Unearth: innesti e dispositivi per la rigenerazione di spazi d'arte e cultura

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ARCHITETTURA DEGLI INTERNI A. A. 2017/2018

UNEARTH Innesti e dispositivi per la rigenerazione di spazi d’arte e cultura nell’ala sud della Villa Reale di Monza

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Martina Dozio

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Valentina Mariani

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presupposti al progetto

dispositivo architettonico che si pone in rapporto con questo, comporta la nascita di un sistema innovativo, capace di influenzare dinamiche a livello urbano e riconfigurare completamente l’assetto interno della struttura storica: dotando quest’ultima di nuove e differenti attitudini di risposta alle esigenze degli utenti. Quando si parla di edifici storici dotati di un importante valore storico-culturale, è necessario considerare i vincoli che questa condizione pone; non solo come limite alla progettazione architettonica di nuovi dispositivi posti in relazione con il manufatto storico, ma come punto di partenza per una progettazione integrata e coerente. È inoltre necessario considerare, relativamente a complessi architettonici dal grande

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I profondi cambiamenti a livello sociale e culturale che nell’ultimo decennio hanno interessato i luoghi di lavoro e dell’abitare, gli spazi del tempo libero e i luoghi per la produzione e il consumo della cultura, hanno profondamente messo in crisi le tipologie nate nel corso del secolo scorso. In tale contesto, il dibattito riguardante le relazioni tra edifici storici e nuovi interventi, risulta tra le principali tematiche di interesse architettonico e sociale. Le trasformazioni di carattere sociale hanno modificato le dinamiche lavorative e dell’apprendimento, generando profondi cambiamenti nella progettazione degli spazi destinati ad ospitare tali attività. L’ibridazione tra un monumento di carattere storico e un nuovo


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valore storico, la relazione degli stessi con il contesto ambientale e il tessuto urbano in cui si inseriscono e con il quale si relazionano; sia questo di natura rurale o urbana.

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Il complesso della Villa Reale di Monza esemplifica tale condizione: il manufatto costituisce un sito di grande valore storicoartistico, inserito in un contesto paesaggistico e ambientale molto particolare. Esso si pone al limitare del tessuto urbano centrale, costituito dai borghi irregolari della città storica, e a diretto contatto con il grande polmone verde costituito dal Parco di Monza; l’edificio costituisce quindi un landmark all’interno del tessuto storico della città briantea, instaurando al contempo un forte legame con lo spazio aperto circostante. Il complesso è stato, nel corso del tempo, oggetto di profonde modificazioni a livello funzionale; i profondi cambiamenti dell’uso degli spazi, hanno generato problematiche di gestione degli stessi, che hanno costantemente mantenuto, una natura di carattere artistico e culturale.

L’ala meridionale del complesso architettonico della Villa Reale – attualmente sede del Liceo Artistico Nanni Valentini di Monza – ha ospitato, dal secondo decennio del Novecento, attività legate alla formazione nel campo delle arti applicate e del settore manifatturiero: costituendo uno tra i primi poli specializzati nella formazione in ambito artistico. Sul finire degli anni Sessanta, tali attività vengono riconosciute a livello di istituzione scolastica, ufficializzandone il percorso formativo e divenendo Istituto per l’Istruzione Artistica. La storia dell’istituto evolverà nei decenni successivi, subendo numerose modificazioni di carattere architettonico-funzionale e amministrativo, mantenendo sempre sede all’interno delle Scuderie della Villa Reale. Ad oggi il complesso scolastico presenta grosse carenze relative agli spazi della didattica e di lavoro, ed ingenti problematiche di gestione degli stessi. Le profonde modificazioni avvenute a livello di metodologie e approccio alla didattica, hanno reso gli spazi



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della scuola non più rispondenti alle effettive necessità degli utenti. Queste premesse costituiscono le basi per una proposta di intervento che si rivolga alla scuola e alla città; che si ponga quindi come elemento di connessione tra un sistema per natura chiuso come quello scolastico, il dinamismo del sistema verde e l’organismo in continua evoluzione come il tessuto urbano. La volontà di operare in maniera coerente con le logiche del complesso, rispettandone i caratteri e le bellezze storicoartistiche, ha prodotto un intervento che prenda le mosse dalla natura dell’edificio. La sua stretta connessione con lo spazio aperto – evidente nell’apertura verso il cortile centrale e la relazione con i Giardini Reali antistanti il complesso – si pone in relazione con la volontà di una totale conservazione delle facciate storiche, quali principali elementi di riconoscimento dell’intero complesso, mantenendo saldo il legame dello stesso con il sistema del parco in cui è racchiuso. Il percorso progettuale si sviluppa

attraverso un’architettura che dialoghi con il suolo – punto di contatto tra edificio storico e contesto – donando allo stesso nuova natura, posta al servizio dell’istituzione scolastica e della città. Il risultato è un nuovo sistema architettonico ipogeo, la cui progettazione ha garantito la salvaguardia dei vincoli storicoartistici cui è soggetto il sito, costituendo al contempo una nuova opportunità di legame con il territorio attraverso l’inserimento di funzioni e destinazioni d’uso innovative. Le linee guida del progetto hanno dato rilievo ad una fruizione continua dell’edificio in tutte le sue parti: garantendo la differenziazione dei flussi al suo interno, e riorganizzando il sistema attraverso settori funzionali, in grado di operare sinergicamente o attivarsi in maniera indipendente, secondo necessità. L’esigenza di una struttura interna flessibile costituisce il punto fondamentale nella progettazione dei luoghi della cultura e dell’apprendimento: flessibilità è sinonimo di una migliore fruibilità


degli spazi, resi modellabili e riconfigurabili secondo le attività svolte al loro interno. Configurazione interna e arredo costituiscono in questo senso elementi di interazione attiva con l’utente: fornendo la possibilità di modificare secondo le proprie esigenze, lo spazio destinato alle attività didattiche e relazionali. Operando attraverso un’evoluzione degli spazi – nell’ottica di una sempre

maggiore interazione tra spazi di condivisione e spazi della didattica – si è voluto conferire a questi ultimi una capacità sempre maggiore di adattamento. Lo spazio si modella quindi secondo i nuovi metodi di insegnamento e apprendimento, profondamente differenti da quelli tradizionali, e in grado di rafforzare la predisposizione all’esercizio intellettuale.


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a storia della Villa Reale di Monza dipinge un susseguirsi di complesse e travagliate vicende che la vedono protagonista lungo i secoli. Nata come residenza di campagna per l’arciduca Ferdinando d’Austria, ospita negli anni i membri di diverse casate nobiliari. Nel corso del Novecento, passa da residenza imperiale a luogo designato a custodire arte e cultura. Gli edifici del complesso assistono ad un continuo cambio di funzione, che interessa il manufatto sino al lungo periodo di declino cui è soggetto; la chiusura definitiva del corpo

centrale, testimonia la profonda decadenza di cui è vittima l’intero complesso. Nel 2014, con la conclusione dei restauri e la riapertura dell’ala centrale adibita a polo museale - la Villa conosce una nuova fase di crescita. Le operazioni di ripristino dell’intero complesso risultano ad oggi ancora in attivo, conservando l’obiettivo di promuovere il sito a principale polo per l’Arte e la Cultura, sul territorio monzese. Il capitolo analizza i principali fatti storici che hanno interessato il complesso settecentesco, partendo dall’edificazione - voluta dell’Imperatrice Maria Teresa - e proseguendo

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la Reggia di Monza dopo il restauro In ordine le immagini mostrano: il prospetto est verso il parco, la vista del cortile interno d’ingresso ed il peribolo d’ingresso dell’ala centrale del complesso

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della Villa Reale di Monza.


attraverso l’analisi delle vicende che ne hanno accompagnato la costruzione e la progettazione. L’approfondimento dell’operato dell’architetto Piermarini - caratterizzato da un progressivo abbandono dei caratteri della cultura barocca, in favore di un nuovo linguaggio più sobrio e legato a tematiche auliche - costituisce punto fondamentale all’interno della vita del complesso. Diversi cambi di potere tra Ottocento e Novecento, risultano essere i principali responsabili delle numerose modifiche e ampliamenti cui è stata soggetta la Villa Reale; prima fra tutti riguardo ad importanza risulta la realizzazione del maestoso Parco all’inglese, costruito quale estensione dei Giardini Reali. Il radicale cambio delle destinazioni d’uso avvenuto con l’avvento del Novecento, trasforma il complesso - a partire dagli anni Venti - in un Palazzo delle Arti, al cui interno

viene ospitate la scuola per le Arti Decorative, nota con il nome di ISIA. I primi decenni del Novecento costituiscono il punto d’inizio di una delle più grand istituzioni artistiche italiane: la nascita della Triennale delle Arti, inizia la proprio storia all’interno delle sale e dei giardini della Reggia di Monza. Un approfondimento specifico è destinato all’oggetto di tale ricerca: l’ala sud del complesso - attualmente destinata a funzione scolastica - ospita il Liceo Artistico Nanni Valentini. Storia e vicende sono analizzate con l’obiettivo di evidenziare gli aspetti caratterizzanti questo luogo. Fondamentale si rivela in tal senso presentare quelle che ad oggi costituiscono le principali problematiche del sito. Al fine di poter delineare una possibile strada per gli sviluppi futuri del sito, il sunto storico si pone l’obiettivo di comprenderne i trascorsi ed il potenziale, per lo sviluppo di una proposta progettuale coerente con la natura del complesso.


la costruzione e le trasformazioni

gli Asburgo e il contesto storico - politico

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Obiettivo perseguito per tutto il Settecento da casa d’Austria fu quello di una egemonia imperiale in Italia. Nel corso degli anni Cinquanta del Settecento - al fine di legare il ducato di Monaco alla politica asburgica, permettendo così di vincolarlo al sistema dei domini imperiali - l’imperatrice Maria Teresa d’Asburgo pianifica l’unione in matrimonio di Maria Beatrice Riccarda d’Este, figlia del duca di Modena, con il suo quarto genito Ferdinando I, destinato, con la maggiore età a rivestire la carica di nuovo governatore di Milano. L’arrivo di Ferdinando a Milano e l’assunzione della carica di Governatore Generale della Lombardia Austriaca nel 1771, coincise con l’anno dell’unione in matrimonio con Beatrice, all’interno del duomo della città.

Inizialmente la coppia non occupa una residenza ufficiale, ma risiede in diverse abitazioni del centro meneghino. Solamente nel 1773, si rende indispensabile un alloggio di rappresentanza: la scelta ricade sulla ristrutturazione del Palazzo Reale di Milano, ad opera dell’architetto Giuseppe Piermarini. Oltre al progetto della Villa, Piermarini progetta l’attuale Piazzetta Reale, originariamente più ampia della Piazza del Duomo, la cui quinta scenica risulta essere costituita dal palazzo stesso. <<Si trattava di un’opera assolutamente inedita in una città così povera di piazze come Milano: uno spazio di pertinenza della corte ma non segreto, delimitato ma non chiuso, che permettesse di gettare lo sguardo


dentro il Palazzo, instaurando un rapporto più diretto fra principe e sudditi>>1. La costruzione del palazzo agli inizi degli anni Settanta, risulta particolarmente dispendiosa, tanto da precludere la possibilità della realizzazione di una casa di campagna. Ferdinando I elegge quindi la Villa Alari di Cernusco sul Naviglio quale sistemazione provvisoria per la propria residenza estiva. Nel 1775, in ragione del suo profilo politico sempre più alto, Ferdinando esprime la volontà riguardante la costruzione di una casa di villeggiatura, che presenti l’aspetto di un palazzo di corte. Lanno successivo viene designata Monza quale sede di tale costruzione: un sito ritenuto all’altezza della sua carica, in quanto vicino al centro cittadino e alla città di Milano, caratterizzato da condizioni ambientali favorevoli per la salute e dotato di una vista panoramica sui colli briantei. L’incarico - affidato nel medesimo anno all’architetto Piermarini, il quale dirige l’avvio ai lavori nel 1777 - viene portato a termine

nei tre anni successivi all’inizio della costruzione. La Villa rappresenta un’importante testimonianza di architettura neoclassica, evidente nei rigori delle sue scansioni e nella semplicità dei materiali usati. La struttura presenta una distribuzione interna a corpo triplo, profondamente innovativa e distante dalla tradizione dell’epoca. Il progetto della Villa Reale di Monza non prende a modello le tradizionali residenze reali, in quanto tendenzialmente chiuse al rapporto con l’esterno, progettate per conservare il giardino e i fronti migliori al proprio interno. La reggia di Monza non presenta muri di cinta o ingressi monumentali, la corte d’onore si allarga divenendo piazza, così come accadeva per il Palazzo Reale di Milano. La conformazione mette in mostra lo spazio del principe: uno spazio semipubblico, che si contrappone a quello privato, del giardino. Le geometrie sembrano venir meno e la struttura sembra estendersi verso lo spazio verde, divenendo

1. Cesare Mozzarelli, La storia, in La Villa Reale di Monza, Associazione Pro Monza, 1984, pp.15


la piazza dele Palazzo Reale di Milano

Incisione settecentesca della villa Alari, Cernusco sul Naviglio

Disegni di progettazione urbana di G. Piermarini Studio dei viali di collegamento Monza-Milano

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e studio dei giardini della Villa Reale


luogo d’una fruizione personale ed intima della natura, accortamente riprodotta. Si passa così ad un modo nuovo di rappresentare il potere nobiliare, nell’ambito del quale inizia a manifestarsi la dicotomia tra pubblico e privato, definendo nuove regole per l’esaltazione della regalità. Il progetto di Ferdinando e del Piermarini non si limita alla realizzazione degli edifici facenti parte il complesso della Villa: i due accolgono invece una visione più ampia, capace di operare alla scala urbana, con l’obiettivo di connettere il complesso edificato con l’ampio parco sul quale affaccia, stabilendo connessioni con il vicino centro cittadino e con la città di Milano. Vengono peranto progettati due viali di collegamento posti tra Monza e Milano: realizzati con la volontà di collegare tramite un cannocchiale visuale, la Villa monzese con il palazzo duecentesco dell’Arengario, collocato nel cuore della città di Milano.

L’ambizioso progetto di Ferdinando vide la propria realizzazione grazie al costante sostegno economico dell’imperatrice Maria Teresa d’Austria. Il 1780 costituisce un anno di cambiamenti che ebbero grosse ripercussioni sulle vicende architettoniche della Villa; il 22 novembre si spengne a Vienna l’imperatrice Maria Teresa, anticipando di pochi mesi la chiusura del cantiere della Villa. Ad assumere il potere è il figlio Giuseppe II, quale revoca al fratello Ferdinando, l’assegno annuo di 35.000 fiorini, precedentemente concesso dalla madre. L’improvvisa mancanza di risorse economiche, ha come risultato l’interruzione dei lavori sul complesso. L’attività riprende nel 1790, con la morte di Giuseppe II e con la salita al trono di Leopoldo II, il quale accolse benevolmente l’istanza di ripristino dei fondi necessari alle spese <<per la nuova fabbrica di Campagna vicino a Monza, e per tutti i suoi annessi>>2.. Ferdinando, su progetto del Piermarini, procede alla costruzione della Rotonda e il

2. ASM, Disp. Reali, cart. 267, ff.824-825


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denominato limoniera degli agrumi; entrambi i fabbricati vengono collocati nella parte meridionale sinistra dell’ala laterale, posti vicino ai rustici, e destinati a contenere piante rare ed esotiche. Serrone,

Nel periodo successivo il completamento della reggia, l’arciduca Ferdinando risiede solamente per un breve periodo all’interno residenza: costretto nel 1796 a rifugiarsi a Venezia per sfuggire al dominio delle Armate Napoleoniche sul capoluogo lombardo.

