FASTE[a]ST CITIES

Page 1


FASTE[A]ST CITIES

crescita delle metropoli asiatiche: il caso coreano Prima edizione, marzo 2012 ISBN 978-88-905973-3-6 Š Urban Press Padova www.urbanpress.it

Impaginazione Massimiliano Depieri Traduzioni Young Dal Lee Fotografia Davide Longhi Stampa Grafiche Scarpis Conegliano


faste[a]st cities crescita delle metropoli asiatiche: il caso coreano davide longhi


4

faste[a]st cities

sommario


presentazione

6

premessa

8

introduzione

10

asia: la fabbrica delle città nuove 1.1 chiavi di lettura 1.2 cina: emergenza città 1.3 corea: territori di new town

17 26 44

corea: fast|est cities 2.1 il territorio di seoul 2.2 migrazioni nella metropoli 2.3 governare le trasformazioni 2.4 mercato immobiliare sotto controllo

63 68 78 94

isolati senza città 3.1 new town coreane: modelli di riferimento 3.2 danji: verso la complessità 3.3 modelli della new town coreana 3.4 densificazione e riqualificazione del centro

111 111 118 134 170

colloquio con i protagonisti 4.1 inventare la città: a colloquio con Ahn Kun Hyuck 4.2 danji, cellula urbana: a colloquio con In Seok Park

184 192

qualità o diversificazione del prodotto? 5.1 sejong, città sperimentale? 5.2 sejong: linee guida per lo spazio urbano 5.3 danji di sejong: tra innovazione e continuità 5.4 verso la complessità

197 210 224 232

indizi e scenari di futuro 6.1 scenari territoriali 6.2 anticorpi e spunti di creatività

243 255

bibliografia

275

bibliografia coreana tradotta

289


faste[a]st cities

6

presentazione

Le new town coreane rappresentano oggi il più maturo e diffuso esempio di nuove città in Asia, che soprattutto negli ultimi anni sta diventando prassi nel resto dei paesi emergenti asiatici. Anche se il fenomeno è di dimensioni vastissime, in realtà le fonti occidentali dedicano pochissimo spazio alla lettura e all’interpretazione. Nel 2008 il Ministro degli Affari Esteri italiano siglava un accordo di cooperazione tra l’Italia e la Cina per la costruzione di nuove città, con la curiosa motivazione che al ministro cinese piacevano molto le città italiane. Troppo poco da allora è stato fatto per dar seguito a quell’accordo con le diverse scuole di architettura anche se in quasi tutte le facoltà italiane sono nati gruppi di ricerca sui fenomeni asiatici che hanno prodotto vari documenti, ultimo dei quali è il libro edito in questi giorni del Politecnico di Torino dal titolo Seoul Steel Life, un rapporto sulle esperienze dei workshop di progettazione tra l’università di Torino e la KonKuk University. La necessità di avere un punto di vista diretto sulle questioni delle nuove città mi ha spinto a visitare spesso la metropoli di Seuol e il suo territorio. Al tempo stesso ho ritenuto centrale l’analisi dei testi coreani che affrontano criticamente i fenomeni urbani in quanto i viaggi in Asia e la frequentazione quotidiana di docenti come Jiyoung Chun, mi hanno dato la misura della distanza tra il fenomeno asiatico in atto e alcune semplificazioni a cui la letteratura occidentale arriva nel darne una lettura. Fondamentale per il mio lavoro, è stato inoltre il contributo di un giovane architetto di origine coreana, Young Dal Lee, che ha tradotto moltissimi dei volumi raccolti in questi anni; questi testi sono stati illuminanti sulle questioni territoriali e di dettaglio dello sviluppo della


metropoli di Seoul e mi hanno permesso di superare i pregiudizi verso interventi apparentemente omogenei e massificanti, e mi hanno dato infine la possibilità di leggere tra le pieghe di un fenomeno complesso e articolato. Questo lavoro di ricerca nasce circa sette anni fa in occasione di alcuni scambi tra l’Università IAUV di Venezia, la Mijiongy University della Corea e la Tzingua University di Beijing. In quell’occasione si crearono le basi per delle comuni ricerche sulla città in quanto Venezia rappresentava la porta naturale per l’Europa (il progetto prese il nome di Marco Polo Project). Numerosi sono stati da quel momento gli incontri e i viaggi. Ebbi l’occasione di coordinare un workshop sul recupero degli houtong a Beijing, al quale seguirono molte tesi di laurea veneziane in progettazione urbanistica che furono esposte a Beijing e a Seoul. Hanno contribuito a costituire un solido riferimento culturale e progettuale quei docenti veneziani come Franco Mancuso e Bruno Dolcetta, che negli anni hanno sviluppato i rapporti con l’Asia e hanno promosso mostre, workshop e convegni. L’istituzione di un protocollo d’intesa per lo scambio di docenti e studenti con l’università Mijingy ha portato alla partecipazione annuale dei coreani ai workshop estivi di progettazione dello IUAV. I temi affrontati sono stati quelli della qualità urbana e della riqualificazione di tessuti degradati a Seoul come a Venezia. Nell’ultimo workshop del 2010 abbiamo affrontato il tema della qualità urbana nelle new town coreane degli anni Ottanta investigando progettualmente, in particolare, sulla trasformazione del basamento delle torri residenziali.


premessa

Le new town coreane rappresentano oggi il più maturo e diffuso esempio di nuove città in Asia, che soprattutto negli ultimi anni sta diventando prassi nel resto dei paesi emergenti asiatici. Anche se il fenomeno è di dimensioni vastissime, in realtà le fonti occidentali dedicano pochissimo spazio alla lettura e all’interpretazione. Nel 2008 il Ministro degli Affari Esteri italiano siglava un accordo di cooperazione tra l’Italia e la Cina per la costruzione di nuove città, con la curiosa motivazione che al ministro cinese piacevano molto le città italiane. Troppo poco da allora è stato fatto per dar seguito a quell’accordo con le diverse scuole di architettura anche se in quasi tutte le facoltà italiane sono nati gruppi di ricerca sui fenomeni asiatici che hanno prodotto vari documenti, ultimo dei quali è il libro edito in questi giorni del Politecnico di Torino dal titolo Seoul Steel Life, un rapporto sulle esperienze dei workshop di progettazione tra l’università di Torino e la KonKuk University. La necessità di avere un punto di vista diretto sulle questioni delle nuove città mi ha spinto a visitare spesso la metropoli di Seuol e il suo territorio. Al tempo stesso ho ritenuto centrale l’analisi dei testi coreani che affrontano criticamente i fenomeni urbani in quanto i viaggi in Asia e la frequentazione quotidiana di docenti come Jiyoung Chun, mi hanno dato la misura della distanza tra il fenomeno asiatico in atto e alcune semplificazioni a cui la letteratura occidentale arriva nel darne una lettura. Fondamentale per il mio lavoro, è stato inoltre il contributo di un giovane architetto di origine coreana, Young Dal Lee, che ha tradotto moltissimi dei volumi raccolti in questi anni; questi testi sono stati illuminanti sulle questioni territoriali e di dettaglio dello sviluppo della


metropoli di Seoul e mi hanno permesso di superare i pregiudizi verso interventi apparentemente omogenei e massificanti, e mi hanno dato infine la possibilità di leggere tra le pieghe di un fenomeno complesso e articolato. Questo lavoro di ricerca nasce circa sette anni fa in occasione di alcuni scambi tra l’Università IAUV di Venezia, la Mijiongy University della Corea e la Tzingua University di Beijing. In quell’occasione si crearono le basi per delle comuni ricerche sulla città in quanto Venezia rappresentava la porta naturale per l’Europa (il progetto prese il nome di Marco Polo Project). Numerosi sono stati da quel momento gli incontri e i viaggi. Ebbi l’occasione di coordinare un workshop sul recupero degli houtong a Beijing, al quale seguirono molte tesi di laurea veneziane in progettazione urbanistica che furono esposte a Beijing e a Seoul. Hanno contribuito a costituire un solido riferimento culturale e progettuale quei docenti veneziani come Franco Mancuso e Bruno Dolcetta, che negli anni hanno sviluppato i rapporti con l’Asia e hanno promosso mostre, workshop e convegni. L’istituzione di un protocollo d’intesa per lo scambio di docenti e studenti con l’università Mijingy ha portato alla partecipazione annuale dei coreani ai workshop estivi di progettazione dello IUAV. I temi affrontati sono stati quelli della qualità urbana e della riqualificazione di tessuti degradati a Seoul come a Venezia. Nell’ultimo workshop del 2010 abbiamo affrontato il tema della qualità urbana nelle new town coreane degli anni Ottanta investigando progettualmente, in particolare, sulla trasformazione del basamento delle torri residenziali.


10

faste[a]st cities

introduzione

I modelli di urbanizzazione nei paesi asiatici in forte crescita economica sono condizione ed esito di rapidi cambiamenti. L’adozione di forme inedite di capitalismo di stato si realizza vincolando il mercato a programmi urbani e infrastrutturali di notevole impegno finanziario, generando vantaggi competitivi incommensurabili1. Piani, programmi e progetti di trasformazione territoriale si presentano come enormi cantieri con modelli gestionali chiusi, con strutture urbane semplificate, ripetitivi modelli dell’abitare in cui gli spazi pubblici si formano nell’interazione sociale minuta. La semplificazione strutturale crea efficienti condizioni di produzione e, pur generando inevitabili disuguaglianze su itinerari di dubbia sostenibilità, favorisce lo sviluppo di una nuova e disomogenea cultura urbana. La semplificazione della complessità sembra essere la via preferenziale per minimizzare i tempi di realizzazione di strutture ciclopiche, grandi quartieri, sistemi infrastrutturali e tecnologici. La velocità dei processi realizzativi consente, infatti, di rispondere tempestivamente alle domande sociali improcrastinabili e garantisce profitti elevati nel breve periodo. In diversi paesi asiatici si stanno sperimentando forme e modelli diversificati di città. Questi, pur rinviando a strutture legislative e a tecniche di pianificazione specifiche, a modalità di aggregazione e a tecnologie edilizie aggiornate, a forme dello spazio pubblico e ad armature infrastrutturali calibrate sulla dimensione


introduzione

e la differenza, non sembrano in grado di mediare fra semplificazione e complessità. Emerge l’incapacità di riconoscere i valori delle città storiche (o di loro parti significative) e il loro potenziale come matrici generatrici di nuovi tessuti o come innesti nell’espansione. E’ emblematica la poderosa politica della Cina2 di contrastare la forte concentrazione urbana con un piano che preveda la costruzione di new town (programmate tra il 2005 e il 2020 e di cui si hanno ben poche informazioni se non nei siti in lingua cinese). Recentemente un interessante numero di Lotus International ha dato conto della complessità del fenomeno cinese delle nuove città, che affonda le sue radici in profondità nella politica di programmazione comunista dello stato. Per i suoi eccessi è altrettanto emblematico il caso coreano3 che ha una sua storia trentennale. In Corea un unico modello di città, realizzato in modo ripetitivo e con minime variazioni, oggi ospita oltre il cinquanta per cento dell’intera popolazione. Le condizioni che lo rendono plausibile derivano sia da componenti di domanda che di offerta. Dal lato della domanda svolgono un ruolo decisivo la struttura demografica, la mobilità territoriale, sociale e abitativa; dal lato dell’offerta assumono una importanza strategica le new town policies di iniziativa governativa, le attività di Land and Housing Corporations, ma soprattutto le politiche fiscali e di sostegno ai prezzi immobiliari. Il rapporto fra fiscalità e politica dei prezzi immobiliari riconosce un potenziale elemento di crisi con probabili effetti sistemici. Anche l’industrializzazione dei processi di costruzione edilizia irrobustisce l’offerta e influisce in modo determinante nel mercato immobiliare. Sulla relazione fra domanda e offerta giocano un ruolo determinante le modalità di rappresentazione e di comunicazione del prodotto città. Il rapporto tra numero di alloggi4 e numero di famiglie è un indicatore della capacità di un dato territorio di rispondere alla richiesta di alloggi. In Corea nel 1960 questo indicatore era al 84% rispetto al fabbisogno, e progressivamente ha toccato la pericolosa soglia del 70% nel 1988. Bisogna arrivare al 1995 per ritornare nuovamente all’ 80%. Attualmente la disponibilità nazionale è pari al 111%.

11


12

faste[a]st cities

Se però la situazione nazionale media era problematica fino ai primi anni del 2000, l’area metropolitana di Seoul ha sofferto di uno scarto più basso del 20% rispetto alla media nazionale. Nel 1980, la città di Seoul, mostrava una disponibilità di alloggi del 53%. Una disponibilità che paragonata alla crescita economica che in quegli anni si stava compiendo rendeva il dato gravissimo e non controllabile se non con apposite politiche di emergenza. Chiari sono alcuni dati che illustrano la precarietà della condizione abitativa a Seoul al tempo5: il 45% delle abitazioni non aveva il bagno; il 54% delle abitazioni non aveva una cucina di tipo occidentale; il 48% delle abitazioni non era connessa alla rete idrica; il 21% non era dotata di sistema di riscaldamento (di quanti ne erano dotati l’82% avevano un impianto a carbone e solo il 10% aveva il riscaldamento centralizzato). Bisognerà aspettare il 1999 per arrivare ad avere l’acqua calda nei bagni del 95% delle case. Una tale situazione di emergenza prolungata per oltre un ventennio, paragonabile, in piccola scala ma con dati analoghi, alla situazione attuale cinese, portò il Governo coreano a porre come prioritaria la questione abitativa, con una serie di provvedimenti che avrebbero stravolto l’assetto urbano della nazione cancellando ogni traccia della cultura coreana dell’abitare. Questi interventi sull’onda dell’emergenza mutarono l’assetto territoriale, gli equilibri tra campagna e città, tra aree metropolitane e provincie, tra offerta e domanda di mercato, tra infrastrutture e insediamenti vecchi e nuovi, tra conservazione della tradizione abitativa e innovazione urbana. Il modello coreano di città oggi si regge su un blocco industriale e finanziario senza smagliature, che riconosce all’edilizia un ruolo di distribuzione sociale di rendite stimate come futures. Come una scommessa senza limiti, questo modello di città “tiene in ostaggio” una nazione, ne fa un prodotto urbano dentro un ciclo di valorizzazione apparentemente garantito. Per la sua riproduzione si sono perfezionati dispositivi fiscali e finanziari ad hoc, ma, ed è quanto più interessa in questo studio, si è sviluppata una abilità nella programmazione, progettazione, realizzazione e immissione nel mercato di alloggi in tempi record


introduzione

e con un buon livello qualitativo, se non fosse per la esasperata ripetizione territoriale del modello. Lo strumento progettuale per realizzare le new town è il master plan. Codificato dalla Land and Housing Corporation il master plan è un semplice schema dell’uso del suolo che sottintende una divisione in isolati standard, detti danji, e l’aggregazione di isolati costituisce l’ambito funzionale del quartiere, jigu. Questo strumento si è evoluto rapidamente a partire dai semplici modelli distributivi di prima generazione verso ipotesi e prove di ricalibrazione dei tessuti esistenti. Più recenti sono i tentativi di applicazione dei principi di sostenibilità che però sono più enunciati che reali. L’evoluzione generazionale dello strumento sconta una rigida partnership pubblico-privata e la riduzione dello spazio pubblico da “scenografia urbana”, a spazi di guardare. La costruzione per cellule consente di normalizzare i rapporti fra bordi, accessi, sosta, dotazione di micro-servizi in una logica di portfolio e di replica del tipo. Spesso anche la caratterizzazione funzionale della città è particolarmente evidente nelle intenzioni dei developer come risulta in questi casi: la new town Paju Bookcity6, legata all’editoria con la massiccia presenza di case editrici e tipografie; la new town di Dae Duk, legata a centri di studi e ricerche; la new town di Se Jong7, in corso di realizzazione, con un carattere prettamente amministrativo; la new town di Gwachen, legata alla funzione dell’amministrazione della giustizia. Il carattere funzionale prevalente della città è però solo una delle modalità utili a focalizzare risorse e investitori privati che trovano nella concentrazione e nella specializzazione un punto di forza per la scelta localizzativa. Il modello di città e il relativo modello progettuale non sono esenti da criticità effettive e potenziali. Mantenendo all’orizzonte la vulnerabilità del sistema e le non improbabili ipotesi di collasso, la maggiore criticità è dovuta all’ipotizzabile rallentamento dei prezzi, al contenimento della valorizzazione dello stock immobiliare e al blocco dei processi di filtraggio oggi garantiti dalla mobilità spaziale e sociale della popolazione urbana e rurale. Gli effetti sul modello progettuale, visto l’arrivo della pesantissima crisi economica legata al mercato immobiliare, ha fatto cancel-

13


14

faste[a]st cities

lare o rallentare gli enormi interventi pubblici che stavano per essere realizzati in tutta la Corea, non ultima la costruzione di Sejiong, la nuova capitale. E’ difficile comprendere se sia la realizzazione di nuove forme di città ad imporre nuovi stili di vita o il cambiamento della popolazione che induce a realizzare nuove forma di città. Tutto ciò ha determinato in Corea prima, e adesso in Cina ed in altri paesi in via di sviluppo, la cancellazione delle forme dell’abitare storico, delle tracce del tessuto agrario consolidate nei secoli, del senso dei luoghi e del contatto dei nuovi abitanti con il territorio. Sicuramente per comprendere se il modello dominante di urbanizzazione e di vita ha delle incrinature e presenta delle evoluzioni in nuce è necessario, dopo avere compreso le modalità di intervento e le sue caratteristiche, indagare nella iterazione di questo processo di trasformazione, negli elementi di novità e nell’implementazione qualitativa del modello, pur riconoscendo una forte continuità tra i diversi interventi. Si pone inoltre l’obiettivo di interpretare i deboli segnali di resistenza e opposizione al modello dominante dell’abitare. La ricerca ha l’ambizione di ricostruire il complesso processo di cambiamento descrivendo l’approccio e gli esiti delle politiche che tentarono di rispondere alla concentrazione urbana e all’abbandono delle campagne, prendendo a modello in particolare le esperienze quarantennali di creazione di new town. Sono state necessarie letture degli strumenti per la realizzazione della trasformazione del territorio che nei diversi anni si sono succeduti, delle politiche e del mercato, degli attori e delle diverse esperienze maturate nella costruzione delle new town. Sono stati analizzati i fenomeni di migrazione della popolazione all’interno della nazione, nella regione di Seoul e in dettaglio in alcune provincie campione, leggendo la morfologia degli interventi che sono stati messi in campo. Si è tentato di comprendere il ruolo della scelta del master plan come unico strumento del disegno della città basato sulla realizzazione della semplificazione e non della complessità, e in particolare sui tre capisaldi per la realizzazione fisica della città: gli APT (appartamenti nelle torri in linea alte dai 15 ai 30 piani) i danji e i jigu. Si sono ascoltate alcune voci e opinioni di due


introduzione

15

dei principali protagonisti della progettazione e dell’analisi dei fenomeni urbani. E’ stato scelto di operare prevalentemente e direttamente sui materiali originali, per la maggior parte inediti in occidente, per ricostruire un quadro complessivo del modello di sviluppo urbano, della sua diffusione e della sua reale efficacia territoriale di risposta ai bisogni abitativi. Piani regionali e piani delle new town, impianto normativo nazionale, regole del mercato, unitamente a moltissimi progetti definitivi ed esecutivi, rilievi fotografici, interviste agli abitanti, ai funzionari governativi, ai docenti dei diversi atenei, ai progettisti, oltre che ricerche nelle diverse banche dati online, hanno portato alla costituzione di un immenso archivio di materiali che appena affiora attraverso le pagine di questa ricerca. La graficizzazione di molti dei fenomeni territoriali è stato un approccio intenzionale che voleva essere immediato e diretto verso la lettura dei fenomeni. Infine si sono realizzati sopralluoghi territoriali mirati alla ricerca di fenomeni che statisticamente non appaiono ma che probabilmente mostrano quei piccoli segni di contrasto all’apparente inarrestabile processo di trasformazione territoriale in atto da quarant’anni. Forse, nella misura in cui la sostenibilità del modello urbano-territoriale entra in crisi per ragioni finanziarie, geopolitiche, immobiliari, energetiche e di accettazione di modelli di vita, possiamo trovare alcuni deboli ma evidenti segnali di altri futuri. Nel rifiuto del modello o nella sua opposizione forse è possibile scorgere una possibile via alternativa o complementare, poiché probabilmente la faste[a]st city è solo un mezzo per la crescita economica e sociale di una nazione e non un punto di arrivo definitivo. 1 조인스랜드 출판팀 (Joinsland), 2008, p. 47 2 New settlements [...], 2010, p. 96 3 Dati tratti dal sito www.kostat. go.kr 4 손장권 (J.G. Son), 2003, p. 35 5 V. Gelezeau, 2003, p. 89 6 김기호, 구자훈, 박진아, 임희지, 장윤배, 김민수,

홍경구, 박천보, 채병선, 윤옥순, 지구단위계획의 실제 (G.H. Kim, J.H. Hoon, J.A. Park, H.J. Rim, Y.B. Jang, M.S. Kim, K.G. Hong, C.B. Park, B.S. Chae, O.S. Yoon, 2006 7 종합보고서 (Documento Generale), 2007



asia: la fabbrica delle città nuove

17

capitolo 1

asia: la fabbrica delle città nuove

1.1 chiavi di lettura

esplosione demografica delle città asiatiche La prevista concentrazione nel 2050 di circa il 75% di tutta la popolazione mondiale nelle città, unita al fatto che metà della stessa in quegli anni si troverà nei territori dell’est asiatico, pone un forte richiamo alla comprensione di questo complesso fenomeno di inurbamento dell’Asia, che ha caratteristiche di estremo interesse nelle modalità di realizzazione. Una speciale attenzione alle questioni delle emergenze urbane mondiali è stata posta nel corso della decima Biennale di Architettura del 2006 quando furono esposte le proiezioni della crescita urbana delle città elaborate dalle Nazioni Unite nel 2003, che individuavano l’area indiana e est asiatica come area a maggior crescita mondiale di città con più di un milione di abitanti. Questo processo di gestione dell’incremento demografico e della concentrazione dei migranti verso le città è una delle più complesse operazioni di programmazione non solo della crescita delle città, delle modalità di inclusione di nuovi abitanti, di riorganizzazione della produzione e dell’erogazione dei servizi,

Cortile principale della città proibita, DL 2006


18

faste[a]st cities

ma anche e soprattutto della costruzione di luoghi dove realizzare un’equità sociale che limiti fenomeni di esclusione e conflitti. È fondamentale dunque la comprensione dell’entità di questi fenomeni, la loro localizzazione e l’interpretazione dei processi. Per rispondere efficacemente alla repentina crescita delle città, la caratteristica principale è la velocità stessa di risposta. Se però osserviamo con attenzione il diagramma di crescita della popolazione delle metropoli asiatiche1 possiamo notare che il fenomeno che dura da maggior tempo è quello della metropoli di Tokyo e, inaspettatamente, quello di Seoul. Nel grafico, nella pagina accanto, si nota come la crescita di queste due capitali, se paragonata a quella della regione di Shangai, la città che ha il maggior sviluppo urbano al mondo in questo momento storico2, o di Beijing che è il cuore economico della più popolosa nazione emergente, appare vistosamente più dinamica. Le città cinesi sono solo all’inizio di un percorso già intrapreso dal Giappone dopo il secondo conflitto mondiale e dalla Corea dopo la fine della guerra civile3. Entrambe queste nazioni, particolarmente vessate dai conflitti bellici, hanno dovuto far fronte a processi di ricostruzione non solo dell’industria e delle infrastrutture, ma hanno anche dovuto creare le condizioni per la ripresa economica realizzando insediamenti e città. Anche nel grafico sottostante, che illustra i dati sulla crescita del PIL delle maggiori aree metropolitane asiatiche, notiamo che Seoul e Busan (la seconda città della Corea) si attestano subito dopo le città giapponesi mentre nelle altre città orientali tra il 1985 e il 2004 la crescita sembra davvero poco evidente4. il caso coreano Per la velocità e l’efficacia della risposta abitativa che è riuscita a fornire è proprio Seoul, forse, il caso più emblematico5. I dati della Banca Mondiale parlano infatti di una nazione completamente allineata alle maggiori al mondo, sia per livello di istruzione che di consumo di energia, come pure di emissioni di CO² (anche se i dati di dettaglio parlano di un livello di inquinamento medio nazionale e quindi in realtà molto preoccupante se concentrato tutto nella città di Seoul), e dove il settore terziario è il più sviluppato percentualmente rispetto a tutte le altre metropoli


asia: la fabbrica delle città nuove

POPOLAZIONE NELLE AREE METROPOLITANE ASIATICHE TRA IL 1985 E IL 2004

PIL NELLE AREE METROPOLITANE ASIATICHE TRA IL 1985 E IL 2004

19


faste[a]st cities

20

asiatiche6. Nelle pagine precedenti le proiezioni sullo sviluppo delle città nell’Est Asiatico elaborate dalle Nazioni Unite nel 2003 mostrano la crescita delle città maggiori di un milione di abitanti nell’est asiatico tra il 1950 e il 2015 presentata alla Biennale di Architettura di Venezia nel 2006 nella sezione Città Architettura e Società. Accanto una elabrazione della crescita demografica delle maggiori aree metropolitane asiatiche quali Tokyo, Seoul, Osaka, Shanghai, Beijing, Nagoya, Bangkok, Busan, Singapore, in rapporto con la crescita del PIL delle stesse aree tra il 1985 e il 2004.

Ma se questi dati parlano chiaramente dello straordinario fenomeno di Seoul e della seconda città della Corea, Busan, parlano anche della difficoltà nella realizzazione di un processo, forse troppo rapido, che vuole lo sviluppo stradale coreano a livelli delle metropoli emergenti come Beijing e Guangzhou, e assolutamente non paragonabile a quelli del Giappone7. Questi squilibri territoriali coreani hanno radici profonde nelle scelte di pianificazione abitativa attuate dalla metà degli anni Cinquanta che hanno privilegiato la costruzione di decine e decine di new town intorno all’area metropolitana. Oggi queste scelte rischiano di essere un pericolo per la sopravvivenza della


asia: la fabbrica delle città nuove

città di Seoul, in particolare per gli altissimi livelli di congestione della mobilità, e si è arrivati alla scelta estrema di realizzare una nuova capitale della Corea: Sejong. Un ulteriore dato di allarme per tutta l’Asia è quello che deriva dalle proiezioni del World Urbanizzation Prospect sull’invecchiamento della popolazione entro il 20508. Il dato, qualora venisse confermato, vedrebbe il passaggio della percentuale di anziani dall’8-14,9% al 30-41,7% della popolazione, che potrebbe provocare un’ingestibile conflitto sociale tra generazioni soprattutto se, come è stato previsto, la concentrazione maggiore sarà nelle città. Se la questione della crescita di una piccola nazione come la Corea pone a distanza di pochi anni così gravi interrogativi, a maggior ragione la crescita della popolazione urbana della Cina rischia di diventare un ordigno ad orologeria dal momento che, come attualmente si prospetta, la scelta di concentrare la popolazione in nuove città sembra ad oggi l’unica risposta alla pressione migratoria in atto. Meccanismi semplificati e di non chiaro esito sono in atto per la costruzione di nuove grandi aree urbane che vedono lo spopolamento delle campagne e l’abbandono di alcuni territori che progressivamente si desertificano. Sembra assurdo che la concentrazione non sia controbilanciata da significative politiche di radicamento della popolazione al territorio e politiche per la costruzione di reti capillari di produzione diffusa legata a economie

21

Nella pagina accanto il rapporto delle principali regioni metropolitane asiatiche tra i diversi settori: primario secondario e terziario. Si noti come il settore primario, molto parzialmente abbia ancora una rilevanza economica nelle aree metropolitane giapponesi ma soprattutto a Beijing, mentre nel settore terziario spicca in testa tra tutte la regione di Seoul, seguita da Tokyo e Osaka. il settore secondario prevale invece nelle aree metropolitane di Shanghai Guangzhou e Nagoia. Seguono le elaborazioni dello sviluppo delle strade delle diverse aree metropolitane: in testa Tokyo seguita a ruota dalle altre aree metropolitane giapponesi. Monto lontane sono le altre metropoli, Seoul compresa, che scontano un forte deficit infrastrutturale legato allo scarso investimento sul territorio. Sopra un estratto delle proiezioni sull’invecchiamento della popolazione asiatica elaborate dalle Nazioni Unite.


22

faste[a]st cities


asia: la fabbrica delle cittĂ nuove

23


24

Nelle pagine precedenti alcune elaborazioni planimetriche che mettono a confronto l’ampiezza delle aree regionali delle metropoli rispetto alla dimensione della città di riferimento; la popolazione, la superficie e il pil dell’area metropolitana rispetto a quella regionale. Si evince con chiarezza la ottima distribuzione di popolazione, e la produzione di PIL del territorio regionale di Tokyo e di Beijing. Si confrontano poi le immagini satellitari tratte da googlemap delle diverse metropoli analizzate, dei loro territori storici e dei tessuti residenziali ad alta densità.

faste[a]st cities

agro-industriali. E’ proprio in quanto la Cina ha iniziato una politica molto simile alla Corea che, forse, il caso coreano può diventare emblematico per la lettura degli esiti territoriali di queste politiche dell’emergenza. Rimane il fatto che sono profondi, ad oggi, i livelli di modernizzazione, reddito e scambi commerciali che le nazioni dell’est asiatico si trovano a vivere. Basti pensare all’uso di nuove tecnologie dei paesi più avanzati come il Giappone, la Corea e Singapore, e alla enorme distanza che li separa dalla Thailandia o ancor di più dalla Cina. Questi profondi squilibri legati alla distribuzione della ricchezza, al consumo delle risorse energetiche, alimentari e delle materie prime, oltre che al livello di inquinamento ambientale, pongono problemi di lettura delle prospettive globali dell’Asia. Oggi le nazioni che si affacciano sulla costa oceanica stanno vivendo una forte ristrutturazione interna che vede intrecciarsi rapporti commerciali sempre più stretti, vede la mescolanza dei capitali, il formarsi di cordate per l’approvvigionamento delle risorse, lo


asia: la fabbrica delle città nuove

scambio del know-how sia universitario che dei centri di ricerca privati delle grandi aziende. Tutto questo sembra accadere senza che l’Occidente riesca a capire la gravità di rimanere fuori da questi meccanismi di cooperazione economica e culturale. Eppure nomi coreani come Samsung, LG, Hyundai, Kia sono spesso protagonisti della nostra vita quotidiana, e rappresentano potenze economiche principali nella trasformazione dell’Asia.

25

Nella pagina accanto l’elaborazione del grafico degli internet user delle nazioni asatiche a confronto con quella dell’Italia e degli Usa. Si noti come il livello italiano sia di molto inferiore rispetto a quello della Malesia mentre tra tutte, superando Stati Uniti e Giappone spicca la Corea: i dati provengono dal sito statunitense di statistiche, www.internetworldstats.com. Sopra le connesioni aeree di Seoul con gli altri aeroporti mondiali; la capitale coreana è superata solo dallo scalo di Hongkong e da quello di Tokyo, segue accanto la rete tra i porti asiatici fra i quali spiccano per traffico merci i porti di Hongkong e Singapore, basi logistiche dell’ambito economico cinese; dati provenienti da Seoul scenarios, Seoul, 2004 p 84.


faste[a]st cities

26

1.2 cina: emergenza città

Gated community della prima periferia di beijing, DL 2004.

migrazioni in Cina Varato nel 1958 l’hukou, la legge che controllava tra l’altro lo spostamento dalla propria residenza della popolazione in Cina9, oltre che per ragioni statistiche, aveva lo scopo di controllare rigidamente la distribuzione della popolazione sul territorio nazionale cinese e il controllo della crescita delle città. La norma permise di contenere una enorme pressione migratoria dalle campagne che altrimenti avrebbe fatto collassare le maggiori città cinesi. Col 1978 si aprì una seconda fase della politica territoriale della Repubblica popolare Cinese che affrontò con determinazione il sottoutilizzo della manodopera contadina e che portò, tra l’altro, alla durissima politica di controllo delle nascite che consentiva ai cinesi di avere un solo figlio, escluse poche eccezioni stabilite. Gli slogan “lascia la terra ma non il villaggio”, oppure “entra in fabbrica ma non in città”, servirono a sostenere le nuove politiche che portarono alla creazione di imprese rurali nel settore manifatturiero. Nonostante fossero particolarmente attive ancora alla fine degli anni Ottanta e fino alla metà degli anni Novanta,


asia: la fabbrica delle città nuove

con l’avvento della trasformazione del mercato interno precipitarono in una profonda crisi. Nell’ultimo decennio del Novecento, soprattutto in seguito ad una serie di riforme che hanno aperto mercato e mobilità, ci fu la cosiddetta “Grande ondata” dei lavoratori rurali verso le città, in particolare alla volta delle città costiere. La strategia del controllo dei flussi migratori, a partire dal 1989, seguì il processo della “Urbanizzazione Regionale Bilanciata” che spingeva lo sviluppo delle piccole e medie città, tentando di arginare la crescita delle grandi aree metropolitane, poiché le città cinesi erano passate ad ospitare una popolazione che andava dall’11% nel 1949 al 36 % nel 200010. La Banca Mondiale parlava già nei primi anni del nuovo secolo di una scarsa urbanizzazione cinese, rispetto alla media delle nazioni con redditi medio bassi, probabilmente dovuta proprio all’efficacia delle politiche di controllo degli spostamenti dalla campagna verso le città. A questo proposito è interessante notare che il tasso di disoccupazione nelle campagne oscillava tra il 20 e il 30%, mentre in città nel 2004 era del 8%; questi dati portarono le autorità a pensare che la migrazione della manodopera verso i centri urbani non avrebbe trovato un impiego, anzi avrebbe solo creato un peggioramento delle condizioni di vita. Infatti se si leggono le statistiche sull’aumento della povertà in area urbana si nota che superava il 6 % già nel 2002, e parallelamente si riscontrava un aumento della criminalità forse proprio a fronte di una non adeguata occupazione della manodopera. I migranti prevalentemente erano maschi, dai 25 ai 35 anni di età con un basso livello di scolarità, più spesso non sposati, destinati a lavorare nell’industria e nel settore edile, nel commercio, nella ristorazione. Uno dei dati di maggiore interesse però si evince notando come nel 70% dei casi i migranti provenissero dalle aree rurali della stessa provincia. E’ forse proprio questa considerazione che ha portato le autorità a ripensare a nuove politiche di gestione delle migrazioni. riorganizzazione della città: distruzione della memoria storica Il forte sviluppo economico del mercato interno cinese spinse

27


28

Le prime due immagini rappresentano il degrado in cui versavano gli houtong: probabilmente questi edifici sono stati oggi demoliti per lasciare spazio allo sviluppo terziario del centro di Beijing. La terza immagine sotto è un cortile minore della città proibita. sono evidenti le analogie compositive e la quantità di decorazioni architettoniche andate perdute nei palazzi dei dignitari di corte delle quadrangle house degli houtong. DL 2004

faste[a]st cities


asia: la fabbrica delle città nuove

moltissime compagnie internazionali, all’inizio del nuovo millennio, non più solo a delocalizzare in Cina la produzione a basso contenuto tecnologico ma a voler insediare grandi sedi commerciali. In un complesso processo di concentrazione, attuato soprattutto a Beijing e a Shanghai11, la forte richiesta di terreni centrali in assenza di una vera e propria pianificazione urbana di dettaglio, trovò risposta in logiche di mercato che non tennero assolutamente in considerazione il patrimonio edilizio storico come gli houtong di Beijing12 che circondavano la Città Proibita. Costruiti intorno al Settecento per ospitare i dignitari di corte nel-

29

Le strade est ovest che costituiscono la maglia ortogonale della città sono dette houtong. le case tradizionali, dette quadrangle house (vedi lo schema planivolumetrico tratto dal volume di Bengjian, 1999), in base alla loro importanza e ricchezza si aggregano formando sistemi di più corti. Generalmente la distanza tra due houtong è pari a quattro corti. sopra alcune analisi del tessuto degli houtong, la prima immagine è una lettura delle superfetazioni, la seconda un riconoscimento della struttura originale ancora esistente, la terza immagine è l’assetto strutturale delle quadrangle house. I disegni sono tratti dal workshop nella Tshingua university nel 2004, diretto da DL e successivamente pubblicati in China-Korea, pair f.e.z. Seoul. 2004, pp a1-a59.


30

faste[a]st cities

le aree interne alla Città Tartara e alla Città Cinese, gli houtong rappresentano un sistema di strade residenziali parallele estovest lunghe ottanta metri che ospitano case quadrangolari. Gli houtong, originariamente dotati di porte d’ingresso che venivano chiuse alla sera, erano strade soltanto residenziali e si immettevano, generalmente, nelle direttrici nord-sud prettamente commerciali. Col tempo queste vie commerciali sono state progressivamente aggredite dall’allargamento degli assi viari principali che hanno così cancellato per sempre la testimonianza dei margini degli houtong. E’ interessante riscontrare come le cellule elementari a corte si aggregassero in base al rango e alla ricchezza della famiglia, quindi da un modulo ad una corte si passava a due corti, a tre corti o a quattro corti, generalmente aggregate sempre in linea nella direzione nord-sud. Quattro moduli infatti rappresentavano la lunghezza tipica, ma non unica, nord sud dell’isolato. Nelle residenze ancora più prestigiose l’aumento delle corti, dopo le prime quattro avveniva lateralmente, prevedendo in alcuni casi anche dei piccoli giardini interni. Con l’avvento del comunismo vi fu l’esproprio di tutte le abitazioni nelle quali vennero alloggiati moltissimi abitanti che nel tempo parcellizzarono sempre più le corti e i padiglioni che vi si affacciavano. Questi trasformarono più o meno pesantemente i materiali e gli edifici, ne sostituirono porzioni più o meno grandi, densificando i cortili e modificando gli accessi alle case quadrangolari in varchi che conducono a reticoli labirintici strettissimi. In particolare con l’attribuzione dei Giochi Olimpici a Beijing13 il processo di rimozione del “tessuto umano” fatto di relazioni e spazi è stato sempre più accelerato. Le autorità della capitale mal tolleravano la presenza di popolazioni molto povere e di immagini di degrado urbano proprio nel cuore della città. Con l’aumento del valore dei terreni, dovuto alla forte richiesta di aree edificabili centrali, gli abitanti sono stati spostati in massa dagli houtong e trasferiti nei nuovi quartieri fuori dalla città. Torri di grandi compagnie estere e cinesi hanno progressivamente preso il loro posto unitamente a nuovi spazi commerciali e attività terziarie. Anche l’unica norma urbanistica che esisteva a Beijing alla fine del Novecento, ossia che nessun edificio doves-


asia: la fabbrica delle città nuove

31

programma delle new town cinesi 1 1 20

1991-2000 2001-2010 2011-2020

beijing

1 3

tianjin

tianjin 2

shaanxi 1xian 1 4

1 8

6 7 anhui sichuan

yunnan

2

beijing

1 fujian

guangdong guangzhou 1 4 hongkong

shanghai 2 18 shanghai 15

12 2

se essere visibile dall’interno della Città Proibita, legge che aveva fatto in modo che le altezze degli edifici aumentassero man mano che ci si allontanava dal centro, è stata rimossa grazie alle pressioni economiche. Delle case quadrangolari poco rimane dopo la loro demolizione; frammenti di decorazioni lapidee e in legno si trovano in vendita nei mercati delle pulci. Porte, stemmi nobiliari, mattoni e tegole vengono distrutti. Travi tradizionali con incastri standard usati quali legna da ardere. E’ strano che non sia stato pensato che tutti questi alloggi standardizzati e assolutamente omogenei, non potendo probabilmente essere restaurati anche per l’eccessivo degrado delle strutture, sarebbero potuti diventare cave di recupero di materiale edile storico, dato che già nel ‘700, travi, porte e materiali decorativi erano acquistabili in serie e sarebbero potuti quindi diventare elementi utili per il restauro degli altri edifici solo parzialmente compromessi. Contemporaneamente nuove aree esterne alla città sono state urbanizzate accanto agli estesi quartieri socialisti per accogliere gli espulsi dal centro. A queste si sono aggiunte nuove aree

Sopra un primo rilievo complessivo delle new town cinesi effettuato nel numero speciale new settlement in China, di lotus international, 2010, si notino le sei concentrazioni principali nelle quali si sono pianificate tra il 1991 al 2020 le new town. la maggior parte riguarda le città della costa orientale. Nelle pagine seguenti il programma governativo delle new town nella regione di Beijing che si sviluppa tra il 2005 e il 2020. I dati derivano solo da ricerche in internet nei siti online governativi in lingua cinese. È davvero raro che siano disponibili informazioni in lingua inglese, e se disponibili, sono frammentarie e molto essenziali.


32

faste[a]st cities


asia: la fabbrica delle cittĂ nuove

REGIONE DI BEIJING

33

2005-2020


34

faste[a]st cities

residenziali per i nuovi ricchi che hanno assunto sempre più la forma di gated community.

Localizzazione e master plan delle new town nel territorio della regione di Tianjin. Si noti che la densità media nelle new town è di 100 persone/ ettaro. In Corea la densità media è quasi tripla.

politica delle new town 2005-2020 Per ovviare alla permanenza di un numero eccessivo di disoccupati sia nelle campagne, sotto la spinta della forte crescita economica del paese, che ai problemi della riorganizzazione delle infrastrutture metropolitane, dei trasporti, del patrimonio edilizio disponibile in città e delle capacità delle reti di telecomunicazione, oltre che per questioni della sicurezza, le autorità governative hanno avviato un nuovo processo. Una politica territoriale governativa profondamente diversa viene adottata in Cina agli inizi del duemila quando partono una serie di progetti di riequilibrio territoriale su scala nazionale ovvero di nuova costruzione di città satelliti, come Shanghai e Beijing, da realizzarsi entro il 2020. Nella città costiera è prevista la realizzazione di new town14 per ospitare l’arrivo di oltre 4 milioni e mezzo di nuovi abitanti, mentre per la capitale sono stati programmati arrivi per oltre 5 milioni e mezzo da alloggiare solo in


asia: la fabbrica delle cittĂ nuove

REGIONE DI TIAJIN

35

2005-2020


faste[a]st cities

36

1

4

7

Jiading New Town,2008-2020 Superf.120 km², 1,000,000 Abitanti

Qingpu New Town,2009-2020 Superf. 120 km², 700,000 Abitanti

Minhang New Town,2005-2020 Superf. 160.7 km², 1,050,000 Abitanti

2

5

8

Baoshan New Town,2003-2020 Superf. 51.22 km², 650,000 Abitanti

SongJiang New Town,2001-2020 Superf. 60 km², 600,000 Abitanti

FengXian New Town,2008-2020 Superf. 23.65 km², 450,000 Abitanti

3

6

9

CongMing New Town,2003-2020 Superf.140 km², 20,000 Abitanti

Jinshan New Town,2005-2020 Superf. 30.4 km², 230,000 Abitanti

Lingang New Town,2003-2020 Superf. 74 km², 80,000 Abitanti


asia: la fabbrica delle cittĂ nuove

REGIONE DI SHANGHAI

37

2001-2020


faste[a]st cities

38

RETE DEI TRASPORTI DI JINSHAN

2005-2020


asia: la fabbrica delle città nuove

39

new town. Questo enorme flusso di nuovi cittadini verrà insediato ad una distanza variabile tra i 20 e i 40 chilometri su città satelliti della capacità di 900.000 abitanti quali Tongzehou New Town (distribuita su una superficie di 85 chilometri quadrati), Shunyi New Town (su oltre 100 chilometri quadrati) nei pressi di Beijing e 1.000.000 di abitanti a Jiading New Town (120 chilometri quadrati) e Minhang New Town (160 chilometi quadrati) entrambe a 20 chilometri dal centro di Shanghai. La dimensione delle città è sorprendente se si immagina che la loro conclusione è prevista mediamente in soli quindici anni e le risorse finanziare in gioco sono enormi, almeno quanto i rischi economici connessi

Nella pagina accanto estratto della tavola sul progetto della viabilità, nelle pagine successive progetto dell’uso del suolo, strategia, e stato di fatto. sopra alcune immagini di progetto e alcune delle realizzazioni. Tutti i materiali sono stati desunti dal sito ufficiale in lingua cinese. Si noti come nell’estratto dello stato di fatto il territorio agricolo venga completamente cancellato dall’urbanizzazione reticolare.


faste[a]st cities

40

struttura urbana esistente

struttura aree verdi

struttura organizzativa del paesaggio urbano

struttura funzionale


asia: la fabbrica delle città nuove

con una modalità di realizzazione della città con poche regole, con maestranze ed imprese cinesi non pronte a tale sforzo, con scarsa se non insufficiente disponibilità di materiali edili, con una rete infrastrutturale inadeguata e con delle garanzie sugli investimenti che fanno desistere molte imprese internazionali dall’entrare nel mercato cinese. Anche nella regione di Tianji15 il fenomeno della migrazione è rilevante, e come per le altre due metropoli questa area è controllata direttamente da politiche del Consiglio di Stato. Infatti sulla costa si prevede l’insediamento entro il 2020 di oltre 2.600.000 abitanti. La popolazione delle città viene stimata dai diversi autori in un valore compreso tra il 54 e il 67% nel 2030, cifra quasi doppia rispetto a quella attuale, che rischia di amplificare i fenomeni di criticità urbana già evidenti nelle metropoli cinesi contemporanee16. piano di jinshan new town Come nella maggior parte delle new town17 il progetto urbano è realizzato tramite un master plan che individua nettamente degli isolati e le relative funzioni. Una rete ortogonale di strade separa funzioni distinte. Si individuano principali strade commerciali e sempre più comunemente la griglia si interrompe là dove si incontrano elementi naturali come corsi d’acqua, bacini e aree con una accidentata orografia. Interessanti esempi di questo approccio sono Yanquing New Town, Tongzehou New Town, Shunyi New Town, solo per citare alcuni dei master plan nei pressi di Beijing. I diversi interventi non insistono ovviamente in territori completamente liberi ma la maggior parte delle volte si sostituiscono a interi villaggi a bassa densità, aree agricole e aree industriali, ignorando completamente la sedimentazione dei segni del paesaggio locale. Ne è un esempio emblematico il master plan di Jinshan New Town che interviene a sud di Shanghai in un’area particolarmente articolata, nei pressi di un importante polo industriale chimico e del waterfront portuale sud della regione. L’intervento prioritariamente definisce, nel piano della rete dei trasporti, una maglia ortogonale di strade che si raccorda con le aree contigue, aree che progressivamente ver-

41


42

faste[a]st cities

ranno anche queste convertite in new town. Stabilendo rango delle strade e circonvallazioni, vengono definiti i luoghi pubblici nominati piazze, anche se si tratta in realtà di vie commerciali. E’ curioso notare che nel master plan siano rappresentate anche le aree di servizio per il rifornimento dei carburanti. La new town di Jinshan si organizza secondo due assi perpendicolari principali che caratterizzano la centralità della città. Sul margine sud lungo un corso d’acqua si concentrano le aree verdi e i parchi, mentre lungo l’asse est ovest si concentrano, dopo il parco, una fascia di isolati con uffici e immediatamente a nord, una fascia di isolati commerciali. I corsi d’acqua minori vengono tutti irreggimentati e organizzati in tre grandi canali nord sud, utilizzati come elemento di eccezione all’interno dei diversi isolati residenziali che attraversano. Gli edifici dei villaggi esistenti vengono completamente rasi al suolo e la maglia della struttura agricola cancellata. fuga dalle campagne Bisogna ricordare che la quantità di terreno disponibile per l’agricoltura, già esigua negli anni Cinquanta, stimata in poco più di mezzo ettaro per ogni addetto al settore agricolo, quarant’anni dopo si era ridotta di un terzo, aumentando la difficoltà di sostentamento nelle aree rurali. Il progressivo spopolamento delle campagne dovuto allo smantellamento della proprietà collettiva a partire dal 1978, ha portato ad un disequilibrio interno della popolazione rurale che ha visto una forte emigrazione maschile, delle fasce di età tra i 15 e i 35 anni, fattore che ha creato non pochi problemi sociali18 La migrazione progressiva dalle campagne, possibilità che un tempo sarebbe stata concessa solo per una assunzione in un ente statale, per l’ammissione ad una scuola o con l’attribuzione di uno speciale permesso di ingresso in città, ammontava nel 2003 a circa 93 milioni di persone19. Al termine del processo in atto di urbanizzazione e di creazione di nuove città, la Cina si troverà nuovamente a combattere con un nuovo grande problema, che colpirà specialmente le campagne: l’invecchiamento. Entro il 2050 infatti più del 20% della popolazione cinese sarà anziana con la pericolosa prospettiva


asia: la fabbrica delle città nuove

43

di un contro esodo necessario per sopperire ad una probabile mancanza di manodopera nelle aree agricole. Tutto ciò porrà il problema non marginale di uno scontro generazionale legato al sostentamento previdenziale della popolazione anziana. Interessante è la posizione ufficiale degli organi governativi che ritengono che l’agricoltura cinese possa sopportare una accelerata urbanizzazione grazie all’aumento della produttività ed al più facile accesso ai mercati internazionali20, senza però agire in modo tale che si tutelino i suoli con maggiore fertilità in una nazione che di anno in anno vede ridurre sempre più alcuni territori agricoli a causa della desertificazione.

Immagine di un villaggio oltre cento chilometri a nord di Beijing; si noti lo stato di conservazione tra paesaggio agricolo e villaggio rurale. DL 2004


44

faste[a]st cities

1.3 corea: territori di new town

Immagine della via principale di BunDang. DL 2006. Nella pagina accanto la mappa storica di Seoul del 1825 e alcuni estratti tematici: corsi d’acqua e sistema delle colline di protezione della città, reticolo viario, elementi geomantici del sito: a nord la tartaruga, a ovest la tigre, a est il dragone blu a sud il fiume rappresentato dal pavone, immagini tratte da seoulness, 1994, pp 18-19.

alcuni dati sulla metropoli di Seoul Una delle maggiori aree metropolitane per popolazione e per produttività dell’Asia è sicuramente quella di Seoul, organizzata amministrativamente come Regione Capitale. La regione Capitale di Seoul21 è baricentrica rispetto alle maggiori metropoli asiatiche quali Shanghai, Beijing, Osaka, Fukuoka, Tokyo. Infatti la maggior parte delle più grandi città asiatiche, nelle quali risiede il 25% della popolazione mondiale, rientra in un raggio di 1200 Km. Il 75% della superficie della Regione Capitale di Seoul22 non supera un’altitudine di 100 metri sul livello del mare. Le aree che superano un’altitudine di 500 metri sono localizzate soprattutto nella parte Nord-Est della regione. E’ Ricca di corsi d’acqua, il fiume principale è l’Han lungo 150 chilometri, che scorre da est verso ovest e raggiunge nella parte centrale la sezione media di un chilometro23. La popolazione nel 1980 raggiungeva i 13.230.000 abitanti, nel 2000 i 21.350.000 (il 46,3% dei quali concentrati a Seoul) e attualmente sono 24.470.000 (di cui il 42,5% a Seoul). Nel 2000 il tasso di crescita della popolazio-


asia: la fabbrica delle città nuove

ne nella regione capitale era del 2,7% mentre in Corea era del 1,3%. E’ interessante notare24 come la superficie urbanizzata nel 2000 comunque coprisse solo il 9% della superficie totale regionale mentre la restante parte fosse occupata per il 52% da boschi, per il 26% da aree agricole, per il 6% da prati, mentre le zone umide e i corsi d’acqua occupavano solo il 3% della superficie. Il dato più interessante in realtà è che a fronte dell’incremento di 1,6 volte della popolazione dal 1980 al 2000 l’effetto della pianificazione centralizzata abbia prodotto un proporzionale aumento di superficie urbanizzata che è passata da 673 a 1092 chilometri quadrati (1,6 volte).

