Ridere bellum

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RIDERE BELLUM OVVERO: COME IMPARAI A PREOCCUPARMI E AD AMARE LA GUERRA IL GRANDE DITTATORE, CHARLIE CHAPLIN (1940) – LA GRANDE GUERRA, MARIO MONICELLI (1959) – IL DOTTOR STRANAMORE, STANLEY KUBRICK (1964) – M*A*S*H, ROBERT ALTMAN (1970) – BANANAS, WOODY ALLEN (1971) – AMORE E GUERRA, WOODY ALLEN (1975)


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Ridere Bellum. Ovvero: come imparai a preoccuparmi e ad amare la guerra.

Andrea Guccini


Ridere Bellum Ovvero: come imparai a preoccuparmi e ad amare la guerra

Progetto e redazione grafica: Andrea Guccini Testi: Andrea Guccini Mosè Sabbioni (Il grande dittatore) Istituto Europeo di Design Visual Communication – Graphic Design Via A. Sciesa, 4 – Milano A.A. 2014 – 2015

Progetto di tesi Relatore: Mauro Panzeri Correlatore: Nazzareno Mazzini Assistente: Dea Curić

Carta: Mohawk Superfine Smooth white, 120g Mohawk Superfine Eggshell ultrawhite, 270g Font: Neue Haas Unica Pro Toshi Omagari – Monotype, 2015 Team '77 (André Gürtler, Christian Mengelt e Erich Gschwind) – Haas Type Foundry, 1980



Indice

Introduzione Il grande dittatore La grande guerra Il Dottor Stranamore M*A*S*H Bananas Amore e guerra Conclusioni Bibliografia e sitografia

→ 018 → 023 → 051 → 075 → 105 → 131 → 155 → 187 → 188

Introduzione Questo libro nasce come progetto di tesi all'Istituto Europeo di Design di Milano all'interno del corso di progettazione grafica. Mi sono iscritto al gruppo incentrato sull'argomento "guerra" senza avere idea di cosa sarei poi andato a realizzare, mi sembrava però il percorso più "fertile" e spazioso nel quale operare. Dopo diversi mesi di incontri durante i quali venivano trattati diversi argomenti collegati alla guerra, ho deciso di realizzare un prodotto editoriale, un libro scritto e redatto da me. Parlando coi docenti e ragionando assieme a loro, siamo arrivati alla conclusione che l'argomento che sarei riuscito a trattare meglio sarebbe stato sicuramente da cercare nel campo cinematografico dato il mio interesse in materia. Grazie alla mia grande passione per Woody Allen, siamo riusciti a capire qual era l'anello mancante che andava a definire le tre parole chiave per delineare il mio progetto: guerra, cinema, umorismo. Inizialmente i film che avevo deciso di trattare e analizzare erano quindici: M*A*S*H (Robert Altman, 1970), Forrest Gump (Robert Zemeckis, 1994), Il dittatore dello stato libero di Bananas (Woody Allen, 1971), Il Federale (Luciano Salce, 1961), Il grande dittatore (Charlie Chaplin, 1940), Come vinsi la guerra (Buster Keaton, 1926), La grande guerra (Mario Monicelli, 1958), Il caporale Sam (Norman Taurog, 1952), Amore e guerra (Woody Allen, 1975), Il dottor Stranamore (Stanley Kubrick, 1964), Train de vie (Radu Mihaileanu, 1998), Mediterraneo (Gabriele Salvadores, 1991), Fahrenheit 911 (Michael Moore, 2004), La grande fuga (John Sturges, 1963) e Persepolis (Marjane Satrapi e Vincent Paronnaud, 2007). Cominciando a lavorarci mi sono però reso conto che le cose da dire su ognuno erano molte,

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perciò, date le tempistiche e il timone editoriale che avevo steso, ho preferito trattare meno film ma meglio. Dopo due "fasi eliminatorie", sono riuscito a limare nel migliore dei modi la lista mantenendo solo sei titoli, quelli che ritenevo più interessanti non tanto per la trama in sé, bensì per l'influenza che hanno avuto nel modo di vedere la guerra. Di ognuno di questi ho "ricordato" la trama per poi andare ad analizzarne tutti i contenuti umoristici. Ho poi approfondito il modo in cui viene trattato il tema della guerra caso per caso, su cosa si scherza, con quanto tatto, ma soprattutto in quale contesto. Questo libro è diviso per film e ad ognuno, ho collegato un capitoletto riguardante un argomento parallelo, una sorta di approfondimento. Contro un progetto come questo è scontata una polemica riguardo la moralità dei contenuti. "Ridere della guerra": sembra una cosa orribile detta così, perché mai bisognerebbe ridere di fronte a una tale tragedia? Sulla carta sembra impossibile che questo possa accadere, oltre che di cattivo gusto. Eppure i film che troverete nelle pagine successive ce l'hanno fatta. Come ci sono riusciti? Ma soprattutto perché hanno fatto questa scelta? Come si fa a prendere in giro l'unica vera forma di onnipotenza alla quale siamo tutti sottomessi qual è la morte? Oltre che una satira politica, diventa talvolta quindi una satira alla stessa vita. Ricordandoci che, concretamente parlando, le decisioni belliche vengono prese dalla politica, è ovvio che questa satira sia una reazione del popolo contro il potere. Nel caso, invece, della "satira alla vita", questa diventa quasi un processo di difesa da parte dell'uomo. Oppure, meglio ancora, un processo che aiuta l'uomo. Perché noi ridiamo, si, ma non per una battuta comica fine a se stessa, qui si sta parlando di umorismo, non di comicità. Quell'umorismo di cui parlava Pirandello quando teorizzò l'avvertimento e il sentimento del contrario. Il comico si ferma all'avvertimento, alla risata leggera, mentre l'umorista va oltre in modo da creare il famoso sentimento del contrario. Questi sono quindi sei film che fanno ridere ma che fanno anche riflettere, e le nostre sono risate amare, risate che portano a un ragionamento.

Andrea Guccini

INDICE / INTRODUZIONE


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→ Il grande dittatore, 1940 Regia: Charlie Chaplin. Sceneggiatura: Charlie Chaplin. Soggetto: Charlie Chaplin. Produzione: United Artists. →

La grande guerra, 1959 Regia: Mario Monicelli Sceneggiatura: Monicelli, Age & Scarpelli, Luciano Vincenzoni. Soggetto: Mario Monicelli, Age & Scarpelli, Luciano Vincenzoni. Produzione: Dino De Laurentiis. → Il Dottor Stranamore, 1964 Regia: Stanley Kubrick. Sceneggiatura: Stanley Kubrick, Peter George, Terry Southern. Soggetto: Peter George. Produzione: Hauk Film LTD.


→ M*A*S*H, 1970 Regia: Robert Altman. Sceneggiatura: Laura Kerr, Ring Lardner Jr, Allen Rivkin. Soggetto: Richard Hooker. Produzione: 20th Century Fox. → Il dittatore dello stato libero di Bananas, 1971 Regia: Woody Allen. Sceneggiatura: Woody Allen, Mickey Rose. Soggetto: Woody Allen, Mickey Rose. Produzione: Jack Grossberg. → Amore e guerra, 1975 Regia: Woody Allen. Sceneggiatura: Woody Allen. Soggetto: Woody Allen. Produzione: United Artists.


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Il grande dittatore

Regia Charlie Chaplin

Sceneggiatura

Soggetto

Charlie Chaplin

Charlie Chaplin

Produzione

Anno

United Artists

1940

Cast Charlie Chaplin Paulette Goddard Jack Oakie Reginald Gardiner Henry Daniell Billy Gilbert Grace Hayle

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→ Adenoid Hynkel → Barbiere ebreo → Hannah → Bonito Napoloni → Schultz → Garbitsch → Herring → Sig.ra Napoloni

IL GRANDE DITTATORE / Charlie Chaplin


Il film

Durante una battaglia della prima guerra mondiale un barbiere ebreo (1), che combatte nell’esercito della Tomania (2) (e più precisamente nella XXI divisione artiglieria) come addetto al funzionamento della grande Berta, un enorme cannone, si rende protagonista di un’azione eroica a bordo di un aereo e salva la vita dell’ufficiale Schultz (3). L’epilogo dell’azione, con il precipitare dell’aereo sul quale i due si trovano, comporterà per il barbiere la perdita della memoria. Dopo molti anni passati all’ospedale, egli se ne allontana e fa ritorno alla sua bottega nel ghetto ebreo e si sorprende dell’atteggiamento dei militari che imbrattano i vetri del suo negozio con la scritta dispregiativa “jew”. Reagisce al sopruso, in contrasto con la remissione degli altri abitanti del quartiere, suscitando le simpatie di Hannah (4), giovane e bella figlia del ghetto, anch’ella insofferente alle angherie e alle miserabili condizioni di vita alle quali Adenoid Hynkel (5), dittatore di Tomania, e i suoi scagnozzi la costringono da tempo. La rappresaglia dei militari agli sberleffi del barbiere e di Hannah prevedrebbe l’impiccagione dell’uomo ad un lampione, se non intervenisse a scongiurarla il comandante Schultz, che riconosce nel barbiere il soldato che tanti anni prima gli aveva salvato la vita. La protezione di Schultz e la richiesta inoltrata da Hynkel ad un banchiere ebreo per finanziare la sua campagna di aggressione al mondo, e in particolare la conquista di un paese vicino, l’Ostria (6), sono causa della temporanea pace nel ghetto e favoriscono lo svilupparsi della simpatia tra il barbiere e Hannah in un sentimento più profondo. Ma la gioia della serenità riconquistata ha vita breve, la negazione del finanziamento farà riprendere le persecuzioni più violentemente che prima.

partecipa all’intrigo, per quanto sia un po’ riluttante di fronte all’eroismo invocato da Schultz. Ma la cospirazione fallisce e Schultz e il barbiere sono catturati e confinati in un campo di concentramento. Il progetto di invasione di Hynkel necessita della collaborazione dell’alleato dittatore di Batalia (7) (Bacteria nell’edizione originale), Bonito Napoloni (Napaloni nell’edizione originale), marcata caricatura di Benito Mussolini, che ha schierato il suo esercito ai confini dell’Ostria. Hynkel lo invita nella sua residenza, dove si assisterà ad un duello tra i due nel tentativo di entrambi di soggiogare psicologicamente l’altro. L’epilogo della visita di stato sarà l’accordo sull’Ostria. Il piano di Garbitsch (8) per la conquista prevede che Hynkel si travesta da cacciatore di anatre e spari da una barca su un lago un colpo di fucile quale segnale. Il colpo parte, l’invasione dell’Ostria è compiuta e Hannah e quanti con lei vi avevano trovato riparo si ritrovano nuovamente oppressi dagli stessi aguzzini che avevano lasciato in Tomania. Il dittatore però è caduto in acqua e, risalito a riva, senza l’uniforme militare e per la straordinaria somiglianza, viene scambiato dai suoi militari per il barbiere ebreo ed arrestato. Questi infatti era evaso dal campo di concentramento con Schultz poco tempo prima ed era pertanto ricercato. Schultz si prodiga perché il barbiere venga ritenuto essere Hynkel affinché entrambi possano avere salva la vita ma quando, in perfetta uniforme da condottiero, dovrà tenere il suo primo discorso davanti al popolo dell’Ostria, il barbiere ebreo lancerà al mondo e alla sua Hannah, che ne riconosce la voce, una proclamazione di amore, libertà, uguaglianza e solidarietà tra gli uomini che le riaccenderanno la speranza in tempi migliori.

Il rifiuto di Schultz alla realizzazione dell’invasione dell’Ostria gli costa la prigionia nel campo di concentramento, dal quale riesce però a sfuggire per rifugiarsi nel ghetto. Qui cospira con gli abitanti per eliminare il malvagio dittatore. Anche il barbiere

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Note 1 – Questo è il primo personaggio del film interpretato da Charlie Chaplin.

6 – L'Ostria, Osterlich nella versione originale, è invece l'Austria.

2 – La Tomania sarebbe in realtà la Germania.

7 – Infine Batalia, nella versione originale Bacteria, è l'Italia.

3 – L'ufficiale Schultz è interpretato da Reginald Gardiner (1903 - 1980). Il suo primo successo avviene col film di Alfred Hitchcock Il pensionante (1927)

8 – Garbitsch, interpretato da Henry Daniell (1894 1963) è la caricatura di Joseph Goebbels.

4 – Hannah è interpretata da Paulette Goddard, nome d'arte di Pauline Marion Levy (1910 - 1990). Nel 1932 incontra Charlie Chaplin, con il quale stringe un sodalizio artistico e sentimentale per otto anni. La figura di coprotagonista in Tempi moderni (1936), fa di lei una star. Durante il periodo delle riprese lei e Chaplin convivono nella casa di quest'ultimo a Beverly Hills anche se esistono dubbi su un effettivo matrimonio fra i due. 5 – Adenoyd Hynkel, Astolf Hynkel nel doppiaggio del 1988 e führer nella versione originale, è ovviamente Adolf Hitler.

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Note 1 – Francisco Franco conquistò il potere grazie a una sanguinosa guerra civile, nella quale fu sostenuto dalla Germania nazista e dall'Italia fascista. Nell'aprile 1939, il "generalísimo" assunse la guida definitiva della Spagna, instaurando un apparato dittatoriale che represse con fermezza ogni opposizione al regime esaltando i valori del Cattolicesimo Nazionale. Tuttavia Franco, non si allineò agli altri fascismi nelle leggi antisemite e fece accogliere un gran numero di ebrei in fuga dall'Europa invasa dai tedeschi.

3 – L'Hollywood Anti-Nazi League (conosciuta anche come American Peace Mobilization) fu fondata a Los Angeles nel 1936 da Otto Katz e altri membri dell'industria cinematografica americana con lo scopo di opporsi, fin quanto possibile nel loro campo, al nazismo e al fascismo

Hynkel che balla assieme al mappamondo.

2 – Il Fronte Popolare fu una coalizione elettorale e politica spagnola formatasi in seguito ad un patto firmato nel gennaio 1936, composta da varie organizzazioni di sinistra, creato su iniziativa di Manuel Azaña allo scopo di competere nelle elezioni di quell'anno.

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Contesto storico Il grande dittatore rappresentò per Charlie Chaplin una sorta di spartiacque stilistico che confluì in un graduale ma sostanziale cambiamento della sua immagine da star. Dopo l’uscita di Tempi moderni (1936) l’impegno politico di Chaplin si delineò in maniera più decisa risentendo della forte presa di coscienza politica in atto a Hollywood, all’epoca vero e proprio centro di attivisti. Nel giro di qualche anno, mentre la Germania correva al riarmamento sostenendo insieme all’Italia la causa di Franco in Spagna (1), Hollywood levò un chiaro messaggio a favore degli ebrei e contro qualsiasi forma di dittatura. Sotto l’influsso dell’azione del “Fronte popolare” (2) nacquero diverse organizzazioni quali “Hollywood Antinazi League” (3) e “Motion Democratic Commitee”, tutte che facevano riferimenti ai punti e idee di Pain, Jefferson e Lincoln, ma anche a Marx, Lenin e Engels. Questo a grandi linee era il clima in cui Chaplin iniziò a lavorare a Il grande dittatore.

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Chaplin – Hitler Chaplin crede che Il grande dittatore, suo ottantatreesimo film, costituirà il suo monumento. La storia, però, potrebbe riservare tale giudizio per Il monello (1921), girato oltre vent’anni prima. Comunque è certo che Il grande dittatore non sarà tanto facilmente dimenticato. In questo film, nel quale il genio di Chaplin per la mimica e la comicità rimane insuperato, la figura più amata del mondo rende omaggio all’uomo più odiato dall’umanità. Nella finalità, nella filosofia, nel concetto della vita Charlie Chaplin e Adolf Hitler sono distanti un mondo l’uno dall’altro. Eppure hanno qualche cosa in comune: entrambi sono nati nel mese di aprile, a quattro giorni di distanza uno dall’altro (1). Entrambi furono poveri e ignoti nella loro giovinezza; trascorsero anni da solitari e in privazioni, errando senza pace da un luogo all’altro alla ricerca di se stessi. Per qualche tempo Hitler visse in un tugurio, Chaplin in un ospizio di poveri. Hitler fu pittore di cartoline illustrate, pulitore di tappeti, spazzatore di neve; Chaplin eseguì danze da fantoccio in sale da ballo d’infimo livello, fece la comparsa in una piccola compagnia di varietà. Entrambi, nel campo presceltosi, riportarono poi successi e fama che nemmeno la mente più fantasiosa poteva immaginare, e oggi i loro nomi sono famosi anche nei più remoti angoli del mondo. Hitler è stato definito il prototipo dell’uomo mediocre. Chaplin è anch’egli un “uomo piccolo” ma di calibro alquanto diverso. Se oggi Hitler rappresenta la potenza del male, Chaplin è la potenza del bene: quella dell’umorismo. Se Hitler predica la dottrina dell’odio e della dominazione, Chaplin esalta quella della pietà e dell’amore. Hitler è per la forza bruta dello Stato, Chaplin per l’uomo sperduto e reietto. Tutto ciò, in sostanza, il principio de Il grande dittatore.

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Note

Il vero Hynkel che fa un discorso

1 – Charlie Chaplin nasce a Londra il 16 aprile 1889 mentre Adolf Hitler il 20 aprile, sempre 1889.

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1 – 43' 16'' Il barbiere ebreo in servizio mentre Hannah pulisce a terra 2 – 54’ 42’’ Storica sequenza nella quale Adenoyd Hynkel danza assieme al mappamondo con in testa l'idea di dominare l'intero pianete.

4 – 98’ 38’’ Adenoyd Hynkel vuole a tutti i costi apparire superiore a Bonito Napoloni ma non fa altro che fallire facendo una gaffe dopo l'altra.

3 – 45’ 05’’ Il barbiere ebreo, probabilmente un po' teso per via della bella ragazza, ma sicuramente anche distratto di suo, fa la barba a Hannah.

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51' 14''

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52' 46''

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La realizzazione Questo è l’ultimo film che Chaplin ha girato dopo quattro anni di preparazione; come gli altri suoi lavori dal 1918 in poi, quando Chaplin creò il suo studio indipendente, questo film è stato girato nel piccolo stabilimento, di sua proprietà, nel centro di Hollywood. Qui il piccolo genio dalle mani vibratili e dal volto mesto e pensoso, regna supremo. Egli scrive il suo copione, crea le sue trovate comiche, dirige i suoi attori, corregge e taglia la sua pellicola, compone le parti musicali. Ogni dettaglio di questo film, iniziato nell’estate del 1940, è stato circondato da mistero. Attori e tecnici hanno giurato di mantenere il segreto; ai giornalisti è stato vietato l’accesso allo studio per evitare domande indiscrete. Anche le fotografie pubblicitarie hanno ricevuto il visto da Chaplin prima di essere “liberate”. Ne Il grande dittatore, la lingua diventa uno strumento prezioso e funzionale (è il primo film di Chaplin parlato. Aveva iniziato in Tempi moderni ma quella canzoncina risultò una denuncia dell’inadeguatezza e dell’inutilità delle parole): è infatti in un certo senso il film della “parola” e del “linguaggio”, in cui Chaplin mette in scena certi registri, modalità e stili linguistici. Nel primo discorso di Hynkel, il “pastiche linguistico” rappresenta una vera messa in scena della parola, in cui i gesti fanno parte dell’imitazione del linguaggio e in cui l’onomatopea è in grado di condensare comicità e tragica assurdità. Tuttavia Chaplin non si limita a “riempire di senso” attraverso il gioco mimico e gestuale il suo finto tedesco gutturale e sibilante, ma dissemina nel suo discorso parole chiave e costruzioni grammaticali e sintattiche a metà tra il tedesco e l’inglese che permettono di seguire, o per lo meno intuire, il senso di questa non-lingua. Comunque la maggior parte del discorso di apertura è tutto improvvisato durante le riprese: «Penso che su quella scena saremo tornati almeno una dozzina di volte. […] La temperatura era sopra i trentasette gradi all’ombra.» (Charlie Caplin) Questo è il film di svolta per la vita di Chaplin: fino a quel momento il grande regista aveva donato al pubblico, attraverso il linguaggio della pantomima, l’esperienza sensibile del mondo e aveva conquistato gli spettatori di tutti gli stati, proprio per il suo non incarnare alcuna identità nazionale. Ora la figura del vagabondo, garanzia di successo, per la prima volta viene messo deliberatamente in ombra da un’esigenza prioritaria: quella di portare al giudizio del commediante una vicenda del tutto attuale, quale l’ascesa delle dittature in Europa. Chaplin mette in discussione il proprio universo sotto la pressione degli avvenimenti nel mondo. Consapevole delle difficoltà di trattare una materia tanto spinosa, oltre a essere viva e presente nelle preoccupazioni del pubblico, Chaplin confessa la necessità di prendere le distanze dall’evento drammatico per poterne scorgere gli aspetti ridicoli. Ne Il grande dittatore Chaplin si serve appunto della parodia per esorcizzare l’incubo del nazionalsocialismo

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Il barbiere ebreo si finge Hynkel ma non riesce a stare bene nella parte.

ma ciò non basta, poiché il potere in Germania stava nascendo troppo rapidamente. E allora Chaplin sente che non c’è altro modo che sfidare frontalmente l’avversario: il barbiere balbuziente si trasforma in “profeta” e guardando fisso in macchina, come rapito da una improvvisa forza, pronuncia con ardore parole di denuncia e di lotta ai soprusi. Il passaggio brusco da un registro all’altro lascia interdetto i critici e inibisce gli spettatori, ma la forza del discorso è proprio in questo strappo alla regola. Il disappunto dello spettatore del resto non stona con le intenzioni dell’autore: non può esservi che disagio in un improvviso atterraggio al reale.