Piermarini e l’architettura della Villa Reale

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Il 13 Novembre 1769 l’imperatrice Maria Teresa d’Austria conferisce a Giuseppe Piermarini il titolo di Imperiale Regio Architetto. L’incarico, inizialmente insignito a Luigi Vanvitelli, celebre autore della Reggia di Caserta, il quale decide di rinunciarvi in favore dell’allievo e collaboratore. Piermarini ha così la possibilità di progettare il complesso della Villa senza vincoli di preesistenze,

dando inizio ai lavori nel Novembre del 1777. Il panorama architettonico della città di Monza risulta ancora fortemente legato alla dominazione spagnola seicentesca, caratterizzata dal linguaggio barocco e ancor di più dal “barocchetto”, i cui caratteri si ritrovano fin oltre la metà del Settecento. La volontà dell’architetto di approcciarsi al


progetto con intenti innovativi, lo porta ad avvicinarsi al nuovo linguaggio formale e funzionale, sperimentato nell’ambito della collaborazione con Vanvitelli per la realizzazione Reggia di Caserta. Tra gli illustri esempi cui Piermarini fa riferimento, è necessario citare la residenza di Schönbrunn a Vienna, la Palazzina di Caccia di Stupinigi, il Castello di Charlottenburg a Berlino e la Reggia di Versailles. Tra i principali caratteri ripresi da queste architetture e che si ritrovano all’interno del complesso della Villa, si evidenzia l’articolazione planimetrica del fabbricato: tale distribuzione, organizzata ad U rovesciata, consente di coniugare un forte impatto scenografico – conferito al fronte principale dalle ali laterali – alla comodità distributiva derivante dall’utilizzo del corpo centrale, destinato invece alle funzioni di rappresentanza. In tal modo, le ali laterali vengono riservate agli appartamenti privati, destinando gli avancorpi alle funzioni di servizio. Piermarini realizza un edificio di carattere neoclassico,

estremamente razionale, il quale viene adattato alle esigenze della realtà suburbana nella quale si colloca. Tre corpi principali sono disposti a ferro di cavallo, disegnando un’ampia corte d’onore centrale, chiusa all’estremità dai due volumi cubici della Cappella e della Cavallerizza; da questi si snodano le ali laterali: fabbricati più bassi, contenenti gli ambienti di servizio. Il corpo principale è caratterizzato da due piani di altezza doppia rispetto all’interpiano utilizzato per le ali laterali, al quale si aggiunge un Belvedere centrale situato al terzo piano dell’edificio. Le ali destinate alle funzioni private sono organizzate su cinque livelli - due dei quali di minore altezza destinati a ospitare la servitù. Appare evidente lo straordinario effetto scenico della residenza, le cui forme sono impostate secondo una rigida assialità, un effetto prospettico centrale e un rigoroso studio delle gerarchie dei volumi, digradanti dal corpo nobile centrale alle ali, ai corpi di servizio laterali, alle scuderie e ai corpi minori.


Planimetria generale e vista prospettica, disegni di Giuseppe Piermarini, 1876 circa


La struttura planimetrica è impostata sulla figura modulare del quadrato; così come in alzato, una maglia regolare definisce gli interassi tra finestra e finestra. Il metodo compositivo evidenzia l’ortogonalità degli assi lungo cui si aprono porte e finestre, alcune di esse collocate in punti tali da creare prospettive interne a cannocchiale. Fa eccezione a questo rigido ordine la conformazione dell’atrio: sorprendente per il gioco di effetti parallattici e per il dinamismo centripeto che dona all’edificio principale. La soluzione planimetrica è riconducibile all’impianto tradizionale delle ville lombarde settecentesche; soluzione consueta all’interno delle principali regge europee, tra le quali Versailles e Schonbrunn. Lo schema aperto a “U”, si sviluppa sull’asse principale orientato da est a ovest, presentando un impianto a bassi avancorpi (cappella e cavallerizza) collocati all’estremità delle ali sul fronte interno, i quali conferiscono alle corte un minimo senso di chiusura. Un’ampia “anticorte” semicircolare

e due fabbricati a pianta rettangolare - tangenti il corpo pricipale e dotati di cortile centrale - conferiscono all’immagine una solenne complessità. L’insieme è studiato su di un rigido reticolo ortogonale: proprio come il corpo principale, secondo un presupposto di specularità rispetto all’asse fondamentale, che dal grande viale di accesso attraversa la Villa e continua posteriormente nel giardino. Tale asse viene più volte intersecato da varie prospettive tagliate da altre visuali minori, le quali collegano idealmente interno ed esterno, edificio e giardino. L’intero disegno di facciata è originato da precise regole percettive; la veduta del complesso dal lunghissimo vialone antistante, evidenzia la scelta di privilegiare la composizione volumetrica rispetto agli elementi decorativi, i quali non sarebbero stati riconoscibili se visti da quella distanza. L’andamento dominante risulta essere quello orizzontale, accentuato otticamente dai due alti cornicioni e dalla finitura del piano terreno a bugnato liscio.


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Sul fronte prospiciente il parco l’edificio è meno austero, mentre la facciata verso il giardino assume toni più pacati. La decorazione delle facciate risulta rigorosa e caratterizzata da tinte dalle lievi variazioni cromatiche, le quali denotando una forte essenzialità stilistica, derivante dalla rinuncia da parte della committenza di un’eccessiva ostentazione di ricchezza. La medesima logica di razionalità e semplicità viene riproposta nella progettazione degli spazi interni. Molta attenzione viene riservata agli aspetti funzionali e distributivi della reggia, pertanto il connettivo consente di servire indipendentemente differenti sale adibite ad usi diversi. Al solo corpo centrale, fondale prospettico e simbolo del potere politico, è riservata l’applicazione degli ordini classici; al suo interno sono infatti collocati gli appartamenti arciducali e gli appartamenti di società per l’intrattenimento degli ospiti. Le due ali nobili ospitano all’alloggio dei visitatori e dei domestici: i primi alloggiati nei piani principali,

gli altri sistemati nei mezzanini. I settori più rustici, collocati nelle ali laterali del complesso, accolgono le scuderie con le rimesse delle carrozze, e le cucine. Il corpo principale si sviluppa su due soli piani oltre a quello terreno, che funge da basamento; quest’ultimo racchiude ambienti di servizio e stanze padronali, collegate ai sovrastanti appartamenti privati destinati agli arciduchi, per mezzo di un passaggio nascosto. Nel primo piano nobile sono collocati gli ambienti funzionali alle principali esigenze dell’edificio; connessi tra loro ed insieme disimpegnati in maniera innovativa. Atrio e salone separano le stanze di intrattenimento da quelle di ricevimento pubblico e privato: tali ambienti sono disegnati in maniera tale da poter essere resi comunicanti in caso di eventi che richiedano di accogliere un elevato numero di ospiti. L’atrio ottagonale richiama una soluzione già vista all’interno della Reggia di Caserta; mediante un peribolo cinto dalle numerose porte delle sale circostanti, è riproposto il vestibolo del Vanvitelli. Esso funge


da anticamera alla grande sala da ballo, punto d’origine della visuale prospettica sul grande viale d’accesso e, sul fronte opposto, quella sul giardino e sul parco, che si perde nell’orizzonte. La sala da ballo costituisce l’elemento culminante all’interno del percorso rappresentativo che il Piermarini sottolinea mediante la successione canonica degli stili: gli ordini toscano, ionico, e corinzio si susseguono infatti dalla facciata, all’atrio, al salone. La vasta sala rettangolare, che si sviluppa su due piani, evidenziati dallo stretto ballatoio perimetrale - pur manifestando l’ormai maturo lessico neoclassico - richiama tuttavia una non dimenticata tradizione seicentesca: quella del salone all’italiana. Altre sale e salette del corpo principale si susseguono con monotona ripetitività. La collocazione di atrio e sala da ballo al piano terreno rompe con la tradizione tipica delle ville settecentesche. Lo scalone scenografico, collocato in posizione laterale, diviene così un elemento ad uso privato, non più destinato a prendere parte ad

eventi e cerimoniali di corte. La decorazione interna viene affidata ai maestri della neonata Accademia di Brera; gli stucchi e le decorazioni delle sale di rappresentanza sono realizzati da Giocondo Albertolli, gli affreschi e i dipinti da Giuseppe Levati e Giuliano Traballesi, mentre pavimentazioni e mobili vengono invece prodotti nella bottega di Giuseppe Maggiolini. Singolare elemento responsabile della rottura delle rigide geometrie della Villa è la Sala Rotonda, unico ambiente dominato da forme plastiche. Essa rappresenta un episodio autonomo situato in margine al rigido e simmetrico schema planimetrico della Villa. Quest’ultima, costruita nel 1790, viene realizzata 13 anni dopo l’avvio del cantiere del progetto iniziale della Villa Reale. Piermarini qui progetta una sorta di “teatrino” circolare, concepito come dépendance scenografica, destinata all’intrattenimento degli ospiti dei regnanti. Lo spazio interno della stessa viene pertanto dotato di porte a scomparsa, fontane


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musicali e camini girevoli, azionati da meccanismi ingegneristici, allestiti tra le favolose piante esotiche fatte giungere da ogni parte del mondo. Anche in questo settore, Piermarini non rinuncia al linguaggio architettonico classico antico con rimandi al tardo Rinascimento Italiano. Al suo interno la Rotonda è caratterizzata da arcate scandite da paraste, mentre lo zoccolo e il cornicione sono a fascia. Delle quattro grandi porte, una è a specchio, così da nascondere un passaggio segreto di raccordo tra la Rotonda e la Villa. Il pavimento è in marmo bianco di Carrara. Il soffitto a volta, presenta un medaglione centrale e quattro vele in corrispondenza delle porte. La Rotonda, realizzata in occasione del ventennale di nozze degli arciduchi d’Asburgo, viene affrescata da Andrea Appiani, affrontando il tema mitologico di Amore e Psiche. Contemporaneamente alla Rotonda, Piermarini realizza il complesso del Serrone: collocato nella parte meridionale sinistra dell’ala laterale vicino ai rustici,

dal lato delle cucine. Il corpo di fabbrica, realizzati in cotto intonacato, viene definito in vari modi tra i quali orangerie, citroneria, cedraja, agrumeria, serra di agrumi o limonaia, per il fatto di contenere numerose piante esotiche e rare. Il Serrone è collegato con la Rotonda attraverso un portone azionato da congegni meccanici. Un terzo corpo di fabbrica destinato a funzione di carattere autonomo è riconoscibile nella Cappella di Corte; essa doveva potersi armonizzare al contesto generale, pur mantenendo al tempo stesso, la capacità di manifestare la funzione ecclesistica. Piermarini pone un timpano sul fronte dell’edificio, per sottolinearne la sacralità, realizzando una chiesa a pianta centrale, dedicata all’Immacolata. La struttura planimetrica viene costruita sull’elemento del quadrato; l’aula ed i brevi bracci formano una croce greca inscritta nel perimetro esterno del quadrato stesso. Trattandosi di una chiesa, la ricchezza



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decorativa supera quella di ogni altro ambiente della Villa: l’interno risulta molto scenografico e ricco di stucchi, fregi e rosoni, attribuiti all’Albertolli. Una serie di colonne e lesene corinzie scandiscono altari e nicchie. L’altare maggiore, sopra il quale è collocata una pala raffigurante la Vergine, è inserito in un tempietto formato da colonne corinzie, sormontate da un timpano. All’interno delle nicchie sono allocate statue di santi. Il progetto della Villa comprendeva – oltre ai disegni dell’edificio – numerose tavole destinate alla progettazione dei giardini e del grande viale prospicente il fronte ovest della residenza. La Villa si presenta nel suo insieme come

un edificio solenne nelle forme e nella struttura planivolumetrica. Nonostante sia caratterizzata da linee rigide, queste risultano sempre semplici e armoniose, poiché frutto di una razionale gerarchia formale. L’accostamento dei diversi blocchi edilizi denota un’attenta ricerca dell’articolazione volumetrica complessiva, nella quale è l’orizzontalità della struttura a dominare la forma. Le modanature di derivazione classica si articolano secondo motivi semplici e ricorrenti che vanno a costituire una grafia pulita delle superfici, nell’ambito delle quali i materiali sono attentamente studiati anche sotto il loro aspetto cromatico.

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Disegno del cantiere della Villa, 1777-1780


domini e trasformazioni Con l’ingresso delle truppe napoleoniche a Milano nel 1796, gli austriaci abbandonano la Villa di Monza. Nella situazione confusa, seguita al cambio di governo, la Villa diviene proprietà di un privato francese, intenzionato ad abbatterla per ricavarne profitti dalla vendita dei materiali e dallo sfruttamento del terreno. Fortunatamente l’irreparabile riesce ad essere evitato grazie alla semplice protesta di un cittadino, un certo Domenico Palmieri, per poi divenire proprietà della repubblica Cisalpina nel 1797. Restando per qualche anno nelle mani del governo, la reggia viene adibita ad alloggiamento militare, periodo nel quale verte in condizioni di devastazione, che richiederanno successivi interventi di riparazione sotto la direzione dell’ingenier Bellotti. Sarà Napoleone a legittimarne il riuso, mostrando l’intenzione di soggiornarvi. Nel 1802 avverrà

un’opera di ripristino guidata dall’architetto Luigi Canonica che apporta le prime significative trasformazioni all’mpianto piermariniano. Viene realizzato all’interno del complesso un nuovo teatrino di corte, raccolta struttura per musica, canto, danza e teatro, situata nell’ala nord. Vengono al contempo adattate le cavallerizze ad abitazione per il capitano delle guardie e realizzata la recinzione del viale di accesso, per mezzo di cancellate e pilastri in granito. Pur nella minuta dimensione di tali interventi si nota una certa cura e rispetto per la preesistenza ideata da Piermarini, del quale il Canonica fu allievo. Nel 1805, con l’incoronazione di Napoleone nel Duomo di Milano con la corona ferrea, la Villa riacquista la sua funzione di residenza reale. Affidata da Napoleone al figliastro Eugenio di Beauharnais, tra il 1806 e il 1808, il complesso della Villa e dei suoi Giardini venne esteso


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I giardini nel quadro di Raffaele Albertolli, 1803, tempera su carta, 43,5x65 cm., Monza, collezione privata.