45


46

Alcuni rilievi fotografici dello stato di fatto delle case a corte e delle vie dell’area di Buchon. Si notino i forti restauri di alcune abitazioni effettuati con la totale sostituzione dei materiali originali che li costituivano. DL 2008

faste[a]st cities


asia: la fabbrica delle città nuove

47

Il numero delle abitazioni nella regione capitale nel 2000 era di 6,550,000 e rappresentava ben il 45.4% delle abitazioni totali in Corea. Negli anni tra il 1995 e il 2000 il tasso di crescita delle abitazioni è stato del 5.1%, doppio rispetto al tasso d’incremento della popolazione, mentre il numero medio dei componenti familiari si è ridotto da 4,5 a 3,3 persone. Un dato interessante è il confronto dell’occupazione degli abitanti nella Regione capitale rispetto a quelli dell’intero stato; emerge infatti che gli occupati nel settore primario, abitanti della regione capitale, sono solo il 10,5% dell’intera nazione, mentre nel settore secondario si passa al 52,2 % e nel terziario al 47,2% sul totale. morfologia dell’abitare nella città storica coreana La città storica coreana, e in particolare quella di Seoul è tipicamente basata su una struttura25 urbana che voleva riferimenti fisici chiari come condizione preliminare della scelta di un sito per la fondazione. Il sito più adatto doveva avere a nord dell’abitato delle colline che la proteggessero e a sud un corso d’acqua, seguendo i dettami del feng-shui coreano (pungsu). Il Palazzo Reale a Seoul era localizzato in posizione centrale a nord, rivolto con l’ingresso verso sud, dal quale si genera l’asse viario principale. Tutte le costruzioni dovevano avere una altezza massima che fosse comunque minore del basamento del Palazzo reale, per cui sorsero case alte non più di un piano

Ridisegno del tessuto storico costituito da case a corte dette hanoauk della area centrale di Seoul.


48

faste[a]st cities

generalmente con pianta quadrangolare e corte interna. Realizzate su modello delle case rurali, le abitazioni tradizionali di Seoul, continuarono ad essere costruite seguendo lo stesso tipo fino alla guerra civile. Si tratta di costruzioni con un basamento in legno sospeso da terra su alcuni pilastrini in granito e legno. Lo sviluppo avviene all’interno di un recinto che le preclude nettamente dal condividere spazi e affacci verso l’esterno. La costruzione non è sempre aderente al muro di cinta ed è costituita da una serie di padiglioni generalmente comunicanti, ciascuno dei quali ha una propria struttura di copertura. I padiglioni così possono sviluppare una planimetria rettangolare, ma il più delle volte a L o a C, e solo in rari casi a O26. Fondamentale risulta il patio interno (madang) che è il vero luogo centrale della casa non solo perché è l’elemento connettivo ma anche perché assolve a molte delle funzioni abitative. La cucina, posta in posizione terminale laterale o angolare, è generalmente su un livello più basso della casa in quanto in questo modo risulta possibile sfruttare il calore del fuoco anche per diffonderlo nell’intercapedine tra il pavimento in legno della


asia: la fabbrica delle città nuove

casa (wumul maru) e il terreno. Le pareti, realizzate in legno e impasti di terra e paglia, sono spesso intervallate da strutture portanti in legno e da infissi a battente sollevabili verso l’esterno con delle funi per rendere completamente unico lo spazio tra l’interno e la corte. Realizzata prevalentemente in legno, l’hanoak, la casa a corte tradizionale coreana, ha un tetto rivestito in cotto bruno e mura perimetrali in granito e mattoni finemente listati di intonaco a costruire una elegante tessitura muraria. Unico elemento di comunicazione con l’esterno sono le ampie porte di ingresso coperte a padiglione. Il tipo storico viene progressivamente sostituito con un tipo molto più compatto in muratura durante il periodo della dominazione giapponese. A Seoul rimangono ormai solo pochissimi quartieri (Buchon tra i due palazzi reali) ancora con questa struttura costituiti da griglie quadrangolari di case a corte e minuscole strade residenziali (golmok) che poi si immettono nelle principali vie a carattere commerciale.

49

Sopra e nella pagina accanto alcune rielaborazioni di dati ricavati dalle indagini statistiche fatte sugli abitanti delle new town pubblicate in U.H.Lee 2007. Va notato che solo il 20 per cento della popolazione delle new town guadagna più di 2000 euro, mentre oltre il 40% della popolazione non ha reddito diretto (casalinghe e bambini). Un altro dato interessante emerge dall’analisi del grado di istruzione: il 41,9 ha almeno una laurea o un livello maggiore, mentre il 29,8 è studente. Il numero di uomini e donne negli apt è equivalente mentre i giovani sotto i 30 anni rappresentano il 43%; le persone con più di 60 anni sono solo il 10,2%.


faste[a]st cities

50

1

4

Ilsan New Town,1989-1996 Superf.15.74 km², 69,000 alloggi

Jungdong New Town,1990-1996 Superf. 5.46km², 41,400 Abitanti

In questa pagina, distribuzione territorialle delle new town nell’area metropolitana di Seoul. Sono il primo esempio di interventi coordinati dal governo coreano per la costituzione di città autosufficienti realizzate tra il 1989 e il 1996.

2

5

Pyongchon New Town,1989-1995 Superf. 5.11 km², 42,000 alloggi

Sanbon New Town,1989-1995 Superf. 4.2km², 42,000 alloggi

3

Bundang New Town,1989-1996 Superf.19.64 km², 192,000 alloggi

new town in corea Dopo la guerra civile conclusasi nel 1953, durante la quale era stato distrutto gran parte del patrimonio abitativo e produttivo, la ricostruzione della nazione è partita essenzialmente su due fronti: il sostegno della rinascita produttiva, soprattutto industriale, al fine di realizzare nel più breve tempo possibile una ripresa economica della nazione e la gestione della emergenza abitativa delegata all’iniziativa privata anche se fortemente sostenuta dai governi in carica. La risposta più efficace alle emergenze in atto fu la costruzione delle new town, insediamenti che all’inizio erano poco più grandi di un quartiere caratterizzato dalla prevalenza di abitazioni, e che negli anni si specializzarono e si svilupparono con caratteristiche sempre più spiccate e con dimensioni sempre più ragguardevoli fino a diventare vere e proprie città. Con il termine new town, in Corea, si possono intendere numerosi tipi27 differenti di insediamento. Sono definite new town satellite piccole città o ampi quartieri localizzati nei pressi di una città consolidata che hanno prevalentemente una funzione residenziale; sono svincolate dalla città madre solo per i servizi di


asia: la fabbrica delle cittĂ nuove

regione di seoul

51

1989-1996


faste[a]st cities

52

CRESCITA DELLA POPOLAZIONE COREANA 1975-2010

Sopra, la crescita demografica del paese dal 1975 al 2010 realizzato tramite i dati dell’istituto di statistica coreano. si noti come negli anni le diverse politiche hanno prima teso a sviluppare la città di Seoul, poi il suo territorio metropolitano, successivamente nel 1990 sono sorte le aree metropolitane delle principali città coreane mentre nella città

di Seoul si cominciava una lenta riduzione del numero degli abitanti grazie all’effetto delle politiche per la realizzazione delle new town.si noti come vi siano due interessanti fenomeni nel 2005-2010: il ritorno alla crescita demografica di Seoul e la crescita della popolazione delle aree montuose e agricole dell’est.


asia: la fabbrica delle città nuove

densità demografica

53

percentuale di unità abitativa occupata da una sola persona

carattere elementare: attività commerciali al minuto, sale civiche e ristorazione fast food, sale di culto, spazi verdi per il gioco dei bambini e scuole dell’infanzia. In alcuni casi si tratta di veri e propri quartieri parassita (termine adottato da alcuni studiosi della città) in quanto utilizzano infrastrutture stradali già esistenti e si appoggiano ad una città per i servizi di carattere urbano, producendo ulteriore congestione, senza alcuna integrazione e senza reali investimenti sul territorio. Sono delle vere speculazioni, spesso di iniziativa privata, ma approvate dalle autorità locali. Le new town indipendenti sono quelle localizzate lontano da altre città e posseggono un livello di sviluppo commerciale, residenziale, servizi e spazi pubblici per il tempo libero tale da essere autosufficienti28. Sono realizzate grazie all’iniziativa pubblica in modo particolare nell’area metropolitana di Seoul e rispondono a politiche di decongestione urbana. Hanno generalmente una popolazione variabile tra i 100.000 e i 500.000 abitanti e sono fortemente legate in modo diretto alla rete metropolitana e a quella autostradale che si dirige a Seoul. Il più interessante dei casi è BunDang che, riscuotendo un notevole successo di mercato e un ottimo apprezzamento, è diventata la città simbolo

In alto elaborazioni di dati statistici dell’istituto di statistica della Corea rispetto alla densità demografica della regione capitale di Seoul e percentuale degli alloggi occupati da una sola persona. Si nota con interesse che la concentrazione di alloggi occupati da una sola persona prevalentemente concentrati nel centro della città e nelle aree più montuose della regione a dimostrazione del fatto che gli anziani rimangono nelle campagne e i giovani si spostano nell’area centrale della città. Le aree a metà costituite prevalentemente da villaggi e da new town sono essenzialmente per famiglie.


faste[a]st cities

54

1

4

7

10

Kimpo New Town,2002-2012 Superf. 11.73 km², 59,000 alloggi

Uire New Town,2008-2015 Superf. 6.79 km², 46,000 alloggi

Gumdam New Town,2009-2016 Superf. 18.12 km², 92,000 alloggi

Osan New Town,2009-2016 Superf. 5.2 km², 23,000 alloggi

2

5

8

11

Paju New Town,2003-2014 Superf. 6.5 km², 78,000 alloggi

Pangyo New Town,2005-2011 Superf. 11.3 km², 31,000 alloggi

Dongthan1 New Town,2001-2008 Superf. 9.04 km², 41,000 alloggi

Donthan2 New Town,2008-2015 Superf.23.97 km², 113,000 alloggi

3

6

9

Yangju New Town,2007-2013 Superf.16.5 km², 78,000 alloggi

Gwanggyo New Town,2005-2011 Superf. 11.3 km², 31,000 alloggi

Goduck New Town,2008-2013 Superf. 13.52 km², 54,000 alloggi


asia: la fabbrica delle cittĂ nuove

regione di seoul

55

2002-2016


56

faste[a]st cities

tra le new town coreane. Esiste inoltre un piano di riqualificazione urbana29 del comune di Seoul, partito oltre 10 anni fa, che prevede la sostituzione di vecchi quartieri realizzati 20 o 30 anni fa con una scarsa qualità costruttiva e con un basso livello di dotazione dei servizi, ma che sono però ancora ben connessi con le aree nevralgiche del centro. Gli insediamenti sono comunemente chiamati new town in town, e rispondono molto spesso ad un modello di filterirg urbano per cui aumentando la densità, innalzando da 10-15 a 25-30 il numero di piani, si realizza un ottimo standard qualitativo degli alloggi che ne incrementa notevolmente il valore immobiliare, ma che li rende in tale maniera troppo costosi per i precedenti abitanti del quartiere.

Nelle pagine precedenti, distribuzione territorialle della seconda fase delle new town nella’area metropolitana di Seoul. Sono il consolidamento di una prassi ormai sperimentata che è ormai diventata unico modello di sviluppo urbano per tutta la Corea.

fasi della costruzione delle new town coreane La guerra civile aveva portato alla separazione in due stati della Corea30 e alla distruzione di 612.000 abitazioni, il 60 % circa di quelle esistenti prima del conflitto. Nel 196131, il colpo di stato militare rovescia il governo postbellico insediato dagli americani, e permette l’insediamento di un nuovo regime che elabora un Piano per lo Sviluppo Economico per la modernizzazione del paese. La costruzione delle new town diventa la risposta per facilitare la crescita economica della nazione. Le città industriali di UlSan e PoHang furono realizzare solo per fornire una forte disponibilità di manodopera ai distretti industriali presenti nell’area; lo stesso successe con la città portuale di MaSan32. Al contrario SeongNam33 venne inteso come un insediamento per ospitare i meno abbienti provenienti del centro della capitale che versava in pessime condizioni abitative e economiche. Il comune di Seoul, secondo il piano per la ricostruzione, avrebbe iniziato a demolire gli edifici malsani costruiti spesso abusivamente negli ultimi anni dopo la guerra e che davano alloggio ai senzatetto. L’incremento demografico annuale34 delle città salì al 6-8% per il forte richiamo dei nuovi posti di lavoro nelle aree urbane spopolando soprattutto le campagne che offrivano condizioni di vita molto precarie. L’aumento demografico creò però un ulteriore


asia: la fabbrica delle città nuove

problema di infrastrutturazione della città di Seoul e l’impossibilità di rispondere efficacemente alla richiesta di abitazioni dei nuovi arrivati. Il forte aumento demografico raggiunto nel 1966, quattro milioni di abitanti, aveva contribuito ad incrementare la costruzione di residenze abusive, tanto che un terzo della popolazione residente della città di Seoul abitava in tali costruzioni. Il comune decise di avviare la pianificazione di new town per risolvere questa situazione oramai insostenibile spostando 500.000 residenti nel GyongiDo, nel Guanjugoon e nel Jungbumyoen35. Diversi problemi si manifestarono con l’attuazione di questo piano, chiamato “Piano di Sviluppo di SungNamSi. In primo luogo i nuovi residenti arrivati a SungNamSi continuarono a costruire ancora altri edifici abusivi, poi si riscontrarono forti difficoltà nella sistemazione delle famiglie più povere, infine l’incapacità della nuova città di svilupparsi indipendentemente creò di li a poco un contro esodo verso Seoul. Il quartiere di SungNamSi decollò molto più tardi, nel 1973, raggiungendo 191.000 abitanti; nel 1991, dopo la costruzione della new town di BunDang si registravano 560.000 abitanti e nel 1999, sviluppata in un area di 141.85 chilometri quadrati, arriva a contare 930.000 abitanti. Negli anni ‘7036 si diede inizio al “Piano Generale per lo Sviluppo Territoriale” che si protrasse dal 1972 al 1981. In questo periodo si accentuò il bisogno di sviluppare una politica organica di redistribuzione della pressione su Seoul, e di sostenere lo sviluppo industriale. Il tentativo governativo di puntare sulle industrie pesanti come motore di sviluppo economico del paese portò a creare quattro aree industriali distribuite sul territorio nazionale: Seoul, GuanJu, DaeGu, Busan. E’ esemplare il caso della costruzione della città di Chang-One, localizzata a trenta chilometri da Busan, pianificata nel 1974 e completata nel 1976. Mentre si cercava di risolvere il problema delle abitazioni tramite la costruzione di quartieri residenziali si faceva sempre più evidente il fenomeno dell’incremento incontrollato dei prezzi dei terreni. In risposta a questo fenomeno, in seguito alla “Legge per la Promozione delle Costruzioni Residenziali”37 (1977), venne istituita la “Legge per la Promozione dello Sviluppo delle Aree Residenziali” (1980) che facilitava il cambio di destinazio-

57


58

Due immagini antitetiche dello spazio abitativo caratteristico della corea. il primo precedente alla conquista della Corea da parte del Giappone, la seconda immagine è quella delle case in linea residenziali chiamate apt.

faste[a]st cities

ne d’uso delle aree agricole in aree residenziali. Quando il problema delle abitazioni nella città capitale divenne insostenibile, il Governo decise di costruire la new town di GwaCheon, dove trasferì il Palazzo di Giustizia, scegliendo di costruire qui quartieri residenziali di lusso pur conservando una parziale dipendenza funzionale della città con Seoul38. Nel 1980 si sviluppò il “Secondo Piano di Sviluppo Generale del Territorio”, che cercava di limitare l’espansione delle grandi città di Seoul e Busan, tramite il rafforzamento delle funzioni abitative e amministrative delle tre grandi città di Deagu, DaeJun e GwangJu. Si proponeva inoltre di creare le basi per una crescita urbana di dodici villaggi in modo da poter disporre di nuovi capoluoghi regionali intorno a Seoul e di riqualificare alcune aree residenziali dentro Seoul stessa con il piano New Town in Town che permise la realizzazione di GaePo, GoDuk, MokDong e SangGae, e che seguiterà a operare successivamente una riqualificazione urbana del patrimonio edilizio vetusto. Grazie all’incremento del reddito pro capite e all’aumento del numero di famiglie, la concentrazione demografica nelle città della Corea ha causato nei grandi centri urbani la diminuzione dell’offerta di abitazione e nelle campagne il fenomeno opposto. Per soddisfare la richiesta di abitazioni, il governo ha promosso un piano per la costruzione di 2.000.000 di nuovi alloggi tra 1988 e 1992. In seguito all’aumento dei prezzi degli immobili e alla mancanza di aree disponibili per le nuove costruzioni all’in-


asia: la fabbrica delle città nuove

terno dell’area metropolitana di Seoul, il Governo ha deciso di costruire le grandi new town di BunDang (192.000 alloggi), IlSan (69.000 alloggi), PyongChon (42.000 alloggi), SanBon (42.000 alloggi), e JungDon (41.400 alloggi)39. BunDang fu intesa come vera e propria città autosufficiente sia sotto il profilo commerciale che dei servizi; IlSan fu progettata come città giardino indipendente con funzionalità artistico-culturali; PyongChon, SanBong e JungDong come new town per attività commerciali e terziarie40. Purtroppo però le cinque new town al contrario di quanto progettato, non riuscirono a svilupparsi come nuclei completamente indipendenti e divennero soprattutto nel primo decennio di vita città dormitorio della Capitale. La fase successiva delle new town è però molto più interessante perché forti dell’entusiasmo della costruzione delle prime vere e proprie cinque città fu connesso a questo fenomeno un sistema di sviluppo urbano e residenziale, economico e speculativo, urbanistico e di programmazione, fiscale e del mercato che avrebbe vincolato la successiva crescita della città a logiche di ripetizione costante del modello di new town per oltre trent’anni. Per realizzare il programma delle new town 2002-2016 sono già state attivate tutte le procedure per le acquisizioni delle aree, effettuata la progettazione del master plan, definite le strade e gli elementi territoriali di raccordo. Fra queste DongThan, con 41.000 alloggi, è già abitata. Le altre prevedono un numero di alloggi che va dai 23.000 di Osan, ad un numero medio di 50.000

59


60

Torri residenziali realizzate negli anni novanta a sud di Seoul, nei pressi della new town di BunDang. Sono evidenti gli spazi aperti tra le torri destinati essenzialmente a parcheggi, mentre le aree verdi sono confinate negli angoli dei danji. Il carattere di forte ripetizione del tipo edilizio, la caratteristica torre centrale del vano ascensore e la presenza di alloggi a ballatorio è una costante particolarmente ripetitiva in tutta la Corea. DL 2008

faste[a]st cities

per la maggior parte, fino a quelle più popolose di GumDam e DongThan II, con 100.000 alloggi. La Corea forse più di ogni altra nazione al mondo ha abbandonato qualsiasi altro modello di sviluppo, sostituendo quasi interamente luoghi, tradizioni e modelli urbani. Il modello vincente sembra essere così tanto caratterizzato e ripetuto fedelmente che il primo progettista del master plan di BunDang, il professor Ahn Kun Hyuck, ha progettato non solo le altre quattro new town della prima fase, ma anche la gran parte di quelle che furono realizzate negli anni successivi, se non direttamente almeno come consulente ministeriale. La ripetizione di appartamenti a torre, detti APT, in isolati di 300 x 300 metri, detti danji e la realizzazione di interi quartieri a maglia ortogonale detti cigu, ha permesso una così alta standardizzazione del modello da riuscire ad essere realizzato in tempi da primato, producendo così le Fast|Est Cities.


asia: la fabbrica delle città nuove

1 I diagrammi sono consultabili nei seguenti siti internet: www.nso. go.kr, www.city.nagoya.jp, www. metro.tokyo.jp, www.city.osaka.lg.jp 2 R. Burdett, M Kanay, 2006, pp. 3-23 3 M. Riotto, 2005, pp. 251-311 4 M. Riotto, 2005, pp. 251-311 5 M. Marchi, 2008, pp. 70-85 6 M. Riotto, 2005, pp. 251-311 7 M. Riotto, 2005, pp. 251-311 8 Dati provenienti dal World Urbanisation Prospects, Nazioni Unite 9 Il saggio di G. Cortassa illustra con dovizia di informazioni e dati le questioni dello spopolamento delle campagne e della crisi profonda di una economia agricola che non può competere con lo sviluppo industriale. L’autore ripercorre molte delle questioni normative che avevano vincolato lo spostamento della popolazione. Si veda G. Cortassa, 2004 10 S. Liu, X. Li, M. Zhang, Scenario Analysis on Urbanization and Rural- Urban Migration in China, Pechino, 2003, pubblicato nel sito www.iiasa.ac.at 11 Particolarmente ricco di dati e riflessioni sulle trasformazioni urbane della metropoli di Shanghai è il volume di I. Gil, 2006 12 Sul tema della città storica si rimanda a tre testi fondamentali: W. Li, 1993; M. Bingjian, 1993; M. Bingjian, 1999. Inoltre si rimanda alla pubblicazione italo-coreana-cinese di S.C. Kim, 2004, con la presentazione di alcuni elaborati del workshop I.U.A.V. sul recupero degli houtongs. 13 C. Greco, C. Santoro, 2008; M. Maretto, 2005 14 New settlements […], 2010 15 P. Orlandi, 2005 16 Si possono trovare utili riscontri nelle pubblicazioni: L. Junhua, P.G. Rowe, Z. Jie, 2001; L.A. Pezzetti, 2006; P.G. Rowe, K. Seng, 2005; Instant China […], 1999; Co-Evolution [...], 2006 17 X. Liu, 2008; F. Edelmann, 2008 18 X.Y. Fan, 2000 19 Dati riportati da G. Cortassa, 2004 e ripresi in Migrants may […], 2004 (www.chinadaily.com.cn) 20 S. Liu, X. Li, M. Zhang, Scenario Analysis on Urbanization

61

and Rural- Urban Migration in China, Pechino, 2003, pubblicato nel sito www.iiasa.ac.at 21 Dati ricavati dal Piano Regionale 2000-2020 22 Dati ricavati dal Piano Regionale 2000-2020 23 Dati riportati dal sito www.kostat.go.kr 24 Dati ricavati dal Piano Regionale 2000-2020 25 M. Marchi, 2008, p 55 26 대한건축사협회 (Korean Institute of Registered Architects), 2005, p. 32 27 손장권 (J.G. Son), 2003, p. 39 28 Dati riportati dal sito del Ministry of Land, Transport and Maritime Affairs (www.mltm.go.kr) 29 Dati riportati dal sito www. development.seoul.go.kr 30 전남일, 손세관, 양세화, 홍 형옥 (N.I. Jeon, S.G. Son, S.H. Yang, H.O. Hong), 2009, p.158 31 강부성, 강인호, 박광재, 박인석, 박철수, 박혜선, 이규인 (B.S. Gang, I.H. Gang, G.J. Park, I.S. Park, C.S. Park, H.S. Park, G.I. Lee), 2007, p. 37 32 신도시 개발 정책에 관한 연 구:투자비용 분석 (Ricerca sulle linee politiche...), Seoul, 1990 33 김형선(H.S. Kim), 2008, p. 117 34 임재석 (J.S. Rim), 2006, p. 7 35 Dati ricavati dal sito di Seongnam City (www.cans21.net) 36 동양건축사도집 (Archiban, Hanssem, Han-a Reserach Institute of Urban), 1997, p. 71 37 강부성, 강인호, 박광재, 박인석, 박철수, 박혜선, 이규인, (B.S. Gang, I.H. Gang, G.J. Park, I.S. Park, C.S. Park, H.S. Park, G.I. Lee), 2007, 47 38 박기영 (G.Y. Park), 1982, p. 159; 일산 신도시 개발사업 기획 (Progetto per l’opera di sviluppo...), 1990, p. 24 39 Dati ricavati dal sito www.mltm.go.kr 40 행정중심복합도시 통합이미 지 형성방안 (Integrated image building plan...), 2007, p. 49



corea: fast|est cities

63

caitolo 2

corea: fast|est cities

2.1 il territorio di seoul

struttura dell’urbanizzanione L’urbanizzazione del territorio coreano risponde a logiche insediative particolarmente semplici. Le new town costruite per delocalizzare la pressione urbana dalla città di Seoul sono infatti situate lungo gli assi principali di comunicazione che dal resto dell’area metropolitana conducono al centro. Generalmente non si effettuano interventi su terreni troppo impervi, quindi è interessante notare che il profilo delle new town fa da contrappunto alle colline, che sono boscose e inabitate, non potendo essere adattate alla coltivazione. La ragione dello scarso uso edilizio delle colline deriva da due motivi principali: tradizionalmente le colline avevano un ruolo sacrale di protezione degli insediamenti, e quindi non erano urbanizzate, in secondo luogo, la costruzione degli insediamenti residenziali a torre in linea, APT, si realizza spianando completamente il terreno ad una quota di almeno dieci metri per poter realizzare facilmente le fondazioni delle torri e i garage che molto spesso sono interrati di due o tre piani. Il costo della cosiddetta preparazione-bonifica del terreno (questo è il senso della traduzione letterale del termine coreano)

Metropolitana di Seoul al mattino nella tratta principale nord-sud che collega le maggioni new town alla città. (DL, 2008) Nelle pagine successive foto satellitare della Corea con l’indicazione delle maggiori aree metropolitane e individuazione della area di analisi del territorio. accanto la distribuzione territoriale degli insediamenti realizzata interpretando i diversi fotopiani da googlemap; per tutto il territorio regionale, sono indicati nella tavola: le new town, gli ambiti di apt, gli insediamenti a bassa densità e il territorio agroforestale.


faste[a]st cities

64

seoul

new town

seoul

APT, edifici in linea multipiano

edifici bassa densitĂ

daejeon

residenze

daegu ulsan gwangju

busan

industrie

territorio agro-forestale


corea: fast|est cities

65

DISTRIBUZIONE TERRITORIALE DEGLI INSEDIAMENTI (REGIONE DI SEOUL)

COREA DEL NORD

COREA DEL SUD


66

Sopra, processo di densificazione delle valli coreane. dopo una iniziale distribuzione delle abitazioni in base alle coltivazioni delle valli, si noti un progressivo crescere degli insediamenti residenziali e industriali lungo le arterie stradali. Nella terza fase si noti la sostituzione del tessuto a bassa densità con apt che si sviluppano anch’essi lungo le vie di comunicazione. Immediatamente sotto un esempio di quanto descritto dallo schema: si notino i difficili rapporti di scala e la complessità della struttura infrastrutturale che connette gli insediamenti.

faste[a]st cities

per avere un unico livello in caso di pendenze elevate, aumenterebbe notevolmente i costi di sbancamento, e quindi l’intero costo di costruzione. Nel ridisegno della struttura metropolitana di Seoul, per comprendere chiaramente la distribuzione dell’urbanizzazione e la sua struttura globale, ci si è avvalsi delle cartografie satellitari. Gli insediamenti tendono a distribuirsi prevalentemente secondo diverse modalità: lungo gli assi principali di comunicazione nella direzione sud del paese e nella direzione delle aree portuali ed aeroportuali che si trovano a ovest della città. La direttrice verso sud è stato uno dei maggiori catalizzatori delle new town in quanto l’investimento infrastrutturale di connessione con la città era molto basso, al contrario, in prossimità dell’aeroporto internazionale e dell’area industriale e portuale si è sviluppato un importante secondo polo metropolitano, Incheon, che oggi conta oltre 2,5 milioni di abitanti e progressivamente sta acquisendo un ruolo centrale nello sviluppo bipolare della capitale. La scarsa presenza di edificato a bassa densità (marrone) e la concentrazione solo di new town (in rosso) verso nord è dovuta alla prossimità del confine con la Corea del Nord. La politica di distensione della Corea del Sud ha infatti prodotto negli anni tentativi di avvicinamento e connessione con il nord attraverso interventi sostenuti fortemente dal Governo, come ad esempio la realizzazione di una grande area industriale dentro i confini della Corea del Nord (Kaesong Industrial Region) direttamente


corea: fast|est cities

connessa con Seoul, per aiutare l’economia locale e incentivarne lo sviluppo. Si notano con chiarezza le sostituzioni dei tessuti a bassa densità con quelli a torre (in nero) che coinvolgono le diverse valli e anche il tessuto del centro della città. La sostituzione degli alloggi singoli con gli APT è essenzialmente un elemento di speculazione immobiliare; esso non rientra in una politica strategica di assetto del territorio ma è stata concessa per rispondere alla forte domanda abitativa, e spesso è un sistema utilizzato dalle amministrazioni locali per veder crescere il numero di abitanti e aumentare le proprie entrate. La parte est, essenzialmente montuosa, è occupata dal bosco e, solo in parte, dalle attività agricole (giallo). Come rappresentato dal diagramma della trasformazione delle aree vallive, lo sviluppo di nuovi insediamenti ad alta densità sostituisce il più delle volte ogni traccia dell’insediamento urbano esistente, cancellando inoltre i segni del paesaggio agrario, intaccando il bosco che negli anni è avanzato per l’abbandono dei terreni agricoli meno produttivi. Negli ultimi anni si è proceduto ad una minore rimodellazione dei corsi d’acqua che un tempo venivano irregimentati e rettificati come fossero elementi di disturbo rispetto alla distribuzione planimetrica degli edifici. Ne emerge un territorio dai forti contrasti, caratterizzato da aree residenziali a bassa densità contrapposte a quelle ad altissima densità, da aree boscose praticamente lasciate a se stesse e aree agricole vallive il più delle volte bonificate. Rimane però il fatto che la quantità di spazio aperto non urbanizzato è particolarmente concentrato e poco distribuito, il che provoca enormi discontinuità delle reti ecologiche che non trovano nessun legame con il tessuto urbano, pur potendo disporre di un’ampia presenza di aree di pregio naturalistico, di gran lunga maggiore di quella delle altre metropoli asiatiche.

67


68

faste[a]st cities

2.2 migrazioni nella metropoli

Strada di scorrimento di bundang, DL 2008.

Uno dei fenomeni più significativi nella realizzazione delle new town coreane è stato la forte migrazione interna, che ha portato alla iperurbanizzazione della capitale. Gli aumenti demografici nelle grandi città dopo la guerra civile presto si attestarono ad un tasso annuo del +5% nelle aree di Incheon, JeonJu, Busan, e GwangJu, e del +10% nelle città industriali come PoHang, Ulsan e ChangWon. Nei cinque anni fra il 1970 e il 1975, nelle quaranta città con abitanti superiore a 100.000 abitanti, e nelle sette città con più di 1.000.000, era concentrata il 50% della popolazione coreana1. Gli abitanti di Seoul, tra 1960 e 1970, erano aumentati da 2.450.000 a 5.500.000 e dal 1970 fino al 1990 videro di nuovo una crescita sostenuta. Fra 1970 e 1979, 3.000.000 di abitanti dalle campagne e dalle diverse provincie traslocarono nella città metropolitana di Seoul, e fra 1980 e 1989 più di 2.000.000. Dal 1995 fino il 2000, la popolazione di Seoul, per effetto delle politiche di decentramento funzionale di apparati amministrativi e la realizzazione di new town ha provocato, per la prima volta, una riduzione della popolazione della città di Seoul. Nel


corea: fast|est cities

2005, la popolazione nella Regione Capitale raggiunse gli oltre 23.000.000 di abitanti, il 48,3% dell’intera popolazione coreana. Per Regione Capitale si intende generalmente l’insieme dei comuni che costituisce l’area metropolitana di Seoul (SMA), la città di Incheon, e la restante area regionale denominata Gyonggi che ha una sua gestione territoriale distinta. La risposta ad un vero e proprio esodo di massa non poteva essere che una politica prioritaria di carattere nazionale. L’inizio dello sviluppo della politica immobiliare è stato definito nel 1962 dal “Programma Quinquennale di Sviluppo Economico Nazionale” (1962-1966)2. Dal 1973 in poi la politica immobiliare si è essenzialmente orientata verso la costruzione in massa di residenze con una apposita “Legge per accelerare la costruzione degli alloggi”3. La costruzione delle abitazioni a grande scala diventava obbiettivo del ministero delle costruzioni che, nel terzo Programma Quinquennale di Sviluppo Economico Nazionale del 1972-1976, si prefiggeva la realizzazione di 800.000 alloggi, mentre nel quarto programma del 1977-1981 un numero di 1.200.000 di alloggi. Nel programma del 1981-1995 si stabilivano 5.000.000 residenze ma già nel periodo tra il 1988 e il 1992 venne ridefinito con un obiettivo di 2.000.000 di alloggi. Dal 1993 al 1998 il programma ha previsto la costruzione altri 5.000.000 di alloggi e in seguito si è programmato che dovessero essere realizzati 500.000 alloggi ogni anno in modo da

69

Rapporto tra la regione capitale e il territorio nazionale. si noti la concentrazione nell’ambito metropolitano di Seoul delle 100 più grandi aziende, e delle venture industry, dell’industria leggera, degli istituti finanziari e degli uffici governativi. Il grafico elabora i dati di una singolare pubblicazione: Seoul scenario alla quale ha collaborato lo studio mvrdv.


faste[a]st cities

70

CRESCITA DELLA POPOLAZIONE NELLA REGIONE DI SEOUL 1990-2000

2000-2009


corea: fast|est cities

Nella pagina precedente si sono ricostruiti gli andamenti demografici della regione capitale tra il 1990 e il 2000 e poi tra il 2000 e il 2009 tramite i dati dell’istituto di statistica coreano. Si noti come provincie che in un decennio perdono anche il 40% della popolazione per l’abbandono delle attività agricole e lo spostamento verso la città, nel decennio successivo diventando sempre più prossime alla struttura urbanizzata metropolitana,

71

sono oggetto di nuova immigrazione. immediatamente. Sopra, partendo dai dati dal prezioso volume di O.B.Kim del 2007 sulla competitività, è stato realizzato il grafico sulla variazione degli addetti alle diverse attività della regione capitale negli anni 1986, 1995 e 2004. Emerge con forza che ad una progressiva riduzione della attività manufatturiera corrisponda un forte incremento delle

attività commerciali, dei servizi, delle attività amministrative e dell’istruzione. Interessante è notare la contrazione del settore delle attività edili nonostante la frenetica attività edilizia della metropoli. Vi è probabilmente una trasformazione progressiva delle compagnie costruttrici in strutture di amministrazione finanziaria, e commerciale.


faste[a]st cities

72

CRESCITA DELLA POPOLAZIONE NELLA PROVINCIA DI NAMYANG 1980-2009 1980-1985

1985-1990

1990-1995

1995-2000

2000-2005

2005-2009

Elaborazione dei dati comunali riportati dall’istituto di statistica coreano sulla variazione demografica della provincia di Namyang tra il 1980 e il 2009. Si notino come le diverse aree più prossime alla città siano oggetto soprattutto negli anni tra il 1995 e il 2000 di una serie di interventi di costruzione di nuovi quartieri con crescite intorno al 100%. Nell’insediamento di aree residenziali a torre nel comune lungo l’asse viario principale porta il comune stesso ad avere una crescita nel quinquennio successivo quasi del 400%.

raggiungere 100% di assegnazione-vendita delle case entro il 2002. Se nel 1970 il 70% degli alloggi previsto in costruzione era un APT, nel decennio dal 1980 fino 1990 si passa ad una percentuale del 90%. I grafici sulle variazioni demografiche quinquennali dimostrano come i fenomeni regionali siano scomponibili in generalizzati spostamenti da ampie aree agricole perso puntiformi interventi che creano uno squilibrio rilevante e un depauperamento del territorio, delle reti locali dei servizi, a concentrate zone di pochi comuni lungo i maggiori assi viari di connessione con Seoul. Le aree a nord collinari rimangono essenzialmente spettatrici di una trasformazione profonda del territorio, quelle a sud di Seoul, più ricche di aree pianeggianti agricole vengono fatte oggetto di forti pressioni all’abbandono del territorio, alla trasformazione in aree industriali connesse a quelle della costa e del porto, a successivi insediamenti di new town, in un processo di incoerente


corea: fast|est cities

73

CRESCITA DELLA POPOLAZIONE NELLA PROVINCIA DI HWAS 1980-2009 1980-1985

1985-1990

1990-1995

1995-2000

2000-2005

2005-2009

successione di politiche contraddittorie. Fortissimi sono i salti demografici che vengono a crearsi nelle diverse provincie a corona della provincia di Seoul, realizzando, in pochi anni, grandi squilibri interni e stravolgimenti negli assetti organizzativi, mentre le reti infrastrutturali non riescono a far fronte al loro nuovo carico veicolare. E’ molto rilevante negli stessi anni l’espulsione delle popolazioni più povere dal centro a causa di un progressivo aumento dei costi degli alloggi e della riqualificazione edilizia di Seoul. Meno interessata al fenomeno, almeno fino al 1995, le provincie a ovest di Seoul che conservano un carattere produttivo. Nello specifico si possono esaminare in dettaglio due casi esemplari di fenomeni che apparentemente coinvolgono l’intera provincia mentre in realtà sono puntuali e investono (travolgono, in alcuni casi) solo parti di comuni. Nel caso di NamYang, che si trova a ovest della città, possiamo notare che la curva della crescita demografica realizzata

Elaborazione dei dati comunali riportati dall’istituto di statistica coreano sulla variazione demografica della provincia di Hwas tra il 1980 e il 2009. Si notino come fino al 2005 vi era stato uno spopolamento di quasi tutti i comuni, mentre con la costruzione delle new town, come Dongtan, vi sia una vera e propria esplosione demografica delle diverse municipalità coinvolte. Interessante risulta il fatto che alcuni interventi locali di costruzione di insediamenti residenziali ad alta densità provochino effetti di crescita della popolazione paragonabili alle new town.


faste[a]st cities

74

DISTRIBUZIONE DEGLI INSEDIAMENTI NELLA PROVINCIA DI HWAS rete stradale principale rete stradale secondaria rete stradale locale new town APT, edifici a torre aree industriali insediamenti sparsi

Sovrapposizione dell’ultima variazione demografica percentuale su base comunale e ridisegno dei singoli insediamenti tramite la fotointerpretazione. Si noti la forte presenza di aree industriali e la scarsa presenza di aree residenziali. Ăˆ particolarmente evidente il rapporto tra la crescita degli insediamenti e la rete infrastrutturale alla quale le aree residenziali si connettono. Altrettanto evidente è che tra le diverse aree residenziali di forte impatto territoriale non siano state realizzate connessioni dirette. ne risulta un territorio che non attiva un dialogo tra i suoi poli ma tende a tenerli ostaggio del rapporto diretto con la capitale.


corea: fast|est cities

IN RAPPORTO ALLA CRESCITA DEMOGRAFICA DEL 2005-2009

75


faste[a]st cities

76

dell’istituto di statistica coreano mostra come l’aumento della popolazione sia concentrato inizialmente nelle aree che si rivolgono a Seoul. Al contrario dopo una parziale stagnazione del fenomeno corrispondente al periodo degli interventi pubblici, si ha una fortissima ripresa della crescita della popolazione, e conseguentemente dell’attività edilizia nel periodo 1995-2000, per poi fermarsi ancora e concentrarsi solo sul comune di HopYongDong dove si raggiunge una percentuale di crescita di oltre il 380%. Vengono investiti dai nuovi insediamenti di APT anche i comuni limitrofi e la crescita dovuta alla formazione di un nuovo Edifici ad alta densità e bassa densità nella new town di Dongtan. DL 2010

nucleo continua in tutta la provincia nonostante sia una delle più montuose.


corea: fast|est cities

Nei comuni di BonDameup e HyangNameup, della provincia di Hwas, si può leggere un fenomeno solo in apparenza simile, in quanto inizialmente le aree urbane in maggiore crescita demografica erano quelle in prossimità dell’asse di comunicazione tra il sud del Paese e la capitale. Al contrario proprio lungo questo asse nascono interventi di nuovi APT che danno maggiore impulso anche alla crescita del resto del territorio che si sviluppa ulteriormente anche sotto il profilo industriale. Il vero salto di qualità demografico avviene nell’area dove viene insediata la città di DongTan4. Il raffronto tra l’ultima scheda sulle variazioni demografiche e l’assetto attuale dell’edificazione (realizzato grazie al ridisegno delle singole foto aeree del territorio provinciale tratte da googlemap), mostra che, nonostante le due principali arterie stradali (in giallo) nord-sud siano poco attrattive per l’edificato, al contrario la struttura provinciale stradale generi fortissime concentrazioni di APT e che tuttavia non si rimodelli in funzione di queste e lasci nettamente separate e mal connesse le diverse parti dell’edificazione. Come si nota chiaramente da questa analisi, i punti di crisi di questo sistema di costruzione e organizzazione della città creano una serie di punti critici. Il primo è la scarsa autonomia delle new town e degli interventi residenziali ad alta densità che si connettono ad una rete già congestionata. Il secondo punto di crisi è la difficoltà con la quale si realizzano connessioni tra i diversi insediamenti in modo da creare la possibilità di interazione tra i nodi. Infine il veloce squilibrio al quale sono sottoposti i territori che alternativamente si spopolano e si ripopolano di abitanti che non hanno il tempo di radicarsi ai diversi luoghi. Una situazione di abbandono del territorio agro-forestale che viene poi colonizzato da aree industriali frammentate e insediamenti casuali contrapposto a concentrazioni massicce di popolazione.

77


78

faste[a]st cities

2.3 governare le trasformazioni

Immagini delle aree residenziali a sud di Seoul lungo la highway, DL 2008.

piano della Regione Capitale Il piano regionale del 20005, prevedeva una divisione del territorio in cinque aree secondarie autonome dette “indipendenti”, intorno alla polarità principale che è la città di Seoul. Per ciascuna delle polarità si prevedeva una città principale di riferimento oppure una città hub o una città principale regionale. Questo semplice schema strategico punta chiaramente al problema dello scarso policentrismo regionale. Si prevedono infatti specifiche strategie di intervento per potenziare “l’indipendenza” di ciascuna area unitamente ad un potenziamento dei trasporti nord-sud, est-ovest e alla realizzazione di un grande raccordo anulare (piano del traffico). Vengono definiti tre corridoi ecologici est-ovest che partono dalle montagne per arrivare al mare chiamati “assi verdi”. Si definiscono inoltre le sfere di influenza delle singole aree contigue alla città e i loro collegamenti. Il piano è schematico, ma è il riflesso di un atteggiamento molto pragmatico e semplificato rispetto alle scelte di pianificazione territoriale. Tuttavia se l’approccio pragmatico è un ottimo motore per fa-


corea: fast|est cities

cilitare la velocità delle decisioni, la mancanza di dettaglio, ad esempio nell’uso del suolo di progetto, crea una serie di interventi troppo concentrati e talvolta non coordinati tra loro. Per esempio la legge del 1993 che allentava i vincoli sulle destinazioni d’uso dei suoli ha permesso la formazione di un urban sprawl, con il formarsi di piccoli quartieri residenziali, fabbriche, allevamenti che insistono al di fuori della zona urbana, e creano un sovraccarico non previsto alla rete stradale: di fatto, una distorsione della struttura spaziale urbana fatta di aree ad alta densità e aree a densità zero. La politica dell’alta densità urbana sta mostrando i suoi limiti in quanto non sempre garantisce la qualità abitativa. L’area metropolitana di Seoul ha raggiunto 294 abit/ha nel 2000; le città periferiche di Seoul come HanamSi, GwanMyongSi, GuriSi, SungnamSi, GoYangSi e UijungbuSi mostrano una densità abitativa ancora più alta rispetto alla capitale, mentre BuCheonSi, AnYanSi, GunpoSi e GwacheonSi arrivano quasi a 250abit/ha. I quartieri esistenti hanno una dotazione infrastrutturale di strade, parcheggi, e parchi insufficienti, e la trasformazione delle case unifamiliari in appartamenti ad alta densità, provoca il peggioramento dell’ambiente abitativo. Si propone un limite nella densificazione abitativa per l’area Sud, Nord e Ovest della capitale ad un livello pari a 150abit/ha, e l’area Est (quella montuosa) a 100abit/ha. Vengono definite come aree da tutelare quella produttiva, l’area forestale, le aree sotto la tutela ambientale di riserva naturale, i parchi naturali urbani, le aree per la produzione agraria e per le opere a protezione della produzione, le aree vincolate idrogeologicamente e le aree limitrofe ai fiumi, tuttavia si pone un limite temporale all’ efficacia del vincolo (al 2020 con la scadenza del piano territoriale). Nelle politiche chiamate di “manutenzione” dell’area urbana della Regione Capitale, pari al 7,7% della superficie, in primo luogo ci si propone di sviluppare altri 650 chilometri quadrati di aree residenziali (rispetto ai 900 attuali) entro il 2020. Si vuole portare lo standard residenziale dai 20m² ai 33m² per abitante, e abbassare la densità abitativa urbana della regione da 240abit/ha a 170abit/ha.

79


faste[a]st cities

80

TAVOLE DEL PIANO DELLA REGIONE CAPITALE, 2000 schema regionale di progetto

assetto regionale attuale

struttura spaziale regionale di progetto

struttura ecologica regionale di progetto


corea: fast|est cities

81

Si legge inoltre chiaramente l’obiettivo di proteggere le industrie presenti in ambito urbano impedendo che si trasformino in quartieri residenziali ad alta densità. aree naturali, paesaggio e parchi urbani La diminuzione della superficie forestale e l’aumento della popolazione può essere rappresentata in un rapporto che nel 1980 era di 436m2/ab ma che nel 2000 è diventato 265m2/ab. I principali motivi della scomparsa delle aree forestali sono la costruzione dei campi sportivi, le residenze temporanee e le piste da sci; quindi essenzialmente strutture per il tempo libero. Se prendiamo come esempio i campi da golf si può riscontrare che nel 2000 c’erano 40 associazioni concentrate nella regione capitale che occupavano una superficie di 44.69Km2. La costruzione delle reti stradali ed autostradali sta provocando una frammentazione delle aree verdi e impedisce la migrazione della fauna. Apparentemente il livello della qualità dell’ambiente, vista la scelta dell’alta densità, dovrebbe essere molto alto, ma al contrario secondo alcuni rilievi fatti dal piano regionale solo l’11,62% del territorio regionale vede uno stato ottimale dell’ecosistema. Molte delle aree verdi della parte Sud ed Ovest della regione capitale sono scomparse in seguito alla realizzazione di opere stradali, alla costruzione di New Town e di aree industriali, mentre la zona montuosa rimane ancora poco appetibile per lo sviluppo urbano. E’ interessante che il piano evidenzi che la squilibrata localizzazione dei boschi nella regione porti ad un diverso livello di purificazione dell’aria. A Incheon l’effetto della presenza dei boschi, compensa il 20-30% della quantità di CO2 immessa nell’aria, mentre a GyongGyDo (la Regione Capitale meno Incheon e Seoul) il valore sale fino a 90%. La superficie delle aree verdi urbane destinate ad ogni abitante era nel 1990, 6.86m2, salita a 14.42m2 nel 2000, superando lo standard urbanistico che per legge è stabilito a 6m2/ab. Numerosi parchi sono però in disuso in quanto collocati in zona collinare o mancano di finanziamenti per la loro manutenzione. Cresce una sempre maggiore consapevolezza della scomparsa

Tavole del piano regionale della regione capitale. Si noti la sintesi delle intenzioni del progetto regionale che vogliono creare un forte permeabilità nord-sud e est-ovest del territorio unito ad un anello anulare dell’area metropolitana; rafforzare le polarità urbane intorno a Seoul ciascuna con una città, detta hub, che funge da baricentro del territorio circostante; la rete ecologica che partendo dalle montagne a est penetra con degli importanti corridoi ecologici tutta la regione raggiungendo il mar giallo.


82

faste[a]st cities

graduale del paesaggio agro-forestale tradizionale, che però al momento si traduce solo in buone intenzioni all’interno del piano. Rispetto al complesso quadro descritto, il piano regionale si pone i principali obiettivi nel definire i corridoi ecologici di carattere regionale e nel creare una connessione tra aree verdi urbane e i corridoi ecologici, istituendo un piano di manutenzione del verde pubblico attualmente non efficiente. Infine si prevede di aumentare la superficie dei parchi minori in progetto per portare lo standard urbanistico di verde a 20m2/ab. sistema dei trasporti Tra gli obiettivi a maggiore scala, Seoul si propone di promuovere l’aeroporto d’Incheon come il principale aeroporto coreano e riorganizzare i porti di PyongTeak e Incheon per aumentarne l’efficienza di carico. Nell’area aeroportuale e portuale d’Incheon, uno dei più ambizioni progetti coreani è quello di creare una Free Economy Zone, e realizzare un sistema di trasporto con la Corea del Nord in previsione di una futura unione (il tema della riunificazione con la Corea del Nord è molto frequente nelle proiezioni sul futuro della metropoli). Un così ambizioso progetto sottintende l’obiettivo strategico di trasformare l’area metropolitana di Seoul nel baricentro commerciale dello sviluppo economico asiatico entrando in forte competizione con Shanghai, Hongkong, Singapore e Tokyo. Se invece passiamo ad analizzare più da vicino la struttura interna del trasporto metropolitano, le ambizioni di lungo periodo si scontrano con una rete interna particolarmente carente. Nell’anno 2002, il pendolarismo veicolare maggiore nella regione capitale avveniva sul tragitto tra la Seoul e Incheon, ossia l’11.6% di tutto il pendolarismo nella regione, la metà del quale era generato da ragioni lavorative. La più grave carenza della rete stradale della metropoli è che ad uno sviluppato sistema radiale delle vie di comunicazione si contrappone una scarsissima connessione tangenziale tra le diverse parti del sistema, causando una enorme congestione e un sempre maggiore aumento del tempo di percorrenza e dei


corea: fast|est cities

tassi di inquinamento. A riguardo, lo schema di progetto ipotizzato dal piano del traffico per l’implementazione della rete è particolarmente complesso e sicuramente molto oneroso, quindi di difficile realizzazione nel breve periodo. In questo senso l’istituzione del Metropolitan Transportation Autority co-istituita da Seoul, Incheon e CyongGyDo, per favorire la funzionalità del sistema di trasporti nella regione capitale, è un primo passo importante ma non risolutivo del problema che spesso si scontra anche con competenze locali in materia di pianificazione. Il trasporto metropolitana di Seoul dispone di 493.8 chilometri di rete ferroviaria e metropolitana con 390 fermate, costituendo un vero vanto nazionale per ogni coreano la estrema puntualità e la pulizia dei mezzi. A questa si contrappone una ben più carente rete extraurbana che spinge la popolazione residente fuori dalla città a utilizzare il trasporto privato. L’estrema concentrazione di nuovi interventi lungo le principali arterie stradali e la mancanza di alternative di percorsi e di servizio pubblico di trasporto, sta spingendo la metropoli ad un tale livello di congestione che esistono turni di lavoro molto differenziato per tentare di ridurre il livello di saturazione. Nel piano si riporta inoltre un dato preoccupante che è la misura dell’effetto

83

Proporzioni tra utenti dei diversi vettori di trasporto. È chiara l’importanza del trasporto su ferro e degli autobus che sono complementari all’interno della strategia territoriale. Le automobili rappresentano solo un quarto del trasporto totale anche se è altissimo il numero di veicoli che viaggia con un solo passeggero. Il grafico elabora i dati di una singolare pubblicazione: Seoul scenario al quale ha collaborato lo studio mvrdv.


faste[a]st cities

84

RIELABORAZIONE DEGLI SCHEMI STRATEGICI DEL PIANO DEL TRAFFICO DELLA REGIONE CAPITALE, 2000 SISTEMA STRADALE

SISTEMA FERROVIARIO

DIRETTRICI ESISTENTI

DIRETTRICI ESISTENTI

DIRETTRICI IN COSTRUZIONE

IN COSRTRUZIONE

NUOVE DIRETTRICI

RACCORDO DI PROGETTO

In questa pagina la rielaborazione grafica della strategia sulla mobilità presente nel piano della regione capitale. Si mostrano le profonde falle della struttura reticolare viabilistica e della metropolitana. Si nota anche come si prevedano alcune direttrici in previsione di uno sviluppo di alcune aree attualmente non intensamente urbanizzate ma prossime alla città.

della costruzione di tre delle cinque new town della prima fase. Nel quinquennio dal 1995 fino al 1999 vi è stato un incremento annuo del trasporto veicolare del 5%, in parte dovuto all’aumento annuale del 12.1%-12.7% di residenti dell’area in seguito allo sviluppo delle zone residenziali di Kimpo, SungNam e GwanJu. L’aumento, in numero assoluto, degli utenti del servizio metropolitano e la corrispondente congestione dei parcheggi scambiatori inadeguati alle richieste, ha provocato una diminuzione percentuale degli utenti del sistema pubblico. La congestione deriva anche da una rete scarsissima di trasporto ferroviario delle merci. Ne consegue che il trasporto su autobus è un importante elemento di compensazione della qualità della rete. Per rendere


corea: fast|est cities

85

efficiente il servizio sono stati creati percorsi riservati anche lungo le autostrade. La strategia prevista dal piano dei trasporti prevede una politica di aumento considerevole della rete ferroviaria metropolitana con linee principali ad alta velocità e linee circolari, attualmente inesistenti. Per ridurre i tempi di percorrenza sono previste nuove linee a breve distanza che colleghino le diverse direttrici già esistenti. Il sistema di trasporto degli autobus sarà diviso in due categorie: le linee locali, che forniranno servizi di trasporto per le zone residenziali intorno alle fermate della metro, e le linee principali per quelle aree non raggiunte dalla metro. Si prevede inoltre il BRT, Bus Rapid Trasit, e GRT, Guided Rapid Transit, per abbattere i costi della costruzione di nuove linee metropolitane. Infine il piano passa attraverso la realizzazione di cinque linee stradali che attraversano in direzione Nord-Sud e Est-Ovest l’intera area metropolitana, intersecando due strade tangenziali. destinazioni d’uso del territorio La trasformazione del territorio avviene tramite un piano di possibili destinazioni d’uso che è particolarmente sovradimensionato6 sotto il profilo della trasformabilità del territorio; infatti anche se il livello attuale di urbanizzazione raggiunge il 9% della superficie della regione capitale, il piano 2000-2020, prevede che sia destinata a Zona Urbana (sarebbe meglio dire urbanizzabi-

Ingorgo automobilistico all’uscita dal lavoro nel centro di Seoul, DL 2010.


