postare su Instagram, noi non ne parliamo e basta, lo viviamo! Quali sono gli elementi distintivi della Black Sky Project collection? Con Griffin siamo conosciuti per il nostro outerwear, così la prima cosa su cui abbiamo puntato è stata quella di decostruire il capospalla e di abbinarlo con alcuni dei nostri pattern sviluppati in Italia, guardando la silhouette e la sagomatura del capo, ovviamente tenendo sempre in mente i nuclei comuni di entrambi i marchi, incorporando caratteristiche e dettagli, tra cui la capacità di respiro tramite il controllo dell’umidità e l’utilizzo di tessuti laminati a prova di vento e resistenti all’acqua. All’interno della collaborazione con Element c’è il Fishmouth che collega due giacche insieme, la giacca Quay e la Puffa con il sacco a pelo. Abbiamo poi legato insieme tutto questo con una stampa camouflage sviluppata utilizzando una macchia che è il marchio di fabbrica dell’artista Popla 1000 con sede a Seattle, USA, con cui lavoriamo da diversi anni. L’importante per noi è spingersi oltre i propri confini, modellare Griffin con le nostre frese per dare vita alla collezione.
Hai chiamato la collezione Black Sky Project perché ispirata da storie di vita all’aria aperta? Esatto, il nome è nato in campeggio attorno al fuoco facendo quello che la specie umana ha sempre fatto e continuerà a fare: raccontare storie e ridere. La nostra sede sta al confine con l’Oceano Atlantico, non c’è molta luce, guardiamo sempre in alto alle stelle, così una sera osservando il cielo ci siamo detti, perché non chiamare la collezione Black Sky Project? Dopo, abbiamo continuato a ubriacarci e a ridere ancor più di prima. Il nero della notte è protagonista della collezione. È chiaro che la collezione è pensata per l’outdoor, come è nata l’idea del Sleeping Bag Coat, il giubbotto che diventa sacco a pelo? Lo Seeping Bag Coat è nato nel 2000, lo disegnai per Griffin Studio e mi è tornato subito in mente parlando con gli skater pro di Element, parlando del loro mestiere che non è solo divertimento ma che ha molti tempi morti, tra una gara e l’altra o durante le riprese video. Mi hanno raccontato che spesso soffrono il freddo perché non ci sono spazi dove ripararsi sulle vette delle montagne. Per questo mi sembrava perfetto riproporre questo giubbotto che diventa un sacco a pelo grazie a un parte imbottita, che è poi il sacco che viene attaccato con una cerniera alla parte inferiore della giacca. È perfetto per passare del tempo in compagnia degli amici sotto la cupola geodetica della nostra Loveland Farm a Devon in Inghilterra. Quando sono stato al quartier generale di Element l’ho usata per dormire su un’amaca posta sopra la rampa skate. Definisci il marchio Griffin come ribelle, quali sono i valori in cima alla tua lista per cui ti senti di dover combattere? Questa è una domanda gigantesca... E il problema è che ci sono così tanti punti e domande da dover risolvere! Dopo il nostro coinvolgimento in prima persona per Stop The War e Stop the Toxic Pollution sono giunto alla conclusione che è facile firmare petizioni, manifestare e appendere poster ma più sei coinvolto, più il tutto si complica e molto, perché ti metti contro grandi organizzazioni che come si accorgono di te scatenano gli avvocati. Ma bisogna pur sempre lavorare e portare a casa i soldi per mantenere la famiglia. Questo mi ha spinto a trasferirmi nel 2010 a Devon, alla fine dell’Inghilterra sulla costa atlantica in favore di uno stile di vita eco e della sostenibilità. Dobbiamo seguire questa via per salvare il nostro pianeta e ho cercato di farlo unendo il lavoro e la famiglia, lavorando vicino casa, piantando centinaia di alberi, utilizzando pannelli solari e costruendo una serra biologica per l’orto. Ogni giorno cucino il pranzo per lo staff Griffin, bisogna mettersi sempre in discussione per vivere una vita creativa. In quanto ribelle sono stanco di perdere battaglie, così ho deciso di fare tutto quanto mi è possibile con Griffin. La prossima collaborazione con Element sarà ancora più sostenibile, introdurremo nuovi materiali ecologici realizzati con il riciclo delle bottiglie di plastica, questo è il modo in cui possiamo cambiare le cose dall’interno e in modo positivo. Il vostro logo è un cuore tagliato da un segno della pace, più amore è quello che serve in questo momento per fermare l’odio che sta dilagando in tutto il mondo, quali sono i tuoi pensieri a riguardo? Questo è corretto, stiamo vivendo tempi che cambiano e non sappiamo come si stabilizzerà questo scenario, la politica è sull’orlo del precipizio da sinistra a destra, possiamo vederlo sia in Europa che negli Stati Uniti! Io sono solo un fashion designer non molto intelligente, che cosa ne so? Quello che so è che siamo tutte persone e che l’amore può azzittire l’odio, basta osservare alcune delle più grandi persone che han fatto la storia come Gandhi, Martin Luther King e quel ragazzo che disse: «Dopo aver scalato una grande collina, si realizza che vi sono molte più colline da scalare». Nelson Mandela. Che genio...
CDQC I SHOPPING
e-commerce / TATRAS
SHOES / HAPPY BIRTHDAY ASICS GEL
In un mondo sempre più digitale e digitalizzato, ogni brand che si rispetti ha un suo sito web e cosa ancora più fondamentale, un suo e-commerce. Sono sempre di più, infatti, i consumatori che allo shopping fisico in giro per negozi e boutique, preferiscono lo shopping online, comodamente seduti sul divano di casa propria. Tatras lo sa bene e per questo decide di lanciare il suo e-commerce col botto. La piattaforma, realizzata da Jservice, è utilizzabile in più lingue: inglese, italiano, cinese e giapponese. L’interfaccia, elegante e contemporanea, guida e accompagna i clienti tra le collezioni uomo e donna, mostrando le immagini delle campagne advertising, dei must have e dei dettagli più ricercati. Il marchio si rivolge a consumatori attivi e dinamici, consapevoli di quanto e cosa acquistano, per questo le informazioni relative ai prodotti sono esposte in maniera chiara e dettagliata, nel tentativo di offrire il miglior servizio possibile. Fin qui nulla di sbalorditivo, si potrà pensare, senonché Tatras attua due mosse strategiche non da poco. La prima: capsule collection pensate e realizzate solo ed esclusivamente per gli utenti digitali da scoprire tramite una newsletter; la seconda: consegne a livello globale e, cosa più importante, senza spese di spedizione, per fare in modo che i capi Tatras siano accessibile a chiunque e ovunque. Il brand, caratterizzato da uno stile comodo e versatile, ma allo stesso tempo elegante e ricercato, dopo il grande successo riscosso prima in Giappone, suo paese di origine, e successivamente in Europa, adesso, con la sua allure sofisticata e il suo e-commerce, punta a conquistare gli urban dandy di tutto il mondo.
Le Asics GEL compiono 30 anni e si confermano le running shoes più now del momento; oltre a avere un design inconfondibile - lo sanno bene Chris Brown e Reese Witherspoon che le hanno ormai incollate ai piedi - sono adatte sia per lunghe passeggiate che per gareggiare alle Olimpiadi. I migliori atleti ai più alti livelli, dal rugby alla pallavolo, da anni scelgono Asics e il motivo è semplice: la tecnologia GEL, introdotta nel 1968, migliora esponenzialmente l’ammortizzazione della scarpa, ciò significa che questo sistema permette alla suola di assorbire gli urti, distribuendo l’impatto verticale su un piano orizzontale, riducendolo al minimo. Fu una vera rivoluzione 30 anni fa e continua ad esserlo tuttora, grazie a un’innovazione costante e al continuo miglioramento delle performance. Gli scienziati del Centro Ricerca e Sviluppo di Kobe inventano nuove tecniche e tecnologie all’avanguardia per soddisfare, in termini di comfort e calzata, dagli sportivi dilettanti agli atleti più esigenti. Un traguardo importante come quello dei 30 anni non poteva che essere festeggiato con tre nuovi modelli GEL: la GEL-Lyte III, la GEL-Lyte V, e la GEL-Quantum, in combinazioni di colori ispirati al cambiamento e allo scorrere del tempo. Tempo che, per Asics, ha portato a una crescita e un’evoluzione continua. I traguardi raggiunti testimoniano che, nella filosofia aziendale, riassunta nell’acronico che dà il nome al brand Anima Sana In Corpore Sano, Asics ci crede davvero. Non sono solo parole, ma fatti concreti che provano l’impegno dell’azienda nel migliorare le performance, ottimizzare la stabilità e il comfort e cosa molto importante nello sport, prevenire gli infortuni.
di martina giuffrè M. G.
CDQC I LIBRI IL FUMETTO Da quassù la Terra è bellissima
LA LIBRERIA Spazio B**K
Toni Bruno - Bao PublishinG
Via Porro Lambertenghi, 20 (Isola) Milano.