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Il discorso finale (1) Per quasi tre mesi, da aprile a giugno del 1940, Chaplin lavorò alla preparazione del discorso finale, benché alla fine di marzo le riprese principali fossero già finite. Decise di scrivere da solo il discorso: era deciso di esprimere una sorta di solenne concezione del mondo. A metterlo in guardia furono in molti: Dan James e Robert Meltzer (assistenti alla regia); gli eserciti cinematografici; amici e collaboratori di vecchia data. Chaplin fu irremovibile e realizzò un discorso della durata di sei minuti. Molte sono i concetti e le idee in questo monologo: l’alienazione e l’omologazione del genere umano. La critica è rivolta verso “gli uomini senza umanità”. «Più che di macchine abbiamo bisogno d’umanità»; questa frase, tratta dal discorso finale, potrebbe essere la didascalia di chiusura di Tempi moderni, ma oltre a riprendere questo tema ne emerge un altro: il legame tra il senso di alienazione e la macchina bellica. Nel discorso finale l’appello ai soldati è di resistere ai dittatori: seguire il ritmo della marcia, come il ritmo della fucilazione, è un macabro rituale. Nella scena finale sono molte le riprese omesse: il discorso veniva trasmesso per radio e il commento era affidato ad uno speaker, qui si rivela che tutto il discorso è solo un sogno dal quale il barbiere ebreo improvvisamente si risveglia, trovandosi faccia a faccia un gendarme delle SS, in un campo di concentramento. Altra omissione è la scena dell’assassino: il barbiere ebreo sale sul podio (un attimo prima Garbitsch, Ministro della Propaganda, ha appena finito di dichiarare la morte della democrazia), guarda la folla sterminata davanti a lui e inizia a parlare. «Non sono un dittatore e non voglio conquistare nessuno». A queste parole l’assassino in mezzo alla folla, che lentamente stava estraendo una pistola, desiste dal suo proposito omicida: il suo volto è completamente trasfigurato da un’espressione di speranza. Infine, al discorso finale dovevano seguire varie scene: il potere liberatorio dell’appello agli uomini raggiunge un piccolo villaggio cinese che sta per essere bombardato dai giapponesi, in mezzo alle macerie una madre cerca di proteggere il suo bambino ma al posto delle bombe piovono giocattoli. In Spagna, i soldati che un minuto prima volevano giustiziare i rivoluzionari, gettano le armi e abbracciano i condannati. Si ritorna al palco: una parata di nazisti sfila, accompagnata da un generale a cavallo. La voce li raggiunge: «La vita è breve! Non marciate! Marciare è innaturale!» ed essi abbandonano il passo dell’oca e vengono trascinati da un irresistibile walzer e con loro persino Napoleone ne è travolto, suo malgrado. Chaplin girò tutte queste scene in un paio di giorni ma la versione finale era troppo ambiziosa e dispersiva, quindi ripartì da zero e, durante i tre mesi seguenti, trovò la soluzione narrativa definitiva.

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Note 1 – Mi dispiace, ma io non voglio fare l'Imperatore: non è il mio mestiere; non voglio governare né conquistare nessuno. Vorrei aiutare tutti, se possibile: ebrei, ariani, uomini neri e bianchi. Tutti noi esseri umani dovremmo aiutarci sempre, dovremmo godere soltanto della felicità del prossimo, non odiarci e disprezzarci l'un l'altro. In questo mondo c'è posto per tutti. La natura è ricca, è sufficiente per tutti noi; la vita può essere felice e magnifica, ma noi lo abbiamo dimenticato. L'avidità ha avvelenato i nostri cuori, ha precipitato il mondo nell'odio, ci ha condotti a passo d'oca fra le cose più abbiette. Abbiamo i mezzi per spaziare, ma ci siamo chiusi in noi stessi. La macchina dell'abbondanza ci ha dato povertà; la scienza ci ha trasformato in cinici; l'avidità ci ha resi duri e cattivi; pensiamo troppo e sentiamo poco. Più che macchinari, ci serve umanità; più che abilità, ci serve bontà e gentilezza. Senza queste qualità la vita è violenza e tutto è perduto. L'aviazione e la radio hanno riavvicinato le genti; la natura stessa di queste invenzioni reclama la bontà nell'uomo, reclama la fratellanza universale, l'unione dell'umanità. Perfino ora la mia voce raggiunge milioni di persone nel mondo, milioni di uomini, donne e bambini disperati, vittime di un sistema che impone agli uomini di torturare e imprigionare gente innocente. A coloro che mi odono, io dico: non disperate! L'avidità che ci comanda è solamente un male passeggero, l'amarezza di uomini che temono le vie del progresso umano. L'odio degli uomini scompare insieme ai dittatori e il potere che hanno tolto al popolo ritornerà al popolo e, qualsiasi mezzo usino, la libertà non può essere soppressa. Soldati! Non cedete a dei bruti, uomini che vi disprezzano e vi sfruttano, che vi dicono come vivere, cosa fare, cosa dire, cosa pensare, che vi irreggimentano, vi condizionano, vi trattano come bestie. Non vi consegnate a questa gente senza un'anima, uomini macchina, con macchine al posto del cervello e del cuore. Voi non siete macchine, voi non siete bestie: siete uomini!

schiavitù, ma la libertà! Ricordate nel Vangelo di S. Luca è scritto: "Il Regno di Dio è nel cuore dell'uomo". Non di un solo uomo o di un gruppo di uomini, ma di tutti gli uomini. Voi! Voi, il popolo, avete la forza di creare le macchine, la forza di creare la felicità. Voi, il popolo, avete la forza di fare che la vita sia bella e libera; di fare di questa vita una splendida avventura. Quindi, in nome della democrazia, usiamo questa forza. Uniamoci tutti! Combattiamo per un mondo nuovo che sia migliore! Che dia a tutti gli uomini lavoro; ai giovani un futuro; ai vecchi la sicurezza. Promettendovi queste cose dei bruti sono andati al potere, mentivano! Non hanno mantenuto quelle promesse, e mai lo faranno! I dittatori forse sono liberi perché rendono schiavo il popolo. Allora combattiamo per mantenere quelle promesse! Combattiamo per liberare il mondo, eliminando confini e barriere; eliminando l'avidità, l'odio e l'intolleranza. Combattiamo per un mondo ragionevole. Un mondo in cui la scienza e il progresso diano a tutti gli uomini il benessere. Soldati, nel nome della democrazia, siate tutti uniti!

Hannah, puoi sentirmi? Dovunque tu sia, abbi fiducia. Guarda in alto, Hannah! Le nuvole si diradano: comincia a splendere il Sole. Prima o poi usciremo dall'oscurità, verso la luce e vivremo in un mondo nuovo. Un mondo più buono in cui gli uomini si solleveranno al di sopra della loro avidità, del loro odio, della loro brutalità. Guarda in alto, Hannah! L'animo umano troverà le sue ali, e finalmente comincerà a volare, a volare sull'arcobaleno verso la luce della speranza, verso il futuro. Il glorioso futuro che appartiene a te, a me, a tutti noi. Guarda in alto Hannah, lassù.

Voi avete l'amore dell'umanità nel cuore, voi non odiate, coloro che odiano sono quelli che non hanno l'amore altrui. Soldati! Non difendete la

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Il mappamondo E’ difficile immaginare che Chaplin non fosse consapevole della forza simbolica e della carica dissacrante e lirica di questa scena. “Lohengrin” di Wagner l’accompagna, a cui si contrappone la “Danza ungherese” di Brahms: su queste note, gioiose e leggere, il barbiere ebreo rade il cliente. Heynkel, che ha in mano il mondo e ne decide le sorti, è una figura demoniaca e al tempo stesso armonica. Ma è proprio su questo gioco di contrasti che risiede la vera caratterizzazione del personaggio: la sua è una danza quasi estetica, ma sono solo la sete di dominio e di sterminio ad animarla. La scena fu girata in tre giorni. Dopo una lunga attesa, la gigantesca parodia dei due grandi potenti mondiali, Hitler e Mussolini, arriva nelle sale. Il film, interamente finanziato da Chaplin, è costato circa 2.200.000 dollari; egli non si è solamente limitato alla produzione ma anche a scriverne la storia intera, a interpretare un doppio ruolo, guadagnandosi meritatamente il titolo del grande “One-man” dell’industria cinematografica; ha inoltre composto gran parte della colonna sonora e realizzato tutta la parte del montaggio. Egli infatti impersona sia la parte di un povero e ingenuo barbiere ebreo sia quella di Hitler. Anche stavolta il ruolo femminile è affidato alla splendida Paulette Goddard. I film di propaganda non hanno riscosso, fino a questo momento, un grande successo al botteghino, ma Chaplin sembra aver fatto i conti con questo possibile limite, garantendo ai sui fedelissimi risate assicurate per tutto il film. Questa pellicola sarà in tutto il mondo una “cannonata”, sia in senso negativo che in senso positivo. Hitler e Mussolini non hanno rilasciato nessuno commento, l’unica reazione fu che il film fu bandito in Germania e in Italia per molto tempo. Il film viene presentato al pubblico il 15 ottobre 1940, quando la Germania ha già invaso l’Austria, la Cecoslovacchia, la Polonia, la Danimarca, la Norvegia e la Francia e ha iniziato a bombardare la Gran Bretagna. Il sogno di Hitler-Hynkel è diventare imperatore del mondo. L’intervento di Chaplin è quasi in diretta sulla storia, anche se mancano al quadro le crudeltà dei nazisti dei campi di concentramento, scambiati per semplici campi di prigionia. Lo stesso Chaplin dichiara: «Se avessi saputo com’era la realtà dei campi di concentramento, non avrei potuto fare Il grande dittatore, non avrei trovato niente da ridere nella follia omicida dei nazisti.» L’appello agli uomini non tratta di nazismo come un incidente di percorso della storia, ma come frutto di una scelta che è insieme politica ed etica. Quando mette in scena le paranoie di Hynkel e dei suoi tirapiedi rappresenta un mondo che è moralmente votato alla sconfitta, ma con la consapevolezza che questa sconfitta non è altro che un sogno. Alle parole incomprensibili e violente di Hynkel, ai suoi urli scomposti e rabbiosi, oppone l'accuratezza di una presa di posizione etica, non di un’ideologia

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opposta e quindi complementare. Il nazismo non si combatte con un diverso programma politico (democrazia o comunismo che sia) bensì solo gridando il proprio sdegno e la proprio illusione. La critica si è scatenata molto sul film e soprattutto sul discorso finale: da destra per evitare corresponsabilità e sensi di colpa; da sinistra come a dire che un più solido impatto politico, avrebbe avuto più successo sulla storia; ma tutto questo non conta, quello che conta è che Charlot ci abbia rivolto quelle parole e nient’altro. Normalmente il giudizio della critica cinematografica é negativo soprattutto quando il comico si cimenta in temi tragici e appartenenti alla storia: a un comico si può perdonare di scherzare sulla morte, quando questa è intesa in modo personale o astratta, ma non quando si parla di una morte entrata nella vita vera. L’unica eccezione di questa “legge” è La vita è bella di Roberto Benigni, ma in passato nemmeno Vogliamo vivere! di Ernst Lubitsch (To Be or not to Be) fu risparmiato.

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IL GRANDE DITTATORE / Charlie Chaplin


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Andrea Guccini / RIDERE BELLUM


1 – 111’ 23’’ Il barbiere ebreo ha appena "cambiato identità" prendendo il posto di Hynkel ma non si è ancora abituato all'idea. Camminando assieme a Schultz, infatti, incrocia un gruppo di nazisti che salutandolo lo spaventano. 2 – 82’ 18’’ Il barbiere ebreo viene catturato dai soldati nazisti.

5 – 92' 52'' Napoloni fa notare a Hynkel che il gigantesco orologio che lo raffigura non segna l'ora esatta. 6 – 97’ 54’’ Hynkel continua a non riuscire a imporsi su Napoloni facendo una figuraccia dopo l'altra. Questa volta gli viene sbattuta la porta in faccia.

3 – 90' 48'' Bonito Napoloni arriva in Tormania ma il treno ha qualche problema, non riesce a fermarsi nel punto giusto continuando a far cadere il dittatore e sua moglie. 4 – 93' 26'' Bonito Napoloni è entusiasta del popolo "tormano" mentre sua moglie viene trattata come un'ammiratrice e viene confinata col popolo.

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IL GRANDE DITTATORE / Charlie Chaplin


FASCISMO – NAZISMO

Dagli anni ’30 una forma di dittatura si strutturò sia in Germania che in Italia con alcune affinità. Per promuovere lo sviluppo economico e risolvere la crisi, fascismo e nazismo seguirono tappe simili: diedero inizio alla costruzione di opere pubbliche per risolvere il problema della disoccupazione. In Germania però tutto questo venne fatto con lo scopo del riarmo, perché si voleva essere pronti ad una guerra, per abolire le clausole del trattato di Versailles, mentre per Mussolini non c’era questo intento e quindi promosse un regime protezionista attraverso il quale l’economia era protetta dall’esterno e poi si promuoveva lo sviluppo economico. In più, in Italia vigeva un regime autarchico, doveva essere in grado di provvedere autonomamente al soddisfacimento dei propri bisogni, senza aiuti degli altri paesi. In tutto ciò fascismo e nazismo si erano preoccupati di eliminare la lotta di classe, attraverso l’abolizione dei sindacati; al loro posto vennero creati organi corporativi: in Germania questo era il Fronte Tedesco del Lavoro, in Italia era la Camera dei Fasci o delle Corporazioni dove venivano raggruppati lavoratori e imprenditori per abolire la reale presenza della lotta di classe. L’obiettivo di Mussolini era la politica coloniale che aveva portato all’Italia molte delusioni. Negli anni ’30 entrò in contrasto con Hitler perché quest’ultimo si voleva estendere all’Austria e Mussolini non voleva; in questa occasione si rischiò un conflitto ma Hitler non riuscì nel suo intento perché il governo austriaco non fece passare il progetto di annessione alla Germania. Con la politica coloniale, Mussolini contrariamente all’opinione della Società delle Nazioni, nel 1936 conquistò l’Etiopia. Questa conquista fece nascere dei conflitti con la Società delle Nazioni a cui l’Etiopia apparteneva.



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1 → ADENOID HYNKEL CHARLIE CHAPLIN 2 → BARBIERE EBREO CHARLIE CHAPLIN 3 → HANNAH PAULETTE GODDARD 4 → BONITO NAPOLONI JACK OAKIE 5 → SCHULTZ REGINALD GARDINER

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IL GRANDE DITTATORE / Charlie Chaplin


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Andrea Guccini / RIDERE BELLUM


La grande guerra

Regia

Sceneggiatura

Mario Monicelli

Mario Monicelli Age & Scarpelli Luciano Vicenzoni

Soggetto Mario Monicelli Age & Scarpelli Luciano Vicenzoni

Produzione

Anno

Dino De Laurentiis

1959

Cast Alberto Sordi Vittorio Gassman Silvana Mangano Folco Lulli Romolo Valli

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→ Oreste Jacovacci → Giovanni Busacca → Costantina → Bordin → tenente Gallina

LA GRANDE GUERRA / Mario Monicelli


Il film

I due protagonisti sono il romano Oreste Jacovacci (1) e il milanese Giovanni Busacca (2). Dopo un imbroglio del primo ai danni del secondo (fa finta di farsi corrompere per non farlo arruolare rubandogli trenta lire), i due si ritrovano mesi dopo assieme al fronte. Inizialmente Giovanni, pieno di rancore per la beffa subita, si fa prendere dall’odio nei confronti di Oreste. Dopo poco tempo però, nonostante i due caratteri completamente diversi, dal loro comune disinteresse nei confronti della guerra e la determinazione a rischiare il meno possibile, nasce una nuova amicizia. Entrambi vengono assegnati a Tigliano, un piccolo paese nelle retrovie dove riescono a starsene al sicuro prima di essere mandati al fronte. In quei giorni fanno le prime amicizie coi loro nuovi compagni d’armi e si danno allo svago. Giovanni mette addirittura le basi per una piccola storia d’amore con Costantina (3), la prostituta del paese, la quale, fingendosi innamorata di lui, gli ruba il portafogli. Giunge il temuto giorno in cui Jacovacci e Busacca vengono mandati al fronte nonostante il loro tentativo di inserirsi in un gruppo di addestramento per evitare ogni pericolo. Nella vita di trincea, conoscono i nuovi commilitoni, ognuno con determinate particolarità: uno che svolge compiti pericolosi al posto di altri per soldi, il tenente Gallina che viene deriso per il suo cognome, un soldato che è un fissato di Lydia Borelli, ecc. Ogni volta che la situazione diventa pericolosa, i due protagonisti, per un motivo o per l’altro, riescono sempre a farla franca. Tornando in paese per fare rifornimenti, Giovanni incontra nuovamente Costantina e, dopo un litigio per via del precedente imbroglio della prostituta, riescono a riconciliarsi. Una volta rientrati al fronte si rendono conto di essere per l’ennesima volte scampati a un devastante attacco nemico che li ha decimati. Successivamente, per la terza e ultima volta, Giovanni incontra Costantina e la aiuta a mettere in salvo suo figlio. Lei è ormai completamente innamorata, ma è ormai troppo tardi.

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Un giorno, mentre l’Italia sta subendo forti attacchi lungo la linea del Piave, ai due viene dato un incarico molto pericoloso poiché considerati i meno efficienti: vengono mandati verso la via del ritorno col compito di portare un messaggio a un altro battaglione. Loro vanno dove ordinato, ma, non avendo voglia di tornare alla base, per non rischiare la vita, decidono di accamparsi in una stalla lì vicino. Il caso vuole che la repentina avanzata austriaca arrivi fino a quel punto e i due, trovandosi ora in territorio nemico, vengano trovati, catturati e accusati di spionaggio. L’ufficiale austriaco (4) offre loro l’occasione di salvarsi svelando in quale punto del Piave gli Italiano avrebbero sferratola controffensiva. Inizialmente decidono di collaborare, ma una battuta dell’ufficiale fa cambiare idea a Giovanni: «Quelli conoscono soltanto fegato alla veneziana con cipolla, e presto mangeremo anche noi quello.» (Capitano austriaco) «[...] e allora.. Senti un po’, visto che parli così, mi te disi propi un bel nient! Hai capito? Faccia di merda!”» (Giovanni Busacca). Viene così ufficialmente riequilibrato l’aspetto umoristico del film con la sequenza finale dove i due protagonisti vengono fucilati morendo da eroi. Grazie a questo gesto, l’Italia dà il via all’attacco e riesce a vincere la battaglia, rioccupando poco dopo la zona che era caduta in mano agli austriaci, senza che nessuno venga a conoscenza del sacrificio dei due protagonisti; anzi, la loro assenza viene considerata l’ennesima “scappatoia”.