86

faste[a]st cities

le) il 31,3%, mentre le Zone di Completamento rappresentano il 2,2%. Sono definite inoltre le superfici destinate a Zone Agricole e Boscose in una percentuale del 34,5%, e a Zone Naturali Protette il 2,3%. Davvero singolare è invece l’ultima categoria prevista dalle destinazioni d’uso del piano, quella delle Zone Non Agricole che, fissate al 29,7%, sono in realtà a tutti gli effetti zone di possibile espansione urbana previo accordo tra le parti e dichiarazione di trasformazione di destinazione d’uso da parte del ministero competente. Complessivamente è sintomatico che a fronte di una reale urbanizzazione del 9% del territorio ci sia una possibilità di edificare indistintamente su un’area di ben il 63,2% di tutto il territorio. Risulta quindi evidente che la possibilità di sviluppare nuovi insediamenti residenziali appare molto ampia con la sola distinzione che gli insediamenti residenziali maggiori di 20 ettari devono essere approvati dal Ministry of Land, Trasport, Maritime Affairs che si occupa della programmazione delle new town di iniziativa pubblica. E’ delegata al sindaco, al governatore oppure ad una persona


corea: fast|est cities

87

responsabile della trasformazione urbana (developer) l’individuazione di aree di minore dimensione. La legge di riferimento è ancora quella della ricostruzione postbellica del “Piano di Urgenza per lo Sviluppo Residenziale”. espropio e indennizzo La legge coreana prevede che gli enti pubblici abbiano la possibilità di acquisire dei terreni per pubblica utilità tramite la contrattazione diretta e quindi l’acquisto, o la richiesta dell’applicazione della legge sull’esproprio. L’avvio dell’atto di esproprio generalmente deve essere autorizzato dal Ministry of Land, Transport, Maritime Affairs per tutte le opere ferroviarie, stradali, portuali, aeroportuali, i parcheggi, le opere idrauliche sui corsi d’acqua, la costruzione di canali e dighe, acquedotti e fognature, opere per lo smaltimento delle acque, costruzione di uffici pubblici; è previsto dalla legge inoltre l’esproprio per opere del Ministero della Difesa, per le fabbriche, gli istituti di ricerca, le strutture sanitarie e i cimiteri, gli spazi pubblici.

I dati sulla divisione regionale dell’uso del suolo, estratti da Seoul scenario, rielaborati nel presente schema sintetico mostrano come la sommatoria delle aree urbanizzate, quelle di completamento e quelle di possibile espansione costituiscano oltre il 60% del territorio. Queste, tutte edificabili, previo accordo con le autorità competenti rappresentano un approccio indifferente rispetto alla conservazione del territorio e alle sue peculiarità morfologiche, storiche, ambientali. Nella pagina accanto un’immagine delle coltivazioni vallive a nord di seoul, DL 2010.


88

faste[a]st cities

Le procedure di esproprio sono inoltre valide per le opere relative al piano di sviluppo delle aree residenziali; le opere di costruzione delle residenze pubbliche per l’affitto e le opere urbanistiche primarie. La specificità coreana è appunto che le trasformazioni del territorio per la realizzazione di residenze, anche se private, sono soggette a esproprio. Per realizzare un quartiere residenziale è necessario che almeno il 50% dei detentori delle quote di proprietà dell’area sia d’accordo e ceda ai developer il terreno ad un prezzo concordato. Fino al 2005 la quota di consenso dei proprietari che si richiedeva era del 75%. Raggiunta la soglia dell’accordo, stabilita dalla legge, si richiede la dichiarazione di pubblica utilità, e per gli altri proprietari che non sono d’accordo a cedere il terreno scatta l’esproprio. Tutto questo processo ha due elementi di crisi, una forte speculazione dei piccoli proprietari che aderiscono all’iniziativa, cedendo il proprio terreno ad un prezzo altissimo, soprattutto quando il developer è vicino alla soglia per la quale scatta l’esproprio per tutti gli altri proprietari; in secondo luogo la perimetrazione dell’intervento, che poi determina la soglia dell’esproprio, viene realizzata dai developer non in base solo all’uso del suolo previsto dalla legge (che come si detto è particolarmente flessibile e modificabile dagli enti pubblici) ma dalla presenza di grandi proprietari che spesso sono fortemente connessi al processo di trasformazione residenziale e che negli anni hanno acquisito i terreni a costi bassissimi. salvaguardia dell’area per lo sviluppo del piano Il sindaco, il presidente della regione e il governatore sono tenuti a limitare al massimo gli altri piani urbanistici che possono causare la modifica dell’uso delle aree dichiarate “Aree per lo Sviluppo delle Zone Residenziali”, e devono prendere provvedimenti affinché si riducano al minimo le speculazioni sui suoli. Queste norme apparentemente destinate solo a limitare le speculazioni e i conflitti tra piani urbanistici, in realtà servono a sostenere le imprese di costruzione nella loro acquisizione dei terreni. Infatti le aree ricadenti nel piano, ma non di proprietà delle imprese, sono praticamente sottoposte ad esproprio, an-


corea: fast|est cities

che se a prezzo di mercato. E’ ovvio che in un intervento immobiliare significativo, anche piccolo, i proprietari possono ricattare la grande proprietà imponendo prezzi del tutto fuori dal mercato, e le imprese sarebbero comunque pronte a pagare quasi qualsiasi cifra pur di non far saltare l’investimento già effettuato. L’operazione di individuazione delle aree da urbanizzare è in Corea particolarmente delicata in quanto il concetto di proprietà immobiliare è esclusivamente legato al concetto di investimento, molto più che in ogni altro paese. Infatti, dopo l’individuazione dell’area per lo sviluppo del piano, l’incremento di valore dei terreni raggiunge tassi elevatissimi (anche oltre 7 volte il valore precedente) per cui esistono un numero notevole di leggi che impediscono l’aumento incontrollato del valore dei terreni. Esiste ad esempio un rilievo ministeriale aggiornato anno per anno, del valore di mercato dei terreni che risulta il prezzo di partenza per la contrattazione in fase di compravendita. L’acquisto incontrollato delle aree agricole da parte di lobby o cordate di speculatori al fine di trasformarle in aree edificabili o di rivenderle per la costruzione di new town di iniziativa pubblica è oggi proibito, ma purtroppo ormai già avvenuto

89

Il grafico elabora i dati presenti in seoul scenario e mostra chiaramente come nell’area metropolitana di Seoul il livello delle abitazioni apt a torre rappresenti quasi il cinquanta per cento dell’intero patrimonio abitativo della metropoli.


faste[a]st cities

90

INDIVIDUAZIONE DELL’AREA DI SVILUPPO RESIDENZIALE DEI JIGU PROCEDURE

VERIFICHE, VALUTAZIONI E ACCORDI

DEFINIZIONE DEL PROGRAMMA DEL PIANO DI SVILUPPO RESIDENZIALE

(DEVELOPER)

RICERCA DELL’AREA

tabella2

(DEVELOPER)

PROPOSTA ALLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

ANALISI PRELIMINARE AMBIENTALE

(DEVELOPER)

ANALISI PRELIMINARE DELLA MOBILITA’

AVVISO AI RESIDENTI (SINDACO)

CONSEGNA DEI DOCUMENTI RIGUARDANTI IL PIANO DI SVILUPPO DELL’AREA RESIDENZIALE

ANALISI PRELIMINARE PER GLI EVENTI CATASTROFICI VALUTAZIONE PROGETTO ENERGETICO VALUTAZIONE PRELIMINARE IMPATTO AMBIENTALE PIANO DI POTENZIAMENTO DELLE RETI DI TRASPORTO

(DEVELOPER)

DICHIARAZIONE (APPROVAZIONE) DELL’AREA DEL JIGU (FORMULAZIONE DEL PIANO DI SVILUPPO)

(MINISTRO DI LAND, TRANSPORT AND MARITIME AFFAIRS) (SINDACO O GOVERNATORE DELLA REGIONE:INFERIORE A 200 MILA M²)

FORMULAZIONE DEL PIANO ESECUTIVO

( DEFINIZIONE DEL PIANO PER ASSEGNAZIONE DELLE AREE) (DEVELOPER)

APPROVAZIONE DEL PIANO ESECUTIVO (SINDACO O GOVERNATORE DELLA REGIONE:INFERIORE A 2 ha)

ACCORDO CON GLI ENTI INTERESSATI VALUTAZIONE DEL CONSIGLIO CENTRALE PER LA PIANIFICAZIONE URBANA VALUTAZIONE DEL CONSIGLIO PER LA POLITICA DEGLI ALLOGGI VALUTAZIONE IMPATTO AMBIENTALI VALUTAZIONE IMPATTO DEMOGRAFICO E IMPATTO REGIONALE VALUTAZIONE DELL’IMPATTO DEI SISTEMI DI TRASPORTO VALUTAZIONE PIANO ENERGETICO VALUTAZIONE EVENTI CATASTROFICI VALUTAZIONE DEGLI IMPIANTI SOTTERANEI

ASSEGNAZIONE DELLE AREE

tabella3

INIZIO LAVORI (DEVELOPER)

FINE LAVORI E COLLAUDO (DEVELOPER)

CONCLUSIONE DELLA PROCEDURA (DEVELOPER=MINISTRO DI LAND, TRANSPORT AND MARITIME AFFAIRS)

GESTIONE DI JIGU COMPLETATO (PIANO JIGU)

TABELLA 1


corea: fast|est cities

prima dell’entrata in vigore della legge. procedure per la realizzazione dei quartieri urbani cigu Il processo d’individuazione dell’area di sviluppo residenziale è definita dalla legge e segue un iter molto preciso, riportato nelle tabelle di questo paragrafo: esse mostrano chiaramente il ruolo centrale dei developer, incaricati dai grandi proprietari o dalle imprese di costruzione, a svolgere tutti i passi, il più rapidamente possibile, per la trasformazione del territorio, agricolo o residenziale esistenti, cigu. Il developer, dopo aver individuato l’area, formula la proposta alle autorità locali, che provvedono ad avvisare i residenti e i proprietari coinvolti dal progetto di edificazione. Nel frattempo si mettono in atto i meccanismi di verifica delle analisi preliminari ambientali, viabilistiche e della prevenzione di eventi catastofici. Vengono così presentati dal developer i documenti riguardanti le questioni energetiche, la valutazione preliminare dell’impatto ambientale e il piano di potenziamento del sistema viario in base al nuovo carico veicolare. Generalmente però le reti viarie esistenti vengono solo modificate o implementate a carico dei promotori della trasformazione urbana per realizzare la connessione in sicurezza del nuovo flusso veicolare; molto più rigido è invece il rispetto degli standard a parcheggio. L’approvazione del progetto avviene da prte del ministero competente previa una stipula di accordi e dopo le verifiche degli uffici competenti riguardo alla pianificazione urbana e alle politiche degli alloggi. Ottenuta l’autorizzazione pubblica viene prodotto dal developer il piano esecutivo che deve essere valutato per il suo impatto ambientale, demografico e della viabilità, viene inoltre valutato il piano energetico, il progetto impiantistico generale e la prevenzione dagli eventi catastrofici. Approvato il progetto esecutivo si provvede all’assegnazione delle aree alle diverse ditte costruttrici che realizzeranno i diversi danji. Segue la realizzazione dei lavori e il loro collaudo. La selezione dell’area di progetto è un nodo centrale della procedura, che la legge prevede possa essere realizzata anche dalle autorità pubbliche, in virtù del fatto che essa era stata pro-

91


faste[a]st cities

92

SELEZIONE DELL’AREA DA PARTE DEGLI ENTI COMPETENTI PROCEDURE

DOCUMENTI

ANALISI PRELIMINARE (SINDACO, DEVELOPER) (MINISTRO DI LAND, TRANSPORT AND MARITIME AFFAIRS)

USO DELL’AREA, MORFOLOGIA DEL SUOLO, COSTO DEI TERRENI, COSTRUZIONI VICINE, CONDIZIONI DELL’AMBIENTE NATURALE COSTO MEDIO DEI TERRENI, DINAMICA STORICA DELLA COMPRAVENDITA DELLE AREE, VINCOLI NORMATIVI

SCELTA TRA DIVERSE AREE PROPOSTE (SINDACO, DEVELOPER) (MINISTRO DI LAND, TRANSPORT AND MARITIME AFFAIRS)

PIANO VIGENTE: SCHEMA FUNZIONALE LOCALIZZAZIONE DEI SERVIZI STATO DI FATTO AMBIENTALE, MORFOLOGO VINCOLI NORMATIVI

PIANO DEL JIGU

PROPOSTA DELL’AREA PER LO SVILUPPO DELL’AREA RESIDENZIALE

(DEVELOPER )

VALUTAZIONE DELL’AREA PER LO SVILUPPO DELL’AREA RESIDENZIALE

ANALISI DELL’AREA E MOTIVAZIONI DELLA SCELTA PIANO ATTUATIVO DEL JIGU ANALISI DELLA MOBILITA’ ANALISI AMBIENTALI ANALISI DEGLI EVENTI CATASTROFICI ANALISI DEL TERRENO AGRICOLO E BOSCHIVO ATTUALE

TABELLA 2

(MINISTRO DI LAND, TRANSPORT AND MARITIME AFFAIRS)

ASSEGNAZIONE DELLE AREE PROCEDURE

DOCUMENTI

REDAZIONE DEL PIANO PER L’ASSEGNAZIONE DELLE AREE (INCLUSO NEL PIANO ESECUTIVO)

(DEVELOPER)

APPROVAZIONE DEL PIANO ESECUTIVO

LOCALITA’ E SUPERFICIE DEL TERRENO DA ASSEGNARE DEFINIZIONE DEI DESTINATARI E PROCEDURA DI SELEZIONE PERIODO, METODO E CONDIZIONI PER ASSEGNAZIONE METODO DI QUOTAZIONE DELLE AREE DA ASSEGNARE PIANO D’USO DEL SUOLO E LA MAPPA CATASTALE

(INSIEME AL PIANO PER ASSEGNAZIONE DELLE AREE) (SINDACO O GOVERNATORE DELLA REGIONE)

PUBBLICAZIONE DEL BANDO PER ASSEGNAZIONE DEI TERRENI (DEVELOPER)

SELEZIONE DELLE OFFERTE, TRATTATIVE, STIPULA CONTRATTI DI ASSEGNAZIONE

NOME E INDIRIZZO DEL DEVELOPER E NOME DEL RAPPRESENTATE LOCALIZZAZIONE, SUPERFICIE E USO DELL’AREA (VINCOLI PER L’USO DEL SUOLO) PERIODO, METODO E CONDIZIONI DI ASSEGNAZIONE COSTO DEI TERRENI COSTO DI URBANIZZAZIONE PRIMARIA (PREZZIARIO) LUOGO E PERIODO PER LA RICHIESTA DI ASSEGNAZIONE REQUISITI PER LA RICHIESTA DI ASSEGNAZIONE DOCUMENTI PER LA RICHIESTA DI ASSEGNAZIONE

(DEVELOPER)

TABELLA 3


corea: fast|est cities

mulgata per dare soluzione alla scarsità di alloggi dopo la guerra civile, semplificando le procedure burocratiche. Infatti tale selezione prevede la valutazione di ipotesi alternative di configurazione del progetto correlate con analisi dello stato di fatto e dell’assetto morfologico del sito, dei vincoli vigenti e degli usi del suolo reali. Tali analisi preliminari vengono direttamente valutate dal Ministry of Land, Trasportation and Maritime Affairs. Un altro nodo di questo processo sono gli accordi con gli enti interessati come per le opere infrastrutturali, la fornitura di energia, le reti sotterranee e le opere di urbanizzazione, la compatibilità con le strutture militari eventualmente presenti. Il piano dell’assegnazione delle aree alle diverse imprese di costruzione che realizzeranno concretamente i danji, è uno dei documenti inclusi nel piano esecutivo, e definisce le procedure di assegnazione, le questioni contrattuali e le tempistiche di realizzazione e la quotazione delle diverse aree da assegnare. L’approvazione di questo documento è contemporanea all’approvazione del piano esecutivo da parte dell’autorità locale a cui fa capo l’area di progetto. L’assegnazione può aver luogo solo tramite un bando pubblico che definisce tutte le condizioni contrattuali e i costi connessi alle opere infrastrutturali necessari per la realizzazione del nuovo cigu.

93


94

faste[a]st cities

2.4 mercato immobiliare sotto controllo

Ogni danji ha un ufficio vendite che tratta in particolare gli appartamenti della zona. Nella foto sopra una contrattazione in corso in una agenzia immobiliare di BunDang, DL 2008. Nella pagina accanto il grafico dell’andamento del reddito coreano comparato all’andamento del valore degli apt e al numero degli alloggi. Si noti l’incidenza della crisi alla fine del secolo e il decremento del reddito e del valore immobiliare ma la costante crescita degli alloggi dovuta alla programmazione statale. Nel grafico si noti il salto del numero degli alloggi intorno al 2004 per il cambiamento di metodo di conteggio degli immobili.

governo del mercato Le politiche per il controllo del mercato immobiliare sono forse il vero nodo del meccanismo di propulsione della costruzione delle new town e di tutti gli interventi APT. Da sempre impegnato a sostenere la crescita economica del paese con importanti investimenti, il Governo ha scelto una politica della casa che si è basata su alcuni punti precisi che si sono però modificati negli anni7: interventi diretti di costruzione, soprattutto nella prima fase di emergenza abitativa; creazione di banche immobiliari per l’erogazione del credito alle imprese di costruzione; realizzazione di meccanismi per l’intercettazione dei risparmi dei coreani per sostenere le politiche immobiliari; calmieramento dei prezzi di vendita delle abitazioni nuove nelle realizzazioni edilizie con più di 20 alloggi; incentivo alla costruzione di alloggi piccoli; politiche per il sostegno del valore degli immobili già realizzati; politica fiscale che incentivi le nuove costruzioni e sostenga i


corea: fast|est cities

95

1989

REDDITO PROCAPITE

INCREMENTO DEL VALORE DEGLI APT

NUMERO DEGLI ALLOGGI

2000 2008 prima fase new town seconda fase new town


96

faste[a]st cities

% di case in affitto nella regione capitale

In questa pagina grafico della percentuale di case in affitto nella regione capitale ricavata dei dati del piano regionale del 2000. Si noti come la concentrazione maggiore delle case in affitto sia nel centro della metropoli. Toccando in alcune aree a sud del fiume han anche il 40% sul totale.

prezzi; standardizzazione della offerta edilizia; limitazioni nell’accesso all’acquisto, e limitazione dei prezzi massimi di vendita nei nuovi alloggi. A testimonianza della grande pressione economica e sociale8 derivante dalla regolamentazione del mercato si deve notare come il penultimo governo in carica, con strumenti di controllo di compravendita, abbia lavorato sul controllo delle regole monopolistiche, abbia introdotto nei prestiti bancari limitazioni nella concessione dei mutui, legate al reale valore dell’immobile e alla concessione di un credito minore dell’intero valore dell’immobile (DTI, debt to income e LTV, loan to value), e infine per limitare i prezzi di vendita abbia fissato il valore massimo di un immobile di nuova costruzione. Il governo successivo ha abbreviato la durata del divieto di vendita degli alloggi, ridotto la percentuale di alloggi minimi da costruire ed eliminato l’obbligatorietà di rispet-


corea: fast|est cities

97

rapporto tra vecchi e nuovi edifici residenziali

tare la percentuale degli alloggi d’affitto, quota che è considerata in Corea di social housing. Uno dei grafici più significativi dei meccanismi di mercato coreano9, realizzato con una certa difficoltà per il reperimento di dati storici omogenei e certificati nel settore immobiliare coreano, mostra con chiarezza come il numero delle abitazioni prodotto dagli immobiliaristi è sempre stato costante e imperturbato dagli eventi, segno di una grande efficacia delle politiche, nonostante ci sia stata una forte oscillazione del Reddito Nazionale Lordo Coreano con una caduta molto repentina prima del 2000, e corrispondentemente di un sensibile calo del prezzo degli APT che invece aveva avuto una forte ascesa intorno all’inizio degli anni ‘90. La modalità di conteggio del numero di alloggi intorno al 2005 è cambiata per cui nel grafico si è dovuto creare un salto non giustificabile nel conteggio degli alloggi realizzati. Dopo il crollo dei mercati del 2007 non esistono chiari dati da

In questa pagina si presenta il rapporto tra vecchi e nuovi alloggi: le aree con alloggi più vecchi di 30 anni sono in aree periferiche del territorio regionale. Si noti come nelle aree centrali il rapporto sia tra il 10 e il 20 % di edifici vecchi rispetto alle nuove costruzioni degli ultmi trent’anni.


98

faste[a]st cities

poter interpretare e possiamo affidarci solo al fatto che numerosi piani governativi per la realizzazione di new town siano stati decisamente rallentati, se non addirittura congelati.

Tre diversi cataloghi di piante di apt di diverse zone dell’area metropolitana. sono generalmente utilizzati per scegliere preventivamente gli appartamenti da acquistare. quartiere per quartiere si possono trovare la distribuzione dei tipi edilizi per ogni singolo danji, le metrature, lorde e nette, il prezzo iniziale di vendita, la ditta costruttrice.

standardizzazione dell’offerta La Legge per Accelerare la Costruzione degli Alloggi10, varata nel 1972, serviva a promuovere la costruzione di APT. Il suo contenuto prevedeva agevolazioni per costruzioni che si sviluppassero in altezza semplificando le procedure burocratiche. La conseguenza di questa legge è stata la densificazione del territorio e la verticalizzazione delle città, ma anche l’intrusione del Governo nella standardizzazione di un “prodotto immobiliare” che negli anni si è appiattito su di un unico tipo edilizio, case in linea a torre con doppio affaccio. La standardizzazione delle abitazioni è risultata così evidente che le imprese di costruzione hanno ripetuto gli stessi edifici in più aree senza nessuna variazione. Tutto ciò ha reso possibile la realizzazione di numerosi cataloghi territoriali che presentano le planimetrie di tutti gli interventi ATP delle diverse zone abitate della Corea con le piante di tutti gli alloggi, le superfici nette, lorde e condominiali aperte, il prezzo di vendita iniziale, la distribuzione planimetrica degli isolati, in definitiva utilissimi strumenti per orientarsi verso un prodotto immobiliare da acquistare facendo assomigliare il catalogo ad un listino di automobili. Questo sistema evidenzia una trasformazione delle abitazioni in


corea: fast|est cities

prodotti d’investimento nei quali non conta la dimensione soggettiva e la personalizzazione del bene ma solo la capacità del prodotto finanziario di creare profitto. Gli investimenti eventuali delle famiglie per rendere più corrispondente alle proprie necessità e alla propria personalità l’abitazione non sono affatto comuni, anzi sono viste come un investimento poco proficuo. La forte mobilità abitativa11 dei coreani spinge gli acquirenti a scegliere case almeno parzialmente arredate. L’importanza commerciale degli arredi riveste un ruolo così significativo che nella realizzazione di alcuni alloggi di DongTan si pubblicizza la fornitura di cucine italiane (Cucine Meda). stock edilizio Secondo l’anagrafe immobiliare delle 17.770.00 famiglie coreane, il 54.6% (9.710.000) posseggono la casa12. I coreani proprietari che hanno una sola casa sono 8.820.000 famiglie cioè il 90.9%. Questi dati sono particolarmente significativi in quanto illustrano l’importanza per le famiglie coreane di possedere una abitazione come investimento familiare Le abitazioni attualmente registrate sono 11.190.000. Gli alloggi APT sono 5.300.000 e sono posseduti da 4.710.000 famiglie. Quelli che posseggono 1 alloggio APT per famiglia sono 4.260.000 Quelli che posseggono 2 alloggi APT per famiglia sono 450.000 La distribuzione delle case in affitto sul territorio della regione capitale privilegia in particolare le aree centrali della città e il fattore disponibilità-richiesta tende gradatamente a ridursi con l’allontanarsi dal centro. E’ invece completamente diversa la distribuzione dei nuovi alloggi rispetto al patrimonio di alloggi più vecchi di trent’anni infatti in questo caso sono proprio le aree centrali ad aver avuto una maggiore sostituzione degli immobili mentre alcune aree periferiche della regione non sono ancora state investite dalla localizzazione di nuovi insediamenti13. Il dato però più significativo proviene da un raffronto tra le diverse capacità di acquisto di alloggi14, rapporto tra costo delle

99


100

Il grafico indica il rapporto tra costo medio delle abitazioni e reddito annuo pro-capite. Ne risulta il numero di anni necessari per poter acquistare una abitazione impiegando l’intero ammontare del reddito. Si può notare come in Corea ci sia il rapporto più svantaggioso: oltre dieci anni mentre in Giappone e a Singapore i redditi medi sono molto più alti nonostante il prezzo di vendita degli alloggi non sia inferiore.

faste[a]st cities

abitazioni e dei salari, del Giappone, di Singapore di Hong Kong e della Corea. Quest’ultima ha un indice più che doppio rispetto alle prime due e di una volta e mezzo più alta rispetto ad Hong Kong. Ne emerge un quadro piuttosto ambiguo dove l’alto costo degli alloggi dovrebbe frenare la possibilità di accesso alla prima casa, mentre in realtà oltre il 54,6% delle famiglie la possiede. Non è raro che le famiglie giovani15, per poter avere un alloggio in proprietà si prestino ad una grande mobilità urbana acquistando alloggi appena costruiti in aree dove i servizi sono ancora da attivare, per rivendere più tardi l’alloggio e acquistarne un altro in aree in costruzione e iterando l’operazione più volte. Questa continua compravendita degli alloggi permette talvolta grandi profitti e desta quindi una grande attenzione il mercato immobiliare che fino a qualche anno fa era completamente delegato alle casalinghe16. Le quotazioni immobiliari infatti sono quotidianamente pubblicate sui maggiori giornali e gli articoli e le inchieste sull’andamento del mercato hanno un seguito significativo.


corea: fast|est cities

dimensione degli alloggi della banca immobiliare Nel 1969 tramite l’istituzione della Banca Immobiliare il Governo17 finanziò le società costruttrici che realizzavano alloggi con dimensione inferiore a 82,5m². Bisognerà attendere fino al 1981 per l’ istituzione di un Fondo Popolare per gli Alloggi, e la banca che aveva gestito fino ad allora i fondi governativi, la Banca Immobiliare, divenne organo di controllo per il finanziamento nelle opere di costruzioni APT SanHa del Ministero delle Costruzioni. Fra 1997-98 prima della crisi economica, i fondi popolari per gli alloggi provenivano per il 10% dai finanziamenti del Ministero delle Costruzioni e dai fondi delle società pubbliche come la Land Corporation e l’ Housing Corporation. La grande innovazione nel mercato immobiliare avvenne con la revisione della Legge per Accelerare la Costruzione degli Alloggi, nella quale si buttarono le basi per la regolamentazione dei prezzi di vendita tra l’impresa e il privato per tutte le nuove costruzioni con un numero di alloggi superiore alle 20 unità. Questo sistema ebbe una grande influenza per lo sviluppo di

101

Immagine di googlemap che presenta un insediamento in corso di realizzazione, si noti la preparazione del suolo e le fasi della costruzione delle torri residenziali.


102

Cantieri di apt. Si notino le strutture completamente in calcestruzzo a vista che esternamente verranno solo dipinte. Internamente non saranno isolate e si realizzerà una intercapedine di cartongesso. I ponti termici sono diffusi sia in facciata tra gli infissi che sulle facciate cieche. Le superfici cieche vengono realizzate non piane ma con dei casseri decorati con righe verticali che si interrompono per ogni piano in quanto si vogliono evitare vistose riprese di getto tra piano e piano. le diverse imprese di costruzioni si avvicendano in quanto vi sono squadre molto specializzate. L’impresa di costruzioni che ha acquisito il diritto di costruire il danji generalmente non ha una struttura che realizza direttamente le costruzioni ma è in prevalenza una società con una forte specializzazione amministrativa, contabile, contrattuale e legale, oltre che di gestione del processo costruttivo che viene ampiamente affrontato nel corso dello studio di architettura. La sicurezza dei cantieri è particolarmente osservata in ottemperanza della ferrea normativa coreana calibrata su una produzione di edifici con molte imprese che lavorano tutte per brevi periodi.

faste[a]st cities

APT in Seoul in particolare fra 1970-1990. Lo spirito della legge era quello di premiare i risparmiatori in cerca di una casa che sostenevano le banche impegnate nel finanziamento dell’attività edilizia. Si chiedeva l’apertura di un conto deposito presso la Banca Immobiliare, che diventava l’unico assegnatario per la vendita degli alloggi nuovi. Il deposito periodico, per coloro i quali intendevano acquistare una casa considerata “popolare”, con dimensioni inferiore agli 82,5m², dava il diritto di usufruire di fondi che coprivano il 1020% del costo di acquisto18. Anche chi possedeva una casa veniva coinvolto con appositi depositi ad hoc nel sostegno delle attività edilizie finanziate dalla Banca Immobiliare con la proposta di due tipi di deposito, uno legato all’acquisto di alloggi con dimensione inferiori ai 99m², oppure senza limite di dimensione con un deposito a scadenza. Vista l’enorme richiesta di abitazioni il tentativo del Governo e del Ministero delle Costruzioni è stato di dare credito alle imprese di costruzione tramite la Banca Immobiliare. Infatti, un acquirente che apra un deposito ha la possibilità di raggiungere tre diversi livelli di merito, in base al fatto che il denaro sia depositato dai 2 ai 3 anni, da 1 a 2 anni, oppure meno di un anno. Questo punteggio permette ancor oggi di entrare in un livello di merito e quindi in tre graduatorie diverse. In base alle graduatorie si accede alla possibilità di essere sorteggiati come acquirenti di un alloggio scelto tra quelli disponibili in un quartiere di nuova costruzione. Le estrazioni sono bimestrali a seguito della pubblicazione di appositi bandi pubblicizzati sui quotidiani della città. Dopo l’assegnazione e dopo aver stipulato il contratto di compravendita si attendono altri due o tre anni per la consegna dell’immobile finito, pagando nel frattempo altre cinque o sei rate per il saldo. prezzi calmierati Le società costruttrici19, aiutate in maniera rilevante dai bassi tassi di credito e dal sostegno governativo devono rispettare un prezzo massimo stabilito di vendita, che solitamente è decisamente più basso rispetto del prezzo del mercato. Il prezzo massimo stabilito cambia da città a città. Nel caso di Seoul, viene


corea: fast|est cities

calcolato da una combinazione di due fattori: il prezzo del terreno del rispettivo distretto nel quale si trova l’intervento e il costo di costruzione standard stabilito dal Ministero delle Costruzioni20. Le società costruttrici non possono vendere direttamente gli alloggi. Il sistema di vendita è stato revisionato ripetutamente sin dall’inizio. Nel 1983 come provvedimento contro il fenomeno delle speculazioni, il Governo, oltre al sistema di vendita, introdusse il sistema di obbligazione. Chi si era iscritto al risparmio immobiliare ed era residente nella città metropolitana di Seoul, in caso di estrazione, avrebbe dovuto comprare l’obbligazione al prezzo stabilito dal comune di Seoul, che poteva essere diverso da APT

103


104

faste[a]st cities

a APT. Questo provvedimento faceva parte di una sorta di sovrattassa per l’acquisto degli APT, e come risultato aumentava il patrimonio pubblico e allo stesso tempo limitava il fenomeno della speculazione. Attraverso questo sistema si erano create le condizioni per poter comprare la casa con prezzo inferiore a quello del mercato, facendo aumentare all’improvviso la domanda. Nel 1990 3.000.000 persone si sono iscritte al conto per l’acquisto della casa, ma per quello stesso anno era in programma la costruzione di soli 500.000 alloggi. Nel 1994 gli iscritti al conto per l’acquisto erano 500.000 ma il programma annuale per la costruzione degli alloggi ne prevedeva solo 65.00021. La politica dei prezzi a partire dal 1995 ha ridotto sempre più la sua azione di calmieramento e il mercato è stato totalmente liberalizzato dal febbraio del 1998 permettendo gradualmente al prezzo degli alloggi di allinearsi al prezzo di mercato22. livelli di tassazione L’interesse dei cittadini per i provvedimenti immobiliari è da sempre molto forte per l’alta percentuale di risparmi delle famiglie coreane investiti a diverso titolo in depositi, alloggi e terreni. Quando si verifica un forte fenomeno di speculazione al rialzo il Governo usa tutte le misure per fermare l’incremento incontrollato dei prezzi, e quando l’andamento dell’economia ed il mercato immobiliare si trovano in crisi, il Governo si attiva con determinazione contro il crollo dei prezzi. Tutto ciò è spiegabile solo per il peso enorme che il mercato immobiliare riveste rispetto all’economia, da cui si evince perché il gettito ricavato dalla tassazione sull’incremento di valore della seconda casa arrivi fino al 30%. Negli anni molti autorevoli economisti coreani hanno tentato di mettere in guardia i governi sull’inopportunità di una politica troppo dipendente dalle oscillazioni del mercato ma l’interesse diretto dello Stato verso questa grande fonte di gettito non fa compiere passi verso la diminuzione degli interventi governativi a sostegno dei prezzi. Il Governo dal 2002 al 2007 ha tentato una politica che proponeva delle misure di lungo periodo perseguendo una trasparenza del mercato, ovvero l’aumento delle imposte di proprietà, recu-


corea: fast|est cities

perando così una parte dei profitti derivanti dallo sviluppo urbano, e proponendo una riforma sociale per le abitazioni. Sono stati fissati degli incrementi delle imposte patrimoniali del 5% annuo per arrivare al 100% di aumento della patrimoniale entro il 2017. E’ stato prevista una sopratassa del 50% per le case con valore superiore a 6.000.000.000 won (corrispondenti a 4 milioni di euro circa), obiettivi fiscali esattamente dimezzati dal governo successivo, insieme all’ annullamento del provvedimento di recupero dei profitti derivanti dallo sviluppo urbano. Sono state infatti varate dal Governo attuale, sulla scia della fortissima crisi economica che ha colpito l’industria delle costruzioni coreana, misure che agevolano solo le grandi proprietà che erano a rischio di bancarotta. E’ stato deciso per esempio l’innalzamento del tetto massimo delle agevolazioni d’imposta delle successioni per la prima casa da 6,000,000,000 won a 9,000,000,000 di won (da 4 a 6 milioni di euro)23. E’ stato varato un provvedimento che riduce drasticamente la tassazione sull’incremento dell’imposta per i grandi proprietari terrieri e immobiliari, ed è stata inoltre alzata la soglia

105

Nel grafico in alto il rapporto tra imposta di proprietà e tassazione totale. ne emerge una forte pressione fiscale dello stato sugli immobili in particolare in Corea rispetto al campione di riferimento: Gran Bretagna, Stati Uniti d’America e Giappone.


106

faste[a]st cities

per considerarsi grandi proprietari terrieri. Un dato per tutti parla esplicitamente: dopo la legge l’ 80% di coloro i quali pagavano l’imposta di «grandi proprietari terrieri e immobiliari» non sono più tenuti a pagarla. speculazione immobiliare sui terreni Il sistema bancario ha accelerato il fenomeno di speculazione immobiliare sui terreni creando un circolo vizioso che ha spinto alla polarizzazione della proprietà fondiaria e all’aumento incontrollato dei suoli edificabili. Infatti l’aumento del costo dei terreni24 aumenta il valore dell’ipoteca sul terreno, questa fa aumentare il numero dei prestiti erogati, l’aumento delle erogazioni di prestiti fa aumentare il numero di compravendite degli immobili che alimenta ulteriormente la speculazione. Un dato particolarmente significativo della polarizzazione della proprietà dei terreni, sicuramente dovuta alla forte speculazione che avviene intorno alla costruzione di APT e new town, è quello che se generalmente in un paese dove il capitale immobiliare comprendente reti infrastrutturali e servizi, edifici e terreni, il


corea: fast|est cities

valore dei suoli rappresenta il 50% del valore complessivo, in Corea invece arriva ad incidere per l’80%25. Le ragioni sono dovute ovviamente alla dimensione del fenomeno di trasformazione urbana, ad un fattore geomorfologico, per il quale la preparazione del sito per la costruzione di torri è poco conveniente se il terreno è scosceso26 (quindi i terreni adatti sono essenzialmente quelli vallivi o di pianura, fatto che crea ovviamente un antagonismo delle costruzioni con l’agricoltura); infine nella scarsa tassazione sull’incremento di valore dei terreni. Alla fine della colonizzazione giapponese i grandi proprietari terrieri, circa il 10% della popolazione, possedevano il 53% dei terreni. Nel 2005 solo l’1% della popolazione possiede il 57% dell’intero suolo nazionale disponibile27. Alcuni analisti riportano i seguenti dati. Fra il 2001-2003 la speculazione immobiliare ha originato un profitto ingiustificato di 212.000.000.000 won (corrispondenti a circa 140 milioni di euro). Nel solo anno 2002 l’ammontare di questo profitto era pari al 20% del PIL, e nello stesso anno solo per gli APT ci furono profitti pari

107

Nella pagina accanto alcune inserzioni nei giornali dedicate alla pubblicizzazione di nuovi interventi apt. Il livello di comunicazione mediatica per promuovere la vendita degli alloggi è molto alta. Model house, edifici dove è possibile visionare alcuni prototipi di alloggi in scala reale, come quelli che verranno realizzati, già arredati, vengono spesso allestite vicino alle stazioni della metropolitana, anche molto lontano dall’area di intervento. Sono ricorrenti immagini tridimensionali notturne degli alloggi come si può notare in questa pagina. Nella pagina successiva una scheda tipo che illustra i metri quadri commerciali dell’alloggio, i metri quadri reali dell’appartamento, l’assonometria, rigorosamente arredata con i muri sezionati in nero, una possibile soluzione d’arredo per la zona giorno.


108

faste[a]st cities


corea: fast|est cities

109

a 100.000.000.000 won (che corrispondono a 66 milioni di euro)28. Quindi il profitto derivante dal mercato immobiliare edilizio e dei suoli, era pari a 25% del PIL annuo (670.000.000.000 won pari a 442 milioni di euro) ovviamente a favore solo di pochi proprietari di terreni. Nel 2000, i fenomeni di maggiore speculazione immobiliare si verificarono intorno a due new town da poco realizzate, GangNam e Bundan, che furono il sintomo di un limite molto forte della pianificazione delle new town29: realizzato un intervento governativo i terreni adiacenti vengono a diventare aree di forte speculazione con nuovi APT che si dotano di minori servizi e non pagano le opere infrastrutturali perché sfruttano quelle già realizzate.

1 Dati ricavati dal sito www.kostat. go.kr 2 동양건축사도집 (Archiban, Hanssem, Han-a Reserach Institute of Urban), 1997, p. 71 3 V. Gelezeau, 2003, p. 35 4 Dati ricavati dal sito di Dongtan new city (www.dongtan.lh.or.kr) 5 Ricavato dal Piano Regionale 20002020 6 Dati ricavati dal sito www.mltm.go.kr 7 하성규, (S.G. Ha), 2006, p.192 8 전강수, (G.S. Jeon), 2010, p. 196 9 Dati tratti dai seguenti siti: www. kostat.go.kr, www.kbstar.com, www. lhi.lm.or.kr, www.krims.re.kr 10 V. Gelezeau, 2003, p. 35 11 G.-Y. Kim, 2006, p. 7 12 Dati ricavati dal sito di Architecture & Urban Research Institute (www. auric.or.kr) 13 송현영 (H.Y. Song), 1994 14 Dati ricavati dal sito www.macc. go.kr 15 전남일, 손세관, 양세화, 홍형옥 (N.I. Jeon, S.G. Son, S.H. Yang, H.O. Hong), 2009, p. 259 16 Dati ricavati dal sito www.m.neonet.co.kr 17 하성규 (S.G. Ha), Seoul, 2006, p. 193 18 김희선, 정직한 내집마련 (H.S.

Kim), 2007 19 V. Gelezeau, 2003, p. 92 20 주택시장 변화와 주택산업의 발전 방안 (La trasformazione del mercato immobiliare …), 2000 21 한국의 주택 (Le case in Corea), 2002 22 수도권 분양가 자율화의 필요성과 보안대책 (Neccessità di liberalizzazione …), 1998 23 “Provvedimento per la stabilità del mercato”, Legge immobiliare 04/09/02 “Modifica al sistema delle imposte” Legge 01/09/08 24 강부성, 강인호, 박광재, 박인석, 박철수, 박혜선, 이규인, (B.S. Gang, I.H. Gang, G.J. Park, I.S. Park, C.S. Park, H.S. Park, G.I. Lee, 2010, p. 61 25 전강수, (G.S. Jeon), 2010, p. 37 26 강부성, 강인호, 박광재, 박인석, 박철수, 박혜선, 이규인, (B.S. Gang, I.H. Gang, G.J. Park, I.S. Park, C.S. Park, H.S. Park, G.I. Lee, 2010, p. 37 27 남상호 (S.H. Nam), Seoul, 2007 28 강부성, 강인호, 박광재, 박인석, 박철수, 박혜선, 이규인, (B.S. Gang, I.H. Gang, G.J. Park, I.S. Park, C.S. Park, H.S. Park, G.I. Lee, 2010, p. 66 29 종합 부동산세 도입과 부동산 세제개편 (Introduzione delle imposte ...), 2004



isolati senza città

111

capitolo 3

isolati senza città

3.1 new town coreane: modelli di riferimento Lloyd Rodwin, in The Brithish New Town Policy del 1956, parla del potenziale sviluppo di new town in Asia, Africa, Medio Oriente e Sud America, anticipando quello che solo molto più avanti sarebbe realmente accaduto. Ma le new town asiatiche, oltre ad avere l’ambizione di proseguire un percorso iniziato cinquant’anni prima e avere insita l’idea della realizzazione di città autonome nei pressi di un territorio metropolitano in via di densificazione, presentano condizioni di partenza, caratteristiche strutturali e morfologiche, e soprattutto tempistiche, profondamente differenti. Oltre che per il controllo della crescita della città metropolitana, la necessità di evitare possibili rischi igienico-sanitari dovuti al sovraffollamento e l’insediamento di grandi masse, le new town inglesi si differenziano soprattutto per le modalità di intervento rispetto a quelle asiatiche. Nell’esperienza anglosassone infatti è prevalente l’impegno pubblico, anche economico, nella pianificazione e nella realizzazione delle new town, al fine di creare luoghi pubblici che permettano la nascita di una comunità. Tentativo particolarmente interessante perché si misero in atto stru-

Orologi di una vetrina di Seoul, DL 2006.


faste[a]st cities

112

1

4 7 6

Stavenage Superf. 24.70 km², 80000 abitanti

Basildon Superf. 31.64 km², 106000 abitanti

Bracknell Superf. 11.94 km², 54000 abitanti

Hemel Hempstead Superf. 23.92 km², 80000 abitanti

Schemi planimetrici delle new town londinesi. Dati e immagini tratte da A.B. Gallion e S. Eisner, The Urban Pattern city planning and design, D. Van Nostrand Company, Inc.,Princeton, 1950.

3

8 5 2

Harlow Superf. 25.90 km², 80000 abitanti

Crawley Superf. 24.47 km², 70000 abitanti

Hatfield Superf. 9.50 km², 25000 abitanti

Welwyn G.C. Superf. 17.47 km², 50000 abitanti


isolati senza città

menti e progetti che affrontarono in profondità il tema della città pubblica, la realizzazione di un sistema gerarchico urbano, di nuclei abitativi che si basavano sui principi dell’unità di vicinato, con espliciti riferimenti al modello della città giardino. Il New Town Act del 19461 in Inghilterra ha segnato un forte impegno nella programmazione e realizzazione di nuove città; non più singole città di fondazione costruite per definire nuove capitali che dovessero simbolicamente mostrare un innovativo corso della storia o luoghi fortificati lungo vie di transito; non più città operaie a sostegno del capitalismo industriale o villaggi agricoli a supporto delle grandi proprietà terriere; non città coloniali che mostrassero la potenza e la supremazia dei dominatori sul territorio ma un programma complesso e articolato per un nuovo assetto abitativo territoriale non disgiunto da un decentramento delle attività produttive. Gli interventi per la creazione di nuove città si basavano sul fatto che le new town, da realizzarsi intorno alla metropoli londinese, dovessero diventare luoghi di lavoro e di residenza, dotati di servizi e opere pubbliche che superassero la dimensione del

113

In alto, a sinistra, distribuzione delle diverse new town intorno a Londra. a destra la planimetria di Hook new town non realizzata. Il progetto prevedeva una spina centrale completamente pedonale e un margine urbano esterno con viabilità veloce e greenbelt.


faste[a]st cities

114

In alto la planimetria di Milton Keynes, Inghilterra, 1970. Nella pagina accanto, in alto in bianco e nero, due schemi il primo è l’organizzazione del superblock del piano di Albert Mayer per Chandigarh, il secondo è il sector di Le Corbusier. immediatamente sotto, tre schemi progettuali del danji elaborati per la progettazione di BunDang: 1. bellezza e sicurezza, 2. armonia con la natura, 3. creatività dello spazio, pubblicati in un dossier a schede da parte del Korea land devevelopment corporation. nella pagina successiva alcuni confronti tra new town: Crawley, Evry, Milton Keynes, Chandigarh e BunDang. sono messi in rapporto i piani dell’area centrale e di quella residenziale, con la loro reale realizzazione (tutti nella stessa scala).

dormitorio e che ponessero l’attore pubblico al centro di questa iniziativa priva di carattere speculativo. Tutto questo, com’è noto, ha permesso la realizzazione delle new town di Crawley, Bracknell, Hemel Hempstdad, Hatfield, Welwyn Garden City, Stevenage, Harlow, Basildon intorno a Londra e altre nel territorio del Regno Unito; fino al concepimento di Hook New Town2, che tenterà di superare tutti i limiti delle precedenti realizzazioni, per diventare un nuovo modello. Le città erano tutte basate su reticoli mai ortogonali e ciascun isolato che costituiva la città aveva come nucleo centrale una scuola elementare, che costituiva il punto di aggregazione del quartiere. L’idea dell’unità di vicinato3 era quella di creare una


isolati senza città

piccola comunità che si ritrovasse negli spazi collettivi, legati soprattutto all’educazione, alla crescita e al gioco dei bambini, collegati da percorsi pedonali distinti da quelli automobilistici. Il carattere architettonico delle abitazioni era fortemente legato all’idea di ricostruire una sorta di piccolo villaggio nel verde, con uno sviluppo verticale degli edifici particolarmente contenuto. Progettata nel 1970, Milton Keynes4 è l’ultima new town ad essere realizzata. Venne ordita una trama ortogonale di strade con un modulo di 1 chilometro per 1 chilometro, che si relazionava con una griglia molto più libera costituita da luoghi pubblici interconnessi tra loro, che variano in base alla tipografia del luogo e alla diversa aggregazione delle abitazioni negli isolati. Gli elementi naturali, come i corsi d’acqua e le depressioni del terreno, divennero l’elemento di eccezionalità urbana rispetto alla regolarità della struttura viaria. Un denso sistema reticolare centrale raccoglie funzioni terziarie e diventa cuore del sistema residenziale. Il modello della città giardino fu impiegato per la realizzazione degli isolati residenziali con aggregazioni differenti tra loro nei vari casi. L’assetto reticolare delle new town coreane presenta a prima vista una forte similitudine con Milton Keynes; la scelta di realizzare torri invece di case basse sconvolge tuttavia completamente la struttura del modello Inoltre la distanza formale delle new town coreane da quelle londinesi è altrettanto profonda oltre che per la scelta tipologica degli alloggi, anche per la struttura stessa del reticolo stradale. Se una base comune ricorre nel riferimento concettuale al modello della “neighborhood unit”5, citato più volte dal professore Ahn Kun Hyuck e spesso presente nei volumi coreani che affrontano il tema delle new town del paese, si riscontra rispetto ad esso una profonda distanza dimensionale, morfologica e soprattutto una evidente differenza per quanto concerne la densità. Nelle new town londinesi era stati ipotizzati insediamenti con 30 – 35 famiglie per ettaro; in quelle del resto del Regno Unito erano 40 - 45. Nei danji coreani un’isolato urbano quadrangolare di 300 400 metri di lato, con abitazioni in linea a torre, ospita dalle 500 alle 2000 famiglie, con una densità che va da 40 a 160 famiglie per ettaro.