«Ci sono cose che rimangono là per ricordarci chi siamo e da dove veniamo. Ci fa male guardarle, ma ci danno anche la forza di andare avanti». Vi siete mai sentiti soli? Isolati? Avete mai avuto quella sensazione di smarrimento? Quando c’è qualcosa che vi turba, che non vi permette di andare avanti. Che non vi fa vivere tranquillamente, vi appesantisce la quotidianità tanto da perdere il controllo? Questa è forse una delle costanti della nostra vita. Quell’insensata incompletezza che ci turba e ci masturba la mente tanto da non farci più capire niente del presente e ci manda in paranoia. In blackout. Toni Bruno con Da Quassù la Terra è Bellissima racconta i problemi, le paure, i fantasmi di Akim Smirnov, eroe nazionale sovietico. L’alterego di Yurij Gagarin creato dal fumettista catanese non vuole più saperne di ritornare nello spazio e non vuole continuare l’addestramento. I malumori di Smirnov non sono digeriti dal governo sovietico che disperato assume Frank Jones, uno psicologo nevrotico americano, per cercare di recuperarlo. La rappresentazione del nemico americano si rivela in realtà una scoperta di quanto gli uomini siano uguali e deboli. Le differenze sono solo pretesti per portare all’odio e al rancore. Un americano, un russo e lo spazio. Sembra una barzelletta, o una di quelle storie che sfocia nella classica ipotetica Terza Guerra Mondiale e invece no, gli opposti, in tutto e per tutto, si aiutano l’uno con l’altro. Frank riesce ad aprire la mente del cosmonauta e facendolo apre inconsapevolmente anche la sua dagli scheletri del suo passato. L’autore ha raccontato una grossa verità: per superare i problemi, qualsiasi essi siano, bisogna affrontarli e piuttosto farsi male ma è l’unico modo per vincerli. Non ci sono alternative possibili.
I lettori non comuni vogliono perdere lo sguardo in un orizzonte di peculiarità. Cercano il guizzo della creatività che il senso comune tradizionalista pensa sia impossibile da rintracciare tra le mura di una libreria. Per smentirlo si deve andare allo Spazio B**K, dove il libro è un asterisco che richiama sulle pareti il potenziale di un luogo che funge da fucina dell’artigianato, impedendogli di fissarsi, o fossilizzarsi, su una mensola; lasciandolo libero, invece, di plasmarsi tra le mani dei lettori che lo toccano e lo fanno vivere nelle proprie menti esplosive. Non solo una libreria, ma anche un laboratorio grafico per adulti e bambini, in cui il «guardare e il fare» convivono in un unico spazio. In cui i libri illustrati per bambini coesistono con i libri illustrati per adulti, con i saggi di cinema e fotografia, con i dvd di animazione e dei film d’essai. Spazio B**K è un luogo in cui le barriere anagrafiche si frantumano e le scelte editoriali seguono il filo conduttore del guardare e del fare molto caro alle libraie che lo gestiscono. In coerenza con questi verbi attivi, Spazio B**K è libreria, laboratorio creativo e, allo stesso tempo, una mostra di stampe i cui colori risaltano sul bianco delle pareti.
Fabio Fagnani
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Federica Colantoni
CDQC I SHOPPING URBAN destination
400 brand, 4 negozi. È l’universo di Maxi Sport, la tua Urban Destination «Le persone sono al centro delle nostre strategie» questo è lo slogan interno all’azienda Maxi Sport, una catena di punti vendita in Lombardia con più di 135 dipendenti all’attivo e una età media di 27 anni. «Abbiamo sempre cercato di innovare e rinnovarci per stare al passo coi tempi» mi rivela Ester Sala, responsabile marketing e e-commerce di Maxi Sport. «Abbiamo tre punti vendita, a nord di Milano, a pochi km dal centro. Il primo è quello storico nato nel 1989 a Merate (LC), poi a Lissone (MB) e l’ultimo nato, nel 2014, a Sesto San Giovanni (MI) in Viale Fulvio Testi. E grazie allo shop online www.maxisport.com serviamo i nostri clienti in tutta Italia». Partiamo dall’inizio. Cos’è Maxi Sport? Maxi Sport è una realtà dinamica e in continua evoluzione. A dimostrarlo c’è il fatto che il nostro e-commerce è nato nel 1998, quando nel mercato italiano ancora non se ne parlava, e da poco abbiamo aperto, a fianco del punto vendita di Merate, una grande area specializzata basket, streetstyle e snowboard, per soddisfare le esigenze dei nostri clienti. Cosa si può trovare da Maxi Sport? Ci occupiamo di Moda e Sport, laddove lo sport è di moda e la moda è di ispirazione sportiva. Il nostro target di riferimento è meglio definirlo in base allo stile e non in base all’età. Abbiamo nel nostro assortimento più di 400 brand e a seconda dello sport che ami o dello stile che vuoi avere puoi trovare un’ampia scelta di novità dei migliori brand Moda e Sport. Ci piace quando i nostri clienti ci definiscono la loro “Urban Destination”... Qual è lo sport che sta maggiormente richiamando l’attenzione della clientela? Sicuramente il running, che è diventato un vero e proprio fenomeno globale. L’area running è presente in tutti i nostri punti vendita con una superficie molto ampia, dove si può trovare tutto il necessario, dalle scarpe fino agli strumenti tecnologici. Inoltre, è possibile effettuare test specifici dell’appoggio plantare con personale qualificato Maxi Sport in un’area dedicata con strumenti tecnologici specializzati. Cos’è Maxinews? È il blog di Maxi Sport. E’ uno dei nostri canali di comunicazione per raccontare ciò
Canotta bianca New York, leggings in ecopelle Silvian Heach, bermuda maschile, felpa, polsini tutto Nike Jordan, sneaker Nike Hyperdunk 2016.
Area running, store di Lissone
Piumino in neoprene Colmar Originals, panta gaucho in lamè Maison Scotch e top della collezione Nike Gold Rose.
Area calzature, store di Sesto San Giovanni
CDQC I SHOPPING Moda & Sport raggiungibile alle porte di Milano (o con un clic...) testo di Fabio Fagnani che facciamo, non solo le collezioni di nuovi prodotti, ma per parlare ai nostri clienti degli eventi e delle attività organizzate per loro. Raccontiamo la nostra identità. È nato come un progetto cartaceo nel 2006 e si è evoluto in un blog digitale. Tutt’oggi due volte l’anno produciano e distribuiamo ai nostri clienti il magazine in versione cartacea dedicato alla donna con idee regalo, consigli e suggerimenti di look. Il magazine esce a maggio per la moda primavera/estate e in occasione del Natale. La cosa interessante è che all’interno di Maxinews sono presenti le clienti che si sono presentate ai nostri Casting Day: selezioniamo le clienti che si candidano, le invitiamo nel punto vendita, vengono truccate e fotografate, poi scegliamo tra tutte coloro che rappresentano al meglio lo stile di Maxi Sport. Da febbraio partiremo anche con una proposta maschile. FOTO DI ANDREA BENEDETTI - MAKE UP MARTINA BOLIS
A livello di social come si difende Maxi Sport? Abbiamo più di 190 mila fan su Facebook e la cosa molto interessante e che ci fa molto piacere è che sono localizzati in tutta Italia. Abbiamo anche un canale Instagram in continua crescita. Avete intenzione di aprire uno store a Roma o in centro Italia? Questa è una parte strategica del nostro business e a oggi ancora non possiamo rivelarla. Ti posso dire però che abbiamo intenzione di raggiungere clienti in tutta Italia non sono attraverso il canale online ma anche a livello fisico. Su maxisport.com si possono trovare servizi particolari pensati per il periodo natalizio? Assolutamente sì. Spedizioni gratuite su centinaia di prodotti e per tutti gli ordini di importo superiore a 40 euro. Inoltre, acquistando entro il 24 dicembre si può approfittare del reso in 100 giorni e quindi avere tutto il tempo e la tranquillità di effettuare cambi e restituzioni dopo le festività natalizie. Obiettivi aziendali? Il nostro obiettivo è quello di soddisfare la nostra clientela offrendo le novità più esclusive. Ci piace che le persone ci individuino come la loro Destination per la loro passione Moda&Sport. Ci possono raggiungere in auto, in treno... o semplicemente con un clic.
Pantalone gaucho e dolcevita in maglia tutto Ottod’ame, cappotto check sui toni del rosso con ampio cappuccio bordato in pelliccia Woolrich.
Area basket street snow, store di Merate
Area calcio, store di Merate
Felpa Nike International, parka Freedom Day silver, cappellino Brekka.
CDQC I MUSICA I JUSTICE e quell’intervista FATTA IN TAXI: «I featuring? da lasciar perdere» di Ettore dell’ Orto Garpard Augè è estremamente rilassato, anche se siamo al telefono e lui si trova negli States insieme al suo socio Xavier (De Rosnay), a bordo di un taxi: è iniziata la promozione di Woman, il nuovo disco dei Justice, e il duo parigino ha un’agenda di impegni totalmente priva di caselle in bianco.
Anche quello di non essere sui social. Esatto, non pensiamo siano rilevanti per quello che vogliamo comunicare come Justice. Non fraintendermi, socializzare piace sia a me che a Xavier, semplicemente lo facciamo quando usciamo, tra noi o con altri amici.
Arrivate in studio con i pezzi pronti o iniziate sempre con delle improvvisazioni? La maggior parte delle volte improvvisiamo, ci sediamo nello studio e facciamo jam, finché non ne esce qualcosa che ci piace davvero. Utilizziamo pochi strumenti, il basso, la tastiera... e li supportiamo con i suoni che creiamo, con un mix di attrezzature analogiche e digitali.
Tu e Xavier vi siete conosciuti a una festa e dopo qualche drink avete fondato i Justice, quasi prima di diventare amici, me lo racconti? Beh sì, e credimi, è un vero piacere essere in una band con il tuo migliore amico. In generale, siamo entrambi più per un ambiente domestico, ed ecco perché avendo la necessità di provare cose nuove, invece di andare a registrare altrove, è venuta fuori l’idea di costruirci un nuovo studio vicino a casa, a Parigi. Ci troviamo a meraviglia, ci andiamo a tutte le ore del giorno, e ci passiamo tutto il tempo che vogliamo senza dover guardare l’orologio, è fantastico, per il processo creativo non sapremmo come fare diversamente.