Andrea Guccini / RIDERE BELLUM


Note 1 – Oreste Jacovacci è interpretato dal grande Alberto Sordi (1920 - 2003). Pilastro della storia del cinema italiano nonché tipico attore della "commedia all'italiana" assieme a Vittorio Gassman, Marcello Mastroianni, Ugo Tognazzi e Nino Manfredi. Romano per eccellenza, ha dimostrato di saper interpretare sia ruoli divertenti che ruoli drammatici.

4 – Il capitano austriaco è interpretato da Gérard Herter (1920 - 2007), attore tedesco che recitò soprattutto film del filone spaghetti western.

2 – Giovanni Busacca è interpretato dall'altra colonna portante del cinema italiano Vittorio Gassman (1922 - 2000). È considerato uno dei migliori e più rappresentativi attori italiani, ricordato per l'assoluta professionalità (al limite del maniacale), per la versatilità e il magnetismo. Artista con profonde radici nel mondo del teatro più "impegnato", fu fondatore e direttore del Teatro d'Arte Italiano. 3 – Silvana Mangano (1930 - 1989) è Costantina. Tra le attrici più belle e capaci del cinema italiano, sposa il produttore Dino De Laurentiis dopo essere stata per diversi anni innamorata di Marcello Mastroianni.

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LA GRANDE GUERRA / Mario Monicelli


Commedia all’italiana? Nella seconda metà degli anni ‘50 sorgeva in Italia un nuovo genere cinematografico che si svilupperà nei successivi anni ‘60 e ‘70: la commedia all’italiana (1). Monicelli fu uno dei principali registi di questo filone. Sosteneva: «la commedia all’italiana è questo: trattare con termini comici, divertenti, ironici, umoristici degli argomenti che sono invece drammatici. È questo che distingue la commedia all’italiana da tutte le altre commedie.» (Mario Monicelli). La grande guerra segna una grande svolta nel cinema italiano che già si era fatto riconoscere in tutto il mondo. Il regista, infatti, unisce per la prima volta i generi tragedia storica e commedia all’italiana e lo fa trattando un tema che era stato fino ad allora un tabù ovvero quello della prima guerra mondiale e i suoi inutili massacri. Per certi versi l’operazione che fa è simile a quella di Robert Altman con M*A*S*H, ovvero va a cancellare la figura del valoroso eroe disposto a morire per la patria, sostituendolo con persone normali con pregi e difetti molto comuni . I personaggi, l’approccio e il punto di vista rappresentano anzi un netto rifiuto del mito del militare e del patriottismo, fino ad allora elementi intoccabili. I due protagonisti, Oreste Jacovacci (Alberto Sordi) e Giovanni Busacca (Vittorio Gassman), ritrovatisi totalmente controvoglia in prima linea, cercano in qualsiasi modo di evitare tutti i pericoli della guerra. Il primo è scansafatiche e imbroglione, il secondo pacifista e casanova, di conseguenza, nessuno dei due ha alcuna ragione per prendere parte a questo scempio. Non c’è nessun eroe, anzi, ci sono due codardi che sono - apparentemente - pronti a tradire la propria nazione, della quale, a quei tempi, non ci si sentiva molto parte, e questo, nel 1959, era inammissibile. La prima guerra mondiale non era mai stata trattata in questo modo e gli autori del film, ben consci di quello che stavano costruendo, sapevano bene cosa aspettarsi dalle reazioni di pubblico e critica. Le opinioni furono ovviamente molto contrastanti e lo scalpore fu tanto. C’era chi riusciva a cogliere la genialità della pellicola per via del suo umorismo, della sua realisticità e forza sovversiva e chi criticava duramente l’immoralità con la quale veniva trattato un tema così “inesplorato”. Tra i rimproveri più severi ci fu quello molto amareggiato dell’importante scrittore Emilio Gadda (2) il quale aveva vissuto in prima persona la prima guerra mondiale uscendone totalmente traumatizzato. Egli condannò tutta la nazione «sprovveduta e bamboccesca» che rideva di una comicità «oscena e immorale». Monicelli gli rispose deciso dicendogli che nonostante la pellicola fosse umoristica, non andava a nascondere la tragicità degli eventi che raggiungeva il suo apice nell’ultima scena: «Ha mai visto una storia con due attori comici che finiscono fucilati?» (Mario Monicelli).

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Andrea Guccini / RIDERE BELLUM


Note 1 – Commedia all'italiana è il termine con il quale viene indicato un filone cinematografico sorto in Italia nella seconda metà degli anni cinquanta del Novecento e sviluppatosi nei successivi anni sessanta e settanta. L'espressione fu coniata parafrasando il titolo di uno dei più grandi successi dei primi anni di questo genere cinematografico, il film Divorzio all'italiana (Pietro Germi, 1961). Oltre a quest'ultimo, altre pellicole tra le più importanti di questo filone sono: I soliti ignoti (Mario Monicelli, 1958), Il sorpasso (Dino Risi, 1962), La grande abbuffata (Marco Ferreri, 1973) C'eravamo tanto amati (Ettore Scola, 1974) e Amici miei (Mario Monicelli, 1975).

Il tenente Gallina da ordini al suo battaglione.

2 – Carlo Emilio Gadda (1893 - 1973) è stato un importante scrittore, poeta e ingegnere italiano, che ha segnato la narrativa del Novecento attraverso un originale impasto di linguaggi diversi e uno stravolgimento delle strutture tradizionali del romanzo.

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LA GRANDE GUERRA / Mario Monicelli


La credibilità storica La vita in trincea veniva raccontata da Monicelli attraverso un susseguirsi di eventi, con una certa attenzione ai dettagli storici. Questa ricostruzione attenta allo scenario e agli eventi bellici diventò presto, oltre che una pietra miliare cinematografica, uno dei più grandi contributi allo studio della storia della prima guerra mondiale. Alcuni passaggi emblematici della pellicola, sotto questo aspetto, sono ad esempio le parole del tenente Gallina: «Io dico che se vinciamo questa guerra con i mezzi che abbiamo, siamo davvero un grande esercito». Oppure la scena che precede la disfatta di Caporetto (1), ovvero i festeggiamenti in paese che presto si placano alla drammatica notizia. Il grande conflitto non veniva più rappresentato come propaganda, come aveva fatto tipicamente il regime fascista, quella propaganda che mostrava le guerre come occasione per dimostrare quanto tu, eroe, amavi la tua nazione. Il film di Monicelli si liberava di tutte queste convenzioni dando una visione molto realista, che smitizzava i grandi modelli (il giusto sacrificio del prode soldato per la patria) e questo - oltre ad alcune parole allora definite volgari - causò non pochi problemi di censura. Quando il film uscì, ad esempio, la visione venne vietata ai minori di 18 anni. Il film, tuttavia, non sottolinea solo le pessime condizioni di vita dei soldati, l’imperdonabile violenza e l’assurdità del conflitto ma riconosce anche il “merito” che questa guerra ha avuto nell’unire una nazione che non si sentiva tale. Tra le diverse regioni c’erano degli interi mondi di mezzo, l’Italia esisteva solo politicamente ma non era sentita come entità unificante dai singoli individui. La lunga convivenza forzata nelle trincee dà un grande contributo alla creazione di uno spirito nazionalpatriottico, come diviene evidente nella battuta finale di Giovanni Busacca che si rifiuta di aiutare l’esercito austriaco. Monicelli mostra i limiti di uno Stato guidato da autorità impreparate - quanto i soldati - le quali riescono a gestire le battaglie solo facendo pagare la vita ai poveri uomini completamente impotenti dinnanzi al nemico. L’umorismo non nasconde l’asprezza del contenuto, anzi, lo rafforza, esattamente come l’attenta ricostruzione storica non compromette il riso ma fa da cornice al tutto. Questa è la formula filmica che caratterizza la commedia all’italiana.

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Andrea Guccini / RIDERE BELLUM


Una delle tante avanzate distruttive verso la trincea avversaria. Note 1 – La battaglia di Caporetto venne combattuta durante la prima guerra mondiale tra Italia e Austria-Ungheria. Questo scontro rappresenta la piĂš grave disfatta nella storia dell'esercito italiano, tanto che, non solo nella lingua italiana, ancora oggi il termine Caporetto viene utilizzato come sinonimo di sconfitta disastrosa. Con la crisi della Russia in rivolta, l'Austria-Ungheria potè trasferire consistenti truppe sul fronte italiano. Gli austro-ungarici, sfondarono le linee

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tenute dalle truppe italiane che, impreparate a una guerra difensiva e duramente provate dalle precedenti undici battaglie dell'Isonzo, non ressero all'urto e dovettero ritirarsi fino al fiume Piave.

LA GRANDE GUERRA / Mario Monicelli


1 – 100' 16'' Oreste e Giovanni stanno per ripartire per il fronte e la coppia si saluta per l'ultima volta.

4 – 16’ 38’’ I neoarrivati si sistemano i letti e nella camerata arriva per la prima volta il tenente Gallina sbattendo la porta.

2 – 3’ 18’’ Giovanni crede che Oreste sia un funzionario pubblico e prova a corromperlo per non andare in guerra. Oreste sta al gioco, prende i soldi e finge di farsi corrompere.

5 – 26' 55'' I due soldati semplici hanno ormai fatto amicizia.

3 – 33’ 05’’ Giovanni si rifiuta di dare le informazioni al capitano austriaco e per questo viene fucilato. Oreste finge di non sapere neanche lui le prossime mosse dell'Italia e, terrorizzato, viene fucilato anche lui.

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125' 43''

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128' 45''

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Note 1 – Henri-René-Albert-Guy de Maupassant (1850 1893) è stato uno scrittore, drammaturgo, reporter di viaggio, saggista e poeta francese, nonché uno dei padri del racconto moderno.

4 – Piero Jahier (1884 - 1966) è stato uno scrittore e poeta italiano. Mentre era al fronte curò la pubblicazione del giornale di trincea L'Astico al quale continuò a collaborare anche a fine guerra nel suo proseguimento Il nuovo contadino.

2 – Carlo Salsa (1893 - 1962) è stato un giornalista, scrittore e sceneggiatore italiano. Arruolato nel 1914 come tenente di complemento in fanteria, fu inviato al fronte all'inizio della prima guerra mondiale, combatté sul Carso sempre in prima linea, rimanendo ferito e cadendo prigioniero nel maggio 1917.

Le pessime condizioni dei soldati che si ritrovano talvolta a rotolare nel fango.

3 – Emilio Lussu (1890 - 1975) è stato uno scrittore, militare e politico italiano. Ha preso parte come ufficiale alla Prima Guerra Mondiale, dove fu più volte decorato e, come volontario, alla Guerra civile spagnola e alla Resistenza italiana.

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Andrea Guccini / RIDERE BELLUM


Produzione e riprese L’idea di girare un film sulla prima guerra mondiale fu di Luciano Vincenzoni dopo aver letto il libro di Guy de Maupassant (1) Due amici. Assieme a Monicelli e Age&Scarpelli venne scritto il soggetto per presentarlo poi al produttore illuminato Dino De Laurentiis, il quale si mostrò molto interessato. Egli, oltre ad accettare di produrre il film, ebbe l’idea di chiamare Alberto Sordi e Vittorio Gassman, il quale era reduce del grande successo - sempre di Monicelli - de I soliti idioti. Quando il regista propose di scrivere la sceneggiatura assieme a Age & Scarpelli, De Laurentiis si mostrò contrario per via del loro legame a commedie più farsesche come quelle di Totò. Il regista dovette perciò insistere per convincerlo e alla fine ce la fece. La realisticità del film è anche dovuta al “riutilizzo” di vere situazioni prese da libri e racconti. Carlo Salsa (2), scrittore che aveva preso parte al primo conflitto mondiale, si rese disponibile come consulente aiutando a costruire trama e dialoghi. Invece i libri più consultati per stendere la sceneggiatura sono Un anno sull’Altipiano di Emilio Lussu (3) (dal quale viene preso l’episodio della gallina) e Con me e con gli alpini di Piero Jahier (4). Inizialmente la presenza di Gassman e Sordi non sarebbe dovuta essere così centrale; la costruzione iniziale del film era «una specie di grossa pentola in ebollizione, da cui ogni tanto veniva fuori un personaggio; una massa amorfa di umanità, di soldati, di operai, di braccianti, sbattuti nelle trincee in mezzo al fango, lungo i tratturi, da cui uscissero fuori qua e là dei tipi, dei momenti.» (Mario Monicelli, L’arte della commedia - Lorenzo Codelli e Tullio Pinelli, Edizioni Dedalo, 1986). Il finale del film coi due protagonisti fucilati fu causa di grandi critiche e De Laurentiis lottò molto contro Monicelli per cercare di convincerlo a modificarlo ma il regista rifiutò fino alla fine. Anche i distributori avrebbero voluto un finale più sereno, ad esempio con la liberazione di Sordi e Gassman, avendo paura che questa rottura degli schemi filmici andasse a compromettere la buona resa della pellicola. Un’altra discussione che De Laurentiis “perdette” con Monicelli fu quella che i due ebbero quando il produttore vide i primi giornalieri. Il regista bagnava dei tratti di terra e diceva agli attori che interpretavano i soldati di rotolarcisi dentro in modo da essere completamente lerci. Quando De Laurentiis vide queste riprese chiamò Monicelli per dirgli che era troppo, non poteva rappresentare i soldati italiani in condizioni così penose. Il film fu girato tra la provincia di Udine (Gemona del Friuli, Venzone, Sella Sant’Agnese, Palmanova, Nespoledo di Lestizza), a San Pietro (Campania), lungo il torrente Farfa e a Ladispoli (Lazio).

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1 – 104’ 42’’ L'ultimo addio tra Giovanni e Costantina. 2 – La locandina del film del 1959. 3 – 27' 53'' Giovanni e Oreste sull'attenti mentre il capitano parla. 4 – 62' 08'' È l'ora del pranzo e crescono le lamentele sulla qualità del cibo, ci si mette così d'accordo su chi ha il compito di lamentarsi col generale. 5 – 23' 28'' Costantina cerca di mandare via tutta la folla che si è creata sotto casa sua. 6 – 8’ 20’’ Giovanni è appena entrato nell'esercito e inizialmente ha un carattere molto sovversivo, fa lo sbruffone e non rispetta le regole. Comincerà presto a stare agli ordini dopo le prime "punizioni".

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LA PRIMA GUERRA MONDIALE

Dopo aver stipulato un patto di alleanza con le potenze della Triplice Intesa e aver abbandonato lo schieramento della Triplice alleanza, l'Italia dichiarò guerra all'Austria-Ungheria il 23 maggio 1915, iniziando le operazioni belliche il giorno dopo; il fronte di contatto tra i due eserciti si snodò nell'Italia nord-orientale, lungo le frontiere alpine e la regione del Carso. Nella prima fase del confronto le forze italiane, guidate dal capo di stato maggiore dell'esercito generale Luigi Cadorna, lanciarono una serie di massicce offensive frontali contro le difese austro-ungariche nella regione del fiume Isonzo, controllate dall'armata del generale Svetozar Borojević von Bojna, mentre operazioni di minor portata prendevano vita sui rilievi alpini e in particolare nella zona delle Dolomiti. Il conflitto si trasformò ben presto in una sanguinosa guerra di trincea, simile a quella che si stava combattendo sul fronte occidentale: la lunga serie di battaglie sull'Isonzo non portò agli italiani che miseri guadagni territoriali al prezzo di forti perdite tra le truppe, ben presto spossate e demoralizzate dall'andamento delle operazioni. Le forze austro-ungariche si limitarono a difendersi lanciando contrattacchi limitati, fatta eccezione per la massiccia offensiva sull'Altopiano di Asiago nel maggio-giugno 1916, bloccata dagli italiani. La situazione subì un brusco cambiamento nell'ottobre 1917, quando un'improvvisa offensiva degli austro-tedeschi nella zona di Caporetto portò a uno sfondamento delle difese italiane e a un repentino crollo di tutto il fronte: il Regio Esercito fu costretto a una lunga ritirata fino alle rive del fiume Piave, lasciando in mano al nemico il Friuli e il Veneto settentrionale oltre a centinaia di migliaia di prigionieri. Passate alla guida del generale Armando Diaz e rinforzate da truppe franco-britanniche, le forze italiane riuscirono però a consolidare un nuovo fronte lungo il Piave, bloccando l'offensiva degli Imperi centrali. Dopo aver respinto un nuovo tentativo degli austro-ungarici di forzare la linea del Piave nel giugno 1918, le forze degli Alleati passarono alla controffensiva alla fine dell'ottobre 1918: nel corso della cosiddetta battaglia di Vittorio Veneto le forze austroungariche furono messe in rotta, sfaldandosi nel corso della ritirata.



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1 → ORESTE JACOVACCI ALBERTO SORDI 2 → GIOVANNI BUSACCA VITTORIO GASSMAN 3 → COSTANTINA SILVANA MANGANO 4 → BORDIN FOLCO LULLI 5 → TENENTE GALLINA ROMOLO VALLI

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LA GRANDE GUERRA / Mario Monicelli


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Andrea Guccini / RIDERE BELLUM


Il Dottor Stranamore

Regia

Sceneggiatura

Stanley Kubrick

Stanley Kubrick Peter George Terry Southern

Soggetto

Anno

Peter George

1964

Produzione

Cast

Hauk Film LTD

Peter Sellers George C. Scott Sterling Hayden Slim Pickens Keenan Wynn Peter Bull Tracy Reed

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→ Lionel Mandrake Merkin Muffley Dott. Stranamore → Buck Turgidson → Jack Ripper → T. J. King Kong → Bat Guano → Alexei De Sadesky → Miss Scott

IL DOTTOR STRANAMORE / Stanley Kubrick


Il film

Ormai lontano dalla lucidità, il generale Jack Ripper (1), comandante di una base aerea americana, non solo è convinto che la Russia voglia scatenare un’imminente guerra atomica, ma crede anche che da anni il complotto comunista stia avvelenando l’acqua americana rendendo tutti gli uomini impotenti. Decide così di dare l’ordine di attacco atomico contro l’Unione Sovietica (Piano R) sapendo di essere l’unico a conoscenza del codice segreto per ritirare l’ordine. In questo modo spera che il presidente degli Stati Uniti (2) sfrutti il vantaggio per disintegrare il nemico. Ma così non sarà. Il presidente, infatti, è una persona molto razionale ed è contraria all’attacco; convoca perciò lo Stato Maggiore nella sala operativa (war room) del Pentagono per trovare una soluzione. Data l’impossibilità di mettersi in contatto col generale Ripper, viene mandata una squadra dell’esercito a “conquistare” la base nella quale si trova l’alto ufficiale in modo da dare subito l’ordine di ritirare gli aerei. Il generale Turgidson (3), il più alto in carica presente nella war room, suggerisce, visto il poco tempo a disposizione, di sfruttare questa occasione per aggredire il nemico ed accusa il presidente di essere troppo pacifista. Quando poi verrà fatto entrare l’ambasciatore russo (4), Turgidson sarà talmente contrariato da dover farsi zittitire dal presidente. Parte quindi la chiamata telefonica al probabilmente ubriaco premier sovietico, che, oltre ad annunciare l’operatività dell’ordigno “fine di mondo” (arma che in caso di esplosione atomica sul territorio russo provocherebbe una pioggia radioattiva mondiale che per circa 90 anni infesterebbe la terra) si preoccupa molto del rapporto affettivo tra lui e il presidente americano. Quando il dottor Stranamore, scienziato ex-nazista ora consigliere militare, solleva la questione che quel tipo di ordigno avrebbe senso solo se il nemico ne fosse stato a conoscenza, l’ambasciatore russo dice che l’annuncio al mondo intero avrebbe dovuto avere luogo durante il congresso del partito il lunedì seguente (5) poiché al premier piacciono le sorprese.