Progetto dei cancelli d’ingresso, disegno di Luigi Canonica, 1802

Disegno della Villa Reale,

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autore F. Lose, 1820 circa


in dimensioni, attraverso la realizzazione del più vasto parco cintato europeo, ancora oggi noto come Parco di Monza. Il parco viene realizzato - su progetto dell’architetto Luigi Canonica e affiancato da Luigi Villoresi - per annessioni di terreni appartenenti ai comuni di Monza, Vedano al Lambro, Biassono e San Fiorano, affiancandosi agli esistenti Giardini della Villa; nell’angolo nord-est dell’edificio, a interrompere la razionale struttura del giardino all’italiana, si apre lo scorcio del piccolo giardino all’inglese, caratterizzato da viali sinuosi, una collinetta artificiale ed il laghetto. Questa grande innovazione progettuale fa si che, un trentennio più tardi, si possa annettere allo stesso il grande ampliamento, conservandone inalterata l’individualità. La caduta di Napoleone nel 1815 riconsegna la Villa Reale nelle mani degli austriaci, dai quali viene lasciata per anni in uno stato di relativo abbandono. Nel 1818 ne prese possesso il Viceré del Regno Lombardo-Veneto Giuseppe

Ranieri. L’arciduca appassionato di botanica, arricchisce parco e giardini attraverso l’introduzione di nuove e preziose essenze. Grazie a lui, nel 1819, fu aperta nel parco una scuola di agraria, destinata a formare giardinieri professionisti per la cura dei giardini delle residenze imperiali. Ranieri commissiona inoltre un riammodernamento della villa ad opera dell’architetto Giacomo Tazzini. Lo stesso opera principalmente sugli appartamenti riservati ai figli dell’arciduca, sulle pavimentazioni interne, arricchite di preziosi decori, e sul sistema dei servizi igienici. Occupata nel 1848 dai militari del maresciallo Radetzky, tra il 1857 e il 1859 la reggia ritorna sotto il potere austriaco, segnando il breve soggiorno monzese dell’ultimo rappresentante della casa d’Austria, Massimiliano I d’Asburgo - nuovo e ultimo governatore a Milano del Regno Lombardo-Veneto - sede di una corte sfarzosa. Con l’annessione del Regno Lombardo-Veneto allo Stato del


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Piemonte e la proclamazione del Regno d’Italia, avvenuta nel 1861, la storia della Villa finisce per incrociarsi inevitabilmente con il destino dei Savoia. Diviene residenza privilegiata di Umberto I, tornando così al suo ruolo originario di residenza di villeggiatura. Il sovrano si affida alla direzione dell’architetto Majnoni per restaurarla secondo il gusto dell’epoca. È in questi anni che la Villa subisce una radicale trasformazione in molte sue parti. Nel 1895 viene realizzato l’appartamento reale e i nuovi allestimenti, progettati in occasione della visita dell’imperatore della Germania; tali operazioni mutano la configurazione piermariniana di alcune sale, distruggendo parte delle decorazioni neoclassiche, per far posto ad un’impropria veste neobarocca. Tali trasformazioni, attuate con scarsa sensibilità nei confronti dell’edificio, creano inoltre

3. Lucio Franchini, L’architettura, in La Villa Reale di

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Monza, Associazione Pro Monza, 1984, pp.67

un’ambientazione eccessivamente ricca e ricercata per una villa di campagna. Vengono trasformate le facciate, dapprima realizzate <<sui toni del bianco e del grigio, sul contrasto materico della pietra molera e dell’intonaco, sul gioco delle lineari vibrazioni d’ombra, che furono eliminati dalla chiassosa tinteggiatura giallo-arancio>>3. Nel 1900 un evento cambia per sempre le sorti della Villa Reale: l’assassinio di Umberto I, avvenuto a Monza per mano di Gaetano Bresci. Si chiude così il ciclo di eventi che vede la reggia monzese quale residenza di grandi famiglie appartenenti alla nobiltà. In seguito al luttuoso evento, infatti, il nuovo Re Vittorio Emanuele III non utilizza la Villa Reale, fatta chiudere per poi essere donata ai Comuni di Monza e di Milano.


Camera da letto del Re Umberto I di Savoia Primo piano nobile

Salone da ballo a doppia altezza Primo piano nobile

Ingresso sala da pranzo della famiglia Reale Primo piano nobile


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il nuovo valore artistico e culturale

la Villa Reale dalle esposizioni al museo La storia della Villa Reale come sede di casate regnanti si conclude il 29 luglio del 1900 con l’uccisione di re Umberto I. Con la morte del padre, Vittorio Emanuele III si impegna ad intraprendere un tenore di vita meno sfarzoso, decidendo di cedere le residenze parte dei possedimenti della Corona allo Stato; tale azione con l’obiettivo di rendere accessibili gli edifici, fino a quel momento rimasti chiusi, ad un più vasto pubblico.

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Il XX secolo rappresenta la fase più tormentata e travagliata della storia della reggia di Monza, nella quale l’intero sito viene abbandonato a gravi condizioni di decadenza e degrado. I restauri frammentari e non coordinati, il riuso solamente parziale - mancante di valide proposte di recupero

degli ambienti monumentali - e l’assoluta assenza di un progetto di regolare manutenzione, impedisce un recupero completo dell’intera struttura e la conseguente attuazione di un programma di gestione del sito. Nel 1919 il complesso viene ceduto dallo stesso Vittorio Emanuele III al Demanio dello Stato: tale passaggio di proprietà consente l’istituzione di un comitato che ne gestisca un uso opportuno. Parte del complesso viene quindi destinato ad uso scolastico, riservando a tale scopo i fabbricati minori e di servizio dell’ala meridionale. Nel 1920 la Villa viene assegnata in uso ad un Consorzio, il quale riunisce in forma paritetica i Comuni di Milano, Monza e la Società Umanitaria. Viene a tal proposito stabilita la futura destinazione


della Villa - con la sola esclusione della Rotonda dell’Appiani e dell’appartamento di Umberto I - destinandola a sede di istituti di istruzione artistica e grandi esposizioni d’arte applicata. Trasformata nel 1922 in una sorta di palazzo delle Arti, nello stesso anno viene istituita la Scuola per le Arti Decorative: inaugurata ufficialmente il 12 novembre 1922 e nota con la denominazione di ISIA (Istituto Superiore Industrie Artistiche). Parallelamente all’operato della Scuola e alle esposizioni della produzione eseguita al suo interno, la Villa ospita dal 1923 anche la Prima Mostra Internazionale delle Arti Decorative, riproposta per circa un decennio con decadenza biennale. La seconda guerra mondiale e l’esaurirsi dello slancio iniziale segnarono una nuova, più grave, cesura. L’ISIA viene chiusa nel 1943 a causa del travaglio bellico e politico, senza essere più riaperta. Nel 1967 all’interno degli ambienti parzialmente riadattati, precedentemente occupati dall’ISIA, si insidia l’Istituto Superiore Statale d’Arte di Monza.

La Villa viene quindi riproposta come sede di attività legate al mondo dell’arte: in linea con l’apertura della scuola l’arte, nel 1987 viene ripresa l’attività espositiva dei Musei Civici all’interno del Serrone. Nel 1996 venne stipulato l’atto di cessione definitiva gratuita di Villa e Parco di Monza ai Comuni di Milano e Monza, i quali ne diventano gli unici proprietari. Il corpo centrale della Villa subisce invece un lento deteriorarsi, accompagnato da selvaggi atti di sciacallaggio, ai danni dei preziosi ambienti interni. Le sale del complesso, conservate in uno stato deleterio, vengono utilizzate per numerose edizioni della Mostra Internazionale dell’Arredamento: uso che ne denota un atteggiamento del tutto indifferente alle nobili qualità artistiche del manufatto storico. Esso viene ridotto in molti casi a puro involucro, ormai decaduto, le cui pareti vengono il più delle volte nascoste da stand e pannelli espositivi, allo scopo di non distogliere l’attenzione dei visitatori dai prodotti esposti.


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Le premesse cambiano quando nel 2003, la Regione Lombardia e il Comune di Monza - proprietari pro quota parte del complesso Villa Reale di Monza - indicono un concorso internazionale di progettazione per il recupero e la valorizzazione della Villa Reale e dei Giardini di pertinenza. Nello stesso anno viene dato avvio ai lavori di restauro conservativo delle nove sale di rappresentanza del primo piano nobile, i quali si concludono nel 2007, con l’apertura straordinaria del corpo

principale al pubblico. Il 30 luglio 2008 viene siglato un accordo strategico per Villa Reale e il Parco di Monza, riguardante il restauro e la valorizzazione culturale degli stessi; si prevede di destinare l’intero complesso monumentale a finalità culturali e di alta rappresentanza istituzionale, anche in vista delle manifestazioni inerenti a Expo 2015. La conclusione dei lavori di restauro viene celebrata con una cerimonia pubblica il 26 giugno 20144.

ISIA: la scuola e le esposizioni

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Gli inizi del Novecento sono segnati da una vasta opera di riaggiornamento artistico: <<Stava maturando una svolta decisiva. L’auspicio del re di raccogliere nei palazzi ceduti al Demanio “i tesori delle nostre arti”, aveva avuto nel caso monzese ben altro e più concreto esito>>5. Nel 1920

la Villa viene ceduta al Consorzio costituito dai Comuni di Monza e Milano e dalla Società Umanitaria. Questo connubio, anche se volto a preservare il valore culturale del complesso, porta a non poche problematiche protrattesi fino a fasi storiche molto più recenti.


L’allora segretario generale di Umanitaria e organizzatore delle mostre della suddetta Istituzione, indirizza nel 1917 una lettera, al coevo sindaco di Milano, Emilio Caldara; nella stessa propone di <<risuscitare e rilanciare quelle arti della decorazione che formarono un tempo l’orgoglio d’ogni regione italiana>>. L’obiettivo vuole trovare spazio nell’ambito dell’organizzazione di una grande esposizione d’arte decorativa, da rinnovarsi con cadenza biennale. L’ambizioso programma vede la sua realizzazione e prima verifica nell’Esposizione regionale lombarda allestita nel 1919, organizzata nella sede dell’Umanitaria e dedicata all’arredamento per la casa. La villa si rende disponibile nel medesimo anno, proponendo le sue oltre seicento stanze: rappresentando un’occasione di irripetibile sperimentazione, all’interno di uno scenario prestigioso, privo di confronti sull’intero territorio lombardo. Si rende inoltre necessario riprendere e convogliare nella modernità la grande tradizione artigiana

briantea, la quale rischia di crollare nell’impatto con la precoce industrializzazione. Il 29 dicembre 1919 viene conferita al Consorzio la denominazione di “Università delle Arti Decorative”, il cui statuto prevedeva: - la promozione e l’ordinamento delle Esposizioni internazionali di arte applicata all’industria; - l’istituzione e il mantenimento di Scuole d’arte, Istituiti e Scuole superiori d’arte applicata all’industria; - la rinascita della Scuola di giardinaggio, istituita nel primo ventennio dell’Ottocento, presso la Villa Reale di Monza; - la realizzazione e sostegno di Istituti atti ad ospitare e educare gli allievi delle scuole artistiche, a spese del consorzio stesso, dello Stato, dei Comuni, Opere Pie, privati, ecc.; - la creazione di pensionati per gli allievi delle Scuole superiori, giovani licenziati, artisti e per artefici che, per determinati periodi, aspirino a perfezionarsi all’interno degli Istituti del consorzio; - la fondazione di raccolte d’arte applicata all’industria, a sussidio 4. http://www.villarealedimonza.it/la-storia/ 5. Roberto Cassanelli, Radiografia di un degrado. La Villa Reale di Monza alla vigilia del restauro, Editore Silvana, 2000, p. 40


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degli allievi delle scuole, degli artigiani e degli industriali - l’istituzione in particolare il museo del mobilio, quale mezzo di coltura tecnica ed artistica volto al perfezionamento delle riproduzioni del mobilio di nobile tradizione briantea - così da integrare l’insegnamento tecnico ed artistico nelle numerose scuole presenti sul territorio; - la creazione di biblioteche tecnico-scientifiche e di servizi d’informazione per coloro che si dedichino alla pratica delle arti industriali o relativi corsi di perfezionamento e per gli artefici, al fine di promuovere opere ritenute utili allo sviluppo delle industrie artistiche e per l’educazione degli artefici6.

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Datata 1925 la prima comparsa nei documenti della dicitura ISIA - Istituto Superiore di Industrie Artistiche, fondata nel 1922 da un ramo dell’ Umanitaria di Milano l’istituzione si delinea attraverso un’aspirazione socialista, che puntava sull’educazione come fattore di crescita delle classi sociali più popolari. L’ISIA viene ospitata

all’interno della Villa Reale, sito in cui dal 1923, hanno luogo le Biennali Internazionali di Arte Decorativa, divenute Triennali nel 1930, e ricollocate all’interno del Palazzo dell’Arte di Milano dal 1933 (ancora oggi sede della Triennale di Milano). La scuola della Villa Reale costituisce in Italia un caso a isolato - fermamente voluto da Augusto Osimo, figura di spicco dell’Umanitaria e unica mente capace di concepire un progetto di quella portata - privo di precedenti di eguale valore e di possibili confronti con altre istituzioni. Il forte cambiamento, marca una stagione di irripetibile crescita per la cultura monzese, arricchita da apporti esterni di indiscutibile prestigio. Degno di nota è il tentativo di dar vita in Italia ad una scuola d’arte diversa dalle Accademie: attraverso la rivalutazione delle arti decorative e delle fiorenti industrie artigiane locali, strutturandosi secondo metodologie e schemi didattici di derivazione inglese e francese, presentando inoltre caratteri


affini al contemporaneo Bauhaus di Dessau. Nonostante la collocazione della scuola all’interno dei fabbricati meridionali minori, gli ampi spazi che la Villa offre, ben si adattano ad ospitare le grandi aule di Composizione e Decorazione, i laboratori di Plastica e del Ferro Battuto, la mensa e il dormitorio, gli uffici, i laboratori minori, la biblioteca e gli studi dei docenti. L’offerta formativa organizzata su tre livelli, prevede corsi preparatori, di specializzazione e di perfezionamento. Vengono organizzate due sezioni: oreficeria e legatoria. Le lezioni sono invece cinque: del mobile, del ferro battuto, del cesello, dell’incisione e dell’oreficeria, delle decorazioni e infine delle arti grafiche. La scuola si pone l’obiettivo di sanare la frattura ottocentesca tra produzione artistica e industriale, colmandone la distanza attraverso l’aspirazione ad un’arte diffusa e un’industria artistica. La linea che si persegue è quella delle Scuole d’Arte e Mestieri tedesche, le quali tuttavia godevano di un patrimonio teorico molto più ricco. Alla base della fondazione

dell’istituto risulta chiaro il principio che individua nell’educazione e nell’apprendimento di un mestiere i principali strumenti di elevazione sociale per le classi meno abbienti; nei fatti si configura quindi al pari di un’università di arti decorative, in grado di formare, attraverso l’artigianato, dei professionisti nel campo dell’arte. Le vicende vedono una continua alternanza tra tensione alla modernità, sulla scia di una Milano consacrata all’industria, e una radice artigianale di stampo ottocentesco, profondamente consolidata dalla tradizione. Con la denominazione di ISIA, ufficializzata nel 1929, la scuola sa trasformarsi, conferendo una nuova identità in termini di innovazioni tecniche, aumentando in numero e qualità i corsi di studio. Ai tre differenti gradi di formazione, vengono legati otto indirizzi e nuovi programmi. La direzione dell’istituto viene affidata a Guido Balsamo Stella, il quale caratterizza la scuola convocandovi numerosi artisti di fama italiana ed estera. Tra questi si ritrovano lo scultore 6. Linee guida d’azione educativa della società, stese da Augusto Osimo 7. http://www.wwmm.org/storie/storia.asp?id_ storia=471&pagina=1&project=0