Chi fa cosa nei Justice in questo disco? Dipende, davvero. A seconda della canzone sulla quale stiamo lavorando, ci alterniamo agli strumenti e diventiamo l’uno il produttore dell’altro. Quando avete iniziato a parlare del nuovo album? Nel 2012 finito il tour di Audio, Video, Disco ci siamo messi d’impegno per costruire lo studio nuovo, una volta finito l’abbiamo riempito di strumenti e attrezzature. Da quel momento ci siamo messi a comporre e a gennaio 2015 sono iniziate le registrazioni. Tra un vostro disco e il successivo passa ogni volta un sacco di tempo, il che vi lascia completamente fuori dalle dinamiche standard dell’industria discografica. Hai ragione, in questo momento è tutto maledettamente veloce nella musica e se non esci spesso con del nuovo materiale corri il rischio di essere dimenticato o messo da parte. Noi però siamo molto contenti così, abbiamo la massima libertà sia a livello stilistico sia nei tempi, per cui corriamo volentieri tutti i rischi del caso.
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Forse anche per questo all’interno di Woman non si trova nessuna collaborazione illustre, eppure pare che le proposte non vi siano mancate. Abbiamo provato in passato, ci siamo divertiti, ma il risultato non ci ha mai soddisfatto completamente: benché effettivamente spesso ci contattino per dei featuring e la tentazione di accettare a volte è forte, ci siamo convinti che per noi sia meglio lasciarli perdere.
CDQC I MUSICA cinisello 1-resto del mondo 0. bomber: SFERA EBBASTA di lorenzo monfredi Sfera Ebbasta, al secolo Gionata Boschetti, è il rapper del momento: il singolo Figli di Papà viene passato ovunque, ha siglato con Universal, sta facendo un tour che lo porterà in giro per l’Italia da dicembre a marzo. Dicono che ha successo perché c’ha tutti gli stereotipi dello zarro di periferia: tatuaggi, denti d’oro et similia. Sì, ci sta. Ha un’attitudine davvero di strada. Ma ad ascoltarlo parlare, capisci che è il riflesso di una generazione disillusa, quella nata fra metà e fine anni 90. Una generazione sconclusionata, che tutti hanno messo al muro. Interessi sociali? Zero. Meglio una canna al parchetto. E però è una generazione che si sta togliendo qualche sasso dalle scarpe. Vedi Sfera: from zero to hero. Nel giro di un anno è passato dall’essere un ragazzo xxx di Cinisello all’essere IL rapper di Ciny. Sei il punto di riferimento per gli under 18. Sarà per il look, lo stile o la rabbia di emergere? Secondo me è un mix delle cose, sicuramente il mio look è diverso dagli altri e attira, ma parlando di musica ci dev’essere il contenuto, sennò farei il fashion blogger. Le nuove generazioni si sono identificate magari nei miei atteggiamenti, nel modo di parlare, nell’estetica, cazzoneso… ma alla base ci sono le canzoni e il tipo di sound. Hai detto: «Sono il più rap di tutti, perché ho riportato le tematiche di quartiere nelle masse». Fino a un anno fa, il rap underground o comunque si voglia chiamare la mia roba, quello non mainstream, che non faceva un suono pop addolcito, non emergeva. Quindi, chi faceva underground si esibiva in posti di nicchia per un pubblico di nicchia; mentre chi faceva il pop-rap aveva le porte aperte nei club. Poi, non vorrei essere blasfemo, siamo arrivati noi e abbiamo sbloccato il tutto: nel giro di un anno abbiamo fatto il botto. Qual è stata la dinamica che ha portato da poche views ai milioni? Non ci passavano in radio, non avevamo una major che finanziava i video, le registrazioni. Senza spendere un euro siamo riusciti ad arrivare a un livello che molti non vedranno mai; e i pochi che ci sono arrivati l’hanno fatto spendendo un casino di risorse. La nostra spontaneità ha vinto su tutto: sui soldi, sulla qualità dei video, su ogni cosa. Ha vinto Cinisello… Cinisello 1, il resto del mondo 0. Che ne pensa tua madre della carriera artistica? Mia mamma è felicissima, stracontenta. Ho un rapporto assurdo con lei. E quando non avevi sfondato, che ti diceva? Eh. Nei tempi difficili, che avevamo proprio zero cash, mi diceva che non basta avere un sogno, conta anche la sostanza. Però fondamentalmente si rendeva conto che fare l’elettricista o il fattorino non faceva per me. Non avevo testa, volevo fare altro. Non mi ha mai tarpato le ali, infatti mi ha sostenuto tanto, fino a un anno fa non avevo un euro in tasca e quando dovevo spostarmi, fare qualcosa per la musica, lei c’era, mi sosteneva. Senza di lei non sarei quello che sono ora. Ora le do io una mano! È possibile che questa tua voglia di emergere sia stata dettata anche dalla morte di tuo padre
Peter Doherty
quando avevi 13 anni? Eh, è un casino. Davvero un casino. Io sono sempre cresciuto da solo con mia mamma, ha sempre pensato lei a me, ma è stato un problema la morte di mio padre, ma non economico. È stata una botta brutta, che di sicuro ha influito tanto sulla mia vita Parlando del tour . Ho letto che hai dovuto imparare a gestire i 40/60 minuti di show. Cosa hai dovuto imparare a fare? La verità è che da fuori sembra facile. Anche io vedevo gli altri salire sul palco e pensavo che cazzo ci vuole, e invece no! Fai due o tre canzoni sul palco, avanti, e capisci che se non sei uno sportivo e in più fumi come un turco, come faccio io, devi allenarti, abituarti. In più tutti dicono ah Sfera usa l’auto tune… se stoni sull’auto tune è ancora peggio, va tutto a puttane. Quando sei sul palco e ti fai i primi due pezzi, l’adrenalina ti fa stancare il triplo, ti devi muovere, devi fare show, devi azzeccare le note ed essere anche disinvolto, non è facile. Non sarà la fatica del muratore ma per farla bene ci vuole costanza Ti emozioni quando senti il pubblico che canta? Quella è una botta, non finirà mai, diventi consapevole del fatto che c’è gente che ti vuole proprio bene, che ti supporta, che farebbe di tutto per te. Ho fatto un live a Verona, l’ultimo, son venuti due ragazzi francesi che si son fatti 5 ore di macchina ed ero davvero felice, cioè vedere che qualcuno lo fa per me dico che bomba, è una soddisfazione.
Thee Oh Sees
– An Odd Entrances (Castle Face Records)
Tove Lo
«Come on, boys, you gotta choose your weapon: J45 or AK47?»
Garage rock? Sì e no.
Svedese classe 1987, all’anagrafe Ebba Tove Elsa Nilsson. Della
Ci sarà stata un’ovazione al Bataclan qualche giorno fa, quando
Sì: sono le primissime due parole che ti vengono in mente quando
giovane cantautrice Tove Lo sarebbe bello poter dire «conosciuta
suonando la nuova Hell to Pay at the Gates of Heaven, Peter
pensi a John Dwyer e ai suoi Thee Oh Sees. I ragazzi ci hanno
più» col suo nome d’arte, ma quel favore che le hanno riconosciuto
Doherty ha invitato il pubblico a scegliere tra la storica chitarra
costruito una carriera ventennale legando indissolubilmente il
le classifiche made in USA e gli habitué dell’electro-pop europei
acustica J45 e il più famoso tra i fucili d’assalto. A distanza di 7
proprio nome a questo genere.
evidentemente non ha passato le Alpi. Eppure stiamo parlando
anni da Grace/Wasteland, ecco Hamburg Demonstrations, nuovo
No: il nuovo dei Thee Oh Sees non è un disco garage-punk. O
di un hype da secondo disco che l’artista ha iniziato a costruire
lavoro di uno dei più grandi talenti della sua generazione. Fa
Meglio, non solo. Non è un segreto infatti che Dwyer sia piuttosto
già agli ultimi VMA’s, quando sul red carpet le è stato chiesto di
davvero sorridere come le sue vicende personali siano state a
bravo a smarcarsi e rimettersi in gioco, uscendo dai canoni piuttosto
spiegarne il titolo (“Lady Wood”: un crossover da Urban Dictionary
volte capaci di oscurare il songwriting di Doherty, che però senza
marcati reperibili nella vastissima discografia della band californiana.
tra i Beatles e la filmografia disneyana). Fatto sta che la copertina
batter ciglio mette per un momento da parte i suoi Libertines,
A pochi mesi dal gioiellino A Weird Exits ecco l’ennesimo colpo
ammicca alla sessualità femminile come aveva fatto Madonna con
imbraccia la chitarra acustica e torna in versione solista, più intima
di coda, l’ennesima volta in cui un disco dei Thee Oh Sees divide
Like a Prayer. Lady Wood è un disco facile, ma solo in apparenza:
e confidenziale. Il disco è stato registrato in sei mesi ad Amburgo
i fedelissimi in due schieramenti: i duri e puri, delusi da una
può venire immediato pensare subito al mood Ibiza di fine estate,
con la supervisione del produttore Johann Scheerer, al quale va un
parentesi che soddisfa poco la loro voglia di pogo e sudore, e i
ma è altrettanto semplice abbandonare questa tesi già al primo
merito su tutti: l’aver valorizzato l’istinto e la spontaneità di Peter,
fan più eclettici, che tendono l’orecchio come sempre e seguono
pezzo e è ancora più facile perdersi nelle atmosfere oniriche e nel
senza ricercare una pulizia assoluta e un suono perfetto. Risultato:
Dwyer senza porsi troppe domande. Questi ultimi rimarranno
susseguirsi serrato delle sue tracce. Alcune sono sofferte altre invece
la vera perfezione. Ogni pezzo è una gemma in grado di smuovere
forse folgorati dalle sei tracce contenute in An Odd Entrances,
di immediata lettura e in pieno stile electro-pop nordeuropeo.
emozioni, grazie alla combinazione costante di melodie convincenti
frutto di improvvisazioni, strumenti prog e suoni sperimentali, voci
Impossibile non ripetersi in testa ‘Cool Girl’, indiscussa main hit
e ben suonate, atmosfere acustiche con richiami retrò e testi che
appena accennate e pezzi strumentali, ritmiche funk fine anni 60
dell’album, a cui si accompagna un up and down di pezzi altrettanto
sanno essere insieme potenti, fragili, sinceri. Riesce davvero difficile
e assoli senza una meta precisa. Oppure penseranno che non c’è
iconici come True Disaster e Influence feat. Wiz Khalifa. Tove Lo
per esempio, evitare una pelle d’oca alta così quando si ascolta
filo conduttore tra un pezzo e l’altro, e che magari in questo lavoro
ha annunciato il completamento del progetto con l’arrivo di un
Flags From the Old Regime, dedicata e rivolta all’amica Amy
sono stati usati scarti e rimasugli provenienti dai dischi precedenti.
secondo volume in primavera, e se questo è il biglietto da visita della
Winehouse. I don’t Love Anyone Peter, but you’re not just Anyone.