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Nel frattempo la base nella quale si trova Ripper viene presa esasperatamente d’assalto dall’esercito americano mandato dal presidente, ed egli, convinto che siano i russi e che lo avrebbero torturato, si suicida. Il colonnello Mandrake, che per tutto il tempo era rimasto assieme a Ripper cercando di convincerlo a ritirare l’attacco, scopre il codice segreto per dare il contrordine. L’esercito entra però nella base e l’ottuso colonnello Bat Guano (6) intende arrestare Mandrake il quale, molto faticosamente, riesce a spiegargli la situazione e convincerlo a sparare a un distributore di bibite per prendere le monete necessarie per chiamare la Casa Bianca da un telefono pubblico. Vengono così richiamati i bombardieri e si festeggia ma poco dopo giunge la notizia che uno è ancora all’attacco. Si tratta di quello comandato dal maggiore King Kong (7) al quale non arriva nessun ordine di ritirata per via del guasto ad un radiotrasmettitore dovuto a una colluttazione con un missile che ha comportato anche un cambiamento di obiettivo. Non apparendo nei radar per via del volo molto basso (a causa dei danni) non riesce a essere abbattuto e riesce a sganciare la bomba (assieme a Kong che ne è rimasto a cavalcioni) provocando l’attivazione dell’ordigno “fine di mondo”. Il dottor Stranamore, nella war room, espone il suo piano per la rigenerazione del popolo americano manifestando la famosa sindrome della mano aliena (8) che cercherà di strozzarlo e di fare il saluto nazista. La sua strategia consiste nel trasferire una rigida selezione di individui razzialmente perfetti in profondi pozzi minerari, un maschio ogni dieci donne, per permettere una rapida ripopolazione del genere umano che tornerà in superficie una volta terminata la lunga pioggia radioattiva. A fine spiegazione si alzerà come per miracolo dalla carrozzina sulla quale era rimasto seduto per tutto il tempo e i funghi atomici cominciano a riempire la Terra.

Andrea Guccini / RIDERE BELLUM


Note 1 – Il generale Ripper è stato interpretato da Sterling Hayden (1916 - 1986) che per la seconda volta lavora assieme a Kubrick (la prima in Rapina a mano armata). Questa volta, però, fa moltissima fatica a entrare nella difficile parte. Non bastarono quarantotto ciack per vedere una ripresa che andasse bene al regista il quale, anziché esplodere di rabbia, come tutti prevedevano, disse all’attore di sfruttare la sua paura per caratterizzare meglio il personaggio. 2 – Una delle tre figure interpretate dal grande Peter Sellers (1925 - 1980). Tra i personaggi più conosciuti impersonificati dall’attore, oltre ai tre de Il Dottor Stranamore, si possono citare Hrundi V. Bakashi in Hollywood Party (1968) e l’ispettore Clouseau nella fortunata serie di Blake Edwards La Pantera Rosa. 3 – Turgidson è George C. Scott (1927 - 1999). Kubrick usava portare sul set una scacchiera e sfidarlo durante le pause. L’attore era un abile scacchista ma non quanto lo era il regista. Kubrick sfruttava a suo vantaggio le vittorie dicendo che lo avrebbero facilitato a lavorare con lui per via del rispetto acquisito.

5 – Il partito è ovviamente il PCUS, Partito Comunista dell’Unione Sovietica. In quegli anni il congresso aveva luogo all’incirca ogni cinque anni. 6 – Bat Guano è Keenan Wynn (1916 - 1986). 7 – King Kong è Slim Pickens (ufficialmente Louis Bert Lindley 1919 - 1983), un vero cowboy texano. Quando a dodici anni abbandonò la scuola per andare al rodeo, i genitori gli dissero che con quella vita avrebbe avuto “magri guadagni” (in inglese “slim pickings”), da qui il suo nome d’arte. 8 – La sindrome della mano aliena è un raro disturbo neurologico in base al quale una mano (in genere la sinistra) sembra avere vita propria, non eseguendo ciò che dovrebbe fare. Spesso cerca di impedire le azioni della mano inalterata (in genere la destra) oppure movimenti del soggetto stesso. Dopo l’interpretazione di Sellers, questa sindrome ha “goduto” di una certa popolarità divendando quasi un classico.

4 – Peter Bull (1912 - 1984), l’ambasciatore russo, ricordava la famosissima (seppur mai vista) scena delle torte in faccia come molto divertente per i primi due giorni. Ma le riprese di quella scena durarono ben due settimane e la cosa divenne un vero e proprio tormento. I disagi che si erano creati andavano dal bruciore agli occhi (la panna era in realtà schiuma da barba) fino al non poter girare per gli studio in quanto tutti perennemente sporchi.

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Note 1 – Nel 1954 Kubruck e Harris (1928) avevano fondato assieme una piccola società nella quale il primo dirigeva i film e il secondo produceva. Assieme avevano realizzato Rapina a mano armata (1956), Orizzonti di gloria (1957) e Lolita (1962). Per quasi dieci anni avevano mantenuto un’alleanza nella quale avevano un equo potere ma era giunto il momento per Harris di dirigere un film e per Kubrick di avere più potere nell’intero processo.

3 – Stanley Kubrick. L’uomo dietro la leggenda Vincent LoBrutto. Prima edizione aprile 1999. Edizione Il Castoro 2009.

Kubrick assieme all'amico e socio James Harris negli anni '50

2 – Peter George (1924 - 1966) fu uno scrittore britannico conosciuto principalmente per questo libro pubblicato nel ‘58 che gli diede una fama mondiale. Egli collaborò con Kubrick non solo nella stesura della sceneggiatura ma anche durante le riprese.

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Perché un film sulla guerra fredda? Tra gli anni ‘50 e ‘60 la guerra fredda e le continue ostilità tra Stati Uniti e Unione Sovietica avevano fatto crescere a dismisura una generale paura della catastrofe nucleare. Kubrick cominciò a interessarsi al tema intorno alla fine degli anni ‘50, un interesse che, ovviamente, divenne poi ossessione. Questa paura lo spinse a leggere oltre quaranta libri tra saggi scritti da ricercatori, studi svolti da strateghi nucleari e addirittura relazioni governative. Sapeva già che tutta questa ricerca sarebbe sfociata nella realizzazione del suo secondo film in coppia con James Harris (che si occupava della produzione) il quale, invece, decise di abbandonare e dedicarsi a un altro progetto come regista (1). Kubrick trovò la maggiore ispirazione per lo sviluppo della pellicola nel libro Red Alert, scritto da Peter George (2). Il Dottor Stranamore era stato concepito come assolutamente drammatico ma già dai primi incontri con lo scrittore per abbozzare una sceneggiatura, Kubrick incontrò le prime difficoltà: «Scoprii che mettendo un po’ di carne intorno allo scheletro e immaginando le scene nel loro insieme [...] continuavano a venirmi in mente delle idee che scartavo perché ridicole. Ripetevo a me stesso “Non posso farlo. La gente riderà”. [...] Iniziai a rendermi conto che le cose che stavo eliminando erano quelle più veritiere. Dopotutto che cosa c’è di più assurdo dell’idea di due megapotenze disposte a spazzare via ogni forma di vita umana a causa di un incidente [...]?» (3) Questo cambiamento non fu quindi una semplice scelta del regista ma quasi una necessità. Si rese conto che la chiave che andava a risolvere il problema di struttura del film era quella umoristica. Gli elementi più divertenti del film diventano quindi una serie di tipici comportamenti dell’essere umano sottratti da un normale contesto e riposizionati in un contesto nel quale si sta decidendo il futuro del pianeta. Il riferimento è a scene quali quella del Colonnello Bat Guano che, avendo tra le mani la salvezza del pianeta, si fa dei problemi a sparare al distributore di Coca Cola temendo una denuncia. Oppure quella in cui -sempre decidendo le sorti del pianeta- il presidente russo ubriaco, al telefono col Premier statunitense, si dimentica il numero telefonico del quartier generale della difesa e gli suggerisce quindi di provare a rivolgersi all’ufficio informazioni.

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L'uomo dai mille volti Kubrick aveva ammirato molto la maestria con la quale Peter Sellers aveva interpretato, in Lolita (1), un solo personaggio che si travestiva in diversi modi. Pensò quindi che fosse, ancora una volta, la persona perfetta per questa sua nuova pellicola. Quando lo chiamò e gli chiese di recitare tre personaggi, quelli che definiva «il protagonista, il protagonista e il protagonista», Sellers si mostrò totalmente contrario (2). Ma Kubrick nutriva un'ammirazione smisurata per l’attore, lo descriveva come il più accanito lavoratore che conoscesse ed estremamente ricettivo nei confronti di quell’umorismo di cui aveva bisogno ma che molti non riuscivano a capire. Riuscì quindi, dopo lunga insistenza, a convincerlo del fatto che non sarebbe mai riuscito a trovare un attore più adatto di lui. Per questo film, Sellers venne pagato in totale un milione di dollari, il che fece dire a Kubrick: «ne abbiamo avuti tre al prezzo di sei». Ad un certo punto, al regista venne in mente l’idea di affidargli addirittura un quarto personaggio, quello del maggiore King Kong. Sellers cominciò quindi a immergersi nella parte facendo diverse prove e trovando delle difficoltà nell’imitare l’accento texano. Alla fine questa parte non fu mai da lui interpretata per via di un incidente sul set che gli causò la rottura di una caviglia. Alla fine il personaggio venne dato a Slim Pickens, un vero cowboy texano che Kubrick conosceva. Nonostante ciò, il regista rimase sempre convinto del fatto che Sellers si fosse infortunato di proposito (anche inconsciamente) per non dover recitare quell’ennesimo ruolo. Diverse scene del film vennero considerevolmente ampliate per via delle ingegnose improvvisazioni di Peter Sellers il quale, come già detto precedentemente, riusciva a cogliere dell’umorismo laddove pochi riuscivano ad immaginarlo. Le più azzeccate sono sicuramente quella della scena in cui i due premier sono al telefono: «Tu te l’immagini quello che sto passando io, Dimitri?» o la famosa "sindrome della mano aliena" del dottor Stranamore che sfocia in un irrefrenabile saluto nazista (3). A differenza di questi due personaggi, il colonnello Lionel Mandrake viene interpretato piuttosto conformemente alla sceneggiatura. La costruzione del personaggio di Muffley (il presidente degli Stati Uniti) subì alcune modifiche. Infatti in un primo momento venne interpretato da Sellers come un insicuro effeminato con un inalatore nasale sempre a portata di mano. Tuttavia Kubrick si rese conto che, in mezzo al totale delirio della situazione che si era creata nella storia, c’era la necessità di un personaggio razionale che diventasse una sorta di punto di riferimento. Nacque così il presidente liberale e filantropo che, in effetti, rappresenta molto una boa di salvataggio in mezzo a quella tempesta di follia.

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Il presidente Merkin Muffley non sa come dire al premier sovietico della catastrofe che sta per accadere. Note 1 – Lolita è il film di Kubrick precedente a Il Dottor Stranamore, del 1962, tratto dall’omonimo romanzo di Vladimir Vladimirovič Nabokov che ha collaborato anche per la sceneggiatura. Qui il maniacale perfezionista Peter Sellers interpreta Clare Quilty, un ambiguo e camaleontico commediografo.

3 – In molti sostengono che il personaggio del dottor Stranamore era ispirato a Henry Kissinger il quale era anche lui un tedesco naturalizzato americano che aveva scritto un libro sulla guerra nucleare. Col governo Nixon egli divenne segretario di Stato.

2 – Peter Sellers era un attore tanto bravo quanto insicuro delle sue capacità. La sua convinzione di non riuscire a piacere al pubblico gli causò non pochi problemi di depressione. Probabilmente fu questo il motivo che gli fece rifiutare inizialmente l’offerta delle tre parti, perché era terrorizzato “al cubo”. Anche quando Kubrick lo chiamò per Lolita lui iniziò subito al primo incontro col regista a dire di non essere la persona adatta per quel ruolo. Ovviamente sia nel caso di Lolita che nel caso de Il Dottor Stranamore, le sue interpretazioni furono eccezionali.

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La sessualità dietro alla bomba Molti sostengono che, nonostante la forte presenza della sessualità in Lolita, il film più erotico di Kubrick sia proprio Il Dottor Stranamore. L’interpretazione più comune che viene data a questo film è quella che vede il tutto come una metafora sessuale. Come se in realtà la competizione tra due mega potenze, la guerra, la bomba, la sfida, eccetera, siano tutte sostanzialmente una questione di chi ce l’ha più grosso. Detto ciò, parlando di questo film, i critici si sono dati alla pazza gioia trovando allusioni sessuali praticamente in qualsiasi cosa. Sta poi allo spettatore scegliere cosa secondo lui lo sia e cosa no. Alcune sono ovvie e indispensabili alla trama, altre sono ininfluenti e forse “inventate”. Partendo dal principio, già il sottotitolo suggerisce una chiave possibilmente erotica-sessuale riferendosi alla bomba come qualcosa che viene amata. Dopo pochi minuti dall’inizio del film la prima “inquadratura fallica” del muso di un bombardiere introduce la scena di un rifornimento di carburante in volo da un velivolo all’altro tramite un tubo che parte dal primo e va a infilarsi nel dorso del secondo (attivo-passivo). Questa cosa è stata interpretata da molti come coito e da molti altri come allattamento. L’elemento sessuale più influente (e non opinionabile) di tutti è sicuramente quello che riguarda il generale Jack Ripper, anche perché è l’elemento scatenante di tutta la storia. Ripper, il più lontano possibile dalla lucidità mentale, parla al colonnello Lionel Mandrake delle motivazioni che lo hanno portato a ordinare l’attacco. Gli parla dell’Unione Sovietica che ha grandi piani contro gli Stati Uniti d'America e più in particolare del complotto comunista che consisterebbe nel contaminare l’acqua americana. In effetti all’inizio del film egli chiede curiosamente un bicchiere d’acqua piovana da bere e, più tardi, a Mandrake, dirà appunto che lui non beve quella normale poiché contaminata. Dopo un lungo giro di parole salta fuori la verità, ovvero che questa sorta di contagio consisterebbe nell’avvelenare i fluidi vitali (si parla ovviamente di sperma) degli uomini americani: il generale Ripper, incapace di accettare la sua impotenza, pur di non ammettere la sua debolezza (a se stesso), scatena la fine del mondo come forma di compensazione sessuale. Il generale Turgidson, al momento della chiamata alla Casa Bianca, si trova alle porte di una notte d’amore con la sua amantesegretaria che, tra l’altro, continuerà a chiamarlo al telefono durante la riunione più importante della sua vita nella war room. Lei è la stessa che pochi minuti prima vediamo nel Playboy sfogliato dal comandante del bombardiere che in seguito sgancerà la bomba. Quando arriverà al veivolo l’ordine del fatidico attacco, King Kong consegnerà ad ognuno dei membri della squadra il kit di sopravvivenza consistente in pistola, munizioni, cibo, medicine, dizionario, bibbia, denaro, gomme da masticare,

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rossetti, calze e ovviamente un pacchetto di preservativi. Quando sarà il momento di sganciare la bomba, questa rimarrà incastrata per via di un guasto, e ciò comporterà un intervento fisico di King Kong che ormai si è fatto completamente prendere dalla situazione creatasi. Per riparare il macchinario che blocca il grande proiettile, egli si mette a cavalcioni dell’ordigno e quando questo verrà lanciato, lui ci rimarrà sopra. La scena diventerà poi un classico, il cowboy che cavalca la bomba sventolando il cappello Stetson (il quale aveva sostituito l’elmetto dopo aver ricevuto l’ordine fatale). L’accoppiata uomo-bomba è un’inarrestabile cavalcata destinata a penetrare la Terra come se il punto di arrivo fosse un orgasmo irrefrenabile che trova il suo apice nell’esplosione quando si alza quell’enorme riproduzione fallica che è il fungo atomico. Il rapporto che c’è al telefono tra i due presidenti sembra quello tra una coppia di fidanzatini in cui uno dei due ha una crisi affettiva: «Certo che mi fa piacere parlarti! Mi fa molto, moltissimo piacere.. Non adesso però, un’altra volta, adesso ti ho chiamato per dirti che è successo qualcosa di.. Di veramente terribile.. È una telefonata amichevole, sicuro che è amichevole.. Eh.. Senti, se non fosse amichevole.. Eh.. Non te l’avrei fatta proprio». Successivamente, in seguito all’attivazione dell’ordigno “fine di mondo”, il dottor Stranamore espone eccitato il suo diabolico piano di salvezza del genere umano che consiste nel trasferire per un centinaio di anni una selezione di popolazione in profonde miniere riscaldate e illuminate dove non possono arrivare le radiazioni. T S

Professore, eh... Lei ha parlato di un rapporto di dieci femmine per ogni maschio, ma questo comporterebbe forse l'abbandono definitivo delle cosiddette relazioni sessuali monogame, intendo dire per quanto riguarda gli uomini? Disgraziatamente, sì. Questo però è un sacrificio al quale dovremmo rassegnarci per il bene del genere umano. E aggiungo subito che, siccome i maschi dovranno sottoporsi a questo eccezionale sforzo, a vantaggio dell'umanità, le femmine dovranno essere scelte tenendo presente le loro doti fisiche che dovranno essere stimolanti sessualmente.

(Conversazione tra Turgidson e Stranamore) Infine il sesso si ritrova anche nei nomi che si sentono durante il film: Jack Ripper significa “Jack squartatore”, come il famoso assassino londinese di prostitute. Turgidson significa “figlio di turgido” e il nome del bersaglio, Laputa, potrebbe diventare in spagnolo “la puta”, ovvero “la prostituta”.

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1 – Tracy Reed (Miss Scott), Stanley Kubrick e George C. Scott (generale Turgidson) dietro le quinte 2 – 47’ 20’’ Il generale Jack Ripper spiega al colonnello Lionel Mandrake il motivo del suo bere solo acqua piovana esponendo la sua teoria sulla fluorocontaminazione dei fluidi. 3 – 36’ 05’’ «Controllo del pacco di sopravvivenza. Ognuno deve contenere: una pistola calibro 45, due scatole di munizioni, razioni concentrate di emergenza per quattro giorni, un pacchetto medicinale contenente antibiotici, morfina, pillole di vitamine, stimolanti, sonniferi, pillole tranquillanti, un libretto comprendente un elenco di semplici frasi russe e la Bibbia, 100 dollari in moneta russa, altri 100 dollari in oro, nove pacchetti di gomma da masticare, un pacchetto di preservativi, tre rossetti, tre paia di calze di nylon..» Maggiore T.J. "King" Kong.