115


faste[a]st cities

116

Crawley

superf. 24.47 km² abitanti 70000 densità 2860.70 ab./km² data 1947

Evry

superf. 90.00 km² abitanti 450000 densità 5000 ab./km² data 1966

Milton Keynes

superf. 88.50 km² abitanti 250000 densità 2825 ab./km² data 1970

Chandigarh

superf. 19.64 km² abitanti 150000 densità ab./km² data 1952


isolati senza città

In entrambi i casi si tende a realizzare uno spazio protetto per i bambini, ma mentre le esperienze di matrice anglosassone prevedono una struttura urbana aperta in continuità con le altre unit, il danji prevede quasi una gated community, che negli anni ha sempre più ridotto la permeabilità dei suoi spazi interni collettivi. Nell’intervista al professore Ahn Kun Hyuck, riportata al capitolo 4, progettista delle prime cinque new town della Corea, egli ha dichiarato la sua preoccupazione riguardo la continua riduzione dimensionale dei danji, che limita la possibilità di realizzare un buono standard di servizi per la collettività. I tempi impiegati per la realizzazione costituiscono un’altra profonda differenza. Se le new town inglesi raggiunsero solo dopo diversi decenni il numero di abitanti previsti dal progetto, le città coreane fin dal principio hanno dovuto garantire una risposta immediata alla domanda abitativa, completando l’intero intervento in 5 – 10 anni. Si pongono quindi complesse questioni relative alla standardizzazione, alla ripetizione e alla realizzazione dei tipi edilizi e di strutturazione degli isolati in modo da consentire cantieri edilizi di semplice gestione. La grande monotonia delle costruzioni a torre, realizzate secondo due modelli aggregativi prevalenti, in linee parallele e in corti, nega il rapporto tra alloggi e spazio esterno, che diventa solo spazio da guardare dall’alto. Anche il modello di Chandigarh6, elaborato da Le Corbusier, nonostante s’ispiri anch’esso all’unità di vicinato e utilizzi maglie ortogonali e percorsi interni pedonali di connessione tra le aree destinate a servizi, presenta uno spazio urbano minuto e molto più complesso di quello coreano. Una forte similitudine però è riscontrabile nei diagrammi che hanno ispirato la realizzazione delle unit di Chandigarh e i danji di Bundang7.

117

Bundang New Town

superf. 19.64 km² abitanti 500.000 densità 25.458 ab./km² data 1989-1996


118

faste[a]st cities

3.2 danji: verso la complessità

Sopra una immagine degli apt di BunDang, DL 2008. Nella pagina accanto foto tratte da google streetview di metropoli asiatiche. Si noti la particolare omogeneità tipologica e architettonica tra i diversi fabbricati.

APT, danji e cigu Fino alla fine della guerra civile lo skyline urbano coreano aveva generalmente un andamento basso; vi era una forte specializzazione funzionale del tessuto urbano con aree commerciali lungo i maggiori percorsi viari e aree residenziali servite da vicoli molto stretti, larghi tra 1 e 2 metri, detti golmok8. Questa struttura urbana si è consolidata nell’Ottocento soprattutto a Seoul e si basava sull’aggregazione di case a corte dette hanoak, delle quali restano poche tracce nel tessuto urbano contemporaneo tranne in piccola parte nel quartiere di GaHweDong. Dopo la guerra civile, le case a corte della parte centrale di Seoul vennero sostituite con un nuovo tipo di abitazioni, con una pianta quadrangolare di circa 50 metri quadrati, costruito da Korea Housing Corporation, nelle aree di MiAdong, SuYudong, e SanDoDong, a nord est del centro storico della città. In questo periodo l’uso del cemento divenne consueto, si cominciarono ad impermeabilizzare i muri esteri con gesso e silicone e si realizzarono i primi pavimenti con pannelli di cemento.9 Negli anni il centro di Seoul compreso tra le colline alle spalle


isolati senza cittĂ

119

beijing

guangzhou

shangai

hongkong

tokyo

bangkok

kualalumpur

singapore

seoul


120

Due immagini del centro di Seoul prese dalla Seoul tower. Sopra una immagine della down town, a nord del fiume Han. Si noti come i grattacieli si fermino ai piedi delle colline del centro, dove si trovano i due palazzi reali. A destra il tessuto a bassa densità costruito dopo la conquista giapponese. Queste abitazioni a due o tre piani sono generalmente in mattoni e vengono demolite frequentemente per essere sostituite da interventi con alta densità. DL 2008

faste[a]st cities

dei palazzi reali e il fiume Han, che scorre a sud della città antica, si è radicalmente trasformato, oggi ospita generalmente torri di uffici, alberghi, e soprattutto torri residenziali realizzate negli ultimi dieci anni. La Down Town di Seoul10 assomiglia a quella di molte delle altre città asiatiche proprio per il suo carattere di affastellamento urbano apparentemente non pianificato. A contrasto con le grandi torri direzionali si trovano molti brandelli di città otto e novecentesca che si sviluppa da un unico ai tre piani d’altezza, spesso particolarmente degradata, e che sembra attendere solo di essere sostituita con nuove torri. In realtà questi luoghi fatiscenti sono spesso ricchi di vitalità e ospitano ristoranti, servizi, ambulatori, piccoli negozi, che non avrebbero trovato spazio nei piani bassi delle torri visto il loro alto costo di affitto. Molti altri esercizi commerciali si trovano negli spazi sotterranei che collegano i piani interrati tra le diverse torri con passaggi pedonali e accessi alla metropolitana. La struttura labirintica sotterranea disorienta nella lettura della gerarchia della città. Forse è proprio questo che ha permesso lo sviluppo di grandi aree commerciali che raggiungono anche i dieci livelli, lunghe centin-


isolati senza città

aia di metri e profonde altrettanto e che ospitano migliaia di piccoli negozi che negli anni sono stati espulsi dai tessuti degradati riconvertiti. Ne sono esempi interessanti l’edificio commerciale per l’elettronica di YongSan, e Migliore, per l’abbigliamento. Ciò che oggi caratterizza maggiormente la città coreana sono però gli interventi residenziali realizzati prevalentemente con edifici alti dai 15 ai 30 piani comunemente chiamate APT o apart11. Le torri hanno, per la maggior parte dei casi, alloggi in linea con doppio affaccio, serviti da ascensori e ballatoi di accesso; dal 1990 un ascensore serve generalmente due alloggi per piano e la distribuzione a ballatoio è stata superata. Gli alloggi su torri hanno assunto negli anni una matrice che ha molto caratterizzato il paesaggio coreano per la loro grandissima diffusione e per la loro estrema somiglianza. Generalmente si tratta infatti di enormi lame non più profonde di 14 metri alte anche ottanta metri sulla cui sommità si ripete ossessivamente il ritmo delle cabine degli ascensori che sporgono per circa sei metri. Realizzati tutti con colori molto chiari, presentano verso sud una veranda chiusa da grandi vetrate, mentre sui lati corti

121


faste[a]st cities

122

WC L

I

L

L WC

CORTILE

L L

K

WC

I SOGGIORNO

K

L

SOGGIORNO

L

VERANDA

I

WC

I

WC

soggiorno veranda

cortile

L

K

L

K

L

L

L

soggiorno porticato hanno facciate cieche in calcestruzzo a vista decorato da righe verticali che danno l’idea di grandi edifici prefabbricati. Le righe erano un tempo realizzate in quanto risultava troppo complesso Sopra due planimetrie, e i relativi schemi di abitazioni, di un honouk urbano con la corte centrale e di una planimentria tipo di alloggi apt. Si noti come la corte e la zona soggiorno si siano, in un certo senso, fuse per realizzare lo spazio centrale giorno che è presente in tutti gli alloggi apt. Da questo spazio centrale si accede a tuttte le stanze senza distinzione tra zona giorno e zona notte. Nella pagina accanto due esempi di elevazioni di alloggi: hanouk e apt.

eseguire un getto continuo e complanare su una superficie così alta, oggi, rimangono negli edifici più poveri per le stesse ragioni e anche in quanto entrate nel gusto. Il tipo edilizio generalmente si ripete uguale per ogni piano ottimizzando i percorsi impiantistici degli alloggi. Gli APT coreani ricordano moltissimo altri alloggi alti in linea molto diffusi in tutte le metropoli asiatiche soprattutto nelle periferie, ma se nel resto dell’Asia si tratta di alloggi considerati “popolari” in Corea hanno invece un ottimo apprezzamento da parte della popolazione che


isolati senza città

li considera migliori degli alloggi bassi plurifamiliari. Casi molto simili di APT li troviamo in Cina, Giappone e Malesia, ma non solo. Gli edifici non a torre (gli edifici residenziali tradizionali erano ad un piano mentre gli edifici novecenteschi raggiungevano i due o tre piani) rappresentano oltre l’80% della superficie urbanizzata, aree industriali comprese, mente gli insediamenti a torre, che hanno una notevole densità, ospitano complessivamente quasi il 50% della popolazione. Gli isolati urbani, detti danji, sono spesso delle unità di intervento realizzate da una unica ditta costruttrice assegnataria del lotto. Hanno generalmente, infatti, il logo della ditta impresso vicino al numero che permette da lontano di identificarle con chiarezza e distinguerle dalle altre. Nelle new town generalmente la composizione delle torri aggregate in linea è di due tipi: a scacchiera e a file parallele con una distanza tra edificio ed edificio inizialmente pari all’altezza dei fabbricati, che però è sempre più diminuita negli anni. Costruite da una aggregazione di isolati che hanno al loro inter-

123


124

faste[a]st cities

no circa 1000 abitanti, se le new town sono di iniziativa pubblica hanno anche aree residenziali e commerciali di altezza inferiore adiacenti alle aree destinate alle torri organizzate secondo una trama di isolati molto più fitta. Una aggregazione di danji costituisce una cigu, una struttura urbana paragonabile ad un quartiere. Si utilizza questo termine comunemente per gli interventi che hanno dimensione di intervento inferiore alle new town.

Ridisegno della planimetria di Mapo ATP (1962)

tappe di una evoluzione del modello di intervento: prima fase Il quartiere di JongAm APT, costruito nel 1957, può essere considerato il primo APT; venne sviluppato dalla SanHa Reseach of Tecnology, un istituto coreano di ricerca internazionale, grazie al quale si importarono le tecnologie per l’utilizzo del cemento armato adatte allo sviluppo delle costruzioni verticali. La Housing Corporation nel novembre del 1957, tramite l’istituto coreano di ricerca internazionale, ebbe accesso a fondi americani e ai finanziamenti della Banca Commerciale coreana, con i quali si realizzarono tre isolati di condomini alti 5 piani12. La progettazione di questi primi condomini fu affidata ad un studio tedesco e a tecnici stranieri che parteciparono alla costruzione. E’ in questa occasione che apparve per la prima volta la parola Apartment House, comunemente detta APT. Il progetto non risulta significativo tanto per la sua dimensione,


isolati senza città

152 unità abitative, quanto per il carattere sperimentale13 che inserisce un nuovo tipo edilizio quale prototipo di sviluppo urbano con una dimensione degli alloggi compresa tra i 33 e i 50 metri quadrati. Il limite di questo progetto si rilevò nella pianta e nel sistema di riscaldamento a carbone, che lo differenziava ben poco dagli edifici tradizionali. Seguì un secondo quartiere di APT GaeMyong, 75 unità abitative, ma ci vollero 10 anni perché questo modello innovativo venisse accettato dalla popolazione di Seoul. La Korea Housing Corporation, società pubblica nata nel 1962, ebbe il compito di costruire gli isolati di case popolari, tra cui il quartiere di MaPo APT che inizialmente fu progettato con uno sviluppo in altezza di 10 piani, servito dagli ascensori e con un sistema di riscaldamento a cherosene e con alloggi dai 35 ai 55 metri quadrati; tuttavia i tecnici americani ritennero che il progetto fosse troppo dispendioso e non idoneo al basso livello di sviluppo del paese. Il progetto venne modificato e ridotto a 6 piani di altezza per evitare l’inserimento degli ascensori ma si mantennero le caldaie a carbone. La costruzione di MaPo APT è importante non tanto per la quantità di alloggi realizzati, 642 unità abitative, quanto perché si è attuato per la prima volta un elemento chiave dell’urbanistica coreana, che strutturerà ogni singolo intervento successivo nella città, il concetto di “isolato di APT”, che verrà in seguito chiamato danji. Nel MaPo APT il danji è isolato dal resto dell’area urbana, dove le case in linea sono

125

Ridisegno della planimetria di Hangang ATP danji (1966-1967)


126

Ridisegno della planimetria di Banpo danji 1 (1972-1973)

faste[a]st cities

disposte lungo il perimetro, mentre blocchi a forma di “Y” sono collocati verso il centro dell’area; questa scelta planimetrica col tempo sparirà per lasciare spazio solo a edifici in linea. Anche questo intervento residenziale, pur rispondendo all’emergenza abitativa, non ricevette un grande apprezzamento perché gli abitanti rifiutavano di usare il sistema riscaldamento a carbone e le dimensioni degli alloggi sembravano enfatizzare l’idea di interventi di carattere sociale. L’ HanGang APT DanJi, del 1966-1967, fu il primo tentativo di applicazione delle teorie dell’unità di vicinato, dove il danji si organizzava appunto intorno alla scuola, ai negozi e gli uffici pubblici con la presenza di strade che non attraversano il quartiere (furono infatti utilizzate per la prima volta in Corea strade a cul de sac). A YeoIDo APT DanJi, nel 1971, si realizzarono le prime costruzioni alte. L’edificio a ballatoio alto 12-13 piani diventò di li a poco il modello della costruzione di APT negli interventi privati. Nello stesso anno però il crollo di alcuni edifici del nuovo quartiere di Wawoo APT determinò ancora maggiore diffidenza per le costruzioni alte. Le ragioni del crollo furono imputabili ad appalti truccati e lavori mal eseguiti, tanto che il direttore dei lavori, il progettista, e l’impresa di costruzione vennero denunciati, ma l’effetto fu di ritardare ancora per qualche anno la stagione degli APT. Nei BanPo APT, del 1972-1973, si cercò di superare l’indifferenza gerarchica degli spazi a terra attraverso la disposizione di ne-


isolati senza città

gozi lungo le strade in modo da connettere gli spazi pubblici del danji agli spazi pubblici urbani. Il Piano Urbanistico Generale decennale, piano metropolitano di iniziativa governativa, introdotto nel 1972, conteneva alcuni programmi importanti tra cui lo sviluppo di aree funzionali specializzate nell’area metropolitana; il potenziamento delle vie di comunicazione; la limitazione dello sviluppo delle aree centrali della città e l’individuazione dell’area a sud del fiume Han quale idonea per lo sviluppo di isolati APT. Inoltre si definiva la destinazione della parte ovest dell’area metropolitana prevalentemente ad uso residenziale e la parte est per funzioni commerciali ed amministrative; si pianificava inoltre costruzione della prima linea metropolitana circolare che congiungesse l’area nord del fiume Han e l’area sud, delimitando di fatto lo sviluppo urbano allo spazio racchiuso all’interno della stessa linea. Nel 1972 venne introdotta la legge che definiva le “Misure d’urgenza sulle costruzioni residenziali” che facilitava lo sviluppo degli isolati APT e concedeva all’incirca un indice di fabbricabilità dai 2.6 ai 7.8 metri cubi su metro quadrato di area da trasformare, permettendo di raggiungere un’altezza massima di cinque piani fuori terra. Significativa fu l’esperienza del 1971, anno in cui si concluse a

127

Ridisegno della planimetria di Jamsil danji (1975-1977)


128

Ridisegno della planimetria di Seoul Hwagok danji (1977-1978)

faste[a]st cities

nord del fiume Han il quartiere di DongBuIchonDong, che rappresenta la realizzazione del modello di danji come verranno progettati in massa 10 anni dopo nella parte sud del fiume14. Questo isolato si differenzia dalle altre esperienze del tempo per la dimensione e per l’organizzazione sociale che propone, con l’intento di soddisfare residenti meno abbienti (784 unità), dipendenti pubblici (1312 unità) e stranieri che abitavano a Seoul (500 unità). La dimensione degli alloggi variava dai 66 ai 260 metri quadrati, e le case più grandi venivano chiamate Mansion (termine ancora oggi usato comunemente in Corea per indicare alloggi di minore qualità rispetto agli APT odierni), tutti gli alloggi avevano un sistema di riscaldamento alimentato a cherosene. Interessante è anche il fatto che per la prima volta si incominciano ad usare le inserzioni pubblicitarie e le Model Houses (edifici che ricostruiscono all’interno i modelli degli appartamenti che verranno realizzati) per vendere gli alloggi e superare la tradizionale diffidenza dei coreani verso questo tipo edilizio. Il quartiere vide un successo davvero inatteso che fece cambiare il giudizio verso gli APT. Nel 1974 la Korean Housing Corporation diede inizio allo sviluppo dell’area a sud del fiume Han, puntando a vendere gli APT alle classi più agiate. Gli alloggi più piccoli erano di 66 metri quadrati e i più grandi arrivavano invece ai 211 metri quadrati. Con l’inizio delle vendite si presentò una forte domanda, inaspettata,


isolati senza città

tanto che la disponibilità degli alloggi realizzati non risultò sufficiente. A seguito di questo successo il Governo introdusse il sistema di vendita ad estrazione mentre si stabilizzò la prassi di realizzare isolati da 1000 fino a 1500 alloggi. Uno dei primi casi di APT di iniziativa pubblica fu JamSil DanJi. Il Governo dopo aver acquistato 1000 ettari, demolito completamente l’esistente e spianato il terreno, diede l’incarico al Korea Housing Corpolation di costruire 5 isolati residenziali APT, quattro con impianti a carbone dell’altezza di cinque piani e l’ultimo con riscaldamento centralizzato alto 15 piani. Il progetto prevedeva 20.000 alloggi e 100.000 abitanti. L’opera di costruzione iniziò nel 1975 e venne ultimata nel 1977, e già nel primo anno erano stati ultimati 11.821 alloggi diventando così il primo danji standardizzato e modello da replicare negli interventi successivi del Korean Housing Corporation. In questo progetto gli edifici APT sono stati disposti intorno ad uno spazio pubblico che diventa una sorta di corte urbana. Per ogni danji era stata prevista la scuola elementare e negozi in modo da creare spazi abitativi autonomi con lo specifico intento di applicare fedelmente la teoria dell’unità di vicinato. Parte così una stagione nella quale il legame tra amministrazione e privati si standardizza. Le aree preparate per gli insediamenti residenziali dal Comune di Seoul o dal Korean Housing Corporation, vengono acquistate da grandi imprese di costruzi-

129

Ridisegno della planimetria di Dunchon apt danji (1982-1983)


130

Ridisegno della planimetria di Busan Mangmi jugu (1984-1986) e dell’Asian Athletes’ Villages atp (1983-1988)

faste[a]st cities

one come la Hyundai, la Samik, la HanSin, la Life, che ne traggono grandi profitti15. La Hyundai costruì tra il giugno del 1976 e il maggio del 1979 un danji di 40 blocchi APT realizzando 3000 alloggi con superfici comprese tra i 105 e i 264 metri quadrati. La tendenza da parte delle imprese di costruzione di ampliare sempre di più la superficie degli alloggi (dal momento che la speculazione immobiliare li preferisce) sarà sempre più ricorrente, mentre al contrario lo stato tenterà di far realizzare almeno delle singole quote di alloggi di piccole dimensioni per permettere anche alle classi meno abbienti di accedere all’acquisto della casa. Si viene a creare così, a sud della città storica oltre il fiume Han, un paesaggio urbano fatto edifici in linea alti, con isolati tra i 500 e gli 800 metri, e un fascio infrastrutturale possente che innerva la struttura urbana e consente ai pedoni pochi contatti, segregandoli in tunnel, sottopassaggi e sovrappassi. Il paesaggio interno invece si racchiude contro le ripetitive facciate delle abitazioni che si affacciano su spazi destinati a parcheggio, con piccole aree gioco e limiti esterni alberati. La disposizione dei corpi di fabbrica paralleli o organizzati in corti diventa uno standard. Fu un caso di particolare eccezionalità quello del Seoul Hwagok DanJi, del 1977-1978, dove il sito prescelto per l’intervento a motivo di un limitato budget a disposizione fu un’area sulle colline di Seoul, cosa rara a quel tempo. I negozi, il centro culturale, il playground e il campo da tennis sono disposti attorno alla zona residenziale. Gli anni 80 portano alla riduzione delle limitazioni in altezza e in cubatura degli edifici permettendo una maggiore densità dei danji. La densità realizzabile media passa da 4 a 5,2 metri cubi su metro quadrato per rispondere alla richiesta di alloggi e il Governo definisce il programma per i seguenti quindici anni che prevede la realizzazione di cinque milioni di alloggi mentre il modello di APT viene migliorato da una serie di concorsi nazionali. La guerra in Medio Oriente e l’aumento del costo del petrolio aveva mandato in crisi molte imprese di costruzione che ritrovarono un insperato impulso nei lavori per la preparazione dei tanto attesi giochi olimpici e dei giochi asiatici. Insieme alla costru-


isolati senza città

zione di strutture per i giochi fece la sua comparsa il fenomeno della speculazione immobiliare16. Lungo la linea metro circolare, sempre nella zona sud del fiume Han, si svilupparono le attrezzature olimpiche e si venne a creare il più importante distretto di servizi terziari di Seoul, lungo un asse urbano rettilineo parallelo al fiume. Una vera svolta verso il perfezionamento del modello coreano avvenne durante la progettazione di GwaCheon NewTown17, tra il 1980 e il 1984. Diversamente dai progetti residenziali precedenti, il piano d’uso del suolo prevedeva un vero e proprio piano viabilistico nel quale strade pedonali attraversassero l’insediamento e connettessero le diverse aree residenziali. Tutto ciò fu la dimostrazione di una nuova coscienza progettuale che spostava il proprio interesse dall’area residenziale all’area pubblica. Le strade di distribuzione vennero realizzate a “cul de sac” affinché negozi, parchi e altre strutture di servizi fossero raggiungibili in tutta libertà di movimento. Venne inoltre progettata una strada pedonale e ciclabile che collegava i danji col monte di CheonGhe che è uno dei rari esempi di connessione del sistema residenziale con il suo contesto. A conclusione di questa prima fase si devono menzionare i due casi di Busan Mang Mi, 1984-1986, dove usando la morfologia del sito di progetto venne fatto in modo di convogliare e raccogliere le acque meteoriche in un lago artificiale che serviva per la manutenzione dei giardini, e SangGhe del 1986, dove i negozi vennero organizzati in modo lineare lungo le strade così da creare una area centrale pubblica e dove per la prima volta si realizzarono edifici di 25 piani. la svolta: esperienza internazionale del villaggio olimpico Probabilmente rimarranno uniche le soluzioni distributive degli alloggi del danji dell’Asia Athlete’s Village (con 1108 alloggi) e dell’Olympic Athlete’s Village (con 5540 alloggi), destinati ad ospitare gli atleti stranieri. Entrambe le opere infatti svilupparono idee che rimasero isolate nella storia degli insediamenti coreani: nell’Asia Athlete’s Village gli edifici si modulano secondo altezze diverse che variano dagli 8 ai 18 piani, mentre nell’Olympic Athlete’s Village i blocchi edilizi seguono uno schema radiale attorno ad una piazza e ad un’area commerciale in connessione con il parco olimpico. Anche il tipo edilizio in linea viene modificato mettendo in facciata gli ascensori realizzati in vetro.18 Acquistarono in quegli anni un ruolo centrale nella trasformazi-

131


132

Ridisegno della planimetria di Olympic Athletes’ Villages atp (1986-1988)

faste[a]st cities

one e nella promozione delle nuove aree residenziali la Housing Corporation del 1962, e la Land Corporation, fondata nel 1978, che si interposero ai facili guadagli realizzati dalle imprese private di costruzione nell’acquisto dei terreni. Ma la vera svolta epocale19 nella progettazione urbana avvenne con la realizzazione delle cinque new town, che basandosi sull’esperienza fino ad allora acquisita sulla progettazione dei danji, si vollero pianificare con un carattere urbano più complesso, affidandone la progettazione sperimentale al professor Ahn, il più importante esperto presente allora in Corea. Seguirono esperienze come il Seoul BeonDong APT, nel 19891990, dove si realizzarono i primi alloggi per affitto a lunga durata (corrispondenti alle nostre case popolari). Nel progetto era inoltre prevista la possibilità di unire più alloggi per permettere al danji di potersi trasformare ed adattare nel tempo a nuove possibili domande abitative. Forse la vera svolta verso un reale uso dello spazio a terra del danji è avvenuta con il progetto di GwangJu SangMu JiGu del 1997, dove i parcheggi che occupavano in realtà la maggior


isolati senza città

parte dello spazio aperto a terra all’interno degli isolati vengono interrati e viene promossa, attraverso la sistemazione degli spazi aperti, la formazione di una comunità. Gli edifici a torre si dispongono a formare un cerchio al centro del quale si trova una piazza circolare che funge da nucleo per la comunità dei residenti. Il piano interrato degli edifici a torre, garantisce la connessione lineare fra gli spazi e una loro visione continua. Al contrario nel Seoul SinRim Jigu del 1998, al posto della piazza è stata approntata una superficie a giardino che forse sarà il modello più seguito in assoluto negli anni a venire. Il concetto di avere una superficie verde da “guardare” crea due nuove questioni: la necessità di realizzare un disegno del giardino che sia godibile soprattutto dall’alto, tralasciando in parte l’aspetto percettivo all’altezza del percorso, e la necessità che l’accesso al danji venga quindi mediato da un parcheggio interrato che possa negli anni venire migliorato. Il nuovo secolo si è aperto con una nuova coscienza dell’abitare e del contatto tra il danji e luoghi nei quali si colloca. Un progetto pionieristico in questo senso è stato quello di SangAm DanJi, che creava collegamenti con le aree verdi intorno a danji, e tentava di attuare un piano di risparmio energetico attraverso un progetto sostenibile. Inoltre promuoveva la socializzazione fra i residenti con la creazione di nuovi spazi per la vita della comunità. Il lungo percorso verso la definizione del modello di città tramite il perfezionamento progressivo dell’assetto del danji è l’elemento centrale per una corretta lettura delle vicende urbane coreane. Nuovi percorsi verranno di seguito avviati nel rinnovamento del modello, partendo dalle riqualificazioni urbane del centro di Seoul. L’alto costo dei terreni e la necessità di vendere i nuovi alloggi a prezzi molto alti pone urgentemente un problema di qualità al quale il mercato tenta di dare delle risposte.

133


134

faste[a]st cities

3.3 modelli della new town coreana

Ingresso della metropolitana di Bundang, DL 2008.

le grandi compagnie industriali e l’edilizia Una inversione di tendenza nella realizzazione dei danji di iniziativa privata avvenne nei primi anni Ottanta quando si cominciarono a ridurne le dimensioni per ottenere isolati con un numero di alloggi compresi tra 500 e un massimo di 1000 unità disposti su dieci piani; l’esempio più rappresentativo è il Samik Danji con 308 alloggi, realizzato dalla Samik Corporation, famosi produttori di pneumatici semilavorati per l’industria automobilistica, di elettrodomestici, di lastre e pannelli speciali20. Questo è stato un momento cruciale per lo sviluppo internazionale delle compagnie coreane, che dopo essere cresciute con il sostegno costante delle politiche governative aggredirono i mercati e entrarono prepotentemente nell’industria delle costruzioni. Seguirono infatti questa politica edilizia la DaeWoo, che produceva automobili ed elettrodomestici, la GyongNam, che si occupava di realizzazione di impianti industriali all’estero, oltre alla ImKwang e la SinDongA, già specializzate nell’industria delle costruzioni. Il 1977 vide l’ingresso nell’industria delle costruzione dell’allora


isolati senza città

poco nota Samsung che arriverà a produrre in pochi anni qualsiasi tipo di bene legato alla tecnologia, dalle auto agli elettrodomestici fino ad esplodere economicamente con la telefonia cellulare. La Hyundai21 iniziò ristrutturando ponti nel 1958 in Corea, ma presto si specializzò nella realizzazione di opere speciali all’estero progettando nel 1965 una autostrada in Thailandia, nel 1967 un insediamento residenziale in Vietnam e nel 1969 uno negli Stati Uniti di America, nel 1974 una autostrada in Indonesia, nel 1978 un impianto nucleare in Corea e nel 1979 un hotel in Qatar, un porto in India e delle reti elettriche nello Yemen. La Hyundai in pochi anni è diventata un colosso industriale che è arrivato a produrre il 15% delle navi porta container su scala mondiale, fino alle auto e alle opere tecnologiche. La fondazione dell’impresa costruttrice pubblica del comune di Seoul nel 1989, la Seoul Housing Corporation (SH), rappresenta un passo significativo. Il compito di questa società pubblica era di pianificare le aree residenziali nell’area metropolitana di Seoul, di costruire piccoli alloggi unifamiliari e di amministrare gli isolati APT d’affitto costruiti a metà degli anni ‘80. Se Korean Housing Corporation e Land Corporation si occupavano di opere di grande dimensioni, Seoul Housing Corporation operava per progetti di media e piccola portata. La Seoul Housing Corporation, dopo aver redatto il Programma Urbanistico di Seoul per il 2000 nel quale si prevedeva che la popolazione metropolitana arrivasse a 12 milioni di abitanti entro la fine della validità del programma, progettò di costruire le 5 new town che avrebbero dovuto assorbire ciascuna una popolazione variabile tra i 170.000 e i 390.000 abitanti. Quando il governo annunciò il piano non erano ancora state preparate le strategie di sviluppo, ad esclusione della designazione delle aree da incrementare, delle date di fine dei lavori, e del numero degli abitanti. Mancava però una solida e unitaria regia per la pianificazione. Il Ministero delle Costruzioni formò un apposito ufficio, denominato Ufficio di Sviluppo delle new town, per coordinare i vari attori e i vari interessi coinvolti nelle realizzazioni. Alla Korea Land Development Corporation fu assegnato il compito di promotore immobiliare per le tre new town

135


136

faste[a]st cities

di Bundang, Ilsan e Pyungchon; alla Korea National Housing Corporation fu affidata SanBon. Venne invece programmato che entrambe le compagnie, con la collaborazione del comune di Bucheon, realizzassero JoohgDong. Subito dopo quest’annuncio, squadre di pianificazione urbana e progettazione dell’Istituto di Ricerca per l’Abitazione Umana (KRIHS), e alcuni consulenti di ingegneria istituirono una collaborazione per decidere uno schema di sviluppo per le cinque new town e verso la fine del 1989 vennero presentate le proposte. le new town La scarsa disponibilità di alloggi a Seoul e il conseguente alto prezzo delle abitazioni rischiava di creare problemi sociali a cui si doveva porre rapidamente rimedio. La lista d’attesa delle famiglie di senza tetto che avevano fatto domanda nel 1989 nelle liste dell’Housing Subscription Time Deposit e della National Housing Predemption Subscription Deposit, contava 800.000 persone nell’area metropolitana di Seul. L’affollamento del centro e il caotico pendolarismo stavano creando un serio problema di gestione della città. La scelta di delocalizzare22 i nuovi insediamenti fu necessaria per rispondere all’alto costo dei terreni prossimi alla città e per decongestionarne il centro. Erano quindi necessari insediamenti che avessero una forte autonomia dove vivere e lavorare. Da questo momento si sviluppa l’idea che il secondo passo dovesse essere costituito dalla delocalizzazione della pubblica amministrazione governativa abbinato ad una politica di incentivazione allo spostamento delle imprese, approfittando anche del basso costo dei terreni nelle periferie. Per rendere possibile questo e costruire oltre trecentomila unità abitative in cinque anni era necessario che il governo si adoperasse direttamente quale mediatore nei conflitti d’interesse tra i vari enti. Un altro nodo da affrontare riguardava l’affidamento della costruzione delle new town; una così rapida risposta alla questione poteva arrivare solo dalla valorizzazione delle potenzialità del settore privato che aveva già dimostrato a livello internazionale le sue capacità. Le cinque new town vennero implementate da un “sistema di


isolati senza città

co-sviluppo”, caratterizzato da una chiara divisione dei ruoli tra i settori pubblici e privati. Il sistema si basò sulla “Legge di Promozione dello Sviluppo del Terreno Edificabile”, che aveva già supportato vari progetti di new town. Il sistema funzionava nel seguente modo: il promotore immobiliare preparava un piano di sviluppo, ricevendo se il progetto era fattibile, il via libera dal ministero competente; il promotore poteva così dare inizio all’acquisto del terreno su cui intervenire e se i proprietari non accettavano di vendere ai valori offerti, poteva anche procedere all’esproprio. Dopo aver parcellizzato l’area d’intervento poteva vendere i diversi lotti alle imprese di costruzione che procedevano con l’edificazione non appena si fossero completate le opere pubbliche e viabilistiche previste dal piano. Per garantire la liquidità delle operazioni di acquisto dei terreni venne attivato un sistema di prevendita che si resse sul fatto che i promotori privati pagavano in anticipo per i siti prescelti sulla base di un piano di trasformazione molto chiaro e definito. In questa maniera i progetti vennero attuati senza finanziamenti pubblici. Allo scopo di accelerare l’offerta immobiliare fu fondato l’Housing Redemption Bond System che permise ai promotori privati di emettere dei titoli finanziari che consentissero l’acquisizione degli appartamenti. Il funzionamento del meccanismo, nonostante il basso interesse dei titoli, fu garantito dai prezzi calmierati per i risparmiatori che aderirono al fondo ma al contempo fu assicurato comunque un guadagno finanziario ai proprietari dei titoli. La preoccupazione principale dei promotori privati nel progetto dei danji fu di minimizzare i costi; venne così studiato un meccanismo urbano che garantisse qualità e basso costo. La politica di delocalizzazione degli interventi residenziali della città di Seoul ridusse indubbiamente le attività edilizie nel centro ( escluse quelle inerenti alla realizzazione di infrastrutture, uffici e attività commerciali ) che si spostarono nelle new town provocando un sensibile aumento del costo dei materiali da costruzione. Contemporaneamente in mercato immobiliare cominciò a godere di una maggiore stabilità e si andò delineando con più chiarezza uno standardizzarsi dei tipi edilizi e delle modalità di acquisizione e compravendita degli immobili. Gli interventi delle prime cinque new town rimangono una svolta

137


138

faste[a]st cities

epocale per la storia urbana coreana anche nelle modalità di intervento: vennero scelte delle aree poco costose, essenzialmente agricole, distanti dai 20 ai 40 chilometri dal centro della città, ben connesse con le reti infrastrutturali e concepite con dei master plan dalle caratteristiche strutturali molto simili, che prevedevano APT alti fino a 20 piani. I cinque nuovi centri furono realizzati tutti dal professor Ahn Kun Hyuck, progettista che aveva compiuto parte dei suoi studi all’Università di Harvard e che faceva parte della più importante Università della Corea. Ricevuto l’incarico ministeriale di progettare le cinque città satellite di Seoul, dopo un viaggio in Europa in visita alle new town inglesi e alle Ville Nouvelle francesi, dovette definire le modalità aggregative dei primi interventi urbanistici complessi partendo dall’ormai consolidata esperienza dei complessi residenziali a torre. Il programma governativo era già definito: la densità, le superfici, il numero di abitanti da insediare e anche il modello di rappresentazione da utilizzarsi. Si poteva ancora definire la distribuzione e l’organizzazione delle new town, ossia mancava la definizione di uno schema funzionale con il disegno accurato degli assi viari e delle fermate metropolitane. Il governo coreano annunciò il Piano di Sviluppo New Town il 27 aprile 1989. Due new town erano state concepite per essere costruite in cinque anni: una, BunDang, per 420.000 persone, posizionata a sud di KangHam, e l’altra, Ilsan, per 360.000 persone, a nordovest di KangBuk. Dopo un mese altre tre new town, PyungChon, SanBon e JoongDong furono incluse nel piano. Visto il calcolo della densità abitativa effettuato dalle autorità ministeriali non si poteva arrivare a produrre altra tipologia che quella a torre, entrata ormai nella consuetudine costruttiva e in grado di assicurare l’ efficienza e l’economia degli interventi. Risultò inevitabile quindi che lo spazio per la socializzazione a terra rimanesse particolarmente esiguo, considerato che per ospitare il numero di auto previsto fu necessario occupare la quasi totalità degli spazi aperti con parcheggi. Gli isolati si trasformarono in vaste aree attraversate soltanto da strade di accesso alle abitazioni, formalizzando il danji.


isolati senza città

In ciascun danji il master plan trovò la collocazione per servizi come le scuole per l’infanzia e le primarie, i giardini per il gioco dei bambini, un nucleo multifunzionale con piccoli spazi commerciali di generi di prima necessità, uno spazio di culto aconfessionale, alcune sale civiche. Le strutture del danji, accostate le une alle altre, mettevano in connessione percorsi pedonali in sicurezza che conducevano dalle aree residenziali attraverso aree scolastiche, aree commerciali di quartiere, playground per bambini, spazi multifunzionali fino ad alle aree commerciali e direzionali maggiori e spesso alle fermate della metropolitana. La modalità di aggregare in linea dai due ai quattro danji per formare una spina pedonale interna che conducesse alla parte più pubblica fu introdotta omogeneamente in tutti i progetti di new town. Meno organico fu invece l’inserimento delle aree abitative basse che vennero localizzate senza una regola precisa sui margini degli insediamenti. A BunDang vennero generalmente localizzate nelle aree periferiche all’insediamento o in alcuni punti d’intersezione, comunque prossimi ad aree verdi. A Ilsan si trovano in tre punti centrali all’insediamento comunicanti con la spina principale e con le aree verdi. Nel caso della New Town di Joongdong la spina commerciale rimane molto presente e le aree residenziali con minori altezze sono collocate nei margini, in prossimità di aree con la stessa morfologia. Le aree verdi di carattere cittadino sono collocate tra gruppi di danji e dove lo schema morfologico tende a cambiare direzione. Gli schemi viabilistici, nella quasi totalità dei casi, realizzano una maglia reticolare ortogonale, ben connessa con le reti esterne e particolarmente chiara nelle regole. Ne deriva una città razionale nell’impostazione generale e non prevedibile, come ci si immaginerebbe, soprattutto quando gli elementi naturali del sito diventano eccezioni di progetto. Probabilmente anche il tempo ha molto aiutato a sedimentare, modellare e adattare alcune asperità progettuali, in un processo di adattamento della città che è da sempre positivo. In particolar modo le aree pubbliche cittadine maggiormente vissute dalla gente risultano di grande qualità e immediatamente

139


140

faste[a]st cities

connesse con le aree commerciali. Rimane il problema che nelle prime cinque new town non fu messa in atto alcuna idea di area pedonale e gli spazi commerciali spesso si sviluppano lungo strade intensamente trafficate. Il reticolo stradale sembra l’elemento dominante del progetto, a scapito della varietà dello spazio pubblico; probabilmente questo avvenne forse proprio in virtù delle esperienze di congestione in cui si trovava a vivere Seoul. È interessante notare come i margini dei danji a contatto con la viabilità di scorrimento mostrino uno spazio alberato di dimensioni particolarmente significative, aumentando la qualità di queste strade che raggiungono anche le dieci corsie.

Masterplan di Ilsan e di Joogdong, del Korea Research Institute.

ilsan Situata a 20 km nordovest di Seoul downtown, fu concepita come una new town in una zona periferica agricola. Circa il 40% degli abitanti erano contadini in affitto, e il 60% dei 1.573 ettari dell’area designata nel progetto erano impiegati per agricoltura. Nonostante Ilsan sia abbastanza vicina alla vecchia CBD di Seoul, e a Incheon, la prossimità con il confine della Corea del


isolati senza città

Nord ne ha frenato lo sviluppo. La scelta del sito è stata determinata dalla volontà di creare un avamposto per una distensione in atto e per una possibile futura riunificazione dei due paesi. Ilsan fu concepita con una rete stradale semplice; tre arterie primarie che scorrono parallele da sud-est a sud-ovest, e tre strade di accesso che la collegano all’autostrada lungo il fiume Han. La metropolitana fu collocata sotto l’arteria centrale realizzando cinque stazioni e altrettanti centri commerciali corrispondenti. Il monte Jeongbal, al centro dell’insediamento divide in due la new town ed è diventato il punto di riferimento della città oltre al luogo in cui vennero realizzate le aree verdi. Fu progettato un’asse verde che scende dal monte verso sudovest e, attraverso il centro dell’area direzionale, giunge fino all’altra zona verde al limite sudovest della città. Al centro di quest’ultima venne realizzato un lago artificiale da utilizzarsi come bacino per il controllo di eventuali inondazioni del fiume Han, otre che come area ricreativa. Furono costruite 69.000 unità abitative, l’82% delle quali è costituito da APT con una superficie media di 90 metri quadrati. Il 20% degli APT, con una dimensioni che varia tra i 30 e i 60 metri quadrati, venne data in affitto. Le unità con una dimensione superiore allo standard medio per le classi con un reddito medio alto rappresentavano il 28% del totale. joongdong Situata al centro della fascia industriale di Seoul-Incheon, venne realizzata in una area particolarmente popolosa cresciuta in modo tumultuoso e quindi con i peggiori servizi urbani dell’area metropolitana. Il progetto di Joongdong non fu concepito solo per rispondere alla domanda abitativa ma anche per migliorare la dotazione dei servizi della zona. Dei 544 ettari dell’area designata del progetto ben 88% erano in origine destinati a territorio agricolo. Per la maggior parte pianeggiante, la zona era soggetta ad inondazioni occasionali di corsi d’acqua particolarmente inquinati. La linea ferroviaria Seoul-Incheon che fa parte della parte estesa della rete metropolitana, attraversava la punta sud dell’area in direzione est-ovest mentre la punta nord era servita dalla linea

141


142

faste[a]st cities

express Seoul-Incheon sempre in direzione est-ovest. Queste due linee di connessione tra Seoul e Incheon erano state la ragione della forte crescita demografica dell’area. La rete stradale di Joongdong forma una griglia ortogonale connessa a quella della vecchia città. La strada principale attraversa il centro nella parte sud, in direzione ovest-sud. La zona direzionale e commerciale, era destinata a rappresentare il nuovo centro, sia per la vecchia che per la nuova città. Non avendo particolari elementi naturali da valorizzare e su cui contare, venne progettato un grande parco nel cuore della città. Furono programmate 43.500 unità abitative, l’80% del totale realizzate sotto forma di APT, il 30% delle quali destinate all’affitto, con una superficie compresa tra i 30 e i 60 metri quadrati.

Masterplan di Pyungchon e Sanbon, del Korea Research Institute

pyungchon A 20 km a sud di Seoul venne ridefinita la città di Amyang, con oltre mezzo milione di persone. Alla stessa maniera di JoongDong, Anyang era stata una delle città con maggiore crescita nella nazione e al contempo, una di quelle con i peggiori servizi


isolati senza città

urbani. L’area individuata dal piano della new town era usata prevalentemente per attività agricole e coltivata a riso. Anche in questo caso la scelta ricadde su un’area che avesse un costo di acquisto modesto dal momento che, essendo una delle aree altimetricamente più basse della zona, era soggetta a frequenti inondazioni occasionali. Questa zona si trovava inoltre tra due aree industriali (a est e a ovest), e a sud di un’area residenziale ad alta densità. La rete stradale prende spunto dalla rete stradale circostante tentando di armonizzarsi ad essa. L’insediamento si sviluppa attraverso due assi viari perpendicolari tra loro: uno scorre al di sopra della linea metropolitana nel centro da ovest a est e permette la connessione con la vecchia città di Anyang; l’altro invece va da sud a nord sempre nel centro della città. La zona direzionale e commerciale è servita alle estremità da due stazioni metropolitane che possono così essere raggiunte anche dalla vecchia città. Posizionando il parco e una piazza nel punto d’incrocio tra le due arterie si è tentato di fornire una qualità allo spazio pubblico. La connessione tra Il parco centrale, una bassa collina sul lato meridionale, e un piccolo fiume su quello settentrionale, costituisce l’asse pedonale principale; questo percorso consente anche l’accesso dall’asse urbano alle scuole, ai negozi e ad altri parchi meno estesi. Gli alloggi previsti erano 42.500, dei quali la maggior parte ospitati in blocchi di APT; il 42% delle unità sono riservati all’affitto. Le unità con una superficie per famiglie con un reddito medio alto rappresentano il 19% del totale. sanbon Situata a 25 km a sud di Seoul, l’area di Gunpo, cresciuta velocemente, conservava ancora il carattere rurale per una quota del 43% dell’intera area di progetto, 419 ettari. Quasi la metà della zona era classificata come forestale mentre solo il 4% dell’area era occupato da piccoli villaggi. Le colline si sviluppavano tutt’intorno all’area di progetto in pianura. Le connessioni stradali con la città erano ancora scarse e la trama viaria esistente è stata in parte riconnessa col nuovo progetto urbano. L’insediamento è strutturato lungo una strada principale che

143


144

PYUNGCHON

ILSAN

faste[a]st cities


isolati senza città

145

JOONGDONG

BUNDANG


146

Nelle pagine precendenti schematizzazione delle planimetrie di pyungchon, Ilsan, Joongdond e Bundang, e a lato elaborazione del diagramma aggregativo dei danji (quadrati grigi vuoti, con pallino rosso ad indicare le scuole), le aree a bassa densità (con quadrettato pieno in grigio chiaro), delle aree commerciali e direzionali (in grigio scuro), aree verdi e parchi (in ocra), sono rappresentati gli assi principali di connessione dei sistemi urbani e i corsi d’acqua.

faste[a]st cities

connette la parte sud della new town e la parte nord della vecchia città, lungo la linea della metropolitana; esiste poi un secondo asse viario di connessione tra la parte nord della new town e la parte sud della vecchia città. La stazione metropolitana è stata costruita dove le due arterie si uniscono ed ha il ruolo fondamentale di legare la vecchia città e la new town, e per questo sono state collocate qui le aree pubbliche, i servizi e le zone commerciali. La circonvallazione ebbe anche il compito di connettere fra di loro le zone residenziali lungo le colline. L’idea chiave nel disegno degli spazi verdi della città è di collegare le zone verdi delle montagne a quelle della città. Le zone residenziali furono posizionate in modo che questa connessione, attraverso una sequenza di piccoli parchi, arrivasse fino alla collina che insiste nel centro del nuovo insediamento e che, integrata con l’area direzionale e commerciale, rappresenta il cuore del sistema pubblico della città. Delle 42.500 unità abitative la maggior parte venne realizzata secondo la tipologia degli APT. In questo intervento il 34% del totale, una quota decisamente cospicua, venne destinata ad al-


isolati senza città

147

loggi in affitto. bundang A 25 km a sud-est del centro di Seoul, si trovava un piccolo villaggio agricolo della zona suburbana. Due terzi dei 12 mila residenti erano contadini o operai e il 70% dei 1894 ettari dell’area era occupato da risaie e serre per la floricoltura e la coltivazione degli ortaggi. Tra tutte le new town BunDang era quella con la migliore connessione viaria con Seoul, attraverso la direttrice autostradale Seoul-Pusan. L’insediamento venne collocato lungo una valle circondata da colline e attraversata da un corso d’acqua, il Tancheon. La struttura viaria è organizzata secondo un asse principale rettilineo e cinque circolari che definiscono l’organizzazione delle aree residenziali. La strada principale è costituita da due arterie primarie che corrono parallele da nord a sud lungo il fiume Tancheon. La new town è collegata a Seul attraverso cinque stazioni della metropolitana ospitate in altrettanti centri commerciali. Una spina verde scende dalle colline intorno all’insediamento

Schematizzazioni del progetto di Bundang: spazi aperti, rete dei percorsi pedonali, densità (100% rappresenta secondo il sistema coreano un piano di 2,60mt su tutto il lotto), rete viaria, ultimo, ma più interessane, lo schema applicativo del modello di neighborhood. Tratte dalle schede di piano della Korea Land Development Corporation.


148

faste[a]st cities


isolati senza città

149

per raggiungere attraverso i danji il fiume e crea attorno a questo nodo il cuore cittadino dove sono stati collocati il municipio, le strutture culturali e la piazza centrale. La piazza rappresenta il cuore della città, essendo connessa da nord con un viale pedonale alla seconda e alla terza stazione della metropolitana. I viali pedonali, che collegano scuole, negozi e piccoli parchi nelle aree residenziali sono collegati alla parte principale dell’insediamento. Gli alloggi previsti furono 97.500 unità e quasi il 90% di questi realizzate come APT. La dimensione media delle abitazioni fu fissata attorno ai 100 metri quadrati. La quota degli alloggi con una superficie dai 30 ai 60 metri quadrati destinati all’affitto

Masterplan di BunDang (con la traduzione della legenda) e quadro di riferimento per leggere il confronto tra il progetto del masterpplan e la reale realizzazione dell’isediamento, mappa satellitare tratta da google maps


150

faste[a]st cities


isolati senza città

all’interno delle torri venne fissata al 17%. Gli alloggi con una superficie minore di 85 metri quadrati, il 39% del totale, ricevettero il sussidio governativo come previsto dalla legge. Le abitazioni che superano la dimensione standard, per famiglie con un reddito medio alto, superano la soglia del 44%. Il processo che ha portato alla realizzazione di BunDang e sintetizzabile cronologicamente come segue: 04.1989 Annuncio del Piano di Sviluppo delle new town di Bundang e di Ilsan; 05.1989 Designazione dell’area per la costruzione di alloggi residenziali; 07.1989 Conferenza tra i Ministri; 07.1989 Inchiesta pubblica per lo schema di sviluppo proposto; 07.1989 Redazione del Piano di Sviluppo; 08.1989 Dichiarazione ufficiale del Piano di Sviluppo; 11.1989 Inizio lavori di prima fase; 11.1989 Inizio della vendita degli APT nel Model Site; 12.1989 Inizio lavori progetto urbano; 07.1990 Inizio lavori della seconda fase; 10.1990 Inizio lavori della terza fase; 09.1990 Inizio lavori della quarta fase; 09.1990 Primi traslochi negli APT della Model Site; 11.1991 Inizio lavori della quinta fase; 12.1991 Inizio lavori della sesta fase; 06.1993 Fine lavori della prima fase;

151

Vie del centro di BunDang. DL 2008. Si noti la vitalità e la rielaborazione di parti di spazio pubblico e delle facciate delle aree commerciali. Gli alberi intorno ai danji sono una significativa presenza per la definizione delle strade si scorrimento.