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Aula di Plastica Decorativa, inizio anni trenta Immagini dal libro: R. Bossaglia, L’ISIA a Monza. Una scuola d’arte europea, Associazioni Pro Monza, 1986, p.24

Aula di Composizione, inizio anni trenta Immagini dal libro: R. Bossaglia, L’ISIA a Monza. Una scuola d’arte europea, Associazioni Pro Monza, 1986, p.16



a sinistra: Laboratorio di Ferro Battuto e aula di Copia dal Vero, anni trenta in alto: Insegnamenti di Figura e di Copia dal Vero di animali, anni trenta pagina seguente: Grande aula di decorazione murale, anni trenta Immagini dal libro: R. Bossaglia, L’ISIA a Monza. Una scuola d’arte europea, Associazioni Pro Monza, 1986, pp. 16-20-24-50


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Arturo Martini, i pittori Raffaele De Grada, per la copia dal vero, Pio Semeghini, per figura disegnata, e Aldo Salvadori per disegno di composizione, oltre a molte altre personalità artistiche7. Di pari valore è considerato il successore di Stella, Elio Palazzo; il quale nel 1932, apportando alcune modifiche ai programmi didattici, acquisisce all’interno del corpo docente artisti come Marino Marini, Marcello Nizzoli, Edoardo Persico, Giuseppe Pagano, Agnol Domenico Pica, Pietro Reina, Giovanni Romano, Raffaello Giolli ed Umberto Zimelli. La cultura dell’arte applicata trova quindi la forza di decentrarsi rispetto alle

vicina Milano, riconoscendo nella città di Monza, l’opportunità di rivolgersi ad un bacino produttivo molto più ampio, sfruttando il connubio tra artigianato e industria. Dopo poco più di vent’anni di attività e difficoltà di finanziamento l’istituto fu chiuso nel 1943 quando l’Italia fu occupata dai tedeschi e l’edificio fu requisito per le SS. Alla fine della guerra Riccardo Bauer, commissario dell’Umanitaria, nel nome dell’ideale artistico e sociale, si batté perché l’ISIA. fosse riaperta, ma le amministrazioni locali propendevano per una gestione diretta dell’edificio. L’ISIA non riaprì mai più.

biennali e triennali a Monza

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La storia della Villa Reale risulta strettamente connessa a quella delle Biennali e Triennali delle Arti Decorative: tenute in origine con cadenza biennale, le mostre internazionali vengono

organizzate dallo stesso Istituto Superiore per le Industrie Artistiche di Monza. L’evento viene in un primo tempo concepito con lo scopo di esporre la produzione artistica dagli allievi


Scorci della sala dedicata all’ISIA nella VI Triennale di Milano del 1936. Affreschi, graffiti, manifesti, opere in ferro battuto, ceramiche e opere in rame, tutte interamente realizzate dagli studenti dell’ISIA. Immagini dal libro: R. Bossaglia, L’ISIA a Monza. Una scuola d’arte europea, Associazioni Pro Monza, 1986, pp. 40-41


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Fondatori dell’ISIA e dell’Istituzione della Biennale, foto scattata durante la prima esposizione del 1923

dell’ISIA, andando in breve tempo ad accogliere contributi artistici di provenienza internazionale. Le prime quattro esposizioni vengono allestite all’interno della Villa Reale di Monza: si svolgono con cadenza biennale tra il 1923 e il 1927, fino a che, nell’ultima edizione monzese del 1930, se ne vede la trasformazione in triennale. A partire dalla V edizione della mostra, tutte le successive manifestazioni vennero svolte a Milano all’interno del Palazzo dell’Arte della Triennale.

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I Biennale: 1923 Verso la Modernità: Prima Esposizione Internazionale delle

Arti Decorative. Viene allestita dall’ISIA alla Villa Reale di Monza dal 19 maggio al 21 ottobre 1923. Ordinata secondo sezioni regionali, cerca di dare fiducia alle risorse di ogni singolo luogo, in contrasto con il temuto mercato straniero. Tra gli artisti che partecipano vi sono Gio Ponti, Marcello Nizzoli, Fortunato Depero e Vittorio Zecchin. II Biennale: 1925 Oltre il folclore: Seconda Mostra Internazionale delle Arti Decorative. Si tiene sempre alla Villa Realedi Monza, dal 19 maggio al 20 ottobre 1925. L’evento avviene


in concomitanza con l’Esposizione delle Arti Decorative e Industriali Moderne di Parigi; diversamente dalla mostra francese, a Milano viene posto l’accento sull’aspetto artigianale dei prodotti esposti. Oltre alle sezioni regionali, si aggiungono quelle legate alle colonie italiane. III Biennale: 1927 La semplificazione formale: Terza Mostra Internazionale delle Arti Decorative. Edizione biennale tenuta nella storica sede della Villa Reale di Monza, dal 31 maggio al 16 ottobre 1927. La tematica architettonica assume un ruolo di rilievo all’interno dell’esposizione. IV Triennale: 1930 Sintesi delle arti e funzionalità: Esposizione Triennale Internazionale di Arti Decorative e Industriali Moderne. La quarta esposizione costituisce anche l’ultima edizione tenutasi all’interno dello storico complesso della Villa Reale di Monza: presente dall’ 11 maggio al 2

novembre 1930. Le edizioni passano quindi dal rispettare una cadenza biennale, ad allestimenti triennali, così da poter essere organizzate e finanziate al meglio. Aumenta al contempo l’interesse per l’industria, a discapito dell’artigianato, il quale comincia a rivestire un ruolo sempre meno di rilievo all’interno del mercato dell’epoca. La gestione dell’evento diventa statale, e conferisce ampio spazio all’architettura: il Gruppo 7 espone la Casa Elettrica, col patrocinio della Edison. Triennale Design Museum Inaugurato nel 2007, il Triennale Design Museum, diretto da Silvana Annicchiarico, è il primo museo del design italiano e ne rappresenta la molteplicità di espressioni. È un museo dinamico, che si rinnova continuamente e offre al visitatore sguardi, punti di vista e percorsi inediti e diversificati. Un museo non solo scientifico e rigoroso ma anche emozionale e coinvolgente. Il Triennale Design Museum mette in scena il design italiano attraverso un sistema di rappresentazioni


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che, di anno in anno, cambiano tematiche, ordinamenti scientifici e allestimenti. Il museo ha allestito una collezione permanente - parte della quale esposta dal dicembre 2014 al novembre 2018, nella sede di Villa Reale di Monza - ma è anche a capo di una vasta rete di giacimenti presenti sul territorio italiano, collezioni private, musei d’impresa, raccolte specializzate e piccoli musei tematici, con cui ha stabilito uno stretto rapporto di collaborazione. Negli spazi del Belvedere della Villa Reale di Monza, il Triennale Design Museum ha portato avanti un programma di conservazione, promozione e valorizzazione del design italiano in Italia e nel mondo; ristabilendo e rafforzando il legame storico fra la Triennale e la città di Monza. La presenza del Triennale Design Museum all’interno della città ha previsto, non solo spazi espositivi, ma anche luoghi “vivi”, costantemente animati da attività; incontri e

conferenze - con il coinvolgimento di esperti del settore, designer, imprenditori, critici e docenti affiancano attività didattiche per bambini e famiglie. Gli spazi del Belvedere della Villa Reale di Monza, destinati alla promozione e valorizzazione della Rete dei Giacimenti del Design Italiano cui è a capo il Triennale Design Museum, mirano a creare un luogo di scambio e dialogo fra il design, che trova un proprio territorio di sviluppo all’interno della Brianza, e un patrimonio diffuso su tutto il territorio italiano. La Villa Reale diviene inoltre una piattaforma di scambio di saperi che, di volta in volta, coinvolge in maniera mirata un pubblico generico di appassionati o specifici di addetti ai lavori: attraverso lo sviluppo di luoghi di lavoro, di condivisione e tutela del “saper fare”, per promuovere e valorizzare la ricerca, le tecniche, lo studio dei materiali e delle loro lavorazioni.



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Locandina I Biennale 1923

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Locandina II Biennale 1925


Locandina III Biennale 1927

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l’istituzione scolastica della Villa Reale

l’ISA - la storia agli esordi

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Negli anni Venti si iniziano a diffondere i primi istituti d’arte, con l’obiettivo di rispondere alle specifiche esigenze di formazione di artisti e artigiani dell’epoca. Nel 1951, a seguito della seconda guerra mondiale, la riforma Gonella, ne conferma il modello organizzativo. Gli istituti, impostati su corsi triennali, rilasciavano diplomi di maestro d’arte relativi ai diversi indirizzi, tra i quali oreficeria, ceramica, mosaico, stampa d’arte, decorazione, “arti commerciali” o addirittura qualificazioni ancor più specifiche. Nel 1931 Fausto Melotti, insegnante nei laboratori dell’Istituto Statale d’Arte di Cantù, con il suo corso di composizione classica moderna, contribuisce allo svecchiamento del processo formativo, avviando

gli studenti a una ricerca artistica sperimentale: il felice connubio tra fare e creare, permette di andare oltre la semplice qualifica tecnica. Prendendo le mosse da questa piccola rivoluzione didattica e culturale, emerge la figura dell’ISA di Monza, guidata da Norberto Marchi, uno tra i direttori più impegnati nelle battaglie di innovazione. Il suo istituto, esemplare poiché dotato di efficienti laboratori, viene scelto dall’ANDISA - Associazione Nazionale Direttori Istituti Statali d’Arte - quale centro pilota per la riforma dell’educazione artistica. Anche in altri istituti d’arte inizia un’importante sperimentazione didattica: sono infatti gli anni in cui si cerca di definire una propria epistemologia del design. È importante ricordare


studi come quello di Munari e la particolare attenzione posta sugli studi riguardanti la psicologia della forma e le fondamentali testimonianze del Bauhaus1. Sarà proprio il sindaco di Monza, all’epoca Giacomo Nava, ad odoperarsi per aprire all’interno del centro comunale, un istituto d’arte. Viene pertanto presentata a Roma esplicita richiesta - da parte del Comune, al ministero della Pubblica Istruzione - per l’apertura del nuovo ISA, all’interno del complesso della Villa Reale di Monza. Nel maggio 1967 il sindaco, impegnandosi nel mettere a disposizione i locali necessari, chiede al Ministro della pubblica istruzione di <<autorizzare l’apertura, in Monza, di un istituto d’arte, completato da corsi di industrial design e da corsi sulla fotografia e grafica nonché di autorizzare la riapertura dell’Istituto superiore già esistente a Monza e tuttora contemplato nella legislazione vigente>>2. La risposta alla richiesta arriva con un telegramma datato 3 agosto

1967: il ministro Gui dispone la nascita dell’Istituto d’Arte a partire dall’ottobre dello stesso anno. Successivamente, il presidente dell’Istituto Statale d’Arte di Cantù, Norberto Marchi, ed il segretario amministrativo dello stesso istituto, vengono incaricati di compiere gli atti necessari all’organizzazione delle attività del nuovo istituto. I due, pur mantenendo il lavoro all’istituto canturino, sono incaricati di sovrintendere l’avvio delle attività dell’ISA di Monza. Si precisa che la macchina didattica sarebbe stata avviata in forma sperimentale e che, contemporaneamente, si sarebbero compiute le selezioni amministrative necessarie a costituire l’organico dei docenti: assunti in forma annuale per mezzo di concorso, indetto ad opera una commissione principalmente composta da insegnanti dell’Istituto canturino. Marchi oltre a notevolissime capacità organizzative si rivela una personalità di grande rilievo, motivo che gli consente di chiamare a raccolta un gruppo di insegnanti di straordinario livello; tra questi molti professionisti di chiara fama, 1. Negli anni 70 pubblicati in lingua italiana i testi dei maestri della scuola del Bauhaus 2. Lettera del 19 maggio 1967 in copia presso l’archivio ISA


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che collaborano alla costituzione del primo nucleo docenti dell’ISA di Monza. La quasi totalità degli iscritti all’apertura dei corsi, 60 studenti, non proviene dalle scuole medie inferiori: alcuni, già lavoratori, avevano cominciato il proprio percorso professionale dopo aver completato la scuola dell’obbligo, altri avevano interrotto gli studi, altri ancora provenivano da corsi professionali, ai quali accusavano l’eccessiva povertà culturale. Il 1 ottobre 1967, con una lezione tenuta è professor N. Silvestrini nel teatrino della Villa Reale di Monza, si dà avvio ai corsi dell’Istituto Statale d’Arte. Il nuovo istituto nasce in un periodo di fermenti e rivolte; una fase di lotte studentesche era cominciata nel 1963 all’interno della facoltà di Architettura di Milano. Tali proteste, honno come oggetto la necessità di evoluzione verso una didattica più aderente alla realtà. Negli stessi anni si sviluppa inoltre il dibattito riguardante i ruoli del designer e dell’architetto nella società moderna; tali questioni assumono un ruolo

decisivo nell’organizzazione dell’apparato didattico del nuovo istituto, che acquisisce un carattere fortemente sperimentale. Il gruppo di insegnanti selezionato vanta importanti esperienze professionali nel settore, e risulta composto da architetti che si erano <<distinti nel vivacissimo dibattito culturale, che animava il mondo delle riviste d’architettura e l’università milanese in quegli anni>>3. Le aspettative degli studenti, ormai adulti, sono alte e portano alla convinzione che non è più possibile limitarsi ad insegnare verità già consolidate. Da tali motivazioni prende il via una didattica nuova che, nella quotidiana sperimentazione, coinvolge profondamente gli studenti in uno scambio continuo tra maestro ed apprendista. L’obiettivo perseguito da Marchi nella scuola è quello di formare gli studenti, non mediante accumulazione di conoscenze, ma attraverso la

costituzione di una capacità di connettere conoscenze diverse, che aprano alla comprensione del mondo contemporaneo. Una volta impostato e portato a termine il primo anno scolastico,


l’ISA passa sotto la direzione di Mario Tevarotto, un importante architetto milanese che in quegli anni aveva presieduto il MSA (Movimento per gli Studi di Architettura), collaborando con Vittoriano Viganò. Anch’egli continua raccogliere insegnanti, focalizzandosi in particolare sulle materie di indirizzo; ricerca personalità all’interno dei noti ambienti artistici e professionali milanesi, costituendo un corpo docenti in grado, di offrire agli

allievi esperienze straordinarie e percorsi formativi di alta qualità. L’istituto vanta nel tempo una crescita continua delle iscrizioni. Nel primo anno di attività la scuola ospita solamente 56 studenti, che diventano 130 nel secondo; nel 1970 il numero sale a 230, accogliendo personalità provenienti non solo da Monza, ma ampliando il proprio bacino a tutta la provincia milanese e a quelle limitrofe.

l’organizzazione didattica e le riforme L’iniziale organizzazione della scuola prevedeva un solo triennio che consentiva l’accesso agli esami di maestro d’arte; con la legge del 1970, viene introdotto il biennio sperimentale, comprensivo del IV e V anno. La riforma consente agli studenti di ottenere un diploma di maturità di arte applicata, permettendo finalmente l’accesso all’università. Per garantire una didattica interdisciplinare, la

riforma, organizza la scuola in istituti: istituto di Progettazione, istituto di Ricerca Storico-Linguistica ed istituto Scientifico. Se la tradizionale struttura degli istituti d’arte prevede la conclusione dei primi 3 anni con un esame finalizzato ad ottenere la qualifica di maestro d’arte e l’accesso alle accademie di Belle Arti, l’Istituto Statale d Arte di Monza, si configura attraverso un’organizzazione 3. Rodolfo Profumo, La storia dell’ISA, un profilo a grandi linee, in Una scuola per il domani. Dall’ISA al Liceo Artistico Nanni Valentini 1967-2017, Mondadori e Triennale Milano, pp. 29


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didattica innovativa. Il ciclo di studi viene diviso tra un biennio propedeutico, cui segueun triennio di specializzazione; quest’ultimo consente lo sviluppo di un percorso legato alla grafica e alla comunicazione visiva, e ad un corso di design per l’architettura e l’industria. La didattica è organizzata su un piano di 39 ore settimanali, in cui vengono distribuite le diverse attività: consentendo ampia libertà e flessibilità alle discipline d’indirizzo. Nel 1977 viene ufficializzato il nuovo percorso didattico; avviando una maxisperimentazione, viene abolito l’esame al biennio, attivando un ciclo unico quinquennale. La suddivisione tra un biennio di orientamento ed un triennio sperimentale viene mantenuta.