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4 – 87’ 20’’ Il maggiore King Kong, volendo sganciare la bomba a tutti i costi, scende personalmente nel "vano bombe" per riparare manualmente il danno. Quando riuscirà a risolvere il guasto, sarà troppo tardi per tornare in sala comando: verrà sganciato anche lui assieme alla bomba. 5 – 30' 45'' Buck Turgidson che viene interrotto da una chiamata di Miss Scott la quale, dalle risposte del generale, pare essere in una tipica crisi affettiva: «Ma no che non è solo fisico, io ho moltissima stima per te e un giorno diventerai la Signora Turgidson. Senti, tu mettiti a dormire e il tuo micione tornerà appena possibile. Ah, amore? Non scordarti le preghiere.» Generale Buck Turgidson

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Le difficoltà Le prime difficoltà che ebbe Kubrick nella produzione di questo film furono legate alla scenografia, considerando che in quegli anni abitava a New York. Contattò lo scenografo Richard Sylbert (1) al quale, dieci anni prima, aveva anticipato le sue intenzioni di lavorare assieme. Dopo un mese di incontri per capire come organizzare la scenografia, i due si resero conto che le difficoltà erano enormi: la Nasa non voleva collaborare in alcuna maniera, l’esercito neanche e, ad ogni modo, non esisteva uno studio sufficientemente grande. Sylbert ricorda che disse al regista: «Non possiamo fare questo film a New York, e non possiamo farlo neppure in America»; al che Kubrick rispose: «Sì, hai ragione» dopodiché partì per l’Inghilterra dove ingaggiò Ken Adam. Un importante ostacolo che il regista sapeva che avrebbe dovuto superare era ovviamente quello della Mpaa - Motion Picture Association of America (2). Infatti, considerando quegli anni pre-sessantotto, anche con Lolita i problemi di censura non furono pochi. Kubrick, prima di cominciare le riprese, inviò quindi una copia della sceneggiatura de Il Dottor Stranamore al presidente Geoffrey Shurlock sperando di non doversi imbattere in troppe rogne. Shurlock rispose l’11 gennaio 1963, dieci giorni dopo, molto preoccupato circa l’ironia che coinvolgeva il presidente degli Stati Uniti e l’esercito, immaginando che il pubblico non sarebbe riuscito a cogliere quell’umorismo. Consigliò inoltre di non fare indossare a miss Scott un bikini troppo provocatorio, di eliminare le disgustose allusioni ai profilattici, trovò inaccettabile il ripetuto utilizzo di termini quali “dannato”, “maledetto” e “maledetti figli di puttana” e, infine, si dimostrò decisamente contrario alla sequenza finale col lancio di torte in faccia nella war room. Kubrick gli rispose tranquillizzandolo dicendo che i riferimenti non potevano essere a persone reali dato che la trama si svolgeva in un imprecisato futuro. Dopo un anno, il 2 gennaio 1964, Il Dottor Stranamore ricevette il marchio di approvazione della Mpaa. Un imprevisto molto grande e drammatico fu quello della prima proiezione alla stampa. Questa era infatti fissata per il 22 novembre 1963 e tutto sembrava andare bene, finché non giunse la notizia che era stato assassinato il presidente John F. Kennedy (3). Inutile dire che la proiezione venne cancellata. Kubrick non era tuttavia d’accordo con chi sosteneva che questa tragedia avrebbe influenzato il modo di vedere Il Dottor Stranamore poiché non c’era alcun riferimento diretto al premier. La data fissata per la prima londinese sarebbe stata il 2 dicembre 1963 ma venne anche questa cancellata dalla Columbia Pictures in segno di rispetto per il defunto presidente. Il regista, inoltre, modificò diverse battute come quella di King Kong nella quale diceva «Un tizio potrebbe passare un bel fine settimana a Dallas» per via del luogo dell’assassinio che era proprio Dallas (4). Oppure nella scena delle torte in faccia la frase di Turgidson: «Gentili signori, il nostro amato presidente

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è stato colpito in pieno». A fine montaggio Kubrick decise di cancellare l’intera scena (che aveva richiesto circa cinque settimane di riprese) poiché troppo farsesca e poco sensata. La prima proiezione dedicata ai dirigenti della Columbia Pictures fu un completo disastro: Il vicepresidente era totalmente contrario all’uscita del film poiché diceva che sarebbe stata una disfatta per l’azienda. In una successiva proiezione, sempre interna alla Columbia, Kubrick inserì tra il pubblico alcuni suoi amici con la speranza di riuscire a pilotare le reazioni sconcertate. Nonostante questi inconvenienti e nonostante qualche articolo negativo tra i critici, il successo che ottenne questo film, come sappiamo tutti oggi, fu strepitoso.

Note 1 – Richard Sylbert (1928 - 2002) è stato uno scenografo statunitense che ha lavorato su oltre cinquanta film. Tra i più famosi, Chi ha paura di Virginia Woolf (1967), Chinatown (1974) o Dick Tracy (1991). 2 – La MPAA, formata dai sette studi principali del cinema statunitense (Walt Disney, Sony, Metro-Goldwyn-Mayer, Paramount Pictures, Twentieth Century Fox, Universal Studios e Warner Bros), si occupa di promuovere gli interessi degli studi cinematografici, quindi della classificazione dei film.

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3 – John Fitzgerald Kennedy (1917 - 1963) venne ucciso alle 12:30 locali del 22 novembre 1963. Fu il 35° presidente degli Stati Uniti d’America. 4 – Nella versione originale la frase diventò «Un tizio potrebbe passare un bel fine settimana a Vegas» e nella versione italiana «Ci si potrebbe passare una bella domenica con tutta questa roba».

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1 – 32’ 31’’ Il generale Turgidson esprime il suo punto di vista: considerando il tempo rimanente, l'eventuale reazione dei russi e i possibili danni agli Stati Uniti, consiglia di sfruttare l'occasione per attaccare le basi missilistiche sovietiche e, di fatto, vincere la guerra.

3 – Bozza della war room disegnata da Ken Adam. 4 – Altra bozza della war room. 5 – Ken Adam (1921) fotografato nel 2012 da Henry Bourne. Assieme a Kubrick, oltre a Il Dottor Stranamore, ha ideato le scenografie anche di Barry Lyndon.

2 – 74’ 19’’ Il pericolo sembra svanito: Mandrake, dopo aver scoperto il codice segreto per dare l'ordine di ritirata ai velivoli americani, riesce a riferirlo alla Casa Bianca. Dopo la notizia Turgidson propone una preghiera di ringraziamento per la catastrofe evitata, durante la quale il dottor Stranamore se ne starà riflessivo in disparte. La preghiera verrà interrotta dalla notizia di un aereo che non ha ricevuto l'ordine.

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La war room Nonostante si sapesse già che il film sarebbe stato in bianco e nero, quando Kubrick vide i bozzetti del grande tavolo che sarebbe stato nella war room di Ken Adam, gli chiese se era possibile ricoprirlo di uno spesso panno verde in modo che gli attori si sentissero come se stessero giocando una partita di poker che andrà a determinare il futuro del pianeta. Prima di questo film non esisteva nulla di simile a quella che viene chiamata war room, infatti questa fu tutta un’invenzione di Adam, Kubrick e Southern. In seguito a Il Dottor Stranamore, questa stanza entrò nell’immaginario collettivo coinvolgendo addirittura Ronald Reagan il quale, poco dopo essere stato eletto presidente degli Stati Uniti nel 1981, chiese ai funzionari della Casa Bianca se gli potessero mostrare la war room. Questi, piuttosto imbarazzati, gli dovettero dire che non esisteva veramente.

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LA GUERRA FREDDA

Negli anni cinquanta, la popolazione civile in America venne costretta a esercitazioni contro i raid aerei e incoraggiata a costruirsi dei rifugi antiatomici personali. Questo atteggiamento di paura raggiunse i livelli più alti durante la crisi missilistica di Cuba, risolta in extremis da Kennedy (poi assassinato) e Chruščëv (successivamente sostituito e ritiratosi a vita privata) e col passare degli anni svanì; comunque, la consapevolezza della guerra e delle sue potenziali conseguenze fu una costante. La principale conseguenza diretta del particolare clima creatosi negli Stati Uniti con la guerra fredda fu il maccartismo, una serie di inchieste politico-giudiziarie svoltesi fra gli anni quaranta e cinquanta, tese a colpire qualunque possibile "influenza comunista" negli apparati dello stato e persino nei comportamenti di singoli individui. Tali inchieste, condotte spesso anche in palese contrasto con i principi costituzionali e giuridici statunitensi, colpirono numerosi soggetti, in molti casi soltanto sulla base di un semplice sospetto. Fra di essi vi furono anche famosi personaggi della cultura e dello spettacolo, tanto che la paura di incappare nelle maglie delle inchieste anticomuniste finì per condizionare anche le scelte artistiche di scrittori, registi e produttori cinematografici che, salvo eccezioni, dovettero sempre tenersi, in quegli anni, su una linea collaborazionista e delatoria. Il maccartismo fu figlio del clima di tensione e paura creatosi a partire dai tardi anni quaranta, ma certamente, con i suoi processi accusatori e la sua caccia spesso immotivata al traditore, finì per essere al tempo stesso moltiplicatore di tale clima di paura, grazie anche alla risonanza che tali vicende ebbero presso i mass media.



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1 → DOTTOR STRANAMORE PETER SELLERS 2 → PRESIDENTE MERKIN MUFFLEY PETER SELLERS 3 → COLONNELLO LIONEL MANDRAKE PETER SELLERS 4 → GENERALE BUCK TURGIDSON GEORGE C. SCOTT 5 → STERLING HAYDEN GENERALE JACK D. RIPPER 6 → MAGGIORE T.J- KING KONG SLIM PICKENS 7 → COLONNELLO BAT GUANO KEENAN WYNN 8 → AMBASCIATORE ALEXEI DE SADESKY PETER BULL 9 → MISS SCOTT TRACY REED

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M*A*S*H

Regia Robert Altman

Sceneggiatura

Soggetto

Laura Kerr Ring Lardner Jr. Allen Rivkin

Richard Hooker

Produzione

Anno

20th Century Fox

1970

Cast Donald Sutherland Elliott Gould Tomm Skerritt Sally Kellerman Robert Duvall Roger Bowen John Schuck

→ Capitano "Falco" Pierce → Capitano "Razzo John" McIntyre → Capitano "Duke" Forrest → Maggiore "Bollore" O'Houlihan → Maggiore Frank Burns → Tenente Colonnello Henry Blake → Capitano "Cassiodoro" Waldowski

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Il film

La trama è incentrata su un susseguirsi di vicende che vedono protagonisti i due chirurghi “Occhio di falco” Pierce (1) e “Razzo John” McIntyre (2) all’interno dell’ospedale da campo 4077. Probabilmente per esorcizzare la loro deprimente situazione di soldati-dottori o per puro divertimento, i due animano ogni situazione, dalla più seria alla più stramba. Nonostante l’ambiente di guerra e l’alto numero di feriti che arriva ogni giorno, il clima è presto quasi anarchico: la sera si beve, di giorno si gioca a golf o a football americano. Questo, però, non va a compromettere le grandi abilità dei chirurghi i quali, anche in pessime condizioni (manca spesso la luce, i medicinali e gli strumenti sono pochi) riescono sempre a concludere ottime operazioni. I principali “bersagli” dei due capitani sono il maggiore Frank Burns (3) e l’infermiera maggiore Margaret “Bollore” O’Houlihan (4): lui un tipico ottuso perbenista e bigotto, lei una capricciosa “fanatica delle regole”. I due diventano amanti ma durante un amplesso, viene messo sotto al loro letto un microfono che trasmette l’eccitante colonna sonora dagli altoparlanti di tutto il campo. Poi c’è “Cassiodoro” (5), il dentista dell’ospedale da campo il quale decide di suicidarsi dopo aver scoperto di essere omosessuale e che trova un falso aiuto da parte dei suoi compagni i quali gli organizzano un finto rito mortuario facendogli ingerire del finto veleno (molto provocatoria l’ultima cena che cita quella di Da Vinci). Il mattino dopo si sveglia in ottima forma assieme all’infermiera amante di “Falco”, spinta da lui stesso per far ritrovare a Cassiodoro la sua eterosessualità. Alcuni giorni dopo i due protagonisti vengono chiamati in Giappone per operare il figlio di

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un senatore e questa diventa un’occasione perfetta oltre che per fare un’ottima operazione come sempre per umiliare il comandante locale, ricattarlo, salvare la vita a un bimbo giapponese e fare un salto nel bordello della zona. Una volta tornati in Corea si ritrovano a organizzare una partita di football americano contro dei medici-soldati di un altro campo analogo al loro. Nonostante i protagonisti abbiano ingaggiato un professionista che è anche chirurgo (6), durante la partita la squadra non riesce a farsi valere. Decidono quindi di somministrare di nascosto dei sedativi agli avversari riuscendo così a vincere il match. Arriva infine la lettera di rimpatrio per Falco e Duke (7) e la voce all’altoparlante, che per tutto il film ha comunicato, esitante, ordini assurdi o incomprensibili, recita i titoli di coda.

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Note 1 – Il Capitano Benjamin Franklin "Occhio di falco" Pierce è Donald Sutherland (1935). Il grande successo lo ottiene con M*A*S*H ma da quel momento in poi capiterà spesso che i ruoli a lui affidati siano quelli del cattivo o dell'uomo di potere.

6 – Questo personaggio, Capitano Oliver Harmon "Catapulta" Jones (nella versione originale Spearchucker), è interpretato da Fred Williamson (1938). Egli ha cominciato la sua carriera come giocatore di football americano per poi dedicarsi successivamente al cinema e alla televisione.

2 – Il Capitano John Francis Xavier "Razzo John" McIntyre è Elliott Gould (1938). Nella versione originale il soprannome è "Trapper", ovvero "cacciatore". Oltre che per M*A*S*H, Gould è conosciuto per film come Quell'ultimo ponte (Richard Attenborough, 1977), Capricorn One (Peter Hyams, 1978) e Il mistero della signora scomparsa (Anthony Page, 1979).

7 – Il Capitano Augustus Bedford "Duke" Forrest è Tom Skerritt (1933).

3 – Il "bigotto" Maggiore Frank Burns è Robert Duvall (1931). I film che gli hanno conferito più successo sono questo, L'uomo che fuggì dal futuro (George Lucas, 1971) e Il padrino (Francis Ford Coppola, 1972). 4 – Il Maggiore Margaret Bollore O'Houlihan è Sally Kellerman (1937). Nella versione originale viene chiamata "Hot Lips", ovvero "labbra hot". Per questo ruolo venne candidata agli Oscar come miglior attrice non protagonista 5 – Il Capitano Walter Kosciusko "Cassiodoro" Waldowski è John Schuck (1940). Questo soprannome, nella versione originale "Painless Pole", è dovuto alle dimensioni fuori dal comune dei suoi attributi.

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Il nuovo film di guerra Inizialmente la sceneggiatura scritta da Ring Lardner jr. (1) (il soggetto è un omonimo romanzo scritto da Richard Hooker (2), chirurgo statunitense) venne presentata a registi già affermati come Mike Nichols, Stanley Kubrick e Arthur Penn ma nessuno era interessato. Quando Ingo Preminger (3), che lavorava per la Fox, la propose a Robert Altman, in un primo momento questi ebbe una reazione analoga a quella degli altri registi: rifiutò. Ma gli rimase in testa qualcosa, cominciò a pensare che sarebbe potuta essere una perfetta opportunità per realizzare un progetto che coltivava da tempo, ovvero una tagliente commedia sulla guerra. Si incontrò quindi nuovamente con Preminger per dirgli che avrebbe accettato solo se avesse potuto trasformarlo in qualcosa di caotico, senza una trama precisa e senza lo sfondo drammatico. E così fu; durante le riprese, infatti, Altman sostanzialmente riscrisse il copione da zero causando le ire di Lardner. Le lamentele che Preminger doveva sedare non erano solo quelle dello sceneggiatore, ma anche i due protagonisti ebbero molto da ridire circa i metodi di regia di Altman. Si preoccupavano per le loro interpretazioni dicendo che la libertà che lasciava il regista nei loro confronti era fin troppa e non sapevano come muoversi. Ma la Fox, che contemporaneamente sta producendo altri due ben più costosi film bellici (Patton, generale d'acciaio e Tora! Tora! Tora!), non interviene poiché era sufficiente constatare il rispetto dei tempi e dei costi. Quello che vuole fare il regista è utilizzare un genere solo come “contenitore” svuotandolo dall’ideologia in modo da rovesciare quello che il film bellico ha sempre rappresentato nel cinema americano. Questa critica-beffa alla cultura statunitense entra in sintonia con la mentalità del pubblico dei primi anni ‘70. L’idea è completamente dissacrante e inevitabilmente sofisticata: prendere in giro le imprese di guerra americane, quando fino a pochi anni prima il tipico sodato era il maschio alfa (ad esempio John Ford o John Wayne) era il forte punto di riferimento che rappresentava l’eroica America. Con M*A*S*H tutti questi idoli diventano dei vecchi tradizionalisti repubblicani. Soprattutto i giovani capiscono e amano questa satira contro la guerra riconoscendosi perfettamente in questa visione dissacrante. La reazione di Hollywood è decisiva: da questo momento in poi i film analoghi consolideranno questo nuovo genere. M*A*S*H esce nel posto giusto al momento giusto. Fino a pochi anni prima veniva ancora usato il rigido codice Hays (4) che dava le linee guida su cosa fosse o non fosse considerato moralmente accettabile nella produzione di film. Pur non essendo mai stato imposto legislativamente, gli studios lo applicavano preventivamente per non rischiare di rimetterci economicamente. La sintonia che si era creata tra Hollywood e il governo degli Stati Uniti (per via di questo rispetto morale) iniziò a incrinarsi

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assieme alla crisi di immagine dovuta alla guerra del Vietnam. Sono infatti gli anni della rivoluzione culturale, della contestazione giovanile, dei figli dei fiori del “make love not war”; questo movimento mette in crisi anche Hollywood che si era dimostrato succube per molto tempo alle regole dettate dal Governo. Altman, avendo già dimostrato di essere in grado di dirigere film validi senza il bisogno di dipendere dallo Studio System, sfrutta questa crisi per proporre qualcosa che prima non sarebbe potuto uscire e che ora trovava il massimo consenso da parte del pubblico. M*A*S*H prende il film tradizionale di guerra e lo capovolge totalmente invertendone l’ideologia: utilizza la forma (genere) per rivoluzionarne il contenuto (ideologia).

Note 1 – Ring Lardner Jr., abbreviazione di Ringgold Wilmer Lardner Jr. (1915 - 2000), è stato uno sceneggiatore e giornalista statunitense, inserito nella lista nera di Hollywood durante la "Paura rossa" degli anni '40 e '50. Per questo motivo fu costretto a lavorare sotto falso nome a diversi film. Nonostante ciò vinse due volte il Premio Oscar nel 1943 e nel 1971.

4 – Il Production Code, comunemente chiamato "Codice Hays" per via dei suo creatore, Will H. Hays, era un insieme di linee guida che per diversi decenni ha limitato e influenzato il cinema statunitense specificando cosa fosse considerato "moralmente accettabile" e cosa no. La MPPDA (che sarebbe poi diventata la MPAA) lo adottò dal 1930 al 1967.

2 – Richard Hornberger (1924 - 1997) è stato un chirurgo e scrittore statunitense. 3 – Ingwald Preminger (1911 - 2006) è stato un produttore cinematografico statunitense nato in Austria. Era fratello dell'attore e regista Otto Preminger.

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Il campo di battaglia Questo film si prende beffa di tutti i tipici valori americani e del patriottismo utilizzando l’istituzione che in quel periodo deteneva il record del livello morale più basso: l’esercito. La scelta è di inserire la vicenda non in un campo da battaglia bensì in un ospedale da campo. I dottori sono i soldati, il bisturi è il fucile, i camici sono le divise e la morte (che diventa routine) è il nemico. Questa ambientazione comporta quella visione della guerra che non si era mai vista al cinema: arti da amputare, corpi maciullati ecc. Prima di questo film era consuetudine mostrare solo l’eroismo, mai i sanguinosi effetti dei conflitti. Come in Orizzonti di gloria (1) il tribunale è il luogo della guerra e del potere (significato) e il campo di battaglia è la sua superficie (significante), così in M*A*S*H l’ospedale è il fronte, è la trincea dove si svolge la guerra e Altman avrebbe voluto che la storia si svolgesse tutta in questo luogo ma così non è stato. Infatti il viaggio in Giappone dei due protagonisti per salvare il figlio di un senatore va a rompere il limite spaziale compromettendone il funzionamento metaforico e trasformando la storia in una sorta d’avventura. Durante tutto il film gli annunci all’altoparlante fungono da punteggiatura creando dei siparietti deliranti. La voce legge infatti con la stessa intonatura una moltitudine di notizie completamente diverse, sia per importanza sia per tipologia. Non c’è alcuna differenza tra un’urgente richiesta di sangue e un annuncio che presenta un brano musicale. L’unica cosa che fa capire la fine di un annuncio e l’inizio di un altro è un piccolo trillo tra i due. I protagonisti sono totalmente privi di valori morali, sono irriverenti e, a parte il loro lavoro, non prendono mai nulla seriamente. I personaggi che sembrano invece seri e educati, si rivelano poi anche loro dei falsi: chi vuole solo un rapporto sessuale, chi vuole vincere dei soldi con scommesse truccate ecc. La partita di football americano tra i due campi è molto iconica, vuole infatti rappresentare la società nella quale viviamo: una società violenta, che riesce a vincere solo con l’imbroglio e che non ha un’idea di confronto. L’irrefrenabile discesa morale del film si conclude infine con l’ultima battuta di un militare in primo piano che dice «Fottuta Naja». Per tutti, lo sforzo è quello di galleggiare sugli orrori della guerra, tentare di far sopravvivere la sanità mentale accanto alla follia disumana del conflitto. Quello che era un genere nazionalista, di propaganda pura che aveva come scopo l’arruolamento dei giovani, si capovolge ora in un genere antimilitarista.

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Viene richiesto ai due protagonisti di recarsi immediatamente in Giappone per un'urgente operazione. Note 1 – Orizzonti di gloria (in inglese Paths of glory) è il quarto lungometraggio di Stanley Kubrick tratto dall'omonimo romanzo di Humphrey Cobb. Uscito nel 1957 è uno dei film che ha visto lavorare assieme Kubrick con James Harris che si occupava della produzione. La storia prende ispirazione da alcuni episodi realmente accaduti all'interno dell'esercito francese durante la prima guerra mondiale.