Tutti d’accordo però che al diciottesimo album in studio si può
cantautrice svedese, le premesse sono decisamente ottime.
(BMG)
– Hamburg Demonstrations
– Lady Wood (Island Records)
ancora sorprendere. Ettore dell’orto
E.D.o.
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Alessia Porcini
CDQC I MUSICA «in questo momento potrei condurre ciò che voglio». fedez CI VA LEGGERO... LE SIGARETTE ELETTRONICHE SONO NOW! All’inaugurazione del nuovo store MILANESE DI Vype Pebble LO SPECIAL GUEST ERA Fedez. POCHI MINUTI DI INTERVISTA con il rapper nei quali rivela: «Fumavo tre pacchetti al giorno, viaggiare con me era impossibile». Dopo XF abbiamo fatto il punto della situa con uno che sta andando a 300 all’ora fisso di FABIO FAGNANI Produttore e personaggio influente nella musica italiana, «in questo momento potrei condurre qualsiasi programma tv» mi dice senza filtri. Questo grazie anche alla notorietà acquisita con X Factor ma parlando del nuovo singolo, Assenzio: «non è una hit, anzi è anti marketing». Musica, rap, produzione, start-up, tanti progetti e Fedez confessa «sono stanco». È sera, anzi orario aperitivo, a Milano meglio specificare. I navigli milanesi e i locali nei dintorni iniziano a riempirsi. Gente, macchine, birre, il dopo lavoro di Milano arriva tutto verso quell’ora. Avrei voglia di concedermi uno spritz ma poi penso a Mentana e lo evito. Entro nel nuovo store di Vype, in viale Gorizia 34, e mi mettono in mano un calice di Prosecco, credo. Lo bevo in attesa che arrivi Fedez e che sia il mio turno per intervistarlo. Nel frattempo il locale si riempie: musica, dj set, open bar, fumi elettrici, donne e credo anche uomini ma non ci ho fatto caso. L’attesa diventa più lunga del previsto. Altro giro, altro Prosecco. Inizio a sentire dei rumori di sottofondo strani: non sono brillo, è arrivato Fedez. Tocca a me: La sigaretta elettronica è una moda? No, anzi. Io prima fumavo tre pacchetti di sigarette al giorno. Fare i viaggi in macchina con me era impossibile perché come ne spegnevo una, accendevo quella dopo. Da tre pacchetti al giorno ho smesso grazie alla sigaretta elettronica. Il principio è quello della disintossicazione. Devi smettere gradualmente. Io ho smesso due anni e mezzo fa. Mi concedo una sigaretta ogni tanto, magari dopo un bicchiere di vino ma solo quella. Ho provato di tutto, cerotti, cicche ma l’unica soluzione, per me personalmente utile, è stata la sigaretta elettronica. Ho sentito una tua intervista, dalla Bignardi alle invasioni Barbariche, dove dicevi che ti sei proposto tu inizialmente a Sky per fare X Factor. Com’è cambiato Fedez da quel giorno lì? Bè televisivamente mi ha dato tanto. Mi ha fatto conoscere al grande pubblico generalista. Io reputo X Factor uno dei migliori, anzi il miglior programma di intrattenimento della televisione italiana. Io in questo momento potrei fare qualsiasi programma televisivo ma X Factor è diverso. Il tavolo di X Factor non è per tutti. È stata una sfida e un traguardo importante che mi ha insegnato tanto. Oggi so gestirmi, so cosa fare e quando farlo. Sono cresciuto. E’ la tua terza edizione di X Factor, come sta andando rispetto alle precedenti? Si tende a dire sempre che l’ultima o quella che si sta svolgendo è sempre la migliore in assoluto. Però se guardiamo i numeri è davvero così. Il programma ha avuto un aumento di ascolti molto significativo di conseguenza, da quel punto di vista, è la miglior edizione. Terza e ultima stagione o andrai avanti? Ho firmato per due anni, quindi a meno che non impazzisca totalmente dovrei essere anche nella giuria del prossimo anno. Ma le cose non sono mai certe quindi diciamo che all’80% ci sarò anche l’anno prossimo. A livello di talenti? Ma devo dire che il vivaio di X Factor non ha mai avuto grosse ricadute. Ha sempre avuto molta qualità. Com’ è cambiato il rap su X Factor? E’ sempre macchinoso perché la televisione si porta dietro una istituzionalità e un pubblico generalista. Il pubblico spesso mette davanti la bellezza della voce alla bravura di scrivere un testo. Si preferisce il talento del cantante e non della scrittura. E di Loomy, togliendoti i panni del coach delle under donna, cosa pensi? Penso che ha intrapreso un percorso totalmente in salita, che ha un talento imprescindibile e che deve essere riconosciuto. Ti ha fatto cambiare idea, prima non la pensavi così… E’ vero. L’ho sempre detto, io prima non pensavo avesse questo talento nascosto. Mi ha dimostrato tutto quello che può fare e soprattutto come lo può fare. E mi sono totalmente ricreduto. Il tuo rapporto con Roshelle? C’è stato qualche screzio… Ma neanche più di tanto. In realtà quello che si vede in televisione è un distillato di quello che succede e di un rapporto più complesso e ampio. Anzi, pensa che c’è qualcuno che pensa che limoniamo segretamente. Noi di Urban abbiamo intervistato Roshelle in anteprima prima del primo live. Era titubante proprio sui brani che gli avresti proposto… Si, però io sono molto contento del percorso che ha fatto e che sta facendo tutt’ora. Adesso stiamo finalmente lavorando all’inedito. Ci sto lavorando personalmente io e devo dire che è uno degli inediti che io abbia mai sentito a X Factor. Mi dici un talento, che non fa più parte del programma, che secondo te potrebbe fare strada al di fuori dei talent? Fammi pensare, non è facile. Ah, ecco, una ragazza che era arrivata fino ai miei Home Visit, si chiamava Valentina e come Caterina suonava con la chitarra. Lei secondo me è molto brava, l’avrei presa ma spero si ripresenti l’anno prossimo. Lo sai che si è presentata ad Amici e non l’hanno presa… Non l’hanno presa? E come mai? Per me era molto brava. Vabbè speriamo si ripresenti il prossimo anno. A me piaceva. Nuovo singolo e nuovi progetti? E come mai la scelta di Stash e di Levante? Vuoi sapere la verità?
Certo… La verità è che dopo il gesto dello sputo di Stash agli Mtv Awards, che tra l’altro li considero poco trasparenti e non mi faccio nominare né mettere in nessun concorso loro proprio per questo motivo. Ci siamo detti, prendiamo una persona che ha dovuto affrontare una difficoltà e che va un po’ controcorrente che rappresenta, in questo momento, l’anti-marketing. Una cosa che non farebbe nessuno, nonostante la sua bravura. Allora abbiamo scelto una voce pop, Stash, e un’altra completamente indie. Cioè Levante. Io e Ax eravamo convinti e alla fine abbiamo fatto questo esperimento. E’ un singolo complesso, molti dicono che non sarà una hit… E’ vero. Non è una hit è un pezzo complicato e tiene testa comunque alle hit. Noi facciamo quello che ci piace anche se non vendiamo continueremo a farlo. Non ci facciamo problemi perché l’album, che uscirà a gennaio, è pieno di hit e quindi è un rischio che ci possiamo permettere di prendere. Progetti nuovi? Il disco uscirà a gennaio, partirà il tour e le due date del Forum di Assago sono già sold-out. Ho fatto la collaborazione con Replay, adesso Vype. Ho una start up che vive bene e il progetto Zedef, ossia un progetto di Dj e di produzioni. Cose che in Italia hanno poco eco ma all’estero se ne parla. Sta andando tutto bene, sono anche stanco. Tempo per uscire te ne rimane? Tempo per uscire poco. E quando ho del tempo libero sto a casa. Mi son preso una bellissima casa e quando posso me la godo.
NEW OPENING!