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La prima metà degli anni Novanta - caratterizzata da politiche finanziarie nazionali fortemente restrittive, che hanno forte impatto sulle politiche scolastiche - impone all’istituto la difesa delle proprie sperimentazioni, attraverso la dimostrazione dell’efficacia di

questa nuova didattica. A questo scopo, la grande esposizione allestita all’interno del Serrone nel 1994, intitolata “ISA – Passato e futuro. Creativi in mostra”, mette in mostra i lavori di allievi e insegnanti, accompagnati da incontri e dibattiti sulle prospettive e sulle politiche dell’Istituto d’Arte. In quegli anni la didattica deve confrontarsi con il passaggio all’era digitale, affrontato tramite l’istituzione di una commissione informatica e per mezzo dell’acquisto di attrezzature e strumenti di lavoro digitale. Tale rivoluzione porta alla necessità di una maggiore interdisciplinarità, confermando la validità dei metodi su cui l’istituto aveva basato la propria politica di sviluppo. Il periodo che va dal 1997 al 2010 vede l’istituto impegnato nelle discussioni sulle riforme della scuola secondaria superiore: argomento che anima la vita di tutta la scuola italiana. Sono gli anni dei convegni istituiti per determinare il destino della didattica; la scuola lancia diversi appelli affinchè i progetti di riforma dell’educazione artistica non intervengano con pesanti tagli



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alle materie di indirizzo. Nel 2002 si tiene un incontro all’interno del teatrino della Villa Reale, dal nome “Creatività e progetto. Primo incontro delle scuole artistiche statali e non statali della Lombardia”. L’obiettivo è quello di discutere i progetti di riforma. Nel 2004 vi segue un secondo convegno, “Educare con l’arte”, ospitato questa volta all’interno del Serrone; a questa si accompagna una mostra significativa, nella quale vengono esposte tavole didattiche che illustrano metodi e risultati ottenuti da importanti figure che hanno insegnato nella scuola. L’Istituto cerca, attraverso queste iniziative, di dialogare con le istituzioni, discutendo e sottoponendo a verifica il proprio lavoro. Compie fino in fondo la missione implicita nella qualifica sperimentale della scuola, fornendo indicazioni, producendo analisi e proponendo soluzioni. Tali tentativi si rivelano vani. Nel 2010 la riforma Gelmini, sostenuta da ragioni di carattere economico e necessità di semplificazione,

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cancella

gli

istituti

d’arte

trasformandoli in liceo e riducendo gli spazi destinati alle materie di indirizzo e raggruppando il tutto in contenitori onnicomprensivi indefiniti. L’esperienza dell’ISA si chiude nel 2014, perduta gran parte delle materie caratterizzanti, si cerca però di conservare lo spirito del laboratorio, come indispensabile completamento dell’esercizio progettuale. Nasce così il nuovo Liceo Artistico Statale della Villa Reale Nanni Valentini: che prenderà questo nome nel 2015, omaggiando il grande scultore, individuato come la figura che più di ogni altra è in grado di sintetizzare e ricordare le numerose personalità che hanno contribuito con passione alla formazione dei tanti allievi dell’istituto. Nel 2017 una mostra presso la Triennale di Milano celebra i cinquant’anni dell’ISA, sottolineando, con giustificato orgoglio, l’unicità e la peculiarità della sua storia, ribadendo con forza come la formazione sia da sempre uno dei tratti fondamentali della manifattura italiana orientata al design. Il nuovo liceo esplicita la volontà


di salvaguardare il portato di materie caratterizzanti, cercando di mantenere una continuità con la storia dell’istituto d’arte e quindi la centralità dei laboratori specializzati del triennio conclusivo. Il liceo si avvale così di nuovi indirizzi, passando da due a sei diverse specializzazioni; oltre ai già presenti indirizzi di grafica e design, si aggiungono quelli di arti figurative, architettura e ambiente, scenografia, audiovisivo e multimediale. In continuità con la storica scuola d’arte, il Liceo Nanni Valentini ha sviluppato e consolidato un’offerta formativa capace di favorire l’acquisizione di metodi specifici nel campo della ricerca e della produzione artistica; consentendo di padroneggiare tecniche e linguaggi, attraverso un percorso che coniuga lo studio delle discipline estetiche, letterarie e

scientifiche, con l’apprendimento attivo mediante la didattica svolta nei laboratori di arte applicata. All’interno di questi, adeguatamente attrezzati e dotati di strumentazione moderna e funzionale, gli allievi progettano, realizzano architetture, modelli, oggetti di design, manifesti, riviste e stampati di ogni tipo; disegnano e dipingono con strumenti e materiali differenti; modellano sculture e realizzano installazioni; filmano e fotografano, elaborano audiovisivi. Costante è il rapporto dei ragazzi con studi professionali, aziende e con enti del territorio, per conto dei quali si realizzano progetti e prodotti nei differenti campi dell’arte applicata, integrando così la formazione teorica e pratica offerta dalla scuola con un bagaglio di esperienze che avvicinino chi studia al mondo del lavoro e delle professioni.


Scalone storico con murales - autogestione 1985


Laboratorio di Grafica, 2009 - foto di Alex Falcone

Concerto di fine anno, 2009 - foto di Marco Colombo


difficoltà ed occupazioni

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Durante il corso dei cinquant’anni, che testimoniano una didattica senza dubbio di prestigio ed innovazione, si sono manifestate diverse problematiche legate all’utilizzo degli spazi destinati alla didattica, complicandone la gestione passata e attuale. Già nei primi anni di attività dell’istituto, gli studenti - ospitati inizialmente nel pian terreno del corpo centrale della Villa - devono confrontarsi, durante l’inverno, con problematiche legate all’alto tasso di umidità e ai relativi problemi di scarso comfort degli ambienti, inospitali se relazionati alle lunghe ore di permanenza. Lo spostamento della scuola nell’ala sud, avvenuto con un paio di anni di distanza, garantisce spazi per un maggior numero di studenti, ma non risolve definitivamente il problema; l’allestimento delle attrezzature dei laboratori risulta ancora difficoltoso e i problemi legati al comfort termico all’interno delle aule persistono.

L’incombente necessità di spazi adeguati ad ospitare una didattica così varia e ricca di sperimentazione, porta nel 1969 all’occupazione della Villa. È la scuola stessa a proporre un progetto di massima per la sistemazione e l’adeguamento delle aree ad uso dell’Istituto. Il progetto, realizzato parzialmente solo molto tempo dopo, rivendica l’attenzione della scuola per l’edificio storico e la volontà di prevederne il restauro ed il recupero di alcune parti dismesse. Nel 1977, per sollecitare il restauro della Villa Reale, viene nuovamente occupato il corpo centrale dell’edificio. Questa volta l’azione risulta più efficace e coerente, anche perché orchestrata a partire dal preside Moneta5, il quale ottiene il permesso di utilizzare gli spazi della Villa per l’allestimento della mostra “Italia da salvare”. In questa occasione si tiene un convegno


che affronta come tematica principale, quella dell’utilizzazione del grande edificio piermariniano. L’istituto presenta nuovamente una proposta articolata, formulata attentamente da Roberto Orefice, la quale prevede l’utilizzo complessivo della Villa, attivandolo come centro per la cultura artistica. Nonostante il successo dell’evento e gli apprezzamenti della stampa, anche questa volta, l’iniziativa non scaturisce risposte ed esiti positivi. Nel 1985, l’allontanamento per motivi di saluta di Anna Maria Criscione e la perdita di Nanni Valentini6, portano la scuola a dover affrontare anni difficili. Per diverso tempo, infatti, la scuola si trova a dover fronteggiare il continuo cambio di amministrazione, associato al crescente numero di studenti, che arriva a toccare numeri elevatissimi per la storia dell’istituto. Si iniziano ad accusare sempre maggiori problemi di spazio, diventati a questo punto pressoché insostenibili. La commissione edilizia dell’istituto presenta quindi al Consiglio Comunale di Monza, un progetto di ristrutturazione del

corpo centrale, la quale non riesce però ad ottenere l’approvazione delle amministrazioni comunali. Nel 1986, ai già elencati problemi, si aggiunge lo stato di inagibilità dei laboratori di grafica, causato dalle condizioni climatiche perticolarmente avverse di quell’anno. In risposta agli innumerevoli disagi, l’amministrazione comunale riuscì solo a reperire sedi esterne nelle quali svolgere l’attività didattica in attesa di una soluzione. Finalmente, nel 1992, dopo anni di difficoltà, il comune si appresta ad avviare un consistente ciclo di sistemazioni e restauri, destinato a concludersi nel 1995. Tale intervento porta alla sistemazione interna delle aule ed il recupero delle vecchie stalle, collocate sul lato est del cortile, al fine di trasformarle in laboratori didattici. Nelle previsioni di intervento, il comune ipotizza inoltre la ristrutturazione di un altro edificio presente all’interno del complesso della Villa Reale: l’ex Paolo Borsa. Edificio realizzato dal Canonica nel 1802 con funzione di caserma, che 5. Gianfranco Moneta, proveniente da Roma, fa parte del gruppo di lavoro storico-culturale cui faceva capo Bruno Zevi, dirige l’ISA di Monza dal 1975 al 1979.


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Restauro delle vecchie scuderie - foto del 1992

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Il cortile della scuola - foto storica del 1978 di Ennio Vicario


viene poi adibito a scuola serale artigiana fino agli anni Novanta, quando viene chiuso a causa del suo stato pericolante. L’edificio non viene però restaurato e nonostante le sue condizioni precarie, viene provvisoriamente assegnato all’ISA, al fine di tamponare la carenza di spazi. L’edificio subisce nel tempo solo piccoli interventi, non strutturali, cadendo quindi rapidamente in una condizione di degrado. Nel 1998 il primo piano dell’edificio Borsa viene reso inagibile a causa del crollo di grondaie e cornicioni. Ne viene prolungato l’utilizzo fino al 2011, quando viene ufficialmente dichiarato inagibile. L’istituto si trove così a dover affrontare nuovamente la problematica della carenza di spazi, didattici, trovandosi nell’esigenza di dover ricollocare una decina di classi. Tali problematiche sono ancora

presenti, la scuola - costretta ad appoggiarsi ad una succursale esterna - presenta ancora dieci aule vacanti e numerose problematiche interne, legate alla necessità di adeguamento degli spazi in termini di accessibilità e di sicurezza. Il comune ha stanziato dei fondi per la rimessa in sicurezza dell’edificio ex Paolo Borsa e prevede di renderlo totalmente agibile entro cinque anni. L’intero complesso necessita però di un ingente opera di restauro e riqualifica, accompagnata da una riorganizzazione complessiva degli spazi didattici, che hanno visto duplicarsi i propri percorsi formativi. Si rende pertanto necessario un intervento che garantisca una migliore fruizione all’interno delle varie parti del complesso stesso.

6. Nanni Valentini, pittore, disegnatore, ceramista, scultore, e insegnante d’arte, insegna all’ISA dal 1969 al 1985, oggi la scuola prende il suo nome, intitolata nel 2015 Liceo Artistico “Nanni Valentini”


testimonianze In cinquant’anni sono numerosi gli artisti, professionisti della comunicazione e del design, studiosi, critici, letterati e storici che hanno contribuito alla realizzazione dell’ex Istituto d’Arte di Monza: alcuni di questi già famosi, altri destinati a diventarlo. In molti hanno contribuito e partecipano tuttora alla vita culturale del territorio monzese; al contempo impegnati nelle attività educative, con l’obiettivo di formare generazioni di artisti e di progettisti. <<C’erano i letterati, c’erano i grafici, c’erano i designer e gli architetti, grandi studiosi di geometria, maghi della stampa e dell’ebanisteria, modellisti, maestri del cinema e della fotografia, storici dell’arte, scienziati e matematici, uomini di sport e sociologi, filosofi e storici dell’arte, uniti dalla passione per l’insegnamento, dall’atmosfera della Villa Reale e del Parco>>7.

Qui di seguito sono raccolte le testimonianze di alcune di queste figure che, in un modo o nell’atro, hanno contribuito alla storia di questa macchina sperimentale che era l’ISA di Monza e che ancora oggi è attiva sotto il nome di Liceo Nanni Valentini. Una scuola che per anni è stata una vera comunità, un luogo nel quale molti allievi sono divenuti docenti; un sodalizio sorretto da profonde amicizie, dalla partecipazione a un progetto esistenziale, un consorzio umano che, pur nei diversi punti di vista, ha saputo conservare il senso di una comune appartenenza8. <<Non si commetta l’errore di guardarla come un reperto archeologico inanimato o un rottame di un altro tempo. L’ISA di Monza è un insieme di valori ancora attivi e vitali da captare o adescare e da portare in un altrove dove può avere inizio un nuovo contemporaneo>>9.

7. www.isamonza50.it 8. Marco Mirzan

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9. Pier Giuseppe Guzzetti


Un luogo dove si condividono informazioni, dove ci si confronta, dove si può crescere. E' sufficiente partecipare, ascoltare, essere aperti al cambiamento. Perché la scuola in-segna a tutti quelli che la fanno: cioè trasforma, lascia un segno, se si è disponibili a questo cambiamento.

Maurizio Telloli

docente di arti fotografiche


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<<La formazione - ogni formazione – è un’esperienza. E in quanto tale unica. Ed è legata ai soggetti che la agiscono e ai luoghi in cui viene agita. Questo per dire che l’esperienza dell’ISA di Monza non sarebbe stata quella storia d’eccellenza che è oggettivamente stata, se non avesse avuto come protagonisti dei “maestri” del calibro di A. Fronzoni, Ugo La Pietra o Michele Provinciali e se non si fosse

radicata in un luogo preciso: non solo la Villa Reale di Monza, con tutto il portato storico e simbolico che quest’edificio porta con sé, ma anche nel distretto della Brianza, con la sua genetica vocazione al fare, la sua concretezza, la sua capacità di coniugare estro ed empiria, talento e innovazione, creatività ed imprenditoria>>. Silvana Annicchiarico - Direttore Triennale Design Museum


[...] i laboratori, soprattutto, erano un luogo vivo e sempre

frequentato dove si progettava e

si sperimentava. I modelli e gli stampati testimoniano ancora oggi

la complessitĂ degli studi e degli approfondimenti nei campi della

geometria delle forme e della comunicazione per immagini.