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1 – 69' 31'' Bollore si sta facendo la doccia e buona parte del campo si mette in prima fila per godersi uno scherzo che le è stato organizzato. Verrà tagliata la fune che tiene abbassato il tendone del bagno e lei si ritroverà completamente nuda davanti a tutti. 2 – 71' 06'' Dopo lo scherzo Bollone è completamente esausta di questa situazione e va a lamentarsi dal colonnello il quale, però, è a letto con un'infermiera. Egli si dimostra totalmente disinteressato alle minacce di Bollore.

4 – 66' 44'' In un pomeriggio di relax ci si riposa appoggiati a delle macerie di un elicottero abbattuto. Qua viene concepito lo scherzo a Bollore. 5 – 56' 28'' Il capitano Cassiodoro ha deciso di suicidarsi incapace di accettare la sua presunta omosessualità. Viene organizzata così una finta "ultima cena" che richiama in tutto e per tutto la famosa opera di Leonardo Da Vinci.

3 – Dietro le quinte, Robert Altman che parla coi due protagonisti Elliot Gould e Donald Sutherland.

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13' 02''

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14' 25''

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Note

La panoramica riprende alcune operazioni molto delicate.

1 – La carrellata è un movimento della macchina da presa solitamente con l'ausilio di un carrello. Nell'effettuare questo movimento, un macchinista muove fisicamente il carrello sul quale è posta la macchina da presa, seguendo un percorso prestabilito. In molti casi si predispongono dei binari, specie se il terreno è accidentato. Lo scopo dell'impiego di un carrello è infatti quello di consentire una ripresa fluida e stabile.

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Tecniche cinematografiche Altman, rimanendo coerente al suo stile di ripresa, utilizza poco il classico campo-controcampo prediligendo l’inseguimento fisico dei personaggi insinuandosi nelle azioni, ama lo zoom, e le riprese col teleobiettivo. Al montaggio preferisce la dinamicità delle inquadrature che gli permettono di dare determinati effetti. L’unica carrellata (1) normale è quella nell’ospedale che scorre tra i tavoli operatori mostrando la vera battaglia, quella tra i chirurghi e la morte. Nei film di guerra, questo tipo di carrellata laterale è molto usata per seguire l’esercito che si sposta (per citare Kubrick: Orizzonti di gloria e Full Metal Jacket). Altman, con l’obiettivo di rendere credibile questa farsa, utilizza un tipo di messa in scena molto semplice. Rinuncia a qualsiasi tipo di effetto speciale, adopera un montaggio minimo e una fotografia molto semplice per rendere il tutto più realistico. Per lo stesso motivo lascia molta libertà agli attori in modo che si comportino nel modo più naturale possibile anche se loro non apprezzano questo metodo. La cinepresa viene talvolta usata in maniera giornalistica come se stesse trattando una notizia di cronaca e si può notare alle volte un’inquadratura lasciata “sporca” e fuori fuoco. Il risultato è quello voluto, realistico e genuino che aiuta la riflessione.

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1

1 – 0’ 40’’ L'elicottero con sopra la scritta "MASH" che trasporta i feriti all'inizio del film, è un Bell 47, andato in servizio fin dal 1945.

4 – 85' 25'' I due protagonisti al ritorno dal viaggio in Giappone dove hanno appena finito di ricattare il colonnello della base che li ha ospitati.

2 – 90’ 21’’ I protagonisti hanno appena accettato la sfida del colonnello di un altro campo a una partita di football americano. Ci si gioca 5000 dollari ma nessuno è così bravo da poter vincere. Si decide così di chiamare Catapulta, giocatore professionista.

5 – La locandina del film del 1970.

2

3 – 3' 32'' Alla fine dei titoli di testa appare la scritta "and then there was..... Korea". I produttori obbligarono Altman a inserire questa specie di didascalia per non avere problemi di censura.

3

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Corea o Vietnam? Scoppia prima la guerra in Corea e poi la guerra in Vietnam, entrambe estremamente contestate e messe in discussione dall’opinione pubblica poiché dettate da esigenze che non interessano il cittadino americano, come il voler contrastare a tutti i costi il comunismo. 1970: sono gli anni delle rivoluzioni sessantottine, gli anni degli hippies e del pacifismo. Altman sfrutta astutamente la più antica guerra di Corea per dire la sua sull’orribile guerra in Vietnam senza rischiare la censura. La Corea di M*A*S*H, infatti, non è veramente la Corea: «[...] Lo studio mi costrinse a mettere all’inizio la didascalia “E poi fu.. La Corea” [...] Però, per me, quello era il Vietnam [...] Tutti i riferimenti sono a Nixon e alla guerra del Vietnam» (Robert Altman). In questo modo il regista ha saggiamente sfruttato la mentalità stupidamente patriottica degli anni ‘50 per criticare l’atroce conflitto vietnamita senza preoccuparsi delle censure che sarebbero sicuramente arrivate se i riferimenti fossero stati diretti.

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LA GUERRA IN VIETNAM

Il conflitto, iniziato in realtà fin dalla metà degli anni cinquanta con il primo manifestarsi di un'attività terroristica e di guerriglia in opposizione al governo sudvietnamita, vide il diretto coinvolgimento degli Stati Uniti d'America che incrementarono progressivamente le loro forze militari in aiuto al governo del Vietnam del Sud, fino a impegnare un'enorme quantità di forze terrestri, aeree e navali dal 1965 al 1972, con un picco di 550.000 soldati nel 1969. Il governo USA non riuscì, nonostante questo spiegamento di forze, a conseguire la vittoria politico-militare, ma subì al contrario pesanti perdite, finendo per abbandonare nel 1973 il governo del Vietnam del Sud. In appoggio alle forze americane parteciparono al conflitto anche contingenti inviati dalla Corea del Sud, dalla Thailandia, dall'Australia, dalla Nuova Zelanda e dalle Filippine. Sull'altro versante intervenne direttamente in aiuto delle forze filo-comuniste dell'FLN (definite Viet Cong dalle autorità statunitensi e sudvietnamite) l'esercito regolare del Vietnam del Nord che infiltrò, a partire dal 1964, truppe sempre più numerose nel territorio del Vietnam del Sud, impegnandosi in duri combattimenti contro le forze statunitensi nel corso di offensive culminate nella campagna di Ho Chi Minh nel 1975. Anche lo stesso Vietnam del Nord venne ripetutamente colpito da pesanti e continui bombardamenti aerei statunitensi (dal 1964 al 1968 e ancora nel 1972) sferrati per indebolire le capacità militari nordvietnamite e per frantumare la volontà politica del governo di Hanoi di continuare la lotta insurrezionale al sud. La guerra ebbe termine il 30 aprile 1975 con la caduta di Saigon, il crollo del governo del Vietnam del Sud e la riunificazione politica di tutto il territorio vietnamita sotto la dirigenza comunista di Hanoi.



1


2


3


4


5


6


7


1 → CAPITANO "FALCO" PIERCE DONALD SUTHERLAND 2 → CAPITANO "RAZZO JOHN" MCINTYRE ELLIOTT GOULD 3 → CAPITANO "DUKE" FORREST TOMM SKERRITT 4 → MAGGIORE "BOLLORE" O'HOULIHAN SALLY KELLERMAN 5 → MAGGIORE FRANK BURNS ROBERT DUVALL 6 → TENENTE COLONNELLO HENRY BLAKE ROGER BOWEN 7 → CAPITANO "CASSIODORO" WALDOWSKI JOHN SCHUCK

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Il dittatore dello stato libero di Bananas

Regia Woody Allen

Sceneggiatura

Soggetto

Woody Allen Mickey Rose

Woody Allen Mickey Rose

Produzione

Anno

Cast

Jack Grossberg

1971

Woody Allen Louise Lasser Carlos Montabán Natividad Abascal Jacobo Morales Miguel Suarez Sylvester Stallone

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→ Fielding Mellish → Nancy → Generale Emilio Vargas → Yolanda → Castrado → Luis → Bullo

BANANAS / Woody Allen


Il film

Il film si apre con l'uccisione del dittatore di Bananas a favore del generale Emilio M. Vargas (1). Un giornalista americano riesce a sfruttare gli ultimi secondi di vita dell'ex dittatore per fargli un ultima intervista, dopodiché va a intervistare il suo successore. Fielding Mellish (Woody Allen) è un collaudatore industriale piuttosto solo e impacciato; non avendo nessuno con cui uscire, passa le serate sfogliando riviste pornografiche. Una sera conosce Nancy (2), un'attivista sociale che citofona a casa sua per fargli firmare la richiesta da presentare al governo perché gli Stati Uniti chiudano i rapporti diplomatici con Bananas. Lui si innamora e per un po' di tempo si frequentano finché lei non lo lascia poiché sente che gli manca qualcosa. Mellish, dopo essere stato scaricato, decide per disperazione di visitare lo Stato di Bananas poiché proprio lì sarebbe dovuto andare assieme alla donna. Una volta giunto sul posto viene invitato a cena dal dittatore locale che è salito al potere nell'apertura del film, il quale, però, segretamente ne ordina l'uccisione. Scappato miracolosamente al tentativo di omicidio e salvato dai rivoluzionari, si trova in debito nei loro confronti e entra a far parte delle loro file.

mezz'ora. I ribelli sono quindi alla ricerca di un nuovo leader e dopo averci ragionato per un po' di tempo, nominano Mellish presidente. Tornato negli Stati Uniti travestito per ottenere aiuto finanziario per il paese sudamericano, Mellish incontra la sua ex-fidanzata, con cui trascorre una notte di passione, prima di venire scoperto e arrestato. In tribunale Mellish cerca di difendersi da una serie di accuse di truffa e attività sovversive. Giudice e giuria si accaniscono contro di lui scrivendo anche delle falsità. Viene quindi riconosciuto colpevole e condannato, ma la sentenza viene sospesa dal giudice a condizione che non si trasferisca mai nelle sue vicinanze. Nancy accetta infine la proposta di matrimonio di Fielding Mellish, e la loro prima notte di nozze viene trasmessa in tv con tanto di telecronaca in diretta del giornalista sportivo Howard Cosell.

Totalmente incompetente nel suo incarico di guerrigliero, Mellish non può tornare negli Stati Uniti poiché ufficialmente deceduto. Dopo mesi di addestramento, i sovversivi riescono a fare la rivoluzione ma il nuovo capo, dittatore simil castrista, va giù di testa. Inizia infatti a emanare nuove leggi senza senso come la nuova lingua ufficiale che è lo svedese o il fatto che sia obbligatorio tenere la biancheria sopra i pantaloni e cambiarsela ogni

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Note 1 – Il dittatore di Bananas, il generale Emilio M. Vargas, è interpretato dall'attore messicano Carlos Montalbán (1903 - 1991). 2 – Nancy è Louise Lasser (1939), seconda moglie di Woody Allen. È nota soprattutto per essere stata la protagonista nella parodia di una soap opera Mary Hartman, Mary Hartman.

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Note 1 – Prendi i soldi e scappa (Take the money and run) è il secondo film di Woody Allen come regista e sceneggiatore, del 1969. 2 – Saperla lunga (Milano - Bompiani, 1973), nella versione originale Getting even (New York Random House, 1971) è una raccolta di storielle umoristiche di Allen pubblicate sul The New Yorker tra il 1966 e il 1971.

Mentre il nuovo presidente fa il discorso di insediamento, ci si rende conto che il potere gli ha dato alla testa.

3 – Provaci ancora Sam (Play it again, Sam) è un film del 1972 diretto da Herbert Ross, tratto dall'omonima opera teatrale di Woody Allen e da quest'ultimo interpretato. Proprio alle audizioni per questo spettacolo Allen conosce Diane Keaton.

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I primi Allen Il film risulta sconnesso ma divertente, pieno di trovate e gag molto nuove e brillanti per l'epoca oltre che di riferimenti cinematografici (anche qua troviamo La corazzata Potemkin e Tempi moderni). Probabilmente accusa molto più rispetto ad altri film il peso del tempo. Scritto assieme a Mickey Rose, co-sceneggiatore anche di Prendi i soldi e scappa (1), col quale era molto amico sin dai diciotto anni, questo film è ancora per un certo periodo rilegato agli Stati Uniti. Umberto Eco nel 1973, per la prefazione di Saperla lunga (2) ricorda: «C’è stato un tempo che a conoscere Woody Allen si era in pochi. Una ristretta élite che aveva visto Take the money and run negli Stati Uniti, e che mentre si lamentava perché i distributori italiani lo avevano escluso dai nostri circuiti, segretamente godeva nel sapersi depositaria di tante delizie. E poi anche Bananas era passato sugli schermi italiani come una meteora, e lo si rintracciava in quelle sale specializzate ormai nella riesumazione dei vecchi Totò per un pubblico di logici matematici, militanti del Movimento Studentesco, urbanisti, qualche antropologo. [...] In questo clima di umbratile congiura venne la scoperta di questo libro – e la decisione di pubblicarlo, ovviamente. Ma come si poteva presentare al pubblico italiano la prima prova letteraria di un attore che nessuno aveva mai visto? Se ne parò a lungo, sinché si venne alla conclusione che Getting Even, liberamente adattato come Saperla lunga, era un libro delizioso, divertente, piacevole per chiunque lo avesse letto, indipendentemente dal fatto che conoscesse Woody Allen attore. [...] Invece, per una fortunata coincidenza, mentre la traduzione veniva ultimata e il libro andava in bozze, è esploso anche da noi il successo dei film di Woody Allen. Mentre scrivo il pubblico delle prime visioni affolla le proiezioni di Provaci ancora, Sam (3), i distributori hanno finalmente messo in circuito Prendi i soldi e scappa e Il dittatore dello stato libero di Bananas sta riapparendo tra le seconde e terze visioni. L’idea che Allen sia un grande comico è ormai opinione comune. Si discute solo se sia grande tanto quanto, più grande o meno grande di altri grandi comici del passato, ma è in quell’ordine di grandezze che si fanno i paragoni.» Nella piccola parte del teppista che Mellish si ritrova ad affrontare in metropolitana all'inizio del film, si può notare un giovanissimo Sylvester Stallone al suo esordio nel mondo cinematografico (appena il suo quarto film come attore).

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L'America nel mondo All'inizio della pellicola si può notare un elemento ironico degno di nota riguardo l'influenza che hanno gli Stati Uniti negli altri paesi, in primis l'America latina. Dopo l'assassinio dell'attuale dittatore di Bananas, un signore si fa strada tra la gente dicendo di essere un giornalista americano. Con questo gesto si può intuire l'intento di Allen di sottolineare lo smisurato potere che ha la televisione. Un mezzo così potente e radicato nella vita dell'americano medio porta all'appiattimento del pensiero e di conseguenza crea stabilità. Questa influenza viene amplificata dallo spettacolarità che bilancia un sistema solido e caratterizzato dal benessere. Questo messaggio viene confermato alla fine del film quando lo stesso giornalista fa la telecronaca alla prima notte di nozze tra Fielding e Nancy. Allen distrugge così il comune pensiero che collegava tv e progresso o media e informazione. Trattando lateralmente l'argomento della televisione, il regista riesce a criticare la decadenza della cultura statunitense senza togliere spazio ai regimi dei paesi latino americani.

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Il nuovo dittatore si fa intervistare da un famoso giornalista americano


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1 – 56’ 42’’ Il popolo acclama entusiasta il nuovo capo di Stato poco prima che egli cominci a dare di matto. 2 – 3' 31'' Il giornalista americano, dopo aver intervistato da terra il dittatore di Bananas appena sparato, va a intervistare il nuovo dittatore.

4 – 56’ 26’’ Preso il potere di Bananas, ora bisogna giustiziare tutti i vecchi funzionari di Stato. Mellish, che si occupa di mettere la bandana ai malcapitati, rimane incastrato assieme a un condannato e rischia di essere fucilato.

3 – 37’ 25’’ Mellish, a cena col nuovo dittatore, è un po' teso, tantè che darà un morso a un bicchiere di vetro.

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19’ 10’’

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21’ 02’’

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Ritmo e trovate In questo film Allen comincia a delineare un suo personale stile come regista e questo si vede nella sicurezza con cui lavora. Il ritmo è molto veloce seguendo la regola "una scena comica non è mai abbastanza veloce". In generale, anche l'odierna produzione di Allen si basa sulla velocità degli avvenimenti in modo da bilanciare la pesantezza dei contenuti. Si può notare come film importantissimi quali Zelig (1) durino solo un'ora e un quarto. Quello che vuole fare Allen in questo film è soprattutto far ridere, non ci sono scene dove qualcuno muore drammaticamente o perde del sangue «Sangue! Dovrebbe essere dentro» (Fielding Mellish in una scena del film). La dinamicità del film ricorda quasi un cartone animato: grandi buchi nel susseguirsi delle vicende e grandi balzi tra le scene. Nel '71 il personaggio di Allen non è ancora ben delineato, mancano ad esempio tutte le nevrosi psicoanalitiche (anche se il protagonista va dalla psicologa), ma riesce a creare moltissime gag inedite una dopo l'altra. Il musicista che suona l'arpa dentro all'armadio di Fielding in hotel e l'orchestra che suona senza gli strumenti ne sono degli esempi. Un elemento nuovo che diventerà anche questo tipico del regista è l'umorismo nonsense come la scena in cui Lucy spiega a Fielding i motivi per cui lo vuole lasciare oppure le strane regole che impone il nuovo dittatore di Bananas come i sedicenni che da quel giorno in poi avranno effettivamente sedici anni. Un'altra trovata interessante è l'incontro amoroso con la guerrigliera, con in sottofondo la marcia trionfale. Ma una delle migliori è sicuramente quella del sogno: un gruppo di frati trasporta Fielding crocefisso cercando un posto dove parcheggiarlo. Appena scorgono un parcheggio libero, un altro gruppo di monaci trainanti un'altra persona, ruba loro il posto. I due gruppi posano quindi le due croci per terra e cominciano a picchiarsi. Alla fine del film Allen fa una sua prima citazione al tanto amato mondo scandinavo: «Gli scandinavi sembrano avere un senso istintivo della condizione umana» e poco dopo il nuovo dittatore proclama lo svedese come nuova lingua ufficiale della repubblica di Bananas.

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La trovata dell'orchestra che "suona" senza gli strumenti è dovuta all'effettiva mancanza di strumenti sul set. Note 1 – Zelig (1983) è uno dei più importanti film scritti, diretti e interpretati da Woody Allen. Il regista usa la tecnica del finto documentario per trattare il tema delle maschere pirandelliane.

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1 – 20’ 41’’ Prima notte di passione tra Mellish e Nancy. Lui è irrequieto e impaziente, quindi molto agitato. Per rinfrescarsi, mentre lei è in bagno, si svuota addosso un intero barattolo di talco. 2 – 22’ 26’’ Mellish fa dei sogni alquanto strani: questo è una specie di rito nel quale delle persone incappuccate trasportano una croce con lui appeso per parcheggiarlo come fosse un'automobile. Il posto scelto viene rubato da un'altra persona crocefissa e quindi i due gruppi di monaci cominciano a picchiarsi.

3 – 25' 32'' Nancy sta dicendo a Mellish che lo lascia poiché sente che manca qualcosa alla relazione. Il discorso si fa poi parecchio arzigogolato.

5 – 33' 44'' Presentatosi all'appuntamento per cena col dittatore di Bananas, Mellish porta dei cioccolatini che però non vengono graditi.

4 – 27' 37'' Mellish avvisa i suoi genitori che parte per il Bananas. Loro sono chirurghi e il padre insiste perché il figlio finisca quell'operazione (col paziente sveglio).

6 – La locandina del film del 1971.