152

Elaborazioni delle planimetrie di un dangji a sud di BunDang. Si noti come sia diviso in due da un asse pedonale (in tratteggio azzurro) che connette la parte est dell’insediamento con le aree commerciali (disegno in basso). In alto area a nord del percorso pedonale di attraversamento del danji. in azzurro i percorsi pedonali.

faste[a]st cities


isolati senza città

Nel 1996, il quartiere è stato completato. E’ evidente che un processo così rapido assicura: il ritorno degli investimenti delle imprese di costruzione in tempi rapidi e una risposta efficace alla richiesta di abitazioni, ma, al tempo stesso, provoca un difficile start up simultaneo di una città intera e l’insediamento di una popolazione che ha medesime caratteristiche di età, condizione e necessità. La qualità della parte pubblica della città, nelle vie principali di comunicazione e nei percorsi di connessione, è particolarmente evidente oggi, visto il sedimentarsi di oltre venti anni di aggiustamenti, seppur minimi, e la presa di possesso della popolazione. I danji dell’area presentano uno spazio interno tra le torri di APT che è completamente riempito dalle automobili, tranne che per lo spazio per il gioco dei bambini e per il margine esterno che lo separa dalle strade circostanti. I percorsi pedonali di attraversamento sono costituiti da grandi marciapiedi rivestiti di mattonelle in calcestruzzo, mentre lo spazio centrale è in asfalto. Il nodo collettivo con scuola, spazio civico, piccolo polo commerciale di quartiere e chiesa si trovano ai margini del danji. Per assi-

153

Immagine dello spazio aperto del dangji analizzato, DL 2008.


faste[a]st cities

154

curare privacy ai piani rialzati delle torri, nelle quali si trova uno spazio per il gioco dei bambini, o delle sale ad uso collettivo, sono presenti alberi ed arbusti posti immediatamente davanti alle verande. Bundang oggi è considerata la migliore new town realizzata, in quanto il mix abitativo, la grande quantità di aree servizi e commerciali, un ottimo collegamento rapido con Seoul tramite le stazioni della metropolitana, hanno fatto lievitare incredibilNucleo di servizi di quartiere; nell’edificio si noti che insieme alle attività commerciali, ad alcuni servizi, spinta sulla sommità del fabbricato la chiesa interconfessionale che è al terzo piano. DL 2008.

mente i prezzi degli APT che sono tra i più alti, nonostante gli edifici comincino a richiedere opere di manutenzione e adattamento. la seconda generazione


isolati senza città

155

DongThang 1, a venti chilometri a sud di Bundang, progettata anch’essa dal professor Ahn, presenta un nuovo modello aggregativo di danji, anche se i principi sono rimasti invariati. Realizzata dal 2001 al 2008, Dongthang 1 New Town è costituita da 41.000 alloggi, e si insedia su una superficie di oltre 9 chilometri quadrati. Costituisce soltanto la prima fase di un progetto molto più ambizioso che intende concludersi entro il 2015, con altri 113 alloggi distribuiti su una superficie di 24 chilometri quadrati a est del primo intervento. La struttura reticolare stradale ortogonale tradizionale degli altri interventi è stata deformata in un sistema radiale che ha per centro una piccola collina; attorno sono stati localizzati gli edifici

Alcune immagini di interazione sociale all’interno del danji in esame. DL 2008.


156

faste[a]st cities


isolati senza città

direzionali, commerciali e i servizi della città. Contrariamente al solito, è stato inserito un asse verde di connessione pedonale che da ovest conduce allo spazio verde della collina che si trova a est. Questa spina centrale in realtà crea un importantissimo elemento di connessione radiale con il resto della città posto ad una quota di 6 metri sotto il livello della circolazione automobilistica. Al suo interno si incontrano spazi verdi, spazi pavimentati, percorsi, accessi ad alcuni servizi collettivi, ingressi a parcheggi e ad alcune torri. La continuità che non viene spezzata dalle grandi arterie automobilistiche risulta un efficace metodo per creare una forte centralità; allo stesso modo il mix funzionale rende interessante lo spazio e lo migliorerebbe ancora di più se vi fossero un maggior numero di aree commerciali, concentrate invece in fondo all’asse urbano. La retorica del monumentalismo talvolta prevale nel linguaggio architettonico, rispetto a più sobrie soluzioni formali, mentre i danji rispetto al modello di Bundang si semplificano, forse troppo. Anche se il parcheggio risulta del tutto mascherato e al suo posto riempie lo spazio centrale un grande giardino di quar-

157

Nella pagina accanto lo schema del verde e quello della mobilità del piano di Dongthan1, sotto i progetti classificatisi primo e secondo nel concorso per la progettazione del centro della città. Sopra la schematizzazione della struttura urbana della città e a lato la trasformazione in modello aggregativo.


158

faste[a]st cities


isolati senza cittĂ

159

Masterplan di Dongthang (con la traduzione della legenda) e quadro di riferimento per leggere il confronto tra il progetto del masterplan e la reale realizzazione dell’isediamento, mappa satellitare tratta da google maps. Sotto il piano di Dongthang 2.


160

faste[a]st cities


isolati senza città

tiere, questa separazione totale dei flussi auto-parcheggio-ascensore-casa, e casa-ascensore-giardino-città rende lo spazio verde poco fruito e lo spazio dei danji quasi appartenente ad una comunità chiusa. Il progetto architettonico delle facciate degli edifici a distanza di poco più di un decennio è migliorato, com’è migliorato il disegno delle sezioni stradali che presentano maggiore cura nello strutturare le connessioni. Per la prima volta, Korean Land Corporation dopo aver redatto il master plan, ha bandito un concorso nazionale per il disegno urbano di dettaglio della spina pedonale principale della città e delle aree residenziali adiacenti. Nonostante i partecipanti fossero moltissimi, nessun progetto si è distaccato dal modello delle torri, e quindi dal modello dei danji. Purtroppo la maggior parte dei progetti erano focalizzati a proporre uno spazio ricco di oggetti fantasiosi e che avesse l’obiettivo di stupire; il vincitore è stato quello dello studio del professor Ahn che così ha potuto portare ad un più avanzato stadio di dettaglio il progetto di master plan.

161

A sinistra immagini delllo spazio stradale e dei percorsi pubblici, sopra una immagine del percorso centrale di Dongthang. Si noti la grande sezione dello spazio pubblico che viene di volta riempito con giardini, spazi aperti, grandi sculture, sistemi di pensiline, superfici d’acqua. DL 2010.


162

Elaborazioni delle planimetrie di un dangji nel quadrente nord ovest di Dongthang 1. Si noti cone il danji sia diviso in due da un asse pedonale (in tratteggio azzurro) che connette la parte ovest dell’insediamento con le aree commerciali a est (disegno in basso). In alto a sud del percorso pedonale che attraversa i danji, si può notare l’area verde che ricopre tutto il parcheggio interrato dal quale si accede direttamente dalla strada a sud dell’isolato.

faste[a]st cities


isolati senza città

163

densificazione non pianificata: quartieri parassiti Moltissimi degli interventi di new town sono stati localizzati lungo l’asse che dal sud del paese conduce a Seoul. Tra Bundang, Donthang e Guanggyo, in pochi anni il territorio circostante ha visto la nascita di numerosi nuovi insediamenti che hanno immediatamente riempito le aree disponibili creando a conti fatti un polo urbano molto più grande di quello che doveva risultare dal progetto delle tre new town. Questa grande agglomerazione ha permesso a Bundang di utilizzare un maggior numero di spazi commerciali voluti dai proprietari, ha però anche fatto nascere una città disordinata, priva di un controllo degli standard e senza un adeguato disegno d’insieme. Questo processo di iperurbanizzazione dell’asse nord sud crea oggi un nodo invalicabile nella crisi del sistema dei trasporti, un vero e proprio collo di bottiglia, e rimarrà tale fino a quando non verranno realizzate le nuove connessioni anulari alla città. esportazione del modello?

Spazio a terra a verde del danji, DL 2010.


164

faste[a]st cities


isolati senza città

165

Molti sono i tentativi da parte dei grandi studi di architettura e urbanistica diretti all’esportazione di tecniche di planning ormai affinate negli anni e rivolte a paesi con una forte crescita economica, che, come la Corea trent’anni fa, devono affrontare una cospicua richiesta di alloggi nelle aree metropolitane. Le numerose esperienze progettuali in Corea dello studio del professor Ahn e di un altro importante studio come Tomoon, hanno portato alla realizzazione di alcune opere in Azerbaijan, in Vietnam, o nei paesi africani, come il quartiere realizzato a sud ovest di Asmara nel 1996, il Sembel Residentional Complex, che è stato uno dei più grandi complessi residenziali africani, capace di ospitare oltre 1250 famiglie. Il quartiere fu re-

Nella pagina a sinistra edifici apt dell’area analizzata, che mostrano verso la strada un dislivello costruito che ne limita l’accesso. DL 2010. Con sotto l’appartamento tipo e uno schema tridimensionale ricavato dal sito di vendita degli alloggi. Sopra alcune immagini dell’area che illustrano la minore vitalità dello spazio a terra del danji. DL 2010.


166

faste[a]st cities

ANALISI DEL SISTEMA INSEDIATIVO TRA DUE NEW TOWN

new town urbanizzato alta densità

BUNDANG NEW TOWN

GWANGGYO NEW TOWN


isolati senza città

alizzato dalla Keangnam Enterprises, e comprende negozi, un ospedale, un asilo, delle scuole elementari e ginnasiali, delle attrezzature sportive, alcuni uffici, un teatro e la piazza. Entrambi gli studi riferiscono di molti progetti e molte richieste da parte di stati esteri. Spesso però la richiesta non è solo rivolta all’esportazione di modelli o di tecniche per realizzare le new town in tempi rapidi; la maggior parte delle volte viene anche richiesto di finanziarle. Il problema delle garanzie rispetto al ritorno dell’investimento fa saltare quasi tutte le operazioni, almeno per il momento. Lo stesso vale anche per la Cina, che inoltre sembra ancora guardare con sospetto alla collaborazione troppo stretta con i coreani.

167

Nella pagina a sinistra ridisegno del sistema insediativo tra le due new town di Bundang e Gwnggyo. si noti come i quartieri apt a torre (rappresentati in marrone scuro) siano stati realizzati tutt’intorno alle due new town. Sopra due immagini del progetto coreano per un quartiere ad A smara (immagini tratte dal sito del progetto di semble residential complex e da google maps)


168

faste[a]st cities


isolati senza città

169

LOCALIZZAZIONE DEI PROGETTI DI NEW TOWN IN ASIA DI AHN KUN HYUCH


170

faste[a]st cities

3.4 densificazione e riqualificazione del centro

Immagine della down town dalla Seoul city tower, DL 2006.

processo di riqualificazione urbana Il Programma di Riqualificazione dei Centri Urbani è stato una prerogativa del Governo centrale, per far in modo che i residenti delle case abusive potessero avere il diritto di prelazione sui terreni da loro occupati. Dopo aver acquistato il diritto sui terreni, i residenti ricevevano il bando per l’opera di riqualificazione, e quindi si potevano accordare coi costruttori mettendo a disposizione una parte dei fondi necessari per l’inizio dell’opera. Dopo l’inizio della costruzione, i residenti acquistavano il diritto sugli alloggi ancora in costruzione, e una volta ultimati i lavori, ne entravano in possesso23. Queste abitazioni avevano un valore molto alto, superiore alla somma di tutti i costi, dei terreni, della realizzazione e delle spese delle infrastrutture urbane. E’ interessante notare come le imprese di costruzione, per massimizzare il profitto, abbiano costruito edifici alti, e poiché l’operazione immobiliare produceva profitto a tutti i partecipanti, era facile ottenere l’approvazione del consorzio dei proprietari per lo sviluppo dell’opera. Quello che invece avveniva dopo la riqualificazione era che al


isolati senza città

posto dei vecchi residenti poveri si insediavano nuovi abitanti della classe media della società spingendo la classe dei meno abbienti sempre più verso la periferia. Questo sistema di riqualificazione urbana ha funzionato fino alla fine degli anni 80. Ma dopo i giochi olimpici, per la scarsità dei nuovi terreni nell’area metropolitana gli interventi di costruzione degli APT si spostarono verso la prima periferia di Seoul, anche se in parte continuarono le operazioni di riqualificazione sparse nell’area metropolitana. Uno degli esempi rappresentativi è l’opera di riqualificazione a DongJackGu SaDandong, dove si vide la partecipazione di 5 consorzi di proprietari e 3 imprese costruttrici (Useong, SinDongA, GekDong). Furono costruiti 5000 alloggi su un area di 10 ettari, la “SaDang NewTown”. Nel 1983 viene introdotta una nuova tipologia di sviluppo urbano, il Programma di Riqualificazione Coordinato che proseguì nel percorso di riqualificazione con regole che riservavano meno tutele agli abitanti. Un interessante esempio è il caso di SinGongDeokDong. Nell’area c’erano 15 case Hanoack e un quartiere slum formatosi subito dopo la guerra civile con un labirintico reticolo stradale. Il consorzio riunito nel 1992, insieme a SamSung Corporation, pianificò la costruzione di 11 blocchi di APT, alti tra 21-23 piani per un totale di 1210 alloggi. Nel 1995 fu dato il permesso per demolire il quartiere e nel 1996 ai residenti venne concesso un fondo per il trasloco; nel 1997 ebbero inizio i lavori che furono completati nel 1999. Ma oltre che a riqualificare le aree centrali ancora afflitte da una situazione di degrado diffuso, di fatto aprirono una stagione di filtering down che non si è mai conclusa. new town in town La fase successiva della riqualificazione del centro della capitale24 passa attraverso il progetto denominato new town in town. Il termine non è esattamente la traduzione del nome coreano che le chiamerebbe solo new town. In realtà si tratta di interventi molto più piccoli (un sistema di isolati: jigu) e il nome delle operazioni immobiliari è solo dovuto al fatto che comunemente i coreani pensano che nelle new town si facciano buoni investi-

171


172

faste[a]st cities

menti immobiliari. Il programma si propone come nuovo metodo per la riqualificazione delle aree urbane, con attore principale il pubblico e non i privati. Si tratta di un’opera di carattere urbanistico dove vengono in primo luogo ridimensionate le infrastrutture urbane in base alle moderne necessità e soprattutto in base al nuovo carico abitativo dell’area. Il programma insiste nel puntare alla costituzione di una reale comunità dove possano convivere diverse classi sociali e fasce d’età, e alla creazione di spazi abitativi di qualità con l’obiettivo di “armonizzare le diverse parti della intera città”.

Localizzazione e masterplan delle new town in town della prima fase delle politiche di ristrutturazione urbana: 2002-2012. Nelle pagine successive la localizzazione delle ristrutturazioni urbane della seconda fase: 2003-2019.

New town (in town) ha come obiettivo il superamento di alcuni limiti negli interventi privati di trasformazione urbana: la realizzazione di ambiti troppo piccoli di riqualificazione; il generale peggioramento della connessioni viabilistiche fra le aree dopo l’intervento; l’appesantimento del carico sui servizi e sulle infrastrutture esistenti vicine; una eccessiva omogeneità funzionale essenzialmente residenziale. Aumentando le aree coinvolte si riesce a controllare meglio la qualità degli spazi tra gli APT e vi possono essere investimenti maggiori per l’intervento pubblico nelle opere. Inoltre il programma tenta di dare una risposta progettuale al problema della grande differenza della qualità urbana nell’area metropolitana di Seoul. Eliminare il divario fra la qualità abita-


isolati senza città

RISTRUTTURAZIONE URBANA DI SEOUL 1° FASE

173

2002-2012


174

faste[a]st cities


isolati senza città

RISTRUTTURAZIONE URBANA DI SEOUL 2° FASE

175

2003-2019


176

faste[a]st cities

tiva delle aree è un chiaro obiettivo di coesione sociale, se non accadesse che troppo spesso i poveri che risiedono nell’area oggetto dell’intervento sono costretti a lasciare il quartiere per l’elevato costo di gestione dei nuovi danji. Il degrado che si riscontava nella parte nord del fiume Han ha causato l’aumento della domanda degli alloggi della parte sud del fiume Han. La creazione degli spazi abitativi di qualità, tramite l’opera di new town (in town), vorrebbe diminuire questo divario esistente fra le diverse aree. Una precisazione è però necessaria, in quanto a sud del fiume Han si sono trasferite molti delle classi più ricche creando un filtering up che ha provocato la concentrazione di servizi di qualità quale la rete delle scuole. Questo divario con il resto dell’area metropolitana spinge moltissime famiglie di Seoul a tentare di mandare i propri figli a scuola in quell’area. Il programma ha contribuito alla creazione di nuovi posti di lavoro e migliorare l’economia del paese vista la portata dell’intervento. Per i 25 interventi previsti, saranno investiti 25.473.000.000.000 di won (circa 17 miliardi di euro) e saranno assunte 650.000 persone. Si calcola che il profitto derivante dall’incremento del valore immobiliare sarà di 21.470.000.000.000 di won (14 miliardi di euro). L’obbiettivo del programma che viene puntualizzato con particolare insistenza è che si opera su aree degradate, costruite senza un programma di sviluppo, dichiarando implicitamente che la qualità derivi necessariamente solo dalla programmazione di interventi tra loro coerenti, ossia gli APT. Sono previsti in genere mix funzionali con la presenza di residenze, servizi e scuole, uffici, parchi e aree commerciali sia in centro che nelle aree più periferiche della città in modo da creare nuove centralità. E’ interessante l’intento dichiarato di diversificazione anche tipologica che sembra dimostrare almeno dai documenti che gli APT e i danji stanno diventando un tipo dominante di intervento che omogeneizza la tipologia degli abitanti. Ecco perché spesso si parla di realizzare una comunità dove le diversi classi sociali e


isolati senza città

177

fasce d’età possano convivere, cosa particolarmente difficile attualmente in Corea e a Seoul nello specifico, riducendo il divario sociale anche tramite il rinnovo della qualità della proposta educativa presente nelle diverse aree della città. Per ridurre almeno parzialmente l’eccessivo pendolarismo degli abitanti che affligge pesantemente l’intera area metropolitana, le new town (in town) si propongono di creare nuovi posti di lavoro vicino agli alloggi. E’ un proposito che fa riferimento ad una maturata sensibilità verso la sostenibilità che propone un aumento dei percorsi pedonali e ciclabili, un riutilizzo delle acque piovane, l’impiego di materiali ecosostenibili, con la prospettiva di ridurre il consumo energetico e creare una città altamente informatizzata. tre programmi di sviluppo Il programma new town (in town) ha avuto tre fasi di sviluppo: la prima, definita sperimentale, nella quale si sono previsti tre interventi pilota di 45.000, 38.000 e 11.000 abitanti, in aree a nord del fiume Han, programmati tra il 2002 e il 2012 in una scansione temporale abbastanza dilatata. La seconda serie di interventi previsti dal programma di ristrutturazione urbana si colloca immediatamente dopo la precedente e riguarda 12 siti con interventi dai 6.000 ai 53.000 abitanti. Vengono programmati all’interno di un lasco di tempo maggiore che va dal 2002 fino al 2017 e sono distribuiti su tutto il territorio comunale di Seoul. L’ultima fase invece è la più interessante in quando sembra completare la precedente programmazione; interviene infatti quasi esclusivamente su aree adiacenti a quelle della seconda fase portando a termine, senza definire date di inizio e fine del processo, una profonda riqualificazione del territorio urbano. Anche se gli obiettivi sembrano particolarmente lungimiranti e di ampio respiro gli interventi di diversificazione tipologica sembrano riuscire solo in parte. La preoccupazione del potenziamento delle reti stradali interne alla città sembra essere l’elemento di interesse prioritario, vista la continua congestione di traffico che affligge il comparto urbano. Nelle rappresentazioni volumetriche viene dato ampio risalto all’aumento del verde urbano, mentre bisogna notare che es-

Nella pagina successiva la localizzazione e i masterplan delle ristrutturazioni della terza fase, rallentate dalla crisi economica.


178

faste[a]st cities


isolati senza città

RISTRUTTURAZIONE URBANA DI SEOUL 3° FASE

179

IN CORSO DI DEFINIZIONE


180

faste[a]st cities

sendo inserite in un contesto orograficamente articolato e con un tessuto infrastrutturale ed edilizio tutt’intorno, la rigidità dei master plan è molto ridotta rispetto ad interventi di maggiore entità. Interessante è l’ampiezza della portata dell’intervento che solo nella prima fase ricolloca oltre 95.000 abitanti, nella seconda oltre 320.000 e nella terza dove la superficie supera i 10 chilometri quadrati, con una media di 40.000 abitanti a chilometro quadrato (la stessa degli interventi già in programma) si presume alloggeranno oltre 416.000 abitanti. Complessivamente si tratta di una riqualificazione urbana che riguarda 776.000 abitanti.

Due torri nel centro di Seoul, firmate da due archistar: Mario Botta e Rem Koolhas. Nella pagina accanto, una delle strade minori del centro di Seoul, DL 2008


isolati senza città

1 L. Rodwin, Le città nuove inglesi, Padova, 1964 2 Caso di new town analizzata nel saggio di D. Longhi, Spazio pubblico, forma e struttura, in D. Longhi, a cura di, Progettare reti e paesaggi, Venezia, 2009, pp. 37-43 3 김봉일, 홍세표, 안영복, 김기임, 신성영, 백경무, 도시계획(B.I. Kim, S.P. Hong, Y.B. Ahn, S.Y. Shin, K.M. Beak), 2005, pp. 57-58 4 Si veda con L. Benevolo, Storia della città 4. La città contemporanea, Roma-Bari, 1975, pp. 234-247 5 Una codificazione del modello si può trovare in A.B. Gallion, S. Eisner, Theurban pattern, New York, 1964, pp. 250-264 6 Un interessante saggio di Franco Mancuso affronta il rapporto tra il progetto di Albert Mayer e Le Corbusier rispetto al modello aggregativo della città di Chandigarh. Si veda F. Mancuso, Il disegno di Chandigarh da Albert Mayer a Le Corbusier in M. Casciato, a cura di, Le Corbusier e Chandigarh, ritratto di una città moderna, Roma, 2003, pp. 67-82 7 I diagrammi del Planning Concepts, del progetto di Bundang sono stati pubblicati in schede a cura del Korea Land Development (Bundang New Town, A lively and Beautiful City) 8 임재석 (J.S. Rim), 2006 9 H.W. Kim, 1994, pp. 134-138 10 김진애(J.A. Kim), 1994, p. 30 11 장림종, 박진희 (R.J. Jong, J.H.

181

Park), 2007, p. 30 12 대한주택공사 20년사(Storia ventennale di Land...), 1979, p. 217 13 대한국토.도시계획학회, 토지이용계획론 (Korea Planner’s Association, Land Use Planning), 2010, pp. 13-67 14 주택도시 40년 (40anni di città...), 2002 15 강수림 (S.R. Kang), 1991 16 서울 도시계획 1394-1994 (Piano urbanistico...), 1994 17 강부성, 강인호, 박광재, 박인석, 박철수, 박혜선, 이규인 (B.S. Gang, I.H. Gang, G.J. Park, I.S. Park, C.S. Park, H.S. Park, G.I. Lee), 2007, p. 59 18 F. Mancuso, 1993, pp. 92-113 19 김봉일, 홍세표, 안영복, 김기임, 신성영, 백경무, 도시계획 (B.I. Kim, S.P. Hong, Y.B. Ahn, S.Y. Shin, K.M. Beak), 2005, p. 109 20 양동양 (D.Y. Yang), 2004 21 Dati consultabili nel sito www. hdec.kr 22 란지리 (J.R. Ran), 2009 23 하성균 (S.G. Ha), 2003 24 Dati consultabili nel sito www. development.seoul.go.kr



colloquio con i protagonisti

capitolo 4

colloquio con i protagonisti

Per la comprensione dei fenomeni urbani coreani è stato necessario fare ricorso a interviste a docenti ed esperti dei meccanismi, dei processi e delle vicende di quel Paese che hanno spesso sciolto nodi cruciali delle questioni in esame. Hanno costituito un interessante contributo le interviste con alcuni docenti della Mijonji University, come il professor Jinyoung Chun, docente di progettazione, che ha collaborato frequentemente con l’università IUAV di Venezia per progetti interfacoltà; il professor Young Soo Jung, docente di management delle costruzioni; la professoressa Lee Myoung Ju, docente di progettazione e uno dei primi architetti in Corea a tentare la realizzazione di case passive e di un quartiere sostenibile. Sono stati anche intervistati alcuni famosi protagonisti del dibattito achitettonico coreano come Kim Seouk Chul architetto e urbanista che ha partecipato anche alla Biennale di Architettura di Venezia con alcuni progetti di nuove città tra la Cina e la Corea, l’architetto Lee Soo Youl, manager dello studio di architettura e urbanistica Tomoon, studio di oltre 400 persone che lavora in tutto il mondo. Tra tutte queste interviste si è preferito presentarne due, comunque le più significative: quella con Ahn Kun Hyuck, docente della Seoul University, che ha studiato ad Harvard, e che è stato il progettista di molte new town, tra cui le prime cinque, iniziando così un processo ancora in atto oggi. Ahn Kun Hyuck inoltre ha progettato numerosi master plan in tutta l’Asia e con In Seok Park, Docente alla Mijonji University di housing, ricercatore di Urban Housing Korea Housing and Land Corporation e autore del volume Housing Design 2010, edito a Seoul in quello stesso anno.

183


184

faste[a]st cities

4.1 inventare la città: a colloquio con Ahn Kun Hyuck DL: Lei è considerato il padre del modello delle new town coreane, non solo perché ha progettato le prime cinque che hanno codificato un modello tutto nazionale, ma anche perché ha contribuito alla realizzazione di molte di quelle successive. Quali sono stati i suoi modelli di riferimento? AKH: Ho viaggiato in molte delle new town in Europa come per esempio le new town inglesi come Welwyn Garden City e Milton Keynes e le ville nouvelle francesi. Queste città hanno avuto una decisa influenza nella definizione delle nostre coreane. Il nostro obiettivo principale era di fornire una grande quantità di case in un periodo relativamente breve sviluppando le costruzioni in altezza. DL: Come è arrivato a definire una maglia ortogonale e quale è stato il dimensionamento di questa maglia? AKH: Il disegno delle strade è a scacchiera allo scopo di ospitare il maggior numero possibile di questi grandi complessi di appartamenti (APT). Al tempo delle prime cinque new town il nostro principale mezzo di trasporto pubblico era l’autobus; solamente dopo gli anni Ottanta e Novanta il numero delle automobili ha iniziato ad aumentare. Ma ancora oggi più del 50% dei trasporti è affidato ai bus; le cui fermate sono collocate ogni 300 metri e così questa distanza è diventata la misura base dei blocchi. In più un’area quadrata di 300 metri di lato può ospitare più di 1000 unità di alloggi e tra le 1500 e le 2000 unità se il complesso è ad alta densità abitativa. In questo modo sono stati realizzati dei complessi residenziali di grandi dimensioni, così da poter contenere molti servizi per i residenti. Un complesso con un numero inferiore a 500 alloggi non permetterebbe economicamente di insediare strutture come negozi o impianti sportivi e spazi collettivi. In ogni caso oggi i nuovi complessi APT stanno diventando sempre più piccoli e oramai nessuno costruisce un isolato con 2000 unità di alloggi. Il numero medio delle famiglie in un isolato varia da circa 500-


colloquio con i protagonisti

700 ad un minimo di 300. Questa scelta è dovuta al fatto che l’economia in Corea è diventata molto instabile, e costruire un complesso grande diventa molto rischioso. La tendenza odierna per i costruttori è di portare a termine piccoli isolati e una volta venduti, costruire altrove. Ci sono alcuni fattori che determinano i parametri dimensionali, il primo tra tutti è sicuramente quello di massimizzare il profitto per l’impresa di costruzioni; il secondo è il costo di manutenzione a carico dei residenti: più grande è la dimensione del complesso minore è il costo di manutenzione. DL: Da cosa deriva la scelta di avere delle torri APT? Quando il governo ha deciso di costruire le new town, quali sono stati gli input che le sono stati dati? AKH: La scelta della tipologia a torre non è dipesa da me, ma è stata fatta dalle compagnie costruttrici, che chiedevano di mantenere un basso costo di costruzione. È il governo invece a decidere quanti alloggi vanno costruiti in un anno; successivamente si cerca l’area adatta e se essa dovesse risultare troppo poco estesa, se ne individua un’altra altrove. L’opposto avviene con la Land and Housing Corporation, che per trarre un maggior profitto seleziona fin da subito il luogo in base alla domanda. Nel caso in cui non sia disponibile un’area della dimensione richiesta, può ovviamente essere scelta anche una sensibilmente più piccola. DL: Qual è il giudizio che dà al suo lavoro dopo 20 anni dalla realizzazione? AKH: Il processo di pianificazione urbana non ha subito cambiamenti significativi negli gli ultimi 20 anni; in passato, ci sono stati momenti in cui ho pensato che avrei dovuto tentare altre strade per affrontare l’emergenza abitativa coreana. La possibilità di valutare le new town ormai è un dato di fatto, dal momento che sono concluse e abitate da abbastanza tempo. La città però, bisogna sempre ricordarlo, non è stata costruita soltanto dal progettista, nel bene e nel male ci sono delle situazioni in cui il progettista non ha avuto né può avere una libera scelta. Alcuni condizionamenti sono stati dettati, ad esempio, dal bilancio dell’uso del suolo. In base ad un certo numero di alloggi era stato previsto un dimensionamento delle aree commerciali, ma i developer hanno cercato di aumentarne la dimensione per

185


186

faste[a]st cities

ottenere un profitto maggiore. Talvolta è aumentata anche tre o quattro volte più del previsto; tutto questo ha incrinato l’equilibrio interno del master plan. DL: Ho letto che sorsero però notevoli problemi che si protrassero per anni per la vendita degli spazi commerciali a Bundan. AKH: Non solo ci furono questi problemi di vendita ma le soluzioni trovate furono anche peggiori. Vennero infatti collocati servizi inadatti, come alcuni love hotel (hotel dove si incontrano gli amanti, tipici della Corea, generalmente molto originali nella struttura delle camere) che non hanno ragione di trovarsi all’interno delle new town. In altri casi, ai piani superiori alle aree commerciali, si sono venute a localizzare alcune sale da gioco ed altre attività legate al commercio del sesso, assolutamente non adatte alla salute di una comunità. Nello sviluppo dei danji quali servizi furono previsti DL: generalmente per i residenti? AKH: La comunità di un blocco è abbastanza grande, visto che parliamo di 1000 alloggi. Ci sono 3 diversi tipi di servizi interni per ciascun complesso residenziale. In primo luogo all’interno di un unico edificio, solitamente vicino all’ingresso principale, si trovano i servizi commerciali: un parrucchiere, una farmacia, alcuni negozi di abbigliamento nei piani interrati, un panificio ed altri piccoli negozi. A questi si aggiungono: gli spazi per la manutenzione dell’edificio, l’infermeria, le sale per gli anziani. Negli ultimi tempi, un complesso di dimensioni sufficientemente ampie offre anche dei centri fitness, delle sale sportive e qualche volta anche delle piccole piscine, delle sale giochi e delle librerie. Ovviamente devono essere provvisti anche di grandi spazi aperti per playground e outdoor per attività sportive. DL: Come mai i margini degli isolati sono sempre più impenetrabili? Ci sono state esperienze con risultati diversi negli anni? AKH: Il motivo principale è la sicurezza: i residenti non vogliono che gli estranei entrino nelle loro aree e si sentono al sicuro con una barriera di verde che costringa la gente ad entrare solo attraverso un ingresso principale controllato. Questa convinzione non è derivata dal progettista ma dalle necessità degli abitan-


colloquio con i protagonisti

ti. Con l’aumento della dimensione dei complessi residenziali, aumenta anche la criminalità, dovuta alla maggiore impersonalità dei luoghi. Negli ultimi anni Settanta c’è stato il tentativo di dislocare i negozi lungo le strade con il complesso residenziale all’interno, ma i negozi sul retro avevano bisogno di spazi per lo stoccaggio dei rifiuti e di spazi di carico e scarico delle merci che quindi si volgevano verso le residenze. DL: Mi pare di aver colto in Corea un grande dibattito intorno alla longevità delle torri APT. Che tipo di futuro si immagina per le torri con più di 30 anni, verranno ristrutturate? AKH: Nessuno può conoscere la longevità delle torri APT e cosa succederà ad oltre 30 anni dalla loro costruzione. Le torri delle prime new town, realizzate 30 anni fa, erano alte al massimo 15-20 piani; alcune sono state già demolite e ricostruite più alte, e alcune di loro sono state ristrutturate a spese dei residenti. L’APT dove vivo è stato costruito 30 anni fa ed è alto 15 piani. E’ improbabile che venga demolito e ricostruito in questo momento storico, nel bel mezzo di una forte crisi immobiliare. Credo che ancora per i prossimi 10 o 20 anni non accadrà nulla. Quindi probabilmente dovrò viverci ancora altri 20 anni così com’è. Si è iniziato a costruire edifici molto più alti solo dopo gli anni 90, quindi sono passati circa 20 anni. E’ abbastanza probabile che dovranno essere demoliti nel caso di problemi statici, ma penso che la struttura durerà più di 50 o 60 anni; tuttavia al momento nessuno sa fare ipotesi sono certo però che non saranno il progettista, l’impresa o la municipalità a decidere, ma piuttosto il mercato. Se il prezzo del terreno aumentasse 2 o 3 volte, o ci fosse la possibilità di un incremento considerevole di volume, allora l’onore di ricostruzione potrebbe essere relativamente basso in confronto al costo del terreno. In questo caso saranno sicuramente demolite sia le torri nuove che quelle più vecchie, senza necessità di distinzione. La differenza di soli 0,5 di densità (corrispondente a un incremento di 1,3 mc/mq) permetterebbe di trarre un grande profitto e i residenti verrebbero ricompensati della vendita con questo aumento di volume. Se l’incremento del prezzo dei terreni al contrario dovesse essere molto lento, non si potrebbe generare il profitto dall’opera di

187


188

faste[a]st cities

ricostruzione; però in Corea i prezzi dei terreni salgono molto velocemente. Inoltre bisogna tener presente che il governo è sempre dalla parte delle compagnie costruttrici. DL: Che cosa ne pensa delle nuove generazioni di new town? E’ reale l’analisi che le aree commerciali si siano ridotte di molto tra Bundan e DongThan? AKH: La densità sta diventando sempre più bassa; nei nuovi quartieri è di circa 1/3 rispetto a quella degli anni Novanta e la ragione è dovuta alla loro locazione. Le nuove new town sono molto lontane dal centro di Seoul, circa 40 o 50 chilometri mentre le prime avevano una distanza di soli 15 o 20 chilometri. Bundang attualmente ha un’area commerciale sovradimensionata, perciò nel master plan di DongThan sono stati ottimizzati i servizi commerciali; in più la densità dei residenti è più bassa rispetto a Bundang. Inoltre bisogna ricordarsi che questo è solo il primo passo di un progetto davvero molto più articolato per cui una volta realizzata la DongThan 2, sarà costituito un grande centro, dove è prevista la fermata di una metropolitana veloce che collegherà quest’area con Seoul in 20 minuti. L’idea è di realizzare un giorno un grande nuovo centro per la regione capitale. Che cos’ha imparato negli anni di esperienza proDL: gettuale, quali sono gli errori che ha rilevato nei suoi progetti e che nel progetto di DongThan ha tentato di non ripetere? AKH: Una delle differenze principali di questo progetto rispetto alle altre new town è l’attenzione maggiore a conservare la morfologia del suolo, mantenendo la presenza dei torrenti e dei boschi. La montagna è diventata il punto focale delle viste. I developer l’avrebbero addirittura spianata ma noi l’abbiamo destinata a parco. DL: Il metodo di rappresentazione dei piani, intendo i colori, l’ha inventato lei? AKH: No, deriva dal regolamento. DL: Che norme sono previste per le costruzioni dal master plan? AKH: Noi chiediamo solo di rispettare la linea guida base, per esempio non tagliare la strada pedonale con le strade dei mezzi meccanizzati, oppure di mantenere una distanza tra gli edifici e


colloquio con i protagonisti

le strade di almeno 3 metri. DL: Quando siamo andati nella campagna a fare un rilevo ricognitivo della situazione territoriale abbiamo trovato molte persone che desiderano uno stile di vita differente, con piccole case che possano essere costruite autonomamente. Ci sarà un ulteriore sviluppo delle new town? AKH: Forse nei prossimi 10 anni non avremo più bisogno di new town neppure nelle altre regioni anche se l’attrattiva della capitale si manterrà salda. Non penso però che ci saranno altri nuovi progetti di new town nei prossimi 5 o 10 anni. La Land and Housing Corporation sta ancora costruendo piccole new town, e molti sono ancora i progetti che si vuole tuttora portare a termine. È da poco iniziato un progetto che è più grande di Bundang e anche se era previsto entro il 2030, non so quando si concluderà perché non c’è una domanda di case sufficiente in questo momento. Come diceva giustamente, la gente vuole uno stile di vita differente, ma i problemi sono creati dai regolamenti e dalle normative che proibiscono le costruzioni di quel tipo. Per esempio, la seconda casa è molto comune in Europa, ma qui il Governo impone una tassazione molto alta sulla seconda casa nel caso si cercasse di vendere la prima. Se comprassi un terreno con una casa di legno, nel momento in cui volessi vendere il mio appartamento a Seoul per costruire una nuova casa su quel terreno, dovrei pagare una imposta molto alta. Comprai il mio APT a 300.000 dollari ma ora il suo valore di mercato è diventato 1.200.000 dollari. La differenza è di circa 900.000 di dollari e dovrei rifondere in tasse 1/3 dell’incremento del valore se volessi venderla. Se avessi anche una seconda casa l’imposta di cessione salirebbe al 60%. DL: Sui giornali ho letto molti articoli che raccontavano di un fenomeno diffuso di acquisto di alloggi solo mediante denaro mutuato dalle banche, dovuto alla sicurezza che l’aumento di valore degli APT avrebbe permesso una speculazione a costo zero. AKH: E’ successo fino al 2006, ma adesso non è più possibile; questo processo ha fatto guadagnare molti soldi allo stato che ha permesso una tassazione agevolata per coloro i quali vendevano la casa entro un anno. Effettivamente sono stati pe-

189


190

faste[a]st cities

nalizzati solo coloro i quali non cambiarono casa. Al contrario se si è proprietari di cinque case e se si registrano come attività, si viene agevolati. Comunque se uno speculatore in poco tempo riuscisse ad ottenere un alto livello di incremento del valore dell’APT, anche se fosse costretto a pagare il 60% in tasse, avrebbe comunque un profitto del 40%. Quindi la speculazione immobiliare è un affare redditizio. DL: Come per la città giardino e la città lineare possiamo parlare di “modello” di città quando parliamo di new town? In altri paesi, quale parte del modello pensa si possa esportare? Sono già un esempio di esportazione le aree residenziali realizzate di fronte al parlamento dell’Azerbaigian? AKH: Penso che questo tipo di new town sia molto più moderno della Città Giardino o della Città lineare. Probabilmente nel nostro paese la cosa non è ancora molto chiara, ed è questa la ragione per la quale sto conducendo una ricerca che mostri l‘esistenza di un modello e che non mostri solo le torri. Tuttavia non c’è ancora un caso certo d’esportazione. Ci sono molti progetti pubblicati che non sono ancora stati realizzati a scala di new town ma molto spesso sono solo semplici abitazioni. Stiamo studiando molte new town per l’estero, ma anche in questo caso nessun progetto è ancora stato attuato perché il problema del reperimento dei fondi spesso è molto forte. I paesi che ci chiedono progetti di nuove città non hanno le risorse per costruirle, quindi quello che ci chiedono, non è soltanto il disegno del progetto, ma anche un investimento finanziario che ora è impossibile. DL: Ossia la costruzione di una città con queste caratteristiche costa troppo? AKH: Direi di si. Il motivo per cui è stato possibile realizzare questo tipo di new town in Corea è che insieme al complesso intervento pubblico c’era anche la speculazione che in qualche modo è stata “manipolata” concentrando la domanda. Gli investitori vogliono un ritorno economico entro 5 o 10 anni e non si sentono di investire all’estero perché il rischio è troppo alto. Finché il Governo dello Yemen, o della Tanzania non si propongono come garanti del profitto, nessuno vorrà effettuare investimen-


colloquio con i protagonisti

ti. Un altro problema è l’alto costo di manutenzione e gestione delle new town per i paesi poveri. In Vietnam, vicino a Sigong, l’impresa di costruzioni Gs ha costruito una nuova autostrada e lo Stato, che non possedeva i fondi necessari, ha pagato la realizzazione con dei terreni. La compagnia ha disegnato una new town, ma da indagini sul campo, ci si è accorti che nessuno avrebbe comprato gli alloggi perché troppo costosi. La velocità di realizzazione delle new town coreane DL: è davvero straordinaria per rispondere a bisogni così gravi come quelli della Cina. Pensa che il modello coreano potrebbe essere davvero una risposta a questa emergenza? AKH: Penso che la Cina potrebbe usare questo modello, ma non ci permettono di realizzarlo. Sto cercando di far affidare dalla Cina un progetto alla mia compagnia di progettazione fin dal 1996. I cinesi sono orgogliosi, accettano le compagnie occidentali ma non quelle coreane, fino a quando non verranno garantite certezze finanziare e regole definite. Credo che in un paese del Terzo Mondo sia importante la flessibilità, dove piccole case prefabbricate in legno possano essere modificate e riparate e possano avere un giardino ad uso esclusivo per la realizzazione di orti; quindi una città essenzialmente bassa. In definitiva una città molto diversa da quella coreana, anche se il progetto di masterplan rimane un nodo centrale anche in quel caso. La fusione di questi due metodi di progettazione potrebbe essere la soluzione giusta.

191


192

faste[a]st cities

4.2 danji, cellula urbana: a colloquio con In Seok Park DL: C’è un legame tra industrializzazione e continua ripetizione del modello? ISP: La ripetizione non ha niente a che fare con l’industrializzazione; la parola chiave è danji e la modalità di realizzazione è la tabula rasa che prevede di spazzare via tutto ciò che esiste. Questa è la mia personale opinione che è condivisa anche da molti altri studiosi del fenomeno. Per far fronte alla domanda di nuovi alloggi e di nuove infrastrutture e servizi, il governo ha risposto con lo sviluppo dei danji, veri e propri isolati urbani, totalmente privati. L’aumento di domanda di nuovi spazi abitativi senza investimenti statali nelle infrastrutture ha dato origine a danji privati, ovvero spazi abitativi di qualità. Questo processo da parte del governo ha prodotto un doppio vantaggio, lo sviluppo urbano senza costi e la possibilità di soddisfare anche la domanda di alloggi.Io definisco questi danji un oasi nel deserto, infatti il governo risolve il problema di alloggi senza spendere un soldo, promuovendone continuamente la costruzione. DL: Qual è il fattore che ha spinto alla ripetizione di questo modello e degli APT? ISP: Quello che attira la gente non sono gli APT a torre in sé ma i servizi offerti dai danji, infatti più grande è il danji più la domanda per poterli acquistare aumenta. Fondamentali sono gli spazi aperti e quei servizi che sarebbero introvabili nelle città: parcheggi, parchi gioco e parchi, tutti spazi che sono collettivi ma gestiti da fondi privati. La qualità degli alloggi non interessa molto, rispetto alla qualità degli spazi aperti. Per aumentare questi ultimi è necessario ridurre la superficie delle aree coperte, di conseguenza la scelta di sviluppare gli alloggi in altezza è risultata ovvia. DL: In Europa un proprietario è disposto a spendere anche molto denaro per personalizzare la propria casa, anche se questa non aumenta di valore. In Corea sarebbe inconcepibile perché gli APT costituiscono soltanto un investimento.


colloquio con i protagonisti

ISP: Non saprei spiegarlo esattamente. Penso però che in tutti i paesi gli alloggi rappresentino per un privato in primo luogo un investimento, ad eccezione delle abitazioni pubbliche (in Corea consistono nel 2% del totale, una percentuale che può essere considerata quasi inesistente). Il tipo edilizio unifamiliare si deve per forza appoggiare alla città. In una situazione urbana dove la qualità può essere garantita soltanto dalle proprie risorse, APT si configura come l’unica tipologia di qualità. L’ 85% delle nuove case sono APT, il restante 15% rappresenta la somma di altre tipologie. L’importante è capire come queste si relazionino con gli spazi. L’ 85% delle case viene costruita come danji e solo il 15% su piccoli lotti. DL: Trovo molto strano questo modo di valutare la casa. Comprare un’abitazione con l’aspettativa di poterla vendere ad un prezzo più alto, cambia completamente la concezione della casa. Il costo di ristrutturazione dopo 20-30 anni degli APT e dei rispettivi danji, secondo molti analisti, sarà economicamente insostenibile soprattutto per le aree dove non ci sarà una compensazione dei costi di ristrutturazione con un aumento di volume e non sarà immaginabile, come in centro città, una crescita enorme del valore del terreno. ISP: Gli aumenti interessano solo le aree metropolitane, infatti nelle altre aree, gli APT subiscono un deprezzamento col trascorrere degli anni. Tutti sanno che bisognerebbe prendere in considerazione l’invecchiamento degli alloggi, ma il mercato sembra ignorare il problema. Il Giappone che vede già adesso lo svuotamento di Tama New Town, ha dovuto affrontare lo stesso problema. Molti propongono alternative tipologiche alle torri ma non siamo ancora riusciti a realizzare niente di diverso perché anche nelle new town, i Comuni non voglio spendere fondi per le infrastrutture. DL: Apparentemente la richiesta del mercato è allineata all’idea di città di Le Corbusier, con uno spazio pubblico costituito da alberi, servizi e giardini? ISP: L’unica differenza dalla teoria di Le Corbusier è che lo spazio aperto è prettamente privato e non pubblico. Il motivo per cui in Europa si possa pianificare in orizzontale, anche se la densità è più alta, sta nel fatto che le città europee offrono spazi come le piazze e i parchi che sono reali infrastrutture urbane. In

193


194

faste[a]st cities

Corea fino a quando non ci saranno spazi pubblici di qualità, le persone non rinunceranno mai ai loro spazi aperti. DL: Se il concetto della new town è quello di una città con torri immerse in un parco, come mai il bosco adiacente agli APT è completamente slegato dagli insediamenti, anzi è nettamente separato da recinzioni? Fra i danji e il bosco adiacente non può avvenire il conISP: tatto in modo diretto. Per quei danji localizzati nella campagna esterna alla città è forse teorizzabile un approccio di questo tipo, ma ai contadini non interessa alcun rapporto con i nuovi abitanti. Le aree adiacenti ai danji sono per la maggior parte aree private, e i proprietari aspettano con ansia soltanto di poter guadagnare da una possibile trasformazione dei propri terreni in nuovi insediamenti. DL: La crescita demografica attuale non giustifica un incremento delle abitazioni così forte come invece appare dato che si continua a costruire. Chi comprerà le nuove case? ISP: Il tasso di disponibilità abitativa (abitazione/famiglia) è aumentato, ma nella città metropolitana arriva al massimo al 9095% come nel caso di Seoul. In aree periferiche questo tasso ha già superato il 100%. Oramai l’aumento della domanda di alloggi per l’esodo delle persone dalle campagne è una storia passata, infatti è una convinzione generale che la domanda di nuovi alloggi nella regione capitale sia arrivata ad un punto limite. Quindi il nuovo mercato delle costruzioni prevede la ricostruzione di ampie parti di città. È quasi certo che lo sviluppo di nuovi alloggi nelle new town abbia raggiunto il suo limite. In città invece per effetto dell’aumento di valore dei terreni le cose sono diverse. Ad esempio il distretto di GangNam probabilmente vedrà una ricostruzione addirittura senza aumento del numero di alloggi né di cubatura, ma soltanto una riconversione in altezza per guadagnare spazi aperti e qualità. La ragione della loro disponibilità deriva dalla convinzione che investendo nell’opera di ricostruzione senza aumento di cubatura ma creando servizi e ambienti migliori, ci potrebbe comunque essere un guadagno, garantito dall’aumento del valore fondiario. DL: Qual è la situazione nel resto del territorio metropo-


colloquio con i protagonisti

litano, come ad esempio nelle campagne? ISP: Dipende da caso a caso; in alcune zone le case in campagna vengono abbandonate perché ci si aspetta che quelle possano diventare presto aree edificabili; in altri casi le abitazioni sono usate come casa a pensione, e in altri ancora vengono sfruttate per le residue attività agricole. La causa principale dell’abbandono dei quartieri nella campagna è la mancanza di trasporti. La maggioranza delle persone lavora in città e si rifiuta di perdere 2 ore di viaggio per andare e tornare dal lavoro. Abitare a Bundang con il lavoro a Seoul e abitare a 10 km di distanza da Bundang con il lavoro a Seoul è assai differente. Le casalinghe e i bambini che abitano nella new town di Bundang posso raggiungere i servizi a piedi. Attorno alla metà degli anni Novanta, prima della crisi, si è assistito ad un boom di richieste per la seconda casa in campagna da parte della classe medioalta. In quel periodo bastava vendere un APT per comprarsi un terreno di 6600 metri quadrati e costruire una nuova casa. Ma questo fenomeno si è arrestato, non solo per la crisi economica ma anche perché la gente non riusciva a resistere in campagna per la mancanza di servizi, quindi la maggior parte è tornata in città. Ultimamente è di nuovo in auge questo moto verso la campagna, ma riguarda soprattutto i ceti più abbienti perché la vendita di un APT non copre più il costo di acquisto di un terreno e la costruzione di una casa. In ogni caso le vecchie case abbandonate non possono essere ristrutturate per la loro scarsa qualità costruttiva. Le residenze Balta sono un caso molto rappresentativo. Una casa costa tra 1,000,000,000 e 2,000,000,000 di won. DL: Il modello dei danji e degli APT è esportabile in altri contesti? ISP: Si, certamente! Stanno esportando il modello, e lo annunciano con enfasi, ma è un fenomeno che riguarda essenzialmente paesi come la Cina, l’ Azerbaijan, e Kazakistan. La caratteristica comune di questi paesi è che hanno scarse infrastrutture urbane, esattamente come la Corea all’inizio del processo della costruzione delle new town. Questo modo di pianificare sta avendo successo, ma solo dove le infrastrutture possono venire pagate con fondi privati.

195



qualità o diversificazione del prodotto?

197

capitolo 5

qualità o diversificazione del prodotto?

5.1 sejong, città sperimentale?

fattori di crisi del sistema metropolitano di seoul Il processo di delocalizzazione urbana con costruzione di new town intorno alla città di Seoul ha comportato uno squilibrio territoriale che non ha pari al mondo. La concentrazione urbana che ha favorito la crescita economica della nazione, con bassi investimenti nella infrastrutturazione del territorio, oggi provoca una congestione delle vie di comunicazione davvero pericolosa. In prospettiva, la crescita economica prevista per la nazione e l’ulteriore immigrazione verso la capitale potrebbero risultare fatali per l’efficienza di Seoul. Alcuni dati comparativi sulla primacy fra la regione capitale e altre metropoli mondiali evidenziano come a Seoul su una superficie dell’11,9% del territorio nazionale si concentri il 48,3 % della popolazione e il 47% del PIL ; mentre a Londra si concentra il 26% della popolazione e il 34% del PIL, a Parigi rispettivamente il 19% e il 28,6%, contro il 27,2% e 30,6% di Tokyo1. A questi dati va sommata la concentrazione delle maggiori aziende nazionali (91 delle prime cento), dell’85% di tutte le amministrazioni pubbliche, del 60% di tutte le unità industriali. Il

Insegna pubblicitaria temporanea su uno degli edifici per uffici nella down town di Seoul, DL 2008.


198

Elaborazione del grafico del rapporto tra pil e abitanti della metropoli rispetto all’intera nazione. Le città campione scelte sono Seoul, Londra, Parigi, Tokyo. Si nota con evidenza come Seoul, pur avendo la più alta concentrazione di popolazione nella capitale, riesce a produrre un pil proporzionalmente inferiore alle altre capitali campione. Le motivazioni possono essere ricondotte, tra l’altro, alla congestione e alla competizione e alla eccessiva concentrazione urbana che crea costi aggiuntivi.

faste[a]st cities

68% dei depositi bancari nazionali e il 67% di tutti i prestiti erogati è concentrato nella regione capitale2. I problemi sociali, come l’aumento del prezzo del terreno nell’area metropolitana, la carenza di alloggi, l’inquinamento e la congestione del traffico, hanno un costo stimato di 15,3 miliardi di dollari ogni anno. Lo squilibrio nello sviluppo nazionale è diventato sempre più grave e il decentramento è oggi considerato una strategia ineludibile. Va tuttavia rilevato come la risposta della amministrazione statale non riguardi una radicale modifica della politica territoriale in atto, ma la riproposizione di una politica stop and go, di concentrazione e successiva delocalizzazione, senza un disegno sistemico su natura e struttura degli insediamenti umani nel paese. Il presidente del Governo Roh Moo-hyun ha deciso di risolvere i problemi di overconcentration con la costruzione di una nuova città amministrativa e la delocalizzazione delle istituzioni pubbliche. Queste due iniziative si accompagnano ad una forte politica fiscale di incentivazione al trasferimento nella nuova capitale


qualità o diversificazione del prodotto?

distribuzione delle imprese nella regione capitale

199

densità dei servizi nella regione capitale

amministrativa. Verranno così spostati 36 organi di governo tra cui: il Palazzo del Governo e del Consiglio dei Ministri, il Ministero della Strategia e delle Finanze, il Ministero dell’Istruzione, della Scienza e della Tecnologia, il Ministero della Cultura, dello Sport e del Turismo, il Ministero dell’Alimentazione, dell’Agricoltura, della Silvicoltura e della Pesca, il Ministero della Conoscenza e dell’Economia, il Ministero della Salute e del Welfare, il Ministero della Ambiente, il Ministero del Lavoro, il Ministero del Territorio, dei Trasporti e degli Affari Marittimi, e molti altri uffici e agenzie nazionali. Nella nuova città si prevede l’insediamento di centri di ricerca, Università e poli di eccellenza. Anche se abbastanza routinario nel panorama internazionale delle nuove capitali, si tratta di un progetto di straordinaria portata per una nazione che ha vissuto una stagione di concentrazione urbana durata quasi quarant’anni.