Guido Soroldoni preside della scuola


Le differenti poetiche e le diverse strategie didattiche, si confrontavano e mescolavano, come ancor oggi accade, nel grande cortile dell'istituto in cui docenti e allievi si ritrovano a ogni possibile occasione, uno spazio collettivo, delimitato dai grandi tigli e dai cancelli che separano la scuola dagli spazi verdi dei giardini della villa: un ambiente che sembra pensato per far crescere un senso di comunita' condiviso, dal carattere aperto e disponibile alla relazione.

R. Profumo

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docente di storia dell’arte


Immagino quanto si riuscirebbe a realizzare se

si disponesse di spazi adeguati; una piccola sala

teatrale nella scuola! Sarebbe magnifico per gli

studenti tutti, quelli di scenografia in particolare

e per i lori insegnanti. Avrebbero un luogo dove

lavorare stabilmente, conservare i lavori, produrre

spettacoli teatrali anche per l'esterno, collaborare con altri teatri. PerchĂŠ no? Lo meriterebbero

P. Camnasio docente di italiano e storia


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a sezione si pone l’obiettivo di catalogare, raccogliere e analizzare una serie di approcci metodologici e progettuali che interessino le tematiche dell’architettura storica e la relazione della stessa con nuovi interventi, capaci a loro volta di rafforzare il legame di tali manufatti con il territorio. La ricerca pone inoltre l’attenzione sulla comprensione degli approcci e delle metodologie più indicati, all’interno del panorama della progettazione di spazi e servizi pubblici per la comunità: destinando particolare rilievo alle tematiche dell’architettura degli spazi dell’apprendimento. La sezione procede secondo due filoni distinti: il primo attraverso il quale

viene presentata una selezione di riferimenti e richiami testuali, atti ad individuare idee di spazi congrui a rispondere alle necessità riscontrate all’interno del sito. Un secondo capitolo viene invece destinato alla catalogazione di progetti realizzati che, attraverso il confronto con i suddetti temi, costituiscono un precedente cui fare riferimento, offrendosi come spunto per l’individuazione di linee guida e per lo sviluppo di una nuova proposta progettuale. La messa a sistema di questi contributi ha consentito la costruzione di un quadro che chiarisse in maniera esaustiva obiettivi e metodologie del nuovo intervento, andando a delineare un concept per lo sviluppo progettuale della proposta.

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sistema scuola intercluso assenza di relazioni con l’esterno

spazi della socializzazione ampi e indefiniti

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funzione inserita nella scatola architettonica


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sistema scuola aperto sviluppo di interconnesioni con il territorio

spazi di relazione diffusi e puntuali

struttura modellata su attivitĂ , funzione e utenza


legame di adiacenza con il contesto verde

vincoli di carattere paesaggistico relativi ai manufatti

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assenza di collegamenti diretti tra gli edifici


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forte integrazione tra costruito e parco

nuovi spazi e funzioni nel rispetto dei vincoli

inserimento di nuove connessioni e percorsi


uno spazio che cresce

approccio metodologico

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Avendo introdotto il contesto storico e le condizioni attuali in cui si inserisce il sito di progetto, si rende necessario proseguire attraverso l’individuazione della tipologia di intervento più congrua a tale situazione: è utile quindi definire un operato in grado quindi di risolvere in maniera efficiente le problematiche di gestione e organizzazione della struttura scolastica. Il capitolo è stato organizzato sottoforma di raccolta di riferimenti e citazioni, utili ad esemplificare gli obiettivi prepostisi nell’ambito della progettazione di spazi pubblici, destinati ad una pluralità di individui e differenti tipologie di utenza. Quando si parla di spazi e servizi pubblici è necessario considerare i profondi cambiamenti che negli ultimi decenni hanno influenzato

la società contemporanea e le dinamiche lavorative, educative e di diffusione della cultura. Attualmente gli spazi della condivisione – destinati quindi ad una non ristretta utenza – presentano nuove esigenze che è fondamentale tenere in considerazione. La necessità di un continuo aggiornamento e di un’estrema flessibilità degli spazi deve essere risolta facendo fronte ad una serie di sempre più frequenti cambiamenti cui è soggetta la società odierna. La messa a sistema di tali cambiamenti – all’interno della società e del contesto architettonico e culturale – comporta la nascita di un organismo dalla struttura mutevole: capace di adattare le proprie forme e funzioni alle attività svolte degli utenti, all’interno e


all’esterno di esso. La capacità del dispositivo architettonico di entrare in relazione con l’utenza e con il proprio contesto, si realizza attraverso l’attivazione di un sistema aperto e ricettivo, volto a sviluppare e intensificare le interconnessioni con il territorio. L’edificio è in questo senso inteso come spazio mutevole e fluido, in grado di configurarsi ed essere riorganizzato secondo necessità da parte degli utenti e delle attività che al suo interno verranno ospitate. Le dinamiche interne e l’utenza risultano elementi centrali nell’ambito della progettazione di spazi pubblici per l’educazione e la formazione; nella progettazione degli stessi sarà pertanto necessario prestare particolare

attenzione alla configurazione di spazi di relazione, pensati e costruiti “su misura” per l’utente. La raccolta di suggestioni mira quindi a chiarire gli obiettivi di intervento; interpretando l’edificio come organismo in grado di animarsi e capace di adattarsi alle attività e agli utenti che con esso interagiscono. Gli spazi destinati ad ospitare funzioni di carattere artistico ben si adattano a questa tipologia di intervento: organizzazione interna e arredo divengono elementi fondanti di un sistema che si basi sull’adattabilità alle forme interne, e garantisca totale integrazione – o meglio, sinergia – tra attività degli utenti, involucro e contesto.


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un nuovo sistema si inserisce all’interno dell’esistente, donando nuova vita


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Oggi constatiamo che molte tipologie nate nel XX secolo stanno invecchiando rapidamente: i luoghi di lavoro, i modi di abitare, gli ospedali, le scuole, le universitĂ , gli spazi per il tempo libero, i luoghi per la produzione e il consumo della cultura, negli ultimi dieci anni hanno cambiato la loro logica di funzionamento.

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I comportamenti individuali e sociali si sono profondamente trasformati e la progettazione di interior design cerca di intercettarne le maturazioni e indagarne i motivi piĂš profondi.


A. BRANZI, A. CHALMERS, a cura di, Spazi della Cultura / Cultura degli spazi: Nuovi luoghi di produzione e consumo della cultura contemporanea, FrancoAngeli, Milano 2007, p. 7

Si tratta infatti di nuove realtĂ che chiedono di essere interpretate, non attraverso la forma degli edifici, ma attraverso nuovi dispositivi interni.

Contesto culturale e spazio urbano sono elementi fondanti della progettazione


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l'intensificazione dei cambiamenti all'interno della societa', ha influenze significative sugli spazi della citta'

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Lo spazio costruito costituisce così un capitale in continua evoluzione con tempi di rinnovamento estremamente rapidi, capaci di riadattare lo spazio urbano a nuove forme e nuove tecnologie dell’”abitare contemporaneo”.

I principi di funzionamento della città non avvengono più attraverso dispositivi ambientali e ambientanti che permettono di adattare le forme costruite a diversificati programmi d’uso.


A. SCARPONI, Interior Urbanism: La trasformazione dello spazio urbano nella terza modernità, in A. Branzi, A. Chalmers, Spazi della Cultura / Cultura degli spazi: Nuovi luoghi di produzione e consumo della cultura contemporanea, FrancoAngeli, Milano 2007, (pp. 11-18)

Lo spazio urbano si modifica attraverso cicli funzionali di medio periodo che cambiano l’aspetto, l’uso e la frequentazione d’intere parti di città.


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L'intervento deve innestare nuovi meccanismi che interessino non soltanto il complesso scolastico!

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Deve apportare nuove dinamiche a livello della cittĂ .


Quando si parla del design degli Spazi per l’Apprendimento, si indica la programmazione di un organismo territoriale molto complesso come l’Università, che proprio dalla sua organizzazione interna, attraverso i sistemi di arredamento, definisce la sua organizzazione funzionale e i nuovi interscambi con il territorio e i quartieri limitrofi.

A. BIAMONTI, Nuovi concept per chi non smette mai di imparare, Strategie e potenzialità per l’università del Life-Long Learning, in A. Branzi, A. Chalmers, Spazi della Cultura / Cultura degli spazi: Nuovi luoghi di produzione e consumo della cultura contemporanea, FrancoAngeli, Milano 2007, (pp. 91-98)


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Nel definire uno spazio “liquido” ci si riferisce ad una condizione di complessità strutturale elevata, piuttosto che all’assenza di struttura, e a un modo di costruzione lineare assimilabile ad una tessitura.

compaiono nuove utenze

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Lo spazio “liquido” è quindi un luogo nel quale attraverso gli elementi propri dell’architettura chi vi entra ha la possibilità di sperimentare circostanze sempre differenti, nel quale la variabile temporale gioca un ruolo fondamentale.


I. FESTA, Abitare il movimento: Il museo come spazio dell’esistenza nomadica, in A. Cuomo, Architettura Arte Museo, (Atti del Convegno – Seminario Abitare l’Arte, Napoli, 2002), Gangemi Editore, Roma 2002

presenza di utenti che abitano e utilizzano lo spazio in modo temporaneo 1 turisti 2 studenti 3 lavoratori

City users consumatori metropolitani


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. . . solo riferendosi alla dimensione temporale, lo spazio perde la sua astrazione e diventa luogo. In quanto luogo lo spazio è denso di memoria, il che vuol dire che lo spazio è progettato per essere esperito in maniera narrativa.


E. CALVI, Tempo e Progetto, L’architettura come narrazione, Edizioni Guerini e Associati, Milano 1991


A. BRANZI, A. CHALMERS, a cura di, Spazi della Cultura / Cultura degli spazi: Nuovi luoghi di produzione e consumo della cultura contemporanea, FrancoAngeli, Milano 2007, p. 9

Si tratta piuttosto di un cambiamento profondo della logica del progetto, consistente nel passaggio da un modo di progettare impegnato a individuare soluzioni definitive, a una logica che non definisce cristali operativi certi, ma piuttosto aree molto sfumate dove agiscono (come nel caso dei computer) funzionoidi in grado di dare risposte positive a molte necessità diverse [‌] .

il cuore del progetto non viene dichiarato all'esterno, ma si realizza pienamente nell'organizzazione dei dispositivi interni


Progetti dunque per una società che è cambiata, che cambia e continua a cambiare; non nelle forme esteriori ma nel suo metabolismo interno.


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flessibilita' come requisito fondamentale all'interno degli spazi della didattica

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M. COLLA, Gli spazi industriali dismessi: Un’opportunità per la cultura contemporanea, in A. Branzi, A. Chalmers, Spazi della Cultura / Cultura degli spazi: Nuovi luoghi di produzione e consumo della cultura contemporanea, FrancoAngeli, Milano 2007, (pp. 19-28)


Gli spazi rifunzionalizzati possiedono qualità inaspettate: sono flessibili: cioè possono ospitare in momenti differenti, ma anche nello stesso momento, rappresentazioni ed esposizioni molto diverse fra loro; sono riconfigurabili, permettono cioè di dividere lo spazio adattandosi a diverse necessità […]


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Considerare il tempo in architettura permette di introdurre il tema dell’intreccio e della complessità dello spazio architettonico, in particolare se si pensa all’architettura degli interni. Ragionando in questi termini si può dire che anche l’architettura “accade” se si pensa ad essa come evento


A. CHALMERS, Spazi “a regola d’arte”, in A. Branzi, A. Chalmers, Spazi della Cultura / Cultura degli spazi: Nuovi luoghi di produzione e consumo della cultura contemporanea, FrancoAngeli, Milano 2007, (pp. 75-90)


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modello allestitivo

= dotato di tecnologica integrata, ad alta flessibilitĂ e reversibilitĂ .

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Per quanto concerne la ricerca di soluzioni ambientali specificatamente dedicate all’apprendimento, sulla base delle esigenze attuali emerge l’importanza di un approccio progettuale che faccia riferimento ad un modello allestitivo.


capacitĂ di adattamento degli spazi.

Il sistema di arredo, come componente di un piĂš complesso sistema ambientale, vede i propri elementi tradizionali, quali tavoli, sedie, contenitori, etc. assumere nuovi ruoli e nuove potenzialitĂ attraverso la loro integrazione con componenti che derivano da altri sistemi, quali per esempio quelli informatico o illuminotecnico.

componenti tecnologiche presenti, ma non visibili risposta alle diverse esigenze dell’apprendimento contemporaneo.


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A. BIAMONTI, Nuovi concept per chi non smette mai di imparare, Strategie e potenzialità per l’università del Life-Long Learning, in A. Branzi, A. Chalmers, Spazi della Cultura / Cultura degli spazi: Nuovi luoghi di produzione e consumo della cultura contemporanea, FrancoAngeli, Milano 2007, (pp. 91-98)

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Gli spazi per la produzione e il consumo della cultura universitaria, nell’epoca della rivoluzione informatica, del Longlife Learning, dell’imprenditorialità di massa, richiedono ‘elaborazione di nuovi dispositivi di funzionamento interno, ma anche nuove relazioni tra la città e i campus universitari, intesi non più come enclaves separate dal contesto, ma come territori porosi e attrezzabili a intense relazioni esterne.


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1. inserimento di nuove funzioni all'interno del complesso storico

La biblioteca pubblica, via di accesso locale alla conoscenza, costituisce una condizione essenziale per l’apprendimento permanente, l’indipendenza nelle decisioni, lo sviluppo culturale dell’individuo e dei gruppi sociali.

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2. apertura a nuove utenze, aumento della complessità


AA. VV., Manifesto UNESCO per le Biblioteche Pubbliche, AIB Notizie, a. 7, n. 5, (p. 1)


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Deve sapersi confrontare e rapportare ai continui cambiamenti della società odierna, ai veloci progressi del sistema di comunicazione ed informazione, deve saper entrare in comunicazione con la città contemporanea ed essere luogo di accoglienza per l’utente.

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I. PASINA, La biblioteca, Spazio aperto alla città, in A. Branzi, A. Chalmers, Spazi della Cultura / Cultura degli spazi: Nuovi luoghi di produzione e consumo della cultura contemporanea, FrancoAngeli, Milano 2007, (pp. 99-110)

. . . la biblioteca non è più soltanto luogo di archivio, di consultazione e di studio, ma è spazio di incontro, sede di programmazione di eventi e attività […]. È punto di ritrovo per un caffè e quattro chiacchiere con gli amici. La biblioteca oggi è centro culturale, ha ruolo importante nella diffusione della cultura.

Un luogo urbano.