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UN REGIME MILITARE IN SUDAMERICA

Nel 1964 in Brasile il governo di João Goulart fu segnato da una alta inflazione, stagnazione economica, da una temibile opposizione delle forze armate forti dell'organizzazione e delle sovvenzioni dell'Operazione Condor, il piano concordato negli anni settanta tra le dittature latinoamericane e gli Stati Uniti d'America per reprimere le riforme progressiste del continente. Il 31 marzo del 1964 le Forze Armate realizzano un golpe, destituendo João Goulart. I leader del golpe, tra cui i governatori degli stati di Rio de Janeiro Carlos Lacerda, di Minas Gerais Magalhães Pinto e di San Paolo Adhemar de Barros, scelsero come presidente il generale Humberto de Alencar Castelo Branco, seguito dal generale Artur da Costa e Silva (1967-1969), dal generale Emílio Garrastazu Médici (1968-1974), il generale Ernesto Geisel (1974-1979) e dal generale João Baptista de Oliveira Figueiredo (1979-1984). Tra le caratteristiche che assunsero i governi seguenti al golpe militare, chiamato anche contro-rivoluzione, risaltano l'eliminazione di molti diritti costituzionali, la soppressione fisica delle persone e delle istituzioni legate al presunto tentativo di golpe comunista, e una forte censura alla stampa, dopo la pubblicazione del decreto AI-5. Nel 1965 tutti i partiti politici allora esistenti furono sciolti ed ebbe inizio l'intensificazione della repressione politica dei comunisti. Soltanto due partiti furono ammessi: l'Aliança Renovadora Nacional (ARENA), e il Movimento Democrático Brasileiro (MDB), che servirono da rifugio per tutta la sinistra e l'estrema sinistra politica. In piccoli municipi però la divisione tra i due partiti non era ideologica, ma basata sulle divisioni delle oligarchie locali. Nel 1967 fu emanata dal Congresso la sesta Costituzione brasiliana, istituzionalizzando il golpe/Rivoluzione/Contro-rivoluzione, e stabilendo elezioni indirette per il Presidente, realizzate da un Collegio elettorale eletto direttamente.


Jo達o Goulart


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1 → FIELDING MELLISH WOODY ALLEN 2 → NANCY LOUISE LASSER 3 → GENERALE EMILIO VARGAS CARLOS MONTABÁN 4 → CASTRADO JACOBO MORALES 5 → BULLO SYLVESTER STALLONE

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Andrea Guccini / RIDERE BELLUM


Amore e guerra

Regia Woody Allen

Sceneggiatura

Soggetto

Woody Allen

Woody Allen

Produzione United Artists

Anno

Cast

1975

Woody Allen Diane Keaton Jessica Harper Harold Gould James Tokan Olga Georges-Picot Henry Czarniak

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AMORE E GUERRA / Woody Allen

→ Boris Grushenko → Sonja → Natasha → Anton Inbedkov → Napoleone → Aleksandrovna → Ivan Grushenko


Il film

Tutto il film, ambientato nella Russia del diciannovesimo secolo, è raccontato dalla voce fuori campo di Boris (1) che sta per essere giustiziato ingiustamente e racconta tutta la sua vita. Bambino fuori dal comune (2), sin da giovane si fa numerose domande sul senso della vita, sulla morte e non trova sollievo neanche quando chiede aiuto a Padre Nicolaj. Crescendo nasce un amore non ricambiato per la cugina Sonja (3) la quale, dopo essere stata rifiutata dal fratello di Boris di cui era innamorata, sposerà un vecchio mercante di aringhe per ripicca. Con lei, Boris, riesce a fare interessanti conversazioni sull’esistenza di un Dio e sulla vita pur non trovandosi mai d’accordo. Arriva un giorno la notizia dell’avanzata francese (4) e, mentre tutti gli uomini accolgono con entusiasmo la partenza per difendere la “Grande Madre Russia”, Boris farebbe di tutto per non andare. I suoi numerosi tentativi di diserzione gli costano il ripudio da parte dei suoi concittadini e dei suoi parenti. Una volta arruolato si dimostra un soldato totalmente incapace, ciononostante diventerà un eroe distruggendo una tenda piena di ufficiali nemici finendoci sopra, dopo essere stato sparato da un cannone in cui si era nascosto. Nel frattempo Sonja, totalmente demoralizzata dalla deprimente vita matrimoniale, intrattiene relazioni con una lunga serie di amanti. Quando arriverà la notizia che Ivan, il fratello di Boris (5), è morto in guerra, la moglie di quest’ultimo incontrerà Sonja per consegnarle una serie di effetti personali inscenando un breve siparietto alquanto farsesco.

di Sonja. Contro ogni aspettativa, questo matrimonio si dimostra felice per anni, finché Boris cadrà in depressione provando a suicidarsi più volte, finché a Sonja, colpita da un “attacco di patriottismo”, verrà in mente di organizzare l’assassinio di Napoleone. Boris non riesce ad accettare l’idea di uccidere un altro essere umano riempedosi di domande sulla moralità dei gesti. Nonostante ciò verrà convinto dalla moglie almeno a partire per la missione. I due riescono a infiltrarsi nel palazzo dell’Imperatore rubando l’identità a due nobili spagnoli e, seguendo l’elaborato piano, riescono anche a ritrovarsi faccia a faccia con Napoleone pronti ad ucciderlo. Nessuno dei due ci riuscirà poiché paralizzato dal senso di colpa; tuttavia si scoprirà un altro attentatore rimasto nascosto tutto il tempo che riuscirà a sparare al tiranno. Nonostante ciò, non solo la persona uccisa era una controfigura, ma verrà comunque arrestato solo Boris nonostante il crimine mai commesso. Egli verrà ingiustamente condannato a morte ma, una volta in cella, riceverà una visita da un angelo che gli anticiperà la sua grazia da parte dell’imperatore all’ultimo secondo. Boris, ora tranquillo, si presenta il giorno dopo dinnanzi al plotone d’esecuzione venendo però inesorabilmente fucilato. Prima di andarsene per sempre ballando assieme alla Morte, saluterà un’ultima volta Sonja facendole un discorso sul dualismo tra mente e corpo: «La mente abbraccia tutte le più nobili aspirazioni come poesia, filosofia.. Ma chi si diverte è il corpo» (Boris Grushenko).

Boris, tornato dalla battaglia, conosce la bellissima contessa Alexandrovna (6) con la quale ha un breve rapporto passionale; quando Anton Inbedkov (7), il compagno dell’affascinante donna, li scoprirà, sfiderà Boris a duello. Quest’ultimo chiederà a Sonja (nel frattempo rimasta vedova) di sposarlo nel caso riuscisse a sopravvivere e lei, date le bassissime possibilità, accetta la proposta di matrimonio. Il giorno del duello Inbedkov sbaglierà mira e i cugini si sposeranno con la totale incredulità

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Note 1 – Boris Grushenko è Woody Allen (1935).

5 – Ivan Grushenko è interpretato da Henry Czarniak, un attore francese classe 1937.

2 – Alfred Lutter (1962) interpreta Boris da bambino. 3 – Sonja è Diane Keaton (1946), una delle due storiche muse ispiratrici di Woody Allen (l'altra Mia Farrow). Oltre che per i numerosi film che ha interpretato assieme al regista newyorchese, è famosa anche per essere stata Kay Adams nella trilogia de Il padrino di Francis Ford Coppola.

6 – Olga Georges-Picot (1940 - 1997), che interpreta la bellissima contessa Alexandrovna, è stata un'attrice francese. 7 – Anton Inbedkov è interpretato dallo statunitense Harold Gould, nome d'arte di Harold Goldstein (1923 - 2010).

4 – Si tratta della famosa "campagna di Russia", ovvero l'invasione francese della Russia nel 1812, terminata con una disastrosa sconfitta francese. La campagna segnò un punto di svolta della carriera di Napoleone. In Russia l'invasione francese è nota come guerra patriottica, termine che evidenzia il carattere resistente e popolare russo contro lo straniero che assunse la lotta. Questa è stata una grande ispirazione anche nella letteratura per romanzi come Guerra e pace di Lev Tolstoj.

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Le riprese e il titolo Amore e guerra viene ricordato da Allen, oltre che come il suo preferito tra i primi film che ha girato, anche come uno dei più faticosi. Considerando il fatto che il regista è fin troppo affezionato alla sua amata New York e gli dispiace sempre distaccarsene, già il fatto di dover stare per venti settimane dall’altra parte del mondo, gli ha probabilmente creato i primi disagi. Il film è infatti girato interamente tra Francia e Ungheria (il paese dei suoi nonni) e, di conseguenza, l’equipe è quasi totalmente straniera come, ad esempio, il direttore della fotografia francese (1). Piuttosto teso durante tutto il periodo delle riprese, tra una scena e l’altra Allen si chiude nella sua roulotte per rilassarsi a suon di jazz assieme al suo amato clarinetto. Alla fine riesce a concludere il film senza grandi problemi e stando attento ad ogni forma di spreco nel budget, senza però rinunciare alle scene di massa (2). All’uscita del film, la critica è assolutamente entusiasta definendo la pellicola un autentico capolavoro. Il film affronta il tema della morte e dell’uccisione chiamando in causa la guerra e come ambientazione sceglie la Russia del XIX secolo, all’alba dell’invasione della Francia di Napoleone. Nonostante ciò, il conflitto non è il tema principale del film, è bensì una giustificazione per fare dei complessi ragionamenti sul senso della vita, sulla morale, sulla fede, sulla morte e sull’uccidere un altro essere umano. Il titolo inizialmente sarebbe dovuto essere Love, food and death, oppure Love, death and food in modo da sottolineare l’importanza che il regista dà al cibo all’interno della vita, o meglio nel duello tra l’amore (vita) e la morte: «Per me la natura è, sai, non lo so.. I ragni, le cimici.. E.. Il pesce grosso che mangia il piccolo e le piante che mangiano altre piante, animali che mangiano.. È un enorme ristorante, così la vedo!» (Woody Allen - Boris Grusenko). Divenuto poi Love and death, il titolo subì diverse censure in paesi come Italia e Francia nei quali venne tolta la parola “morte”, poiché considerata ancora un tabù, e sostituita con “guerra”. Allen aveva già deciso di voler dare una svolta definitiva al suo modo di fare cinema e si chiedeva, molto preoccupato, come avrebbe reagito il pubblico e la critica. Era arrivato il momento di prendere quell’eccellente comicità che lo contraddistingueva e per la quale tutti lo conoscevano, e portarla ad un livello superiore e assolutamente definitivo: quello dell’umorismo filosofico. L’elemento che in questo film va a snodare tutti gli intrecci tra filosofia e trama, è quello della riflessione dialettica che va a provocare il famoso sentimento del contrario pirandelliano (3).

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Note 1 – Il direttore della fotografia è il naturalizzato francese (nato belga) Ghislain Cloquet (1924 - 1981). 2 – Ispirandosi alle produzioni di Dino De Laurentiis come, ad esempio, La grande guerra (1959)

Napoleone.

3 – Pirandello ne parla nel suo saggio L'umorismo del 1908.

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Un nuovo linguaggio Amore e guerra rappresenta un punto di svolta non solo per Woody Allen, bensì per l’intero mondo del cinema. Con questa pellicola il regista dà vita a un’innovazione di scala mondiale in termini di linguaggio cinematografico creando una nuova tipologia di commedia che lo contraddistinguerà da qua in poi. Si tratta di una sorta di opera filosofico-intellettuale post-freudiana. Dietro ai drammi esistenziali, pesanti e trattati analiticamente, c’è infatti un’impareggiabile conoscenza della storia del cinema, della letteratura e della filosofia da parte del regista. Questo è assolutamente necessario per poter operare in questa sorta di nuovo genere cinematografico poiché l’autore deve riuscire a prendere la sua enorme cultura e adattarla intelligentemente ad ogni situazione a proprio piacimento e in modo originale. Senza paura di annoiare il pubblico, Allen va a richiamare una quantità di opere alquanto impegnativa utilizzando la tecnica della citazione, non semplicemente come appiglio esterno o come parodia ma neanche per esibizionismo o desiderio di educare il pubblico. Il regista fa infatti grande uso di questi grandi capolavori, facendone una sorta di caricatura, più come forma di terapia, come fosse un rimedio, una medicina contro una totalmente pessimistica visione del mondo. Il tutto riesce a farlo senza alterare il senso profondo di ciò che chiama in causa. Con questi elementi, che vanno a capovolgere lo humor di tipo classico, Allen crea un perfetto esempio di umorismo pirandelliano, trattando temi angoscianti come la morte. La bravura del regista sta infatti anche nel riuscire a non cadere nella facile trappola comica, quindi il riso che provocano questi tipi di gag non va mai a nascondere la drammaticità della condizione dell’essere umano. Nonostante il richiamo al passato, il regista dimostra di conoscere tutto ciò che serve per comunicare in perfetta lucidità col pubblico del suo tempo. Ad esempio, l’inquadratura di Sonja e Natasha sovrapposte una frontale e l’altra di profilo, chiara citazione a Ingmar Bergman (1), più che un semplice rimando a Persona, è una dimostrazione di come il regista vada a trattare temi odierni, come il dualismo matrimonio-divorzio di cui stanno parlando le due donne. Anche in altri film di Allen possiamo trovare diversi riferimenti a Bergman ma, per quanto riguarda Amore e guerra, questi sono più che semplici citazioni. Il regista scandinavo e la sua opera Il settimo sigillo, appaiono in questo film anche nei ripetuti incontri e discussioni che fa il protagonista assieme alla morte e nella lunga, decisa ed esauriente scena finale nella quale Boris si allontana danzando assieme a questa figura con in sovrimpressione la significativa

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scritta “the end”. Altre opere citate sono ad esempio il capolavoro letterario scritto da Lev Tolstoj (2) tra il 1865 e il 1869, Guerra e pace, dal quale Amore e guerra trae ispirazione sia nella trama che nell’ambientazione. La stessa colonna sonora può essere considerata una citazione essendo quasi interamente tratta dall’opera di Sergej Prokof’ev (3), compositore russo che, durante la sua carriera, collaborò più volte con Sergej Ėjzenštejn (4). Quest’ultimo verrà più volte citato nel film in scene che vanno a riprendere, ad esempio, la sequenza dei tre leoni di Pietroburgo, pietra miliare e perfetto esempio di montaggio sovietico del cinema russo d’avanguardia. Questa scena de La corazzata Potëmkin (1925) sfrutta tre rapide inquadrature rappresentanti la prima un leone dormiente che simboleggia il popolo che sopporta in silenzio passivamente, la seconda un leone che si risveglia, simboleggiante il popolo che si rende conto di cosa accade e vuole reagire e la terza un leone rabbioso che simboleggia la ribellione del popolo. Allen inserisce questi tre leoni nella stessa maniera di Ėjzenštejn ma all’interno di un rapporto sessuale e modificandone l’ordine (eretto, combattivo e dormiente). Quando il padre di Boris va a trovare il figlio in carcere, c’è un dialogo tra i due intriso di citazioni inserite praticamente in ogni frase. In uno scambio di una dozzina di battute, infatti, Allen va a citare ben nove libri di Dostoevskij (5): Delitto e castigo (1866), I fratelli Karamazov (1879), Una brutta storia (1966), I demoni (1873), L’adolescente (1875 - nella versione italiana sarà sostituito da Guerra e pace di Tolstoj), L’idiota (1869), Umiliati e offesi (1861), Il giocatore (1866) e Il sosia (1846). Le citazioni sia letterarie sia filmiche presenti nel film sono davvero numerose e la cosa interessante è anche trovare quelle più nascoste. La già usata meccanica dei dualismi, ricorrente anche nei suoi film precedenti, si fa presente in questa pellicola spesso tramite un processo di riflessione dialettica. Infatti, anche attraverso tecniche come quella dei monologhi davanti alla macchina da presa (camera look) ispirati probabilmente a Passione (Ingmar Bergman, 1969), viene sottolineata ogni riflessione del protagonista. Altro elemento caratteristico della pellicola e forse meno interessante è quella porzione di linguaggio verbale caratterizzato più volte da un umorismo nonsense. Vengono usate delle parole omonime per creare dei giochi di doppi sensi di discutibile gusto. Il riferimento è, ad esempio, alle “lettere d’amore” che diventano vere e proprie lettere dell’alfabeto di carta, la terra che lascia il padre di Boris al figlio che è una piccola zolla e i secondi del duello tra Boris e Anton che diventano terzi e quarti.

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Si può dire che tutti questi strumenti e tecniche (citazione, parodia, nonsense ecc.) diventano ora dei mezzi tramite i quali il regista crea un discorso narrativo più ampio e complesso sul senso della vita e sulla morte. Robert Benayoun dirà «il suo atteggiamento di accettazione gli permette di rovesciare l’equilibrio del mondo che lo opprime». Con questa operazione si è andata a creare la figura del tipico personaggio alleniano il quale, rassegnandosi alla morte - senza mai adattarsi all’idea - e innamorandosi, trova una sorta di equilibrio nella vita. Egli non vuole diventare un vecchio saggio che dispensa regole di vita, anzi, il suo punto di forza sta proprio nel rimanere una persona qualunque, piena di insicurezze e destinata a morire come tutti noi. Come sempre il personaggio è autobiografico: è piccolo, brutto, debole ed è a tutti gli effetti un antieroe pieno di nevrosi e ossessioni con grandi difficoltà nel gestire un rapporto affettivo o nello stare bene con sé stesso.

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Una delle tante citazioni a Ingmar Bergman (Persona). Note 1 – Ingmar Bergman (1918 - 2007) è stato un regista, sceneggiatore, drammaturgo, scrittore produttore cinematografico svedese. Uno dei più grandi punti di riferimento di Woody Allen, è considerato uno dei personaggi più importanti per la storia del cinema mondiale. Tra i suoi film più importanti, Il settimo sigillo (1957), Il posto delle fragole (1957), Persona (1966) e Passione (1969). 2 – Lev Nikolàevič Tolstòj (1828 - 1910), altro grande mito di Allen, è stato uno scrittore, filosofo, educatore e attivista sociale russo. Tra i suoi libri più famosi, ricordiamo Guerra e pace (1865 - 1869) e Anna Karenina (1877), opere molto attente all'introspezione dei singoli personaggi e alla riflessione morale.

4 – Sergej Michajlovič Ėjzenštejn (1898 - 1948) è stato un regista, sceneggiatore, montatore, scrittore, produttore cinematografico e scenografo sovietico, ritenuto tra i più influenti della storia del cinema per via dei suoi lavori, rivoluzionari per l'uso innovativo del montaggio e la composizione formale dell'immagine. Più volte è stato citato da Allen all'interno dei suoi film. 5 – Fëdor Michajlovič Dostoevskij (1821 - 1881) è stato uno scrittore e filosofo russo. Ennesimo idolo di Allen, è considerato, assieme a Lev Tolstoj, uno dei più grandi romanzieri e pensatori russi di tutti i tempi.

3 – Sergej Prokof'ev (1891 - 1953) è stato un pianista e compositore russo. Collaborò con Sergej Ėjzenštejn per le colonne sonore di Aleksandr Nevskij (1938) e Ivan il Terribile (1944).

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1 – 41’ 00'' - 41' 03'' Mentre Boris finalmente riesce ad andare a letto con la sua amata Sonja, l'atto sessuale è rappresentato riutilizzando la figura metaforica dei leoni di Ėjzenštejn. 2 – 69' 13'' - 27' 42'' Due esempi di camera look, tecnica molto usata in questo film (e anche in altri di Allen) per le numerose riflessioni del protagonista.