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# L I V E L I K E Y O U L O V E
Nel corner dedicato ogni giorno il casaro produce formaggi vaccini d’impronta pugliese. Ma siamo a Milano. Per questo la fusione tra un caseificio artigianale e un ristorante-american bar non poteva che prefigurarsi serenamente. La Latteria della Darsena somiglia più precisamente a un contenitore di degustazioni dove poter acquistare, consumare o semplicemente osservare come la passione si traduca in articoli gastronomici di qualità. Burrata, scamorze, stracciatella o primosale da portare a casa o divorare sul posto, insieme ai salumi, ai panzerotti, alla focaccia barese. Immancabili a pranzo e a cena anche i must della cucina pugliese tradizionale come lo orecchiette con le cime di rapa, il purè di fave con cicorie e le famigerate bombette. L’aperitivo ripudia elegantemente la formula buffet a vantaggio di un mix di assaggi serviti al tavolo e accompagnati a scelta da un calice di vino o da un cocktail. Tra le pareti blu scuro, con tanto di Vespa
vintage in bella mostra, si fanno notare credenze recuperate su cui rintracciare confetture, taralli, sughi e tipicità regionali selezionate con cura. La vera moda qui però è una soltanto, lasciarsi affascinare dalle mani del mastro casaro che nel suo laboratorio a vista, protetto da una vetrata, fa libero sfoggio della propria maestria.
Via Giuseppe Codara 1, Milano www.latteriadelladarsena.com tel. 02 8941 5685
photo evento Milano Fashion Library
CDQC I LOCALI
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dalla comunità lgbt agli etero (ma senza ferrari da ostentare): tributo al Blanco
Il bar Blanco, ritrovo dei socialite e tappa fissa del pre serata milanese, compie otto anni. aperitivo con il suo fondatore, il dj Lorenzo LSP di Marco Torcasio Alla base una filosofia ben precisa, essere un laboratorio divertente di idee in cui nessuno possa sentirsi particolarmente celebrato. Giunto ormai al suo ottavo anno di attività il bar Blanco di Milano è un punto di riferimento della nightlife metropolitana, con collaborazioni, esperimenti fashion, tribute inaspettate, ottimi cocktail e soprattutto una clientela tra le più affezionate in città. Ne abbiamo parlato con il socio e titolare Lorenzo LSP. Un’intervista che nasce dalla voglia di raccontare i primi otto anni di Blanco non può che partire dall’inizio. Raccontaci dell’apertura milanese… Il Blanco era un locale già molto famoso a Formentera, voluto da Fabio Covizzi, titolare del marchio, da Roberto Manzoni e Loris Piga. L’idea di trasportare il concept a Milano è maturata al termine di quell’esperimento di successo con la volontà di conferirgli un taglio più friendly. Insieme a Luca Arena e Adriano Russo, noto fotografo di moda, ho preso in mano il progetto e mi sono ritrovato a curarne gli aspetti artistici grazie all’esperienza maturata nel mondo della nightlife e della moda, per circa dieci anni ho infatti curato la musica per lo stilista Neil Barrett. Inizialmente ho cercato di coinvolgere persone che per me rappresentavano una famiglia, come Riccardo Slavik o Cristian Croce, fino a trascinare personaggi come Samuel dei Subsonica o Stefano dei Righeira. Per arrivare a oggi con M¥SS KETA, ultimissima scoperta che nella sua canzone In gabbia non ci vado cita proprio il Blanco. Quali sono le serate di punta del locale? Il meglio si concentra tra il giovedì e il sabato. Diskopolitan è giunta ormai al suo settimo anno e sembra ieri quando tutto iniziò con Andrea Ratti e Christian Alario. Una volta al mese la novità è Fondazione Blanco ma le collaborazioni sono innumerevoli e variano tra i generi, sia musicali che estetici e sessuali. Cosa trova di diverso chi viene al Blanco? A livello musicale il sound è scelto con attenzione senza però diventare troppo sofisticato o pretenzioso e le serate mantengono ognuna la propria identità senza
mai uniformarsi. Personalmente quando suono in discoteca prediligo la House, ma quando metto i dischi al Blanco spazio parecchio fino a toccare generi come la Barum House, il Voguing, il Latin Hip Hop. Puntiamo anche su dj non professionisti per scoprire nuovi modi d’interpretare la musica. La clientela è molto varia, dalla comunità lgtb agli eterosessuali (quelli senza Ferrari da ostentare), dai creativi a chi apprezza semplicemente la musica o un buon drink. E poi ci sono le mostre. Prima dell’estate ne abbiamo organizzato una sul clubbing londinese dei primi Novanta in collaborazione con Jeffrey Hinton che ha rievocato quella tenutasi al Victoria Albert Museum di Londra chiamata From Club to Catwalks. Abbiamo toccato anche tematiche fashion con Angelos Frentzos, e attualmente, per tutto il periodo delle festività, si può visionare #Notitle, la personale dell’artista Cosimo Carola. Ma Blanco non è sinonimo solo di vita by night… Esatto. L’offerta diurna si sviluppa su varie fasce della giornata, dalla colazione al pranzo, al pomeriggio, vero e proprio ritrovo strategico soprattutto d’estate adesso che P.ta Venezia è diventata il nuovo polo aggregativo di
LA STRONCATURA Pizzeria Berberé di marco cresci La storica pizzeria Berberé di Bologna dopo Torino e Firenze apre a Milano in Isola; l’ambiente non può non far gola a chi frequenta questo quartiere abitualmente: arredo a metà tra una scuola anni 70 e una fabbrica, tavoli e sedie in formica, piastrelline bianche da mattatoio e collage da studio di design a decorare le pareti. Il menù vanta farine integrali biologiche, 24 ore di fermentazione, ingredienti biologici, impasto alternativo realizzato con idrolisi degli amidi, lavorazione non sottile dell’impasto per un pieno sviluppo degli alveoli. Perché tutti sappiamo cosa sono idrolisi e alveoli no? Ma passiamo alle pizze, non sono moltissime, una quindicina e soprattutto non si possono cambiare gli ingredienti, se vuoi una banale prosciutto e funghi te la vai a mangiare altrove. La cameriera ci chiede se siamo stati all’inaugurazione, rispondo di no, «peccato, regalavamo la pizza e pensa, c’era la fila che faceva il giro dell’isolato!» … grazie era gratis! Ordino una pizza con zucca cotta al forno, funghi di bosco saltati, parmigiano reggiano, fiordilatte e olio alla salvia che si lascia mangiare, ma pur essendo piena di tutti questi ingredienti sa di poco, sarà che mentre cerco di gustarla la cameriera passa ben tre volte a chiedermi «è buona vero?» in un modo poco spontaneo e poi quando la cerco per farmi cambiare il bicchiere sbeccato non torna più. Come me qui dentro del resto. (Per la cronaca 2 pizze e 1 acqua sfusa 34 euro)
Berberè Pizzeria Via Sebenico, 21 Milano Isola I
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quei creativi che fino a poco tempo fa si riunivano sulla Darsena. Dalle 18.30 alle 21.30 tocca all’aperitivo e poi prosegue come puro cocktail bar che trova nella carta dei drink il suo punto di forza. Non siamo uno speakeasy, ma al Blanco si beve bene perché i cocktail sono studiati dal nostro bartender Fabio per essere originali e interessanti. Qualche episodio che ha caratterizzato la storia del bar? L’arrivo di Diane Pernet dopo una presentazione in città ad esempio, Raf Simons che mi dice «ciao Lorenzo» o anche le tante charity organizzate con La Pina. Dopo la scomparsa di Pete Burns, leader dei Dead Or Alive, siete stati gli unici a realizzare un tributo all’artista… Sì e ne faremo un secondo più strutturato, per farne capire meglio lo spessore musicale. Pete non era soltanto quello che si è visto al Celebrity Big Brother, ma una personalità molto complessa che vogliamo provare a raccontare, dagli esordi con i Dead or Alive fino alle contaminazioni Hi-NRG. Potrei amarlo anche solo per il suo guardaroba pazzesco tutto Vivienne Westwood…
CDQC I LOCALI la serata più giusta di milano si chiama don’t tell my mum...
