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VITE ESTREME
Italiani a Parigi all’inizio del secolo by Marco Ancora
Severini e Modigliani si erano conosciuti a Parigi dove, scrutandosi per strada, riconobbero, nei modi e nella fisicità di ciascuno, un alcunché di familiare. Due italiani, due toscani, due pittori, entrambi abitavano a Montmartre: “Lei è italiano, mi pare?” “Certo anche Lei, ne sono sicuro”. Si conobbero e insieme andarono da Frédé, proprietario del Lapin Agile. Severini, uomo affabile, gentile, colto e curioso intellettualmente, era divenuto un personaggio centrale in quella Parigi delle avanguardie di Montmartre. Grazie a lui i Futuristi Boccioni, Balla, Carrà, Russolo furono invitati ovunque ci fosse un contesto letterario e artistico, arrivando anche al mitico Lapin Agile. Grazie a lui, elemento di raccordo tra la “banda Picasso” e gli “italiani di Parigi”, Apollinaire ammorbidì e rivide le sue posizioni verso il gruppo futurista (che aveva inizialmente duramente criticato, tranne proprio Severini e il suo Pan-Pan al Monico, capolavoro in seguito distrutto da Hitler come arte degenerata) arrivando a dedicar loro articolo di lode. Poi sposò la figlia di Paul Fort, proclamato “il principe dei poeti” e lasciò la Butte, la collina di Montmartre, nel 13’. Modigliani si recò molto spesso al Lapin Agile, poi, aumentando via via il suo tasso di alcool e droga, era divenuto fortemente aggressivo. Spaccò i vetri del Lapin Agile (che aveva fatto conoscere a Severini) e da allora in poi, vigilato speciale di Frédé, smise definitivamente di frequentarlo. Modigliani era arrivato a Parigi, nel 1906: bello e dannato, un vero bohemien, incantava tutti nella sua eleganza da dandy decadente, tanto raffinato nei modi quanto animale da strada, strafottente e autodistruttivo. Dormiva spesso per strada, nelle sale d’aspetto della stazione, perché la rendita di 200 franchi al mese che arrivava dall’Italia da sua madre evaporava in alcool e hascisc. Grande conquistatore di donne, affrontava anche fisicamente i duri della zona che sentivano minacciato il loro territorio, e Amedeo era più duro di loro. La sua salute era a rischio soprattutto a causa dei polmoni, perciò gli era stato consigliato di scolpire legno e non pietra a causa delle polveri, e si racconta che andasse a rubare le traverse di legno alla stazione della metro BarbèsRochechouart per i suoi busti. Gli stati della dipendenza – c’era anche etere, cui si aggiunse la cocaina – lo fecero, gradualmente degenerare: distrusse sculture e dipinti esposti nel complesso degli artisti di rue du Delta, e precedentemente aveva dato fuoco alle bandierine della sala principale predisposta per il veglione di Natale del 1908, e così andò via, dopo essersi scusato, anche da lì. Ritornò in seguito a Montmartre venendo da Montparnasse, senza soldi, unendosi ad un gruppo di clochard e di miserabili che avevano occupato un edificio abbandonato alla rue de Douai, tra cui una compagnia di danzatori negri rimasta a Parigi senza contratto. Modigliani, che alla fine di ogni giornata vedeva sequestrati i suoi quadri da Bouscarat, ristoratore che dava anche le sue camere in affitto e che conoscendo “bene” Amedeo si cautelava così da possibili fughe senza vedere il conto saldato. Questo “infortunio” permise al livornese di poter andare via con i suoi quadri senza pagare, Bouscarat scelse la perdita economica contro una possibile denuncia all’autorità che ben altri guai avrebbe procurato. E Modigliani andò a dormire sulle panche della Gare Saint-Lazare. Dopo essere stato sbattuto via dall’hotel Du Porier Modì aveva trovato rifugio lì, e un giorno aveva rischiato di essere travolto da un pezzo di soffitto improvvisamente venuto giù sfiorandolo nel letto. Era forse l’unico vero amico dell’alcolizzato cronico Utrillo “Litrillo” – sembra divenuto tale perché l’anziana nonna lo badava cercando di farlo addormentare
Museo Pietro Canonica, Roma.
versandogli il vino nella minestra, Maurice aveva otto anni – insieme scolavano litri di rosso, in un sodalizio che era certamente artistico, prima ancora che etilico. Si riforniva di droga dal “barone” Pigeard e nei locali malfamati, hascisc in palline che mischiava in dosi sempre più crescenti all’alcool, poi venne la famigerata cocaina in un mix fatale per il suo fisico minato che lo portò, gradualmente, alla inevitabile morte – la ricerca di Modigliani si realizzerà in tutta la sua grandezza a partire dal 1915, con la definizione e produzione dei
Praiano, Amalfi Coast.
nudi e dei ritratti – e le vicende sono concomitanti. Per molti artisti mangiare era un optional, alcuni provavano a sedersi nelle trattorie e nei ristoranti nell’incertezza e nell’attesa del dopo, in un insieme di disperazione, incoscienza e faccia tosta; molti ristoratori soffrirono “economicamente” quest’arte seduta ai loro tavoli, e alcuni fallirono. Tra osti e avventori era uno studiarsi reciproco, minaccia e rassegnazione si alternavano e spesso l’esito della storia era assolutamente imprevedibile, nel senso che o la si sfangava, andava
Museo Arsenale Amalfi.
Santoriello’s Lab
Stockholm
Amore e Psiche, Marco Cecioni, oil on canvas 150x200 cm sul prossimo conto, o si veniva buttati fuori. Un episodio in particolare: era di moda Le Cocou, bistrot gestito da un fiorentino, tipo non facile, e Severini era seduto al tavolo. Venne raggiunto da Gino Baldo e la sua donna, che dovevano assolutamente mangiare, e tutti erano senza una lira. Cominciarono a mangiare, ed il padrone scrutava e girava, cercando di capire… Poi arrivò Modì, con lo stesso, fisiologico, necessario bisogno, e anche lui ordinò e cominciò a mangiare. Il fiorentino cominciava a dare segni sempre maggiori
Museo Arsenale Amalfi.
Feltrinelli, Naples.
di nervosismo, e quando si andò verso il finale bisognava veramente improvvisare qualcosa, bisognava svoltare, la situazione volgeva al peggio. Allora Modigliani tirò fuori dal gilet la scatoletta di hascisc, per farsi tutti coraggio; lo presero lui e Severini, mischiandolo al caffè, per aumentarne l’effetto. Modigliani restò tranquillo essendo abituato, Severini, al debutto, cominciò a ridere, ridere, e chiese il conto, sganasciandosi, fregandosene degli insulti e delle minacce del fiorentino, anzi ridendo di più, e tutti
ridevano e si fermavano al bordo del tavolo che era sul marciapiede, e tutti si sganasciavano e si insultavano in italiano, in un coinvolgimento generale di stupore e di divertimento. Fu allora che Modigliani arrivò sul punto di prendere una bottiglia e di spaccarla in testa al fiorentino, e questi capì che comunque sarebbe andata, ci sarebbe stato un enorme danno per l’immagine del locale, capì che nonostante tutto sarebbe stato molto meglio finirla lì e li invitò, fremente, ad andarsene e a non tornare mai più.
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