Due grafici che rappresentano il numero di imprese nelle diverse aree del territorio della regione capitale e la densità dei servizi. Si noti come l’effetto della polarizzazione lungo l’asse Seoul Incheon sia molto maggiore che nel resto della regione mostrando come le politiche delle new town non hanno prodotto quella dispersione delle imprese e dei servizi e un conseguente sviluppo equilibrato policentrico del territorio. Mappe rielaborate in base ai dati del piano della regione capitale


200

Elaborazioni diagrammatiche del livello di inquinamento da polveri sottili ed emissioni di co2. Si noti che la metropoli di Seoul superi anche quella di Beijing, mentre nell’emissione di co2 sia minore delle metropoli cinesi ma molto superiore alle metropoli campione occidentali. il dato è stato tratto dal sito coreano del monitaoraggio dell’ambiente. Nella pagina accanto il cronoprogramma di Sejong. Si nota come dal 2003 al 2007 si realizzi la scelta del sito, il concorso internazionale, l’esito del concorso, l’implementazione del piano, le valutazioni ambientali, la preparazione della superficie del terreno, i diversi livelli di pianificazione e l’acquisizione dei terreni.

faste[a]st cities

ambizioni del progetto Il progetto mira a creare una città autosufficiente e baricentrica, raggiungibile in due ore da tutto il paese. Localizzata a 30 minuti dall’aeroporto internazionale Cheongjoo verrà connesso con l’alta velocità a Seoul, dalla quale sarà raggiungibile in soli 50 minuti. Il progetto di selezione dell’area è partito nel 2003 per concludersi con un piano preliminare a metà del 2005. Una legge speciale ha fornito la base giuridica per lo spostamento dei ministeri, mediante accordo tra Governo e partiti dell’opposizione. La città non diventerà subito la nuova capitale coreana, perché la Corte Costituzionale ha stabilito che lo spostamento della capitale deve essere approvato con consultazione nazionale. Contrariamente a quanto accaduto per tutti gli altri progetti di new town, l’area governativa (che si estende su 72,91 chilometri quadrati) è stata interessata da concorso internazionale di idee con vincitore l’architetto spagnolo Perea Ortega. Ne è seguito un master plan, conclusosi nel luglio 2006, con pianificazione di dettaglio nel novembre dello stesso anno. Una delle questioni centrali che avrebbe potuto creare seri problemi al progetto governativo è stato l’acquisto-esproprio del terreno, che si è comunque concluso nei tempi previsti. Con un sondaggio nazionale si è scelto il nome di Sejong, a ricordo dell’antica dinastia degli Joseon, del quindicesimo secolo. Si prevede che entro il 2015 si insedino le funzioni amministrative e vengano attivati i centri di ricerca. Entro il 2020, anno in


qualitĂ o diversificazione del prodotto?

201


202

Immagine dello stato dei luoghi prima dell’intervento, questa e le seguenti immagini provengono dai documenti di piano pubblicati nelle linee guida della progettazione. Nella pagina accanto le specializzazione delle diverse parti della città di Sejong.

faste[a]st cities

cui si stima saranno già insediati 300.000 abitanti, inizieranno la loro attività le università e il polo della medicina di eccellenza che dovrebbe essere uno dei più importanti capisaldi del progetto. Infine, entro il 2030, a completamento dell’intero progetto, la città offrirà case per 500.000 persone; circa 10.000 saranno i funzionari governativi e le loro famiglie. Sejong avrà sei funzioni principali: l’amministrazione centrale, gli scambi internazionali, l’amministrazione locale, la ricerca, la medicina e il benessere, e la creazione di una base di conoscenze avanzate a supporto delle aziende presenti nella nazione. Nel luglio 2007, la realizzazione del progetto per la nuova città è stato completato e la costruzione è iniziata. Il progetto di comunicazione pubblicitaria, messo in atto con libri, brochure, convegni, pubblicità, siti internet, anche in lingua inglese, punta a creare l’immagine di una città ecologica nel cuore della nazione, lontano dal confine con la Corea del Nord, immersa nel verde e nella natura3, con un sistema efficiente di trasporti pubblici. La vision è diretta e accattivante: Sejong, una città da sogno di rango mondiale; mentre la mission dichiara l’intento di costruire una città amministrativa multifunzionale che


qualità o diversificazione del prodotto?

contribuisca a bilanciare lo sviluppo e rafforzare la competitività della nazione. Nelle brochure si allude anche al fatto che i promotori della new town sperano, a conclusione del progetto, di ricevere dall’UNESCO il riconoscimento di Sejong come patrimonio dell’umanità. Tra le innovazioni urbane maggiori, l’azienda di promozione della nuova città propaganda l’Intelligent Transportation System (ITS), un sistema ad alta tecnologia tipico delle smart city per aumentare l’utilizzo del trasporto pubblico. Con una gestione informatizzata esso dovrebbe ottimizzare la mobilità di persone, merci e servizi, aumentare l’efficacia del monitoraggio su emergenza e incidenti, rendere più efficiente la regolazione dei veicole e aggiornate le informazioni sulla sosta. Un centro di informazione integrato urbano integrerà le funzioni smart con quelle gestionali, una sorta di ‘cabina di regia’ in grado di gestire i trasporti, controllare la criminalità, provvedere alla prevenzione delle emergenze, al monitoraggio ambientale, alla gestione degli impianti e delle attrezzature pubbliche. Non sono stati valutati gli effetti di questo modello sulle istituzioni di governo e sulle comunità, oltre che sull’architettura e il funzionamento del nuovo organismo urbano.

203


204

Planimetria di progetto del vincitore del concorso di idee sull’impianto della new town di Sejong elaborato da Perea Ortega. Si noti come l’impianto non tenga conto affatto dell’utilizzo dei danji ma prefiguri una città ad anello con delle connessioni che interrompono gli insediamenti e che collegano l’interno all’esterno della città.

faste[a]st cities

progetto urbanistico La caratteristica morfologica principale della città è la sua forma ad anello con al centro uno spazio aperto di circa 7 chilometri quadrati. L’insieme delle aree verdi occupano più del 50% della nuova città. La struttura prevede quattro grandi ambiti separati da spine verdi e dalla confluenza dei due fiumi. Le quattro aree, prevalentemente residenziali, hanno due propaggini verso il cuore verde: una che ospita ministeri e uffici, la seconda che ospita il polo industriale d’eccellenza tecnologica. All’interno della struttura residenziale sono ospitati l’area ospedaliera, l’università, la sede dell’amministrazione locale e il centro di scambio culturale. La struttura viabilistica è elementare: due anelli concentrici servono da connessione del sistema, mentre una rete radiale di strade secondarie innerva i quartieri. Interessante è il progetto di mobilità chiamato trasporto verde. Esso prevede la realizzazione di ampie reti ciclo-pedonali e strutture accessibili ai disabili. Spine verdi di connessione tra le diverse parti del sistema urbano creano possibili connessioni ciclo-pedonali, mentre una


qualità o diversificazione del prodotto?

205

rete secondaria di percorsi innerva la restante parte della città. L’assetto planimetrico si organizza per unità di intervento e danji, già stati ceduti alle ditte costruttrici con gara al massimo rialzo per l’acquisto del terreno. Il connotato qualitativo del progetto é il tentativo di rendere organico l’intervento su un terreno particolarmente vario dal punto di vista orografico. Per la prima volta viene sviluppato un sistema di connessione con il territorio circostante, superando la dicotomia tra territorio e new town. Inoltre, rispetto alle altre capitali progettate in epoca moderna poco resta del monumentalismo e dell’impianto radiale focalizzato sulla sede governativa. Il progetto sembra una evoluzione dei sistemi compatti già sperimen-

Quattro schemi tratti dal piano strategico di sejong pubblicato nel primo volume delle linee guida della città. In ordine: planimetria dei danji, schema della mobilità, connessioni dall’esterno della città verso il parco interno, parcellizzazione della città in cigu.


206

faste[a]st cities


qualità o diversificazione del prodotto?

tati in Corea in quanto ammette smagliature e discontinuità più inclini ad interpretare la topografia del sito. La scelta di lasciare molto spazio alle aree verdi è dovuta a due ragioni. La prima è di carattere commerciale. Si intende, in questo modo, compensare la perdita delle occasioni offerte dai servizi commerciali e ludici di una metropoli di venti milioni di abitanti con una migliore qualità della vita (reale o presunta). Migliori standard di progetto dovrebbero incentivare le famiglie a trasferirsi, ripagandole dei disagi subiti negli anni di realizzazione del progetto. La seconda ragione rinvia al mercato fondiario, ovvero al basso costo delle aree agricole interessate dal progetto che ha permesso l’acquisto di più terreni rispetto alle new town metropolitane. L’aspetto della sostenibilità, molto pubblicizzato nella comunicazione commerciale, riveste in realtà un ruolo marginale in quanto non esiste un vero protocollo che guidi gli interventi degli edifici o delle aree aperte. Un indicatore dello scarso interesse riservato alla sostenibilità è il fatto che si preveda di soddisfare con energie rinnovabili solo il 15% del fabbisogno complessivo, mentre si aggiorna al 2030 il raggiungimento del target di riduzione delle emissioni di CO2 (70%) in assenza di un programma operativo.

207

Nella pagina accanto, masterplan della città. sopra un interessantissimo estratto della strategia di connessione della città con il contesto. Il progetto riportato nelle linee guida, è il primo esempio di new town che si occupa di trovare dei punti di contatto e delle regole di tarsformazione dei territori contigui.


208

faste[a]st cities

incentivi al trasferimento Un efficace incentivo a trasferirsi a Sejong é costituito dalle politiche di riduzione della pressione fiscale alle imprese. Per le società che trasferiscono strutture industriali ad elevato contenuto tecnologico sono previste esenzioni del 100% per 5 anni della tassazione sui guadagni. In caso di investimenti esteri l’esenzione può essere estesa di un anno, previa richiesta al ministero delle Finanze,. Sono inoltre previste agevolazioni per le altre aziende che non dovranno pagare le imposte per cinque anni aumentabili di due, mentre sono detassati i guadagli al 50% per le attività manifatturiere che superano un investimento di 30 milioni di dollari, le attività turistiche che investono per almeno 20 milioni di dollari e le attività logistiche che investono almeno 10 milioni di dollari. Oltre ad altre agevolazioni sulla tassazione regionale, si prevede il finanziamento di piani di espansione delle attività di ricerca legati ai progetti industriali o alla tecnologia avanzata. Ciò che preoccupa maggiormente i promotori è la distanza fisica da Seoul e da opportunità lavorative che tenderebbero a ridursi per la futura popolazione. Si tratta di un fattore di rischio non sottovalutabile perché potrebbe ridurre considerevolmente la redditività dell’intero investimento. Per queste ragioni si sono stipulati accordi per l’apertura di sedi di importanti compagnie come Samsung Electro-Mechanics, Daewoong Pharmaceutical, gruppo Woongjin unitamente all’Istituto Superiore per la Scienza e la Tecnologia della Corea, della Korea University e di altri sedici istituti di ricerca governativi. Questo nuovo modello di città, che affianca alle funzioni amministrative un dispositivo di ricerca misto e per certi versi inedito (imprese-università), supera i modelli precedenti generalmente fondati sulla separazione di funzioni e su dispositivi di correzione in itinere. Un importante elemento di novità è costituito dalla scomparsa delle Development Restricted Zone (Drz) localizzate nei pressi delle new town. Le Drz sono state utilizzate in diversi casi come ‘zone di riequilibrio’ per mitigare gli effetti di attività residenziali o industriali su infrastrutture, mobilità e trasporti e, più in generale, sull’assetto funzionale della new town. La scomparsa delle Drz può essere interpretata in modi diversi:


qualità o diversificazione del prodotto?

come ottimistica avversione al rischio (il nuovo modello urbano è in grado di minimizzarlo, per i suoi caratteri strutturali e morfologici), come fiducia nelle capacità di gestione dei processi di metropolizzazione e di riorganizzazione dei sistemi urbani nazionali. Sembra da escludere una strategia orientata alla sottovalutazione del rischio di fallimento, anche se stringenti fattori di rischio sembrano presenti nel modello di crescita urbana nazionale. Ad integrazione, é’ prevista la possibilità di riconvertire alcune zone militari, la trasformazione in aree industriali di aree agricole con basso livello di produttività, la riduzione dei vincoli forestali, complessivamente su una superficie territoriale di oltre 20.000 chilometri quadrati4. Gli interventi di riqualificazione di aree militari dismesse o in via di dismissione, l’abbandono di suolo agricolo a bassa resa e il consumo di superficie forestale assegna alla politica urbana un presunto ruolo anticiclico. Sembra, infatti, trattarsi di una misura precauzionale nei confronti della crisi del mercato immobiliare che ha contribuito a rallentare lo stesso progetto di città nuova. Un ulteriore elemento che differenzia il progetto attuale dai precedenti è l’attenzione ai servizi, alla formazione e alla loro distribuzione territoriale. Si ritiene che il progetto di città possa contribuire a migliorare gli standard relativi ad una ‘regione di cattura’ molto più vasta dell’ area di gravitazione contigua all’insediamento previsto. Significativa é la scelta di creare un ospedale specializzato nella cura del cancro, del diabete e delle malattie del cuore. A questo intervento si affianca la costruzione da parte del Ministero competente di un sistema innovativo di scuole sperimentali per la riforma dei progetti formativi nazionali. In Corea del Sud, la qualità delle scuole (e dei servizi in generale) è un importante criterio di localizzazione, scontato in modo significativo nei rendimenti attesi degli investimenti immobiliari. Si tratta, comunque, di un ‘effetto annuncio’ su un termine almeno decennale.. L’incentivo che caratterizza la concezione dello sviluppo urbano è la riduzione dei limiti nel regolamento edilizio e nel programma per la realizzazione di case unifamiliari osteggiata nei precedenti piani di sviluppo delle new town.

209


210

faste[a]st cities

5.2 sejong: linee guida per lo spazio urbano

Immagini tratte dalle esemplificazioni delle linee guida del piano colore. Si noti che spesso le esemplificazioni sono ridondanti e non servono a garantire la qualità urbana che invece viene pesantemente invalidata dalle architetture.

linee guida Per l’eccezionalità del progetto di Sejong, quale sede della maggior parte dei ministeri in vista di una delocalizzazione della capitale, oltre ai diversi concorsi di idee per mettere a punto il progetto generale, si prevede il coordinamento progettuale degli interventi. Questa attenzione attuativa è un elemento di novità rispetto alle esperienze precedenti. Si realizza, infatti, mediante un’enciclopedica codifica (report) delle linee guida di progetto divisa in tre sezioni. Il primo insieme di report è costituito da tre volumi di oltre 1500 pagine che riguardano l’Environmental Plan, il Cityscape Plan5 e l’Image Building Plan6. Nonostante la mole degli elaborati, il quadro di lettura della città risulta particolarmente acritico e riguarda le modalità di intervento per la promozione della sostenibilità che riconosce la necessità di collocare aree per la raccolta delle acque, la realizzazione di aree verdi, le aree destinate al conferimento dei rifiuti, il dimensionamento delle sezioni stradali, degli attraversamenti e dei materiali da impiegare (piastrelle in cemento, pietra o superfici in cemento) e soprattutto i dispositivi tecnologici per il risparmio e


qualitĂ o diversificazione del prodotto?

211


212

faste[a]st cities


qualità o diversificazione del prodotto?

l’efficienza della pubblica illuminazione. Il volume su Cityscape è attento alla rete dei percorsi nelle ventidue aree di intervento in cui è divisa la città e cerca di focalizzare l’attenzione su tre temi: una proposta volumetrica generale (comunque non vincolante) che propone ‘prospettive urbane’; il coordinamento della segnaletica e delle insegne (per il quale si propone un modello di stampo europeo e non asiatico); la fruizione delle aree verdi (con riferimenti a casi europei, non particolarmente mirati). L’Image Building Plan in realtà è il vero nodo delle linee guida perché ‘sintetizza’ il contenuto ripetitivo dei successivi sette volumi che trattano l’ aspetto estetico degli edifici, il colore dell’ambiente urbano, le linee guida per le insegne, la pianificazione degli spazi aperti e le linee guida per il relativo design, le linee guida per le infrastrutture per il design delle strutture pubbliche. Il documento contiene, infine, le linee guida del design dei panorami notturni contenute in 2.000 pagine. I volumi citati sono accompagnati da quaderni di dettaglio per ognuna delle ventidue aree in cui è suddiviso l’intervento. I quaderni ripetono quanto già enunciato negli altri tomi con informazioni di dettaglio che per ogni area raggiungono le 500 pagine. sono numerosi i consulenti consultati dalla Land e Housing Corporation e dalla società appositamente creata per il coordinamento della realizzazione degli interventi, la Multifunctional Administrative City Construction Agency (MACC). Si tratta, in particolare, di università e istituti di ricerca come la Seoul National University, la ChunGnam University, la Seoul University e l’Urban Design Institute of Korea, oltre ad alcune compagnie private di consulenza progettuale come V.I.Land Corporation ltd, Sodo Urban Architecture Company, Industry Academic Collaboration Foundation, YooShin Engineering Corporation, Kim Hyunsun Design. Le linee guida configurano precetti poco vincolanti e generici sulla qualità della città, privilegiando l’aspetto estetico piuttosto che il dettaglio strutturale degli spazi funzionali. Questi sono delegati alla progettazione dei privati che poi commercializzeranno i prodotti finiti. Anche le simulazioni volumetriche, spesso por-

213

Nella pagina accanto, dalle linee guida del colore, le tavole della verifica cromatica dei colori delle piante previste nelle diverse aree. Sopra alcune esemplificazioni di dettaglio dell’impiego del colore nelle diverse partizioni architettoniche dei fabbricati. Si noti che gli esempi presi rispecchiano la struttura tipica dei fabbricati residenziali, abbandonando ogni tentativo di indirizzare le architetture degli apt verso linguaggi più contemporanei.


214

faste[a]st cities


qualità o diversificazione del prodotto?

215

tate a modello nel progetto complessivo e che tentano di creare isolati più compatti sui margini rifacendosi ad un modello di città occidentale, sono contraddette dalle soluzioni adottate dalle imprese assegnatarie dei progetti esecutivi. colori dell’ambiente urbano ed estetica degli edifici L’armonizzazione cromatica dello spazio è una preoccupazione progettuale particolarmente evidenziata da parte degli autori delle linee guida7. La new town viene divisa in sei aree cromatiche e a ciascuna viene attribuita una diversa cartella del colore. Per ogni area ci sono due colori principali più scuri che creano, giocando con le tonalità da cinque a otto cartelle colore. Per la realizzazione dei fabbricati, dei singoli elementi architettonici e delle strutture di servizio come gli accessi, le portinerie e le recinzioni si sceglie una delle combinazioni cromatiche di una cartella. Per una migliore comprensione delle modalità di intervento si propongono esempi di combinazione cromatica su edi-

Nella pagina accanto alcuni schemi per l’applicazione delle insegne sugli edifici che sono trattate nel volume: linee guida per le insegne. Si noti come, se realmente impiegato, il modello occidentale non preveda, come è consuetudine in Corea, di avere attività commerciali e servizi ai piani superiori. Sopra alcune tavole di specifiche sulla gestione e l’indirizzo degli spazi aperti.


216

faste[a]st cities

fici tipo8. La questione che forse può destare maggiore perplessità è che il raffinato coordinamento cromatico fra diverse aree con pantoni definiti prenda a modello per la visualizzazione delle modalità di impiego edifici di scarsa qualità architettonica. Si accetta in tal modo che la qualità delle architetture sia semplicemente quella in uso nel mercato delle costruzioni. Questo problema si manifesta con particolare evidenza quando si scende ancor più in dettaglio, ovvero nell’utilizzo del colore per la struttura compositiva delle facciate. nelle Nelle opzioni d’uso del colore compaiono archi, lunette, timpani, bugnati basamentali, cornicioni classici, in un repertorio che sembra disinteressarsi ai linguaggi contemporanei, ma solo attento al corretto accostamento dei colori. Più interessante risulta invece il piano di coordinamento cromatico tra siepi, arbusti e alberi da impiegare mediante selezione delle essenze.


qualità o diversificazione del prodotto?

Per quanto riguarda l’estetica degli edifici gli esempi restituiscono la diversità delle soluzioni progettuali nei paesi europei e asiatici, privilegiando la prassi edilizia alla qualità degli interventi. Si affrontano così, senza alcuna originalità, le potenziali differenze nell’uso di balconi, accessi, recinzioni e coperture, enfatizzando il mascheramento dei condizionatori sulle facciate e lungo i percorsi linee guida per le insegne e pianificazione degli spazi aperti e linee guida per il design. Particolare attenzione é dedicata alle linee guida per il posizionamento delle insegne luminose delle attività commerciali lungo le facciate degli edifici. Il modello proposto è ispirato a quello occidentale, dimenticando che gli edifici che ospitano attività commerciali sono strutturati in Corea, diversamente che in occidente, su più livelli9 con interessanti mix e potenziali di movimento sia in senso verticale che orizzontale. Questo implica che un ambulatorio medico si possa trovare al terzo piano a metà di un corridoio angusto accanto ad una scuola di lingue, un parruc-

217

Alcune immagini tratte dalle linee guida delle infrastrutture. Si noti come le indicazioni a non “esagerare nel disegno dei manufatti” sia molto chiaramente ribadito con più esempi concreti. Sono connesse a queste avvertenze una serie di esempi internazionali di buone pratiche e di esempi di ponti e viadotti di grande qualità


218

faste[a]st cities


qualità o diversificazione del prodotto?

219

chiere, un ristorante giapponese o una agenzia di investimento. Per tale ragione è normale trovare nelle insegne l’indicazione di dove si accede e il piano in cui si trova l’attività; spesso per farlo si mettono insegne anche sui vetri delle finestre per orientare i possibili avventori10. E’ evidente l’ inappropriatezza del sistema di insegne occidentale che prevede un utilizzo per attività commerciali prevalentemente al piano terreno e uffici ai piani superiori senza bisogno di insegne particolari. Poiché ogni attività in Corea è considerabile come commerciale, ciascuno necessità di una forte visibilità che può difficilmente trovare adequate risposte con queste modalità comunicative. Le simulazioni delle linee guida prendono ad esempio edifici comuni in Corea con linguaggio postmoderno, riproponendo il problema della acriticità del manuale rispetto delle architetture che andranno a comporre la città. Al contrario, molto più dettagliato e di grande cura progettuale è il progetto degli spazi aperti nei quali si scelgono piante, strutture ricreative da insediare nei diversi spazi, organizzazione e aggregazione dei percorsi ciclo-pedonali.

linee guida delle infrastrutture e design delle strutture pubbliche Le infrastrutture sono uno dei punti focali delle linee guida in quanto è sulla qualità del disegno delle infrastrutture stradali che si concentra la maggiore attenzione progettuale. In questo caso, diversamente dagli altri, si può parlare di linee guida per la progettazione della qualità12. I volumi trattano due principali questioni che non riguardano il dimensionamento delle sezioni stradali (trattate nei volumi generali),ma soprattutto di sottopassi, gallerie e ponti. La modalità di trattazione è tipica del catalogo, con esempi di progettazione internazionale, errori progettuali da evitare. Numerosi sono i casi di realizzazione e simulazione di ponti. E’ questa quasi certamente la parte più esposta alle questioni progettuali contemporanee e che tenta di dare organicità alla lettura della sequenza dei manufatti infrastrutturali.

Sempre all’interno delle linee guida si operano anche alcune simulazioni di intervento nel paesaggio urbano di Sejiong. Anche attraverso queste immagini si percepisce l’ovvio e monotono paesaggio, che gli stessi progettisti si aspettano come risultato. Ponendo così fortemente l’accento sulle infrastrutture, con esempi, errori da evitare, simulazioni, casi di buone pratiche si nota con chiarezza lo sguardo attento della pubblica amministrazione soprattutto, forse solo, allo spazio fuori dal danji.


220

faste[a]st cities


qualità o diversificazione del prodotto?

linee guida del design e panorami notturni Negli ultimi due volumi delle linee guida si affrontano i temi del cosiddetto “arredo urbano” e dell’illuminazione notturna della città. Il progetto delle improbabili cabine telefoniche (in una nazione nella quale c’è un altissimo numero di telefoni cellulari, utilizzati anche come carte di credito), unite al disegno delle pensiline per i parchi, dei porta biciclette, delle panchine, delle indicazioni per i pedoni, pur confrontandosi con un linguaggio contemporaneo, e di standard paragonabili alla maggior parte di altre nazioni occidentali, risulta nel suo complesso ridondante. Strutture troppo complesse e costose, artificiose nell’elaborazione del disegno, costituiscono esempi forse troppi attenti “alla moda” e meno alla economicità e alla manutenzione. Per quanto concerne il progetto dell’illuminazione della città, troviamo punti di maggiore interesse soprattutto per quanto riguarda il piano generale delle temperature della luce e della distribuzione spaziale. Il piano punta ad una continuità della luce di colore freddo per la viabilità principale anulare, e una luce di colore caldo nei percorsi pedonali nel verde e tra i danji. Simili a “stanze” vengono definite aree urbane molto illuminate che oltre a segnalare diverse centralità, valorizzano l’asse pedonale fluviale, l’area dei ministeri, ed altre specifiche aree dei parchi. Vengono inoltre previste illuminazioni lungo le strade di quartiere per le quali si individuano le tipologie dei corpi illuminanti e la loro distribuzione. Molte sono le simulazioni di illuminazione dei fabbricati a torre, degli spazi pubblici, dei viali principali di scorrimento, dei percorsi pedonali nel verde. Tutte le viste mostrano la necessità di illuminare i percorsi con luci non troppo lontane da terra. Viene suggerito, inoltre, che anche le masse arboree in zona urbana siano illuminate.

221

Nelle linee guida per il design, si pone fortemente l’accento al bisogno di realizzare arredi urbani con un linguaggio contemporaneo. Lascia perplesso il fatto che le strutture proposte risultano complesse nella lora realizzazione fisica, nella manutenzione nel tempo e probabilmente particolarmente costose.


222

faste[a]st cities


qualitĂ o diversificazione del prodotto?

223

Sopra due estratti del piano della luce, presente nelle linee guida per il progetto dei panorami notturni. Una accanto all’altra si vedono il piano della distribuzione delle aree molto illuminate e a destra il colore della luce da impiegarsi nelle diverse aree della città . Nella pagina accanto alcune proposte di illuminazione di spazi e di parti di città .


faste[a]st cities

224

5.3 danji di sejong: tra innovazione e continuità

Una vista dell’area centrale del cigu amministrativo tratta dal volume che sintetizza tutte le linee guida per ciascuno dei cigu. Si noti l’astrattezza del modello tridimensionale rispetto alla sua reale possibilità di realizzazione che comporterà una profonda rimodellazione del progetto.

cigu della città amministrativa Nel baricentro della new town di Sejong, si trova lo cigu amministrativo con una superficie di 276 ettari, dei quali il 33% é destinato ad aree verdi. Nelle intenzioni di progetto, il quartiere che ospiterà gli edifici amministrativi, dovrà avere una immagine particolarmente innovativa e “rappresentativa”, ma essere anche luogo della quotidianità, dove possa convivere un forte mix funzionale�. La popolazione prevista é di circa 20.000 abitanti, distribuiti su 8.000 alloggi, con una media di 2,5 unità per alloggio, molto inferiore rispetto al dato di progetto delle new town precedenti. Saranno inserite due scuole elementari, una scuola media e una superiore, oltre ad un istituto universitario a testimonianza della continuità con il modello residenziale coreano che viene valutato in base all’offerta scolastica presente nell’area. L’idea di progetto é contenere lo sviluppo verticale secondo un modello di FLAT CITY, e sviluppare una città connessa in maniera complessa, detta LINK CITY. L’obiettivo ZERO CITY, è in realtà solo uno slogan perché non sta ad intendere zero emis-


qualità o diversificazione del prodotto?

225

sioni, ma una sosta di bilancio fra emissioni e assorbimento da parte di elementi naturali dentro e fuori la città. Elementi naturali dovrebbero purificare le acque grigie. Il concetto di FLAT CITY fa riferimento ad un modello di città orizzontale dove i tetti degli edifici amministrativi, concepiti per fondersi con il parco fluviale circostante, diventeranno un vero e proprio giardino. La struttura degli edifici dovrà relazionarsi all’articolata topografia del sito creando spazi pubblici dalle complesse architetture che comporranno lo cigu. Il concetto di LINK CITY, ben rappresentato dal grafico progettuale elaborato per livelli e funzioni, è evidente nel rapporto tra parco fluviale e città amministrativa. Tra questi dovrà esistere una continuità

I diagrammi in alto nella pagina mostrano il processo di elaborazione del progetto che ha portato dal riconoscimento di alcuni segni topografici esistenti nell’area allo sviluppo di un sistema di segni naturali e artificiali tra loro connessi. Molto più interessante il diagramma immediatamente sotto che mostra la complessità del progetto dell’edificio amministrativo. La sezione schematizzata mostra l’articolazione che si prevede di mettere in gioco.


226

faste[a]st cities


qualità o diversificazione del prodotto?

di spazi e percorsi. Lo cigu sarà inoltre posto in continuità con le funzioni commerciali e residenziali, amministrative e culturali, superando le tradizionali divisioni dell’uso del suolo dei master plan coreani correnti. Per questa ragione anche l’edificio amministrativo verrà organizzato come strada commerciale lineare. Lo schema viabilistico per le automobili sceglie come matrice una griglia reticolare ortogonale tradizionale, ed una più libera e diagonale per i pedoni. La Vista Road é la strada commerciale limitrofa all’edificio amministrativo; la Scenic Drive é la strada panoramica che costeggerà il fiume con percorsi sia pedonali che automobilistici. Infine, denominata Government Express, verrà realizzata una strada ad esclusivo utilizzo dell’edificio amministrativo connessa con i parcheggi collocati sotto il livello del tetto giardino nei diversi settori dell’edificio. Il risultato assume la forma di una città-scultura, dove l’edificio amministrativo di 371.000 metri quadrati circa di superficie utile sarà realizzato come elemento lineare, e si insinuerà nella griglia ortogonale urbana articolandola. Lascia perplessi la sintesi del concept pubblicato nel volume

227

Nella pagina precedente il progetto di dettaglio dei singoli blocchi e percorsi pedonali, a confronto con lo stato dei luoghi prima dell’intervento. L’idea della tabula rasa, come metodo per affrontare la progettazione di una area è evidente. Sotto alcuni degli schemi di progetto del cigu: la struttura funzionale e la rete dei percorsi pedonabili connessi col verde. Sopra alcune viste del futuro assetto volumetrico dell’area.


228

Sopra alcuni diagrammi di progetto del danji residenziale di Izi. Il progetto è sviluppato dal piano generale della città di Sejiong. L’idea di vie con sezione variabile, ma convergenti verso le aree boscate e i parchi del settore urbano, pongono l’accento su una questione di coordinamento morfologico dell’insediamento. La scelta di tracciare percorsi affiancati a cortine edilizie continue, vuole impedire il tentativo di autoreplica di modelli a torre sempre uguali.

faste[a]st cities

delle linee guida per la città in quanto sottintende una grossolana approssimazione tra il concetto di verde e il “paesaggio”. Essa recita infatti: “il Piano paesaggistico per la città: (…) tramite il progetto di tetto giardino degli edifici (...) la città assume diversi colori, secondo la stagione, quindi paesaggi diversi”. I parchi organizzati per accogliere manifestazioni all’aperto, percorsi ciclo-pedonali, spazi sportivi e per il tempo libero, ricercano di realizzare diversi ambienti naturali: un bosco, spiagge e una palude che verrà utilizzata anche come bacino di laminazione e di accumulo delle acque piovane. Tutti gli edifici saranno dotati di sistema di purificazione delle acque bianche e grigie che verrà connesso con il tetto giardino. Si prevede, sulla carta, un primo sistema per la raccolta differenziata dei rifiuti. Anche in questo progetto i villaggi agricoli dell’area e le numerose fabbriche presenti vengono demoliti completamente e sono ignorati di fatto i segni del paesaggio, quali strade, struttura agricola, divisioni poderali, orografia. Ad est si verrà a trovare il lago artificiale, mentre a sud il corso d’acqua. Scendendo di scala, le visualizzazioni tridimensionali dei progetti sembrano puntare sull’articolazione delle forme più che su un controllo accurato della topografia risultante. La qualità del progetto meriterà una attenta verifica nella realizzazione.


qualità o diversificazione del prodotto?

229

danji residenziale di izi, una occasione perduta Il progetto del DanJi IZI, è uno dei più avanzati progetti in corso di realizzazione. Si colloca a ovest del cigu amministrativo, ha una superficie di 6,4 ettari, di cui 3,8 ettari coperti, e un indice di fabbricabilità di 2,5 mc/mq. Il progetto del master plan generale della città aveva elaborato strategie urbane molto articolate e in discontinuità con i modelli precedenti. Aveva, infatti, tentato di suggerire un assetto volumetrico più basso e distribuito sul lotto. L’idea di progetto prendeva in considerazione un impianto dotato di cortine urbane continue per orientare i percorsi dell’insediamento verso lo cigu amministrativo. Questo assetto proponeva la realizzazione di

Con un attento e accurato confronto tra progetto previsto e progetto definitivo, la ditta costruttrice Hillstate, tenta di scomporre le ipotesi planivolumetriche del progetto generale. Vuole mostrare come una soluzione con torri isolate (quella che ritroviamo ovunque in Corea) possa garantire luce, libertà dei percorsi, distanza tra i fabbricati. ovviamente l’analisi non mette in mostra l’incongruenza morfologica con gli altri isolati vince se almeno loro applicassero le direttrici del piano.


faste[a]st cities

230

corti parzialmente permeabili contrapposte alle due spine verdi pedonali più pubbliche. L’altezza degli edifici era articolata, perché poneva gli edifici più bassi a costituzione dei fronti continui e gli edifici a torre di media altezza sulla stessa direttrice, separati tra loro, a utilizzare compositivamente la cortina continua come basamento. Torri molto più alte venivano poste a conclusione della prospettiva urbana dei due percorsi pubblici. L’ asse viario anulare che tagliava lo cigu, veniva scavalcato da due ampi ponti verdi. Il progetto in corso di realizzazione, smontando l’ipotesi iniziale di piano, realizza un insediamento fatto di torri isolate collegate nella porzione centrale da un basamento.


qualità o diversificazione del prodotto?

Una maggiore dimensione del giardino e la possibilità di crearvi una zona servizi più ampia, un maggiore soleggiamento e una migliore trasversalità dei percorsi, orientati dalle cortine continue, vennero addotte come motivazioni alla trasformazione dell’impianto. Il progetto adottato, riproponendo un modello di quindici torri residenziali isolate che non crea una struttura gerarchica del daji, inserisce come unico elemento di novità una forte articolazione della superficie a terra dell’area nella quale si ricavano attività collettive, piccole aree commerciali di quartiere, parcheggi interrati e coperti dal giardino. Le torri invece, utilizzano la retorica di un linguaggio noto con rivestimenti in pietra per i primi piani, modanature decorative e lati brevi delle case in linea completamente ciechi.

231

Nella pagina accanto una vista nottura dell’insediamento residenziale, con accanto, lo schema dei parcheggi interrati, la piattaforma alta di connessione dellgli accessi, i circuiti pedonali principali. sopra una simulazione realistica dello spazio esterno e delle torri di progetto. Le torri risultano la banale ripetizione dello stesso progetto, mentre il basamento in vetro e la complessità dei diversi livelli della struttura donano al complesso almeno una variazione di punti di vista e di prospettive urbane.


faste[a]st cities

232

5.4 verso la complessità

nuove offerte del mercato: la complessità Il recente volume del professor Park, Housing Design 2010, ha tentato di fare il punto sullo stato dell’arte dei complessi residenziali in Corea. L’elaborazione di forme e modelli nuovi di danji e cigu sembra assente di fronte ad una assordante monotonia abitativa; anche importanti e valenti studi di architettura come quello di Tomoon, che conta uno staff di 400 architetti, nel progetto di Eunpyeong New Town, nonostante riesca a produrre nuove pelli ancora inedite in Corea, come il mattone a faccia vista, le vetrate asimmetriche in facciata, dei ponti di connessione tra le torri, il progetto viene completamente sommerso dalla monotonia volumetrica circostante, che le somiglia troppo per non venirne inghiottita, trasformando in un esercizio accademico qualcosa che avrebbe avuto bisogno di diventare rottura della regola aggregativa e trasformarsi in un atteggiamento progettuale più che in un linguaggio. Forse è difficile scorgere segnali incoraggianti rispetto alla qualità del progetto di housing se i parametri sono estetici o di contemporaneità del linguaggio architettonico.


qualità o diversificazione del prodotto?

Danji tutti uguali con piccole o grandi giungle amazzoniche di alberi e strani cornicioni a sbalzo posti a coronamento delle torri, oltre che marcapiani e basamenti in pietra, rendono oggi indistinguibili questi interventi. Purtoppo il modello aggregativo delle prime new town è rimasto invariato; troviamo sempre condomini organizzati secondo griglie quadrangolari o file parallele e negli ultimi anni altre due varianti: torri più compatte alternate a quelle lineari, e alti edifici in linea che formano una grande corte centrale irregolare. Se però proviamo a scomporre il danji secondo gli obiettivi compositivi degli isolati, e ci rechiamo a vedere alcune delle ultime realizzazioni, non tanto nelle new town, quanto piuttosto nei piccoli danji del centro di Seoul, riusciamo forse a comprendere quali sono gli spunti che una domanda molto esigente, come quella del centro città, chiede oggi agli APT. Bisogna premettere che questi interventi sono per le classi più abbienti, che si sostituiscono ai vecchi abitanti, scacciati dall’enorme valore immobiliare dei terreni del centro. Vengono costruiti enormi volumetrie su lotti piuttosto piccoli.

233

Alcune torri residenziali recentemente costruite nel cuore di Seoul da Tomoon, pubblicate dal prof. In Seok Park in Housing Design 2010. Si noti il tentativo di proporre nuovi materiali e variazioni compositive per le facciate.


faste[a]st cities

234

daelim

dongil highvill

tower palace 3

posco the, daechi

centre ville

king’s garden


qualità o diversificazione del prodotto?

acrovista tower

acro tower

woosung

tower palace 1

235

A destra alcuni casi studio di danji a Seoul, con l’abaco delle varianti compositive degli edifici a torre. L’articolazione dei corpi di fabbrica prelude, probabilmente ad un nuovo approccio che pone come elemento di qualità nuove variabili come la variazione della sezione della torre, l’inserimento di un basamento di servizi e uffici, l’articolazione della pianta, l’inserimento di portici, la realizzazione di un coronamento, l’articolazione funzionale del limite del danji, un parco interno, la porosità urbana mediata con spazi pubblici, una piazza centrale, l’articolazione dei limiti. queste varianti, non risultano sempre di grande qualità architettonica, ma sono particolarmente innovative rispetto alla omologazione del tessuto urbano consolidato che, negli anni, non si è innovato. La nuovova tendenza di rendere però i danji sempre meno permeabili potrebbe rappresentare uno dei maggiori rischi per la struttura della città coreana. Seguono, nelle quattro pagine successive, sei schede che schematizzano la combinazione dei diversi elementi di complessità dei danji. Anche se rivolti a clienti particolarmente facoltosi, la combinazione di soluzioni differenti arricchisce la caratterizzazione del danji aprendo nuovi interessanti percorsi di variazione del modello. Si noti inoltre l’inizio dell’uso di nolti tipi edilizi, anche se molto simili tra loro, che segna una forte distanza dalla omologazione degli alloggi. Rimane rigido su due sole soluzioni per tutto il complesso residenziale solo il caso di Woosung che al contrario propone pre la prima volta l’inserimento di una piazza all’interno del danji, andando controcorrente rispetto alla tendenza di trasfomare i danji in gated community. Immagini DL 2010.


faste[a]st cities

236

21 tipi edilizi (da 130,8 a 311 mq)

14 tipi edilizi 8da 59,4 a 244,2 mq)

10 tipi edilizi (da 115,5 a 333,3 mq)


qualità o diversificazione del prodotto?

acrovista

Uso Residenziale e commerciale Superficie del sito 22.713,60 m² Superficie coperta 8.287,62 m² Superficie calpestabile 257.968,23 m²

daelim

Uso Residenziale Superficie del sito 14.000,40 m² Superficie coperta 5.204,82 m² Superficie calpestabile 204.274,25 m²

tower palace 1

Uso Residenziale, commerciale e uffici Superficie del sito 33.696,10 m² Superficie coperta 17.114,12 m² Superficie calpestabile 457.779,70 m² Costruttore: Samsung Corporation

237


faste[a]st cities

238

21 tipi edilizi (165 e 208 mq), 924 posti auto

15 tipi edilizi (da 155 a 340 mq), 1785 posti auto

21 tipi edilizi (da 95,7 a 333 mq)


qualità o diversificazione del prodotto?

woosung

Uso Residenziale Superficie del sito 10.690,50 m² Superficie coperta 5.956,28 m² Superficie calpestabile 100.496,73 m²

tower palace 3

Uso Residenziale Superficie del sito 17.990,20 m² Superficie coperta 7.084,80 m² Superficie calpestabile 222.720,80 m² Costruttore: Samsung heavy Industries

tower palace 2

Uso Residenziale e Commerciale Superficie del sito11.880 m² Superficie coperta 4.884 m² Superficie calpestabile 296.650 m² Costruttore: Samsung heavy Industries

239


240

Progetto di Yongin Dongcheon, della Samsung Raemian (sezione della Samsung che realizza gli edifici più prestigiosi) progettato dallo studio Tomoon, di Seoul. Si noti il tentativo di collocare il linguaggio degli edifici del complesso all’interno del dibattito internazionale. Immagine tratta dal volume Tomoon 20th, works anniversary.

faste[a]st cities

Questi isolati oltre ad avere ogni tipo di optional elettronico hanno altissimi standard di confort ed elementi di una nuova creatività compositiva che verrà diffusa mercato probabilmente più velocemente che dalle capacità degli architetti di cambiare le cose. Possiamo scomporre queste soluzioni in dieci categorie. La prima riguarda le trasformazioni del coronamento: la variazione di pianta con il crescere dei piani (vedi il caso di Daelim), o la realizzazione di strutture metalliche di coronamento, che nei casi più interessanti è l’elemento che fa riconoscere la presenza di spazi non residenziali nella parte più alta delle torri (è il caso di Acrotower ). La seconda categoria supera la forma tradizionalmente a lama della torre per proporre inediti e interessanti sviluppi planimetrici come nel caso di Tower Palace 3. Il terzo gruppo di variazioni modifica la struttura generalmente monolitica del basamento per sostituirla con un grande porticato (è il caso di Tower Palace 2), oppure un passaggio tra le diverse aree del danji (come nel caso di Tower Palace 1). Esiste


qualità o diversificazione del prodotto?

un’altra categoria, quella della trasformazione del suolo del danji che può diventare piattaforma dalla quale si sviluppano le torri residenziali (come nel caso di Megatrium 2), oppure un grande giardino come succede più comunemente (come nel caso di Superville); o delle piazze, come nel caso di Woosung. L’ultimo caso è la variazione del limite esterno del danji che nella peggiore delle ipotesi si trasforma in gated community (come nel caso di Centreville) oppure interfaccia porosa commerciale o di servizi verso l’esterno della città (come nel caso di Posco). Cio che dà maggiore qualità a questi tentativi di articolazione dell’edificio è la conbinazione di due o più fattori; in questi casi si realizza davvero una profonda discontinuità con quanto già progettato fin d’ora.

1 김원배, 안형도, 박세훈, 정옥주, 이성수, 동북아 대도시권 동태적 경쟁력의 비교연구 (O.B. Kim, H.D. Anh, S.H. Park, O.J. Cheng, S.S. Lee, Comparazione della capacità competitiva delle grandi città asiatiche), Seoul, 2007 2 이숙경, 수도권 인구 이동의 변화, 1990-2003 / S.K. Lee, The Change of Migration in the Seoul Metropolitan Region, 1990-2003, Seoul, 2004 3 행정중심복합도시 환경부문 상세계획 (Detailde enviromental plan for multifunctional administrative city), Chungnam Yeongigun, 2007 4 Il 66% della superficie nazionale è forestale, contro il 21% coltivato. L’agricoltura assorbe il 18% della forza lavoto totale e contribuisce con l’8% al Pil. 5 행정중심복합도시 경관부문 상세계획 (Detailed cityscape plan for multifunctional administrative city), Chungnam Yeongigun, 2007 6 행정중심복합도시 통합이미지

형성방안 (Integrated image building plan for multifunctional administrative city), Chungnam Yeongigun, 2007 7 도시환경색채 / Color master plan and design guidelines, Chungnam Yeongigun, 2007 8 건축물미관 / Urban design guideline and aesthetic building standards, Chungnam Yeongigun, 2007 9 공원,녹지,수변 (Open spaces planning and design guidelines), Chungnam Yeongigun, 2007 10 옥외광고물 (Design guidelines for signs), Chungnam Yeongigun, 2007 11 도시환경색채 / Color master plan and design guidelines, Chungnam Yeongigun, 2007 12 김영환, 문채, 이인성, 이희정, 지구단위계획의 이해(Y.H. Kim, C. Moon, I.S. Lee, H.J. Lee, Comprendere il piano Jigu), Paju, 2006

241



indizi e scenari di futuro

243

capitolo 6

indizi e scenari di futuro

6.1 scenari territoriali

criticità Con l’aiuto di letture storiche e territoriali, valutazione di esperienze progettuali, sopralluoghi, interviste ai protagonisti e analisi bibliografica sui fenomeni delle new town coreane è possibile un primo bilancio. Si tratta inevitabilmente di un bilancio provvisorio, che solleva problemi di grande momento, notevolmente condizionato dalla prospettiva di osservazione. Pur trattandosi di un’osservazione ‘partecipante’ con diverse modalità di relazione al contesto, resta pur sempre un punto di vista occidentale. L’elemento strategico è il rischio di collasso del sistema metropolitano se non verranno adottati opportuni ‘correttivi’ e se rimarrà ancora a lungo la divisione fra nord e sud. I correttivi dovrebbero essere orientati al contenimento del processo di finanziarizzazione del settore delle costruzioni e del suo peculiare contributo alla produzione del reddito nazionale, in particolare del reddito urbano della capitale. Diversamente da altri paesi1, questo processo è alimentato più che da mutui facili da una valorizzazione dello stock immobiliare fondato su una elevata mobilità sociale e

Preparazione del piatto tradizionale coreano, il chim-ci, verze fermentate nelle spezie, lungo le vie del centro storico di Seoul, DL 2008.