... viene fatta ogni primo lunedì del mese al pinch, urban ne È media partner e l’ha inventata matteo caccia. che ci ha raccontato un sacco di belle cose di lorenzo monfredi Matteo Caccia è una di quelle persone che, pur avendo un bagaglio di cultura enorme, può tranquillamente starsene a chiacchierare di serie A, piccole sfighe quotidiane, perizie di vela nautica e McCarthy (Cormac, il D-I-O) come se nulla fosse. Ha 41 anni Matteo, e forse lo conoscerete come conduttore radiofonico su Radio2, o per il format Rai Pascal. Poi, se ve la fate nei posti giusti di Milano, magari ci avrete bevuto assieme una birra o un Negroni. Matteo, infatti, è l’ideatore del Don’t Tell my Mum, il contest in cui un avventore del Pinch Spirits and Kitchen sale sul palco, col tasso alcolico bello carico, e spara le cartucce di vita vissuta che non direbbe MAI alla propria mamma. Abbiamo svariato su ogni fronte offensivo possibile: libri letti e scritti, risate, l’importanza del teatro e della spontaneità. Come è nata l’idea del Don’t Tell my Mum? Inizialmente io facevo questa sorta di show nel 2014 in un locale arci, perché volevo sperimentare la formula di intrattenimento. Ma ogni volta era un casino: tessera arci, biglietto d’ingresso… io volevo invece che fosse un’esibizione gratuita, e soprattutto che si svolgesse dentro un locale dal giusto stile, come il Pinch insomma. In effetti è un locale molto figo, alla Woody Allen. Avevo visto un progetto simile proprio a New York, nell’East Village. Si chiamava The Moth, e c’erano degli scrittori che raccontavano le loro esperienze. Ma quel format era diverso, perché si era in una libreria, ed era una gara, alla fine della quale venivano premiati i raccontatori. Era poi un modo di pubblicizzare i propri libri… la vera idea centrale nasce dal fatto che io da un po’ di anni lavoro alla radio con le storie di vita. Chiedo agli ascoltatori di mandarmi una storia, qualunque essa sia, scritta in massimo due pagine. Una storia che rappresenti chi la racconta. Volevo continuare a ravanare in questo mondo, ma usando altre formule. Perché un conto è mettersi nella tua casetta a scrivere la storia, un altro è esporsi su un palco. Si parlava di farne anche un format televisivo, che però non è decollato. Un gruppo di una casa di distribuzione è venuto a filmarci. Ci hanno fatto delle riprese integrali, e avevamo un accordo tale per cui loro si impegnavano a distribuire il prodotto. Non sta andando, per ora, ma la cosa non è che mi interessi troppo. A me diverte fare il don’t tell perché non ci devo lavorare, mi diverto, mi piace esserci. Al di là di qualsiasi ritorno. Credo però che si sia in stallo perché in tv, quando vedi qualcuno col microfono, pensi sempre che debba far ridere a priori. Il don’t tell invece non è per forza comico. Bisognerebbe capire che è una roba di storie delle persone, storie ruvide, malinconiche, e che vanno prese per quello che sono. Il tuo ultimo romanzo, Il nostro fuoco è l’unica luce (2012), è per caso tratto da una di queste storie simboliche? No, è una mia idea che ho portato avanti negli anni. A posteriori, poi, ho conosciuto una ragazzina piemontese, di origini algerine, che soffriva di fotosensibilità. A cosa stai lavorando attualmente? Esco con Baldini&Castoldi, è una storia di inselvatichimento. È la storia di un uomo che sale sugli appennini e fa un tratto di appennini totalmente
selvaggio, fa una camminata per portare un oggetto verso un luogo che gli appartiene. In questo cammino incontra pochi uomini e molta natura selvaggia, tra cui un lupo. L’uomo perde la sua parte domestica e guadagna un pezzo di vita selvatica. Sembri molto legato alla natura. Sicuramente ho una passione per gli elementi puri… Come mai? Non lo so. Quest’ultimo libro nasce da una forma di allontanamento dalla civiltà. Mi piace come la natura si riprenda i propri spazi. Esiste un corridoio naturale, in Italia, lungo l’appennino, dove il lupo si è lentamente ripopolato attraverso una specie di migrazione. Ci ha messo decenni, ma alla fine è ritornato. A me non interessa l’idea di natura che uno si sveglia e mangia vegan o si apre il b&b. Mi piace ciò che è davvero selvaggio. Chi ti ispira, stilisticamente parlando? Eh… ho pochi riferimenti, soprattutto John Steinbeck e Cormac McCarthy. Cormac per me è un classico americano. Una bomba, McCarthy. Suttree, Figlio di Dio, che bombe! Sì, quell’affilatezza delle parole… è un riferimento assolutissimo. In Oltre il Confine, mi sono lett’e riletto quelle 160 pagine dove il ragazzino incontra la lupa. Magiche. Assolute. Pensi che il teatro servirebbe come materia nelle scuole, quantomeno primarie?
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Credo che il teatro abbia un grande problema: non riesce a togliersi di dosso una patina museale di cui si è caricato in questi anni. E il Don’t Tell è più teatrale o spontaneo? La formula del Don’t Tell è molto diversa dal teatro, perché nel teatro il personaggio ti protegge, quello che sale in scena è il personaggio. Nel Don’t Tell una persona x sale sul palco e ti racconta qualcosa. Io trovo che sia la cosa più interessante, perché permette a chi ascolta di non mettersi nella condizione di dire «vediamo cosa fanno questi», non ti carichi di aspettative. Sapendo che non sono performer, ma che sono persone normali, ecco l’audience è aperta all’ascolto. Io ricordo che le storie però, anche se non tutte simpatiche, ti coinvolgevano. Eravamo tutti coinvolti. Qual è la forza del Don’t Tell my Mum? Ha a che fare con l’essere umano, con la condivisione di pezzi di vita, a prescindere da come lo si faccia. Io penso che quella cosa che hai percepito è qualcosa che non si crea nel cabaret, nel teatro, ovunque. Al Don’t Tell, si crea un’empatia tale tra chi ascolta e chi racconta che è concesso di tutto al raccontatore. Alla fine del racconto ti sembra di conoscere meglio quella persona che si è aperta davanti a cinquanta bevitori. Alla fine del racconto, si vuole un po’ più bene a chi è salito sul palco. Non so come spiegarlo diversamente. È tutto lì.
CDQC I mobility alta qualità, innovazione e tecnologia: DRIVE NOW E L’EVOLUZIONE DEL CAR SHARING come funziona e come È arrivato a milano il servizio che ti fa guidare bmw e mini di fascia premium
L’ufficio è al piano terra di una centralissima via di Milano. Un desk di accoglienza, arredamento minimal e poi, dietro, gli uffici. È il quartier generale di Drive Now, la nuova alternativa al car sharing. Il car sharing per chi - anche nei tratti brevi cittadini - non si accontenta di una city car ma vuole un’auto con cui divertirsi, avere e ricevere soddisfazioni. In uno dei due uffici dietro il desk c’è questo ragazzo dai capelli biondini, camicia bianca e cravatta, perfetto stile BMW (che insieme a SIXT, leader nel mercato dell’autonoleggio, ha messo insieme la joint venture da cui è nata Drive Now). Lui è Andrea Leverano, managing director dell’azienda. Si alza, ci dà la mano, spiega: «Il servizio vuol essere innovativo, tecnologico, sicuro e di alta qualità». L’idea di Drive Now è quella di fornire un car sharing nuovo, più evoluto? L’idea è questa. Il modello del servizio esiste da anni a livello europeo e Milano è ormai una delle capitali del car sharing. E in questa logica noi siamo arrivati al momento giusto perché la città era già pronta e abbiamo avuto un grande ritorno di interesse. Quante auto ci sono attive attualmente? 480. Le vetture disponibili sono di fascia premium: BMW Serie 1, Serie 2 Active Tourer e Serie 2 Cabrio e MINI Clubman, MINI 5 porte e MINI Cabrio. In fase di lancio è un buon numero anche perché arriviamo in un mercato dove la domanda è in continua crescita. Il tuo percorso da dove arriva? Per vari motivi mi sono quasi sempre occupato di car sharing. Nel 2000 stavo facendo servizio civile per Legambiente e contestualmente la tesi. Legambiente voleva avviare un progetto sulle auto associate o auto di condominio prendendo spunto da alcuni servizi svizzeri che mettevano a disposizione elettrodomestici o beni di largo consumo a disposizione di tutto il condominio. Allora abbiamo iniziato a farlo con le macchine. Quando questo progetto è terminato sono andato
a lavorare in Alto Adige, poi all’estero, Germania e Austria, per un network di progettazione sul fronte energetico. Nel 2007 sono rientrato a Milano per altri motivi ma ho ripreso a collaborare con Legambiente e nel 2009 abbiamo venduto il servizio ad ATM. Ho seguito per alcuni anni questo progetto per l’azienda dei trasporti milanesi ma poi BMW mi ha contattato proponendomi questa nuova realtà ed eccomi qua. Ci sono state disgressioni tra quello che pensavate fosse il vostro target e quello che davvero è? È ancora presto per dirlo. Sicuramente la campagna di lancio è andata bene, però ci concentreremo molto sulla clientela business e sui millennials che se da una parte è vero che non acquistano più tante auto dall’altra però fanno un gran uso del car sharing. Quante grandi aziende di auto stanno capendo questo passaggio? Tante. BMW e MINI sono un esempio in questo: perché stanno riuscendo a mantenere la propria identità di auto di altissima qualità abbinandole a un concetto estremamente contemporaneo. Questo significa saper interpretare la realtà.
CDQC I CLUBBING dove andare per evitare trenini e briiigitte bardò bardò! Roma, Londra, Parigi e Gent: i dj set più cool per brindare al nuovo anno DI Roberta Bettanin 2017: A Rave Odyssey - An Epic Trip Into the New Year @Kompass Klub, Gent, Ottergemsesteenweg-Zuid 717A, 9000 Gent, Belgium
One More With Correspondant @ Rex Club
Vacanza, cultura e clubbing, un trinomio sempre più gettonato e un fenomeno in continua
Parigi, una delle mete più scontate dove passare le feste dell’anno nuovo, regala però
crescita. Perché rimanere quindi a casa se c’è la possibilità al tempo stesso di visitare
sempre in atmosfera. Dopo aver passato una romantica mezzanotte tra l’avenue des
una nuova città e festeggiare l’anno nuovo in grande stile? Gent, pittoresca cittadina del
Champs-Elysées e aver ammirato la proiezione video sull’Arco di Trionfo, che culmina con
Belgio a soli 60 chilometri da Bruxelles, è facilmente raggiungibile dall’aeroporto della
uno spettacolo di fuochi d’artificio, potete scegliere se dirigervi in uno dei famosi cabaret
capitale che ospita sempre voli low cost a prezzi veramente ridicoli. Oltre a un centro
parigini, come il Moulin Rouge o il Crazy Horse, o se optare per una soluzione più adatta
medievale intriso di storia, la città - importante nodo ferroviario - dispone anche di un
ai nostri tempi e scegliere uno degli storici e più longevi club di Parigi, il Rex Club, aperto
porto marittimo che, attraverso una serie di canali, si collega al Mare del Nord. La notte del
da Laurent Garnier addirittura nel 1992. La sera dell’ultimo dell’anno il club ospita un party
31 dicembre offre «2017: A Rave Odyssey», un party che vanta nella propria line up nomi
in collaborazione con la label Correspondant, la quale fa riferimento a Jennifer Cardini e è
come il DJ e produttore inglese Luke Slater, conosciuto anche sotto il moniker Planetary
l’estensione della lunga residency dell’artista proprio al Rex, e che ha preso vita insieme a
Assault System e attivo dagli anni 90, il tedesco Konstantin, fondatore della label Giegling,
Compact records, distributore riconosciuto a livello globale.