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. . . vissuto alla stessa stregua di un’isola pedonale, con la sua sequenza di sale al coperto dove ci si ferma per raccogliere informazioni e punti di incontro attrezzati e protetti, destinati all’arricchimento culturale individuale del cittadino [‌].


condivisione della cultura, non solo didattica ma destinata a una collettivita' piu' ampia


forme nello spazio

approccio progettuale

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A seguito dello studio di problematiche relative all’area di progetto e all’attuale gestione della struttura oggetto della progettazione, è necessario approfondire l’analisi considerando le criticità riscontrate sotto il punto di vista progettuale e architettonico. Il sito presenta forti limiti di carattere paesaggistico che vincolano numerose possibilità dell’azione progettuale. Le facciate risultano non modificabili nell’ambito di una proposta di intervento che interessi i manufatti: risulta pertanto necessario garantire la salvaguardia dei prospetti storici, non solamente evitando l’intervento diretto sugli stessi, ma assicurandone la perfetta fruibilità visiva rispetto alle aree limitrofe. Per quanto concerne la tematica della fruizione dell’edificio,

la principale problematica riscontrabile è costituita dalla totale assenza di percorsi di collegamento, siano essi interni alle strutture o di connessione tra differenti manufatti; un ruolo consistente per quanto riguarda la distribuzione, è ricoperto dall’elemento del cortile centrale, il quale non presenta però ripari o passaggi coperti. Il connettivo risulta quindi sottodimensionato per dimensioni e qualità, necessitando un intervento atto a migliorare la percorrenza interna e tra le strutture costituenti il polo didattico. Il contesto ambientale del parco risulta, al pari delle strutture architettoniche, un elemento di grande pregio con il quale l’edificio stesso intrattiene un forte legame; poiché costituisce, oltre che l’immediato intorno, mezzo di


accesso e fruizione alla struttura. Alla luce della totalitĂ dei criteri presi in considerazione, è possibile comprendere come l’elemento del terreno sia interpretabile come materia modellabile, al servizio delle necessitĂ della scuola; capace di offrire soluzioni alle stesse, senza infrangere i vincoli di

natura paesaggistica. La raccolta di progetti evidenzia come, in condizioni progettuali affini a quella in oggetto, siano state affrontate le problematiche analizzate, per una risposta efficace alle esigenze del nuovo polo artistico e culturale.


Carlo Scarpa il restauro del museo civico di Castelvecchio

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ho deciso di adottare alcuni valori ascendenti, per rompere la innaturale simmetria C. Scarpa


Nel secondo dopoguerra, i temi della ricostruzione dei centri storici, del rapporto tra antico e moderno, del restauro di edifici monumentali e della loro destinazione museale forniscono argomenti a un dibattito che coinvolge l’élite intellettuale e a cui partecipano architetti, urbanisti, storici e direttori di musei. Sarà proprio l’ “irregolare” Carlo Scarpa (Venezia 1906-Sendai 1978) a segnare la fine di un modello museografico che, con rare eccezioni, aveva resistito ad ogni sollecitazione di cambiamento, nell’Italia del primo Novecento, e ad indicare una nuova modalità di intervento nel restauro di edifici monumentali. Nel restauro del castello scaligero (iniziato nel 1958, con l’allestimento di una mostra Da Altichiero a Pisanello), l’architetto mette a punto un metodo di lavoro che risulta esemplare. Partendo dal riconoscimento delle aggiunte arbitrarie, provvede ad alcune necessarie demolizioni per mettere

in evidenza le parti originali mediante particolari accorgimenti come finestre aperte nel pavimento o tagli che consentono la lettura delle successive stratificazioni del monumento. A ciò si affianca il concepimento di un unitario percorso museale, talora felicemente interrotto da escursioni verso l’esterno, e completato da un sistema allestitivo essenziale e rigoroso che mette le opere in connessione visiva tra loro raggiungendo il suo punto saliente nell’esposizione della statua equestre di Cangrande I della Scala. Inediti risultano gli accostamenti di materiali antichi, come la pietra e il legno avvicinati a quelli moderni come il calcestruzzo lasciato a vista o talora trattato con tecniche tradizionali come la bocciardatura, oppure la rivisitazione di antiche tecniche, come il trattamento a stucco colorato di alcune superfici, interpretato in chiave moderna.

Immagini di Federico Puggioni in Divisare Testo da: https://museodicastelvecchio.comune.verona.it


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T. MARINELLO, Interni d’Architettura http://teresamariniello.it/site/24

La sua poetica è come un racconto dipanato, attraverso successive stratificazioni che emergono dalla sua matita, perciò lui stesso diceva: “ Voglio vedere le cose, non mi fido che di questo…Posso vedere le cose solo se le disegno.”


Map Studio recupero della torre di Porta Nuova a Venezia

obiettivo del nostro progetto quello di garantire la conservazione e la valorizzazione della spazialita dell'edificio storico coniugando le necessita' derivanti dall'inserimento di nuove funzioni per trasformarlo in un centro culturale e di studi

Magnani, Pelzel

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L’edificio di Torre di Porta Nuova, posto di fronte alla Tesa che conclude la serie della Darsena Novissima all’Arenale di Venezia, risale alla prima metà dell’800. Progettato e realizzato come macchina per alberare i vascelli, cade quasi subito in disuso per questa funzione a causa del mutamento delle tecnologie di ingegneria navale. Obiettivo del progetto, vincitore del concorso di progettazione bandito nel 2006 da Arsenale di Venezia Spa, è quello di garantire la conservazione e la

valorizzazione dell’edificio storico coniugando tali esigenze alle necessità che scaturiscono dalla prevista nuova funzione di spazio espositivo e centro culturale. Il progetto proposto, riconosce nella continuità verticale dello spazio interno e nell’ unitarietà spaziale che si genera tra i tre ambiti connessi dai due grandi archi ogivali, le caratteristiche tipologiche, formali e strutturali che intende valorizzare ed interpretare con un insieme strutturato di opere e con la razionalizzazione dei principali sistemi di risalita.



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Al fine di raggiungere questo obiettivo vengono fissati alcuni principi: le nuove strutture per i servizi accessori, nonché i volumi necessari ad ospitare le principali dotazioni impiantistiche, sono realizzati come oggetti autonomi, distinti e riconoscibili per materiali e tecnologie, rispetto i paramenti murari della Torre. Si perviene a tale risultato mediante l’inserimento partizioni verticali a secco rivestite in lamiera di acciaio Cor-ten per la formazione del nuovo distributivo perseguendo una logica di reversibilità degli interventi. le nuove strutture e i sistemi di risalita (scale e rampe), sono

sempre volumetricamente indipendenti dalle strutture murarie esistenti, in modo tale da valorizzare la percezione visiva dell’unitarietà dell’edificio le dotazioni impiantistiche e le loro canalizzazioni trovano collocazione solo nelle strutture di nuova formazione (tramezze, solai e volume sospeso) i nuovi materiali impiegati (cemento faccia a vista, pannelli di fibrocemento a pavimento, lastre di acciaio cor-ten cerato) dialogano sempre per contrasto di trama e campitura con quelli preesistenti Il cantiere, iniziato il nel 2009, finirà entro marzo 2011.

Immagini di Alessandra Chemollo in Divisare Testo da: https://divisare.com/project


Tadao Ando Fabrica Benetton: ampliamento in Treviso

"Fabrica intende consolidare il suo ruolo di polo

culturale internazionale, affermando sempre piĂš la sua vocazione di protagonista nella comunicazione sociale,

coniugando arte e industria attraverso la sua originale e innovativa esperienza all'insegna dell'interazione,

della trasversalitĂ e di una connessione sempre maggiore con il mondo accademico piĂš avanzato"

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Alessandro Benetton


Il progetto sorge in una villa - villa Pastega Manera - del diciassettesimo secolo, restaurata e notevolmente ampliata dall’architetto Tadao Ando negli anni novanta. Il luogo è stato destinato ad ospitare “Fabrica”, un centro di ricerca sperimentale di arti che utilizzano diversi media come fotografia, video, grafica, interaction design, musica e giornalismo. Il centro, fondato nel 1994 da Luciano Benetton, fa parte del Benetton Group e offre a giovani ricercatori l’opportunità di sviluppare i propri progetti vincendo una borsa di studio e mettendogli a disposizione un fertile luogo di scambio e attrezzature di alto livello. L’intervento progettuale ha comportato il ridisegno dell’atrio della villa, la realizzazione di un auditorium nella barchessa maggiore e di un volume vetrato di raccordo tra le due barchesse, in sostituzione della preesistente struttura pericolante in muratura. Scandito da una teoria di colonne libere con capitelli troncoconici, il percorso costituisce una sorta di anticipazione, spaziale e

geometrica, del corpo di fabbrica rettilineo che si estende, al di là della barchessa, sin quasi al confine dell’area. Realizzato nell’ambito del secondo lotto dell’intervento, insieme ai nuovi ambienti in gran parte ipogei e alla piazza ellittica, il lungo parallelepipedo è costituito da una sequenza di pieni e vuoti compresi tra le due pareti laterali di contenimento. L’inclusione degli elementi naturali – quali la luce e l’aria – nell’architettura trova un apice in corrispondenza della grande piazza ellittica, scavata dal piano di campagna sino alla quota di otto metri. Dal lato opposto, il volume virtuale dell’ellisse interseca un ampio invaso gradonato che consente di scendere, dalle prossimità del viale di ingresso alla villa, sino al centro della piazza. Gli spazi di collegamento, per caratteristiche qualitative e dimensionali, sono al contempo atrii e gallerie, luoghi di sosta e secondo le parole di Ando: spazi “di comunicazione e incontro tra le persone e la storia o la natura”.


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Per consentire allo scenario e alla memoria dell’ambiente di continuare a prosperare [...] ha progettato la maggior parte della nuova installazione sotterranea in modo da evidenziare la bellezza del paesaggio.

[...] unire l’architettura del passato e quella del presente non significa semplicemente rappresentare i due estremi. Ha restaurato l’architettura antica rispettandone il carattere, in modo che la storia che incarna rimanga viva; allo stesso tempo, la nuova area può rispondere a questa storia nel suo modo, ugualmente unico.

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D. PROSDOCIMO, Fabrica in Treviso by Tadao Ando https://www.architectours.it/fabrica-treviso-tadao-ando/



Nieto Sobejano Ampliamento del Joanneum Museum di Graz

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Il complesso del Joanneum Museum, nel suo stato attuale, è il risultato dell’aggregazione nello stesso spazio di tre diversi edifici, realizzati in epoche differenti ed originariamente destinati ad usi non equivalenti: il Museo di Storia Naturale, costruito nel XVIII secolo; la Biblioteca regionale della Stiria; e la Nuova Galleria d’Arte Contemporanea, costruita alla fine del XIX secolo. Nieto e Sobejano hanno realizzato, quindi, un progetto di espansione di un complesso esistente e già ben stratificato, che prevede la costruzione di nuovi spazi in grado

di incrementare il valore e l’identità di ciascuno dei tre corpi di fabbrica riorganizzandone al medesimo tempo l’accesso e introducendo nuovi spazi quali: aree espositive, una sala conferenza, un’area di lettura, servizi e un livello inferiore destinato ad archivi e depositi. Il progetto si sviluppa interamente a un livello sotterraneo: “a quello stradale abbiamo dato soltanto una nuova pavimentazione che, come un grande tappeto, occupa tutto lo spazio esterno tra gli edifici”. La superficie orizzontale continua della nuova piazza è caratterizzata da una serie


combinata di patii conici che portano luce naturale agli spazi del piano sotterraneo e ospitano l’ingresso, l’atrio, gli spazi comuni del museo e la biblioteca, un luogo d’incontro dal quale raggiungere ognuna di queste zone. Curve superfici vetrate, filtrano luce verso l’interno e illuminano la piazza di luce artificiale la sera creando uno spazio accogliente e luminoso. Grazie all’espansione, gli edifici

La nuova estensione e' discreta, nascosta sotto la superficie in comune tra gli edifici storici, si materializza in un orizzonte perforato, dimostrando, e non solo in senso letterale, che la profondita' di un'opera architettonica puo' risiedere, inaspettatamente, anche nella sua superficie. Area 127 - Identity of Landscape

storici sono ora parte di un unico sistema che espande nella città il nuovo nucleo espositivo e culturale. Il nuovo ampliamento passa quasi inosservato, nascosto dalla pavimentazione che collega gli edifici storici, simile alla materializzazione di un orizzonte dotato di aperture che indica che la profondità di un’opera architettonica può manifestarsi sulla sua superficie.


Diller e Scofidio + Renfro il Vagelos Education Center a New York

Progettato da Diller Scofidio + Renfro, il Vagelos Education Center di New York è un tipico esempio di spazio flessibile destinato all’apprendimento. I quattordici piani della torre di vetro offrono ambienti per le attività di gruppo, aule tecnologicamente avanzate e un moderno centro di simulazione. Esso riunisce i quattro corsi di studi in ambito medico della Columbia University e i percorsi formativi della Graduate School of Arts and Sciences. Il progetto rimodella l‘aspetto e la percezione del centro, creando spazi che agevolano lo sviluppo e l’apprendimento. Elemento distintivo è la “Study Cascade“, un unico spazio interconnesso che attraversa l’atrio in tutta la sua altezza, per creare un ambiente favorevole alla collaborazione dove gli studenti possono muoversi liberamente e cercare, di volta in volta, gli spazi di lavoro che meglio si adattano alle loro necessità; è

un‘integrazione verticale di zone dedicate allo studio e allo svago articolate intorno a una scalinata, che si estende per l‘intera altezza della torre vetrata. Ad ogni livello, i pianerottoli si dilatano in spazi con dimensioni e vocazioni diverse, piccoli e raccolti, grandi e condivisi, chiusi e privati, aperti e comuni. Le singole alcove sono pensate per promuovere collaborazione e spirito di squadra nell‘insegnamento come nell‘apprendimento. Edifici come il Vagelos Education Center sottolineano la necessità di ambienti aperti che fungano al contempo da spazi di incontro e di collaborazione. La struttura si adatta a diverse modalità di apprendimento, in sintonia con le aspettative delle nuove generazioni. Ci mostra come gli ambienti educativi del futuro non dovranno limitarsi a facilitare la formazione, ma anche ispirare la creatività.

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Area 149 - Novembre/Dicembre 2016


La sua caratteristica

principale è uno spazio

studio che collega in

verticale i quattordici piani

dell'edificio, includendo

fluidamente spazi di forma

e vocazione diversa, privati e comuni, per lo studio o il

relax, chiusi o all'aperto. Elizabeth Diller


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area, in cui si colloca il nostro intervento, risulta avere particolari caratteri di pregio, sia per quanto ne concerne gli aspetti prettamente paesistici, che per quanto riguarda quelli più legati al mondo artistico-culturale. Caratterizzata da un tessuto complesso, l’area è infatti catalogabile quale grande polo attrattore, dominato dal complesso architettonico della Reggia di Monza, a sua volta contornata dai Giardini Reali e dal grande parco cintato della città. Il progetto si articola attraverso l’intervento a due scale architettoniche differenti. Viene in primo luogo proposta

un’azione che lavori a livello del paesaggio: andando ad incrementare l’apertura del sito, in favore di un’intensificazione delle relazioni tra città, comunità e territorio. Successivamente il progetto si colloca ad una scala architettonica di dettaglio, considerando le necessità a livello di utenza, al fine di garantire una migliore fruizione del sito stesso e una più facile gestione dei flussi interni al complesso. Il polo scolastico – attualmente ospitato all’interno dell’ala sud della Villa Reale - costituisce elemento valido per lo sviluppo di una proposta

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progettuale che intenda lavorare sul sito, implementando le funzioni artistiche e culturali già presenti al suo interno. La funzione didattica costituisce in tal senso, inesauribile opportunità di crescita artistica ed intellettuale, ponendosi come punto di riferimento nell’ambito di progetti ed eventi di carattere culturale. Considerando le attuali condizioni in cui versa il sito in oggetto, è evidente come si renda necessaria la pianificazione di un adeguato uso degli spazi destinati al plesso scolastico: nell’ottica di una non più passiva presenza dell’istituto all’interno degli spazi storici della Reggia di Monza. La scuola si propone quindi come elemento promotore di crescita e sviluppo, a livello territoriale e culturale; attraverso l’attivazione di un progetto che consideri le esigenze specifiche della stessa, includendo le attività nell’ambito di un più ampio piano socioculturale al servizio della città.