244

faste[a]st cities

territoriale2 di importanti segmenti della popolazione. La valorizzazione dello stock sembra essere ‘virtuosa’ in quanto affianca limitati effetti inflattivi dovuti ai processi di filtering up and down ad una base fiscale in continua espansione. Tuttavia, un fattore di rottura potrebbe essere costituito proprio dalla domanda e dalla variazione dei meccanismi di mobilità su cui si appoggia oggi. Le politiche di riduzione della polarizzazione funzionale del centro di Seoul possono essere lette in questa prospettiva. Con la creazione di un assetto metropolitano policentrico in grado di sviluppare gerarchie, specializzazioni e connessioni tra polarità si intende differenziare geograficamente la valorizzazione dello stock. Il progetto di delocalizzazione dei ministeri nella città amministrativa di Sejong3 è un punto di partenza che richiede l’attuazione di strategie su logistica, viabilità e trasporti ferroviari, già elaborate dal piano della Regione Capitale. Queste strategie hanno come primo obiettivo il miglioramento delle connessioni anulari tra le città di cintura. Un secondo fattore critico è l’edificazione “paratattica” di grandi quartieri per riempimenti ed espansioni a ‘modulo compiuto’. Senza una regia centrale, l’edificazione tende a presentarsi isomorfa ed “equipollente” in termini di funzionamento del meccanismo urbano, per cui la replicabilità appiattisce le priorità a meccanici standard ed omologhi senza porsi il tema della connessione fra parti in qualche modo gerarchizzabili dal punto di vista fisico-funzionale4. L’apparente libertà insita in questa logica, oltre a frammentare la comunità urbana, vanifica anche i più buoni propositi del progetto new town di iniziativa pubblica, riducendo l’effetto delle soglie di dimensionamento, l’efficienza (contenimento dei costi di urbanizzazione) e l’ efficacia spaziale (accessibilità ai servizi, ai luoghi di svago e al lavoro). La costruzione di nuovi interventi soprattutto lungo l’asse nord-sud, che da Busan arriva alla città, ha favorito la formazione di una vera e propria iperurbanizzazione. Piani di sviluppo locale avrebbero potuto sostenere una più equilibrata crescita delle municipalità, evitando l’abbandono di territori rurali, migrazioni di massa, aumento dei prezzi degli alloggi, congestione urbana. Entrambi i fattori critici sembrano il portato di un datato approc-


indizi e scenari di futuro

cio emergenziale. La fase della emergenza abitativa post-bellica è ampiamente superata senza tuttavia favorire una normalizzazione dei processi di trasformazione urbana. Se il modello massificato di alloggi a torre ha permesso alla città di rispondere in tempi rapidissimi alla scarsità di alloggi, oggi la prosecuzione nella realizzazione di questo tipo edilizio sembra indifferente alla richiesta di differenziazione dell’offerta abitativa e soprattutto all’opportunità di intraprendere un percorso verso una maggiore qualità e sostenibilità degli interventi. La scarsa trasformabilità degli alloggi, la loro relativamente breve lunghezza di vita, la grande dispersione termica dei fabbricati in calcestruzzo sono tutti fattori di prematura obsolescenza dei grandi complessi residenziali ancora in costruzione. Il mercato e l’amministrazione pubblica non sembrano preoccupati di queste criticità che, come detto all’inizio, potrebbero causare un collasso sistemico5. risposte parziali e tardive Le risposte sono parte integrante delle criticità, ma possono essere “isolate” per ulteriori precisazioni. La politica delle città coreane si colloca nel quadro delle strategie nazionali asiatiche, di cui la Cina appare oggi la maggiore protagonista6. Queste strategie, dopo lunghi e differenziati periodi di urbanizzazione delle popolazioni rurali, cercano di contenere la crescita infinita delle città. La Corea affronta il problema fin dagli anni Ottanta con la costruzione di new town. Ma senza un programma di decentramento delle attività industriali e terziarie su tutto il territorio nazionale l’esito è un considerevole incremento della agglomerazione regionale, con baricentro Seoul, dove risiede quasi la metà della popolazione di tutta la nazione. E’ evidente che non si è trattato di new town tipiche della tradizione anglosassone, di sistemi ad economia centralizzata o di esperienze coloniali in Asia, Africa e America Latina7. In tutti questi casi il perno è una robusta base economica urbana, una ridotta differenza fra popolazione attiva e posti di lavoro, una sufficiente dotazione di servizi e l’accessibilità differenziata per rango ai nodi dei sistemi urbani di appartenenza. L’agglomerazione della capitale coreana, oltre a generare un

245


246

faste[a]st cities

maggiore squilibrio territoriale a scala nazionale, ha creato gravi problemi alla rete infrastrutturale, ridotto l’efficienza media del sistema urbano complessivo e un alto livello di inquinamento. Inoltre, le politiche di incentivo territoriale alla realizzazione di nuovi quartieri e i premi volumetrici per le riqualificazioni urbane sono definiti in modo tale da garantire la ripetizione di un meccanismo di crescita infinita della fast|est city. Questo è reso possibile dalla forza delle imprese di costruzione (non raramente alleate alle più forti industrie esportatrici) che detengono il monopolio del mercato e che per anni hanno operato coerentemente ai dettati delle politiche governative. Nel periodo compreso fra il 1989 e il 20168 sono state programmate quattordici new town di iniziativa pubblica nell’area metropolitana di Seoul (con una dimensione che va dai 20 ai 190 mila alloggi). Solo all’interno dei confini municipali si contano altre quindici importanti interventi di riqualificazione con un forte aumento volumetrico unitario nel periodo 2002 – 2019. Undici interventi programmati sono stati sospesi temporaneamente per la crisi economica. Alle iniziative pubbliche vanno affiancate quelle di iniziativa privata con quartieri residenziali di dimensione media minore, ma che in complesso superano di gran lunga gli interventi pubblici. I quartieri di iniziativa privata, dotati di uno standard di servizi inferiore rispetto a quello delle new town, aggravano il carico urbanistico consentendo alle imprese costruttrici di lucrare ingenti profitti da esternalità nette non contabilizzate. Le esternalità nette sono la differenza fra esternalità negative, in genere estranee alla contabilità di impresa, e le esternalità positive, tendenzialmente acquisite come componenti dei prezzi di compravendita. Il tentativo di delocalizzare la capitale, o almeno la maggior parte dei ministeri in una new town a oltre cento chilometri di distanza da Seoul, Sejong della quale si è parlato nel capitolo quinto, sembra risultare un pò tardivo, anche se la logica è condivisibile, almeno in linea di principio. Di fatto però l’approccio soffre degli stessi limiti della strategia seguita per le new town. In più, ripropone, quando potrebbe evitarlo senza grossi problemi, stili di vita tipici della città polarizzata e omologata “su torri” . Va riconosciuto come il basso costo dei terreni abbia permesso


indizi e scenari di futuro

la creazione di ampie aree verdi all’interno della città, ma con una logica frammentata e molto lontana dai concetti di armatura verde che hanno ispirato l’organizzazione dei parchi urbani fin dalla seconda metà del XIX secolo. Singapore9 può essere considerato un avamposto asiatico della pratica anglosassone, unico forse per le modalità con cui è stato gestito il processo di decolonizzazione e di formazione dello stato indipendente. A Sejong la presenza degli edifici ministeriali e dell’apparato statale non ha generato quella “retorica della capitale” fatta di grandi assi che ne enfatizzano la centralità simbolica come accade, con forme e ragioni diverse, a Brasilia, Camberra, New Delhi. Nella nuova città amministrativa si è provveduto, a connettere la città al territorio circostante, compiendo per la prima volta un tentativo di contestualizzazione: ambiente naturale, corsi d’acqua, luoghi e paesaggi. Per superare l’eclettismo formale proposto dalla consuetudine imprenditoriale locale sono state elaborate linee guida dettagliate10. Esse riguardano, per la prima volta, il coordinamento del progetto di illuminazione, delle insegne e dell’arredo urbano, del verde e del colore. Unica rinuncia al coordinamento è stata quella dell’architettura, come se, per la qualità del paesaggio urbano, non fossero necessarie regole linguistiche comuni. Tuttavia, il tentativo di stabilire un assetto volumetrico generale capace di caratterizzare dal punto di vista urbano l’insieme delle torri, sembra messo a dura prova dalle prime realizzazioni che ripetono modelli di frammentazione disattenti alla integrazione. tempi e meccanismi Per caratterizzare il quadro che ha configurato l’assetto metropolitano coreano è utile connettere alle fasi post-belliche i meccanismi determinanti lo sviluppo delle fast|est cities. Con una certa approssimazione le fasi delle trasformazioni urbane della metropoli coreana possono essere così sintetizzate: 1953, fine della guerra civile; 1957, realizzazione dei primi quartieri di condomini; l’esperienza continua con una serie di quartieri che sviluppano il modello dell’APT e lo rendono una tipologia abitativa standard; 1966, primo tentativo di applicazione delle teorie dell’unità di vi-

247


faste[a]st cities

248

densificazione

scenario tendenziale di densificazione

crescita senza competizione

mercato dualistico

filtering down


indizi e scenari di futuro

cinato nella realizzazione degli isolati che si configurano come danji; 1986, si conclude la stagione degli interventi sui quartieri con la realizzazione del villaggio Olimpico11; 1989, inizia la prima generazione delle cinque new town localizzate nel raggio di 20 e 40 chilometri dal centro di Seoul; 2002, inizia la seconda generazione delle new town localizzate principalmente tra 40 e 80 chilometri dal centro città; contemporaneamente vengono avviate le prime tre riqualificazioni urbane all’interno dei confini municipali; 2003-2005, inizia la seconda fase delle riqualificazioni del tessuto urbano esistente (che coinvolge essenzialmente i quartieri realizzati di APT); 2003, delocalizzazione dei ministeri fuori dalla Regione Capitale, a 120 chilometri dal centro di Seoul, in una new town amministrativa; 2009, inizio di altre undici riqualificazioni urbane, oggi temporaneamente sospese per la crisi finanziaria globale. Nell’economia del nostro discorso vale la pena ricordare sinteticamente le tre priorità di politica urbana che hanno guidato i meccanismi di progettazione della città. In primo luogo lo Stato ha fissato come priorità politica il sostegno delle industrie coreane per incentivare la crescita dell’economia del paese: la spesa per le politiche urbane doveva essere la più bassa possibile, anche a costo di creare condizioni sottostandard, al fine di contenere i costi di gestione e manutenzione. In secondo luogo, gli interventi di costruzione di alloggi, vista la loro scarsità a Seoul, dovevano consentire la velocità di realizzazione. Questo ha comportato la semplificazione burocratica per l’approvazione dei progetti e la semplificazione degli schemi urbanistici. In terzo luogo, il rapido rinnovo del patrimonio edilizio della città sostenuto da una frenetica mobilità sociale e geografica ha favorito negli ultimi trenta anni un aumento consistente del valore di compravendita degli alloggi. Le compravendite ancorate ad attese di valorizzazione crescenti attivano ottimistici rapporti venditore-acquirente-venditore con allargamento della base impositiva. Per garantire questa ‘tendenza da bolla speculativa’ soprattutto nelle congiunture negative l’amministrazione statale

249

Elaborazione di tre possibili scenari di densificazione in condizioni diverse: crescita senza competizione della città, la trasformazione del mercato in dualistico, l’aumento del processo di filtraggio urbano. La combinazione di questi tre scenari tendenziali in cominazioni variabili porterebbe ad una ingestibile congestione urbana.


faste[a]st cities

250

infrastrutture tempo libero energia

scenario tendenziale: potenziamento dei servizi e delle infrasrutture networking

eco-polis

cittĂ del tempo libero


indizi e scenari di futuro

ha emanato leggi a sostegno dei prezzi12. Queste hanno alimentato il ciclo e soprattutto la costruzione di nuovi alloggi. I meccanismi, già discussi in precedenza, possono essere così sintetizzati: 1. Consistente processo di filtraggio ”geografico” dello stock immobiliare della metropoli di Seoul ancorato alla mobilità sociale con espulsione dei segmenti più poveri dalle aree centrali a quelle marginali. Le aree più prossime al centro urbano sono state così interessate da processi di gentrification con alti standard abitativi e dotazione di servizi privati di elevata qualità (come per esempio nel sistema dell’istruzione, elemento centrale in Corea per la valutazione della qualità delle aree residenziali). Questo abbinamento gentrification-accesso ai servizi educativi è discriminante in quanto connette l’investimento immobiliare alle spese per l’istruzione superiore. 2. Standardizzazione del mercato delle costruzioni nella produzione di un unico prodotto che, di volta in volta, viene differenziato non in base al sito, ma in funzione del reddito del compratore. Per questo motivo sono stati sviluppati un sistema di marketing e dispositivi di comunicazione simili a quelli utilizzati per la commercializzazione di prodotti industriali e di servizio. 3. Sostanziale disinteresse nei confronti della città come sistema di spazi pubblici; parziale eccezione per i parchi che presentano tuttavia un evidente confinamento. 4. Progressiva distruzione della città esistente, comprese le componenti storiche, senza alcuno sforzo di tutela e ricomposizione urbanistica. 5. Sradicamento della popolazione dal territorio. In un nomadismo ormai congenito determinato da scelte macroeconomiche e di assetto urbano sono difficilmente accettabili diverse pratiche acquisitive da parte delle famiglie. In questa logica il territorio abitato si presenta come supporto del tutto indifferente. Segni del passato, caratteristiche ambientali e naturali, paesaggio agrario sono considerati ostacoli alla semplificazione urbana o, nel migliore dei casi, come “spettacolo” autonomo. I residenti sono “ospiti” di un ambiente “freddo” e gli alloggi soltanto investimenti. I meccanismi analizzati sostengono un processo apparentemen-

251

Elaborazione di tre possibili scenari tendenziiali di potenziamento dei servizi e delle inffrastrutture che si potrebbe realizzare in caso: di sviluppo del networking, di realizzazione di nuovi nodi e città del tempo libero, di una maggiore sensibilità alla sostenibilità urbana del territorio La combinazione di questi tre scenari tendenziali porterebbe il territorio a scoprire nuove reti materiali e a spostare polarità e centralità oggi molto rigide.


faste[a]st cities

252

rielaborazioni formali

scenari della rielaborazione formale del modello diversitĂ /

domanda identitĂ / di regionalismo riqualificazione building comunication


indizi e scenari di futuro

253

te inarrestabile e finanziariamente virtuoso. Qualcosa però sta accadendo: alcuni deboli segnali di opposizione/cambiamento ai fenomeni appena descritti meritano attenzione. Potrebbero essere paradossi in nuce e spie di un cambiamento, non soltanto di sporadici outsider, se si trasformeranno in nuove preferenze dei consumatori e in comportamenti più cittadini. incertezze e paradossi Nonostante il pragmatismo e la presunta certezza del mercato, Seoul vive oggi in uno stato di incertezza sul proprio futuro per alcune ragioni specifiche. Prima fra tutte il contraddittorio rapporto con la frontiera settentrionale che crea continui timori (basti ricordare i test nucleari del regime comunista della Corea del Nord), ma attorno alla quale maturano lecite speranze. La sensazione che gli alti profitti della speculazione immobiliare, su cui conta gran parte dei risparmiatori, sia garantita all’infinito, è stata smentita recentemente della caduta dei prezzi delle case e dalla cancellazione, o almeno dal rallentamento, di molte operazioni di trasformazione urbana. L’idea che la ‘città degli attori privati’ sia quella che la gente ambisce ad avere, è stata smentita in una significativa occasione. Il sindaco di Seoul ha fatto demolire un viadotto molto trafficato nel centro (senza creare alternative viarie) e creato al suo posto uno spazio pubblico lungo oltre cinque chilometri. Il nuovo spazio è stato realizzato scavando un canale artificiale sul sedime di un antico corso d’acqua. Per questa iniziativa il sindaco è diventato così popolare da essere eletto presidente della nazione in modo plebiscitario. Oggi il canale è uno dei più affollati spazi pubblici del centro. Come presidente della repubblica egli sta trasformando le sponde del fiume Han, che attraversa Seoul, in parco urbano. Il progetto ‘presidenziale’ è quasi ultimato. Ritenere che l’unico modello di vita che la popolazione desideri sia quello delle new town non spiega il costante esodo dalle città verso la campagna, in gran parte abbandonata. Con una certa miopia13 il mercato immobiliare ha finora fatto credere all’utenza che le tipologie a torre non subiscono più o meno rapidi processi di senescenza e, con una certa disinvoltura, equipara un alloggio nuovo ad uno vecchio. La ristrutturazio-

Elaborazione di tre possibili scenari tendenziiali che prevede la rielaborazione formale del patrimonio esistente; si ipotizzano tre possibili varianti: la ricerca di una diversitàidentità sostenuta dalla riqualificazione urbana, la crescita della percezione di una perdita di identità e un nuovo bisogno di riproposizione di elementi della propria storia, l’utilizzo degli edifici come supporti per la comunicazione. La combinazione di questi tre scenari tendenziali porterebbe il territorio a mettere in luce l’inadeguatezza di un modello che non è più modificabile.


254

faste[a]st cities

ne è ritenuta un’occasione di guadagno perché la sostituzione generalmente è legata ad un aumento della rendita fondiaria o ad una concessione della municipalità di nuovo volume. Gli analisti al contrario affermano che il ciclo di vita delle torri si attesta su un periodo che varia dai 30 ai 50 anni, e, in virtù del fatto che ci si trova in un momento di stagnazione, non è sostenibile una politica che concede generalizzati aumenti di volume senza far crollare i prezzi. La sostenibilità, come pubblicizzato nella vendita degli alloggi APT e negli slogan di molte new town, non sta nella dotazione di parchi, mentre il livello di dispersione termica delle case coreane resta altissimo bilanciato solo in parte dal basso costo che l’energia ha attualmente nel paese. Basterebbe la combinazione solo di alcune di queste prospettive per avviare una decisa modifica dei processi urbani in atto.


indizi e scenari di futuro

255

6.2 anticorpi e spunti di creatività

Si discutono di seguito quattro fenomeni che prendono le distanze dai processi che dominano le trasformazioni della metropoli di Seoul. Si tratta di significativi segnali di disagio, di entusiastica sperimentazione del nuovo, ma anche di un modo diverso di intendere il rapporto con la città: evidenza di bisogni che l’omologazione tende a nascondere, contaminazioni culturali, recupero delle proprie radici culturali. Per il loro “potenziale” e la “fiducia” riposta sono chiamati anticorpi scoperti con sopralluoghi, interviste e colloqui. recupero della memoria Ciò che ha permesso alla popolazione di accettare senza riserve il nuovo modello di sviluppo urbano e la cancellazione del passato, degli edifici, delle tracce urbane, dei paesaggi storici, è stata un’incondizionata fiducia nel progresso, la profonda convinzione che la modernità sia portatrice di fattori positivi per la società. In una sorta di scarto semantico, ciò che nella cultura occidentale si chiamerebbe antico, in coreano verrebbe più correttamente tradotto con vecchio. Vecchio è anche ciò che è rot-

Nella pagina accanto l’asse pedonale di Dongtang. Si noti come il bisogno di dare qualità allo spazio pubblico passi per espedienti formali fatti di eccessi. Sopra alcune abitazioni tradizionali nel centro di seoul, DL 2010.


faste[a]st cities

256

interpretare la memoria


indizi e scenari di futuro

to, inutilizzabile, quindi da sostituire. L’antico si trova solo dove il legame affettivo è ancora vivo. L’altissimo interesse verso la tecnologia e il fatto che l’80% delle famiglie usi internet costituisce un vero primato a livello mondiale. Le tradizioni sembrano intatte rispetto al volto di una città trasfigurata. In particolare, il culto del il confucianesimo, di cui non si trova quasi più nessuna traccia fisica, ha spinto la popolazione verso la costituzione di una società basata sull’integrità morale, sul rispetto del rapporto tra livelli gerarchici sociali e familiari, sull’importanza della educazione dei figli. Su questa struttura tradizionale ancora solida, la città è potuta cambiare fisicamente, senza modificare apparentemente la popolazione. Si tratterebbe di una sorta di “secessione” delle formazioni sociali rispetto al “contenitore” urbano, l’assenza di una relazione forte fra morfologie fisico-funzionali e morfologie sociali. Gli studi urbani, soprattutto quelli sociologici a partire dalla “Scuola di Chicago”, si soffermano spesso sull’argomento per verificare se vi sia una relazione reciproca fra le due dimensioni. Evitando meccanicismi, si cercano di identificare l’instabilità e la mutevolezza del rapporto e con esse il senso e l’utilità del progetto nell’accezione più generale e fluida: una ipotesi di trasformazione della realtà. Un segnale profondo di discontinuità rispetto ad un radicato atteggiamento culturale di indifferenza verso le tracce storiche ancora presenti nella città viene da una esperienza di restauro a Buchon, uno dei quartieri più centrali. Questa area ospita ancora il maggior numero di edifici a corte, detti hanoak, costruiti principalmente tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento. Questi edifici si sono conservati fino ad oggi, quasi miracolosamente, perché il quartiere si trova alle pendici delle colline al di là della down town, tra i due palazzi reali della città di Seoul. Gli edifici storici erano racchiusi da una recinzione quadrangolare in granito e cotto e si strutturavano intorno a piccoli cortili con padiglioni connessi fra loro. Erano realizzati in legno, come già descritto nel primo capitolo, e con pareti molto esili in terra cruda e paglia, materiali poco durevoli. S. Carena, restauro di un hanoak Entrambi i casi di restauro, assunti come indizi di un possibile nell’area di Buchon a Seoul, (foto: percorso, si discostano dagli interventi che cominciano a realiz- Marcel Lam, 2009; DL 2008).

257


faste[a]st cities

258

recuperare la memoria


indizi e scenari di futuro

zarsi nell’area in quanto contestano i consueti interventi di sostituzione. Un particolare contatto con la cultura italiana ne motiva la genesi. Il primo progetto è di un architetto torinese trasferitosi a Seoul che nel recuperare la struttura originale dell’edificio storico inserisce nuovi elementi di linguaggio contemporaneo, concentrati in particolare nell’arredo, in modo da creare una attualizzazione degli spazi angusti dell’abitazione. La sostituzione di alcune pareti con grandi vetrate permette una dilatazione degli spazi della casa e il recupero della permeabilità tra cortile e casa un tempo assicurata da pareti sollevabili in legno. Il secondo caso è il restauro di due hanoak della stessa area recuperati in modo filologico dall’architetto coreano Kim Seauk Chul, progettista insieme a Franco Mancuso del padiglione coreano nei Giardini della Biennale di Venezia. Il progettista afferma che questo è probabilmente il primo restauro con tecniche conservative a Seoul e l’idea gli è venuta proprio dalla frequentazione di Venezia e dall’incontro con la sensibilità conservativa italiana. L’attenzione al rispetto delle struttura e dei materiali è particolarmente evidente, così come la limitata trasformazione delle pareti e dello spazio interno, se si esclude l’inserimento di una piccola scala di connessione tra i due hanoak uniti a costituire lo studio dell’architetto Kim. L’unico intervento innovativo è la realizzazione di una piattaforma in legno sul tetto dell’edificio più basso, attraverso cui si accede all’edificio alto, sfruttando il dislivello tra i due fabbricati. Questo nuovo elemento è di grandissima rottura rispetto al passato in quanto l’ hanoak è da sempre un edificio introverso che non ha viste verso l’esterno. Da quanto riferisce il progettista l’idea di partenza è portare l’altana veneziana a Seoul. Dopo la pubblicazione nella rivista di architettura CA, Contemporary Architecture, nell’agosto 2004, del progetto, l’esperienza ha dato inizio ad una stagione di recuperi in tutto il quartiere, inimmaginabile fino a pochi anni fa, e l’emanazione di una normativa che consiglia, senza obbligare, il recupero dei fabbricati storici tradizionali. Lo scorso anno uno dei docenti di progettazione della Myongji University, di cui Kim Seouk Chul era preside, dopo aver tra-

259

S.C. Kim, restauro di un hanoak nell’area di Buchon a Seoul, (foto: CA, Contemporary Architecture 2004; DL 2008).


faste[a]st cities

260

ri-abitare


indizi e scenari di futuro

261

scorso un anno di ricerca presso lo IUAV di Venezia, ha fondato un corso di laurea, nella stessa università, per insegnare la progettazione e il recupero delle vecchie tecniche di realizzazione degli hanoak. ri-abitare il territorio Uno dei sopralluoghi effettuati ha riguardato un campione di quel territorio agrario teoricamente oggetto di forte abbandono, e dei suoi abitanti; ci si è imbattuti invece in un mondo molto più complesso. Le valli rurali verso le montagne del nord-est della Regione Capitale, nella località di MadeulGari nella provincia di YangPyong, sono ancora abitate da alcuni anziani molto poveri rimasti soli dopo che i loro figli si sono trasferiti per andare ad abitare a Seoul. Coltivano piccoli orti per sopravvivere e abitano in vecchie case tradizionali mal conservate e riparate con pannelli in legno e lamiere, prevalentemente collocate lungo le strade, anche se non immediatamente adiacenti ad esse. Alcuni di questi edifici stanno subendo un profondo cambiamento. Gli abitanti delle città durante il week end girano a caccia di abitazioni in vendita. Alcuni lo fanno perché sperano che un giorno il governo decida di insediare una new town da quelle parti e poter così guadagnare molti soldi. Altri le cercano per avere una casa diversa, un contatto con la terra, con la natura. E’ il caso di una coppia di anziani intervistati, che si è fatta fotografare con alle spalle il piccolo fabbricato che avrebbero voluto acquistare. I vecchi proprietari erano morti da due anni e la casa versava già in pessime condizioni; la loro idea è di demolirla completamente. Desideravano vivere in qualcosa di diverso e non hanno inteso che senso avessero le mie domande su che parti avrebbero voluto conservare della vecchia costruzione. Non più lontano di centro metri, una donna di cinquant’anni era dedita alla cura del giardino; assieme al marito hanno invece preferito tenere il piedi il vecchio hanoak, lo hanno sistemato e lo mantengono con grande cura, orgogliosi di abitare in una casa tradizionale. Sempre lungo l’arteria stradale principale ho intervistato un qua- “Luoghi e personaggi” di MadeulGari, rantenne venuto in visita ai suoi genitori; mi ha indicato le case DL 2010.


faste[a]st cities

262

abitare in modi nuovi


indizi e scenari di futuro

263

2 3

6 1

genitori dell’abitante di seoul

4

5

dei vicini trasferitisi in città. Alcuni avevano lasciato ancora la maggior parte dei loro averi dentro la case che, in soli tre anni, avevano già perso una parte del tetto. In un sito poco lontano era già avvenuta la demolizione del vecchio fabbricato e si stava costruendo la struttura del giardino. La proprietaria sosteneva di voler partire dal giardino per proseguire l’anno successivo con la casa. L’intervistata aveva lavorato con il corpo di ballo del Teatro Nazionale di Seoul, e insegnava danza presso un’università. Viveva in città in un APT, ma preferiva stare in campagna e desiderava avere un giardino con un prato e alberi. Salendo sulle colline mi sono imbattuto in un coreano immigrato in Canada; diceva che tutto era cambiato a Seoul. Si era costruito da qualche anno una casetta e un gran giardino per la sua famiglia; in quella valle stretta si trovava bene e in pochi anni, raccontava, molte famiglie vi si erano trasferite. L’ultima intervista è stata quella ad un monaco, appena trasferito in campagna da un monastero di Seoul. Il tempio era appena stato ultimato ai piedi delle colline più alte dove la strada si fermava. Era molto orgoglioso del suo tempio, anche se la sua casa non era ancora finita e doveva vivere in un container. In quel sito non c’era mai stato un tempio, ma gli sembrava davvero un bel posto e inoltre, dopo aver sistemato alcune indicazioni, molti ora venivano a trovarlo. Dietro le pannellature costituite

Sopra planimetria riportante i luoghi delle interviste nella sequenza riportata dalle immagini. Nella pagina accanto “Luoghi e personaggi” di MadeulGari, DL 2010.


faste[a]st cities

264

territori contesi


indizi e scenari di futuro

265

da piccoli Budda dorati aveva fatto realizzare piccoli spazi per contenere le ceneri dei defunti, di quelli che un giorno avrebbero voluto conservare i propri resti nel tempio. I nuovi abitanti della campagna, forse. territori contesi Recentemente si sono registrati alcuni fenomeni di “resistenza” alle trasformazioni immobiliari e allo spostamento “incentivato” dei residenti. Sui luoghi contesi si sono moltiplicate le richieste di indennità da parte degli affittuari. Uno degli organizzatori della protesta, che ho incontrato, racconta che la legislazione coreana non prevede particolari tutele per chi vive in affitto. I proprietari hanno ricevuto enormi indennità per gli espropri, e lo stesso ha ottenuto chi ha deciso di vendere poco prima che i developer raggiungessero la quota del cinquanta per cento della proprietà dell’area (meccanismo che fa scattare, come già enunciato nel capitolo secondo, l’esproprio). Sono rimasti in pochi a protestare, ma sono molto agguerriti. Ogni giorno vedono andare via molte delle famiglie di quel piccolo villaggio di duecento abitanti e sembra loro di rimanere un po’ più soli a lottare. Quelli che sono rimasti utilizzano una delle case abbandonate per fare le loro riunioni organizzative. All’interno ci sono ancora quadri ed alcuni mobili; all’esterno rimangono ancora tutti i vasi di fiori. I vecchi abitanti non sono riusciti a portarli con sé nella nuova sistemazione. Non vogliono accettare l’offerta governativa di una casa in affitto in un quartiere APT, come viene loro offerto in base alla legge. Il prezzo anche se buono per il mercato coreano, è comunque molto più alto di quello che hanno pagato fino ad ora; potrebbero scegliere un’abitazione in affitto in qualsiasi zona della città, se disponibile, ma con il budget di cui dispongono sarebbero costretti ad accettare una casa molto fuori dalla città, troppo lontana dal loro posto di lavoro. Si domandano che senso possa avere in questo momento di crisi andare avanti con la costruzione degli APT previsti dal piano Immagini delle proteste per la dedei developer, visto che molti complessi sono ancora invenduti, molizione del villaggio di Cheonggye a differenza di un tempo in cui le liste d’attesa per acquistarli Cheon, DL 2010.


faste[a]st cities

266

partecipazione


indizi e scenari di futuro

267

erano infinite. I cartelli di protesta con cui hanno tappezzato i guardrail delle strade di scorrimento vicine al quartiere, e molte delle case già in demolizione, recitano: « Possiamo morire ma non possiamo cedere»” « Solo gli espropriati che lottano possono liberarsi dagli espropri»; « Siamo stati ingannati con gli indennizzi ma dovrete interpellarci per analizzare il progetto». Un altro cartello entra ancora più nel dettaglio e dice: « Changok 5Dong è un area residenziale [...] con un indice di copertura del 50% e con un indice di fabbricabilità di 4,5 mc/mq, ed è già provvista di tutte le infrastrutture di base. Volevamo un equo indennizzo dal Land Housing Corpolation, ma ha ignorato i residenti e noi siamo arrabbiati. Vogliamo un rapporto di copertura del 60%, l’indice di fabbricabilità di 2,5 mc/mq, altezza massima di 4 piani, edifici con un massimo di 5 alloggi. Vogliamo che il costo degli alloggi di nuova costruzione sia inferiore al 50% del prezzo di mercato.» Come si può notare il modello proposto dai residenti-affittuari, è una edificazione con minore densità, con edifici con pochi alloggi, meno alti e più compatti (propongono di portare dal 50 al 60% l’indice di copertura) e chiedono dei prezzi fuori dal mercato per quelli che subiscono il disagio di dover lasciare la propria abitazione. Pongono inoltre al centro la questione della compensazione e della giustizia distributiva, il radicamento ai luoghi, il legame ormai spezzato con i nuclei vicine, che negli APT non è possibile conoscere e incontrare come in questi villaggi sparsi nel territorio. Vengono così riconosciuti nuovi valori ed emerge, anche se con timidezza, il concetto di costo-opportunità e delle alternative perdute. scoperta dello spazio pubblico Il progetto del nuovo spazio pedonale lineare , citato in precedenza, evidenzia l’esistenza di una domanda non tanto tacita di spazio pubblico. Immagine della demolizione del VilLa grande adesione soprattutto degli abitanti di Seoul, e non dei laggio di Changok 5Dong, DL 2010. soli turisti, sorprende per il fatto che in questo spazio pubblico


faste[a]st cities

268

acqua e spazio pubblico


indizi e scenari di futuro

269

confinato tra due muri alti quattro metri, che lo separano dalla viabilità che scorre ad un livello più alto, non vi sia la presenza di attività commerciali, neppure una caffetteria o un venditore di bibite, per tutti i cinque chilometri. La drastica scelta di costruire uno spazio esclusivamente per il passeggio e la sosta a contatto dell’acqua (che scorre artificialmente da ovest a est), non ha penalizzato affatto il progetto che forse per la prima volta in Corea, non è un parco pubblico e neppure uno dei tanti spazi climatizzati dei grandissimi centri commerciali patinati della città, non è una delle piazze formali e spesso vuote di fronte ai palazzi reali o governativi, non è una delle vie piene di vetrine di costosissimi prodotti occidentali. E’ qualcosa di più che uno spazio per fare compere o per assistere ad una cerimonia pubblica. È uno spazio pubblico, libero, tenuto con cura e adatto alla sosta. Il linguaggio “storicizzato”, molto apprezzato dai visitatori, si è confrontato con il tema della realizzazione di una sequenza di ponti in granito. L’atmosfera creata dallo scorrere dell’acqua, dalla vegetazione tradizionale, dai grandi conci di granito grigio che rivestono le pareti del canale, dagli elementi scultorei storici di recupero e qui collocati e dalle riproduzioni di decorazioni tradizionali, sembrano ricreare una città a misura d’uomo. Il tema del recupero delle proprie radici culturali, tra i grattacieli della downtown, e della libertà di sostare accanto all’acqua, senza l’obbligo di dover consumare o acquistare nulla, è stata la chiave del successo di Cheonggye Cheon. Realizzato qualche anno prima a poca distanza, all’imboccatura della popolare via dov’è possibile acquistare, per i turisti orientali e occidentali, oggetti tradizionali come carte fatte a mano, pennelli e ceramiche artistiche, nel quartiere di InsaDong, si trova uno degli spazi più originali e interessanti del centro città. Tra due edifici che si affacciano sulla via commerciale, c’è un varco parzialmente chiuso da due muri. Oltre l’apertura non segnalata, e uno schermo di alti bambù, alcuni vecchi coreani, famiglie stanche delle lunghe maratone di shopping, bambini stranamente silenziosi, siedono su panchine/muretti fatte di massi di granito. Una pavimentazione in battuto di terra e in cemento pigSpazio pubblico lungo il canale di mentato. Piccoli inserti di cubetti di granito sui margini delle aree Cheonggye Cheon, Seoul DL 2008. pavimentate, una vegetazione lussureggiante. Era in realtà solo


faste[a]st cities

270

nuovi spazi pubblici


indizi e scenari di futuro

271

un lotto libero tra due edifici commerciali, che se non fosse per l’alto muro di pietra e la fitta vegetazione guarderebbe il retro dei bassi fabbricati destinati a garage degli edifici adiacenti. Oggi è uno degli spazi meno retorici e patinati cella città; ha riletto e reinterpretato, con grandissima raffinatezza quelli che sono gli spazi aperti di uno dei due palazzi reali, quello di Changdeok Palace, la residenza meno appariscente, non coloratissima come l’altra, con il legno non dipinto e le pareti colore della terra. È un palazzo che per eleganza e sobrietà ricorda la villa imperiale di Katsura e anche il palazzo imperiale di Kyoto. Elementi lineari della composizione si accostano a forme asciutte e a pochissime decorazioni. Progetti del genere potrebbero moltiplicarsi favorendo un ripensamento degli schemi urbanistici oggi in voga, che evidenziano la marginalità dello spazio pubblico e la sostanziale assenza del concetto di rete. Ma la città è piena di interstizi che potrebbero diventare luoghi di incontro con interventi essenziali su pavimentazione, percorsi, aiuole e cortine verdi, recuperando della tradizione, non gli ornamenti, ma lo spirito. Con il tempo questi luoghi potrebbero moltiplicarsi e connettersi tra loro, stimolando anche forme di autogestione. Non è pensabile costruire un programma mettendo insieme ‘dosi’ di anticorpi. Essi piuttosto pongono al centro dell’attenzione nuove pratiche il cui interesse è la possibile sinergia fra amministrazione pubblica e domande sociali spesso scoraggiate. Il problema è come riconoscerle. Una prima opzione è ammetterle come correttivo negli schemi ripetitivi e omologanti, una sorta di benevola istituzionalizzazione. Non è certo che questo possa avvenire anche in forma sperimentale, ma se avvenisse il loro destino sarebbe segnato. La pervasività del mercato e il suo formidabile apparato di marketing li trasformerebbe facilmente in optional con tanto di abaco e prezziario. Una seconda opzione, agli antipodi della precedente, potrebbe riconoscere il valore dell’isolamento e della marginalità di queste pratiche sociali in una sorta di advocacy planning nuova maniera. Il problema è scoprire chi si possa far carico di forme di progettazione che soltanto la miopia del dispositivo consente di chiamare ‘radicali’. Spazio pubblico a InsaDong, DL 2008).


faste[a]st cities

272

Figurante lungo il canale di Cheonggye Cheon, Seoul, DL 2008.

1 M. Marchi, Metropoli asiatiche in trasformazione. Seoul, Shanghai, Hanoi, Bologna, 2008 2 J.H. Choi, S.-H. Chang, Population Distribution, Internal Migration and Urbanization, in The Population of Korea, a cura di D.-S. Kim, C.-S. Kim, Daejeon, 2004, pp. 225-251 3 행정중심복합도시 통합이미지 형성방안 (Integrated image building plan for multifunctional administrative city), Chungnam Yeongigun, 2007 4 Aquapolis Industrial Cluster, International Symposium for Aquapolis and Industrial Cluster Development (Jinzhou, Venice, Incheon), Yongin, 2004 5 N. Aveline, L.H. Li , Property Market and Land Policy in Northeast Countries the Case of Five Cities, Tokyo-Hong.Kong, 2004 6 F. Edelmann, a cura di, In the Chinese city. Perspectives on the transmutation of an empire, Barcellona, 2008 7 D. Mittner, Le città di fondazione del novecento, Torino, 2003 8 C.-M. Lee, K.-H. Ahn, Five new towns in the Seoul metropolitan area and their attractions in non-

working trips: Implications on selfcontainment of new towns, in “Habitat International”, n. 29, 2005, pp. 647666 9 Davison, Black and White: The Singapore house, 1898-1941, Singapore, 2006 W.S.W. Lim, Asian Ethical Urbanism: A Radical Postmodern Perspective, Singapore, 2005 10 행정중심복합도시 경관부문 상세계획 (Detailed cityscape plan for multifunctional administrative city), Chungnam Yeongigun, 2007 11 F. Mancuso, La impetuosa geografia urbana di Seul, in G. Corna Pellegrini, T. Hongsoon Han, a cura di, La strada coreana: dalla modernizzazione alla democrazia in Corea del Sud e in Asia orientale, Milano, 1997, pp. 101-106 12 J.-Y. Son, Korean Land Market, Land Policies and Economic Crisis, in N. Aveline, L.H. Li , Property Market and Land Policy in Northeast Countries the Case of Five Cities, Tokyo-Hong.Kong, 2004, pp. 116-157 13 장림종, 박진희, 대한민국 아파트 발굴사 (R.J. Jong, J.H. Park, Storia dell’Apt in Corea), Paju, 2007


indizi e scenari di futuro

273


274

faste[a]st cities


bibliografia

275

bibliografia

Corea 2011 A. Bologna, M. Bonino, M. Bruno, a cura di, Seoul Steel Life. Case a catalogo e stanze a noleggio / Houses by the book and rooms by the hour, Torino, 2011 2010 M. Kim, Y.O. Kwon, a cura di, 2010 Landscape Architecture. Competition Annual 3, Seoul, 2010 2009 M. Kim, Y.O. Kwon, H.N. Jung, a cura di, 2009 Landscape Architecture. Competition Annual 2, Seoul, 2009 2008 M. Marchi, Metropoli asiatiche in trasformazione. Seoul, Shanghai, Hanoi, Bologna, 2008 M. Kim, Y.O. Kwon, a cura di, New Environment & Landscape I, Seoul, 2008 Relational Reconstruction of Regional Identity of Gangnam, Seoul: Focusing on Internal Categorization by the Residents, in “Korea Journal of Urban Geography”, vol. 11, pp. 1-14 S.H. Kim, P. Schmal, Contemporary Korean Architecture, Berlin, 2008 D.Y. Lee, D.Y. Yu, H.G. Lee, K.S. Kim, Y.S. Kim, The Story of Paju Bookcity, Paju, 2008

2007 Y.-S. Kim, M.-H. Kim, H.-J. Jo, M.-Y. Pyo, Y.-H. Kil, S.-A. Myung, 99 Apartaments I. New Housing for Lifestyle: high-rise, eco, new evolution, Seoul, 2007 B. Leibinger, Reflect. Building in the Digital Media City Seoul, Korea, Berlin, 2007 Seoul. A Field Guide to History, a cura di Korea Cultural and Historical Survey Society, (1ª edizione 2004), 2007 2006 Shin Hisup, Uncovering Ch’ongyech’on: The Ruins of Modernization and Everyday Life, in “Korean Studies”, vol. 29, pp. 95-113 Y. Lee, Social Construction and Politics of Identity of the Gangnam Region, Seoul: An Inquiry of External Categorization of Regional Identity through Mass Media, in “Journal of Korean Urban Geographical Society”, vol. 9, pp. 1-14 Y.-J. Lee, J.-O. Kwak, Environment & Landscape 5, Seoul, 2006 S.H. Shim, J. E. Han, The Landscapes of Consumption Cultures of Apgujeong-dong and Cheongdam-dong in Seoul, in “Korea Journal of Urban Geography”, vol. 9, pp. 61-79 K.-H. Shin, M. Timberlake, Korean’s Global City: Structural and Political Implications of Seoul’s Ascendance in the Global Urban Hierarchy, in “International Journal of Comparative Sociology”, vol. 47, 2006, pp. 145-173 2005 G.-Y. Kim, Improve Distribution and Management


276

System of Public Rental Housing, in “Space and Environment”, vol. 22, gennaio 2005 M. Riotto, Storia della Corea. Dalle origini ai giorni nostri, Milano, 2005 A. Todd, Sanitizing Empire: Japanese Articulations of Korean Otherness and the Construction of Early Colonial Seoul, in “The Journal of Asian Studies”, vol. 64, n. 3, agosto 2005, pp. 639-675 OECD Territorial Reviews: Seoul, Korea, a cura di Organisation for Economic Co-operation and Development, Parigi, 2005

faste[a]st cities

116-157 Aquapolis Industrial Cluster, International Symposium for Aquapolis and Industrial Cluster Development (Jinzhou, Venice, Incheon), Yongin, 2004 Back to a Future Seoul. Cheong Gye Cheon Restoration Project, Seoul, Seoul, 2004 Economic and Social Inequality in Korea, in “Korea Journal”, 2004

2003 V. Gelézeau, Séoul ville géante, ville radieuse, Parigi, 2003 2004 C. E. Lim, Korean Space 1973-2003, Seoul, 2003 N. Aveline, L.H. Li , Property Market and Land Policy Séoul, ville géante: cités radieuses, Parigi, 2003 in Northeast Countries the Case of Five Cities, Tokyo-Hong.Kong, 2004 2002 F. Sanin, C.K. Lee, [et al.], Seoul Scenarios, Seoul, B. Bielefeld, L.-P. Rusch, Buildings projects in 2004 M. Brizzi, a cura di, Nodi, idee per una casa italiana China: a manual for architects and engineers, Basel, 2002 a Bangkok, Firenze, 2004 H.-V. Choi, The Beauty of Korean Architecture, J.S. Choi, J.H. Chun, H.O. Hong, S.J. Kang, D.N. Seoul, 2002 Kim, C.H. Min, H.K. O, Y.S. Park, Hanoak, Seoul, Structural Changes in the Rental Housing Market: 2004 Causes and Policy responses, in “Krihs Special J.H. Choi, S.-H. Chang, Population Distribution, reports”, n. 2, Seoul, 2002 Internal Migration and Urbanization, in The Population of Korea, a cura di D.-S. Kim, C.-S. Kim, 2001 Daejeon, 2004, pp. 225-251 K.-S. Eun, Social Stratification of the Great Seoul E. Chung, C. Lee, Localized Rental Price Effect Area: Comparative Study Using Two Types of of Housing Stock Variations: Implications from Population, in “Korean Journal of Population Residential Redevelopment in Seoul, Seoul, 2004 Studies”, vol. 24, pp. 41-65 C.-M. Lee, K.-H. Ahn, Five new towns in the Seoul S.-K. Ha, Substandard Settlements and Joint metropolitan area and their attractions in nonworking trips: Implications on self-containment of Redevelopment Projects in Seoul, in “Habitat new towns, in “Habitat International”, n. 29, 2005, International”, n. 25, pp. 385-387 pp. 647-666 H.P. Lee, a cura di, Fonti per lo studio della civiltà D.Y. Lee, Consuming Spaces in the Global Era: coreana, voll. I-II, Milano, 2001 Distinctions between Consumer Spaces in Seoul, in K.-W. Kim, Land Market and Land policy Issues: a “Korea Journal”, vol. 44, pp. 108-137 Critical Review, Seoul, 2001, pp. 183-191 S. C. Kim, China-Corea Pair F.E.Z., JinzhouM. Marchi, Dal Congresso geografico internazionale Incheon, Saemangeum, Seoul, 2004 C. Koh, Overview of Housing Policies and Programs di Seoul (agosto 2000): problemi nella Germania in Korea, in “Housing Institute Report”, october 2004 unificata e prospettive di riunificazione nella penisola coreana, in “Storia e problemi S.-Y. Park, Housing Performance and Housing contemporanei”, n. 27, giugno 2001, pp. 249-260 Policy in Korea, in N. Aveline, Li L.H., Property J.-Y. Son, Y.H. Won, C.-G. Moon, Housing, New Market and Land Policy in Northeast Countries the York, 2001 Case of Five Cities, Tokyo-Hong.Kong, 2004, pp. 158-185 Jeong Wonsik, The Urban Development Politics of J.-Y. Son, Korean Land Market, Land Policies and Seoul as Colonial City, in “Journal of urban History”, Economic Crisis, in N. Aveline, L.H. Li , Property vol. 27, n. 2, gennaio 2001, pp. 158-177 Market and Land Policy in Northeast Countries the A study on implementation plan for real estate Case of Five Cities, Tokyo-Hong.Kong, 2004, pp. market survey, a cura di Korea Land Corporation,


bibliografia

Seongnam, 2001 2000 B.-W. Chang, Koreans and Korean Culture, in H. Kwon, W. Huh, Korea. The Land and the People, atti The Organizing Committee of the 29th International Geographic Congress, Kyohaksa, Seoul, 2000, pp. 74-97 R.C. Hill, J.W. Kim, Global Cities and Developmental States: New York, Tokyo and Seoul, in “Urban Studies”, vol. 37, n. 12, 2000, pp. 21672195 K.-J. Hyong, The Landscape of Seoul: A Historical Review, in H. Kwon, W. Huh, Korea. The Land and the People, the Organizing Committee of the 29th International Geographic Congress, Kyohaksa, Seoul, 2000, pp. 269-293 Lee Ki-Suk, Overview of Korean Urbanization in the 1990s, in “Journal of Korean Urban Geographical Society”, vol. 3, n. 1, 2000, pp. 1-14 I. Kim, A Study on Strategic Development of The Corridor Region Between New International Airport and Seoul in the Era of Globalization, in “Journal of The Korean Urban Geographical Society”, vol. 3, n. 1, giugno 2000, pp. 15-19 H. Kwon, W. Huh, Korea. The Land and the People, atti dell’Organizing Committee of the 29th International Geographic Congress, Kyohaksa, Seoul, 2000 Y.-W. Nam, Internal Structure of Korean Metropolis, in “Journal of the Korean Geographical Society”, vol. 3, n. 1, giugno 2000, pp. 21-32 Maps of Korea. Past Present and Future. Special Exibition, 14-08-2000, a cura di National Geographic Institute and The Korean Geographical Society, Seoul, 2000 Seoul-Von der Metropole zur Metropolregion, in “Geographische Rundschau”, 2000 Seoul, Twentieth Century: A Photographical History of the Last 100 Years, Seoul, 2000 1999 I. Begg, Cities and Competitiveness, in “Urban Studies”, n. 36(5-6), 1999, pp. 795-809 J. Chun, Hanok. Traditional Korean Homes, Séoul, 1999 J.S. Choi, J.H. Chun, H.O. Hong, S.J. Kang, D.N. Kim, C.H. Min, H.K. Oh, Y.S. Park, Hanoak, Traditional Korean Homes, Seoul, 1999

277

M.-J. Choi, Y.-G. Park, Ex-post evaluation of commercial space allocation in new town: The case of Bundang, in “The Journal of Korean Planners Association”, vol. 34, n. 3, pp. 87-99 S.-K. Ha, Urbanisation and Housing Problems in the Seoul Metropolitan Region, in G.P. Chapman, A.K. Dutt, R.W. Brandnock, Urban Growth and Development in Asia, vol. 1, Making the Cities, Ashgate, Singapore, Sydney, 1999 pp. 384-399 Y. J. Hahn, Comparative Advantages and Disadvantages of Five Northeast Asian Cities, in “Korea Journal of Regional Science”, vol. 15, n.2, 1999, pp. 117-130 C.-H. Kim, K.-H. Kim, Expectation and Housing Price Dynamics Following Deregulation in Korea, in “Internazional Real Estate Review”, vol. 2, n. 1, 1999 W. B. Kim, Urban Dynamics in Northeast Asia and the Future of Korean Cities, in “Korea Journal of Regional Science”, vol. 15, n. 2, 1999, pp. 75-102 K.-B. Nahm, Downtown Office Location Dynamics and Transformation of Central Seoul, Korea, in “Geo Journal”, n. 49, pp. 289-299 L. Novelli, Shanghai: architetture e città fra Cina e Occidente, Bari, 1999 Modernism, Postmodernism, and the Identity of Korean Cities, in “Korean Journal”, n. 39, n. 3, numero monografico, 1999 H. Priemus, P. Boelhouwer, Social Housing Finance in Europe: Trends and Opportunities, in “Urban Studies”, vol. 36, n. p. 640 Overall assessment of new towns in the Seoul metropolitan area, a cura di Korea Land Corporation, Seongnam, 1999 1998 AA.VV., Focus on Korea: Korean History, Seoul, 1998 M.O. Chae, Spatial Pattern of Land Prices in Seoul, in “The Journal of Korea Planners Association”, vol. 33, 1998 J. Kim [et al.], Policy Directions for the Constructions Industry, Seoul, 1998 D.P. Lett, In Pursuit Of Status. The Making of South Korea’s “New” Urban Middle Class, Cambridge (USA), 1998 J. Morillot, La Corèe. Chamanes, montagnes et gratte-ciel, Parigi, 1998 P.G. Rowe, L’Asia e il Moderno: le città asiatiche,


278

Ancona, 1998 K.-Y. Shin, Industrialization strategies and Economic Development in East Asian Notions, in E.-M. Kim, The Four Asian Tigers: Economic Development and the Global Political Economy, New York, 1998 J.Y. Son, K.H. Kim, Analysis of Urban Shortages: The Case of Korean Cities, in “Journal of Urban Economics”, vol. 43, n. 4, 1998 D. Subrahmanyam, Housing Finance Strategies for Low-Income Household in Korea, Seoul, 1998 J.H. Yoon, Housing Finance Issues under Financial Crisis and Policy responses in Korea, 16th Earoph World Congress, 1998 1997 G. Corna Pellegrini, T. Hongsoon Han, a cura di, La strada coreana: dalla modernizzazione alla democrazia in Corea del Sud e in Asia orientale, Milano, 1997 G. Corna Pellegrini, Paesaggi naturali e insediamenti umani dalla ruralità alle nuove regionicittà, in G. Corna Pellegrini, T. Hongsoon Han, a cura di, La strada coreana: dalla modernizzazione alla democrazia in Corea del Sud e in Asia orientale, Milano, 1997, pp. 87-99 B. Cumings, Korea’s Place in the Sun. A Modern History, New York, 1997 L. Eun, L’histoire de deux villes: Sèoul et sa banlieu industrielle Puch’on, 1960-1995, tesi di laurea in Storia all’università di Lione, 1997 F. Mancuso, La impetuosa geografia urbana di Seul, in G. Corna Pellegrini, T. Hongsoon Han, a cura di, La strada coreana: dalla modernizzazione alla democrazia in Corea del Sud e in Asia orientale, Milano, 1997, pp. 101-106 Li Jin-Mieung, Evolution de la population de Séoul, in “Revue de Corée”, vol. 29, n. 2, 1997 I.-H. Jung, L’aménagement de Yòùido: modèle de l’urbanisme moderniste de Séoul?, in “Revue de Corée, vol. 29, n. 2, 1997 J. Kim, S.-C. Choe, Seoul. The Making of a Metropolis, Chichester, 1997 Y. H. Kim, La Seoul del XXI secolo in una rete urbana mondiale, in G. Corna Pellegrini, T. Hongsoon Han, , a cura di, Kwon Yongwoo, Lee Jawon, Residential Mobility in the Seoul Metropolitan Region-Korea, in “GeoJournal”, vol. 43, n. 4, pp. 389-395 Kyògsòng chut’aek munje: crise de la maison

faste[a]st cities

coréenne ou crise du logement colonial dans le Séoul des années 20 et 30?, in “Revue de Corée”, vol. 29, n. 2, 1997 La politique foncière à Séoul de 1962 à nos jours, in “Revue de Corée”, vol. 29, n. 2, 1997 La strada coreana: dalla modernizzazione alla democrazia in Corea del Sud e in Asia orientale, Milano, 1997, pp. 107-116 Seoul, a century of change, 1900 – 2000, a cura di Archiban Research Institute, Seoul, 1997 The history of Bundang new town development, a cura di Korea Land Corporation, Seongnam, 1997 1996 E. Dege, P’yongyang-the Seoul of North Korea, in Symposium sur Séoul, Parigi, 1996 J.-H. Chun, An Evaluation of the Composition and Elements in Korean Traditional Interior Spaces, in “Journal of Korean Soociety of Design Studies”, n. 16, 1996 S. W. Hong, Seoul: A Global City in a Nation of a Rapid Growth, in F.-C. Lo, Y.-M. Yeung, Emerging World Cities in Pacific Asia, Tokio-New York-Parigi, 1996, pp. 144-178 De mégapole en mégapole: urbanisation et armature urbaine en Corée du Sud, in “Historiens et géographes”, n. 355, 1996 1995 AA.VV., The Illustration of Oriental Architecture, Seoul, 1995 R. Bruttomesso, a cura di, Cities on water in Corea / Città d’acqua in Corea, in “Aquapolis”, n. 7, giugno 1995 R. Bruttomesso, Tradition and Innovation in Korean cities on water, in “Aquapolis”, n. 7, giugno 1995, pp. 4-5 J. Chung, Economic Development and Housing Policy, in G.Y. Lee, H.S. Kim, Cities and Nation: Planning Issues and Policies of Korea, Seoul, 1995, p. 327 H.S. Chung, D.-S. Lee, Globalization and Housing Industry, Seoul, 1995 G.Y. Lee, H.S. Kim, Cities and Nation: Planning Issues and Policies of Korea, Seoul, 1995 F. Mancuso, Seoul, a Capital City / Seoul, Città capitale, in “Aquapolis”, n. 7, giugno 1995, pp. 1321 T.J. Yi, The Nature of Seoul’s Modern Urban


bibliografia

Development During the 18th and 19th Centuries, in “Korea Journal”, vol. 35, n. 3, 1995 Cities and Nations Planning Issues and Policies of Korea, 1995 Old Maps of Seoul, Seoul, 1995 1994 M.J. Choi, The Range and Size of Urban Land Market and Urban Land Shortage: Case of Seoul Area, in “The Journal of Korea Planners Association”, vol. 29, n. 3, 1994 F. Gipouloux, Regional Economic Strategies in EastAsia, Tokyo, 1994 Y.-H. Jang, Improving the Efficiency of Workers Housing Policy in Korea: An Analysis of Employees Housing Program, in Pekin, 6e Conférence internationale de recherche sur l’habitat, Pechino, 1994 H.J. Kim, Land Use Regulations in Korea, a cura di Korean Economic Research Institute, Seoul, 1994 H.-W. Kim, La maison à cour et son adaptation urbaine au XXe siècle: un example séoulite, in F. Macouin, Etudes d’architecture et d’urbanisme coréen, Parigi, 1994 C. Robin, Modes d’organisation de l’espace dans l’architecture et l’urbanisme coréen contemporains, in F. Macouin, Etudes d’architecture et d’urbanisme coréen, Parigi, 1994 1993 C. Balaize, La péninsule coréenne, Parigi, 1993 R. Bertrand, Confronting a distorted housing market: can Korean Policies Break with the past?, in L.B. Krause, F.-K. Park, Social Issues in Korea: Korean and American Perspectives, Seoul, 1993 M.H. Fabre, Les logements collectifs à Séoul depuis 1960. Réalisations de l’Office National Coréen Logement, Parigi, 1993 C. Go, J.T. Park, Migrations and housing characteristics due to new town developments in the S.M.A., Yanyang, 1993 F. Godement, La renaissance de l’Asie, Parigi, 1993 L. Hannah, K.H. Kim, E. Mills, Land Use Control and Housing Prices in Korea, in “Urban Studies”, vol. 30, n. 1, 1993 R. L. Janelli, Dawn-Hee Yim, Making Capitalism. The Social and Cultural Constrution of a South Korean Conglomerate, Stanford, 1993 J.-H. Kim, Massive Housing Construction Plan in