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Amore – Morte Dopo Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso* (*ma non avete mai osato chiedere) che è freudiano e Il dormiglione che è futurista, con Amore e guerra, entra in gioco il dualismo eros-thanatos applicato ai rapporti individuo-società, individuo-sé stesso e individuo-individuo del sesso opposto. Infatti lo stile alleniano sfrutta frequentemente questa intelligente ed efficace dinamica come scheletro per costruirci attorno dei ragionamenti. I più presenti sono codardia-eroismo, matrimonio-sessualità e mente-corpo. Quanto è ovvio dire che gli opposti si attraggono, tanto è vero dire che questi due termini (amore e morte) non possono vivere distaccati poiché complementari: in codice filosofico quindi più una visione di polarità che di dualismo. Per trovare la verità assoluta - pur sapendo che non esiste - in una ricerca ossessiva, è quindi necessario indagare su un tema e sul polo ed esso divergente. In questo modo Allen struttura non solo la maggior parte dei suoi film, ma anche la sua metodologia di argomentazione e ragionamento. Proprio da questa sorta di schema derivano i suoi film successivi come Io e Annie (1977) nel quale Alvy Singer, il protagonista-regista, espone la sua alquanto drammatica teoria sull’orribile-miserrimo oppure Manhattan (1979) dove si ritrovano le relazioni individuo-individuio del sesso opposto. In questo film, amore e morte vengono riconosciuti come complementari alternando amore sentimentale (sfuggente), amore fisico (eroico) e ricerca della fine (onnipresente). Nonostante sia sempre evidente una forte influenza psicoanalitica nei film di Allen, in questo prevale un’influenza più di matrice filosofica. Detto ciò, credo sia da segnalare un parallelismo con gli studi di Sabina Spielrein del primo decennio del ‘900. Prima paziente, poi amante, infine collega di Carl Gustav Jung, si contrappone alle teorie di Sigmund Freud che presentano le pulsioni sessuali come originate da un semplice stimolo verso il piacere e la loro repulsione come risposta-adattamento alla società. La Spielrein si concentra sulle motivazioni interiori mirate all’efficace repressione di queste pulsioni da parte di noi stessi e arriva a intendere la sessualità come fusione di due persone, ovvero come perdita di sé stessi nell’altro distruggendo la propria individualità. A questo punto, logicamente, interverrebbe l’ego che, come meccanismo di autodifesa, andrebbe a contrastare queste pulsioni. In poche parole scopre-teorizza che la vera sessualità pretende l’autodistruzione e che, di conseguenza, la reazione dell’ego ha motivazioni proprie e non sociali. Sostanzialmente l’opposto di quello che sostiene Freud. Quest’ultimo, interessandosi a questa intuizione, la cita nel suo libro Al di là del principio di piacere (1920) nel quale si avvicinava a questa teoria: «Buona parte di questi concetti è stata anticipata da Sabina Spielrein (1912) in un suo erudito e interessante lavoro, ma che, disgraziatamente, mi appare poco chiaro. Ella definisce

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l’elemento sadico della pulsione sessuale come “distruttivo”». Da qui lo stretto legame polare tra amore e morte. A parte questa piccola parentesi psicologica, la filosofia con la quale si ragiona all’interno del film viene mischiata alla teologia grazie all’inserimento di diverse riflessioni di carattere religioso. Proprio qui interviene Diane Keaton (Sonja) la quale abbandona la sua figura di spalla comica di Woody Allen per diventare suo alter ego maturando quindi artisticamente. Mentre Boris è ovviamente ateo, razionalista e, di conseguenza, pessimista, Sonja va a compensare la sua ereticità in quanto estremamente religiosa e positivista. Ovviamente questa personalità fa si che la sua figura appaia ingenua e bigotta. Uno dei primi dialoghi del film, nonché uno dei più significativi e “divertenti”, è quello tra Boris e Sonja che riprende gli scritti dei filosofi russi Georges Gurdjieff e Pëtr Demianovič Uspenskij: B S B S B S B S B S B S B

Sonja, e se Dio non esistesse? Boris Dimitrovich, stai scherzando? E se fossimo solo un branco di gente assurda che corre intorno senza nesso o ragione? Ma se non esistesse Dio, la vita non avrebbe nessun significato. Perché dovremmo continuare a vivere? Perché allora non suicidarsi? Beh non facciamo gli isterici, potrei sbagliare. Io oggi mi uccido e domani lui concede un’intervista Boris, ti dimostro com’è assurda la tua posizione: d’accordo, diciamo che Dio non c’è e ogni uomo è libero di fare tutto quello che vuole. Beh, allora chi ti impedisce di ammazzare qualcuno? L’omicidio è immorale L’immoralità è soggettiva Si ma la soggettività è oggettiva Non negli schemi percettivi razionali La percezione è irrazionale, implica imminenza Ma il giudizio di ogni sistema o relazione prioritaria dei fenomeni esiste in ogni contraddizione razionale o metafisica o almeno epistemologica per concetti astratti ed empirici come esistere o essere o accadere nella cosa stessa o della cosa stessa» Si, questo è vero, anche io lo dico sempre.

(Conversazione tra Boris e Sonja) In questo dialogo troviamo un primo accenno alla moralità, altro concetto centrale dell’opera di Allen, presente in diversi altri film come Crimini

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e misfatti (1989) e Match Point (2005). Secondo Boris-Allen l’universo è senza Dio quindi l’unica cosa che può punirci è l’etica che noi stessi abbiamo la possibilità di costruirci. Perché il protagonista non riesce a compiere il gesto di uccidere sia durante la guerra, sia durante il duello, che davanti a Napoleone? Boris, l’antieroe, rifiutandosi di compiere queste azioni, assume la figura del codardo o, come dice lui stesso, un “codardo militante”. Quando né lui né Sonja riescono a uccidere Napoleone, la situazione è perfetta per un altro dialogo filosofico che questa volta cita Tommaso d’Aquino: B S B S B S B S B S B S B

Ma non posso ucciderlo, è un essere umano, macchierà tutto il tappeto! Dammi la pistola! Ecco, lo vedi? Non è tanto facile! Ma perché, perché non posso farlo? Perché è moralmente ingiusto! Ah si? Perché moralmente ingiusto? Eh si, perché comporta un imperativo morale. Beh ma dov’è l’imperativo morale? Vedi, uccidendo Napoleone, in effetti uccidi te stessa perché noi siamo coinvolti in una sorta di-di assoluto totale Oh dai, non c’è un totale assoluto, sei di nuovo panteistico come al solito. Come panteistico? Come panteistico? Siamo tutti universalmente parte di un’unità gigantesca. Vedi, c’è una questione etica qui. Oh via Boris non mi citerai ancora Tommaso d’Aquino? Certamente, diceva: “Mai uccidere un uomo se questo comporta togliergli la vita”

(Conversazione tra Boris e Sonja davanti a Napoleone svenuto) Questo dialogo suggerisce una concezione panteistica della vita ovvero una visione per cui l’universo e la natura sono equivalenti a un Dio che quindi non è più una figura divina bensì astratta. Allen prende i presupposti di questo concetto per applicare il ragionamento che questi creano, alla morte la quale, in questo film, diventa una sorta di Dio. La morte è onnisciente, è all’origine dei comportamenti e delle scelte morali, diventa paradossalmente ragione e ovviamente fine. Boris già da bambino ha le prime visioni “esistenziali” come i tanti camerieri (richiamo al cibo) che escono da delle bare e cominciano a ballare o sé stesso crocifisso. Seguendo Bergman, incontra la morte rappresentata come nell’iconografia medievale con la quale ha brevi conversazioni. Il giovane antieroe chiede al “tristo mietitore”: «Ma ci

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sono donne nell’aldilà?» sottolineando ancora una volta l’unico impulso capace di contrastare la morte: l’amore (inteso come eros freudiano). Questo esorcismo lo si ritrova in altri film come Zelig («In fin dei conti non fu l’approvazione delle masse ma l’amore di una donna a cambiare la sua vita») o come Io e Annie dove, pur riconoscendo la “funzionalità” di questo sentimento, ne sottolinea la completa irrazionalità. Dopo pochi mesi di felice vita matrimoniale con Sonja, Boris comincia a soffrire di depressione e prova tutti i giorni a suicidarsi finché non viene colto da un’illuminazione: «Mentre dondolavo appeso al cappio fui preso improvvisamente da un impulso a vivere. Riuscivo a pensare solo a Sonja, volevo tenermela vicino, versare lacrime sulla sua spalla e darle lunghe leccate sul naso. Fu allora che presi la decisione di vivere. Di vivere e diventare un grande poeta!». Questa conversazione è l’ennesima conferma della battaglia eros-thanatos: ancora una volta la morte viene sublimata dall’amore sentimentale («versare lacrime sulla sua spalla»), dall’erotismo («darle lunghe leccate») e dall’arte («diventare un grande poeta»). Seppur meno insistente, rimane sempre la presenza del cibo il quale mantiene una discreta influenza nel film: Boris a una proposta di sesso risponde «Che idea carina, io porto i panini» e Sonja disprezza il suo primo marito commerciante di aringhe trasformando la repulsione per l’alimento in repulsione sessuale. Passato un secondo dalla morte di quest’ultimo, lei con molta nonchalance chiede alle persone presenti «Dove si va a cena?» come se volesse compensasse sarcasticamente la perdita di una vita con un atto che va a confermarla (esattamente come il sesso). Il film finisce e quello a cui penso è la frase che la voce fuori campo dice all’inizio: «Come mi sono messo in questa situazione non lo capirò mai. Assolutamente incredibile, essere giustiziato per un crimine che non ho mai commesso. Ma in fondo non siamo tutti su una stessa barca? Non è così per tutta l’umanità? Tutti alla fine vengono giustiziati per un crimine che non hanno mai commesso, la differenza è che nessuno sa precisamente quando se ne va. Ma io me ne vado domattina alle sei. Me ne dovevo andare alle cinque ma ho un avvocato in gamba, ho ottenuto clemenza.»

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1 – 75' 10'' In carcere appare a Boris un angelo che gli dice che il giorno dopo verrà graziato dall'imperatore. Davanti al plotone d'esecuzione, però, verrà comunque fucilato. 2 – 66’ 43’’ Tutto è pronto: Napoleone è in camera di Sonja e non sospetta nulla. Boris è a meno di un metro da lui ma non riesce a ucciderlo: continua a inciampare e la pistola non smette di smontarsi. 3 – 49’ 24’’ Dopo qualche mese di felice vita coniugale, Boris entra in un periodo di depressione e prova ripetutamente a suicidarsi. Un giorno, appeso al cappio, ha un'illuminazione e si rende conto di voler passare il resto della sua vita ad amare Sonja e scrivere poesie.

strano: dei camerieri che escono da delle bare e iniziano a litigare per poi mettersi a ballare.

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5 – 5' 08'' Sempre da bambino, continuando a farsi domande sulla religione, sul senso della vita, sull'esistenza di un "aldilà", un giorno incontra la morte in "carne ed ossa" alla quale farà diverse domande. 6 – 32’ 30’’ "Boris volante" viene sparato da un cannone direttamente su un gruppo di generali francesi provocando la loro resa immediata.

4 – 4’ 19’’ La prima volta che il giovane Boris affronta la morte è al funerale di uno dei servi di famiglia. Quella notte fa un sogno

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56' 41''

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1 – 28’ 16’’ Nel bel mezzo di una battaglia arriva l'uomo delle frittelle. L'uomo della birra arriverà più tardi 2 – 14’ 33’’ Il generale dell'esercito, di colore, che ha un atteggiamento molto simile a quello che avrebbe un generale dei Marines. 3 – 32' 01'' Quando Boris si rende conto dello sbaglio che ha fatto, ormai è troppo tardi. 3

4 – 28' 44'' La voce narrante di Boris dice: «Cominciammo la battaglia in diecimila, quando finì eravamo quattordici. Ricevemmo un messaggio dallo Zar che diceva "buon lavoro, continuate"» 5 – La locandina del film del 1975

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Anacronismi A differenza degli altri film analizzati, questo è pieno di errori - messi volutamente - dal punto di vista storico, molti dei quali probabilmente servono a sottolineare l’antieroismo del protagonista. Primo di tutti è la montatura degli occhiali di Allen che è stata inventata ben dopo e che viene evidenziata da uno scambio di battute tra Boris e Sonja: S B S

Ma certo che Dio esiste, siamo fatti a sua immagine E io sarei a sua immagine? Guardami! Credi che lui porti gli occhiali? Non con quella montatura.

(Conversazione tra Boris e Sonja) Il comandate del reggimento zarista è un uomo di colore, cosa alquanto improbabile in Russia nel XIX secolo, e la sua tecnica di insegnamento ricorda molto quella dei Marines. Nella versione originale si può notare come tutti i saluti siano tipicamente americani («Oh boy!», «My mother folks»). Durante una delle battaglie è presente un venditore di frittelle nelle versione originale con forte accento newyorchese e in un altra, Boris balla con addosso una maglietta con scritto “Russia” assieme a due cheerleader. Sempre lui paragona suo fratello Ivan all’uomo di Neanderthal il quale, però, non era ancora stato scoperto a quei tempi (nella versione italiana dice “cavernicolo”). La recita dei soldati viene da Allen commentata come fosse una classica critica del Time. Infine, durante la discussione sull’assassinare o no Napoleone, Boris paragona il tiranno a Superman.

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NAPOLEONE VS IMPERO RUSSO

Il 24 giugno 1812 Napoleone attraversò il fiume Niemen ed entrò in territorio russo con un esercito formato da ufficiali di varie nazionalità, tra cui anche il generale italiano Pepe Florestano; circa 400.000 uomini. Il 28 giugno l'esercito francese entrò a Vil'na. La Grande Armata occupò il 9 luglio la città di Mogilev. L’intento di Napoleone era di costringere lo Zar Alessandro, una volta occupata Mosca, ad accettare le condizioni imposte dalla Francia a livello di politica internazionale e di accettare la supremazia dell’impero francese su quello russo. L’esercito francese si diresse a sud ovest verso la città di Kaluga ma, dopo la sanguinosa battaglia di Maloiaroskavests, l’armata francese fu costretta a ripiegare su Smolensk e Vil’na. Nei primi sei mesi di permanenza dei soldati francesi in territorio russo non fu organizzata alcuna forma di amministrazione locale. Il governo russo temeva che Napoleone potesse giocare la carta della liberazione degli schiavi a suo favore, invece rifiutò di fare propaganda per l’uguaglianza tra gli uomini per evitare che ci fosse una sommossa dei servi sobillati da idee rivoluzionarie. Il proclama “Reponse d’un grenadier français” fu un pamphlet per la liberazione dei servi ma non venne distribuito che in poche copie tra l’esercito russo; ciò fa pensare che la vera strategia di Napoleone fosse di piegare la volontà di Alessandro I alle condizioni favorevoli alla Francia a livello internazionale e non di regnare sulla Russia. Nelle campagne di Mogilev, dopo i saccheggi dei soldati francesi, Napoleone venne considerato un vero e proprio Anticristo; oltre al determinato e coraggioso esercito russo e al rigido inverno, le truppe napoleoniche dovettero lottare anche contro la gente comune, invece di averla come alleata, come ipotizzato da Napoleone all’inizio della campagna.



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1 → BORIS GRUSHENKO WOODY ALLEN 2 → SONJA DIANE KEATON 3 → NATASHA JESSICA HARPEN 4 → ANTON INBEDKOV HAROLD GOULD 5 → NAPOLEONE JAMES TOKAN 6 → ALEKSANDROVNA OLGA GEORGES-PICOT 7 → IVAN GRUSHENKO HENRY CZARNIAK

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AMORE E GUERRA / Woody Allen


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Andrea Guccini / RIDERE BELLUM


Conclusioni Abbiamo visto sei film, alcuni più profondi nei contenuti, altri più attenti alla storicità o ai dettagli registici. Talvolta la guerra, che è l'anello comune a tutti, è solo un elemento di contorno seppur fondamentale. In Amore e guerra prende meno di metà film ma è il fattore scatenante, in M*A*S*H non si vede mai ma la si sente molto, ne Il grande dittatore idem e in Bananas diventa guerriglia (anche se si vede solo la preparazione). Ognuno di questi film ci mostra un modo diverso di vedere la guerra perché cambia il punto di vista. I soldati che si ritrovavano controvoglia a combattere tra le prime file durante la prima guerra mondiale possono essere simili al Boris di Allen che farebbe di tutto per evitare di combattere. E questi due tipi di personaggi, assieme agli sbruffoni di M*A*S*H, ci hanno fatto vedere quanto poco siano credibili i cliché del bravo soldato patriottico. Le due pellicole più interessanti tra quelle trattate sono Amore e guerra e Il dottor Stranamore. La prima perché sostanzialmente consiste in 1 ora e 22 minuti di ragionamenti riguardo alla morte e al senso della vita, il tutto ridendo. Questo è sicuramente il macro argomento più drammatico di qualsiasi altro e che ci riguarda tutti, nessuno escluso. Il fatto che per 82 minuti una persona riesca a parlare di questa cosa facendoci ridere, è davvero ammirevole. Il dottor Stranamore è molto interessante, invece, per via della teoria che tutto riguardi il sesso. Anche in Amore e guerra il tema principale è il dualismo amore–morte ma in Stranamore questo viene esasperato e in maniera diversa, mantenendo il collegamento con la specifica guerra e non semplicemente "morte". Mi piace paragonare il film di Kubrick a un monologo del grande George Carlin del 1992 dove parlava della guerra del Golfo Persico. Di seguito la trascrizione. «Per me la guerra non è altro che un grande agitare il cazzo, ok? Semplice, altro non è. La guerra è una massa di uomini in piedi in un campo che si agitano il cazzo in faccia a vicenda. Gli uomini provano insicurezza per le dimensioni del proprio cazzo e quindi devono uccidersi a vicenda per superarla. È questa l'origine di tutte quelle stronzate da sportivi, tutto questo atteggiarsi e pavoneggiarsi come macho adolescenti nei bar e negli spogliatoi, si chiama "paura del cazzo". Gli uomini sono terrorizzati dal fatto che i loro cazzi siano inadeguati e quindi devono entrare

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in competizione per sentirsi meglio e visto che la guerra è la competizione definitiva, fondamentalmente gli uomini si uccidono l'un l'altro per incrementare la propria autostima. Non c'è bisogno di essere uno storico o un politologo per cogliere il funzionamento della teoria della politica estera da "cazzo più lungo". Suona più o meno così: "Cosa? Hanno il cazzo più lungo? Bombardiamoli!" E ovviamente le bombe, i razzi e i proiettili sono tutti a forma di cazzo. È il bisogno inconscio di lanciare il pene negli affari altrui, si chiama "fottere la gente". Per quanto mi riguarda, l'intera questione del Golfo Persico non è stato altro che un enorme combattimento tra stronzi che agitano il cazzo. In questo caso particolare Saddam Hussein ha messo in discussione le dimensioni del cazzo di George Bush. E George Bush è stato definito incompetente per così tanto tempo -incompetente fa rima con impotente- che ha dovuto manifestare le sue fantasie virili mandando a morire i figli altrui. Anche il suo nome, Bush, "cespuglio", è collegato ai genitali senza che siano i genitali. Il cespuglietto è una sorta di passiva e secondaria caratteristica sessuale. Ora, se il suo nome fosse stato George Cazzoduro, forse si sarebbe sentito un po' meno e non avremmo avuto problemi laggiù fin dall'inizio. L'intero paese ha un enorme problema di virilità, lo si può capire dal linguaggio che usiamo, il linguaggio tradisce sempre. Cosa abbiamo sbagliato in Vietnam? Ci siamo tirati fuori! Non è una cosa molto virile da fare, vero? Quando fotti la gente devi restare dentro e fotterla per bene, fotterla fino in fondo, fotterla fino alla fine! Resta dentro e continua a fotterli finché non sono tutti morti! Abbiamo lasciato un po' di donne e bambini vivi in Vietnam e non siamo stati bene con noi stessi da allora. È per questo che nel Golfo Persico Bush ha dovuto dire "questo non sarà un altro Vietnam", ha davvero usato queste parole, ha detto "questa volta andremo fino in fondo". Immaginate un presidente americano che usa il gergo sessuale di un tredicenne per descrivere la sua politica estera»

George Carlin, 1992 (HBO Live)

CONCLUSIONI


Bibliografia Woody Allen L’Unità / Il castoro 1995 Stanley Kubruck L’Unità / Il castoro 1995 Stanley Kubrick - L'uomo dietro la leggenda Il castoro 1999 Robert Altman L’Unità / Il Castoro 1995 Charlie Chaplin L’Unità / Il Castoro 1995 Il Mereghetti - Dizionario dei film 2002 Baldini e Castoldi 2001 Sitografia treccani.it woodyallenitalia.tripod.com noncirestachecinema.wordpress.com andreaworld.altervista.org cinefobie.com debaser.it it.wikipedia.org igorfrancescato.it

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BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA


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Andrea Guccini / RIDERE BELLUM


Testi e immagini utilizzati per questo progetto sono a esclusivo uso didattico.



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RIDERE BELLUM OVVERO: COME IMPARAI A PREOCCUPARMI E AD AMARE LA GUERRA

IL GRANDE DITTATORE, Charlie Chaplin, 1940 LA GRANDE GUERRA, Mario Monicelli, 1959 IL DOTTOR STRANAMORE, Stanley Kubrick, 1964 M*A*S*H, Robert Altman, 1970 BANANAS, Woody Allen, 1971 AMORE E GUERRA, Woody Allen, 1975


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