e ancora Phase Fatale e il nostranissimo Lucy, tra gli altri, per un capodanno all’insegna
In line up proprio la signora Cardini insieme a Red Axes, il progetto dei DJ Dori Sadovnik
della techno.
and Niv Arzi con base a Tel Aviv, e lo spagnolo Javi Redondo.
www.residentadvisor.net/event.aspx?898763settore
5 boulevard Poissonnière, 75002, Paris, France
www.residentadvisor.net/event.aspx?902941
Oval Space Music x Percolate NYE @29-32
Cosmo NYE @Salone delle Fontane / Spazio 900
Meta sempre gettonatissima sia per le vacanze che per il clubbing, Londra, che tra l’altro
Roma città eterna che eternamente torna come una delle mete più interessanti da
ha da poco recuperato il proprio club più importante, il Fabric che rimasto chiuso in
visitare, sia per gli stranieri che ovviamente per gli italiani. Buon cibo, clima mite, musei
seguito a un incidente in settembre riaprirà a breve, salvato dalla campagna trans-europea
a profusione, nemmeno una vita intera basta per scoprirla tutta. Una delle sue zone
#savefabric un atto di generosità dei fedelissimi che hanno donato in modo da poter
più belle è l’EUR, quartiere progettato negli anni trenta del Novecento in previsione di
coprire le spese legali del club. Potreste essere i primi a entrare nel tempio riaperto, se vi
un’Esposizione Universale mai svoltasi. Il complesso ospita alcuni esempi di architettura
trovate in zona anche se la data è ancora top secret. Nell’incertezza, Oval Space propone
monumentale che convivono con edifici moderni edificati nei decenni successivi, ed è
in collaborazione con Percolate - booking e communication agency di base nella capitale
ispirato all’urbanistica classica romana con elementi di Razionalismo Italiano, che danno
inglese ma di respiro internazionale - una serata dalla line up di grande qualità: dal riverito
vita a un neoclassicismo semplificato. Proprio questo il teatro dove si svolge, in differenti
maestro dell’elettronica Floating Points, agli irlandesi conquistatori di dancefloor Bicep, dal
location, Cosmo 2016, un party di capodanno con i più grandi nomi dell’elettronica
globetrotter Midland sino a uno dei fondatori di Ostgut Ton Nick Höppner, ce n’è per tutti
internazionale. Ben quattro le location - Spazio 900, Room 26, Plus Room e Salone delle
i gusti. Infatti all’afterparty che durerà fino a giorno inoltrato, offrono anche la colazione!
Fontane - in cui si esibiranno artisti del calibro di Chris Liebing, Ilario Alicante, Loco Dice,
www.residentadvisor.net/event.aspx?826332Wriezener Bahnhof
Nina Kraviz, Pan Pot e altri ancora.
The Oval, Bethnal Green E29DT, London, UK
Roma, Italy
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CDQC I CLUBBING
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Le migliori realtà del Clubbing italiano secondo noi a fine anno È arrivato il momento di dire quali sono le clubnight più meritevoli del 2016 valutate per continuità, club ricerca e dj resident Quando parliamo o analizziamo il clubbing cerchiamo di farlo nella maniera più fedele e meritevole possibile, spiegandovi questa antica arte che da anni regala emozioni indimenticabili a tutti coloro che per un periodo ben preciso si sono sentiti parte di un movimento. Un movimento e una continuità che non può assolutamente essere considerata, all’interno degli eventi one shot/ one-night che sono molto di moda negli ultimi anni (assolutamente rispettabili per la proposta artistica, ma ovviamente poveri di contenuti e atmosfere di aggregazione, in relazione alla breve durata dell’evento in se stesso. Insomma per quanto ci riguarda assomigliano più a CONCERTI che a clubnight). Per questo motivo le scelte che sono state fatte qui, sono dettate da quattro componenti essenziali, che sottolineano la reale appartenenza al contesto clubbing.
METRI DI GIUDIZIO
CLASSIFICA
Continuità o dell’importanza di un appuntamento settimanale. 1 I’LL BE YOUR FRIEND (Dude Club) Milano // Abstract Club o dell’importanza di farti sentire a casa. Ricerca o dell’importanza di proporre sempre qualcosa di nuovo. 2 NOZOO (Goa) Roma // Fabrizio Sala Resident o dell’importanza di conoscere i dj che suonano. 3 NOBODY IS PERFECT (Tenax) Firenze// Alex Neri 4 TROPICAL ANIMALS (Club21) Firenze// Ricardo Baez 5 NUL (Plastic) Milano // Fountain of chaos 6 JACKZONE (Sound Department) Taranto // Cosimo Colella 7 QLOOM (Qloom) Mantova // Method 8 HARMONIZED (HARMONIZED) porto sant’Elpidio // Harmonized Soundsystem 9 OVERSIZED (Meno 2) Genova // Pierka 10 KODE_1 (Kode_1) Putignano // æmris
MEDIA I La porno-arte di Baron magazine Di striP-project.com Baron magazine occupa uno spazio perlopiù inesplorato, al confine tra arte e pornografia. Fantasioso, provocatorio, intellettuale, artistico, più comunemente definibile pornochic o porno-concettuale presenta una varietà di immagini completamente immuni dal pudore. Fondato da Jonhatan Baron (titolare anche dell’omonimo studio creativo Baron), con l’aiuto del lavoro di molti fotografi che negli ultimi anni stanno sperimentando questo nuovo tipo di linguaggio, il magazine rappresenta sicuramente la voce più autorevole del genere. Lo stile di Baron si muove nella direzione opposta alla pura pornografia che trascura il dettaglio estetico, e va verso quella che sarà la sessualità del futuro, lontana dal coinvolgimento emozionale esplicito e dal dilagante voyeurismo, alla ricerca di un erotismo estetico fatto di immagini suggestive che talvolta non hanno nessuna apparente connessione con il sesso. Si tratta dell’investigazione visiva della sessualità più provocatoria e attuale che si possa trovare; i migliori talenti creativi sono liberi di esplorare la loro idea di eccitazione e l’evoluzione delle loro fantasie. Non esistono altri magazine che come Baron propongano una tale indigestione erotica e per coloro che si pongono la domanda se si tratti di pornografia o arte, si ricorda che, così come la bellezza è negli occhi di chi guarda, anche l’arte e la pornografia. Da giugno 2016 Baron è affiancato dal suo corrispettivo al femminile Baroness, dedicato interamente alle signore, e insieme hanno appena collaborato con DITTO Press alla creazione di un evento cinematografico su sesso e dintorni; una selezione di classici e rivisitazioni del cinema erotico, accuratamente studiata dallo staff di Baron. I biglietti dell’evento, inaugurato a Londra lo scorso 27 ottobre con un calendario di proiezioni e posti molto limitati, vengono venduti insieme a una speciale bevanda alcolica; il 17 novembre è approdato a Berlino e non si escludono altre destinazioni...