279

Korea: its Implementation and Lesson to Learn, Séoul, 1993 K.H. Kim, S.H. Suh, Speculation and Price Bubbles in the Korean and Japanese Real Estate Markets, in “Journal of Real Estate Finance and Economics”, n. 6, 1993 K. S. Kim, Housing Policy in the 1990s, in W. Puschra, K.-Y. Kim, Housing Policy in the 1990s: European experiences and Alternative for Korea, Seoul, 1993 L.B. Krause, F.-K. Park, Social Issues in Korea: Korean and American Perspectives, Seoul, 1993 S.-H. Kim, H.-H. Kim, Eviction Problems in Korea and their Alternatives, rapport, Seoul, 1993 Kim Kiong Soo, 1945-1990. Una faticosa modernizzazione, in “Spazio e società”, n. 61, pp. 102-113 T.-I. Lee, Planning the Use of Land in Korea, in B. Koppel, D.-Y. Kim, Land Policy Problems in East Asia: Towards New Choices, Seoul, 1993 F. Mancuso, Seoul, in “Spazio e società”, n. 61, 1993, pp. 92-100 J.P. Thomas, Contested from Within and Without: Squatters, the State, the Minjung Movement and the Limits of Resistance in a Seoul Shanty Town Targeted for Urban Renewal, New York, 1993 Art. red., Le patrimoine urban séoulite: impermanence et simulacres, in “Asies”, n. 2, 1993 Seoul, Architettura & Città. L’opera di Seok Chul Kim, catalogo della mostra a cura dell’Istituto Universitario di Architettura di Venezia, Venezia, Cà Tron, 26 febbraio – 20 marzo 1993 1992 J. Decornoy, Seul o la rabbia di consumare, in “Il Manifesto / Le Monde Diplomatique”, febbraio 1992 A. Delissen, Des villes invisibles: l’urbanité dans l’histoire coréenne, in “L’Espace Géo-graphique”, tomo 21, n. 1, 1992 D.-S. Hong, Spatial Distribution of the Middle Classes in Seoul, 1975-1985, in “Korean Journal of Population and Development”, vol. 21, pp. 73-84 M. Lanzarotti, La Corée du Sud: una une sortie du sous-dévelopment?, Parigi, 1992 J.-S. Lee, Le village clanique en Corée du Sud: et son rôle dans la vie rurale, Paris, 1992 J.-H. Lim, Continuité et transformation de la tradition suivant les changements de la société coréenne, in “Revue de Corée”, vol. 24, n. 1, 1992


280

S.-J. Kim, A Model of Rental Housing Choices in the Korean Market, in “Housing Studies”, vol. 29, n. 8, pp. 1247-1264

faste[a]st cities

A. Amsden, Asia’s Next Giant. Douth Korea and Late Industrialization, New York, 1989 Y.H. Cho, K. Young-Sup, Land Tax Policy to Control Urban Land Speculation in the Republic of Korea, 1991 in F.J. Costa, A.K. Dutt, L.J.C. Ma, A.G. Noble, K. Hwang, Kangnam: A Boomtown across the Han. Urbanization in Asia. Spatial Dimension and Policy What Price Urban Glorie?, in “Koreana”, vol. 5, pp. Issues, Honolulu, 1989 27-33 S.-C. Chung, A Study on the Visual Qualities of H.-J. Lee, Life in Urban Korea, Seoul, 1991 Traditional Korean Architecture, in “Journal of the K.H. Kim, S.H. Suh, An Empirical Study of Korea’s Architectural Institute of Korea”, vol. 5, n. 4, 1989 K.-K. Lee, The practice of Traditional Family Rituals Property Prices and Inflation, in “Studies en in Contemporary Urban Korea, in “Journal of Ritual Financial Economics”, a cura di Bank of Korea, Studies”, vol. 3, n. 3, 1989 1991 B. Renaud, Compounding financial repression K.H. Kim, Housing Prices. Affordability and Government Policy in Korea, in “World Bank Internal with rigid urban regulation: lessons of the Korean Discussion Paper Asia Regional Series”, report n. Housing Market, in “Review of Urban and Regional IDP99, 1991 Development Studies”, vol. 1, n. 1, 1989 Y.-H. Kim, Standing du logement et ségrégation Seoul, a Metropolis in the Making: Excavating a Layered Reality, catalogo della XCII Esposizione résidentielle à Séoul, in “Chirihak (Geographie)”, Triennale Milano, a cura di Seoul Metropolitan vol. 26, n. 3, 1991 Government, Seoul, 1989 J.Y. Son, Casuality of Land Price Changes and Macroeconomic Variables, in “Korea Development 1988 Review”, vol. 13, 1991 AA.VV., Corea del Sud, Modena, 1988 1990 AA.VV., Tecnologie per lo sviluppo: impatto sulle culture asiatiche, Faenza, 1988 N.-C. Chu, Korean Architectural Design, Seoul, L. Benevolo, Storia della città orientale, Roma-Bari, 1990 H.S. Chung, Housing Policy in Korea: Search for 1988 J.-C. Kim, Urban Renewal in Korea: a Tale of New Orientation, in G. C. Lim, W. Chang, Dynamic Transformation: Korea, NiCs & Beyond, Seoul, 1990 Sanggye-dong, in G.C. Lim, Korean Development S.-K. Ha, Housing. Urban Redevelopment and into the 21st Century: Economic, Political and Spatial Social Inequality in Korea, in G.-C. Lim, Transformation, Seoul, 1988 Urban Poor Housing Rights in South Korea & Hong G.C. Lim, Korean Development into the 21st Century: Kong, Bangkok, 1990 Economic, Political and Spatial Transformation, G.-C. Lim, W. Chang, Dynamic Transformation: Seoul, 1988 Korea, NICs and Beyond, Seoul, 1990 A. Nahm, Korea: Tradition and Trasformation, Seoul, 1988 O.-P. Moon, Urban Middle Class Wives in Contemporary Korea: Their Roles,. Responsabilities Living Space in the Traditional Korean House, in and Dilemma, in “Korea Journal”, vol. 30, n. 11, “Korean Journal”, vol. 27, n. 8, 1988 1990 S.-H. Nam, Recent Urban Decentralization in South 1987 Korea: Implications for Regional Disparity, in G.-C. P. Clement, L’architecture du paysage en ExtrêmeOrient, in “Mappemonde”, n 4, 1987 Lim, W. Chang, Dynamic Transformation: Korea, H. Koo, The Interplay of State, Social Class, and NICs and Beyond, Seoul, 1990 World System in East Asian Development: the Cases of South Korea and Taïwan, in “The Political 1989 Acher, Batttle for Housing Rights in Korea. Report Economy of the New Asian Industrialism”, Ithaca, of the Aouth Korea Project of the Asian Coalition for 1987 Housing Rights, Bangkok, 1989


bibliografia

1985 C.W. Chu, Development of Public Housing in Korea, acts of Regional Seminar on Strengthning Public Housing Policiess and Strategies, Jakarta 3-6 september, 1985 J.H. Ha, A Study on the storage space in the Traditional Houses, unpublished master’s thesis, Yongnam University, 1986 N. Jacobs, The Korean Road to Modernization and Development, Chicago, 1985 C. Robin, Bernard Jeannel, Yong-Hak Shin, Les espace hybrides À Séoul, rapport, Laboratoire Anthropologie-Architecture, Parigi, 1985 1983 Y.-H. Park, A Review of the Research on Urban Geography in Korea, in “Chirihak Nonjòng”, n. 10, 1983 1982 E.B. Adams, Art Treasures of Seoul, Seoul, 1982 P. Clement, S. Clement, Young-Hak Shin, L’architecture du paysage en Asie orientale, Parigi, 1982 J. Denis, Urbanisation et dévelopement en République de Corée, in “Annales de gèographie”, n. 507, 1982 B.-W. Kim, David S. Bell, Managing the Unmanageable: the Case of Seoul, in “Korea Journal”, vol. 22, n. 7, 1982

281

C.-S. Yoon, Etude comparative des architectures domestiques japonaise et coréenne, in “Revue de Corée”, vol. 11, n. 4, 1979 1977 J.S. Choi, Family System, in “Korean Journal”, vol. 17, n. 5, maggio 1977 T.-H. Kwon, Demography of Korea: Population Change and Its Components, 1925-1966, Seoul, 1977 K.-S. Lee, A Social Geography of Greater Seoul, Seoul, 1977

Asia 2010 Art. red., New settlements in China, in “Lotus”, n. 141, 2010 2009 V. Gregotti, L’ultimo hutong, lavorare in architettura nella nuova Cina, Milano, 2009

2008 AA.VV., Dans la ville chinoise. Regards sur les mutations d’un empire, Barcelona, 2008 C.C. Bing, To the sources of tha capital of the North. Rites and transformation for the capital under heaven, in F. Edelmann, a cura di, In the Chinese 1981 city. Perspectives on the transmutation of an H.-K. Kim, Activités urbaines et structures spatiales empire, Barcellona, 2008, pp. 302-315 de Séoul en l’an 2000, in “Revue de Corée”, vol. 13, C. Greco, C. Santoro, Pechino. La città Nuova, n. 1, 1981 Milano, 2008 W. Kim, Histoire de l’urbanisme à Séoul et F. Edelmann, Destruction and heritage, in in perspective, in “Revue de Corée”, vol. 13, n. 1, 1981 F. Edelmann, a cura di, In the Chinese city. P. Mortari Vergara Caffarelli, Cina e Corea, in Perspectives on the transmutation of an empire, Bussagli, a cura di, Architettura orientale, voll. 2, Barcellona, 2008, pp. 256-267 1998, pp. 199-223 F. Edelmann, a cura di, In the Chinese city. R. Repetto [et al.], Economic Development, Perspectives on the transmutation of an empire, Population Policy, and Demogrphic Transition in the Barcellona, 2008 Republic of Korea, Cambridge (USA), 1981 G. Imbot-Bichet, Cities, in F. Edelmann, a cura di, In the Chinese city. Perspectives on the transmutation 1979 of an empire, Barcellona, 2008, pp. 278-299 E.S. Mills, B. Song, Urbanization und Urban Y. Kirchner, Lao She’s Beijing, in F. Edelmann, a Problems: Studies in the Modernization of the cura di, In the Chinese city. Perspectives on the Republic of Korea: 1945-1975, Cambridge (USA), transmutation of an empire, Barcellona, 2008, pp. 1979 316-325


282

A. Manon, Wang Jun, chronicler of the new Beijing, in F. Edelmann, a cura di, In the Chinese city. Perspectives on the transmutation of an empire, pp. 327-333 J.-L. Rocca, The city moulded by its social classes, in F. Edelmann, a cura di, In the Chinese city. Perspectives on the transmutation of an empire, Barcellona, 2008, pp. 234-241 X. Liu, China, China… Western Architects and City Planners in China, Stuttgart, 2008 M. Marchi, Metropoli asiatiche in trasformazione. Seoul, Shanghai, Hanoi, Bologna, 2008 J. Wu, The Peri-Urbanisation of Shenghai: Planning Growth Pattern and Sustainable Development, in “Asia Pacific View Point”, vol. 49, n. 2, 2008, pp. 244-253 J. Wu, T. Barnes, Local Planning and Global Implementation: Foreign Investment and Urban Development of Pudong, Shanghai, in “Habitat International”, n. 32, 2008, pp. 364-374 2007 W.K. Chan, Misconception and Complexities in the Study of China’s Cities:Definitions, Statistics and Implications, in “Eurasian Geography and Economics”, vol. 48, 4, 2007,pp. 383-412 He Shenjing, Wu Fulong, Socio-spatial Impacts of Propriety-led Redevelopment on China’s Urban Neighbourhoods, in “Cities”, vol. 4, n. 3, 2007, pp. 194-208 2006 R. Burdett, M. Kanai, La costruzione della città in un’era di trasformazione urbana globale, in Città Architettura e società. 10. Mostra internazionale di Architettura, vol. I, Venezia, 2006, pp. 3-23 J. Davison, Black and White: The Singapore house, 1898-1941, Singapore, 2006 Z. Li, F. Wu, Socio-Economic Transformation in Shanghai (1999-2000). Policy Impacts in GlobalNational-Local Contexts, in “Cities”, vol. 23, n. 4, pp. 250-268 I. Gil, a cura di, Shanghai Trasforming. The Changing Physical, Economic, Social and Environmental Conditions of a Global Metropolis, Barcellona, 2006 D. Lu, Travelling Urban form: The Neighbourhood Unit in China, in “Planning Perspectives”, n. 21, ottobre, 2006, pp. 369-392

faste[a]st cities

L. A. Pezzetti, a cura di, Architettura Cinese Contemporanea.Tradizione e Trasformazione / Unpacking Chinese Architecture Tradition and Transformation, catalogo della mostra, Politecnico di Milano, 11-28 aprile, Milano, 2006 L. Sacchi, a cura di, Tokyo, in “Area”, n. 84, 2006 S. M. Walcott, C. W. Pannell, Metropolitan Spatial Dynamics: Shanghai, in “Habitat International”, vol. 30, pp. 199-211 Y. D. Wei, C.-K. Leung, J. Luo, Globalizing Shanghai: Foreign Investment and Urban Restructuring, in “Habitat International”, vol. 30, 2006, pp. 234-235 F. Wu, Globalization and the Chinese City, LondonNew York, 2006 Zhao Shuqing, Da Liangjiun, Ecological Consequences of Rapid Urban Expansion: Shanghai, Cina, in “Ecological Environment”, vol. 4, n. 7, 2006, pp. 341-346 Co-evolution. Danish / Chinese Collaboration on Sustainable Development in China, 10ª Mostra internazionale di architettura, partecipazioni nazionali, Strandgade, 2006 2005 S.K Acharya, Urban Development in Post-reform China: Insights from Beijing, in “Norsk Geografisk Tidsskrit-Norwegian Journal of Geography”, n. 59, pp. 228-236 S. Avesani, M. Campa, a cura di, China Overwiew, in “Area”, n. 78, 2005 L.V. Barbera, Shanghai Siena, in “Paesaggio Urbano. Rivista bimestrale di architettura, urbanistica e ambiente”, n. 4, 2005, pp. 18-26 A.I. Del Monaco, Pechino, andata e ritorno. Intervista a Yung Ho Chang, in “Paesaggio Urbano. Rivista bimestrale di architettura, urbanistica e ambiente”, n. 4, 2005, pp. 27-32 A.I. Del Monaco, 40 giorni a Pechino. Tradizione e cultura globale in Cina, in “Paesaggio Urbano. Rivista bimestrale di architettura, urbanistica e ambiente”, n. 4, 2005, pp. 33-36 A.I. Del Monaco, Il distretto Haidian a Pechino. Un portale quadrimestrale, in “Paesaggio Urbano. Rivista bimestrale di architettura, urbanistica e ambiente”, n. 4, 2005, pp. 37-43 A.I. Del Monaco, Conservare Pechino, in “Paesaggio Urbano. Rivista bimestrale di architettura, urbanistica e ambiente”, n. 4, 2005, pp. 44-55


bibliografia

G. Denti, Cina: morfologia e scala dello sviluppo, Firenze, 2005 J. Friedmann, China’s Urban Transition, MinneapolisLondon, 2005 P. Jonathan, Destuction du vieux Pékin et polycentralité, in “L’Information géographique”, n. 1, marzo 2005, pp. 5-16 Liang Su-ch’eng, Chinese Architecture: a Pictorial History, New York, 2005 W.S.W. Lim, Asian Ethical Urbanism: A Radical Postmodern Perspective, Singapore, 2005 A. Loubere, Villes chinoises en mouvement, in “Urbanisme”, n. 341, marzo-aprile 2005 M. Maretto, A vision of China, in “Paesaggio Urbano. Rivista bimestrale di architettura, urbanistica e ambiente”, n. 4, 2005, pp. 16-17 M. Maretto, Tianjin. Un quartiere italiano in Cina. Intervista a Paolo Desideri, in “Paesaggio Urbano. Rivista bimestrale di architettura, urbanistica e ambiente”, n. 4, 2005, pp. 56-59 Y. Nussaume, M. Mosiniak, Construire en Chine, Parigi, 2005 P. Orlandi, a cura di, Urban revitalisation in the Former European Concessions Area in Tianjin, China, Bologna, 2005 P.G. Rowe, S. Kuan, Essenza e forma. L’architettura in Cina dal 1840 ad oggi, Milano, 2005 N. Shatzman Steinhardt, a cura di, L’architecture chinoise, Arles, 2005

283

S. Kuan, P.G. Rowe, Architecture and Urbanism for Modern China, Munich-Berlino-London-New York, 2004 G.C.S. Ling, Toward a Post Socialist City? Economic Tertialization and Urban Reformation in the Guangzhou Metropolis, China, in “Urban Studies”, vol. 45, n. 1, pp. 18-44 Xu Xixian, Xu Jiangrong, A Changing Shanghai, through Camera Leus of an Ordinary Citizen, Shanghai, 2004 J. Zhu, Local Development State and Order in China’s Urban Development During Transition, in “International Journal of Urban and Regional Research”, vol. 28, n. 2, 2004 Art. red. Migrants may register for equal rights, in “China Daily News”, 7 gennaio 2004 2003 L.H. Li, Economic Reform in the Urban Land System in China, in “Journal of Contemporary China”, vol. 12, n. 34, 2003 R. Powell, The New Thai House, Singapore, 2003 D.B. Shen, The Past and Future of Real Estate Securitization in Taiwan, in Paper presented at the 6th Asia-Pacific Real Estate Congress, September 27th, Taiwan, 2003, pp. 424-447

2002 AA.VV., Traditional Chinese Residences, Beijing, 2002 2004 A. Balfour, Z. Shiling, World Cities: Shanghai, AA.VV., Beijing Hutong Conservation Study, Beijing, London, 2002 S. Balderstone, Q. Fengqi, Z. Bing, Shanghai 2004 AA.VV., The Cultural City of Qufu: its past, present Reincarnated, in W.S. Logan, The Disappearing “Asian” City. Protecting Asian’s Urban Heritage in a and future, International Urban Studio of Qufu Globalizing World, Hong Kong, 2002, pp. 21-34 School of Architecture, Tsinghua, 2004 M.C. Bergère, Histoire de Shanghai, Parigi, 2002 M.C. Bergère, Shanghai’s Urban Development: A Remake?, in S. Kuan, P.G. Rowe, Architecture and C. Fan Cindy, Population Change and Development Urbanism for Modern China, Munich-Berlin-London- in China: Rights Based on the 2000 Census, in New York, 2004, pp. 36-53 “Eurasian Geography and Economics”, vol. 43, 6, J. W. Cody, Making History (Pay) in Shanghai: 2002 pp. 425-442 Architectural Dialogues about Space, Place and W.S. Logan, The Disappearing “Asian” City. Face, in S. Kuan, P.G. Rowe, Architecture and Protecting Asian’s Urban Heritage in a Globalizing World, Hong Kong, 2002 Urbanism for Modern China, Munich-BerlinoQ. Guo, A Visual Dictionary of Chinese Architecture, London-New York, 2004, pp. 128-141 G. Cortassa, La popolazione cinese tra campagne e Mulgrave, 2002 città: 1950-2050, in “Mondo cinese”, n. 120, 2004 J.A.G. Roberts, Storia della Cina, La politica, la R. Huang, Beijing 798: Reflections on Art, realtà sociale, la cultura, l’economia dall’antichità ai Architecture and Society in China, Hong Kong, 2004 nostri giorni, Roma, 2002


284

N. Shatzman Steinhardt, Chinese Imperial City Planning, Honolulu, 2002 Xu Pingfang, La Structure urbaine du vieux Pékin et sa protection, in “Cahier”, n. 1, giugno 2002 S. Yusuf, W. Wu, Pathways to a World City: Shanghai Rising in an Era of Globalisation, in “Urban Studies”, vol. 39, n. 7, 2002, pp. 1213-12 Chinese architecture, Nancy, 2002 The Housing and Real Estate Policy White Paper, a cura di The Construction and Development Association of Taiwan, Taiwan, 2002 2001 J. Fresnals, La Protection du patrimoine en République populaire de Chine (1949-1999), Parigi, 2001 Lo Fu-Chen, P. Marcotullio, Globalization and the Sustainability of Cities in the Asia Pacific Region, Tokio-New York, Parigi, 2001 L. Junhua, P.g. Rowe, Z. Jie, a cura di, Modern Urban Housing in China 1840-2000, Munich-London-NewYork, 2001 100 Sights of Shanghai, Shanghai, 2001

faste[a]st cities

sulle aree metropolitane di Hong Kong, Shanghai ed Hanoi, in “Storia urbana”, vol. 91, 2000, pp. 1149 F.-L. Wu, The Global and Local Dimensions of Place-Making: Remaking Shanghai as a World City, in “Urban Studies”, vol. 37, n. 8, 2000, pp. 13591377 M. Yokahani [et al.], Beyond Greenbelts and Zoning: A New Planning Concepts for Enviroment of Asian Mega Cities, in “Landscape and Urban Planning”, n. 47, 2000, pp. 159-171 Yu Woo-Ik, Son Ill, Korean Geography and Geographiers, Seoul, 2000 Y. Zhou, L. J. C. Ma, Restructuring and Suburbanizaton in China, in “Urban Geography”, vol. 21, 2000, pp. 205-236

1999 I. Begg, Cities and Competitiveness, in “Urban Studies”, n. 36(5-6), 1999, pp. 795-809 M. Bingjian, The Buildings of the Quadrangle of Beijing, Beijing, 1999 R.C.K. Chan, Y. Shimou, Urbanization and Sustainable Metropolitan Development in China: 2000 Patterns, Problems and Prospects, in “Geo Journal”, n. 49, 1999, pp. 269-277 F. Ged, Shanghai, in “Portrait de ville”, Paris, 2000 G.P. Chapman, A.K. Dutt, R.W. Brandnock, Urban X.Y. Fan, The Current Status and Development Trends of the transformations of China’s rural labour Growth and Development in Asia, in Making the forces, in Report on China’s Status, 2000 Cities, vol. 1, Ashgate-Singapore-Sidney, 1999 S.-S. Han, Shanghai between State and Market in C. Debaine-Francfort, Antica Cina. Storia di una Urban Transformation, in “Urban Studies”, vol. 37, n. riscoperta, Milano-Parigi, 1999 11, 2000, pp. 2091-2112 P. Gaubatz, China’s urban transformation: Patterns C. Henriot, Z. Zu’an, Atlas de Shanghai. Espaces et and process of morphological change in Beijing, représentations de 1849 à nos jours, Parigi, 2000 Shanghai and Guangzhou, in “Urban Studies”, vol. Li Ling Hin, Dal piano al mercato: la mutevole 36, n. 9, pp. 1495-1521 struttura spaziale di Shanghai (Cina) nell’era del Z.-Y. Hou, Z.-X. Sun, Review and Prospective on socialismo di mercato, in “Storia urbana”, vol. 91, Industrial Restructuring in Shanghai, in “Shanghai 2000, pp. 75-87 Economic Review”, n. 3, 1999 I.C.Y. Hsu, The Rise of Modern China, New York, I. Iannaccone, Storie e civiltà della Cina. Cinque 2000 lezioni, Napoli, 1999 Y.-M. Ning, The Study on the Location of the O.L. Lee, Shanghai Modern. The Flowering of a Industrial Service and the Office Building in New Urban Culture in China 1930-1945, Cambridge Shanghai, in “City Planning Review”, vol. 24, n. 8, (MA)-London, 1999 agosto 2000, pp. 9-12 T.C. Lim, The Origin of Societal Power in South H. Suzuki, 20th Century Architecture of Japan, in Korea: Understanding the Physical and Human World Architecture: A Critical Mosaic 1900-2000, Legacies of Japan Colonialism, in “Modern Asian vol. 9, New York, 2000 studies”, vol. 33, n. 3, pp. 603-633 M. Tiepolo, Regime dei suoli in leasehold e Instant China. Notes on an urban transformation, pianificazione urbanistica: stato delle conoscenze in “2G. Rivista Internacional de Arquitectura”, n. 10,


bibliografia

numero monografico, 1999

285

Kong, 1996, pp. 273-298 B. Yeoh, Contesting Space: Power Relations and 1998 the Urban Built Enviroment in Colonial Singapore, R.A. Bickers, Shanghailanders. The Formation of Kuala Lampur, 1996 Identity of the British Settler Community in Shanghai Y.M. Yeung, Y. Sung, Shanghai. Transformation and Modernization under China’s Open Policy, Hong 1843-1937, in “Past and Present”, n. 159, maggio 1998, pp. 161-211 Kong, 1996 J. C. Cong, A booming housing mortgage market in 1995 Shanghai, in “Housing Finance International”, vol. P. Balchin, Housing Policy, an Introduction, London, 12, marzo 1998 B. Hook, Shanghai and the Yangtze delta. A city 1995 Reborn, Oxford, 1998 R.A. Bickers, J.N. Wasserstrom, Shanghai’s “Dog L.H. Li, Urban Land Reform in China, London, 1998 and Chinese not Admitted” Sign: Legend, History J.C. Ramo, The Shanghai bubble, in “Foreign and Contemporary Symbol, in “The china Quarterly, Policy”, n. 111, 1998, pp. 64-75 n. 142, june 1995, pp. 444-466 K.-Y. Shin, Industrialization strategies and Economic Chen Bochao, A General Survey of China’s Modern Development in East Asian Notions, in E.-M. Kim, Architecture, Shenyang Volume, Beijing, 1995 The Four Asian Tigers: Economic Development and P. Clément, S. Clément-Charpentier, C. Goldblum, Cités d’Asie, in “Les Cahiers de la recherche the Global Political Economy, New York, 1998 architecturale”, nn. 35-36, 1995 L. Cooke Johnson, Shanghai. From Market Town to 1997 Yeh Wen-Hsin, Shanghai Modernity: Commerce Preaty Port (1074-1858), Stanford (ca), 1995 and Culture in a Republican City, in “The China P. Corradini, Le caratteristiche della città cinese, in L. Gazzola, Cina: architetture e città,in “Bollettino Quaterly”, n. 150, giugno 1997, pp. 375-394 Ye Yonglie, The Bottle of the Housing Market, della facoltà di Architettura”, n. 52, 1995, pp. 83-95 Fudan, 1997 L. Gazzola, a cura di, Cina: architetture e città, in S. Zheng, Shanghai: Planning and administration for “Bollettino della Facoltà di Architettura”, n. 52, 1995 a future international metropolis, in “Ekistics”, vol. F. Ged, Insediamento e morfologia urbana a Shanghai tra Ottocento e Novecento, in “Storia 31, n. 10, pp. 627-646 urbana”, n. 70, 1995, pp. 99-118 1996 F. Ged, Urbain et foncier à Shanghai: conflits et P.T.Y. Cheung, The Political Context of Shanghai’s enjeux (1949-1994), in C. Henriot, Cortigiane, Economic Development, in Y.M. Yeung, Y.M. classe dirigente e spazio urbano a Shanghai (1849Yeung, S. Yun-wing, Shanghai. Transformation and 1919), n. 70, 1995, pp. 226-244 Modernization under China’s Open Policy, Hong C. Henriot, a cura di, Les Métropoles Chinoises au Kong, 1996, pp. 49-92 XX siècle, Parigi, 1995 K.I. Fung, Satellite Towns Development and C. Henriot, Cortiginane, classe dirigente e spazio Contributions, in Y.M. Yeung, S. Yun-wing, Shanghai. urbano a Shanghai (1849-1919), in “Storia Urbana”, Transformation and Modernization under China’s n. 70, 1995, pp. 71-97 Open Policy, Hong Kong, 1996, pp. 321-340 K.L. Macpherson, La zone nouvelle de Pudong et le L. H. Li, Privatization of Urban Land in Shanghai, développement urbain de Shanghai: une mise en perspective historique, in C. Henriot, , a cura di, Les Hong Kong, 1996 Lo Fu-Chen, Yeung Yue-Man, Emerging World Cities Métropoles Chinoises au XX siècle, Parigi, 1995 in Pacific Asia, Tokio-New York-Parigi, 1996 L. Shi, La pratique du planning familial a Shanghai, Wang Sijun, The Study of the Regional in C. Henriot, a cura di, Les Métropoles Chinoises Development of China’s Urbanization, Beijing, 1996 au XX siècle, Parigi, 1995 A.G.O. Yeh, Pudong: Remaking as a World City, in A. Walker, K.W. Chau, C.W. Lai, Hong Kong in Cina: Y.M. Yeung, Y. Sung, Shanghai. Transformation and Real Estate in the Economy, Hong Kong, 1995 Modernization under China’s Open Policy, Hong X.J. Wang, Estate Price of China, Beijing, 1995


286

J.F. Williams, La tête du Dragon: Pudong, Shanghai et la Chine vers le XXI siècle, in C. Henriot, a cura di, Les Métropoles Chinoises au XX siècle, Parigi, 1995, pp. 209-225 Les raisons du paysage de la Chine antique aux environnements de synthèse, Parigi, 1995 1994 C. Baglione, F. Montagna, a cura di, Giappone una modernità dis-orientata, in “Casabella”, nn. 608-609, 1994 Bi Baode, Studies on China’s Real-estate Market, Beijing, 1994 Chen Guangting, Urban Housing Issues in Contemporary China, in Challenges in Urban Housing in China, Beijing, 1994 W.X. Liu, Researches on Chines Land Rent, Land Use Tax and Land Use Fee, Beijing, 1994 E.S. Morse, La casa Giapponese, Milano, 1994 Qiao Hong, Annals of Urban Construction in Tanjin, Beijing, 1994 A. Walker, L.H. Li, Land Use Rights Reform and the Real Estate Market in China, in “Journal of Real Estate Literature, vol. 2, 1994, pp. 199-211 1993 T. Banerjee, Transitional Urbanism Reconsidered: Post-Colonial Development of Calcutta and Shangai, in G. Gulding, A. Southall, Urban Anthropology in China, New York-Koln, 1993, pp. 76-100 M. Bingjian, Quadrangles of Beijing, Beijing, 1993 J. Birchall, a cura di, Housing Policy in the 1900s, London, 1992 C.B. Chiu, Pékin, espaces sous influences, in Asies II-Aménager l’espace, Parigi, 1993 G. Gulding, A. Southall, Urban Anthropology in China, Leiden-New York-Koln, 1993 E.G. Heppner, S. Totten, Shanghai Refugees: A Memory of the Worls War II Jewish Ghetto, Lincoln, 1993 W. Li, Hutongs of Beijing, Beijing, 1993 Pi Mingxiu, The Modern History of Wuhan City, Beijing, 1993 Shen Hua, Shanghai Linong Houses, Beijing, 1993 Yang Bingde, China’s Modern Cities and Architecture, Baijing, 1993 Art. red., Green Belt Policy Open to Debate, in “Space and Environment”, novembre 1993, p. 1 Art. red., Spatial Reorganization of the Seoul

faste[a]st cities

Metropolitan, in “Space and Environment”, aprile 1993, p. 1 Art. red., Year 2011 Transportation Plan for Seoul Metropolitan Proposed, in “Space and Environment”, novembre 1993, p. 2 1992 AA.VV., Japanese Architecture II, London, 1992 G. Enyedi, Urbanization in East Central Europe: Social Processes and Societal Responses in the State Socialist System, in “Urban Studies”, vol. 29, n. 6, pp. 869-880 S. Gui, X. Liu, Urban Migration in Shanghai, 19501988. Trend and Characteristics, in “Population and Development Review”, vol. 18, n. 3, september 1992, pp. 533-548 Qiao Zhiqiang, The Modern History of Chinese Society, Beijing, 1992 Lu Hanchao, Arrested Development: Cotton and Cotton Markets in Shanghai, 1350-1843, in “Modern China”, vol. 18, n. 4, ottobre 1992, pp. 468-499 1991 D. Diacon, Deterioration of the Public Sector Housing Stock, Avebury, 1991 A. Walker, Land Property and Construction in the People’s Republic of China, Hong Kong, 1991 1990 C.-O. Chang, A Study on the Housing Problems and Housing Policy, Taipei, 1990 Y.-X. Deng, Beijing Quadrangle Courtyards, Beijing, 1990 N. Shatzman Steinhardt, Chinese Imperial City Planning, Honolulo, 1990 Gao Zhonglin, Modern Architecture in Tianjin, Tianjin, 1990 J. Maikefakuer, F. Zhengqing, Cambridge History of the People’s Republic of China, 1949-1965, Beijing, 1990 W. Xiaoming, Chronicle of Events (1949-1986). Construction of Menagment of Modern Urban Housing in China, Shanghai, 1990 Xue Yongli, Evolution of Slum Areas in Shanghai, in Real Estate Business in Old Shanghai, in “Selected Historical Accounts of Past Events of Shanghai”, vol. 64, Shanghai, 1990 C.H. Tao, C.C. Heng, Urban Consturction of Contemporary China, Beijing, 1990


bibliografia

K. Zhang, Multiple-floor or High-rise: Controversy on High-density Housing Construction, in “Journal of Architecture”, vol. II, nn. 2-5 1989 R.Y. Eng, The Transformation of a Semi-Colonial Port City: Shanghai, 1843-1941, in F. Broeze, Bridges of the Sea. Port Cities of Asia from the 16th – 20th Century, Kensington, 1989, pp. 129-151 J. Huang, Li Pei, The Villages for Common Peolple in Shanghai, in “Selected Historical Accounts of Past Events of Shangai”, vol. 63., Shanghai, 1989 L.G. Liu, Chinese Architecture, New York, 1989 Tang Zhenchang, The History of Shanghai, Shanghai, 1989 Xibahe High-rise Residential Building, in “Journal of Architecture”, vol. II, n. 15, Beijing, 1989 1988 AA.VV., Tecnologie per lo sviluppo: impatto sulle culture asiatiche, catalogo della mostra, Bologna, Salone Internazionale dell’industrializzazione Edilizia, 26-30 ottobre 1988, Faenza, 1988 L. Benevolo, Storia della città orientale, Roma-Bari, 1988 B. Houlihan, Housing Policy and Central-Local Government Relations, Averbury, 1988 Y. Weijun, Tentative Research on the Chinese Way of Urbanization-China Urban Infrastructure Construction, Beijing, 1988 W. Xiaoming, Chronicle of Events (1949-1986). Construction and Management of Modern Urban Housing in China, Wuhan, 1988 Vernacular Chinese Architecture, Shanghai, 1988 1987 P. Corradini, La città cinese, in P. Rossi, a cura di, Modelli di città. Strutture e funzioni politiche, Torino, 1987, pp. 181-1987 Cai Derong, Research on Housing System Reform in China’s Cities and Towns, Beijing, 1987 K.L. Macpherson, A Wilderness of Marshes: The Origin of Public Health in Shanghai, 1350-1843, Hong Kong, 1987 Y. Rutang, Status quo and Development of Housing in China, in “China Construction”, vol. 7, n. 3, 1987 1986 All about Shanghai. A Standard Guidebook (1934-

287

35), ristampata con introduzione di H.J. Lethbridge, Oxford, 1986 H.J. Letbridge, Introduction, in All about Shanghai. A Standard Guidebook (1934-35), Oxford, 1986, pp. V-XVI 1985 H.K. Yeh, a cura di, Housing a Nation: 25 Years of Public Housing in Singapore, Singapore, 1985 1984 Dong Jianhong, Development History of Chinese Cities, Taibei, 1984 Z. Jianda, Contemporary Residential Area Planning in the World, Beijing, 1984 1983 AA.VV., Urban Housing Design, Beijing, 1983 P. Jonathan, Pèkin, in Portrait de ville, 1983 1982 AA.VV., Japanese city and architecture: Kurashiki. S. Urabe & Associate Architects, Works, in “Kurashiki”, n. 31, 1982 G. Chen, D. Yuan, Beijing, Beijing, 1982 1981 M.C. Bergère, “The Other China”: Shanghai from 1919 to 1949, in C. Howe, Shanghai. Revolution and Development in an Asian Metropolis, Cambridge (ma), 1981, pp. 1-34 K.I. Fung, The Spatial Development of Shanghai, in C. Howe, Shanghai. Revolution and Development in an Asian Metropolis, Cambridge (MA), 1981, pp. 269-300 C. Howe, Shanghai. Revolution and Development in an Asian Metropolis, Cambridge (MA), 1981 1980 A. Turco, Città e territorio in Giappone e in Cina, Bologna, 1980 1978 K. Zhang, Improve Housing Design to Save Construction Land, in “Journal Architecture”, vol. 6, nn. 22-23, 1978 1977 M. Elvin, Market Town and Waterway: The County


288

of Shanghai from 1480 to 1910, in G.W. Skinner, The City in Late Imperial China, Stanford (CA), 1977, pp. 441-474 1976 C. Gavinelli, M.C. Gibelli, CittĂ e territorio, in Cina, Bari, 1976 1971 A. Kolb, East Asia. Cina, Japan, Corea, Vietnam. Geography of a Cultural Region, London, 1971

faste[a]st cities


bibliografia

289

bibliografia coreana tradotta

2010 박원갑, 부동산 미래쇼크 (O.G. Park, Mercato immobiliare, lo shock del futuro), Seoul, 2010 강부성, 강인호, 박광재, 박인석, 박철수, 박혜선, 이규인, 하우징 디자인 2010 / B.S. Gang, I.H. Gang, G.J. Park, I.S. Park, C.S. Park, H.S. Park, G.I. Lee, Housing Design 2010, Seoul, 2010 전강수, 부동산 투기의 종말 (G.S. Jeon, Fine delle speculazioni immobiliari), Seoul, 2010 Tomoon Works 20th Anniversary, Seoul, 2010 대한국토.도시계획학회, 토지이용계획론 / Korea Planner’s Association, Land Use Planning, Seoul, 2010 김용국, 주거단지계획 / Y.K. Kim, Housing Complex Planning, Seoul, 2010 김오형, 수도권 공간구조 및 이동특성에 관한 연구 : 1995년과 2005년을 비교하여 / O.H. Kim, A Study on Space structure and Movement characteristics: Years 1995 and 2005 compared, Seoul, 2010 2009 전남일, 손세관, 양세화, 홍형옥, 한국 주거의 사회사 (N.I. Jeon, S.G. Son, S.H. Yang, H.O. Hong, Storia delle abitazioni coreane), Paju, 2009 란지리, 韓國의 第1期 首都圈 新都市에 관한 硏 究 : 1989~1996년간의 5개 신도시 / J.R. Ran, A Study on the First Phase of New Town in the Seoul Metropolitan Region of Korea, MokPo, 2009 장림종, 박진희, 대한민국 아파트 발굴사 (R.J Jang, J.H. Park, Storia delle APT coreane- da JongAm a Hiltop, registro di analisi di APT di prima generazione), Paju, 2009

2008 조인스랜드 출판팀, 부동산 대해부 (Joinsland, Analisi del mercato immobiliare), Seoul, 2008 김대현, 아파트 옥외공간의 변화 (D.H. Kim, APT, trasformazione degli spazi aperti), Paju, 2008 김형선, 신도시 계발론(H.S. Kim, Teoria di sviluppo delle NewTown), Seoul, 2008 이재욱, HAN-A URBAN RESEARCH INSTITUTE / J.U. LEE, HAN-A URBAN RESEARCH INSTITUTE, Seoul, 2008 김기호, 구자훈, 박진아, 임희지, 장윤배, 김민수, 홍경구, 박천보, 채병선, 윤옥순, 지구단위계획의 실제(G.H. Kim, J.H. Hoon, J.A. Park, H.J. Rim, Y.B. Jang, M.S. Kim, K.G. Hong, C.B. Park, B.S. Chae, O.S. Yoon, Lo stato attuale del piano Jigu), Paju, 2008 김연화, 수도권 1기신도시 중심상업지역 지구단위계획 실행결과 비교연구 : 중동,일산,평촌 보행자도로변을 중심으로 / Y.H. Kim, A study on comparing the action results of the district planning in the CBD located in the first new cities, Seoul, 2008 2007 장림종, 박진희, 대한민국 아파트 발굴사 (R.J. Jong, J.H. Park, Storia dell’Apt in Corea), Paju, 2007 이외희, 수도권 제2기 신도시지역의 인구유입특성에 관한 연구 / U.H. Lee, A Study on Inmigration Characteristics in the Second Generation of NewTowns, the Capital Area, Suwon, 2007 오홍석, 부동산의 역사와 철학 (H.S. O, Storia e filosofia del mercato immobiliare), Seoul, 2007 강부성, 강인호, 박광재, 박인석, 박철수, 박혜선,


290

이규인, 한국 동동주택계획의 역사 (B.S. Gang, I.H. Gang, G.J. Park, I.S. Park, C.S. Park, H.S. Park, G.I. Lee, Storia di progettazioni di case plurifamiliari in Corea), Seoul, 2007 김원배, 안형도, 박세훈, 정옥주, 이성수, 동북아 대도시권 동태적 경쟁력의 비교연구 (O.B. Kim, H.D. Anh, S.H. Park, O.J. Cheng, S.S. Lee, Comparazione della capacità competitiva delle grandi città asiatiche), Seoul, 2007 종합보고서 (Documento Generale), Chungnam Yeongigun, 2007 건축물미관 / Urban design guideline and aesthetic building standards, Chungnam Yeongigun, 2007 도시환경색채 / Color master plan and design guidelines, Chungnam Yeongigun, 2007 옥외광고물 (Design guidelines for signs), Chungnam Yeongigun, 2007 공원,녹지,수변 (Open spaces planning and design guidelines), Chungnam Yeongigun, 2007 행정중심복합도시 경관부문 상세계획 (Detailed cityscape plan for multifunctional administrative city), Chungnam Yeongigun, 2007 행정중심복합도시 통합이미지 형성방안 (Integrated image building plan for multifunctional administrative city), Chungnam Yeongigun, 2007 행정중심복합도시 환경부문 상세계획 (Detailde enviromental plan for multifunctional administrative city), Chungnam Yeongigun, 2007 김희선, 정직한 내집마련 (H.S. Kim, Acquistare la propria casa), Seoul, 2007 남상호, 가계자산 분포와 불평등의 요인분석 (S.H. Nam, Analisi dei fattori di distribuzione squilibrata dei beni), Seoul, 2007 2006 하성규, 주택정책론 / S.G. Ha, Housing Policy and Practice in Korea, Seoul, 2006 정은진, 서울시 주상복합건물의 주거 특성 (J.E. Jin, Caratteristica della residenza multifunzinale di Seoul), Paju, 2006 김영환, 문채, 이인성, 이희정, 지구단위계획의 이해 (Y.H. Kim, C. Moon, I.S. Lee, H.J. Lee, Comprendere il piano Jigu), Paju, 2006 배경동, 주택공급정책이 도시계획 왜곡현상에 미친 영향에 관한 연구 : 서울시 도시난개발 사례를 중심으로 / K.D. Bae, A Study on the distortion of urban planning & development of Seoul, Seoul, 2006 조문석, 서울광역도시권의 직주접근성에 관한 연구

faste[a]st cities

: 일산과 분당 신도시를 중심으로 / M.S. Cho, Job accessibility in Seoul metropolitan area: with special reference to Il-San and Bun-Dang new town, Seoul, 2006 임재석, 서울, 골목길 풍경(J.S. Rim, Paesaggi di stradine GolMok in Seoul), Paju, 2006 파괴와 혼란의 전쟁공간 1950-1955 (Guerra. Distruzione e caos), Seoul, 2006 2005 나창근, 부동산 100문100답 (C.G Na, Mercato immobiliare 100 domande 100 risposte), Seoul, 2005 프란시스코 사닌, 이충걸, 이충걸, 황두진, 송도영, 서현, 조택연, 조완기, 박승용, 문훈, 위니 마스, 서울 시나리오 / F. Sanin, C.K. Lee, H. Seo, T.Y. Cho, D.J. Hwang, H. Moon, D.Y. Song, Seoul scenarios, Seoul, 2005 대한건축사협회, 한국전통건축 제4집 (KOREAN INSTITUTE OF REGISTERED ARCHITECTS, Architettura tradizionale Coreana Vol. 4), Seoul, 2005 김봉일, 홍세표, 안영복, 김기임, 신성영, 백경무, 도시계획 / B.I. Kim, S.P. Hong, Y.B. Ahn, S.Y. Shin, K.M. Beak, City Planning, Seoul, 2005 강진학, 韓國 國土空間의 結節構造에 관한 硏究 / J.H. Kang, A Study on Structure of Nodal Region within National Land in Korea, Seoul, 2005 노용환, 저평가 아파트를 찍어주마 (Y.H. No, Ti indico gli APT economici), Seoul, 2005 2004 이숙경, 수도권 인구 이동의 변화, 1990-2003 / S.K. Lee, The Change of Migration in the Seoul Metropolitan Region, 1990-2003, Seoul, 2004 종합 부동산세 도입과 부동산 세제개편 (Introduzione delle tassazioni generali e la riforma tributaria sugli immobili), Seoul, 2004 양동양, 주거단지설계 (D.Y. Yang, Progettazione di DanJi residenziale), Seoul, 2004 2003 손장권, 신도시의 형성 / J.G. Son, The Formation of New City, Seoul, 2003 화성 신도시 시범단지 현상설계 / Hwaseong NewTowns Model Complex Competition, Seoul, 2003 주남철, 궁집 (N.C. Joo, Le case imperial), Seoul, 2003


bibliografia

임정의, 한국의 공간 / C.E. Lim, Korean Space, Seoul, 2003 하성균, 한국도시 재개발의 사회경제론 (S.G. Ha, Teoria socio-economica del piano di riqualificazione della citta coreana), Seoul, 2003 2002 이유미, 서수정, 정종대, 조성학, 공동주택단지의 디자인 매뉴얼 / Y.M Lee, S.J. Seo, J.D, Jeong, S.H. Jo, Design Manual, Seoul, 2002 MK 랜드, 아파트 고르는법 (MK Land, Metodo per scegliere un APT), Seoul, 2002 한국의 주택 (Le case in Corea), Seoul, 2002 주택도시 40년 (40anni di città residenziale), Seoul, 2002 2000 장순용, 원초적 주거 / S.Y. Chang, Original House, in “Contemporary Architecture”, vol. 29, n. 1, Seoul, 2000 현대건축 / Contemporary Architecture: The Traditional Architecture of Korea, Seoul, 2000 주택시장 변화와 주택산업의 발전 방안 (La trasformazione del mercato immobiliare e il metodo di sviluppo delle industrie immobiliari), Seoul, 2000 1998 수도권 분양가 자율화의 필요성과 보안대책 (Neccessità di liberalizzazione del prezzo immobiliare e misure di sicurezza), Seoul, 1998 1997 ARCHIBAN, HANSSEM, HAN-A RESERACH INSTITUTE OF URBAN, 동양건축사도집 (ARCHIBAN, HANSSEM, HAN-A RESERACH INSTITUTE OF URBAN, 12 libri sull’architettura asiatica), Seoul, 1997 1995 대한건축학회, 동양건축사도집 (Istituto Coreano di Architettura, 12 libri sull’architettura asiatica), Seoul, 1995 1994 김진애, 서울생, 도시문화시애의 서울을 기리는 책 / J.A. Kim, Seoulness: A book for Seoul in the age of city culture, Seoul, 1994 송현영 “불량주택 재개발과 주택 환경의 변화: 서울시 중심으로(H.Y. Song, La ricostruzione di

291

case degradate e la trasformazione dell’ambiente residenziale: intorno la città di Seoul), Seoul, 1994 서울 도시계획 1394-1994 (Piano urbanistico di Seoul 1394-1994), Seoul, 1994 1993 강부성, 도시집합 주택의 계획 (B.S. KANG, Piano delle abitazioni urbane), Seoul, 1993 고철, 박종택, 수도권 신도시 건설에 따른 가구이동 및 주거상태 변화에 관한 연구 (C. Go, J.T. Park, Studi sulla trasformazione delle condizioni e sullo spostamento delle abitazioni derivante dalla costruzione di new town nella regione capitale), Seoul, 1993 김형국, 불량촌과 재개발 (H.K. Kim, Aree residenziali degradate e l’opera di ricostruzione), Nanam, 1993 1991 강수림, 우리나라 주택 사업의 궤적 : 공동주택 중심으로 - 한국의 아파트 (S.R. Kang, Successo delle opere residenziali in Corea, intorno alle residenze pluriifamiliari - APT Coreane), Seoul, 1991 1990 일산 신도시 개발사업 기획 (Progette per l’opera di sviluppo di New Town Ilsan), Seoul, 1990, p. 24 신도시 개발 정책에 관한 연구:투자비용 분석 (Ricerca sulle linee politiche per lo sviluppo di New Towns: analisi sui costi d’investimento), Seoul, 1990 1989 이운영, 한국 인구구조의 변화에 관한 분석 : 1955 년-2020년 / U.Y. Lee, A study of the changes in Korean population structure: 1955-2020, Seoul, 1989 1982 박기영, 신도시 개발 전략 및 모형 설정에 관한연구 (G.Y. Park, Ricerca sulle impostazioni del modello e la strategia per lo sviluppo di new town), Seoul, 1982 pp. 159 1979 대한주택공사 20년사(Storia ventennale di Land, Housing Corporation), Seoul, 1979, p. 217







Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.