Il progetto agisce mediante 3 focus fondamentali che riguardano: paesaggio, edificio e spazi interni. A livello paesaggistico riconsidera i principali punti di accesso al sito, rendendo maggiormente permeabili i fronti di relazione tra città e parco. Manufatto storico e contesto ambientale risultano così fortemente integrati per mezzo di un nuovo legame che si instaura tra tessuti urbani e aree agresti. L’inserimento di nuove funzioni all’interno del sito è definibile come un intervento posto a cavallo tra il programma alla scala urbana e quello di carattere architettonico, relativi alla dimensione umana dell’intervento. Tali presupposti sono concordi all’innesto di un nuovo sistema, capace di migliorare la fruizione dei settori storici, senza però andare ad intaccare l’involucro esterno del manufatto. Particolare attenzione è stata in fine posta nella fase di progettazione degli spazi interni del manufatto; si è


perseguito l’obiettivo di una modificazione minima delle strutture storiche che ha reso possibile introdurre innovativi dispositivi di organizzazione spaziale interna, capaci di conferire maggiore flessibilità agli spazi stessi, privilegiandone le possibilità di riconfigurazione e adattamento. Un’operazione complessa, che lavora alle diverse scale della progettazione e

mediante azioni tra loro molto differenti, volte a creare un sistema che, nascendo dall’interno, si insinui in modo silenzioso nell’area, riuscendo ad attivare dinamiche alternative che collaborino in modo congiunto fra l’istituzione scolastica e la città, rimettendo in funzione il sistema artisticoculturale, ad oggi dormiente, all’interno del complesso.


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Quali abilitĂ saranno fondamentali negli ambienti lavorativi del futuro?

Come cambierĂ l'arredamento per adattarsi alle scuole in futuro?

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Quanto dovremo imparare?


Come sarĂ la scuola del futuro?

Come sarĂ l'educazione in futuro? Cosa impareremo? E come?


concept

perché è necessario cambiare la logica di funzionamento degli spazi al fine di creare uno luogo sperimentale: definibile come denso e attivo, i cui contorni sono labili e le specializzazioni fluide.

come non è sulla forma dell’edificio che si intende agire ma sul metabolismo interno degli spazi, attraverso nuovi dispositivi, i quali rendano l’ambiente adattabile a molteplici modelli di funzionamento

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attitudine (-)

togliere, scavare, estrarre

(+)

aggiungere, sovrapporre, combinare



il rapporto con il contesto

dove l’area destinata all’intervento è quella della Villa Reale di Monza con particolare riferimento al complesso scolastico del Liceo Artistico Statale Nanni Valetini .

come la proposta è quella di un nuovo polo culturale e artistico al servizio della città, inserito all’interno di un sistema alla scala cittadina con l’obiettivo di stimolare le relazioni tra tradizione, arte e società.

MONZA MB VILLA REALE DI MONZA

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POLO ARTISTICO-CULTURALE


SOVICO

MACHERIO BIASSONO

LISSONE VEDANO A/L

VILLASANTA

MUGGIÃ’

MONZA

BRUGHERIO

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PARCO DI MONZA

S7

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VILLA REALE DI MONZA

LICEO ARTISTICO NANNI VALENTINI

MONZA CENTRO STORICO

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SES T MIL O SG S7 AN S8 O

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Estratto tavola: Masterplan Generale - 1:1000



Dettaglio tavola: Masterplan Generale - 1:1000



box cultura box eventi box laboratorio


copertura tessile leggera

SUPERFICI OPACHE

SUPERFICI GREZZE

SUPERFICI LUCIDE

sottostruttura di sostegno

COLORI INTENSI

TINTE FREDDE

TINTE CALDE

gradonate in legno COLORI TENUI

TESSUTI IMBOTTITI

CARTE DA PARATI

pareti in legno autoportanti

il box cultura consiste nell’allestimento di un teatrino itinerante, adibito a sala per piccole conferenze all’interno del parco e della città.

basamento in legno

pavimentazione in assi di legno


box cultura box eventi box laboratorio


copertura tessile leggera

SUPERFICI OPACHE

SUPERFICI GREZZE

SUPERFICI LUCIDE

sottostruttura di sostegno

COLORI INTENSI

COLORI TENUI

TINTE FREDDE

TESSUTI IMBOTTITI

TINTE CALDE

CARTE DA PARATI

quinta in legno palco a 3 livelli con arredo di scena

il box eventi consiste nell’allestimento di un palco adibito ad eventi, adatto all’esposizione di opere all’interno di parco e città.

basamento in legno

pavimentazione in assi di legno


box cultura box eventi box laboratorio


copertura tessile leggera

SUPERFICI OPACHE

SUPERFICI GREZZE

SUPERFICI LUCIDE

sottostruttura di sostegno

COLORI INTENSI

TINTE FREDDE

TINTE CALDE

punto di vista COLORI TENUI

TESSUTI IMBOTTITI

CARTE DA PARATI

il box laboratorio coniuga una struttura itinerante con le potenzialità di uno spazio workshop capace di muoversi tra parco e città. pareti in legno apribili

basamento in legno

pavimentazione in assi di legno


Estratto tavola: Planimetria - 1:1500



Estratto tavola: Sezione Territoriale AA - 1:500

Estratto tavola: Sezione Territoriale BB - 1:500


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B A

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Stato di fatto edificio PaoloBorsa

Obiettivi di progetto nuova piazza per la cittĂ


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Stato di fatto limite

ex scuderie

laboratori

Obiettivi di progetto

permeabilitĂ !

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spazi creativi per l’educazione

esterno maggiore connessione con città /parco: creazione di un sistema interrato che collabori e coesista con la scuola, generando nuove relazioni con l’esterno

interno

riorganizzazione interna degli spazi della didattica: ricollocazione delle funzioni, ridisegno degli spazi interni, nuova fruizione degli spazi, nuovi percorsi

laboratorio servizi per lo studente connettivo

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funzione pubblica e svago nuova funzione (archivio, materioteca, workshop..)


sede principale

ex Paolo Borsa


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piano primo

piano terra

spazi didattici connettivo archivio piano interrato

uso misto uso scuola


Estratto tavola: Pianta Piano Interrato - 1:200



Estratto tavola: Pianta Piano Terra - 1:200



Estratto tavola: Pianta Piano Primo - 1:200



Sezione AA’

Sezione BB’


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Sezione CC’

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Sezione EE’

Sezione FF’


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Dettaglio Sezione Longitudinale - Scala 1:200



Dettaglio Sezione Longitudinale - Scala 1:200



Dettaglio Sezione Longitudinale - Scala 1:200



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piano primo

piano terra

spazi didattici connettivo piazza piano interrato

uso misto uso scuola


Estratto Pianta Piano Terra - 1:200



Estratto Pianta Piano Interrato - 1:200


Estratto Pianta Piano Primo - 1:200


flussi orario didattico: 8.00 - 14.00 collegamenti verticali (PT-1P) collegamenti verticali (PT-INT) percorso studenti percorso pubblico linea base percorso

piano terra


piano primo

piano interrato


flussi orario pomeridiano: 14.00 - 17.00 collegamenti verticali (PT-1P) collegamenti verticali (PT-INT) percorso studenti percorso pubblico linea base percorso

piano terra


piano primo

piano interrato


flussi orario serale: 17.00 - 21.00 collegamenti verticali (PT-1P) collegamenti verticali (PT-INT) percorso studenti percorso pubblico linea base percorso

piano terra


piano primo

piano interrato


i nuovi spazi interni

didattica nuove forme di apprendimento, didattica esplorativa e multidisciplinare. spazi per la didattica necessitano di divenire organismo piĂš complesso.

nuove funzioni interscambio con territorio circostante che porta ad una struttura aperta. territorio poroso e dinamico, attrezzabile da intense relazioni con l’esterno.

legenda viste ambienti legenda esplosi ambienti colore scale

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colore ambienti


KEYPLAN

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SPAZIO PUBBLICO

spazio didattico



Estratto tavola: Spaccato assonometrico - 1:100


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Esploso c


Vista 1 - Cortile



Vista 2 - Archivio



Vista 3 - Scenografia



Vista 4 - Laboratorio



Vista 5 - Atrio Piano Primo



Vista 6 - Patio Multimediale



ridisegno stato di fatto

in quest’ultima sezione abbiamo raccolto gli elaborati, da noi realizzati, che rappresentano lo stato attuale di organizzazione interna degli spazi nei differenti edifici appartenenti al complesso della Villa Reale di Monza. Si è trattato di una fase fondamentale in quanto ci ha consentito di conoscere a fondo il sito in ogni sua parte. Punto di partenza indispensabile per la realizzazione di un progetto che tenga conto dei caratteri fondamentali dell’edificio sul quale si sta operando. Abbiamo quindi deciso di raccogliere questi disegni, in una sezione dedicata, per mostrare la configurazione attuale del sito e per poterne comprendere le differenze con il nostro progetto, precedentemente mostrato.

elaborati:

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- pianta delle coperture - pianta piano secondo - pianta piano primo - pianta piano terra - pianta piano interrato - prospetti villa reale - prospetti sede e borsa istituto nanni valentini



Pianta delle coperture



Pianta piano secondo



Pianta piano primo



Pianta piano terra


Pianta piano terra


Pianta piano interrato



Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Prospetto Est Arch. Giuseppe Conte

Prospetto Ovest Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte Arch. Giuseppe Conte


Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Prospetto Sud

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Prospetto Nord

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte

Arch. Giuseppe Conte


Prospetto Ovest Esterno Sede

Prospetto Ovest Interno Sede

Prospetto Sud Esterno Sede

Prospetto Sud Borsa

Prospetto Nord Interno Sede


Prospetto Est Interno Sede

Prospetto Est Esterno Sede

Prospetto Sud Interno Sede

Prospetto Nord Borsa

Prospetto Nord Esterno Sede


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prospettive

risoluzione delle problematiche che attualmente ne interessano la gestione, promuovendo dinamiche di sviluppo culturale. Tale complessità architettonica risulta capace di gestire un numero elevato di flussi, utenze e attività, condensandole in spazi tra loro tangenti, ma che conservano – secondo necessità – un notevole grado di indipendenza. Il progetto lavora a due scale architettoniche differenti: la prima a livello di relazione con la città, favorendo l’apertura del polo culturale e la condivisione delle attività interne; scendendo poi alla scala umana, incrementando le potenzialità offerte degli spazi interni, nel pieno rispetto della tutela dei vincoli artisticoculturali dei manufatti interessati dall’intervento.

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Alla luce di una proposta che fondi la propria soluzione sull’attivazione di un sistema architettonico complesso – dotato di una maggiore articolazione a livello organizzativo e strutturale, rispetto al singolo manufatto storico – è necessario ripercorrere i punti salienti di tale sviluppo progettuale, che pone le sue basi sull’interazione tra il suddetto manufatto e un nuovo dispositivo architettonico. Risulta a tal proposito necessario affermare la volontà di operare in maniera coerente con le logiche del complesso storico, rispettandone i caratteri, mantenendone saldo il legame con il contesto ambientale e garantendo – per quanto riguarda l’aspetto funzionale dell’edificio e il polo scolastico presente all’interno del sito – la


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Esito della progettazione è l’ottenimento di un sistema pienamente integrato con la città e radicato all’interno del territorio: nonché polo attivo di rilevanza storica, artistica e culturale all’interno dello stesso. L’istituzione scolastica in questo senso non risulta più un sistema intercluso, ma si trasforma evolvendo in un dispositivo dinamico, aperto al dialogo con il contesto. Il nuovo complesso si rende protagonista di un continuo interscambio tra didattica, formazione professionale e territorio. In linea con quest’ottica, il progetto è stato sviluppato non solamente ponendosi come fine la risoluzione delle problematiche organizzative e di carenza di spazi didattici cui attualmente è soggetta la scuola. La proposta opera allo scopo di trasformare il sistema scuola in un organismo complesso, che conservi pienamente il valore storico-artistico e paesistico del sito, e integri la natura didattica, divenendo nuovo centro culturale di riferimento all’interno del territorio; rifiutandosi al contempo

di vincolare i possibili sviluppi futuri del manufatto in quanto a funzioni e destinazioni d’uso, garantendo totale flessibilità nell’ambito di tale tematica. Nuove e migliori dotazioni per la didattica sono state introdotte attraverso l’esplicazione del dispositivo architettonico oggetto della progettazione: mirando alla realizzazione di un modello di scuola innovativo, che risponda appieno alle necessità dei nuovi metodi e attività legate all’apprendimento. I dettami dei nuovi approcci per la formazione – sia essa di carattere scientifico, umanistico o manifatturiero – sono stati esplicati dando risalto alla capacità dell’edificio di modificarsi secondo le richieste dell’utenza con cui si relaziona: favorendo la flessibilità spaziale e organizzativa degli ambienti.


La proposta progettuale si rende in tal modo garante della salvaguardia un patrimonio architettonico, artistico e culturale di grande valore all’interno del territorio, il quale richiede di essere conservato ed esaltato secondo criteri coerenti con le esigenze del contesto nel quale si inserisce: così da assicurare l’evoluzione di un polo culturale che riveste un ruolo centrale all’interno dell’area e da decenni si fa portatore di un sapere, frutto della tradizione territoriale, degno di essere diffuso e incentivato.


bibliografia

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F. DE GIACOMI, T. MOZZARELLI, La Villa Reale di Monza, Associazione Pro Monza, Monza 1984 I. FESTA, Abitare il movimento: Il museo come spazio dell’esistenza nomadica, in A. Cuomo, Architettura Arte Museo, (Atti del Convegno – Seminario Abitare l’Arte, Napoli, 2002), Gangemi Editore, Roma 2002 G. GUERRINI, Le Mostre Internazionali delle Arti Decorative : Milano-Monza, Istituto Italiano d’Arti Grafiche, 1925 Istituto Superiore per le Industrie Artistiche, 4. Esposizione internazionale delle arti decorative e industriali moderne : Villa Reale di Monza aprile-ottobre 1930 Istituto Superiore per le Industrie Artistiche, Mostra dell’Istituto superiore per le industrie artistiche : Villa reale di Monza, 1931 G. MARANGONI, La 3. Mostra internazionale delle arti decorative nella villa Reale di Monza, Istituto italiano d’arti grafiche, 1927 NAUMANN, Mostra internazionale delle arti decorative, Villa Reale di Monza, 1925 : catalogo della sezione germanica, Mostra internazionale delle arti decorative, 1925 P. PALEARI, C. Vittone, La villa reale di Monza. Storia di una Reggia europea, Vittone Editore, 2006 P. SALVADEO, L’inquieta scena urbana, tra architettura e allestimento, Libreria Clup, Milano, 2004



UNEARTH


autori martina dozio valentina mariani

relatore pierluigi salvadeo


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