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CDQC I CINEMA QUEL ROMPISCATOLE DI ALESSANDRO BORGHI di Silvia Rossi
“Sto bene, ho un po’ di ansietta per il film perché è la prima volta che facciamo un’azione così tanto indipendente dall’inizio alla fine e quindi dobbiamo vedere come va, però va bene”. Raggiungiamo Alessandro Borghi al telefono, è sul set della serie tratta dal lungometraggio Suburra di Stefano Sollima, prodotta da Netflix. Ed è proprio il personaggio che interpreta lì - Numero 8 - insieme poi a all’esperienza profondissima di Non Essere Cattivo di Claudio Caligari, che ha permesso al trentenne Borghi di dimostrare con grandissimo impatto che bravo attore è. L’ansietta che dice di avere è per Il Più Grande Sogno il film di Michele Vannucci sulla storia di Mirko, un bandito che, una volta uscito dal carcere e aiutato dal suo migliore amico Boccione, vuol trasformare l’indifferenza della sua zona in solidarietà. Eletto Presidente del comitato di quartiere, decide di sognare un’esistenza diversa. È la storia di un sogno fragile e irrazionale, capace di regalare un futuro a chi non credeva di meritarsi neanche un presente. Sei un ragazzo ansioso? No, ansia è già di per sé una parola sbagliata che ho usato io. In realtà io non ho quasi mai l’ansia, si trasforma sempre in curiosità, la curiosità di vedere le reazioni delle persone. Quello che ogni tanto si innesca in me è un po’ il fastidio di sapere che un progetto come il nostro, portato avanti con così tanto cuore non riesca ad avere una distribuzione dopo che è stato anche presentato al Festival di Venezia. Non riesco proprio a farmene una ragione, ma non soltanto per il nostro film, anche per altri progetti, insomma è un meccanismo, quello della distribuzione, che ancora non mi è troppo chiaro. Però come tutte le cose che si fanno col cuore e da soli, se poi c’è un risultato, quel risultato vale doppio. Speravamo di avere l’appoggio di qualcuno che poi non c’è stato e quindi ce lo distribuiamo da soli, siamo usciti a Roma e si spera che ci sia poi un buon riscontro. Mi piacerebbe ripercorrere, in parte, il viaggio che si è compiuto con Non Essere Cattivo. Che poi quello che è accaduto con Non Essere Cattivo credo vi abbia anche provocato il godimento di dire: «Ah ve ne siete accorti tutti che questo film è una figata». Si certo sicuramente, dall’altro lato c’è da dire che in quel caso noi avevamo la fortuna, ma allo stesso tempo la sfortuna che c’è stata negli anni precedenti, di avere il nuovo film di Claudio Caligari che tutti aspettavano. E poi anche perché c’era coinvolto Valerio Mastandrea che comunque ha un certo appeal sul pubblico essendo tanti anni che fa questo mestiere. Purtroppo con le opere prime questo meccanismo fa un po’ più fatica a mettersi in moto. Tu quando hai capito che fare l’attore sarebbe stato davvero il tuo mestiere? Questa è una domanda che mi sono fatto più volte e sono riuscito a trovare una risposta poco tempo fa. L’ho capito il giorno in cui Stefano Sollima mi ha scelto per fare Numero 8 in Suburra. Io facevo l’attore già da un po’ di tempo, dal 2006, principalmente per la tv. Nel
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momento in cui Stefano mi ha dato la possibilità di dimostrare il modo in cui avevo voglia e bisogno di fare questo mestiere ho semplicemente sfruttato al 100% l’occasione. E quello che è accaduto dopo, Non Essere Cattivo, il film di Michele Vannucci, adesso Fortunata di Castellitto, è servito piano piano a confermare a me stesso che ero diventato un attore. Non è uno status, quando vedi che riesci a farlo nella maniera in cui ti piace, andare sul set ed essere felice, quella per me è la mia percezione di essere attore. Empatico. Questo secondo me è il miglior complimento che si possa fare a un attore. E tu lo sei. Ma che tipo di attore sei? Uno che propone tanto anche rispetto alle sensazioni che senti di quel personaggio oppure no? Io sono un rompiscatole. Ma il mio essere rompiscatole è perché voglio essere sicuro che non stiamo mettendo in scena qualcosa che va contro natura. Però nello stesso modo in cui sono puntiglioso nel rivedere le scene e nel cercare la parola giusta, lo sono anche nel lasciarmi completamente dirigere. Mi viene in mente l’ultima esperienza che ho fatto che è stata quella preziosissima con Sergio Castellitto. Lui mi ha davvero trasportato in un film che era molto diverso da quelli che avevo fatto fino a quel momento e che in partenza avevo capito di meno. Quindi mi sono detto che in quel caso piuttosto che farmi una domanda in più dovevo assolutamente affidarmi a Sergio, che prima di essere un regista è un attore straordinario. Il personaggio di Chicano in Fortunata è stato pazzesco, me lo porto dietro in una maniera molto importante. Cosa ci puoi dire di Fortunata? Fortunata è un film che parla di una storia normale. Questo è quello che ho maturato pensandoci. Parla delle relazioni che si innescano tra dei personaggi che semplicemente vivono la loro vita con le loro problematiche. In particolare Chicano è un ragazzo bipolare migliore amico di Fortunata (Jasmine Trinca), una donna che è rimasta sola con una bambina e che ha alle spalle un matrimonio molto complicato. C’è anche Stefano Accorsi che fa uno psicologo e le relazioni tra tutti i personaggi che presi singolarmente sono persone che noi possiamo incontrare nella nostra vita generano una storia che vale la pena raccontare. Come è stato rincontrare Numero 8? Hai scoperto qualcosa in più di lui o l’hai ritrovato lì dove l’avevi lasciato? Ho riaperto un cassettino e adesso stiamo cercando di arricchirlo perché abbiamo più tempo per raccontarlo. Se nel film abbiamo solo fatto vedere il cattivo qui possiamo anche andare a raccontarne il lato umano. Quanto conta l’ironia nel tuo lavoro e nella tua vita? Beh, è fondamentale, soprattuto per fare questo mestiere. Io non mi sono mai preso troppo sul serio, credo che si possa essere professionali pur essendo molto leggeri, questa è una cosa che mi hanno insegnato i miei genitori. Le poche volte che l’ho fatto, di prendermi troppo sul serio, ho avuto solo feedback negativi e improvvisamente è diventato tutto più serio e noioso!
CDQC I CINEMA I A CURA DI SILVIA ROSSI
Miss Peregrine - La casa dei ragazzi speciali di Tim Burton
Snowden di Oliver Stone A quali libertà saremmo in grado di rinunciare per consentire ai nostri governi di proteggerci? Lo sapete che siamo tutti controllati 24 ore su 24? Si, anche tu. Altro che Grande Fratello di Orwell. Qui si parla degli americani. Snowden di Oliver Stone è un film bellissimo, interessante, ben girato - c’erano dubbi? - e a tratti scioccante. Racconta la storia di Edward Snowden, un moderno Don Quixote, e del suo lavoro per la CIA e per la National Security Agency (NSA) statunitense come consulente legato da un impegno di massima segretezza. Il giovane genio informatico scoprirà che una montagna virtuale di dati viene registrata tracciando ogni forma di comunicazione digitale, non solo relativa a governi stranieri e a potenziali gruppi di terroristi, ma anche a quella di normali cittadini americani. Siamo nel 2013 quando Edward Snowden (Joseph Gordon-Levitt) lascia con discrezione il suo impiego alla National Security Agency e vola ad Hong Kong per incontrare i giornalisti Glenn Greenwald (Zachary Quinto)
e Ewen MacAskill (Tom Wilkinson), e la regista Laura Poitras (Melissa Leo), allo scopo di rivelare i giganteschi programmi di sorveglianza informatica elaborati dal
Lo script è probabilmente l’ingrediente segreto che rende Miss Peregrine perfetto per
governo degli Stati Uniti. Oliver Stone, folgorato da questa
la sensibilità di Burton e che gli permette di
storia dopo la visione del documentario premio Oscar
rivisitare ed espandere dei temi già esplorati nei
di Laura Poitras Citizenfour, racconta in modo inedito la
suoi primi lavori.
vicenda di Edward Snowden, analizzando le motivazioni
Non c’è partecipazione nel dramma dei
che hanno trasformato un giovane patriota ansioso di servire il suo Paese in uno storico delatore. C’è moltissimo su cui riflettere e molto ancora da conoscere e sapere. Ma Stone riesce a non essere
personaggi, né coinvolgimento emotivo e analisi psicologica della maggior parte dei caratteri, ma Burton con questo film sembra più interessato a
complottista per dimostrare che c’è un reale motivo per
osservare il mondo che lui stesso ha creato come
cui non stare del tutto tranquilli e che la minaccia terrorista
fosse un tentativo per rivedere e riflettere sulla
non è poi al centro di tutto, quanto piuttosto una mania di
propria cifra stilistica. O meglio poetica. Non è
onnipotenza e di supremazia mondiale che tutta la giostra
stato accolto al meglio Miss Peregrine - La casa
americana desidera raggiungere. La regia di Stone è lineare e solo lui poteva raccontare una storia così. In sala.
dei ragazzi speciali, alcuni critici continuano a sostenere che Burton continui a sbagliare. Sinceramente pensiamo che per la prima ora, forse per un po’ di più, Burton sembra deciso a rendere Miss Peregrine uno dei suoi migliori lavori e che forse troppi effetti speciali ne impoveriscano la resa nella parte finale, mettendo un po’ da parte la narrazione intrigante e fresca. Eppure questa favola dark ci ha affascinato e i messaggi come quelli che la storia comunica difficilmente ci stancano: l’invito a sentirsi bene con se stessi a prescindere da ogni condizione sociale o temporale continua ad essere un buon punto a favore per un film anche young adult. E poi Eva Green è stupenda. Non abbiamo nulla
Captain Fantastic di Matt Ross
The Founder di John Lee Hancock
da aggiungere. Per chi non conoscesse la trama basti sapere che verrà trasportato insieme a
Ray (Elle Fanning) ha 16 anni e si sente un ragazzo. Vive
Come si può creare uno dei più grandi imperi economici a
insieme alla madre single, Maggie (Naomi Watts), la nonna
partire da un semplice hamburger? Per rispondere occorre
Dolly (Susan Sarandon) e la sua compagna, Frances (Linda
scoprire la storia vera di Ray Kroc - interpretato da uno
Emond). Ray è decisa a diventare uomo. A non sentirsi più
straordinario Michael Keaton - imprenditore statunitense,
inadeguata, a fare una vita normale, in un corpo dove potersi
meglio noto come il fondatore della catena miliardaria
riconoscere. Attenzione, questa storia vi travolgerà, davvero.
McDonald’s.
Il film è scritto molto bene che vi farà piangere dalle risate
Il regista John Lee Hancock (The Blind Side, Saving Mr.
mentre rifletterete sul concetto di autenticità. Seguirete
Banks) racconta tra luci e ombre, tra ambizione e ostacoli, la
con tenerezza il percorso di Ray: la terapia ormonale e la
storia di successo di quello che è oggi considerato un guru
determinazione nel convincere il padre, mai stato presente
dell’imprenditoria, prima di Steve Jobs e Mark Zuckerberg.
nella sua vita, a dare il consenso per la sua transizione fisica.
Parola d’ordine: perseveranza. Da Gennaio al cinema per
Le attrici protagoniste di questo film sono disarmanti. Danno
Videa.
il giusto ritmo alla storia in un equilibrio perfetto tra le parti. Potreste subire un po’ il calo della freschezza nella parte finale del film dove, inevitabilmente, ci saranno momenti più cupi. Ma vi lascerà il cuore pieno. Esce per Videa il 24 novembre.
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un ragazzino su un’isola dove dovrà aiutare un gruppo di orfani dotati di poteri speciali da creature che intendono distruggerli. Dal 15 dicembre per 20th Century Fox.
SOMMARIO
URBAN 135 BIMESTRALE ANNO XV / NUMERO 135
EDITORIALE 6
ANDREA FIORINO 11
NIKELAB ACG 16
CDQC 31
BEAUTY 8
GIULIA BERSANI 12
MODA 22
DON’T SHOOT SANTA 52
STAFF
TEXT
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Fabio Fagnani
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